CONGREGAZIONE A V C E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA nno ... · a Pentecoste con potenza dallo...

CONGREGAZIONEPER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA

E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA

LIBRERIA EDITRICE VATICANA

Anno dellA VitA ConsACrAtA

RallegrateviLettera circolare ai consacrati e alle consacrateCod. 9272-9 € 6,00

ScrutateAi consacrati e alle consacrate in cammino sui segni di DioCod. 9410-5 € 6,00

ContemplateAi consacrati e alle consacrate sulle tracce della BellezzaCod. 9689-5 € 7,00

AnnunciateAi consacrati e alle consacrate testimoni del Vangelo tra le gentiCod. 9863-9 € 7,00

AnnunciateAi consacrati e alle consacrate

testimoni del Vangelo tra le genti

In copertina:Domenico GhirlanDaio, La vocazione degli Apostoli (1481-1482), Cappella Sistina, Palazzi Apostolici Vaticani© Musei Vaticani, Città del Vaticano

L E V

ANNUNCIA

TE

Abitare il mondo nel segno dell’incontro realee della conversazione feriale, nei luoghi quotidiani dove la vita si spende senza false idealità. Incontrare uomini e donne dove fluiscono i giorni nel lavoro, nell’affanno, negli affetti, nei desideri. In uscita per strade inedite con la potenza gioiosa del Vangelo.

E 7,00

ANNUNCIATE - Italiano 25 Luglio 2016 − 2ª BOZZA

Prima edizione Agosto 2016Prima ristampa Settembre 2016Seconda ristampa Ottobre 2016Terza ristampa Dicembre 2016Quarta ristampa Gennaio 2017

© Copyright 2016 – Libreria Editrice Vaticana00120 Città del VaticanoTel. 06 69 88 10 32 – Fax 06 69 88 47 16www.libreriaeditricevaticana.vawww.vatican.va

ISBN 978-88-209-9863-9

ANNUNCIATE - Italiano QUARTA RISTAMPA 11 Gennaio 2017 − 1ª BOZZA

« La Chiesa è nata cattolica,cioè “sinfonica” fin dalle origini

proiettata all’evangelizzazionee all’incontro con tutti,

è nata “in uscita”, cioè missionaria ».

Papa FRANCESCO


Carissimi fratelli e sorelle,

1. Risuona nei nostri cuori l’eco della cele-brazione dell’Anno della vita consacrata, conl’invito costante rivolto a noi da Papa Francesco:svegliate il mondo, seguite il Signore in modoprofetico, siate annunciatori della gioia delVangelo. Nelle sue esortazioni, noi risentiamoviva l’affermazione di San Giovanni Paolo II:« La Chiesa ha bisogno dell’apporto spirituale eapostolico di una vita consacrata rinnovata erinvigorita ».1

Molteplici sono anche le risonanze positiveche giungono a questo Dicastero in relazionealle esperienze vissute in Roma da consacrati econsacrate provenienti da ogni Continente nelcorso di questo Anno di grazia per la Chiesa:le veglie di preghiera con le quali abbiamo datoinizio a tutte le convocazioni; le celebrazionieucaristiche con cui abbiamo concluso ciascunadi esse; l’incontro ecumenico di consacrati delle

1 GIOVANNI PAOLO II, Es. Ap. post-sinodale Vita conse-crata (25 marzo 1996), 13.

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diverse Chiese; l’incontro dei formatori e delleformatrici; l’incontro per giovani consacrati;il tempo speciale che ha convocato in comunio-ne tutte le forme di vita consacrata. Il SantoPadre Francesco ha accompagnato ogni avve-nimento con un dialogo familiare e fraterno,indicando gli orizzonti ampi e il carattere profe-tico di una vita vissuta nella forma del Vangelonella Chiesa.

Per questo evento dello Spirito rendiamograzie a Dio che è « il bene, tutto il bene, ilsommo bene ».2 La nostra gratitudine raggiungequanti hanno lavorato con passione per pro-grammare e animare questo tempo speciale equanti hanno risposto alla convocazione pressola Sede di Pietro per vivere l’evento nel segnodell’unità. Un grazie speciale a Papa Francescoper averci fatto dono di questo Anno e peraverci accompagnato durante tutto questo tem-po come Successore di Pietro e consacrato a Diocome noi.3

2. Continuiamo, oggi, il nostro cammino diriflessione – percorso insieme attraverso le Let-tere Rallegratevi, Scrutate, Contemplate. Esso si

2 San FRANCESCO, Lodi di Dio Altissimo, in FF 261.3 Cf. FRANCESCO, Lettera Apostolica a tutti i consacrati in

occasione dell’Anno della vita consacrata (21 novembre2014).

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ferma a leggere la missio Dei, come misteroaffidato da Cristo alla sua Chiesa e confermatoa Pentecoste con potenza dallo Spirito Santo:Voi riceverete potenza quando lo Spirito Santoverrà su voi, e mi sarete testimoni in Gerusalem-me, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estre-mità della terra (At 1,8). Ogni forma di vitaconsacrata riceve, accoglie e vive tale chiamatacome elemento costitutivo della speciale sequelaChristi. Risuona con vivacità feconda l’esortazio-ne finale del Perfectae caritatis, a 50 anni dallapromulgazione (28 ottobre 1965): « Tutti i reli-giosi, animati da fede integra, da carità versoDio e il prossimo, dall’amore alla croce e dallasperanza nella futura gloria, diffondano in tuttoil mondo la buona novella di Cristo, in modoche la loro testimonianza sia palese a tutti esia glorificato il Padre nostro che è nei cieli(cf. Mt 5,16) ».4 Papa Francesco ci accompagnain questa rivisitazione con un linguaggio ispira-tore e performativo che utilizza costantementesia per la Chiesa universale sia per la nostraforma di vita. Proseguiamo nel dialogo con tuttii consacrati e le consacrate intercorso nelle pre-cedenti Lettere, affinché la nostra intelligenza,cuore, decisioni possano essere feconde di vita e

4 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto sul rinno-vamento della vita religiosa Perfectae caritatis, 25.

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possano portare a frutto le intuizioni dell’Annodella vita consacrata.

A voi tutti, donne e uomini consacrati, dicia-mo la gratitudine per la dedizione a Dio, raggiodella divina bellezza che illumina il camminodell’esistenza umana.5 Rivolgiamo altresí l’invitoaffinché la vostra storia continui ad essere scrittacon lingua di fuoco nella potenza dello SpiritoSanto. La lingua con cui annuncerete la Buonanovella avrà parole, assonanze, accenti, sfumatu-re e fatti diversificati dal modo di vivere la con-sacrazione. Nella vita totalmente contemplativao in quella religiosa apostolica; nella lode delcuore vergine; nella presenza, nell’operosità enella testimonianza spese nella chiesa locale onella secolarità degli ambiti sociali: sempre ecomunque voi possiate essere espressione dellamissione della Chiesa. Profumo dello SpiritoSanto e gaudio del Vangelo nella città umana.

Maria, « la cui vita è regola di condotta pertutti »,6 accompagni il nostro cammino e interce-da, Mater misericordiae, per una gioiosa profeti-ca dedizione al Vangelo.

5 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Es. Ap. post-sinodale Vitaconsecrata (25 marzo 1996), 109.

6 Sant’AMBROGIO, La verginità, l. II, c. II, n. 15.

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ANNUNCIATE - Italiano 1 Agosto 2016 − 3ª BOZZA

PROLOGO


« Valutare i tempi e cambiare con loro,restando saldi nella verità del Vangelo ».

Papa FRANCESCO


Abitiamo il mondo

3. Il nostro tempo è caratterizzato da unprocesso di cambiamento profondo e continuodi cui a fatica riusciamo a definirne le caratte-ristiche.

Si moltiplicano visioni della vita che postetutte sullo stesso piano, relativizzano il valore diciascuna di esse: diverso il modo di pensare lapersona, la famiglia, l’amicizia, l’amore, il lavo-ro, l’impegno, la morte. Cresce la pluralitàetnico-culturale; si passa rapidamente attraversomolteplicità di esperienze e l’offerta di indefinitepossibilità, con l’effetto di frammentazione edispersione. Si vive come in un grande super-mercato non solo di cose ma anche di opportu-nità, idee, modi di comportamento, che produ-cono il rischio e la sfida di scegliere, autodefinir-si, trovare le ragioni personali per i propricomportamenti. Muta il senso del limite, cheabitua a evitare gli ostacoli che normalmentedefiniscono e circoscrivono desideri e azioni.L’individualismo, enfasi sull’io e sulle esigenzepersonali, rende più fragili le relazioni interper-sonali e avverte ogni legame come mutabile, mai

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definitivo, anche nelle scelte più importanti,come lo stato di vita.

Si tratta di un processo culturale vivo e inatto in cui la modernità, frantumato il principiodi universalità, comprende se stessa come post-modernità liquida. Il senso di insoddisfazione edi incertezza che consegue al ritmo e a uno sce-nario di vita consumistico e competitivo – doveper occupare il palco bisogna scacciare gli altri –ci rende condannati a vivere in un’incertezzapermanente, che è causa ed effetto di precarietàemozionale e instabilità relazionale e valoriale.Il carattere liquido della vita e quello della so-cietà si alimentano e si rafforzano a vicenda,poiché non sono in grado di conservare la pro-pria forma o di mantenere la rotta a lungo, versouna meta desiderata e stabilita.

4. Spesso noi consacrati e consacrate siamoimmersi e intimiditi da tale processo. Sopraffattidalla complessità dei tempi dimentichiamo l’at-titudine all’ascolto del grido umano e, altresì, laportata spirituale dell’annuncio del Vangelo chepuò risvegliare anche in contesti difficili « l’ade-sione del cuore con la vicinanza, l’amore e latestimonianza ».1

1 FRANCESCO, Es. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre2013), 42.

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Non è possibile rinunciare a interrogarsi sul-l’oggi di Dio, sulle opportunità e sui problemiposti alla missione della Chiesa dal tempo in cuiviviamo e dai mutamenti che lo caratterizzano.Siamo chiamati alla fatica e alla gioia dell’ascoltonella cultura del nostro tempo, per discernere inessa i semi del Verbo, le « tracce della presenzadi Dio ».2 Ascoltare le attese dei nostri contem-poranei, prenderne sul serio desideri e ricerche,cercare di capire che cosa fa ardere il loro cuoree cosa al contrario suscita paura e diffidenza osemplice indifferenza, per poter diventare colla-boratori della loro gioia e della loro speranza(cf. 1Cor 1,24).

5. È necessario interrogarci « su quello cheDio e l’umanità di oggi domandano ».3 L’uomo ela donna soffrono la perdita del volto, immersiin identità plurime, spesso virtuali, d’occasione edi maschera.

Paolo VI già nel 1969 – nel corso dell’udien-za generale – faceva risuonare la voce degli au-tores: « Dimmi, Eutidemo, sei mai stato a Delfi?Sì, due volte. Hai notato l’iscrizione incisa sul


3 FRANCESCO, Lettera Apostolica a tutti i consacrati inoccasione dell’Anno della vita consacrata (21 novembre2014), II, 5.

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tempio: conosci te stesso? Sì. Hai tu trascuratoquesto avviso, o vi hai fatto attenzione? Vera-mente no: è questa una conoscenza ch’io crede-vo di avere ». Nasce di qui, continua il Pontefice,« la storia del grande problema circa la cono-scenza che l’uomo ha di se stesso. L’attivismodei nostri giorni e la prevalenza della conoscen-za sensibile e delle comunicazioni sociali sullostudio speculativo e sull’attività interiore ci ren-de tributari del mondo esteriore e diminuisceassai la riflessione personale e la conoscenzadelle questioni inerenti alla nostra vita soggetti-va, siamo distratti, vuoti di noi stessi e pienid’immagini e di pensieri che, per sé, non ciriguardano intimamente ».4

6. Anche l’atteggiamento di fronte all’espe-rienza religiosa e alla dimensione trascendentedella vita è cambiato. L’incertezza sul fatto chesolitudine sia la parola definitiva sull’umano de-stino porta gli uomini a cedere alla tentazione diuna “desertificazione spirituale” che conducealla “diffusione del vuoto”.5

A volte siamo di fronte a completa negazioneteorica e pratica della possibilità dell’esperienzacristiana e della negazione del valore e della

4 PAOLO VI, Udienza generale (12 febbraio 1969).5 Cf. BENEDETTO XVI, Omelia per l’apertura dell’Anno

della fede (11 ottobre 2012).

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dignità della persona. L’identità che soleva rico-noscersi cristiana si è persa da lungo tempo nelfenomeno che Weber definì come “il disincan-tamento del mondo”. La cultura d’Occidente sisgancia da una visione sacrale e celebra l’auto-nomia dell’uomo e della società. La realtà sipresenta come complessità.

Ne emerge una visione – oltre che antropo-logica e naturalistica – storica, sociale, culturale,religiosa in cui l’individuo nelle sue dimensioniplurali, nelle molteplici possibilità, si ricono-sce precario e problematico nel proprio agire.Ma allo stesso tempo si riconosce capace dicammini, recuperi, aperture. In tale contesto ladomanda religiosa emerge come domanda disenso (significato e direzione), di libertà e difelicità, che chiede di essere letta ed interpretata.

7. Contro il disincanto, che presenta unmondo privato di ogni significato e di ogni pos-sibilità di consolazione, fluisce il reincanto delmondo come visione diversa, lettura provocativadella realtà, ma soprattutto dell’universo in-teriore dell’uomo e del suo sentire profondo:« La reazione contro un universo astratto, quan-tificato, oggettivato, si attua mediante un ritornoalle scaturigini dell’affettività ».6

6 E. MORIN, Lo spirito del tempo, Meltemi Editore, Roma2005, 93.

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Contro la negazione del regno dell’invisibile,appare un lieve ritorno al meraviglioso. Si intra-vedono nuovi scenari, anche se possono appari-re dell’effimero. Leggerli e criticarli, interpretan-done le istanze può essere possibile spazio dellospirito, in cui riconoscere l’anima.

In questo contesto, è necessario considerarel’interlocutore dell’annuncio del Vangelo e lasua vita nell’oggi della storia: « La grande soffe-renza dell’uomo è proprio questa: dietro il silen-zio dell’universo, dietro le nuvole c’è un Dio onon c’è? E, se c’è questo Dio, ci conosce, ha ache fare con noi? Questo Dio è buono, e larealtà del bene ha potere nel mondo o no? È unarealtà o no? Perché non si fa sentire? ».7

8. Il nostro tempo ci chiama a costruire pro-getti di senso in cui la cultura di un nuovoumanesimo cristiano possa generare – nell’in-consistente fluidità e nell’ingovernabile com-plessità del progresso tecnologico – capacità didare significato all’esistenza, un orizzonte di co-municazione, di comprensione, di riferimentivaloriali. La luce del Vangelo può realizzare ilreincanto del mondo con la possibilità di riac-

7 BENEDETTO XVI, Riflessione nel corso della Prima Con-gregazione della XIII Assemblea Generale Ordinaria delSinodo dei Vescovi (8 ottobre 2012).

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cendere un cammino verso la verità: « Un an-nuncio rinnovato – scrive Papa Francesco nellaEvangelii gaudium che egli stesso ha definitocome documento programmatico del proprioministero petrino – offre ai credenti, anche aitiepidi o non praticanti, una nuova gioia nellafede e una fecondità evangelizzatrice. In realtà,il suo centro e la sua essenza è sempre lo stesso:il Dio che ha manifestato il suo immenso amorein Cristo morto e risorto. Egli rende i suoi fedelisempre nuovi, quantunque siano anziani, riac-quistano forza, mettono ali come aquile, corro-no senza affannarsi, camminano senza stancarsi(Is 40,31). Cristo è il Vangelo eterno (Ap 14,6),ed è lo stesso ieri e oggi e per sempre (Eb 13,8),ma la sua ricchezza e la sua bellezza sono ine-sauribili. Egli è sempre giovane e fonte costantedi novità ».8

9. Le persone consacrate sono chiamate amostrare al mondo questa bellezza eterna: « Pri-mo compito della vita consacrata è di renderevisibili le meraviglie che Dio opera nella fragileumanità delle persone chiamate. Più che con leparole, esse testimoniano tali meraviglie con illinguaggio eloquente di un’esistenza trasfigura-


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ta, capace di sorprendere il mondo »,9 « la nuovaevangelizzazione esige da consacrati e consacra-te piena consapevolezza del senso teologico del-le sfide del nostro tempo ».10

Siamo chiamati ad abitare i contesti umanicon profondità, radicalità, fino al punto di darevolto e espressione alle tracce di presenza diDio.11 Tale presenza, infatti, non è una sovra-struttura dell’umano, ma è la sua profondità, lasua verità. Si tratta di non allontanarsi mai dallaverità di se stessi, del rapporto con gli altri e conil creato; di vivere la sequela di Cristo come unfare spazio, grazie a Lui, alla verità dell’umano.

Osservava il Beato Paolo VI: « Le condizionidella società ci obbligano a rivedere i metodi, acercare con ogni mezzo di studiare come portareall’uomo moderno il messaggio cristiano, nelquale soltanto egli può trovare la risposta ai suoiinterrogativi e la forza per il suo impegno disolidarietà umana ».12

A un nuovo ardore e a nuovi metodi richia-mava anche Benedetto XVI a conclusione dellasessione ordinaria del XIII Sinodo generale dei


10 Ivi, 81.11 Cf. Ivi, 79.12 PAOLO VI, Discorso al Sacro Collegio dei Cardinali

(22 giugno 1973).

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Vescovi 13 dedicato alla nuova evangelizzazioneper la trasmissione della fede: « La Chiesa cercadi adoperare anche metodi nuovi, curando purenuovi linguaggi, appropriati alle differenti cultu-re del mondo, proponendo la verità di Cristocon un atteggiamento di dialogo e di amiciziache ha fondamento in Dio che è Amore. In varieparti del mondo, la Chiesa ha già intrapreso talecammino di creatività pastorale, per avvicinarele persone allontanate o in ricerca del sensodella vita, della felicità e, in definitiva, di Dio ».14

13 17-28 ottobre 2012.14 BENEDETTO XVI, Omelia in occasione della Santa Messa

per la Conclusione della XIII Assemblea Generale Ordinariadel Sinodo dei Vescovi (28 ottobre 2012).

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FINO AI CONFINI DELLA TERRA


Di me sarete testimoni a Gerusalemme,in tutta la Giudea e la Samariae fino ai confini della terra.

At 1,8


In ascolto

10. « L’immagine del Cristo docente si eraimpressa nello spirito dei dodici e dei primidiscepoli, e la consegna: Andate..., ammaestratetutte le nazioni ha orientato l’intera loro vita.Di questo offre testimonianza san Giovanni nelsuo Vangelo, quando riferisce le parole di Gesù:Non vi chiamo più servi, perché il servo non saquello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamatoamici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’hofatto conoscere a voi. […] È per questo che,dopo la risurrezione, egli affida loro formalmen-te la missione di rendere discepole tutte le gen-ti ».1 Andate in tutto il mondo e proclamate ilVangelo a ogni creatura (Mc 16,15). Di me saretetestimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea ela Samaria e fino ai confini della terra (At 1,8).È il mandato missionario che il Risorto lascia aisuoi discepoli, mandato rivolto a ogni discepolo,in ogni tempo. Tale mandato ha una dimensioneuniversale, i discepoli sono inviati a tutte le genti

1 GIOVANNI PAOLO II, Es. Ap. Catechesi tradendae (16 ot-tobre 1979), 10.

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(Mt 28,19), in tutto il mondo (Mt 16,15), a tuttele nazioni (At 1,8). Il Signore assicura i disce-poli che non saranno mai soli: Io sono con voitutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt 28,20).Il Vangelo di Marco attesta: Allora essi partironoe predicarono dappertutto, mentre il Signore agi-va insieme con loro e confermava la Parola con isegni che l’accompagnavano (Mc 16,20).

11. Gli evangelisti propongono la missionecon accenti diversi che si completano tra di loro.I toni usati dagli evangelisti mostrano che la mis-sione è chiamata a rispondere alle situazioni mol-teplici delle comunità e, allo stesso tempo, rive-lano la fantasia dello Spirito che soffia dove vuo-le (cf. Gv 3,8), dispensando i suoi carismi. Mar-co presenta la missione come annuncio, kerigma(cf. Mc 16,15). In Matteo la missione ha comefinalità la fondazione della Chiesa e l’insegna-mento (cf. Mt 28,19-20; 16,18). Luca la presentasoprattutto come testimonianza (cf. Lc 24,48;At 1,8). Per Giovanni la missione consiste nellapartecipazione alla comunione del Padre con ilFiglio (cf. Gv 17,21-23). L’obiettivo è unico:confessare con Pietro Tu sei il Cristo (Mc 8,29),o con il centurione romano: Veramente quest’uo-mo era Figlio di Dio (Mc 15,39).2

2 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Redemptoris missio(7 dicembre 1990), 23.

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Gli Atti degli Apostoli ci mostrano come i di-scepoli progressivamente metteranno a fuoco laloro identità di testimoni e annunciatori e trove-ranno il lessico adatto e lo stile per vivere ilmandato missionario nelle differenti situazioni eculture. I discepoli si sono trovati ad affrontarenuovi contesti e sfide; si sono lasciati condurredallo Spirito di verità (Gv 16,13) su sentieri sco-nosciuti, per conservare con amore e annunciarecon gioia tutto ciò che il Maestro aveva detto einsegnato (cf. Mt 28,20; Gv 14,26). Lo stessoSpirito – aveva assicurato Gesù – li avrebbeguidati a tutta la verità aprendo il cammino delVangelo alle cose future (Gv 16,13), cioè allenuove risposte esistenziali e salvifiche nel dive-nire dei giorni.

12. Anche il mandato missionario viene de-clinato in vari modi: proclamare la Buona Novel-la a tutti i popoli (cf. Mt 28,19; Mc 16,15); esse-re testimoni della risurrezione (cf. Lc 24,46-48;At 1,8); essere portatori di pace e di riconcilia-zione (cf. Gv 20,21-23); curare i malati e aiutaregli esclusi (cf. Lc 10,1-9); essere luce del mondoe sale della terra (cf. Mt 5,13-16); amarsi l’unl’altro con l’amore con cui Gesù stesso avevaamato (cf. Gv 13,34-35), servire e lavare i piediai fratelli (cf. Gv 13,12-15). I discepoli ben pre-sto compresero che si trattava della missione che

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Gesù aveva annunciato nella sinagoga di Naza-reth proclamando le parole del profeta Isaia:Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo miha consacrato con l’unzione e mi ha mandato aportare ai poveri il lieto annuncio, a proclamareai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista;a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamarel’anno di grazia del Signore (Lc 4,18-19).

Si apre davanti al piccolo gruppo dei disce-poli, ancora stupiti per l’esperienza vissuta nelleultime settimane di vita del Maestro e incerti sulfuturo, un orizzonte immenso, culturale e geo-grafico che solo negli anni e per tentativi avreb-bero conosciuto, evangelizzato e abitato. Solo ildono dello Spirito li aiuterà a comprendere ilsignificato profondo di quelle parole e li renderàcapaci di adempiere un incarico che, umana-mente parlando, superava le loro possibilità esembrava paradossale.

13. La missione, prolungamento di quelladel Maestro, è il fondamento della nostravocazione di consacrati e consacrate. Fonda-tori e Fondatrici hanno ascoltato, riconosciu-to e accolto, come direttamente rivolto a lorol’imperativo di Gesù: Andate ed annunciate!(cf. Mc 16,15). La vita consacrata, in tutte le sueforme, nelle sue varie stagioni e nei differenticontesti, si è messa in cammino per « riempire la

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terra del Vangelo di Cristo » 3 ponendosi alleavanguardie della missione, perseverando concuore risoluto (cf. At 11,23), fervente e creativo.

Assumiamo il Vangelo come regola e vita,4

inviati dallo Spirito Santo (At 13,4) verso ogniperiferia dove sia necessaria la luce del Vangelo(cf. Mt 5,13-16); assumiamo il mondo con ilcuore rivolto al Signore, e proclamiamo con lavita e la parola il Vangelo di Gesù Cristo, Figliodi Dio (Mc 1,1), segno di speranza per tutti,specialmente per i poveri (cf. Lc 4,18). Restitui-remo così la gioia del Vangelo che abbiamoricevuto per grazia.5

Inviati ad annunciare

14. « Il compito fondamentale della Chiesadi tutte le epoche e, in modo particolare, dellanostra è di dirigere lo sguardo dell’uomo, diindirizzare la coscienza e l’esperienza di tuttal’umanità verso il mistero di Cristo ».6

3 TOMMASO DA CELANO, Vita prima di San Francesco d’As-sisi, 97, in FF 488.

4 Cf. BENEDETTO XVI, Es. Ap. post-sinodale VerbumDomini (30 settembre 2010), 83.

5 Cf. FRANCESCO, Es. Ap. Evangelii gaudium (24 novem-bre 2013), 1.

6 GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Redemptor hominis(4 marzo 1979), 10.

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Gesù abita a Cafarnao sulle rive del lago, acontatto con molte persone; frequenta la sinago-ga, incontra la folla, guarisce i malati. Gesù sisposta per andare là dove le persone vivono.7

Nel suo messaggio, nelle sue azioni e nelle suescelte, esprime un dinamismo che va nel sensodi un’apertura universale.

Nello stile di Cristo

15. Contempliamo Cristo, missionario delPadre,8 per annunciare secondo il suo stile:Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, inse-gnando nelle loro sinagoghe, annunciando il van-gelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogniinfermità. Vedendo le folle, ne sentì compassione!(Mt 9,35-36). Si tratta di entrare nella dinamicadel vedere, commuoversi e agire, atteggiamentiche hanno caratterizzato la vita e la missione diCristo. Vedere significa essere attenti a ciò cheaccade nel mondo, aperti alla realtà che ci cir-conda, non per mera curiosità ma per scoprire ilpassaggio di Dio nella storia.

Commuoversi è vivere con viscere di miseri-cordia, richiede partecipazione e azione a favore

7 Cf. A. VANHOYE, Le origini della missione apostolica nelNuovo Testamento, in La Civiltà Cattolica, 141 (1990/IV),544-558.


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di chi è nel limite e nella necessità: Sbarcando,vide molta folla e si commosse per loro (Mc 6,34).Nasce un movimento vigoroso che ci pone insintonia cordiale con ogni persona: Quando eraancora lontano il padre lo vide e commosso glicorse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò(Lc 15,20). Tale atteggiamento non ci permettedi passare oltre con fare distratto, perbenista epavido: Un sacerdote scendeva per quella medesi-ma strada e quando lo vide passò oltre dall’altraparte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lovide e passò oltre (Lc 10,31-32). Ravviva la me-moria del giudizio di Cristo sulle nostre scelte esulle nostre opere: Ho avuto fame e non mi avetedato da mangiare […]. In verità io vi dico: tuttoquello che non avete fatto a uno solo di questi piùpiccoli, non l’avete fatto a me (Mt 25,42.45).

Siamo chiamati a vivere il fremito di coloroche dissentono nel profondo di se stessi a causadi una giustizia ferita e iniqua e una violenzaarrogante che uccide, prevarica, annulla, emar-gina: « La Chiesa trasale (si commuove hannotradotto alcune lingue) » afferma Paolo VI « da-vanti a questo grido d’angoscia e chiama ognunoa rispondere con amore al proprio fratello ».9

9 PAOLO VI, Lett. Enc. Populorum progressio (26 marzo1967), 3.

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16. Siamo chiamati ad agire secondo la vi-sione di Dio: Ho osservato la miseria del miopopolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa deisuoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze(Es 3,7). A sintonizzare il nostro cuore nel mododi Cristo, quando la vide piangere e piangere an-che i Giudei che erano venuti con lei, si commosseprofondamente, si turbò e disse: « Dove l’aveteposto? ». Gli dissero: « Signore, vieni a vedere! ».Gesù scoppiò in pianto (Gv 11,33-35). A com-piere azioni che accendono speranza e narranosalvezza. Senza agire, il vedere e il commuoversirimangono intenzioni buone ed emozioni vaghe.

Lo ha ben colto la Lettera Apostolica Orien-tale lumen di Giovanni Paolo II: « Impariamodal Signore stesso che lungo il cammino si fer-mava tra la gente, l’ascoltava, si commuovevaquando li vedeva come pecore senza pastore(Mt 9,36; cf. Mc 6,34). Da lui dobbiamo ap-prendere quello sguardo d’amore con il qualericonciliava gli uomini con il Padre e con sestessi, comunicando loro quella forza che sola èin grado di sanare tutto l’uomo ».10

10 GIOVANNI PAOLO II, Lett. Ap. Orientale Lumen (2 mag-gio 1995), 4.

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Contemplativi in azione

17. Urge recuperare la mistica missionaria:« È dalla contemplazione, da un forte rapportodi amicizia con il Signore che nasce in noi lacapacità di vivere e di portare l’amore di Dio,la sua misericordia, la sua tenerezza verso glialtri ».11 La mistica apostolica ci riferisce a« ciò che è più bello, più grande, più attraente eallo stesso tempo più necessario ».12

Invitiamo a rileggere la lettera Contemplate,in essa abbiamo proposto un itinerario verso laprofondità del mistero che ci abita, nella ricercadella Bellezza; una nuova filocalia: la trasfigura-zione generata da una santità ospitale e da unaprossimità carica di empatia.13

« Il missionario deve essere un contemplativoin azione. Egli trova risposta ai problemi nellaluce della parola di Dio e nella preghiera per-sonale e comunitaria. […] il futuro della mis-sione dipende in gran parte dalla contemplazio-ne. Il missionario, se non è un contemplativo,

11 FRANCESCO, Angelus (21 luglio 2013).12 FRANCESCO, Es. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre

2013), 35.13 Cf. CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRA-

TA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA, Contemplate. Ai consa-crati e alle consacrate sulle tracce della Bellezza (15 ottobre2015), LEV, Città del Vaticano 2015.

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non può annunziare il Cristo in modo credibile.Egli è un testimone dell’esperienza di Dio e devepoter dire come gli apostoli: Ciò che noi abbiamocontemplato, ossia il Verbo della vita […] noi loannunziamo a voi (1Gv 1,1) ».14

18. « La Chiesa non può illudersi di brillaredi luce propria, non può. Lo ricorda con unabella espressione Sant’Ambrogio, utilizzando laluna come metafora della Chiesa: “Veramentecome la luna è la Chiesa: […] rifulge non dellapropria luce, ma di quella di Cristo. […] e nellamisura in cui la Chiesa rimane ancorata a Lui,nella misura in cui si lascia illuminare da Lui,riesce a illuminare la vita delle persone e deipopoli. Per questo i santi Padri riconoscevanonella Chiesa il mysterium lunae. Abbiamo biso-gno di questa luce che viene dall’alto per corri-spondere in maniera coerente alla vocazione cheabbiamo ricevuto. Annunciare il Vangelo di Cri-sto non è una scelta tra le tante che possiamofare, e non è neppure una professione. Per laChiesa, essere missionaria non significa fare pro-selitismo; per la Chiesa, essere missionaria equi-vale ad esprimere la sua stessa natura: essere

14 GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Redemptoris missio(7 dicembre 1990), 91.

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illuminata da Dio e riflettere la sua luce ».15

Senza tale consapevolezza il lavoro e le istituzio-ni non possono comunicare il Vangelo del Re-gno; i nostri programmi formativi diventano iti-nerari di abilitazione professionale più o menoriusciti; le preoccupazioni per i mezzi economiciche sentiamo limitati a sostentare vita e attivitàdei nostri Istituti non si differenziano da quelledi altri gruppi umani; spesso dimentichiamo iparametri della provvidenza.

Servi della Parola

19. La Scrittura, insieme alla Tradizione, è« regola suprema » 16 della fede. Il rapporto traScrittura ed evangelizzazione nelle sue diverseforme è molto stretto: « L’intima natura dellaChiesa si esprime in un triplice compito: annun-cio della Parola di Dio (kerygma-martyria), cele-brazione dei Sacramenti (leiturgia), servizio del-la carità (diakonia). Sono compiti che si pre-suppongono a vicenda e non possono essereseparati l’uno dall’altro ».17

15 FRANCESCO, Omelia per l’Epifania del Signore (6 gen-naio 2016).

16 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione dog-matica Dei Verbum (18 novembre 1965), 21.

17 BENEDETTO XVI, Lett. Enc. Deus caritas est (25 dicem-bre 2005), 25a.

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Andate e proclamate (cf. Mc 16,15). « La mis-sione della Chiesa all’inizio di questo nuovomillennio è nutrirsi della Parola, per essere servadella Parola nell’impegno dell’evangelizzazio-ne ».18 Una Parola viva, efficace che scruta isentimenti e i pensieri del cuore » (Eb 4,12),« “diventi sempre più il cuore di ogni attivitàecclesiale”. […] È fondamentale che la Parolarivelata fecondi radicalmente la catechesi e tuttigli sforzi per trasmettere la fede ».19

L’esperienza pastorale attesta che non si puòsupporre la fede in quanti ci ascoltano. Occorreridestarla in coloro nei quali è spenta, rinvigo-rirla in quanti vivono nell’indifferenza, farla sco-prire con impegno personale alle nuove genera-zioni, rinnovarla in quelli che la professano sen-za sufficiente convinzione, portarla a quanti nonla conoscono ancora.

20. La catechesi, primo atto educativo nel-l’ambito della missione evangelizzatrice, « è inti-mamente legata a tutta la vita della Chiesa.Non soltanto l’estensione geografica e l’aumentonumerico, ma anche, e più ancora, la crescita

18 Sinodo dei Vescovi, XII Assemblea Generale OrdinariaLa Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa,Instrumentum Laboris (Città del Vaticano 2008), 43.

19 FRANCESCO, Es. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre2013), 174-175.

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interiore della chiesa, la sua corrispondenza coldisegno di Dio, dipendono essenzialmente daessa ».20

Papa Francesco nell’Evangelii gaudium ci in-vita ad adottare i toni di una madre, la lingua diuna mamma.21 « Come a tutti noi piace che ci siparli nella nostra lingua materna, così anchenella fede, ci piace che ci si parli in chiave di“cultura materna”, in chiave di dialetto materno(cf. 2Mac 7,21.27), e il cuore si dispone adascoltare meglio. Questa lingua è una tonalitàche trasmette coraggio, respiro, forza, impul-so ».22 Siamo chiamati a servire la Parola a parti-re dalla concretezza della vita, con parole reali,colme di tenerezza materna, che sappiano inter-rogare e vivificare la realtà. Fondamentale è me-ditare la Parola, capirla in profondità e tradurlain parole adeguate alla cultura di ogni tempo,anche attraverso uno studio accurato.

21. La presunzione e la superficialità presen-ti in varie forme dell’annuncio – omiletica, cate-chesi, pastorale – sono un’offesa al dono dellaParola. Papa Francesco ha molto insistito sul-

20 GIOVANNI PAOLO II, Catechesi tradendae (16 ottobre1979), 13.

21 Cf. FRANCESCO, Es. Ap. Evangelii gaudium (24 novem-bre 2013), 139-141.

22 Ivi, 139.

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l’omelia e sull’impegno necessario: « La prepa-razione della predicazione è un compito cosìimportante che conviene dedicarle un tempoprolungato di studio, preghiera, riflessione ecreatività pastorale ».23 Lo studio, fatto per ser-vire la Parola e l’umanità, aiuta a interpretare ecomprendere con sapienza il mondo che Dio hatanto amato (Gv 3,16). Più che esercizio accade-mico e retorico, lo studio che « non estingue lospirito di preghiera e devozione » 24 è esercizio dimediazione necessario per progredire nel gustodella ricerca della Vita, della Verità e del Bene(cf. At 17,27). Lo studio « espressione del maiappagato desiderio di conoscere più a fondoDio, abisso di luce e fonte di ogni umana verità »deve accompagnare la vita come strumento pre-zioso per « la continua ricerca di Dio e della suaazione nella complessa realtà del mondo con-temporaneo ».25


24 San FRANCESCO, Lettera a Sant’Antonio di Padova, 2.25 GIOVANNI PAOLO II, Es. Ap. post-sinodale Vita conse-

crata (25 marzo 1996), 98.

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Messaggeri di lieti annunci

22. Come sono belli sui monti i piedi delmessaggero che annuncia la pace, del messaggerodi buone notizie che annuncia la salvezza, che dicea Sion: « Regna il tuo Dio » (Is 52,7).

« La caratteristica di ogni vita missionaria au-tentica è la gioia interiore che viene dalla fede.In un mondo angosciato e oppresso da tantiproblemi, che tende al pessimismo, l’annunzia-tore della buona novella deve essere un uomoche ha trovato in Cristo la vera speranza ».26

L’annunzio è passione data per grazia, postaal centro della nostra vita. « All’interrogativo:perché la missione? noi rispondiamo con la fedee con l’esperienza della Chiesa che aprirsi al-l’amore di Cristo è la vera liberazione. In lui,soltanto in lui siamo liberati da ogni alienazionee smarrimento, dalla schiavitù al potere del pec-cato e della morte. Cristo è veramente la no-stra pace (Ef 2,14) e l’amore di Cristo ci spinge(2Cor 5,14) dando senso e gioia alla nostra vita.La missione è un problema di fede, è l’indiceesatto della nostra fede in Cristo e nel suo amoreper noi ».27


27 Ivi, 11

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Papa Francesco invita a non essere evangeliz-zatori tristi, con volto di funerale e scoraggiati,28

ma di comunicare la gioia della fede a partire dauna esistenza trasfigurata.29

23. Messaggeri della gioia del Vangelo sonouomini e donne che hanno ricevuto il mandatodi annunciare la buona Novella: la gioia delVangelo ha colmato la loro vita e trasformato illoro cuore.30

Messaggeri della gioia del Vangelo sono uomi-ni e donne che rispondono con generosità allagrande sfida della Chiesa di ogni tempo: l’attivi-tà missionaria.31

Messaggeri della gioia del Vangelo sono uomi-ni e donne raggiunti dalla misericordia del Pa-dre, ferita d’amore che infiamma il loro cuore dipassione per Cristo e l’umanità, e offrono la vitaper il Vangelo mettendosi in cammino, senzaindugio (cf. Lc 24,33), per annunciare « a tutti,in tutti i luoghi, in tutte le occasioni » 32 la gioiadel Regno.




31 Cf. Ivi, 15.32 Ivi, 23.

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Messaggeri della gioia del Vangelo sono uomi-ni e donne che prendono l’iniziativa,33 senzalasciarsi paralizzare dall’introversione ecclesia-le 34 per raggiungere tutte le periferie per incon-trare i vicini e i lontani (cf. Ef 2,13), senzaescludere nessuno.

Messaggeri della gioia del Vangelo sono uomi-ni e donne che sostano agli incroci della vita evivono le frontiere per invitare gli esclusi 35 affin-ché la loro vita possa riempirsi della speranza edella forza liberatrice del Vangelo.

Messaggeri della gioia del Vangelo sono uo-mini e donne che entrati nel « dinamismodell’uscita »,36 raggiungono il mondo intero(cf. Mt 28,19) per annunciare con creativitàe il linguaggio universale della gioia che il Van-gelo è fonte di vita e di vita in abbondanza(cf. Gv 10,10b).

La Chiesa e il mondo hanno bisogno di uo-mini e donne mebaser, messaggeri della gioia,messaggeri di Colui che viene a consolare il suopopolo (cf. Is 40,1).


34 Cf. Ivi, 27.35 Cf. Ivi, 24.36 Ivi, 20.

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Uniti per annunciare

24. La moltitudine di coloro che erano venutialla fede aveva un cuore solo e un’anima sola enessuno diceva sua proprietà quello che gli ap-parteneva, ma ogni cosa era fra loro comune.Con grande forza gli apostoli rendevano testimo-nianza della risurrezione del Signore Gesù e tuttiessi godevano di grande simpatia (At 4,32-33).« La comunità religiosa si è sentita in continuitàcon il gruppo di coloro che seguivano Gesù.Lui li aveva chiamati ad uno ad uno, per vi-vere la comunione con lui e con gli altri disce-poli, per condividere la sua vita e il suo destino(cf. Mc 3,13-15), così da essere segno della vita edella comunione da lui inaugurate ».37 La vitafraterna, memore del mistero che vive alla suaorigine, si vive come « spazio teologale in cui sipuò sperimentare la mistica presenza del Signo-re risorto ».38

37 CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA

E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA, La vita fraterna in comu-nità. “Congregavit nos in unum Christi amor” (2 febbraio1994), 10.


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Perseveranti nella comunione

25. La didaké delinea i tratti dell’identità co-munitaria come opera di ascolto e di formazio-ne, di conoscenza della persona e della missionedel Signore Gesù, accompagnata da segni e po-tenza (cf. At 2,43; 4,33). I cristiani della Chiesadelle origini ascoltano la predicazione e la paroladegli apostoli e, quindi, sono introdotti alla co-noscenza del Vangelo per giungere da credentimaturi ad una vera esperienza del Signore.

Una delle preoccupazioni che spesso ha ac-compagnato la storia e la vita della Chiesa, eparimenti l’esistenza di varie comunità di vitaconsacrata, è stata il formare al mistero di Cristoche vivifica la koinonia, essenza della vita frater-na e la manifesta non come idea, ma come soli-darietà materiale e spirituale.

26. La fraternità sollecita inoltre la perseve-ranza nella frazione del pane e nelle preghiere(At 2,42), segno aureo posto a identificare le riu-nioni cultuali dei primi cristiani, dove si rinno-vano i gesti di Gesù nell’ultima cena. Tale me-moria abbraccia altresì i conviti nuziali, i ban-chetti di Gesù con i peccatori, e i pasti frugaliconsumati dal Risorto sulla riva del lago con idiscepoli. Con forme diverse di preghiera i pri-mi cristiani pregano al tempio, durante i pasti onel segreto delle proprie case. La perseverante

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relazione con Dio è alla base dell’insegnamentospirituale della comunità primitiva che pregavasempre, in ogni occasione (Ef 6,18), in ogni luogoe alzando al cielo mani pure (1Tm 2,8). La pre-ghiera assicura l’unità della comunità, aiuta ildiscernimento, è dono dello Spirito ed è le-gata alla carità tanto che Origene potrà dire:« Prega sempre colui che unisce la preghieraalle opere che deve fare, e le opere alla preghie-ra. Soltanto così possiamo considerare realizza-bile il precetto di pregare incessantemente ».39

Siamo al cuore della testimonianza missionariadella fraternità.

27. Ci raggiunge un clima di gioia, di fre-schezza delle origini, che guadagna il cuore dichi assiste a questa ricostruzione di un’umanitànuova. Clima che ha sempre incantato i cristianidi tutte le generazioni e le persone consacratealla sequela di Cristo. « La vita di tale [prima]comunità e, più ancora, l’esperienza di pienacondivisione con Gesù vissuta dai Dodici, sonostate costantemente il modello a cui la Chiesa siè ispirata, quando ha voluto rivivere il fervoredelle origini e riprendere con rinnovato vigoreevangelico il suo cammino nella storia ».40

39 ORIGENE, De oratione 12, in PG 11, 452.40 GIOVANNI PAOLO II, Es. Ap. post-sinodale Vita conse-

crata (25 marzo 1996), 41.

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Nascono da questo clima la testimonianzamissionaria e l’annuncio nel segno della comu-nione: nessuno infatti tra loro era bisognoso(At 4,34), perché la comunità aveva un cuoresolo e un’anima sola (At 4,32). Ogni comunitàapostolica che vuol essere evangelica vive nelcuore il distacco dai beni materiali, premessaindispensabile per la concordia degli spiriti, perraggiungere mete di vita spirituale, per procla-mare il lieto annunzio.

28. Con grande forza gli Apostoli davano te-stimonianza della risurrezione del Signore Gesù(At 4,33). Luca intende affermare che la gra-zia di testimoniare il Risorto scaturisce dallavita fraterna, parabola del Regno e, in se stessa,annuncio missionario. La gioia dell’annunziodel Vangelo si corrobora nell’esperienza dell’in-contro fraterno. Papa Francesco invita: « Vivereil presente con passione significa diventareesperti di comunione, “testimoni e artefici diquel progetto di comunione che sta al verticedella storia dell’uomo secondo Dio”. In unasocietà dello scontro, della difficile convivenzatra culture diverse, della sopraffazione sui piùdeboli, delle disuguaglianze, siamo chiamati adoffrire un modello concreto di comunità che,attraverso il riconoscimento della dignità di ognipersona e della condivisione del dono di cui

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ognuno è portatore, permetta di vivere rapportifraterni ».41

La vita di comunione diventa un segno per ilmondo e una forza attrattiva che conduce acredere in Cristo. In tal modo la comunione siapre alla missione, si fa essa stessa missione.42

29. Nella vita religiosa la vita fraterna in co-munità, vissuta nella semplicità e nella gioia, è laprima e fondamentale struttura di evangelizza-zione. « La comunione fraterna, in quanto tale, ègià apostolato, contribuisce cioè direttamenteall’opera di evangelizzazione. Il segno per eccel-lenza lasciato dal Signore è quello della fraterni-tà vissuta: da questo tutti sapranno che siete mieidiscepoli, se avrete amore gli uni per gli altri(Gv 13,35) […] tutta la fecondità della vitareligiosa dipende dalla qualità della vita fraternain comune. Senza essere il tutto della missionedella comunità religiosa, la vita fraterna ne è unelemento essenziale. La vita fraterna è altrettan-to importante quanto l’azione apostolica ».43

41 FRANCESCO, Lettera Apostolica a tutti i consacrati inoccasione dell’Anno della vita consacrata (21 novembre2014), I, 2.


43 CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA

E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA, La vita fraterna in comu-

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Nel prodigio della Pentecoste

30. La vicenda della prima Pentecoste conl’esplosione dello Spirito e l’entusiasmo dellaprima conversione di massa, si conclude inmodo inatteso: persone diverse cominciano avivere uno stile di vita fraterna. Si effonde loSpirito e il sogno irrealizzabile della fraternità èreso possibile: sentirsi fratelli e sorelle e vivere infraternità. Di tutti i miracoli, prodigi e segni,questo è il più sconvolgente: persone che non siconoscono, s’intendono e, mettendo in comunei loro beni, parlano la medesima lingua di carità.S’accende nel mondo qualcosa ritenuto impos-sibile: l’amore per gli altri diventa più forte del-l’amore di se stessi. La fraternità, prodigio dellaPentecoste, manifesta il vero volto della Chiesa ediventa la causa prima dell’espansione del Van-gelo: liberi e schiavi, ricchi e poveri, dotti eignoranti, tutti riuniti intorno alla stessa mensa,per vivere in Cristo la profezia dei figli di Dio,nella potenza dello Spirito.

31. L’esperienza dello Spirito e quella dellafraternità vissuta in comunità sono all’originedella Chiesa. Lo Spirito Santo agisce nella vita

nità. “Congregavit nos in unum Christi amor” (2 febbraio1994), 55.

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della comunità apostolica e la contrassegna, nelsigillo di fuoco, con l’unità e la missionarietà.La Parola di Dio, lingua dello Spirito, scen-de verso l’uomo e guida la comunità di fedenon a imporre il proprio linguaggio, ma a en-trare nel linguaggio umano, annunciando ilVangelo secondo le possibilità e le modalità dicomprensione dell’altro: « Ogni volta che ciincontriamo con un essere umano nell’amore,ci mettiamo nella condizione di scoprire qual-cosa di nuovo riguardo a Dio. […] L’impe-gno dell’evangelizzazione arricchisce la menteed il cuore, ci apre orizzonti spirituali, ci ren-de più sensibili per riconoscere l’azione delloSpirito, ci fa uscire dai nostri schemi spiritualilimitati ».44

32. Questa è l’opera dello Spirito che si op-pone alla carne (cf. Gal 5,16-17), cioè alla ten-denza egoistica dell’uomo, alla chiusura in sé, alrifiuto dell’incontro e della comunione con l’al-tro: « Il moto d’amore tra cielo e terra è guidatodallo Spirito Santo, ed egli dà, così, compimentoal rapporto, annodato in Cristo, con la SposaSion-Maria-Ekklesia. Il religioso vive nel centro


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di questo evento, che vuole farsi realtà anche inlui e per lui, attraverso la sua dedizione amorosaall’amore. La sua esistenza deve essere sempretraduzione creativa, futuro di Dio perennemen-te nello Spirito Santo ».45

45 H.U. VON BALTHASAR, Spiritus Creator, Morcelliana,Brescia 1972, 328.

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CHIESA IN USCITA


Percorrendo le città, trasmettevano lorole decisioni prese dagli apostoli e daglianziani di Gerusalemme, perché le os-servassero.Le Chiese intanto andavano fortifican-dosi nella fede e crescevano di numeroogni giorno.

At 16,4-5


In ascolto

33. Il protagonista è Paolo con la compagniadi Sila e di Timoteo e forse di qualche altrocompagno non menzionato. L’apostolo vive unpassaggio difficile: si è appena separato – con undissenso piuttosto acceso (At 15,39) – da Barna-ba, suo protettore e maestro, ma non si ferma,torna a visitare le comunità fondate insieme nelprimo viaggio missionario (cf. At 13,5; 14,28).

Scegliamo questo momento chiave dellaChiesa delle origini perché riscontriamo nellescelte e nelle difficoltà di Paolo e dei compagnisituazioni molto simili alle nostre, e la ricerca disoluzioni che possono farci da guida nell’affron-tare la complessità di problemi e incertezze cheanche noi viviamo.

Le comunità fondate nel precedente viaggioerano a Derbe, Listra, Antiochia di Pisidia,Iconio, Attalia: cioè nella regione centrale mon-tuosa dell’attuale Turchia sull’altopiano ana-tolico. Paolo era intenzionato a dirigersi insie-me ai compagni verso la Galazia e la Bitinia, alnord, ma lo Spirito più volte ostacola misterio-samente il loro itinerario e le loro buone inten-

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zioni. Si vedono costretti a dirigersi verso Troa-de (cf. At 16,6-8). Verso periferie a loro sco-nosciute.

Le comunità visitate erano tutte agli inizidella fede, fragili: affidate agli anziani nel primoviaggio missionario, e consapevoli che sarebberoentrate nel regno di Dio attraverso molte tribola-zioni (At 14,22b). Era logico e saggio per Paoloe i suoi compagni ritornare a visitarle per inco-raggiarle nel cammino e perfezionare la primaevangelizzazione, allargando anche il raggio del-le presenze. Eppure, senza alcuna ragione evi-dente, lo Spirito di Gesù non lo permise loro.Sorpresa e sconcerto li conducono a girovagare,spostandosi sempre più verso l’Anatolia occi-dentale, fino ad affacciarsi sulla costa dell’Egeo.

Immaginiamo la loro angoscia interiore, ilsenso di frustrazione e la sensazione di trovarsidavanti ad un’incognita.

34. L’avventura somiglia per molti versi allesituazioni degli ultimi decenni. La riforma e ilrinnovamento promossi e ispirati dal ConcilioVaticano II hanno dato spazio a esperienze digrande valore e realizzato, per quasi tutte lefamiglie religiose, nuove modalità di presenza,incontri con culture e geografie prima scono-sciute. Come per Barnaba e Paolo, dopo il pri-mo viaggio missionario, con la gioia di vedere

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che il Signore ha chiamato a partecipare al cari-sma e alla sua fecondità ecclesiale genti che nonsi conoscevano, non sono mancate tensioni etempi in cui le discussioni sono state vivaci e glianimi si sono scaldati (cf. At 15,2).

Le differenze culturali e le ricchezze identita-rie delle Chiese di appartenenza dei nuovi mem-bri, accolte all’inizio con entusiasmo e stupore,col tempo hanno generato disagio e posto il pro-blema delle differenze da rispettare, dell’essen-zialità da riscoprire, della reciprocità dovuta enecessaria nell’insieme del sistema istituzionale,dei modelli di incarnazione della fede. Con fati-ca e pazienza si è giunti – attraverso i Capitoli ele Assemblee, la redazione o la revisione delleCostituzioni, la sperimentazione di modelli diformazione e di governo – a elaborare una sin-tesi che sostenga la comunione, con forme isti-tuzionali adatte alla nuova stagione del carisma.Eravamo convinti che per far proseguire il cam-mino bastasse informare adeguatamente e gesti-re con intelligenza come Paolo, trasmettendo ledecisioni prese a Gerusalemme (cf. At 16,4),quanto già faticosamente raggiunto e ordinata-mente stabilito.

35. Com’è successo per Paolo e i suoi com-pagni, anche per noi lo Spirito non ha permesso(cf. At 16,7) che entrassimo in atteggiamento di

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custodia e di manutenzione dei risultati. Ci haimpedito di espanderci secondo i nostri pro-getti, semplicemente esportando decisioni pre-ordinate e modelli sperimentati.

La crisi attuale che sta rendendo sterili lenostre sicurezze e incerti i nostri progetti, nonpotrebbe avere a che fare con la frustrazioneche ha provato Paolo davanti ad ostacoli senzaspiegazione? La nostra testardaggine nel perse-verare in quello che abbiamo acquisito e stabi-lizzato, con meri accomodamenti tattici, e spes-so nascondendo la crisi di orientamento consapori di “mondanità spirituale”, potrebbe forseessere considerata un kairòs, per lasciare spazioall’imprevedibilità dello Spirito e delle sue indi-cazioni?

La evidente e diffusa insignificanza e margi-nalità della vita consacrata nella Chiesa e anchenella società globalizzata e narcotizzata da milleidolatrie e illusioni effimere, la nostra anemia diforze fresche e la palese anomia di modelli vin-centi per questo nuovo contesto, potrebberoforse paragonarsi alla situazione di Paolo confu-so e smarrito a Troade? Là dove tutto parevanon avere senso, si aprirà un orizzonte nuovo,una nuova avventura creativa e trasformatrice.

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Lo Spirito, protagonista della missione

36. Dio, Amore trinitario, è il primo missio-nario: la missione della Chiesa affonda le sueradici nel cuore di Dio. Tra le persone della Tri-nità accade un continuo movimento: una danzadirebbe San Bonaventura.1 Nel rapporto tra ilPadre e il Figlio si dà la grazia dell’amore che èlo Spirito Santo: ad extra il Figlio è inviato dalPadre per lo Spirito; lo Spirito è inviato dalPadre e dal Figlio e dal Padre per il Figlio.Nel Verbo fatto uomo (cf. Gv 1,14), è Diostesso che fa suo il dinamismo dell’uscita,2 entranel mondo e assume pienamente l’umano:« Mandò infatti suo Figlio, cioè il Verbo eterno,che illumina tutti gli uomini, affinché dimorassetra gli uomini e spiegasse loro i segreti di Dio(cf. Gv 1,1-18) ».3 L’incarnazione ci rivela unDio amante dell’umanità: « Gesù Cristo dun-que, Verbo fatto carne, mandato come “uomoagli uomini”, “parla le parole di Dio” (Gv 3,34)e porta a compimento l’opera di salvezza affida-

1 San BONAVENTURA, Itinerarium mentis in Deo, VI, 2:in questo testo usa la parola circumincessio.


3 Cf. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzionedogmatica Dei Verbum (18 novembre 1965), 4.

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tagli dal Padre (cf. Gv 5,36; 17,4) ».4 Nulla gli èestraneo, neppure il peccato, cancellato dallasua misericordia: 5 Colui che non aveva conosciu-to peccato, Dio lo fece peccato in nostro favoreperché in lui noi potessimo diventare giustizia diDio (2Cor 5,21).

Il Dio della storia ha camminato con il suopopolo (cf. Es 3,6) e non cessa di camminarecon noi attraverso il dono dello Spirito. « È loSpirito Santo che dà la vita »: 6 egli è la forza diDio nella storia, Colui che fa presente e attua-jlizza la Parola (cf. Gv 14, 26; 1 Gv 2, 27).7

Lo Spirito Santo protagonista della missione,8

« è l’agente principale dell’evangelizzazione:è lui che spinge ad annunziare il Vangelo e chenell’intimo delle coscienze fa accogliere e com-prendere la parola della salvezza […] egli solosuscita la nuova creazione, l’umanità nuova a cuil’evangelizzazione deve mirare, con quella unitànella varietà che l’evangelizzazione tende a pro-vocare nella comunità cristiana. Per mezzo di lui

4 Ibidem.5 Cf. FRANCESCO, Ritiro Spirituale in occasione del Giubi-

leo dei sacerdoti, Prima meditazione (2 giugno 2016).6 GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Dominum et Vivifican-

tem (18 maggio 1986), 64.7 Cf. Ivi, 7.8 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Redemptoris missio

(7 dicembre 1990), 21.

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il Vangelo penetra nel cuore del mondo, perchéegli guida al discernimento dei segni dei tempi– segni di Dio – che l’evangelizzazione discopree mette in valore nella storia ».9

37. Lo Spirito forma il cristiano secondo isentimenti di Cristo, guida alla verità tutta inte-ra, illumina le menti, infonde l’amore nei cuori,fortifica i corpi deboli, apre alla conoscenza delPadre e del Figlio, e dà « a tutti dolcezza nelconsentire e nel credere alla verità ».10

Nel 1968 il metropolita ortodosso Ignatios diLatakia durante l’incontro ecumenico di Uppsa-la ebbe a dire: « Senza lo Spirito Santo, Dio èlontano, Cristo rimane nel passato, il Vangelo èlettera morta, la Chiesa è una semplice organiz-zazione, l’autorità è una dominazione, la missio-ne una propaganda, il culto una evocazione, el’agire dell’essere umano una morale da schiavi.Ma nello Spirito Santo: il cosmo è sollevato egeme nella gestazione del Regno, Cristo risorto èpresente, il Vangelo è potenza di vita, la Chiesasignifica comunione trinitaria, l’autorità è unservizio liberatore, la missione è una Pentecoste,

9 PAOLO VI, Es. Ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre1975), 75.

10 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione dog-matica Dei Verbum (18 novembre 1965), 5.

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la liturgia è memoriale e anticipazione, l’agireumano è divinizzato ».11

La potenza dello Spirito non permette (cf.At 16,7), come ha fatto con Paolo, che i nostripassi si fermino e la logica limiti e razionalizzile nostre scelte missionarie nel già conosciuto:il suo soffio, quando le speranze vengono meno,spinge verso orizzonti nuovi. « Dobbiamo vince-re la tentazione di limitarci a ciò che ancoraabbiamo, o riteniamo di avere, di nostro e disicuro: sarebbe un morire a termine, in quantopresenza di Chiesa nel mondo, la quale, d’al-tronde, può soltanto essere missionaria nel mo-vimento diffusivo dello Spirito ».12

Vocazione e grazia della Chiesa

38. La missione della Chiesa manifesta unprogetto nato dall’amore di Dio Padre, amorfontalis, come lo chiamano i santi Padri, il qualeattraverso il Figlio e lo Spirito ha voluto farcipartecipi della sua vita divina.13 Grazie alla rifles-

11 IGNATIOS DI LATAKIA, in R. CANTALAMESSA, Il soffio delloSpirito, San Paolo, Cinisello Balsamo 1997, 165.

12 BENEDETTO XVI, Omelia in occasione del Viaggio Apo-stolico in Portogallo nel 10º Anniversario della Beatificazionedi Giacinta e Francesco, pastorelli di Fatima, Porto (14 mag-gio 2010).

13 Cf. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto sull’at-tività missionaria della Chiesa Ad gentes, 1-4.

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sione del Concilio Vaticano II la Chiesa ha re-cuperato con forza la concezione trinitaria dellamissione e si riconosce quale collaboratrice diessa. Benedetto XVI affermava: « Dobbiamo im-parare la lezione più semplice e più fondamen-tale del Concilio e cioè che il Cristianesimo nellasua essenza consiste nella fede in Dio che èAmore trinitario ».14 Nella missione la Chiesariconosce la sua identità: « Evangelizzare, infatti– scriveva Paolo VI – è la grazia e la vocazionepropria della Chiesa, la sua identità più profon-da. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire perpredicare ed insegnare, essere il canale del donodella grazia ».15

Papa Francesco in Evangelii gaudium chiamatutto il popolo di Dio a costituirsi « in uno statopermanente di missione »,16 giungendo ad iden-tificare la vita stessa della Chiesa con la missio-ne: « La missione al cuore del popolo non è unaparte della mia vita, o un ornamento che miposso togliere, non è un’appendice, o un mo-mento tra i tanti dell’esistenza. È qualcosa chenon posso sradicare dal mio essere se non vogliodistruggermi. Io sono una missione su questa

14 BENEDETTO XVI, Udienza Generale, 10 ottobre 2012.15 PAOLO VI, Es. Ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre

1975), 14.16 FRANCESCO, Es. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre

2013), 25.

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terra, e per questo mi trovo in questo mondo.Bisogna riconoscere sé stessi come marcati afuoco da tale missione di illuminare, benedire,vivificare, sollevare, guarire, liberare ».17 Il man-dato missionario di Gesù è una risonanza dellacomunione dell’amore trinitario, un invito a dar-le, sotto l’impulso dello Spirito, un’espressioneconcreta nel tempo e nello spazio. La Chiesa hasenso solo come strumento della comunicazionedi questo amore. In tal modo partecipa allamissione di Dio.

39. « Solo Dio stesso può creare la sua Chie-sa, Dio è il primo agente: se Dio non agisce, lenostre cose sono solo le nostre e sono insuffi-cienti; solo Dio può testimoniare che è Lui cheparla e ha parlato. Pentecoste è la condizionedella nascita della Chiesa […] Dio è l’iniziosempre ».18

Papa Francesco in Evangelii gaudium ricor-da: « Sebbene questa missione ci richieda unimpegno generoso, sarebbe un errore intenderlacome un eroico compito personale, giacchél’opera è prima di tutto sua, al di là di quantopossiamo scoprire e intendere. Gesù è “il primo

17 Ivi, 273.18 BENEDETTO XVI, Riflessione nel corso della Prima Con-

gregazione della XIII Assemblea Generale Ordinaria delSinodo dei Vescovi (8 ottobre 2012).

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e il più grande evangelizzatore”. In qualunqueforma di evangelizzazione il primato è sempre diDio, che ha voluto chiamarci a collaborare conLui e stimolarci con la forza del suo Spirito ».19

È lo Spirito a decidere i passi di Paolo e ladestinazione del suo viaggio. L’apostolo vive laperplessità e l’incertezza di un cammino chesembra procedere senza sviluppare quanto giàseminato.

40. Siamo abituati a pensare di essere statiinviati a seminare qualcosa che ci appartiene,affidato solo a noi. Il nostro compito è quello divegliare, intuire, riconoscere nei luoghi del-l’umano il seme che germoglia e cresce. Sta a noiaverne cura, liberando il campo da tutto ciò cheimpedisce la crescita affinché il seme porti fruttoabbondante (cf. Mt 13,4-9.19-24). È l’umiltà delservizio missionario. « La vera novità è quellache Dio stesso misteriosamente vuole produrre,quella che Egli ispira, quella che Egli provoca,quella che Egli orienta e accompagna in millemodi. In tutta la vita della Chiesa si deve sempremanifestare che l’iniziativa è di Dio, che lui cheha amato noi per primo (1Gv 4,10) e che è Diosolo che fa crescere (1Cor 3,7) ».20


20 Ibidem.

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La missione, infatti, non è proselitismo o at-tivismo pratico, è comunicazione di amore, nellapotenza dello Spirito Santo. « Conserviamodunque il fervore dello spirito. Conserviamo ladolce e confortante gioia d’evangelizzare […].Sia questo per noi – come lo fu per GiovanniBattista, per Pietro e Paolo, per gli altri Aposto-li, per una moltitudine di straordinari evangeliz-zatori lungo il corso della storia della Chiesa –uno slancio interiore che nessuno, né alcunacosa potrà spegnere. Sia questa la grande gioiadelle nostre vite impegnate. Possa il mondo delnostro tempo, che cerca ora nell’angoscia, oranella speranza, ricevere la Buona Novella non daevangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti eansiosi, ma da ministri del Vangelo, la cui vitairradii fervore, che abbiano per primi ricevuto inloro la gioia del Cristo, e accettino di mettere ingioco la propria vita affinché il Regno sia annun-ziato e la Chiesa sia impiantata nel cuore delmondo ».21

Testimoni nella Chiesa

41. Più della diaconia e delle opere apostoli-che, la missione attraversa tutte le dimensionidella nostra vita di speciale consacrazione, chia-


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mata a « diventare missione »,22 annuncio dellanovità del Regno di Dio, riconoscimento e pro-fezia della sua silenziosa presenza fra noi. I con-sacrati e le consacrate « con la stessa intimanatura del loro essere si collocano nel dinami-smo della Chiesa, assetata dell’Assoluto di Dio,chiamata alla santità. Di questa santità essi sonotestimoni. Incarnano la Chiesa in quanto deside-rosa di abbandonarsi al radicalismo delle beati-tudini. Con la loro vita sono il segno della totaledisponibilità verso Dio, verso la Chiesa, verso ifratelli. In questo essi rivestono un’importanzaspeciale nel contesto di una testimonianza che èprimordiale nell’evangelizzazione ».23

Inseriti nella missione ecclesiale, vi parteci-piamo in pienezza, superando i limiti dei nostriIstituti. Ogni forma di vita consacrata è pertantochiamata a rendere visibile nella vita e nelleopere ciò che la Chiesa privilegia e indica comesua missione nel mondo contemporaneo.

Risuona un invito come imperativo urgente:riconoscere i porti verso cui lo Spirito ci orientaattraverso le istanze che la Chiesa ci rivolge;ideare modalità di ascolto e d’incontro per ar-



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monizzare i carismi e con coraggio evangelicoprogetti di comunione. Tutta la vita consacratanelle sue diverse forme – verginale, monastica,apostolica, secolare – è missionaria.

Le origini, un invito al Vangelo

42. Papa Francesco, nella Lettera Apostolicaindirizzata a tutti i consacrati, invita alla gratitu-dine, alla passione e alla speranza.24 La grati-tudine della Chiesa va alle persone consacra-te il cui « apostolato è spesso contrassegnato dauna originalità, una genialità che costringonoall’ammirazione. Sono generosi: li si trova spes-so agli avamposti della missione, ed assumo-no i più grandi rischi per la loro salute e per laloro stessa vita. Sì, veramente, la Chiesa devemolto a loro ».25 La storia missionaria dei consa-crati e delle consacrate vissuta come Famigliareligiosa, Ordine, Congregazione e Istituto ono-ra e feconda la Chiesa nello scorrere dei secoli.La nostra storia risplende di testimonianza disantità e di racconti martiriali che hanno nar-rato e narrano il primato di Dio, la fanta-

24 FRANCESCO, Lettera Apostolica a tutti i consacrati inoccasione dell’Anno della vita consacrata (21 novembre2014).


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sia creatrice dello Spirito e la sua forza trasfor-mante nella vita delle persone, delle fraternità,delle operose collettività segnate dal Vangelo.Dal chiostro degli Ordini contemplativi – dove èsempre risuonata la vita dei popoli – alle catte-dre di sapienza, alle scuole rurali e di provincia;dalle comunità parrocchiali, ai luoghi di curaper ogni malattia; dalle cappelle dove si pregaalle strade del mondo dove si annuncia, ai centrisociali, alle fucine in cui il lavoro rende sacro iltempo; dai dispensari, alle case rifugio, ai croce-via dei dimenticati e dei senza tetto la vita con-sacrata ha cercato di essere segno della vicinanzadi Dio.

I nostri Fondatori e Fondatrici obbedientiall’azione dello Spirito ne hanno accolto i cari-smi perché la sua Chiesa possa risplendere nelmondo: « L’esperienza più bella – affermaPapa Francesco – è scoprire di quanti cari-smi diversi e di quanti doni del suo Spirito ilPadre ricolma la sua Chiesa! […] E quando laChiesa, nella varietà dei suoi carismi, si esprimein comunione, non può sbagliare: è la bellezzae la forza del sensus fidei, di quel senso sopran-naturale della fede, che viene donato dallo Spi-rito Santo ».26

26 FRANCESCO, Udienza generale (Roma, 1º ottobre 2014).

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43. Nella varietà delle situazioni umane feri-te lo Spirito ha suscitato diaconie, intraprenden-za e genialità con i suoi carismi, che hannoofferto balsamo di solidarietà e tenerezza, didignità e speranza. Tutte le nostre Famiglie han-no conosciuto nelle loro origini e nelle varie fasidi sviluppo, il fiorire di mediazioni impensate, edi nuovi cammini di fraternità e di diaconiaprofetica.

Non dimentichiamo la grazia delle origini,l’umiltà e la piccolezza degli inizi che reserotrasparente l’azione di Dio nella vita e nel mes-saggio di coloro che colmi di stupore iniziaronoil cammino, percorrendo strade sterrate e sentie-ri non battuti. Le origini della nostra storia nellaChiesa sarà sempre per noi un invito alla purez-za del Vangelo, un orizzonte di fuoco colmodella creatività dello Spirito Santo, un agone incui misurare la nostra verità di discepoli e dimissionari.

La Pentecoste delle nostre origini può esserelontana; il rumore come di vento impetuoso puòtacere; le lingue di fuoco (cf. At 2,1-3) possononon essere più visibili ai nostri occhi di carne, eci può sembrare di essere muti. Come Paolovorremmo tornare nelle terre e fra le personeconosciute. Corriamo la tentazione del già fatto,la ricerca di sicurezze quotidiane, di cammininoti, di visibilità lontana dallo stile del Vangelo:

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« Vi invito a una fede che sappia riconoscere lasapienza della debolezza. Nelle gioie e nelle af-flizioni del tempo presente, quando la durezza eil peso della croce si fanno sentire, non dubitateche la kenosi di Cristo è già vittoria pasquale.Proprio nel limite e nella debolezza umana sia-mo chiamati a vivere la conformazione a Cristo,in una tensione totalizzante che anticipa, nellamisura possibile nel tempo, la perfezione esca-tologica. Nelle società dell’efficienza e del suc-cesso, la vostra vita segnata dalla “minorità” edalla debolezza dei piccoli, dall’empatia con co-loro che non hanno voce, diventa un evangelicosegno di contraddizione ».27

44. La vita consacrata, attenta ai segni deitempi e dei luoghi, ha saputo rispondere concreatività e audacia, con vera e propria “geniali-tà”,28 come scriveva il Beato Paolo VI nellaEvangelii nuntiandi, alle necessità spirituali, cul-turali o sociali che si manifestavano, sempreattraversando il mistero pasquale del Signore.Partecipe delle gioie e dei dolori dell’umanità hamostrato il volto più umano della Chiesa.

27 BENEDETTO XVI, Omelia per la Festa della Presentazio-ne del Signore, XVII Giornata Mondiale della vita consacrata(2 febbraio 2013).

28 Cf. PAOLO VI, Es. Ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre1975), 69.

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Siamo stati presenti nei luoghi del dolore,dell’ignoranza, dell’esclusione, della mancanzadi senso, là dove l’orizzonte si abbassava fino aspegnersi nella notte.

Siamo stati accanto a coloro che cercavano ilvolto di Dio nel quotidiano e, a volte, nel fatico-so scorrere delle vicende umane e abbiamo con-diviso in solidarietà il nostro pane e il nostrotempo, la nostra gioia e la nostra speranza.

Non poche persone hanno trovato nell’ambi-to di comunità religiose e nelle loro opere acco-glienza e accompagnamento che hanno datomotivazione e forza per ricominciare a vivere.

45. La storia missionaria della Chiesa coinci-de, in gran parte, con la storia della vita consa-crata. Numerosi sono i consacrati che, nel corsodei secoli, hanno varcato le frontiere delle pro-pria nazione per opera dello Spirito, come Paoloe i suoi compagni fecero vela verso Troade(cf. At 16,6-8). Molti di essi hanno saputo mo-strare un apprezzamento profondo delle perso-ne incontrate e della loro cultura. In tempi pas-sati hanno aiutato a difenderle dalle minacce deicolonizzatori, oggi, si pongono a difesa delleculture per proteggerle da chi controlla i proces-si di globalizzazione nel disprezzo della singola-rità culturale delle minoranze. In ogni tempo iconsacrati e le consacrate hanno contribuito al

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dialogo tra le culture e tra le tradizioni religiose,favorendo dignità e identità per tante genti mes-se al margine e umiliate dai prepotenti di turno.

Le molteplici espressioni della missione (ini-ziative, opere, opzioni, presenze, gesti) fioritedai carismi di Ordini, Congregazioni, Società divita apostolica, Istituti secolari costituiscono unpatrimonio ecclesiale cospicuo e luminoso cheha contribuito a tener viva l’energia missionariadella Chiesa.

Coscienti della debolezza

46. Oggi ci viene chiesto di accogliere gra-zia e limiti con il coraggio del discernimento.Siamo chiamati a conversione. Abbiamo eredi-tato dal passato molteplici istituzioni e progettiche sono stati strumenti a servizio della Chiesae della società. Non sempre la chiamata delSignore ha trovato l’eco desiderata nel cuoredelle persone consacrate e delle loro istituzioni.Non tutta la storia è stata scritta con quel lin-guaggio di trasparenza e di amore che esigeval’annuncio del Vangelo, la missione affidata daGesù alla sua Chiesa. Riconoscere che ci sonostate occasioni in cui la mancanza di testimo-nianza evangelica ha svilito la credibilità delmessaggio. Si è evangelizzato, a volte, con l’im-posizione, con senso di superiorità, prevarican-

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do sulla libertà umana. Non sempre i missionarihanno saputo riconoscere la presenza di Dionelle culture e nelle tradizioni che trovavano neiluoghi in cui erano inviati.

Il nostro giudizio secondo il Vangelo ha do-vuto rammaricarsi spesso per l’incapacità di es-sere vicini a chi desiderava condividere dispera-zione e speranza. Constatiamo con rammaricoche ci sono state situazioni in cui le nostre per-sone e le nostre Comunità – Ordini, Istituti,Società – si sono lasciate attrarre nell’orbita deipotenti e dei ricchi, per condividere le loro ideee il loro stile, svendendo l’impegno per i poverie gli esclusi. La tentazione della mondanità pre-sente in diverse forme, spesso subdole, a volteha vinto sulle nostre scelte evangeliche. La pauraha bloccato la libertà di denunciare ciò che siopponeva al progetto di Dio.

Ci umilia pensare quanto spesso il compitomissionario sia stato danneggiato dalla chiusuramonopolistica e miope nelle proprie opere, dalladiffidenza reciproca nella corresponsabilità, dal-le idolatrie verso i propri fondatori. Negli ultimidecenni ci ha angosciato l’avere tradito la fiduciadelle famiglie che ci avevano affidato bambini egiovani per percorsi formativi.

Ascoltiamo con umiltà le voci di persone e dieventi che dalla periferia continuano a richieder-ci fedeltà. La memoria delle origini ci può aiu-

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tare a recuperare fiducia nella potenza delloSpirito: Non possiedo né argento né oro, maquello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, ilNazareno, cammina! (At 3,6).

“Non possiamo lasciare le cose come stanno”

47. L’annuncio cristiano ha nel suo cuore uncontenuto ineludibilmente sociale e lo SpiritoSanto che « cerca di penetrare in ogni situazioneumana e in tutti i vincoli sociali »,29 sa « scioglie-re i nodi delle vicende umane anche più com-plesse e impenetrabili ».30 Dunque, « una fedeautentica – che non è mai comoda e individua-lista – implica sempre un profondo desiderio dicambiare il mondo, di trasmettere valori, di la-sciare qualcosa di migliore dopo il nostro pas-saggio sulla terra ».31 Occorre procedere su duedirettrici, entrambe necessarie e urgenti.

La prima è il rinnovamento della pastoraleordinaria, teso a cogliere tutte le occasioni perfar risuonare la freschezza della buona notizia;la seconda è costituita da nuove proposte e ini-ziative missionarie da mettere in atto con creati-


30 GIOVANNI PAOLO II, Udienza generale (24 aprile 1991).31 FRANCESCO, Es. Ap. Evangelii gaudium (24 novembre

2013), 183.

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vità e audacia. Su entrambi i fronti, siamo chia-mati a mostrare credibilmente la bellezza di Cri-sto: se è vero che la Chiesa, « non si è maistancata di far conoscere al mondo intero labellezza del Vangelo »,32 non è meno vero che difronte alla crisi della totalità moderna e al trion-fo della frammentazione post-moderna è più chemai urgente proporre agli uomini del nostrotempo quel tutto nel frammento,33 che è appuntola bellezza che salva.

I princípi dell’Evangelii gaudium

48. Nell’Esortazione Evangelii gaudium Pa-pa Francesco offre quattro principi chiave perguidarci nella « costruzione di un popolo inpace, giustizia e fraternità »,34 e per poter realiz-zare nei fatti ciò che abbiamo ascoltato e impa-rato dalla Parola e dai poveri. Questi orienta-menti, sottolinea il Pontefice, sono « molto ap-propriati anche per l’evangelizzazione » e validi« all’interno di ogni nazione e nel mondo inte-ro ».35 Sono princípi guida, grandi direttrici a cui

32 BENEDETTO XVI, Lett. Ap. in forma di Motu proprioUbicumque et semper (Castel Gandolfo, 21 settembre 2010).

33 H.U. VON BALTHASAR, Il tutto nel frammento, Jaca Book,Milano 1972.


35 Ibidem.

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tutti si possono ispirare, nella politica e nel-l’economia, nella società e nella Chiesa. Soprat-tutto nella sua missione di annunciare la buonanovella.

Nell’enunciare i quattro princípi il Santo Pa-dre parte dalla visione della Chiesa come unpoliedro che è l’unione di tutte le parti, e nellapropria unità conserva l’originalità di tutte lesingole parzialità.36

49. Il tempo è superiore allo spazio.37 Il tem-po inizia i processi che richiedono di sapereattendere: occorre iniziare processi più che oc-cupare spazi di potere. Si tratta di privilegiarecon pazienza l’inizio di processi a prescinderedalla ricerca del risultato immediato e del con-trollo ai quali il senso di responsabilità e lebuone intenzioni potrebbero portare. « Lo spa-zio – sottolinea l’enciclica Lumen fidei – cri-stallizza i processi, il tempo proietta inveceverso il futuro e spinge a camminare con spe-ranza ».38 La parabola del grano e della zizza-nia (cf. Mt 13,24-30.36-43) mostra un esempioevangelico.


37 Cf. Ivi, 222-225.38 FRANCESCO, Let. Enc. Lumen fidei (29 giugno 2013), 57.

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« Per giungere a un punto di maturità, cioèperché le persone siano capaci di decisioniveramente libere e responsabili, è indispensa-bile dare tempo, con un’immensa pazienza.Come diceva il Beato Pedro Fabro: “Il tempo èil messaggero di Dio” ».39

50. L’unità prevale sul conflitto.40 Siamo chia-mati ad accettare i conflitti, a farcene caricosenza lavarci le mani, ma senza rimanerne in-trappolati per trasformarli in nuovi processi cheprevedano la comunione nelle differenze, chevanno accolte come tali. « La comunione consi-ste anche nell’affrontare insieme e uniti le que-stioni più importanti, come la vita, la famiglia, lapace, la lotta alla povertà in tutte le sue forme, lalibertà religiosa e di educazione. In particolare, imovimenti e le comunità sono chiamati a colla-borare per contribuire a curare le ferite prodotteda una mentalità globalizzata che mette al cen-tro il consumo, dimenticando Dio e i valoriessenziali dell’esistenza ».41


40 Cf. Ivi, 226-230.41 FRANCESCO, Discorso ai partecipanti al III Convegno

mondiale dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità(22 novembre 2014).

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51. La realtà è più importante dell’idea.42

Nel terzo principio Papa Francesco ribadiscecon forza ed efficacia la prevalenza della realtà.L’idea – come già ricordato – è frutto di unaelaborazione che può sempre rischiare di caderenel sofisma, distaccandosi dal reale. Per il Papala realtà è sempre superiore all’idea. Nei nostriIstituti rischiamo di formulare proposte logichee chiare, documenti su documenti, che si disco-stano dalla realtà nostra e da quella delle personealle quali siamo inviati. Ci lasciamo affascinaredalla novità dei progetti, delle iniziative e dimen-tichiamo che il cambiamento più importante di-pende da noi e dalla nostra volontà e capacità direalizzarlo. La logica dell’incarnazione (1Gv 4,2)è il criterio guida di questo principio. « Non met-tere in pratica, non condurre la Parola alla realtà,significa costruire sulla sabbia, rimanere nellapura idea e degenerare in intimismi e gnosticismiche non danno frutto, che rendono sterile il suodinamismo ».43 Questo ha ancora più valore nellanostra società digitale sommersa da parole, in-formazioni, dati, immagini, chiacchiericcio intel-lettuale che spesso riducono fede, politica, rap-porti personali e sociali a mera retorica.


43 Ivi, 233.

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52. Il tutto è superiore alla parte.44 Siamochiamati ad allargare lo sguardo per riconosceresempre il bene più grande. Questo principio vacompreso secondo l’immagine del poliedro checompone le differenze. Esse chiedono di esseresostenute da una cultura del dialogo come per-corso faticoso di ricerca dell’interesse generale:siamo invitati a rintracciare legami e rapportiper articolare ciò che è disomogeneo a diversilivelli (dal più locale al più globale) e nei diversiambiti (dal più materiale al più spirituale).

Suscitare domande

53. I carismi presenti nella vita consacrata,in primis quelli di fondazione, devono risplende-re di tale paradigma ecclesiale. Al presente sem-bra che la vita consacrata abbia calato l’àncoramissionaria in porti sperimentati, sicuri, privati.In questo modo si abbandona la navigazionesulla barca di Pietro, che se pur rischiosa e avolte in mezzo ai marosi, ha sempre la sicurezzadella presenza di Gesù Cristo (cf. Mc 4,35-41).S’impone la fatica e la grazia del discernimentopoiché i carismi fondazionali pongono una do-manda sulle emergenze della storia che richiedel’impegno di una risposta. L’identificazione dei


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problemi, delle domande e delle risposte è pun-to di partenza decisivo per ogni forma di vitaconsacrata. Le nostre risposte missionarie nonpossono basarsi solo su criteri di efficacia-efficienza, bensì sulla valutazione della credibili-tà, dell’affidabilità evangelica del dono delloSpirito a noi affidato per il bene della Chiesa:« I nostri ministeri, le nostre opere, le nostrepresenze, rispondono a quanto lo Spirito hachiesto ai nostri Fondatori, sono adeguati a per-seguirne le finalità nella società e nella Chiesa dioggi? C’è qualcosa che dobbiamo cambiare?Abbiamo la stessa passione per la nostra gente,siamo ad essa vicini fino a condividerne le gioiee i dolori, così da comprendere veramente lenecessità e poter offrire il nostro contributo perrispondervi? ».45

La nostra missione è spazio di creatività pro-dotto dall’incontro del carisma con la storia.Un carisma che si autoesclude dal confrontoecclesiale e dalla storia, limitandosi a un circuitochiuso, rischia di trasformare le comunità in unospazio per soli iniziati di presunta forte identità.In realtà si autocondanna ad una identità deboleche guarda a se stessa senza orizzonte.

45 FRANCESCO, Lettera Apostolica a tutti i consacrati inoccasione dell’Anno della vita consacrata (21 novembre2014), 2.

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Invitiamo a guardare con verità al propriovissuto carismatico e missionario affinché nonsia solo un nome che identifica l’Istituto, ma larelazione che nei Fondatori, e nei tempi che adessi sono seguiti, è nata tra loro e la storia,generando storia di salvezza. Il presente nonconcede orizzonti chiusi. Si tratta di ripensarela missione non solo dentro l’orizzonte dellacommunio Ecclesiarum, dato ecclesiologico dinon ritorno, ma soprattutto nella consapevolez-za che oggi altri orizzonti invadono e segmenta-no il nostro.

Una pedagogia dell’affidabilità

54. L’identità carismatica diviene missionequando si trasforma in un progetto personale,collettivo ed ecclesiale. Siamo invitati a suscitaree porre domande senza la pretesa di risposteimmediate, che lascino dentro l’inquietudine diinterrogarci ancora. È la radice di una missioneche si proietta oltre il nostro orizzonte. Quandosingoli e fraternità quasi rimuovono il desiderioe la tensione di porsi domande, vivono un feno-meno di addomesticata rassegnazione, dove laroutine diventa quieto vivere e le diversità per-dono voce.

Motivazione e demotivazione. In Occidentesono in atto un inevitabile ridimensionamento a

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livello numerico e una nuova domanda di affi-dabilità apostolica. Il primo ha rallentato in mol-te realtà la rigenerazione delle risorse: assenza dinuove vocazioni; contrazione numerica; aumen-to dei decessi; dismissione di immobili e cessa-zione dell’attività apostolica. Il secondo, menoavvertito, è un processo di progressiva demoti-vazione delle singole persone consacrate o dellefraternità e comunità che ingenera indifferenzaverso qualsiasi cambiamento. La motivazione èla risorsa per eccellenza che permette di indivi-duare, anche nella scarsità delle risorse, possi-bili sinergie ecclesiali per un servizio condiviso.Essa unita alla valutazione realistica delle risor-se chiarisce la possibilità di sostenere orienta-menti di cambiamento ed esige decisioni funzio-nali. Riuscire a valutare le aspettative di futuro– fuori da facili allarmismi – aiuta a predisporrepossibili strategie.

Processo diffusivo. La progettazione è ideazio-ne cioè un processo diffusivo: le idee si comuni-cano per contagio. Serve un atteggiamento diapertura mentale, e soprattutto di conversione:rielaboriamo il patrimonio comune di norme,valori, mappe mentali per vivificarlo.

Persone, comunità, Istituti senza motivazioniaccettate e condivise difficilmente elaboranouna visione e hanno capacità di futuro. Si può

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dire che sia in atto una conversione motivazio-nale del gruppo se si percepisce il tempo dell’in-decisione come danno collettivo e si è disposti aconvergere verso un denominatore comune.

L’affidabilità. Sovente consacrati e consacratenelle assemblee di partecipazione e di consulta-zione promettono più di quanto possano man-tenere. È una dimensione sottovalutata in cui èin gioco il capitale di affidabilità del gruppo.Ognuno è chiamato alla disponibilità, essa sitraduce in comprensione e condivisione con at-teggiamenti ripetuti e confermati nel tempo.In questo modo nascono fiducia e cooperazionestabili.

55. Come risposta ai decisi segnali di cam-biamento in atto nella vita consacrata si raccol-gono reazioni nostalgiche, rimozione dei proble-mi e rassegnazione. Si perde il tempo delle op-portunità. Invitiamo a una rinnovata pedagogiadell’affidabilità. Le decisioni e le scelte sono ilprossimo futuro missionario « capace di trasfor-mare ogni cosa ».46 Esse ci chiamano ad ope-rare insieme nei territori in cui siamo presenti.La creatività richiesta dalla nuova evangelizza-zione sarà frutto dello Spirito che ha creato i


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carismi e può ricrearli e renderli agenti vivi dievangelizzazione in cammini comunionali.

Da sola ogni istituzione religiosa non potràavere luce e forza per affrontare la complessitàdell’oggi. Si avverte la fecondità della relazionetra doni gerarchici e carismatici: lo Spirito Santo« produce questa meravigliosa comunione deifedeli e li unisce tutti così intimamente in Cristo,da essere il principio dell’unità della Chiesa ».47

La coessenzialità tra episcopato e carismi, traprofilo petrino e profilo mariano, ci indica unulteriore fondamentale ambito di comunione invista della missione « con quanti nella Chiesasono impegnati nella stessa impresa, specialmen-te con i Pastori ».48

47 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, LetteraIuvenescit Ecclesia ai Vescovi della Chiesa cattolica sullarelazione tra doni gerarchici e carismatici per la vita e lamissione della Chiesa (15 maggio 2016), IV, 3.


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FUORI DELLA PORTA


Durante la notte apparve a Paolo una vi-sione: era un Macedone che lo supplicava:« Vieni in Macedonia e aiutaci! ».Salpati da Troade, facemmo vela diretta-mente verso Samotracia e, il giorno dopo,verso Neapoli e di qui a Filippi, coloniaromana e città del primo distretto dellaMacedonia. Restammo in questa città al-cuni giorni. Il sabato uscimmo fuori dellaporta lungo il fiume, dove ritenevamo chesi facesse la preghiera e, dopo aver presoposto, rivolgevamo la parola alle donne làriunite. Ad ascoltare c’era anche una don-na di nome Lidia, commerciante di porpo-ra, della città di Tiàtira, una credente inDio, e il Signore le aprì il cuore per aderi-re alle parole di Paolo. Dopo essere statabattezzata insieme alla sua famiglia, ci in-vitò dicendo: « Se mi avete giudicata fedeleal Signore, venite e rimanete nella miacasa ». E ci costrinse ad accettare.

At 16,9.11-15


In ascolto

56. Sono molteplici le possibilità che la SacraScrittura ci offre per ispirare, illuminare e gui-dare la dinamica in uscita della nostra esistenza.Abbiamo scelto una pagina degli Atti degli Apo-stoli (16,1-40): il passaggio di Paolo apostolo inMacedonia. Da qui prende avvio l’evangelizza-zione dei mondi e delle culture dell’Impero ro-mano. Siamo durante il secondo viaggio mis-sionario che Paolo compie insieme a Sila e Ti-moteo. Vediamo da vicino i fatti principali, sot-tolineandone i nuclei.

Dopo il Concilio di Gerusalemme e la solu-zione delle tensioni in Antiochia (cf. At 15,22-35), con l’aiuto incoraggiante di Giuda e Sila,Barnaba e Paolo rimangono ancora in quellacomunità insegnando e annunziando, insieme amolti altri, la parola del Signore (At 15,35).In seguito decidono di tornare a fare visita aifratelli in tutte le città nelle quali avevano annun-ziato la Parola del Signore (At 15,36). Tuttavia,un disaccordo a motivo di Marco interrompesubito la collaborazione: Barnaba va a Cipro e

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Paolo verso la Siria e la Cilicia, accompagnatoda Sila (At 15,39-41) e poi anche da Timoteo.

In Anatolia incontrano le comunità già fon-date nel primo viaggio missionario, e comunica-no le decisioni prese dagli apostoli e dagli anzianidi Gerusalemme (At 16,4). Stranamente perònon riescono a inoltrarsi verso l’interno: sonomisteriosamente impediti dallo Spirito, protago-nista imprevedibile. Alla fine si dirigono versonord, fino a Troade. È in questo contesto chePaolo ha l’apparizione notturna di un macedoneche supplica: Vieni in Macedonia e aiutaci!(At 16,9). Subito cercammo di partire per laMacedonia, ritenendo che Dio ci aveva chiamatiad annunziarvi la parola del Signore (At 16,10).È forse un sogno o un incubo, ma viene lettocome chiamata, a cui subito rispondono imbar-candosi (At 16,10-11).

Comincia così l’evangelizzazione del conti-nente europeo: dalla città di Filippi, abitata dacoloni romani e veterani dell’esercito, senza unasinagoga stabile o altre strutture religiose orga-nizzate. I predicatori, che si appoggiavano allesinagoghe per il primo annuncio, si trovano co-stretti a inventare nuove possibilità di incontro.

57. Il sabato uscimmo fuori della porta lungoil fiume, dove ritenevamo che si facesse la preghie-ra e, dopo aver preso posto, rivolgevamo la parola

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alle donne là riunite (At 16,13). Conoscendo usie prescrizioni religiose del tempo, i missionarisuppongono di trovare delle persone fuori dellaporta, lungo il fiume, o presso le sorgenti, per leabluzioni rituali. Infatti era necessaria l’acquacorrente. Non si vedono segni particolari, tuttoè normale: stare seduti, parlare e conversare conalcune donne presenti. Paolo, di formazionerabbinica, educato a non perdere tempo con ledonne, deve adattarsi: Rivolgevamo la parola alledonne là riunite (At 16,13).

Stile familiare, conversazione informale: unseme gettato nella speranza.

Ad ascoltare c’era anche una donna di nomeLidia […], una credente in Dio (At 16,14). Fra ledonne presenti c’è una commerciante di por-pora, Lidia di Tiàtira, città famosa per la la-vorazione dei tessuti, ricordata anche nell’Apo-calisse (cf. Ap 1,11; 2,18-19). Questa donna èaperta ai valori religiosi ebraici: il testo diceseboménê ton Theòn, adoratrice/credente in Dio(v. 14; cf. 13,43; 10,2). A Luca piace indicarecome esempi alcuni personaggi che si affaccia-no alla soglia della fede: Lidia sta “ascoltando”(imperfetto continuativo), assieme alle amiche,quello che Paolo dice.

Il Signore le aprì il cuore per aderire alle paroledi Paolo (At 16,14). L’iniziativa della conversio-

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ne, nella disponibilità sincera di un cuore atten-to, viene dal Signore: è Lui che apre il cuore allafede, lo fa ardere e lo convince (cf. Lc 24,45).L’azione di Dio è espressa con un vocaboloaudace: il verbo greco (diènoixen) richiama ildilatarsi dell’utero della donna perché nasca lavita. Per Lidia è lasciarsi portare a vita piena,“venire alla luce”, “uscire dal grembo”, lei cheera già una credente in Dio. Anche il verboaderire (prosékein) indica aggrapparsi, afferrare,trovare solidità. Lidia giunge alla terra fermadella fede, alla maturità stabile.

58. Dopo essere stata battezzata insieme allasua famiglia, ci invitò dicendo: « Se mi avete giu-dicata fedele al Signore, venite e rimanete nellamia casa ». E ci costrinse ad accettare (At 16,15).L’ospitalità che Lidia offre, con insistenza, aimissionari conferma la pienezza della sua ade-sione alla fede. La donna avverte come dovere lanecessità di mettere in pratica quello che haaccettato e sta imparando: condividere i propribeni. La sua casa diventa così luogo dell’assem-blea e della preghiera. Paolo, attaccato ai suoischemi di autonomia, si sente “costretto” a unserio cambio di metodo (cf. At 18,3; 1Ts 2,9;2 Tes 3, 8; 1 Cor 4, 12; 9, 13-15; Fil 4, 15-16).A questo allude anche la parola forzò noi (para-

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biàsato) [a restare] (v. 15). Lidia, sedotta da Dioe fatta nascere, ora seduce e fa forza: l’accoglien-za prevale.

59. Seguiamo brevemente lo sviluppo diquesta comunità fondata sulla preghiera. Mentreandavano a pregare (v. 16) una schiava indovina,sfruttata dai propri padroni, continuava a cerca-re Paolo e i suoi compagni, gridando a tutti chequegli stranieri erano servi del Dio altissimo(v. 18). Paolo, infastidito, scaccia lo spirito didivinazione che la possedeva. Rovina così gliaffari degli sfruttatori della donna che iniziano adiffondere la diceria che i nuovi predicatori sov-vertono le consuetudini religiose. I magistrati glicredono senza troppe indagini, fanno bastonarei missionari e li mettono in prigione.

Paolo, Barnaba e Timoteo, nonostante le sof-ferenze e l’ingiustizia continuano a cantare innia Dio, mentre i prigionieri stavano ad ascoltarli(v. 25). Mentre pregano avviene una specie diterremoto, le catene cadono e tutte le porte sispalancano. Il carceriere, svegliato dall’accadu-to, crede che sia in atto una fuga in massa evuole uccidersi. Paolo lo rassicura e il carceriereinizia a curare i prigionieri e a lavare le loroferite, infine accetta di essere battezzato insiemealla sua famiglia e offre la propria tavola per

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festeggiare il battesimo (vv. 26-34). Paolo scopreamici e discepoli là dove meno pensava. Un’altrafamiglia diventa protagonista della costruzionedella comunità di Filippi, edificata, oltre ogniprogetto e attesa, tra la casa di una matrona equella di un carceriere. Il giorno dopo Paoloviene liberato. Nei suoi confronti, civis romanus,era stata commessa un’ingiustizia, ma è pruden-te che se ne vada dalla città: Si scusarono conloro, poi li fecero uscire e li pregarono di andar-sene dalla città (v. 39). Paolo però prima passadalla casa di Lidia, incontra i fratelli, si esortanoa vicenda, poi parte verso Tessalonica (v. 40).L’avventura missionaria continua.

60. Quella che era stata una forzatura, l’ac-cettare di essere ospitato gratuitamente a casadi Lidia, diventa una risorsa provvidenziale.Verso la comunità di Filippi Paolo continueràad avere un’attenzione speciale: come rivela lalettera indirizzata ai Filippesi. Attraverso Timo-teo si informerà degli sviluppi e delle crisi, e soloda loro accetta il sostegno per la sua attività(cf. Fil 4,15-16). Soprattutto gli dona, oltre allasua nostalgia e affetto, uno straordinario innocristologico (Fil 2,6-11), interpretando i sen-timenti con i quali è stato accolto e aiutato.Sono molti i valori ispirativi che possiamo trarre

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da questo episodio, e che oggi possono orientar-ci nelle nostre situazioni e nelle avventure mis-sionarie.

61. Filippi rappresentava senza dubbioun’incognita e un rischio, ma se si sanno intuirei segnali di Dio – l’apparizione notturna delmacedone è percepita come chiamata di Dio(cf. v. 10) – si intravedono possibilità nuove, chechiamano ad esplorare terre ignote. La mancan-za di istituzioni stabili aguzza la fantasia, e imissionari intuiscono dove trovare qualcunocon cui iniziare, cioè fuori della porta lungo ilfiume (v. 13). Paolo semina improvvisando, ma èil Signore che apre il cuore all’adesione di fede eispira certe forzature: la costrizione è frutto dellagenerosità di Lidia, ma anche della sua coerenzacon la fede praticata. Due famiglie si coinvolgo-no in questa prima avventura: quella di unamatrona ricca e audace, e quella del carceriere,abituato alla prepotenza, e trasformato dalla sor-presa della grazia in testimone di gesti di tene-rezza e generosità.

Le difficoltà, i rischi, le ferite sono diventatisimboli e mediazioni di novità, solo in seguitocompresi; una sfida ad uscire dagli schemi, unesercizio di fede e di comunione senza garanziané risorse definite. È stato un passaggio allamaturità con sapienza umana, ma anche con

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parresia e audacia, che hanno permesso di aprirestrade nuove al Vangelo in altra cultura e conaltri protagonisti.

62. Uscire fuori della porta resta un simbolodi tutte le uscite attuate dai nostri Fondatori eFondatrici, di cui facciamo memoria, elogiandoil loro coraggio e genialità. Noi abbiamo impa-rato a fare memoria delle esperienze fragili, dellesituazioni di povertà e di sofferenza ingiustanelle nostre origini, di improvvisazioni a rischiototale vissute da Fondatori e Fondatrici. Non sitratta solo di memoria commovente, non possia-mo ridurre tutto a leggende auree, ma di ritrova-re lo stato di invenzione, il carisma in statunascenti. Opportunità che dobbiamo sempre ri-prendere e vivere, con audacia, ma anche conconcretezza di disponibilità. Anche un incubonotturno può rivelarsi una “chiamata” di Dio!

Nel pensiero che genera e trasforma

63. Il viaggio apostolico di Paolo disegnauna geografia inedita dell’annuncio cristiano.I missionari pronti a virare secondo la bussoladello Spirito compiono un percorso che da Ge-rusalemme va ad incontrare nuovi territori, cul-ture e popoli: attraversano la Frigia, la Galazia,la Misia, la Bitinia e discendono a Troade; cer-

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cano di partire per la Macedonia, fanno velaverso Samotracia e Neapolis, raggiungono Filip-pi. Vi restano, ma non si fermano. C’è un’altravia da percorrere, quella che dalla porta dellacittà conduce lungo il fiume.

Paolo e Sila abitano il mondo nel segno del-l’incontro reale e della conversazione feriale, neiluoghi quotidiani dove la vita si spende senzafalse idealità e si rigenera. Papa Francesco invitaa vivere la realtà: « Vi sono politici – e anchedirigenti religiosi – che si domandano perché ilpopolo non li comprende e non li segue, se leloro proposte sono così logiche e chiare. Proba-bilmente perché si sono collocati nel regno dellepure idee e hanno ridotto la politica o la fedealla retorica. Altri hanno dimenticato la sempli-cità e hanno importato dall’esterno una raziona-lità estranea alla gente ».1 Paolo e Sila incontranouomini e donne nei luoghi dove fluisce la vitacon il suo bagaglio di lavoro, affanno, affetti,desideri, comunicando loro la passione che liabita. Tale visione interiore non teme confrontoe concretezza, diventa pensiero nuovo capace digenerare nuovi orizzonti e nuove possibilità e,quindi di agire e di trasformare. Diventa movi-mento generativo.


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La pedagogia della secolarità

64. La secolarità della cultura – che svilirànella secolarizzazione – pone una istanza cheancora oggi è valida per la riflessione teologica,per la testimonianza e l’annuncio cristiano, e inmodo privilegiato per la formazione alla missio-ne. Si può parlare di una pedagogia della seco-larità, ossia di un’attenzione in cui tutta la per-sona si educa a vivere con anima cristiana ilmondo, alla ricerca dell’impronta creatrice cheDio vi ha impresso. Questo processo che possia-mo definire sapienziale e generativo di vita evan-gelica dovrebbe far parte della formazione deiconsacrati e delle consacrate secondo la lorospecifica forma di vita.

In sordina nell’Evangelii gaudium è presentela domanda: la secolarità, fenomeno comples-so e contraddittorio, è estranea e contrappostaalla fede cristiana o, al contrario, conseguentealla sua essenza? La Chiesa riconosce l’entitàsecolare del mondo affidato da Dio alla re-sponsabilità dell’uomo. Nel contempo vive inaperta solidarietà con esso non per sacralizzarlo:per essere seme di santificazione. Vivere il mon-do, pertanto, è un archetipo su cui coniugarela missione profetica della Chiesa. Secondo ladottrina della Gaudium et spes che parla di unalegittima secolarità della società, le realtà ter-

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rene, profane, hanno una propria autonomia eragion d’essere. « È dalla stessa loro condizionedi creature che le cose tutte ricevono la loropropria consistenza, verità, bontà, le loro leggiproprie e il loro ordine ».2 Un coinvolgimentopiù profondo nel mondo secolare può essereuna via a Dio perché « le realtà profane e lerealtà della fede hanno origine dal medesimoDio. Anzi, chi si sforza con umiltà e con perse-veranza di scandagliare i segreti della realtà,anche senza che egli se ne avverta viene comecondotto dalla mano di Dio, il quale, mantenen-do in esistenza tutte le cose, fa che siano quelloche sono ».3

65. La missione chiede delicato equilibrio:condeterminare il cammino del mondo seco-lare, senza volerlo determinare.4 La Chiesa,afferma Papa Francesco, « accompagna l’uma-nità in tutti i suoi processi, per quanto durie prolungati possano essere. Conosce le lun-ghe attese e l’adattamento apostolico » mentre

2 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione pasto-rale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium etSpes, 36.

3 Ibidem.4 Cf. K. RAHNER, Riflessioni teologiche sulla secolarizzazio-

ne e sull’ateismo, in Nuovi Saggi IV, Paoline, Roma 1964-1985, 244-257.

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« usa molta pazienza, ed evita di non tenereconto dei limiti ».5

Veniva nel mondo la luce vera, quella cheillumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e ilmondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mon-do non lo riconobbe (Gv 1,9-10): questa Paro-la si compie nelle condizioni secolari. Il para-digma della teologia di Dio nel mondo, l’incarna-zione, si può esprimere solo attraverso categoriesecolari.

La secolarità è stata indicata come “il carat-tere proprio e specifico” di quella forma divita consacrata incarnata negli istituti secolari.6

La relazione con il mondo interpella, oggi, tuttele forme di vita consacrata in ogni dimensione:il nostro essere, l’attitudine dialogante, testimo-niale, missionaria. Paolo esce dalla porta e cam-mina lungo il fiume: si immerge nella secolarità,confrontando la sua fede e permettendo all’in-contro di educarlo nella novità dello Spirito.La Chiesa è chiamata a entrare in questo proces-so ermeneutico per testimoniare la fatica dellaricerca e il gaudio di un oltre: « L’esperienzaumana non è solo esperienza di questo e di


6 PIO XII, Motu Proprio Primo feliciter (12 marzo1948), 5.

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quello, esperienza ben definita nei suoi contenu-ti, ma è, insieme, esperienza della finitezza, cherimanda ad un orizzonte infinito ».7

66. La passione ci fa amici della vita, amicidegli uomini, parte di questa umanità che sognaun futuro più giusto e fraterno. È bello rivisitareil pensiero di un uomo consacrato in un istitutosecolare che ha fatto dell’impegno nel mondoun canto missionario: « Il nostro piano di santi-ficazione è sconvolto: noi credevamo che bastas-sero le mura silenziose dell’orazione! Crede-vamo che chiusi nella fortezza interiore dellapreghiera noi potevamo sottrarci ai problemisconvolgitori del mondo; […] una realtà che cifa capire che non è una pia espressione l’invitodi Gesù: andate e annunciate il vangelo ad ognicreatura, ossia prendi la tua croce e seguimi finoin fondo. Bisogna trasformarla la società! […]bisogna scendere in campo, affinare i propristrumenti di lavoro; occorre riflessione, cultura,parola, lavoro, ecc. altrettanti aratri per arare ilcampo della nuova fatica, altrettante armi percombattere la nostra battaglia di trasformazionee di amore. Trasformare le strutture errate dellacittà umana; riparare la case dell’uomo che rovi-

7 K. RAHNER, cit., in R. GIBELLINI, La teologia del XX se-colo, Queriniana, Brescia 72014, 241.

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na, secondo il comandamento principale dellacarità ».8 Tale incarnazione diventa esigenza for-mativa, una pedagogia continua da porre in attosenza ritenerla in qualche modo compiuta.

La relazione generazionale

67. La crisi dei rapporti e della comunicazio-ne tra le generazioni è un fenomeno rilevante delnostro tempo. Una diffusa confusione delleidentità e delle età, dei ruoli e dei sentimentiche condizionano lo scambio tra generazioni,definisce la nostra società come adolescentrica.La crisi che viviamo nei rapporti ad ogni livelloè strettamente correlata al concetto di libertàpersonale. Al principio personalistico della li-bertà sotto condizione è subentrato quello per-missivo della libertà senza condizione, assuntaoggi come semplice possibilità di fare, non comepossibilità di scegliere di fare. Viviamo la crisi diproposta valoriale: mancano i riferimenti alleregole fondamentali plasmate sulla natura del-l’essere umano.

Generazione del post-moderno sono i giova-ni e le giovani che accogliamo con noi nellasequela di Cristo e nella missione. Il loro vissutoci consegna interrogativi. Tutti noi, ma in specie

8 G. LA PIRA, Le città sono vive, La Scuola, Brescia 2005.

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i giovani, siamo il frutto dei processi culturali inatto: soprattutto dell’idea di individuo che sisvilisce, privato della sostanzialità che gli attri-buivano filosofi e teologi fino all’età moderna.Tale presupposto nichilista genera un uomo pri-vato della sua individualità e replicato in unamolteplice identità adeguata alle situazioni piùdiversificate. La giovane generazione non sa de-scrivere il proprio malessere, vive con sofferenzainavvertita quell’analfabetismo emotivo che nonconsente di riconoscere i propri sentimenti.

68. La nuova cultura digitale, che fluisce in-vadendo spazi personali, collettivi e sociali, ac-celera tali processi. Essa contribuisce a metic-ciare credenze, opinioni, tendenze e scelte, sfi-dando persone, agenzie e luoghi deputati a tra-smettere saperi e valori, compresa la Chiesa.« I mezzi di comunicazione sociale – scrivevaSan Giovanni Paolo II nell’Enciclica Redempto-ris missio già nel 1990 – hanno raggiunto unatale importanza da essere per molti il principalestrumento informativo e formativo, di guida edi ispirazione per i comportamenti individuali,familiari, sociali. Le nuove generazioni soprat-tutto crescono in modo condizionato da essi ».9


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La nuova cultura digitale attraverso la tecnolo-gia, i codici di trasmissione e i linguaggi, com-pone e scompone, in una crisi senza soluzionel’identità dell’uomo, le sue età, l’idea di mondo.Vengono ridefinite le forme e le figure dellarelazione sociale; reimpostati i processi di co-struzione mentale e le rappresentazioni delmondo, ovvero l’idea stessa di realtà. La culturadigitale che ci mette a disposizione e collega aun’infinita possibilità di informazioni e di rela-zione apre – con chiara ambivalenza – alla deco-struzione dei legami sociali sui quali si fondanole nostre identità. Ci muoviamo senza valori esenza riferimenti, incapaci di comunicazione tragenerazioni e generi, realizzando mondi imma-ginari e fittizi.

69. La crisi generazionale diventa provoca-zione generativa a costruire luoghi reali in cui,nel segno dell’incontro, possiamo crescere nellaresponsabilità del mondo e in esso della missio-ne ecclesiale: « La sempre nuova faticosa ricercadi retti ordinamenti per le cose umane è compi-to di ogni generazione; non è mai compito sem-plicemente concluso. Ogni generazione, tutta-via, deve anche recare il proprio contributo perstabilire convincenti ordinamenti di libertà e dibene, che aiutino la generazione successivacome orientamento per l’uso retto della libertà

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umana e diano così, sempre nei limiti umani,una certa garanzia anche per il futuro ».10 Bene-detto XVI richiama un problema al centro deldibattito internazionale: la responsabilità inter-generazionale.

Invitiamo ad accompagnare i giovani e legiovani consacrate tessendo legami di conoscen-za e di affetto. Essi « ci chiamano a risvegliare eaccrescere la speranza, perché portano in sé lenuove tendenze dell’umanità e ci aprono al fu-turo, in modo che non rimaniamo ancorati allanostalgia di strutture e abitudini che non sonopiù portatrici di vita nel mondo attuale ».11

L’ascolto costante e il dialogo franco tra genera-zioni diventano luogo d’incontro tra le provoca-zioni del mondo contemporaneo e la vita consa-crata, spazio ermeneutico e creativo per metodie linguaggi nuovi. Una pedagogia dell’umano edel suo mistero di relazione: « È opportunoascoltare i giovani e gli anziani. Entrambi sonola speranza dei popoli. Gli anziani apportano lamemoria e la saggezza dell’esperienza, che invitaa non ripetere stupidamente gli stessi errori delpassato. I giovani ci chiamano a risvegliare e

10 BENEDETTO XVI, Lett. Enc. Spe Salvi (30 novembre2007), 25.


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accrescere la speranza, perché portano in sé lenuove tendenze dell’umanità e ci aprono al fu-turo, in modo che non rimaniamo ancorati allanostalgia di strutture e abitudini che non sonopiù portatrici di vita nel mondo attuale ».12

Il confronto con la realtà

70. Siamo invitati a vivere il mondo con l’im-pegno di incontrare, di entrare in relazione.La realtà si struttura attraverso relazioni e inte-razioni significative e riferimenti valoriali. Si par-la, oggi, di relazionalità significativa che non siesaurisce nei legami familiari, ma si allarga sino acostruire un legame universale. È attraverso talepensiero che Giovanni Paolo II conquista anchei giovani, comunicando impegno e speranza ePapa Francesco invita ad una realtà dinamicaverso le periferie più lontane, che dai margini edalle frange inedite riporta al centro e oltrenell’armonia planetaria: « Bisogna prestare at-tenzione alla dimensione globale per non caderein una meschinità quotidiana. Al tempo stesso,non è opportuno perdere di vista ciò che èlocale, che ci fa camminare con i piedi per ter-ra ».13 Ciò impedisce le polarizzazioni. Si può

12 Ibidem.13 Ivi, 234.

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vivere « in un universalismo astratto e globaliz-zante, passeggeri mimetizzati del vagone dicoda, che ammirano i fuochi artificiali del mon-do, che è di altri, con la bocca aperta e applausiprogrammati » oppure si può diventare « un mu-seo folkloristico di eremiti localisti, condannati aripetere sempre le stesse cose, incapaci di la-sciarsi interpellare da ciò che è diverso e diapprezzare la bellezza che Dio diffonde fuori dailoro confini ».14

71. Papa Francesco riprende: « Ciò che coin-volge è la realtà illuminata dal ragionamento.Bisogna passare dal nominalismo formale al-l’oggettività armoniosa. Diversamente si mani-pola la verità, così come si sostituisce la gin-nastica con la cosmesi ».15 E ancora: « Bisognasempre allargare lo sguardo per riconoscere unbene più grande che porterà benefici a tuttinoi. Però occorre farlo senza evadere, senzasradicamenti. È necessario affondare le radicinella terra fertile e nella storia del proprio luogo,che è un dono di Dio. Si lavora nel piccolo, conciò che è vicino, però con una prospettiva piùampia ».16

14 Ibidem.15 Ivi, 232.16 Ivi, 235.

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72. La realtà chiede conversione creativa senon si vogliono dare risposte a domande chenessuno si pone, lasciando senza adeguate ri-sposte le domande esistenziali dell’uomo e del-la donna di oggi, è necessario re-inventare imodi dell’annuncio. La creatività, e l’audaciache essa richiede, ci rende sentinella del mattino(cf. Is 21,11s.), capace di rischiare, « di abban-donare il comodo criterio pastorale del “si èfatto sempre così” »,17 di « ripensare gli obiettivi,le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatoridelle proprie comunità ».18

Ripensare le strutture porterà a volte a pre-scindere da quelle già esistenti, come non piùadatte a trasmettere la bellezza della buona No-vella.19 Rinnovare il linguaggio è urgente per lacomprensione del Vangelo. Trasporre il Vange-lo, il Magistero ecclesiale in parole, immagini esimboli eloquenti per le culture contemporaneeè compito arduo anche a motivo della scarsamemoria cristiana di molta nostra gente: pochiconcetti e assoluta mancanza di un quadro diriferimento.

I modelli e le consuetudini con cui parliamoe manifestiamo identità e valori della vita consa-

17 Ivi, 33.18 Ibidem.19 Cf. Ivi, 27.

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crata rischiano di essere ermetici, incomprensi-bili per gran parte della gente: « Spero che tuttele comunità – dice Papa Francesco – facciano inmodo di porre in atto i mezzi necessari peravanzare nel cammino di una conversione pasto-rale e missionaria ».20

La conversione plurale

73. La vita consacrata, lungo i secoli, è statauna delle realtà della Chiesa più fortemente con-frontata alle diversità culturali: oggi non può fer-mare il passo. Continua il cammino di conver-sione che la chiama a tessere relazioni feconde.

« È facile rendersi conto di quanto profondosia il legame che unisce la missione della Chiesacon la cultura e le culture ».21 L’interpretazionedel Vangelo richiede un decentramento cultura-le. Vivere il Vangelo nell’incontro con le cultureè un cammino che può rinnovare la vita consa-crata? Perfectae caritatis invitava a un movimen-to di aggiornamento. Ciò ha condotto a unamaggiore familiarità con il mondo, in particolarei poveri e le marginalità, e semplicità evangelica.Oggi, la realtà interculturale chiede di continua-re questo rinnovamento. Non c’è evangelizza-

20 Ivi, 25.21 GIOVANNI PAOLO II, Messaggio ai vescovi italiani riuniti

in Assemblea a Collevalenza (11 novembre 1996).

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zione senza un approccio rispettoso delle cultu-re, come non c’è contatto con le culture senzaspogliarsi di sé in nome del Vangelo. Il futurodunque ci chiama a due tensioni: la stabilità e imutamenti, ci chiama e ad essere un luogo diinterazione tra il particolare e l’universale.

Siamo invitati ad apprendere la difficile artedella relazione con il diverso e della collabora-zione cordiale per costruire insieme. Gli impe-gni e le fatiche solitarie non hanno futuro per-ché ci escludono dal mistero della Chiesa co-munione. La koinonìa si rafforza nella pluralitàin cui risplende la multiforme sapienza di Dio(Ef 3,10).

Questa è la grande conversione che ci pro-voca anche nelle scelte concrete. « Mi aspettoche cresca la comunione tra i membri dei di-versi Istituti ». Papa Francesco invita a uscire« con maggior coraggio dai confini del proprioIstituto per elaborare insieme, a livello locale eglobale, progetti comuni di formazione, di evan-gelizzazione, di interventi sociali. In questomodo potrà essere offerta più efficacemente unareale testimonianza profetica. Nessuno costrui-sce il futuro isolandosi, né solo con le proprieforze, ma riconoscendosi nella verità di una co-munione che sempre si apre all’incontro, al dia-logo, all’ascolto, all’aiuto reciproco e ci preservadalla malattia dell’autoreferenzialità. Nello stes-

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so tempo la vita consacrata è chiamata a perse-guire una sincera sinergia tra tutte le vocazioninella Chiesa, a partire dai presbiteri e dai laici,così da “far crescere la spiritualità della comu-nione prima di tutto al proprio interno e poinella stessa comunità ecclesiale e oltre i suoiconfini” ».22

Con le periferie nel cuore

74. La vita consacrata è chiamata a svolge-re la sua missione con modalità nuove in nuo-vi contesti, fuori della porta e lungo il fiume(cf. At 16,13). Ci sentiamo chiamati ad esserepresenti, per elezione evangelica, nelle situazionidi miseria e di oppressione, di dubbio e di scon-forto, di paura e di solitudine, manifestando chela tenerezza di Dio non ha limiti, come non li hail suo dolore per la sofferenza dei suoi figli.

Gesù ci invita ad andare oltre, ad azzardarepassi ignorati, a collaborare con ogni uomo dibuona volontà per aver cura e vigilare sul semedella sua Parola perché cresca vigoroso. Tuttoquesto implica uscire dall’indifferenza, tirar fuo-ri dall’anonimato e dall’umiliazione coloro chesono scartati dal cammino dell’umanità, non la-

22 FRANCESCO, Lettera Apostolica a tutti i consacrati inoccasione dell’Anno della vita consacrata (21 novembre2014), 3.

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sciarsi dominare dalle comodità, né dai pregiu-dizi o dall’improvvisazione presuntuosa. Signifi-ca, in fin dei conti, assumere, come fece GesùCristo, la più profonda umanità. Paolo con isuoi compagni lo fecero, inventando nuovi modiper giungere alle donne e agli uomini del lorotempo, abitando con loro la ferialità della vita.

Negli avamposti

75. « La Chiesa deve uscire da se stessa.Dove? Verso le periferie esistenziali, qualsiasiesse siano, ma uscire. Gesù ci dice: Andate pertutto il mondo! Andate! Predicate! Date testimo-nianza del Vangelo (cf. Mc 16,15) ».23 Una dellecaratteristiche del magistero di Papa Francesco:l’invito a dare forma ad una Chiesa in uscita, conuno stile di misericordia, prossimità e solidarie-tà. Vigilando per non cedere all’intimismo econsegnarsi alla gente, partecipi e responsabili,con l’olio della speranza e della consolazione, diogni fragilità e inquietudine, delusione e gioia.« È una questione ermeneutica: si comprendeveramente la realtà se la si guarda dalla periferia[…] dobbiamo spostarci dalla posizione centra-le di calma e tranquillità e dirigerci verso la zona

23 FRANCESCO, Parole del Santo Padre in occasione dellaVeglia di Pentecoste con i Movimenti, le nuove Comunità, leAssociazioni e le Aggregazioni laicali (18 maggio 2013).

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periferica. Stare in periferia aiuta a vedere ecapire meglio ».24

Immergerci nel pensiero poliedrico di PapaFrancesco ci offre un’opportunità in più perguardare la realtà a partire dalle periferie. Lapresenza nelle frontiere da sempre è stata unacostante della vita consacrata, fino agli avampo-sti della missione, assumendosi i più grandi ri-schi, con audacia e genialità.25 A questo siamochiamati anche oggi, in un tempo di cambia-menti epocali. Guardare la realtà dalle periferieè anche il coraggio di misurarsi con nuove sfide,sperimentando vie nuove, per contribuire a« elaborare ed attuare nuovi progetti di evange-lizzazione per le odierne situazioni ».26 Si trattadi saper intuire e « creare “altri luoghi”, dove siviva la logica evangelica del dono, della fraterni-tà, dell’accoglienza della diversità, dell’amore re-ciproco ».27

24 A. SPADARO, “Svegliate il mondo!”. Colloquio di PapaFrancesco con i Superiori Generali, in La Civiltà Cattolica, 165(2014/I), 6.

25 Cf. PAOLO VI, Es. Ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre1975), 69; GIOVANNI PAOLO II, Es. Ap. post-sinodale Vitaconsecrata (25 marzo 1996), 76.


27 FRANCESCO, Lettera Apostolica a tutti i consacrati inoccasione dell’Anno della vita consacrata (21 novembre2014), II, 2.

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76. Papa Francesco continua a chiederci disvegliare il mondo mediante la vita e il ministe-ro.28 Accettare il rischio di nuovi destinatari, nonscelti a proprio comodo, ma esplorando, conaudacia e compassione, con genialità semprerinnovata, le nuove periferie geografiche, cultu-rali, sociali, esistenziali, dentro gli scarti dellastoria e dell’indifferenza globalizzata, fra le millefigure di volti sfigurati e di dignità calpestate.Rileggiamo la nostra lettera Scrutate e il suopressante invito al discernimento e a procedereverso orizzonti disattesi.29 Questi luoghi del-l’umano, a volte poco visitati, invitano a conver-sione missionaria: mi ha mandato per annunziareai poveri un lieto messaggio, per proclamare aiprigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; perrimettere in libertà gli oppressi, e predicare unanno di grazia del Signore (Lc 4,18-19).

28 A. SPADARO, “Svegliate il mondo!”. Colloquio di PapaFrancesco con i Superiori Generali, in La Civiltà Cattolica, 165(2014/I).

29 CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA E

LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA, Scrutate. Ai consacrati e alleconsacrate in cammino sui segni di Dio (8 settembre 2014),LEV, Città del Vaticano 2014.

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Camminare con i poveri

77. Siamo chiamati ad agire con giustizia,amare con tenerezza e camminare umilmente conil nostro Dio (Mi 6,8). I consacrati e le consacra-te sono sempre in prima linea in difesa della vitaminacciata, nella proposta di un altro modo divivere possibile e necessario. Poche cose susci-tano ammirazione, sorpresa e attrazione come ilvedere le persone consacrate accanto a chi nonha nulla, a coloro che sono considerati gli ultimi,gli scarti della società e stanno dove altri nonvogliono stare. L’opzione preferenziale per i po-veri che ha configurato la vita e la missione diGesù (Lc 4,18) è uno dei criteri fondamentaliche guidano il discernimento degli Ordini, delleCongregazioni e degli Istituti di vita consacratae delle Società di vita apostolica. A tutti noiviene chiesta un’attenzione che oltrepassa l’ana-lisi sociologica, e invoca passione e compassio-ne. « Servire i poveri è atto di evangelizzazione e,nello stesso tempo, sigillo di evangelicità e sti-molo di conversione permanente per la vita con-sacrata, poiché – come dice San Gregorio Ma-gno – “quando la carità si abbassa amorosamen-te a provvedere anche agli infimi bisogni delprossimo, allora divampa verso le più alte vette.E quando benignamente si piega alle estreme

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necessità, allora vigorosamente riprende il voloverso le altezze” ».30

La familiaritas cum pauperibus è sempre statala caratteristica di ogni nuovo “inizio” e riforma.« La solidarietà […] non è un sentimento divaga compassione o di superficiale intenerimen-to per i mali di tante persone, vicine o lontane.Al contrario, è la determinazione ferma e perse-verante di impegnarsi per il bene comune: ossiaper il bene di tutti e di ciascuno perché tuttisiamo veramente responsabili di tutti ».31

Per un umanesimo integrale e solidale

78. Un segno profetico è costituito da unnuovo stile di vita in cui ci impegniamo a inte-grare la giustizia, la pace e la salvaguardia delcreato. Papa Francesco lo ricorda con forza nel-l’Enciclica Laudato si’: « La coscienza della gra-vità della crisi culturale ed ecologica deve tra-dursi in nuove abitudini. Molti sanno che ilprogresso attuale e il semplice accumulo di og-getti o piaceri non bastano per dare senso e gioiaal cuore umano, ma non si sentono capaci di


31 GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Sollicitudo rei socialis(30 dicembre 1987), 38.

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rinunciare a quanto il mercato offre loro ».32

Questo impegno vissuto a livello personale ecomunitario, in rete con tutti gli organismi chelavorano per rendere vivi questi valori del Van-gelo, ci permette di promuovere un umanesimointegrale e solidale. I nostri stili di vita, nellevarie forme di consacrazione, hanno la forza diopporsi ai paradigmi della cultura dominante,alla concezione economicistica, che tutto misuracon i parametri della rendita produttiva e del-l’utile, nella logica del mercato. Sono capaci dirappresentare una reale alternativa alla culturadello scarto, nel dinamismo della gratuità e dellasolidarietà, nel rispetto dell’alterità e nel sensodel mistero, aperti all’imprevedibile e al nonprogrammabile. Dobbiamo in essi riconoscere lescelte salutari di austerità, il rifiuto degli sprechivissute nelle comunità e dai singoli. Questo cipermette di sfuggire alle dinamiche del consu-mismo che generano incapacità di distinguere ibisogni veri da quelli puramente indotti, e dalmero sfruttamento della natura. Nel mondoframmentato, incapace di scelte definitive e ca-ratterizzato da diversi livelli di precarietà la to-talità della nostra appartenenza a Dio diventaluogo ospitale per l’umanità e per tutta la crea-

32 FRANCESCO, Let. Enc. Laudato si’ (Roma, 18 giugno2015), 209.

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zione. La contemplazione, la fedeltà e la fecon-dità, la testimonianza profetica sono vissuto mis-sionario per un umanesimo integrale.

Per un agire non violento

79. Papa Paolo VI nella Octogesima adve-niens affermava: « Non basta ricordare i princi-pi, affermare le intenzioni, sottolineare le stri-denti ingiustizie e proferire denunce profetiche:queste parole non hanno peso reale se non sonoaccompagnate in ciascuno da una più forte pre-sa di coscienza della propria responsabilità e daun’azione effettiva ».33

Molti consacrati e consacrate sono chiamati avivere la propria missione in aree dove sonopesanti le minacce di violenza e di terrorismo, direcrudescenza del fondamentalismo religioso eideologico, di sfruttamento ambientale e di sen-sibilità verso altre situazioni e forme di conflittoumano: spesso donando la vita fino al martirio.Siamo chiamati ad aprire i nostri cuori per farespazio alle persone che non condividono la no-stra fede, i nostri valori, la nostra cultura.

Al centro di tale incontro ci sia l’impegnocomune, in una cultura del rispetto, della tolle-ranza, della riconciliazione e della pace, ma an-

33 PAOLO VI, Lett. Ap. Octogesima Adveniens (14 maggio1971), 48.

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che la collaborazione nella protezione dei piùdeboli, in particolare delle donne e bambini,nella prevenzione e nella garanzia di una ade-guata punizione verso i colpevoli. Occorre svi-luppare ed esercitare la nostra capacità creativa:prospettare alternative, creare orizzonti, imma-ginare mondi possibili. Capaci di un’azione altempo stesso lucida e portatrice di speranza,disincantata e aperta al futuro, critica e vitale,che vede il reale e immagina il futuro, per fareeco oggi alla parola paradossale che è il Vangeloquando annuncia che gli ultimi saranno i primi,gli afflitti sono beati, la morte è vinta.

Nel quotidiano della famiglia

80. Nel dare inizio all’Anno della vita consa-crata, Papa Francesco teneva a sottolineare:« Benedico il Signore per la felice coincidenzadell’Anno della vita consacrata con il Sinodosulla famiglia. Famiglia e vita consacrata sonovocazioni portatrici di ricchezza e grazia pertutti, spazi di umanizzazione nella costruzione direlazioni vitali, luoghi di evangelizzazione. Ci sipuò aiutare gli uni gli altri ».34 Famiglia e vita

34 FRANCESCO, Lettera Apostolica a tutti i consacrati inoccasione dell’Anno della vita consacrata (21 novembre2014), III, 2.

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consacrata si riconoscono nella libertà dello Spi-rito e nella comunione della Chiesa: tale confes-sione gioiosa è sostegno nel comune cammino difedeltà, compiuto ogni giorno.

Il Santo Padre ci ricorda ancora che le fami-glie che incontriamo quotidianamente « con iloro volti, le loro storie, con tutte le loro com-plicazioni non sono un problema, sono una op-portunità che Dio ci mette davanti. Opportunitàche ci sfida a suscitare una creatività missiona-ria capace di abbracciare tutte le situazioni con-crete […]. Non solo di quelle che vengono osi trovano nelle parrocchie – questo sarebbefacile –, ma poter arrivare alle famiglie dei nostriquartieri, a quelli che non vengono ». La nostracapacità di vicinanza e di audacia « ci impone diuscire dalle dichiarazioni di principio per ad-dentrarci nel cuore palpitante dei quartieri e,come artigiani, metterci a plasmare in questarealtà il sogno di Dio, cosa che possono fare solole persone di fede, quelle che non chiudono ilpassaggio all’azione dello Spirito, e che si spor-cano le mani ».35

Paolo e i suoi compagni incontreranno lafamiglia ospitale di Lidia, che li accompagne-rà con la sua generosità lungo il cammino mis-

35 FRANCESCO, Discorso all’apertura del convegno ecclesia-le della Diocesi di Roma (16 giugno 2016), 1.

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sionario, e quella del carceriere, che divenneper loro segno di ospitalità e solidarietà(cf. At 16,13-15.25-34).

Nelle frontiere educative

81. La Chiesa è una comunità narrante chefa memoria dell’amore di Dio in Cristo Gesù.Tale narrazione è essenzialmente educativa.

Colpiti dal suo insegnamento

La manifestazione del mistero di Cristo ri-guarda l’intera vita umana in tutti i suoi am-biti, e mira ad introdurre ogni uomo e tuttol’uomo in un nuovo modo di essere e di vivere(At 22,8-10). Una consistente tradizione occi-dentale definiva il processo educativo come pro-gressiva conduzione della persona verso la pienarealizzazione di se stessa. La Chiesa ha accoltotale visione con un’ermeneutica nuova. La mis-sione della Chiesa pertanto può essere pensatacorrettamente in categorie pedagogiche: figlioli-ni miei, che io di nuovo partorisco nel dolorefinché non sia formato Cristo in voi (Gal 4,19).

Il credente percepisce la logica interna allavita di fede, e coglie la dimensione educativadella sua umanità. La connessione fra la pro-posta cristiana e l’esperienza educativa porta

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all’elaborazione di una dottrina pedagogica.Non dalla dottrina alla vita, ma dalla vita alladottrina.

La vita consacrata nelle sue molteplici formeè stata agente educativo lungo la storia umanaed ecclesiale ed è chiamata a procedere in que-sto cammino impegnando genialità e dialogocon il mondo. Non possiamo limitare la nostrapresenza, visione e carità missionaria solo al pri-mo soccorso dell’indigenza, ma con coraggiosaabilità dobbiamo accompagnare il compitoeducativo proprio della Chiesa. È un contributoche non possiamo disattendere, né nei confrontidella vita ecclesiale, né nei confronti della socie-tà civile.

82. Il compito educativo attraverso tutta lanostra missione, interroga il nostro modo diguardare e di vivere le periferie esistenziali, difarci compagnia e soccorso, incontro e abbrac-cio di misericordia. Si tratta di orientare nell’in-contro educativo le personali storie di fede; ac-compagnare e rischiarare i dubbi che tormenta-no, le ombre e le paure che fermano il passo.

Siamo chiamati all’irrinunciabile camminopedagogico con cui la Chiesa ha camminato nelmondo, guardando con l’umiltà dei discepoliGesù il Maestro: insegnava nelle loro sinagoghe etutti ne facevano grandi lodi; erano meravigliati

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delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca.E al sabato ammaestrava la gente. Rimanevanocolpiti dal suo insegnamento, perché parlava conautorità (Lc 4,15.22.31.32). Ogni nostro agire incampo missionario e diaconale, afferma o negal’atto educativo: incontra la storia di ogni perso-na, dubbi, fede, opacità, bellezza. Educare nellostile di Cristo risuona come compito profeticoche la Chiesa ci affida: « Ricordare e servire ildisegno di Dio sugli uomini, come è annunciatodalla Scrittura e come emerge anche dalla atten-ta lettura dei segni dell’azione provvidente diDio nella storia ».36

Nelle periferie culturali

83. Il servizio della conoscenza, la diaconiadella cultura ci chiama ad una nuova e fecondaopera di responsabilizzazione culturale dellafede, per rivitalizzare, in forma critica e creativa,l’antico e sempre dialettico rapporto tra fede ecultura. Peter Hans Kolvenbach, già PrepositoGenerale dei Gesuiti, nel suo intervento alla12ª Congregazione del Sinodo sulla Vita consa-crata, affermava: alcune persone consacrate as-sumono in modo più speciale questa missioneecclesiale di ricordare alle culture il loro fine


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ultimo, nel cuore stesso di queste culture, neiloro luoghi di ricerca, o di creazione artistica,nelle istituzioni accademiche e nei centri di dif-fusione dei mezzi di comunicazione sociale.

Vita consecrata ha sottolineato questa istanza:« il bisogno di contribuire alla promozione dellacultura, al dialogo fra cultura e fede, è avver-tito oggi nella Chiesa in modo tutto particolare.I consacrati non possono non sentirsi interpella-ti da questa urgenza ».37 Facciamo memoria par-ticolare delle persone consacrate e degli Istitutichiamati dallo Spirito a farsi interpreti dellagrande narrazione educativa nelle culture con-temporanee. Invitiamo a non abbandonare l’at-titudine all’educativo che corre come necessitàprima nella cultura debole del presente e delframmento; nelle costruzioni fittizie del virtuale,nel flusso inarrestabile dell’anything goes.

84. Nelle periferie della cultura, oggi, la vitaconsacrata, continuando l’antica e feconda tra-ditio – nel dialogo rispettoso e solidale con tuttigli agenti culturali – è chiamata a impegnarsi sudue fronti: esperienziale e speculativo. Il primoci invita a vivere nel solco della narrazione evan-gelica la nostra testimonianza di vita, possibile

37 GIOVANNI PAOLO II, Es. Ap. post-sinodale Vita conse-crata (25 marzo 1996), 98a; b.

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ad ogni età e in ogni stagione. Il racconto animal’atto educativo ed introduce nell’attualità del-l’incontro con Cristo.

Il secondo ci chiama ad una riflessione pro-fonda sull’uomo contemporaneo per un umane-simo integrale. Questa sfida profetica chiede didedicarvi intelligenza, passione, intuizione, beni.La Chiesa ha bisogno oggi di avere contesti,luoghi, forme di educazione che aiutino la liber-tà profonda della persona a compiere un movi-mento speculare a quello delle culture del con-sumo: il movimento generativo.

Per un’accoglienza formativa

85. Invitiamo a recuperare l’attitudine a imi-tare Gesù Maestro attraverso l’umile serviziodella cultura e del discernimento in rapportoalla Verità, esteso a tutti gli aspetti della vitaumana.

Attualmente percepiamo che molti adultihanno rinunciato a proporre alle nuove genera-zioni ragioni e regole per vivere con libertà eresponsabilità. Risvegliare la loro inderogabileresponsabilità educativa, ha valore per tutte learee della presenza delle persone consacrate.

Possiamo altresì ripensare la nostra disponi-bilità ad offrire luoghi ed ambienti di riferimen-to e di appartenenza, concreti spazi di condivi-

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sione dell’umano dinanzi all’emergenza, anchedrammatica, di situazioni di solitudine e diso-rientamento. Luoghi capaci di rispondere ai bi-sogni di amicizia, sperimentazione, confronto,per aiutare non solo ragazzi e giovani, ma glistessi adulti, ad uscire da una concentrazionenarcisistica su di sé. Risulta perciò decisiva lasfida di annunciare all’uomo di oggi la rotturadella solitudine, la buona notizia della relazionefondante con il Mistero di Dio che si rivela comeAmore. In questa prospettiva c’è oggi una neces-sità di una progettualità creativa, di ricercare eprovare strade inedite.

Invitiamo, altresì a puntare l’attenzione allapluralità dei contesti educativi: di valori pluralidi riferimento, di appartenenze culturali, dimodi di vita familiare, di figure educative, disaperi, di fonti della conoscenza. Occorre saperriconoscere le nuove opportunità educative epastorali, i nodi che questi fenomeni portanocon sé e comprendere che ci è richiesto unosforzo per trovare nuove strade di unità educa-tiva dentro la pluralità. Questo richiede l’avviodi nuove professionalità educative, oltre quelletradizionali, perché le potenzialità offerte dalfenomeno della pluralizzazione (migranti, au-mento delle minoranze culturali, multiculturali-tà dei percorsi scolastici; nuove esigenze di an-nuncio e catechesi) rischiano di rimanere ineva-

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se o spese solo sul fronte dell’emergenza deiservizi sociali. La comunità ecclesiale e la stessavita consacrata accoglieranno i nuovi bisognielaborando nuovo impegno educativo.

Nei luoghi ecumenici e interreligiosi

86. Invitiamo alla lettura del fenomeno mi-gratorio che ci richiede nuove sensibilità e atten-zioni pastorali in ordine all’ecumenismo e aldialogo interreligioso.

Vita consecrata fornisce indicazioni moltoconcrete: la condivisione della lectio divina, lapartecipazione alla preghiera comune, il dialogodell’amicizia e della carità, « la cordiale ospitalitàpraticata verso i fratelli e le sorelle delle diverseconfessioni cristiane, la mutua conoscenza e loscambio dei doni, la collaborazione in iniziativecomuni di servizio e di testimonianza, sono al-trettante forme del dialogo ecumenico […].Nessun Istituto di vita consacrata deve sentirsidispensato dal lavorare per questa causa ».38

Non meno ci viene chiesto per favorire ildialogo interreligioso. Due ambiti possono sug-gerire una nostra fattiva risposta: « La comunesollecitudine per la vita umana, che va dalla com-passione per la sofferenza fisica e spirituale, al-


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l’impegno per la giustizia, la pace e la salvaguar-dia del creato. In questi settori saranno soprat-tutto gli Istituti di vita attiva a cercare l’intesacon i membri di altre religioni, in quel “dialogodelle opere” che prepara la via ad una condivi-sione più profonda. Un campo particolare diincontro operoso con persone di altre tradizionireligiose è pure quello della ricerca e della pro-mozione della dignità della donna. Nell’otticadell’uguaglianza e della giusta reciprocità trauomo e donna, un servizio prezioso può esserereso soprattutto dalle donne consacrate ».39

Nei luoghi dello Spirito

87. Invitiamo a rivisitare antiche forme a cuimonaci e monache, religiosi e religiose e tutte lepersone consacrate hanno dato vita nell’intentodi attuare un progetto alternativo di società, lacreazione di luoghi in cui il vivere il Vangelo dàsenso e orientamento e diventa testimonianzaviva della fraternità, che sappia far incontrareculture e popoli.

Il segno della novità evangelica può dilatarsisu più ampie strutture evangelizzatrici: i luoghidi pellegrinaggio spesso retti o animati da con-sacrati e consacrate, sono spazi di conversione e

39 Ivi, 102.

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contemplazione; i monasteri sono luoghi di ac-coglienza e di dialogo, aperti all’ecumenismo eanche a persone non credenti che spesso in essiritrovano il senso della vita. La vita consacratache nel passato ha saputo creare e gestire opereispirate alla logica evangelica è chiamata oggi aripensare, reinventare, ricreare luoghi dove ilVangelo possa essere letto nelle sue possibilità,ispirazioni e frutti, dove si possa vedere e toc-care Dio.

Scrive, nel primo trentennio del Novecento,Luigia Tincani, fondatrice di un istituto religio-so apostolico: « Nel nostro cammino comuneverso l’età piena dei figli di Dio, tutto ciò che ioposso fare per i miei fratelli è soltanto, in ultimaanalisi, farmi dinanzi ad essi una materia viven-te, in cui possano leggere realizzata l’idea chevorrei si facesse luce e forza nel loro cammino.Educazione può essere così intesa come la veraarte e poesia della vita; non posso che offrireloro la coerenza della mia mente, del mio cuore,delle mie azioni, delle mie parole, come l’artistaoffre l’opera in cui ha messo il fremito vivo dellasua arte. Perché la verità è questa: non facciamomai del bene intorno a noi, non siamo mai edu-catori, se non per merito del nostro valore mo-rale; per la forza delle nostre convinzioni, per larealtà cioè di attuazione che il nostro idealemorale ha raggiunto in noi. Perciò se vogliamo

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farci educatori è più necessario che ci preoccu-piamo di far vivere in noi, piuttosto che farvivere negli altri, l’ideale che vagheggiamo ».40

Nel tempo della speranza

Qui è la Chiesa

88. Abbiamo ascoltato all’inizio di questepagine la promessa che risuona negli Atti: Avre-te forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voie mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta laGiudea e la Samaria e fino agli estremi confinidella terra (At 1,8). Gesù affida alla parola testi-moni il suo ultimo messaggio. Per gli apostoliessere testimoni significa essere stati con il Si-gnore, avere partecipato alla sua passione e ri-surrezione. La testimonianza non nasce in loroda una decisione personale. È Dio che li hascelti e ha mandato lo Spirito a renderli capacidi ciò che da soli non potevano neppure pensa-re: Lo Spirito di verità che procede dal Padre mirenderà testimonianza; e anche voi mi renderetetestimonianza, perché siete stati con me fin dalprincipio (Gv 15,26b-27). L’evangelista Giovan-ni misura le parole del Maestro sulla testimo-nianza che i discepoli avrebbero dovuto rendere

40 L. TINCANI, Lettere di formazione, a cura di C. Broggi,Ed. Studium, Roma 2009 (1923).

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a Lui nel mondo, nonostante la paura di alcuni,la smemoratezza di altri, il tradimento possibilead ogni ora.

Nella storia è sempre in atto una lotta tra letenebre e la luce (cf. Gv 1,4-11), in tale confron-to è presente il mistero del rifiuto che può toc-care anche i più intimi di Cristo, che chiede alPadre: Non prego per il mondo, ma per coloro chemi hai dato (Gv 17,9). Il contesto è drammatico,ma una grande serenità è presente nelle paroledi Gesù che non tace sul male, ma non esprimecondanne, preoccupato per i suoi, affinché ab-biano a vivere con consapevolezza e fiducia iltempo che li aspetta.

89. Come ogni secolo anche il nostro è tem-po di lotta fra la luce e le tenebre. Un tempo incui si ridisegnano i rapporti tra i popoli, leculture, le religioni. Un tempo in cui le stradeallargano i loro crocevia, in spazi in cui i voltisono costretti all’accoglienza o al rifiuto, ancheviolento. Un tempo in cui ai cristiani vengonochieste con arrogante violenza le ragioni dellaloro speranza e le persone consacrate continua-no la propria storia di testimoni della Luce.Nel segno della carità sino alla fine (cf. Gv 13,1)uomini e donne consacrati hanno reso testimo-nianza a Cristo Signore con il dono della propriavita. Sono migliaia coloro che, costretti alle ca-

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tacombe dalla persecuzione di regimi totalitari odi gruppi violenti, osteggiati nell’attività missio-naria, nell’azione a favore dei poveri, nell’assi-stenza agli ammalati ed agli emarginati, hannovissuto e vivono la loro consacrazione nella sof-ferenza prolungata ed eroica, e spesso con l’ef-fusione del proprio sangue, pienamente configu-rati al Signore crocifisso. Scrive una religiosamissionaria: « Sono ormai sulla soglia degli ot-tant’anni. Nel mio ultimo rientro in Italia, lesuperiore erano incerte se lasciarmi ripartire.Un giorno durante l’adorazione pregai: “Gesù,che la tua Volontà sia fatta; però tu sai chedesidero ancora partire”. Mi vennero limpidissi-me queste parole: “Olga credi di esser tu asalvare l’Africa? L’Africa è mia. Nonostante tut-to sono però contento che parti: ‘Va e dona lavita!’”. Da allora, non ho più dubitato ».41

La testimonianza fino al sangue è il sigilloinsigne della speranza cristiana: singolare gloriaper la Chiesa. « Voglio solo un posto ai piedi diGesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, lemie azioni parlino per me e dicano che stoseguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è cosìforte in me che mi considererei privilegiato qua-

41 Dagli scritti inediti di Olga Raschietti (MontecchioMaggiore, 22 agosto 1931 - Kamenge, 7 settembre 2014),Missionaria di Maria, uccisa in Burundi.

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lora – in questo mio sforzo e in questa miabattaglia per aiutare i bisognosi, i poveri, i cri-stiani perseguitati del Pakistan – Gesù volesseaccettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivereper Cristo e per Lui voglio morire. Non provoalcuna paura in questo paese ».42

Tra i martiri cristiani i consacrati e le consa-crate segnano una parabola ascendente e appas-sionata: la Chiesa è ancora quella di Cristo Gesùche ha annunciato persecuzioni per i suoi disce-poli. Vita consacrata e realtà del martirio ciindicano « dove si trovi la Chiesa ».43

Sognare da cristiani

90. Il messaggio finale, consegnatoci dal-l’esperienza e dai desideri dei partecipanti allaSettimana in comunione a chiusura dell’Annodella vita consacrata, invita ad essere lieti nellasperanza bene scarso e fragile sia nelle culturecontemporanee sia in mezzo a noi. Abbiamobisogno di ravvivare la ragione teologale dellanostra speranza, per farla abitare nella Chiesa.

La visione della speranza è generativa, aderi-sce con gioia a ciò che lo Spirito sta compiendo,

42 Cf. C. SHAHBAZ BHATTI, Cristiani in Pakistan. Nelleprove la speranza, Marcianum Press, Venezia 2008.

43 Cf. J. RATZINGER, Perché siamo ancora nella Chiesa,Rizzoli, Milano 2008, 26.

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oggi. Una religiosa narra: « Adesso sto tornandoin Burundi, alla mia età e con un fisico debole elimitato, che non mi permette più di correregiorno e notte come prima. Interiormente peròcredo di poter dire che lo slancio e il deside-rio di essere fedele all’amore di Gesù per meconcretizzandolo nella missione è sempre vivo.La missione mi aiuta a dire nella debolezza:“Gesù guarda, è il gesto d’amore per te” ».44

L’accoglienza dello Spirito ci rende capaci dicreatività e audacia, mentre viviamo la nostrasequela Christi in altri contesti culturali e innuovi paradigmi antropologici: « Occorre nutri-re in noi uno sguardo di simpatia, rispetto, ap-prezzamento di valori delle culture, delle tradi-zioni che incontriamo, nonostante la situazionecomplessa e conflittuale dei Paesi dei GrandiLaghi, mi sembra di percepire la presenza di unRegno d’amore che si va costruendo, che crescecome un granello di senape di un Gesù presente,donato a tutti. A questo punto del mio camminocontinuo il mio servizio ai fratelli africani, cer-cando di vivere con amore, semplicità e gioia ».45

44 Dagli scritti inediti di Lucia Pulici (Desio, 8 settembre1939 - Kamenge, 7 settembre 2014), Missionaria di Mariauccisa in Burundi.

45 Dagli scritti inediti di Bernadette Boggian (OspedalettoEuganeo, 17 marzo 1935 - Kamenge, 8 settembre 2014),Missionaria di Maria, uccisa in Burundi.

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Riusciamo ad accompagnare nella speranza lenuove generazioni verso il futuro, fidandoci del-le piogge di autunno e di primavera (Os 6,3),affinché le giovani persone consacrate siano pro-tagoniste geniali e originali di nuova rielabora-zione nella libertà dello Spirito.

91. La speranza è il sogno cristiano che vivi-fica e illumina la vita nella Chiesa: « Amo laverità che è come la luce; la giustizia che è unaspetto essenziale dell’amore; mi piace di dire atutti le cose come stanno: bene al bene e male almale; senza calcolo, col solo calcolo di cui parlal’Evangelo: fare il bene perché è bene. Alle con-seguenze del bene fatto ci penserà Iddio ».46

« La mia vocazione è una sola, strutturale direi:pur con tutte le deficienze e le indegnità che sivuole, io sono, per la grazia del Signore, untestimone dell’Evangelo: mi sarete testimoni ».47

Giorgio La Pira continua, scrivendo a una con-sacrata sua amica: « Reverenda Madre, sono unpo’ sognatore? Forse. Ma il cristianesimo tutto èun sogno: il dolcissimo sogno di un Dio fatto

46 G. LA PIRA, « Discorso del 24 settembre 1954 » al Consi-glio Comunale di Firenze, in A. SCIVOLETTO, Giorgio La Pira,Studium, Roma 2003, 159.

47 G. LA PIRA, Lettera del 27 novembre 1953, in Caro Gior-gio... Caro Amintore... 25 anni di storia nel carteggio La Pira-Fanfani, a cura di S. Selmi e S. Nerozzi, Polistampa, Firenze2003, 190-195.

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uomo perché l’uomo diventasse Dio! Se questosogno è reale – e di quale realtà – perché nonsarebbero reali gli altri sogni che sono ad essoessenzialmente collegati? Ma mi sembra chequesti non siano sogni, questa si chiama virtùcristiana, si chiama speranza ».48 L’Eterno, nega-to dalle culture del presente, dispiega la suadimensione nel mondo anche attraverso le ra-gioni della nostra speranza.

48 G. LA PIRA, La preghiera, forza motrice della storia:lettere ai monasteri femminili di vita contemplativa, a cura diV. Peri, Città Nuova, Roma 2007, 64.

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Ave, Vergine del Cenacolo

92. La Madre di Gesù e gli apostoli in pre-ghiera unanime mostrano la Chiesa nascentecome esempio mirabile di concordia e orazione.Nel clima d’attesa che pervade il Cenacolo dopol’Ascensione, Maria implora il dono dello Spiri-to. La Pentecoste è anche il frutto dell’incessan-te preghiera della Vergine, che il Paraclito acco-glie perché espressione dell’amore materno per idiscepoli. « Lo Spirito Santo ricolma la Verginee i presenti della pienezza dei suoi doni, operan-do in loro una profonda trasformazione in vistadella diffusione della Buona Novella. Alla Ma-dre di Cristo e ai discepoli sono concessi nuovaforza e nuovo dinamismo apostolico per la cre-scita della Chiesa ».1

Fra l’Annunciazione e la Pentecoste si dispie-ga la fecondità che lo Spirito Santo dona aMaria: « Nell’economia della grazia, attuata sot-to l’azione dello Spirito Santo, c’è una singolare

1 GIOVANNI PAOLO II, Udienza Generale (28 maggio1997).

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corrispondenza tra il momento dell’incarnazio-ne del Verbo e quello della nascita della Chiesa.La persona che unisce questi due momenti èMaria: Maria a Nazaret e Maria nel cenacolo diGerusalemme. In entrambi i casi la sua presenzadiscreta, ma essenziale, indica la via della nascitadallo Spirito ».2

Sia così per noi: dal vieni e seguimi al man-dato andate ed annunziate. Dall’accoglienza del-la chiamata alla fecondità missionaria. Sulle stra-de inedite dello Spirito.

O Padre, che hai effusoi doni del tuo Spirito sulla beata Vergineorante con gli apostoli nel Cenacolo,fa’ che la Chiesa perseveriunanime e concorde in preghiera,perché sia Pentecoste perennee il santo fuoco consumi ogni male,cancelli brutture, solitudinie brucianti amarezze.

Padre santo,ascolta le preghiere che il tuo Spirito buonopone nel cuore e sulle labbradi coloro che confidano in te:

2 GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Redemptoris Mater(25 marzo 1987), 24; cf. PAOLO VI, Es. Ap. Marialis cultus(2 febbraio 1974), 28.

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liberaci dal peso del peccatoche rattrista ed estingue lo Spiritodisceso sulla Vergine donato nel Cenacoloe la Chiesa risplenda sempreper nuovi frutti di santità e di graziaper portare al mondo il lieto annunciodella salvezza.

Città del Vaticano, 29 giugno 2016Solennità dei Santi Pietro e Paolo, Apostoli

João Braz Card. de AvizPrefetto

✠ José Rodríguez Carballo, O.F.M.Arcivescovo Segretario

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PER LA RIFLESSIONE


93. Le provocazioni di Papa Francesco

I nostri ministeri, opere, presenze rispondo-no a quanto lo Spirito ha chiesto ai nostri Fon-datori? Sono adeguati a perseguirne le finalitànella società e nella Chiesa di oggi? C’è qual-cosa che dobbiamo cambiare? Abbiamo lastessa passione per la nostra gente, siamo adessa vicini fino a condividerne le gioie e i do-lori, così da comprendere veramente le neces-sità e poter offrire il nostro contributo per ri-spondervi? 1

• « “Chi è Gesù per la gente del nostro tem-po?”. Il mondo ha più che mai bisogno diCristo, della sua salvezza, del suo amore mi-sericordioso. Molte persone avvertono unvuoto attorno a sé e dentro di sé; altre vivononell’inquietudine e nell’insicurezza a causadella precarietà e dei conflitti. Tutti abbiamo

1 Cf. FRANCESCO, Lettera Apostolica a tutti i consacratiin occasione dell’Anno della vita consacrata (21 novembre2014), 2.

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bisogno di risposte adeguate ai nostri in-terrogativi, ai nostri interrogativi concreti.In Cristo, solo in Lui, è possibile trovare lapace vera e il compimento di ogni umanaaspirazione. Gesù conosce il cuore dell’uomocome nessun’altro. Per questo lo può sanare,donandogli vita e consolazione ».2

• « Domandiamoci: la nostra fede è fecon-da? La nostra fede produce opere buone?Oppure è piuttosto sterile, e quindi piùmorta che viva? Mi faccio prossimo o sem-plicemente passo accanto? Sono di quelliche selezionano la gente secondo il propriopiacere? Queste domande è bene farcele efarcele spesso, perché alla fine saremo giu-dicati sulle opere di misericordia. Il Signo-re potrà dirci: Ma tu, ti ricordi quella vol-ta sulla strada da Gerusalemme a Gerico?Quell’uomo mezzo morto ero io. Ti ricor-di? Quel bambino affamato ero io. Ti ri-cordi? Quel migrante che tanti vogliono cac-ciare via ero io. Quei nonni soli, abbandonatinelle case di riposo, ero io. Quell’ammalatosolo in ospedale, che nessuno va a trovare,ero io ».3

2 FRANCESCO, Angelus, 19 giugno 2016.3 FRANCESCO, Angelus, 10 luglio 2016.

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• « Il dono che Gesù offre è pienezza di vitaper l’uomo affamato. Gesù sazia non solola fame materiale, ma quella più profonda,la fame di senso della vita, la fame di Dio.Di fronte alla sofferenza, alla solitudine, allapovertà e alle difficoltà di tanta gente, checosa possiamo fare noi? Lamentarsi non ri-solve niente, ma possiamo offrire quel pocoche abbiamo, come il ragazzo del Vangelo.[…] Chi di noi non ha i suoi “cinque pani edue pesci”? Tutti ne abbiamo! Se siamo di-sposti a metterli nelle mani del Signore, ba-steranno perché nel mondo ci sia un po’ piùdi amore, di pace, di giustizia e soprattuttodi gioia ».4

• « Che cosa comporta, per le nostre comunitàe per ciascuno di noi, far parte di una Chie-sa che è cattolica e apostolica? Anzitutto,significa prendersi a cuore la salvezza di tuttal’umanità, non sentirsi indifferenti o estraneidi fronte alla sorte di tanti nostri fratelli, maaperti e solidali verso di loro. Significa inoltreavere il senso della pienezza, della completez-za, dell’armonia della vita cristiana, respin-gendo sempre le posizioni parziali, unilatera-li, che ci chiudono in noi stessi. […] E qui

4 FRANCESCO, Angelus, 26 luglio 2015.

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vorrei ricordare la vita eroica di tanti, tantimissionari e missionarie che hanno lasciatola loro patria per andare ad annunciare ilVangelo in altri Paesi, in altri Continenti.Mi diceva un cardinale brasiliano che lavoraabbastanza in Amazzonia, che quando lui vain un posto, in un paese o in una città del-l’Amazzonia, va sempre al cimitero e lì vedele tombe di questi missionari, sacerdoti, fra-telli, suore che sono andati a predicare ilVangelo: apostoli. E lui pensa: tutti questipossono essere canonizzati adesso, hanno la-sciato tutto per annunciare Gesù Cristo ».5

• « Evangelizzare i poveri: questa è la missionedi Gesù, secondo quanto Lui dice; questa èanche la missione della Chiesa, e di ognibattezzato nella Chiesa. Essere cristiano edessere missionario è la stessa cosa. Annun-ciare il Vangelo, con la parola e, prima anco-ra, con la vita, è la finalità principale dellacomunità cristiana e di ogni suo membro.[…] Gesù indirizza la Buona Novella a tutti,senza escludere nessuno, anzi privilegiando ipiù lontani, i sofferenti, gli ammalati, gli scar-tati della società. Domandiamoci: che cosa

5 FRANCESCO, Udienza Generale, Piazza San Pietro, 17 set-tembre 2014.

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significa evangelizzare i poveri? Significa an-zitutto avvicinarli, significa avere la gioia diservirli, di liberarli dalla loro oppressione, etutto questo nel nome e con lo Spirito diCristo, perché è Lui il Vangelo di Dio, è Luila Misericordia di Dio, è Lui la liberazione diDio, è Lui che si è fatto povero per arricchircicon la sua povertà ».6

6 FRANCESCO, Angelus, 24 gennaio 2016.

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IN D I C E

Carissimi fratelli e sorelle . . . . . . . . 7

Prologo . . . . . . . . . . . . . 11

Abitiamo il mondo . . . . . . . . . 15

Fino ai confini della terra . . . . . . . . 25

In ascolto . . . . . . . . . . . . 29

Inviati ad annunciare . . . . . . . . 33

Nello stile di Cristo . . . . . . . . 34

Contemplativi in azione . . . . . . . 37

Servi della Parola . . . . . . . . . 39

Messaggeri di lieti annunci . . . . . . 43

Uniti per annunciare . . . . . . . . 46Perseveranti nella comunione . . . . . 47Nel prodigio della Pentecoste . . . . . 51

Chiesa in uscita . . . . . . . . . . . 55

In ascolto . . . . . . . . . . . . 59

Lo Spirito, protagonista della missione . . . 63Vocazione e grazia della Chiesa . . . . . 66Testimoni nella Chiesa . . . . . . . 70Le origini, un invito al Vangelo . . . . 72Coscienti della debolezza . . . . . . . 77

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“Non possiamo lasciare le cose come stanno” 79

I princípi dell’Evangelii gaudium . . . . 80

Suscitare domande . . . . . . . . . 84

Una pedagogia dell’affidabilità . . . . . 86

Fuori dalla porta . . . . . . . . . . . 91

In ascolto . . . . . . . . . . . . 95

Nel pensiero che genera e trasforma. . . . 102

La pedagogia della secolarità . . . . . 104

La relazione generazionale . . . . . . 108

Il confronto con la realtà . . . . . . . 112

La conversione plurale . . . . . . . 115

Con le periferie nel cuore . . . . . . . 117

Negli avamposti . . . . . . . . . 118

Camminare con i poveri . . . . . . . 121

Per un umanesimo integrale e solidale . . 122

Per un agire non violento . . . . . . 124

Nel quotidiano della famiglia . . . . . 125

Nelle frontiere educative . . . . . . . 127

Colpiti dal suo insegnamento . . . . . 127

Nelle periferie culturali . . . . . . . 129

Per un’accoglienza formativa . . . . . 131

Nei luoghi ecumenici e interreligiosi . . . 133

Nei luoghi dello Spirito . . . . . . . 134

Nel tempo della speranza . . . . . . . 136

Qui è la Chiesa . . . . . . . . . 136

Sognare da cristiani . . . . . . . . 139

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Ave, Vergine del Cenacolo . . . . . . . . 143

Per la riflessione . . . . . . . . . . . 147

Le provocazioni di Papa Francesco . . . . 149

INDICE . . . . . . . . . . . . . . 155

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CONGREGAZIONE A V C E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA nno ... · a Pentecoste con potenza dallo...

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