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Valle Imagna Provincia di Bergamo COMUNITA’ MONTANA VALLE IMAGNA PROVINCIA DI BERGAMO PROGETTO DI VALORIZZAZIONE DEL MONUMENTO NATURALE VALLE BRUNONE SITO IN COMUNE DI BERBENNO PIANO DI GESTIONE a cura di dott. arch. Marco Offredi dott. Marco Riva dott. ssa Federica Vitali Settembre 2003

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Valle Imagna Provincia di Bergamo

COMUNITA’ MONTANA VALLE IMAGNA

PROVINCIA DI BERGAMO

PROGETTO DI VA

VALLE BRUNONE

PIANO

LORIZZAZIONE DEL MONUMENTO NATURALE

SITO IN COMUNE DI BERBENNO

DI GESTIONE

a cura di dott. arch. Marco Offredi

dott. Marco Riva dott. ssa Federica Vitali

Settembre 2003

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INDICE 1. INTRODUZIONE GENERALE AL PIANO DI GESTIONE pag. 5

1.1 Cenni Storici pag. 6

1.1.1 Premessa pag. 7

1.1.2 Le grotte pag. 12

1.1.3 La scoperta della fonte e la sua attivazione pag. 14

1.1.4 I poteri curativi dell’acqua termale pag. 15

1.1.5 L’uso dei bagni pag. 15

Bibliografia pag. 17

2. RELAZIONE GEOLOGICA PALEONTOLOGICA pag. 18

2.1 Scopi, materiali e metodi di lavoro pag. 19

2.2 Inquadramento geografico dell’area di studio pag. 20

2.3 Inquadramento geologico generale pag. 21

2.4 Genesi delle Argilliti di Riva di Solto pag. 26

2.4.1 Il contesto ambientale pag. 26

2.4.2 La fauna pag. 27

2.4.3 Interpretazioni paleoecologiche pag. 29

2.5 Le litologie delle Argilliti di Riva di Solto in Valle Brunone pag. 30

2.6 Osservazioni geologico strutturali pag. 32

2.7 Osservazioni morfologiche pag. 35

2.8 Le fonti sulfuree pag. 39

2.9 Introduzione alle schede delle emergenze geologiche pag. 43

2.10 Introduzione alle schede delle emergenze paleontologiche pag. 45

Bibliografia pag. 46

3. RELAZIONE NATURALISTICA pag.48

3.1 Introduzione pag. 49

3.2 Inquadramento geografico pag. 50

3.3 Inquadramento climatico pag. 53

3.4 Inquadramento podologico pag. 55

3.5 Inquadramento botanico pag. 56

3.5.1 Vegetazione in Lombardia pag. 56

3.5.1.1 Il piano basale pag. 56

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3.5.1.2 Il piano montano pag. 60

3.5.1.3 Il piano culminale pag. 60

3.6 La vegetazione della Valle Imagna pag. 62

3.7 Studio botanico della Valle Brunone pag. 63

3.7.1 Materiali e metodi pag. 63

3.7.2 Formazioni arboree pag. 66

3.7.3 Formazioni arbustive pag. 78

3.7.4 Formazioni erbacee pag. 83

3.7.5 Prati ed aree di neoformazioni pag. 84

3.7.6 I castagneti pag. 85

3.7.7 Le coltivazioni di conifere pag. 87

3.7.8 Le specie esotiche pag. 88

3.7.9 Piante officinalis pag. 89

3.9.10 Specie protette pag. 91

3.9.11 Specie di flora protetta di cui è vietata la raccolta (…) pag. 95

3.7.12 Elenco flogistico delle specie della Valle Brunone pag. 99

3.8 Studio faunistico della Valle Brunone pag. 105

3.8.1 Elenco faunistico pag. 105

3.8.2 Rettili pag. 105

3.8.3 Anfibi pag. 109

3.8.4 Mammiferi pag. 112

3.8.5 Uccelli pag. 117

3.9 Elenco foto pag. 128

Bibliografia pag. 136

4 RELAZIONE ARCHITETTONICA pag. 140

4.1 Inquadramento storico generale pag. 141

4.2 L’architettura rurale pag. 145

4.3 Tipologia edilizia pag. 149

4.3.1 Le murature pag. 149

4.3.2 Le fondazioni pag. 152

4.3.3 Le murature cantonali pag. 152

4.3.4 L’involto pag. 152

4.3.5 I tramezzi interni pag. 153

4.3.6 L’intonacatura pag. 154

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4.3.7 Le solette pag. 154

4.3.8 La pavimentazione pag. 155

4.3.9 Le coperture in piöde pag. 155

4.3.10 Il tetto pag. 156

4.3.11 Contorni e apertura di facciata pag. 157

4.3.12 Percorsi pedonali e muri di contenimento pag. 159

4.4 Catalogazione degli edifici, manufatti e terrazzamenti all’interno (…) pag. 161

Bibliografia pag.162

5 PROGRAMMAZIONE DEGLI INTERVENTI pag. 163

5.1 Attività e servizi del monumento pag. 164

5.1.1 Interventi di promozione pag. 165

5.1.2 Attività didattiche e turistiche pag. 166

5.1.2.1.1 Proposte didattiche per le scuole pag. 167

5.1.3 Approfondimento delle ricerche scientifiche pag.168

5.1.4 Interventi propedeutiche all’avvio delle attività pag.169

5.1.5 Tutela pag. 170

5.2 Proposte d’intervento pag. 171

5.2.1 Azioni materiali pag. 171

5.2.2 Azioni immateriali pag. 174

5.3 Piano finanziario pag. 175

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1. INTRODUZIONE

GENERALE AL PIANO DI GESTIONE

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1.1 CENNI STORICI

Presso la Biblioteca Angelo Maj di Bergamo è conservata un’interessante pubblicazione dal titolo: “ La Fonte alcalino-solforosa di Berbenno al Ponte

Giurino in Valle Imagna”. a cura del Dott.Prof. Paolo Porro con scritti del Prof.Antonio Stoppani, edito a Bergamo dalla Tipo.Lit. Gaffuri e Gatti nel 1884.

L’opuscolo veniva distribuito gratuitamente agli ospiti che allora potevano

soggiornare nell’Albergo Villa di Ponte Giurino e rappresentava un’utile guida

contenente diverse informazioni: dalla descrizione botanica a quella geologica dei

luoghi; le gite ed escursioni offerte; i benefici per la salute ottenuti attraverso

l’insufflazione delle acque sulfuree in particolare per la cura di bronchiti ed

enfisemi polmonari.

L’autore si spinge poi in una breve descrizione storica dei luoghi soffermandosi

in particolare alle vicende legate alla Brembilla vecchia (ora parte del territorio dei

comuni di Berbenno e Capizzone).

Ci è sembrato opportuno riportare in forma integrale alcuni passi della

pubblicazione e ciò per meglio evidenziare come negli anni i luoghi non sono

sostanzialmente mutati anzi hanno mantenuto la loro integrità ambientale in modo

particolare la Valle Brunone oggetto del presente studio.

Scriveva nel 1884 il Prof. Paolo Porro a proposito della frazione di Ponte Giurino

del comune di Berbenno:

“ Ponte Giurino non è indicato neppure sulla carta dello Stato maggiore

austriaco…Eppure è un sito così bello. Bello, dico, come stazione, per godervi il

prospetto della Vallimagna e come punto di partenza per piacevoli escursioni.

Pigliate una carta di Lombardia e troverete Vallimagna nella provincia di Bergamo,

col suo confluente nel Brembo, su per giù a cinque miglia dalla città fra levante e

tramontana dove la via maestra taglia il fiume, passando dalla destra sulla

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sinistra,là, quasi nel cuore della valle, ad un chilometro circa dal ponte vi è un

albergo di buon augurio: più avanti una farmacia; dei mulini giù basso; qualche

casetta più su…infine Ponte Giurino. Se fosse in Lapponia o in seno alle steppe

della Russia, le carte lo segnerebbero come una grande città: nella popolosa

Lombardia è un luoghicciolo, che appena comincia a far capolino nel rumoroso

regno della fama per le sue fonti solforose, sorelle ed emule delle celebri fonti di

S.Omobono”.

Segue la descrizione dei luoghi che conducono alle fonti lungo un comodo

sentiero ombroso costeggiato da rupi poste ad anfiteatro ed un fitto bosco. Il Porro

non lesina di soffermarsi sulla bellezza di Ponte Giurino e sull’incantevole

panorama che dalla finestra del suo alloggio poteva scorgere :

“ …vedevo ritte di fronte le brulle vette dell’Albenza, sorrette da pareti verticali di

nudi strati calcarei, quasi da ciclopico muraglione. Le sue fondamenta si celano

sotto i colli prativi, sparsi più in basso do folte macchie di castagni, di noci, di

querce, che sempre più si allargano, si addensano, si fondono in una sola

boscaglia di vari aspetti, fino al breve piano ove serpeggia l’Imagna….Spingendo

lo sguardo su a destra, verso il fondo valle, scorgevo una gola angusta, nera,

profonda, troppo più piccola della Via Mala, ma più pittoresca”.

1.1.1 Premessa

“Chi esce dall’Albergo Villa e fa un duecento passi sulla postale che sale a

S.Omobono, giunge ad un viottolo che si adima alla valletta che ha il nome del

fondatore dei Certosini…la viottola provveduta all’imboccatura di un cartello

indicatore, tutt’altro che pretenzioso, risale il corso di un’acquicella limpida,

tributaria dell’Imagna, ed ha caratteri eminentemente romantici…Il sentiero corre

tra boschi di avellani e di cornioli offrendo una passeggiata fresca ed ombrosa…e

ampia messe di ciclamini e di fragole, di nocciole e di corniole. Dopo di aver

attraversato due volte su rustici ponticelli il limpido rivo e di aver scontrati

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numerosi curanti - si giunge ove - scaturisce la polla più ricca dell’acqua sulfurea,

il cui odore caratteristico fa motto al naso ad una ragguardevole distanza. Ma di

queste polle ce ne sono parecchie, una anzi riparata da un casotto in muratura ha

decisissimo sapore ferruginoso.

Né fa difetto un luogo in cui star al coperto in caso di cattivo tempo, giacché in

fondo al piazzale …..è costruita una capace sala….che offre però sempre sicura

ospitalità e ricetto ai beventi”.

Il Prof.Porro prosegue ancora nella descrizione dei luoghi particolarmente ameni

per la presenza delle acque limpide del torrente e l’ombra di rigogliose piante.

Sottolinea gli effetti benefici che l’acqua produce “…sui nervi e sui visceri

malati…”.

Viene altresì sottolineato come “…..La numerosa colonia dei curanti non soffre

mai difetto di passatempi e di distrazioni. Alla mancanza del bigliardo suppliscono

esuberantemente le boccie, le carte, la dama, gli scacchi e i giuochi innocenti a cui

prendon parte, senza distinzione di sesso, d’età e di professione tutti gli ospiti del

Villa. E questi si riuniscono ancora lieti e garruli ora in un bosco, ora in una fresca

valletta, ora in un prato ombroso a merendare e a novellare “.

Non manca una accorata descrizione sulle possibilità offerte da Ponte Giurino

quale punto di partenza per interessanti escursioni nei paesi vicini sino a spingersi

ai piedi del Monte Resegone ove presta il suo uffizio un giovane curato”…dalle

atletiche membra e dal cuor e dal cuor d’oro..”.

Dunque Ponte Giurino è “…centro di escursioni piacevolissime e interessanti.

Geologi, botanici, entomologi, pittori e passeggiatori possono trovar qui di che

sbizzarrirsi a loro talento.” Citando il Prof.Antonio Stoppani vengono ricordate

alcune note mete quali la grotta del santuario della Cornabusa, la Caverna del

Daina e le sue stalattiti, la Tomba dei Polacchi, tutte escursioni con un alto

contenuto di interesse artistico e scientifico.

Vengono descritte alcune escursioni di interesse storico ed alpinistico.

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“….voglio accennare ad una gita che ha valore alpinistico e storico, quello cioè

che da Ponte Giurino si può fare agevolmente a piedi o a cavallo al Monte Ubione,

che vestito di folte boscaglie erge la sua cima acuminata, tricuspidale tra Almenno

S.Salvatore e Strozza. Al suo piede, dalla parte di mezzodì confluiscono le acque

dell’Imagna e del Brembo. In una delle più alte vette di questo monte nel X secolo,

Attone Leuco, conte e signore di Almenno, innalzava un munitissimo castello.

Verso la metà del XIV secolo il castello era venuto in proprietà di Enguerardo

Dalmasano, ghibellino prepotente e feroce, padre a un Bertramo, che le cronache

dicono avesse sposato una gentildonna di nome Costanza. La frazione guelfa

aveva allora il maggior numero di partigiani dell’Imagna, e la ghibellina nella

Brembilla, di cui era capoluogo Clanezzo…”

Il Porro riporta alcune passi tratti da scritti dello storico G.Barbieri il quale così

descrive le vicende legate al castello del Monte Ubione:

“….il rapace Enguerardo stando in questo castello disegnava nella Valle i luoghi

a cui portare assalto, e scendeva quindi ruinoso con sue masnade come

irreparabile torrente, recando incendio e ruina. Andavano sconfortati al tutto gli

abitanti dell’Imagna, poiché non avevano valida difesa da opporre alla prepotente

possa del loro odiato vicino, poiché questo luogo del Dalmasano era forte per

natura, che gli aveva posto a baluardo i due fiumi Brembo ed Imagna, ed isolato e

minaccioso quale appariva in quel culmine, circondato dalle due valli Brembilla ed

Imagna, veniva considerato dagli abitatori della sottoposta vallata, che lo

contemplavano da lungi, come un nido invincibile di umani avvoltoi, da onde

rapaci uscivano piombando inaspettatamente a capitanare la gente nelle zuffe che

coi propinqui valligiani perpetuamente ingaggiavano ed in special modo con quelli

della Valle Imagna. Imperocché gli uomini della Brembilla soverchiavano in forze i

loro vicini, e con depredazioni continue li danneggiavano. Essi erano vigorosi,

armigeri, arditissimi, ed avevano valorosi capi nelle famiglie potenti che

dimoravano nella Valle. Nel secolo seguente i valligiani della Brembilla

continuarono a commettere sui vicini paesi le più crudeli rappresaglie. Vedendo

quelli della Valle Imagna che continuamente erano danneggiati in ogni modo e

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nella vita e nelle sostanze ed anco con incendi delle loro proprietà per parte del

Brembillesi, ricorsero all’appoggio di Pinamonte di Cà Pizzone, che trovavasi frate

nel convento di Pontida. Questi, animato da sentimenti di nobile vendetta, si recò

tosto a Capizzone. Quivi raccolse a sua disposizione gran numero di prodi

valligiani, e raccoltili intorno a sé, segretamente avvisarono ai modi di combattere

uniti e con efficacia i nemici, e statuirono i segni e l’appostamento, attendendo

l’istante propizio in cui i ghibellini fossero discesi nella lor valle, essendo vano

presumere di assalirli nella rocca d’Ubione o nei castelli della Brembilla, ove erano

troppo vantaggiosamente difesi. Né andò guari che a far paga l’aspettazione dei

guelfi, il vecchio Enguerardo, come un leone che sempre avido di prede mal giace

inoperoso nel covo, medita di condor sue genti sino al Boschereccio Mazzoleni,

terra interna della valle Imagna. Vegliarono attente le scolte di Pinamente, sì che

mai da Clanezzo o dal forte d’Ubione durante il giorno e nelle ore notturne

drappello alcuno muoveva il passo, senza ch’egli ne avesse pronta novella.

Venuta la sera del giorno 5 aprile 1372, fu recato l’avviso che molti armati di

varie parti della Brembilla avevano salito l’Ubione ed erano stati accolti nella

rocca. Previde Pinamonte qualche ostile disegno del Dalmasano, e quindi mandò

pronti avvertimenti, onde i suoi fossero parati all’evento. Un’ora prima della

mezzanotte ecco splender un fuoco sulle vette di Val Nera; tosto gli rispose al di là

della Valle un altro fuoco sulle rupi di Bedulita, ed un terzo ne appare ben presto

tra i macigni della Corna-busa. Tutta l’Imagna ha conosciuti i segnali. I Ghibellini

della Brembilla, usciti dalla rocca, scendono intanto guidati da Enguerardo ed

entrano nella valle Imagna, giungono al torrente, lo varcano e procedono

confidenti e sicuri. Intanto quelli dell’Imagna, prese le armi, abbandonano le case

e, per diversi sentieri, rapidi e guardinghi, nell’oscurità, convengono da ogni banda

nel luogo prefisso, che è là dove il fiume Imagna rompe fragoroso fra gli eretti

scogli di Cepino, cioè vicino alla contrada che ora dicesi Mojo di Sellino. Quivi li

attende Pinamonte, e vedendo che la masnada brembillese teneva la volta a

Mazzoleni, deliberò di assalirli al loro retrocedere. Quivi sul far dell’alba,

Pinamonte co’ suoi trovò i Brembillesi che retrocedevano da Mazzoleni che

avevano abbruciato, e succedette un’accanita zuffa con Enguerardo e suoi

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seguaci, e ben presto tutto l’irto piano apparve ricoperto di sangue, di morenti e di

estinti. Il ferreo braccio di Pinamonte operò prodigi di valore, e Dalmasano ebbe

una clamorosa disfatta, e svergognato si rifugiò ancora nel suo castello. Poco

dopo il Pinamonte co’ suoi fece l’assalto dell’abborrito Clanezzo, e superatolo

salirono la montagna ed entrarono nel castello, ove il Pinamonte ferì mortalmente

il Dalmasano, ad onta che la sua nuova Costanza a calde lacrime ne implorasse la

sua vita.

Stanco il Veneto Governo, di cui era suddita la terra bergamasco, delle sfrenate

scelleratezze dei Brembillesi, ordinò che in un dato giorno dovessero presentarsi

all’Ufficio comunale di Bergamo tutti i capi di casa della provincia, e quindi venne il

giorno anco per quelli della Brembilla. Ivi giunti questi ultimi, fece imprigionare tutti

i capi della medesima, in numero di 18, ed ordinava che fossero cacciati via tutti

gli abitanti della Brembilla, e fece smantellare, distruggere ed incendiare tutti i

villaggi, con special decreto che quella terra non fosse più abitata per cento anni.

In tre giorni tutto fu distrutto, ed al sole del giorno 7 gennaio 1443 più non restava,

di quella popolosa vallata, che le immense ruine ed un mucchio di cenere, e per

molti e molti anni non si vedevano in quel luogo che pastori a pascolare col loro

gregge pecorino e caprino. Il Governo veneto cedette questo territorio al general

Colleoni, che lo diede ad altri enfiteusi. Quindi passò nelle mani delle tre sorelle

Pei retti, e dopo, dividendosi e sminuzzandosi in molte altre parti, restò però

ancora una considerevole possidenza alla famiglia del conte Petrobelli, che aveva

la Seresola, alla famiglia Cucchi, che avea una gran parte della Brembilla vecchia,

e la famiglia Feltrami, che aveva Clanezzo con l’annesso monte Ubione, che paga

ancor oggigiorno un’enfiteusi annuale alla signorile famiglia Frizioni, tutti e tre di

Bergamo” .

Segue infine un’accurata descrizione del ponte di Clanezzo, nel luogo dove il

torrente Imagna confluisce nel Brembo, e dell’attiguo castello. Alla fine dell’800,

secondo quanto riportato dal Prof. Porro erano ancora ben visibili sulla sommità

del monte Ubione le tracce dell’antico castello distrutto. Si poteva scorgere

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l’impianto del fabbricato che era a pianta quadrata irregolare con possenti mura ed

una torre posta su un lato.

L’ingresso doveva sorgere sul lato nord-est mediante un ponte levatoio.

Ma se questo rappresentava un baluardo ben connotato e visibile altri esempi di

fortificazione si potevano scorgere all’interno della valle ( alcuni edifici a torre sono

ancora oggi discretamente conservati in particolare a Strozza e Rota Imagna).

1.1.2 Le grotte

Il Porro cede la parola allo Stoppani il quale scriveva nella sua opera “Il Bel

Paese” :

“ …con quegli strati di calcare sono letti di conchiglie marine e tante altre cose,

perché io ho percorsa la Vallimagna per lungo e per largo: ho salito quasi tutti i

suoi gioghi, varcati i suoi valichi. Quante ricchezze per lo studioso della natura! Ma

aspettate invece di viaggiare a cielo aperto, viaggeremo sotterra…..perché quella

bellissima valle vanta un mondo sotterraneo. Io non conosco altro luogo in

Lombardia, ove in sì breve spazio, si celino tante caverne”.

Il diffuso carsismo presente in Valle ed oggetto in questi anni di vari studi,

ricerche e tesi di laurea stimolarono già alla fine dell’800 l’interesse di geologi e

naturalisti.

L’abate Antonio Stoppani che soggiornò per un certo periodo a Ponte Giurino da

una descrizione accurata delle tre principali grotte che allora stimolavano

l’interesse non solo dei ricercatori ma anche di numerosi curiosi.

La più famosa, e certamente la più visitata ancora oggi per il Santuario che vi è

stato ricavato, è quella chiamata “Corna-busa” (oggi Conabusa) dal dialetto pietra

cava.

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Partendo la Ponte Giurino si saliva lungo l’allora strada maestra sino a Cepino (

Frazione di Sant’Omobono) e lungo un ripido sentiero – faticoso a chiocciola –

costellato di edicole religiose si giungeva al Santuario Mariano. Il Porro dichiara il

suo, ma anche di altri visitatori, che scoprono come la chiesa sia ricavata in una

grotta definendola come “una bella novità architettonica”.

La cavità è costituita da grossi e compatti strati calcari, sovrapposti con breve

inclinazione, che vanno a formare la facciata e le pareti interne

Un grosso banco calcareo forma una sorta di grande architrave che va a

sostenere l’intero soffitto.

L’Abate Stoppani così descrive la grotta:

“Il geologo del resto non ci trova altro lassù che una semplice caverna. Io credo

formata al modo stesso di quasi tutte le caverne calcaree. Essa non è altro infatti

che parte d’una vasta spianata della montagna. L’abbondante stillicidio anzi le

vere sorgive, che si scorgono in fondo alla caverna, dietro l’altare, condotto ad arte

a formare un bel getto perenne a modo di fontana saliente sull’ingresso dell’antro,

possono considerarsi come indizi d’una crepatura che s’interna, Dio sa quanto,

nella montagna, e ne raccoglie lo stillicidio. Ma la crepatura non appare evidente

nell’altro stesso. Nell’atto che la montagna si spaccava da cima a fondo una

porzione degli strati superiori della sinistra, e rimase, come dissi, a modo di soffitta

sul vano che ne risultò”.

Le altre due grotte descritte dallo Stoppani sono ubicate nel comune di Rota

Imagna, quella chiamata del Daina (dal nome del suo scopritore) e quella più nota

dei Polacchi recentemente acquisita dal comune.

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1.1.3 La scoperta della fonte e la sua attivazione

Nel 1850 il medico Luigi Pellegrini scopriva la fonte minerale posta nella frazione

di Ponte Giurino del comune di Berbenno.

In breve venne aperta al pubblico anche grazie all’interessamento del chimico

Lorenzo terni. Parecchi medici del tempo ne descrissero le proprietà curative

pubblicando sulla Gazzetta medica italiana i risultati delle prove eseguite.

Eminenti riconoscimenti vennero espressi da nomi famosi come: Stoppani, Orsi,

Brugnoli, Gilberti ed altri.

Pubblicando nel 1870 un raffronto sulle analisi effettuate sulle diverse acque

solforose saline della Valle Imagna il dr. Regazzoni così descriveva i caratteri fisici

della Fonte di Ponte Giurino.

Raccolta in un bicchiere, l’acqua si presenta limpida con numerose e brillanti

bollicine di gas acido carbonico, che si sprigionano e screpolano alla superficie, e

ciò più celermente se si imprime una scossa nel vaso; durante la massima

effervescenza delle bollicine l’acqua appare leggermente torbida e sembra quasi

che, queste dissipate, essa non riacquisti la primitiva lucentezza.

L’odore è di uova fracide, sensibile anche a ragguardevole distanza,

sensibilissimo poi se l’acqua si scuote in un bicchiere con la mano sovrapposta, o

in una bottiglia.

Il sapore è leggermente solforoso, alcalino, fresco.

La sua temperatura fra l’estate e l’inverno varia fra +6 e +12 gradi e nella fase di

zampillo è più leggera dell’acqua distillata.

La quantità d’acqua che scaturiva era di 60 litri all’ora e nessuna variazione al

modificarsi delle stagioni venne rilevata o accertata.

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A seguito di alcuni sopralluoghi da parte dello Stoppani e di alcuni altri studiosi

vennero eseguiti opportuni lavori di captazione nei scisti marnosi e la portata della

fonte fu aumentata a 70 litri di acqua all’ora.

1.1.4 I poteri curativi dell’acqua termale

Le acque minerali solforose della Fonte di Ponte Giurino risultarono efficaci

specialmente nella cura di malattie croniche della pelle, in particolare per ammalati

a livello linfatico o che abbiano pelle secca e ruvida.

L’eczema, l’impetiggine cronica, la psoriasi, la lebbra volgare, il prurito erano

malattie che potevano trovare validi rimedi attraverso abluzioni con l’acqua

sulfurea della Fonte.

Altre malattie quali coliche epatiche, dispepsia acida, torpori di stomaco,

anoressia, reumatismi cronici, gotta potevano trovare un valido rimedio.

Il dott.Pellegrini pubblicava nel 1854 i risultati clinici di ben 18 casi curati e

guariti dai poteri delle acque solforose della fonte Brunoniana.

Nello stesso periodo il dott.Cavalieri di Milano confermava gli ottimi risultati

ottenuti in casi di gastro-entero-metrite.

Anche l’Ospedale di Bergamo coronava con successo numerosi casi clinici

curati con le acque di Ponte Giurino.

1.1.5 L’uso dei bagni

L’acqua solforosa salina che sgorgava dalla fonte veniva raccolta presso la

risorgiva in una cisterna e da qui poi trasportata presso l’Albergo Villa (ora

Ippocastano) dove veniva riversata in apposite vasche.

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Alle abluzioni seguiva l’ingestione di acqua solforosa che ne integrava la cura.

Il bagno doveva essere fatto dopo 4 o 5 ore dal pranzo in acqua tiepida (27°C –

30°C) per circa un’ora. L’asciugatura del corpo veniva fatta con panni caldi ed un

riposo di un’ora a letto seguito da una passeggiata.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 16

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BIBLIOGRAFIA Dott. Prof. Porro Paolo, (1884). La Fonte Alcalino Solforosa di Berbenno al Ponte Giurino in Valle Imagna (Provincia di Bergamo). Stabilimento topo-lit. Gaffuri e Gatti, Bergamo.

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2. RELAZIONE

GEOLOGICA PALEONTOLOGICA

dott. ssa Federica Vitali

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2.1. SCOPI, MATERIALI E METODI DI LAVORO

Il presente studio geologico della Valle Brunone, situata in località Ponte

Giurino, è atto a evidenziare le emergenze geologiche e paleontologiche dell’area

in esame, in vista di una possibile fruizione futura da parte di pubblico del

Monumento Naturale ivi istituito.

Tale scopo è stato perseguito tramite il rilevamento geologico nella valle degli

affioramenti situati a livello dei sentieri ed a livello di tutto il tratto di fondo valle

lungo il torrente Brunone.

Utilizzando carte in scala 1:2.000 della Val Brunone, nella prima fase del lavoro

si è proceduto a mappare, in collaborazione con il dott. Offredi ed il dott. Riva, i

sentieri più facilmente percorribili, sull’intera superficie dell’area in esame. In

seguito il rilevamento geologico sul terreno, eseguito utilizzando carte in scala

1:1.000, ha consentito la raccolta dei dati geologici, strutturali, morfologici, idrici,

nonché un’adeguata documentazione fotografica dello stato di fatto.

Per il rilevamento sono stati utilizzati come strumenti: bussola Suunto ed

altimetro, ai fini di cartografare posizione e giacitura degli strati considerati.

Il rilevamento ha consentito di compilare le seguenti carte tematiche:

Carta geologica degli affioramenti (scala 1:2.000), dove sono stati

cartografati i principali affioramenti della Valle Brunone a livello dei sentieri

e del fondovalle lungo il torrente Brunone; ove sono rappresentate tutte le

emergenze geologiche.

Carta paleontologica (in scala 1:2.000), dove sono rappresentate le aree di

pertinenza paleontologica da tutelare.

La rielaborazione dei dati raccolti sul terreno ha consentito di redigere schede

tecniche delle emergenze, correlate da relativa documentazione fotografica.

Sono stati inoltre prodotti profili ortogonali alla valle, in scala 1:2.000, allo scopo

di meglio evidenziare i potenziali dislivelli morfologici che i fruitori del parco

dovranno affrontare.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 19

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2.2. INQUADRAMENTO GEOGRAFICO DELL’AREA DI STUDIO

Il Monumento Naturale della Valle Brunone è situato in Valle Imagna, provincia

di Bergamo, all’interno del territorio comunale di Berbenno, poco distante dalla

località Ponte Giurino. L’area comprende il medio e basso corso del torrente

Brunone ed i suoi affluenti sulla destra e sulla sinistra idrografica, è quindi

delimitata a valle dal corso del torrente stesso, mentre lateralmente dalle isoipse

370 m s.l.m. e 550 m s.l.m., occupa circa 2 Km2.

Stralcio dalla carta 1:25.000 della Valle Imagna.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 20

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2.3. INQUADRAMENTO GEOLOGICO GENERALE

L’area indagata in questo studio è parte della successione della “Zona

Lombarda” (fig.2.3 a), che affiora tra il lago di Lugano e quello di Garda.

Al di sopra delle formazioni carbonifero permiane inferiori delle fasi finali

erciniche e a luoghi direttamente sul basamento metamorfico ercinico, la

successione del ciclo alpino inizia con i conglomerati porfirici e le arenarie rosso

violacee di ambiente continentale del Verrucano Lombardo (Permiano superiore).

Nel Triassico inferiore abbiamo la formazione marina costiera del Servino che

passa verso l’alto a dolomie gessifere evaporitiche. Con il Triassico medio

cominciano a prevalere le formazioni carbonate, abbiamo infatti i calcari grigi e

neri e le calcareniti micacee con interstrati marnosi del Calcare di Angolo, Calcare

di Prezzo, Calcare di Camorelli e la Dolomia dell’Albiga nell’Anisico, la potente

successione (900 m) di calcari di piattaforma in grossi banchi del Calcare di Esino

con episodi sommatali sopratidali (Calcare Rosso, Formazione di Breno).

Eteropiche al Calcare di Esino, deposte in bracci di mare intrapiattaforma più o

meno ampi e profondi, abbiamo le formazioni calcareo detritiche o detritiche del

Calcare di Buchenstein, la Formazione di Wengen e l’Argillite di Lozio.

Il Gruppo del Raibl del Carnico è rappresentato da calcari, marne, carniole,

dolomie, argilliti, arenarie tufacee e talora tufi, di spessore relativamente grande

ritenuti indicativi di ambiente poco profondo, spesso lagunare o addirittura

continentale; vi vengono distinte diverse unità a rango di formazione: il Calcare

Metallifero Bergamasco (con mineralizzazioni a fluorite, barite e solfuri di Zn e Pb

che riempiono cavità carsiche) e la Formazione di Gorno.

Nel Norico la sedimentazione si fa più uniforme con la deposizione della

Dolomia Principale, potente ed apparentemente monotona successione dolomitica

di piattaforma, stratificata e non, deposta in ambienti deposizionali che si

sostituiscono arealmente e si alternano nel tempo (piattaforma interna, laguna,

fondali anossici, piattaforma marginale, facies biocostruite e solchi

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intrapiattaforma); gli spessori di questa successione arrivano fino a 1.200-1.500 m.

Vi vengono distinte diverse facies: brecce basali, dolomie scure fetide, brecce di

scarpata, dolomie zonate. A luoghi la parte alta della Dolomia Principale è

sostituita da una formazione calcarea, il Calcare di Zorzino, deposto in solchi

intrapiattaforma con fondali anossici legati al rifting triassico che prelude

all’annegamento della piattaforma.

Il Retico lombardo presenta notevole variabilità di spessori, il valore massimo

supera i 2.000 m; è caratterizzato da due unità l’Argillite di Riva di Solto,

caratterizzata da faune impoverite e specializzate e deposta da un braccio di mare

circondato da piattaforme calcaree con acque scarsamente ossigenate, e il

Calcare di Zu, con faune ben sviluppate e varie di mare aperto e ben ossigenato.

Un gruppo di formazioni, in parte eteropiche, è posto tra il Retico superiore ed il

Lias; si tratta della Dolomia a Concodon, del Calcare di Zandobbio e della Corna.

Quest’ultima Formazione di aspetto massiccio è presente soprattutto nella parte

orientale della zona, viene chiamata Botticino dai cavatori dai quali viene

ampiamente utilizzata come pietra da taglio.

Il Lias è rappresentato da calcari marnosi scuri di origine torbiditica con

intercalazioni argillose e liste di selce, il Medolo (=Calcari Selciferi Lombardi); vi si

trovano intercalati in prossimità della zona varesotto-luganese brecce e blocchi

della successione triassica e liassica asportati dalle zone di alto occidentali e

sedimentati nelle aree bacinali instauratesi nella zona lombarda: tra il Lago

Maggiore e quello di Como si sviluppano nel Lias in due aree adiacenti due

profondi bacini regolati da sistemi di faglie ad andamento meridiano indicati come

Bacino di Campo dei Fiori e Bacino di Monte Generoso. I depositi pelagici profondi

testimoniano il primo collasso del margine passivo in conseguenza dell’apertura

della Neotetide; l’annegamento della piattaforma carbonatica viene così collocato

per l’area lombarda all’Hettagiano medio-superiore.

A tetto del Medolo sono presenti a luoghi marne e argille grigio-scure anossiche

(Formazione di Sogno). La parte superiore del Lias ed inferiore del Dogger

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(Toarciano, Aaleniano) è rappresentata dal Rosso Ammonitico Lombardo, calcari

marnosi nodulari fasciati da marne rosse, bioturbate.

Il Dogger ed il Malm sono in genere estremamente condensati in pochi metri di

spessore di radiolariti, marne silicee e calcari pelagici che costituiscono il Selcifero

Lombardo (= Radiolariti + Rosso ad Aptici + Formazione di Prabione).

Nella parte alta del Giurassico (Titonico) ha inizio la sedimentazione della

Maiolica, calcilutiti bianche con lenti di selce, che si estende cronologicamente per

buona parte del Cretacico inferiore (Barremiano).

Ai calcari selciferi della Maiolica segue un’altra Formazione pelagica, quella

della Scaglia Lombarda costituita da marne e calcari marnosi tipicamente colorati

in vari colori o in rosso (Scaglia variegata, Scaglia Rossa, Scaglia Cinerea); alla

base viene distinta ad occidente un’unità marnosa anossica con torbiditi pelagiche

il Sass de la Luna (Albiano-Turoniano). L’intervallo cronologico si estende fino

all’Eocene medio.

Eteropico in parte al Sass de la Luna ed alle Scaglie cretacee abbiamo il Flysch

Lombardo (Flysch di Bergamo, Arenarie di Sarnico e Formazione di Pontida) che

copre l’intervallo Turoniano-Campaniano. Si Tratta di torbiditi arenaceo-

conglomeratiche e marnoso-calcaree in facies di conoide sottomarina interna

collegate verso nord a sorgenti di clasti localizzate all’interno del dominio

austroalpino, rappresenta il primo consistente apporto terrigeno nell’area; il suo

spessore, oltre i 2.000 metri, testimonia una notevole subsidenza che ha portato al

formarsi di una fossa colmata da attivi apporti torbiditici.

Al di sopra del flysch troviamo ancora livelli in facies di Scaglia, seguiti da

Calcari nummulitici il cui tetto è compreso nell’Eocene medio.

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Fig.2.3a. Colonna stratigrafica rappresentante la Successione Lombarda.

Piano di G

estione del Monumento Naturale Valle Brunone 24
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Fig.2.3b. Diagramma dei rapporti stratigrafici tra successioni triassiche lombarde

(da Jadoul e Rossi, in Castellarin e Vai, 1982)

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 25

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2.4. GENESI DELLE ARGILLITI DI RIVA DI SOLTO

2.4.1 Il contesto ambientale

Nella successione sopra descritta è compresa la Formazione delle Argilliti di

Riva di Solto che interessa l’intera area indagata. La parte bassa di questa

formazione, comprende litologie altamente fossilifere che hanno fatto del Parco

Naturale della Valle Brunone un sito paleontologico di rilevanza mondiale per la

straordinaria varietà di fossili ivi ritrovati. Si rende necessario allora conoscere le

condizioni ambientali e climatiche che hanno permesso il compimento dei processi

di fossilizzazione.

Nella successione studiata, il momento di massima fossilizzazione e di massimo

accumulo di carbone organico coincise con un’importante fase trasgressiva. Lo

sviluppo di questa stessa trasgressione portò importanti cambiamenti ambientali.

Nella maggior parte della regione Lombardia, ma anche in altre aree alpine, si

ebbe un generale e progressivo innalzamento del livello del mare. Le piattaforme

carbonatiche e le scogliere subirono diversi stress ecologici ed infine furono

sommerse fin sotto la zona eufotica. Durante questo periodo, il bacino era

caratterizzato probabilmente da acque ricche in nutrienti, con salinità ridotta. Un

temporaneo incremento della concentrazione di nutrienti organici fu probabilmente

prodotto da una momentanea interruzione della stratificazione delle acque marine.

Nelle coeve rocce ricche in carbone organico si registra inoltre un importante

influsso di materiale organico continentale, questo suggerisce un incremento di

apporti di nutrienti continentali.

Correlazioni precise tra le successioni bacinali e di piattaforma sono spesso

difficili, ma è chiaro che molte aree di piattaforma carbonatica subirono un

annegamento, con conseguente formazione di piccole isole emergenti e pianure di

marea, e l’apertura di lagune subtidali, ricche di fauna a pelecipodi (megalodonti e

conchodon). Nelle aree intrapiattaforma si svilupparono inoltre ambienti

scarsamente ossigenati, con carenza di bioturbazioni. Le piattaforme carbonatiche

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dell’epoca generalmente avevano assenza di veri e propri margini

d’accrescimento, invece nelle zone dove dominava un regime di tempesta si

svilupparono banchi oolitici e bioclastici. Dopo la trasgressione, durante

l’evoluzione in acque basse della regione Lombardia, le rampe, costituite da

materiale fangoso, erano dominate da regimi di tempesta che permise un loro

progressivo sviluppo, permettendo collegamenti tra il bacino e le parti di

piattaforma rimase emerse. Queste rampe erano caratterizzate da sedimentazione

terrigeno-carbonatica. L’ossigenazione locale, sulla scarpata, andava

probabilmente scemando all’approfondirsi delle acque. Queste aree erano si

pensa fossero colonizzate da una fauna poco diversificata di molluschi, spesso

però molto ricca di individui. Una fauna simile anche nella sua monotonia,

dominata da pelecipodi filtratori (nucule, rhaetivicule) e coproliti di crostacei

limivori, si riscontra anche negli ambienti a bassa energia che si erano formati a

livello dei paleoalti intrabacinali sopra descritti. Le piatte culminazioni degli alti

carbonatici sussistettero in questo periodo in assenza di sedimentazione, e solo

un sottile suolo si formò in dette aree. Le scarpate di tali alti carbonatici furono

ricoperte progressivamente di fanghi argillitici, tuttavia rimase un’importante

instabilità gravitazionale testimoniata da depositi di debris-flow argillitici e isolati

slumping, strutture queste che caratterizzano importanti livelli fossiliferi (Ponte

Giurino). La depressione sul fondo era caratterizzata da condizioni anossiche. Le

porzioni bacinali, comunque, delle successioni argillose mancano generalmente di

fauna indigena.

2.4.2 La fauna

La fauna è preservata in distinti livelli non bioturbati, all’interno della porzione

trasgressiva inferiore della successione argillitica (Membro inferiore delle Argilliti di

Riva di Solto). Gli organismi furono preservati nelle depressioni scarsamente

ossigenate dovute alla precedente paleogeografia interamente carbonatica. Le più

importanti località fossilifere, conosciute fin’ora, sono localizzate nella Lombardia

centrale (Provincia di Bergamo, specialmente Ponte Giurino). Questi livelli

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fossiliferi sono dominati da piccoli pesci pholidophori e da crostacei (decapodi e

thylacocephali) che costituiscono la frazione più abbondante di fauna. I livelli

argillitici hanno inoltre preservato alcuni organismi a corpo molle come alcuni rari

anellidi e meduse. Sono stati inoltre ritrovati diversi insetti terrestri tuttora oggetto

di studio al Museo di Scienze Naturali “Enrico Caffi” di Bergamo.

I crostacei si sono rivelati in quantità rilevanti. La fauna di decapodi comprende

poche specie nelle associazioni sottostanti mentre qui, i decapodi, risultano

abbondanti e diversificati.

Solo pochi generi (Palaeodusa, Glaessnericaris, e Archaeopalinurus) sono

presenti con le medesime specie in entrambi i livelli stratigrafici. Anche queste

forme mostrano una grande differenza nella frequenza. Il gamberetto Palaeodusa

è spesso abbondante nelle successioni carbonatiche, ma risulta essere

abbastanza raro nei livelli più giovani; al contrario il crostaceo astracide

Glaessnericaris è raro nei livelli fossiliferi più antichi, ma è abbondante nelle unità

argillose. Solo la piccola e spinosa aragosta Archaeopalinurus risulta essere

comune in entrambi i livelli stratigrafici. Le due faune a decapodi mostrano grandi

differenze ecologiche. Laddove le forme natanti dominavano sulla più vecchia

fauna a decapodi, prevalevano le forme bentoniche. Per esempio nella principale

località fossilifera (Ponte Giurino) le specie bentoniche (astracidi e palinuri)

rappresentano circa i tre quarti della fauna decapode; oltretutto la grande

maggioranza delle specie natanti (penaeidi e carideani) consiste principalmente di

forme bentoniche. I crostacei bentonici thylacocephali, nei livelli argillitici dell’unità

più antica, sono numericamente più abbondanti ma meno diversificati (nelle

Argilliti di Riva di Solto si rinviene un solo genere: Atropicaris). I Crostacei isopodi

sono rari anche in quest’unità. Nelle associazioni più giovani non sono stati

rinvenuti né coralli né brachiopodi o echinodermi.

Questi depositi argillitici mostrano una fauna di vertebrati più impoverita rispetto

quella della fase più antica. I pesci sono principalmente rappresentati da piccoli

pholidophori. La diversità tassonomica delle associazioni di pesci è in linea

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generale abbastanza ridotta. I rettili sono rappresentati da rare forme volanti

scoperte recentemente.

2.4.3 Interpretazioni paleoecologiche

I cambiamenti importanti che sono stati registrati dai detti livelli fossiliferi,

avvennero in un corto intervallo di tempo geologico e riflettono, in ultima analisi,

modificazioni ecologiche legate ad un clima marino trasgressivo. Questa

trasgressione era combinata con l’annegamento delle scogliere attive ed una netta

riduzione nella produzione di carbonati. La riduzione della salinità marina,

l’incremento della torbidità delle acque e dell’eccesso di nutrienti, probabilmente

giocarono un ruolo importante nell’alto decremento di carbonati. Ampie aree

passarono a condizioni afotiche, mentre si andavano espandendo i fondali marini

composti da morbidi sedimenti argillosi.

L’evoluzione ad acque più profonde e la morte delle scogliere resistenti alle

onde, spiegano la relativa mancanza di vertebrati terrestri. Crostacei bentonici e

organismi filtratori ben si adattarono a quest’ambiente poco ossigenato e ricco di

nutrienti che si era sviluppato dopo la trasgressione.

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2.5. LE LITOLOGIE DELLE ARGILLITI DI RIVA DI SOLTO IN VALLE BRUNONE

Il rilevamento condotto nella Valle Brunone ha evidenziato la presenza delle

litologie tipiche della Formazione delle Argilliti di Riva di Solto, nella fattispecie:

1. Rocce argillitiche: si tratta di rocce sedimentarie clastiche a grana

finissima (classe delle lutiti), che contengono almeno il 50% di minerali

argillosi. Sono rocce fissili (si suddividono in foglietti paralleli), fragili allo stato

asciutto, formanti masse plastiche con l’acqua, per queste loro caratteristiche

risultano facilmente alterabili dagli agenti atmosferici. L’ambiente anossico di

sedimentazione ne determina la caratteristica colorazione nera. Risultano a

tratti sottilmente stratificate o laminate.

2. Argille marnose: le marne sono rocce sedimentarie formate da una

mescolanza di calcari ed argille. Nella valle Brunone si riscontrano spesso

termini di passaggio quali appunto le argille marnose che hanno un contenuto

in argilla compreso tra il 65 ed il 95% (fig.2.5a). Esse risultano meno dure e

tenaci dei calcari, d’altra parte sono meno plastiche, e non così facilmente

erodibili, rispetto alle argille. Hanno grana fine, sono allappanti sulla lingua e

sviluppano effervescenza con acido cloridrico diluito (al 10%), il grado di

effervescenza varia a seconda del contenuto di calcare. Hanno aspetto

terroso e conservano stratificazioni e laminazioni. Alla frattura fresca hanno

colore nero mentre la patina esterna della roccia è chiara (biancastra, grigia,

giallastra, azzurrognola).

3. Calcari marnosi: un altro termine di passaggio riscontrato nella valle, ha

un contenuto in argilla compreso tra il 5 ed il 35% (fig.2.5a). Risultano poco

erodibili e poco plastiche. L’effervescenza all’acido cloridrico diluito è

maggiore delle argille marnose a causa del più alto contenuto in calcare. La

stratificazione può essere decimetrica e più raramente metrica, sono sempre

alternati a livelli di argilliti nere fissili o argilliti marnose.

4. Calcari micritici: di molto subordinati rispetto alle litologie sopra descritte,

sono rocce calcaree a grana finissima criptocristallina, con cristalli di

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 30

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diametro inferiore a 5 micron. Il colore è grigio chiaro con alterazione

biancastra, l’aspetto è di massicci banconi.

Un’ulteriore litologia, non trascurabile, che si ritrova sovente lungo il torrente

Brunone e lungo il corso dei suoi principali affluenti è il “Travertino” o come viene

spesso impropriamente chiamato “Tufo Calcareo”. Il travertino è una roccia

sedimentaria calcarea continentale di precipitazione chimica, con struttura

concrezionata, più o meno vacuolare, di colore grigio o bianco giallognolo. I

travertini si depositano in prossimità di emergenze di alcune sorgenti, e nei corsi

d’acqua poco profondi in piccole cascate (precipitazione dei carbonati attivata

dalla turbolenza, con perdita di CO2), secondo la reazione chimica:

Ca (HCO3)2 CO2 + H2O +CaCO3

L’aspetto carvenoso è dovuto alla scomparsa per decomposizione, dei

frammenti vegetali incrostati di carbonati. Alcuni travertini conservano impronte

di foglie. Nella valle si possono osservare diversi salti morfologici, con piccole e

medie cascate, dove si verifica la deposizione di travertino che viene chiamato in

questo caso di neoformazione.

Piano di Gestione del Monumento

Fig.2.5a. Nomi che indicano le roccemiste

Naturale Valle Brunone 31

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2.6. OSSERVAZIONI GEOLOGICO STRUTTURALI

Gli strati geologici che compongono la Valle Brunone si collocano in un’area

tettonicamente poco disturbata, o interessata da blandi piegamenti, gli strati hanno

un andamento compreso tra ENE e ESE. Nel corso dello studio dell’area in esame

non sono state rilevati elementi strutturali di rilievo come faglie o pieghe che

interessassero l’interezza del monumento naturale, tuttavia sono emerse strutture

a livello locale.

Ricordando la genesi delle Argilliti di Riva di Solto (paragrafo 2.4 del presente

lavoro) vediamo come questa formazione si sia depositata a livello di un paleoalto,

nel momento in cui era in atto l’annegamento delle piattaforme carbonatiche

durante il Retico, i fenomeni gravitativi che interessarono i fanghi argillitici ivi

depositatisi si riconoscono oggi nelle convoluzioni (fig.6a) e negli slumping

(fig.6b,c) che interessano principalmente le argilliti nere fissili e marnose presenti

in Valle Brunone.

Convoluzioni: altrimenti dette laminazioni convolute, sono avvolgimenti laminari

all’interno di uno strato siltoso o pelitico, dovuto al suo scivolamento sul fondo,

allo stato di sedimento mobile impregnato di acqua. Si possono notare in

dettaglio piccole “antiformi” serrate, separate da “sinformi” con più ampio

raggio di curvatura, talora a ventaglio o a cipolla, talora strozzate in masse

sferoidali indipendenti dette pseudonoduli.

Fig.2.6a Convoluzioni.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 32

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Slumping: fenomeno subacqueo di scivolamento in massa di sedimenti ancora

impregnati di acqua (scivolamento o colamento sedimentario), che dà origine a

pieghe o a brecce intraformazionali. Sebbene i meccanismi genetici siano

ancora poco conosciuti, sembra che per la sua formazione siano necessarie

pendenze piuttosto consistenti. Sono tipiche, in questo genere di corpi franati,

le pieghe smembrate, isolate in matrice caotica o accatastate, spesso coricate

o ridotte alle sole cerniere. La variabilità di orientamento (direzioni assiali e

vergenza) è un fatto caratteristico delle pieghe gravitative, le quali,

interessando solo uno spessore limitato e superficiale di sedimento, si formano

in condizioni di scarso o nullo confinamento, sia laterale che verticale.

Fig.2.6b Formazione di uno slumping.

Fig.2.6c Slumping

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 33

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Pieghe: deformazione tettonica che risulta dalla flessione o dalla torsione di

masse rocciose. Negli strati delle argilliti di Riva di Solto si rinvengono sovente

blandi piegamenti a scala decimetrica, più raramente metrica.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 34

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2.7. OSSERVAZIONI MORFOLOGICHE

Il Monumento Naturale della Valle Brunone è ubicato in corrispondenza del

piccolo bacino idrografico dell’omonimo torrente. La morfologia della valle risulta

quindi influenzata dal regime idrico del corpo d’acqua che l’attraversa, infatti si

tratta di un corso d’acqua dal breve ed impetuoso percorso, caratterizzato da una

discreta pendenza del profilo e, di conseguenza, da un’elevata capacità di

erosione e di trasporto, nonché da un regime alquanto irregolare determinato dal

fattore climatico. La forma della valle risulterà quindi una caratteristica “V” stretta

con fianchi molto scoscesi. L’inclinazione degli strati delle Argilliti di Riva di Solto,

suborizzontale, enfatizza ulteriormente questo fattore, creando a volte pareti

verticali, mentre le litologie presenti, estremamente friabili e deteriorabili,

depositano spesse coltri colluviali che diminuiscono a tratti la pendenza dei fianchi

della valle.

Vi sono dunque diversi elementi morfologici, osservabili sul terreno, che

rispecchiano il modellamento del paesaggio operato dal torrente Brunone,

modellamento influenzato anche dal tipo di litologie nonché dall’inclinazione degli

strati.

ELEMENTI MORFOLOGICI:

Erosione torrentizia: la forza dell’acqua, abbinata all’entità ed alla quantità del

carico di fondo trasportato dal corso d’acqua durante gli eventi di piena,

provoca sbancamenti dell’alveo (osservabili nella valletta formata dall’affluente

sinistro del Brunone – che arriva a Villa Baracchi) ed erosione delle sponde.

Occlusioni di alveo: dovute ad eventi franosi, osservate nella parte alta della

valle sopra la casa “del Salice”.

Meandri: nei tratti pianeggianti in cui scorre il torrente, ed il suo affluente di

sinistra, si creano delle sinuosità arrotondate all’interno delle quali avviene la

deposizione di materiale alluvionale (fig.2.7a).

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 35

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linear

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Sorge

gradi

possi

P

Fig.2.7a Schematizzazione di un meandro

oni attuali: depositi ghiaiosi debolmente sabbiosi osservabili nel tratto alto

rrente Brunone.

: stretti approfondimenti dell’alveo, che si incassa nella roccia, dovuti

sione meccanica delle acque (in valle Brunone se ne rinvengono solo di

piccole).

itte: cavità subsferoidali, scavate nel letto roccioso di un corso d’acqua

oto turbinoso della stessa e dai ciottoli trasportati dalla corrente.

ate: piccoli e medi salti morfologici impostati sulla roccia e dovuti al

o grado di erosione delle litologie che li compongono rispetto a quelle

tanti.

vi: il ruscellamento delle acque superficiali può incanalarsi in depressioni

renziali che danno luogo a veri e propri impluvi. L’acqua scorre in detti

vi solo durante piogge eccezionali. Essi possono comportare erosioni

i accelerate con conseguente trasporto di materiale detritico nel torrente

ne.

nti: le diverse litologie delle Argilliti di Riva di Solto presentano diversi

di permeabilità, in corrispondenza di soglie impermeabili è dunque

bile la venuta a giorno delle acque sotterranee (fig.2.7b).

iano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 36

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Fig.2.7b Sorgente d’acqua in corrispondenza di una soglia impermeabile. (SP= Soglia di Permeabilità)

Smottamenti: frane di scivolamento o colamento di terreni impregnati d’acqua,

per definizione tipicche dei terreni argillosi. Si possono osservare soprattutto

nella valle dell’affluente sinistro del Brunone, hanno estensione limitata

(fig.2.7c).

Fig.2.7c. Schematizzazione di uno smottamento.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 37

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Orli di scarpata morfologica: la particolare inclinazione degli strati,

suborizzontale, dà origine a bruschi cambiamenti di pendenza, alti anche

decine di metri.

Decorticamenti superficiali: in tutta la valle, dopo le piogge estive (anno 2003),

si sono verificate piccole interruzioni del suolo dovute a sradicamenti di alberi o

piccole erosioni.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 38

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2.8. LE FONTI SULFUREE

Una delle peculiarità principali della valle Brunone è la presenza di fonti

sulfuree, presenti d'altronde in diverse località della Valle Imagna. Si ritrovano

infatti diversi documenti storici che attestano l’importanza di questo fenomeno

idrogeologico. Il più importante tra questi è il “Bel Paese” (1876) di Antonio

Stoppani, uno dei più autorevoli naturalisti dell’800, che così racconta le fonti della

valle Brunone:

“…«E qual’è», domandò Giannina, «la più bella delle valli lombarde?». «La più

bella?…Io direi che la più bella è quella che ho visitata per ultima. (…) La Valle

Imagna. Non sai che l’anno scorso ho passato una parte dell’estate a Ponte

Giurino. (…) Ponte Giurino non si mostra nemmeno sulla gran carta dello Stato

maggiore austriaco, o almeno non vi si trova al suo posto. Eppure è un sito così

bello! Bello, dico,come stazione per godervi il prospetto della Valle Imagna, e

come punto di partenza per piacevoli escursioni. (…) nella popolosa Lombardia è

un loghicciolo, che appena comincia a far capolino nel rumoroso regno della fama

per le sue fonti solforose, sorelle ed emule delle celebri fonti di Sant’Omobono,

che sgorgano in fondo alla valle. Ma di acque cotali, che là si dicono tanto più

buone quanto sono più puzzolenti, voi non volete saperne. Invano vi descriverei il

capace e comodo alloggio, il sentiero che conduce alle fonti difeso da ombre

impenetrabili al sole di agosto, le rupi ad anfiteatro, e il bosco ove i beventi

alternano i lunghi sorsi colle ciarle, coi passeggi,coi giochi… Belle cose! Ma l’idea

di quell’acqua ve le attossica tutte. E pensare quanto tesoro di sovrumana pietà la

natura nascose in seno a quelle fonti di sì diversa natura, disseminate in tutte le

regioni del globo, spregiate per tanti secoli, ora rintracciate e raccolte con cura

così gelosa! Forse facendole così disgustose e nauseanti, volle la natura, maestra

in virtù tanto sapiente, insegnarci che di solito una cosa è tanto più salutare

quanto meno diletta! »”

Le tanto benefiche proprietà furono poi descritte da altri illustri uomini di scienza

dell’800, tra questi ricordiamo: Dott. Giuseppe Barbieri, “Delle acque minerali

sulfuree della Valle Imagna” (1863); Dott. Giuseppe Pellegrini, “Acque Minerali di

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Sant’Omobono in Valle Imagna”; Dott. Luigi Pellegrini, medico condotto, “Breve

cenno sulle acque solforose-saline di Val Brunone di Berbenno in Valle Imagna”

(1854); Dott. Luigi Ragazzoni, “Dell’acqua solforoso-alcalina di Val Brunone

Berbenno”; Giuseppe Pasta, protofisico di Bergamo e socio di varie accademie,

“Acque minerali del Bergamasco”.

Il processo che porta alla formazione di queste acque sulfuree è abbastanza

complesso. Le acque scaturiscono dalle rocce ricche in sostanze organiche delle

Argilliti di Riva di Solto, in cui sono abbondantemente presenti solfuri, tra cui la

pirite (FeS2); dalla loro ossidazione derivano i solfati che vengono disciolti

nell’acqua delle sorgenti. Batteri “solfatoriduttori”, che vivono in colonie, sono in

grado di ridurre i solfati, presenti nelle acque, in acido solfidrico, attraverso

reazioni esotermiche con conseguente sviluppo di calore; altri batteri, chiamati

“solfobatteri”, ossidano infine l’acido solfidrico con liberazione di zolfo.

Sono denominate “acque sulfuree” le acque che possiedono quantità pari o

superiore ad 1 mg di H2S (acido solfidrico) per litro. In questo tipo di acque lo zolfo

si trova in forma bivalente, a differenza delle solfate dove è esavalente. L’idrogeno

solforato può trovarsi in soluzione libero o combinato in base all’equilibrio:

H2S H+ + S-

Il pH è determinante perché l’equilibrio sia spostato in una delle due direzioni: se

la soluzione è acida si sposta verso sinistra liberando gas, se è alcalina prevarrà

invece la quota dissociata. In Italia le acque minerali sulfuree hanno sempre pH <

8, le fonti della Valle Brunone inoltre sono alcaline.

Le acque sulfuree possono contenere, oltre ai composti dello zolfo bivalente,

anche altri elementi in quantità apprezzabile come: solfati, anidride carbonica,

cloruri e sodio, ioduri e bromuri, bicarbonato, calcio, ecc.

Data la tossicità cellulare dell’ H2S solo i solfobatteri ed altre specie di

microrganismi possono vivere nelle acque sulfuree. I solfobatteri sono in grado di

ossidare l’anidride solforosa a zolfo ed in seguito ad acido solforico, per poi ridurre

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i solfati a solfuri. In genere quest’ultimo processo avviene a temperature di 37°C

circa. Colonie di solfobatteri, alghe azzurre e protozoi possono dare origine in

prossimità della sorgente, ed in particolari condizioni di temperatura ed

illuminazione, a complesse vegetazioni denominate “muffe”. Il termine in realtà è

improprio in quanto le alghe prevalgono nettamente e sono costituite soprattutto

da Leptotricee, Oscillarie, Beggiatoe e Bacteriacee. Se le vegetazioni sono

particolarmente rigogliose, i blocchi di muffe, denominati “placente”, possono

essere utilizzati in terapia per applicazioni esterne come i fanghi.

Le acque sulfuree sono tra le più studiate tra le acque minerali, di conseguenza

si ha una vasta conoscenza delle azioni biologiche che, a dispetto del tipico odore

di uova marce, le hanno rese utili come agenti curativi fin dai tempi dei romani (V

secolo a.c.). I composti sulfurei vengono assorbiti dall’organismo sia con

metodiche crenoterapiche interne (bibita, aerosol, irrigazioni, ecc.) che esterne

(fango, bagno, ecc.). In ogni caso la via elettiva di eliminazione dell’H2S è il

polmone ed esiste inoltre uno spiccato organotropismo per le strutture articolari.

Questo spiega l’indicazione in terapia delle patologie di questi distretti corporei.

L’assorbimento attraverso la cute, le mucose delle vie respiratorie, vaginali ed

apparato gastroenterico è stato ampiamente documentato.

Le azioni biologiche terapeutiche sono dunque innumerevoli, di seguito una

breve elencazione:

Azione sul sistema neurovegetativo

Azione sui meccanismi di difesa ed antinfiammatoria

Azione antitossica

Azione sul fegato

Azione sulla muscolatura liscia e sulla secrezione digestiva

Azione sulle mucose e sul muco

Azione sull’apparato locomotore

Azione sulla cute

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Azione antisettica

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2.9. INTRODUZIONE ALLE SCHEDE DELLE EMERGENZE GEOLOGICHE

Per la compilazione delle schede delle emergenze geologiche della Valle

Brunone si è proceduto secondo il seguente protocollo:

1. Ogni scheda riporta delle indicazioni generiche quali le prime elencate: data

del rilevamento, nome del compilatore, tipo di emergenza, quota a cui è

avvenuto il rilevamento.

2. Ad ogni emergenza è stata assegnata una sigla. La prima lettera di ogni sigla è

riferita alla suddivisione della valle in tre parti. Parte “C”, ossia la valletta

formata dall’affluente sinistro del Brunone, che arriva sino a Villa Baracchi.

Parte “B”, la parte bassa della Valle Brunone, sino alla forra situata sopra le

sorgenti sulfuree. Parte “A”, la parte alta della valle sino ai confini più a nord.

Dopo la prima lettera è stato assegnato un numero arbitrario. L’ultima parte

della sigla dà indicazioni sul tipo di emergenza che si sta descrivendo: L

(litologica); S (strutturale); M (morfologica); P (paleontologica); I (idrica); PN

(panoramica). Si avranno dunque sigle come C1L.

3. Viene poi descritta la litologia, secondo quanto spiegato nel paragrafo 2.5 del

presente lavoro, oppure il tipo di emergenza, secondo quanto spiegato nei

paragrafi 2.6 e 2.7 del presente lavoro.

4. Relativamente alle schede delle emergenze litologiche, viene determinata la

giacitura degli strati (laddove è risultato possibile), annotando: immersione

rispetto al nord geografico, indica la direzione in cui una superficie geologica si

immerge con la massima pendenza; inclinazione in gradi sessagesimali, indica

l’angolo compreso tra la superficie geologica ed un piano orizzontale.

5. Eventuale contenuto fossilifero dell’affioramento, indicato con una scelta tra si

e no.

6. Estensione dell’affioramento.

7. Stato di fatto (quando necessario).

8. Sviluppo (quando necessario).

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9. Possibilità di essere raggiunto, espressa con un valore da 0 a 5, dove lo zero

sta ad indicare l’impossibilità di essere raggiunto, mentre il cinque estrema

facilità dovuta anche a sentieri già percorribili.

10. Possibilità di essere raggiunto da disabili. Espressa con un valore da 0 a 5.

Con il termine disabili si intendono: disabili (anche in carrozzella), bambini ed

anziani. Lo zero sta ad indicare l’impossibilità di raggiungere il sito, il cinque

l’estrema facilità dovuta anche a sentieri già percorribili.

11. Potenzialità didattiche, espresse con un valore da 0 a 5, dove lo zero sta ad

indicare potenzialità nulle, il cinque ottime possibilità.

12. Note.

13. Foto, ad ogni reperto fotografico dello stato di fatto è stata assegnata una sigla

fittizia.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 44

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2.10. INTRODUZIONE ALLE SCHEDE DELLE EMERGENZE GEOLOGICHE

Per la compilazione delle schede delle emergenze paleontologiche della Valle

Brunone si è proceduto secondo il seguente protocollo:

1. Ogni scheda riporta delle indicazioni generiche quali le prime elencate: data

del rilevamento, nome del compilatore

2. . Ad ogni emergenza è stata assegnata una sigla. La prima lettera è una “P”

(paleontologica) seguita in alcuni casi dalla lettera “A” nel caso che l’emergenz

paleontologica abbia alta rilevanza, di seguito un numero progressivo

arbitrario.

3. Specificazione del tipo di rilevanza: alta oppure bassa.

4. Estensione dell’area.

5. Descrizione del contenuto fossilifero.

6. Stato di fatto.

7. Sviluppo.

8. Messa in sicurezza del sito, espressa con un valore da 0 a 5, dove lo 0 sta ad

indicare la non necessità di porre il sito in sicurezza, il cinque sarà indicativo

della necessità di prendere misure di prevenzione a che i fruitori possano

godere del bene in sicurezza.

9. Visibilità.

10. Controllo e bonifica, espressa con un valore da 0 a 5, dove lo 0 sta ad indicare

la non necessità di controllare che tra materiale franato dall’affioramento vi

siano reperti fossili, il cinque sarà indicativo della necessità di compiere

quest’operazione.

11. Avvistamenti di ricerche clandestine, segni di scasso dell’affioramento.

12. Toponimi storici locali.

13. Note.

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BIBLIOGRAFIA

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SITI WEB CONSULTATI

www.benessere.com

www.salentopoint.com

www.dolomiti.it

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3. RELAZIONE

NATURALISTICA dott. Marco Riva

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3.1 INTRODUZIONE

Con la presente relazione si vuole fare una descrizione naturalistica esauriente

del Monumento Naturale della Val Brunone, che prenda in considerazione sia

aspetti botanici sia quelli faunistici.

La grande risorsa paleontologica della Val Brunone ha permesso che divenisse

Monumento Naturale; nello stesso tempo essa offre spunti naturalistici molo

interessanti che verranno dettagliatamente analizzati nelle seguenti pagine.

La relazione è stata scritta con l’obbiettivo di dare alla Valle una diversa chiave

di lettura, evidenziando le caratteristiche ambientali che in essa sono presenti e

che meritano di essere recuperate per un equilibrato ecosistema vallivo, per ciò

che hanno rappresentato nel passato e per le future potenzialità in particolare per

il tempo libero e la didattica.

Lo studio ha comportato uscite sul campo per un periodo annuale in modo da

poter identificare le varie fioriture e osservare le presenze faunistiche.

Per le informazioni riguardanti il passato della Valle e gli faunistici si è resa

necessaria la consultazione di frequentatori abituali, gente del posto e cacciatori

esperti che hanno saputo dare un importante contributo alla stesura di questo

scritto.E’ stato inoltre opportuno consultare la bibliografia disponibile per verificare

le potenzialità faunistiche e vegetazionali dell’area e le specie presenti nel resto

della Valle Imagna.

Si vogliono inoltre fornire gli argomenti naturalistici indispensabili per l’edizione

di materiale informativo e divulgativo, sul quale strutturare escursioni guidate,

lezioni, pannelli descrittivi, volantini e tutto ciò che porta alla conoscenza del

paesaggio “natura”. Nell’anno di studio sono state scattate fotografie di vari

ambienti caratteristici di alcune piante e animali della Valle, con lo scopo di

documentare e arricchire l’archivio fotografico che in futuro servirà per produrre

materiale informativo e di promozione.

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3.2 INQUADRAMENTO GEOGRAFICO

Il Monumento Naturale Valle Brunone è situato in Valle Imagna, all'interno del

territorio comunale di Berbenno, poco distante dalla frazione di Ponte Giurino. Il

toponimo Brunone deriva dal nome dell'affluente del torrente Imagna che

attraversa la valletta. La valle è conosciuta dalla popolazione locale come

“Scanarola”, probabilmente dalla sua morfologia e profilo a “V” che ricorda la

classica forma del canale.

La Valle dista da Bergamo circa 20Km ed è raggiungibile con la strada

provinciale che attraversa il fondo della Valle Imagna, percorribile in circa 30/40

minuti.

Tra le Valli Bergamasche, la Valle Imagna non è stata interessata dai fenomeni

di erosione glaciale del Quaternario, infatti la sua morfologia non presenta indizi

dell’erosione dei ghiacciai, ma risulta contraddistinta da un profilo V, provocato

dall’erosione del torrente Imagna. La Valle Imagna è simile ad una ellisse con

l’asse maggiore disposto in direzione Nord-ovest e Sud-Est ed ha una superficie di

70 Kmq. Il Resegone che culmina a m 1875 nel M. Serrada, la chiude con le sue

propaggini a Nord-Ovest separandola dalla provincia di Lecco. Va notato

l’andamento mediamente più elevato del lato occidentale e settentrionale rispetto

a quello orientale che è facilmente collegabile con la Val Brembilla.

L’orientamento generale NW-SE, l’ubicazione del monte più elevato al margine

settentrionale e la morfologia complessiva determinano un soleggiamento

abbastanza diffuso con conseguenti vantaggi per la popolazione e le colture; il

versante idrografico sinistro e l’alta valle risultano tuttavia in posizione meglio

esposta.

Il versante destro idrografico è costituito dalla cresta del Monte Albenza dove

sono presenti una serie di ripiani strutturali.

La Val Brunone è circondata da centri abitati che vengono qui di seguito

descritti. Salendo verso N-E il primo centro abitato è Carpeno (486 m) detto anche

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“Bel Coster” per la sua buona posizione panoramica. Qui è presente, proprio in

costa, la celebre Villa Baracchi, da poco ristrutturata e una serie di abitazioni degli

anni 20-30, che si collegano più in alto con la frazione di Cà Passero.

Proseguendo lungo il confine del Monumento naturale, lungo la strada carrabile,

s’incontra Cà Salvi (480 m) detta anche “casa dei Tomasel” oppure “Campo del

Pedro” (Salvi I. 2003). Sotto questa abitazione è presente la più vecchia abetaia

della Val Brunone, piantata all’incirca 40 anni fa, che ha subito danni ingenti dalla

recente tromba d’aria del luglio 2003. Questo è il punto più alto della valletta

laterale della Val Brunone, interessata da un piccolo torrente sorgivo che ha

origine appena sotto Cà Salvi. Questa valletta è di difficile percorribilità ma di

grande interesse naturalistico e geologico (deposizioni calcari del torrente);

mancano infatti dei veri e propri sentieri che la percorrono nel fondo valle. Per

poter accedervi bisogna scendere da Cà Salvi o partire dal campo sportivo, muniti

di scarponi da trekking.

Proseguendo verso nord si incontra la frazione di Cà Passero (540 m) che

domina la vallata, ed il nucleo abitativo di Cà Berardi, (551 m) dal quale, mediante

una strada carrabile, è possibile raggiungere il fondovalle. All’apice del

Monumento si trovano le case di Pradegoldi e Prato del Sole (530 m) che

segnano il confine superiore dell’area interessata.

Il versante idrografico destro è meno interessato dalla presenza di centri abitati;

dal campo sportivo salendo in direzione N-E al di fuori del confine si incontrano le

case di Cà Pasano (440 m), proseguendo si trovano altre piccole cascine e stalle.

Il torrente Brunone, nel tratto del Monumento Naturale, è alimentato da 16

affluenti secondari di differente portata( 8 dal versante sinistro e 8 dal destro) Nei

periodi di secca molti di questi sono asciutti, ma ciò nonostante il torrente Brunone

vanta costantemente una discreta presenza d’acqua.

Il campo sportivo si trova ad un’altezza di 365 metri s.l.m. mentre il punto più

alto dell’area interessata si trova a 526 metri s.l.m. evidenziando un’escursione

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 51

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altimetrica di 161metri. In senso trasversale rispetto alla valle, è possibile

imbattersi in strapiombi di 20-30 metri.

Per accedere al Monumento Naturale si può usufruire dell’entrata principale, dal

campo sportivo di Ponte Giurino, dove è prevista la messa in opera di un centro

accoglienza visitatori e dove vi è un’ampia possibilità di parcheggio. Dal centro

abitato di Cà Berardi, dalla Villa Baracchi e dal cantro abitato di Carpeno ( Bel

coster ) raggiungibile percorrendo la strada che porta a Berbenno; e infine da

Pradegoldi e Prato del Sole in cima al Monumento.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 52

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3.3 INQUADRAMENTO CLIMATICO

La Valle Imagna quindi anche il monumento della Val Brunone presenta nel

complesso i caratteri del regime pluviometrico sub-litoraneo alpino con un

massimo principale in primavera e un secondo in autunno mentre il minimo

corrisponde ai mesi invernali.

In primavera si ha un massimo delle precipitazioni equivalente a 200 mm nel

mese di maggio mentre in inverno di 40 mm nel mese di gennaio; durante tutto

l’anno si registrano circa 1250 mm annui (stazione di Rota Fuori, C.Bertuletti).

Le scarse precipitazioni invernali sono riconducibili all’influenza degli anticicloni

freddi che persistono per lunghi periodi sulle nostre regioni, mentre la piovosità

estiva è spesso associata a fenomeni temporaleschi dovuti al riscaldamento del

suolo e al contemporaneo afflusso di aria fredda dalle valli.

Con una certa frequenza si verifica un afflusso di correnti d’aria instabile dalla

pianura Padana, che risalendo verso la Valle Imagna, provoca precipitazioni di

natura orografica. Durante la primavera, i periodi di maggior piovosità sono

associati alle correnti umide sciroccali provenienti dal bacino mediterraneo, mentre

in autunno a queste precipitazioni si aggiungono quelle dovute alle perturbazioni di

origine atlantica.

Durante l’anno 2003 si è verificata una forte riduzione delle precipitazioni che ha

causato non pochi disagi alla popolazione del comune di Berbenno e di tutta la

Valle Imagna, a seguito delle interruzioni alternate della fornitura idrica civile. La

vegetazione igrofila e quella sensibile alla carenza idrica ha subito un forte

anticipo stagionale, vale a dire ingiallimento e caduta precoce della copertura

fogliare. E’ da segnalare, sempre nel 2003, un forte fenomeno temporalesco,(20-

luglio 2003), che ha provocato abbattimenti e sradicamenti di alberi, in particolar

modo di abeti posti sulle creste dei rilievi, querce centenarie e sollevamento di

alcuni tetti di case vecchie.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 53

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Valle Imagna Provincia di Bergamo

La portata del sistema fluviale è in relazione all’andamento delle precipitazioni. Gli

affioramenti idrici principali della valle Imagna hanno origine ai limiti delle

formazioni delle argilliti e i soprastanti calcari (sorgenti di Locatello, Corna,

Berbenno, Capizzone). Il torrente Brunone ha origine infatti da delle sorgenti poste

a nord-est del Monumento Naturale.

In Valle Imagna sono presenti anche affioramenti collegati con la Dolomia

principale e i fenomeni carsici. Mentre in Val Brunone, dove sono presenti le

argilliti di Riva Solto e calcari, il fenomeno carsico è scarsamente rappresentato.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 54

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3.4 INQUADRAMENTO PEDOLOGICO

La distribuzione della vegetazione è in stretta relazione con la composizione del

suolo.

Durante lo studio del parco sono stati effettuati 5 prelievi di suolo e misurazione

della profondità in vari punti della Valle. Tale verifica non è stata svolta in modo

approfondito (analisi chimica, suddivisione in orizzonti, etc.), sia per la disponibilità

di tempo, sia per l’interesse dello studio, ma ciò ha permesso di dare indicazioni

sulle condizioni pedologiche della Valle.

Si tratta per lo più di terreni eluvio-colluviali a prevalente componente argillosa-

limosa, con permeabilità da media a scarsa; in corrispondenza dei tratti

pianeggianti dei torrenti (Brunone e nella valletta laterale destra) sono frequenti

riporti terrosi di varia granulometria e di rapida evoluzione morfologica.

La Valle è collocata nella formazione geologica delle Argilliti di Riva di Solto

(rocce nerastre sottilmente stratificate), caratterizzata dall’abbondanza di

affioramenti idrici sorgivi. In uno studio precedente (G. Agliardi, 1996) sono state

segnalate ben 12 sorgenti sparse in tutta la valle; ciò denota un buon livello di

disponibilità idrica della zona. La folta copertura vegetale e l’inclinazione dei

versanti collaborano a mantenere un buon grado di umidità nel fondo valle.

Gran parte della Val Brunone è sottoposta a vincolo idrogeologico ed è

classificata come “area a prevalente morfologia gravitativa”. Gran parte del

territorio è influenzato soprattutto da diffuse azioni erosive, frane, smottamenti,

accumulo di detrito, soliflusso, caduta di massi e questo spiega in parte la ridotta

presenza di abitazioni.

Non è difficile osservare in Valle fenomeni di soliflusso, evidenziati dal

portamento inclinato delle piante, che sembra tendano ad adagiarsi verso valle.

Questo si vede bene sul versante destro della Val Brunone e sinistro della valletta

laterale (sotto la villa Baracchi), dove sono frequenti piccole frane di recente

formazione.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 55

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3.5 INQUADRAMENTO BOTANICO

3.5.1 Vegetazione in lombardia

Per poter conoscere e comprendere la vegetazione della Val Brunone è

indispensabile fare riferimento ad un quadro più ampio, ponendo l’attenzione sulle

formazioni che si trovano in Lombardia. Sarà così possibile dedurre e quindi

motivare la presenza di tutte le variegate forme vegetali che caratterizzano questa

valle.

La Valle Imagna fa parte di quel complesso alpino conosciuto come le Prealpi

Orobiche Lombarde che, dal punto di vista botanico, viene distinto in tre

fondamentali piani altitudinali: (GIACOMINI V., 1943; TOMASELLI R.,1970)

- il piano basale

- il piano montano

- il piano culminale

In ogni piano sono presenti sotto-unità vegetazionali che si distinguono per la

differente composizione floristica. Oggi, a causa della presenza umana e quindi

del susseguirsi di interventi di sostituzione, distruzione e alterazione, è difficile

riscontrare comunità vegetali naturali.

La Valle Imagna, e con essa la Val Brunone, sono inserite all’interno del piano

basale; lo confermano sia le quote altimetriche dei luoghi, sia la vegetazione

presente nell’area studiata.

3.5.1.1 Il piano basale

Si contraddistingue per le formazioni forestali di querce caducifoglie e si estende

dall’alta Pianura Padana fino ad una altezza di circa 800 metri. In questa fascia

sono presenti i seguenti tipi di formazioni (Andreis C.) :

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Querco-carpineto e carpineto

In questa categoria sono comprese quelle formazioni in cui è presente il carpino

bianco accompagnato dalla farnia o, più raramente, dalla rovere o in cui il carpino

bianco è in ogni caso la specie dominante. In questa categoria possiamo

distinguere:

-querco-carpineti della bassa pianura

-querco-carpineti dell’alta pianura

-querco-carpineti collinari di rovere/farnia

-carpineto con ostria

I querco-carpineti si trovano nella regione planiziale e avanalpica, mentre i

carpinteti sono presenti in quella esalpica centro orientale esterna. Tali formazioni

occupano substrati prevalentemente sciolti, ma il querco-carpineto collinare di

rovere e/o farnia e il carpineto con ostria si collocano soprattutto sui substrati

carbonatici e arenaceo-marnosi (Valle Imagna); la quota è sempre limitata, dato

che difficilmente si superano i 600 m. sul livello del mare. La vegetazione

potenziale della Val Brunone rientra nella formazione di querce-carpineto con

frassini, aceri e tigli.

Querceti

In Lombardia la categoria dei querceti è sicuramente quella più articolata e

controversa. In essa si fanno rientrare quelle formazioni in cui le querce

dovrebbero essere le specie dominanti; questo naturalmente non avviene spesso,

a causa dell’eccessivo sfruttamento antropico fatto in passato e dalla

competizione con altre specie, più rustiche e “veloci” nel subentrare in territori

abbandonati dall’agricoltura.

Grossolanamente i querceti si possono distinguere in base ai substrati che

occupano: querceti dei substrati sciolti e querceti dei substrati carbonatici.

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In Val Brunone la Farnia è una delle specie nobili presenti e vanta una costante

distribuzione, seppure non domini quantitativamente.

Orno-ostrieti

Questa categoria comprende quelle formazioni in cui prevale il carpino nero o in

ogni modo dove il carpino nero è dominante,accompagnato per lo più dall’orniello.

Possiamodistinguere i seguenti sottotipi:

-Orno-ostrieto primitivo ( di forra, di rupe, di falda freatica)

-Orno ostrieto tipico

L’orno-ostrieto tipico si diversifica in quanto spesso ospita, a seconda dei casi,

varietà di leccio, cerro, faggio, pino silvestre, carpino bianco e tigli. In Lombardia,

gli orno-ostrieti sono formazioni presenti esclusivamente su substrati carbonatici,

anche se può capitare di trovare il carpino nero su altri tipi di substrati. L’orno-

ostrieto tipico predilige substrati calcarei e dolomitici massicci, calcarei alterabili e

arenaceo-marnosi, si adatta a vari gradienti di pendenza lo si trova in zone di

medio versante, su forme dolci e ondulate ed in impluvi. In Val Brunone l’orniello è

scarsamente rappresentato così come il carpino nero è superato dal carpino

bianco che predomina in quasi tutta la valle.

Aceri-frassineti e aceri-tiglieti

In queste formazioni prevalgono il frassino maggiore o l’acero di monte, o più

raramente il tiglio. Si tratta per lo più di fito-associazioni miste, con almeno una

delle tre specie principali a cui si aggiungono altre latifoglie. E’ tuttavia possibile in

alcuni casi riscontrare formazioni pure delle tre specie citate. Queste formazioni si

possono distinguere in:

-Aceri-frassineti con ostria

-Aceri-frassineti tipici

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-Aceri-frassineti con faggio

-Aceri-frassineti con ontano bianco

-Aceri-tiglieti

Per quanto riguarda la formazione di acero-frassineto tipico è bene ricordare che

in tale consorzio possono far parte altre latifoglie, quali l’agrifoglio, il carpino

bianco, l’ontano verde, la rovere e il tiglio. Mentre per la formazione di aceri-

frassineto con faggio si può aggiungere il tiglio come specie accompagnatrice.

Gli aceri-frassineti e gli aceri-tiglieti, formazioni diffuse in Europa Centrale, solo

recentemente stanno assumendo una notevole importanza territoriale anche nel

versante meridionale delle Alpi. Infatti esse tendono ad occupare i terreni agricoli

abbandonati favoriti dalla loro elevata capacità di insediarsi in nuovi territori e dalle

condizioni edafiche e climatiche che trovano in queste aree. Così queste

formazioni relativamente giovani si stanno diffondendo in modo massiccio,

soprattutto in molte vallate, dove l’espansione antropica si è arrestata.

L’acero-frassineto con ostria predilige substrati calcarei e dolomitici massicci,

arenaceo-marnosi e scistosi. La ceduazione può favorire una maggiore diffusione

del carpino nero.

L’acero-frassineto tipico, il più diffuso in Valle Imagna, predilige invece substrati

sciolti, terrigeno-scistosi ma si adatta bene anche si substrati arenaceo-marnosi,

su calcari e su dolomitici masssici.

Nel passato, l’acero-frassineto tipico, è stato interessato alla coltivazione del

castagno in quanto questa pianta si adattava molto bene alle condizione edafiche

e climatiche proprie della formazione autoctona.

Con la sospensione della ceduazione, la tendenza naturale di questa formazione è

quella di un aumento del frassino che nelle fasi di ricolonizzazione tende a

prevalere o ad essere esclusivo.

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In Val Brunone, infatti, si può riscontrare un cospicuo numero di tigli spesso

accompagnati da aceri e frassini. Queste piante trovano in Valle le condizioni

ideali per la loro crescita; infatti esse si sviluppano su substrati calcareo-marnosi e

su pendii investiti da correnti umide e in ambienti di forra; è frequente la loro

presenza nei pressi dei piccoli corsi d’acqua o ruscelli come il torrente Brunone,

che contribuiscono a mantenere un’elevata umidità. Si tratta in ogni modo di

formazioni ancora giovani, poco conosciute dal punto di vista selvicolturale, non

essendo ancora maturata una tradizione della loro gestione.

Altra formazione di particolare interesse e molto diffusa in Valle è l’acero-

frassineto con ontani che si dispongono sui bassi versanti, nei pressi dell’alveo

fluviale, prediligendo substrati sciolti e terrigeno-scistosi.

Faggeta submontana dei substrati carbonati

La faggeta si distribuisce prevalentemente su calcari e dolomitici massicci, a una

altitudine superiore ai 700 metri: la Val Brunone non rientra in questo tipo di

formazione. In Valle Imagna i faggi si trovano alle pendici del Resegone, nella

parte alta del versante idrografico destro, insieme a betulle e carpini.

3.5.1.2 Il piano montano

E’ individuato: nel primo orizzonte più basso, dalla dominanza di piante sciafile

delle quali il più rappresentativo è il faggio, e nelle formazioni di conifere, delle

quali l’albero tipico di riferimento è l’abete rosso. E’ da segnalare la presenza in

Val Brunone di abetine coltivate dell’età di circa 30-40 anni.

3.5.1.3.Il piano sommatale

Si caratterizza inizialmente da uno strato arbustivo con mirtillo, rododendro,

ginepro, pino montano e ontano verde per poi dare spazio a pascoli con estese

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 60

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formazioni di varie ciperacee quali Carex sempervirens, Carex firma e Nardus

striata.

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3.6 LA VEGETAZIONE DELLA VALLE IMAGNA

La dislocazione delle zone boscose in Valle Imagna è in relazione con le

caratteristiche del suolo e quindi del substrato roccioso, con l’altitudine e

l’esposizione solare. Originariamente la Valle era ricoperta da una folta copertura

boschiva, ma l’insistente presenza umana ha ridotto l’estensione della

vegetazione sostituendola con il paesaggio agrario. Fra queste superfici, quelle a

vocazione agraria sono state interessate per secoli da colture come i castagneti

da frutto, prati erborati, vigneti, seminativi, prati permanenti produttivi; mentre

quelle più ad alta quota sono state destinate a prati, prati pascoli, pascoli.

La comunità vegetazionale più frequente in valle è un bosco ceduo misto che

può essere indicato come carpineto meso-termofilo o come bosco misto di

latifoglie meso-termofile di Carpinus betullus con Frassinus excelsior, Acer

pseudoplatanus, specie quest’ultima che sottolinea bene le condizioni ecologiche

di discreta freschezza.

In corrispondenza del versante idrografico sinistro predomina il “ceduo misto”

con carpini, frassini, ornielli, farnie e rovere, aceri, tigli e ontani nei fondovalle,

mentre in corrispondenza del versante destro oltre al ceduo misto appaiono nelle

zone esposte a E o a NE e più in alta quota, formazioni pure di betulle (Bedulita,

Roncola, Costa) e le faggete ( Costa, sopra la Roncola, ai piedi del Resegone).

Le formazioni vegetali della Valle Imagna corrispondono a consorzi misti di

specie riscontrabili nella fascia prealpina lombarda, la loro distribuzione varia a

seconda delle condizioni pedologiche, di umidità e dagli interventi ti taglio che si

sono susseguiti negli anni passati.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 62

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3.7 STUDIO BOTANICO DELLA VALLE BRUNONE

3.7.1 Materiali e metodi

Nel presente capitolo si prefigge di descrivere l’ambiente vegetale del

Monumento naturale della Val Brunone, di dare rilievo alle specie interessanti e di

fornire ai futuri fruitori del Monumento le chiavi di lettura per leggere il paesaggio

naturale.

Durante lo studio sono state condotte ricerche di rilevamento sul campo dal

mese di febbraio fino a circa metà settembre. L’attività di prelievo, censimento e

identificazione è avvenuta con una periodicità di circa due settimane, così da poter

garantire la presenza di nuove fioriture. Per effettuare un censimento completo

della vegetazione della si è reso necessario attendere la fioritura di una buona

parte delle piante presenti. Nel caso di specie protette, il prelievo è stato nullo, per

cui tutte le operazioni di identificazione sono state fatte sul campo, direttamente

sugli esemplari vivi. Oltre alla compilazione dell’elenco floristico si è ritenuto

necessario ricorrere, per la vegetazione arborea e arbustiva, al semplice

censimento dei tipi fisionomici dominanti. Grazie alla consultazione del materiale

bibliografico disponibile e alle conoscenze sulle fitoassociazioni, è stato possibile

rendere completo l’elenco floristico, colmando le lacune che uno studio sul campo

può avere.

Sono state censite un totale di 125 piante, delle quali 25 classificate come

arboree, 14 arbustive e 86 erbacee. Alcune piante presenti in elenco, pur non

essendo state campionate, sono state incluse nell’elenco perché presenti nella

carta della vegetazione potenziale. Tenuto conto dei riferimenti fitosociologici, i

prelievi si sono svolti tenuto conto dei differenti ambienti naturali (bosco misto,

margini boschivi, zone umide, forre, etc.) e di quelli di influenza antropica (prati da

sfalcio, castagneti,sentieri etc.. ). Nonostante le ridotte dimensioni della Val

Brunone, si è optato per un campionamento sistematico per zone, in quanto la

discontinuità delle formazioni non permetteva una precisa individuazione su carta.

Tale campionamento ha previsto la scelta di 38 punti disposti secondo un criterio

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 63

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di equa distribuzione; si è provveduto per ogni zona alla compilazione di “schede

campione” che specificassero le presenze floristiche, alcune caratteristiche

morfolociche (quota, inclinazione, esposizione etc.) e la superficie-campione in

m2 di volta in volta considerata. Tali schede riportano:

- numero della stazione (N°):

- quota media della superficie considerata: espressa in metri s.l.m

- pendenza media: in percentuale

- esposizione: N-E, S-O….

- presenza o meno degli affioramenti rocciosi

- profondità del suolo (misurata solo in determinati casi)

- copertura fogliare: intesa come disponibilità di luce nel sottobosco;

quantitativamente espressa come: notevole, media , scarsa

- superficie rilevata: vale a dire l’area in m2 dove sono state censite le specie

vegetali

- disponibilità idrica: presenza o meno di torrenti o risorgive che denotano un

determinato assetto floristico.

In ogni scheda sono riportati i settori descriventi gli strati vegetazionali, quello

arboreo (>3 m), arbustivo (3m<1m) ed erbaceo (<1m).

Si è preso nota della tipologia forestale più attinente, del diametro e dell’altezza

media delle piante arboree, la presenza di piante decedute e non ancora rimosse,

e dell’eventuale presenza di ceppaie. Gli indici utilizzati per la stima della

copertura vegetale della superficie di una singola specie sono i seguenti, secondo

le indicazioni di Braun-Blanquet modificate da Pignatti e adattate dal sottoscritto

per la Valle studiata:

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3 =>60%; 2 =20-40%; 1 =5-20%; + = < al 5%;

SCHEDA CAMPIONAMENTO

quota (m)

pendenza media (..°)

esposizione

affioramenti rocciosi (densità)

profondità suolo (cm)

copertura fogliare (%)

superfice rilevata (mq)

disponib. idrica

STRATO ARBOREO

tipologia forestale

densità (%)

diametro medio (cm)

altezza media (m)

presenza piante decedute si no

STRATO ARBUSTIVO

densità (%)

altezza media (m)

ceppaie (densità)

STRATO ERBACEO

densità (%)

altezza media (cm)

piante igrofile si no

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3.7.2 Formazioni arboree

La formazione boschiva presente in Valle Brunone è governata a ceduo come in

gran parte dei territori circostanti, dove si provvede al taglio con una frequenza

media di 30-40 anni. Come già accennato siamo all’interno di una formazione

costituita prevalentemente da Carpinus betullus, Fraxinus excelsior, Acer

pseudoplatanus, Acer campestre, Tilia cordata, Alnus incana. Mentre il carpino è

diffuso costantemente in tutta la Valle, nel fondo Valle predominano piante a

substrato umido come l’ontano, il frassino, il tiglio, l’olmo; sul medio versante

invece sono diffuse la farnia, gli aceri, i castagni i frassini e altre specie

accessorie. In base alla densità di vegetazione si può dividere la Valle in due

porzioni: la parte bassa della Valle è caratterizzata da un bosco a media densità

(5/6 piante ogni 25 m2) mentre nella parte alta c’è una densità boschiva molto più

consistente, soprattutto quella del sottobosco (10/18 piante in 25 m2).

Foto: vegetazione arborea di fondo Valle

In Val Brunone le essenze arboree più rappresentative sono rappresentate da:

Carpinus betullus, Acer pseudoplatanus, Acer campestre, Castanea sativa,

Fraxinus excelsior, Alnus incana, Robinia pseudoacacia, Quercus robur, Quercus

pubescens, Picea abies, Tilia cordata, mentre sono presenti, ma in quantità

minore: Alnus glutinosa, , Fraxinus ornus, Jungla regia, Ostrya carpinifolia, Pinus

cembra, Pinus strobus, Populus tremula, Prunus avium, Sorbus aria, Tilia

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platyphyllos, Ulmus campestris, Ulmus glabra.

Si propone una breve descrizione delle specie arboree maggiormente presenti

nell’area di studio:

FRAXINUS EXCELSIOR, Frassino comune, Sin. Ital.: frassine, frassino europeo.,

Fam.: Oleacee.

Pianta molto diffusa in Val Brunone, sia nel fondo valle che nella parte alta della

Valle; infatti si adatta bene ai suoli freschi, profondi e ricchi, come pure i climi

umidi. Resiste a temperature molto basse ed è comune nelle zone montagnose.

Non tollera i terreni silicei troppo acidi né una forte insolazione, e sopporta male i

forti calori e i lunghi periodi di siccità. La sua longevità oscilla fra i 100 e i 150 anni.

Durante la grandinata di fine agosto 2003 il frassino è stata la pianta che ha perso

la maggior parte della copertura fogliare, a causa della fragilità dei rametti che si

sono facilmente spezzati. Patologia: I giovani getti possono essere scortecciati

dai calabroni. La specie si mostra sensibile ad alcuni parassiti: mosaico delle

foglie, cancro batterico, bozzacchioni, Phomopsis, zeuzera, Cerambyx cerdo, vari

bruchi, diversi polipori e cantaridi che si nutrono delle foglie. Questa specie può

essere utilizzata come albero per filari, parchi e viali. Il legno del frassino comune

è resistente alla flessione e agli urti, è ampiamente utilizzato: impalcature,

falegnameria, ebanisteria, fabbricazione di parti di armi, botti, panieri e

fabbricazione di numerosi altri oggetti, specialmente manici per utensili. I rametti

con le foglie servono da foraggio per il bestiame (alberi capitozzati). Pianta

medicinale (lassativa, diuretica; attiva la traspirazione e facilita la digestione).

ROBINIA PSEUDOACACIA, Robinia, Sin. itai.: Falsa acacia, gaggia, falsa

gaggia., Fam.: Leguminose.

Specie introdotta in Francia (e un po' dovunque in Europa, Italia compresa)

all'inizio dei XVII secolo dall'America e che si è diffusa nella zona climatica della

vite e degli allevamenti di bestiame: pare che non superi i 1000 m di altitudine

salvo casi climatici particolari. Rustica, si adatta a tutti i suoli. E’ vulnerabile ai

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venti violenti avendo un legno molto fragile. Emette vigorosi polloni dopo i tagli. I

vecchi esemplari sono quasi privi di spine. In Valle Imagna la robinia, grazie alla

sua forte adattabilità e al rapido sviluppo è molto diffusa ai margini delle strade, e

nei boschi di neo-formazione; in Val Brunone non è molto diffusa, si trova al

margine dell’unico sentiero carrabile che collega il campo sportivo e il versante

sinistro della valle; la si trova in consorzio con il frassino, carpino e acero montano

su suoli non eccessivamente umidi. E’ una pianta molto longeva (circa 400 anni);

si moltiplica per seme, poloni e innesti per le cultivar. Patologia: Questa specie

presenta frequentemente sui rami ammassi di rametti anormali: I bozzacchionì.

vischio, oidio, alterazioni del legno del cuore, cancri e deperimenti, infezioni critto-

gamiche dei rametti, mosaico. La robinia fornisce un legno di buona qualità,

utilizzato per fabbricare pavimenti, pali per recinzioni, picchetti, strutture,

coperture, utensili da cucina, mobili e oggetti vari. Pianta medicinale (emetica,

lassativa, antispasmodica) e mellifera di primaria importanza. Le foglie si

scompongono facilmente. Durante il lungo periodo di siccità nell’estate 2003, la

robinia ha subito un forte ingiallimento e caduta anticipata delle foglie, sia in Val

Brunone che in tutta la Bergamasca. Esistono numerose varietà ornamentali.

Specie affini: R. viscosa, R. hispida e Sophara japanica.

ACER PSEUDOPLATANUS, Acero di montagna, Sin. lat.: Acer montanum.,Sin.

Ital.: Acero sicomoro, acero fico., Fam.: Aceracee.

L’acero di montagna è una delle piante più rappresentative della Val Brunone, la si

può trovare in suoli fertili e freschi nelle zone limitrofe ai torrenti, ma si spinge

anche sul medio versante insieme alle specie colonizzanti; teme la siccità e il

calore; con la sua chioma arrotondata può raggiungere anche i 40 m. Sopporta i

grandi freddi. Longevità: fino a 600 anni. Moltiplicazione per seme. Patologia:

Malattia delle macchie nere delle foglie, malattia della fumaggine che determina la

morte della pianta dopo la desquamazione della corteccia, tracheomicosi

dell'alburno, polipori sulle ferite. Sopporta male la potatura drastica. E’ considerata

un’essenza forestale nobile, dal legno di buona qualità per falegnameria, intarsio,

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ebanisteria e fabbricazione di strumenti musicali, ma è ottima come legno da

ardere. Specie mellifera. Specie affini: A. platanoides, A. opaIus.

ACER CAMPESTRE, Acero campestre,Sin. ital.: Orno, acero, acero oppio,

testuccio, Fam.: Aceracee,

Pianta con altezza massima di 20 m. con chioma globulosa è comune su terreni

calcari e terreni limosi. Tollera i suoli secchi e climi caldi. In Val Brunone è

frequente come pianta di piccole dimensioni e raramente supera i 15 metri di

altezza. Ha una longevità fino a 200 anni. Si moltiplica per seme. Patologia: viene

colpito dalla Vuilleminia comedens e dal Rhytisma acerinum, quest'ultimo

responsabile delle croste nere della foglie. Possiede un legno duro e omogeneo

utilizzato per fabbricare piccoli oggetti. Buono per ardere. I fiori danno un miele

apprezzato. Specie affine: A. monspessulanum

TILIA CORDATA, Tiglio selvatico, Sin. lat.: Tilia silvestris., Sin. Ital.: Tiglio dei

boschi., Fam.: Tigliacee

Anche il tiglio selvatico è molto frequente in Val Brunone, raggiunge anche i 30

metri di altezza; preferisce i suoli calcarei freschi. Lo si trova spesso abbinato al

frassino, e all’acero di montagna. E’ considerata una delle piante più longeve, può

infatti raggiungere in alcuni casi i 2000 anni. Si moltiplica via seme, propaggine,

margotte e innesti. Rigetta dalla ceppaia. Patologia: Fumaggini, verticilliosi,

seccume delle foglie (Nectrica) , antracnosi, defogliazione, afidi, poilpori. Grazie

alla sua resistenza all'inquinamento è usato come albero per parchi e viali.

Possiede fiori melliferi. E’ utilizzato in ambito farmaceutico (calmante, diuretico)

Legno usato in falegnameria, liuteria, utensileria in legno, ebanisteria e scultura.

TILIA X EUROPAEA, Tiglio europeo, Sin. lat.: Tilia X vulgaris, Tilia intermedia.,

Sin. Ital.: Tiglio comune, tiglio d'Olanda., Fam.: Tigliacee.

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Questa pianta appare sporadicamente in Valle Brunone, in quanto le condizioni

podologiche dell’area interessata non soddisfano appieno le sue esigenze di

sviluppo. E’ spesso utilizzata come albero per parchi e viali, dal portamento

maestoso. Fogliame denso. Legno biancastro, tenero, usato in falegnameria per

interni e per fabbricare pianoforti e oggetti vari. Pianta mellifera con proprietà

medicinali (specialmente come calmante). Patologia: Fumaggini, afidi, gaile,

verticilliosi, defogliazione, polipori.Specie affine: T. cordata.

ULMUS CARPINIFOLIA, Olmo campestre, Sin. lat.: Ulmus campestris, Ulmus

nitens, Ulmus minor., Fam.: Ulmacee.

Albero non frequente in Valle ma che appare in piccoli gruppetti in condizioni sub-

spontanee è una specie calcicola comune nei terreni secchi ma che preferisce i

substrati freschi. Non la si incontra nei terreni sabbiosi acidi. Longevità di 400-500

anni. Moltiplicazione per seme, talee e polloni. Patologia: albero molto sensibile

alla grafiosi delle ulmacee, dovuta a un fungo microscopico diffuso dagli insetti.

Questa malattia, nota anche come malattia olandese dell'olmo, imperversa

dall'inizio del secolo e finora nessun rimedio è riuscito a debellarla. Verticillosi, vari

polipori, scolitidi, galerucella del fogliame. Possiede un legno di ottima qualità,

bruno-marrone, con bella screziature. È’ utilizzato in ebanisteria, falegnameria; il

legno è altresi usato per ardere. Specie affini: U. americana, U. giabra, U. iaevis.

ULMUS GLABRA , Olmo montano, Sin. Iat.: UImus montana, U. scabra, Sin. Ital.:

olmo bianco, olmo riccio, Fam.: Ulmacee.

Pianta poco frequente all’interno dei confini del parco della Val Brunone, ma più

diffusa dell’olmo campestre, soprattutto ai margini del torrente Brunone e di alcuni

suoi affluenti. Esige suoli freschi e ricchi e una elevata umidità atmosferica.

Longevità: 80-100 anni. Moltiplicazione per seme e talee. Patologia: Grafiosi delle

ulmacee, verticilliosi, vari polipori, scolitidi, galerucella del fogliame. Il suo legno è

poco apprezzato (falegnameria). Numerose varietà sono coltivate come

ornamentali. Specie affine: U. carpinifolia.

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ULMUS LAEVIS, Olmo bianco, Sin. lat.: Ulmus effusa. ,Sin. Ital.: Olmo diffuso.

Fam.: Ulmacee.

In Val Brunone l’olmo bianco è il più diffuso tra gli olmi, ma non raggiunge la

distribuzione delle altre piante come il frassino, l’acero montano, il tiglio, la farnia,

etc. Questa pianta cresce sui substrati freschi o umidi, lungo i versanti umidi e

presso alcune sorgenti. Longevità: 80-100 anni. Moltiplicazione per seme e talee.

Patologia: Grafiosi delle ulmacee, verticilliosi, poliporo squamoso o vari funghi

lignivori, mosaico o galerucella dell'olmo, scolitidi. E’ usato come legno da ardere.

Dalla corteccia si estrae tannino. Specie affini: U. americana, U. carpinifolia.

JUGLANS REGIA , Noce comune, Fam.: Juglandacee

Il noce ha trovato un notevole sviluppo in Valle Imagna come pianta da frutto, ma

in Val Brunone è relativamente poco abbondate e solo in esemplari isolati;

colonizza spontaneamente i prati abbandonati. Predilige infatti ambienti ben

soleggiati con terreni calcarei glomerulosi, ben drenati. Non tollera i suoli sabbiosi

acidi. Teme i grandi freddi e le gelate primaverili. Longevità: 300 anni.

Moltiplicazione per seme, talee e innesti. Patologia: è sensibile all'ArmiIIariella

mellea, ai polipori a squame e aculeati. E’ un’essenza coltivata per i suoi frutti

eduli da cui si traggono: olio, liquori, tinture (colla di noce). Legno di grande valore

(ebanisteria, falegnameria, intarsio, oggetti vari ecc.). Specie affine: J. X

intermedia.

QUERCUS ROBUR, Farnia, Sin. Iat.: Quercus peduncolata, Sin. Ital.: Quercia

peduncolata, eschio, Fam.: Fagacee.

La farnia è una delle piante nobili che caratterizza la Val Brunone; non ricopre

superficie elevate ma è presente in modo pressoché costante in tutto il territorio

studiato, soprattutto nel medio e alto versante. Alcuni esemplari raggiungono

anche i 40 metri di altezza. E’ una specie rustica che si sviluppa nei suoi freschi e

ricchi, ove fornisce prodotti di notevole valore. Si nota comunemente anche nei

substrati secchi, sabbiosi e aridi ma vi vegeta male. Frequente sulle sabbie molto

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acide. È la quercia più diffusa In Italia, Francia e in quasi tutte le regioni

dell'Europa centro-settentrionale. Longevità: da 400 ai 2000 anni. Moltiplicazione

per seme e talee. Va segnalato che durante la tempesta di vento del 20 luglio

2003, oltre agli abeti rossi sulle creste, molte farnie sono state sradicate dal

terreno.

Studi recenti sulle caratteristiche genetiche delle querce (BACILIERI, 1993) hanno

evidenziato una frequente ibridazione tra le specie di farnia e rovere. Le specie

ascrivibili alla farnia le troviamo in aree pianeggianti o collinari dove vi sia una

costante disponibilità idrica, mentre quelle più vicine alla rovere le troviamo su i

rilievi o i versanti meno ricchi di acqua e spesso acidificati. Patologie: sensibile

aIl'oidio (Microsphaera quercina), ai funghi lignivori fra cui molti polipori,

aII'Armmilarielia mellea, alla Collybia fusipes, alle galle dovute a insetti (Cinipidi),

alla processionaria delle querce, alla Lymantria dispar e al bombice bruno, alla

tortrice verde e alla malattia dell'inchiostro.

La farnia è un’importante specie forestale che fornisce un legname di grande

valore (tranciatura, sfogliatura) utilizzato in ebanisteria e falegnameria. Dalla

corteccia si estraggono tannini. Le foglie hanno proprietà astringenti ed

emostatiche. Specie da molto tempo coltivata per la produzione delle sue grosse

ghiande destinate a nutrire i suini. Legno utilizzato per fabbricare numerosi

prodotti: doghe, scalinate, pavimenti, palchetti, letti, scale trasportabili, traversine

ecc.

Specie affini: Quercus petraea, Q. frainetto, Q. canariensis.

QUERCUS PUBESCENS, Roverella, Sin. lat.: Quercus lanuginosa, Sin. Ital.:

Quercia pubescente, Fam.: Fagacee.

Oltre alla farnia è presente anche la roverella soprattutto nella parte alta della

Vale. Si tratta di una quercia termofila che preferisce i terreni calcarei ben esposti;

la si trova lungo in quasi tutto i versante meridionale delle Alpi, sull'Appennino, in

Sardegna e nel Nord della Francia: si adatta a tutti i suoli. Longevità di almeno 500

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anni. Si moltiplica per seme. Patologia: Sensibile al cancro corticale del castagno,

ai funghi lignivori, fra cui parecchi polipori, e all'oidio. La roverella è la classica

quercia coltivata nelle tartufaie; le piante vengono micorizzate per il suddetto

scopo. E’ sfruttata per segheria, legno da ardere e per fare carbone di legno.

Specie affine: Q. pyrenaica.

CASTANEA SATIVA, Castagno, Sin. lat.: Castanea vesca, Fam.: Fagacee

Il castagno è storicamente conosciuta in tutta la Valle Imagna come pianta da

frutto; la sua coltivazione è ormai cessata, restano comunque molti esemplari

distribuiti anche in Val Brunone, lo si trova sia sul medio versante destro che

sinistro in quantità variabili. E’ da segnalare un grosso esemplare di castagno sul

medio versante sinistro, a margini del sentiero che prosegue in costa.

Si tratta di una specie calcifuga e termofila, molto longeva: circa 1000 anni. Si

moltiplica per seme, polloni e innesti. Rigetta abbondantemente dalle ceppaie.

Patologia: Sensibile al mosaico fogliare, al bombice bruno, alla malattia

dell'inchiostro dei tronchi, del colletto e delle radici, al cancro corticale dei rami

maggiori e dei ramoscelli, all'Armilariella melIea che ne altera le radici e a vari

polipori lignivori (Laetiporus sulphureus, Fistulina hepatica, la commestibile lingua

di bue), Daedaleopsis tricolor, Schizophyllum comune.

La sua utilità consiste nella produzione di frutti commestibili, le castagne. Il legno è

utilizzato per far travature da carpenteria pavimenti, paletti, mobili, manici per

utensili, botti. In certe occasioni è utilizzata come specie forestale spesso tenuta a

ceduo e talora coltivata nei frutteti.

CARPINUS BETULUS, Carpino comune, Sin. ital.: Carpino bianco.

Fam.:Corilacee.

E’ senza dubbio la pianta più diffusa in Va Brunone, presente in qualsiasi tipo di

terreno, a cui si associano altre piante come l’acero montano e campestre, il

frassino, il tiglio silvestre, l’ontano bianco. E’ presente in minor quantità lungo i

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margini dei torrenti e sui terreni umidi dove viene sostituito in parte dall’ontano, da

frassino e dall’acero montano. Essendo coltivato a bosco ceduo, si possono

riscontrare fasce di età differenti, comunque non oltre i 60 anni e con altezze

inferiori ai 20 metri. Sono frequenti rigetti rigorosi dalle ceppaie.

Il carpino comune è specie rustica che non sopporta i suoIi troppo acidi ne troppo

umidi. Può avere una longevità superiore ai 150 anni. Si moltiplica per seme.

Patologia: i vecchi esemplari sono portatori di funghi lignivori, si ha alterazione del

legno dovuta a Poria. Alcuni parassiti fogliari poco dannosi. Cancro europeo.

Il carpino ha un buon legno da ardere. Viene usato per la costruzione di piccoli

oggetti, strumenti di precisione, manici di utensili. Specie frequentemente utilizzata

per costituire siepi da potare.

Specie affine: C. caroliniana.

OSTRYA CARPINIFOLIA, Carpino nero, Sin. ital.: Carpinella, carpino italiano,

carpino rosso. Fam.: Corilacee.

In Val Brunone il carpino nero è presente in misura minore rispetto al carpino

comune. E’ una specie meridionale che sopporta bene gli inverni rigidi dell'italia e

della Francia. Esige una buona umidità atmosferica. Suoli freschi, calcarei,

marnosi e limosi. Longevità: 100-150 anni. Moltiplicazione per seme.

Patologia: Non presenta nemici importanti da segnalare.

Legno con le stesse qualità di quello dei carpino comune.

Specie affini: O. virginiana, Carpinus betulus.

CORYLUS AVELLANA, Nocciuolo, Sin. ital.: Avellano. Fam.: Corilacee.

Il nocciolo è diffuso soprattutto nel medio versante del Monumento naturale, su

terreni non troppo umidi, e colonizza volentieri i prati abbandonati con una discreta

insolazione; non supera i 5 metri di altezza. Si tratta di una specie rustica atta a

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sopportare tutti i terreni, fatta eccezione per i substrati troppo acidi. Longevità: 5O

anni. Si moltiplica per semi, propaggini e innesti. Si rinnova per mezzo di polloni.

Patologia: Verme delle nocciuole, mal bianco del fogliame.

Il suo legno è utile per la fabbricazione di manici di utensili, canestri. I suoi frutti

Sono commestibili (numerose varietà coltivate per i loro frutti più voluminosi

rispetto a quelli delle piante selvatiche).

Specie affine: C. colurna.

ALNUS INCANA, Ontano bianco, Sin. lat. AInus pubescens. Sin. tal.: Verna

bianca. Fam.: Betulacee.

Essenza molo diffusa in valle soprattutto sui terreni umidi nei pressi dei torrenti;

dove raggiunge la sua altezza massima, circa 15-20 metri. E’ una classica specie

montana che resistente al freddo. Pur essendo una pianta igrofila non tollera i

ristagni di acqua. Non sopporta i calcari secchi e caldi. Longevità: 50-100 anni. Si

riproduce per seme e propaggini.

Patologia: Bolle e perforazioni del fogliame, polipori sulle ferite.

L’ontano bianco è spesso utilizzato per fissare i terreni delle sponde dei torrenti e

dei coni di deiezione; adatta per bonificare le zone danneggiate Pianta atta a

migliorare il terreno grazie ai suoi noduli radicali fissatori di azoto.

Specie affini: A. viridis e A. rubra.

ALNUS GLUTINOSA, Ontano nero, Sin. Ital.: Ontano glutinoso, verna. Fem.:

Betulacee.

L'ontano nero si incontra soprattutto lungo le sponde del torrente Brunone e del

torrente della valletta laterale in substrati costantemente freschi insieme all'olmo,

al frassino e agli aceri. Longevità: 100-150 anni. Moltiplicazione per seme, talee e

propaggini. L’ontano nero è un’essenza che non conosce malattie gravi, fatta

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eccezione per gli attacchi dovuti all'Armillariella mellea che gli può essere fatale.

Le ferite, specialmente quelle da tagli intempestivi, favoriscono l'attecchimento del

polipori, agenti dell'imputridimento del legno; Oidio, macchie fogliari e bolle. La

crisomela dell'ontano, insetto defogliatore, può causare danni notevoli a carico del

fogliame. Il legno, molto colorato al taglio, arancione-rossastro, può sostituire

quello del ciliegio.

Specie affini: A. viridis, A. incana.

POPULUS TREMULOIDES, Pioppo falso tremolo, Sin. Ital.: Falso tremolo.

Fam.:Salicacee.

Il pioppo tremolo non è molto diffuso in Valle se non sul medio versante sinistro

dove si trovano alcuni esemplari in un’area circoscritta dove sono stati

probabilmente introdotti.

Preferisce i suoli profondi, freschi e ricchi. Vive circa 100 anni. Si riproduce per

seme, polloni e talee. Patologia: saperde, capnodi, Poeclionata, larve lignivore e

foglicole, macchie delle foglie dovute a funghi, ruggini dovute a Melampsora,

cancro causato da Hypoxylon.

PICEA ABIES, Abete rosso comune, Sin. lat.: Picea excelsa, Sin. Ital.: Albero di

Natale, peccio, abete di Norvegia.Fam.: Pinacee

Come già accennato, in Val Brunone si trovano numerose abetine piantate circa

20-30 anni fa dalla forestale o da gente del luogo che immigrati in Svizzera hanno

portato in Valle questa pratica forestale (I.Salvi; 2003). Le abetine principali sono

quelle sotto la villa Baracchi e in corrispondenza del Bel Coster (la più vecchia),

sul versante destro a circa metà valle e in prossimità dell’apice del parco, sotto

Pradegoldi.

Durante la tempesta del 20 luglio 2003, molti esemplari di abeti, quelli maggior

esposti sulle creste, sono stati piegati e molti hanno subito fratture irreversibili.

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Tale fenomeno pur essendo stato drastico, può permettere l’introduzione nelle

abetine di specie nobili così da spezzare la continuità di questo tipo di coltura.

L’abetina, infatti, pur fornendo un habitat ideale per scoiattoli e ghiri non permette

lo sviluppo di un sottobosco variegato e riduce drasticamente la biodiversità

vegetale. Sarebbe utile incentivare la frammentazione di tale coltura, con tagli

mirati che permettano l’inserimento di specie nobili autoctone.

L’abete rosso è una specie montana, rustica, a sviluppo lento nei climi secchi e

caldi. Si adatta a tutti i terreni. Alle basse altitudini i giovani soggetti sono sensibili

alle gelate tardive. Moltiplicazione per seme.

Patologie possibili: molto sensibile alla malattia dell'anello dovuta al poliporo della

betulla (cuore rosso) e alla cocciniglia dell'abete rosso. Inoltre P. abies ospita il

grande punteruolo del pino, il Nematus dell'abete rosso, l'Armillariella melIea,

l'Herpotrichia nigra.

L’abete rosso è un’importante essenza forestale in tutta Europa. Numerose sono

le sue utilizzazioni: ebanisteria, falegnameria, industria della carta, liuteria,

carpenteria, paleria.

Specie affine: P. orientalis.

PINUS STROBUS, Pino strobo, Sin. ital.: Strobo, pino di Weymouth. Fam.:

Pinacee.

In Val Brunone questa conifera è concentrata solo in aree ristrette (versante

destro), dove è stata piantata circa 30 anni fa.

Preferisce terreni ricchi e freschi, ma si adatta ai suoli poveri e ingrati, fatta

eccezione per quelli troppo argillosi, pesanti e troppo umidi. Specie piuttosto

calcifuga. Sopporta la siccità e il freddo. Può vivere in alti piani ombreggiati.

Longevità: 200 anni circa. Moltiplicazione per seme.

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Patologia: È sensibile al rosso crittogamico degli aghi, alla ruggine vescicolosa dei

pini a 5 aghi e alla malattia delle strie rosse delle foglie.

Utilità: Bella specie ornamentale. Essenza forestale importante, molto impiegata

per rimboschimento in Italia settentrionale. Legno facile da lavorare, ma poco

resistente, usato in falegnameria, cassetteria, compensati e soprattutto per trarne

pasta da carta.

Specie affini: P. wallichiana.

PINUS CEMBRA, Pino cembro, Sin. Ital.: Pino delle Alpi, cembro, cirmolo.

Fam.:Pinacee.

Pino della fascia subalpina, presente fra i 1500 e i 2500 m di altitudine, molto

resistente alle condizioni più rigide e perciò noto anche col nome di guardiano dei

ghiacciai. Rustico in pianura ma poco presente. Sviluppo lento. Longevità

superiore ai 500 anni. Moltiplicazione per seme.

Patologia: Rosso crittogamico degli aghi, ruggine vescicolosa dei pini a 5 aghi.

Utilità: Specie forestale d'altitudine, che fornisce un legno di buona qualità

utilizzato nella fabbricazione di mobili, sculture, costruzioni varie. I grossi semi,

commestibili, sono impiegati in confetteria e pasticceria.

Specie affine: P. peuce.

3.7.2 Formazioni arbustive

La presenza delle specie arbustive varia a seconda della posizione in Valle;

nella parte alta è facile riscontrare un’elevata densità di sottobosco, che in alcuni

casi è impenetrabile, mentre sul medio versante e nel fondo valle si fa molto più

rado.

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Le specie arbustive più diffuse: Corylus avellana, Crataegus monogyna, Cornus

sanguinea, Cornus mas, Ilex aquifolium, Rhamnus frangula, Ruscus aculeatus,

Sambucus nigra, Eunymus europaeus, Clemantis vitalba; e compaiono in modo

accessorio: Cratagegus oxyacantha, Ligustrum vulgare, Rosa arvensis, Celtis

australis.

Si propone una descrizione delle specie arbustive presenti in Valle:

SAMBUCUS NIGRA, Sambuco nero, Sin. ital.: Sambuco comune. Fam.:

Caprifogliacee.

Specie propagata dall'uomo, che gradisce le posizioni fresche: siepi, cespugli,

sponde (talora invadente). In Val Brunone la si trova spesso nelle aree di

neoformazione. Longevità: circa 50 anni. Moltiplicazione per seme e talee.

Descrizione: Alt. mass.: 8 m. Chioma ampia e cima arrotondata. Foglie opposte,

composte di 5-7 foglioline ovali e seghettate. Lembo verde scuro e glabro, salvo

che sulla pagina inferiore lungo le nervature. Emana odore sgradevole se

stropicciato. Gemme coniche, molto divaricate rispetto ai rami. Fiori piccoli, bianchi

(maggio-giugno), fortemente odorosi, riuniti in corimbi espansi, ombrelliformi. Frutti

globulosi neri e brillanti, succosi, maturi in settembre. Corteccia grigia verdastra,

che si fessura in creste sugherose, bianco giallastre. Presenza di abbondante

midollo bianco all'interno dei rami giovani.

Patologia: Mosaico del fogliame, afidi, Armillariella mellea.

UtIlità: Specie qua e là coltivata per le sue proprietà terapeutiche e i suoi numerosi

usi nella medicina popolare (lassativo, emostatico, diuretico).

Specie affine: S. racemasa.

CORNUS SANGUINEA, Sanguinello, Sin. itai.: Olivo di Normandia, sanguinella.

Fam.: Coriacee

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Pianta arbustiva presente in gran parte del monumento naturale, alto 1-4 ma

sovente in densi cespi, preferisce i suoli calcarei e alluvionali possibilmente in

piena luce. Sopporta i grandi freddi. Longevità: circa 30 anni. Si riproduce per

seme, divisione dei cespi e polloni.

Le foglie sono rose dalle larve dell'Argus verde. Può ospitare il Phellinus nigricans.

I legno è utilizzato in cesteria e per foggiare manici di utensili, spiedi e talora per

fare polvere da caccia. Dai frutti si estraeva un olio per illuminazione (lucignoli).

Pianta medicinale tossica.

Specie affine: C. mas.

CORNUS MAS, Corniolo. Fam.: Coriacee

Arbusto diffuso nell’area di studio, distribuita maggiormente in suoli rocciosi,

secchi e calcarei; sopporta i grandi freddi e ed molto longeva ( alcuni secoli).

Si distingue dal sanguinello per l’emissione di fiori gialli, riuniti in ombrelle che

sbocciano da gruppi di boccioli globulosi (Febbraio-marzo), prima della emissione

delle foglie.

E’ utilizzata come pianta ornamentale, per legno duro, a grana fine, rossastro,

molto resistente (manici di utensili, scale, pezzi per ingranaggi e per lavorazione al

tornio). Frutti commestibilI: confetture e acquavite, e freschi come dessert. Pianta

medicinale (febbrifuga, astringente) e mellifera.

Specie affine: C. sanguinea.

CRATAEGUS MONOGYNA, Biancospino, Sin. lat.: Crataegus oxyacantha var.

monogyna, Sin. ital.: Ciriegiuoli. Fam.: Rosacee

Specie rustica, presente in Val Brunone nello strato arbustivo, soprattutto sul

medio versante; è assente nel suoli troppo acidi. Longevità: 500 anni.

Moltiplicazione per seme e innesti.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 80

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Valle Imagna Provincia di Bergamo

Patologia: Specie sensibile al fuoco batterico e al vischio.

Viene coltivato sia Isolato sia in siepi vive (fiori abbondanti olezzanti). Legno bruno

rosso e duro. Frutti ricchi di vitamina C, che possono essere consumati in

confetture e gelatine. Pianta medicinale (calmante e febbrifugo).

Specie affine: C. oxyacantha.

RHAMNUS CATHARTICUS, Spino cervino, Sin. tal.: Ramno purgative. Fam.:

Ramnacee.

Arbusto presente in quantità limita in Val Brunone; preferisce i suoli calcarei, sia

secchi sia umidi. Resiste a lunghi periodi di siccità e ai grandi freddi. Longevità:

circa 100 anni. Moltiplicazione per seme.

Patologia: Variegatura bianca, cocciniglie.

Viene utilizzata per siepi spinose. Possiede n legno bruno-rossastro, omogeneo e

duro (per tornitura, intarsio, fabbricazione di bastoni). Frutti usati in tintoria e

pittura. Pianta medicinale, i frutti e la corteccia sono purgativi drastici.

ILEX AQUIFOLIUM, Agrifoglio, Sin. lat.: Aquifolium vulgare., Sin. ital.: Alloro

spinoso, aquifoglio. Fam.: Aquifogliacee

Specie rustica che si adatta a tutti i suoli non eccessivamente calcarei. Preferisce

una posizione ombreggiata e fresca nelle regioni calde e piena luce altrove. Pianta

longeva più di 200 anni. Moltiplicazione per seme, talee, margotte e innesti per le

cultivar.

Patologia: Variegatura infettiva delle foglie, minatrice dell'agrifoglio, marciume

radicale.

Albero ornamentale per siepi potate. Legno utilizzato in ebanisteria, intarsio e per

la fabbricazione di piccoli oggetti. Pianta medicinale (febbrifuga, diuretica,

emetica) e mellifera. Resiste all'inquinamento

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 81

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Valle Imagna Provincia di Bergamo

RHAMNUS FRANGULA, Frangola, Sin. lat.: Frangula alnus, Sin. ItaI.: Ontano

nero, legno nero. Fam.: amnacee

Specie comune nei terreni umidi argillosi, torbosi e per lo più acidi, è diffusa lungo

il margine del torrente Brunone e degli affluenti secondari; indifferente al clima. Ha

una longevità di circa 30-50 anni. Rinnovamento delle ramificazioni partendo da

numerosi polloni. Moltiplicazione per seme e polloni.

Patologia: alcuni polipori.

Arbusto che può costituire siepi nelle regioni umide. Legno omogeneo, rossastro,

era diffuso l’uso nell'industria dei panieri e per preparare la polvere da caccia e il

carbone di legno. Carboncini da disegno, sostegni per piante. Pianta mellifera e

medicinale (purgativa, combatte la scabbia).

EUONYMUS EUROPAEUS, Fusaggine, Sin. ital.: Berretto da prete, corallini.

Fam.: Celastracee

Preferisce i suoli calcarei freschi, limosi, ghiaiosi secchi. Longevità: circa 50 anni.

Moltiplicazione per seme.Si sviluppa altrettanto bene sia alla luce sia in posizione

ombreggiata. In Val Brunone è molto diffusa nel sottobosco con scarsa presenza

di luce. Longevità: 80-100 anni. Moltiplicazione per seme, talee e margotte.

Patologia: Oidio, afidi, iponomeuta.

Arbusto ornamentale: siepi, masse cespugliose, il legno entra nella fabbricazione

di vari piccoli oggetti. Carboncini da disegno. Frutti velenosi, purgativi ed emetici, il

tegumento dei semi si utilizza per preparare una tintura usata per colorare i

cosiddetti cuoi marocchini. Conta numerose varietà ornamentali.

CELTIS AUSTRALIS, Bagolaro, Sin. Ital.: Spaccasassi, parlaro, loto egizio. Fam.:

Ulmacee.

Il bagolaro è una termofila che gradisce i climi caldi e i suoli calcarei e rupestri.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 82

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Valle Imagna Provincia di Bergamo

In Val Brunone la si può trovare sul medio versante, anche in condizioni di luce

critica. Cresce bene in condizioni più fresche, ma teme i suoli troppo umidi e gli

inverni rigidi, almeno durante il periodo giovanile. Longevità: 500-600 anni.

Moltiplicazione per seme, talee e innesti.

Patologia: Marciume del legno causato da polipori. È soggetto a una virosi che ne

ingiallisce le foglie senza però provocare la morte della pianta.

Il suo legno è usato spesso per la falegnameria (manici di utensili, bastoni, raggi

per ruote di carri, manici per fruste). I rami con le foglie servono come foraggio per

il bestiame. Specie medicinale (contro le dissenteria). Radici e corteccia

forniscono una tintura gialla.

Specie affine: C. occidentalis.

3.7.4 Formazioni erbacee

In Val Brunone sono presenti una grande varietà di specie erbacee; iniziando dalle

erbacee presenti nel bosco misto si è reso necessario suddividerle per la tipologia

ambientale che occupano secondo un criterio fitosociologico considerando le

formazioni arboree che esse accompagnano.

Le tipologie individuate sono:

- Zone boschive con substrato umido: nei pressi dei torrenti, con scarsa

illuminazione insieme a ontano bianco, acero montano, frassino e carpino

troviamo: Tussilago fanfara, Equisetum arvense, Phyllitis scolopendium,

Pteridium aquilinum, Galantus nuivalis, Helleborus viridis, Hepatica nobilis e

muschi per i quali non si è ricorsi all’identificazione.

- Zone boschive di medio versante: con media-scarsa illuminazione sottobosco

più o meno rado, in consorzi a base di carpino, frassino, farnia, aceri montano

e campestre, tiglio troviamo le seguenti specie erbacee: Allium oleraceum,

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 83

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Ciclamen europaeum, Convallaria majalis, Eriythronium dens-canis, Hedera

helix, Galantus nuivalis, Helleborus niger, Helleborus viridis, Hepatica nobilis,

Poligonatum multiflorum, Primula vulgaris, Tussilago farfara.

- Ai margini del bosco misto: insieme e carpino, frassino, farnia, aceri

(montano e campestre) e tiglio sono presenti: Aliara petiolata, Anemone

nemorosa, Aruncus dioicus (questa specie si trova spesso ai margini delle

abetine), Cytisus scoparius, Colutea arborescens, Crocus albiflorus,

Fragaria viridis, Geranium robertianum, Hedera helix, Hepatica nobilis,

Helleborus niger, Hepatica nobilis, Melittis melissophyllum, Narcisus

poeticus, Primula vulgaris, Rubus idaeus, Salvia glutinosa, Silene

vulgaris, Vincetoxum hirudinaria.

3.7.5 Prati e aree di neoformazione

I tipi di prati più diffusi in Val Brunone sono il pascolo in abbandono e i prati a

sfalcio semi-abbandonati. L’abbandono della pratiche di sfalcio ha fatto si che

queste formazioni si arricchissero di specie nuove e quindi si instaurasse un

nuovo ciclo evolutivo che porta al bosco. Sulle cartine della vegetazione è

possibile localizzarli precisamente, infatti i prati si trovano sempre dove è presente

una cascina o una stalla, a ragione della funzione colturale o di pascolo che

avevano in passato.

In base alla tipologia individuata si propone un elenco delle essenze erbacee in

esse presenti:

- Boschi di neo-formazione: insieme a giovani esemplari di robinia, sambuco,

biancospino, carpini, cornioli, aceri, frassino troviamo: Aegopodium podagraria,

Bellis perennis, Cytisus scoparius, Cynosurus cristatus, Dactylis glomerata,

Daucus carota, Festuca pratensis, Fragaria viridis, Geranium robertianum,

Hedera helix, Lamium album, Lotus corniculatus, Pastinaca sativa, Silene

vulgaris, Rubus idaeu, Vincetoxum hirudinaria.

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- Prati da sfalcio: esistono all’interno dei confini del parco ma soprattutto al di

fuori, prati in cui si procede allo sfalcio delle erbe per la fienagione; in essi

troviamo le essenze tipiche di questa forma di coltura che tuttavia resta poco

diffusa all’interno del Monumento. Tra le graminacee più diffuse vanno

ricordate: Avenula pubescens, Bromus racemosus, Cynosurus cristatus,

Dactylis glomerata, Festuca pratensis, Festuca rubra, Holcus lanatus, Poa

pratensis, a cui si associano le fioriture di: Bellis perennis, Conium maculatum,

Geranium pratense, Leucanthemum vulgare, Lotus corniculatus, Medicago

sativa, Plantago lanceolata, Trifolium pratense, Trifolium repens, Taraxacum

officinale e tra le ombrellifere: Aegopodium podagraria, Angelica sylvestris,

Daucus carota, Pastinaca sativa.

- Margini dei sentieri e di percorsi carrabili: le piante di queste zone, quando

non vi sono alberature, vengono sottoposte a intensa luminosità, inoltre il

drenaggio dell’acqua piovana è molto rapido; sono essenze spesso perenni,

fornite di stoloni adattate a condizioni di frequente calpestio. Tra esse

ricordiamo: Aegopodium podagraria, Aruncus dioicus, Centaurea jacea,

Daucus carota, Fragaria viridis, Lamium album, Leucanthemum vulgare,

Medicago sativa, Melittis melissophyllum, Myosotis selvatica, Oenthera

biennis, Plantago lanceolata, Potentilla reptans, Silene vulgaris, Taraxacum

officinale. A queste specie se ne aggiungono altre provenienti dagli ambienti

circostanti, in formazioni effimere la cui composizione dipende dalla struttura

del substrato.

3.7-6 I castagneti

La diffusione del castagno in Val Brunone è di origine antropica e rispecchia il

grande utilizzo, in passato, per scopi alimentari, per la produzione di paleria e

legna da ardere. Castanea sativa è presente in Val Brunone sul medio versante

sinistro e nella parte alta del Monumento, lo si può trovare anche sul medio

versante destro; tuttavia in entrambi i casi, in proporzioni molto differenti con le

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 85

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altre specie arboree, da pochi individui a popolamenti quasi puri. La specie è infatti

in grado di sopportare un ampio intervallo di valori di piovosità, non tollera suoli

troppo umidi, infatti è praticamente assente lungo il corso del torrente Brunone;

gradisce buona esposizione e suolo acido, mentre è sfavorita da elevati tenori di

calcio.

Le aree in cui la densità dei castagni è alta o dove si uniscono ad altre specie

arboree, si discostano dalle condizioni di naturalità anche nei casi in cui la

struttura si presenti matura.

In questo studio, ai fini dell'inquadramento generale, i boschi in cui il castagno

prevale sono stati interpretati attribuendo un peso maggiore alle specie in grado di

esprimere condizioni potenziali naturali della Val Brunone. L'evoluzione spontanea

del castagneto è diretta verso i boschi naturali precedentemente descritti,

attraverso fasi di progressivo regresso del castagno. La specie ha perso molto

dell'interesse economico riscosso in passato e, quindi, è destinata divenire

marginale o addirittura a soccombere di fronte alla competizione di specie

autoctone o con capacità colonizzante maggiore.

Il declino dell'agricoltura ha portato al regresso dei castagneti e, spesso, i grandi

esemplari, sono stati inglobati nel bosco misto. E’ da segnalare a tal proposito un

grande castagno sul medio versante sinistro, segnalato in cartigrafia.

E’ dimostrano che un tempo queste tipologie erano molto diffuse e tipiche del

paesaggio della Valle Imagna, pertanto è auspicabile un piano di intervento per la

loro salvaguardia non solo per motivi naturalistici ma anche storici.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 86

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3.7.7 Le coltivazioni di conifere

Molte aree della Val Brunone sono state rimboscate con conifere, soprattutto

con Picea excelsa ma anche con Larix decidua e Pinus silvestris, Pinus strobus.

La coltivazione di queste piante risale a non più di 50 anni fa a seguito di una

politica forestale ampiamente sostenuta dagli enti pubblici e condivisa dalla

popolazione del luogo. L’abete rosso è sicuramente la specie più diffusa, grazie

alla notevole capacità d’acclimatamento dovuta all’ampia ecologia ed alla rapida

crescita.

All’interno dei confino del Monumento ci sono tre abetine che meritano di essere

citate; si trovano a quote differenti e hanno età differente.

La prima si trova in corris

anche al di fuori del Monum

Piano di Gestione d

Foto: abetina dei Cà Salvi

pondenza del Bel Coster (Villa Baracchi) e prosegue

ento; è la più vecchia e vanta di esemplari alti 30 metri

el Monumento Naturale Valle Brunone 87

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e con tronchi con diametro fino a 70 cm. E’ presente a nord-ovest un gruppo di

esemplari di Larix decidua.

La seconda abetina la troviamo salendo di quota e si trova in corrispondenza del

versante idrografico destro; è più giovane e sono presenti molti esemplari di Pinus

silvestris, Pinus strobus.

A cavallo del confine superiore del Monumento, nei pressi di Pradegoldi, su un

versante molto inclinato si trova un’abetina di circa 30-40 anni; la presenza di

piante di sottobosco, pur essendo limitata come in tutti i boschi di conifere, è

maggiore rispetto alle altre due abetine. La flora del sottobosco di queste conifere

non è costituita da specie esclusive di tali comunità ma, in genere, da specie dei

boschi potenziali di tali comunità, sebbene in proporzioni molto modificate e

povere rispetto alle condizioni maturali. Lo strato arbustivo è presente ai margini

delle abetine o dove ci sia uno spiraglio di luce.

Tenendo conto che i boschi di conifere, oltre a non essere autoctone, riducono

drasticamente la biodiversità sarebbe opportuno effettuare dei tagli di apertura che

spezzino la continuità ombrosa di queste piante così da permettere la crescita di

specie nobili come la quercia o altre piante del luogo.

Nonostante questa considerazione di aspetto conservazionistico, è importante

mantenere le abetine, per permettere ai futuri frequentatori del Parco di usufruire

di una maggior variabilità di habitat.

3.7.8 Le specie esotiche

La presenza di specie alloctone in Val Brunone, oltre al caso dell’abete rosso e

delle specie di pini, si può considerare relativamente esigua.

Le specie alloctone presenti sono la robinia, fitolacca, allianto e altre, si possono

considerare esotiche le specie come il castagno, il noce in quanto coltivate in

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 88

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passato per motivi di alimentazione. Lungo il versante sinistro esiste un nucleo di

pioppi tremoli, con molta probabilità piantati, dall’uomo.

La robinia si trova in zone dove è stato più intenso il rimaneggiamento antropico:

nelle fasce disboscate di neo-formazione, vicino a abitazioni, cave prati

abbandonati etc.. spesso accompagnata da Acer pseudoplatanus (acero di

monte), Sambucus nigra (sambuco), Fraxinus ornus o Fraxinus excelsior,

Crataegus monogyna (biancospino), Romex crispus (rovo), Jungla regia (noce).

Esemplari di fitolacca sono molto rari, esistono alcuni casi nei pressi di un prato

da sfalcio sul medio versante sinistro (stazione B17). L’allianto, all’interno del

Monumento, è praticamente assente se non nei pressi delle strade e di alcune

abitazioni.

3.7.9 Piante officinalis

In Val Brunone, tra le specie fino ad ora elencate, sono presenti molte specie i

cui principi attivi le rendono utili all’uomo; queste piante in passato erano molto

utilizzate sia per scopi alimentari che medicinali (tisane, infusi, decotti ecc). Oggi

sembra essere tornata la “moda” delle piante officinalis e lo testimonia il continuo

fiorire di libri e manuali che le trattano. Sembra opportuno, quindi citare alcune

delle piante officinalis presenti in Valle, senza entrare nello specifico e negli effetti

curanti che esse procurano

Uno studio più approfondito di queste piante può essere utile per svolgere

attività didattiche, sia per le scuole che per una utenza più adulta: questo elenco

ha la funzione di citarne la presenza nell’area interessata e di auspicarne possibili

e interessanti approfondimenti.

Va ricordato infine che molte di queste sono protette e ne è vietata la raccolta.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 89

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Valle Imagna Provincia di Bergamo

NOME VOLGARE NOME SCIENTIFICO

Ilex aquifolium agrifoglio

Taraxacum officinale tarassaco comune

Salvia pratensis salvia pratense

Rubus idaeus lampone/rovo

Helleborus niger elleboro bianco

Helleborus viridis elleboro verde

Fraxinus ornus orniello

Potentilla tormentilla tormentilla

Cornus mas corniolo maschio

Lamium album falsa ortica bianca

Rhamnus frangula frangola comune

Phytolacca decandra fitolacca

Convallaria majalis mughetto

Cratagegus oxyacantha biancospino selvatico

Tilia cordata tiglio selvatico

Tussilago farfara tossilagine comune

Phyllitis scolopendium lingua cervina

Hedera helix edera

Hepatica nobilis erba trinità

Anemone nemorosa anemone di bosco

Castanea sativa castagno

Plantago lanceolata piantaggine maggiore

Ruscus aculeatus pungitopo

Sambucus nigra sambuco comune

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 90

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Equisetum arvense equiseto dei campi

Urtica dioica ortica

Jungla regia noce

Conium maculatum cicuta maggiore

Pervinca major pervinca maggiore

Poligonatum multiflorum sigillo di re salomone

Aquilegia vulgaris aquilegia comune

Ranunculus arvensis ranuncolo

3.7.10 Specie protette

Nel seguente paragrafo vengono segnalate le specie protette secondo la

deliberazione della Giunta Regionale n. 18438 del 26 settembre 1978 e

successive modifiche; Legge Regionale 27 luglio 1977 n. 33 (Manuale G.E. V.,

Regione Lombardia; 1998)

Elenco delle specie di flora spontanea in lombardia

(Deliberazione della giunta regionale del 26 settembre n. 18438, modificata e

integrata dalla d.g.r. 27 giugno 1996, n. 15217 e dalla d.g.r. 29 aprile 1997, n.

27984). Le specie segnalate con il simbolo …* presenti in Val Brunone.

-Adiantum capillus-veneris L. (capelvenere)

-Allium insubricum (aglio di Lombardia)

-Anemone L., tutte le specie (anemone)*

-Aqullegia L. tutte le specie (aquilegia)

-Armeria alpina Willd. (armeria alpina, spillone alpino)

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 91

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-Arunculus dioicus, (barba di capra) tranne in prov. di BG, BS, CR, MN.

-Asphodelus albus (asfodelo bianco)

-Campanula , tutte le specie (campanula)*

-Clematis alpina L., (clematide alpina, atragene alpina)

-Convallaria majalis L. (mughetto)*

-Cyclamen purpurascens (ciclamino)*

-Daphne L., tutte le specie (dafne)*

-Dryas octopetala L. (camedrio alpino)

-Dianthus L., tutte le specie (garofano)*

-Eriophorum L., tutte le specie (pennacchi, erioforo)

-Eritrichium nanum L. (non-ti-scordar-di-me nano, eritrichio)*

-Erythronium dens-canis L. (dente di cane)*

-Fritillaria L., tutte le specie (fritillaria, meleagride)

-Galanthus nivalis L. (bucaneve)*-Gentiana L., tutte le specie (genziana)*

-Gladiolus L., tutte le specie (gladiolo)

-Helleborus niger L. (rosa di natale, elleboro bianco)*

-Ilex aquifolium L. (agrifoglio)*

-lris L., tutte le specie (iris, giaggiolo)*

-Leontopodium alpinum (stella alpina)

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-Leucojum aestivum L. (campanellino maggiore, campanellino estivo)

-Leucojum vernum L (campanellino comune, campanellino di primavera)

-Lilium L., tutte le specie (giglio)

-Linnaea borealis L. (linnea)

-Matteuccia struthiopteris L. (felce piuma di struzzo)

-Narcissus poeticus L. (narciso)*

-Nuphar lutea L. (ninfea gialla, nannufero)

-Nymphaea alba L. (ninfea comune)

-Orchidaceae, tutte le specie (orchidee) *

-Osmunda regalis L. (felce regale, felce florida)

-Paeonia officinalis L. (peonia)

-Physoplexis comosa L. (raponzolo chiomoso)

-Polemonium caeruleum L. (valeriana greca)

-Primula L., tutte le specie a fiore rosso (primule a fiore rosso)

-Primula auricula L. (primula orecchia d'orso)

-Pulsatilla Mill., tutte le specie (pulsatilla)

-Rhododendron ferrugineum L. (rododendro ferrugineo)

-Rhododendron hirsutum L. (rododendro irsuto)

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 93

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-Rhodothamnus chamaecistus L. (rododendro nano, rododendro cistino)

-Ruscus aculeatus L. (pungitopo)*

-Saxifraga L., tutte le specie (sassifraga)

-Sempervivum L., tutte le specie (semprevivo)

-Silene elisabethae (siIene della viceregina)

-Typha L, tutte le specie (lisca)

-Viola calcarata L. (viola calcarata)

-Viola dubyana (viola di Duby)

Sono da considerarsi protetti anche i seguenti frutti del sottobosco:

-Fragaria vesca L. (fragola di bosco)*

-Rubus idaeus L. (lampone)*

-Vaccinium myrtillus L. (mirtillo nero)

-Vaccinium uliginosum L. (mirtillo blu)

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Valle Imagna Provincia di Bergamo

3.7.11 Specie di flora protetta di cui e’ vietata la raccolta in provincia di Bergamo.

Si è reso necessario ma, soprattutto utile, segnalare le specie medicinali,

aromatiche o da profumo che possono essere raccolte, quando non siano

comprese tra quelle protette, da chi è in possesso di una autorizzazione rilasciata

dal Sindaco.

Nel presente elenco sono comprese le specie non rilevate in Val Brunone.

Secondo il decreto del presidente della giunta provinciale del 24 maggio 1979, n.

14718 in provincia di Bergamo è vietata la raccolta delle seguenti specie:

-Anemone narcissifolia L. (anemone narcisina)

-Aquilegia alpina L. (aquilegia alpina, aquilegia maggiore)

-Aquilegia einseleana (aquilegia di Einsele)

-Aquilegia thalictrifolia (aquilegia a foglie di pigamo)

-Clematis alpina L. Mill. (clematide alpina, atragene alpina)

-Daphne L., tutte le specie (dafne)*

-Erythronium dens-canis L. (dente di cane)*

-Fritillaria L., tutte le specie (fritillaria, meleagride)

-Gentiana L., tutte le specie (genziana)

-Helleborus niger L. (rosa di natale, elleboro bianco)*

-llex aquifolium L. (agrifoglio)*

-Leontopodium alpinum (stella alpina)

-Lillum L., tutte le specie (giglio)

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 95

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-Narcissus poeticus L. (narciso)*

-Nigritella Rich., tutte le specie (nigritella)

-Nuphar lutea L. (ninfea gialla, nannufero)

-Nymphaea alba L. (ninfea comune)

-Paeonia officinalls L. (peonia)

-Primula L., tutte le specie a fiore rosso (primule a fiore rosso)

-Primula auricula L. (primula orecchia d'orso)

-Pulsatilla alpina L. (pulsatilla alpina)

-Pulsatilla montana (pulsatilla comune)

-Rhododendron L., tutte le specie (rododendro)

-Ruscus aculeatus L. (pungitopo)*

-Sempervivum L., tutte le specie (semprevivo)

-Silene ellisabethae Jan (siIene della viceregina)

-Typha L., tutte le specie (lisca)

PIANTE AROMATICHE E MEDICINALI A RACCOLTA LIMITATA

-Aconitum napellus L. (Aconito)

-Arnica montana L. (Arnica)

-Artemisia vulgaris L. (Artemisia)

-Antemisia absinthium L. (Assenzio maggiore)

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 96

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Valle Imagna Provincia di Bergamo

-Lappa major (Bardana)

-Atropa belladonna L. (Belladonna)

-Bryonia diolca Jacq. (Brjonja)

-Acorus calamus L. (Calamo aromatico)

-Matricaria chamomilla L.(Camomilla comune)*

-Carbenia benedicta (Cardosanto)

-Erythraea centaurium (Centaurea minore)

-Conium maculatum L.(Cicuta maggiore)*

-Colchicum autumnale L. (CoIchico)

-Solanum dulcamara L. (Dulcamara)

-Helleborus niger (Elleboro bianco)*

-Inula helenium L (Enula campana)

-Tussilago fadara L. (Farfara)*

-Oenanthe phellandrium L. (Fellandrio)

-Rhamnus frangula L. (Frangula)*

-Artemisia mutellina Vill. (Genepi)

-Gentiana lutea L. (Genziana)

-Hyosciamus niger L. (Giusquiamo)

-Peucedanum ostruthium L. (Imperatoria)

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 97

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Valle Imagna Provincia di Bergamo

-Hyssopus officinalis L. (Issopo)

-Achillea moschata Wulf. (Iva)

-Lycopodium cIavatum L. (Licopodio)

-Dictamnus albus L. (Limonella)

-Melissa officinalis L. (Melissa)

-Pinus pumilio Haenke (Pino mugo)*

-Teucrium montanum L. (Polio montano)

-Juniperus sabina L. (Sabina)

-Saponaria officinalis L. (Saponaria)

-Rhamnus cathartica L. (Spincervino)*

-Datura stramonium L. (Stramonio)

-Tanacetum vulgare L. (Tanaceto)

-Taraxacum officinale, (Tarassaco)*

-Tilia species, (Tiglio)*

-Thymus vulgaris L. (Timo volgare)

-Valeriana officinalis L. (Valeriana)*

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 98

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Valle Imagna Provincia di Bergamo

3.7.12 Elenco floristico delle specie presenti in val brunone

Si propone un elenco delle specie botaniche censite in Val Brunone e ritenute

potenzialmente presenti; viene segnalato, inoltre il luogo di raccolta e, in alcuni

casi, il periodo di fioritura.

Note:

- il simbolo § sta ad indicare che la specie è tipica della fitoassociazione del

carpineto

- la sigla “gr.” e “ombr.” Indica rispettivamente : graminacea e ombrellifera

ARBOREE

NOME SCIENTIFICO NOME VOLGARE

Acer pseudoplatanus acero di montagna

Acer campestre acero oppio

Alnus incana ontano bianco

Alnus glutinosa ontano comune

Carpinus betullus carpino comune

Castanea sativa castagno

Fraxinus excelsior frassino maggiore

Fraxinus ornus orniello

Larix decidua larice

Jungla regia noce

Robinia pseudiacacia robinia

Ostrya carpinifolia carpino nero

Quercus robur farnia

Quercus pubescens roverella

Picea abies/excelsa abete rosso

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 99

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Valle Imagna Provincia di Bergamo

Pinus cembra pino cembro

Pinus pumilo pino mugo

Pinus strobus pino strobo

Populus tremula pioppo tremoulo

Prunus avium cigliegio

Sorbus aucuparia sorbo degli ucellatori

Sorbus aria sorbo montano

Tilia cordata tiglio selvatico

Tilia platyphyllos tiglio comune

Ulmus campestris olmo comune

Ulmus glabra olmo di montagna

ARBUSTIVE

NOME SCIENTIFICO NOME VOLGARE

Celtis australis bagolaro

Clemantis vitalba clemantide vitalba

Corylus avellana nocciolo

Crataegus monogyna biancospino comune

Cratagegus oxyacantha biancospino selvatico

Cornus sanguinea corniolo sanguinello

Cornus mas corniolo maschio

Eunymus europaeus fusaggine

Ilex aquifolium agrifoglio

Ligustrum vulgare ligustro

Rhamnus frangula frangola comune

Rosa arvensis rosa selvatica

Ruscus aculeatus pungitopo

Sambucus nigra sambuco comune

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 100

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Valle Imagna Provincia di Bergamo

NOME SCIENTIFICO NOME VOLGARE MESE LUOGO

Achillea millefolium millefoglio prato

Aegopodium podagraria girardina silvestre sentiero

Ajuga reptans iva comune maggio prato

Aliara petiolata aliara comune maggio bosco/margini

Allium oleraceum § aglio selvatico maggio bosco

Allium ursinum aglio orsino bosco

Anemone nemorosa anemone di bosco bosco/margini

Angelica sylvestris angelica selvatica prato

Aquilegia vulgaris §* aquilegia comune margini

Aruncus dioicus barba di capra bosco/abetina

Asarum auropaeaum § baccaro comune bosco

Avenula pubescens gr avena pubescente prato

Bellis perennis pratolina comune prato

Betonica officinalis §* erba betonica margini

Brachypodium sylvaticum § gram paleo silvestre bosco

Bromus racemosus gr forasacco palustre prato

Calendula arvensis §* calendula prato

Centaurea jacea fiordaliso stoppone prato/sentiero

Ciclamen europaeum ciclamino agosto bosco

Cynosurus cristatus gr covetta dei prati prato

Cytisus scoparius ginestra dei carbonai margini

Colutea arborescens vesicaria margini

Coronilla emerus § cornetta dondolina margini

Conium maculatum cicuta maggiore prato

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 101

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Valle Imagna Provincia di Bergamo

Convallaria majalis mughetto boschi

Crocus albiflorus crocus alpino marzo bosco/margini

Cruciata glabra Crociata bosco

Dactylis glomerata gr erba mazzolina prato

Daphne mezereum §* fiore di stecco bosco

Daucus carota carota maggio prato/senieri

Equisetum arvense equiseto dei campi torrenti

Erigeron acris caespica acre prato

Eriythronium dens-canis dente di cane marzo bosco

Eunymus europaeus §* fusaria comune bosco

Festuca pratensis gr festuca dei prati prato

Festuca rubra gr festuca rossa prato

Fragaria viridis fragola verde margini

Galantus nivalis bucaneve bosco

Geranium pratense geranio dei prati maggio prato

Geranium robertianum geranio di S. Roberto maggio prato/margine

Hedera helix § edera bosco/rocce

Helianthenum nummularium §* eliantemo maggiore prati

Helleborus niger elleboro bianco marzo bosco

Helleborus viridis elleboro verde marzo bosco

Hepatica nobilis erba trinità marzo bosco

Holcus lanatus gr bambagione pubescente

Knautia arvensis §* ambretta comune

Lamium album falsa ortica bianca sentieri/margine

Leucanthemum vulgare margherita tetraploide maggio prato/sentiero

Leucojum bernum §* campanella comune margini/prato

Linum catarticum** lino purgativo maggio prato

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 102

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Lonicera xylosteum § caprifoglio peloso bosco

Lotus corniculatus ginestrino maggio prato

Matricaria chamomilla camomilla comune prato

Medicago sativa erba medica prato

Melica nutans gram § melica delle faggete bosco/margini

Melittis melissophyllum § erba limone comune bosco/margine

Myosotis sylvatica nontiscordardimé prato/sentiero

Narcisus poeticus narciso selvatico marzo margini

Pastinaca sativa pastinaca comune giugno prato

Pervinca major pervinca maggiore bosco

Phyllitis scolopendium lingua cervina torrenti

Phyteuma orbiculare §* raponzolo orbiculare

Phytolacca decandra fitolacca prato/margini

Pimpinella major tragoselino maggiore

Plantago lanceolata piantaggine maggiore sentieri

Poa pratensis gr fienarola dei prati prato

Poligonatum multiflorum sigillo di re salomone bosco

Potentilla alba §* cinquefoglia bianca

Potentilla tormentilla §* tormentilla

Potentilla reptans cinquefoglia prato/margini

Prenanthes purpurea § lattuga montana bosco

Primula vulgaris § primula comune marzo bosco/marg/prato

Pteridium aquilinum felce acquilina zone umide

Pulmonaria officinalis § polmonaria maggiore bosco

Ranunculus arvensis ranuncolo margini

Rubus idaeus § lampone/rovo margini/prati.abb

Rumex crispus romice crespo maggio prato

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 103

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Salvia glutinosa § salvia viscosa bosco/margini

Salvia pratensis salvia pratense prato

Scilla bifola §* scilla silvetris

Silene vulgaris silene rigonfia maggio prato/margini

Sisymbrium officinale erba cornacchia prato

Tamus communis §* tamaro bosco

Taraxacum officinale tarassaco comune prato

Tussilago farfara tossilagine comune marzo torrente/bosco

Trifolium campestre trifoglio campestre prato

Trifolium pratense trifoglio pratense prato

Urtica dioica ortica prat/margini

Vinca minor §* pervinca minore bosco

Vincetoxum hirudinaria vincetossico comune giugno bosco/marg.

Viola odorata viola mammola bosco

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 104

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Valle Imagna Provincia di Bergamo

3.8 ASPETTI FAUNISTICI

3.8.1 Elenco faunistico

Per realizzare l’elenco faunistico della Val Brunone si è reso effettuare

escursioni sul campo, prelievi di campioni di escrementi, segnalazioni di tracce e

in molti casi di osservazioni dirette della fauna del luogo.

Si è reso molto utile intervistare gli abitanti e cacciatori del luogo che attraverso

le loro segnalazioni hanno permesso di rendere attendibile questo studio, che

tuttavia necessita un approfondimento soprattutto per quanto riguarda la

distribuzione e la densità di tale fauna.

Nel caso in cui non si hanno avuto segnalazioni ne dal sottoscritto ne da altre

persone si è reso necessaria la consultazione della bibliografia disponibile, le carte

delle vocazioni faunistiche per verificare la potenzialità dell’areale studiato.

3.8.2 Rettili

La Valle Imagna ospita una discreta varietà di rettili, gia segnalati da studi

precedenti. La Val Brunone è molto umida e con un’abbondante copertura

fogliare. I rettili avvistati si trovavano in zone ben esposte, nelle aree di neo-

formazione e nei pressi delle cascine dove è abbondante la presenza di pietre e

ciottoli.

Nei pressi del confine superiore del Monumento, sopra Prato del Sole è

presente una area ricca di pietrame (conosciuta dalla popolazione locale come

Caraine) ben esposta al sole e che ospita le condizioni ideali per serpenti e sauri.

Molti di quelli segnalati qui di seguito sono stati avvistati in questa zona, e si è

ritenuto considerarli facenti parte dell’elenco faunistico della Val Brunone. Per altri

rettili descritti invece, si ipotizza la loro presenza in seguito alla consultazione della

carta di distribuzione.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 105

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Valle Imagna Provincia di Bergamo

SERPENTI

-Coluber viridiflavus (biacco)

Serpente diffuso in buona parte dell’Europa settentrionale, è stato segnalato in

studi sulla fauna Valdimagnina (Maconi G.e Bugada G. 1988), e ci sono state

segnalazioni in Val Brunone. Si trova in un’ampia varietà di ambienti

principalmente asciutti e ricchi di vegetazione, quali declivi rocciosi isolati, margini

di boschi, macchie, zone cespugliose e ruderi. Si trova fino a 1500 metri di altezza

ed è spesso numeroso; singoli individui stanno spesso in un areale molto ristretto.

Si nutre di piccoli rettili, uccelli, uova, nidiacei, rane. Abitudini diurne.

-Elaphe longissima (saettone)

La Valle Imagna e quindi la Val Brunone rientra nell’areale di distribuzione del

saettone; nonostante non ci siano state segnalazioni, si ipotizza che sia presente

all’interno del Monumento.In Lombardia lo si può incontrare fino ai 1800 metri

s.l.m., solitamente in zone aride come boschi aperti, soleggiati, asciutti, nella

vegetazione cespugliosa ma anche su vecchi muri e ruderi.

-Natrix natrix (biscia dal collare)

La Valle Imagna è all’interno dell’areale di distribuzione di questo serpente, che

vive in ambienti umidi e vicino all’acqua. A differenza di altre Natrix (N.maura,

N.tessellata), N.natrix è meno acquatica e può adattarsi alla mancanza di veri e

propri bacini di acqua ferma. Non ci sono state segnalazioni certe della sua

presenza, ma si può ipotizzare che il basso corso del fiume Brunone, possa

essere un suo habitat idoneo.

-Coronella austriaca (colubro liscio)

Colubro molto diffuso in tutta Europa, si trova dal livello del mare fino a oltre i

1800 metri dove tende ad essere montana. Per quanto concerne la Val Brunone

va segnalato che è stato rinvenuto un esemplare deceduto per investimento

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 106

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Valle Imagna Provincia di Bergamo

stradale lungo la strada che da Capassero porta a Berbenno. Serpente diurno e

piuttosto riservato che risiede in vari ambienti soleggiati e aridi (pietraia sopra il

confine del Monumento). Si trova anche, ma raramente, in ambienti umidi. Si nutre

prevalentemente di lucertole e di orbettini. Specie ovovivipara.

-Vipera berus (marasso)

Si trova in gran parte dell’Europa estendendo il suo areale a nord fino a oltre il

Circolo Artico e a sud fino alla Spagna Nord-occidentale. Serpente dal siero

velenoso è ben conosciuto in Valle Imagna; lo si trova in una grande varietà di

ambienti come boschi aperti, in radure, margini boschivi ma anche in aree umide.

Si nutre di piccoli mammiferi e di altri rettili, come lucertole e orbettini. Il suo veleno

è piuttosto potente, sebbene i suoi morsi non siano così pericolosi come quelli di

V.aspis.

-Vipera aspis (vipera comune)

Vipera diffusa in gran parte d’Europa è conosciuta per il suo potente veleno che

può essere letale per l’uomo. Tendenzialmente diurna può avere abitudini

notturne quando il clima lo permette. Spesso si trova in ambienti aridi,

specialmente pendii aperti e asciutti ma si spinge fino alle zone umide. In Val

Brunone è certa la sua presenza.

SAURI

-Lacerta viridis (ramarro)

Distribuito in buona parte dell’Europa, in Valle è stato avvistato un esemplare

nei pressi del confine superiore del Monumento (Pietraia, Riva M. 2003). Si trova

tipicamente in aree con densa vegetazione e buona esposizione al sole o nei

pressi, per esempio in boschi aperti, lungo i margini o nei roveti. A sud dell’area di

distribuzione, è spesso confinata ad ambienti umidi o a zone montuose, dove può

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 107

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Valle Imagna Provincia di Bergamo

spingersi oltre i 1800 metri. Si nutre di invertebrati ma anche di frutti, uova e

nidiacei e piccoli uccelli.

-Lacerta vivipara (lucertola vivipara)

Presente in gran parte d’Europa, è assente in Scandinavia artica, Inghilterra e

Irlanda e nell’area mediterranea. In Valle Imagna è moltodiffusa; è stata

segnalata in varie occasioni e documentata in studi sulla fauna della Valle (Maconi

G.e Bugada G. 1988). Lucertola essenzialmente del suolo, necessita di un

ambiente particolarmente umido. Tipicamente rilevabile nell’erba o nella

vegetazione erbacea fitta. In Lombardia la si può osservare in boschi aperti, lungo

i margini dei boschi. La Lacerta vivipara da alla luce piccoli completamente

sviluppati.

-Podarcis sicula (lucertola campestre)

Diffusa in Italia, presenta molteplici varietà; in Valle magna è presente la varietà

tipica del nord Italia (disegno a strisce). Non si hanno avuto segnalazioni precise

sulla sua presenza in Val Brunone; in ogni caso l’area di studio presenta le

condizione per il suo sviluppo.

-Anguis ragilis (orbettino)

Sauro molto diffuso in Lombardia, si trova in quasi tutto il continente europeo. In

Val Brunone sono stato osservati alcuni esemplari nei pressi di cascine in aree

non troppo esposte al sole (prima cascina sul versante sinistro idrografico, Riva M.

2003). Infatti l’orbettino preferisce habitat ricchi di vegetazione e piuttosto umidi

ma è rinvenibile anche in pascoli, lungo le siepi e sui terrapieni. Ha abitudini

crepuscolari e per scovarlo di giorno è necessario sollevare massi, fogliame pietre

piatte sotto i quali trova rifugio e si termoregola.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 108

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Valle Imagna Provincia di Bergamo

3.8.3 Anfibi

La Val Brunone è un’area relativamente umidità e con una presenza costante di

acqua nel torrente; questo crea le condizioni ideali per lo sviluppo di alcuni anfibi.

Nonostante questo mancano delle vere e proprie pozze di acqua ferma; questo

rende meno probabile la presenza di alcune specie che invece necessitano di tali

condizioni per poter deporre le uova e svolgere alcune delle funzioni vitali.

Verranno qui di seguito descritte alcune specie di anfibi potenzialmente

frequentatrici della Valle; alcune, di cui si conosce la presenza certa, verranno

trattate in modo più approfondito.

foto: esemplare adulto di Rana temporaria

URODELI

-Salamandra salamandra (salamandra pezzata)

I Distribuzione: Europa centrale, meridionale e orientale; Africa nordorientale e

parte dell'Asia sudorientale. In Val Brunone è certamente la specie di anfibi più

osservata, in quanto già dal mese di febbraio, sono presenti nei torrenti (Brunone

e valletta laterale) i giova girini. Sono stati osservati esemplari adulti nella valletta

laterale. Solitamente si trova soprattutto nelle foreste, in zone collinose o

montuose (fino a 200 m a sud dell'areale, ma è più comune al di sotto degli 800 m

nelle Alpi). Quasi esclusivamente terragnola di ambienti umidi e raramente

rinvenibile in zone lontane dall'acqua. Strettamente notturna, di giorno si incontra

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 109

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Valle Imagna Provincia di Bergamo

frequentemente dopo la pioggia. Si muove molto lentamente. raramente si nutre a

una distanza superiore a qualche metro dal suo rifugio diurno. Eccezionalmente

può essere acquatica alle alte quote. È protetta da un'abbondante secrezione

tossica della cute che irrita la bocca e gli occhi dei predatori: i colori brillanti del

corpo hanno funzione di avvertimento. I piccoli possono venire alla luce

completamente sviluppati alle alte quote e nella maggior parte della penisola

iberica.

-Tritus cristatus ( tritone crestato)

Anfibio diffuso in quasi tutta Europa; lo si può trovare in acqua anche tutto

l’anno, sebbene in molte parti della sua distribuzione, divenga terragnolo al di fuori

della stagione degli amori. La sua presenza in Val Brunone oggi è incerta, in

quanto predilige le acque ferme.

-Tritus vulgaris (tritone punteggiato)

La Valle Imagna e quindi la Val Brunone rientrano nell’areale di distribuzione di

questo anfibio. Ha abitudini più terragnole degli altri tritoni, lo si può trovare in aree

boscose non troppo ombreggiate. Non si hanno segnalazioni certe, ma è

potenzialmente presente.

ANURI

-Bombina variegata (ululone dal ventre giallo)

Diffuso in gran parte dell’Europa meridionale e centrale; in Val Brunone era

sicuramente presenta 20 fa (Salvi I. 2003), attualmente non si ha la certezza che

sia presente all’interno del Monumento; resta il fatto che la Val Brunone ospita le

condizioni per il suo sviluppo. Prevalentemente diurno sebbene spesso attivo

anche di notte, vive in una varietà di ambienti acquatici di solito poco profondi: rive

di fiumi, pozze, piccole sorgenti e perfino nei solchi di pozzanghere.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 110

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Essenzialmente acquatico e spesso socievole, molti si possono trovare insieme in

piccoli specchi d'acqua. Rospo vivace,

-Bufo bufo (rospo comune)

E’ il rospo sicuramente più diffuso in tutta la Lombardia, si trova nella maggior

parte d’Europa ad eccezione di qualche area (Irlanda, Corsica, Sardegna, Baleari,

Malta, Creta). Si trova in una grande varietà di ambienti, spesso piuttosto asciutti.

Prevalentemente notturno, si nasconde durante il giorno in un rifugio abituale ed

esce al crepuscolo. Per la riproduzione necessita di acque ferme, pozze. La sua

presenza in Valle è stata segnalata per l’osservazione di un esemplare (Riva M.;

aprile 2003) ma non per le ovature.

-Bufo viridis (rospo smeraldino)

La Valle Imagna e quindi la Val Brunone rientrano nell’areale di distribuzione di

questo anfibio. Non si hanno segnalazioni ne di individui ne di ovature, ma è

potenzialmente presente.

-Hyla arborea (raganella)

La Valle Imagna e quindi la Val Brunone ospitano le condizioni di sviluppo di

questo anfibio; quindi potenzialmente è presente. Non si hanno segnalazioni certe

della sua presenza all’interno dei confini del Monumento Naturale.

-Rana temporaria (rana rossa)

Molto diffusa in gran parte dell’Europa, è stata avvistata in Val Brunone (valletta

laterale, nei pressi del piccolo torrente; Riva M.; 2003). Principalmente terragnola

spesso si trova in acqua solo durante la stagione riproduttiva o lo svernamento.

Abita una gran varietà di ambienti e può essere incontrata in qualsiasi luogo umido

eccettuate le zone perennemente ghiacciate. Tendenzialmente evita le pianure e

si trova spesso ad alte quote anche fino al limite delle nevi. Segnalato esemplare

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 111

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adulto (valletta laterale, vedere foto), ovature e girini in una pozza del torrente

Brunone (Riva M. 2003).

-Rana dalmatina (rana agile)

Rana molto diffusa in tutta Europa; in Val Brunone si segnala la presenza

(osservate le ovature; Riva M. 2003). Si trova in boschi umidi, prati paludosi etc.

di solito in ambienti molto umidi.

3.8.4 Mammiferi

Per censire questa classe di animali sono state fatti segnalazioni di vario tipo:

osservazioni dirette, raccolta di escrementi, segnalazioni di orme e tracce e

testimonianze verbali di gente del luogo e cacciatori.

ARYTIODACTYLA

-Capreolus capreolus (capriolo)

In Valle Imagna il capriolo è presente, discretamente diffuso, e viene esercitata il

prelievo venatorio di selezione; Cervide ruminante di piccole medie dimensioni (il

maschio è lungo circa 1 m e alto 75 cm ), ha corna brevi poco ramificate e pelame

di colore bruno-rossiccio che, negli esemplari giovani, presenta delle macchioline

chiare. E’ diffuso in gran parte d’Europa e Asia settentrionale; nelle nostre regioni

ha una buona diffusione, nei suoi confronti viene esercitata la caccia di selezione

(anche in Val Brunone). Sono state avvistate escrezioni, erba pressata per il

riposo (stazione B15; Riva M.; 2003). La sua presenza in Valle è confermata da

cacciatori del luogo (Salvi I., Gotti G.; 2003)

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RODENTIA

-Myoxus glis (ghiro)

Roditore lungo circa 16 cm più 13 di coda, dalla pelliccia girgia con parti inferiori

bianche. Buon saltatore e arrampicatore, vive in buona parte dei boschi lombardi;

ha abitudini crepuscolari e notturne e si nutre di semi, frutta, uova, insetti e piccoli

uccelli. Subisce un prolungato letargo. In Val Brunone è presente nei pressi dei

boschi di conifere; tracce di nutrizione (pigne mangiate) lo confermano (Riva M.;

2003).

-Sciurus vulgaris (scoiattolo)

Roditore ottimo arrampicatore con zampe posteriori atte al salto; lungo 25 cm

più 20 di coda, ha pelliccia fulva e abita i boschi di gran parte dell’Eurasia, si nutre

di semi, uova, nidiacei ecc. In Val Brunone sono molto diffusi i segni e le tracce

che questo animale lascia (Riva M.; 2003), come i gusci delle nocciole spezzati a

metà o irregolarmente spaccati, oppure le pigne di abete rosso con le scaglie

strappate in modo regolare e uniforme.

-Apodemus sylvaticus (topo selvatico)

Ratto lungo circa 15-20 cm, diffuso in buona parte della Lombardia, si nutre di

piccoli frutti, uova, insetti, lombrichi: in Valle sono molto diffusi le nocciole con un

foro circolare, testimonianza certa della sua presenza.

-Rattus rattus (ratto nero)

Conosciuto anche come Ratto comune è lungo circa 20 cm con 22 cm di coda;

Con abitudini gregarie, ha una dieta onnivora e sono assai voraci. Non si hanno

segnalazioni ma in Valle è potenzialmente presente.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 113

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INSECTIVORA

-Talpa europea (talpa)

Insettivo dal corpo tozzo (lungo circa 17 cm) ha una pelliccia scura e lucida,

naso nudo, zampe provviste di robusti unghielli, atti a scavare. Ha vista ridotta e

odorato molto sviluppato. Vive in galerie scavate in terreni sofici e ricchi di

lombrichi, insetti e larve. In Italia è diffusa soprattutto al Nord. In Valle Imagna è

presente pressoché ovunque e la sua presenza è segnalata dai cumuli di terra che

lascia nei prati. In Val Brunone è stata rinvenuta una talpa deceduta in

corrispondenza dell’imbocco della valletta laterale (Riva M. 2003), e nei pressi di

una prato su versate sinistro sono presenti cumuli di terra che testimoniano a sua

presenza.

-Erinaceus europeus (riccio europeo)

Roditore molto diffuso, lungo circa 20-25 cm, ricoperto da aculei spinosi, ha

abitudini notturne, si nutre di insetti e piccoli frutti.Nei pressi delle strade limitrofe al

Parco sono stati avvistati alcuni esemplari di riccio investiti dalle macchine in

transito. (2000/03, Riva M.). La Val Brunone è nell’areale di distribuzione dei

seguenti roditori: Sorex araneus (toporagno comune)Sorex minutus (toporagno

nano), Crocidura leucodon (crocidura ventrebianco), Crocidura suaveolens

(crocidura minore). Nonostante non si abbiano avuto segnalazioni certe, si può

ritenere che esse siano presenti in Valle.

LAGOMORPHA

-Lepus eurpaeus (lepre)

In Val Brunone la lepre è presente; è stata segnalata da alcuni cacciatori che ne

effettuavano il prelievo venatorio; escrementi di lepre sono state rilevati in Valle

(Riva M.; 2003). Roditore dei leporidi con corpo allungato (ca 65 cm), lunghe

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 114

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orecchie, zampe posteriori molto più lunghe di quelle anteriori; mantello bruno-

giallastro folto e morbido. Si nutre di vegetali e vive in boschi e campi in gran parte

della Lombardia; molto prolifica, partorisce piccoli già ricoperti di pelo e in grado di

correre.

CARNIVORA

-Martes foina (faina)

Carnivoro dei mustelidi, con pelliccia bruno-griagiastra e macchia bianca alla

gola è lunga circa 70 cm di cui 25 di coda. Ha abitudini crepuscolari e notturne, si

ciba di uova, topi, uccelli. La faina è stata segnalata due volte nel 2003 lungo la

strada che porta a Berbenno: un esemplare adulto, dopo la villa Baracchi (Riva

M.luglio, 2003), e un giovane esemplare morto, investito da una macchina, nel

tratto dopo Capassero (Gotti G. agosto, 2003). Inoltre sono stati osservati

escrementi in varie zone del Monumento (Riva M.; 2003).E’ diffusa nelle aree

boscose di buona parte delle prealpi Bergamasche.

-Vulpes vulpes(volpe)

Canide presente in Valle (Gotti G., Salvi I.2003), lungo circa 65 cm più 40 cm di

coda, dalla pelliccia fulva (parti inferiori bianche) molto folta, morbida; corpo e

muso allungati, orecchie a punta, coda con apice bianco. Abile cacciatrice, si nutre

di piccoli di mammiferi, uccelli, uova, frutti e bacche. Abita le zone boscose e di

notte è stata avvistata nei pressi di centri abitati in cerca di cibo. In Valle sono stati

avvistai segni di escrezioni (Riva M.; 2003).

-Marte martes (martora)

E’ stata vista in località “Balude” (Berbenno) negli anni ottanta; non si

conoscono altre segnalazioni. Carnivoro con corpo snello e pelame bruno-

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 115

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giallognolo, con una macchia più chiara sul petto. Vive nei boschi, dove da la

caccia a scoiattoli, ghiri, lepri e uccelli. Potenzialmente presente in Valle.

-Mustela nivalis (donnola)

Mustelide carnivoro lungo circa 25 cm, con corpo allugato, arti brevi, pelame

bruno-rossiccio, bianco nelle parti inferiori. Vive solitamente in prati, campi e

boschi radi. Si ciba di piccoli mammiferi, ratti, gallinacei e altri uccelli e uova. Ha

abitudini notturne. Nei pressi della Val Brunone è stata avvista una tana con

cuccioli in località “Gorlongo” (sotto Berbenno) nel 2002 e in boschi vicino a

Blello nel 2001 (Gotti. G.). Avvistate escrezioni in Valle (Riva M.; 2003)

-Meles meles (Tasso)

Mustelide lungo circa 60 cm più 15 cm di coda, con pelliccia folta grigia e

superiormente percorsa da una fascia bianca e nera; muso appuntito e zampe

anteriori munite di unghielli scavatori. Ha abitudini crepuscolari e notturne, in Val

Brunone ne sono stati avvistati alcuni esemplari in orari serali; è possibile pensare

che la tana si all’interno del confine del monumento (Salvi I. 2003). In Valle è

presente, ma non si sa quanti esemplari (Salvi I. 2003); Avvistate escrezioni in

Valle (Riva M.; 2003); nel 1997 è stato segnalato un esemplare investito nei pressi

della località di Ceresola (Gotti G.; 2003).

CHIROTTERA e ITTIOFAUNA

Per quanto concerne i chirotteri e l’ittiofauna del torrente Brunone, non

disponendo di documentazioni e dati rilevanti, si è preferito omettere la parte

dedicata a questi animali.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 116

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3.8.5 Uccelli

Di seguito vengono elencate, con relativo commento, le specie ritenute

nidificanti o probabili come tali, stanziali e quelle di passo, che frequentano

abitualmente l’areale della Val Brunone. Per tali osservazioni sull’avifauna della

zona mi sono servito dei dati raccolti nel 2001 e 2002 da Roberto Rota (Comunità

Montana della Valle Imagna),che ha censito esemplari di passo presso la

stazione di prelievo “Roccolo degli Zois“ (Comune di Blello), delle testimonianze

di tre cacciatori nonché conoscitori esperti della zona (Gotti G., Riva L., Salvi I.) e

delle segnalazioni del sottoscritto.

Nella seguente descrizione si vogliono dare informazioni per inquadrare la

specie dal punto di vista della distribuzione, dell’habitat ideale e della sua

alimentazione; per i caratteri descrittivi, morfologia e identificazione si rimanda a

testi e manuali specialistici.

Averla piccola (Lanius collurio)

Specie nidificante migratrice (Riva L.; 2003), diffusa in gran parte d’Europa e

Asia; sverna nell’Africa tropicale e meridionale. Vive nei pressi dei filari alberati,

boschetti e in zone incolte; si nutre di insetti.

Averla capirossa (Lanius senator)

Specie nidificante e migratrice (Riva L.; 2003); è distribuita in Europa

meridionale, Africa nord-occidentale, Asia minore; sverna nell’Africa occidentale

tropicale. Vive in terreni aperti e asciutti, raramente nei grandi boschi, la si può

trovare in Val Brunone ma non oltre i 700-800 metri di altitudine. Si nutre

prevalentemente di insetti.

Balia nera (Ficedula Hipoleuca ; passeriforme, muscicapidi)

Specie migratrice, si trova in Europa settentrionale e centrale, Siberia

occidentale, Africa Nord-occidentale, sverna in Africa tropicale.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 117

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Diffusa nei boschi cedui spesso vicino all’acqua, ma anche nei boschi di

conifere. Si nutre di insetti: ditteri, lepidotteri, emitteri e loro larve, ortotteri,

coleotteri, millipedi e qualche mollusco.

Beccafico (Sylvia borin; passeriforme, silividi)

Specie migratrice, distribuita in gran parte dell’Europa (tranne le zone più

meridionali), in Siberia occidentale; migra nell’Africa tropicale e meridionale. Vive

in boschi misti con abbondante sottobosco; si nutre di insetti, larve, frutti e bacche

d’autunno. Si riproduce verso fine maggio e i primi di giugno.

Capinera (Sylvia atricapilla; passeriforme, silividi)

Specie migratrice e nidificante nelle nostre zone; La sua distribuzione ricopre

gran parte dell’Europa, Africa settentrionale e Asia minore. Sverna in Africa e in

Europa meridionale. Predilige i boschi e le radure con fitto sottobosco, rovi, e con

alberi sempreverdi. Si nutre di insetti, frutti e bacche.

Cardellino (Carduelis carduelis)

Stanziale e nidificante in Valle Imagna (Riva L. e Gotti G.; 2003), è diffuso in

Europa Africa nord-occidentale e Asia occidentale; le popolazioni più settentrionali

migrano verso sud durante l’inverno. Si nutre di semi ma anche di insetti.

Cesena (Turdus pilaris, passeriforme, turdidi)

Specie migratrice, si trova dall’Europa settentrionale all’Asia settentrionale.

Sverna nell’Europa occidentale e meridionale, ma talvolta anche sul luogo di

nidificazione. Il suo habitat preferito sono i boschi di betulle e pini, abeti rossi

vicino a prati aperti. Sverna in aperta campagna dove si nutre di bacche, ma

anche di insetti, ragni e vermi.

Cincia bigia (Parus palustris, passeriforme, paridi)

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Specie locale; diffusa in Europa settentrionale, centrale e occidentale e

Inghilterra; predilige boschi di querce, boschi cedui e si adatta sia a zone umide

che secche. Si nutre di principalmente di insetti: coleotteri, imenotteri e loro larve;

bacche di frassino e di agrifoglio.

Cincia mora (Parus ater, passeriforme, paridi)

Specie migratrice e nidificante (Gotti G.; 2003) diffusa in Europa, Asia, Africa

nordoccidentale. Predilige boschi di conifere e misti. Si nutre di semi di conifere e

di altri alberi, cereali e insetti.

Cinciallegra (Parus major, passeriforme, paridi)

Specie locale, sverna nel luogo di nidificazione; è molto diffusa in Europa ma

anche in Asia e Africa nordoccidentale; predilige boschi misti, giardini e siepi. Si

nutre soprattutto di insetti: afidi,coleotteri, piccole farfalle e molluschi ma anche

sostanze vegetali come semi, erbe, cereali e piccoli frutti.

Cinciarella (Parus caeruleus, passeriforme, paridi)

Specie locale, sverna nel luogo di nidificazione. Diffusa in Europa, Asia minore,

Africa nordoccidentale, vive in boschi misti, siepi e giardini. Si nutre di insetti,

larve, piccoli frutti.

Civetta (Athene noctua, strigiformi, strigidi)

Specie stanziale ma anche migratrice (Gotti G.; 2003); diffusa nelle zone

temperate e meridionali d’Europa, dell’Africa settentrionale e in Asia, dalle coste

mediterranee fino a quelle pacifiche della Siberia e verso il sud dell’Arabia.

Predilige ambiente di aperta campagna, si nutre di piccoli roditori, uccelli, rettili,

insetti e lombrichi.

Codibugnolo (Aegithalos caudatus, , passeriforme, paridi)

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Specie locale, verna nel luogo di nidificazione; si trova in Europa, Asia. Predilige

boschi e fitti boschetti sia giovani che da taglio; anche d’inverno vive nei boschi. Si

nutre principalmente di piccoli insetti, pidocchi delle piante, bruchi, coleotteri ma

anche ragni e altri invertebrati.

Codirosso (Phenicurus phoenicurus, passeriforme, turdidi)

Specie migratrice, sverna in Africa e in Arabia, fuori dal confine del Monumento

sono state segnalate delle nidificazioni (Gotti G.; 2003). Diffusa in Europa

occidentale e centrale, Nord Africa, Siberia, Asia minore e Vicino Oriente.

Abitualmente nidifica in boschi cedui, parchi, mentre in inverno vive in terreni

cespugliosi e giardini. Si nutre essenzialmente d’insetti.

Colombaccio (Columba palumbus)

Specie stanziale in Valle (Riva L.; 2003), distribuita in Europa, ad eccezione

delle zone più settentrionali, Asia occidentale e meridionale, Africa occidentale.

Può essere stanziale o di passo, in Val Brunone è stanziale. Vive in zone più o

meno alberate dove vi siano boschi, boschetti ma anche piantagioni. Si nutre di

sostanze vegetali come semi, frutti, bacche e occasionalmente vermi e insetti.

Crociere (Loxia curvirostra, passeriforme, fringillidi)

Specie migratore, nidificante (Gotti G.) Specie diffusa in Europa, Asia, Africa

nordoccidentale, America settentrionale e meridionale. Predilige boschi e

piantagioni di conifere, soprattutto abeti, ma anche larici e pini. Si nutre di semi di

abeti, pini e larici, ma anche di semi, di frutta, semi di biancospini, d’edera,

pidocchi delle piante, bruchi, piccoli scarafaggi.

Cuculo (Cuculus canorus, cuculiformi, cuculidi)

Specie nidificante e migratore; sverna in Africa tropicale e meridionale distribuito

in Europa, Asia, Africa. Nel periodi delle cove vive in boschi e terreni cespugliosi,

oppure in terreni aperti e privi di alberi. Sverna per lo più in terreni cespugliosi. Si

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nutre essenzialmente di insetti. E’ un uccello parassita e depone le uova in nidi di

altre specie. In Valle è stato più volte segnalato (Riva M.; 2000/2003)

Fagiano (Phasianus colchicus, galliformi, fasianidi)

Specie locale di cui si ha documentazione fotografica nei pressi delle sorgenti

sulfuree; è diffusa in quasi tutta Europa, a eccezione dell’Islanda, della

Scandinavia settentrionale, penisola iberica sudoccidentale, dell’Italia meridionale

e insulare e Grecia meridionale. E’originario dell’Asia paleartica meridionale.

Predilige zone boscose o parzialmente coltivate, colline con querce, castagne e

abeti, ma lo si trova spesso in aperta campagna in filari, campi umidi con giunchi e

cannetiLa sua dieta è molto varia: ghiande, nocciole, bacche, semi, foglie di una

vasta varietà di piante, cereali, legumi e insetti vari. Negli ultimi 20 anni il fagiano

è oggetto di numerosi ripopolamenti a scopo venatorio; gli esemplari allevati e poi

immessi in natura sono spesso inadatti alle condizioni selvatiche.

Fioraccino (Phasianus colchicus, passeriforme, silividi)

Specie migratrice, il fioraccino è diffuso in Europa centrale e occidentale,

Mediterraneo e sue isole occidentali, Nord-Africa. Preferisce un habitat con

vegetazione bassa, marcite, zone umide, ma si trova anche in parchi spesso vicini

a zone abitate. Si nutre di piccoli insetti e loro uova, afidi, ma anche ragni e loro

uova.

Fringuello (Fringilla coelebs, passeriforme, fringillidi)

Specie migratrice e stanziale; diffusa in Europa, Asia, Africa nordoccidentale. Le

popolazione settentrionali (Valle Imagna) svernano nella zona mediterranea.

Predilige boschi misti, zone coltivate spesso abitate, sia in pianura che in

montagna. Si nutre di sostanze vegetali (75%) vale a dire di semi di erbe e alberi;

predilige semi oleosi o ancora molli e la polpa di alcuni frutti.

Frosone (Coccothraustes coccothraustes, passeriforme, fringillidi)

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Specie migratrice; è diffusa in Europa occidentale fino al Giappone

settentrionale, a sud fino all’Asia minore, Caucaso, Iran settentrionale e

Afghanistan settentrionale. Vive in boschi misti, parchi e frutteti; si nutre di una

gran varietà di alimenti quali: noci, mandorle, noccioli di ciliegie, olive, susine,

bacche di biancospino e non disdegna giovani germogli, verdura tenera e gli

insetti.

Gheppio (Falco tinnunculus, falconiformi, falconidi)

Specie migratrice e nidificante. Diffuso in gran parte d’Europa, si sposta dalle

zone settentrionali in quelle centrali e occidentali, ma anche nelle regioni

mediterranee e in Africa. Vive in vari ambienti, dai terreni coltivati a quelli aperti,

nei pressi di paludi e stagni, sulle colline e coste rocciose.

Gufo (Asio otus, strigiformi, strigidi)

Può essere stanziale, di passo o migratore. E’ diffuso in Europa, Asia centrale,

compie notevoli spostamenti verso ovest e sud-ovest. Predilige foreste di conifere

ma si adatta molto bene ai boschi misti. Si nutre di piccoli mammiferi, uccelli e

insetti. Nei pressi di Berbenno (Via Europa) nel 2002 è stato segnalato un nido

vicino a delle abitazioni (Gotti G.; 2003).

Lucherino (Carduelis spinus, , passeriforme, fringillidi)

Specie migratrice. E’ diffusa in Europa, Siberia occidentale, Asia minore e

orientale; sverna nell’Europa occidentale, nell’Africa nord-occidentale, nell’Asia

centro-meridionale. Predilige boschi a ontani, a conifere e betulle. Si nutre

soprattutto di semi di conifere e di olmi.

Lui' piccolo (Phylloscopus collybita, passeriforme, silividi)

Specie migratrice, nidificante possibile; diffuso in Europa occidentale e centrale,

si spine fino in Asia e isole Canarie. Sverna in Africa settentrionale, nel

Mediterraneo orientale, nell’Asia occidentale, Arabia e nell’India. Nidifica in boschi

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sempreverdi o boschetti cedui, con ricco sottobosco; sverna in zone aperte. Si

nutre di larve, ragni, insetti.

Merlo (Turdus merula, passeriforme, turdidi)

Specie nidificante certo, migratore, sedentario; è diffuso in gran parte d’Europa

ad eccezione delle regioni più settentrionali, in Asia minore, e Africa nord-

occidentale. Predilige boschi con sottoboschi fitti, giardini ma anche zone coltivate.

Si nutre di sostanze animali e vegetali: frutta, bacche, semi, insetti, vermi,

coleotteri, lepidotteri, molluschi.

Merlo acquaiolo (Cinclus cinclus)

Specie diffusa in Europa, in Asia minore e Asia Centrale, sverna nel luogo di

nidificazione, in Valle Imagna è stanziale (Riva L.; 2003). Vive presso le acque

molto correnti e fiumi, sulle rive basse dei laghi, in collina e in montagna; d’inverno

raggiunge occasionalmente le coste. Si nutre principalmente di sostanze animali.

Nocciolaia (Nucifraga caryocatactes, passeriforme, corvide)

Specie migratrice; è diffusa nelle zone montuose dell’Europa e dell’Asia in

corrispondenza di foreste di conifere e foreste miste. Al di fuori del periodo

riproduttivo può trovarsi in altri ambienti, quali le foreste decidue. Si nutre di semi

di conifere, ma anche bacche, semi, piccoli uccelli.

Peppola (Fringilla montifringila, passeriforme, fringillidi)

Specie migratrice ma anche nidificante (nido vicino a Caberardi, Gotti G.; 2003);

è diffusa in Europa, Asia settentrionale, sverna nelle zone meridionali del suo

areale, in boschi di betulle e nei terreni coltivati; nidifica tra le betulle e le conifere,

generalmente negli spiazzi e nei boschi. Durante l’inverno si nutre di semi di erbe,

grano, frumento, bacche; nelle altre stagioni, larve di lepidotteri e insetti con cui

sono nutriti anche i piccoli.

Pettirosso (Erithacus rubecula, passeriforme, turgidi)

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Specie potenzialmente sedentario, migratore, nidificante, ed erratico d’inverno

E’ diffuso in gran parte d’Europa, in Asia minore, può svernare nelle zone del

Sahara, Egitto, Iran, e Iraq. Nidifica per lo più in foreste ricche di sottobosco,

anche tra le conifere ma anche tra le abitazioni. Si nutre principalmente di insetti.

Picchio muratore (Sitta europea, passeriforme, sittidi)

Specie nidificante; diffuso in Europa, Asia nord-occidentale, Africa nord-

occidentale. Prediligi habitat con vecchi alberi cedui nei boschi. Si nutre

soprattutto di insetti ma anche di semi. A qualche chilometro dai confine del parco

è stato segnalato un picchio muratore (Gotti G.2003).

Picchio nero (Dryocopos martius, piciforme, picidi)

Potenziale nidificante, sedentario, distribuito in tutta la regione paleartica,

Europa orientale e con qualche apparizione in Spagna, Francia; manca in Africa

settentrionale dove pare nidificasse quando esistevano i boschi. Predilige foreste

di conifere mature nelle regioni settentrionali o in montagna, ma si adatta anche a

boschi purché maturi. Si nutre di insetti del legno, e delle loro larve, ma anche di

formiche e vermi. A Berbenno segnalata la sua presenza in località Foppo (Gotti

G.; 2003).

Rampichino (Certhia brachydactyla, passeriforme, certidi)

Specie migratrice qui nidificante (Riva L. e Gotti G.; 2003); diffusa in Europa,

Africa nord-occidentale, Asia minore. La si può trovare in boschi cedui, giardini

alberati, frutteti e parchi, si nutre principalmente di sostanze animali come afidi,

coleotteri, imenotteri, ditteri e larve,, bruchi e piccoli molluschi. Semi in genere in

piccola quantità.

Passera scopaiola (Prunella modularis, passeriforme, prunellide)

Specie migratrice; diffusa in Europa settentrionale e centrale, Asia minore;

sverna sul luogo di nidificazione. Nel periodo della riproduzione vive in ambienti

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abbastanza vari come giardini, boschi con fitto sottobosco, cataste di legna e

siepi. Si nutre in inverni di semi mentre nelle altre stagioni predilige insetti, ragni e

vermi.

Piro piro piccolo (Tringa hypoleucus, caradriforme, scolopacide)

Specie potenzialmente nidificante, migratrice è diffuso in Europa, Asia e sverna

nella zona mediterranea e in Africa, eccezionalmente nell’Europa occidentale.

Nidifica di preferenza presso fiumi con corrente rapida, torrenti e laghi. Si nutre di

aracnidi, molluschi, crostacei e vermi.

Poiana (Buteo buteo, falconiforme, accipitride)

Specie migratrice ma nei pressi del monumento naturale è sedentaria; diffusa in

Europa escluse le zone settentrionali, in Asia e nelle isole atlantiche. Nella

stagione della riproduzione frequenta colline scarsamente alberate, zone

montuose e coste rocciose, in altri periodi si sposta in terreni alberati con terreno

aperto. Si nutre principalmente di uccelli, mammiferi e rettili. In Valle sono stanziali

due esemplari, più volte osservati (Riva M.; 2003)

Prispolone (Anthus trivialis, passeriforme, motacillide)

Specie migratrice, diffusa in Europa, Asia; sverna in Africa a sud del Sahara e

nell’Asia settentrionale. I suo habitat naturale sono le lande e le torbiere, radure di

boschi con alberi sparsi e cespugli, terreni secchi e soleggiati; in montagna si

spinge fino ai 2000 metri. Si nutre soprattutto di insetti.

Regolo (Regulus regulus, passeriforme, silvide)

Specie migratrice e svernante; diffuso in Europa ad eccezione delle zone più

meridionali e settentrionali, Asia paleartica e Azzorre. Si trova in boschi di conifere

e misti; d’inverno anche nel sottobosco, lungo le siepi e nei parchi. Si nutre di uova

e larve d’insetti, crisalidi e bozzoli.

Smeriglio (Falco columbarius, falconiforme, falconide)

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Specie migratrice diffusa in Europa settentrionale, Asia centrale, America

settentrionale; i nidificanti nell’Europa settentrionale svernano nelle zone

mediterranee, nell’Europa centrale e in Africa settentrionale. Nidifica nei terreni

paludosi, colline, e dune costiere. Si nutre di piccoli mammiferi, uccelli e insetti.

Spaviere (Accipiter nisus, falconiforme, accipitride)

Specie migratrice ma sverna sovente anche nei luoghi di nidificazione; diffusa in

gran parte d’Europa a accezione delle zone più a settentrione, in Asia paleartica e

Africa nord-occidenale. Predilige boschi fitti, particolarmente di conifere ma anche

misti e zone coltivate. Si nutre principalmente di uccelli o di piccoli presi dai nidi,

piccoli mammiferi, insetti e anche sostanze vegetali. Eccezionalmente le rane. La

sua presenza in Valle può essere occasionale.

Scricciolo (Troglodytes troglodytes, passeriforme, trogloditide)

Specie migratrice, svernante, e potenzialmente sedentario. Diffuso in Europa,

Asia, Africa, nord-occidentale,America settentrionale; può svernare sul luogo di

nidificazione. Vive nei pressi di cespugli, terreni coltivati, nei pressi dei corsi

d’acqua, e nei boschi misti. Si nutre di insetti, ragni, semi.

Stiaccino (Saxicola rubetra, passeriforme, turdidi)

Specie migratrice, sverna in Africa tropicale è diffuso in gran parte d’Europa,

Asia minore settentrionale. Nidifica in terreni aperti con pochi cespugli sparsi,

vicino a paludi e stagni.

Succiacapre (Caprimulgus europaeus, caprimulgiforme caprimulgide)

Specie migratrice la cui presenza in Valle può essere occasionale; sono stati

osservati esemplari nei pressi di Fuipiano e a Blello (Rota R.) sverna in Africa

orientale e meridionale; è diffusa in Europa tranne le zone più settentrionali, in

Asia, in Africa nord-occidentale. Nidifica in boschi decidui o di conifere, in radure,

lande e terreni aridi; sverna in terreni cespugliosi. Si nutre di insetti predati al volo.

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Tordo sassello (Turdus iliacus, passeriforme, turgidi)

Specie migratrice, sverna in Europa centrale e meridionale e in Asia sud

Occidentale e nelle isole Britanniche; è diffusa in Europa settentrionale, verso est,

la Siberia, fino al lago Bajkal. Nidifica nei boschi e sberna nei prati aperti. Si nutre

di vermi, molluschi, insetti e bacche.

Tordo bottaccio (Turdus philomelos, passeriforme, turgidi)

Specie migratrice; è diffuso in Europa e si sposta verso est, attraverso la Siberia

occidentale, fino ai territori del lago Bajkal, e in Asia minore. Predilige macchie

boscate con sottobosco, giardini, siepi e boschetti preferibilmente vicino a luoghi

abitati. Si nutre di vermi e molluschi, insetti ma anche di frutta e semi.

Verdone (Cardueli chloris)

Specie stanziale e nidificante (Riva L. e Gotti G.; 2003). Diffusa in Europa, Asia,

Africa Nord-occidentale . Solitamente sverna nel luogo di nidificazione ma le

popolazioni più settentrionali, durante l’inverno, nell’Europa centrale e occidentale

e nella zona mediterranea. Vive in parchi e campagne alberate ma anche nei

pressi cespuglieti, giardini. Si nutre soprattutto di semi.

Zigolo mucciato (Emberiza cia, passeriforme, emberizide)

Specie migratrice diffuso in Europa meridionale, Africa nord-occidenale e Asia

paleartica meridionale. Predilige ambienti come fianchi rocciosi delle montagne,

spesso su alberi e cespugli ma raramente nelle folte foreste. Si nutre

principalmente di semi ma anche di vermi e insetti.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 127

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3.9 ELENCO FOTO (all’interno del CD: cartella FOTONATUR)

FOTO AMBIENTI

- a1: affioramento roccioso nel fondo valle, stazione B22

- a2: vista superiore della cascata, stazione B28, in corrispondenza del bivio

- a3: torrente Brunone prima della stazione B7 (forra)

- a4: lavatoio sulla strada di Ca Berardi

- a5: valletta laterale, zona abetone, staz. L4

- a6: sentiero in costa, staz. B15

- a7: ritrovamento di un pesce fossile (G. Gervasutti )

- a8: ritrovamento di un pesce fossile (G. Gervasutti )

- a9: tratto del torrente Brunone tra staz. B22 e B12 (Vitali e Gervasutti)

- a10: vista panoramica dalla cascina in staz. B3 (area didattica)

- a11: area sorgenti solfuree

- a12: affluente secondario del torrente Brunone, prima di B7

- a13: forra, stazione B7 vista da sotto

- a14: casa del Salice, staz. B24

- a15: affluente secondario del torrente Brunone

- a16: sorgenti solfuree viste dall’alto

- a17: sorgenti solfuree visione frontale

- a18: travertino ricoperto da muschi, prima della forra, sotto staz. B7

- a19: cascata del torrente Brunone tra B7 e B22

- a20, a21, a22: tratto del torrente Brunone tra B7 e B22

- a23: sorgenti solfuree viste dall’alto

- a24: sorgenti solfuree visione frontale

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 128

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- a25: casa del Salice, staz. B24

- a26: prato della villa Baracchi (Bel Coster)

- a27: madonnina sulla strada di Ca Berardi

- a28: cascata sorgenti solfuree

- a29: sorgenti solfuree visione frontale

- a30: sorgenti solfuree viste dall’alto (foto B/N)

- a31: sorgenti solfuree vista laterale (foto B/N)

- a32: cascata di travertino, Bivio, staz. B28

- a33: affioramento calcareo, staz. B2

- a34: composizione fotografica, strato arboreo e arbustivo

FOTO AMBIENTI INVERNO

- ai1: abetina di Cà Salvi, stazione L6

- ai1*: abetina di Cà Salvi, stazione L6

- ai6: abetina, visione dal basso

- ai7: torrente in valletta laterale nei pressi dell’abetina L6

- ai8: abetina di Cà Salvi, stazione L6

- ai9: sifone acqua sorgica, staz. B11

- ai11: cartello della Provoncia (A.T.C.) staz. L1

- ai12: campo sportivo di Ponte Giurino

- ai13: cascata torrente Brunone prima della staz. B7

- ai14: forra, presenza di ghiaccio, staz. B7

- ai15: seconda cascata di travertino nella valletta laterale

- ai16: valletta laterale tra stazione B7 e B22

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 129

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- ai17: forra, staz. B7

- ai20: cascata torrente Brunone prima della staz. B7

- ai21: croce tra sorgenti e forra

- ai22: sottobosco fiorito

- ai23: tratto del torrente Brunone tra sorgenti e forra

- ai24: tratto del torrente Brunone, casa del Salice staz. B24

- ai25: tratto del torrente Brunone, tra sorgenti e forra

- ai26: tratto del torrente Brunone, tra sorgenti e forra

- ai28: affioramento calcareo con stalattiti di acqua ghiacciata

- ai29: ghiaccio in Val Brunone

- ai30: affioramento calcareo con stalattiti di acqua ghiacciata

- ai32: affioramento calcareo e stalattiti di acqua ghiacciata

- ai33: tratto del torrente Brunone, casa del Salice staz. B24

- ai34: affioramento calcareo con stalattiti di acqua ghiacciata ( st.B2)

- ai35: cascata di ghiaccio e muschi ( casa del Salice)

- ai36: affioramento calcareo con stalattiti di acqua ghiacciata ( st.B2)

- ai38: imbocco della valletta laterale

- ai39: ghiaccio in Val Brunone

- ai42: sorgenti solfuree visione frontale

- ai43: : sorgenti solfuree viste dall’alto (foto B/N)

- ai44: sorgenti solfuree vista laterale (foto B/N)

- ai46: cascata di travertino, Bivio, stazione B28

- ai48: affioramento con ghiaccio

- ai49: valletta laterale

- ai50: stazione L1, visione generale

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 130

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- ai51: valletta laterale

FOTO PANORAMICHE

- bed.1: visione panoramica della Val Brunone da Bedulita

- bed.2: visione panoramica della Val Brunone da Bedulita

- bed.3: visione panoramica della Val Brunone da Bedulita

- bed.4: visione panoramica della Val Brunone da Bedulita

- bed.5: bosco misto della Val Brunone visto da Bedulita

- berb.1: Berbenno visto da Valcava

- berb2: Berbenno visto da Valcava

- panoramImagna: panoramica della Valle Imagna

- torrbrun: foto-composizione che ritrae il torrente Brunone

- prad.1: la Val Brunone vista da Pradegoldi

- prad.2: la Val Brunone vista da Prato del sole

- prad.3: la Val Brunone vista da Prato del sole

- prad.4: la Val Brunone vista da Prato del sole

- prad.5: la Val Brunone vista da Pradegoldi

- prad.6: la Val Brunone vista da Pradegoldi

- prad.7: la Val Brunone vista da Pradegoldi

- val.1: Berbenno e la Val Brunone visti da Valcava

- val.2: panoramica da Valcava

- val.3: panoramica da Valcava

- val.4: panoramica da Valcava

- val.5: la Val Brunone vista da Valcava

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 131

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- val.6: panoramica da Valcava

- val.7: panoramica da Valcava (Berbenno)

- val.8: Berbenno e la Val Brunone visti da Valcava

- val.9: Berbenno e la Val Brunone visti da Valcava

- val.10: panoramica da Valcava

- val.11: panoramica da Valcava

- val.12: panoramica da Costa Imagna

- val.13: panoramica da Costa Imagna

- val.14: panoramica da Valcava

FOTO ZOOLOGIA

- z1: coccinella, prato di Ca Berardi

- z2: coccinella

- z3: coleottero su ranuncolo

- z4: insetti (identificaz. incerta)

- z5: coleottero su ranuncolo

- z6: insetti (identificaz. incerta)

- z7: gambero d’acqua dolce

- z8: gambero d’acqua dolce

- z9: gambero d’acqua dolce

- z10: girino di Salamandra salamandra

- z11: girino di Salamandra salamandra

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 132

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- z12: girino di Salamandra salamandra

- z13: girini di rana temporaria

- z14: girini di rana temporaria

- z15: girini di rana temporaria

- z16: girino di Salamandra salamandra

- z17: coleotteri in riproduzione

- z18: insetto nel prato sotto Ca Berardi

- z19: emittero

- z20: emittero su graminacea

- z21: limaccia (valletta laterale)

- z22: limaccia (valletta laterale)

- z23: rana temporaria (valletta laterale)

- z24: rana temporaria (valletta laterale)

- z25: rana temporaria (valletta laterale)

- z26: rana temporaria (valletta laterale)

- z27: rana temporaria (valletta laterale)

- z28: Talpa europaea (valletta laterale)

- z29: Talpa europaea (valletta laterale)

- z30: teschio di Capreolus capreolus, capriolo (staz. B15)

- z31: Phasianus colchicus (fagiano, stazione B3)

- z32: : Phasianus colchicus (fagiano, stazione B3)

- z33: girino di Salamandra salamandra (foto B/N)

- z34: girino di Salamandra salamandra (foto B/N)

- z36: girino di Salamandra salamandra

- z37: penna di Phasianus colchicus

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 133

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- z38: resti di alimentazione di Sciurus vulgaris (scoiattolo)

- z39: poni ai confine del Monumento (Prato del sole)

- z40: traccia di alimentazione di mammifero carnivoro

- z42: trota (?) nel torrente Brunone

- z43: trota (?) nel torrente Brunone

- z44: ovature di rana agile

FOTO BOTANICA

- bo01: sottobosco in Val Brunone (stazione B23)

- bo02: Poligonatum multiflorum (Sigillo di re Salomone)

- bo03: strato arboreo (frassini e ontani) stazione L3

- bo04: strato arboreo (frassini e ontani) stazione B22

- bo05: ontani

- bo06: vegetazione erbacea nei pressi del torrente della valletta laterale

- bo07: ontani

- bo08: pianta deceduta con mischi e felci, valletta laterale

- bo09: composita (Cirsium vulgare) stazione L2

- bo10: composita (Cirsium vulgare) stazione L2

- bo11: composita (Cirsium vulgare) stazione L2

- bo12: Rosa arvensis

- bo13: Poligonatum multiflorum (Sigillo di re Salomone)

- bo14: vegetazione nei pressi del torrente ai margini della stazione L1

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 134

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- bo15: apice di Picea excelsa

- bo16: Fragaria vesca (fragola comune)

- bo17: fiore di Composita

- bo18: Trifolium pratense

- bo19: Equisetum arvense (equiseto, stazione B24, casa del Salice)

- bo20: Lamium album

- bo21: Phyllitis scolopendium con spore (lingia cervina)

- bo22: Tarassacum afficinalis

- bo23: Fragaria vesca (fragola comune)

- bo24: Leucantheum vulgare (margherita tetraploide)

- bo25: Daucus carota

- bo26: Salvia pratensis (salvia comune)

- bo27: Lotus cornicultaus (ginestrino)

- bo28: Salvia pratensis (salvia comune)

- bo29: Graminacea

- bo30: Ranunculus repens (ranuncolo strisciante)

- bo31: Geranium robertanium

- bo33: Hepatica nobilis

- bo34: Hepatica nobilis

- bo35: Primula vulgaris

- bo36: Hepatica nobilis

- bot14: muschi

- bot15: Helleborus niger

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 135

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Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 139

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4. RELAZIONE

ARCHITETTONICA dott. arch. Marco Offredi

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 140

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4.1 INQUADRAMENTO STORICO GENERALE

Per delineare un quadro della consistenza numerica della popolazione

valdimagnina, si può fare riferimento alla famosa relazione di Giovanni De Lezze

secondo cui, alla fine del secolo XVI, la Valle comprendeva 960 fochi, 4647

persone (anime), delle quali erano considerate utili alle diverse attività solo 980.

Gli altri erano vecchi, donne e bambini. Vi erano inoltre 90 soldati e 44 galeotti

sparsi nei diversi comuni. Interessante anche il numero degli animali.- 208 fra

vacche da latte, manze e buoi, 140 tra muli e cavalli e circa 1400 pecore.

Importanti erano anche i collegamenti che, tramite passi, scendevano in

Valsassina, sul territorio di Lecco e in Val d'Erve, come quelli denominati Porta di

Brumano (1324 m), Bocca d'Erve (1200 m) e Morterone (1534 m).

Il decentramento dell'area può certamente aver facilitato la conservazione degli

elementi caratteristici molto più che in altre zone, ma la dequalificazione possiede

cause molto più sottili e preoccupanti.

Già negli anni Ottanta veniva segnalata la sparizione di molte delle antiche

costruzioni in pietra, quei manufatti che per secoli hanno assunto un ruolo di

architettura per antonomasia, dando vita ad uno stile riconoscibile solo in quelle

zone: muri di pietra e tetti di piöde.

La casa veniva costruita con materiali del luogo, evitando il loro lungo e faticoso

trasporto con impegno di tutta la famiglia e del parentado; una solidarietà che poi

veniva ripetuta anche per altri membri senza nulla domandare in cambio se non il

vitto. Occhi attenti possono ancora riscoprire le depressioni costituite dalle ex cave

di come, ossia pietre calcaree dure, richieste tuttora da molte località della

Lombardia.

Queste forme insediative personalizzate hanno dato così origine ad una

organizzazione puntiforme del territorio, con il caratteristico termine "Cà"' seguito

dal patronimico (Ca' Passero, Ca' Previtali), come è anche dimostrato nelle zone

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 141

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confinanti dall'alta Valle San Martino fino allo sbocco dell'Isola. Nuclei abbarbícati,

uniti gli uni agli altri a testimonianza di una perenne solidarietà familiare, come gli

stessi materiali da costruzione: l'ambiente è perciò l'espressione solenne di una

società, tutto all'opposto di oggi, dove a gruppi umani disgregati corrispondono

altrettanti esempi di aree urbane polverizzate, invivibili e già fatiscenti, nonostante

siano di recente costruzione.

Il caso più evidente è Arnosto, definito uno dei più suggestivi nuclei della Valle,

al tempo della Serenissima il paese costituiva un centro importante, con la

dogana, i servizi amministrativi e di controllo, la fontana e la chiesa.

Da questa zona, posta a mille metri di altitudine, si gode una vista

impareggiabile: nelle belle giornate si scorge il profilo degli Appennini, quelle

creste che gli antichi abitatori locali decisero di considerare la loro nuova méta,

conquistando altri orizzonti e aprendosi ad altre esperienze territoriali. In Arnosto

ritroviamo le caratteristiche costruzioni col tetto a spioventi, suddivise in nuclei e

disposte ad altezze diverse per rispettare l'andamento del terreno. All'interno, al

piano terra, un atrio, la cucina, la cantina e un piccolo ripostiglio; ai piani superiori

erano invece ubicate le camere, preservate così dall'umidità e dagli sbalzi di

temperatura troppo repentini.

In queste case presero forma i primi laboratori artigianali per la lavorazione del

legno e del ferro, quest'ultimo acquistato a Lecco per produrre i famosi chiodi che

facevano concorrenza alla Valsassina.

Passeggiando tra queste strade, nel silenzio più assoluto, sembrano ancora

oggi udirsi i rumori dei mantelli sulle incudini, lo scalpitio degli zoccoli sul selciato

delle ere e il chiacchiericcio della guarnigione veneta, presente dal 1428 al 1727,

che risiedeva nel palazzo della Dogana.

C'è da sottolineare che alcuni aspetti tipologici delle antiche costruzioni . proprie

della Valle Imagna, si ritrovano anche in altre zone concomitanti. E' il caso dei

famosi tetti, eseguiti in lastre calcaree molto spesse, a differenza di quelle in

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ardesia della Valle Brembana. A Quindicina, come a Morteruccio, paesi della Val

Taleggio sulla mulattiera per Baciamorti, le piöde sono state sovrapposte, quasi

impilate, fornendo l'aspetto caratteristica del tetto appuntito, come quelli di Arnosto

o di Corna, arrivando alle pendici del Monte Valcava, fino a Carenno.

Purtroppo ormai poco si è salvato e risulta difficile risalire all'omogeneità di

questa presenza umana che si manifesta solo tramite le opere del vissuto e del

costruito, senza lasciare traccia negli archivi documentari.

Erano l'isolamento delle aree e la diffìcoltà di accesso che servivano da

deterrente alle contaminazioni esterne. Si pensi che la Valle Imagna aveva una

sola strada a fondovalle, cordone ombelicale tra montagna e pianura.

Ritornando alla architettura locale della zona, vanno segnalate quelle

caratteristiche porte rastremate verso il basso dei fienili. La loro diffusione è

propria della Valcava, della Valle Taleggio, della Valle Imagna colla Valle del Riso

in Val Seriana.

Molti si sono cimentati nel tentativo di spiegare il significato di un apertura così

anomala rispetto alla normale e ormai consolidata sezione rettangolare.

Il rapporto con i fienili sembrava indicare la necessità di appoggiare la gerla di

fieno agli stipiti rientranti per poi scaricarlo all'interno L'apertura superiore

maggiore facilitava il passaggio del gerlo, mentre quella inferiore, più stretta,

permetteva di fare passare solamente le gambe del contadino. Le spiegazioni più

comuni di queste soluzioni venivano così riassunte: facilità di contrastare pesi

notevoli Scaricando la gerla senza doverla togliere ogni volta dalle spalle durante il

trasporto del fieno nel fienile;contenimento termico degli ambienti per far entrare

meno aria;barriera contro l'ingresso nel fienile di animali come muli, cavalli e

mucche per salvaguardare il prezioso raccolto.

La creazione di una sagoma a T, così anomala, ha comportato sicuramente

complesse riflessioni di tipo esecutivo, con aggiunte di incastri utilizzando masselli

di castagno non regolari, fatti poco consoni alle comunità povere.

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La presenza così circoscritta di questo tipo di apertura suggerìsce una

tradizione limitata a queste zone all'interno di una comunità autarchica, come lo

sono state quelle citate in precedenza.

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4.2 L’ARCHITETTURA RURALE

PREMESSA

All’interno della Valle Brunone sono stati censiti un limitato numero di edifici,

parte dei quali in avanzato stato di degrado o con supperfettazioni e pertanto non

possono esaurire il tema della tipologia costruttiva tipica di quest’area geografica;

si è quindi analizzata un’area più vasta del territorio della Valle imagna, alla ricerca

di quelle tipologie edilizie che possano rappresentare i punti di riferimento per

un’analisi sull’architettura rurale all’interno della Valle Brunone.

Una attenzione in particolare va data alle singole abitazioni. In particolare sono

entità legate sia all’alpeggio che al ricovero degli animali da latte o rifugio per le

famiglie. Sono situati quasi tutti nel versante settentrionale più esposti al sole e

possono avere subito nel corso dei secoli delle modificazioni sostanziali. Ci sono

casi nella vicina Valsassina e in Valle Imagna che risalenti al seicento si sono

trasformati da dimore permanenti ad alpeggi per l’abbandono degli abitanti degli

stessi, una volta spostati nel vicino centro.

Il problema della Valle Imagna poi è singolare. Ogni elemento concorre a creare

ipotesi, stupore, rimandi ancestrali, anomalie critiche e storiche. Questa zona di

confine è una conca pressoché integra e, per le asperità naturali che la

contraddistinguono, ha conservato fino a pochi anni fa tutti gli ingredienti per

rivelarsi fucina di studi antropologici.

Nella Valle Imagna i processi storici sono unificati dagli aspetti sostanziali del

territorio e possono riportarsi a comune denominatore in alcune manifestazioni

umane, come il costruito. Nell'alta Valle San Martino, ad esempio, esistono nuclei

rurali di collina completamente inusitati, scambiati genericamente per cascine".

Accomunati da una tipologia chiusa e compatta, risultano essere insediamenti

derivanti dalla disposizione di castellieri celto-gallici, posti come controllo

puntiforme del primo territorio antropizzato; la dislocazione a valle dei percorsi ha

favorito il mantenimento nel tempo delle loro caratteristiche. Non a caso, la zona

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compresa tra Sant'Agostino d'Adda, la Riviera di Pontida e Palazzago confina con

una vasta area della Terra d'Imagna, soggetta ad antichi e assai frequentati passi

individuati nel Monte Tesoro (1432 m), nel Monte Albenza (1418 m) e nel Monte

Linzone (1392 m).

Ma per trovare maggiori conferme agli influssi di queste ataviche presenze

basterebbe ricordare le costruzioni che si dispongono lungo i fianchi scoscesi e

aridi della Valcava, case e fienili che costellano l'arco montano di Carenno, tramite

i rapporti intensi e l'occupazione delle zone alte del territorio facilitati dal

consolidato Passo del Pertus (pertugio) (1193 m), fino a La Passata (1244 m) che

metteva in collegamento la zona alta della Valle Imagna con Erve.

Queste case in pietra, compatte, raccolte a grappoli nelle zone più impervie, con

i caratteristici tetti in lastre di pietra calcarea a falde fortemente inclinate,

contrastano nettamente con le costruzioni appena sottostanti, quelle che fanno

chiaramente parte di un altro adattamento stanziale, quello lacustre, meno severo,

più blando, manifestazione di più culture sovrapposte e meno evidenti nelle loro

scelte funzionali.

Entriamo qui in un discorso molto complesso che dovrebbe coinvolgere aspetti

sociali più ampi come quelli legati alla pregnante presenza di una cultura celtica

non ancora del tutto considerata a fondo e alle conseguenti difficoltà incontrate dal

Cristianesimo, rispetto ad altre culture, nell'essere assimilato nelle nostre zone.

Questa cultura, ormai sfuggita al controllo storiografico Ufficiale, è stata non

molto tempofa riscontrata nella zona dell'appennino tosco-emiliano e in prossimità

del Passo della Cisa, limite estremo di migrazioni che unificarono un vasto

territorio.

Sono proprio gli insediamenti umani a darci queste conferme. Ecco così

apparire ancora le caratteristiche costruzioni col tetto a spiovente, costituito da

piöde, le stesse della Valle Imagna, stessi i modelli degli aggregati, i materiali edili

e i dimensionamenti.

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Purtroppo la distrazione di un individuo dissennato e senza dignità ha lasciato

deperire questo patrimonio.

Questi residui antropici ci ricordano il Galles, la Scozia gaelica, la penetrazione

dei monaci vagantes irlandesi e dei gruppi che li seguirono in una nuova

colonizzazione e che li vide portare nelle nostre zone il culto di Brigida of Kildare,

abitare i monasteri più importanti come quello di San Pietro al Monte di Civate,

perfezionando poi con San Colombano la stessa autoctona struttura benedettina.

La presenza a Bobbio di San Colombano non è stata certo casuale, ma

relazionata ad una tradizione locale di cultura celtica ormai dimostrata.

Corsi e ricorsi perciò, sacche culturali rimaste pressoché immutate nei secoli o

andate a perdersi per sempre.

La vicenda ricorda la zona al tempo dei primi insediamenti Longobardi in Italia,

provenienti intorno al 568 dalla Pannonia.

Ecco riapparire anche l'etimo originario della nostra Valle, l'antica Waldimania,

probabile sedime del nominativo Waldman ", in ricordo di un funzionario

governativo dei re alla corte longobarda di Almenno. La presenza amministrativa

di questo popolo nella zona risale al 584, quando viene eletto re Autari, sposo di

Teodolinda, che ottiene il possesso della corte di Lemina con tutta la parte destra

della Valle fino ai passi intermedi del Resegone. La zona acquisterà sempre più

importanza sotto il Vicariato di Almenno che comprendeva anche Palazzago,

confinante a monte con il territorio valdimagnino.

Zona complessa, articolata, che cominciava dai confini del milanese verso

tramontana, con Brumano in territorio di Lecco, diviso dai monti anticamente

chiamati Porcarola e Pianca, sino al Grassello. Sono ancora visibili le tracce dei

confini di pietra lavorati detti "termini" che segnavano lo spartiacque tra le due

realtà politiche, quella veneta e quella ambrosiana.

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Nel Cinquecento venivano assegnati 14 comuni con tutte le loro contrade. Tutti

potevano utilizzare le terre della Comunità per il pascolo degli animali, a differenza

della confinante Valle San Martino, costituita da vari centri in conflitto tra loro.

Si raccoglievano biade, castagne, noci, fieno e si produceva anche il vino, a

beneficio però di alcune zone ben limitate. La ricchezza di questa Valle

contrastava invece con scarse risorse della terra. Infatti l'agricoltura fu sempre

integrata dall'artigianato della lana, che forniva materia prima ai bergamaschi e

agli stessi milanesi.

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4.3 LA TIPOLOGIA EDILIZIA

4.3.1 Le murature

I paramenti murari venivano realizzati in pietra naturale, grossolanamente

lavorata e costituita prevalentemente da conci calcarei allettati con dei leganti

poveri come argilla o malta di calce. La malta era costituita da una miscela di

calce e sabbia. La sabbia veniva scavata nelle vicinanze dei cantiere, ma si

trattava, solitamente, di terriccio mescolato a ghiaia più che di sabbia vera e

propria, tanto è vero che il colore bianco sporco o giallastro della malta utilizzata

negli allettamenti e per l'intonacatura è una conseguenza anche di ciò.

La particolare colorazione dei muri intonacati è un elemento fortemente

caratterizzante, e insieme al colore e alla pezzatura delle pietre è, come si può

immaginare, variabile da luogo a luogo. Come anche la cura e la perizia nella

posa in opera variano da un posto all'altro.

Scelto il luogo, deciso l'orientamento dell'asse di colmo, l'accesso principale e

secondario, si eseguivano le fondazioni, mediamente profonde 50-80 cm, oppure,

dove era presente, ci si appoggiava direttamente sulla roccia affiorante.

Le pietre, una volta terminate quelle reperibili nei prati e nei campi, venivano

raccolte presso piccole frane locali dette caravine oppure cavate direttamente

dalle rocce; il trasporto avveniva con il gerlo. Raggiunto il cantiere si procedeva

alla suddivisione in base alla grandezza. Al momento della messa in opera,

venivano sommariamente lavorate e squadrate e il livellamento dei corsi veniva

raggiunto con scaglie di sasso ricoperte da calce oppure da uno strato di argilla o

terra setacciata. I conci, dato lo spessore dei muri portanti (60-1 00 cm), venivano

posti in opera da due persone contemporaneamente, uno all'interno e uno

all'esterno.

Un muro realizzato completamente a secco richiedeva naturalmente una scelta

e una lavorazione più accurata dei singoli elementi oltre che una maggiore perizia

nella messa in opera.

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Le caratteristiche strutturali sono simili per tutte le tipologie: muri perimetrali

portanti in pietra e strutture orizzontali in legno per tutti i piani. Meno frequenti ma

comunque presenti in un certo numero i casi con piano terra voltato. Inoltre in

alcune località i fabbricati sono disposti a gradoni, come fossero case a schiera

condividendo tra di loro il muro che dà a valle ciò consente un notevole risparmio

di pietre e di lavoro. Il paramento del piano terreno, dove è situata la stalla,

interrotto solamente dall'accesso e dalle piccole finestre o feritoie necessarie

all'illuminazione e all'areazione va praticamente a costituire un monoblocco; i

paramenti dei piani superiori invece, "svuotati" dalle caratteristiche e ampie

aperture necessarie all'aerazione dei fienili, dal punto di vista strutturale, si

comportano quasi come dei pilastri. Infatti la sezione muraria destinata a

sopportare il carico dei tetto e del secondo piano, si riduce in alcuni tratti anche a

1-1,5 metri per 0,5 di spessore e perdue piani e mezzo di altezza, in quanto

spesso l'apertura giunge fino al tetto.

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4.3.2 Le fondazioni

La scelta del luogo in cui edificare un fabbricato rurale avveniva in base a diversi

criteri, come l'esposizione solare, la vicinanza dell'acqua, la possibilità di trovare

un terreno compatto o della roccia su cui poggiare la costruzione. Tutti questi

fattori dovevano però sottostare ad un principio primario che era quello di sottrarre

il meno possibile al prato o al bosco da cui questi uomini traevano il loro

sostentamento. Quindi il luogo su cui costruire non era il più bello o il più comodo

ma era quella parte meno produttiva.

Per lo scavo delle fondazioni bisognava scendere fino a 70-80 cm e più di

profondità. La fondazione non veniva fatta, riempiendo casualmente lo scavo, ma

era sempre una vera muratura di 20 o 40 cm più larga di quella in elevazione.

4.3.3 Le murature cantonali

I muri cantonali hanno la funzione di irrigidire la scatola muraria rendendo

solidali tra di loro i paramenti all'altezza dell'angolo: in tal modo si contrastano le

forze che porterebbero al loro ribaltamento.

È una parte molto delicata e necessita di particolare cura nella disposizione e

nella scelta del materiale da costruzione: elementi monolitici di grosse dimensioni

lunghi e stretti venivano disposti alternativamente con il lato maggiore sul lato

gronda e sul lato frontale.

4.3.4 L'involto

Solitamente le strutture orizzontali venivano realizzate con la classica struttura

lignea di travi e assito, ma non sono infrequenti i casi in cui il primo piano è

costituito da una volta in pietra.

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L'elevata pendenza del terreno o al limite la necessità di avere un locale fresco

da utilizzare come cantina giustificavano questa opera molto dispendiosa e di

complessa realizzazione.

4.3.5 I tramezzi interni

I tramezzi interni delle dimore permanenti erano costituiti da una struttura lignea

di montanti verticali piuttosto ravvicinati. Il tutto viene poi ricoperto con rinzaffi di

malta ottenendo alla fine una superficie bianca e liscia. La leggerezza è un

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requisito indispensabile nelle vecchie case rurali in quanto i solai in legno non

sono in grado di sopportare carichi eccessivi.

Il fienile della Cà invece non aveva suddivisioni interne vere e proprie, spesso si

ha solo una delimitazione dei diversi spazi funzionari attraverso dei graticci lignei

utilizzati anche per appendere gli attrezzi o per l'essicazione dei cereali.

Le suddivisioni interne del piano terra, dove ci sono stalle, erano semplicemente

costituite da murature di minore spessore.

4.3.6 L'intonacatura

L'intonacatura dei fabbricati veniva realizzata al momento della edificazione con

della calce ricavata da cave locali. Essa veniva applicata alla superficie muraria

raso pietra o con uno spessore di 1-2 cm, a seconda della zona e dell'uso a cui

era destinato il fabbricato: civile abitazione o alpeggio.

4.3.7 Le solette

Le strutture orizzontali, come è stato già accennato, erano costituite da una

struttura lignea di travi poste mediamente ad un interesse su cui poggiava

direttamente l'assito. Le luci medie delle solette sono di 3-4 metri.

Se i tronchi costituenti le travi del tetto venivano generalmente lasciate tonde, i

solai erano solitamente costituti da travi squadrate per permettere all'assito di

appoggiare in modo ottimale.

In entrambi i casi comunque esse sono ammorsate direttamente nella muratura

e la sezione del tronco è visibile dall'estemo; a volte per facilitare la posa in opera

delle travi veniva posto nella mezzeria della muratura o verso l'interno un legno

chiamato piane, su cui le travi poggiavano.

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4.3.8 La pavimentazione

La pavimentazione è variabile a seconda del tipo di fabbricato:

Nei fienili si utilizzavano assi di notevole larghezza, con uno spessore di 6-7 cm,

che appoggiano direttamente sulle travi. Tra di esse vi possono essere degli

interstizi anche di diversi centimetri, pertanto non sono solidali tra di loro,

l'interesse tra le travi è mediamente 50 - 60 cm.

Solamente in un'area del fienile detta ère, cioè l'aia dove si trebbiavano i cereali,

il pavimento veniva realizzato con una certa cura, accostando perfettamente le

assi le une alle altre, e realizzando degli incastri.

Le stalle non avevano pavimentazione e si faceva il letto con foglie di castano.

Negli alpeggi la pavimentazione è costituita con lastre di pietra appoggiate al

suolo.

4.3.9 Le coperture in piöde

Escludendo le fasce della bassa e media montagna il tetto in piöde ha

rappresentato fino a non molti anni fa, se non si considera la copertura con

scàndole di legno, l'unico metodo impiegato per la copertura sia dei rustici che

delle case di abitazione nelle montagne lombarde.

Per quanto riguarda la localizzazione delle zone in cui viene adottata la

copertura in piöde viene da sè che il primo fattore da considerare è la presenza o

meno di rocce adatte alla fondazione delle scaglie pietrose.

Per quanto riguarda le ardesie inoltre bisogna fare una distinzione: ci sono le

ardesie vere e proprie come i micascisti fogliosi, argilloscisti periniani diffuse nelle

zone di Branzi, Carona, Pescarzo. Hanno la caratteristica di sfogliarsi in lastre

molto sottili e di spessore abbastanza uniforme consentendo la chiodatura

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nell'assito del tetto e quindi pendenze delle falde dell'ordine dei 30'; e poi ci sono

gli gneiss, più grossolani, di notevole spessore e peso.

4.3.10 Il tetto

Il materiale di copertura con le pesanti lastre calcaree, era una scelta obbligata

da cui non si poteva prescindere, che condizionava determinandole in modo

decisivo le caratteristiche costruttive e strutturali dei tetto.

Dato il notevole spessore e dimensioni le piode non potevano essere ancorate

al tetto mediante chiodatura e la loro stabilità era assicurata dall'attrito con l'assito

e le altre piode.

L'enorme carico delle piode, che possiamo calcolare sui 400 Kg al m2 sommato

al carico accidentale della neve doveva quindi essere contrastato da un sistema di

travi e puntoni davvero poderoso. A questo scopo si utilizzavano i grossi tronchi di

castagno che in alcuni casi raggiungevano i 50 a 80 cm di diametro. La struttura

del tetto è estremamente semplice e si ripete con straordinaria costanza in tutti gli

alpeggi: doppia falda con trave di colmo e trave di cordolo, e i puntoni che

appoggiano direttamente sulla piane. Se le falde sono superiori ai 4 metri veniva

inserito il rompitratta o térzèra anche se non vi è una regola fissa.

I puntoni, costituiti da tronchi di minore diametro (1 5-20 cm), erano posti a

distanza piuttosto ravvicinata (50-70 cm) e sopra di essi veniva posto l'assito, più o

meno fitto, a seconda dei casi, e costituito da tavole di larghezza variabile da 10 a

40 cm. 1 tronchi utilizzati per il tetto non venivano quasi mai squadrati.

Terminato il fissaggio dell'assito si dava inizio alla posa delle piode partendo

naturalmente dalla gronda e poi via via sovrapponendo parzialmente tutte le lastre

fino a giungere al colmo. Le piode di gronda erano di solito selezionate tra quelle

di maggiori dimensioni e poi fissate alla struttura del tetto tramite dei ganci in ferro

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che impedivano lo scivolamento. Al primo corso di piode infatti erano appoggiate e

incastrate tutte quelle successive.

Le piede avevano dimensioni e forme estremamente variabili: mediamente 50

per 60 cm di lato con spessore di 5 cm ma non è raro trovare elementi lapidei di

un metro di lunghezza e spessore prossimo ai dieci centimetri.

4.3.11 Contorni e apertura di facciata

Si intendono elemnti lapidei lavorati su tutta la superficie e d’angolo che

delimitano le aperture di facciata, siano esse delle finestre o dei portali. Negli

edifici rurali sono costituiti da blocchi sagomati sagomati a spacco, utilizzati anche

per i voltini. Realizzati in pietra calcaree tipo Zu, subiscono nel tempo un

ridimensionamento di sagoma fino ad arrivare ad una loro lavorazione più

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dettagliata (martellinatura, bugnatura) nel cinquecento, fino all’ottocento. Nei casi

di edifici più importanti vengono inseriti anche elemnti in arenaria non locale. Nel

caso di fienili e delle stallette le aperture sono ridotte al minimo.

Nella zona sottostante del tetto per il ricambio d’aria, arrivano a dimensionare

40x30 cm.

Alcuni esempi di contorni in pieta realizzati in edifici rurali della Valle

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4.3 12 Percorsi pedonali e muri di contenimento

Gli itinerari che si sono individuati utilizzano per lo più tracciati già presenti . Si

prevedono quindi opere necessarie al loro adeguamento.

Tali interventi consistono in lavori di sistemazione del fondo dei sentieri che, a

seconda della loro tipologia, potranno essere in rizzada, in stabilizzato e calcestre,

in terra stabilizzata o semplicemente in terra battuta come per i sentieri

escursionistici, con opere di gradinamento in legno e pietrame per i tratti pedonali

più ripidi.

Sono previsti lavori di consolidamento delle scarpate laterali con muretti a secco

in pietra locale o con sistemi di ingegneria naturalistica . Sono previsti anche

piccoli lavori di scavo e di scorticamento per il ripristino del fondo dei sentieri o per

la ricostruzione di qualche tratto.

Di una certa importanza è anche la realizzazione di attrezzature necessarie per

consentire la fruizione turistica dei sentieri. In particolare è prevista la creazione di

barriere protettive in legno, l’installazione della segnaletica direzionale e

informativa ( bacheche, tabelloni, totem informativi, ecc ) e la posa o realizzazione

di attrezzature per la sosta .

I materiali utilizzati sono in prevalenza il legno naturale e la dove necessario

pietra locale

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4.4 CATALOGAZIONE DEGLI EDIFICI, MANUFATTI E TERRAZZAMENTI ALL’INTERNO DELLA VALLE BRUNONE

Nell’ “allegato al Piano di Gestione” sono riportate le schede sul censiento dei

manufatti edilizi (emergenze architettoniche ) rilevati all’interno della Valle ritenuti

di maggior rilievo per le loro peculiarità architettoniche.

Le emergenze architettoniche sono suddivise in:

1. C.n. edifici

2. D.n. manufatti

3. E.n. muri a secco

Ogni manufatto è stato individuato catastalmente (ove possibile) e analizzato

secondo le caratteristiche tipologiche e tecnologiche; si è infine riportato lo

schema tipologico e si è attribuito un giuduzio generale sullo stato di

conservazione e possibilità di recupero.

Si è in fine attribuito il grado di possibilità di messa in sicurezza su una scala 1-

5.

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BIBLIOGRAFIA AA. VV. Il Partimonio riconosciuto. Censimento dei beni storico-architettonici, ed. Bolis, Bergamo, 1990; AA. VV Valle Imagna, ed. Bolis, Bergamo, 1982; Il Parco dei Colli di Bergamo. Introduzione alla conoscenza del territorio. A cura di Lelio Pagani. Bergamo, 1986; Restauri 1984-1989. Repertorio. A cura di Ornella Previstali. Bergamo, 1990; Pietra su Pietra, Manuale repertorio dei principali particolari costruttivi riguardanti i manufatti lapidei in uso, a cura di Eugenio Guglielmi e Marco Offredi, 1999; AA.VV Recupero dell’architettura spontanea: indicazioni progettuali e normative, Università degli Studi di Pavia, 2001.

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5. PROGRAMMAZIONE

DEGLI INTERVENTI dott. arch. Marco Offredi dott. Marco Riva dott. ssa Federica Vitali

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5.1 ATTIVITA’ E SERVIZI DEL MONUMENTO NATURALE

A pieno regime il Monumento Naturale della Valle Brunone dovrà offrire quei

servizi che permettano la diffusione di una cultura del territorio e delle sue

peculiarità paleontologiche, naturalistiche e architettonica in una visione eco-

sostenibile.

Si dovrà focalizzare l’azione sui servizi integrati di valorizzazione, educazione e

formazione, rivolti a diverse tipologie di fruitori quali la comunità locale, la scuola,

le famiglie, nell’ottica di inserire il Monumento Naturale in un sistema di Parchi che

preveda un bacino di utenza sia regionale che nazionale.

I servizi sopra proposti saranno finalizzati ad incrementare le potenzialità

ambientali, culturali, turistiche ed economiche della Valle Imagna, proponendo una

modalità di fruizione sostenibile del territorio.

Grazie a percorsi di formazione diversificati sarà possibile alimentare

opportunità di coesione tra la Comunità Montana della Valle Imagna e il Museo di

Scienze Naturali “E. Caffi” di Bergamo. La finalità ultima sarà quella di dar vita a

un Ente, che sia incluso nel sistema dei Parchi paleonotologici Triassici della

Provincia di Bergamo, e che interagisca con i sistemi museali della Comunità

Europea.

La presenza di tale risorsa paleontologica e ambientale, rilevante sia negli

aspetti scientifici che naturalistici, incrementerà l’afflusso turistico recando

prestigio e notorietà all’intera Valle che, per la sua particolare posizione

geografica, potrà facilmente raccogliere fruitori sia dalla provincia di Bergamo che

di Milano.

Per quanto concerne gli aspetti scientifico-paleontologici la Valle Brunone gode,

già da diversi anni, di fama internazionale, per la quantità di fossili in essa

rinvenuti e per la loro unicità ed eccellente conservazione.

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Valle Imagna Provincia di Bergamo

Il Monumento Naturale della Valle Brunone, una volta attivato a pieno regime,

offrirà, oltre ad escursioni non organizzate, una serie dettagliata di servizi di

promozione e di attività didattiche.

5.1.1 Interventi di promozione

L’Ente gestore dovrà farsi carico di azioni di promozione e divulgazione

all’esterno e all’interno del proprio territorio per rendere visibile il Monumento e

permettergli di svolgere la propria funzione di bene collettivo.

A questo scopo si realizzeranno i seguenti interventi:

Logo: tramite concorso pubblico creazione di un logo del Monumento

Naturale della Val Brunone, che ne rappresenti sinteticamente le

peculiarità e sia di facile riconoscimento.

Sito internet: creazione di un sito Web che raccolga tutti i contenuti

(informazioni pratiche, storia, fotografie, didattica, eventi, stage e

workshop estivi) e che sia sincronizzato con i siti del Museo di Scienze

Naturali “ E. Caffi” di Bergamo e del Parco Paleontologico di Cene

(sistema dei Parchi Paleontologici Triassici).

Creazione di materiale informativo cartaceo come volantini, brossure,

manifesti.

Coinvolgimento dei mass-media (stampa, giornali, televisioni, radio ecc.)

-Promozione delle attività didattiche tramite il contatto diretto con le

scuole.

Partecipazione a progetti comunitari per inserirsi in un netwok di parchi

naturali europei.

La Valle Imagna ha delle notevoli potenzialità turistiche poco valorizzate

consistenti in un ricco patrimonio naturalistico e architettonico quali la

sede della ex dogana Veneta in comune di Fuipiano (in alta Valle), il

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centro di documentazione museale di Cà Berizzi (media Valle ), il Centro

denominato Antenna europea del Romanico ad Almenno S Bartolomeo

(bassa Valle), oltre a innumerevoli siti speleologici (circa 130) e al monte

Resegone. Il Monumento Naturale della Valle Brunone si può inserire in

questo contesto favorendo lo sviluppo del sistema ecomuseale del

territorio.

5.1.2 Attività didattiche e turistiche

La Valle, come un grande laboratorio all’aperto, potrà ospitare attività didattiche

a tutti i livelli: per la popolazione locale, per il sistema scolastico sia provinciale

che regionale (elementari, medie e superiori) e per avventori occasionali.

Si vuole riportare in questa sede un’elencazione di attività possibili:

Didattica per le scuole: corsi ed escursioni guidate all’interno del Parco

(vedere paragrafo successivo).

Workshop e seminari naturalistici estivi: durante il periodo estivo si

propone l’organizzazione di momenti ludico-formativi, della durata di una

settimana, da attuarsi in cascine attrezzate con possibilità di vitto e

alloggio. Le tematiche proposte riguarderanno la gestione dei parchi, la

protezione e la salvaguardia di flora e fauna, stage di fotografia

naturalistica, stage di disegno naturalistico, corsi di orientamento, corsi di

rilevamento, la cartografia di un ambiente naturale, birdwatching etc.

Paleo parco: per avvicinare i più giovani al mondo della paleontologia si

allestirà un’area deputata ad attività ludico ricreative. Tale progetto sarà

avviato nell’ottica di riproporre, secondo una didattica specifica, il lavoro

di campo dei paleontologi

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 166

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Corsi di formazione professionali: formazione di docenti e operatori attivi

nel settore dell’educazione e dell’ambiente, anche attraverso l’ausilio di

nuove tecnologie (formazione a distanza).

Seminari paleontologici: organizzazione di eventi scientifico-specialistici

sulle varie tematiche del settore.

A supporto di tutte le attività organizzate è indispensabile avviare un

piano di ricerca scientifica che preveda l’analisi e lo studio degli aspetti

paleontologici e naturalistici avvalendosi della collaborazione del Museo

di Scienze Naturali “E. Caffi” di Bergamo.

5.1.2.1 Proposte didattiche per le scuole

All’interno del progetto di valorizzazione della Valle Brunone, la didattica

scolastica svolge un ruolo molto importante per la fruibilità del Monumento

Naturale.

La Valle offre molteplici opportunità didattiche in quanto ospita tre degli aspetti

naturalistici di collettivo interesse, che nelle scuole si affrontano costantemente: la

geologia, la paleontologia e le scienze (zoologia e botanica). La presenza delle

sorgenti sulfuree, di stalle e vecchie cascine, permette oltre modo di fare degli

approfondimenti storci e culturali sulle abitudini della gente del luogo in passato.

In quest’ambito si potranno inserire attività che che siano in grado di:

Valorizzare l'ambiente (la Val Brunone: dagli aspetti paleontologici,

naturalistici, geologici e storici).

Fornire gli stimoli per far cogliere i "segni" della natura e saperli

interpretare dal punto di vista storico e naturalistico.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 167

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Promuovere uno stile di vita basato sul rispetto per la natura,

sottolineando che è un bene unico ed esclusivo, da conservare e da

proteggere.

Proporre un'esperienza vissuta nella natura, che possa sviluppare il

senso pratico, manuale e le capacità percettive dell'utente

(laboratori, escursioni, osservazioni, descrizioni e compilazione di

schede guidate).

Far rivivere esperienze di scienziati naturalisti attraverso attività di

laboratorio (simulazione-partecipativa).

Promuovere l’apprendimento utilizzando un linguaggio adatto alla

fascia di età dell'utente, mantenendo a seconda dei casi un codice

idoneo al fine che si vuole raggiungere (ludico, scientifico,ecc...).

Tutto ciò si potrà ottenere programmando una serie di attività didattiche per

fasce di età diverse (elementari, medie e superiori) e proponendo degli interventi

didattici in forma di "pacchetto" (lezioni, laboratori ed escursioni in connessione tra

di loro).

5.1.3 Approfondimenti delle ricerche scientifiche

Lo studio preliminare naturalistico e geo-paleontologico proposto ha evidenziato

le caratteristiche salienti e generali del Monumento, si ritiene necessaria una

prosecuzione delle ricerche scientifiche di approfondimento che completi la

conoscenza di tutti gli aspetti ivi riscontrati. L’Ente gestore potrà a questo scopo

farsi carico della coordinazione e della gestione di un programma che preveda un

piano di ricerca di dettaglio dei seguenti aspetti:

Ricerche geo-paleontologiche

• Carta geologica di dettaglio

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 168

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• Carta delle aclività

• Carta geomorfologica dei processi in atto

• Studio strutturale di dettaglio

• Analisi delle acque del torrente e delle sorgenti solfuree

Ricerche faunistiche e botaniche

• Carta delle distribuzioni e densità dei vertebrati presenti nel Monumento

(censimenti e monitoraggi per eventuali ripopolamenti e reintroduzioni).

• Monitoraggio degli invertebrati di maggior interesse.

• Gestione di un programma di osservazione e controllo dei processi

faunistici in atto.

• Studi vegetazionali di dettaglio, con particolare riferimento alle specie

erbacee protette e a quelle autoctone di maggior prestigio.

• Censimento dettagliato delle specie vegetali esotiche, nell’ottica di

mantenere lo status vegetazionale originario.

5.1.4 Interventi propedeutici all’avvio delle attività

Per la concretizzazione di tutte le attività previste e per la gestione del

Monumento Naturale Valle Brunone, è indispensabile la realizzazione dei

seguentio interventi:

Allestimento del “Centro Visitatori” situato al piano superiore della sede

della Polisportiva Pontegiurinese, da effettuarsi mediante un’apposita

convenzione tra Ente gestore e l’associazione sportiva stessa.

Acquisto recupero e allestimento dell’area in corrispondenza alla fonte

sulfurea.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 169

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Area didattica: acquisto, recupero e allestimento dell’area, situata su

medio versante (sinistra idrografica del Torrente Brunone) comprendente

tre piccoli edifici, finalizzata alla realizzazione di attività didattiche e ludico

ricreative (paleo-parco).

Recupero ed allestimento di una serie di percorsi tematici, corredati da

cartellonistica.

Realizzazione di aree di sosta lungo i percorsi sopra citati, nei punti

ritenuti di maggior rilevanza.

5.1.3 Tutela

La ricchezza del Monumento Naturale Valle Brunone consiste principalmente

nel suo patrimonio paleontologico e naturalistico, pertanto ogni azione dovrà

fondarsi sui principi dell’eco-sostenibilità, garantendone la fruibilità e la

conservazione al tempo stesso. Ogni attività correlata alla fruizione dell’area è

stata sottoposta ad apposita regolamentazione.

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 170

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5.2. INTERVENTI DA REALIZZARE

5.2.1 Azioni materiali

1) ACQUISIZIONE DI AREE: per garantire la tutela delle aree paleontologiche ad

alta rilevanza, per l’avvio delle attività didattiche e la valorizzazione del casello

delle fonti sulfuree è necessario acquisire le aree come meglio specificato nelle

tavole allegate al Piano di Gestione. Per una superficie totale di circa 10,05 ha.

€ 150.000,00.

2) ADEGUAMENTO DEI PERCORSI: progetto, recupero e sistemazione dei tratti

di sentiero attualmente di difficile percorribilità, inclusa la realizzazione delle

passerelle necessarie (per permettre il guado del torrente e dei suoi affluenti),

secondo le priorità di intervento specificate nella tavola n°11. Per un totale

complessivo di € 1.680.000,00 suddivisi indicativamente come di seguito:

• Percorso 1 € 260.000,00

• Percorso 2 € 120.000,00

• Percorso 3 € 20.000,00

• Percorso 4 € 10.000,00

• Percorso 5 € 180.000,00

• Percorso 6 € 75.000,00

• Percorso 7 € 300.000,00

• Percorso 8 € 180.000,00

• Percorso 9 € 150.000,00

• Percorso accesso 1 € 35.000,00

• Percorso accesso 2 € 130.000,00

• Realizzazione di cartografia di dettaglio dei sentieri censiti nel Piano di

Gestione € 20.000,00

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 171

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• Manutenzione ordinaria della restante parte dei percorsi € 200.000,00

Gli interventi di cui sopra sono riferiti alla sistemazione complessiva di tutti i

percorsi individuati e rappresentati nelle tavole allegate al presente Piano di

Gestione; tuttavia, considerata l’ingente somma necessaria al compimento di tutti

gli interventi, si ritiene opportuno suddividere, l’importo sopra citato, in due lotti di

intervento (lotto I: € 840.000,00, lotto II: € 840.000,00). Nel presente Piano di

Gesione triennale si prevede la realizzazione del lotto 1 di intervento, rimandando

al successivo piano di gestione triennale la realizzazione del secondo lotto.

3) REALIZZAZIONE AREE DI SOSTA: per agevolare la fruizione del Monumento

Naturale è indispensabile il progetto e l’allestimento di numero 10 piazzole di

sosta grandi e di numero 8 aree di sosta piccole. Le prime attrezzate di

panche, tavoli e cestini, le seconde di panche.

€ 15.200,00

4) VALORIZZAZIONE DELLE FONTI SULFUREE: progetto ed intervento di

recupero del casello delle fonti con la realizzazione di un piccolo stramazzo.

€ 22.000,00

5) INTERVENTO PER LA REALIZZAZIONE DELL’AREA DIDATTICA (LOTTO I):

progetto ed intervento di recupero della struttura dei tre edifici all’interno

dell’area didattica.

€ 240.000,00

6) INTERVENTO PER LA REALIZZAZIONE DELL’AREA DIDATTICA (LOTTO II):

progetto e realizzazione di opere di completamento delle strutture da adibire

alla didattica ed al paleo-parco, a seguito delle risultanze del progetto di utilizzo

delle stesse.

€ 90.000,00

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 172

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7) INTERVENTO PER LA REALIZZAZIONE DEL CENTRO VISITATORI:

progettazione e realizzazione delle opere di finitura necessarie al

funzionamento dei locali da adibire a centro visitatori.

€ 55.000,00

8) ALLESTIMENTO DI ARREDI E ATTREZZATURE DELL’AREA DIDATTICA: a

seguito della sistamezione dei tre edifici all’interno dell’area didattica, si

provvederà all’acquisto delle attrezzature e degli arredi necessari per la messa

in funzione dell’area didattica e del paleo-parco.

€ 45.000,00

9) ALLESTIMENTO DI ARREDI E ATTREZZATURE DEL CENTRO VISITATORI:

successivamente al completamento delle opere di finitura dei locali

dell’immobile di proprietà della Polisportiva Giurinense, si provvederà

all’acquisto delle attrezzature e degli arredi necessari per la messa in funzione

del centro visitatori.

€ 70.000,00

10) CARTELLONISTICA: progettazione, realizzazione ed allestimento della

cartellonistica didattica ed informativa, da posizionarsi all’interno del

Monumento Naturale.

€ 35.000,00

11) STAZIONE ORNITOLOGICA: cerazione di una postazione al’interno del

Monumento Naturale.

€15.000,00

12) INTERVENTI FORESTALI: attualmente molte aree del parco si trovano in una

situazione di abbandono ulteriormente aggravata dal fenomeno temporalesco

avvenuto in loco il 20/07/2003, è necessaria quindi un’opera di taglio e

asportazione delle piante abbattute. Vanno inoltre effettuati tagli di

Piano di Gestione del Monumento Naturale Valle Brunone 173

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frammentazione nelle coltivazioni di conifere (abetine) per favorire lo sviluppo

di specie autoctone.

€ 90.000,00

5.2.2 Azioni immateriali

1) APPROFONDIMENTI SCIENTIFICI delle ricerche faunistiche e botaniche

unitamente ad approfondimenti scientifici delle ricerche geo-paleontologiche

come specificato nel paragrafo 5.1.3

€ 40.000,00

2) La realizzazione dell’ATTIVITA’ DIDATTICA e del PALEO-PARCO all’interno

del territorio necessita progetto riguardante l’ideazione e la gestione di tale

servizio.

€ 25.000,00

3) ATTIVITÀ DI PROMOZIONE: azioni di divulgazione e promozione all’esterno e

all’interno del territorio, come specificato dal paragrafo 5.1.1.

€ 16.600,00

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5.4 PIANO FINANZIARIO TRIENNALE

TABELLA n° 1:

PIANO FINANZIARIO TRIENNALE SUDDIVISO PER ANNUALITA’

ANNO

INTERVENTO 2004 2005 2006

INTERVENTI MATERIALI 5,2,1,1 AQUISIZIONE DI AREE € 150.000,00

5,2,1,2 RECUPERO PERCORSI E PASSERELLE LOTTO 1 € 280.000,00 € 280.000,00 € 280.000,00

5,2,1,3 REALIZZAZIONE AREE DI SOSTA

€ 5.000,00 € 5.000,00 € 5.200,00

5,2,1,4 VALORIZZAZIONE DELL FONTI SULFUREE

€ 22.000,00

5,2,1,5 AREA DIDATTICA LOTTO I

€ 240.000,00

5,2,1,6

AREA DIDATTICA LOTTO II € 45.000,00 € 45.000,00

5,2,1,7

OP. DI FINITURA CENTRO VISITATORI € 55.000,00

5,2,1,8

ALLESTIMENTO ARREDI E ATTREZZATURE AREA DIDATTICA

€ 30.000,00 € 15.000,00

5,2,1,9

ALLESTIMENTO ARREDI E ATTREZZATURE CENTRO VISITATORI

€ 70.000,00 5,2,1,10 CARTELLONISTICA € 15.000,00 € 10.000,00 € 10.000,00 5,2,1,11 STAZIONE ORNITOLOGICA € 15.000,00 5,2,1,12 INTERVENTI FORESTALI € 30.000,00 € 30.000,00 € 30.000,00

INTERVENTI IMMATERIALI

5,2,2,1

APPROFONDIMENTI SCIENTIFICI

€ 10.000,00 € 10.000,00 € 20.000,00 5,2,2,2 PROGETTO ATT. DID. E PALEOP. € 25.000,00

5,2,2,3 INTERVENTI DI PROMOZIONE

€ 8.000,00 € 8.000,00 TOTALE

€ 852.00,00

€ 513.00,00

€ 383.200,00

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