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delle Libertà P O L I T I C A M E L L I N I A P A G I N A 2 “Bonum sacramenti”: fedeltà, infedeltà e ddl Cirinnà P R I M O P I A N O V E C E L L I O A P A G I N A 3 Bologna e contestazioni: dalla parte del prof. Angelo Panebianco P O L I T I C A R O M I T I A P A G I N A 2 Magici pifferai al servizio della propaganda P R I M O P I A N O A L V A R O A P A G I N A 3 Papa Francesco e la messa cantata politically correct C U L T U R A B O N A N N I A P A G I N A 7 Lucia Lavia nei panni di Madame Bovary La lezione romana per il centrodestra L a candidatura di Alfio Marchini è stata bloccata dal veto di Giorgia Meloni e ha portato alla candidatura di Guido Bertolaso. Ma, a sua volta, la candidatura di Bertolaso è stata boc- ciata da Matteo Salvini ed ora po- trebbe portare alla candidatura di un qualche personaggio scelto dalla Lega che a sua volta sarebbe bocciato dalla Meloni e potrebbe spingere la leader di Fratelli d’Italia a ripensare la propria indisponibilità a correre per Roma. Il risultato è che al momento gli elet- tori che nella Capitale non hanno in- tenzione di votare per i Cinque Stelle e per la galassia della sinistra (Partito De- mocratico e sinistra radicale), hanno di fronte quattro candidati diversi (a Marchini, Bertolaso ed al candidato che uscirà dai gazebo della Lega va ag- giunto anche Francesco Storace) a cui si potrebbe affiancare anche la ritro- C osa lega l’approvazione della legge sulle Unioni Civili, riscritta dopo l’accordo con i “centrini” di Angelino Alfano, l’esultanza scomposta di Denis Verdini per l’ufficializzazione dell’en- trata della sua soldataglia parlamentare nella maggioranza di governo, la visita di un incazzato Jean-Claude Juncker a Roma e il precipitare della crisi in Libia? Risposta: la paura di Matteo Renzi di non farcela a reggere la situa- zione. Lo spavaldo cialtrone che ab- biamo conosciuto in questi due anni di potere usurpato annusa il cambia- mento di un clima che prima gli è stato favorevole e ora inizia a perturbarsi mi- nacciosamente. Non è che tutti i disastri italiani siano opera sua, tuttavia l’aver voluto nascondere le magagne di un paese alla deriva sotto la coltre di una narrazione trionfalistica e arrogante di successi mai conseguiti ha fatto di lui un perso- naggio inaffidabile. Per descrivere l’uscita del giovanotto dell’età dell’in- Gli “strani amori” di Matteo Renzi vata Meloni. E, con questo guazzabu- glio di nomi, hanno anche la scorag- giante certezza che pur essendo maggioranza a Roma sono destinati ad una sicura sconfitta. È difficile prevedere se si riuscirà a modificare questo finale apparente- mente scontato. Ma è certo che quanto è avvenuto certifica due dati... Congresso straordinario per il Pd nocenza si potrebbe mutuare il para- digma di Alberto Arbasino: Matteo Renzi è passato dalla categoria “bril- lanti promesse” a quella, più frequen- tata, dei “soliti stronzi”. Con tutta probabilità è ciò che di lui pensano in molti negli ambienti che contano, a co- minciare dalle cancellerie dei paesi par- tner europei. Nessuno gli crede quando parla di risanamento della finanza pub- blica e di spending review, nessuno vuole accordargli un solo euro in più di flessibilità sui conti e, quel che è peggio, non sono pochi coloro che lo riten- gono, a causa dei comportamenti deli- beratamente lassisti dell’Italia sul fronte dell’accoglienza, il principale responsa- bile della crisi migratoria vissuta dal- l’Europa. C’è poi il conto aperto con Parigi, per quella porta sbattuta in fac- cia a François Hollande nel momento nel quale il presidente francese chie- deva aiuto a Roma per combattere il terrorismo jihadista in Siria. Gli alleati, dopo mesi nei quali hanno insistito all’inverosimile perché fosse l’Italia a gestire la crisi libica, si sono rotti le scatole e hanno deciso di agire militarmente col bel risultato che, ancora una volta, sarà il nostro paese a fare la parte del fanalino di coda. Altro che comando delle operazioni: ce lo possiamo scordare che francesi, in- glesi, americani e tedeschi permettano al nostro governo di tenere il banco nello Chemin de fer giocato al tavolo libico. Se questo è il quadro, ha ragione il giovanotto a preoccuparsi per il suo futuro. Matteo Renzi sa bene che...

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delle Libertà

POLITICA

MELLINI A PAGINA 2

“Bonum sacramenti”:fedeltà, infedeltàe ddl Cirinnà

PRIMO PIANO

VECELLIO A PAGINA 3

Bologna e contestazioni:dalla parte del prof.Angelo Panebianco

POLITICA

ROMITI A PAGINA 2

Magici pifferaial servizio

della propaganda

PRIMO PIANO

ALVARO A PAGINA 3

Papa Francescoe la messa cantatapolitically correct

CULTURA

BONANNI A PAGINA 7

Lucia Lavianei panni

di Madame Bovary

La lezione romana per il centrodestra

La candidatura di Alfio Marchini èstata bloccata dal veto di Giorgia

Meloni e ha portato alla candidaturadi Guido Bertolaso. Ma, a sua volta, lacandidatura di Bertolaso è stata boc-ciata da Matteo Salvini ed ora po-trebbe portare alla candidatura di unqualche personaggio scelto dalla Legache a sua volta sarebbe bocciato dallaMeloni e potrebbe spingere la leader diFratelli d’Italia a ripensare la propriaindisponibilità a correre per Roma.

Il risultato è che al momento gli elet-tori che nella Capitale non hanno in-tenzione di votare per i Cinque Stelle eper la galassia della sinistra (Partito De-mocratico e sinistra radicale), hanno difronte quattro candidati diversi (aMarchini, Bertolaso ed al candidatoche uscirà dai gazebo della Lega va ag-giunto anche Francesco Storace) a cuisi potrebbe affiancare anche la ritro-

Cosa lega l’approvazione della leggesulle Unioni Civili, riscritta dopo

l’accordo con i “centrini” di AngelinoAlfano, l’esultanza scomposta di DenisVerdini per l’ufficializzazione dell’en-trata della sua soldataglia parlamentarenella maggioranza di governo, la visitadi un incazzato Jean-Claude Juncker aRoma e il precipitare della crisi inLibia? Risposta: la paura di MatteoRenzi di non farcela a reggere la situa-zione. Lo spavaldo cialtrone che ab-biamo conosciuto in questi due anni dipotere usurpato annusa il cambia-mento di un clima che prima gli è statofavorevole e ora inizia a perturbarsi mi-nacciosamente.

Non è che tutti i disastri italianisiano opera sua, tuttavia l’aver volutonascondere le magagne di un paese alladeriva sotto la coltre di una narrazionetrionfalistica e arrogante di successimai conseguiti ha fatto di lui un perso-naggio inaffidabile. Per descriverel’uscita del giovanotto dell’età dell’in-

Gli “strani amori” di Matteo Renzi

vata Meloni. E, con questo guazzabu-glio di nomi, hanno anche la scorag-giante certezza che pur essendomaggioranza a Roma sono destinati aduna sicura sconfitta.

È difficile prevedere se si riuscirà amodificare questo finale apparente-mente scontato. Ma è certo che quantoè avvenuto certifica due dati...

Congresso straordinarioper il Pd

nocenza si potrebbe mutuare il para-digma di Alberto Arbasino: MatteoRenzi è passato dalla categoria “bril-lanti promesse” a quella, più frequen-tata, dei “soliti stronzi”. Con tuttaprobabilità è ciò che di lui pensano inmolti negli ambienti che contano, a co-minciare dalle cancellerie dei paesi par-tner europei. Nessuno gli crede quandoparla di risanamento della finanza pub-blica e di spending review, nessunovuole accordargli un solo euro in più diflessibilità sui conti e, quel che è peggio,non sono pochi coloro che lo riten-gono, a causa dei comportamenti deli-beratamente lassisti dell’Italia sul frontedell’accoglienza, il principale responsa-bile della crisi migratoria vissuta dal-l’Europa. C’è poi il conto aperto conParigi, per quella porta sbattuta in fac-cia a François Hollande nel momentonel quale il presidente francese chie-deva aiuto a Roma per combattere ilterrorismo jihadista in Siria.

Gli alleati, dopo mesi nei qualihanno insistito all’inverosimile perchéfosse l’Italia a gestire la crisi libica, si

sono rotti le scatole e hanno deciso diagire militarmente col bel risultato che,ancora una volta, sarà il nostro paesea fare la parte del fanalino di coda.Altro che comando delle operazioni: celo possiamo scordare che francesi, in-glesi, americani e tedeschi permettanoal nostro governo di tenere il banconello Chemin de fer giocato al tavololibico. Se questo è il quadro, ha ragioneil giovanotto a preoccuparsi per il suofuturo. Matteo Renzi sa bene che...

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Ho passato anni della mia vita, imigliori di quella professionale

anch’essa fin troppo lunga, ad occu-parmi delle sottigliezze del Dirittocanonico, che nell’Italia concordata-ria si voleva fossero “riconosciute”dall’ordinamento statale. Avanti aCorti d’Appello, Cassazione, Cortecostituzionale mi è toccato a discet-tare delle “riserve mentali” che per ipreti erano più che valide per esclu-dere che una coppia di coniugi configli e figlie potesse dirsi o meno ef-fettivamente “unita in matrimonio”.

L’esclusione, anche non manife-stata, del “bonum sacramenti”, la ca-ratteristica del matrimonio relativaall’obbligo della reciproca fedeltà,era (ed è) per i preti, motivo di “nul-lità del vincolo”. Con quel che segue,o si voleva che seguisse, in fatto disoldi, assegni di mantenimento, ecc..

Non mi sarei però mai imma-ginato che dopo decenni, in cui ilpotere di “liberare dal vincolo ma-trimoniale” rivendicato dalla Chiesanei confronti dello Stato (ricordo chesentivo dire, da ragazzino, che ilPapa aveva “liberato” Marconi dalmatrimonio con la prima moglie inpremio della invenzione della radio)la questione di questo benedetto (sifa per dire) “bonum sacramenti” sa-rebbe tornata ad incendiare la scenapolitica. Però un “bonum sacra-menti” non già necessario e “natu-rale” per il matrimonio (quello cheda qualche decina di secoli si consi-dera tale) ma per le “Unioni civili”,cioè gay (che quelle eterosessuali sa-rebbero più o meno incivili).

Sissignori dopo averne dette dicotte e di crude i nostri legislatori

“progressisti” sembrano avere rag-giunto un accordo, cioè non un ac-cordo, perché hanno deciso “per lafiducia”. Ora il Governo “mette la fi-ducia” quando, altrimenti, l’accordonon c’è. Ma la fiducia, imposta dallamancanza di fiducia nel consenso delSenato, ha dovuto lasciar fuori laquestione delle adozioni, con le qualii gay avrebbero dovuto essere com-pensati dell’errore e della violazionedel diritto di parità commessi dallaNatura in loro danno escludendolidal “diritto” di procreare.

Tutto bene? Macché! È venuta al-lora fuori, la questione della “fe-deltà”. Perché qualcuno dopo averparlato, scritto, discettato di “unionicivili”, affermando che si dovevadare rilevanza giuridica (e certezza

documentale) a chi sa quante (ma,poi, quante?) unioni già esistentinella realtà sociale, ha pensato benedi stabilire come devono essere que-ste unioni che, però, dicono che giàesistono e che bisogna “legittimare”.Devono essere unioni stabili (e vabene) e, poi “fondate nella reciprocafedeltà”, cosa che non ha riscontronella realtà sociale. Sono insorti i re-calcitranti: “Ma se devono essere fe-deli, allora c’è troppa somiglianzacon il matrimonio” (affermazione ot-timistica!). E pretendono di “toglierela fedeltà”. Sarebbe più logico che sivolesse chiarire che, è escluso il re-quisito del “bonum sacramenti”, in-fatti il matrimonio gay o l’unionecivile (o incivile) che sia non ha e nonpretende, almeno per ora, di avere

carattere sacramentale, quello da cuila Chiesa fa discendere l’obbligodella fedeltà (e, in caso lo si voglia,anche segretamente, escluderla fa-cendone derivare la validità o la nul-lità del vincolo).

Dico subito che vedere certagente, Renzi, Alfano, Verdini, ecc.ecc. discettare di certe questioni, incui in passato finivano col perdere ilfilo del discorso anche famosi giuristi“in utroque”, teologhi e sapientivari, mi fa venir da ridere. E soprat-tutto me la rido pensando alla spe-cialista in canili, la Cirinnà, cui èaffidato il compito di vedersela coldistillato di sottigliezze del genere.Elefante in un negozio di chincaglie-rie. Ma quel che fa ridere di più è ilfatto che, dopo tutto questo gran

parlare della legittimazione della “re-altà sociale di certe unioni” ci si ac-corge che resta da stabilire come eche cosa devono essere queste bene-dette (senza allusioni) unioni. Que-sto obbligo della fedeltà, mancandoun “negozio formale”, dal quale sifaccia nascere il rapporto di “quasiconiugio”, non si sa come possa sor-gere se l’unione invece che caratte-rizzata da esclusività della reciprocadedizione, sia una difatti “unioneaperta”. Che succede in questo caso?Il gay coniuge n. 1 potrà andare dalsignor giudice a reclamare per l’infe-deltà del gay quasi coniuge n. 2, chie-dendo i danni? O, magari chiederàla dichiarazione di nullità del-l’unione di fatto per esclusione del“bonum sacramenti” omosessuale?E il gay che si sottoponesse a“cure” (ove esistenti) per diventareeterosessuale verrà condannato pertentata infedeltà con l’aggravantedella (pure tentata) eterosessualità?

Ma, soprattutto se domani unacoppia gay andrà a registrarsicome tale, la registrazione potràesserle negata per la mancanza delrequisito dell’impegno alla fedeltàche “guasterebbe” il rapporto?

Non pretendo di porre questioniche siano punti fermi di saggezzagiuridica. Quel tanto che ancorame ne rimane non sono disposto aspenderlo per discettare con la si-gnora dei canili e neanche per evi-tare di aggiungere qualche miaautentica baggianata a quelle chealtri così autorevolmente, pertina-cemente e disinvoltamente ci pro-pina. Ma, almeno io non pretendodi riformare la società. Quando ri-tenessi di doverlo fare, cercherei,almeno, di essere serio.

unire il centrodestra ma a dividerlo ulterior-mente.

La lezione romana, quindi, indica che se sivuole ricostruire, sia pure in maniera federativa,il centrodestra, si deve individuare preventiva-mente il metodo condiviso da tutte le diversecomponenti dello schieramento per selezionarele candidature e la classe dirigente. Ora sap-piamo che non vanno bene i metodi dei vertici ri-stretti e delle primarie farlocche. Per il futuro osi torna alla forza egemone che però selezioni inbase alla competenza ed al merito o si passa alleconsultazioni di base regolate da una legge delloStato. Tertium non datur!

...in politica, la gloria, come la fortuna, ha la fra-gilità di una farfalla: svolazza qualche giorno epoi scompare. Anche dell’affollata schiera degliodierni fans, stipati nelle fila del Partito Demo-cratico come a un concerto degli U2, non può fi-darsi. La maggior parte di loro sono come certi

Politica

segue dalla prima

...inconfutabili. Il primo è che il metodo dellascelta dall’alto compiuta dai massimi leader delleforze dell’area moderata è clamorosamente fal-lito. Funzionava quando Silvio Berlusconi aveval’egemonia dello schieramento e nessuno deglialleati aveva la forza di mettersi di traverso. Mada quando Forza Italia non è più il partito-guida,ogni alleato rivendica il potere di veto ed i verticiristretti non portano mai a scelte condivise.

La vicenda romana, però, non segna solo ilfallimento delle scelte di vertice. Testimoniaanche l’impossibilità del centrodestra di passarea scelte di base senza aver preventivamente indi-viduato un metodo condiviso e democratico perselezionare i candidati e la classe dirigente. Leprimarie fai-da-te della Lega non hanno risoltoma aggravato il problema visto che hanno su-scitato le ire degli alleati ed avrebbero potuto in-nescare la corsa di ogni partito o fazione amettere in piedi quattro gazebo ed a celebrare leproprie consultazioni interne destinate non ad

La lezione romana per il centrodestra

Gli “strani amori”di Matteo Renzi

Sul tema sempre più scottante dellacosiddetta spending review, o re-

visione della spesa che dir si voglia,mercoledì scorso abbiamo ascoltatouna esilarante intervista radiofonicadel commissario Yoram Gutgeld,successore del defenestrato CarloCottarelli, il quale ha svolto al me-glio il ruolo di piffero renziano. Unruolo che, è doveroso aggiungere, ilcapataz fiorentino pretende siasvolto con la massima efficacia, am-plificando la sua linea tutta fondatasulle balle spaziali, pena l’immediataesclusione dal novero dei fedelissimirenziani.

In sostanza, alle domande di un

sempre più perplesso Sebastiano Ba-risoni – conduttore della trasmis-sione Focus economia in onda suRadio24 – sull’andamento a dir pocodiscutibile dei conti pubblici, Gut-geld ha negato che la spesa delloStato, come riportano alcuni studi incircolazione, sia cresciuta, malgradol’apparenza dica tutto il contrario. Asuo dire l’equivoco, che secondo lecifre della Banca d’Italia ammonte-rebbe ad una ingannevole esplosionedella spesa pubblica di oltre 52 mi-liardi di euro nel 2015, si sarebbe ge-

nerato a causa di una diversa conta-bilizzazione decisa dal GovernoRenzi. Tant’è che lo stesso commis-sario alla spending review, di fronteai dubbi della Ragioneria dello Stato,ha promesso di fornire a quest’ul-tima un documento dettagliato concui svelare questo inverosimile ar-cano.

Ora, al di là del surreale ballettodelle cifre, reso ancor più confuso daun Esecutivo che ha dichiaratoguerra ai numeri, mi sembra evidenteche la comunicazione dei pifferi ren-

ziani cominci a fare acqua da tutte leparti, dovendosi confrontare con ladura realtà imposta dalle leggi dellamatematica. E il peggio deve ancoravenire per i vari Gutgeld, Padoan,Zanetti e compagnia cantante.Quando uscirà il bilancio consun-tivo, tanto sul piano dei conti pub-blici che su quello politico, dei primidue anni del Governo delle chiac-chiere, sarà sempre più arduo spie-gare al popolino credulone che larealtà parallela messa in piedi dalloro leader esiste ma solo in pochiriescono a vederla. Evidentemente,per comprendere il magico mondorenziano, abbiamo tutti bisogno diuna nuova contabilizzazione del cer-vello. Poveri noi!

I pifferi del premier

vecchi soprabiti: buoni per tutte le stagioni. Untempo erano veltroniani, poi sono diventati ber-saniani, oggi sostengono di non potere non dirsirenziani, e domani?

Allora, secondo una collaudata pratica di sag-gezza: piuttosto che niente, meglio piuttosto. E il“piuttosto” della odierna politica è quell’ac-crocco di traditori che, eletti nel centrodestra,pur di restare al potere si venderebbero anche lemamme. E quale alleato migliore di questa ru-stica progenie di morti di fame per blindare il go-verno nel momento in cui si avvicina la tempestaperfetta? Con le due fave, Verdini e Alfano, Mat-teo Renzi fa strage di piccioni: porta a casa unostraccio di legge sui diritti degli omosessuali,puntella la maggioranza contro le voglie disgambetto coltivate dall’opposizione interna alpartito e, ciliegina sulla torta, si prepara a favo-rire lo shopping bancario dei suoi sponsor fi-nanziari mediante l’approvazione di nuovenorme sul credito. Cosa c’è di meglio di un Ver-dini o di un Alfano per allungarsi la vita? Per-ché, come cantava Laura Pausini, è così che sonofatti certi Strani Amori “…che fanno crescere/esorridere tra le lacrime…”.

Il “bonum sacramenti” per le unioni civili

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Si può essere ragionevolmente certi,in questo caso si possono esclu-

dere i pur sempre possibili margini didubbio: gli squadristi che ripetuta-mente starnazzano per impedire alprofessor Angelo Panebianco di te-nere le sue lezioni all’Università diBologna, sono dei cretini; di quella,ahinoi, immortale specie descritta daEnnio Flaiano: “cretini sempre piùspecializzati”; cretini illuminati dalampi di micidiale imbecillità. Irredi-mibili, e dunque fiato e tempo spre-cato l’occuparsi di loro. Non fosseche sono loro ad occuparsi di noi, euna qualche difesa bisogna pur ten-tarla, opporre.

Un tempo il cretino, l’imbecille(non tutti, ma i più) almeno avevanouna sorta di pudore; erano consape-voli di essere tali. Questi di oggi, alcontrario, sono arroganti, prepotenti,fanno e sono branco; si fanno forzal’un l’altro, armati di un fanatismocontro il quale non si può opporrealcun elemento di ragione. Un fanati-smo, il loro, che li rende pericolosi,non solo stolti. Si può immaginare lamiscela che scaturisce da una tormadi cretini, arroganti, fanatici. Li ab-biamo già visti in azione in tempi re-centi, sono un passato che torna, cheriesce a passare mai. Così, il fanaticocretino (ma è una simbiosi: non èdato un fanatico che non sia cretino)brucia i libri, e se ne compiace; il fa-natico cretino (e poco importa il co-lore della sua casacca; il fanaticocretino non ha partito, è un partito)impedisce a Firenze a Gaetano Salve-mini, e a Milano a Giuseppe AntonioBorgese, di tener lezione; e li chia-miamo fanatici cretini fascisti. Ma neldopoguerra, caduto il fascismo, il fa-natico cretino impedisce a uno deitredici che non ha giurato fedeltà alregime, Ernesto Buonaiuti, di poterinsegnare… ed è, dunque, uno squa-

drista antifascista; e negli anni Set-tanta, quelli che vogliono impedire lelezioni ai vari Giovanni Sartori eLucio Colletti, per dirne di due.

Li abbiamo visti in azione in tuttele epoche; e se un modestissimo pa-rere ci venisse richiesto dal ministrodella Giustizia Andrea Orlando, glisuggeriremmo di sostituire la scritta“La legge è uguale per tutti”, con unamassima di Michel de Montaignetratta dai suoi “Saggi”, monito e in-segnamento per tutti e ciascuno:“Dopotutto è un mettere le proprie

congetture a ben alto prezzo, il vo-lere, per esse, far arrostire vivo unuomo”. Non c’è frase migliore, con-travveleno più efficace, al fanatismodi ogni epoca, colore, divisa.

Per tornare a Panebianco: al pro-fessore è stata messa una scorta; giàquesto dovrebbe procurare un sensodi sgomento, di ripulsa, di rivolta, ir-ritazione: per un’opinione espressa suun giornale (e non interessa quale sial’opinione), un professore d’univer-sità si trova impedito a fare lezioneed è necessario proteggerlo? Ci si

rende conto che tipo di bestialità siala cosa? E non è inquietante, l’indif-ferenza, il silenzio sostanziale? I mi-nistri di questo Governo sannobenissimo sbagliare senza il mioaiuto. Non ho però dubbi sul riflessoche avrei io, mi trovassi al loro posto:sarei subito corso a Bologna e avreichiesto al professor Panebianco dipasseggiare con me (e senza scorta)lungo la via Zamboni e dintorni.Avrei prenotato un posto in primafila, alla sua prima lezione. Avrei ri-vendicato in ogni modo possibile che

“Io sono Panebianco”. Si potrà obiettare, con qualche le-

gittima fondatezza, che non si devedare troppa importanza a questi cre-tini, che la “visibilità” mediatica èquello che chiedono, vogliono e per-seguono; che insomma si rischia difare il loro gioco. Ma si può (e sideve) al contrario tacere, fingere chequello che non sia accaduto quelloche invece accade, subire inerti laprepotenza, non reagire alle conti-nue offensive delle arroganti imbe-cillità? Credo di no. È inaccettabilequesto pavido conformismo, è ne-cessario cercare di opporre una digaa questa marea di imbecillità fana-tica che rischia di sommergerci e tra-volgerci.

Primo Piano

Io sono Angelo Panebianco

Ètanto il piacere di esternare con igiornalisti che, quando si trova a

tu per tu con essi, il gesuita PapaFrancesco molla le briglie e corre aspron battuto. Lo aveva fatto conIgnazio Marino (“Io non ho invitatoil sindaco Marino, chiaro? E nep-pure gli organizzatori, ai quali l'hochiesto, lo hanno invitato. Si pro-fessa cattolico, è venuto spontanea-mente”). Stavolta lo ha fatto conDonald Trump, uno dei candidatialle primarie Usa (“una persona chepensa solo a fare muri, e non ponti,non è cristiana”) determinando unapiccata reazione (“è vergognoso cheun leader religioso metta in dubbiola fede di una persona”).

Non crediamo che sia solo lastanchezza della trasferta a giocarebrutti scherzi ed a spingere il nostroprotagonista a non frenare alcunostimolo logorroico. Però se per Ma-rino le cose non hanno creato alcunvero problema, di certo l’essere en-trato a gamba tesa nella campagnaelettorale degli Usa non è un pro-blema che poteva essere ignorato.Marino era in disarmo, Trump forsediventerà il Presidente degli StatiUniti tanto da spingere il Vaticano acorrere ai ripari.

Ci ha pensato il portavoce, PadreLombardi, che dopo aver ricordatoche quello dei muri è una posizionedel Pontefice ormai da molto tempo“e, quindi, non è affatto una que-stione specifica limitata a questocaso”. Padre Lombardi ha ricordatoche quanto avvenuto “è stato moltorilanciato, ma non è che volesse es-sere, in nessun modo, un attaccopersonale né un’indicazione divoto”. Precisazione opportuna dopoche Trump, ricordando le alte mura

leonine (dal nome del Papa che le hafatte erigere attorno alla Città delVaticano, Leone IV), ha teso a sot-tolineare che se issare la bandiera

nera dell’Isis in San Pietro è l’obiet-tivo finale dello Stato Islamico, “ilPapa dovrebbe pregare che DonaldTrump diventi presidente, perché

così questo non accadrà”.È anche un modo, questo di

Trump, per ricordare che lui non èun Marino qualsiasi ma può diven-

tare capo di Stato (e che Stato! trat-tandosi degli Usa), così com’è capodi Stato Francesco I, ma con una dif-ferenza sostanziale che era insitanella famosa domanda di Stalinquando gli parlavano del Papa, chie-dendo: “Ma questo Papa quante di-visioni ha?”. Ora, senza nullatogliere al potere spirituale che ilcapo della Chiesa ha sul mondo cat-tolico, è abbastanza chiaro che que-sto potere, senza “divisioni”,conterà ben poco dinanzi ai taglia-gole dell’Isis ed alla loro ferocia.

E allora, più che tentare di racco-gliere il latte, dopo averlo versato, èopportuno evitare di versarlo non“immischiandosi”, direttamente maanche indirettamente, nei problemidei singoli Stati. Cosa che può suc-cedere dato che l’attuale Papa ama,per l’evangelizzazione, girare ilmondo, e non è certo che sempre sipossano incontrare persone che,condizionati dalle elezioni primarieprima e da quelle reali dopo, deci-dano, come ha fatto Trump, di chiu-dere l’incidente con un “wonderfulguy” (un tipo meraviglioso) riferitoa Papa Francesco.

L’errore, comunque, sta semprenel voler cogliere il “politicamentecorretto”, quale è la critica a perso-naggi osteggiati dalla sinistra (chesi presenta anche sotto forma di do-mande del giornalista di turno), chese viene associato ad un terreno fer-tile, per la propensione dell’attualePontefice a cavalcare il populismoche spesso dilaga nel qualunquismocome necessario pane quotidiano,può diventare realmente pericoloso.La Chiesa, proprio nell’anno delGiubileo della Misericordia, ditutto ha bisogno ma non di esserecontinuamente al centro delle pole-miche.

Papa Francesco e il suo… pane quotidiano

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Fibra Enel al posto di Telecom? Unrefrain che puntualmente torna

ogni 10 anni, infiamma per 6 mesi poipartorisce un test cui partecipano tuttilasciando le cose invariate.

Nell’Era digitale non esiste più l’au-tonomia dell’analogico. Il servizio uni-versale telefonico senza elettricità nonc’è più. A gennaio Enel e Telecomhanno cambiato logo, passando dafiamme ed onde a statiche barrette.Come se l’"ovunque chiunque co-

munque" connesso ed energizzatofosse rappresentabile più da uno sta-tico status di movimento perenne cheda un moto limitato che presupponepause di stasi prima e dopo.

I loghi, ed ancor meglio i loro cam-biamenti sono un grande momento -ed investimento - pubblicitario, chehanno sicuramente fatto felice l’agen-zia Interbrand per Telecom e, fra lealtre, Huge e Wolff Olins, per Enel.Qualche milione in piani aziendali mi-liardari non pesa più di tanto ed offre,

in tempi di magra, consolatori mo-menti creativi ai manager... Bisogneràricordarsene in fase di rinnovo con-trattuale... Certo ci sono marchi che

non cambiano da 100 anni, altri che fi-niscono per influenzare fino alla somi-glianza i nuovi brand grafici. A prima

vista comunque consola che le duegrandi aziende messe e mosse l’unacontro l’altra, almeno dai gestori deldibattito politico digitale, alla fine ab-biano convenuto sull’uso delle barrettediseguali, differenziandosi solo per co-lori vivi e smorti, e per posizioni oriz-zontali, oppure un po’ verticali e non.

Bit ed elettricità sono prodottiugualmente invisibili, inodori, impal-pabili che fanno sentire i loro effettisolo per scariche e (forse) magnetismia parte i servizi finali erogati. Nellaconvergenza pubblicitaria forse ci harimesso l’anima elettrica. Quanto aquella Tlc, vengono alla memoria certe

copertine della vecchia rivista azien-dale Tim Tam, risalenti al tempo in cuiTim era spa distinta da Telecom spa.Ah! avere registrato il copyright del di-

segno del quaderno del bimbo bolo-gnese tifoso dei colori del footballfelsineo!

Politica

Sembra proprio che Matteo Sal-vini, a forza di criticare e attac-

care Matteo Renzi, abbia finito con ilsubirne il fascino fino al punto di vi-vere una vera Sindrome di Stoc-colma. Il segretario della Lega,infatti, sempre di più alza la voce congli alleati, sempre di più mostra i mu-scoli con chi non conviene, sempre dipiù tende a imporre la sua lineacome l’unica possibile nel centrode-stra. Sono queste le stesse caratteri-stiche di Renzi che, alla fine, lohanno reso piuttosto fastidioso e,specialmente in Europa, poco simpa-tico.

Sia chiaro, le peculiarità renzianesono certamente più preoccupanti diquelle di Salvini, non fosse altro cheper la piccola differenza dei ruoli ri-coperti dai due, ciononostante por-tano alla stessa conclusione: nonsono statisti e continuando così nonsaranno mai dei veri leader. Infatti ilprimo, Renzi, ci è stato impostosenza nessuna legittimazione popo-lare e il secondo, Salvini, dopo averencomiabilmente raggiunto il quat-tordici, quindici per cento di con-sensi, non riesce a crescere oltre.

Va da sé che, soprattutto nel cen-trodestra, se Salvini avesse avuto iltalento del leader, che per sua naturadeve saper mediare e interpretaretanti pensieri e tante sfumature permetterli insieme in una sintesi di coa-lizione, a questo punto avrebbeavuto ben più del venti per cento diconsensi (Berlusconi docet). Al con-trario, la Lega si è fermata dove si èfermata, proprio perché una leader-ship nazionale e una montagna di

voti non si possono ottenere solo conle ruspe, con i fucili, con i blocchi na-vali e quant’altro. Per arrivare a con-sensi straordinari del tipo di quelliche il miglior Cavaliere riuscì a met-tere insieme ci vuole ben altro, per-

ché anche nel centrodestra, piaccia ono, convivono anime diverse, magariliberali, magari libere e magari mo-derate. Per questo il quindici percento non può bastare a far alzaretroppo la voce, non può bastare a far

essere il capo di tutti e soprattuttonon può bastare per vincere con cer-tezza.

Caro Salvini, servono gli alleati ele alleanze, continuando a sfasciarle,come sta succedendo su Roma, non

si va da nessuna parte. Come se nonbastasse, se è vero che immigrazione,sicurezza, Europa sono problemimolto gravi, è altrettanto vero chenon sono i soli per l’Italia e per gliitaliani. È vero che Salvini a ragionesi batte contro la Legge Fornero, iprivilegi e i vitalizi, ma resta nel vagosu molti altri temi come la flat tax, lariforma del welfare e sul rapportoparitetico fra Nord e Sud del Paese.

Insomma, serve altro e serve diascoltare i pensieri diversi e le diversesensibilità per affrontare e risolvere iproblemi, altrimenti si rischia sola-mente di fare il Renzi due. Su Romapoi non ne parliamo, Salvini sta fa-cendo un errore, che potrebbe por-tare alla consegna della Capitale alcentrosinistra o ai Cinque Stelle. Inbuona sostanza Salvini avrà pureaumentato i consensi della Lega, manon ne ha cambiato quell’aspettosfascione, oracolare e ancora un po’rozzamente nordista e muscolare.Lo diciamo con dispiacere perchéSalvini ci è simpatico e gli ricono-sciamo qualità che nella Lega nonsono frequenti, a partire dalla capa-cità di autocritica. Per questo gli ri-volgiamo con affetto l’ennesimoappello, si fermi sulla Capitale econverga su Guido Bertolaso, ricon-sideri il suo quindici per cento comeun buon numero, ma non lo con-fonda con il cinquantuno; si ricordiche da Firenze in giù l’Italia esisteancora, aspetti e studi di più persentirsi leader assoluto. Solo così sidistinguerà da Renzi e dai suoi di-fetti, solo così potrà magari pren-dere per mano il centrodestra perportarlo finalmente alla vittoria.Auguri e buon lavoro.

La difficoltà della leadership

Barrette digitaliECONOMIA

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Era l’uomo che nel nordest Italiareclutava sul terreno gli aspi-

ranti mujaheddin da inviare in Siria.Poi li portava all’imam Husein Bo-snic (ora detenuto in Bosnia per ter-rorismo) che aveva il compito di“radicalizzarli”. È un colpo essen-ziale nella lotta ai reclutatori del-l’Isis quello inferto ieri daicarabinieri del Ros con il fermo diAjhan Veapi, 38enne macedone, re-sidente ad Azzano Decimo (Porde-none), fermato in un appartamentodi Mestre con le accuse di arruola-mento con finalità di terrorismo,anche internazionale.

L’inchiesta, condotta dalla Pro-cura di Venezia, conferma le regionidel Triveneto, soprattutto Veneto eFriuli Venezia Giulia, come snododel passaggio di terroristi islamici

nel nostro Paese. Non è un caso chele indagini dell’anti-terrorismo ab-biamo portato già a tre decreti diespulsione di soggetti pericolosi re-sidenti in quest’area: il macedoneArslan Osmanoski, a Pordenone, ilmarocchino Jaffar Anass, nel bellu-nese, e ancora un macedone, RedjepLijmani, nel trevigiano. E non è uncaso l’allarme lanciato appena l’al-tro ieri dal Consiglio Supremo diDifesa che, analizzando gli sviluppiin Siria e Iraq, guardava con preoc-cupazione all’andamento dei flussimigratori nell’area balcanica. Ri-schi, evidenziava, provenienti spe-cialmente dalle possibili infiltrazioniterroristiche, visto che in quei Paesi(dal Kosovo all’Albania, alla Mace-donia) sono segnalati covi jihadisti.C’è un altro filo rosso, drammatico,che lega l’indagine odierna a quellagià condotta dei magistrati vene-

ziani sulla rete di predicazione e re-clutamento di “foreign fighter” nelNordest: parte dal nome di IsmarMesinovic, l’imbianchino bosniacoche viveva a Ponte nelle Alpi, nelbellunese, ucciso in Siria nel gennaio2014 dopo aver portato con sé il fi-glioletto di tre anni, Ismail, di cui sisono perse le tracce. L’ultimo ap-pello per le ricerche l’aveva fatto intv, a “Chi l’ha visto”, la mamma,Linda Solano Herrera, lo scorso 14gennaio: “Voglio chiedere a quelliche hanno mio figlio di restituir-melo, dovete capire che lui devestare con me”, aveva implorato ladonna.

La scomparsa di Ismail risale allafine del 2013, quando Mesinovicdisse di volerlo portare in visita dainonni paterni in Bosnia, mentre loavrebbe condotto in Siria, dove luisi era arruolato con i fondamentali-

sti dell’Isis, rimanendo ucciso adAleppo. Un anno fa su Internet giròuna foto nella quale un milizianodell’ Isis teneva in braccio un bam-bino che qualcuno aveva identifi-cato in Ismail. Ma per la Procura diBelluno non ci sarebbero elementiper ritenere che sia lui. Un responsodato anche all’esito di una serie diaccertamenti tecnici, comprese com-parazioni morfologiche del viso. Icarabinieri del Ros sarebbero nelfrattempo risaliti alle persone chehanno avuto a che fare con Ismail,dopo il “rapimento” da parte delpadre, comprese quelle che in Siriasi occuperebbero tuttora di lui. Manon si conoscono particolari su que-ste indagini. Quanto alla figura diVeapi, nato in Germania, il procu-ratore aggiunto di Venezia, AdelchiD’Ippolito, ha spiegato che il mace-done era “uno dei reclutatori Isis tra

i più attivi”. Non era una ‘celluladormiente’ ha puntualizzato il co-mandante generale dei Ros, Giu-seppe Governale. “Con questaindicazione - ha chiarito - ci rife-riamo a quanti vanno ad addestrarsiall’ estero, soprattutto in Siria, ven-gono istruiti e poi ritornano nei loropaesi continuando a svolgere unavita apparentemente normale”. L’in-dagine su Veapi ha consentito di do-cumentare la partenza dall’Italiaverso la Siria di tre foreign fighters:si tratta di tre cittadini macedoni ebosniaci, due dei quali sarebberostati uccisi combattendo tra il 2013e il 2014; il terzo si troverebbe an-cora nelle zone di guerra. Quandoieri mattina si è visto davanti la po-lizia giudiziaria, Ajhan Veapi stavaper lasciare l’Italia. Doveva partireper la Serbia, per trasferirsi poi da lìin Germania.

Giovedì scorso la città di Ottawaha ospitato un’iniziativa pub-

blica per celebrare lo hijab (il veloislamico, N.d.T.), la repressione fisicadelle donne imposta dall’Islam. L’or-ganizzazione “City for All WomenInitiative” (Cawi), con il sostegnodell’amministrazione comunale diOttawa, ha celebrato in municipiol’Ottawa Hijab Solidarity Day,un’iniziativa chiamata anche “Cam-miniamo insieme alle nostre sorellemusulmane”. Secondo la Cawi,l’obiettivo principale di questoevento è quello di incoraggiare ledonne non musulmane a indossare lohijab per comprendere come viveuna donna musulmana.

È però vergognoso che un eventodel genere si svolga sotto l’egida delComune di Ottawa, la capitale delCanada. Secondo la legge islamicadella Shari’a, lo hijab è un’espres-sione della repressione delle donne eviene utilizzato dagli uomini comeuno strumento per perseguitare ledonne. Per molte donne musulmanelaiciste e che hanno abiurato l’Islam,lo hijab è tutt’altro che un simbolodi libertà. Esso serve da promemoriaquotidiano del fatto che le donnesono cittadine di seconda classe agliocchi dell’Islam. I sostenitori dellohijab mi hanno gettata in prigioneper 18 mesi quando avevo 16 anni,per aver protestato contro l’estremi-smo islamico. I miei familiari ed iosiamo stati costretti a fuggire e allafine abbiamo trovato rifugio in Ca-nada.

Da allora lavoro per mostrare laverità sul regime iraniano guidatodalla Shari’a, e anche per promuo-vere e sostenere l’emancipazionedelle minoranze e delle donne. Ilfatto che i detrattori dell’evento or-ganizzato dalla Cawi, compresa la

sottoscritta, siano stati a torto defi-niti “islamofobi”, non potrebbe es-sere più lontano dalla verità. Unadonna che vive in Canada ha dirittodi indossare ciò che vuole – ma per-ché celebrare lo hijab, piuttosto che ilcrocifisso o una kippah? Non spettaal governo farlo. In Iran, dove sononata, le donne stanno lentamente ini-ziando a lottare contro la repressionedel regime dettata dalla Shari’a. MyStealthy Freedom si definisce come“un movimento sociale online in cuile donne iraniane condividono fotoche le ritraggono senza indossare lohijab”.

Il fatto che in Iran le donne mu-sulmane arrivino a esporsi in modo

così pericoloso, rischiando l’arrestoe perfino la morte, per protestarecontro l’oppressione esercitata dallaloro stessa religione è di per sé unatto significativo. Costringere ledonne a indossare lo hijab non ri-guarda solo l’Iran. In Afghanistan ein alcune parti dell’Arabia Saudita, ledonne rischiano percosse, multe ecose ben peggiori se mostrano i lorocapelli. Nel 2002, in Arabia Saudita,“la polizia religiosa ha impedito adalcune studentesse di lasciare un edi-ficio in fiamme perché non indossa-vano adeguati abiti islamici (...)foulard e abaya (tuniche nere) impo-sti dalla rigida interpretazione del-l’Islam”. Quindici ragazze sono

morte nel fuoco e più di 50 sono ri-maste ferite. In una pratica avviatadai musulmani, la purdah, le donnesono isolate dalla società, letteral-mente imprigionate dai loro fami-liari. È erroneo presumere che ledonne islamiche non subiscano per-secuzioni da parte dei musulmani al-l’interno dei confini canadesi. Nel2007, Aqsa Parvez, una 16enne mu-sulmana pakistana che viveva a To-ronto è stata strangolata dal marito.Il suo crimine era quello di averscelto – da donna libera in Canada –di non indossare uno hijab.

Nel 2012, in un altro episodio av-venuto in Canada, Mohammad Sha-fia, originario dell’Afghanistan, sua

moglie e il loro figlio furono giudi-cati colpevoli di aver ucciso per mo-tivi d’onore le giovani Zainab, di 19anni, Sahar, di 17, e Geeti, di 13 anni– rispettivamente figlie e sorelle degliimputati – e la seconda moglie diMohammad, Rona MohammadAmir, 50 anni. Tutte e quattro ledonne furono uccise dai familiari peressersi rifiutate di indossare unohijab, preferendo un abbigliamentooccidentale. Il fatto che un governoaccetti di celebrare una Giornata pertestimoniare solidarietà con chi in-dossa lo hijab equivale ad accettareuna sistema giuridico radicale che èin netto contrasto con i valori demo-cratici del Canada e oltrepassa lalinea che separa Chiesa e Stato. Es-sere favorevoli all’uso dello hijab si-gnifica approvare il primo passoverso un’ideologia estremista cheporta ai delitti d’onore, alla praticadella mutilazione genitale femminile(Mgf) e all’oppressione delle donne,e li giustifica.

Quando la sottoscritta ha inviatouna lettera aperta al sindaco di Ot-tawa Jim Watson, in risposta, il suoportavoce ha detto all’Ottawa Sunche il sindaco non interverrà “in que-sta divergenza di opinioni tra questapersona e gli organizzatori del-l’evento” poiché questa iniziativa “èconforme alle politiche attinenti (...)Non spetta a me dire alle personecosa dovrebbero indossare”. E ungoverno democratico non deve cele-brare i simboli religiosi né aiutare lereligioni a svolgere attività di prose-litismo. Forse l’amministrazione co-munale di Ottawa vorrebbecelebrare la “Giornata del croci-fisso”, la “Giornata della kippah” ela “Giornata del turbante parsi”? IlComune di Ottawa, la capitale delCanada, deve riconsiderare seria-mente il sostegno dato all’evento or-ganizzato dalla Cawi.

La Russia torna sui mercati finan-ziari internazionali e lo fa an-

nunciando un’emissione di bond - ineuro - pari a 3 miliardi. A darne no-tizia è stato il ministro delle Finanzein persona Anton Siluanov, che si èdetto “fiducioso” di riuscire a piaz-zare le obbligazioni “in una solatranche”.

E tutto nonostante l’implicita op-posizione degli Usa. Le autoritàamericane - stando al Wall StreetJournal - hanno infatti raccoman-dato ad alcune delle maggiori ban-che Usa di astenersi dal comprare ibond russi. Siluanov ha dunque

espressamente chiarito che la richie-sta di prestito - perché di questo sitratta - andrà avanti sia che le ban-che americane “vogliano offrire iloro servizi o meno”. L’invito è statorecapitato a 28 grandi istituti finan-ziari, compresi tre russi, e secondo ilministro “circa la metà hanno rispo-sto positivamente e sono pronti apartecipare al piazzamento dei no-stri bond”.

Per comprendere pienamente laportata dell’operazione resta da ca-

pire quale sarà il pre-mio di maturazione ri-chiesto, ovvero qualefattore di rischio ilmercato è disposto adaccettare per prestaresoldi alla Russia in unafase in cui le sanzioninon sono ancora staterevocate e l’erario èsotto forte pressione acausa del crollo deiprezzi delle materie

prime; ma proprio la crisi dell’oronero ha spinto Mosca - su impulsodella banca centrale - a tentare la viadei mercati piuttosto che attingere aifondi di riserva nazionali per farquadrare il bilancio pubblico. Chepure sta subendo pesanti aggiusta-menti proprio a causa della spen-ding review anti-crisi. Il budgetrusso per il 2016 era basato infattisu un prezzo medio del greggio di 50dollari al barile, soglia ormai benlontana dagli attuali valori dell’oro.

Mosca, “piazzeremo eurobond per 3 miliardi”

Esteri

Perché il Canada celebra la Giornata dello hijab?

Isis: macedone fermato in Veneto, reclutava mujaheddin

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Cultura

Un demone può essere posseduto?Sì, qualora si tratti di una donna.

Con le dovute controindicazioni perl’uso. Soprattutto, se si sta parlandodi Madame Bovary, creatura semi-demoniaca di Gustave Flaubert e,oggi, come attrice, essere spiritatoche, con il volto da folle, percorresenza sosta in lungo, in largo e inalto il palcoscenico del Piccolo Eli-seo. Una straordinaria (e incredibil-mente energetica!) Lucia Laviainterpreta l’infelice moglie dell’uffi-ciale sanitario Charles nello spetta-colo Madame Bovary, in cartellonefino al 6 marzo. La scenografia, in-nanzitutto: una stretta impalcaturacorre lungo i tre lati della scena con

grate scorrevoli che inseguono i per-sonaggi, in uscita e in entrata. L’en-semble al primo impatto ricorda lecase a ringhiera, con il loro angustoballatoio per ogni piano, di cuiquello più in basso è al livello delpalcoscenico. Tutto dà l’idea di unaprigione, restituendo il senso del sof-focamento emotivo della protagoni-sta. La quarta parete è utilizzataregolarmente per lo scorrimento deipersonaggi - protagonista compresa -in entrambe le direzioni.

Il soppalco è, poi, un luogo dovevengono inchiodati come a una crocei sentimenti contrapposti. Da un lato,la grande solitudine di Charles e disua figlia: la piccola Berthe, un bu-rattino di pezza, bianco e con il voltotriste di morticina, i cui piedini e

mani si muovono in sincronia con ilsuo esperto conduttore donna (Ro-berta Zanardo), perfettamente mutacome la sua creatura inanimata. Equi sta la prima intuizione genialedella regia, che disegna così, immer-gendola in una luce perfettamentedrammatica, un aborto vivente.Quella figlia indesiderata, al cui toccoEmma Rouault Bovary letteralmenteinorridisce, perché l’avrebbe volutaun maschio. Ma la tragedia vera ègià annunciata nel prologo, dove unaLucia Lavia, indossata la sua ma-schera da tragedia greca, sporgen-dosi dal balcone grida a squarciagolala tremenda delusione della suaprima notte di nozze. Di fatto, laspoetizzante realtà di Charles è lon-tana anni luce dai romanzi d’appen-

dice nei quali Emmaha trovato nutrimentofin da bambina attin-gendo alla bibliotecapaterna.

Allora, da quella de-lusione, da quel netto,irrecuperabile rifiutodella realtà, inizia ladéchirure interna edesterna del personag-gio. Lo fa capire benela splendida regia diAndrea Baracco in oc-casione della prima so-cial dance di Emmaappena sposata: i da-merini sono rigorosa-mente vestiti allostesso modo (e tuttiindossano simbolica-mente un’inquietantemaschera nera vene-ziana dotata di unnaso adunco comequello di uno sparviero,chiaro riferimento al-l’organo sessuale ma-schile), perché Emma èavida di trasgressione.Sogna di avere unamante, come nei suoi romanzi pre-feriti. E, allora, tutto il mondo attornoa lei si mette a ruotare vorticosa-mente. Un effeminato Mangiafuoco(interpretato da una talentuosa ElisaDi Eusanio) le sottrarrà tutti i suoidenari, indebitandola oltre misuraper l’acquisto di oggetti di lusso: ve-stiti, gioielli, profumi, ben al di sopradelle possibilità di Charles.

L’infelice marito di Emma è inter-pretato da Lino Musella, perfetto nelruolo: colui che non perde mai lacalma, né la sua innata bontà e dol-cezza, malgrado i patimenti gratuitiche gli infligge l’odio e l’ambizione dilei, che lo spinge ben oltre i suoi li-miti professionali, fino a mettere a ri-schio la vita di un suo paziente perun intervento azzardato di chirurgia

ortopedica, senza che Charles neavesse le capacità e la competenza.Poi, la simulazione sul piano rialzatodell’amplesso con il suo primo riccoamante, Léon Dupuis, in cui i corpidei due sono avvolti e danno dina-micamente volume a un grande teloazzurrognolo. A volte, gli amantisono colti in piedi, nella parte infe-riore della scena, velati da un siparioverticale rosso. E, in entrambi i casi,sono le braccia e solo quelle a esseremostrate nelle loro espressioni di go-dimento e possesso. Perché tutto, infondo, è clandestino dentro la mentedi Emma, che sfugge disperatamentealla propria sorte, fino a incontrarlanell’ultima, tragica scena. Uno spet-tacolo tutto emozioni e ad altissimolivello. Da non perdere!

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Lucia Lavia è Madame Bovary

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