Con una Grande manifeStazione della preSidente orietta ...

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Poste italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale bimestrale - DL 353/2003 (conv. In L. 27/02/04 n. 46) art. 1 comma 2 NE/TS. In caso di mancato recapito, inviare all’Ufficio Trieste-Cpo per restituire al mittente, che si impegna a corrispondere il diritto fisso dovuto. Taxe Perçue in italy N° 10 anno iii - dicembre 2016 N° 92 Anno XX delle pubblicazioni dei Dalmati di Trieste CON UNa GRaNde MaNifeSTaZiONe deLLa PReSideNTe ORieTTa MaROT La COMUNiTà iTaLiaNa di fiUMe aSSUMe La GUida deGLi iTaLiaNi iN CROaZia L’ambasciatore d’italia a Zagabria Chiodi Cianfarani: parziale l’applicazione dell’Accordo Dini-Granić del 1996. il nostro Sindaco Sardos albertini consegna una targa alla Marot Sotto l’Alto Patronato della Pre- sidente della Repubblica di Croazia Kolinda Grabar Kitaro- vić ed il sostegno del Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, si è celebrata nella grande Sala delle Feste di Pa- lazzo Modello, sede della Comu- nità italiana di Fiume, il 70° Anniversario della sua fonda- zione. La sala era al gran com- pleto con la presenza delle più importanti autorità della Croazia a partire dal Ministro della Ma- rineria Oleg Butković, che rap- presentava ufficialmente il Premier croato Andrej Pleković, dall’Ambasciatore a Zagabria Chiodi Cianfarani e del Console d’Italia a Fiume Palminteri, dall’intero direttivo del Centro di Studi Fiumani di Roma guidato da Amleto Ballarini, Marino Mi- cich e Mario Stalzer, dalla Presi- dente della Lega Nazionale fiumana di Trieste Elda Sorci, dai rappresentanti del nostro Li- bero Comune di Zara in Esilio- Associazione Dalmati italiani nel Mondo con il Sindaco Paolo Sar- dos Albertini, la Segretaria gene- rale del Comune Daria Garbin ed il Presidente della Delegazione di Trieste che da sempre tiene i contatti con gli Italiani residenti nell’Adriatico orientale Renzo de’Vidovich, oltre a da un gran numero di dirigenti delle Comu- nità italiane di Croazia. La grande manifestazione ha dimo- strato, ammesso che ce ne fosse ancora bisogno, che le Comunità italiane sono in grado di organiz- zare da sole manifestazioni con una presenza così nutrita di auto- rità che hanno affrontato temi d’importanza primaria senza l’ingerenza di un’organizzazione centrale, qual è l’Ui, rivelatasi costosa, inutile ed agganciata po- liticamente e culturalmente alla vecchia casta burocratica titina ormai in via di completa rotta- mazione. Si è trattato di una ma- nifestazione di primaria im- portanza per il numero e l’auto- revolezza dei presenti che non lascia dubbi sul fatto che la Co- munità degli italiani di Fiume sia una delle più numerose e la Pre- sidente Orietta Marot uno dei personaggi più autorevoli del va- riegato mondo istriano, fiumano e dalmata, sempre più insoffe- rente nei confronti dell’Unione italiana, autoreferenziale, priva di iniziative che non siano quelle che fanno comodo alla sinistra croata, che raccoglie i rottami del Partito socialista jugoslavo di continua a pag. 4 ViTTORia di TRUMP SOLO NOi L’aVeVaMO PReViSTa amici ed avversari ci chiedono come mai nel numero di settembre, quando tutti davano la Hillary vincente con 15-20 punti di distacco noi prevedevamo una sberla di donald a tutti: giornali, Tv, banche, sondaggisti e finanzieri coalizzati insieme. Semplice. Bastava andare su internet e non fermarsi solo alle due fotografie riprese fino alla nausea dalle nostre televisioni che ripor- tavano solo il podio dei due contendenti con i cartelli sventolati da una cinquantina di attivisti, ma visionare anche le platee del pub- blico. Si sarebbe potuto vedere subito che le platee della Clinton ri- guardavano piccoli teatri desolatamente vuoti, mentre quelle di Trump erano costituite da stadi pieni fino all’inverosimile. Restava da valutare quale fosse il peso dei sondaggi dimostratisi fasulli in occasione dell’uscita della Gran Bretagna dall’Ue e quelli della stampa e della casta che aveva appena dato una dimostrazione di debolezza in inghilterra. Non era, quindi, tanto difficile fare una previsione a favore di donald. Bastava non aver portato il cervello all’ammasso o essere pagati dalla Cupola finanziaria mondialista che, avevamo previsto stesse crollando, pubblicando una significa- tiva foto di una cupola lesionata.

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poste italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale bimestrale - DL 353/2003(conv. In L. 27/02/04 n. 46) art. 1 comma 2 NE/TS. In caso di mancato recapito, inviare all’UfficioTrieste-Cpo per restituire al mittente, che si impegna a corrispondere il diritto fisso dovuto.

taxe perçue in italy n° 10 anno iii - dicembre 2016n° 92 Anno XX delle pubblicazioni

dei Dalmati di Trieste

Con una Grande manifeStazione della preSidente orietta marot

la Comunità italiana di fiume aSSume la Guida deGli italiani in Croazial’ambasciatore d’italia a zagabria Chiodi Cianfarani: parziale l’applicazione dell’AccordoDini-Granić del 1996. il nostro Sindaco Sardos albertini consegna una targa alla marot

Sotto l’Alto Patronato della Pre-sidente della Repubblica diCroazia Kolinda Grabar Kitaro-vić ed il sostegno del Presidentedella Repubblica italiana SergioMattarella, si è celebrata nellagrande Sala delle Feste di Pa-lazzo Modello, sede della Comu-nità italiana di Fiume, il 70°Anniversario della sua fonda-zione. La sala era al gran com-pleto con la presenza delle piùimportanti autorità della Croaziaa partire dal Ministro della Ma-rineria Oleg Butković, che rap-presentava ufficialmente ilPremier croato Andrej Pleković,dall’Ambasciatore a ZagabriaChiodi Cianfarani e del Consoled’Italia a Fiume Palminteri,dall’intero direttivo del Centro diStudi Fiumani di Roma guidatoda Amleto Ballarini, Marino Mi-cich e Mario Stalzer, dalla Presi-dente della Lega Nazionalefiumana di Trieste Elda Sorci,dai rappresentanti del nostro Li-bero Comune di Zara in Esilio-Associazione Dalmati italiani nelMondo con il Sindaco Paolo Sar-dos Albertini, la Segretaria gene-rale del Comune Daria Garbin edil Presidente della Delegazionedi Trieste che da sempre tiene icontatti con gli Italiani residentinell’Adriatico orientale Renzode’Vidovich, oltre a da un grannumero di dirigenti delle Comu-nità italiane di Croazia. Lagrande manifestazione ha dimo-strato, ammesso che ce ne fosseancora bisogno, che le Comunità

italiane sono in grado di organiz-zare da sole manifestazioni conuna presenza così nutrita di auto-rità che hanno affrontato temid’importanza primaria senzal’ingerenza di un’organizzazionecentrale, qual è l’Ui, rivelatasicostosa, inutile ed agganciata po-liticamente e culturalmente allavecchia casta burocratica titinaormai in via di completa rotta-mazione. Si è trattato di una ma-nifestazione di primaria im-portanza per il numero e l’auto-revolezza dei presenti che nonlascia dubbi sul fatto che la Co-munità degli italiani di Fiume siauna delle più numerose e la Pre-sidente Orietta Marot uno deipersonaggi più autorevoli del va-riegato mondo istriano, fiumanoe dalmata, sempre più insoffe-rente nei confronti dell’Unioneitaliana, autoreferenziale, privadi iniziative che non siano quelleche fanno comodo alla sinistracroata, che raccoglie i rottami delPartito socialista jugoslavo di

continua a pag. 4

Vittoria di trumpSolo noi l’aVeVamo preViStaamici ed avversari ci chiedono come mai nel numero di settembre,quando tutti davano la Hillary vincente con 15-20 punti di distacconoi prevedevamo una sberla di donald a tutti: giornali, tv, banche,sondaggisti e finanzieri coalizzati insieme.Semplice. Bastava andare su internet e non fermarsi solo alle duefotografie riprese fino alla nausea dalle nostre televisioni che ripor-tavano solo il podio dei due contendenti con i cartelli sventolati dauna cinquantina di attivisti, ma visionare anche le platee del pub-blico. Si sarebbe potuto vedere subito che le platee della Clinton ri-guardavano piccoli teatri desolatamente vuoti, mentre quelle ditrump erano costituite da stadi pieni fino all’inverosimile. restavada valutare quale fosse il peso dei sondaggi dimostratisi fasulli inoccasione dell’uscita della Gran Bretagna dall’ue e quelli dellastampa e della casta che aveva appena dato una dimostrazione didebolezza in inghilterra. non era, quindi, tanto difficile fare unaprevisione a favore di donald. Bastava non aver portato il cervelloall’ammasso o essere pagati dalla Cupola finanziaria mondialistache, avevamo previsto stesse crollando, pubblicando una significa-tiva foto di una cupola lesionata.

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IL DALMATA LIBERO2 dicembre 2016

a poCa diStanza dalle foiBe titine di BaSoVizza e plutonefolla di trieStini ed eSuli all’inauGurazionedella Statua a monS. antonio Santinnel 1945 l’arcivescovo fece voto di erigere un tempio alla madonna se avesse salvato triestedalla furia dei comunisti jugoslavi di tito. Sentita partecipazione dei dalmati di trieste.

a poCa diStanza dalle foiBe titine di BaSoVizza e plutonefolla di trieStini ed eSuli all’inauGurazionedella Statua a monS. antonio Santinnel 1945 l’arcivescovo fece voto di erigere un tempio alla madonna se avesse salvato triestedalla furia dei comunisti jugoslavi di tito. Sentita partecipazione dei dalmati di trieste. Trieste e gli esuli istriani, fiumani e dalmati non hanno dimenticato ilruolo che mons. Santin ricopri in queste terre quando difese la cittàaffrontando, vestito con i paramenti sacri, il gauleiter tedesco Reinered ottenendo la liberazione di molti cittadini incarcerati nella Risieradi San Sabba. Ma, soprattutto, tutti lo ricordano per la richiesta di in-tercessione alla Vergine che sola aveva il potere di salvare Trieste dalla

feroce invasione delle bande comuniste di Tito che nei 40 giorni dioccupazione uccisero e gettarono nelle foibe o deportarono migliaiadi triestini che non fecero mai ritorno a casa. La Foiba di Basovizza ela Foiba Plutone distano poco in linea d’aria da Monte Grisa e rap-presentano il dolore degli italiani, mentre il Sacrario voluto dal mons.Santin rappresenta la Speranza e la Misericordia divina.

“Ho conosciuto mons. Santin quandoavevo 19 anni e rappresentavo lagioventù dalmata appena arrivata aTrieste dall’esilio. Quell’anno assun-si l’incarico di cui non avevo intuitol’importanza, anche perché appa-riva, ahimè, rassicurante e usuale.Segretario generale della Giuntad’Intesa studentesca che mi catapultòda lì a poco a capeggiare la rivoltaper il ritorno di Trieste alla Madre-patria del 5-6 novembre 1953. Avevo come punti di riferimento ilSindaco Bartoli e il mio Arcive-scovo, il defensor civitatis come lochiamavamo allora e come lo chia-miamo ancor’oggi. Quando lasciammo sulle strade fi-nanco accanto alla Chiesa diSant’Antonio sei morti, che poi di-

vennero sette (Stelio Orciuolo morìpoco dopo per le ferite riportate) edoltre 150 feriti da arma da fuoco eda corpi contundenti, fui chiamatoda mons. Santin che mi intimò difermare questo massacro. I dirigenti delle scuole e dell’Uni-versità passarono parola: MONS.SANTIN ORDINA DI FERMARSI!Come per incanto e con mia sor-presa, davanti alle bare dei seiamici, ai tanti feriti ed agli incarce-rati, l’ordine dell’Arci-vescovoebbe un effetto immediato. Tutti si fermarono. Se l’ordinel’avessi impartito io, l’effetto nonsarebbe stato certo lo stesso. Gio-vani o non più giovani fermarono lenostre sacrosante rimostranze ecessarono anche le raffiche dei fu-cili mitragliatori della Polizia civileagli ordini del Governo militare al-leato anglo-americano.Oggi, a nome dei Dalmati, ma so-prattutto a nome di quei ragazzi del’53 che restarono incolumi e vivi,evitando di essere feriti o uccisi, edio sono probabilmente tra questi,sono qui a ringraziare al mons.Santin. Grazie caro nostro grande,unico defensor civitatis!”

Grazie dei dalmati e dei raGazzi del’53 nel Saluto dell’on. de’VidoViCH

la benedizione della statua di mons. Santin da parte dell’arcivescovoGiampaolo Crepaldi, Vescovo di trieste

nella foto di sopra le autorità religiose, militari e civili alloscoprimento della statua; in basso uno scorcio della folla

un gruppo della Congregazione di San Girolamo particolarmenteattivo nella realizzazione del memoriale dei dalmati in via diultimazione, con l’aiuto di tutti i lettori che inviano il loro contributocon il ccp allegato al giornale

Una società specializzata di Ve-nezia procede speditamente allarealizzazione in legno del trian-golo di Eulero, tipico del San-tuario, che conterrà i dipintiriprodotti a mano dei Santi dal-mati e della Croce dei France-scani di Zara. Sarà bellissimo!L’attuale esposizione provviso-

ria, pur in forex e polistirolo, è stata molto apprezzata dai tanti visitatori.

Una società specializzata di Ve-nezia procede speditamente allarealizzazione in legno del trian-golo di Eulero, tipico del San-tuario, che conterrà i dipintiriprodotti a mano dei Santi dal-mati e della Croce dei France-scani di Zara. Sarà bellissimo!L’attuale esposizione provviso-

ria, pur in forex e polistirolo, è stata molto apprezzata dai tanti visitatori.

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IL DALMATA LIBERO 3dicembre 2016

GioVani riBelli Giuliano-dalmati Contro “le aSSoCiazioni Vendute”

“fuori l’italia dalla nato”per la SoVranità d’italia e dell’europain una manifestazione a trieste scocca un’inattesa scintilla rivoluzionaria: insofferenza deigiovani verso il controllo americano e dell’alta finanza. la censura della stampa non giova, anzi! Trieste, 18 ottobre 2016 Sento da lontano gracchiare un al-toparlante: nessuna pietà per chi cihan incatenato, fuori l’Italia dallaNato! Il motto viene ripreso in coroda parecchie centinaia di giovani. Che siano dei Centri sociali?

Quando mi avvicino sono colto dagrande sorpresa: bandiere trico-lori, inni nazionali e – sorpresa trale sorprese – alcuni ragazzi chenon conosco sventolano bandieredi Trieste, Istria, Fiume e Dalma-zia che hanno una foggia diversadalle bandiere delle associazionidegli esuli. Il corteo si conclude in Piazza San-t’Antonio dove vengono ricordati i

Caduti del ’53, uccisi dagli anglo-americani. Chiedo ad un ragazzo,che non conosco ma che mi cono-sce, che porta una bandiera dal-mata: perché siete contro la Nato?Mi risponde seccamente che i di-mostranti non accettano che i no-stri soldati siano spediti a morire aMosul in Iraq, nella Sirte in Libiaed addirittura ai confini contro laRussia di Putin che non è più co-munista, agli ordini di un generaleamericano, comandante dellaNato, per difendere gli interessiamericani. Chiedo ad un altro:Siete contro l’€uro e l’Europa?Altra sorpresa: No, l’Europa deveuscire come l’Italia dalla Nato perritrovare la propria sovranità el’€uro deve essere liberato dallasudditanza verso Dollaro e Ster-lina. Non so se siano tesi indivi-duali dei due giovani che hointerrogato a caso, perché non leho sentite scandire in coro. Chiedo ad un altro ragazzo se i ri-belli della Pro Patria si sono con-frontati con i ragazzi delle altreassociazioni degli esuli. No, le as-sociazioni pensano solo ai soldi enon hanno giovani. La manifestazione non era stata an-nunciata da Il Piccolo che, il giornodopo, non ne fa parola. Qualcunopensava un tempo che se un fattonon era scritto sul giornale, quelfatto non esisteva proprio. Non èpiù così. Mi domando, anzi, se ma-nifestazioni analoghe si siano veri-

ficate in altre città d’Italia e d’Eu-ropa senza che l’opinione pubblicane sia informata perché censuratedalla stampa. Non credo sia suffi-ciente ignorare una tesi politicafuori dal coro per eliminarla epenso, anzi, che sia necessario par-larne, discuterne ed elaborare unalinea politica che tenga conto dicome la pensi la gente comune e so-prattutto i giovani informati da In-ternet che nessuno controlla. Vero è che da tempo sento tirare inItalia un vento anti americano chea Trieste non spirava dai tempi del-l’occupazione anglo-americana,cessata dopo i Moti del 5-6 novem-bre 1953. Con una differenza: al-lora i giovani erano organizzati inassociazioni che discutevano e siassumevano la responsabilità diadottare una linea di politica esteraben discussa, studiata ed analiz-zata. Oggi le associazioni degliesuli sono emarginate perché con-

siderate succubi di un potere filoamericano, per dirla con un’espres-sione che ho sentito ripetere damolti dei giovani ribelli. Resto sorpreso e preoccupato per-ché mi pare che una consistenteparte dei giovani ribelli non di-stingua, perfino a Trieste, tra leassociazioni dei Dalmati intransi-genti, efficienti e pulite (con moltigiovani) dalle altre. Non mel’aspettavo. Forse l’Associazione Pro Patria diAntonino Martelli ha assunto unadimensione ed una maturità chesono sfuggite a tutti, a causa dellarigida censura di stampa e TV sututti quanti siano fuori dal coro? Questa manifestazione precede dipochi giorni l’inizio dell’era Trump.Ora è tutto cambiato?Ragazzi, parlatene con i giovanidalmati che a Trieste esistono, sononumerosi, puliti ed intelligenti.

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IL DALMATA LIBERO4 dicembre 2016

Tito e si mantiene in sella solograzie ai finanziamenti versatidall’Italia, nonché dai legami coni resti del Partito comunista ita-liano e croato che si scambianoreciproci favori.La Presidente Marot e lo staffdegli amici che la seguono intutte le Comunità dell’Istria edella Dalmazia è chiaramente in-dipendente da ogni legame parti-tocratico sia croato che italianoed è ricevuta in pompa magnadalla Presidente della Repubblicacroata Kolinda Grabar Kitarović,tratta con i più importanti Mini-stri della Croazia e gli Ambascia-tori e Consoli d’Italia in Croazia

e Slovenia, mentre la vecchia estanca dirigenza Ui continua asvolgere la funzione di cavalieriserventi senza seguito, senza ideee senza prospettive, appoggiatisolo da quelli che si spartiscono imilioni di euro stanziati dalloStato italiano e da quello croato esulle proprietà di immobili delvalore di 35 milioni di euro, ac-quistati dallo Stato italiano. Il giorno in cui i finanziamentidello Stato italiano non sarannopiù stanziati attraverso l’Ui, maverranno erogati attraverso le no-stre Ambasciate ed i nostri Con-solati, si troveranno con unpugno di mosche in mano.

la preSidente di fiume orietta marotriuniSCe autorità, italiani reSidenti ed eSuliContinua dalla prima pagina

uno scorcio della sala dove si è svolta l’imponente cerimonia

una ripresa parziale della prima fila con il Sindaco dei dalmati paoloSardos albertini accanto alle autorità religiose, della Contea litoraneomontana, del Comune di fiume, del ministro del Governo dellarepubblica di Croazia e della presidente marot

il nostro direttore saluta l’ambasciatore d’italia a zagabriaalessandro Chiodi Cianfarani che anche nel discorso tenutoall’assemblea, ha ricordato l’accordo italo croato sulla tutela delleminoranze firmato a zagabria dai ministri degli esteri dini e Granić

Si sono stretti intorno alla presidente della Ci di fiume orietta marot,i dirigenti degli esuli fiumani. nella foto amleto Ballarini, presidentedella Società di Studi fiumani di roma che ha ricevuto alcuni giornior sono un importante riconoscimento da parte dell’amministrazionedella sua città natale mario Stalzer, presidente degli esuli fiumani dipadova, insieme al nostro direttore e a marino micich direttore delarchivio - museo storico di fiume di roma

Hanno portato la loro solidarietà alla presidente orietta marotautorevoli rappresentanti della padova patriottica in foto dasinistra il prof. Sandro Gherro, dirigente dell’associazionismostorico patavino, il direttore responsabile della rivista Opinioninuove dott. patrizia rossetti, il dott. Giulio de’renoche,presidente della cooperativa risorgimentale Cavalletto e lasegretaria del nostro giornale dott. daria Garbin.

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IL DALMATA LIBERO 5dicembre 2016

Su preSSione di tito attraVerSo randolpH, fiGlio di CHurCHill

BomBardamenti terroriStiCi anGlo-ameriCani Su zarala trimurti di padova fa scomparire lo scomodo libro di talpo e Brcic. il nostro libero Comunedi allora ebbe il coraggio di denunciare alleati e Comunisti jugoslavi e italiani. Silenzio su zaraI vecchi dirigenti zaratini, che rappre-sentavano il dolore di una città di-strutta apparentemente senza ragione,pensavano che la funzione della loroAssociazione fosse quella di testimo-niare al mondo, costi quel che costi,l’ingiustizia subita dalla città di Zara,ridotta ad un cumulo di macerie e nonpiù abitabile né difendibile. Veniva ripetuto allora quello cheoggi sembra un insulto verso la Cu-pola finanziaria che comanda ilmondo. Zara fu distrutta dai bom-bardamenti terroristici, così eranochiamati dagli anglo-americani,perché allora la parola terrorismo,usata contro le popolazioni tede-sche ed italiane era bella, legittimaed appropriata. Chi avrebbe maiimmaginato che settantadue annidopo i terroristi da esorcizzare sa-rebbero stati altri, come il Califfodell’estremismo islamico? Nella guerra gli inglesi e gli ameri-cani non erano andati per il sottileed avevano addirittura denominatoSherman il carro armato T42 del1942 in onore di un sanguinario ge-nerale americano che aveva fattoquanto di più ignobile potesse es-sere imputato ad un militare: feceterra bruciata di città e campi degliStati confederati del Sud bruciando,come esempio d’intimidazione, in-tere città di confratelli americanidelle dimensioni di Atlanta per ter-rorizzare gli avversari in nome dellalibertà ma, in realtà, per accelerarela vittoria dell’allora trionfante do-minio nordista. Come poi fu fatto

anche per Nagasaki e Hiroshima.Che senso ha dirsi oggi rappresen-tanti della Zara in Esilio se poi sitace su chi attuò la distruzione dellacittà ed esiliò i suoi figli su richiestadi Tito? Ebbene, oggi viene rigoro-samente vietato parlare di bombar-damenti terroristici, quando a farlinon erano i califfi di turno, ma ibuoni stati democratici che vole-vano solo liberare me e voi dalladittatura fascista. Cosa che oggi,dopo cinquant’anni in cui tuttihanno visto che la volontà del po-polo conta come un soldo bucato,nessuno più prende sul serio. Non tutti capiscono perché JosipBroz Tito non debba essere definitol’infoibatore, il dittatore che con ilterrore impose il comunismo in Ju-goslavia. Perché dopo la rottura diTito con Stalin, anche Tito è diven-tato bravo e buono perché ebbe,

oltre al merito di combattere l’Asse,anche quello di creare qualche pro-blema all’Urss. Come nel caso del crollo del co-munismo dell’Urss, così anche lafine del comunismo e della Fede-rativa Socialista jugoslava fu ac-compagnato da assicurazioni chenon uno degli aguzzini dei gulag,delle polizie sovietiche (Ceka eKgb) e delle titine Ozna e Udba sa-rebbe stato toccato. Eppure, nel-l’Unione sovietica le decine dimilioni di persone assassinate nonerano prive di padri, madri, sorelle,figli o nipoti che si sono guardatibene dal chiedere giustizia. Cosìl’hanno fatta franca anche i comu-nisti jugoslavi di Tito che abbiamotentato, nel periodo in cui de’ Vi-dovich è stato Presidente della Fe-derEsuli, di portare in Tribunalealmeno gli infoibatori di italiani.

È troppo grande e troppo ambiziosoper una piccola associazione, qualenoi siamo, affrontare problemi cosìgrossi? Non vi è alternativa: o rappresen-tiamo i Caduti sotto le bombe terro-ristiche anglo americane dellanostra città, gli infoibati da Tito, gliuccisi a Trieste dagli Alleati nel no-vembre 1953, tra i quali il dalmataPierino Addobbati, o non siamoniente. Anzi. Siamo piccoli traditoriche starebbero meglio rintanarsi acasa propria e scomparire.Non è, dunque, un caso che a Trie-ste i dalmati siano pronti a rappre-sentare la testimonianza ideale dellatragica storia degli italiani di Dal-mazia, avendo dietro tutte le fami-glie che hanno abbandonato dametà dell’Ottocento la Dalmaziasotto la persecuzione austro-unga-rica prima, del Regno di Jugoslaviapoi e, infine, dalla Federativa socia-lista Jugoslava. I molti amici di questa cordata nonsentono certo di essere degli eroiperché oggi nessuno ci spara più ad-dosso, ma sono orgogliosi di conti-nuare una battaglia assai menopericolosa ma molto meno entusia-smante, perché contrastata da piccoliometti che in nome di qualche finan-ziamento, oltretutto modesto, sonopronti a vendere un passato gloriosolungo due secoli. Noi continueremo per non seppel-lirlo ignominiosamente in uno deitanti cimiteri degli ignavi, che ab-bondano in Italia.

Quanto scommettiamo che, dopo anni di censure, la frustatainferta con questo articolo costringerà i frenatori di padova atirar fuori il libro. l’edizione in italiano, inglese e croato fattadalla delegazione di trieste andò subito esaurita. dellesuccessive edizioni dovrebbero esserci molte copie in giacenza.

FeCerO un DesertO e lO ChiAmArOnO pACe. tACitO

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IL DALMATA LIBERO6 dicembre 2016

una Centrale mondialiSta per Creare la BaBele delle linGue

no all’inGleSe SuBliminale e al SenSo Snaturato delle parole l’opinione pubblica è condizionata da sigle incomprensibili e parole manipolate perconfondere le idee e mantenerla succube. la rivolta in internet. Vince il no odiato dalla casta.

Quando negli anni ’70 il prof.Claudio de’ Ferra, una delle mentipiù lucide della destra triestina eitaliana, propose di costituire unCentro per combattere la battagliadelle parole imposte dal regime deltempo, sembrò un’esagerazione.Già allora infatti, chi svolgeva at-tività politica nell’opposizione cheera rappresentata solo da un pic-colo partito marchiato a fuococome “nostalgico”, e soprattutto“fuori dall’arco costituzionale” ap-pariva chiaro che bastava far circo-lare in giornali, radio e TVvocaboli negativi per demonizzareprincîpi, idee e dottrine fuori dalcoro, per condizionare le mentidella gente. Se avessimo accettatole parole imposte ad arte, la batta-glia per difendere idee, princîpi etradizioni avremmo perso in par-tenza una battaglia di civiltà deci-siva per l’Italia e per l’Europa. Ecosì avvenne.

A distanza di mezzo secolo la situa-zione è diventata, però, insopporta-bile anche per un comune lettore.Gli articoli di giornali sono pieni diparole e modi di dire inglesi, chesolo una parte modesta degli italianicomprende pienamente e di sigleche ai più non dicono nulla, ma so-

prattutto di parole italiane stravoltenel loro significato originale. Ormaiappare chiaro che tutto ciò non av-viene a caso, perché è frutto del la-voro di un Centro internazionale cheimpone a giornali e TV, utilizzandole agenzie stampa che sono state fi-nora l’unica fonte d’informazione,l’uso martellante di vocaboli sba-gliati in luogo di quei giusti, il piùdelle volte stravolgendo il senso

della parola rispetto all’uso comune. Il nostro giornale, con un ritardoche non ci perdoniamo, intende par-tecipare alla denuncia di questa si-tuazione disponendo di mezzi a dirpoco francescani, con una capacitàdi diffusione semplicemente irriso-ria, ma con la profonda convinzioneche basti talvolta tirare un sasso percoagulare forze sane che altrimentisarebbero disperse ed inattive.Come i tanti che protestano in In-ternet e che disegnano gustose vi-gnette che riproduciamo, adimostrazione che non siamo soli. Non accettiamo, ad esempio, chevengano chiamati con il terminesimpatico e accattivante di politi-cally correct quelli che diconosempre di sì a tutto quanto la Cu-pola finanziaria mondialista im-pone, che noi chiamiamo, invece,pecoroni, o gente che ha portato ilcervello all’ammasso. Denun-ciamo da tempo i cosiddetti intel-lettuali di sinistra, sottomessi perindole al padrone di turno che untempo si chiamava Unione sovie-tica ed oggi si chiama Cupola

mondialista, che è tutt’altra cosa ri-spetto all’Urss: le mezze calzetteche vivono di cultura non si sonoaccorte di un cambiamento

enorme, anzi, epocale!Innanzitutto dichiariamo guerra al-l’uso delle parole inglesi, ancheperché il più distratto dei nostri let-tori si è accorto che oltre ad esserespesso incomprensibili, conten-gono quello che viene chiamatomessaggio subliminale, cioè unmessaggio nascosto che lettore edascoltatori TV subiscono ed assor-bono senza accorgersene e, quindi,in maniera acritica. È sparita persempre da stampa e TV la parolasodomita, termine che da Dantefino a poco tempo fa era usato datutto il popolo italiano per indicaregli omosessuali, quando non si vo-

leva usare espressioni molto piùpesanti, ma allora assai comuni. Siusa l’inglese gay, come se le cop-pie formate da uomo e donna nonfossero gaie, felici, allegre e con-tente perché solo le coppie chepadre Dante metteva nel gironedell’Inferno tra coloro che pecca-vano contro natura fossero gaie,felici e contente. Ma perfino una festa nata per dis-sacrare il nostro antico culto deimorti, la cristiana pietas verso i de-

funti ereditata dalla civiltà greco-romana del culto dei Lari e dei Pe-nati, viene coperta dal nomeinglese di halloween, in cui sischerniscono i morti, trasformati inscheletri fosforescenti, vampirisucchiasangue, streghe malefiche egatti neri da sacrificare e vivisezio-nare in nome di questa nuovamoda e diavoli da ammirare. Pernobilitare questa festa satanista, in-ventata una cinquantina d’anni fada tale Jack T. Chick, si sono in-ventate radici religiose, celtiche epescate in altre saghe del Nord chenon hanno, invece, alcun rapportocon questa novità consumistica.

Non chiameremo, inoltre, colored,i gialli, i neri, i pellerossa, gli arabiecc. anche perché noi indoeuropeinon siamo trasparenti ma siamocomunemente chiamati bianchi. Ilbianco è un colore, fino a provacontraria, come tutti gli altri.Quindi, anche noi siamo “colo-rati”. Insomma, si vuol far credere,usando l’espressione inglese colo-red, che non esistano differenzerazziali tra africani, asiatici, pelli-rossa americani, arabi e noi, il chenon è scientificamente vero.

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IL DALMATA LIBERO 7dicembre 2016

In questi anni abbiamo dovutorispondere a molti amici che cidomandavano se esistesse vera-mente l’Accordo Dini-Granićperché suonava strano che solonoi ne parlassimo e vi erano nonpoche difficoltà a reperirlo negliarchivi usuali. Abbiamo perciòdovuto spedirlo a dritta ed amanca e abbiamo continuato,con noiosa insistenza, a chiederel’applicazione del Trattato italo-croato a Tutela delle reciprocheminoranze, firmato a Zagabria il5 novembre 1996 dai Ministridegli Esteri Lamberto Dini eMate Granić. Abbiamo pro-mosso la presentazione al Senatodi interrogazioni sull’argomentoda parte del sen. Fabrizio Di Ste-fano che hanno subito incredibiliintralci da parte dei frenatori diturno molto attivi nel tentativo difermarci, ma immobili quando sitrattava di spingere le istanzedegli esuli, dalmati e non. Il 3 settembre scorso quandovenne fondata a Zagabria l’As-sociazione “italiani in Croa-zia” presieduta dallo spalatinoGiorgio martinić l’Unione ita-liana si affrettò a dire pubblica-mente che l’Accordo esistevadavvero, ma che “l’unica asso-ciazione rappresentativa degliitaliani nel paese (la Croazia,ndr), l’Unione italiana, era rico-nosciuta come tale nell’Accordoitalo-croato sulla Tutela delle ri-spettive minoranze firmato nel1996”. Fuori dal burocratese,l’ammissione a denti stretti delPresidente dell’Ui Furio Radinriprendeva un’antica tesi assolu-tamente infondata, secondo laquale l’articolo 4 dell’Accordo,attribuisse all’Ui di Radin e Tre-mul il monopolio in fatto di pro-poste da presentare al Governocroato e italiano in materia di

minoranze. E così Lor Signori,come platealmente dimostral’assenza di ogni iniziativa per laDalmazia, non presentavano do-manda alcuna, bloccando inoltrecoloro che volevano farlo. In-fatti, quando il Centro di Ricer-che Culturali Dalmate diSpalato, a nome delle nostre Co-munità e di varie Associazioniculturali, ha richiesto l’esten-sione dell’Accordo Dini-Granićalla Dalmazia, qualcuno si pre-murò di sollevare “conflitto dicompetenze” su chi potesse con-tattare il Governo croato equello italiano per far rinascereiniziative culturali statali, ma-gari partendo da quelle sponso-rizzate dai Dalmati di Trieste. Anche le altre Associazionidegli esuli sono rimaste silenti. I nostri interventi presso i re-sponsabili politici e diplomaticidel Ministero degli Esteri e dellaCultura, che pur apparivanomolto vicini alle nostre tesi, fu-rono fermati in attesa di una de-cisione politica che stentava adarrivare.

Poi l’Ambasciatore AdrianoChiodi Cianfrani, un signor Am-basciatore!, ha quest’anno de-ciso che la situazione nonpotesse più continuare. Decisedi dare grande ed insolita visibi-lità al ventennale del l’AccordoDini-Granić, sottolineato da unamanifestazione al Teatro nazio-nale di Zagabria dove è andatain scena la Prima di Gala dellaMadama Butterfly di Puccini,accompagnata da un’autorevoleconferenza indetta per fare ilpunto della situazione sull’Ac-cordo. Di cui nessuno parlava,salvo i poveri derelitti redattoride Il Dalmata libero. Questa è,in sintesi, la lunga trafila che ab-biamo dovuto fare per tirarefuori dopo vent’anni dal frigori-fero delle cose da dimenticarel’Accordo italo-croato. Di colpo, tutti si sono ricordatidell’esistenza del ormai famosoAccordo perché la manifesta-zione di Zagabria godeva del-l’Alto Patrocinio del Presidentedalla Repubblica di Croazia Ko-linda Grabar Kitarović e del Pre-

sidente della Repubblica italianaSergio Mattarella, per cui era di-ventato assolutamente impossi-bile nasconderlo sotto il tappetoo ignorarne l’esistenza.Segnaliamo l’iniziativa degliamici fiumani di Roma, datempo interessati all’Accordo,che in data 14 ottobre hannocommemorato Francesco Dre-nig ed hanno voluto anche ricor-dare in Italia il ventennaledell’Accordo Dini-Granić. Poi,l’Unione italiana che quest’annocompie 72 anni dalla sua fonda-zione e 25 dall’abbandono dellastella rossa sulla bandiera ita-liana e dalla sottomissione allaLega dei Comunisti Jugoslavi,ha creduto bene aggiungereanche la commemorazionedell’Accordo di Tutela delle mi-noranze italo-croato del 1996!!! Nel ringraziare i numerosiamici, che increduli hanno presoatto di questa nostra grande sod-disfazione, alla faccia di tutti igufi e frenatori, non ci resta cheassicurarli che non ci faremostordire dalle chiacchiere e dallecommemorazioni, peraltro benaccette, ma vigileremo e saremoperseveranti nel chiedere per laDalmazia l’istituzione di asili,scuole elementari e superiori, ilriconoscimento pubblico del-l’asi-lo privato di Zara e delLiceo Leonardo da Vinci di Spa-lato, poveramente aiutati dagliamici di Trieste, nonché la pre-sentazione di quadri e statue diartisti dalmati ed italiani, l’ese-cuzione di musiche, quali leopere liriche, le operette ed iconcerti moderni in tutta la Dal-mazia. E tutte le altre iniziativefilmistiche, letterarie ed in ge-nere culturali, che mancanonella nostra terra da oltre 70anni.

l’ambasciatore d’italia a zagabria adriano Chiodi Cianfaraniripreso insieme ai dirigenti del teatro nazionale di zagabria,ha il merito storico di aver rilanciato l’accordo italo-croato ditutela delle rispettive minoranze

diluVio di ConGratulazioni al Giornale ed al noStro direttore

fuori dal friGo dopo 20 anni l’aCCordo dini-GraniĆ per la dalmazial’ui l’aveva bloccato pretendendo il monopolio delle iniziative, mai attuate. l’ambasciatoreChiodi Cianfarani ha rotto la cortina di silenzio. tutti oggi si accodano dietro di noi.

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IL DALMATA LIBERO8 dicembre 2016

intereSSante rilanCio a roma della riViSta minOrAnze-mAnjine

italia, VoGlia di SuBire le teSi GiuStifiCazioniSteGli storici-cronisti italiani si appoggiano sugli storici-guida croati: ignorano che fino a metà’800 lingua e cultura italiani erano egemoni in dalmazia. poi fu pulizia etnica secolare...

Alla base di ogni libro di storiavi è un cronista che racconta ifatti, così come si sono verificatima dando maggior rilievo aquelli favorevoli alla sua partepolitica. Questi benemeriti edindispensabili cronisti della sto-ria si lasciano guidare, nel dareun maggior o un minor risalto aisingoli episodi, dagli storici im-pegnati nell’interpretazione deifatti per cui finiscono per dareun senso politico a ciò che è ac-caduto e che finisce il più dellevolte nei testi scolastici di storiache propinano opinioni agli al-lievi come oro colato. Tra i dal-mati esiste una numerosacategoria di cronisti, spesso solomemorialisti che testimonianosingoli fatti particolarmentedrammatici o personali, mentrepochi sono coloro che si avven-turano nell’interpretazione dellastoria cioè nello spiegare il con-testo nel quale i fatti si sonosvolti e soprattutto il peso e il si-gnificato che questi fatti hannoavuto sulla storia di una na-zione, di una regione o di unacittà. Tra i grandi cronisti ricor-diamo oddone talpo che pub-blicò per conto dello StatoMaggiore dell’Esercito tregrossi volumi per un totale di4280 pagine denominati Dalma-zia: una cronaca per la storia.In realtà, Talpo è un cronista cheha ben chiara la chiave d’inter-pretazione della storia della pre-senza italiana in Dalmazia dal’41 al ’43 e, quindi, costituisceuna via di mezzo tra lo storicocronista e lo storico guida, inter-prete dei fatti storici. In moltidei suoi libri ed articoli su la Ri-vista dalmatica Talpo non lasciadubbi in proposito ed i Dalmatiitaliani lo hanno considerato unpunto fermo di riferimento nell’interpretazione della nostrastoria recente. In questa scia in-

terpretativa si collocano libri epubblicazioni di Praga, dei Tac-coni, di Lovrovich, de’Vidovich,Toth e molti altri ancora. Poi c’èun numero notevole di cronistimemorialisti e, da ultimo, uncronista che ha stampato ben2098 pagine dei fatti verificatisiin Dalmazia negli ultimi secoli. Per dare un giudizio sull’operadi Luciano Monzali si deve ne-cessariamente dividere la partedi stretta cronaca da quella in-terpretativa che non appare maiin forma esplicita ma che in-fluenza tutti i suoi scritti. Si tratta di pagine fatte da un ot-timo cronista, utile alla consul-tazione ma che difficilmentepuò essere letto per intero, senon da uno specialista. Ciò si-gnifica che gli argomenti piùcontroversi che interessano illettore dovrebbero essere repe-ribili nell’Indice dei nomi citatinei libri e negli Indici generaliutilizzando, come di consueto,le cosiddette parole chiave. Conquesti criteri di ricerca abbiamotrovato poco o nulla perché tuttoviene annegato in un mare difatti e fatterelli per evitare chegli elementi decisivi per un’in-terpretazione storica, vista daparte dei Dalmati italiani, si di-scosti troppo, non tanto dallastoriografia titina (abbastanzadatata e criticata), ma da quellarecentemente partorita dagli at-tuali studiosi croati, che cercano

un’interpretazione nata dalcompromesso tra la verità e lavecchia falsa storiografia.Facciamo degli esempi: se qual-cuno volesse sapere se l’Italiaoccupò la Jugoslavia (come ap-pare in un titolo di uno dei libridi Monzali fortemente criticatoal Raduno di Bellaria-Igea Ma-rina da roberto predolin) o sele truppe italiane e tedesche en-trarono come alleate nel territo-rio del Regno di Jugoslavia,deve cercare la parola chiave“Patto del Belvedere”, tratto dalnome del Trattato di Alleanzastipulato tra Germania, Italia eJugoslavia nel 1941 che Titocercò di far dimenticare insiemeai seguaci di Re Pietro che l’ave-vano stipulato. Niente da fare.I Moti di Trieste che riportaronola Città alla Madrepatria dovemorì il dalmata Pierino Addob-bati e furono guidati dal dalmataRenzo de’Vidovich? Niente. Ilnome di Addobbati non compareed il nostro direttore è stato ci-tato solo per dire che era depu-tato. Insomma, uno dei 630 chehanno tirato la paga senza farniente, come se l’aver denun-ciato per primo alla Camera ipatti segreti italo – jugoslavichiamati in seguito l’Accordo diOsimo e di averli combattuti finoa vincerli fosse un fatto senza si-gnificato, e così via. Alla presentazione del libro diMonzali a Roma patrocinato daltroncone di Luxardo della Societàdi Storia Patria erano presenti peri Dalmati italiani in Esilio l’Am-basciatore Gianfranco Giorgolo,Presidente dei Probiviri del Li-bero Comune di Zara in Esilio –Dalmati italiani nel Mondo ed ilVice Sindaco Guido Cace, anchein veste di Presidente della sto-rica Associazione Nazionale Dal-mata di Roma. Sono rimasti sorpresi dal taglio

degli interventi dei relatori im-prontati al ben noto “giustifica-zionismo istituzionale” conl’accettazione da parte di Mon-zali di una presunta validitàdella politica estera della PrimaRepubblica “tesa al supera-mento degli steccati” nella col-laborazione italo-jugoslava conil “fondamentale apporto del fa-migerato Accordo di Osimo”.Ciò è l’esatto contrario delle tesifinora sostenute da tutte le orga-nizzazioni degli esuli, dalmati inprima fila, di cui Franco Lu-xardo, sponsor e finanziatoredella pubblicazione del Monzali,era responsabile prima di essereallontanato per i noti brogli elet-torali. L’Ambasciatore Giorgoloha condannato fermamente l’in-sieme ed in particolare una“grave e alquanto falsa afferma-zione dell’Ambasciatore Ferrarische ha offeso la memoria dei no-stri morti e l’intelligenza di noivivi” sostenendo che “i dalmatisono Croati”. Il tutto alla pre-senza” – ha sottolineato l’Amba-sciatore Giorgolo – “di colleghidiplomatici italiani, dell’Amba-sciatore di Croazia a Roma e dialtre orecchie attente”.Significativo il fatto che nessunoabbia citato, perché non presentenei libri di Monzali, l’AccordoDini-Granić che, un paio di giornidopo tutti hanno riconosciuto es-sere storico e che a lui invece èsfuggito, forse perché non graditodagli storici guida croati.Staccatosi dall’Albero centraledella Vita dei Dalmati in Esilioe dalla sua Comunità più nume-rosa e vivace di Trieste, FrancoLuxardo sta svendendo il patri-monio ideale storico dello zioNicolò, il grande nico, e delnostro glorioso associazioni-smo. È ora che arrivi un avvisocollettivo di sfratto e si ritornialla normalità.

alcuni redattori della rivistaFiume collaboreranno all’inizia-tiva, marino micich in testa.

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IL DALMATA LIBERO 9dicembre 2016

i CattoliCi nazionali Hdz Battono i SoCialdemoCratiCi Sdp

Croazia VoGlia di Veritàe di riVoluzione Culturalel’ala di Hasanbegović dell’Hdz ed i giovani storici croati denunciano il terrorismo di tito,difeso dagli isolati socialdemocratici ancora succubi della falsa storiografia jugoslava

Nella stampa italiana le vicende in-terne della Croazia – come denun-ciamo da tempo – hanno la stessavisibilità di quelle della Carelia o delMozambico. Eppure, il confine ma-rittimo tra i due stati è enorme ecomprende tutta l’Italia orientale ba-gnata dall’Adriatico da Trieste aSanta Maria di Leuca e la Croazia daUmago alla Dalmazia montenegrina.L’Adriatico ha costituito da sempreun valido sistema di comunicazione,di commerci e di scambi di personee delle rispettive culture ed anco-r’oggi vi è una fitta rete di navi, tra-ghetti e barche che collegano le duesponde. Un contatto millenario cherisale ai tempi protostorici in cui gliIlliri della Dalmazia colonizzaronola Puglia che ricorda ancora con inomi delle tribù illiriche i suoi piùimportanti territori. Poi venne laRoma dei Cesari che elesse la suacapitale di fatto nella Spalato di Dio-cleziano e la Serenissima, Reginadel Mare, che chiamò l’AdriaticoGolfo di Venezia.L’interruzione di rapporti si ebbesolo a causa delle guerre e della Fe-derativa Popolare Socialista jugo-slava che impose un vero e proprioblocco verso l’Italia considerata Oc-cidente capitalista. Il nostro giornale segue, invece, congrande attenzione quanto accade inDalmazia ed in Croazia dove – ac-canto ad una rivoluzione economicache mette le cittadine dell’Adriaticotra le più ricche della Croazia conredditi pro capite di tutto il rispetto– si sta svolgendo una battaglia dilibertà tra i giovani storici croati edi vecchi difensori della storiografiatitina che hanno praticamente in-gessato il partito Socialdemocra-

tico, ideale continuatore della de-mocrazia socialista di Tito. Riportiamo in basso un titolo trattoda la Voce del Popolo di Fiume sul-l’arroccamento dei socialdemocraticiin difesa della storiografia di Tito cheaffermava che la guerra nazifascistaavesse mietuto 1.706.000 vittime di-menticando di dire che di questi578.000 erano gli jugoslavi fucilatidai titini in seguito a “regolare pro-cesso”, mentre ulteriori 6-700.000 sicalcolano essere stati quelli uccisi daititini sempre a guerra finita e seppel-liti nelle foibe che vanno da Trieste aMaribor in Slovenia. In quel piccoloterritorio sono in corso l’esumazionidi molte salme da ben 600 foibe indi-viduate finora. In pratica del1.706.000 morti almeno 1.200.000sono addebitati alla vendetta di Titodopo la vittoria ed i restanti circa cin-quecento mila sono invece i decessiper morte naturale nionché i Cadutisotto i bombardamenti alleati (circa5.000 solo nella piccola Zara), neiconflitti a fuoco con l’Esercito tede-sco e, fino all’8 settembre 1943, conquello italiano, e gli uccisi nellaguerra civile da parte delle molteplicinazionalità che costituivano la Jugo-slavia.

Ma i giovani storici croati affrontano,senza reticenza e senza nasconderenulla, la funzione che ebbe lo StatoIndipendente Croato (NDH) nellastoria della Jugoslavia e molti sosten-gono che Tito dovette creare unostato federale proprio perché, duranteil travagliatissimo periodo che va

dalla metà del ’41 all’inizio del ’45in questo Stato furono fatte cose digrande rilievo. Come l’enciclopedianazionale croata, tuttora consideratadagli uomini di cultura un’opera ba-silare per distinguere la lingua croatada quella serba e per dare un’auto-noma connotazione storica, culturalee letteraria al popolo croato. Cose chesono e restano importanti anche se loStato Indipendente di Croazia è statovoluto da Mussolini, che aggiunse aiterritori dell’attuale Repubblica diCroazia anche l’Erzegovina, e granparte della Bosnia, lasciando all’Italia

molte isole e importanti territori dellaDalmazia centrale. È passato il tempo in cui bastava direche un fatto era voluto dai fascisti percancellarlo dalla storia. Oggi, comesempre, la storia si fa con l’analisi deifatti ed i giudizi morali e politici sonodeterminanti nell’interpretazione sto-rica, che non modifica però i fatti. Nella nascita del nuovo Governo,dopo le elezioni dello scorso settem-bre vinte dai cattolici nazionalidell’Hdz è stato curiosamenteescluso il giovane Ministro dellaCultura Zlatko Hasanbegović chenon ha voluto accettare la presidenzadella Commissione Cultura delSabor per tenersi le mani libere efare lo storico senza condiziona-menti politici di sorta. Dalla Croaziaci si attende dunque scintille e pole-

miche tra studiosi di livello che ri-cercano verità. Era ora!Noi siamo vivamente interessati aconoscere la realtà nei Balcani delperiodo bellico, perché non accet-tiamo di vedere l’Esercito italianoaccusato di stragi di cui si è maimacchiato. Ma sia ben chiaro, con-danniamo senza riserve i pochi otanti casi di italiani che si sono mac-chiati di crimini individuali, anchese di modesta entità. Anzi, siamocerti che gli studiosi italiani sonopronti a fornire documenti e prove aloro carico.

i comunisti non risparmiarono le donne. nelle foibe slovenerecentemente scoperte centinaia di trecce mummificate.

uno stato è legittimo anche se fondato da mussolini?

Gli antifascisti del '45 sono quelli che fecero 1.200.000 vittime! È consolante prendere atto che l'elettorato croato abbandona il neosegretario socialdemocratico Bernardić.

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IL DALMATA LIBERO10 dicembre 2016

La presentazione del libro al-l’Ubik di Trieste da parte dellagiornalista de Il Piccolo PatriziaPicciona insieme alle due autriciElisabetta de Dominis e PaolaPredolin ha registrato un signifi-cativo successo di pubblico colto,attento e soprattutto interessato alcaso. Dopo la presentazione daparte della giornalista, che ha in-quadrato il caso nel tempo e nellospazio, Paola Predolin ed Elisa-betta de Dominis hanno dato ini-zio ad uno scoppiettante duettodenso di riferimenti storici sullaDalmazia e su Trieste. PerchéJohn Dominis è nato a Trieste ediniziò da lì la sua avventura nel

Pacifico come comandante co-raggioso di una nave che esplo-rava nuovi passaggidall’Atlantico ma soprattutto peril suo amore con la Regina delle

Hawaii. Numerosi i riferimentiagli usi hawaiiani del tempo dalsapore esotico e romantico d’altritempi che il pubblico triestino haapprezzato rivolgendo alle due

autrici numerose domande chehanno trovato risposte, perchéambedue, quando ancora non siconoscevano pur essendo dal-mate, cugine e residenti a Goriziahanno fatto due viaggi separati aHonolulu sulle tracce della Casareale e dei ricordi legati alla Re-gina ed al marito, discendente deiconti de Dominis d’Arbe. Unaserata piacevole e simpatica certidi rivedere in Tv le due autrici,che sono anche ottime comunica-trici. Sappiamo già che sarannochiamate anche in altre città ita-liane, per un tuffo in un passatonon prossimo, ma neppure lonta-nissimo.

patrizia piCCione GiornaliSta de il piCCOlO nell’inContro all’uBikeliSaBetta de dominiS e paola predolinCoinVolGono trieSte nel miStero di JoHn dominiSdopo il clamoroso successo sulla più autorevole stampa nazionale, il pubblico si appassionaal caso e partecipa numeroso ai dibattiti su storie straordinarie di italiani nel pacifico

tra il i° eSodo Voluto dall’auStria (1861-1918) e il iii° da tito (1945-’50)

nel liBro di Carla CaCe Su lalliCHil ii° eSodo attuato dal reGno di JuGoSlaVia (1919-’40)un testo in forma moderna ed intelligente ripercorre uno dei periodi della storia dalmatadimenticato da tutti ma non dall’associazione nazionale dalmata. un secolo di angherie.Era cosa scontata che Carla Cace,appartenente alla quarta generazionedella famiglia sebenicense, impe-gnata nella difesa dell’italianità dellaDalmazia, fosse ben a conoscenzadelle condizioni che costrinseromolti italiani all’esilio fin dal 1919,cioè dalla fine della Prima guerramondiale, era cosa scontata. Infatti,il nonno Manlio, fondatore e Presi-dente dell’Associazione NazionaleDalmata di Roma, raccolse e tra-mandò da allora documenti e cimelistorici di quel periodo che iniziò su-bito dopo la Vittoria mutilata, chia-mata così proprio perché l’Italia fuprivata di Sebenico. ricominciò cosìun esodo non dovuto ai cattivi co-munisti di Tito, ma ai buoni borghesijugoslavi del Regno dei Ka-rađorđević. Un esilio strisciante,perché il Regno di Jugoslavia flir-tava con Mussolini (fino ad entrarein alleanza con l’Asse nel 1941!),ma i suoi sudditi rendevano ugual-mente difficile la vita agli italiani diDalmazia, inducendoli ad andarsene,

alla spicciolata e senza che nessunone prendesse atto.A Trieste ci furono punte di 17.000disoccupati provenienti dalla Dal-mazia, come testimoniato dallastampa locale e dalla prefazione dellibro La storia della Comunità ita-liana di Spalato di Mladen ČulićDalbello e di Antonello Razza. Ciò che ha entusiasmato il pubblico

presente è il calore e l’intensità cheCarla Cace è riuscita a trasmettere algiovane regista Emanuele Merlino edall’attore che ne ha interpretato iltesto, Mauro Serio, emanando un’au-tentica scarica emotiva che ha coin-volto tutti i presenti, compresi ilPresidente dell’AND Guido Cace,Vice Sindaco del Libero Comune diZara in Esilio, Associazione Dalmati

italiani nel Mondo (che rappresentavail Sindaco Paolo Sardos Albertini) edl’Ambasciatore Gianfranco Giorgolo,nato a Veglia, Presidente dei Probiviridella nostra Associazione e corrispon-dente de Il Dalmata libero. L’evento si è svolto nella sede dellaFondazione Ugo Spirito a Roma –che ospita anche il Comitato 10Febbraio – dove è stato presentatoil testo tratto dal libro GiuseppeLallich dalla Dalmazia alla Romadi Villa Strohl-Fern. Il catalogodelle opere del grande pittore spa-latino – che per la Dalmazia avevauna sola definizione “italianissima”– e le sue principali tappe di vita aSpalato prima, Venezia e Romadopo, sono state messe a fuoco at-traverso la lettura del testo libera-mente e felicemente ispirato al librodi Carla Cace. Il regista EmanueleMerlino e l’attore Mauro Seriohanno reso giustizia all’italianitàdel Lallich ed alla componente ita-liana della nostra Dalmazia in modovibrante e palpitante.

la dott. paola predolin asieme alla giornalista patrizia piccionede il piccolo ed alla dott. elisabetta de dominis

emanuele merlino, Carla Cace e mauro Serio

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IL DALMATA LIBERO 11dicembre 2016

forme interattiVe per riSVeGliare riCordi di foto d’oGni epoCa il muSeo dell’immaGine alinari a trieStepreSentato da Claudio de’ polo Conte di CurzolaCostituirà un importante polo d’attrazione internazionale per turisti e studiosi e darà vivacità e vita alla storica rocca veneziana del Castello di San Giusto che ospita l’iniziativa

Dopo la presentazione nel Salottoazzurro del Comune di Trieste si èsvolta anche l’inaugurazione delcomplesso ed articolato Museo foto-grafico Alinari dov’è possibile per ilvisitatore agganciare in una delle nu-merose postazioni Internet le fotoche intende visionare. Su tratta di unpatrimonio che aggiunge le 80 milafotografie ricavate dagli ottocente-schi dagherrotipi fino alle più mo-derne foto digitali che possonocogliere fatti che durano una fra-zione di secondo. Il conte Claudiode’Polo, Presidente dell’Alinari, haprima illustrato il progetto alle auto-rità e tecnici fotografici presso il Co-mune di Trieste e poi, in tempiinusualmente rapidissimi, è passatoall’inaugurazione nelle ampie ed an-tiche sale del Castello di San Giustoche per l’occasione aveva più lesembianze di un set cinematograficoche non quelle austere di un manieromedioevale. Il Sindaco Roberto Dipiazza e l’As-sessore Giorgio Rossi hanno tenutoa battesimo l’iniziativa che intendeapportare nuova vita al Castello,che ora può essere raggiunto ancheattraverso un ascensore che porta ilpubblico in pochi minuti dal po-steggio adiacente al Teatro romanoal Piazzale delle Milizie di frontealla Cattedrale di Trieste, alla suatorre campanaria ed allo storicoCampanon che chiamava a raccolta

i cittadini in caso di pericolo. In unrapporto di sinergia tra il modernis-simo e l’antico, l’Assessore GiorgioRossi intende trasformare questazona in un centro d’attrazione turi-stica, ma anche di frequentazioneda parte di numerosi triestini chehanno la possibilità di vedere tuttoil magnifico Golfo di Trieste dallacima del Colle principale.

l’assessore Giorgio rossi, il conte Claudio de’polo presidentedell’alinari, il Sindaco di trieste roberto dipiazza, il Commissarioregionale del Governo annapaola porzio, l’assessore regionale allaCultura Gianni torrenti ed il nostro direttore

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IL DALMATA LIBERO12 dicembre 2016

inutile il paSSo indietro di de’VidoViCH CHe ritorna in Campo

franCo luxardo SCiSSioniSta di Ben due aSSoCiazioni dalmatetutta la dirigenza eletta a Grado attaccata: paolo Sardos albertini, Guido Cace, GianfrancoGiorgolo, elisabetta de dominis, Simone Bais il V. prefetto Bianchi, l’avv. Sauro…

Solo il Sindaco Sardos Albertinie il nostro Direttore vengono dif-fidati ufficialmente dallo svolgerequalsiasi attività. Ma chi rappre-senterebbe i Dalmati all’Amba-sciata d’Italia a Zagabria? alConsolato italiano a Fiume? allamanifestazione degli italiani in-sofferenti dell’Ui riuniti a Fiume?nelle manifestazioni per le foibe?e per non dimenticare Pierino Ad-dobbati ed i Caduti del ’53? nellerichieste al Governo italiano?nella difesa dell’Esercito italianodalle accuse ingiuste? dalle ricer-che storiche che inchiodano Titochiamato dai nostri vecchi l’infoi-batore? Altri non vengono citati esterior-mente, ma ricevono risibili dif-fide e varie reprimenda, come nelcaso dell’Ambasciatore Gian-franco Giorgolo, Presidente deiProbiviri che ha delegittimato lacongrega dei voti fasulli, del Pro-boviro Elisabetta de Dominis,diffidata ad andare a Grado (sic!)e del Proboviro Simone Bais,idem. Naturalmente sono diffidatiGuido Cace (in questi giorni rice-vuto dall’Ambasciatore croato aRoma Grubiša), che si è sobbar-cato l’onere di raccogliere gliiscritti all’Associazione e che hacostretto il duo Varisco-Luxardoa fare l’altrettanto ma, purtroppo,con risultati deprimenti per cuihanno ripiegato sull’imbroglio. Eche dire del Vice Prefetto, lo za-ratino dott. Valerio Bianchi cheabita da quarant’anni a Padova emai aveva avuto prima l’occa-sione di conoscere Franco Lu-xardo e Varisco, perché costoromai hanno indetto una riunione didalmati in quella città, per cuinessuno degli esuli li conosce? Ildott. Bianchi che nella sua car-riera prefettizia ha sovraintesoalla regolarità di numerose ele-zioni politiche e amministrative,non se l’è sentita di avvallarel’operato della Commissione

elettorale, succube delle imposi-zioni di Varisco, imposte in nomee per conto dell’ignara OriettaPoliteo, che versava in gravi con-dizioni all’ospedale (fortunata-mente ora è guarita!). Auguri,Orietta! Valerio Bianchi ha rasse-gnato, dunque, le dimissioni dallaCommissione elettorale, unita-mente all’avv. Francesco Sauro,nipote del Martire, che avevamopregato di dar lustro alla Com-missione. A loro presentiamo for-mali scuse per averli coinvolti inun imbroglio che non sospetta-vamo, perché credevamo si vo-lesse fare sul serio e non unapastetta per consentire a dei per-sonaggi di rappresentare alcunitirapiedi dei poteri forti, estraneial nostro ambiente e disinteressatiai reali interessi dei Dalmati ita-liani. Naturalmente, la Trimurtiha diffidato altre quattordici per-sonalità elette che compongonola Delegazione di Trieste, che èl’unico organismo che continuada quarant’anni a mantenere icontatti con gli italiani residentiin Dalmazia. Perché la Trimurti simeraviglia se nessun esponentedelle nostre Comunità ha parteci-pato alla gita di Senigallia, men-tre erano presenti ed hannoportato le istanze dei nostri con-nazionali al nostro Raduno diGrado?

Sono anche scomunicati i 45consiglieri comunali eletti aGrado, regolarmente iscritti al-l’Associazione e che hanno ver-

sato la loro quota d’iscrizione. Iltutto mentre si vuol far credereche basterebbe far tacere de’Vi-dovich ed incatenare anche il no-stro giornale per risolvere tutti iproblemi che, invece, saranno ri-solti con il pensionamento dellaTrimurti, cioè delle tre personeresponsabili di tutto questo amba-radan.

***Ci viene chiesto da alcuni amicidi Roma di rendere pubblico ilfatto che da vari anni il pacioso etranquillo Franco Luxardo è in-vece presidente anche di un altrotroncone scissionista della So-cietà dalmata di Storia Patria, consede centrale a Roma, oltre ad es-sere re-sponsabili della scissionedi Senigallia. Nessuno lo sa, ma ci sono dueSocietà con la stessa denomina-zione: quella di Roma che anno-vera tra i suoi dirigenti il prof.Sante Graciotti, luminare di famainternazionale e professore ordi-nario emerito dell’Università LaSapienza di Roma, la prof.ssaRita To-lomeo, docente ordinariadella stessa Università ed autricedi numerosi studi scientifici digrande rilievo sulla Dalmazia, ilprof. Marino Zorzi, direttoreemerito della Biblioteca marcianae direttore della rivista Compren-dere ed altre personalità insigni,mentre il troncone di Venezia èformato dai soliti Franco Lu-xardo, Giorgio Varisco &Co.nfratelli massoni, che si offen-dono se sottolineiamo che nonhanno alcun titolo accademico opolitico e non hanno mai scrittoalcun libro. Si infuriano poi se ri-cordiamo che nella loro vitahanno fatto solo i rivenditori ri-spettivamente di superalcolici edi scarpe. Professioni del tuttooneste e meritevoli di considera-zione, ma un po’ troppo lontanedalla Cultura, dalla Storia e dallaPolitica.

Nessuno, dunque, deve saperedell’esistenza di queste due So-cietà che consentono, però, alGatto e alla Volpe di disporre disomme notevoli, naturalmentesegrete, che distribuiscono non sisa bene a chi e, soprattutto conquali finalità. La bubbana è finita. Perché ren-deremo noti su Il Dalmata liberogli importi incassati dallo Stato edalla Regione Veneto e forseanche come sono stati utilizzati. Che si volesse tener rigorosa-mente segreta questa spaccaturalo si ricava dal fatto che, quandosu Il Dalmata, allora libero e re-datto a Trieste, accanto alle dueSocietà dalmate precisavamo “diRoma” o “di Venezia”, Luxardoimponeva di censurare le parole“Roma e “Venezia” e quindi nes-suno veniva a sapere che c’eranodue società con la stessa denomi-nazione. Insomma, Franco Lu-xardo non è nuovo nell’allargaree mantenere le spaccature tra idalmati, cosa che gli è riuscitaanche quest’anno, inserendo2.000 falsi soci accanto ai 170soci che hanno firmato ed inviatola loro scheda e la quota d’iscri-zione all’Associazione nella sededell’And di Roma, i 92 raccolticorrettamente da Luxardo e Vari-sco che hanno firmato ed inviatoun modulo di adesione pervenutoloro attraverso il giornale “uffi-ciale” ed i 50 non dalmati, rac-colti dal Presidente dellaFederEsuli Antonio Ballarin. Chiediamo ai lettori se la pubbli-cazione di tutte queste notizie im-barazzanti sia sufficiente aspiegare la diffida a de’ Vidoviched a Il Dalmata libero. Peccato che non ci sia una solaparola per contestare le nostre“presunte” verità e le “insinua-zioni”, che anche i più distrattidei Dalmati si sono resi conto es-sere vere, come oro zecchino col-lato. Purtroppo.

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IL DALMATA LIBERO 13dicembre 2016

difeSero zara, ma un inGanno impedì di raGGiunGere SeBeniCo

riCordata a ronCHi dei leGionarila partenza di d’annunzio per fiumei fiumani della lega nazionale di trieste ed i dalmati della fondazione rustia traine presentialla Cerimonia per non consentire di dimenticare il natale di Sangue di fiume e di zara

Come ogni anno, si è svolto sotto ilmonumento che ricorda la partenzada Ronchi dei Legionari degli Arditidi Gabriele d’Annunzio per liberareFiume. Presente anchequest’announa folta rappresentanza delle Asso-ciazioni d’Arma e degli Esuliistriani, fiumani e dalmati. La mani-festazione organizzata dalla Presi-dente della Lega Nazionale di FiumeElda Sorci quest’anno era impron-tata alla rivalutazione del fiumane-simo e dei fatti storici così come sisono svolti quando mancano solo treanni al Centenario dell’Epopea fiu-mana che ebbe un’importate in-fluenza sulla storia di tutta l’Italia. La figura di Gabriele d’Annunzio ri-torna prepotentemente sul palcosce-nico della storia ed ogni tentativo diminimizzare i fatti appare già in par-tenza frustrato: non si può dimenti-care il Poeta, il Soldato e lo Statistache modificò a nostro favore il con-fine orientale che i Governi di Gio-litti e Nitti non erano riusciti asalvaguardare, nonostante il decisivocontributo dell’Italia alla Vittorianella Guerra 1915-’18 ed i Patti diLondra assegnassero all’Italia molteisole ed anche la città di Sebenico,mai passate alla sovranità italiana. Benché d’Annunzio non disponessedei mezzi bellici e finanziari neces-sari per far rispettare i Patti di Lon-

dra sottoscritti e traditi dagli alleatiinglesi e francesi (su spinta ameri-cana che quei Patti non aveva sot-toscritto perché intervenne bendopo l’inizio della guerra), con ilsolo prestigio e con l’audacia deiVolontari pronti anche alla morte,

riuscì dove i nostri Governi deltempo non erano arrivati. Anche a Zara si aqquartierarono al-cuni battaglioni di Legionari, siaper mantenere la città all’Italia maanche per tentare a Sebenico ciòche era riuscito a Fiume. Ma i mo-

tori della nave occupata nel porto diZara per portare i Legionari a Sebe-nico furono sabotati e non poté maiprendere largo. Così la città di Nic-colò Tommaseo e di Ugo Foscolopassò tranquillamente dall’ammini-strazione italiana a quella delRegno di Serbi, Croati e Sloveni,poi Regno di Jugoslavia, senzacolpo ferire, consentendo la paciosacancellazione di una cultura italianaradicata e profonda che aveva giàsubito un secolo di strisciante puli-zia etnica da parte dell’Austria. Per un lungo periodo in Italia non sipoté parlare della dannunziana Vit-toria mutilata e si è tentato anche dicancellare Gabriele d’Annunzio ri-tenuto, probabilmente a torto il pre-cursore della Rivoluzione fascista.Sicuramente fu, però, il padre dellaliturgia fascista, della ripresa dellatradizione imperiale romana simbo-leggiata dal Saluto romano, dai Fascilittori che accompagnavano i consolidella Roma dei Cesari, dal grido diguerra greco-romano Eia eia allalà,dal giuramento sui pugnali e da altririti che sono oggi oggetto di studioda parte di circoli finanziari mondia-listi che vorrebbero recuperarli perdare forza interiore ed un po’ d’ener-gia alle milizie di questo stanco Oc-cidente.

la presidente dei fiumani di trieste elda Sorci ha ribadito l’im-portanza storica dell’epopea fiumana

il generale Claudio tommasi, da sempre vicino ai dalmati ed agli altriesuli, precede nella sfilata del raduno nazionale degli artiglieri 2016presso le terme di Boaro il gruppo di trieste, di cui è comandante conle bandiere di trieste, istria, fiume e dalmazia molto applaudite dai7.000 artiglieri d’italia presenti.

un gruppo di ufficiali della storica regia Brigata dei Granatieri diSardegna dopo la sfilata del raduno 2016 di asiago con la bandieradalmata, ripresi insieme al generale francesco Bonaventura,comandante dei Granatieri di trieste insieme a varie gloriose bandieredel reggimento e del Gonfalone del regno di dalmazia.

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IL DALMATA LIBERO14 dicembre 2016

“i rimaSti” iGnoraVano CHe il “Sì” li priVaVa di tutti e 6 i Senatoriper il referendum Sulla CoStituzione italianal’ui di tremul e radin SpaSimaVa per il Sìil comizio elettorale del pd indetto in tempo utile per essere diffuso e convincere per il Sì,quello per il no, convocato all’ultimo momento, quando la maggioranza aveva già voltato

la commemorazione fatta allaCamera dei deputati della con-troversa nascita dell’ui ha do-vuto superare l’imbarazzodovuto al fatto che gli italiani diCroazia e di Slovenia hanno vo-tato per il 68,94% e rispettiva-mente il 54,61% per il Sì, mentreil resto dell’italia ha votato circaper il 60% per il no. il gruzzoletto di voti era comun-que piuttosto esiguo perché per ilSi hanno votato in Croazia solo4.402 persone ed in Slovenia 955. Sicuri che vincesse il Sì, hannoindetto la manifestazione il 7 di-cembre, a ridosso del risultatodel referendum. Bene, quindi, non farne parola perle ragioni che spiegheremo qui diseguito.

il SeSSo deGli anGeli

l’ui è maschio o femmina? fem-mina! nasconde la sua età: ha 72anni ma ne denuncia solo 25!

Referendum a parte, i dirigentidelle Unioni italiane di Fiume e diCapodistria non sono molto fortiin matematica e commemorano i25 anni di vita della loro Associa-zione nata però nel 1944, cioè 72anni fa, con il nome di Unionedegli italiani di Fiume, e 25 annifa ha solo modificato la denomina-zione in Unione italiana. A titolo di cronaca, precisiamo cheil Libero Comune di Zara in Esilio– Dalmati italiani nel Mondo erarappresentato alla cerimonia dalSindaco Paolo Sardos Albertini,dal Vice Sindaco Guido Cace e dalPresidente del Collegio dei Probi-viri Ambasciatore GianfrancoGiorgolo (assenti come sempre ipadovani) per sottolineare che lapolemica verso i presidenti Furio

Radin e Maurizio Tremul non ri-guardava l’Istituzione che rite-niamo valida.

Annoverato tra i presenti il capo-gruppo di Forza Italia al SenatoMaurzio Gasparri che segue ed ap-poggia dal tempo in cui era un ra-gazzo le attività degli italianidell’Adriatico orientale. L’invitoad un uomo di destra è un segno diresipiscenza? Nello scorso numero abbiamo de-nunciato l’appoggio dato al Pd peril Consiglio comunale di Trieste eper il ballottaggio a favore del can-didato Sindaco di sinistra Coso-lini, risoltosi in un clamoroso flop,perché pochissimi hanno seguitol’ordine dei presidenti dellaUnione italiana di recarsi a Triestea votare, nonostante fossero messia disposizione dal Pd numerosipullman. Pensavamo che dopo la sberlapresa a Trieste dall’Unione italianache aveva messo a disposizionedel Pd e del candidato Sindaco diSinistra le sedi delle Comunità ita-liane per organizzare i pullman divotanti, i dirigenti dell’Unione ita-liana si fossero fatti più furbi e nonavrebbero più impegnato ufficial-mente la loro organizzazione (chevive di soldi pubblici italiani), afavore di una delle parti in causanel Referendum sulla Costituzioneitaliana. E invece no. Hanno steso una cortina di silenziosul fatto che gli italiani all’estero,compresi quelli d’Istria, Fiume eDalmazia che hanno diritto di vo-tare nel Referendum costituzionalenon sapessero un elemento piutto-sto importante: nel caso della vit-

toria del Sì, gli italiani all’esteronon avrebbero avuto più diritto dieleggere i sei Senatori che il Go-verno Berlusconi aveva loro con-cesso, grazie al MinistroTremaglia. Invece, ecco spuntareuna riunione a Buie d’Istria dedi-cata solo alla deputata del Pd e di-rigente del Comitato del Sì, on.Garavini, che ha tenuto ben se-greto il fatto che la vittoria del Sìavrebbe cancellato la presenzadegli italiani all’estero nel Senatoitaliano ed ha sciorinato tutta unaserie di affermazioni che in Italianessuno avrebbe preso sul serioperché ampiamente contestate, mache in Istria, Fiume e Dalmaziasono state bevute in mancanza diadeguato contraddittorio.

Immediata la reazione del Diret-tore del nostro giornale che, inqualità di Presidente della Delega-zione di Trieste dei Dalmati, checura da sempre i rapporti tra gliesuli ed i residenti in Croazia, hagettato lo scompiglio tra quantisperavano che l’appoggio al Sì daparte dell’Ui passasse sotto silen-zio. Solo all’ultimo momento, quandoi votanti per lettera avevano giàesercitato il loro diritto (le schededovevano arrivare a destinazioneentro e non oltre il 1° dicembre,pena la nullità del voto), l’Ui haindetto una manifestazione aUmago, tardiva ma analoga aquella di Buie, che però era statapropagandata opportunamentemolti giorni prima. Sì è fatto cosìparlare a vuoto, o quasi, persona-lità quali l’on. Roberto Ciambetti

ed il prof. Mauro Barberis, i fau-tori del NO, tanto per confondereun po’ le acque.Nei circoli responsabili della poli-tica estera italiana ci si domandasempre più frequentemente perquale ragione l’Italia dovrebbemantenere una costosa strutturaburocratica come quella del-l’Unione italiana e per quali ra-gioni non si eroga, come nel restodel mondo, le sovvenzioni ascuole, asili, circoli culturali ed ar-tistici italiani in Croazia e Slove-nia attraverso le nostre Ambasciateed i nostri Consolati senza passareattraverso le forche caudine del-l’Ui che si trattiene una bella partedel versamento senza svolgere al-cuna funzione utile. Anzi, hannolegato ai propri partner politici co-loro che ricevono i finanziamentiitaliani senza che il Ministerodegli Esteri avesse la possibilità direndersene conto. Incomprensibilela presenza del Presidente del-l’Università popolare di Trieste,che riceve un congruo finanzia-mento italiano per controllare l’at-tività dell’Ui, che si è lasciatonuovamente coinvolgere inun’operazione così smaccata-mente politica, invece di bloccarlae denunciarla all’AmbasciatoreCavalletti, Presidente dei Revisoridei Conti UpT addetto al controllosui soldi pubblici italiani che nonpotrebbero essere spesi per sceltepolitiche del nostro paese. Non possiamo infine non rilevarecon soddisfazione che l’Unioneitaliana ha estratto dal frigoriferol’Accordo italo-croato Dini-Gra-nić per la Tutela delle minoranzeitaliane in Croazia, che era statouna delle principali ragioni discontro tra noi e la dirigenza Ui.Se dopo vent’anni si chiederannoper la Dalmazia le agevolazioniper la cultura italiana, gli asili e lescuole italiane, non ci sarà più ra-gione di scontro né con Radin nécon Tremul, verso i quali non ab-biamo alcuna ragione personaleper non andare d’accordo.

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IL DALMATA LIBERO 15dicembre 2016

un liBro di SilVano zilli Sulla Continua diminuzione di italiani

tito Creò l’unione deGli italiani la dolCe morte dei rimaSti il Governo italiano finanzia l’organizzazione voluta da tito che asseconda gli antifascistijugoslavi nell’infangare la Civiltà italiana accusando il nostro esercito di stragi mai fatte

Si calcola che siano rimasti inIstria, Fiume e Dalmazia circa150.000 persone. Nel primo censi-mento in Jugoslavia del 1948 ri-sulta che fossero 78.000 gli italianiche avevano avuto il coraggio didichiararsi tali. Coraggio non dapoco, posto che erano ancora incorso le fucilazioni, strumento es-senziale per debellare ogni opposi-zione. Come pochi sanno, vi fu anche nelprimo dopoguerra un contro-esododi comunisti italiani verso la Jugo-slavia, che fecero una fine tragicaed ingloriosa. Quando nel 1948Stalin espulse Tito e la Jugoslaviadal Cominform, i comunisti italianiin Jugoslavia tutti fedeli seguaci diStalin furono arrestati e rinchiusinei campi di rieducazione, comequello dell’Isola Calva (Goli Otok)nella Dalmazia settentrionale, dovefurono soggetti a pestaggi inumanie a tali violenze per cui nessunoebbe il coraggio di dire “ben te sta,te te la ga zercà”. Tito non aveva la possibilità di eli-minare tutti gli italiani da ungiorno all’altro, perché in Istria,soprattutto a Fiume ed un po’ menoin Dalmazia, la classe dirigente, iprofessionisti, ma anche gli operaispecializzati, erano quasi tutti ita-liani andati in esilio, per cui si sa-rebbe fermata l’economia senza ilcontro esodo e la decisione di ne-gare l’opzione a quanti erano utilial Regime.

Come disse ufficialmente AntonioBorme che ricevette l’ordine daTito di trasformare gradualmente

gli italiani in jugoslavi, fu creatal’Unione degli Italiani dell’Istria edi Fiume. Come precisò Tito, agliitaliani di Dalmazia, ci avrebbepensato lui! Finita la sbornia comunista, An-tonio Borme si pentì di aver asse-condato l’antifascismo italo-jugoslavo, si ribellò e conobbeanche le galere jugoslave. Finitoil regime di Tito, guidò un’opera-zione che avrebbe dovuto cam-biare totalmente l’Unione degliItaliani dell’Istria e di Fiume.Tolse dal tricolore la stella rossa,cambiò il nome in “Unione ita-liana”, ma ebbe il grave torto dilasciare intatte le strutture e lepersone che la gestivano. Solodopo un attacco feroce degli esuliil Vice Presidente Giacomo Scottivenuto insieme al controesodo deicomunisti italiani, fu costretto adimettersi, ma tutto il resto rimaseuguale. La Lega dei Comunisti ju-goslavi, di cui l’Unione degli ita-liani era niente di più che unasezione, assunse la denomina-zione di Partito socialista ed ilseggio degli italiani previsto dallaCostituzione della Repubblicacroata nel frattempo sorta, rimaseincollato, e lo è tuttora da 25 anni,a Furio Radin, Presidente del-l’Unione italiana, che ha semprevotato disciplinatamente con glieredi del comunismo titoista. LaRepubblica italiana continuò a fi-nanziare l’Unione italiana diFiume e l’Unione italiana di Ca-podistria, nel frattempo diviseperché appartenenti l’una alla Re-pubblica croata e l’altra alla Re-pubblica slovena. Gli immobiliper ospitare scuole, asili, circoli esedi delle Comunità in Istria, aFiume e, su nostra spinta, anchein Dalmazia anziché essere inte-stati, come avviene nel resto delmondo alle nostre Ambasciate diZagabria e di Lubiana, sono tut-tora intavolate in proprietà a dueassociazioni private, anche se lo

Stato italiano versa somme del-l’ordine di milioni di euro al-l’anno per la loro conservazione. Anche l’Edit, che è la casa editricedi libri per le scuole italiane, delquotidiano la Voce del Popolo, delsettimanale Panorama di Fiume edella rivista letteraria la Battana, èsaldamente nelle mani dell’Unioneitaliana, o meglio, di Furio Radin edi Maurizio Tremul. Quali risultati ha dato questa poli-tica insensata dell’Italia che restada anni sotto la lente d’ingrandi-mento della Ragioneria generaledello Stato, della Corte dei Conti,delle nostre Ambasciate di Zaga-bria e di Lubiana, senza che nullasi muova effettivamente?

Lo apprendiamo da un bel libro diSilvano Zilli, pubblicato a suespese in un’edizione di pochecopie, dal quale risulta che ognianno gli Italiane in Croazia sonosempre di meno. Insomma, gli ita-liani calano. Nel censimento del2011 gli Italiani erano ridotti inCroazia a 17.807 persone, con unadiminuzione di 3.422 persone parial -16,41% rispetto al precedentecensimento. Zilli sottolinea nel suolibro che gli iscritti alle elezioni in-terne dell’Ui del 2014 risultano es-sere 34.296 persone e non si spiegala differenza tra il Censimento uf-ficiale e gli iscritti all’Ui, che sonopoco più del doppio. A nostro avviso non potrebbe es-

sere diversamente se l’Unione ita-liana, come abbiamo già scrittonegli scorsi numeri e riprendiamoanche in questo, partecipa totocorde alle manifestazioni antifasci-ste, dove il tema di fondo è rappre-sentato dalle stragi perpetratedall’Regio Esercito italiano lequali sono invece addebitabiliquasi integralmente alle bande co-muniste di Tito. Come si fa a divul-gare la cultura di Dante, ilRinascimento italiano, le canzonidi Napoli o le opere liriche diVerdi, di Puccini ecc. se si raccontain giro che l’Esercito italiano fecestragi terribili che invece, sono do-vute ai partigiani jugoslavi? Vie-tato dire che l’Esercito italianolasciò il teatro bellico balcanico l’8settembre 1943, cioè ben primadella mattanza jugoslava. Anchenoi esuli avevamo difficoltà in Ita-lia a far conoscere questa realtà,fino all’inizio degli anni ’90,quando si sfaldò la Federativa ju-goslava e vi furono stragi terribilitra serbi, mussulmani, bosniaci, er-zegovesi, croati ecc.. In Italia per-fino gli antifascisti più comunisti siresero conto che, anche senza i na-zisti ed i fascisti, le stragi nei Bal-cani avvenivano ugualmente. Nel 1945 Tito iniziò, a guerrafinita, a uccidere coloro cheavevano combattuto dall’altraparte, ma anche quelli che ave-vano combattuto contro i tede-schi, ma non erano comunisti,come i cetnizi di Draža Mihajlo-vić, solo recentemente riabilitati,le milizie filo occidentali sparseun po’ in tutta la Jugoslavia. Gliitaliani poi, compresi quelli filocomunisti ma non acquiescentialla Jugoslavia, finirono infoiba. Il numero ufficiale degliuccisi nel dopoguerra con pro-cesso è stato dato al parlamentojugoslavo dal competente Mini-stro socialista popolare in ben578.000 persone, oltre a 6-700.000 infoibati.

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IL DALMATA LIBERO16 dicembre 2016

nonoStante Gli HaCker e i frenatori padoVani un anno di SoddiSfazionidi realizzazioni e d’impeGnol’associazione funziona e fornisce al giornale fatti e notizie:aumentati a 5.000 i lettori su carta e a 20.000 i navigatori su internet

In Redazione domina l’euforia etutti si sentono in dovere di scam-biare frizzi e lazzi, da quando il no-stro fornitore di servizi Internet ciha comunicato che contro il nostrocomputer si sono verificati nume-rosi attacchi di hacker e che duesono riusciti a penetrare nel nostrosistema elettronico. Chi era interessato a sapere cose ri-servate su di noi? Sapevamo chePutin non dormiva di notte perchétemeva un nostro giudizio, che laClinton era fuori di testa per ana-loghe ragioni e che perfino Trumpaveva riunito il suo Gabinetto per

affrontare eventuali nostri attacchi.Ma Renzo taglia corto. Con Vladi-mir, Hillary e Donald (tra di noi cichiamiamo per nome) ci sono ottimirapporti e, quindi, non pensiamoche siano gli hacker di Stato russi edei due maggiori partiti americaniad operare le intrusioni. Anche per-ché i due hacker sono stati localiz-zati in un paesotto del basso Friulied in un altro del Veneto. La delu-sione serpeggia sui visi di tutti. Chesiano due imbriaghi, vecchi scemidel villaggio, a riuscire in un’im-presa così importante? È un’ideache viene respinta unanimemente

perché le ipotesi sul nostro giornalenon possono così, di colpo, passaredalle stelle alle stalle. Preferiamopensare che si tratti almeno di qual-che massone padovano spostatosiin provincia per far perdere letracce. Perché non spediamo neidue paesotti alcun numero del gior-nale e non abbiamo in loco alcuncontatto via e-mail.

per noneSSere roBot!Continua da pag. 6

La maggioranza degli italiani inquesta confusione di parole temedi incorrere nel reato di razzismoquando dice giallo, arabo e nero(in dialetto veneto negro) e cosìvia, mentre il razzismo è tutt’altracosa e consiste nel ritenere la pro-pria razza superiore alle altre, masoprattutto assegna alla propriarazza il compito di guidare ilmondo, sottomettendo le altre.Dire che esistono più razze è unabanale verità scientifica che alcunvero intellettuale si è mai sognatodi contestare. Da questo articolo parte, dunque,una battaglia per togliere dai media(espressione latina, e non inglese,per indicare complessivamente lastampa, la televisione, l’Internet,ecc.!) le sigle ed i vocaboli inglesiin generale, ma soprattutto i signi-ficati nascosti con i quali i centrimondialisti vogliono condizionareil pensiero dei popoli, istillando inmaniera subdola e nascosta i modidi pensare che vogliono imporreacriticamente a tutti, fidando sulfatto che nessuno se ne accorga.

È ora di dire un basta deciso allacensure sulle idee per rendere inef-ficaci i metodi subdoli, usati pe-santemente per governare unmondo di uomini trasformati in pe-coroni, ma… politicamente cor-retti! Il fatto che abbia vinto il NO nelReferendum costituzionale ita-liano, avversato da tutta intera laclasse politica dell’attuale Europa,è un altro segnale.

illiricus

Auguriamodi tutto cuore

ai nostri lettori e alle loro famiglie che

il natale sia portatore di tranquillità spirituale e di serenità

interna e familiare e che

l’Anno nuovosia foriero per tutti gli italiani

di pace e di ritrovata prosperità,magari con un aiutino della vecchia £iretta,

che potrebbe circolare nuovamente insieme e noncontro l’€uro

Quest’anno il nostro giornale ha registrato cambiamenti formali esostanziali che tutti hanno potuto vedere. la proprietà è statamessa al sicuro da incursioni padovane, passandolo alla fonda-zione rustia traine che garantisce, con un passato di equità e dicorrettezza, l’accesso di tutti quanti vogliano scrivere la loro opi-nione sulla dalmazia. il giornale resta aperto non solo ai dalmatied agli italiani, ma anche a croati, serbi, austriaci e tedeschi che,sui nostri argomenti, si sono dimostrati spesso più equanimi dei no-stri compatrioti. in attesa che la rivista dalmatica torni in circola-zione, il giornale risulta di dimensioni troppo piccole, rispetto agliargomenti che affronta. anche in questo numero abbiamo dovuto rinviare al prossimo lepagine dedicate ai nostri defunti, che sono quelle per noi più diffi-cili e dolorose: ogni nome, ogni fotografia è fonte di dolore perchéci ricorda persone che abbiamo conosciuto, amato e perduto. rin-viate anche le oblazioni che consentono al giornale di rimanere li-bero ed indipendente e che sono, quindi, importantissime. ancheperché testimoniano l’apprezzamento dei lettori per le numerosenotizie che forniamo e per i commenti che le accompagnano. il no-stro non è un giornale ufficiale di niente e di nessuno, perché gliunici reali proprietari e giudici sono i nostri lettori.

la redazione IL DALMATALIBERO

Via dei Giacinti n. 8 - 34135 Triestetel. 040.425118 - fax 040.4260637

Autorizzazione del Tribunale diTrieste n. 1276 del 9/06/2014

editoreFondazione Scientifico Culturale Maria e

Eugenio Dario Rustia Traine

direttoreRenzo de’Vidovich

tel. 040.635944 - fax 040.3483946

redazione Elisabetta de’Dominis, Daria Garbin,

Maria Sole de’Vidovich, Enea de’Vidovich,Marino Maracich, Enrico Focardi, Simone Bais,

Alberto Rutter, Gianna Duda Marinelli,Marcello Gabrielli e Gianfranco Giorgolo

SegreteriaDaria Garbin

immagineMaria Sole de’Vidovich

Coordinamento Alberto Rutter

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