Conferenza Chiavari 5Cerchi Relazione Dott.ssa Sabrina Benvenuto

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Presenta

Sono intervenuti alla conferenza:Per ascoltare i seguenti interventi cliccare sui link

- Sindaco Chiavari Roberto Levaggi https://www.youtube.com/watch?v=1pJF-vBTaIo

- Ass. Matteo Rossi_Assessore regionale allo sport https://www.youtube.com/watch?v=Ozd5DjI_18Q

- - Avvocato Debora Morini https://www.youtube.com/watch?v=Me3qFhMx24I

- Dott. Claudio Puppo https://www.youtube.com/watch?v=qsWATrEWkV0

- Cristina Camisasca _hp voltri e roller club https://www.youtube.com/watch?v=tSGvtG6D3Ls

- Dott. Diego Minnicelli_Vegetal progress https://www.youtube.com/watch?v=eje-2DzQXHU https://www.youtube.com/watch?v=eje-2DzQXHU

- Dott. Gianni Testino_Vicepresidente societá alcologia https://www.youtube.com/watch?v=cIwyRy8NF1M

- Dott. Leo Bozzo_Panathlon International https://www.youtube.com/watch?v=tcQbUm-rFwI

- Dott. Massimo Bravin_Nutrizionista https://www.youtube.com/watch?v=GYEWTU0aHRo

- - Dott. Mohammad Natour_Agopuntore https://www.youtube.com/watch?v=OAOj9yWXKSk

- Architetto Riccardo Capozzi https://www.youtube.com/watch?v=v6DpPHloZTo

- Dott.ssa Sabrina Benvenuto_Psicologa sportiva https://www.youtube.com/watch?v=0O27CXbdNOs

- Vittorio Podestá_Campione mondiale handbike https://www.youtube.com/watch?v=qk67DPDjDg0 https://www.youtube.com/watch?v=qk67DPDjDg0

Lo sport nella Liguria d'EuropaChiavari, 15-16 novembre 2013

Per uno sport senza ostacoli

Gli argomenti principali di questo intervento, vogliono evidenziare l'importanza degli

aspetti socializzanti, e di integrazione, come evidenziato nel testo Libro Bianco sullo

Sport (Commissione Europea 2007), di tutte le discipline sportive e dello sport in

generale sia per le persone normodotate sia per le persone diversamente abili, ma allo

stesso tempo evidenziare quanti e quali ostacoli possono incidere nella motivazione e

nella scelta a praticare un'attività sportiva nelle persone diversamente abili. Spostando

l'attenzione, dall'importanza dello sport pensato esclusivamente come attività

competitiva, gare o performance fisica, si sottolinea come la socializzazione, i rapporti

interpersonali e l'integrazione, che facilmente vengono considerati come aspetti secondari

nello sport, contribuiscono invece, parallelamente all'allenamento fisico, alla crescita

armoniosa della personalità di qualsiasi atleta. Nell'attività sportiva viene stimolata la

crescita attraverso il gruppo, nonché la valenza formativa e le occasioni di apprendimento

che si verificano al suo interno. Appartenere ad una squadra, confrontarsi con gli altri o

con l'allenatore e condividere le emozioni suscitate dall'attività, sono tutte esperienze

fondamentali per la crescita personale nella sua dimensione relazionale. Una simile

funzione socializzante ne rende la pratica ancora più importante per il disabile:

sperimentare la vita di gruppo costituisce una notevole opportunità di sviluppo e, al

contempo, permette di apprendere modelli di comportamento più appropriati al vivere

sociale (Wehman e Schleien, 1980).

Nel mondo della disabilità, la pratica sportiva può svolgere la funzione di promuovere

l'integrazione delle persone, la crescita e l'educazione, oltre che essere centrale,

esclusivamente in campo riabilitativo, come finora è stata inserita.

L’individuo disabile nella fase della riabilitazione risulta totalmente dipendente

dall’ambiente circostante, non solo per i bisogni primari ma anche per la comparsa di

problemi affettivi con conseguente diminuzione dell’autostima. Lo sport agisce

stimolando nel disabile il rispetto della propria persona e il senso della propria dignità

mediante la riappropriazione di una realtà psicologica individuale; questo recupero si

ottiene realisticamente attraverso una maggiore conoscenza di se stessi; delle proprie

effettive possibilità e rispettivi limiti, ossia capacità ed incapacità riferite all’handicap

esistente.

Lo sport condivide caratteristiche importanti ai fini dello sviluppo individuale,

l'individuo sperimenta la propria personalità; vive il proprio corpo in relazione con gli

altri e con la realtà esterna; soddisfa il bisogno di socialità, quello di autonomia , affina

abilità e competenze, tutte queste dimensioni confluiscono quindi nello sviluppo di un

forte senso di autoefficacia e nel miglioramento dell'autostima. Nella disabilità

intellettiva, può costituire motivo di emancipazione e accrescimento, poiché il confronto

con gli altri, la verifica o percezione immediata della propria efficienza, l’affinamento

delle capacità autoregolative possono strutturare un ambiente ricco di possibilità e di

stimolazioni significative. Infine, particolarmente rilevante, per la persona con disabilità

risulta essere anche la dimensione creativa: la possibilità di dare vita, attraverso attività

ludiche e sportive, a un proprio stile di vita, un originale modo di essere, in quanto, a

causa del suo deficit, rischia di venire esclusa da ogni forma di progettualità e di

realizzazione autonoma e personale (Neri, 1980).

Coloro che si occupano di "servizi alla persona”, dovrebbero orientare lo scopo di

progettare e perseguire la migliore possibile Qualità della Vita (QdV) che, in presenza

della disabilità, assume propri indicatori, strategie d’azione e specifici strumenti di

valutazione. Se ne ricava il costrutto della Qualità della Vita del Disabile (QdVD) alla cui

definizione e declinazione si impegna la progettualità di una società inclusiva. Qui si

seguito viene elencata la mappa degli Indicatori della Qualità della Vita di Persone

Disabili di P. Crispiani e C. Giaconi

1. BENESSERE FISICO, SALUTE

a. Benessere fisico generale, stato di salute.

b. Percezione del proprio stato di salute.

c. Controllo del proprio stato di salute, conoscenza dei sintomi e delle situazioni critiche.

d. Percezione del proprio aspetto, vissuto somatico.

e. Efficienza fisica, abilità motorie e prassiche.

f. Controllo della sofferenza, dolore.

g. Alimentazione.

h. Cure mediche.

i. Cure abilitative.

2. BENESSERE PSICOLOGICO

Area emotiva

a. Controllo emozionale.

b. Controllo umorale.

c. Autostima e fiducia di sé

d. Senso di adeguatezza.

e. Senso di sicurezza.

f. Senso di appartenenza.

Area affettiva

a. Interessi materiali.

b. Interessi sociali e culturali.

c. Spirito di iniziativa.

Area comunicativa

a. Efficienza comunicativa non-verbale.

b. Efficienza comunicativa verbale.

Area sociale

a. Relazioni sociali, interpersonali.

b. Relazioni amicali.

c. Accettazione sociale.

d. Adattamento nei gruppi.

e. Status sociale.

f. Inclusione sociale.

g. Integrazione familiare.

3. AUTONOMIA E INDIPENDENZA

Area dell’autonomia personale

a. Autonomia igienica personale.

b. Autonomia nel vestirsi-svestirsi.

c. Autonomia nel nutrirsi.

d. Autonomia negli spostamenti, trasporto.

e. Autonomia nelle attività giornaliere.

f. Valutazione delle proprie competenze.

Area dell’autonomia di personalità

a. Autonomia della gestione domestica.

b. Autodeterminazione, autonomia di scelta.

c. Senso di controllo del proprio destino.

d. Capacità di risolvere problemi propri o familiari.

4. SVILUPPO PERSONALE E REALIZZAZIONE DI SÉ.

Area delle aspettative

a. Possesso di aspettative o scopi consapevoli.

b. Credenza del possibile miglioramento della propria condizione.

c. Identificazione professionale

Area del pensiero

a. Personali visioni etico-sociali.

b. Personali visioni politico-civili.

Area delle attività personali

a. Svago, attività ricreative e culturali

b. Attività di gioco o sport

c. Attività spirituali

d. Attività volontarie, filantropiche, civili

e. Attività associative

f. Partecipazione ad attività sociali.

Area della sicurezza personale

a. Tutela o difesa da possibili abusi.

b. Tutela o difesa da possibili sfruttamenti.

c. Rispetto dei propri diritti.

d. Garanzia di pari opportunità.

e. Rispetto della propria privacy.

f. Sicurezza sul proprio futuro.

Area delle interazioni familiari.

a. Piacere nella permanenza in ambiente familiare.

b. Relazioni coniugali.

c. Relazioni con i figli

5. QUALITÀ DELL’AMBIENTE ESISTENZIALE

Ambiente residenziale

a. Comfort abitativo.

b. Sicurezza abitativa (proprietà o familiarità).

c. Condotte dei residenti vicini.

d. Disponibilità di spazi ricreativi

e. Accesso alle risorse presenti in casa o nel vicinato.

Ambiente esterno

a. Cultura del contesto rispetto alla disabilità.

b. Cultura del contesto rispetto alla diversità.

c. Attenzione dei servizi alla disabilità.

d. Qualità dell’assistenza.

e. Qualità dei trattamenti abilitativi-riabilitativi.

6. CONDIZIONE ECONOMICA E LAVORATIVA

a. Sufficienza economica

b. Capacità di produrre reddito.

c. Occupazione.

d. Soddisfazione della propria occupazione.

e. Credenza del possibile miglioramento della propria condizione lavorativa.

Alla luce di quanto esplicitato all'inizio dell'elaborato, non si deve tralasciare un

momento di riflessione su tutti i tipi di ostacoli: archittetonici, psicologici, logicistici,

gestionali che persone diversamente abili possono incontrare nella decisione di

intraprendere un'attività sportiva ed incidere fortemente nel mantenere alto il livello

motivazionale. Molti stati di handicap non vietano ad una persona di svolgere un'attvità

fisica ma spesso ci si trova davanti ad enormi blocchi psicologici. Il primo reale nemico

da battere, da un punto di vista individuale, è il fantasma della paura, dell'insicurezza,

della bassa stima di sè, prima ancora dell'avversario. Talvolta, sport può significare,

inizialmente, combattere aspetti negativi dell’handicap come angoscia, ansia,

depressione, che determinano frustrazione e totale chiusura con il mondo esterno. Nel

caso di disabilità congenita si trovano associati alle limitazioni motorie anche dei deficit

primari nello sviluppo cognitivo, imputabili alla lesione in aree cerebrali deputate alle

funzioni cognitive superiori (es. linguaggio) e secondari conseguenti alle limitazioni

motorie imposte dalla disabilità. Il disabile congenito vive, rispetto al disabile

traumatizzato, un differente rapporto con la propria limitazione e, quindi, un diverso

vissuto psicologico. Un soggetto affetto da disabilità congenita, infatti, ha una maggior

facilità ad affrontare gli ostacoli con cui si è trovato a confrontarsi fin dalla nascita,

mentre un disabile acquisito, affronta gli impedimenti come un'enorme barriera

psicologica e, in casi estremi, con la rinuncia ad affrontare il mondo esterno e quindi la

vita. Anche se il disabile congenito accetta meglio del traumatizzato la propria diversità, è

chiaro che il disagio psicologico rimane ugualmente molto elevato. Nei casi più gravi la

sintomatologia può essere definita The Disabled Syndrom o Tds (W. Marley). Con tale

sindrome si definisce il comportamento depresso e privo di motivazione che aggravano lo

stato di difficoltà spingendo il disabile, verso uno stadio di immobilità. I sintomi

principali sono: l'aumento del peso, livelli ridotti di forma fisica e di abilità motoria,

rifiuto completo del proprio fisico, in particolare della condizione fisica come elemento su

cui puntare nella vita e nel rapporto con gli altri. La Tds è una sindrome severa e

limitante che può portare ad un peggioramento dello stato di invalidità e depressione,

senso di sfiducia nella possibilità di partecipare attivamente nella vita. A livello

relazionale, considerando la rete di sostegno intorno alle persone diversamente abili,

troviamo che un contributo negativo e di conseguenza una forte incidenza ad incorrere

facilmente in questa sindrome può essere dato dalla famiglia e da un forte senso di

protezionismo nei confronti del disabile. La famiglia del disabile, tal volta, può instaurare

meccanismi patologici nella gestione delle dinamiche relazionali con il mondo esterno ed

eventualmente, non collaborare adeguatamente con tutte quelle attività quotidiane

considerate non obbligatorie, come invece sono interpretate la frequenza scolastica o

l'attività lavorativa e di conseguenza optare sulla non iscrizione ad attività sportive.

I fattori principali a livello psicologico che possono instaurarsi nelle dinamiche mentali e

gestionali familiari con un disabile sono:

vergogna per il giudizio degli altri

ansia e paura sia per un peggioramento dello stato di salute (sintomi secondari), sia per un

eventuale nuovo infortunio in caso di disabilità da trauma

vissuto di non adeguatezza (non accettazione della disabilità)

difficoltà logistiche (incidono nel senso di colpa)

età dei familiari che si prendono cura dell'handicap (rassegnazione)

cultura dello sport nella famiglia (utilità, funzionalità)

difficoltà a reperire una palestra (perdita di motivazione)

difficoltà ad incontrare un allenatore in grado di preparare un progrmma di allenamento

adeguato con il deficit dell'atleta, integrando le proprie conoscenze delle regole e della

tattica sportiva con quelle relative alla patologia, agli ausili sportivi, alla comunicazione

al fine di avere una visione completa degli atleti, considerando quindi disabilità e risorse.

Da ciò derivano importanti implicazioni: in primo luogo, è necessaria un'approfondita

opera di preparazione e formazione di tutti coloro che si occupano di attività sportive

(allenatori, formatori, compagni di squadra, ecc.), in modo tale da favorire la

comprensione degli specifici bisogni del disabile. In secondo luogo è fondamentale dar

vita a quegli adattamenti delle attività sportive (nelle regole, nelle attrezzature, ecc.), che

permettano al soggetto con disabilità di essere protagonista e non solo spettatore degli

sport più diffusi tra i propri coetanei, infine creare una modalità di comunicazione ed

informazione specifica per coloro che in situazione di handicap, ma motivati a praticare

sport, possano facimente reperire e allo stesso tempo possano orientare i propri interessi,

tenedo conto dei limiti del deficit, verso un'attività sportiva.

Dott.sa SABRINA BENVENUTOPsicologa - Psicoterapeuta - Mediatore familiare

Esperta in psicologia dello sportDocente Scuola Regionale dello sport - Coni Liguria

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