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PIANO TRIENNALE DI PREVENZIONE DELLA

CORRUZIONE

(Aggiornamento 2017 – 2019)

Allegato “A” alla deliberazione n. __

della Giunta Comunale del ____

Verolanuova 26 gennaio 2017

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CAPO I

1.1 Il sistema anticorruzione nel quadro normativo nazionale

Con l’emanazione della legge numero 190 del 6 novembre 2012 “Disposizioni per la prevenzione e la

repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, pubblicata sulla Gazzetta

Ufficiale 13 novembre 2012 numero 265, ed in vigore il successivo 28 novembre, il legislatore nazionale ha

voluto collocare in un quadro organico e unitario, una serie di misure finalizzate alla promozione della

trasparenza quale strumento di controllo dell’azione e delle modalità di impiego delle risorse pubbliche.

Operando nella direzione più volte sollecitata dagli organismi internazionali, di cui l’Italia fa parte, con tale

provvedimento normativo è stato introdotto anche nel nostro ordinamento un sistema organico di

prevenzione della corruzione, il cui aspetto caratterizzante consiste nell’articolazione del processo di

formulazione e attuazione di strategie di prevenzione su due livelli.

I principali attori coinvolti nel processo di contrasto alla corruzione sono, a livello centrale, la Commissione

indipendente per la valutazione, la trasparenza e l’integrità (CIVIT ora ANAC) e, a livello locale, Il

Responsabile della prevenzione e della corruzione..

A distanza di poco più di un mese, sui medesimi, è intervenuta la legge 17 dicembre 2012, numero 221, di

conversione del decreto legge 18 ottobre 2012, numero 179, che ha inciso e rafforzato il potere ispettivo

dell’Autorità, per un verso prevedendo che le sia preposto un presidente nominato su proposta del

Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del Ministro della Giustizia e del Ministro

dell’Interno, tra persone di notoria indipendenza e con esperienza in materia di contrasto alla corruzione e

persecuzione degli illeciti nella pubblica amministrazione e, per altro verso, prevedendo che essa si avvalga

della Guardia di finanza e dell’Ispettorato della funzione pubblica al fine di svolgere le indagini e gli

accertamenti alla medesima demandati.

Inoltre è demandata al Dipartimento della Funzione Pubblica la predisposizione del Piano nazionale

anticorruzione (P.N.A.), poi trasmesso ed approvato dalla Civit (ora ANAC) .

Da sottolineare che il quadro organizzativo descritto realizza l’attuazione degli obblighi assunti dall’Italia a

seguito dell’adesione del nostro paese, firmata il 9 dicembre 2003, e ratificata con legge 3 agosto 2006,

numero 116 alla Convenzione ONU contro la corruzione, adottata dall’Assemblea Generale ONU con

risoluzione numero 58/4, secondo cui i ciascuno Stato membro ha l’obbligo di elaborare ed applicare

politiche di prevenzione della corruzione efficaci e coordinate, adoperandosi al fine di attuare e

promuovere efficaci pratiche deterrenti, di cui vagliare costantemente l’efficacia, allo scopo di modularle

diversamente, se del caso, demandandone l’attuazione ad uno o più organi all’uopo designati, alla stregua

delle linee guida e delle convenzioni del Consiglio d’Europa e del GR.E.C.O. (Groupe d’Etats Contre la Corruptione). Sulla scorta del quadro delle competenze delineato, il Dipartimento della Funzione Pubblica ha predisposto

il P.N.A., successivamente approvato con delibera della CIVIT numero 72 dell’11 settembre 2013.

Da sottolineare che contestualmente il legislatore, con il Decreto Legge numero 101/2013 convertito nella

legge 30 ottobre 2013 numero 125, ha ridisegnato ruolo e compiti della Commissione per la valutazione

della trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche,.

In particolare l’articolo 5 comma 3 ne ha previsto la soppressione e l’istituzione del commissario nazionale

anticorruzione (A.N.A.C.).

Ad un primo livello, quello “nazionale”, il D.F.P. predispone, sulla base di linee d’indirizzo adottate da un

Comitato Interministeriale, il P.N.A. Il P.N.A. è stato poi approvato, come si è visto dalla CIVIT, individuata

dalla legge quale Autorità nazionale anticorruzione.

Al secondo livello, quello “decentrato”, ogni amministrazione pubblica definisce un P.T.P.C. che, sulla base

delle indicazioni presenti nel P.N.A., effettua l’analisi e valutazione dei rischi specifici di corruzione e

conseguentemente indica gli interventi organizzativi volti a prevenirli.

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Questa articolazione risponde alla necessità di conciliare l’ esigenza di garantire una coerenza complessiva

del sistema a livello nazionale e di lasciare autonomia alle singole amministrazioni per l’efficaci e l’efficienza

delle soluzioni.

La funzione principale del P.N.A. è quella di assicurare l’attuazione coordinata dalle strategie di prevenzione

della corruzione nella Pubblica Amministrazione, elaborate a livello nazionale e internazionale. Il sistema

deve garantire che le strategie nazionali si sviluppino e si modifichino a seconda delle esigenze e del

feedback ricevuto dalle amministrazioni, in modo da mettere via via a punto degli strumenti di prevenzione

mirati e sempre più incisivi. In questa logica, l’adozione del P.N.A. e dei piani territoriali non si configura

come un’attività una tantum, ma come un processo ciclico, in cui le strategie e gli strumenti sono

progressivamente affinati, modificati o sostituiti in relazione al feedback ottenuto dalla loro applicazione.

Inoltre l’adozione del P.N.A. tiene conto dell’esigenza di uno sviluppo graduale e progressivo del sistema di

prevenzione, nella consapevolezza che il successo degli interventi dipende in larga misura dal consenso

sulle politiche di prevenzione, dalla loro accettazione e dalla concreta promozione delle stesse da parte di

tutti gli attori coinvolti. Per questi motivi il P.N.A. è finalizzato prevalentemente ad agevolare la piena

attuazione delle misure legali, ossia quegli strumenti di prevenzione della corruzione che sono disciplinati

dalla legge.

1.2. Le modifiche introdotte con il PNA 2015

Il P.N.A. è stato successivamente aggiornato con la Deliberazione A.N.A.C. n.12 del 28 ottobre 2015. Il

nuovo documento, già nelle premesse, dà conto delle ragioni che hanno reso indispensabile l’attività di

adeguamento. Schematicamente si tratta di due motivazioni:

1) Necessità di rendere le Linee guida conformi a successivi interventi normativi che hanno

fortemente inciso sul sistema di prevenzione della corruzione a livello istituzionale. Particolarmente

significativa è la disciplina introdotta dal decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito in legge 11

agosto 2014, n. 114, recante il trasferimento completo delle competenze sulla prevenzione della

corruzione e sulla trasparenza dal Dipartimento della Funzione Pubblica (DFP) all’ANAC, nonché la

rilevante riorganizzazione dell’ANAC e l’assunzione delle funzioni e delle competenze della

soppressa Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (AVCP).

1) 2)Definizione delle maggiori criticità riscontrate nell’analisi del PTPC adottati per il trienni 2015-

2017, con approfondimento sugli interventi correttivi.

2) Individuazione dell’Area di rischio “Contratti Pubblici”, con l’intento di fornire indicazioni operative

a tutte le amministrazioni, nella loro veste di buyers pubblici.

1.3 Il PNA 2016

Dopo il primo PNA varato dalla CIVIT con delibera 11 settembre 2013, rifluita detta competenza nella neo-

istituita Autorità Nazionale Anticorruzione (da ora ANAC o Autorità) con il D.L. 24 giugno 2014, n. 90 (c.d.

riforma Renzi - Madia) e modificato l’iter di adozione del Piano giusto D.Lgs. 25 maggio 2016, n. 97, con

delibera 3 agosto 2016 numero 831, l’ANAC ha approvato il nuovo PNA che ha il merito di aver tenuto

presente, da un lato, le influenze comunitarie ed internazionali in materia di prevenzione della corruzione

e di trasparenza e, dall’altro lato, le peculiarità delle diverse categorie di amministrazioni, rendendo più

agevole il compito dei responsabili per la predisposizione dei singoli PTPC relativi al triennio 2017-2019 e

più aderenti gli strumenti alle variegate, concrete necessità. In particolare, il nuovo PNA trae spunto e

concretizza le direttive in materia di legalità e trasparenza delle tre più rilevanti riforme dell’anno in corso.

La prima, non in ordine cronologico ma per la portata trasversale, è il D.Lgs. 25 maggio 2016, n. 97, recante

la “Revisione e semplificazione delle disposizioni

in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della Legge 6 novembre

2012, n. 190 e del Decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’art. 7 della Legge 7 agosto 2015, n.

124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” che ha avuto il pregio di chiarire la

natura, i contenuti ed il procedimento di approvazione del PNA, al contempo delimitando l’ambito

soggettivo di applicazione della disciplina in tema di trasparenza, la revisione degli obblighi di pubblicazione

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nei siti delle Pubbliche Amministrazioni unitamente al nuovo diritto di accesso civico generalizzato ad atti,

documenti e informazioni non oggetto di pubblicazione obbligatoria.

La novella individua nel Piano l’atto generale di indirizzo rivolto a tutte le amministrazioni ed ai soggetti di

diritto privato in controllo pubblico, nei limiti posti dalla legge, che adottano i PTPC (ovvero le misure di

integrazione di quelle adottate ai sensi del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231) dopo aver analizzato le rispettive

realtà e criticità coadiuvati dagli Organismi Indipendenti di Valutazione (a mente dell’art. 1, comma 8-bis

della Legge 190) e su cui l’ANAC, ai sensi della Legge n. 190/2012 cit., è deputata a vigilare allo scopo di

rendere effettiva l’attuazione delle misure generali previste dal PNA, se del caso ricorrendo all’emanazione

di raccomandazioni o alla comminazione di sanzioni.

1.4 Destinatari

Sotto il profilo soggettivo la novella recata dal D.Lgs. n. 97/2016 amplia il novero dei soggetti tenuti al

rispetto delle regole in materia di trasparenza, includendovi non solo tutte le Pubbliche Amministrazioni di

cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, tradizionalmente intese, ma anche:

- le Autorità portuali e quelle indipendenti;

- gli Enti pubblici economici e gli ordini professionali;

- le associazioni, le fondazioni e gli enti di diritto privato comunque denominati, anche privi di

personalità giuridica, con bilancio superiore ad euro 500.000,00, la cui attività sia finanziata in

modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell’ultimo triennio da Pubbliche

Amministrazioni e in cui la totalità dei titolari o dei componenti dell’organo di amministrazione o di

indirizzo sia designata da Pubbliche Amministrazioni

- le società di controllo pubblico e quelle a partecipazione pubblica, così come definite dal D.Lgs. n.

175/2016 (ossia, rispettivamente, quelle in cui una o più amministrazioni esercitano poteri di

controllo di cui all’art. 2, lett. b del D.Lgs. n 175/2016; ovvero quelle in cui figurino soci pubblici o a

controllo pubblico).

1.5 La strategia di prevenzione a livello locale per il periodo 2017 – 2019.

Duplice l’ordine delle misure di prevenzione contemplate dal Piano: quelle di carattere oggettivo che

mirano, attraverso soluzioni organizzative, a ridurre ogni spazio possibile all’azione di interessi particolari

volti all’improprio condizionamento delle decisioni pubbliche; e quelle di carattere soggettivo che mirano a

garantire la posizione di imparzialità del funzionario pubblico che partecipa, nei diversi modi previsti

dall’ordinamento (adozione di atti di indirizzo, adozione di atti di gestione, compimento di attività

istruttorie a favore degli uni e degli altri), ad una decisione amministrativa.

La specifica declinazione delle stesse competendo poi alle singole amministrazioni nei Piani triennali.

La seconda novella di cui l’ANAC ha tenuto conto per la sua centralità sotto il profilo del rischio

corruttivo è il D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 recante l’approvazione del Nuovo Codice degli Appalti Pubblici e

delle Concessioni; mentre la terza è il D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175 , di riforma delle società a

partecipazione pubblica, per analoghe ragioni.

1.6 Contesto di riferimento

1.6.1 Contesto esterno

Le Deliberazione ANAC 12/2015 aveva sottolineato che l’analisi del contesto esterno doveva “evidenziare come le caratteristiche dell’ambiente nel quale l’amministrazione o l’ente opera, con riferimento, ad esempio, a variabili culturali, criminologiche, sociali, economiche del territorio possano favorire il verificarsi di fenomeni corruttivi al proprio interno. A tale fine, sono da considerarsi sia i fattori legati al territorio di riferimento dell’amministrazione o ente, sia le relazioni e le possibili influenze esistenti con i portatori e i rappresentanti di interessi esterni”. In sede di prima attuazione , l’ANAC aveva raccomandato di

considerare gli elementi e i dati contenuti nelle relazioni periodiche sullo stato dell’ordine e della sicurezza

pubblica, presentate al Parlamento dal Ministero dell’Interno e pubblicate sul sito della Camera dei

Deputati, o di richiedere il supporto delle Prefetture.

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A tale raccomandazione, si è aggiunta, nel dettaglio, la nota ANCI-IFEL dello scorso settembre “Linee Guida

per la prevenzione della corruzione”, la quale ha precisato che l’analisi di contesto esterno deve includere

anche informazioni di dettaglio su aspetti di carattere sociale, culturale ed economico finanziario.

L’ultima relazione sullo stato dell’ordine e della sicurezza pubblica, presentata al Parlamento dal Ministero

dell’Interno e pubblicata sul sito della Camera dei Deputati (Relazione riferita al 2014 e trasmessa alla

Presidenza in data 14 gennaio 2016), con inerenza alla Provincia di Cremona, esprime le valutazioni di

seguito illustrate:

"Lo scenario criminale della provincia di Brescia risente dell'influenza di rilevanti fattori, quali la collocazione geografica (vicinanza al territorio milanese e la presenza di importanti vie di comunicazione) e le particolari connotazioni economico-finanziarie del contesto. Infatti, si registrano un alto tenore di vita, un diffuso benessere, la presenza di numerose aziende, attive nel settore del turismo, immobiliare, dei beni voluttuari (autosaloni e centri commerciali) e dell'intrattenimento (discoteche e night-club). A ciò si aggiunge, quale ulteriore stimolo di penetrazione per la criminalità organizzata, la vicinanza con note località turistiche e di conseguenza la più ampia possibilità di riciclare i proventi da attività illecite. Il territorio bresciano, pertanto, può essere ritenuto un bacino ideale per la perpetrazione anche di delitti di carattere tributario o attività di reimpiego e di riciclaggio, spesso commesse con sempre più rilevanti modalità esecutive. Dalla prospettiva criminologica, la provincia è caratterizzata dall'operatività di proiezioni della criminalità mafiosa tradizionale, con particolare riferimento alle consorterie della 'Ndrangheta calabrese, il cui scopo principale è quello di radicarsi nella realtà economica locale e legale al fine di reinvestire e riciclare i proventi illeciti nei settori di maggiore rilevanza economica, soprattutto in quello edilizio e turistico-alberghiero e attraverso l'aggiudicazione di appalti pubblìci. Le potenzialità economiche e finanziarie di tutta l'area, infatti, costituiscono un bacino di primario interesse per iniziative imprenditoriali di elevato profilo in diversi settori, e ciò ancor più per l'imprenditoria criminale che può disporre di risorse facilmente reperibili frutto di attività criminose. Inoltre, in un contesto che ha risentito le conseguenze della recessione economica, le difficoltà di imprenditori (piccoli e medi) connesse all'accesso al credito, sono all'origine di pratiche usuraie finalizzate a subentrare nelle svariate attività economiche. Gli esiti dell'indagine "Principe " hanno permesso di disarticolare un sodalizio, capeggiato da un pregiudicato reggino, dedito all'usura ed alle estorsioni in danno dei locali imprenditori. Riscontri investigativi emersi sul territorio della provincia di Brescia hanno confermato la presenza di soggetti riconducibili a gruppi di matrice 'ndranghetista, proiettati anche all'infiltrazione nell'economia locale e legati soprattutto ad esponenti delle famiglie "Bellocco" di Rosarno (RC), attivi nel narcotraffico, nelle estorsioni, nel riciclaggio, nella bancarotta fraudolenta di imprese attive nel settore edile e nel controllo di tutte le attività commerciali e imprenditoriali, dei "Piromalli-Molè" di Gioia Tauro (RC), insediati nella zona del lago di Garda bresciano e dei "Mazzaferro", che operano a Brescia e con ramificazioni anche nel territorio del comune di Lumezzane. Con riferimento alle compagini di origine campana, la provincia dì Brescia risulta da anni interessata dalla presenza di organizzazioni criminali camorristiche, soprattutto della famiglia "Laezza", vicina al clan "Moccia" di Afragola (NA), operativa soprattutto nell'infiltrazione di attività commerciali Per quanto concerne I' aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati (terna centrale nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata), nel corso del 2014 l'applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali ha prodotto nel bresciano risultati significativi per quanto riguarda il sequestro di beni (mobili e immobili); inoltre, nello stesso anno sono state censite anche delle confische (beni immobili). Relativamente al mercato delle sostanze stupefacenti, non sono emerse, sul territorio, conflittualità tra gruppi italiani o di altra etnia, bensì attività poste in essere in maniera sinergica. Nel 2014 sono stati sequestrati 309,86 Kg di sostanze stupefacenti, 160 dosi e 217 piante di cannabis: in particolare, sono stati sottoposti a sequestro 3,48 Kg di eroina, 180,01 Kg di cocaina, 100,81 Kg di hashish, 24,65 Kg di marijuana e 160 dosi di altre droghe. Nello stesso anno le persone denunciate all'

A.G., in relazione a tali delitti, sono state 337 di cui 208 stranieri. Con riferimento a tali traffici, si conferma

l'interessamento degli stranieri (i quali nel 2014 hanno superato gli italiani). Il dato riferito alle tipologie di

reato ascritte alle persone segnalate nel 2014, è di 298 denunciati per traffico di sostanze stupefacenti e 39

denunciati per associazionismo. Il dato complessivo dei sequestri di droga evidenzia l'intercettazione

soprattutto di cocaina e hashish. La criminalità di matrice straniera risulta attiva in molteplici attività

delittuose. In particolare, gli esiti di alcune attività investigative hanno dimostrato il non trascurabile

interesse e coinvolgimento nell'ambito del narcotraffico di sodalizi sudamericani, spesso unitamente a

soggetti appartenenti ad altre matrici etniche, e quello di compagini albanesi e rumene nei settori dello

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sfruttamento della prostituzione e dello spaccio di sostanze stupefacenti. In particolare, gruppi di origine senegalese e nigeriana pongono in essere soprattutto attività orientate allo spaccio di sostanze stupefacenti, commercio di griffe contraffatte nonché clonazione di carte di credito; i nigeriani sono anche attivi nel favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. I sodalizi delinquenziali di etnia albanese, flessibili e capaci di strutturare unioni anche con criminali di altre etnie, soprattutto con i romeni e con gli italiani, sono attivi essenzialmente nei traffici di sostanze stupefacenti, nello sfruttamento della prostituzione, nei delitti contro il patrimonio e nelle estorsioni. Inoltre, con specifico riguardo ai romeni, dall'esito di attività di polizia, è emersa l'operatività di un sodalizio criminale, dedito all'utilizzo di carte di credito clonate presso numerosi esercizi commerciali. Relativamente alla criminalità nordafricana, non si evidenzia l'esistenza di vere e proprie organizzazioni criminali bensì, di gruppi (prevalentemente originari del Marocco), inclini soprattutto al narcotraffico, in grado di gestire, autonomamente, l'intera filiera produttiva e commerciale. La comunità cinese si manifesta mantenendo una propria autonomia culturale e criminale; tali dinamiche comportano un condizionamento dell'economia delle zone ove è fortemente radicata con attività economiche, spesso usate anche come scudo per celare altre attività criminose quali ad esempio lo sfruttamento della prostituzione piuttosto che la contraffazione di marchi e/o prodotti. Sul territorio della provincia, sono state scoperte tre organizzazioni criminali dedite al contrabbando di t.Le. di provenienza moldava, ucraina e rumena, introdotti sul territorio nazionale all'interno di autoarticolati adibiti al trasporto di merci e in pullman per il trasporto di passeggeri . Nel settore dei traffici illeciti di rifiuti, le investigazioni in materia ambientale proseguono in un territorio particolarmente esposto a tale tipo di aggressioni criminali. l delitti che nel 2014 hanno fatto registrare un maggior numero di segnalazioni sono i furti (principalmente quelli in abitazione, ma anche quelli con destrezza), i danneggiamenti, le truffe e frodi informatiche, le lesioni dolose, i reati inerenti agli stupefacenti e le rapine, anche se tutti in diminuzione rispetto al precedente anno." Sul versante sociale, l’analisi strategica condotta dal Piano di Zona per il triennio 2015 – 2017, denuncia

diversi fattori di fragilità- Segnatamente:

“Nei territori si stanno ampliando gli effetti della crisi che ormai trasversalmente diverse dimensioni e questioni:

- Economica: forte difficoltà generale, diminuzione del potere d’acquisto, non esiste più possibilità di risparmio.

- Lavorativa: la perdita del lavoro (ma per certi versi anche la preoccupazione di perderlo) è l’aspetto maggiormente eclatante e difficile da sostenere. Vi è al contempo però la difficoltà di entrare ex novo nel mondo del lavoro per i giovani e per le donne e di esservi re-inseriti per chi l’ha perso.

- Sociale: in senso generale è dato dal senso di “precarietà” che domina i diversi aspetti di vita. - Familiare e relazionale: le difficoltà si scaricano in primis in famiglia, e non è detto che ci sia la

capacità di reggerle e affrontarle. Conflitti, separazioni stanno aumentando”.

1.6.2 – Contesto interno

Con la determinazione numero 12 del 28.10.2015, “Aggiornamento 2015 al Piano Nazionale

Anticorruzione”, l’A.N.A.C. aveva precisato che per l’analisi del contesto interno si ha riguardo agli aspetti

legati all’organizzazione. In particolare essa è utile a evidenziare, da un lato, il sistema delle responsabilità

e, dall’altro, il livello di complessità dell’Amministrazione o Ente .

“Molti dati per l’analisi del contesto sono contenuti anche in altri strumenti di programmazione (v. Piano delle performance) o in documenti che l’amministrazione già predispone ad altri fini (v. conto annuale, documento unico di programmazione degli enti locali). È utile mettere a sistema tutti i dati già disponibili, eventualmente anche creando banche dati unitarie da cui estrapolare informazioni utili ai fini delle analisi in oggetto, e valorizzare elementi di conoscenza e sinergie interne proprio nella logica della coerente integrazione fra strumenti e della sostenibilità organizzativa” L’obiettivo ultimo è che tutta l’attività svolta venga analizzata, in particolare attraverso la mappatura dei

processi, al fine di identificare aree che, in ragione della natura e delle peculiarità dell’attività stessa,

risultano potenzialmente esposte a rischi corruttivi.

L’organizzazione del Comune è strutturata affinché i centri di responsabilità di livello apicale non dialoghino

tra loro solo seguendo una dimensione gerarchica, ma anche secondo una logica di tipo “matriciale”.

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Pertanto, le varie funzioni sono coordinate tra di loro non solo attraverso la gerarchia, ma in modo tale che

le relazioni siano governate anche e soprattutto da interdipendenze funzionali. Questo favorisce la

diffusione delle informazioni, la condivisione delle regole e la distribuzione delle responsabilità. Come

emerge da tutti i documenti organizzativi, l’organizzazione del lavoro, ancorata ai sistemi di

programmazione, è legata soprattutto ad obiettivi, programmi e progetti e trasversalità viene evidenziata

come strumento di controllo diffuso a garanzia non solo dell’agire individuale,ma della correttezza e qualità

dell’azione amministrativa.

Le Linee Guida ANCI IFEL ribadiscono lo stretto collegamento fra gestione della performance e prevenzione

della corruzione, nei termini sopra evidenziati-

Tra l’altro, la relazione accompagnatoria al PTPC relativo al triennio 2016 – 2018 si dava contezza del

percorso di costruzione di un sistema di gestione della performance, a partire dalla Linee Strategiche di

mandato, attraverso gli atti di seguito richiamati:

Deliberazione di Giunta Comunale numero 103 del 29.06.2011 “Approvazione del sistema di misurazione e

valutazione della performance del Comune di Verolanuova”;

Deliberazione di Giunta Comunale numero 154/2015, con cui è stato approvato il PEG-PDO-PERFORMANCE,

relativo al triennio 2015-2017;

Deliberazione di Giunta Comunale numero 166 del 02.11.2016 “Approvazione del Codice di Organizzazione

del Personale”, recante apposito capito rubricato “Codice di Comportamento dei dipendenti”;

Deliberazione di Consiglio Comunale numero 17 del 29.4.2018 , con la quale si è proceduto all’approvazione

dello schema del Documento Unico di Programmazione (DUP), costruendo la Sezione Operativa in coerenza

con gli obiettivi di programmazione riferita al triennio 2016 -2018, come indicato dall’articolo 169 del TU

riformulato dal D.Lgs. 118/2011.

Nell’ambito dell’attività di organizzazione, si segnala la deliberazione di Giunta Comunale numero 249 del

29.12.2015, con la quale sono stati definiti gli indirizzi per una parziale ridefinizione organizzativa dell’Ente,

nella direzione di assicurare una applicazione omogenea ed univoca degli obblighi connessi alla trasparenza

e, nel contempo di garantire un’efficace controllo sull’Area di Rischio Contratti Pubblici, in linea con le

recenti prescrizioni dell’A.N.A.C. (Determinazione 12 del 28 ottobre 2015).

Infine si sottolinea che costante è stata l’attività di monitoraggio, condotta contestualmente ai referti

semestrali del controllo di gestione, coerentemente con le direttive ANAC 12/2015.

A partire dal 2017 si perseguirà l’obiettivo di una più efficace integrazione fra gli strumenti di

programmazione strategica e Pianificazione dell’anticorruzione, anche in fase di controlli successivi.

Nello specifico:

1) la mappatura dei “processi”, già elaborata nel precedente PTPC in modo aderente a quanto

contestualizzato nelle Linee Guida ANCI -IFEL , sarà potenziata mediante l’introduzione di idonei

meccanismi di controllo. ;

2) Implimentazione degli strumenti di monitoraggio, come raccomandato dall’ANAC, mediante

l’integrazione, nella fase di controllo, di idonei strumenti di presidio agli elementi del processo e

mediante l’adeguamento delle misure di prevenzione del rischio;

3) l’introduzione, constata l’inattuabilità della rotazione del personale, di idonee misure alternative e

verifiche;

4) Infine , in appendice al Piano è stata creata apposita sezione recante l’individuazione dei

responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei documenti, delle informazioni e dei dati ai

sensi del D.Lgs. 33/2013; azione

1.7 Programma per la legalità della legge numero 190/2012. I principali strumenti previsti dalla

normativa, oltre all’elaborazione del P.N.A.

1) Adozione dei Piani territoriali di prevenzione della corruzione;

2) Adempimenti di trasparenza;

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3) Codici di comportamento;

4) rotazione del personale - obbligo di astensione in caso di conflitto di interesse;

5) disciplina specifica in materia di svolgimento di incarichi d’ufficio – attività ed

6) disciplina specifica in materia di conferimento di incarichi dirigenziali in caso di particolari attività o

incarichi precedenti (patouflage – revolving doors)

7) Incompatibilità specifiche per posizioni dirigenziali

8) Disciplina specifica in materia di formazione di commissioni, assegnazioni agli uffici, conferimento

di incarichi dirigenziali in caso di condanna penale per delitti contro la pubblica amministrazione;

9) disciplina specifica in materia di attività successiva alla cessazione del rapporto di lavoro

(pantouflage – revolving doors),

10) disciplina specifica in materia di tutela del dipendente che effettua segnalazioni di illecito (cd.

Whisteblower)

11) formazione in materia di etica, integrità ed altre tematiche attinenti alla prevenzione della

corruzione;

L’assetto normativo in materia di prevenzione della corruzione è poi completato con il contenuto dei

decreti attuativi:

1. Testo Unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e

di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma

dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, numero 190, approvato con il decreto

legislativo 31 dicembre 2012 numero 235;

2. Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di

informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, approvato dal Governo il 15 febbraio 2013,

in attuazione dei commi 35 e 36 dell’articolo 1 della legge 190 del 2012, decreto legislativo 14

marzo 2013, n.33;

3. Disposizioni in materia di inconferibilità ed incompatibilità di incarichi presso le pubbliche

amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell’articolo 1, commi 49 e

50, della legge 6 novembre 2012, n.190, decreto legislativo 8 aprile 2013 n.39;

4. Codice di comportamento per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, approvato con d.P.R.

16 aprile 2013 n.62 in attuazione dell’art.54 del D.Lgs. 165/2001, come sostituito dalla legge

190/2012;

5. Legge 7 agosto 2015 n.24 “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni

pubbliche”, in particolare l ’art.7 (Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di

prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza).

6. D.Lgs. 18 aprile 2016 n.50, recante l’approvazione del nuovo Codice degli Appalti pubblici e della

Concessioni;

7. D.Lgs. 19 agosto 2016 n.175, riforma delle società a partecipazione pubblica;

8. D.Lgs. 25 maggio 2016 n.97, recante la “Revisione e semplificazione delle disposizioni i materia di

prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza”;

CAPO II. Il Piano Territoriale di prevenzione della Corruzione

2.1 Introduzione

Le Pubbliche Amministrazioni devono adottare il P.T.P.C. ai sensi dell’articolo 1 commi 5 e 60 della legge

190/2012.

Il P.T.P.C. rappresenta il documento fondamentale dell’amministrazione per la definizione della strategia di

prevenzione all’interno di ciascuna amministrazione. Il Piano è un documento di natura programmatica che

ingloba tutte le misure di prevenzione obbligatorie per legge e quelle ulteriori, coordinando gli interventi.

Il D.Lgs. 97/2016, amplia il novero dei soggetti tenuti all’elaborazione del PTPC, includendovi:

- le Autorità portuali e quelle indipendenti;

- gli Enti pubblici economici e gli ordini professionali;

- le associazioni, le fondazioni e gli enti di diritto privato comunque denominati, anche privi di

personalità giuridica, con bilancio superiore ad euro 500.000,00, la cui attività sia finanziata in

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modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell’ultimo triennio da Pubbliche

Amministrazioni e in cui la totalità dei titolari o dei componenti dell’organo di amministrazione o di

indirizzo sia designata da Pubbliche Amministrazioni

- le società di controllo pubblico e quelle a partecipazione pubblica, così come definite dal D.Lgs. n.

175/2016 (ossia, rispettivamente, quelle in cui una o più amministrazioni esercitano poteri di

controllo di cui all’art. 2, lett. b del D.Lgs. n 175/2016; ovvero quelle in cui figurino soci pubblici o a

controllo pubblico).

Le amministrazioni definiscono la struttura ed i contenuti specifici dei P.T.P.C., tenendo conto delle funzioni

svolte e delle specifiche realtà amministrative. Al fine di realizzare un’efficace strategia di prevenzione del

rischio di corruzione, i P.T.P.C. devono essere coordinati rispetto al contenuto di tutti gli altri strumenti di

programmazione presenti nell’Amministrazione e devono essere strutturati come documenti di

programmazione, con l’indicazione di obiettivi, indicatori, misure, responsabili, tempistica e risorse,

Di seguito sono indicati, in linea con quanto stabilito dalla legge 190/2012 e dal P.N.A., gli ambiti, che

devono essere presenti all’ainterno del P.T.P.C. per una sua adeguata articolazione.

SOGGETTI: sono indicati i soggetti coinvolti nella prevenzione con i relativi compiti e le responsabilità

(responsabile della prevenzione, dirigenti, dipendenti che operano nelle aree di rischio..). Sul punto si

sottolinea che l’articolo 41 comma 1 lettera g) del D.Lgs. 97/2016 ha modificato il precedente articolo 1

comma 8 legge 190/2012, escludendo espressamente il ruolo di soggetti esterni all’Amminostrazione

nell’atticvità di elaborazione del PTPC, nonché delle misure di prevenzione della corruzione;i

AREE DI RISCHIO: risultato della valutazione del rischio, tenuto conto anche delle aree di rischio

obbligatorie (art.1, comma 16, legge 190/2012).

MISURE OBBLIGATORIE ED ULTERIORI: sono indicate le misure previste obbligatoriamente dalla legge 190

del 2012, dalle prescrizioni di legge e dal P.N.A. e quelle ulteriori ossia facoltative, con indicazione della

tempistica e collegamento con l’ambito SOGGETTI in relazione all’imputazione di compiti e di

responsabilità.

TEMPI E MODALITA’ DEL RIASSETTO: sono indicati i tempi e le modalità di valutazione e controllo

dell’efficacia del P.T.P.C. adottato e gli interventi di implementazione e miglioramento del suo contenuto;

COORDINAMENTO CON IL CICLO DELLE PERFORMANCES: gli adempimenti, i compiti e le responsabilità

inseriti nel P.T.P.C. devono essere inseriti nell’ambito del ciclo delle performances.

2.2 Ambiti del P.T.P.C.

I P.T.P.C. devono presentare almeno il seguente nucleo di dati e informazioni che saranno trasmessi in

formato elaborabile al D.F.P., attraverso moduli definiti in raccordo con l’A.N.A.C. disponibili sul sito del

Dipartimento:

Tabella 1 – Ambiti del P.T.P.C.

Ambiti Adempimenti

Processo di adozione del

Piano

- Data e documento di approvazione del Piano da parte degli organi

di indirizzo politico-amministrativo;

- Individuazione degli attori interni all’Amministrazione che hanno

partecipato alla Amministrazione che hanno partecipato alla

predisposizione del Piano nonché dei canali e degli strumenti di

partecipazione;

- Indicazione dei canali, strumenti e iniziative di comunicazione dei

contenuti del Piano;

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Gestione del rischio Indicazione delle attività nell’ambito delle quali è più elevato (comma

5 lettera a) il rischio di corruzione, d’ora in poi “aree di rischio”; le

aree di rischio obbligatorie per tutte le amministrazioni sono indicate

all’Allegato 2 del Piano Nazionale Anticorruzione, che ne riporta un

elenco minimale, cui si aggiungono le ulteriori aree individuate da

ciascuna amministrazione in base alle specificità.

Indicazione della metodologia utilizzata per effettuare la valutazione

del rischio;

Schede di programmazione delle misure di prevenzione utili a

ridurre la probabilità che il rischio si verifichi, in riferimento a

ciascuna area di rischio, con indicazione degli obiettivi, della

tempistica, dei responsabili, degli indicatori e delle modalità di

verifica dell’attuazione, in relazione alle misure di carattere generale

introdotte o rafforzate dalla legge 190 del 2012 e dai decreti

attuativi, nonché alle misure ulteriori introdotte con il PNA..

Formazione in tema

anticorruzione

Indicazione del collegamento tra formazione in tema di

anticorruzione e programma annuale della formazione;

Individuazione dei soggetti cui viene erogata la formazione in tema di

anticorruzione;

Individuazione dei soggetti che erogano la formazione in tema di

anticorruzione;

Indicazione dei contenuti della formazione in tema di anticorruzione;

Indicazione dei canali e strumenti di erogazione della formazione in

tema di anticorruzione,

Quantificazione di ore7giornate dedicate all formazione in materia di

anticorruzione;

Codici di comportamento Adozione delle integrazioni al codice di comportamento dei

dipendenti pubblici;

Indicazioni dei meccanismi di denuncia delle violazioni al codice di

comportamento;

Indicazione dell’ufficio competente a emanare pareri

sull’applicazione del codice di comportamento;

Indicazione dei criteri di rotazione del personale;

Elaborazione di direttive per l’attribuzione degli incarichi dirigenziali,

con la definizione delle cause ostative al conferimento e verifica

dell’insussistenza di cause di incompatibilità;

definizione di modalità per verificare il rispetto del divieto di svolgere

attività incompatibili a seguito della cessazione del rapporto;

elaborazione di direttive per effettuare controlli su precedenti penali

ai fini dell’attribuzione degli incarichi e assegnazione degli uffici;

adozione di misure per la tutela del whisteblower;

predisposizione di protocolli di legalità per gli affidamenti;

Realizzazione del sistema di monitoraggio del rispetto dei termini,

previsti dalla legge o dal regolamento, per la conclusione dei

procedimenti;

realizzazione del sistema di monitoraggio dei rapporto tra

l’amministrazione e i soggetti che con essa stipulano contratti e

indicazione di ulteriori iniziative nell’ambito dei contratti pubblici;

il rispetto dei termini, previsti dalla legge o dal regolamento, per la

conclusione dei procedimenti.

Realizzazione di un sistema di monitoraggio dei rapporti tra

l’amministrazione e i soggetti che con essa stipulano contratti e

indicazioni delle ulteriori iniziative nell’ambito dei contratti pubblici;

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Indicazione delle iniziative previste nell’ambito di concorsi e

selezione del personale;

Indicazione delle iniziative previste nell’ambito delle attività ispettive

– organizzaizone del sistema di monitoraggio del P.T.P.C., con

individuazione dei referenti, dei tempi e delle modalità di

informativa;

2.3 - Gli Enti locali: i soggetti, gli adempimenti e le correlate scadenze

Tabella 2

Soggetti Adempimenti Scadenze

Governo Emana i decreti in materia di trasparenza (art.1 comma 31);

Definisce, in sede di conferenza unificata, gli adempimenti

e i termini delle regioni e delle province autonome, nonché

degli enti locali e dei soggetti di diritto privato soggetti al

loro controllo, volti all’attuazione della legge 190, con

particolare riguardo (art.1 commi 60 e 61):

- Alla definizione del piano triennale;

- All’adozione di norme regolamentari da parte di

ciascuna PA per l’individuazione degli incarichi

vietati ai dipendenti;

- All’adozione da parte di ciascuna PA del codice di

comportamento;

- All’adozione degli adempimenti attuativi delle

disposizioni recate dalla legge 190/2012

Entro 6 mesi

dall’entrata in

vigore delle

legge

190/2012

Dipartimento della

funzione pubblica

Predispone il Piano nazionale anticorruzione(art,.14 comma

4 lettera c);

Coordina l’attuazione delle strategie di prevenzione e di

contrasto della corruzione e dell’illegalità nelle pp.aa.

anche tramite la fissazione dei criteri di rotazione dei

dirigenti (art.1, comma 4, lettera a) ed e);

Definisce modelli standard delle informazioni e dei dati

occorrenti per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla

legge 190/2012 (art.1, comma 4 lettera d)

Riceve dalle pp.aa. il Piano triennale di prevenzione della

corruzione adottato dall’organo di indirizzo politico.

Entro il 31

marzo di ogni

anno (legge

122/2012)

Il Primo

documento è

stato

predisposto

dal D.F.P. in

data

11.09.2013 e

approvato da

CIVIT/ANAC

con

deliberazione

72/2’13

A.N.A.C./CIVIT Approva il Piano nazionale anticorruzione predisposto dal

Dipartimento della funzione pubblica(art.1 comma 2 lettera

b);

Analizza cause e fattori di corruzione, individuando gli

interventi correttivi (art.1 comma 2, lettera c);

Esprime pareri facoltativi a tutte le pp.aa. di cui all’articolo

1 comma 2, del Tupi, in merito alla conformità di atti e

comportamenti dei funzionari pubblici alla legge, contratti

collettivi ed individuali e ai codici di comportamento(8art.1,

comma 2, lettera d);

Vigila e controlla, anche avvalendosi di poteri ispettivi e di

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ordine di adozione o rimozione di atti, l’effettiva

applicazione e l’efficacia delle misure adottate dalla p.a., ai

sensi dei commi 4 e 5 della legge 190 e del rispetto delle

regole sulla trasparenza previste dai commi da 15 a 36 della

menzionata legge anticorruzione (articolo 1, comma 2,

lettera f) e comma 3;

relaziona al Parlamento sull’attività di contrasto alla

corruzione e all’illegalità nelle p.a. e sull’efficacia delle

disposizioni in materia (art.1, comma 2, lettera g);

Riceve dalla p.a. in via telematica, le informazioni

pubblicate in materia di trasparenza ai sensi dei commi 15 e

16 della legge 190 (art.1 comma 27);

Definisce linee guida e modelli uniformi di codici di

comportamento per singoli settori o tipologie di

amministrazioni per l’adozione da parte di ciascuna di esse

dei relativi codici, che integrano quello approvato ex art.54

del Tup1 (art.1, comma 44)

Organo di indirizzo

politico

Individua il Responsabile della prevenzione e della

corruzione che, negli enti locali è di norma il Segretario,

salvo diversa motivata, opzione (art.1 comma 7);

Adotta, su proposta del Responsabile, il piano triennale di

prevenzione alla corruzione (art.1, comma 8) e lo trasmette

al Dipartimento di Funzione Pubblica (art.1 comma 8);

Entro il 31

gennaio

Responsabile della

prevenzione e

corruzione

Propone all’organo di indirizzo politico il piano triennale di

prevenzione alla corruzione (art.1 comma 5 lettera a) e

comma 8;

Definisce procedure per selezionare e formare i dipendenti

assegnati alle direzioni più esposte alla corruzione (art.1,

commi 10 e 14);

Verifica l’efficacia del Piano triennale e propone eventuali

correttivi in caso di accertate, significative violazioni, o

quando intervengono mutamenti nell’organizzazione o

nell’attività dell’amministrazione, nonché d’intesa con i

dirigenti competenti, verifica l’effettiva rotazione degli

incarichi (art.1 comma 10, lett.a – c):

Pubblica sul sito web della p.a. una relazione recante i

risultati dell’attività svolta e ne cura la trasmissione

all’organo di indirizzo politico, riferendo altresì a quest’ultimo

sulla sua attività quando ne sia richiesto (art.1 comma 14)

In tempo per

l’adozione del

relativo piano

triennale

Entro il 31

gennaio di ogni

anno

Entro il 15

dicembre di

ogni anno

Soggetto individuato

da ciascuna p.a.,

secondo la propria

organizzazione

Definizione e trasmissione al Dipartimento della Funzione

Pubblica delle procedure di selezione e formazione del

personale operante nei settori più esposti alla corruzione e

per la rotazione dei dirigenti e funzionari (art.1, comma 5,

lett.b);

Trasmissione all’A.N.A.C. dei dati (inclusi curricula) a rilevare

le posizioni dirigenziali per le finalità di prevenzione alla

corruzione di cui all’articolo 1 1 , commi da 1 a 14 della legge

190 (art.1 commi 39 e 40),

Definizione, con procedura aperta e previo parere

Entro il 31

gennaio di ogni

anno

Secondo i tempi

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obbligatorio dell’Organismo interno di valutazione, del codice

di comportamento che integra quello definito dal Governo, ai

sensi dell’articolo 54 commi 1, 2 e 5, del Tupi, sul cui rispetto

vigileranno i dirigenti;

Verifica annuale dello stato di applicazione del Codice di

comportamento (art.1, commi 44 e 45)

Verifica che il PTPC sia trasmesso, esclusivamente per via

telematica, secondo istruzioni previste sul sito del DFP

(www.funzionepubblica.it) sezione anticorruzione. Non è

consentira la trasmissione di documenti cartacei.

fissati

dall’A.N.A.C

Prefetto Fornisce, su richiesta, il necessario supporto tecnico e

informativo agli Enti Locali per la predisposizione del piano

anticorruzione, anche al fine di assicurare che essi siano

formulati ed adottati nel rispetto delle linee guida del P.N.A.

(art.1 comma 6)

CAPITOLO III – PTPC 2017 -2019

3.1 Il Sistema di valutazione delle aree di rischio

Come da indicazioni fornite nell'allegato 1 al Piano Nazionale Anticorruzione, sezione B.1.2.1 e dal

successivo aggiornamento ad opera della deliberazione ANAC 12/2015, il processo di valutazione e gestione

del rischio descritto nel PNA rappresenta un supporto per le amministrazioni, ma non è vincolante per le

stesse, considerato il carattere progressivo che l'implementazione del sistema di prevenzione può avere. Le

PP.AA. possono avvalersi di altre metodologie di valutazione e gestione.

Il Comune di Verolanuova, già nel PTPC 2015-2017 aveva esplicitato le aree e i processi a più alto rischio

conformemente alla Direttiva CIVIT 72/2013, evidenziando, in aggiunta all’analisi dei processi delle aree di

rischio ivi definite (“aree di rischio obbligatorie”), ulteriori aree di rischio specifiche. Schematizzando:

- autorizzazioni, concessioni, permessi, licenze, irrogazione di sanzioni, verifiche fiscali e istituti

- deflattivi del contenzioso;

- provvedimenti adottati in sede di autotutela amministrativa non disciplinati da specifiche

disposizioni

- normative o regolamentari;

- concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché

attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati;

- scelta del contraente per l’affidamento di lavori, servizi, forniture, locazioni attive e passive,

concessione di beni e servizi, tutte le procedure successive relative all'esecuzione dei contratti

e ai relativi collaudi e liquidazioni;

- concorsi e prove selettive per l’assunzione di personale, collaboratori, consulenti;

- scelta del contraente per l’affidamento di lavori, servizi, forniture, con particolare attenzione

alle

- procedure “in economia”, approvazione di varianti in corso d’opera di lavori, contabilità finali;

Con il l’aggiornamento del 2016, si è proceduto ad adeguare il Documento di mappatura dei rischi ai

processi sviluppati nel Documento di aggiornamento del P.N.A.

L’analisi del rischio è quindi consistita nella valutazione, in concreto, della probabilità che il rischio si realizzi

e delle conseguenze che il rischio produce (probabilità e impatto). La determinazione del livello di rischio è

stata rappresentata da un valore alfanumerico.

Per ciascun rischio catalogato sono stati stimati il valore della probabilità e il valore dell’impatto, anche

tenendo conto dei criteri di cui alla Tabella Allegato 5 al Piano Nazionale Anticorruzione.

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La Delibera dell’Autorità Nazionale Anticorruzione numero 831/2016 ha sostanzialmente confermato

l’impianto introdotto dal PNA 2013.

In fase di predisposizione del nuovo Piano, accogliendo i suggerimenti sono state aggiornate le misure di

prevenzione del rischio e il sistema di monitoraggio.

Si confermano inoltre gli ambiti relativi a quelle funzioni pubbliche, regolate da norme di carattere

nazionale, che vengono gestite da strutture organizzative all’uopo dedicate:

Funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell'ambiente - Urbanistica e gestione del territorio

- Attività di rilascio dei titoli abilitativi all’edificazione (permessi, DIA, SCIA) e relative attività di vigilanza,

controllo ed accertamento, verifiche ed ispezioni di cantiere

- Urbanistica negoziata (piani attuativi e piani integrati di intervento)

- Pianificazione urbanistica generale ed attuativa

Funzioni di conservazione di beni dell’amministrazione comunale o di terzi - Oggetti rivenuti

- Oggetti sottoposti a sequestro

- Materiale custodito nei magazzini comunali

L' ANAC indica come obiettivi strategici:

- ridurre le opportunità che si manifestino casi di corruzione

- aumentare la capacità di scoprire casi di corruzione

- creare un contesto sfavorevole alla corruzione.

Come già dichiarato in premessa, la valutazione che ha portato ad individuare nel PTPC 2016 -2018 ed a

confermare nel presente piano 2017 - 2019 le attività e le funzioni a più alto rischio, cosi come la

definizione delle misure organizzative che tendono a ridurne la “rischiosità”, è avvenuta cercando di dare

risposta a questi principi.

In particolare si conferma con il presente piano la griglia di valutazione che individua, struttura

organizzativa per struttura organizzativa, le attività e le funzioni riconducibili all’elenco riportato sopra.

Per ciascun processo è stata prodotta una tabella di valutazione del rischio che ha tenuto conto del/della:

Probabilità che un evento accada (valutazione della probabilità)

BASSA Il processo è interamente vincolato da norme (leggi, regolamenti, discipline

interne)

MEDIA Il processo di lavoro è parzialmente regolato (discipline interne quali circolari

e direttive)

ALTA Il processo di lavoro è interamente discrezionale

Frequenza dell’accadimento (valutazione della probabilità/frequenza)

BASSA L’attività ha natura non prevedibile o eccezionale

MEDIA L’attività ha natura saltuaria

ALTA L’attività ha natura ripetitiva o ciclica

Gravità del danno che ne può derivare (valutazione di impatto))

BASSO L’azione ha ricadute solo sull’organizzazione interna

MEDIO L’azione ha ricadute di tipo economico e di immagine per l’Amministrazione

ALTO L’azione ha ricadute economiche o giuridiche dannose nei confronti dei

cittadini, delle imprese e di altri enti

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Dove

BASSO = 1- Valore di sintesi inferiore a 6 – rischio basso

MEDIO = 2 – Valore di sintesi da 6 a 8 rischio medio

ALTO = 3 – Valore di sintesi > 8 Rischio alto

A seconda della prevalenza dei singoli giudizi di valutazione sono state individuate la maggiore o minore

incisività delle misure di contrasto.

3.2 Il percorso

Il presente aggiornamento 2017-2019 del PTPC è stato redatto previa puntuale revisione, a cura dei

responsabili delle strutture organizzative di riferimento, delle schede di cui all'allegato III) al presente piano

“Documento di mappatura dei rischi con indicazione delle azioni correttive e delle responsabilità” e le

opportune valutazioni e considerazioni.

3.3.. Le misure

Posto che, in questo particolare momento della storia civica del paese, trasparenza dell’attività

amministrativa significa scoprire e rendere chiari i processi decisionali di natura discrezionale e, quindi, che

vengano resi chiari e conoscibili i percorsi e le motivazioni che hanno portato alle decisioni, per fugare

anche il solo dubbio circa l’imparzialità e la responsabilità dell’azione amministrativa, è attraverso questi

processi che si cerca non solo di ridurre il rischio dell’infedeltà e dei comportamenti censurabili sotto il

profilo penale, contabile ed amministrativo, ma anche di rassicurare sulla correttezza dell’agire pubblico.

Diventa fondamentale, per coltivare una relazione di fiducia con i cittadini, introdurre strumenti di controllo

e di pubblicità, innanzitutto su quei processi dove la discrezionalità è fondamentale per garantire il buon

andamento gestionale.

3.4 Rischi specifici

Per ogni struttura organizzativa sono stati individuati i procedimenti amministrativi ed i processi di specifica

competenza di cui al capitolo precedente.

Per ogni singolo procedimento/processo sono stati indicati i valori di rischio, anche in relazione alla

quantificazione economica del danno.

In particolare sono stati definiti i rischi specifici rispetto alla valutazione del danno organizzativo:

Attività

- Mancata trasparenza nel procedimento amministrativo e nella definizione del provvedimento

finale:

- danno all’immagine della Amministrazione comunale

- Rallentamento dei procedimenti e dei processi di lavoro: danno alla produttività ed all’efficienza

- dell’Ente

- Omesso controllo in via di autotutela: danno alla competitività dell’organizzazione

- Istruttoria non approfondita o non strutturata, attribuzione di provvidenze/licenze, autorizzazioni,

permessi ed utilità diverse non dovute/i: rischio di contenzioso e danno economico all’Ente.

Funzioni

- Omesso o ritardato controllo: danno alla competitività dell’organizzazione

- Disparità di trattamento di situazioni giuridiche assimilabili: danno all’immagine dell’organizzazione

3.5 Azioni di contrasto

Nell’individuazione delle azioni di contrasto sono state definite diverse strategie di intervento, alcune di

carattere generale, o per meglio dire “strutturale”. Ci si riferisce:

- all'introduzione e revisione dei modelli operativi generali che riguardano l’attività amministrativa

dell’Ente, che individuano strategicamente nella trasparenza (total disclosure) un potente effetto di

contrasto

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- alla revisione del sistema dei controlli sul personale addetto alle funzioni giudicate a rischio

medio/alto

- al monitoraggio con procedure interne di controllo (audit interno)

- alla standardizzazione attraverso l’attività regolamentare, la digitalizzazione delle procedure

amministrative e le carte dei servizi.

3.6 Modalità applicative – Monitoraggio sull’attuazione delle misure

L’attività di monitoraggio sarà effettuata in concomitanza con il referto semestrale del Controllo di

Gestione. A tale scopo saranno predisposti specifici indicatori di monitoraggio, associati a ciascuna misura.

Queste indicazioni andranno ad integrare la tabella allegata al piano annuale, con le indicazioni delle

modalità e dei tempi di controllo.

CAPITOLO IV. Il PTPC 2017-2019

4 .1 - La struttura “anticorruzione” ( responsabile e referenti )

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 1, comma 7, della legge 190/2012, il responsabile della “prevenzione della

corruzione” (in seguito solo Responsabile) è individuato nella figura del Segretario Generale.

Lo stesso Responsabile si avvale, per la redazione del piano, della collaborazione e del contributo dei

Responsabili di Settore, che possono formulare pareri e proposte ai fini della completezza e della coerenza

del piano con le attività e la programmazione dell’ente.

L’apporto collaborativo dei responsabili sarà attivato anche nelle successive fasi di monitoraggio.

Il Responsabile esercita i compiti attribuiti dalla legge e dal presente Piano, in particolare:

a) elabora la proposta di PTPC ed i successivi aggiornamenti da sottoporre all'organo di indirizzo

politico ai fini della necessaria approvazione;

b) verifica l'efficace attuazione del Piano e la sua idoneità e propone la modifica dello stesso quando

siano accertate significative violazioni delle relative prescrizioni, ovvero quando intervengano

mutamenti rilevanti nell'organizzazione o nell'attività dell'Amministrazione;

c) coordina, d'intesa con i Responsabili di Settore, l'attuazione del Piano anche con riferimento alla

rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più

elevato il rischio di corruzione;

d) definisce le procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti che operano in ambiti

individuati quali particolarmente esposti al rischio di corruzione;

e) entro il 15 dicembre di ogni anno pubblica, sul sito web istituzionale dell'ente, una relazione

recante i risultati dell'attività svolta e la trasmette alla Giunta Comunale. Su richiesta di quest'ultima

o di propria iniziativa, il Responsabile riferisce in ordine all'attività espletata.

Referenti

Ai Responsabili di Settore vengono attribuiti, a ciascuno in ragione del proprio ambito di competenza, i

seguenti compiti:

a) svolgono attività informativa nei confronti del Responsabile, affinché questi possa avere elementi e

riscontri sull'intera organizzazione ed attività dell'amministrazione e di costante monitoraggio

sull'attività svolta ai sensi del presente piano;

b) partecipano al processo di gestione del rischio;

c) propongono la revisione e l'aggiornamento delle misure di prevenzione;

d) assicurano l’osservanza del Codice di comportamento e verificano le ipotesi di violazione;

e) svolgono attività di formazione per il personale assegnato in base a quanto previsto nel Piano di

formazione;

f) adottano le misure gestionali, quali l’avvio di procedimenti disciplinari, la sospensione e la rotazione

del personale;

g) osservano le misure contenute nel presente PTPC.

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4.2 . I tempi del piano: redazione e aggiornamento

Il “Piano per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità” ha validità triennale, viene

declinato in obiettivi ed attività annuali con la predisposizione degli atti di programmazione esecutiva, di cui

diventa allegato, ed è pertanto correlato alla programmazione annuale e triennale prevista.

Il monitoraggio del presente Piano, finalizzato alla verifica sui tempi e sullo stato di avanzamento delle

attività obbligatorie che ne discendono, sarà effettuato contestualmente ai monitoraggi del

PEG/PDO/PERFORMACE dell'Ente.

4.3 . Le modalità di redazione del piano

Il piano, che deve avere finalità di sollecitazione e di impulso a comportamenti organizzativi che facilitino la

comprensione e la chiarezza dell’attività amministrativa in generale, viene redatto avvalendosi del

contributo di tutte le strutture dell’ente che propongono e adeguano la loro azione alle misure in esso

contenute.

4.4. La trasparenza

La trasparenza dell’attività amministrativa, intesa come “piena accessibilità”, è oggetto del Piano per la

trasparenza e l'integrità di cui all’allegato I) del presente piano.

Come già anticipato, si rammenta che il D.Lgs. 97/2016 ha modificato l’articolo 10 del D.Lgs. 33/2013.

Pertanto, in appendice al Piano è stata creata apposita sezione recante l’individuazione dei responsabili

della trasmissione e della pubblicazione dei documenti ai sensi del D.Lgs. 33/2013. appo

4.5. Gli atti amministrativi – l’accessibilità

Al fine di favorire l’accessibilità e quindi la piena comprensione dei cittadini tutti agli atti della P.A., il

responsabile provvederà a definire gli standard delle informazioni che devono accompagnare l’attività

regolamentare dell’ente, da inserire in apposita scheda informativa che accompagnerà, ai fini della

pubblicazione, i provvedimenti normativi.

In particolare dovranno essere indicati i riferimenti legislativi, i potenziali interessati del provvedimento, gli

esiti in termini di efficienza, produttività, competitività dell’organizzazione e miglioramento dell’immagine

istituzionale, ai fini del presente piano.

Le schede conoscitive verranno progressivamente introdotte per tutti gli atti aventi valenza generale,

attraverso la programmazione del “Piano per la trasparenza e l’integrità”.

4.6 - Il personale: la rotazione

La misura, prevista dall’articolo 1. commi 5 e 10 legge 190/2012 e riprodotta dal PNA 2013, è stata oggi

opportunamente rimodulata attraverso l’introduzione di rimedi alternativi, alla luce delle criticità rilevate

dall’ANAC.

Le soluzioni adottate sono state da un lato il potenziamento della trasparenza, dall’altro la frammentazione

dei processi decisionali.

4.7 - Il persona le: la formazione

La formazione del personale è strumento fondamentale per promuovere, come azione preventiva, la

cultura della legalità, dell’etica e della professionalità quali valori di base per l’organizzazione.

Una formazione adeguata favorisce infatti la conoscenza e la condivisione degli strumenti di prevenzione, la

diffusione di omogenei principi di comportamento e di corrette modalità di svolgimento dei procedimenti

amministrativi, con attenzione prioritaria alle attività maggiormente esposte al rischio di corruzione.

Le attività formative saranno inserite nel Piano di formazione del biennio 2017-2018 in funzione dei

destinatari e saranno erogate con modalità d’aula e/o a distanza, come di seguito precisato:

4.7.1 Formazione generale di base - rivolta a tutti i dipendenti

etica del lavoro pubblico; principi costituzionali; legislazione, regolamenti interni, conoscenza del piano

anticorruzione e del piano della trasparenza dell’Ente e discussione delle modalità pratiche di attuazione;

conoscenza del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (D.P.R. n. 62/2013) e del Codice di

comportamento integrativo dei dipendenti dell'Ente.

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4.7.2 Formazione avanzata - rivolta ai responsabili di posizione organizzativa

normativa specifica (es.: modifiche al Codice Penale); tecniche e strumenti di “risk management” per

l’individuazione e gestione del rischio corruttivo; trasparenza quale strumento di prevenzione della

corruzione; connessioni tra il Piano di prevenzione della corruzione e i sistemi di programmazione

strategica e operativa dell’Ente; conoscenza del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (D.P.R.n.

62/2013) e del Codice di comportamento integrativo dei dipendenti dell'Ente.

4.7.3 Formazione specifica – per tutti gli addetti alle funzioni a rischio alto

regole di comportamento su specifiche attività a rischio; corrette procedure di scelta del contraente, di

rilascio di permessi, autorizzazioni e vantaggi economici; verifiche e ispezioni; procedimenti sanzionatori;

ecc.

Nel documento di rendicontazione finale saranno indicate le attività formative realizzate, il numero dei

dipendenti coinvolti ed i relativi ambiti lavorativi.

4.8 - Il personale: le incompatibilità , il cumulo di impieghi ed incarichi

Le PPAA di cui all’art.1 comma 2, del D.Lgs. 165/2001, gli enti pubblici economici e gli enti di diritto privato

in controllo pubblico sono tenuti a verificare la sussistenza di eventuali situazioni di incompatibilità nei

confronti dei titolari di incarichi previsti nel Capi V e VI del D.Lgs. 39 del 2013, per le situazioni contemplate

nei medesimi Capi.

Il Controllo deve essere effettuato:

1. All’atto del conferimento dell’Incarico;

2. Annualmente e su richiesta nel corso del rapporto.

Se la situazione di incompatibilità emerge al momento del conferimento dell’incarico, la stessa deve essere

rimossa prima del conferimento. Se la situazione di incompatibilità emerge nel corso del rapporto, il

responsabile della prevenzione contesta la circostanza all’interessato ai sensi degli articoli 15 e 19 del D.Lgs.

39 del 2013 e vigila affinché siano prese le misure conseguenti.

Le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici e gli enti di diritto privato in controllo pubblico devono:

1. Impartire direttive interne affinché negli interpelli per l’attribuzione degli incarichi siano inserite

espressamente le cause di incompatibilità;

2. Impartire direttive affinché i soggetti interessati rendano la dichiarazione di insussistenza delle cause

di incompatibilità all’atto del conferimento dell’incarico e nel corso del rapporto;

Le direttive devono essere adottate senza ritardo. Le misure sono menzionate nel PTPC, ove la sua

adozione sia attuata dall’ente.

Fuori dalle ipotesi contenute nella Legge n. 190 del 06/11/2012, così come integrate dal vigente Codice di

Organizzazione del Personale, ogni prestazione esterna, anche a titolo gratuito e comprese le prestazioni di

cui all’art. 53 -comma 6 - del D.Lgs. 165/2001 e sue successive modificazioni ed integrazioni, sono

comunicate preventivamente, a cura del dipendente/responsabile di settore, al competente ufficio

personale, per le valutazioni e le opportune attestazioni in relazione all’oggetto dell’incarico, alle modalità

ed ai tempi di esecuzione della prestazione, all’insussistenza di situazioni di incompatibilità ai sensi della

normativa vigente ed all’assenza di situazioni di conflitto di interesse, anche potenziale, che pregiudichino

l’esercizio imparziale delle funzioni attribuite dall’Amministrazione Comunale al dipendente/responsabile di

settore.

Si confermano anche per il 2017 le misure previste nel 2016 in attesa della formalizzazione delle nuove

Linee Guida ANAC.

4.8.1 Conferimento di incarichi dirigenziali in caso di particolari attività o incarichi precedenti

(pantouflage- revolving doors)

Le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.lgs. 165 del 2001, gli enti pubblici

economici e gli enti di diritto privato in controllo pubblico sono tenuti a verificare la sussistenza di eventuali

condizioni ostative in capo ai dipendenti e/o soggetti cui l’organo di indirizzo politico intende conferire

incarico all’atto del conferimento di incarichi dirigenziali e degli altri incarichi previsti nei suddetti Capi,

salva la valutazione di ulteriori situazioni di conflitto di interesse o cause impeditive.

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L’accertamento avviene mediante dichiarazione sostitutiva di certificazione resa dall’interessato nei termini

e alle condizioni di cui all’art.46 D.P.R. 445/2000 pubblicato sul sito dell’Amministrazione o dell’ente

pubblico conferente (art.20 D.Lgs. 39/2013).

Se all’esito della verifica risulta la sussistenza di una o più condizioni ostative, l’Amministrazione ovvero

l’ente pubblico economico ovvero l’ente di diritto privato in controllo pubblico si astengono dal conferire

l’incarico e provvedono a conferire l’incarico nei confronti di altro soggetto.

In caso di violazione delle previsioni di inconferibilità, secondo l’articolo 17 del D.Lgs. 39/2013 l’incarico è

nullo e si applicano le sanzioni previste dall’articolo 18 del medesimo D.Lgs.

4.9. -Il personale: il Codice di comportamento

Il Codice di Organizzazione del personale, comprendente anche il Codice di Comportamento, approvato con

deliberazione di Giunta Comunale numero 112 del 23.05.2015, viene integralmente confermato senza

alcuna variazione e allegato al presente piano (Allegato II).

Ai sensi dell'art. 6-bis della Legge n. 241/1990, introdotto dalla Legge n. 190/2012 con l'art. 1, comma 41, “Il

responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale”. Il dipendente, pertanto, ha il dovere di segnalare al proprio dirigente ed al Segretario Generale,

Responsabile del piano, ogni ipotesi di conflitto di interessi personale o d'incompatibilità anche potenziale.

In questo caso il provvedimento finale è adottato dopo l’apposizione del visto da parte del Segretario

Generale.

A tal fine ed a scopo cautelare, nel rispetto del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (D.P.R.

n. 62 del 16/04/2013) e del Codice di comportamento integrativo dei dipendenti dell'Ente, il personale

con funzione apicale dovrà sottoscrivere apposita dichiarazione di responsabilità prima dell'assegnazione di

un nuovo incarico di posizione organizzativa

4.10 Il per sonale: le condanne penali

Nel caso in cui un dipendente/dirigente sia stato condannato con sentenza, anche non passata in giudicato,

per i reati in cui l’elemento soggettivo è la qualità di pubblico ufficiale, a prescindere dall’entità della

sanzione la gestione del rapporto di lavoro viene affidata al Segretario Generale, con compiti di vigilanza e

controllo sull’attività del medesimo.

4.11 Adozione di misure per la tutela del dipendente che segna la illeciti (Tutela del Whistleblower )

La disposizione dell'art. 54-bis del D.Lgs. 165/2001, come introdotto dall'art. 1, comma 51, della Legge

190/2012, è finalizzata ad evitare che il dipendente ometta di effettuare segnalazioni di illecito per il

timore di subire conseguenze pregiudizievoli.

Nei confronti del dipendente che segnala condotte illecite ai fini del presente Piano, vengono individuate

tre diverse misure di tutela:

- la tutela dell'anonimato;

- il divieto di discriminazione nei confronti del whistleblower;

- la previsione che la denuncia sia sottratta al diritto di accesso, fatta esclusione delle ipotesi

eccezionali di cui al comma 2 dell'art. 54-bis del D.Lgs. 165/2001 in caso di necessità di svelare

l'identità del denunciante.

4.11.1 Tutela dell’anonimato

L’identità del segnalante deve essere protetta in ogni contesto successivo alla segnalazione.

La segnalazione deve essere assegnata al protocollo riservato e trasmessa al Responsabile, con eventuale

invio di tale segnalazione da parte del Responsabile stesso all’Autorità Giudiziaria e all'ufficio per i

procedimenti disciplinari, ove se ne configurino gli estremi.

Da quel momento l’identità del segnalante può essere rivelata all’autorità disciplinare e all’incolpato

esclusivamente nei seguenti casi:

- consenso del segnalante;

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- la contestazione è fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell'identità è

assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato. Tale circostanza può emergere solo a

seguito dell’audizione dell’incolpato ovvero dalle memorie difensive che lo stesso produce nel

procedimento. L'identità del segnalante non può essere rivelata, salvo consenso dell'interessato,

qualora:

- la contestazione dell'addebito disciplinare è fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla

segnalazione. Si tratta dei casi in cui la segnalazione è solo uno degli elementi che hanno fatto

emergere l’illecito, ma la contestazione avviene sulla base di altri fatti da soli sufficienti a far

scattare l’apertura del procedimento disciplinare.

4.11.2 Divieto di discriminazione

Il dipendente che ritiene di aver subito una discriminazione per il fatto di aver effettuato una segnalazione

di illecito, deve dare notizia circostanziata dell’avvenuta discriminazione al Responsabile, il quale valuta la

sussistenza degli elementi per effettuare la segnalazione di quanto accaduto al Dirigente competente,

all’ufficio procedimenti disciplinari e al Servizio legale dell’Ente per le valutazioni del caso a tutela

dell’amministrazione comunale.

Il dipendente che ritiene di aver subito una discriminazione per il fatto di aver effettuato una segnalazione

di illecito può dare notizia dell’avvenuta discriminazione all’organizzazione sindacale alla quale aderisce o

ad una delle organizzazioni sindacali rappresentative del comparto presenti nell’Amministrazione e/o al

Comitato Unico di Garanzia (C.U.G.).

Resta salva in ogni caso la tutela delle proprie ragioni che il segnalante può attivare in sede amministrativa

o civile.

4.11.3 Sottrazione della denuncia al diritto di accesso

La denuncia non può essere oggetto né di visione né di estrazione di copia, ricadendo nell’ambito delle

norme inerenti al “diritto di accesso” di cui all'art. 22 e seguenti della Legge 241/1990, fatta eccezione per

le limitate ipotesi in cui sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato.

4.12 Il sistema dei controlli e gli organismi partecipati

Si premette che le partecipazioni societarie detenute dal Comune di Verolanuova in misura maggioritaria e

delle quali si avvale nella gestione di taluni servizi, non hanno le caratteristiche di società “strumentali”.

La determinazione ANAC n.8/2015 ha esplicitato gli obblighi posti a carico degli organismi partecipati,

chiarito che “gli enti pubblici economici, ancorché svolgano attività di impresa, sono da ritenersi tra i

soggetti destinatari della normativa in materia di anticorruzione e trasparenza in quanto enti che

perseguono finalità pubbliche”

E’ compito delle amministrazioni controllanti vigilare sull’adozione delle misure di prevenzione della

corruzione e sulla nomina del RPC da parte delle società controllate. A tal fine le amministrazioni

prevedono apposite misure, anche organizzative, all’interno dei propri piani di prevenzione della

corruzione.….

A partire dal 2016, si procederà alla predisposizione di un “Modello di Governance” degli organismi

partecipati dal Comune, previa acquisizione delle informazioni che consentano al Comune il monitoraggio

e controllo riguardo l’attuazione degli obblighi in materia di anticorruzione e trasparenza.Inoltre, a seguito

delle nuove disposizioni normative introdotte con il D.L. 174/2012, convertito con modificazioni dalla legge

4.13 In tema di legalità e trasparenza – Patti di integrità negli affidamenti

Le PPAA e le stazioni appaltanti, in attuazione dell’art.1, comma 17 della legge 190/2012, predispongono e

utilizzano protocolli di legalità o patti di integrità per l’affidamento di commesse. A tal fine, una prima

azione consiste nel dare efficace comunicazione e diffusione alla strategia di prevenzione dei fenomeni

corruttivi impostata e attuata mediante PTPC e alle connesse misure.

Considerato che l’azione di prevenzione e contrasto della corruzione richiede un’apertura di credito e di

fiducia nella relazione con i concittadini, gli utenti, le imprese che possa nutrirsi anche di rapporto continuo,

alimentato dal funzionamento di stabili canali di comunicazione, le PPAA valutano modalità, soluzioni

organizzative e tempi per l’attivazione di canali dedicati alla segnalazione (dall’esterno

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dell’Amministrazione, anche in forma anonima, ed in modalità informale) di episodi di cattiva

amministrazione, conflitto di interessi, corruzione, anche valorizzando il ruolo degli uffici per la relazione

con il pubblico (URP) quale rete organizzativa che opera come interfaccia comunicativa esterno/interno.

In tema di legalità, preme ricordare che con deliberazione di Giunta Comunale numero 242 del 17.12.2015,

il Comune di Verolanuova ha aderito al PATTO ETICO concernente lo sviluppo di iniziative per la trasparenza

degli appalti e l’affermazione della legalità nel lavoro, quale strumento finalizzato a garantire maggior

trasparenza degli appalti e di lotta al lavoro irregolare, con l’obiettivo di qualificare il sistema degli appalti di

opere e servizi attraverso la trasparenza delle procedure, favorendo la creazione di un mercato nel quale si

affermino soggetti in grado di offrire un prodotto rispondente alle richieste progettuali, sia in termini di

qualità, che di capacità professionali e di

4.15 La rendicontazione

Nell'attività di rendicontazione il Responsabile del piano produrrà la relazione annuale di cui all'art. 1,

comma 14, della Legge 190/2012, con i suggerimenti e le prescrizioni da adottare in termini di

miglioramento dei processi di lavoro, delle procedure e della qualità dei servizi, di accesso, trasparenza e

chiarezza dell’attività amministrativa, da inserire nella programmazione annuale dell’ente.

ELENCO ALLEGATI

I) Scheda di individuazione dei responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei

documenti ai sensi del D.Lgs. 33/2013.

II) Codice di comportamento del personale dipendente del Comune di Verolanuova (Estratto dal

Codice di Organizzazione del Personale);

III) Documento di mappatura dei rischi con indicazione delle azioni correttive e delle responsabilità