Conservazione Armi in Ferro Storiche

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 V I T A A S S O C I A T I V A la met allurgia italiana   1  4   /  0  0  5  t  t i  o  t i i  e Conservazione e protezione delle opere in ferrodi interesse a rcheologico o storico-artistico - Parte I G. Salvago REPERTI FERROSI ED ETICA DELLA CONSERVAZIONE Che il concetto di restauro dipenda dal contesto socioculturale e sia permeato da una buona dose di soggettività può appa- rire ovvio. È infatti difficile per noi condi- videre il restauro dei monasteri tibetani operato dai cinesi, ma pure restauri ese- guiti da noi sono sempre accompagnati da accese polemiche a tutti i livelli. Anche il concetto di conservazione e il problema del perché, cosa e come proteggere si pre- sta ad alcune considerazioni. Il ferro rappresenta il 5 % della crosta ter- restre; si trova combinato in vari composti sia nel regno minerale sia in quello vege- tale e in quello animale, si trova infatti praticamente in tutte le rocce e nei terre- ni, in molte acque minerali e nel partico- lato atmosferico; fa parte dell’emoglobi- na, che consente la respirazione dei verte- brati ed è necessario per la formazione della clorofilla, che consente la fotosintesi clorofilliana; entra nel metabolismo dei ferrobatteri che possono dare luogo a roc- ce sedimentarie (piriti terziarie). Come metallo, il ferro costituisce proba- bilmente il nucleo della Terra assieme al nichel, ma sulla crosta della Terra com- pare allo stato metallico solo con origini o extraterrestri, come nel caso del ferro meteorico, o antropiche. Tra i reperti in ferro più antichi potreb- bero annoverarsi quelli che pare essere stati ritrovati nella tomba A di Samara in Iraq e fatti risalire al 6000 a.C., tre glo- betti ritrovati a Tape Sialk in Iran (5500- 5000 a.C.), alcune perline ed un anello dai sepolcri di El Gerzeh e di Armant in Egitto (3500 a.C.). In Turchia ad Alaca Huyuk sono state ritrovate tombe fatte risalire al III millennio a.C. con oggetti in ferro sia meteorico che da minerali e nei livelli Ittiti dello stesso sito fatti ri- salire alla seconda metà del II millennio, anche armi in ferro. Nella Bibbia si ripor- ta che ai tempi di Lamec: “Zilla a sua vol- ta partorì Tubalkain, il fabbro istruttore di quanti lavorano il rame e il ferro” (Ge- nesi IV , 22) che si diffusero poi, ai tem- Gabriele Salvago Politecnico di Milano Dagli atti del Corso “Scuola di metallografia per operatori di beni culturali” organizzata dal centro Storia della Metallurgia, Genova, 30 giugno-2 luglio 2004 pi della Torre di Babele su tutta la terra (Genesi XI, 1-9) Ed in effetti verso la fi- ne del II millennio o all’inizio del I mil- lennio a.C. la conoscenza di come trarre il ferro dalla terra tramite la magia del fuoco sembra diffusa in tutta la civiltà indoeuropea. Il ferro non veniva portato a fusione, era solo un massello poroso pieno di scorie e terra non reagita. Pro- babilmente le sue potenzialità non furo- no immediatamente comprese, tanto che nelle costruzioni etrusche fino al V seco- lo a.C. i chiodi sono ancora in bronzo. Tuttavia, come l’uomo impara a battere il ferro, a forgiarlo, inizia la nuova produ- zione di più resistenti punte di lance, asce, coltelli e fermagli, ferri di scure, fi- bule. La civiltà greca, nel contempo, for- se per giustificare successi ed insuccessi della nuova tecnica, crea una ulteriore divinità: Efesto (“ardente”, Vulcano per i latini), il fabbro ferraio figlio di Zeus ed Era e forgiatore delle armi di Enea e di Achille. Presso i romani, le caratteristi- che meccaniche del ferro erano enfatiz- zate dal suo utilizzo: l’aratro era chiama- to “ferrum”, segno evidente dell’impor- tanza che veniva data al metallo che ne ricopriva la punta (o chiodo) che sarchia il terreno. Lucrezio (99-54 a.C.) nel suo “De rerum natura” ci racconta: “Più tardi fu scoperta la forza del ferro e del bron- zo…[V, 1288]. In seguito apparve man mano la spada di ferro e cadde in disuso la foggia della bronzea falce…[V, 1293- 4]. Le vesti furono intrecciate prima che tessute, i tessuti seguirono la comparsa del ferro poiché i teli si preparano con il ferro né possono altrimenti prodursi gli arnesi levigati adatti, le spole, i fusi, i ri- sonanti telai [V, 1350-53]”. Utensili da cucina in ferro stagnato sono menzionati da Plinio come esistenti pri- ma del 23 d.C. La corazza dei romani, dapprima costituita da una doppia lami- na di bronzo (lorica), si arricchisce con elementi di ferro (lorica ferrea) e passa quindi a elementi metallici su strisce di cuoio (lora). Nel XII secol o si fa già lar- go uso della corazza in maglia di ferro. Dante nella sua Divina Commedia menzio- na, come realizzati in ferro, il vomere del- l’aratro, le armi bianche, le caldaie, le li- me e i martelli. Sempre nel XIV secolo, nelle armature compaiono oltre all’elmo, elementi a piastre come i ginocchietti, le La fucina di Vulcano (Vulcano tempera le frecce ad Amore) Alessandro Tiarini (Bologna 1577-1668).

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Conservazione e protezione delle operein ferrodi interesse archeologico

o storico-artistico - Parte IG. Salvago

REPERTI FERROSIED ETICA DELLA CONSERVAZIONE

Che il concetto di restauro dipenda dal contesto socioculturale e sia permeato dauna buona dose di soggettività può appa-rire ovvio. È infatti difficile per noi condi-videre il restauro dei monasteri tibetanioperato dai cinesi, ma pure restauri ese-guiti da noi sono sempre accompagnati daaccese polemiche a tutti i livelli. Anche il 

concetto di conservazione e il problemadel perché, cosa e come proteggere si pre-sta ad alcune considerazioni.Il ferro rappresenta il 5 % della crosta ter-restre; si trova combinato in vari compostisia nel regno minerale sia in quello vege-tale e in quello animale, si trova infattipraticamente in tutte le rocce e nei terre-ni, in molte acque minerali e nel partico-lato atmosferico; fa parte dell’emoglobi-na, che consente la respirazione dei verte-brati ed è necessario per la formazionedella clorofilla, che consente la fotosintesiclorofilliana; entra nel metabolismo deiferrobatteri che possono dare luogo a roc-

ce sedimentarie (piriti terziarie).Come metallo, il ferro costituisce proba-bilmente il nucleo della Terra assieme al nichel, ma sulla crosta della Terra com-pare allo stato metallico solo con originio extraterrestri, come nel caso del ferrometeorico, o antropiche.Tra i reperti in ferro più antichi potreb-bero annoverarsi quelli che pare esserestati ritrovati nella tomba A di Samara inIraq e fatti risalire al 6000 a.C., tre glo-betti ritrovati a Tape Sialk in Iran (5500-5000 a.C.), alcune perline ed un anellodai sepolcri di El Gerzeh e di Armant inEgitto (3500 a.C.). In Turchia ad AlacaHuyuk sono state ritrovate tombe fatte

risalire al III millennio a.C. con oggettiin ferro sia meteorico che da minerali enei livelli Ittiti dello stesso sito fatti ri-salire alla seconda metà del II millennio,anche armi in ferro. Nella Bibbia si ripor-ta che ai tempi di Lamec: “Zilla a sua vol-ta partorì Tubalkain, il fabbro istruttoredi quanti lavorano il rame e il ferro” (Ge-nesi IV, 22) che si diffusero poi, ai tem-

Gabriele SalvagoPolitecnico di Milano

Dagli atti del Corso“Scuola di metallografia per operatori di beni culturali”

organizzata dal centro Storia della Metallurgia,Genova, 30 giugno-2 luglio 2004

pi della Torre di Babele su tutta la terra(Genesi XI, 1-9) Ed in effetti verso la fi-ne del II millennio o all’inizio del I mil-lennio a.C. la conoscenza di come trarreil ferro dalla terra tramite la magia del fuoco sembra diffusa in tutta la civiltàindoeuropea. Il ferro non veniva portatoa fusione, era solo un massello porosopieno di scorie e terra non reagita. Pro-babilmente le sue potenzialità non furo-no immediatamente comprese, tanto chenelle costruzioni etrusche fino al V seco-

lo a.C. i chiodi sono ancora in bronzo.Tuttavia, come l’uomo impara a battere il ferro, a forgiarlo, inizia la nuova produ-zione di più resistenti punte di lance,asce, coltelli e fermagli, ferri di scure, fi-bule. La civiltà greca, nel contempo, for-se per giustificare successi ed insuccessidella nuova tecnica, crea una ulterioredivinità: Efesto (“ardente”, Vulcano per ilatini), il fabbro ferraio figlio di Zeus edEra e forgiatore delle armi di Enea e diAchille. Presso i romani, le caratteristi-che meccaniche del ferro erano enfatiz-zate dal suo utilizzo: l’aratro era chiama-to “ferrum”, segno evidente dell’impor-

tanza che veniva data al metallo che ne

ricopriva la punta (o chiodo) che sarchiail terreno. Lucrezio (99-54 a.C.) nel suo“De rerum natura” ci racconta: “Più tardifu scoperta la forza del ferro e del bron-zo…[V, 1288]. In seguito apparve manmano la spada di ferro e cadde in disusola foggia della bronzea falce…[V, 1293-4]. Le vesti furono intrecciate prima chetessute, i tessuti seguirono la comparsadel ferro poiché i teli si preparano con il ferro né possono altrimenti prodursi gliarnesi levigati adatti, le spole, i fusi, i ri-

sonanti telai [V, 1350-53]”.Utensili da cucina in ferro stagnato sonomenzionati da Plinio come esistenti pri-ma del 23 d.C. La corazza dei romani,dapprima costituita da una doppia lami-na di bronzo (lorica), si arricchisce conelementi di ferro (lorica ferrea) e passaquindi a elementi metallici su strisce dicuoio (lora). Nel XII secolo si fa già lar-go uso della corazza in maglia di ferro.Dante nella sua Divina Commedia menzio-na, come realizzati in ferro, il vomere del-l’aratro, le armi bianche, le caldaie, le li-me e i martelli. Sempre nel XIV secolo,nelle armature compaiono oltre all’elmo,

elementi a piastre come i ginocchietti, le

La fucina di Vulcano(Vulcano tempera le

frecce ad Amore)Alessandro Tiarini

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schiniere, il cosciale, le cubitiere, ele-menti a lamine articolate come lo spallac-cio, elementi tronco-conici come le ma-nopole. Sorgono anche le prime bombar-de, cannoni primitivi costituiti da doghein ferro e cerchiati. L’architettura goticapuò realizzare le sue tipiche costruzioni

molto sviluppate in altezza e con ampiefinestrature grazie all’utilizzo di tiranti erinforzi in ferro che possono sopperire al-l’indebolimento delle murature.I primi ferri battuti con finalità estetichein Europa sono probabilmente quelli uti-lizzati per ornare le porte delle cattedraliinglesi, francesi e spagnole tra i secoliXII e XIII. Solo nel XIV secolo il ferro bat-tuto artistico si diffonde in Italia, e so-prattutto in Germania, per la realizzazio-ne di cancellate, ferrature di porte e ar-madi, cofani, mensole, picchiotti, alari.Nel XV secolo per balconi, lanterne, non-ché armi e armature che divennero sem-pre più vere e proprie espressioni artisti-che in particolare nel XVI secolo. Ma lametallurgia continua ad essere conside-rata un rituale magico, alchemico, ai me-talli si danno nomi derivanti dall’astrolo-gia, ma non casuali: l’oro è il Sole, unicometallo che nel fuoco non si consuma masi purifica, il rame Venere, l’argento laLuna, il ferro Marte, lo stagno Giove, il piombo Saturno, l’hydrargyrum (Hg, l’ar-gento acquoso dei Latini) è ancora oggiMercurio, il pianeta più vicino al sole ecapace di scioglierlo per dare l’amalga-ma. Ancora oggi miti e realtà possonopermanere confusi; ad esempio la CoronaFerrea di Monza che la tradizione fa risa-

lire a Carlo Magno (800 d.C.) e con laquale furono incoronati molti imperatoridel medioevo è nota come composta daplacche d’oro adorne di gemme, brillantie con inserita una lamina che la tradizio-ne vuole in ferro e ricavata da un chiodoutilizzato nella crocifissione di Cristo an-che se nella realtà analitica tale lamina èin argento praticamente puro e la data-zione della cera d’api utilizzata comecomponente lo stucco di fissaggio dellegemme fa risalire la corona all’età di Teo-dorico (500 d.C.).Storicamente una prima rivoluzione nel-la metallurgia del ferro si ha quando,con l’evoluzione della tecnica dei forni edel carbone, si riesce a produrre, anzichéun massello di materiale solido, un me-tallo fuso. Ciò comporta la possibilità diriempire delle forme, di utilizzare tecni-che derivate dalla metallurgia del bronzoe potenzialità alquanto maggiori, anchese il materiale che si ottiene (ghisa, fer-raccio o pig iron), è alquanto fragile.Tutto ciò accade da noi, in Germania, nel XIV secolo mentre in Cina sembra essereaccaduto nel Warring States Period (475-221 a.C.). Per un uso strutturale dellaghisa nella nostra civiltà bisogna atten-dere il 1790 quando, negli opifici inglesiove gli incendi erano endemici, vengono

introdotti i primi pilastri in ghisa, il cui

uso si estende rapidamente a teatri echiese per sostenere le balconate. Nel frattempo a Shieffield si erano affermativari sistemi di argentatura, e in Franciasi diffondevano utensili di ferro zincati.Una seconda rivoluzione nella metallur-gia del ferro si ha quando si riesce a pro-

durre un metallo fuso e duttile dopo so-lidificazione.In Cina la produzione di ghisa malleabileviene fatta risalire alla Western Han Dy-nasty (206-24 a.C.), quella di ghisa no-dulare alla Northern Wei Dynasty (386-581), la produzione di acciaio da cofu-sione di ghisa (bassofondente, alto te-nore di carbonio) con masselli di ferro ri-dotto (alto fondente, alto tenore di ossi-di, può sciogliersi nella ghisa fusa), vie-ne fatta risalire a Qiwu Huaiwen, vissutoattorno al 550. Il pudellaggio (rimesco-lamento, “puddling” in inglese, decarbu-razione della ghisa per rimescolamentoall’aria su ossidi di ferro in forni a river-bero) o comunque l’ottenimento di ac-ciaio per decarburazione della ghisa,viene fatto risalire in Cina alla Han Dyna-sty (206-220 a.C.).In Inghilterra Henry Cort brevetta il pu-dellaggio nel 1783 e Bessmer brevetta il suo convertitore, ove l’aria viene insuf-flata nel metallo fuso, nel 1860.Siamo in piena rivoluzione industriale,l’acciaio sostituisce il legno come mate-riale strutturale, si lamina, si trafila, sicostruiscono ponti sospesi, macchine ditutti i tipi e giocattoli di latta (ferro sta-gnato), l’acciaio sostituisce il bronzonell’artiglieria.

Nel 1874 viene brevettato negli StatiUniti il filo di ferro spinato e nel 1892viene brevettato il calcestruzzo armato.L’elettrodeposizione aumenta la gammadelle caratteristiche estetiche, meccani-che, delle superfici ottenibili, tramite ri-vestimenti metallici a freddo: nobili, ra-me, stagno, nichel, cadmio, zinco e cro-mo; in seguito aumenta anche la gammadelle tecniche di deposizione fino allenanotecnologie di oggi.Nel campo degli acciai, si osserva lo svi-luppo di leghe che vanno al di là del soloferro-carbonio, come gli acciai Cor-ten,gli acciai inossidabili, le superleghe diferro e anche leghe a memoria di forma.Nel contempo la tecnica diviene semprepiù tecnologia, il prodotto non è più par-to di un singolo operatore e traduzionedel suo modo di rapportarsi al mondo,ma appare sempre più opera di un grup-po alquanto variegato organizzato, perlo più, a fini di lucro. La “produzione”sostituisce l’“opera” negli obiettivi, lapaternità del disegno (design), si riducead indicare il firmatario dell’opera intel-lettuale che antecede a quella materiale.Oggi siamo in una civiltà post-industria-le. Si osserva un grande sviluppo del-l’informatica più come crescita tecnolo-gica che scientifica, e la comunicazione

tende a convertirsi da comunicazione tra

persone a comunicazione tra macchine.L’uomo da “homo sapiens” tende a dive-nire “homo technologicus”, incapace divivere senza le protesi artificiali che si ècreato. Basti pensare agli effetti degliscioperi nei trasporti o dei black out dienergia. La scienza non riesce a seguire

lo sviluppo tecnologico e si creano per-tanto problemi etici, quali quelli relativialla procreazione assistita o alla clona-zione umana. Si osserva la globalizzazio-ne delle produzioni e dei mercati, ma il rapporto tra uomo ed economia è ribal-tato, da un’economia al servizio dell’uo-mo, si è passati a un uomo al serviziod e l l ’ e c o n o m i a c o n u n r a p p o r t ouomo/economia quasi religioso. I confi-ni, gli stati e le religioni sono alquantovariegati sulla crosta terrestre e si crea-no pertanto forti tensioni verso guerredi religione, come nei tempi più antichi.Il manufatto, l ’opera d’arte, sonoespressione del modo col quale l’autoreosserva, interpreta il mondo o si relazio-na, si “re-liga” al mondo, ossia è fruttodella sua “religione”, espressione che,intesa nella sua accezione più ampia,comprende il pensiero filosofico, tendesemplicemente a definire il nostro ruolonel mondo e a fornire un progetto di vi-ta, senza necessariamente ipotizzare unDio creatore. La sacralità di un’opera èquindi soggettiva, legata sia alla nostracapacità di sentire, o se vogliamo allaprofondità della nostra fede, sia alle af-finità tra la nostra religione e quella del-l’autore dell’opera.Anche i concetti di “eternità” e “diveni-

re” sono concetti filosofici “religiosi” al-quanto variegati e soggettivi. Troviamopertanto da un lato costruzioni, opered’arte lapidee con un evidente desideriodi immortalità (dolmen, piramidi, moai,grande muraglia cinese), dall’altro opereplasmate coscientemente con materialicapaci di disgregarsi assai rapidamente.Basti pensare alle nostre costruzioni in-fantili con la sabbia o con la neve, alleopere d’arte “mature”, in sabbia (http: //www.wor ldofsand.net/), in ghiaccio(http://www.ghiacciodarte.it), o “sa-cre”, ancora in sabbia come presepi emandala, o in burro come le sculture del-la cultura tibetana (http://www.girodivi-te.it/), basti pensare anche ad un sem-plice mazzo di fiori freschi.Secondo Eraclito di Efeso (540-480 a.C.)l’universo è lo svolgersi incessante dicontrari in lotta tra loro. Quando siestingue un contrario, ne vive un altro ela morte di questo è il ritorno del primoall’esistenza; il “divenire” è pertanto es-senziale al mondo.Nell’ateismo di Epicuro (341-270 a.C.) edi Lucrezio (99-55 a.C.), il “divenire” vie-ne meno e non esiste neppure un aldilàche eviti un processo perpetuo di dissolu-zione delle cose. Non solo il corpo, maneanche l’anima sarebbe immortale.

Anche nella filosofia buddista, l’anima

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non sarebbe immortale in quanto la ri-nascita non viene intesa come trasmi-grazione dell’anima, ma come neoforma-zione dell’individuo determinato dallasua “tanha” (brama di vita) e dal suo“karma” (effetto di azioni e pensieri an-tecedenti).

Le religioni che affermano l’esistenza diun Dio creatore onnipotente ed eterno,non suppongono però l’immortalità del-le cose terrene. Nel sermone della Mon-tagna, Gesù disse agli Apostoli: “Non ac-cumulate tesori sulla terra, ove la ruggi-ne e la tignola consumano e dove i ladriscassinano e rubano” (Matteo 6, 19).L’esperienza ha inoltre evidenziato fat-tori di degrado ben più efficaci dellaruggine, come ad esempio ogni tipo diguerra di religione, guerre economiche,rivoluzioni culturali, attentati, ma ancheinsensibilità, come quando si lascia sac-cheggiare il Museo della Mesopotamia(di Bagdad) o si consentono le tante va-rianti in corso d’opera nelle cosiddetteristrutturazioni conservative.Da un punto di vista ecologico si dicespesso che la natura non produce rifiuti,intendendo con questo sottolineare il fatto che i cicli naturali sono tendenzial-mente dei cicli chiusi.Se considero un manufatto in ferro, que-sto è un prodotto antropico sia comemanufatto che come materiale, e il ferro(metallico) si inserirebbe un po’ daestraneo in un ciclo naturale del ferro.Un’opera in ferro che si conservasse “persempre” uscirebbe dai cicli naturali e ap-parirebbe come “rifiuto”.

Appare pertanto lecito chiederci se, enel caso, perché e come, tentare di con-servare un reperto in ferro.La risposta è ancora frutto della nostra

“religione”, sempre intesa nella sua ac-cezione più ampia. Può destare sgomen-to o trovare giustificazione a secondadel contesto “religioso”, sia la distruzio-ne a colpi di fucile prima e di mortaiopoi dei Budda di Bamiyen, sia l’abbatti-mento (non la rimozione) delle statue diSaddam a colpi di paranco.Si può ritenere che nella nostra culturaoccidentale il desiderio di conservare ireperti del passato derivi da bisogni in-consci, quali:- quello di sentirsi radicati nel tempo e

nella storia che ci hanno precedutoper smitizzarli e appropriarsene, esor-cizzando il buco nero che abbiamo allespalle e trasformandolo in vita cono-sciuta e, di più, posseduta attraverso ireperti. E’ un modo per ancorarsi inquesto mondo, cercando di svelarne il mistero e di dare una risposta agli in-terrogativi perenni che l’uomo si pone(chi siamo, da dove veniamo, dove an-diamo);

- quello della continuità, che ci dà con-cretezza e stabilità; noi siamo nel tra-scorrere del tempo e degli eventi;

- quello delle anime belle che vogliono

inserirsi nel flusso della storia, ammi-rando e toccando oggetti carichi del fascino del passato.

Alla formazione del desiderio di conser-vazione possono concorrere anche altrecause più legate alla “razionalità” qualiil piacere estetico, il piacere dell’intelli-

genza storica che ama conoscere e sco-prire, il piacere dell’uomo che nel pos-sesso di oggetti del passato esteriorizzail proprio bisogno di avere e mostrarepotere e ricchezza.Da un punto di vista metallurgico, un re-perto in ferro potrà essere più o menocorroso, più o meno funzionale, corri-spondere più o meno alla sua forma origi-naria. Generalmente lo si può (grossola-namente) considerare costituito da quat-tro parti, anche non sempre tutte presen-ti o in rapporti assai diversi tra loro:- una parte “metallica” (con le sue in-

clusioni di ossidi, carbone, minerali);- una parte di metallo mineralizzato

(prodotti di corrosione);- incrostazioni derivanti dall’ambiente

(terreno, incrostazioni calcaree, incro-stazioni micro e/o macrobiologiche,pitture);

- materiale non metallico (cuoio, legno,colle, tessuti e altro) facente origina-riamente parte dell’opera.

Gli obiettivi tecnici che si possono perse-guire sono diversi, ad esempio:- recuperare la parte metallica e quella

mineralizzata come materia prima me-tallurgica. La storia è piena di esempidi tali “ricicli”. Il ferro si presta a esse-re riciclato e rifuso come materia prima

più pregiata del minerale originario;- ripristinare le funzionalità dell’opera eutilizzarla per la sua funzione, partico-larmente importante nel caso che l’o-pera in ferro sia ausiliaria ad una piùcomplessa (armature di statue, di edi-fici). In tal caso, la parte mineralizza-ta e le incrostazioni andranno separa-te, la conservazione della parte metal-lica rimanente rientra nei problemicorrosionistici classici;

- sfruttare le caratteristiche estetichedell’opera tal quale o dopo restaurocon asportazione variabile della partemineralizzata e delle incrostazioni econ eventuali ripristini e aggiunte allaparte rimanente. L’opera può poi esse-re conservata singolarmente o ancheinserita in opere estetiche più com-plesse come in alcuni esempi di “ArtePovera”. La conservazione risulta piùproblematica di quella relativa al solometallo a seguito delle interazioni trametallo, parte mineralizzata, incrosta-zioni, restauro e ambiente di conser-vazione, e richiede un approccio olisti-co al problema. Può risultare pregevo-le e non velleitario l’obiettivo di pro-teggere l’opera in modo che possa re-stare nel luogo di origine senza essereblindata in un museo e preservare le

tracce della sua storia, della sua utiliz-

zazione e delle trasformazioni prodot-te dal tempo;

- utilizzarla come fonte di informazioni.Questo obiettivo non è in contrapposi-zione con i precedenti. Informazioni so-no contenute sia nella parte non metal-lica che nelle incrostazioni e nella parte

mineralizzata e non solo nella parte me-tallica.Per il ferro e per i metalli in genere nonsono attualmente note tecniche di data-zione assoluta. La datazione tra il 3350e 3120 a.C. dell’ascia in rame a marginirialzati dell’uomo del Similaun è stataresa possibile dalla presenza accanto al-l’ascia metallica del materiale organico(la mummia) suscettibile di datazione al C14 e in tal senso la presenza di un qual-siasi materiale organico (pollini, cere,colle ecc.) può risultare estremamentepreziosa , la datazione assoluta di unafusione può essere consentita anche dal-la presenza di residui di terre di fusionedatabili per termoluminescenza. Lamorfologia delle patine, così come deiprodotti di corrosione è legata anche al tempo impiegato per la loro formazione,alla stessa stregua degli anelli di accre-scimento degli alberi, e può garantirel’autenticità di un reperto. Particolari,anche microscopici, del disegno possonoconsentire di distinguere tra lavorazionimanuali e a macchina. La morfologiadella fase “metallica”consente di risalireal tipo di lavorazione. Le analisi chimi-che, oggi possibili nel dettaglio più mi-nuto, sia delle inclusioni che del metalloed eventualmente la sua composizione

isotopica possono risultare caratteristicidelle origini del minerale e delle tecni-che utilizzate nell’ottenimento del mate-riale metallico.Un qualunque reperto è un’opera realiz-zata in un certo contesto socioculturalealla quale si sono sommati un utilizzo ele trasformazioni operate dalle culturesuccessive e dal tempo, realizzando cosìun libro di storia scritto con i linguaggidella metallurgia, geografia, geologia,biologia, sociologia, psicologia e non so-lo della corrosione.E’ universalmente accettato che l’osser-vazione della realtà modifichi la realtà,ma le tecniche di indagine possono esse-re più o meno invasive così come le tecni-che di protezione. Tali tecniche sono nu-merosissime e continuano a fiorirne dinuove e tutte necessariamente senza ga-ranzie reali per motivi “anagrafici”. Il cri-terio della “rovesciabilità” (impropria-mente reversibilità) del nostro interventodovrebbe essere il criterio principe dellenostre scelte di indagine e protezione.Non bisogna dimenticare che le informa-zioni possibili, quelle desiderate ed il li-vello di sacralità che avvertiamo oggi peril reperto sono soggettivi, legati al con-testo socioculturale e al particolare mo-mento, e che non ci è consentito genera-

lizzare.

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MINERALIZZAZIONE DEL FERRO,CONSERVAZIONE TEMPORANEA,

ASCIUGATURA E STABILIZZAZIONEDEI REPERTI

Il reperto può provenire:- da un ambiente chiuso in atmosfera

controllata,- da un ambiente chiuso all’atmosfera,- da un ambiente protetto dagli eventi

meteorologici,- da un sito esposto agli agenti atmosfe-

rici- da acque dolci o salate,- da terreni di varia natura.E’ ben noto che atmosfera, acque e ter-reni possono risultare aggressivi neiconfronti dei materiali ferrosi. Si puòtuttavia notare che l’esistenza stessa del reperto è la dimostrazione che l’aggres-sività dell’ambiente nel quale è statotrovato non è stata tale da cancellarlocompletamente. Si potrebbe supporre, aparità di degrado, un’aggressività am-bientale tanto inferiore quanto più il re-perto è antico.In realtà, il degrado è il risultato dell’in-terazione complessa tra l’opera in ferro,il suo uso e l’ambiente nel tempo.E’ noto come le alterazioni dell’ambienteatmosferico, causate sia dall’inquina-mento sia da trasferimenti geografici(come per i bottini di guerra, o per glispostamenti ad opera di collezionisti oanche di semplici turisti), possano avereeffetti catastrofici. Anche alterazionid’uso possono avere effetti deleteri, ba-sti pensare agli effetti della dismissione

dall’uso sulle ferrature di una porta, par-ticolarmente su opere complesse comeautomobili, navi.Ambienti di per sé poco aggressivi neiconfronti di ferro, acciai, ghise, legheferrose a memoria di forma, sono le at-mosfere secche non inquinate; le atmo-sfere industriali inquinate da SO2 risulta-no poco aggressive nei confronti degliacciai Cor-ten, purché esposti in modouniforme e in assenza di bagnamenti fre-quenti; atmosfere generiche, purché noninquinate da cloruri, risultano poco ag-gressive nei confronti degli acciai inossi-dabili. Ambienti “protettivi” possono ri-sultare i ghiacciai e i terreni alcalini, inparticolare i terreni calcarei in zone lon-tane dalla falda acquifera, e rispetto atutti i materiali ferrosi.Gli ambienti naturali però non sono sta-tici, ma in continua evoluzione vuoi pereffetto serra, disboscamenti, alluvioni,inquinamento ecc.. Un ambiente anche“poco aggressivo” può diventare “forte-mente aggressivo” assai rapidamente.Basti ricordare la struttura portante del-la Madonnina del Duomo di Milano;struttura in ferro pitturata nell’agostodel 1939 in occasione della ridoraturadella statua, era risultata, nel 1962, aseguito dei controlli effettuati approfit-

tando dei ponteggi installati per i lavori

di restauro alla Grande Guglia, perfetta-mente conservata ed efficiente. Nel mar-zo del 1967, a seguito di controlli casualieffettuati approfittando del ponteggioinstallato per sostituire l’elemento ra-dioattivo ormai esaurito del parafulmi-ne, risultava completamente degradata,

per cui doveva essere integralmente so-stituita con una in acciaio inossidabile.Ciò nonostante non si deve pensare chel’inquinamento sia un fattore necessa-riamente negativo da un punto di vistacorrosionistico. Le fognature di Los An-geles, che non avevano evidenziato pro-blemi fino a quando raccoglievano scari-chi di tutti i tipi, subirono un repentinodegrado con l’introduzione dei primi li-miti legislativi agli scarichi. Degradocausato dallo sviluppo e dall’azione com-binata di batteri solfatoriduttori accantoa batteri solfoossidanti, sviluppo con-sentito appunto dall’eliminazione dagliscarichi di sostanze tossiche come i me-talli pesanti.Da un punto di vista corrosionistico nonsi può dimenticare che per aver corrosio-ne è indispensabile (tra l’altro) un con-duttore ionico e che nella corrosione atemperatura ambiente un ruolo fonda-mentale è quello esercitato dal condut-tore ionico acqua.La conducibilità dei terreni e del calce-struzzo è legata al tenore d’acqua, chedipende dagli eventi meteorologici, dallagranulometria, porosità e dai livelli difalda che possono subire escursioni an-che importanti.Nell’esposizione atmosferica, la presenza

d’acqua sulle superfici è legata all’umi-dità atmosferica, ma l’ambiente realeche inviluppa l’opera dipende non solodagli eventi meteorologici, umidità e in-quinamento atmosferico, ma anche dal design dell’opera, dal suo posizionamen-to e dalle operazioni di manutenzione ivicomprese quelle di pulizia.Un esempio anche molto schematico esemplificato può illustrare la potenzialegravosità di tale dipendenza.Consideriamo dei semplici bicchieri cilin-drici, con (C) e senza (S) foro sul fondo(effetto design) esposti all’atmosferacon l’asse più (rovesciato, R) o meno(dritto, D) inclinato rispetto all’orizzon-tale (effetto posizionamento). Cerchia-mo di immaginare cosa potrebbe succe-dere ai nostri bicchieri esposti sul balco-ne di una casa a Milano nel corso di unanno.Ipotizziamo che inizialmente vi sianodelle belle giornate, tutti i bicchieri CD,CR, SD e SR tenderebbero a sporcarsi conpolvere, escrementi di uccelli, ragnatele;poi un giorno piove, la pioggia tende-rebbe a “lavare” CD e CR mentre SR sa-rebbe lavato solo all’esterno e SD sareb-be lavato all’esterno e riempito d’acquaall’interno. Poi torna il sole, i bicchieri siasciugano e riprendono a sporcarsi, ma

all’interno di SR il nuovo sporco si ag-

giunge al precedente non dilavato dallepiogge. L’acqua contenuta all’interno diSD evaporerebbe, dando luogo a una so-luzione concentrata che tenderebbe acementare lo sporco, i sali cristallizzatirichiamerebbero acqua anche in assenzadi piogge. Questa alternanza di sole e

pioggia si protrarrebbe ciclicamente edarebbe luogo a cicli di insudiciamento edilavamento tendenzialmente chiusi perCD e CR. Lo sporco tenderebbe invece adaccumularsi all’interno di SR, mentre SDsi riempirebbe fino all’orlo di una fan-ghiglia ricca in sudiciume, sali e acqua. Itempi di bagnamento, con presenzaquindi della fase a conduzione ionica ne-cessaria per la corrosione, risulterebberoalquanto diversificati. Poi una notte fafreddo e gela. Il fatto risulterebbe pocorilevante per CD e CR. Per SR, potrebbedeterminare la fessurazione o il distaccoe la caduta di scaglie di sudiciume dal-l’interno a causa delle tensioni prodottedalla diversità nei coefficienti di dilata-zione termica. L’acqua contenuta in SDpotrebbe gelare, prima all’esterno tap-pando il bicchiere, e poi all’interno, arri-vando anche a spaccarlo a causa dell’au-mento di volume. Ciò non sarebbe suc-cesso se SD fosse stato preriempito (adesempio con gomme siliconiche) oppureanche solo lavato (e asciugato) dopol’ultima pioggia (effetto della pulizia).Risulta evidente che le caratteristichedell’ambiente entro il quale i bicchierirealmente verrebbero a trovarsi, dipen-dano dai fattori sopra menzionati. Su ta-li fattori, si può in genere intervenire fa-

cilmente e con costi modesti, anche nel caso di opere d’arte…..basta pensarci!Negli ambienti naturali gli acciai inossi-dabili sono particolarmente resistenti,almeno in assenza cloruri, grazie allaformazione di film di passivazione. Inpresenza di cloruri si osservano forme dicorrosione localizzata, l’O-- degli ossidipuò essere sostituito dal Cl- con creazio-ne di difettività e aumento della condu-cibilità. I film di passivazione risultanoquindi meno stabili. Le aree anodiche,richiamando anioni per elettroforesi, siarricchiscono di cloruri, più mobili e pre-senti spesso in maggior concentrazionedegli ossidrili prodotti al catodo. Feno-meni di idrolisi tendono ad acidificare learee anodiche e si instaura un meccani-smo perverso che conduce localmente avelocità di dissoluzione assai alte. L’in-sorgenza di tali forme di corrosione éprevedibile solo su basi statistiche, inmodo del tutto analogo agli incidentid’auto.Le ghise sono suscettibili di dissoluzionepreferenziale del ferro rispetto a quelladella cementite e/o grafite. La dissolu-zione selettiva del ferro può condurre adisgregazione o meno la parte residuanon disciolta. Nel caso di attacchi suffi-cientemente lenti, in particolare nel ca-

so di ghise a grafite lamellare, il reticolo

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di grafite può rimanere meccanicamentestabile e agire da area catodica per la ri-duzione dell’ossigeno con produzione diossidrili. Le porosità del reticolo di grafi-te possono venire sigillate dagli idrati diferro e/o da attività biologiche sessili. Il ferro può dissolversi completamente e

lasciare una massa grafitizzata, più leg-gera ma che riproduce esattamente laforma della ghisa originaria.Gli acciai Cor-ten, in condizioni di ba-gnamento frequente si comportano co-me gli acciai al carbonio. Se esposti adatmosfere inquinate da SO2 danno luogoa patine di prodotti di corrosione piùstabili di quelli del solo ferro, sia per lapresenza di composti degli elementi Cu,P, Cr aggiunti alla lega, sia per la forma-zione di ! FeOOH, molto più stabile del "FeOOH che si sarebbe formato su ferro.Le leghe ferrose a memoria di forma so-no materiali fortemente legati non parti-colarmente resistenti a corrosione, quel-le ferro-manganese-silicio risultano par-ticolarmente reattive.Acciaio e ferro, negli ambienti naturalisono spesso soggetti a forme di corro-sione localizzata con differenziazionedelle aree anodiche da quelle catodiche.Sulle aree anodiche i cloruri stimolano ladissoluzione del ferro in modo analogo aquanto avviene per gli acciai inossidabi-li, i solfati, anche se meno mobili deicloruri possono dar luogo ad effetti diacidificazione analoghi e i solfuri dan-neggiano i film di passivazione la cuiformazione è invece favorita dall’acquaossigenata.

Sulle aree catodiche può avvenire la ri-duzione dell’ossigeno, ma l’ossigenomolecolare, a causa della sua configura-zione elettronica, è caratterizzato dauna notevole inerzia cinetica. Per reagi-re, l’ossigeno molecolare richiede l’in-tervento di enzimi o di radicali ( even-tualmente prodotti dalla radiazione sola-re) o di ioni dei metalli di transizione,come ad esempio il ferro. Particolarmen-te efficace nel mettere l’ossigeno in con-dizioni di reagire è la magnetite.In carenza di ossigeno, nitrati e solfatipresenti nelle acque o nei terreni posso-no dar luogo, grazie all’intervento “cine-tico” di batteri specifici, a processi cato-dici utili per la dissoluzione anodica del ferro. I solfati possono risultare più dan-nosi dei nitrati in quanto il solfuro diferro che si forma ha conducibilità elet-tronica e tende ad avere un’elevata su-perficie che si presta a fungere da areacatodica.Anche nell’esposizione atmosferica icomposti dello zolfo svolgono un ruoloparticolare. L’anidride solforosa può ri-durre l’acqua ossigenata, che favorireb-be la formazione dei film di passivazio-ne, e ossidarsi ad acido solforico. Taleossidazione può avvenire anche con l’os-sigeno dell’aria su catalizzatori del tipo

nerofumo (fuliggine), ossidi di manga-

nese o ossidi di ferro (prodotti di corro-sione, particolato atmosferico). La cor-rosione atmosferica promossa dai com-posti dello zolfo, inizialmente è localiz-zata in alcuni punti e si diffonde poi sututta la superficie.La presenza di ossidi catalizza l’ossida-

zione ad acido solforico, questo dà luogoa solfato ferroso, che viene poi ossidatoa solfato ferrico che idrolizza ripristinan-do l’acido solforico con un ciclo detto dirigenerazione acida.Schematicamente:1) 2 H2SO4 + 2 Fe + O2 = 2 FeSO4 + 2 H2O2) 2 FeSO4 + 1/2 O2 + 3 H2O =

= 2 FeOOH + 2 H2SO41+2)2 Fe + 3/2 O2 + H2O = 2 FeOOHI punti ricchi di acido solforico si rivesto-no di prodotti di corrosione del ferro,creano una cella che al suo interno assu-me funzionamento anodico, mentre laparte esterna funziona da catodo. Pro-blemi osmotici e di rigonfiamento porta-no alla rottura delle celle con diffusioneall’esterno dei solfati che possono inne-scare il loro ciclo di rigenerazione acidain altri punti.Nelle acque e nei terreni l’alcalinità pro-dotta dai processi catodici può interferi-re con equilibri del tipo bicarbonati/car-bonati, con spostamento a destra dell’e-quilibrio e precipitazione di carbonatipoco solubili che, se incrostanti, sot-traggono aree a quelle disponibili ai pro-cessi catodici e rallentano il fenomenocorrosivo.L’attacco corrosivo, pur frequentementedi tipo localizzato, può anche avvenire in

forma generalizzata.Questo, su ferro, avviene in corrispon-denza a situazioni estreme come nel ca-so di:- ambienti fortemente depassivanti, co-

me acidi forti non ossidanti che con-ducono a rapida dissoluzione del ma-teriale (HCl), ma anche come soluzionicon elevato rapporto Cl-/OH-, che inassenza di ossigeno possono risultareassai poco aggressive (fondali marini).

- ambienti fortemente passivanti, comead esempio acido nitrico concentrato,che tendono a bloccare sostanzial-mente i processi anodici e quindi ladissoluzione del metallo.

- ambienti fortemente incrostanti, comeacque a elevata indice di Langheliercon formazione di incrostazioni di car-bonato di calcio, ma anche come acidosolforico concentrato con formazionedi solfato ferroso non conduttore e in-solubile nell’acido concentrato conblocco dei processi catodici e di conse-guenza della corrosione.

- ambienti a bassissima conducibilità,come acque deionizzate, ma anchearia, a caldo, dove il ruolo di condut-tore ionico è svolto dagli stessi ossidi.

Ferri battuti e molti acciai di interesseartistico sono stati forgiati (a caldo). Se

un acciaio (non legato) viene scaldato

all’aria tra i 575 e 1370 °C, si ricopre conuna scaglia di ossidi costituita da trestrati ben definiti, FeO (wustite) aderen-te al metallo, Fe3O4 (magnetite) comestrato intermedio e Fe2O3 (ematite) co-me strato esterno. Gli spessori deglistrati dipendono dal tempo, temperatura

e modalità del riscaldamento.La wustite è termodinamicamente insta-bile al di sotto dei 575 °C e, per raffred-damento lento, si decompone in magne-tite e ferro finemente suddiviso.Differenze tra i coefficienti di dilatazio-ne termica portano alla fessurazionedella scaglia in fase di raffreddamento.Per successiva esposizione all’aria umi-da, all’interno della scaglia si instauranoaccoppiamenti galvanici tra la magneti-te, ove avviene il processo catodico di ri-duzione dell’ossigeno, e il ferro derivan-te dalla decomposizione della wustite,che finemente suddiviso e particolar-mente reattivo si scioglie conducendo al distacco della scaglia. E’ il processo di“maturazione atmosferica” al quale era-no sottoposte le lamiere ottenute per la-minazione a caldo per distaccare la cala-mina, processo che richiedendo spazi eimmobilizzando capitale non risulta, og-gi, più economico. Se la scaglia vieneraffreddata rapidamente, risulta poi ab-bondantemente fessurata, ma la wustiterimane indecomposta. In tal caso, peresposizione all’atmosfera, gli accoppia-menti galvanici si instaurano tra la ma-gnetite e il ferro di base, che risulta suc-cessivamente corroso anche senza arri-vare al distacco della scaglia. Se la tem-

peratura di riscaldamento è inferiore a575 °C, la wustite non si forma.In acqua calda (T >> 100 °C) sotto pres-sione (generatori di vapore) e in assenzadi ossigeno, l’acqua ossida il ferro conformazione di due strati di magnetite.Un primo, aderente al metallo, compat-to, cresciuto probabilmente attraverso imeccanismi coinvolgenti i difetti pun-tuali tipici dell’ossidazione a caldo. Unsecondo, di magnetite porosa, incoeren-te, costituito da cristalli ben sviluppatiche fanno supporre fenomeni di dissolu-zione (degli ioni ferrosi) e riprecipitazio-ne come magnetite. Gli ioni ferrosi nonossidati possono disperdersi nell’acqua.Durante l’ossidazione del ferro a magne-tite si ha aumento di volume, il rapportotra volumi molari Fe3O4 /3Fe risulta pari a2,1. La superficie di separazione tra idue strati di magnetite corrispondegrossolanamente alla superficie origina-ria del ferro.A temperature più basse, in acqua distil-lata, il ferro si corrode solo in presenzadi ossigeno, non forma scaglie protettivema una ruggine di composizione inter-media tra Fe(OH)2 e FeOOH, di coloreverdastro e che, esposta all’aria, si ossi-da a FeOOH.Su di un reperto antico i processi di cor-

rosione subiti possono differire, almeno

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come scala dei tempi, da quelli sopramenzionati, risultando generalmentemolto più lenti. A volte, più che di corro-sione, si parla di mineralizzazione.Un materiale ferroso mineralizzato è co-stituito da varie parti:- una parte, eventualmente mancante,

in ferro residuo, contenente ancora lesue inclusioni, scorie, carbone e mine-rale non reagito.

- una parte costituita da magnetite so-stanzialmente compatta, aderente al ferro residuo e occupante lo spazio la-sciato libero dal ferro consumato.

- una parte costituita da FeOOH in varieforme allotropiche contenente anchesostanze (cloruri, solfati, carbonati),terreno, entità di origine micro e/omacro biologica di derivazione am-bientale.

- strati di ematite formatasi durante iprocessi di forgiatura originariamentesubiti, e/o incrostazioni varie.

L’esistenza di magnetite compatta, ade-rente al ferro che si è in larga misuraconsumato, fa supporre che la magnetitesi sia continuata a formare all’interfacciaferro residuo/magnetite. Perché ciò ac-cada è necessario un meccanismo di tra-sporto dell’ossigeno a tale interfaccia.Questo trasporto potrebbe avvenire viaO-- interstiziale, la cui esistenza però èalquanto improbabile a causa delle note-voli dimensioni dell’O--. Qualora avvenis-se via O2 molecolare attraverso difetti eporosità dello strato, l’aumento di volu-me conseguente alla formazione dellamagnetite potrebbe sigillare le porosità

e bloccare il meccanismo di trasporto.Il trasporto dell’ossigeno potrebbe avve-nire anche per controdiffusione di va-canze di ossigeno VO --.Ipotizzando che la formazione della ma-gnetite avvenga all’interfaccia ferro/ma-gnetite, assumendo, per comodità for-male, che il trasporto dell’ossigeno av-venga via vacanze, e considerando duesituazioni limite: una bagnata, in assen-za di ossigeno, e una asciutta, in presen-za di ossigeno, i fenomeni di mineraliz-zazione potrebbero venire descritti comedi seguito esemplificato. Nella situazio-ne bagnata, schematizzata in fig.1:- all’interfaccia ferro/magnetite si con-

suma ferro e si forma magnetite (reaz.anodica)a) 3 Fe# Fe3O4 + 4 VO -- + 8 e-

- all’interfaccia magnetite/acqua si for-ma FeOOH (reaz. anodica)b) Fe3O4 + H2O + OH- # 3 FeOOH + e-

- all’interfaccia magnetite/FeOOH si for-ma magnetite (reaz. catodica)c) 6 FeOOH + VO-- + 2 e-# 2 Fe3O4 + 3 H2O

- all’interfaccia FeOOH/acqua si formaidrato ferroso (reaz. catodica)d) FeOOH + H2O + e- # Fe(OH)2 + OH-

Globalmente si potrebbe avere, accantoalla produzione di idrato ferroso, il con-sumo del ferro e quello del FeOOH:

a + 9 b + 4 c + 9 d)

3 Fe + 6 H2O + 6 FeOOH # 9 Fe(OH)2

o della magnetite:a + 12 b + 4 c + 12 d)3 Fe + 12 H2O + 3 Fe3O4 # 12 Fe(OH)2ma sempre via FeOOH, che assume unruolo fondamentale in entrambi i casi.La possibilità del consumo sia di FeOOH,sia di magnetite e la possibilità del Fe(OH)2 di disperdersi nell’ambiente,giustifica le modeste quantità di ferromineralizzato presente sui reperti prove-nienti da acque profonde e ricchi al piùdi incrostazioni.Nella situazioni asciutta, come schema-tizzato in fig. 2, accanto alle reazionidella situazione precedente, bisognaconsiderare la reazione di riduzione del-l’ossigeno:e) O2 + 2 H2O + 4 e- # 4 OH-

e la reazione d) va considerata in sensoanodico(-d).Il processo globale può non consumareacqua:a + 8 b + 4 c + 2 e)3 Fe + 2 O2 # Fe3O4o anche produrla:-4 d + e)4 Fe(OH)2 + O2 # 4 FeOOH + 2 H2OTali reazioni giustificano la formazionedi magnetite e FeOOH per mineralizza-zione del ferro in ambienti aerati.Ovviamente, gli ambienti reali possono

non corrispondere a nessuno dei due ca-

si limite considerati, ma FeOOH compari-

rebbe comunque nei processi parziali senon in quello globale e svolgerebbe unruolo fondamentale.FeOOH è un composto polimorfo che puòessere presente come fase:- !, goethite, sostanzialmente stabile

sia in acqua sia in aria, tendenzial-mente compatta, risulta protettiva,non si forma direttamente, ma per tra-sformazione della fase ";

- $, akaganeite, si forma in presenza dicloruri e la sua presenza è tipica degliambienti marini, estremamente reatti-va può essere rimossa rimuovendo icloruri;

- ", lepidocrite, si forma in sostanzialeassenza di cloruri, la sua conducibilitàe reattività è aumentata dall’assorbi-mento di SO2, la sua riduzione a ma-gnetite avviene con diminuzione di vo-lume per cui gli strati di lepidocrite so-no spesso fessurati. La lepidocrite ten-de inoltre, molto lentamente, a tra-sformarsi nella fase a, per cui il rap-porto alfa/gamma può essere un indi-ce dell’anzianità del reperto.

La stabilizzazione del materiale ferrosomineralizzato richiederebbe pertanto la:- eliminazione dei cloruri per evitare la

formazione della akaganeite e/o l’aci-dificazione delle aree anodiche;

- eliminazione o blocco dei solfati per ri-

Fig. 1 – Trasformazione del 

ferro in ambienteacquoso deareato.

Fig. 2 – Trasformazione del 

ferro in ambienteaerato secco.

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durre la reattività della lepidocrite e/ol’acidificazione delle aree anodiche;

- eliminazione della fase ", che potreb-be essere convenientemente effettua-ta accelerando la sua trasformazionenella fase !, processo che avviene giàspontaneamente nel tempo, oppure la

fase gamma potrebbe venire ridotta amagnetite o anche a ferro metallico,ma con alterazioni chimiche, morfolo-giche e fessurazioni della scaglia.

L’acqua esercita un ruolo fondamentalenon solo nel degrado dell’opera, ma an-che nella conservazione temporanea del reperto estratto dall’ambiente nel qualelo si è trovato. Reperti estratti da fonda-li marini, lacustri o fluviali, o da terrenie atmosfere umidi, o dopo un trattamen-to acquoso, presentano la parte minera-lizzata e le incrostazioni intrise d’acqua.Parte mineralizzata e incrostazioni, cosìcome molti materiali che possono ac-compagnare quello ferroso del reperto(legno, cuoio, tessuti, arenaria), sonotendenzialmente porosi. L’acqua qualoraevaporasse all’interno dei pori determi-nerebbe un menisco e il sorgere, in cor-rispondenza al menisco, di sollecitazionidi trazione legate alla tensione superfi-ciale dell’acqua. Tali sollecitazioni pos-sono risultare sufficienti a fratturare oanche disgregare la parte porosa inte-ressata, come spesso succede se un re-perto estratto dall’acqua o altro ambien-te umido viene conservato e “protettoall’asciutto” in un deposito.L’asciugatura è un’operazione critica inqualunque fase del trattamento di recu-

pero essa venga eseguita.I problemi di tensione superficiale pos-sono essere ridotti sostituendo all’acquaaltri liquidi con tensione superficiale in-feriore in opportuna sequenza (a 25 °C,"acqua = 71,99 mN/m, "alcool etilico = 21,97mN/m, "eteredietilico = 16,65 mN/m).Tali problemi possono essere anche eli-minati o eliminando il cambiamento difase, sostituendo all’acqua un fluido incondizioni supercritiche (CO2); o elimi-nando l’evaporazione, sostituendo l’ac-qua con sostanze che tendono a subli-mare (canfora in alcool) o congelandol’acqua e allontanandola per sublimazio-ne sotto vuoto. In quest’ultimo caso il problema dell’aumento di volume conse-guente alla solidificazione dell’acquapuò essere ridotto, se non eliminato, so-stituendo l’acqua con miscele (glicolipolietilenici) che non cambino volumesolidificando. L’acqua può anche esseresostituita da liquidi vari fino a misceleliquide che solidifichino nel tempo (co-lofonia in solventi compatibili con l’ac-qua, lattici, emulsioni, soluzioni di sili-coni), ponendo però il problema dellarovesciabilità dell’intervento, o a caldoda liquidi che a freddo solidifichino (ce-re più o meno microcristalline).Buona pratica, ampiamente utilizzata dai

restauratori per la conservazione tempo-

ranea dei reperti estratti bagnati, è il lo-ro mantenimento in soluzione acquosa.Un aspetto a volte non sufficientementeconsiderato è la tendenza della soluzioneacquosa, all’interno dei pori, di portarsiin equilibrio osmotico con quella esterna.Differenze di pressione osmotica deter-

minano flussi d’acqua e sollecitazioni ditrazione, se la pressione osmotica più al-ta è quella esterna, o di compressione, sela più alta è quella interna. Le sollecita-zioni di trazione tendono a fessurare edisgregare gli strati; le sollecitazioni dicompressione tendono a deformarli estaccarli dal materiale sottostante.Gli ossidi e idrossidi del ferro sono ten-denzialmente stabili in ambiente alcali-no, per cui è buona pratica, nota ai re-stauratori, mantenere un pH alcalino an-che nelle soluzioni di conservazionetemporanea.Complicazioni possono sorgere nel casodi reperti contenenti sostanze organiche(seta, lana) e anche materiali metallicidiversi dal ferro con diversi campi di pHdi stabilità degli ossidi. Complicazionipossono derivare dalla conducibilità elet-trica che, normalmente alta per le solu-zioni adottate per la conservazione, po-teva essere bassa nell’ambiente origina-rio. In tal caso la soluzione di conserva-zione potrebbe promuovere forme di cor-rosione per quegli accoppiamenti galva-nici rimasti latenti nell’ambiente origina-rio a causa della sua bassa conducibilità.In generale:- il ferro gradisce ambienti alcalini, an-

che energici (NaOH),

- il rame richiede ambienti solo modera-tamente alcalini (carbonati),- l’argento, se in accoppiamento galva-

nico, necessita di un inibitore di corro-sione,

- il piombo richiede l’uso di acqua “non”demineralizzata a pH = 8-10 possibil-mente con carbonati,

- lo stagno richiede pH < 10 e se non ri-sulta in accoppiamento galvanico èopportuno evitare l’utilizzo, come ini-bitore di corrosione, dei cromati checon lo stagno danno composti e patinemolto stabili.

Altro aspetto, meritevole di considera-zione, si riferisce alle condizioni di aera-zione o meno della soluzione di conser-vazione temporanea. Tali condizioni do-vrebbero corrispondere a quelle dell’am-biente di provenienza. Il passaggio in-fatti da condizioni aerobiche ad anaero-biche, che potrebbe sembrare cautelati-vo rispetto alla corrosione potenzial-mente provocata dall’ossigeno che vienerimosso, può risultare controproducentesu ferro e acciaio in presenza di solfati ebatteri solfatoriduttori che sostituisconoal processo catodico di riduzione dell’os-sigeno, quello di riduzione dei solfaticon formazione di solfuri. Anche il pas-saggio contrario non è raccomandabile,

in quanto batteri solfoossidanti posso-

no, in condizioni aerobiche, ossidare l’a-cido solfidrico prodotto in condizionianaerobiche (odore di uova marce) adacido solforico, e dar luogo ad un am-biente estremamente aggressivo.Pure le condizioni di illuminazione nonsono ininfluenti. La luce promuove la

formazione di radicali, la riduzione del Fe3+ a Fe2+, la riduzione dell’ossigeno ela formazione di acqua ossigenata. La ri-duzione dell’ossigeno e del Fe3+ dannoluogo a processi catodici che possonosostenere la dissoluzione anodica del ferro; la presenza di acqua ossigenatapuò condurre a fenomeni di passivazionedel ferro, ma anche all’ossidazione dell’-SO2 ad acido solforico.Molte sostanze, sia inorganiche (fosfati)che organiche (tannini), danno luogocon i sali ferrici a composti insolubili,stabili, e si comportano da inibitori dicorrosione in ambienti ben areati, ossi-danti, mentre in ambienti umidi pocoareati possono, complessando gli ioniferrosi, stimolare la dissoluzione del fer-ro. Spesso il miglior ambiente per la con-servazione di un reperto prima del tra-sferimento ai laboratori è quello del campo, almeno se non sono intervenuticambiamenti recenti. La simulazione ditale ambiente con uno artificiale puòanche non alterare le caratteristichegeometriche, metallurgiche e chimico-fi-siche del reperto, ma facilmente condu-ce all’alterazione delle caratteristichebiologiche delle superfici con potenzialeperdita di informazione.Pulizia meccanica, pulizia chimica, rimo-

zione di sali, stabilizzazione e asciugatu-ra sono tutte operazioni ove l’alterazionedel reperto è voluta. Tale alterazione de-ve essere controllata e rigorosamentesuccessiva alle più ampie indagini e do-cumentazione possibili. Eventuali rivesti-menti originariamente esistenti possononon trovarsi più a contatto con il metalloresiduo, l’oro può trovarsi come metalloall’interfaccia parte mineralizzata/incro-stazioni, lo stagno può ritrovarsi non piùcome metallo ma combinato nelle incro-stazioni, così come lo zinco, la presenzadi terre di fusione sarebbe preziosa perconsentire una datazione. Prima di utiliz-zare la sabbiatrice, dobbiamo aver co-scienza di rimuovere, con la sabbiatura,le informazioni contenute nel materialeasportato e sulla superficie sabbiata.Non solo acque, terreni, atmosfere, solu-zioni di conservazione temporanea eoperazioni di pulizia possono risultareaggressive.Anche ambienti poco sospetti, come gliambienti chiusi, o materiali largamenteutilizzati negli imballaggi e pensati comeprotettivi, come legno, carta, plastiche epitture, possono risultare aggressivi acausa o delle loro caratteristiche di con-duttori ionici o del rilascio di sostanzeche si accumulano lentamente nel tem-

po.