Comune di Castelnovo ne’ Monti b i o- g r a f i a · 2012. 6. 25. · Castello delle Carpinete...

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bio -grafia Comune di Castelnovo ne’ Monti Comune di Villa Minozzo Comaune di Carpineti Comune di Busana Comune di Casina Comune di Ramiseto Comune di Collagna L’organo di Matilde Matilde di Canossa è stata una delle donne più famose e potenti della nostra storia. Aveva due grandi passioni: il potere e l’organo. Passava ore a deliziarsi con i vari organi che pare avesse sparso nei castelli in cui, a turno, risiedeva. Li suonava personalmente e si dice ne traesse alto godimento. Questo è la fedele ricostruzione del suo preferito. Camillo Canovi Nato a Castelnovo ne’ Monti nella prima metà del secolo scorso, vive e lavora (si fa per dire) a Montecastagneto. Appassionato di lavori manuali, si cimenta in scultura, creazione e impagliatura di sedie, costruzione di mobili unici, intreccio del vimine e di tutto ciò si può ricavare dalla lavorazione di materiali naturali (predilige, infatti, elementi poveri: pietre murarie, vecchi mattoni, sassi di fiume, legni di recupero, ecc...). Concepisce l’arte come un gioco e si definisce artigiano piuttosto che artista. Sparavalle Saccaggio Pieve di San Vitale Castello delle Carpinete Faieto La Canala Pianzo Casina Pieve di Castelnovo ne’ Monti Monte Castello Ginepreto Nasseta Lago Pranda Lago Calamone Case Bagatti

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    L’organo di MatildeMatilde di Canossa è stata una delle donne più famosee potenti della nostra storia. Aveva due grandi passioni:il potere e l’organo.Passava ore a deliziarsi con i vari organiche pare avesse sparso nei castelli in cui, a turno, risiedeva.Li suonava personalmente e si dicene traesse alto godimento.Questo è la fedele ricostruzione del suo preferito.

    Camillo CanoviNato a Castelnovo ne’ Monti nella prima metà del secolo scorso, vive e lavora (si fa per dire) a Montecastagneto.Appassionato di lavori manuali, si cimenta in scultura, creazione e impagliatura di sedie, costruzione di mobili unici, intreccio del vimine e di tutto ciò si può ricavare dalla lavorazione di materiali naturali (predilige, infatti, elementi poveri: pietre murarie, vecchi mattoni, sassi di fiume, legni di recupero, ecc...).Concepisce l’arte come un gioco e si definisce artigiano piuttosto che artista.

    Sparavalle

    Saccaggio

    Pieve di San Vitale

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    FaietoLa Canala

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    Camillo CanoviNato a Castelnovo ne’ Monti nella prima metà del secolo scorso, vive e lavora (si fa per dire) a Montecastagneto.Appassionato di lavori manuali, si cimenta in scultura, creazione e impagliatura di sedie, costruzione di mobili unici, intreccio del vimine e di tutto ciò si può ricavare dalla lavorazione di materiali naturali (predilige, infatti, elementi poveri: pietre murarie, vecchi mattoni, sassi di fiume, legni di recupero, ecc...).Concepisce l’arte come un gioco e si definisce artigiano piuttosto che artista.

    Arsentell“Il curiûŝ cmé n’arsantèla”, è un vecchio detto

    e se percorrete questo sentierovi accorgerete che è frequentato da questo animaletto,

    molto curioso, che si materializzerà

    su qualche sasso al vostro passaggio.

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    Ragno PrandaSe siete aracnofobici, non alzate gli occhiperchè su questi faggi vive l’unico esemplare al mondodel “ragno Pranda”.Ha dimensioni notevoli e, come tutti i ragni,vive di insetti che cattura con la sua ragnatelaanche se non disdegna di partecipare ai vostri pic-nic.Ma non temete, è assolutamente innocuoe potete accarezzarlo come fosse un gatto.

    Camillo CanoviNato a Castelnovo ne’ Monti nella prima metà del secolo scorso, vive e lavora (si fa per dire) a Montecastagneto.Appassionato di lavori manuali, si cimenta in scultura, creazione e impagliatura di sedie, costruzione di mobili unici, intreccio del vimine e di tutto ciò si può ricavare dalla lavorazione di materiali naturali (predilige, infatti, elementi poveri: pietre murarie, vecchi mattoni, sassi di fiume, legni di recupero, ecc...).Concepisce l’arte come un gioco e si definisce artigiano piuttosto che artista.

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    Quadro d’autoreTitolo dell’opera: “pietra di Bismantova”Dimensioni: 180 x 70Tecnica: arenaria su cielo azzurroAutore: sicuramente un dioEpoca: milioni di anni

    Dopo la Gioconda al Louvre, la Donna con l’ermellino alla National Gallery,i Girasoli alla Tate Gallery, ora potete dire di aver visto il capolavoroche vi mancava, proprio qui sull’Appennino reggiano.

    Camillo CanoviNato a Castelnovo ne’ Monti nella prima metà del secolo scorso, vive e lavora (si fa per dire) a Montecastagneto.Appassionato di lavori manuali, si cimenta in scultura, creazione e impagliatura di sedie, costruzione di mobili unici, intreccio del vimine e di tutto ciò si può ricavare dalla lavorazione di materiali naturali (predilige, infatti, elementi poveri: pietre murarie, vecchi mattoni, sassi di fiume, legni di recupero, ecc...).Concepisce l’arte come un gioco e si definisce artigiano piuttosto che artista.

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    P-ortoLuogo: via Foina a Casina

    Orto della Lia e della Sara

    Da un’idea di Emanuele Ferrari

    Progetto e realizzazione:

    James Bragazzi, Emanuele Ferrari

    Testi: Emanuele Ferrari

    Fotografie: James Bragazzi

    James Bragazzi ed Emanuele FerrariJames Bragazzi ed Emanuele Ferrari s’incontrano per

    la prima volta nel secolo scorso. Il primo ha bisogno di

    una biro per scrivere un appunto per strada, mentre sta

    fissando una gru che abbatte un vecchio pino. Il secondo,

    allora quindicenne o poco più, gliela presta non ricevendo

    indietro nulla. Poi passa del tempo e il primo cammina

    e scatta e sale le montagne e attraversa i deserti e scatta

    dovunque si può scattare, fermandosi a volte a guardare

    quello che ha fatto. Il secondo abbandona lentamente il

    mondo dei numeri e inizia a scrivere, prima delle cose

    illeggibili, poi delle cose quasi passabili, ma un po’ tristi.

    Per un pelo non finisce a insegnare in Islanda e allora

    parte per un viaggio di mesi in Spagna e Portogallo.

    Quando si trova a Nazarè riceve una telefonata dal primo

    che gli chiede cosa ne pensa di fare un libro insieme.

    Così, nel terzo millennio, si vedono ancora una volta e il

    primo scattando, il secondo scrivendo (ma non con la biro

    del primo incontro), scoprono insieme che l’Appennino,

    il nostro, è davvero infinito. A questa cosa di scattare

    scrivendo o scrivere scattando ci prendono gusto, fino a

    pensare di vedere qualcosa dove non si vede quasi niente,

    progettare un libro che parla di posti che si chiamano

    Muri, Scale, Camere ecc; e costruire infine un libro su

    di un intero paese, come fosse un regalo di Natale: con

    i paesaggi, le case e le chiese e un sacco di gente che

    gira per le strade, mangia il panettone, aspetta, beve un

    bicchiere, indossa la fascia tricolore, oppure sta seduta al

    bar e senza farsi vedere, guarda gli altri passare.Descrizione.Mi piace pensare.

    A una porta con solo aria.

    Intorno.Una porta che sia.

    Sempre aperta.Una porta comeun porto.

    Ma una porta così.

    Se ci penso bene può essere.

    Solo la porta.Di un orto:

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    Francesco GenitoniFrancesco Genitoni è nato nel 1951 a Cola, in quel di Vetto,

    in casa di contadini e sotto il segno dei Gemelli: segno

    doppio, dicono, e forse per questo è stata come doppia la sua

    vita, tra Appennino e Pianura. A 9 anni infatti si è trovato ad emigrare al seguito della

    famiglia scesa a cercare lavoro nella “capitale modenese delle

    piastrelle di ceramica”. Qui ha ancora residenza anagrafica.

    Ma da almeno 40 anni ha iniziato un percorso di ritorno a

    casa sempre più deciso, con la scusa/complicità di un orto

    e di un frutteto cui badare almeno nei fine settimana. E poi

    i boschi con i funghi e il resto, le iniziative sociali estive di

    Cola... e tutto un mondo di uomini, storie, sassi da imparare a

    ri/conoscere, recuperando qualcosa del tempo vissuto lontano

    dall’Appennino. In attesa della riunificazione definitiva.

    PianoFortinoIl Fortino della Sparavalle gronda storia

    dai suoi sassi. Dai rimasti ma anche da quelli che

    ha perso via via. Dalle finestre originali come da quelle non originali (buchi). Se

    potessero

    parlare, quante ne avrebbero da raccontarci, perché tante ne han viste! Di ogni g

    enere.

    Specie finché non hanno avuto tanti alberi alti davanti.

    PianoFortino vuol fare risuonare le etimologie e le assonanze del Fortino e del luog

    o che ad

    esso si unisce per identificarlo: la Sparavalle.

    Il Fortino può raccontarci storie di boschi e di monti; di fiumi e di vento; di cose

    e animali;

    di uomini la massima parte poveri ma pieni di dignità e speranze; di duchi e impe

    ratori che

    hanno portato su questo crinale i loro cannoni e strategie militari per presidiare s

    trade e

    interessi verso il mare di Liguria e di Toscana.

    Alcuni filoni e suoni di queste storie possibili e impossibili sono qui accennati su

    tastiere

    di sughero, materiale caratteristico di Cervarezza e dei suoi tappi. Storie da guard

    are e

    inventare. Suggerimenti-inviti ad approfondire. Ringraziamenti

    A Nino Galassi di Cervarezza per la collaborazione,

    ad ArtigianSughero di Danilo Guglielmi per la fornitura gratuita del sughero.

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    Exporta che importa ed exportaIl Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano ha molte Porte e molto confida su di esse, per comunicare i suoi monti, acque, chiese e monumenti, le eccellenze gastronomiche, la popolazione, la cultura e la storia.Queste non sono porte come sembrano. Sono exporte che per questa parte/porta dell’Appennino e del Parco come per ogni altra parte importano ed exportano il concetto di portità: porte assolute, ideali. Non chiudono ma aprono ad orizzonti vecchi e nuovi, conosciuti e sconosciuti. A fantasie e provocazioni intellettuali. E invitano a non essere richiuse. Per restare aperte a tutte le possibilità: dell’Appennino, del Parco e anche del Mondo. Si può cominciare da qui: dal Fortino e da Cervarezza, dalle sue acque e dal Museo del Sughero, dal Monte Ventasso e dalle vallate del Secchia e dell’Enza. Son porte che non portano da nessuna porte in porticolare e dunque possono portare da tutte le porti da ogni porte ad arte...Sparavalle

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    Francesco GenitoniFrancesco Genitoni è nato nel 1951 a Cola, in quel di Vetto,

    in casa di contadini e sotto il segno dei Gemelli: segno

    doppio, dicono, e forse per questo è stata come doppia la sua

    vita, tra Appennino e Pianura. A 9 anni infatti si è trovato ad emigrare al seguito della

    famiglia scesa a cercare lavoro nella “capitale modenese delle

    piastrelle di ceramica”. Qui ha ancora residenza anagrafica.

    Ma da almeno 40 anni ha iniziato un percorso di ritorno a

    casa sempre più deciso, con la scusa/complicità di un orto

    e di un frutteto cui badare almeno nei fine settimana. E poi

    i boschi con i funghi e il resto, le iniziative sociali estive di

    Cola... e tutto un mondo di uomini, storie, sassi da imparare a

    ri/conoscere, recuperando qualcosa del tempo vissuto lontano

    dall’Appennino. In attesa della riunificazione definitiva.

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    Il tramonto accendela musica e la poesiaAl tramonto, il sole si nasconde e ordina alla tecnologia di irradiare la musica e la poesia di Renato Borghi con le quali chiudere la giornata e aprire una notte di riposo e rigenerazione per un nuovo giorno.Si può ascoltare tutto questo attendendo l’imbrunire seduti su cinque “spicchi di sole” disposti a cerchio nel verde del prato.

    Renato BorghiRenato Borghi “vede la luce” a Sassuolo nel 1953. Scrive poesie e testi di canzoni sia in italiano che in dialetto collaborando tra gli altri con l’amico Pierangelo Bertoli. Ama camminare e ricorda con affetto il Sassuolo, Roma del 2000 e il Leon, Santiago di Compostela del 2002 che prese le mosse proprio da Castelnovo né Monti.In Arteumanze 2012 vuole coniugare la natura e la tecnologia con la musica e la poesia in un contesto architettonico straordinario quale è quello rappresentato dalla Pieve di Campiliola o “de Bismantova” a Catelnovo ne’ Monti.

    Il luogo mistico, evocativo ed esteticamente eccezionale è lo spazio ideale per un momento di riflessione fra natura, musica e poesia.

    Dettagli tecniciUn interruttore crepuscolare allo scomp

    arire della luce aziona un

    riproduttore audio dal quale vengono amplificate la musica e la poesia

    di Renato Borghi consentendo così alla natura attraverso l’imbrunire di

    scegliere tutte le sere il momento in cui proporre le note e i versi del poeta

    carpinetano.Gli “spicchi di sole” sono sedili in legno

    di rovere tagliati con forma arrotondata,

    piantati saldamente nel terreno a

    simboleggiare appunto degli spicchi di sole.

    Sugli “Spicchi” sono incisi a fuoco quattro

    versi che invitano a sedere e godersi un

    momento di pausa e di riflessione.

  • Sulla ideale panchina circolare degli “spicchi di sole sono incisi a fuoco questi versi:

    Seduto su questi spicchi di sole,lascia respirare la tua anima,

    fai volare i tuoi sogni e i tuoi progetti,mentre attendi con gioia l’imbrunire.

    Il testo che potrà essere udito al calare del soletra le note musicali è il seguente:

    La luce si attenua.La luminosità

    abbandona il campo al tutto e al nulla della notte.

    Ed io,avvolto dall’eterno mistero dello spegnersi dei giorni,

    sono felice del tempo passato.

    Valeva la pena di essere vissuto.

    Non ho rimpianti.Non mi lagno di mancate gioie.

    Ciò che non ha potuto essere oggi accadrà domani.

    E lascio che il riposo del cielomi abbracci,

    nell’attesa di un’altra auroradove iniziare a spendermi al meglio,con i miei limiti, con i miei difetti,

    con i miei errori,ma con il desiderio di ritrovarti qui

    domani sera,nuovo imbrunire,per dirti ancora

    che valeva la pena vivere anche il giorno di domani.

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    Come canne al vento “sacrario”Era una bella giornata di primavera quando varcai l’entrata del piccolo e sperduto cimitero del Castello di Carpineti.Mi sono trovato nel luogo simbolo/emblema che racchiude in sè il valore incommensurabile di una memoria patrimonio di tutti gli uomini.La morte, dunque, abita la vita, non solo perchè in astratt la si attende,ma perchè a ogni momento l’attraversa. La morte che viene alla fine,la si potrebbe dimenticare, se non la ricordassse il nostro odinario morire.Ma il sapere della morte, come anticipazione della propria fine,lungi dall’essere motivo per denigrare la vita, è ragione di vita,per assumersela davvero in proprio e per quel che è.

    Luciano Giansoldati

    CARTA D’IDENTITàN°. AR 3274161

    DI

    Cognome ….GIANSOLDATI ……………………Nome ….LUCIANO………………………….……nato il ….XX. D.C. .………………………………a ….CASTELNOVO NE’ MONTI (R E)………Via ….OTTOSALICI………………………..……Stato civile ….CONIUGATO……………….……Professione ….INSEGNANTE - SCULTORE..…

    CONNOTATI E CONTRASSEGNI SALIENTI

    Statura ………1.90………….Capelli………bianchi……….Occhi ………verdi………….

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    Agostino Leuratti(Azienda agricola “La Natura”)

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    I pagliai,ovvero le pere gigantiHo un amico che vive in campagna, sopr

    a un colle con davanti un albero grande. Da lui

    ho imparato tutto quello che so dei pagliai. Questo mio amico, uno che sogna di c

    ontinuo

    e abbraccia le nuvole quando si fermano, dice che un pagliaio è una pera in form

    ato

    gigante. Una pera con un picciolo di legno che somiglia a un palo, una pera senza

    buccia

    e con soltanto polpa. Una pera in gigante insomma. Poi oltre al picciolo i pagliai

    hanno

    anche i pendenti, che servono a fargli tenere la forma. Un pagliaio, una pera senz

    a

    forma, non è più una pera, un pagliaio. Allora possiamo forse dire che i pendenti s

    ono gli

    orecchini delle pere giganti, orecchini fatti di pietre e legni più sottili che danno

    al pagliaio la sua forma. La forma da pagliaio. Oggi però di pagliai non se ne

    vedono più. O quasi. Ogni tanto ritornano e sembrano dei fantasmi a guardia

    dei campi, se li guardi bene e non sei troppo vicino possono anche sembrare

    piccole case di un tempo perduto, senza finestre e senza porta, dove qualcuno

    ha trovato rifugio dal mondo, perché un giorno ha scoperto che anche

    il mondo è una mela gigante, ma senza la buccia.

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    Lode al letamePuò sembrare un’idea originale e provocatoria, però mette in luce

    l’importanza ancestrale del letame per l’agricoltura. Per lasciar

    maturare il letame occorrono dai 4 ai 6 mesi, si ottiene un prodotto

    finale umido da cospargere e leggermente interrare. Assolve il suo

    compito, quello di mettere in colegamento la pianta con l’ambiente

    circostante e il cosmo. Curare il letame è dunque un esercizio, fare

    il cumulo (la masa) ha un significato importante: la condivisione e il

    rapporto che ha l’uomo con la terra, rimangono un valore che questa

    società ha dimenticato.

    Ringraziamenti Alla Proloco di Cortogno

    Ermanio Isarco ‘Ermanno’ BerettiNon nasce nel Trentino, ma a Spigone di Vetto nel 1953 sotto il segno dei pesci, tra boschi di castagni. Ama l’ironia che sa di terra e vento, voli e nuvole. Ermanio vive a Pianezzo, comune di Carpineti, coltiva erbe aromatiche.Ha nel salone di casa dove vive una grande finestra, gli stipiti sono la cornice di un grande quadro naturale e di fronte una grande quercia e la prospettiva dei campi e dei monti.

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  • Dai diamanti non nasce niente,dal letame nascono i fiori.

    (F. De Andrè)

    Lode al letame

  • Chi impiega letamenon avrà mai fame

    Lode al letame

    ... chi vuole pane, porti letame

  • Il letamepiù lo muovi

    più puzza(prov. ascolano)

    Lode al letame

  • Lode al letame

    La ricchezza è come il letame:accumulata puzza,

    sparsa ingrassa

  • Il denaro è come il letame,il quale a nulla serve

    se non lo spandi

    Lode al letame

  • Alle vacchedai tanto da mangiare

    e ai terrinidai molto letame

    Lode al letame

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    Le campane silenziosedel nocciolo di PianzoDietro la chiesa di Pianzo, c’è un vecchio nocciolo con i rami ricurvi,

    con vecchi vasi di terracotta di varie dimensioni. Appesi all’incontrario

    diventano delle campane che oscillano mosse dal vento. Al posto del

    battacchio ci sono piume e piccole patate, meteriali soffic, delicati e

    deperibili. Ripetono un din don dan silenzioso. Morale: oggi ci sono

    troppe campaneche suonano! Ci vuole un po’ silenzio.

    Ermanio Isarco ‘Ermanno’ BerettiNon nasce nel Trentino, ma a Spigone di Vetto nel 1953 sotto il segno dei pesci, tra boschi di castagni. Ama l’ironia che sa di terra e vento, voli e nuvole. Ermanio vive a Pianezzo, comune di Carpineti, coltiva erbe aromatiche.Ha nel salone di casa dove vive una grande finestra, gli stipiti sono la cornice di un grande quadro naturale e di fronte una grande quercia e la prospettiva dei campi e dei monti.

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    Il pettine dei pratiUna volta il rastrello era l’attrezzo agricolo per

    eccellenza, si rastrellavano e si pettinavano campi,

    vallate, si creavano linee di fieno. Oggi tutto è

    meccanizzato. Questo attrezzo rifatto in grande

    dimensione, vuole essere omaggio in chiave pop, al

    mondo contadino.

    Ermanio Isarco ‘Ermanno’ BerettiNon nasce nel Trentino, ma a Spigone di Vetto nel 1953 sotto il segno dei pesci, tra boschi di castagni. Ama l’ironia che sa di terra e vento, voli e nuvole. Ermanio vive a Pianezzo, comune di Carpineti, coltiva erbe aromatiche.Ha nel salone di casa dove vive una grande finestra, gli stipiti sono la cornice di un grande quadro naturale e di fronte una grande quercia e la prospettiva dei campi e dei monti.

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    Saccaggio

    Pieve di San Vitale

    Castello delle Carpinete

    FaietoLa Canala

    PianzoCasina

    Pieve diCastelnovo ne’ Monti

    Monte CastelloGinepreto

    Nasseta

    Lago Pranda

    Lago Calamone

    Case Bagatti

    Prospero PredieriAbita a Pianezzo, grande apicoltore, chirurgo dei motori,

    amante della natura, addestratore di cani, innesta piante.

    Il suo bosco, dove tiene le arnie della api, è curato

    come un grande giardino e sembra un piccolo eden.

  • b i o - g r a f i aComune

    di Castelnovo ne’ Monti

    Comunedi Villa Minozzo

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    Comunedi Busana

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    Omaggio a Silvio LeoncelliOmaggio a Silvio Leoncelli (1900-1980), pastore poeta di Nismozza di Busana (RE)

    e a tutti i poeti-pastori.Istallazione, sui grandi faggi del lago Calamone, di molti campanelli e di una

    bronza e, nel prato sottostante, di un giaciglio ove sdraiarsi e, dopo aver

    chiuso gli occhi, godere dell’ascolto del vento che simulerà,

    muovendo le cime dei faggi, il gregge che pascola,

    come il poeta-pastore brama e descrive in queste due magnifiche ottave*.

    Volendo ogni tanto, mentre ascolta il gregge,

    il visitatore potrebbe fischiare, urlare ed abbaiare arricchendo

    così il paesaggio sonoro dell’alpeggio.

    Benedetto ValdesaliciAi fini della comprensione,dell’interpretazionee del godimento dell’opera,la biografia dell’autoreè sostanzialmente inutilequando non fuorvianteo perfino dannosa.

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  • 7Povero Silvio come stai male

    non senti più del gregge l’armonia neppure i versi non li sai trovare

    della tua tanto amata poesia Vorrei con i miei versi immortalare ma Sento mi opprime la malinconia più non la sento l’armonia di quelli

    della mia Bronza e dei miei campanelli

    8Solo il ricordo mi resta di quelli li tengo per ricordo in casa mia

    vorrei portarli la su nei bei prati attaccarli lassù come scaramagia

    Sopra a quei faggi che son tanto belli movendoli il vento farebbero armonia

    così in eterno sentirli suonare dove il mio gregge andava a pascolare.

    Breve bio di Silvio LeoncelliNato nel 1900 a Nismozza di Busana (RE), dedicò la sua vita alle greggi e alla tr

    ansumanza. Fino agli

    anni ‘60 del secolo scorso quando, vendute le greggi, si dedicò ai rimboschimenti.

    Conosciamo di lui 4 componimenti in ottava rima: il Viaggio da qui alla Maremma Toscana degli antichi

    pastori (34 ottave), finito di scrivere il 23 gennaio 1963, annotando di suo pugno “va cantata tutta

    in ottava rima questa è storia vera!”; Alle mie pecorelle (6 ottave), terminate il 22 gennaio 1964; Rime di

    nostalgia (5 ottave), terminate il 23 gennaio 1964.

    Non sappiamo quando scrisse le due ottave numerate 7 e 8 a cui ci siamo ispirati per

    quest’omaggio/istallazione. Rimangono come due lucidi frammenti lirici tesi all’armonia senza tempo.

    Muore a ottant’anni a Nismozza di Busana.

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    Porta del Medioevo con altareLe foglie oscillano al vento. Anche i rami oscillano. Anche le cetre dei poeti. Più o meno tristi. Più o meno medievali. Così ci sono porte che non portano da nessuna parte.Porte che attraversano il tempo. Porte che il tempo rovesciano.Questa è una porta del tempo. Alto basso medio estremo.Non importa.

    (ef)

    Fabrizio “Fabretti” UgolettiNasce a Collagna (Reggio Emilia) il 7 giugno del 1959.Vive e lavora ad Acquabona, nell’Appennino Reggiano.Di formazione non accademica, ha sempre avuto la passione per l’arte. Fin da ragazzo si è espresso nella pittura, attratto dai diversi linguaggi espressivi. Il suo percorso l’hai poi avvicinato anche al mondo della musica, cantante in gruppi rock (Choice Quality e Barricate Casarola).L’affinità con la materia, dopo un periodo di sperimentazione in aree espressive differenti, l’ha condotto a prediligere la scultura dal 1999 in poi; percorso iniziato molto tempo prima, osservando gli scalpellini al lavoro alla chiesa di Acquabona.Lavora su pietra, marmo e legno, con opere di vario formato; ha realizzato sculture e installazioni permanenti, partecipando a simposi e concorsi.Nel 2002 fonda, insieme a Marco Stefanelli e Luca Guerri, lo Sculture Club, un progetto che attraversa scultura, fotografia, multimedia.

    Ha esposto: 2011 Carrara, Battistero del Duomo - 2010 Biblioteca Civica, Fivizzano (MS) - 2009 Castello di Sarzano, Casina (RE) - 2008 Sala del Bramante, Roma - 2005 Galleria Darkness, Castelnovo ne’ Monti (RE).

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    La grande fabbrica delle paroleLuogo: Case Bagatti - Antico mulino ad

    acqua, chiamato anche Mulino dei Rossi

    Ideazione, progetto e realizzazione: bambine e bambini della scuola dell’infanzia,

    con

    Emanuele Ferrari e le insegnanti Marinella e Vittorina

    Nume tutelare: Pablo Neruda e il Signor Enea

    Protagonisti: sassi che stecchi che fanno il girotondo, rami vari e persi, acqua poco

    lontano

    Descrizione.La Grande Fabbrica delle Parole sta dav

    anti a un mulino. Poco lontano respira l’acqua

    di un ruscello. Le parole hanno bisogno di acqua per diventare parole. Le parole

    hanno

    bisogno del rumore dell’acqua per diventare parole. Quando il rumore incontra l

    a parola,

    il rumore diventa musica e la parola diventa voce. Le parole nella fabbrica hanno

    bisogno

    di terra per diventare parole. Hanno bisogno del rumore della terra. Quando le p

    arole

    incontrano la terra le parole diventano corpi e danzano. Le parole hanno bisogno

    dell’aria

    per diventare parole. Hanno bisogno della musica dell’aria. Quando incontrano

    il vento, che poi è la musica dell’aria, le parole diventano canto

    e quando diventano canto la Grande Fabbrica delle Parole si riempie di voci

    e corpi che disegnano parole nell’aria. La vera Grande Fabbrica delle Parole

    è questa danza di parole che cantano. Nell’aria.

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    Emanuele Ferrari e bambine, bambini e insegnanti

    Scuola dell’Infanzia “Case Bagatti”

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    Una foresta di nuvoleLuogo: Case Bagatti - Cortile della scuola dell’infanzia

    Ideazione, progetto e realizzazione: bambine e bambini della scuola dell’infanzia, con

    Emanuele Ferrari e le insegnanti Marinella e Vittorina

    Nume tutelare: il poeta Mark Strand

    (e le sue 89 nuvole)Protagonisti: alberi non più alberi e nuvole non più nuvole

    Descrizione.Le nuvole viaggiano. Sono sopra di noi. Anche dentro di noi. Quando hanno fre

    ddo si

    nascondono dentro gli armadi. Le nuvole sono la poesia del cielo. E dentro le nuvole

    stanno le poesie. Come i vestiti negli armadi.

    I vestiti del cielo. Nelle nuvole.Quando le nuvole sono stanche si devono riposare e allora scendono. Si posano

    su alberi

    non più alberi, piantati nella terra da bambine e bambini in un giorno di vento.

    La foresta di alberi non più alberi è la casa delle nuvole che sopra si distendono e

    riposano. Ogni nuvola che sogna è la casa di una poesia. Che qualcuno, un bambino

    e una bambina hanno messo dentro, tra le pieghe della nuvola. In un giorno

    di vento. La foresta di nuvole è un posto sicuro. È protetto da due grandi sassi.

    Due grandi onde che tanto tempo fa sono diventate pietra. La foresta di nuvole

    se la stai ad ascoltare parla. Dice piano le poesie che nasconde. Le porta in giro

    stando ferma. Ogni volta che passa il vento. In un giorno di vento.

    Senza tempo.

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    Emanuele Ferrari e bambine, bambini e insegnantiScuola dell’Infanzia “Case Bagatti”