COMITATO DI COORDINAMENTO PER LE CELEBRAZIONI IN … · La corsa contro il tempo di Lotoro per...

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DE LUCA EDITORI D’ARTE COMITATO DI COORDINAMENTO PER LE CELEBRAZIONI IN RICORDO DELLA SHOAH

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DE LUCA EDITORI D’ARTE

COMITATO DI COORDINAMENTO PER LE CELEBRAZIONI IN RICORDO DELLA SHOAH

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DE LUCA EDITORI D’ARTE

aa ccuurraa ddii

Viviana Kasam e Marilena Citelli Francese

iilllluussttrraattoo ccoonn sseettttee ttaavvoollee ddii

Mimmo Paladino

iinn ooccccaassiioonnee ddeell

Concerto per il Giorno della Memoria22001155

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SOTTO L’ALTO PATRONATO

DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

CON IL PATROCINIO

DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

COMITATO DI COORDINAMENTO PER LE CELEBRAZIONI IN RICORDO DELLA SHOAH

MUSICA PER ROMA

ACCADEMIA NAZIONALE DI SANTA CECILIA

CONTEMPORANEA

BRAINCIRCLE ITALIA

MUSADOC

UCEI - UNIONE DELLE COMUNITÀ EBRAICHE ITALIANE

HEBREW UNIVERSITY OF JERUSALEM

DOC/LAB

INTERGEA

L’evento è stato realizzato grazie a

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COMITATO D’ONORE

IGNAZIO ROBERTO M. MARINOSindaco di Roma

RENZO GATTEGNAPresidente Unione Comunità Ebraiche Italiane

MENACHEM BEN-SASSONPresidente Università Ebraica di Gerusalemme

BARONESSA MARIUCCIA ZERILLI-MARIMÒGran Croce dell’Ordine della Repubblica Italiana

PHILIPPE e CATARINA AMONPresidente e CEO SICPA Holding

BRUNO CAGLIPresidente dell’Accademia Nazionale

di Santa Cecilia

ROBERTO CICUTTOPresidente e Ad Istituto Luce Cinecittà

CARLO CIMBRIAmministratore Delegato Gruppo Unipol

MICHELE DALL’ONGAROVicepresidente dell’Accademia Nazionale

di Santa Cecilia

FERRUCCIO DE BORTOLIDirettore Corriere della Sera

RAV. RICCARDO DI SEGNIRabbino Capo di Roma

MICHELE MARIO ELIAAmministratore Delegato Ferrovie

dello Stato Italiane

GIOVANNI MARIA FLICKPresidente Onorario

Fondazione Museo per la Shoah

CARLO FUORTESAmministratore Delegato Fondazione Musica per Roma

PASQUALE LORUSSOPresidente Bawer

MIMMO PALADINOArtista

RICCARDO E SVEVA PATERNÒ DI MONTECUPOPresidente Fondazione Ernst Young

AURELIO REGINAPresidente Fondazione Musica per Roma

PIETRO SALINIAmministratore Delegato Salini Impregilo

PIERLUIGI STEFANINIPresidente Gruppo Unipol

ANNA MARIA TARANTOLAPresidente Rai

AMBASCIATORE UMBERTO VATTANIPresidente Venice International University

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Tutto ciò che mi resta è parte di un progetto più ampio chesotto il nome di LastMusik.com si propone di affiancare illavoro di Francesco Lotoro, nella sua ormai trentennale ri-

cerca delle testimonianze e ripristino degli spartiti di musica con-centrazionaria.

La corsa contro il tempo di Lotoro per recuperare “ciò che an-cora ci resta” di questa sconvolgente pagina di storia, diventeràanche un film/documentario in uscita a fine 2015 nelle sale ci-nematografiche, che verrà trasmesso da vari canali televisivi nelmondo. Il Concerto, in prima assoluta a Roma, sarà poi replica-to in altre capitali in Europa e negli Stati Uniti.LastMusik.com sta promuovendo inoltre la nascita di un gran-

de archivio della musica concentrazionaria, che raccoglierà e or-dinerà tutti gli spartiti e i materiali audiovisivi già recuperati equelli ancora mancanti all’appello. Primo passo verso un futu-ro Museo della Musica Ebraica, che avrà sede in Puglia.

Si tratta insomma di un progetto poliedrico che vuole coin-volgere tutti coloro che condividono con noi la convinzione chemantenere viva la memoria del passato possa servire da vaccinoperché quegli stessi tragici errori non si ripetano in futuro.

Marco Visalberghi, regista e produttore

Hanno procurato dolore e morte e hanno tentato di di-struggere anche il loro ricordo. Ma la memoria è indele-bile e la loro arte continua a diffondere senza sosta mes-

saggi di alto valore morale e civile.Renzo Gattegna, presidente UCEI

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Coraggioso tentativo di sopravvivenza spirituale, testimo-nianza suprema di umanità contro chi li considerava, e litrattava, come carne da macello, la musica è tutto ciò che

restava ai musicisti prigionieri nei campi di concentramento, edè spesso tutto ciò che ci resta di loro.

Grazie all’impegno di Francesco Lotoro, molte di queste par-titure sono tornate alla luce, e rivivono attraverso gli strumentie le voci di grandi artisti che, nel settantesimo anniversario del-la liberazione di Auschwitz, hanno accettato l’invito di celebra-re la fine di quell’incubo atroce e la speranza che non si ripetamai più.

In prima mondiale a Roma, le melodie, le storie, le testimo-nianze di una pagina poco conosciuta della Shoah, il miracolodi musiche bellissime che risorgono dall’oblio per ricordarci chel’arte sopravvive alla volontà di annientamento e che si può crea-re bellezza anche nella più disumana delle prigionie.

Ringraziamo di cuore Mimmo Paladino per l’entusiasmo concui ha creato per il concerto le bellissime immagini riprodottein questo libro, la Baronessa Mariuccia Zerilli-Marimò che ne haresa possibile la pubblicazione, l’Università Ebraica di Geru-salemme, Catarina e Philippe Amon e David Landau per il lo-ro sostegno, Ferrovie dello Stato, Salini-Impregilo, Unipol, Ba-wer e Istituto Luce per i generosi contributi. E tutti coloro che,con dedizione e impegno, hanno collaborato alla realizzazionedell’evento.

Viviana Kasam e Marilena Citelli Francese

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Programma

I Tempo

Qui in questa terra, parole di Frida Misul, melodia di Samuel Cohen (1888)Canto scritto dalle donne ebree italiane nel blocco femminile di Birkenau.

CCoorroo HHaa--KKooll

Mogen Owaus Musica di Zigmund SchulMagen Avòt, Scudo dei Padri, pronunciato Mogen O’waus dagli ebrei askhenaziti, è

la preghiera per i ritardatari che si recita il venerdì all’entrata dello Shabbat.AAnnnnaa MMaarriiaa SStteellllaa PPaannssiinnii, soprano, AAnnggeelloo DDee LLeeoonnaarrddiiss, baritono,

FFrraanncceessccoo LLoottoorroo, organo, ccoorroo HHaa--KKooll

Cadenza di Viktor Ullmann, dal concerto per pianoforte e orchestra n.3 di BeethovenFFrraanncceessccoo LLoottoorroo, pianoforte

Sonata per violino solo, 1 movimento, di Marius FlothuisFFrraanncceessccaa DDeeggoo, violino

Melodia ebraica di Joseph AchronFFrraanncceessccaa DDeeggoo, violino, con FFrraanncceessccaa LLeeoonnaarrddii al pianoforte

VideoJack Garfein, noto produttore teatrale sopravvissuto al campo di Märzbachtal,

ricorda una melodia che veniva intonata nei lager, Zi is mein Herz (Questo è il mio cuore).

Zi is mein HerzPPaaoolloo CCaannddiiddoo,, cantante, FFrraanncceessccoo LLoottoorroo,, pianoforte, LLeeoo GGaalllluuccccii, chitarra

VideoFrancesco Lotoro e Alexander Tamir. Tamir accenna a suonare Shtiler Shtiler

Shtiler Shtiler (Zitto zitto) di Alek Volkoviski (oggi Alexander Tamir)MMyyrriiaamm FFuukkss, voce, FFrraanncceessccoo LLoottoorroo, pianoforte

Kinder Yorn di Mordechai Gebirtig MMyyrriiaamm FFuukkss, voce, RRoobbyy LLaakkaattooss, violino

But fačunge, but maro pekal, melodia dei Roma-Lovara ripresa dagli ebrei nel campo di Auschwitz.

MMyyrriiaamm FFuukkss, voce, MMaarriiaann BBaalloogg, voce, RRoobbyy LLaakkaattooss, violino, MMaarriiaann SSeerrbbaann, cymbalon,FFrraanncceessccoo GGeessuuaallddii, fisarmonica, MMaassssiimmoo CCeeccccaarreellllii, contrabbasso

Romanì dzili di David Beigelman, Canto tzigano, ispirato da Tsigaynerlid Łódź-Litzmannstadt 1942-1943

Source: Jana BelišováRRoobbyy LLaakkaattooss improvvisa al violino

TTuuttttii

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II Tempo

Hallelujah di Viktor Ullmann

Hedad gina k’tanah di Viktor Ullmann

Ki’tavo’u el ha’Aretz di Zikmund SchulCCoorroo VVooccii BBiiaanncchhee ddeellll’’AAccccaaddeemmiiaa NNaazziioonnaallee ddii SSaannttaa CCeecciilliiaa

Der Tango fun Oschwietschim di anonimoUUttee LLeemmppeerr e PPMMCCEE

Der Abend di Selma Meerbaum Eisinger, una giovane poetessa deportata nelcampo di lavoro tedesco di Michailowska, dove morì in breve tempo.

UUttee LLeemmppeerr con VVaannaa GGiieerriigg al pianoforte

Ich wandre durch Theresienstadt di Ilse WeberCanzone scritta da una deportata a Theresienstadt e poi a Auschwitz,

dove fu uccisa nel 1944.UUttee LLeemmppeerr con VVaannaa GGiieerriigg al pianoforte

Wenn ein Packetchen kommt di Willy RosenUUttee LLeemmppeerr e PPMMCCEE

VideoLa testimonianza di Wally Karveno, musicista oggi centenaria, che fu rinchiusa a

Gurs con l’accusa di essere una spia.

Floep zei de Stamper (Ha detto il battitore) di WesterborkPPaaoolloo CCaannddiiddoo, cantante, AAnnggeelloo DDee LLeeoonnaarrddiiss, baritono, PPaaoolloo GGaalllluuccccii, chitarra

Marco Baliani presenta Andrea Satta, leader del gruppo musicale “Têtes de bois”, e figlio di un deportato ad Auschwitz.

Andrea Satta suona alla fisarmonica la canzone che salvò la vita al padre, accompagnato alla chitarra da Carlo Amato

FinaleBezèt Israel, (Salmo 113A)

Uno dei più bei salmi della tradizione ebraica. Viene cantato ogni anno durante lafesta di Pesach, per rievocare l’uscita degli ebrei dall’Egitto e dalla schiavitù e l’arrivo in Israele.

CCoorroo HHaa--KKooll ee CCoorroo VVooccii BBiiaanncchhee ddeellll’’AAccccaaddeemmiiaa NNaazziioonnaallee ddii SSaannttaa CCeecciilliiaa

Le straordinarie storie delle musiche eseguite nel concerto sono narrate da Marco Baliani

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Mimmo Paladino

Nasce nel 1948 a Paduli, in provincia di Benevento. La scopertadella Pop Art alla Biennale di Venezia nel 1964 lo tocca profon-damente. Nel 1979 partecipa alle mostre che sanciscono la na-scita della Transavanguardia e all’estero richiamano l’attenzionesull’arte italiana. Nel 1980 è nella sezione “Aperto” alla Bienna-le di Venezia, dove torna nel 1988 con una sala personale nel Pa-diglione Italia. Nel 1994 è il primo artista italiano ad esporre inCina, nella Città Proibita e sulla Grande Muraglia. Realizza di-versi interventi negli spazi urbani, a partire dalla Montagna delsale in piazza del Plebiscito a Napoli nel 1995 fino alla Croce inpiazza Santa Croce a Firenze nel 2012. Collabora con architetti,registi e musicisti fra cui Mario Martone, per il quale concepi-sce le scene di Edipo Re vincendo il Premio Ubu nel 2000, e BrianEno, con cui lavora per la prima volta a Londra nel 1999, annoin cui viene nominato membro onorario della Royal Academy.È egli stesso regista di alcuni film tra cui Quijote (2006), presen-tato alla 63° Mostra del Cinema di Venezia.Le sue opere si trovano nelle raccolte di numerose istituzioni,fra cui: Art Gallery of New South Wales, Sydney; Art Gallery ofOntario, Toronto; Bayerische Staatsgemäldesammlungen, Mün-chen; Berlin Nationalgalerie; City of Beijing Collection; CivicheRaccolte d’Arte, Milano; Collezione del Ministero degli Esteri,Roma; Fonds National d’Art Contemporain, France; Galleria Na-zionale d’Arte Moderna, Roma; Kunstmuseum, Basel; Los An-geles County Museum of Art; Louisiana Museum of Modern Art,Humlebæk; Metropolitan Museum of Art, New York; Museo MA-DRE, Napoli; Museum of Modern Art, New York; Setagaya ArtMuseum, Tokyo; Solomon R. Guggenheim Museum, New York;Stedelijk Museum, Amsterdam; Tate, London.

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Francesco Lotoro“Francesco Lotoro è la memoria vivente dellamusica concentrazionaria […] egli raccoglie tutte le mu-siche scritte nei Campi durante la Seconda Guerra Mon-diale. Un progetto titanico che porta avanti da solo, sen-za alcun aiuto finanziario... con gli occhi circondati dal-la fatica e la sacca piena di partiture di una musica chelo ossessiona da anni, musica alla quale ha dedicato lasua carriera, i suoi soldi, la sua vita”. (Chine Labbé, LeMonde, 10 Settembre 2008).“Si tratta di uno dei progetti più splendidi e commoven-ti che si possano immaginare nel mondo della musica. Illavoro del pianista Francesco Lotoro fa rabbrividire, pro-voca dolore e suscita la riflessione... Se Lotoro non aves-se dedicato la vita alla ricerca di queste opere straordi-narie, probabilmente non sarebbero mai state scoperte(Menachem Gantz, Yediot Aharonot, 18 giugno 2013)”.

Nato a Barletta nel 1964, Lotoro si è diplomato inpianoforte presso il Conservatorio di Musica N. Pic-cinni di Bari, ha proseguito gli studi pianistici al-l’Accademia di Musica F. Liszt di Budapest con Kor-nél Zempléni e László Almásy e si è perfezionato conViktor Merzhanov, Tamas Vasary e Aldo Ciccolini.A partire dal 1989 ha intrapreso un progetto di ar-chiviazione, esecuzione, registrazione discograficae promozione dell’intera produzione musicale neiCampi di prigionia, internamento, transito, con-centramento, sterminio, lavori forzati, penitenziarimilitari, Stalag e Oflag, POW Camps e Gulag, aper-ti dal 1933 al 1953 in Europa, Africa coloniale, Asia,Australia, U.S.A. e Canada. Musica composta da mu-sicisti uccisi o sopravvissuti provenienti da qualsiasicontesto nazionale, sociale e religioso e che subi-rono discriminazioni, persecuzioni, ingiusta deten-zione o deportazione.Tale ricerca lo ha portato a recuperare 4.000 ope-re musicali e 13.00 documenti di letteratura musi-cale concentrazionaria, della quale è unanimemen-te considerato la massima autorità.Pianista di tecnica eccezionale, si è specializzato nel-la letteratura pianistica di J.S. Bach del quale ha re-gistrato l’integrale de Il Clavicembalo ben Tempera-to, la propria trascrizione per pianoforte della Mu-sikalisches Opfer per pianoforte e le trascrizioni per2 pianoforti della Deutsche Messe e dei 14 CanoniBWV1087.Ha ricostruito musica e testo del Weihnachtsorato-rium per soli, coro e pianoforte di Friedrich Nietz-sche, considerato un classico della filologia musi-cale contemporanea, eseguito e registrato sia con ilCoro della Radio Svizzera Italiana che con l’ArsCantica Choir nonché pubblicato in partitura dal-la Editrice Rotas.Nel 1998 ha eseguito l’integrale delle opere piani-stiche e cameristiche scritte da Alois Piňos, Petr Po-korný, Petr Eben, Miloslav Ištvan e Milan Knížák aseguito dall’occupazione della Cecoslovacchia del1968 che pose fine alla Primavera di Praga.

È l’unico pianista ad aver eseguito la Sinfonia n. 8 op.99 di Erwin Schulhoff per pianoforte (scritta nelloIlag XIII di Wülzburg) e le partitura pianistiche ori-ginali del Don Quixote tanzt Fandango di Viktor Ul-lmann (scritta a Theresienstadt) e del Nonet di Ru-dolf Karel (scritta nel Vazební věznice di Praha–Pan-krác).Come compositore ha scritto l’opera in 2 atti Mi-sha e i Lupi [Cantata ebraica] per cantore, chitarra eorchestra da camera, il Requiem Barletta 12.IX.1943per soli, organo, pianoforte e orchestra e 12 Studisu un tema di Paganini per pianoforte.Ha tenuto concerti e master class in numerosi Pae-si europei, Canada, U.S.A. e ha tenuto conferenzesulla Letteratura musicale concentrazionaria in con-testi istituzionali e accademici quali Consiglio d’Eu-ropa di Strasburgo, Georgia State University diAtlanta, Università di Aix-en-Provence, ConcordiaUniversity di Montreal.Nel 1994 ha costituito l’Orchestra Musica Judaica (og-gi Orchestra Musica Concentrationaria) con la qualeha registrato gran parte del repertorio musicale con-centrazionario nonché realizzato numerosi allesti-menti teatrali dell’operina per ragazzi e orchestraBrundibàr di Hans Kràsa e, insieme al direttore d’or-chestra Paolo Candido, la versioni originali de DerKaiser von Atlantis di Viktor Ullmann e La Favola diNatale di G. Guareschi–A. Coppola.Nel 2011 lo scrittore e giornalista Thomas Sain-tourens ha pubblicato il libro Le Maestro (ÉditionStock, Paris) sulle sua vita e le sue ricerche. Tra-dotto in italiano nel 2014 (Il Maestro, Edizioni Piem-me Mondadori, Segrate).Con sua moglie Grazia Tiritiello ha fondato a Bar-letta l’Istituto di Letteratura Musicale Concentrazio-naria, da quest’anno costituitosi in Fondazione perospitare l’immenso patrimonio musicale creato incattività.È autore nonché interprete in qualità di pianista,organista e direttore d’orchestra dell’Enciclopediain 24 CD–volumi KZ Musik (Musikstrasse Roma)contenente 407 opere scritte nei Lager.Nel 2018 pubblicherà il primo volume dell’Enci-clopedia cartacea e discografica in 12 volumi e 12CD il primo volume Thesaurus Musicae Concentra-tionariae in 5 lingue (italiano, inglese, francese, te-desco, ebraico), la quale costituisce lo stadio piùavanzato della ricerca musicale concentrazionaria eche conterrà l’intera storia della letteratura musi-cale concentrazionaria, 1.500 biografie e circa 500partiture scritte in cattività civile e militare dal 1933al 1953.Nel 2013 il Ministro della Cultura francese AurélieFilippetti gli ha conferito l’onorificenza di Cheva-lier de l’Ordre des Arts et Lettres della Repubblica diFrancia.È docente di pianoforte presso il Conservatorio diMusica U. Giordano di Foggia.

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Qui in questa terraCoro Femminile. Parole di Frida Misul

1944, Auschwitz–Birkenau.Fonte: Rachele Levi, Novara e

Roberto Rugiadi, Livorno

Qui in questa terra triste e maledetta soffrono molto ifigli d’Israele./ Stanchi e sfiniti da atroci pene noi aspet-tiamo la liberazione./ O gran Dio, rispondi anche Tu,/Noi vogliamo tornare per Kippur. / Amen.

Questa canzone venne scritta nel campo di Au-schwitz. A noi sono arrivate due versioni del testo:una riportata da Settimia Spizzichino, unica donnasopravvissuta al rastrellamento del ghetto di Roma,e l’altra dalla cantante livornese Frida Misul. In que-sta seconda versione la canzone si chiude con unAmen che sigilla la richiesta “Oh, gran Dio rispon-di anche tu, noi vogliamo tornare per Kippur”, ri-correnza religiosa ebraica che celebra il giorno del-l’espiazione.Frida Misul era dotata di una voce straordinaria, maarrivata a Auschwitz venne assegnata ai lavori di pu-lizia. Dopo Auschwitz, venne trasferita a Villistat, inGermania, a lavorare nella fabbrica di armi del cam-po sotto la guida di una Kapò estremamente cru-dele. Un giorno Frida svenne per la fatica: “Perchéti sei sentita male?” le urlò l’aguzzina, picchiandolapoi sulla bocca con una spranga di ferro.Frida si ritrovò sanguinante e con i denti spezzati,e venne tenuta per giorni in infermeria, fino aquando fu convocata nell’ufficio dalla Kapò che lechiese se fosse davvero una cantante. Oltre alla Ka-pò, nella stanza erano presenti alcuni ufficiali del-le SS e un italiano che faceva da interprete e chele ordinò di cantare qualcosa. Frida provò a spie-gare che senza i denti le sarebbe stato difficile can-tare, ma di fronte all’insistenza dei presenti into-nò: “Mamma”, e poi “Ave Maria” e la romanza del-la “Butterfly”. Finito di cantare, la Kapò la conge-dò con gli occhi lucidi.“Frida…”. La sera stessa poco dopo essersi addor-mentata, la Misul venne svegliata da una carezza eda una voce che sussurrava il suo nome. Nessunol’aveva più chiamata per nome nei mesi di prigio-nia. La cantante, stupefatta, vide la Kapò, che le por-geva una fetta di pane e carne, cibo ambitissimo chela Misul decise di dividere con le compagne. Allafine della guerra, sia Frida che Settimia Spizzichi-no tornarono a casa. E come risposta al loro cantodi preghiera, arrivarono a Roma alla vigilia di Kip-pur.

Mogen OwausZikmund Schul (1916–1944)

Soprano, baritono, coro e organoTheresienstadt 1941. Bote&Bock Berlin

Magen ‘Avot bidvaro m’khayeh maytim b’ma’amaro./Hamelekh hakadosh she’ayn kamohu/ hameni’akhl’amo b’yom shabbat kadsho./ Ki vam ratsah l’haniakhla hem./ L’fanav naavod b0’yeerah vafakhad v’nodehlishmo/ b’kol-yom tamid meayn habrakhot./ Ayl ha ha-hoda’ot ‘adon hashalom m’kadesh/ ha-shabbat umva-rekh sh’vii/ umeniakh beekdushah l’am m’dushnayoneg./ Zaykher l’ma-asay b’re’shit.

La parola di Dio è sempre stata lo scudo dei nostri pa-dri,/ Egli dà la vita eterna ai morti/ Egli è santo/ Nes-sun altro può competer con colui che dà il riposo ogniShabbat al suo popolo che ama/ Con venerazione e conTimore Lo serviamo;/ Lo preghiamo e ogni giorno lo-diamo il Suo nome/ Tutti i ringraziamenti vanno a Dio,il Signore della Pace/ Lui venera lo Shabbat/ E bene-dice il settimo giorno/ Dà il riposo al popolo che cono-sce la sua gioia,/ in ricordo della creazione.

Mogen Avot, o Mogen Owaus come viene pronun-ciato dagli ebrei Ashkenaziti, significa “Scudo deipadri” ed è la preghiera per coloro che arrivano inritardo al Tempio il venerdì sera all’entrata delloShabbat. A musicarlo è Zikmund Schul, composi-tore di cui abbiamo rischiato di perdere ogni trac-cia. Lotoro, infatti, scoprì le pagine musicali diSchul all’interno di un quaderno di Viktor Ullman,musicista assai più famoso.Schul nacque a Chemnitz, in Germania, da una fa-miglia ebraica. All’avvento del regime nazionalso-cialista, fuggì a Praga dove studiò composizione conAlois Haba, si interessò particolarmente di musicaliturgica ebraica e divenne amico del grande musi-cista Viktor Ullman, assieme al quale viene depor-tato nel campo di concentramento di Terezin o The-resienstadt.Terezin non è un campo di concentramento comegli altri, ma un campo speciale dove vengono rin-chiusi gli “ebrei eccellenti”, coloro la cui sparizio-ne potrebbe destare maggiore interesse: militaripluridecorati, ma soprattutto artisti, attori, pittori,scrittori e tanti musicisti. A Terezin si comporrà ilmaggior numero di opere di musica concentrazio-naria, grazie anche alla cospicua presenza di artistie alla disponibilità di strumenti musicali.Le condizioni di vita sono comunque estreme: nelcampo vengono stipate dieci volte le persone che es-so potrebbe contenere e epidemie e malnutrizione sidiffondono rapidamente. Schul muore di tubercolo-

PRIMO TEMPO

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si nel 1944. Quando Lotoro ritrova i suoi spartiti, po-chi rispetto a quello che potrebbe essere stata la vi-ta artistica del compositore all’interno del campo, sichiede se sia stato lo stesso Schul a inserirli all’in-terno della cartella del ben più famoso Ullman, spe-rando che la celebrità del suo amico avrebbe pre-servato anche alcune delle sue composizioni, o se siastato Ullman stesso a salvare così gli scritti di Schul.Quello che è certo è che poco dopo Ullman vennefatto salire sul treno per Auschwitz.

Cadenza di Viktor Ullmanndal concerto per pianoforte e orchestra n.3 di Beethoven

Theresienstadt 1943

Viktor Ullmann fu il più prolifico dei musicisti diTheresienstadt e forse il più dotato di talento fratutti quelli che composero in cattività. Allievo diSchönberg, scrisse ventiquattro opere nel campo,fra cui la titanica Der Kaiser von Atlantis, un’operaallegorica in cui, motivo costante in molte dellecreazioni concentrazionarie, veniva narrata l’eternalotta fra il bene e il male.Ullmann arriva a Terezin a 44 anni, assieme a suamoglie e al figlio primogenito Max. Una notte diagosto del 1944 il musicista scrive: “Il nostro sforzoper servire rispettosamente le arti è stato proporziona-le solo alla nostra volontà di vivere malgrado tutto”. Il16 ottobre 1944, scopre di essere sulla lista del tre-no per Auschwitz con la moglie e il figlio. Ullmannsi prepara a partire e prende con sé tutti i lavoriscritti nel campo. Sicuramente immagina dove loporterà quel treno, ma non vuole abbandonare ilsuo Kaiser. Gli amici che rimarranno nel campo cer-cano di convincerlo a lasciarlo sotto la loro custo-dia. Alla fine Ullmann, in un momento di lucidità,porge la partitura al suo caro amico, il Prof. EmilUtitz: “So che sto andando incontro alla morte, ma for-se così la mia musica vivrà per sempre”. La famigliaUllman muore presumibilmente il giorno successi-vo nelle camere a gas.A Theresienstadt veniva composta molta musicaanche con il beneplacito dei nazisti, poiché era ilcampo che gli osservatori internazionali tenevanopiù sott’occhio. C’era però una condizione: era per-messo eseguire solo composizioni di austriaci, te-deschi e italiani. Fu forse questo uno dei motivi chespinsero Ullman a dedicarsi alla stesura delle ca-denze dei 5 concerti per pianoforte e orchestra diBeethoven che sarebbero state catalogate, nell’ideaoriginale dell’artista, nell’op.54. Le cadenze da scri-vere in realtà, si rese poi conto Ullman, erano solo4 (il quinto concerto non ha cadenza) ma a noi so-no pervenute solo la prima e la terza in minuta, unasorta di brutta copia. Non sappiamo se Ullman scris-se anche la quarta e la seconda e se ricopiò le altredue in bella copia, apportando magari dei cambia-menti.

Zi is mein HerzFonte Jack Garfein

Zi is mein herz/ kein herz von kein menschen/ zi hobich recht/ yo zi leben oder nein / in farvus kimt mir nein/in farvus kimt mir nisht / von mein leben zu genisen/ azMy jugend zol avek gain/ elendick yuomerdick/ undwist.

Il mio cuore è o non è un cuore umano?/ Ho diritto ono di vivere?/ E perché non avrei il permesso di gode-re della mia vita?/ Quando la mia giovinezza scompa-re…desolata.

Durante la Seconda Guerra Mondiale i Nazisti usa-vano numeri, date e simboli tipici della tradizionereligiosa ebraica per umiliare e schernire i prigio-nieri. Ad esempio, le camere a gas del Campo diTreblinka erano 12, come le tribù di Israele. Il co-mandante tedesco del campo, Kurt Franz, le chia-mava “Lo stato ebraico”. Fra questi numeri, impor-tantissimo è il 613: 613 sono le mitzvoh, i precettidella Torà che costituiscono l’ossatura stessa del-l’ebraismo.Nel campo di Märzbachtal (Polonia) c’erano 1200ebrei ungheresi e polacchi, 600 sotto i 16 anni. Inazisti decisero di eliminarne la metà: 613, perl’esattezza. L’ennesima beffa. Per non seminare ilpanico, consapevoli che gli ebrei avrebbero subitocompreso il riferimento biblico, ridussero il nume-ro a 612 e assicurarono che coloro che fossero sa-liti sul convoglio sarebbero stati trasferiti in GranBretagna per uno scambio di prigionieri. Tuttavia,alla conta del carico degli autocarri, i ragazzi risul-tarono 615, e quindi le guardie ordinarono a tre vo-lontari di scendere. Fra quelli che si offrirono c’erail giovane Jack Garfein, già scampato alla morte per-ché, preavvertito da un amico, durante la selezioneaveva detto al dottor Mengele di avere 16 anni an-ziché 13. I 612 ragazzi saliti sul convoglio finironoa Birkenau e vennero gasati.Unico sopravvissuto di tutta la sua famiglia, Jack do-po la guerra si ritrovò su una sedia a rotelle, ma re-cuperò l’uso delle gambe, studiò inglese e si tra-sferì negli Stati Uniti per studiare recitazione e re-gia con Lee Strasberg e Erwin Piscator. Garfein di-venne uno dei più grandi docenti di recitazione ci-nematografica a livello mondiale.Poche settimane prima della partenza del convoglioper Birkenau, un compagno di prigionia di Garfeincreò il canto in lingua Yiddish Zi is mein herz. L’au-tore morì e Garfein non raccontò mai a nessuno diquesta canzone, fino all’incontro con FrancescoLotoro avvenuto nel 2014.Jack era il numero 613 tra i ragazzi caricati sul car-ro. “Sei tu la 613ma mitzvà” gli disse commosso Lo-toro. Jack era l’ultimo dei precetti, destinato a so-pravvivere per raccontare.

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Shtiler shtilerdi Alek Volkoviski (oggi Alexander Tamir)

Shtiler shtiler, lomir shvaygn/ Kvorim vaksn do./S’hobn zey farflantst di sonim:/ Grinen zey tsum blo./S’firn vegn tsu ponar tsu,/ S’firt keyn veg tsurik./ Izder tate vu farshvundn/ Un mit im dos glik./ Shtiler,kind mayns, veyn nit oytser,/ S’helft nit keyn geveyn/Undzer umglik veln sonim/ Say vi nit farshteyn./S’hobn breges oykh di yamen./ S’hobn tfises oykhet tsa-men,/ Nor tsu undzer payn/ Keyn bisl shayn/ Keyn bislshayn/ Friling afn land gekumen/ Un undz harbst ge-brakht/ Iz der tog haynt ful mit blumen/ Undz zet nordi nakht/ Goldikt shoyn der harbst af shtamen/ Blit inundz der tsar;/ Blaybt faryosemt vu a mame:/ S’kindgeyt af ponar./ Vi di vilye a geshmidte/ T’oykh geyokhtin payn/ Tsien kries ayz durkh lite/ Itst in yam arayn/S’vert der khoyshekh vu tserunen/ Fun der fintsterlaykhtn zunen/ Rayter kum geshvind,/ Dikh ruft daynkind./ Shtiler shtiler s’kveln kvaln/ Undz in hartsarum./ Biz der toyer vet nit faln/ Zayn mir muznshtum./ Frey nit kind zikh, s’iz dayn shmeykhl/ Itst farundz farat/ Zen dem friling zol der soyne/ Vi in harbsta blat. / Zol der kval zikh ruik flisn/ Shtiler zay un hof/Mit der frayheyt kumt der tate/ Shlof zhe kind mayn,shlof./ Vi di vilye a bafrayte/ Vi di beymer grin banayte/Laykht bald frayheyts likht/ Af dayn gezikht.

Zitti, zitti, stiamo zitti:/ qui crescono i morti./ Li han-no piantati i nemici:/ stanno germogliando./ Le stra-de portano a Ponar/ e nessuna porta indietro./ Nostropadre pure è sparito,/ e con lui la buona sorte./ Zitto,bambino mio, non piangere gioia mia,/ piangere nonserve a niente,/ la nostra pena i nemici/ non la capi-ranno mai./ Anche i mari hanno le rive,/ anche le pri-gioni hanno dei limiti,/ ma la nostra pena non ha nep-pure/ un barlume di luce,/ un barlume di luce./ La pri-mavera è arrivata sulla terra/ ma a noi ha portato l’au-tunno./ Il giorno, oggi, è tutto fiorito;/ a noi ci scrutasolo la notte./ L’autunno già indora le foglie,/ in noifiorisce il dolore;/ da qualche parte una madre perde/il suo bambino che va a Ponar./ Il Neris è come un pri-gioniero/ intrappolato nel dolore,/ i blocchi di ghiac-cio attraversano la Lituania/ e scorrono verso il mare./Ma le tenebre si dissolveranno,/ il sole illuminerà ilbuio:/ cavaliere, vieni alla svelta,/ tuo figlio ti sta chia-mando./ Zitti, zitti, sgorgano sorgenti/ nel nostro cuo-re./ Finché le porte non si apriranno/ dovremo resta-re muti./ Bambino, non gioire: il tuo sorriso/ ci è proi-bito,/ il nemico vedrà la primavera/ come una fogliain autunno./ La sorgente scorrerà tranquilla,/ stai zit-to e abbi speranza:/ con la libertà tornerà il babbo,/dormi dunque, bambino mio./ Come il Neris liberato,/come gli alberi di nuovo verdi,/ splenderà la luce del-la libertà/ sul tuo viso,/ sul tuo viso.

Vilnius, Lituania, 1942. Nel ghetto ebraico viene in-detto un concorso musicale che prevede di pre-miare due differenti sezioni: brano strumentale ecanzone. Fra l’apertura del concorso e il giorno del-l’esibizione, molti cantanti del ghetto vengono uc-

cisi, ma la competizione va comunque avanti. Nel-la seconda sezione vince una canzone struggente,una sorta di malinconica ninna nanna in Yiddishdal titolo “Shtiler, shtiler”, traducibile come “zitto,zitto” o “tranquillo, tranquillo”. I pezzi, fino alla fi-ne del concorso devono rimanere anonimi: i nomidei compositori dei vari brani sono sigillati in unabusta che verrà aperta solo al momento della pre-miazione. E la sorpresa è tanta quando si scopreche dietro la canzone vincitrice c’è un ragazzo disoli 11 anni, che ha dissimulato un canto control’oppressore sotto la veste di un’apparentemente in-nocente ninna nanna. Il compositore, poco più cheun bambino, è Alexander Wolkovsky.Il giovane Alexander viene trasferito prima nel cam-po di concentramento di Stutthof, vicino Danzika.Alla fine della guerra emigra in Israele, a Gerusa-lemme, dove cambia il suo nome in Alex Tamir edove diventa una celebrità formando con la moglieBracha Eden un duo pianistico che si esibirà in tut-to il mondo, vincendo anche prestigiosi premi.Alexvive ancora in Israele, dove continua la sua attivitàdi musicista anche dopo la morte della moglie av-venuta nel 2006.Al concorso del ghetto di Vilnius, l’undicenne Alexpartecipò anche con una composizione per piano-forte, che però è andata perduta.

Kinder yorndi Mordechai Gebirtig (1877-1942)

1. Kinderyorn, size kinderyorn Eybik blaybt ir vakh inmayn zikorn;Ven ikh trakht fun ayer tzayt,Vert mir azoybang un layd. Oy, vi shnel bin ikh shoyn alt gevorn. / 2.Nokh shteyt mir dos shtibl far di oygn, Vu ikh bin ge-boyrn oygetzoygn Oykh mayn vigl ze ikh dort, Shteytnokh oyf dem zelbn ort - Vi a kholem is doz altz for-floygn. / 3. Nokh ze ikh dikh, Feygele, du sheyne, Nokhkush ikh di royte beklekh dayne, Dayne oygn ful mitkheyn, Dringen in mayn hartz arayn, Kh’hob gemeynt,du vest amol zayn mayne. / 4. Kinderyorn, kh’hob aykhongevoyrn. Mayn getraye mamen oykh farloyrn, Fun dershtub nishto keyn flek, Feygele iz oykh avek, Oy vi shnelbin ikh shoyn alt gevorn.

1. Anni d’infanzia, per sempre rimarrete dentro di me.Ogniqualvolta penso a quegli anni, divento triste – co-me ho fatto presto a invecchiare! / 2. Lì c’è la casettadove sono nato, dove giocavo da bambino. Lì c’è la cul-la dove dormivo. E tutto è svanito come un sogno. / 3.Rivedo ancora la bella Feyegele. L’ho baciata sulleguance rosse e i suoi occhi mi hanno preso il cuore. So-gnavo che sarebbe stata mia. / 4. Anni d’infanzia, sie-te passati da molto tempo. La mia cara madre è scom-parsa. E anche Feygele non c’è più, e la mia casetta sen’è andata tanto tempo fa. Come ho fatto presto a in-vecchiare.Poeta e musicista autodidatta, ebanista di mestiere,

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Gebirtig amava scrivere poesie in yiddish, che met-teva in musica lui stesso. Socialista fervente, impe-gnato nel Bund, sognava che il socialismo rimpiaz-zasse la religione, e l’yiddish diventasse la linguadella masse ebraiche. Conobbe la fama anche co-me attore e autore di teatro: descrive il mondoebraico in Polonia tra le due guerre, un mondo chefu cancellato dalla Shoah. Dopo l’invasione tede-sca, gli ebrei sono obbligati a lasciare le città: Ge-birtig conla seconda moglie e due delle tre figlie sitrasferisce in campagna, in miseria. Ma è solo l’ini-zio. All’inizio del 1942 viene chiuso a forza nel ghet-to di Cracovia. Affida il suo archivio musicale al-l’amico Julian Hoffman, che aveva arrangiato pa-recchie sue canzoni. Il 4 giugno viene ucciso nelghetto per essersi rifiutato di salire sui vagoni cheportavano i prigionieri ebrei nel campo della mor-te di Belzec, in quello che passerà alla storia comeil “giovedì di sangue”. Nessuno della sua famigliasopravvisse alla Shoah. Neanche Hoffman si salvò:ma le canzoni ci sono arrivate grazie alle figlie, chefurono nascoste da una famiglia ariana. Non cono-scendo la musica, Gebirtig componeva le melodiesu un flauto: erano poi gli amici a trascriverle. Ilpezzo più noto di questo musicista definito “l’ulti-mo bardo yiddish” è Undzer shetl brent (il nostroshtletl brucia), canto di rivolta scritto dopo l’in-cendio del ghetto di Przytyk nel 1938, divenuto ilcanto dei combattenti ebrei nei ghetti.

But fačunge, but maro pekal

Voce maschile e musicaFonte Ursula Hemetek e Mozes Heinschink, Canzone deiRom in Austria, composta nei campi di concentramento econservata nell’Annuario del Centro di Documentazione

della Resistenza Austriaca.Fonte della registrazione in Austria: Franz Horvarth,

Kleinbachselten, 1990

1.But fačunge, but maro pekal igem šukar čaja sinal/šei ma činen, šei ma maren kaj mra da gropo lakhlom./2.Igem šukar čaja sinal kai me vi da lakhlom/ šej mačinem, šej ma maren kale romen Auschwitz tarden.

1.Congelavano per tanto tempo, cuocevano tanto pane/Ho delle bellissime ragazze/ puoi picchiarmi, puoi pic-chiarmi quanto vuoi/ troverò in ogni modo la mia stra-da/ 2. Ho delle bellissime ragazze/ le ho conosciute/puoi picchiarmi, puoi picchiarmi quanto vuoi/ i neri Ro-ma furono deportati a Autschwitz.

L’origine di questo pezzo è sconosciuta, ma venneprobabilmente composta nello Tzigane Lager di Au-schwitz. La musica romanì composta nei lager co-stituisce un patrimonio vastissimo di melodie e can-zoni di cui è molto difficile ricostruire la genesi eanche stabilirne l’effettiva origine concentraziona-ria, poiché i musicisti tzigani si tramandano tuttooralmente e non conoscono la grafia musicale.

(Francesco, trovatosi spesso a suonare con i mag-giori virtuosi di musica Rom, non ha mai fornitoloro gli spartiti, ma si è sempre sentito dire “Fam-mi sentire come fa”, e loro con un orecchio davve-ro impressionante riproducono all’istante quantoascoltato). Questo contatto fra Rom e ebrei nei cam-pi di concentramento portò a una contaminazionedella musica: i musicisti ebrei, infatti, spesso si ispi-ravano alle melodie dei roma. Il “sodalizio” si ricreain questo concerto con la presenza sul palco di La-katos e Myriam Fuks.But Fakunge, melodia dei Roma-Lovara (slovacchi),è una delle più belle canzoni Rom e parla del tre-no che porta a Auschwitz.Accompagnano il duo for-mato da Lakatos e la Fuks, due musicisti roma, ilcantante Marian Serban e Marian Balog, virtuosodi cymbalon, strumento musicale diventato ormairarissimo.

Romani Džilidi David Beigelman

Canto tzigano, ispirato da TsigaynerlidŁódź–Litzmannstadt 1942–1943

Source: Jana Belišová

1.Tunjariko e rjat, angar kalo,/ Nekeži’ ma, marel o jilo./Trajin el Rom sar nisave/ Rrevdin e dukh, sa bokhale./Sar mačarki pašdurial hurjas, amare levuci Romanebašas./ 2.Či bešav katende, kek manaj te xav,/ saorre čhin-garel, ’ma man te nekežisarav./ Trajin el Rom sar nisave/Rrevdin e dukh, sa bokhale.

La notte è lunga, nera come il carbone / I nostri cuori nonbattono più / Questa non è vita / conosciamo solo dolore efame / Sogno di volar via come un uccello, ma invece sonqui con altri Roma / Siedo qui e non ho nulla da man-giare / tutti mi sputano addosso / mi guardano dall’alto inbasso / Questa non è vita / conosciamo solo dolore e fame.

Nel 1941 David Beigelman scrisse testo e musica diTsigaynerlid (in lingua yiddish) nel Ghetto di Łódź–Litzmannstadt per i Roma presenti nel Ghetto. Unatesi contrapposta riferisce di Romani Džili come unamelodia originale dei Roma polacchi alla qualeBeigelman si ispirò nella stesura di Tsigaynerlid.È un esempio della contaminazione musicale fraroma e ebrei che ricreiamo nel concenrto grazie allapartecipazione di Roby Lakatos, violinista di origineroma con la cantante yiddish Myriam Fuks.

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Halelujah, children choirViktor Ullmann (1898-1944)

Lyrics by Psalm 150Coro Voci Bianche dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Haleluja bezilze leschama/ Haleluja bezilze letrua/ Kolhan’schama tehalelja/ Haleluja.

LodateLo con cembali sonori/, lodateLo con cembalisquillanti;/ ogni anima [vivente] dia lode al Signore./Halleluia.

Hedad gina k’tanah,children choirViktor Ullman (1898-1944)

Lyrics by Jewish traditional Songs

Hedad gina k’tanah!/ Schalom lach raanana!/ Hedadgina k’tanah!/ Et haezim kissualim uwap’rachim/ jar’dutelalim./ Haziporim dauwau henmessap’rot/ mascheraumaschescham’u namerchakim/ alanafim jerakrakim./Hedad gina k’tanah!

Insieme nel piccolo giardino!/ La pace su di te canto!/ In-sieme nel piccolo giardino!/ Gli alberi si sono coperti difoglie/ E sui fiori è scesa la rugiada/ Sono arrivati gli uc-celli sui rami verdastri e narrano ciò che lontano hannovisto e sentito/ Insieme nel piccolo giardino!

Viktor Ullman realizzò nel Campo gli arrangiamentidei Salmi (8 in lingua yiddish, 5 in lingua ebraica)come segno artistico del suo ritorno alle radici ebrai-che, dopo aver abbracciato l’antroposofia nella mag-gior parte della sua vita. I cori per voci giovanili sonointitolati dall’Autore 3 Hebräische Knabenchöre e de-dicati a suo figlio primogenito Max.

Ki’tavo’u el ha’Aretz,children choirZikmund Schul (1916-1944)

Lyrics by Hebrew BibleTheresienstadt 1942

Source Istituto di LetteraturaMusicale Concentrazionaria, Barletta

Ki’tavo’u el ha’Aretz unthatem kol etz. / Liv’not velin-thoa lach’rosh veliz’roa. /Ve’aAretz haneshama / teAvedtachat asher haytah shemamah.

Quando arriverete sulla terra, pianterete alberi. /Co-struirete, pianterete, arerete e seminerete./ Sulla terra cheha perso la sua anima /poiché era nella desolazione.

Il canto è una combinazione di diversi testi tratti dalTanakh (le Sacre Scritture ebraiche): il 1o verso ètratto da Levitico 19:23, il 2o verso da Geremia 1:10,Isaia 28:24 e II Samuele 8:12; il 3o verso da Ezechiele36:34.

Der Tango fun Oschwietschimdi anonimo

Mir hobn tangos, fokstrotn un melodiyes/ gezungen ungetantst nokh far dem krig./ Di tsarte lider, tseklunge-ne, farbenkte/hobn mit libe undz dem kop farvigt./ Unitst milkhome, keyner shaft keyn lider/fun yene yungeyorn in der shtot./ Zing–oyf, o meydl, an ander lidl/funteg un nekht in lager hinter drot./ Undzer shklafn–tan-go unter knut fun shleger/ O der shklafn–tango fun demOshvientsimer lager./ Shtolene shpizn fun di vekhter–khayes/ O, es ruft di frayhayt un di tsayt di fraye./ Derneger nemt bald aher zayn mandoline/ un vet bald oyf/un der englender, franzoys zingen a nign,/ vet fun tro-yer vern a triyo./ Un oykh der pollack a nem tut baldzayn fayfl/ un er vet gebn filn gor der welt,/ vet dosgezang dan ontsindn di hertser,/ vos lekhtsn nokh derfrayhayt vos zey felt.

Prima della guerra, abbiamo cantato e abbiamo balla-to tango, foxtrot e melodie./ Queste canzoni tenere, ri-sonanti e piene di nostalgia,/ Facevano ondeggire le no-stre teste con amore./ E ora, in tempo di guerra, nessu-no crea nessuna canzone/ Su quegli anni di gioventù incittà. / Canta, oh ragazza, un altro piccolo brano/ Aproposito dei giorni e delle notti nel campo dietro i fi-li./ Il nostro tango di schiavi – sotto la frusta del bat-titore,/ Il nostro tango di schiavi dal campo di Au-schwitz./ Le spranghe d’acciaio delle guardie, queglianimali,/ Oh, la libertà!/ L’uomo nero prende ben pre-28

SECONDO TEMPO

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sto il suo mandolino,/ E presto inizierà a strimpellareil suo motivetto qui,/ E l’inglese e il francese canteran-no una melodia

Entrambe le fonti (l’ex deportato Yanowski e il li-bro di Kaczerginski Lider fun di getos un lagern) con-vergono sull’origine polacca (anziché yiddish) deltesto. Il canto era altresì conosciuto nel Campo diPłaszów.

Der AbendTesto di Selma Meerbaum Eisinger,

musica di Music World Quintet

Wie eine Linie dunkelblauen Schweigens/ Liegt fern derHorizont,von weichem Rot umsaeumt/ DieWipfel schau-keln wie im Banne eines Reigens,/ Das Licht ist wie imMaerchen, sanft und blau vertraeumt./ Der Himmel istnoch hell, noch sieht man kaum die Sterne,/ Die Luft istkuehl und weich wie eine Frauenhand/ Und suesse Me-lodie klingt aus der fernsten Ferne:/ Musik einer Schal-mei, zauberhaft, unbekannt.

Come una linea di mutismo blu/ giace lontano l’oriz-zonte orlato di rosso tenue/ Le cime degli alberi si cul-lano in balia di una danza/ la luce è come in una fia-ba, lieve e blu, trasognata/ il cielo è ancora chiaro, ap-pena si intravedono le stelle/ l’aria è fresca e delicatacome la mano di una donna / e una dolce melodia ri-suona dalla più remota delle lontananze:/ la musica diuna ciaramella, incantevole, oscura.

Selma Meerbaum Eisinger nacque a Czernowitz emorì a 18 anni nel campo di lavoro tedesco di Mi-chailowska. Era ebrea e amava la poesia.Comprese subito che la speranza era un sogno inac-cessibile. “Ich bin in Sehnsucht eingehuellt...” (Indossoun cappotto di malinconia) scriveva.Renée Abramovici, la sua amica, riuscì a scappare na-scondendosi sotto una carrozza, sul tetto di un trenoe camminando a piedi attraverso la Polonia e l’Un-gheria fino ad arrivare in Israele. Nello zainetto cheportava in spalla custodiva con venerazione un pic-colo quaderno sul quale erano vergate le poesie del-l’amica Selma.

Ich wandre durchTheresienstadt

Ilse Herlinger Weber (1903–1944)voce femminile e pianoforte

Testo di Ilse Herlinger WeberTheresienstadt 1943–1944.Fonte: Bote&Bock, Berlino

Ich wandre durchTheresienstadt, das Herz so schwer wieBlei./ Bis jäh mein Weg ein Ende hat, dort knapp an derBastei./ Dort bleib ich auf der Brücke stehn und schauinsTal hinaus: / ich möcht so gerne weiter gehn, ich möchtso gern nach Haus!/ Nach Haus – du wunderbaresWort,du machst das Herz mir schwer./ Man nahm mir meinZuhause fort, nun hab ich keines mehr./ Ich wende michbetrübt und man, so schwer wird mir dabei:/ Theresien-stadt. Theresienstadt, wann wohl das Leid ein Ende hat,wann sind wir wieder frei?

Io vado errando per Theresienstadt,/ col cuore pesantecome piombo./ Fino a quando il mio cammino si inter-rompe/ Proprio ai piedi del bastione./ Là rimango neipressi del ponte/ E guardo verso la vallata:/ vorrei tantoandare lontano,/ e ritornare a casa mia!/ Casa mia! —che meravigliosa parola,/ che tanto mi pesa sul cuore./La casa, me l’hanno tolta / E ormai non ne ho più nes-suna./ Io vado errando rassegnata e triste,/ oh, quantotutto questo mi pesa:/ Theresienstadt, Theresienstadt/quando il nostro soffrire terminerà, / quando riavremo lalibertà?

“È vero che possiamo fare la doccia dopo il viaggio?”.È la domanda che Ilse Weber pone a un detenutoche la riconosce quando, scesa dal treno arrivato adAuschwitz, la vede assieme ai bambini che aveva incura nell’infermeria di Terezin. L’uomo non se lasente di mentire e risponde: “No, questa non è unadoccia, è una camera a gas e ora ti dò un consiglio.Tiho spesso sentito cantare nell’infermeria. Entra coni bambini nella camera a gas il più in fretta possibilecantando. Siediti con i bambini per terra e continuaa cantare. Canta con loro ciò che hai sempre cantato.Così inalerete il gas più velocemente, altrimenti ver-rete uccisi dagli altri quando scoppierà il panico”.La reazione di Ilse fu strana. Rise, come assente, ab-bracciò uno dei suoi bambini e disse: “Allora non fa-remo la doccia”.Ilse Herlinger Weber ha 39 anni quando nel 1942viene deportata a Terezin, il campo degli artisti e deibambini, assieme al marito Willi e al figlio più pic-colo Tomas. È un’autrice affermata di storie per l’in-fanzia: chiede quindi di poter essere impiegatanell’infermeria dove si curano i bambini. Le ricor-dano tanto il figlio maggiore, Hanuš, mandato a soliotto anni in Svezia presso amici nella speranza di sal-varlo.Durante la prigionia Ilse scrive decine e decine dipoesie, testi di canzoni e anche filastrocche per in-trattenere i suoi piccoli pazienti.Ilse era salita volontariamente sul treno per non la-sciare soli quei bambini cui fa intonare, entrando

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nelle camere a gas, una ninna nanna che tante volteavevano cantato insieme, Wiegala. Cantando questaninna nanna, che tanti altri bambini intoneranno adAuschwitz, Ilse e i suoi bambini muoiono il 6 ottobre1944. Willi, poco prima di essere deportato, capisceche le opere della moglie sono in pericolo e decidedi sotterrarle in un capanno degli attrezzi, nella spe-ranza che qualcuno un giorno possa trovarle.Quello che non immagina è che sopravviverà al-l’Olocausto e che sarà lui stesso a recuperare le oltre60 opere della sua Ilse.

Wenn ein Paketchen kommt(da “Humor und Melodie”)

Willy Rosen (Rosenbaum) (1894–1944)Voce femminile e orchestra

ricostruzione strumentale a cura di Francesco LotoroTesto di Willy Rosen e Max Ehrlich

Westerbork 1943. Herinneringscentrum Kamp,Westerbork&Alan Ehrlich, Geneva&Louis De Wijze,

Berg en Dal

Wenn ein Paketchen kommt, dann freut sich groß undklein,/ wenn ein Paketchen kommt, ist auch bei RegenSonnenschein./ Ein Päckchen, gut verschnürt, ganz ohneSpesen,/ man kann nicht schnell genug den Knoten lösen./Wenn ein Paketchen kommt, ist selbst der Kranke nichtmehr krank,/ und er schreibt sofort ein Kärtchen “BestenDank”.

Quando arriva un piccolo pacchetto, c’è gioia per grandie piccini./ Quando arriva un piccolo pacchetto, un giornodi pioggia diventa luminoso e con il sole./ E se è ben im-pacchettato,/ e senza spese,/ Sarà molto difficile aspet-tare di sciogliere il nodo./ Quando arriva un piccolopacchetto, guariscono in un momento/ E si invia un car-toncino che dice: “Grazie mille”.

La carriera artistica di Willy Rosen comincia per unincidente. Impiegato nel settore tessile il giovaneRosen, nato nel 1894 a Magdeburgo, viene richiamatonell’esercito e durante la Prima Guerra Mondiale restaferito: avendo studiato pianoforte e non potendo com-battere, comincia a lavorare come pianista e intratte-nitore per le truppe. Poco tempo dopo diviene unpopolare cantautore, pianista e intrattenitore nei ca-baret di Berlino. Scrive anche colonne sonore per filme operette: è un artista e performer completo!Il vero nome di Willy Rosen è in realtà Julius Ro-senbaum: quando il nazismo comincia la sua ascesa,per il cabarettista e musicista ebreo si prospettanotempi duri. Rosen tenta la fuga attraverso Svizzera,Austria e Olanda. Qui, nella località turistica diScheveningen dà vita allo spettacolo “Teatro delle ce-lebrità”, dove riunisce artisti già molto noti al pub-blico e con il quale riesce a girare la parte di Europache ancora sfugge al dominio del Terzo Reich.Nel 1937 la compagnia torna finalmente nei PaesiBassi. L’avanzata nazista è però inarrestabile. Un caro

amico di Willy, fuggito dalla Germania, cerca di far-gli avere un visto per gli Stati Uniti, ma non riesce:con l’ingresso degli USA nel conflitto, svanisce l’op-portunità di fornire visti a profughi tedeschi.Così nel 1943, assieme a altri artisti ebrei, Rosenviene deportato nel campo di Westerbork dove perl’ultima volta assembla “il miglior cabaret inOlanda!” Assieme a Max Erlich e Eric Ziegler scrive,nel campo, moltissime canzoni e testi da rivista.Nella poesia di addio che verga sul treno che lo portaad Auschwitz scrive con ironia “Ora mi sto trattenendoa bordo del treno con il mio zaino; detto tra noi, mi trovoabbastanza male”.Rosen muore ad Auschwitz assieme alla madre nel-l’inverno del 1944.

Floep” zei de stamperJohnny&Jones (1918–1945&1916–1945)

2 male singers&guitar(instr. reconstruction by Paolo Candido&Francesco Lotoro)

Lyrics by Nol van Wesel, Max KannewasserWesterbork 1944. Herinneringscentrum Kamp,

Westerbork

Kom ik ´s morgens uit mijn bed/ Stamp ik eerst de lo-od pakket/ Stampen, stampen, stampen maar/ Wantanders dan komt het lood niet klaar./ “Floep” zei destamper en daar ging het weer/ SEn dat was dan vo-or de eerste keer./ Stamp stamp stamp stamp./ Zo stampwij achter de barak/ Stampen dat is en eel mooi vaak/Bij de lucht van het rode huis/ Voelen wij ons lekkerthuis./ “Floep” zei de stamper en daar ging het weer/En dat was dan voor de eerste keer./ Stamp stamp stampstamp./ En als het stampen dan is gedaan/ Mogen weweer naar huis toe gaan/ Stampen dat doen we reuzevaak/ We beginnen nog een eigen zaak./ “Floep” zeide stamper en daar ging het weer/ En dat was dan vo-or de eerste keer./ Stamp stamp stamp stamp./ ´s Avondsklein en ´s Avonds groot/ Leveren onze tafel lood / Enals er eens geen lood meer kwam / Moeten we weer na-ar Amsterdam. / “Floep” zei de stamper en daar ginghet weer / En dat was dan voor de vierde “Floep” zeide stamper en daar ging het weer / En dat was dan vo-or de laatste keer. / Floep daar moet lood in / stampstamp.

Mi alzo dal mio letto la mattina/ La prima cosa chefaccio è pestare un pacco di piombo/ Pestare, pestare,pestare ancora/ Oppure non completeremo mai il la-voro/ “Plop” diceva il pestatore , ancora una volta/ Equesta era la prima volta / Pesta pesta pesta pesta/ Pe-stiamo così dietro alla baracca/ Pestare è un mestierebello/ Al cielo della casa rossa/ Ci sentiamo a nostroagio/ “Plop” diceva il pestatore, ancora una volta/ Equesta era la seconda volta/ Pesta pesta pesta pesta/ /E quando il pestare è finito/ Possiamo ritornare a ca-sa/ Pestare è una cosa che facciamo molto spesso/ Eora apriamo un negozio/ “Plop” diceva il pestatore, an-30

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cora una volta/ E questa era la terza volta/ Pesta pe-sta pesta pesta/ Di sera la nostra tavola produce ilpiombo/ E se non arriva più il piombo/ Dobbiamo an-dare di nuovo ad Amsterdam/ “Plop” diceva il pestato-re, ancora una volta/ E questa era la quarta volta/“Plop” diceva il pestatore, ancora una volta/ E questaera l’ultima volta/ “Plop” il piombo deve andarsenedentro/ Pesta Pesta...

Nel campo di concentramento diWesterbork si fa ca-baret. Tutti i mercoledì si suonano le melodie allegredegli anni ’30 e ’40: chansons, schlagers, musiche davarietà. Sul palco, fra gli altri, si esibisce il celebreduo Johnny&Jones, nomi d’arte di Nol Van Wesel eMax Kannewasser. “Johnny&Jones, due ragazzi e unachitarra”. Sono una sorta di Stanlio e Ollio olandesie suonano la chitarra in un modo piuttosto buffo:uno tiene gli accordi, l’altro fa vibrare le corde. Nelcampo, intrattengono il pubblico con le loro canzo-nette composte in cattività, fra cui DieWesterbork Se-renade, la Serenata di Westerbork.Fra queste c’è anche Flop zei der stamper, “Floep” di-ceva il pestatore. “Floep” potrebbe essere l’equivalentedi un suono come “plop” o “plof”, riferito ai rumoredel metallo che veniva battuto dai prigionieri nellafabbrica dove i due artisti erano costretti a lavorare.Il brano è infatti una canzoncina ironica sul lavoroforzato, sul continuo battere il piombo.Nel campo composero molte altre canzoni: così tanteche nell’agosto del 1944 ricevono il permesso spe-ciale di recarsi ad Amsterdam per registrare in unostudio tutta la loro produzione concentrazionaria.Non pensano alla fuga, Nol e Maz, mentre si recanosotto scorta presso gli studi: i nazisti tengono inostaggio le loro mogli. Non resta che registrare quellecanzoni, pensare che sopravviveranno e tornare alcampo. Johnny&Jones furono deportati in varicampi: prima Terezin, poi Auschwitz, Sachsenahu-sen, Buchenwald e infine Bergen-Belsen dove mori-ranno a distanza di un mese l’uno dall’altra, Jonesper primo e Johnny un mese dopo, solo qualchegiorno prima che il campo venga liberato. Le regi-strazioni originali, effettuate in quell’agosto 1944, an-darono perdute, ma fortunatamente H. Luder,ingegnere del suono della Nekos, conservò le copieche hanno permesso a quelle canzoni di arrivare finoa noi.

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Bezèt IsraelSalmo 113A

Quando Israele uscì dall’Egitto,la casa di Giacobbe da un popolo barbaro,

Giuda divenne il suo santuario,Israele il suo dominio.

Il mare vide e si ritrasse,il Giordano si volse indietro,

le montagne saltellarono come arieti,le colline come agnelli di un gregge.

Che hai tu, mare, per fuggire,e tu, Giordano, per volgerti indietro?

Perché voi, montagne, saltellate come arietie voi, colline, come agnelli di un gregge?

Trema, o terra, davanti al Signore,davanti al Dio di Giacobbe,che muta la rupe in un lago,

la roccia in sorgenti d’acqua.

È uno dei Salmi più belli e poetici del canonebiblico. Viene cantato durante il Seder di Pesach,la Pasqua ebraica a celebrare l’uscita dall’Egitto ela liberazione dalle sofferenze della schiavitù. Èstato scelto per chiudere il concerto e viene cantatodal Coro delle Voci Bianche, a simboleggiare lasperanza dopo la persecuzione e l’anelito verso unfuturo di libertà.

Testi di Silvia Lombardo

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Ute Lemper

Francesca Dego violinoRoby Lakatos violino

Myriam Fuks voce yiddishMarian Balog voce rom

Anna Maria Stella Pansini sopranoPaolo Candido cantante

Angelo De Leonardis baritonoMarian Serban cymbalon

Leonardo Gallucci chitarraVana Gierig, Francesca Leonardi pianoforte

e con la partecipazione di Andrea Satta con Carlo Amato alla chitarra

Coro Ha-KolMaestro del coro Andrea Orlando

Coro Voci Bianche dell’Accademia Nazionale di Santa CeciliaMaestro del coro Ciro Visco

Maestro Concertatore Paolo Ivaldi

PMCE-Parco della Musica Contemporanea EnsemblePaolo Fratini flauto

Francesco Gesualdi fisarmonicaPaolo Ravaglia clarinetto

Giancarlo Ciminelli trombaEnzo Filippetti sassofono

Francesco Peverini, Filippo Fattorini violiniLuca Sanzò viola

Anna Armatys violoncelloMassimo Ceccarelli contrabbasso

Gianluca Ruggeri percussioniSolisti dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Tonino Battista direttore

Narrazione di Marco BalianiVideo e regia di Marco Visalberghi

A cura di Francesco LotoroDirezione artistica di Oscar Pizzo

Interpreti

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Di questa edizione

Tutto ciò che mi restacontenente sette tavole di Mimmo Paladino

sono stati stampati300 esemplari dedicati ad personam

su carta Symbol Tatamiin occasione del Concerto per il Giorno della Memoria

a Roma il 26 gennaio 2015presso l’Auditorium Parco della Musica

Mimmo Paladino

Esemplare per

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© 2015 De Luca Editori d’ArteVia di Novella, 22 - 00199 Roma

tel. 06 32650712 - fax 06 32650715e-mail: [email protected]

ISBN 978-88-6557-230-6

Finito di stamparenel mese di gennaio 2015

Stampato in Italia - Printed in Italy