Comune di Castelnovo ne’ Monti b i o- g r a f i a · 2012. 6. 25. · Castello delle Carpinete...
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L’organo di MatildeMatilde di Canossa è stata una delle donne più famosee potenti della nostra storia. Aveva due grandi passioni:il potere e l’organo.Passava ore a deliziarsi con i vari organiche pare avesse sparso nei castelli in cui, a turno, risiedeva.Li suonava personalmente e si dicene traesse alto godimento.Questo è la fedele ricostruzione del suo preferito.
Camillo CanoviNato a Castelnovo ne’ Monti nella prima metà del secolo scorso, vive e lavora (si fa per dire) a Montecastagneto.Appassionato di lavori manuali, si cimenta in scultura, creazione e impagliatura di sedie, costruzione di mobili unici, intreccio del vimine e di tutto ciò si può ricavare dalla lavorazione di materiali naturali (predilige, infatti, elementi poveri: pietre murarie, vecchi mattoni, sassi di fiume, legni di recupero, ecc...).Concepisce l’arte come un gioco e si definisce artigiano piuttosto che artista.
Sparavalle
Saccaggio
Pieve di San Vitale
Castello delle Carpinete
FaietoLa Canala
PianzoCasina
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Monte CastelloGinepreto
Nasseta
Lago Pranda
Lago Calamone
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Camillo CanoviNato a Castelnovo ne’ Monti nella prima metà del secolo scorso, vive e lavora (si fa per dire) a Montecastagneto.Appassionato di lavori manuali, si cimenta in scultura, creazione e impagliatura di sedie, costruzione di mobili unici, intreccio del vimine e di tutto ciò si può ricavare dalla lavorazione di materiali naturali (predilige, infatti, elementi poveri: pietre murarie, vecchi mattoni, sassi di fiume, legni di recupero, ecc...).Concepisce l’arte come un gioco e si definisce artigiano piuttosto che artista.
Arsentell“Il curiûŝ cmé n’arsantèla”, è un vecchio detto
e se percorrete questo sentierovi accorgerete che è frequentato da questo animaletto,
molto curioso, che si materializzerà
su qualche sasso al vostro passaggio.
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Ragno PrandaSe siete aracnofobici, non alzate gli occhiperchè su questi faggi vive l’unico esemplare al mondodel “ragno Pranda”.Ha dimensioni notevoli e, come tutti i ragni,vive di insetti che cattura con la sua ragnatelaanche se non disdegna di partecipare ai vostri pic-nic.Ma non temete, è assolutamente innocuoe potete accarezzarlo come fosse un gatto.
Camillo CanoviNato a Castelnovo ne’ Monti nella prima metà del secolo scorso, vive e lavora (si fa per dire) a Montecastagneto.Appassionato di lavori manuali, si cimenta in scultura, creazione e impagliatura di sedie, costruzione di mobili unici, intreccio del vimine e di tutto ciò si può ricavare dalla lavorazione di materiali naturali (predilige, infatti, elementi poveri: pietre murarie, vecchi mattoni, sassi di fiume, legni di recupero, ecc...).Concepisce l’arte come un gioco e si definisce artigiano piuttosto che artista.
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Quadro d’autoreTitolo dell’opera: “pietra di Bismantova”Dimensioni: 180 x 70Tecnica: arenaria su cielo azzurroAutore: sicuramente un dioEpoca: milioni di anni
Dopo la Gioconda al Louvre, la Donna con l’ermellino alla National Gallery,i Girasoli alla Tate Gallery, ora potete dire di aver visto il capolavoroche vi mancava, proprio qui sull’Appennino reggiano.
Camillo CanoviNato a Castelnovo ne’ Monti nella prima metà del secolo scorso, vive e lavora (si fa per dire) a Montecastagneto.Appassionato di lavori manuali, si cimenta in scultura, creazione e impagliatura di sedie, costruzione di mobili unici, intreccio del vimine e di tutto ciò si può ricavare dalla lavorazione di materiali naturali (predilige, infatti, elementi poveri: pietre murarie, vecchi mattoni, sassi di fiume, legni di recupero, ecc...).Concepisce l’arte come un gioco e si definisce artigiano piuttosto che artista.
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P-ortoLuogo: via Foina a Casina
Orto della Lia e della Sara
Da un’idea di Emanuele Ferrari
Progetto e realizzazione:
James Bragazzi, Emanuele Ferrari
Testi: Emanuele Ferrari
Fotografie: James Bragazzi
James Bragazzi ed Emanuele FerrariJames Bragazzi ed Emanuele Ferrari s’incontrano per
la prima volta nel secolo scorso. Il primo ha bisogno di
una biro per scrivere un appunto per strada, mentre sta
fissando una gru che abbatte un vecchio pino. Il secondo,
allora quindicenne o poco più, gliela presta non ricevendo
indietro nulla. Poi passa del tempo e il primo cammina
e scatta e sale le montagne e attraversa i deserti e scatta
dovunque si può scattare, fermandosi a volte a guardare
quello che ha fatto. Il secondo abbandona lentamente il
mondo dei numeri e inizia a scrivere, prima delle cose
illeggibili, poi delle cose quasi passabili, ma un po’ tristi.
Per un pelo non finisce a insegnare in Islanda e allora
parte per un viaggio di mesi in Spagna e Portogallo.
Quando si trova a Nazarè riceve una telefonata dal primo
che gli chiede cosa ne pensa di fare un libro insieme.
Così, nel terzo millennio, si vedono ancora una volta e il
primo scattando, il secondo scrivendo (ma non con la biro
del primo incontro), scoprono insieme che l’Appennino,
il nostro, è davvero infinito. A questa cosa di scattare
scrivendo o scrivere scattando ci prendono gusto, fino a
pensare di vedere qualcosa dove non si vede quasi niente,
progettare un libro che parla di posti che si chiamano
Muri, Scale, Camere ecc; e costruire infine un libro su
di un intero paese, come fosse un regalo di Natale: con
i paesaggi, le case e le chiese e un sacco di gente che
gira per le strade, mangia il panettone, aspetta, beve un
bicchiere, indossa la fascia tricolore, oppure sta seduta al
bar e senza farsi vedere, guarda gli altri passare.Descrizione.Mi piace pensare.
A una porta con solo aria.
Intorno.Una porta che sia.
Sempre aperta.Una porta comeun porto.
Ma una porta così.
Se ci penso bene può essere.
Solo la porta.Di un orto:
Sparavalle
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Francesco GenitoniFrancesco Genitoni è nato nel 1951 a Cola, in quel di Vetto,
in casa di contadini e sotto il segno dei Gemelli: segno
doppio, dicono, e forse per questo è stata come doppia la sua
vita, tra Appennino e Pianura. A 9 anni infatti si è trovato ad emigrare al seguito della
famiglia scesa a cercare lavoro nella “capitale modenese delle
piastrelle di ceramica”. Qui ha ancora residenza anagrafica.
Ma da almeno 40 anni ha iniziato un percorso di ritorno a
casa sempre più deciso, con la scusa/complicità di un orto
e di un frutteto cui badare almeno nei fine settimana. E poi
i boschi con i funghi e il resto, le iniziative sociali estive di
Cola... e tutto un mondo di uomini, storie, sassi da imparare a
ri/conoscere, recuperando qualcosa del tempo vissuto lontano
dall’Appennino. In attesa della riunificazione definitiva.
PianoFortinoIl Fortino della Sparavalle gronda storia
dai suoi sassi. Dai rimasti ma anche da quelli che
ha perso via via. Dalle finestre originali come da quelle non originali (buchi). Se
potessero
parlare, quante ne avrebbero da raccontarci, perché tante ne han viste! Di ogni g
enere.
Specie finché non hanno avuto tanti alberi alti davanti.
PianoFortino vuol fare risuonare le etimologie e le assonanze del Fortino e del luog
o che ad
esso si unisce per identificarlo: la Sparavalle.
Il Fortino può raccontarci storie di boschi e di monti; di fiumi e di vento; di cose
e animali;
di uomini la massima parte poveri ma pieni di dignità e speranze; di duchi e impe
ratori che
hanno portato su questo crinale i loro cannoni e strategie militari per presidiare s
trade e
interessi verso il mare di Liguria e di Toscana.
Alcuni filoni e suoni di queste storie possibili e impossibili sono qui accennati su
tastiere
di sughero, materiale caratteristico di Cervarezza e dei suoi tappi. Storie da guard
are e
inventare. Suggerimenti-inviti ad approfondire. Ringraziamenti
A Nino Galassi di Cervarezza per la collaborazione,
ad ArtigianSughero di Danilo Guglielmi per la fornitura gratuita del sughero.
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Exporta che importa ed exportaIl Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano ha molte Porte e molto confida su di esse, per comunicare i suoi monti, acque, chiese e monumenti, le eccellenze gastronomiche, la popolazione, la cultura e la storia.Queste non sono porte come sembrano. Sono exporte che per questa parte/porta dell’Appennino e del Parco come per ogni altra parte importano ed exportano il concetto di portità: porte assolute, ideali. Non chiudono ma aprono ad orizzonti vecchi e nuovi, conosciuti e sconosciuti. A fantasie e provocazioni intellettuali. E invitano a non essere richiuse. Per restare aperte a tutte le possibilità: dell’Appennino, del Parco e anche del Mondo. Si può cominciare da qui: dal Fortino e da Cervarezza, dalle sue acque e dal Museo del Sughero, dal Monte Ventasso e dalle vallate del Secchia e dell’Enza. Son porte che non portano da nessuna porte in porticolare e dunque possono portare da tutte le porti da ogni porte ad arte...Sparavalle
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Francesco GenitoniFrancesco Genitoni è nato nel 1951 a Cola, in quel di Vetto,
in casa di contadini e sotto il segno dei Gemelli: segno
doppio, dicono, e forse per questo è stata come doppia la sua
vita, tra Appennino e Pianura. A 9 anni infatti si è trovato ad emigrare al seguito della
famiglia scesa a cercare lavoro nella “capitale modenese delle
piastrelle di ceramica”. Qui ha ancora residenza anagrafica.
Ma da almeno 40 anni ha iniziato un percorso di ritorno a
casa sempre più deciso, con la scusa/complicità di un orto
e di un frutteto cui badare almeno nei fine settimana. E poi
i boschi con i funghi e il resto, le iniziative sociali estive di
Cola... e tutto un mondo di uomini, storie, sassi da imparare a
ri/conoscere, recuperando qualcosa del tempo vissuto lontano
dall’Appennino. In attesa della riunificazione definitiva.
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Il tramonto accendela musica e la poesiaAl tramonto, il sole si nasconde e ordina alla tecnologia di irradiare la musica e la poesia di Renato Borghi con le quali chiudere la giornata e aprire una notte di riposo e rigenerazione per un nuovo giorno.Si può ascoltare tutto questo attendendo l’imbrunire seduti su cinque “spicchi di sole” disposti a cerchio nel verde del prato.
Renato BorghiRenato Borghi “vede la luce” a Sassuolo nel 1953. Scrive poesie e testi di canzoni sia in italiano che in dialetto collaborando tra gli altri con l’amico Pierangelo Bertoli. Ama camminare e ricorda con affetto il Sassuolo, Roma del 2000 e il Leon, Santiago di Compostela del 2002 che prese le mosse proprio da Castelnovo né Monti.In Arteumanze 2012 vuole coniugare la natura e la tecnologia con la musica e la poesia in un contesto architettonico straordinario quale è quello rappresentato dalla Pieve di Campiliola o “de Bismantova” a Catelnovo ne’ Monti.
Il luogo mistico, evocativo ed esteticamente eccezionale è lo spazio ideale per un momento di riflessione fra natura, musica e poesia.
Dettagli tecniciUn interruttore crepuscolare allo scomp
arire della luce aziona un
riproduttore audio dal quale vengono amplificate la musica e la poesia
di Renato Borghi consentendo così alla natura attraverso l’imbrunire di
scegliere tutte le sere il momento in cui proporre le note e i versi del poeta
carpinetano.Gli “spicchi di sole” sono sedili in legno
di rovere tagliati con forma arrotondata,
piantati saldamente nel terreno a
simboleggiare appunto degli spicchi di sole.
Sugli “Spicchi” sono incisi a fuoco quattro
versi che invitano a sedere e godersi un
momento di pausa e di riflessione.
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Sulla ideale panchina circolare degli “spicchi di sole sono incisi a fuoco questi versi:
Seduto su questi spicchi di sole,lascia respirare la tua anima,
fai volare i tuoi sogni e i tuoi progetti,mentre attendi con gioia l’imbrunire.
Il testo che potrà essere udito al calare del soletra le note musicali è il seguente:
La luce si attenua.La luminosità
abbandona il campo al tutto e al nulla della notte.
Ed io,avvolto dall’eterno mistero dello spegnersi dei giorni,
sono felice del tempo passato.
Valeva la pena di essere vissuto.
Non ho rimpianti.Non mi lagno di mancate gioie.
Ciò che non ha potuto essere oggi accadrà domani.
E lascio che il riposo del cielomi abbracci,
nell’attesa di un’altra auroradove iniziare a spendermi al meglio,con i miei limiti, con i miei difetti,
con i miei errori,ma con il desiderio di ritrovarti qui
domani sera,nuovo imbrunire,per dirti ancora
che valeva la pena vivere anche il giorno di domani.
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Come canne al vento “sacrario”Era una bella giornata di primavera quando varcai l’entrata del piccolo e sperduto cimitero del Castello di Carpineti.Mi sono trovato nel luogo simbolo/emblema che racchiude in sè il valore incommensurabile di una memoria patrimonio di tutti gli uomini.La morte, dunque, abita la vita, non solo perchè in astratt la si attende,ma perchè a ogni momento l’attraversa. La morte che viene alla fine,la si potrebbe dimenticare, se non la ricordassse il nostro odinario morire.Ma il sapere della morte, come anticipazione della propria fine,lungi dall’essere motivo per denigrare la vita, è ragione di vita,per assumersela davvero in proprio e per quel che è.
Luciano Giansoldati
CARTA D’IDENTITàN°. AR 3274161
DI
Cognome ….GIANSOLDATI ……………………Nome ….LUCIANO………………………….……nato il ….XX. D.C. .………………………………a ….CASTELNOVO NE’ MONTI (R E)………Via ….OTTOSALICI………………………..……Stato civile ….CONIUGATO……………….……Professione ….INSEGNANTE - SCULTORE..…
CONNOTATI E CONTRASSEGNI SALIENTI
Statura ………1.90………….Capelli………bianchi……….Occhi ………verdi………….
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Agostino Leuratti(Azienda agricola “La Natura”)
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I pagliai,ovvero le pere gigantiHo un amico che vive in campagna, sopr
a un colle con davanti un albero grande. Da lui
ho imparato tutto quello che so dei pagliai. Questo mio amico, uno che sogna di c
ontinuo
e abbraccia le nuvole quando si fermano, dice che un pagliaio è una pera in form
ato
gigante. Una pera con un picciolo di legno che somiglia a un palo, una pera senza
buccia
e con soltanto polpa. Una pera in gigante insomma. Poi oltre al picciolo i pagliai
hanno
anche i pendenti, che servono a fargli tenere la forma. Un pagliaio, una pera senz
a
forma, non è più una pera, un pagliaio. Allora possiamo forse dire che i pendenti s
ono gli
orecchini delle pere giganti, orecchini fatti di pietre e legni più sottili che danno
al pagliaio la sua forma. La forma da pagliaio. Oggi però di pagliai non se ne
vedono più. O quasi. Ogni tanto ritornano e sembrano dei fantasmi a guardia
dei campi, se li guardi bene e non sei troppo vicino possono anche sembrare
piccole case di un tempo perduto, senza finestre e senza porta, dove qualcuno
ha trovato rifugio dal mondo, perché un giorno ha scoperto che anche
il mondo è una mela gigante, ma senza la buccia.
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Lode al letamePuò sembrare un’idea originale e provocatoria, però mette in luce
l’importanza ancestrale del letame per l’agricoltura. Per lasciar
maturare il letame occorrono dai 4 ai 6 mesi, si ottiene un prodotto
finale umido da cospargere e leggermente interrare. Assolve il suo
compito, quello di mettere in colegamento la pianta con l’ambiente
circostante e il cosmo. Curare il letame è dunque un esercizio, fare
il cumulo (la masa) ha un significato importante: la condivisione e il
rapporto che ha l’uomo con la terra, rimangono un valore che questa
società ha dimenticato.
Ringraziamenti Alla Proloco di Cortogno
Ermanio Isarco ‘Ermanno’ BerettiNon nasce nel Trentino, ma a Spigone di Vetto nel 1953 sotto il segno dei pesci, tra boschi di castagni. Ama l’ironia che sa di terra e vento, voli e nuvole. Ermanio vive a Pianezzo, comune di Carpineti, coltiva erbe aromatiche.Ha nel salone di casa dove vive una grande finestra, gli stipiti sono la cornice di un grande quadro naturale e di fronte una grande quercia e la prospettiva dei campi e dei monti.
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Dai diamanti non nasce niente,dal letame nascono i fiori.
(F. De Andrè)
Lode al letame
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Chi impiega letamenon avrà mai fame
Lode al letame
... chi vuole pane, porti letame
-
Il letamepiù lo muovi
più puzza(prov. ascolano)
Lode al letame
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Lode al letame
La ricchezza è come il letame:accumulata puzza,
sparsa ingrassa
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Il denaro è come il letame,il quale a nulla serve
se non lo spandi
Lode al letame
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Alle vacchedai tanto da mangiare
e ai terrinidai molto letame
Lode al letame
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Le campane silenziosedel nocciolo di PianzoDietro la chiesa di Pianzo, c’è un vecchio nocciolo con i rami ricurvi,
con vecchi vasi di terracotta di varie dimensioni. Appesi all’incontrario
diventano delle campane che oscillano mosse dal vento. Al posto del
battacchio ci sono piume e piccole patate, meteriali soffic, delicati e
deperibili. Ripetono un din don dan silenzioso. Morale: oggi ci sono
troppe campaneche suonano! Ci vuole un po’ silenzio.
Ermanio Isarco ‘Ermanno’ BerettiNon nasce nel Trentino, ma a Spigone di Vetto nel 1953 sotto il segno dei pesci, tra boschi di castagni. Ama l’ironia che sa di terra e vento, voli e nuvole. Ermanio vive a Pianezzo, comune di Carpineti, coltiva erbe aromatiche.Ha nel salone di casa dove vive una grande finestra, gli stipiti sono la cornice di un grande quadro naturale e di fronte una grande quercia e la prospettiva dei campi e dei monti.
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Il pettine dei pratiUna volta il rastrello era l’attrezzo agricolo per
eccellenza, si rastrellavano e si pettinavano campi,
vallate, si creavano linee di fieno. Oggi tutto è
meccanizzato. Questo attrezzo rifatto in grande
dimensione, vuole essere omaggio in chiave pop, al
mondo contadino.
Ermanio Isarco ‘Ermanno’ BerettiNon nasce nel Trentino, ma a Spigone di Vetto nel 1953 sotto il segno dei pesci, tra boschi di castagni. Ama l’ironia che sa di terra e vento, voli e nuvole. Ermanio vive a Pianezzo, comune di Carpineti, coltiva erbe aromatiche.Ha nel salone di casa dove vive una grande finestra, gli stipiti sono la cornice di un grande quadro naturale e di fronte una grande quercia e la prospettiva dei campi e dei monti.
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Prospero PredieriAbita a Pianezzo, grande apicoltore, chirurgo dei motori,
amante della natura, addestratore di cani, innesta piante.
Il suo bosco, dove tiene le arnie della api, è curato
come un grande giardino e sembra un piccolo eden.
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Omaggio a Silvio LeoncelliOmaggio a Silvio Leoncelli (1900-1980), pastore poeta di Nismozza di Busana (RE)
e a tutti i poeti-pastori.Istallazione, sui grandi faggi del lago Calamone, di molti campanelli e di una
bronza e, nel prato sottostante, di un giaciglio ove sdraiarsi e, dopo aver
chiuso gli occhi, godere dell’ascolto del vento che simulerà,
muovendo le cime dei faggi, il gregge che pascola,
come il poeta-pastore brama e descrive in queste due magnifiche ottave*.
Volendo ogni tanto, mentre ascolta il gregge,
il visitatore potrebbe fischiare, urlare ed abbaiare arricchendo
così il paesaggio sonoro dell’alpeggio.
Benedetto ValdesaliciAi fini della comprensione,dell’interpretazionee del godimento dell’opera,la biografia dell’autoreè sostanzialmente inutilequando non fuorvianteo perfino dannosa.
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7Povero Silvio come stai male
non senti più del gregge l’armonia neppure i versi non li sai trovare
della tua tanto amata poesia Vorrei con i miei versi immortalare ma Sento mi opprime la malinconia più non la sento l’armonia di quelli
della mia Bronza e dei miei campanelli
8Solo il ricordo mi resta di quelli li tengo per ricordo in casa mia
vorrei portarli la su nei bei prati attaccarli lassù come scaramagia
Sopra a quei faggi che son tanto belli movendoli il vento farebbero armonia
così in eterno sentirli suonare dove il mio gregge andava a pascolare.
Breve bio di Silvio LeoncelliNato nel 1900 a Nismozza di Busana (RE), dedicò la sua vita alle greggi e alla tr
ansumanza. Fino agli
anni ‘60 del secolo scorso quando, vendute le greggi, si dedicò ai rimboschimenti.
Conosciamo di lui 4 componimenti in ottava rima: il Viaggio da qui alla Maremma Toscana degli antichi
pastori (34 ottave), finito di scrivere il 23 gennaio 1963, annotando di suo pugno “va cantata tutta
in ottava rima questa è storia vera!”; Alle mie pecorelle (6 ottave), terminate il 22 gennaio 1964; Rime di
nostalgia (5 ottave), terminate il 23 gennaio 1964.
Non sappiamo quando scrisse le due ottave numerate 7 e 8 a cui ci siamo ispirati per
quest’omaggio/istallazione. Rimangono come due lucidi frammenti lirici tesi all’armonia senza tempo.
Muore a ottant’anni a Nismozza di Busana.
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Porta del Medioevo con altareLe foglie oscillano al vento. Anche i rami oscillano. Anche le cetre dei poeti. Più o meno tristi. Più o meno medievali. Così ci sono porte che non portano da nessuna parte.Porte che attraversano il tempo. Porte che il tempo rovesciano.Questa è una porta del tempo. Alto basso medio estremo.Non importa.
(ef)
Fabrizio “Fabretti” UgolettiNasce a Collagna (Reggio Emilia) il 7 giugno del 1959.Vive e lavora ad Acquabona, nell’Appennino Reggiano.Di formazione non accademica, ha sempre avuto la passione per l’arte. Fin da ragazzo si è espresso nella pittura, attratto dai diversi linguaggi espressivi. Il suo percorso l’hai poi avvicinato anche al mondo della musica, cantante in gruppi rock (Choice Quality e Barricate Casarola).L’affinità con la materia, dopo un periodo di sperimentazione in aree espressive differenti, l’ha condotto a prediligere la scultura dal 1999 in poi; percorso iniziato molto tempo prima, osservando gli scalpellini al lavoro alla chiesa di Acquabona.Lavora su pietra, marmo e legno, con opere di vario formato; ha realizzato sculture e installazioni permanenti, partecipando a simposi e concorsi.Nel 2002 fonda, insieme a Marco Stefanelli e Luca Guerri, lo Sculture Club, un progetto che attraversa scultura, fotografia, multimedia.
Ha esposto: 2011 Carrara, Battistero del Duomo - 2010 Biblioteca Civica, Fivizzano (MS) - 2009 Castello di Sarzano, Casina (RE) - 2008 Sala del Bramante, Roma - 2005 Galleria Darkness, Castelnovo ne’ Monti (RE).
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Lago Pranda
Lago Calamone
Case Bagatti
-
b i o - g r a f i aComune
di Castelnovo ne’ Monti
Comunedi Villa Minozzo
Comaunedi Carpineti
Comunedi Busana
Comunedi Casina
Comunedi Ramiseto
Comunedi Collagna
La grande fabbrica delle paroleLuogo: Case Bagatti - Antico mulino ad
acqua, chiamato anche Mulino dei Rossi
Ideazione, progetto e realizzazione: bambine e bambini della scuola dell’infanzia,
con
Emanuele Ferrari e le insegnanti Marinella e Vittorina
Nume tutelare: Pablo Neruda e il Signor Enea
Protagonisti: sassi che stecchi che fanno il girotondo, rami vari e persi, acqua poco
lontano
Descrizione.La Grande Fabbrica delle Parole sta dav
anti a un mulino. Poco lontano respira l’acqua
di un ruscello. Le parole hanno bisogno di acqua per diventare parole. Le parole
hanno
bisogno del rumore dell’acqua per diventare parole. Quando il rumore incontra l
a parola,
il rumore diventa musica e la parola diventa voce. Le parole nella fabbrica hanno
bisogno
di terra per diventare parole. Hanno bisogno del rumore della terra. Quando le p
arole
incontrano la terra le parole diventano corpi e danzano. Le parole hanno bisogno
dell’aria
per diventare parole. Hanno bisogno della musica dell’aria. Quando incontrano
il vento, che poi è la musica dell’aria, le parole diventano canto
e quando diventano canto la Grande Fabbrica delle Parole si riempie di voci
e corpi che disegnano parole nell’aria. La vera Grande Fabbrica delle Parole
è questa danza di parole che cantano. Nell’aria.
Sparavalle
Saccaggio
Pieve di San Vitale
Castello delle Carpinete
FaietoLa Canala
PianzoCasina
Pieve diCastelnovo ne’ Monti
Monte CastelloGinepreto
Nasseta
Lago Pranda
Lago Calamone
Case Bagatti
Emanuele Ferrari e bambine, bambini e insegnanti
Scuola dell’Infanzia “Case Bagatti”
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di Castelnovo ne’ Monti
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Comaunedi Carpineti
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Comunedi Casina
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Una foresta di nuvoleLuogo: Case Bagatti - Cortile della scuola dell’infanzia
Ideazione, progetto e realizzazione: bambine e bambini della scuola dell’infanzia, con
Emanuele Ferrari e le insegnanti Marinella e Vittorina
Nume tutelare: il poeta Mark Strand
(e le sue 89 nuvole)Protagonisti: alberi non più alberi e nuvole non più nuvole
Descrizione.Le nuvole viaggiano. Sono sopra di noi. Anche dentro di noi. Quando hanno fre
ddo si
nascondono dentro gli armadi. Le nuvole sono la poesia del cielo. E dentro le nuvole
stanno le poesie. Come i vestiti negli armadi.
I vestiti del cielo. Nelle nuvole.Quando le nuvole sono stanche si devono riposare e allora scendono. Si posano
su alberi
non più alberi, piantati nella terra da bambine e bambini in un giorno di vento.
La foresta di alberi non più alberi è la casa delle nuvole che sopra si distendono e
riposano. Ogni nuvola che sogna è la casa di una poesia. Che qualcuno, un bambino
e una bambina hanno messo dentro, tra le pieghe della nuvola. In un giorno
di vento. La foresta di nuvole è un posto sicuro. È protetto da due grandi sassi.
Due grandi onde che tanto tempo fa sono diventate pietra. La foresta di nuvole
se la stai ad ascoltare parla. Dice piano le poesie che nasconde. Le porta in giro
stando ferma. Ogni volta che passa il vento. In un giorno di vento.
Senza tempo.
Sparavalle
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Emanuele Ferrari e bambine, bambini e insegnantiScuola dell’Infanzia “Case Bagatti”