Come Si Diventa Filosofi

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Come si diventa filosofi 1 Con un breve esempio cartesiano Gianfranco Marrone 0. Premessa Lanalisi del linguaggio della filosofia ha compiuto in questi ultimi anni un notevole passo in avanti: ermeneutici, analitici, logici, decostruzionisti, estetologi, linguisti, pragmatisti, studiosi del discorso, semiologi, sociologi della conoscenza, critici letterari, filologi, storici del pensiero etc. hanno sviscerato in molteplici direzioni lidea che, al di l del suo contenuto dottrinario, la tradi- zione e la pratica filosofica si reggono su un apparato al tempo stesso formale e sociale che L in termini molto generali dellordine del linguistico . ¨ sorto cos un vero e proprio filone di studi, con una serie di differenze interne talvolta molto accentuate, che ha in qualche modo minato il principio millenario (ora esplicito ora implicito) della filosofia come zona franca del sapere, pensiero puro esoterico che saggancia a un qualche supporto materiale soltanto per ragioni di opportunit comunicativa, di divulgazione essoterica. A questo filone di studi ha fornito un apporto non indifferente lopera di Filippo Costa, sia proponendo una serie di scritti teorici sulla logica e la struttura interne dellargomentazione filosofica, sia facendosi promotore di una serie di ricerche interdisciplinari, di seminari e di convegni sul problema generale della testualit della filosofia. Avendo avuto lonore di collaborare con Costa nella cura di due volumi collettivi dedicati, appunto, a Il testo filosofico 2 , vorrei in questa sede riprendere alcune delle idee che in quelle pagine circolavano con una certa insistenza. Mi riferisco in particolare alla questione della relazione tra la testualit filosofica e la suddivisione del discorso in generi (o tipi formali). Come L emerso piø volte in diversi saggi contenuti in quei volumi, tale relazione possiede quanto meno due possibili declinazioni: da una parte si tratta di vedere se e in che modo la filosofia si pone in tempi e spazi diversi come genere discorsivo specifico, differenziandosi da altri generi quali, poniamo, la letteratura, la scienza, la storia etc.; da unaltra parte accade per che questo genere di discorso detto filosofico si divida al suo interno in una serie di sottogeneri (trattato, dialogo, lettera, aforisma etc.), anchessi in vario modo determinati nello spazio e nel tempo. Le riflessioni che seguono intendono discutere a partire da una prospettiva di ricerca di tipo semiotico questa doppia faccia della relazione tra filosofia e genere, mostrandone sia larticolazione interna sia la funzione socio-comunicativa. 1. La filosofia come genere La questione della filosofia come genere di discorso pu essere declinata in diversi modi, a seconda della prospettiva teorica che si preferisce assumere. Se si esclude il punto di vista prescrittivo delle poetiche e delle retoriche premoderne, riconoscere nel discorso filosofico un genere pu significare talvolta seguendo la nota tesi idealista predisporre un criterio empirico per classificare le singole opere, talaltra seguendo lodierna teoria della letteratura allargare la tassonomia dei possibili narrativi o poetici. E se per lipotesi genealogica le partizioni disciplinari sono un effetto di potere derivante da un soggiacente ordine del discorso, per lermeneutica si tratta di orizzonti interpretativi entro cui mettere in atto una determinata comprensione del sapere. Ancora, se per la tradizione analitica applicare la nozione di genere alla 1 Apparso su: Forme e linguaggi della filosofia. Scritti in onore di Filippo Costa , Palermo, Dipartimento di storia e critica dei sa peri, 1999. 2

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Con un breve esempio cartesianotesto di Gianfranco Marrone

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  • Come si diventa filosofi1

    Con un breve esempio cartesiano

    Gianfranco Marrone

    0. PremessaLanalisi del linguaggio della filosofia ha compiuto in questi ultimi anni un notevole passo inavanti: ermeneutici, analitici, logici, decostruzionisti, estetologi, linguisti, pragmatisti, studiosi deldiscorso, semiologi, sociologi della conoscenza, critici letterari, filologi, storici del pensiero etc.hanno sviscerato in molteplici direzioni lidea che, al di l del suo contenuto dottrinario, la tradi-zione e la pratica filosofica si reggono su un apparato al tempo stesso formale e sociale che intermini molto generali dellordine del linguistico. sorto cos un vero e proprio filone di studi,con una serie di differenze interne talvolta molto accentuate, che ha in qualche modo minato ilprincipio millenario (ora esplicito ora implicito) della filosofia come zona franca del sapere,pensiero puro esoterico che saggancia a un qualche supporto materiale soltanto per ragioni diopportunit comunicativa, di divulgazione essoterica.

    A questo filone di studi ha fornito un apporto non indifferente lopera di Filippo Costa, siaproponendo una serie di scritt i teorici sulla logica e la struttura interne dellargomentazionefilosofica, sia facendosi promotore di una serie di ricerche interdisciplinari, di seminari e diconvegni sul problema generale della testualit della filosofia. Avendo avuto lonore di collaborarecon Costa nella cura di due volumi collettivi dedicati, appunto, a Il testo filosofico2, vorrei inquesta sede riprendere alcune delle idee che in quelle pagine circolavano con una certa insistenza.

    Mi riferisco in particolare alla questione della relazione tra la testualit filosofica e lasuddivisione del discorso in generi (o tipi formali). Come emerso pi volte in diversi saggicontenuti in quei volumi, tale relazione possiede quanto meno due possibili declinazioni: da unaparte si tratta di vedere se e in che modo la filosofia si pone in tempi e spazi diversi comegenere discorsivo specifico, differenziandosi da altri generi quali, poniamo, la letteratura, lascienza, la storia etc.; da unaltra parte accade per che questo genere di discorso dettofilosofico si divida al suo interno in una serie di sottogeneri (trattato, dialogo, lettera, aforismaetc.), anchessi in vario modo determinati nello spazio e nel tempo. Le riflessioni che seguonointendono discutere a partire da una prospettiva di ricerca di t ipo semiotico questa doppiafaccia della relazione tra filosofia e genere, mostrandone sia larticolazione interna sia la funzionesocio-comunicativa.

    1. La filosofia come genereLa questione della filosofia come genere di discorso pu essere declinata in diversi modi, a secondadella prospettiva teorica che si preferisce assumere. Se si esclude il punto di vista prescritt ivo dellepoetiche e delle retoriche premoderne, riconoscere nel discorso filosofico un genere pusignificare talvolta seguendo la nota tesi idealista predisporre un criterio empirico perclassificare le singole opere, talaltra seguendo lodierna teoria della letteratura allargare latassonomia dei possibili narrativi o poetici. E se per lipotesi genealogica le partizionidisciplinari sono un effetto di potere derivante da un soggiacente ordine del discorso, perlermeneutica si tratta di orizzonti interpretativi entro cui mettere in atto una determinatacomprensione del sapere. Ancora, se per la tradizione analitica applicare la nozione di genere alla

    1 Apparso su: Forme e linguaggi della filosofia. Scritti in onore di Filippo Costa, Palermo, Dipartimento di

    storia e critica dei saperi, 1999.2

  • filosofia significa preoccuparsi degli stili speculativi assunti dai vari pensatori, per la teoria esteticaparlare della filosofia come genere letterario vuol dire prendere atto di quella poetizzazione delsapere filosofico che la modernit ha portato sempre pi allo scoperto.

    Dal punto di vista della teoria della significazione, tale questione acquista a sua volta unaconfigurazione molto precisa: trattare la filosofia come genere letterario vuol dire applicare a uncampo di sapere protetto, qual stato sino a poco tempo fa la filosofia, il principio secondo cuiogni testo, oltre a trasmettere un certo numero di informazioni, compie un determinato tipo didiscorso. In altri termini, secondo tale teoria i testi non vanno intesi soltanto per il messaggio cheveicolano, ma anche e soprattutto per la scena enunciativa che, insieme e attraverso quelmessaggio, costruiscono al loro interno. Ogni testo dice, ovviamente, qualcosa, ma dice al tempostesso qualcosaltro su colui che parla o che scrive, nonch su colui che ascolta o che legge. Laproduzione di un discorso condizione necessaria per il riconoscimento di un genere presupponeinsomma sia un soggetto enunciante sia un soggetto enunciatario, che intrattengono tra loroprecise relazioni sulla base di un determinato patto comunicativo con il quale negoziano i valori ingioco in quel discorso. Tali soggetti non sono identificabili con lautore e il lettore empiricamentedati, dunque cangianti nello spazio e nel tempo. Vanno semmai intesi come simulacri testuali pi omeno occultati che lanalisi discorsiva si d il compito di ricostruire e di palesare3.

    Cos, un testo filosofico affida i suoi contenuti dottrinari espliciti a una corniceenunciativa spesso implicita che esso stesso a costruire, una cornice allinterno della quale oltrea venire articolati un certo numero di temi t ipici (poniamo: lessere, il bello, la giustizia etc.) agiscono un soggetto manipolatore (che si fa carico della verit di quanto viene detto) e unsoggetto sanzionatore (che assume, in tutto o in parte, il valore di quella verit). Come ogni testo,anche il testo filosofico stipula dunque con il suo lettore un patto implicito che ne garantiscelefficacia discorsiva e che al tempo stesso lo distingue da altri possibili testi. Il genere letterariodella filosofia, da questo punto di vista, non altro che lo specifico tipo di discorso effettuato daitesti filosofici, la cornice enunciativa entro cui essi decidono di collocare linsieme dei temi e delleconfigurazioni che pongono come loro specifico contenuto semantico. Il che non significa siachiaro che esiste una sorta di universale filosoficit dei testi (pensata alla stregua della pi notaletterariet). Vuol dire al contrario che, al di l delle connotazioni sociali che un testo puassumere nelle diverse epoche storiche, al momento stesso del suo farsi esso prende posizionecirca una determinata griglia di generi, degenerandola e rigenerandola o, al contrario, assumendolacome tale. Laddove, per esempio, Platone declina la sua indagine speculativa entro un genere didiscorso per definizione altro rispetto sia a quello mitico-religioso sia a quello retorico-poetico,una volta assunta la tradizione del dialogo filosofico sar possibile ora adeguarsi a essa (come falAccademia) ora sganciarsene e proporre un nuovo genere quale sar, di l a poco, il trattato diderivazione aristotelica4.

    Detto ci, cos come il genere filosofico tende a proporsi (gi dal suo apparire storico)come un campo di discorso ulteriore rispetto ad altri generi circolanti nel medesimo assettoculturale (poesia, mito etc.), allo stesso modo esso tende ad articolare al suo interno unamolteplicit di sotto-generi. Sotto-generi che, a loro volta, vanno intesi come altrettante forme dicontratti comunicativi, altrettanti spazi discorsivi entro cui dispiegare temi e dottrineprecipuamente filosofici. La filosofia, ha notato del resto Arthur Danto, sempre stata unamacchina produttrice di forme testuali, forse persino pi potente e pi prolifica della stessaletteratura.

    La storia della filosofia occidentale _ scrive Danto (1985: 242 trad.it .) _ consistita in unastoria di dialoghi, memorie di conferenze, frammenti, poemi, disamine, saggi, aforismi,meditazioni, discorsi, inni, critiche, epistole, summae, enciclopedie, testamenti,commentari, investigazioni, trattati, Vorlesungen, Aufbauen, prolegomena, parerga,pensieri, sermoni, appendici, confessioni, sentenze, indagini, diari, profili, bozzetti, libri sui

    3 Su questi temi cfr. Greimas (1983), Casetti (1988), Marrone (1998).

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  • luoghi comuni, ed inoltre, per essere auto-referenziali, allocuzioni, ed infine, in quelle formeinnumerevoli che non posseggono unidentit universale, ma che costituiscono esse stessedei generi letterari specifici e distintivi: gli Holzwege, le grammatologie, i poscritt i nonscientifici, le genealogie, le storie naturali, le fenomenologie e qualsiasi altra cosa possaessere il Mondo come volont e rappresentazione, oppure il corpus postumo di Husserl,oppure ancora gli ultimi scritt i di Derrida, per non parlare delle forme tipichedellespressione letteraria, come il romanzo, la pice teatrale e simili, a cui i filosofi si sonorivolti, non appena ne hanno avuto la possibilit, o la capacit.

    Cos, checch ne dicano molto spesso gli stessi filosofi, la decisione circa il modellodiscorsivo da assumere non estrinseca rispetto al contenuto concettuale che si vuol comunicare:la scrittura filosofica hanno mostrato Derrida e Rorty non la semplice rappresentazione diun pensiero puro che esiste di per s, ma contribuisce a produrre luniverso di senso complessivoentro cui si dispiega, appunto, la speculazione filosofica.

    Appare chiaro insomma come ogni filosofia strutturi i propri contenuti dottrinari a partire(quanto meno) da una doppia serie di costrizioni formali5: da un lato, come ovvio, quelle(fenomenologicamente pi esplicite) del testo, ovvero della singola opera di filosofia che fa uso diun certo stile e di una certa scrittura; da un altro lato, meno evidentemente, quelle proprie algenere entro cui quellopera si colloca. Cos come solo grazie alletichetta di genere che unlettore decide quale atteggiamento assumere rispetto a una certa opera letteraria (rider secommedia, si appassioner se romanzo etc.), allo stesso modo grazie a una cornice enunciativatipicamente filosofica che possibile leggere, poniamo, il Candide di Voltaire come una critica aLeibniz piuttosto che come un ennesimo romanzo settecentesco colmo di disavventure.

    Accade cos che il dialogo fra filosofi, nella sincronia come nella diacronia, non vertasoltanto sulla dottrina da essi proposta, ma anche sui generi attraverso cui essi decidono dicomunicare quella dottrina. Se I promessi sposi acquista tutto il suo senso solo considerando ildialogo a distanza che, in quanto romanzo storico, instaura con certe opere di Walter Scott, e seLinfinito va letto anche sullo sfondo degli idilli di Teocrito, non si vede perch non si debbaconsiderare la relazione generica fra i dialoghi platonici e quelli di Valry o di Feyerabend, tra leepistole di Seneca e le cartoline di Derrida, tra le confessioni di Agostino e quelle di Rousseau.

    Identificare un genere filosofico, allora, non significa, dal punto di vista dellanalisi,nominare eventuali significati reconditi del testo, ma soltanto esplicitare il patto comunicativoche permette al lettore di interpretare correttamente quel testo (o, che lo stesso, di intravedere illimite oltre cui mis-interpretarlo). Se il genere non nulla di criptico, ma la cornice necessaria aldispiegamento e alla comprensione delluniverso di senso presente nel testo, lanalisi discorsivanon uninterpretazione altra di quel testo, ma la spiegazione delle leggi che ne permettono,appunto, la comprensione, dunque una sorta di comprensione esplicitata ed allargata6.

    chiaro allora perch la prospettiva semiotica rivolta ai testi filosofici non , come pure stato detto7, unindagine esterna, ed estrinseca, rispetto alla filosofia vera e propria. Essa invece un procedere filosofico con altri mezzi: quelli di unanalisi discorsiva che va in cerca di unpensiero del testo pi che di un pensiero nel testo. Da un lato, tale analisi si pone comemetalinguaggio coerente e costruito rispetto al linguaggio primo della filosofia, dunque comeistanza qualitativamente diversa e gerarchicamente superiore al testo filosofico. Da un altro lato,essa permette di esplicitare il contenuto di pensiero che il discorso filosofico conduce con i suoipropri mezzi, che non sono tanto quelli dellargomentazione dialettica, della dimostrazionerazionale o della persuasione retorica, quanto semmai quelli, appunto, della sintassi e dellasemantica discorsive8. 5 Quanto meno perch, accanto alle dimensioni discorsiva e testuale bene considerare anche quella

    dimensione narrativa entro cui vengono posti, affermati e trasformati i valori in gioco nel discorso (della qualenon si ha tempo qui di discutere).6 Cfr. Ricoeur (1990).

    7 Cfr. Leghissa (1995: 108).

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  • Se si pu pertanto essere daccordo con lidea che le partizioni disciplinari non hannovalore assoluto ma soltanto operativit empirica, appare sempre pi necessario esplicitare imeccanismi discorsivi mediante cui queste stesse partizioni vengono costruite e, soprattutto,talvolta presentate come universali e necessarie. Pi che continuare a ricordare che la filosofia e lapoesia si ribaltano nella modernit luna nellaltra, negando le rispettive costrizioni discorsive(cosa senza dubbio esatta), appare pi opportuno spiegare quali sono queste stesse costrizioni: esseinfatti, prima di esser state negate, in qualche modo devono esser state precedentemente poste.

    2. Affabulazione e soggettivitPer far questo, vorrei qui limitare il campo dindagine a un particolare tipo discorsivo con cui lafilosofia si spesso esercitata: quello dellautobiografia. A differenza di altri sotto-generi filosoficicaratteristici della sola filosofia9, lautobiografia un sotto-genere praticato anche in tuttaltrisettori del sapere o in tuttaltri generi di discorso: letteratura, scienza, spettacolo, politica, sport ecos via. Per questa ragione, si tende a considerarla come un tipo di discorso, se non del tuttoesterno, quanto meno impuro rispetto ai testi filosofici propriamente detti. Sorta di operaessoterica destinata ai non addetti ai lavori, lautobiografia filosofica (dora in poi: AF) statadunque per lo pi interpretata come una specie di diletto narcisistico del filosofo o di excusationon petita della sua esistenza mondana.

    LAF non avrebbe dunque in s, in quanto genere letterario o sotto-genere filosofico, alcunvalore dottrinario, se non per quei pochi casi in cui la soggettivit del filosofo viene da lui stessoesplicitamente tematizzata. Cos, se i Diari di Kierkegaard (postumi) possono esser considerati atutti gli effetti un testo filosofico, e in qualche modo lo sono anche lAutobiografia di Maimon(1793) e di Collingwood (1939), non altrettanto si pu dire per lAutobiografia di Mill (1873) odi Russell (1956). E se difficile dubitare del valore intimamente filosofico delle Confessioni diAgostino (397-401), qualche problema possono gi suscitare quelle di Rousseau (1765-78). E se possibile inquadrare lEcce Homo di Nietzsche (1888) allinterno della sua metafisica dellavolont, opere occasionali sembrano essere la Vita di Vico (1725-28) (scritta del resto sucommissione), il Contributo alla critica di me stesso di Croce (1915) (conservato per lunghi anninel cassetto) e La mia vita in Germania prima e dopo il 1933 di Lwith (1933) (dedicato pi chealtro alla questione ebraica). Ancora: se appare chiaro il nesso che Les Mots di Sartre (1964) olAutobiografia filosofica di Jaspers (1967) hanno per la riflessione esistenzialista di questi autori,non altrettanto contestualizzabili dal punto di vista speculativo appaiono testi recenti comeLavvenire dure longtemps di Althusser (1992), Ammazzando il tempo di Feyerabend (1994) oRflexion faite di Ricoeur (1995).

    Ma si tratta di distinzioni normative e, in fin dei conti, normalizzanti. Non solo infattiquesta serie di inclusioni e di esclusioni viene condotta a partire da una griglia aprioristica didiscipline e di relativi regimi testuali, ma soprattutto essa non tiene in adeguata considerazione lafunzione prima ricordata del genere discorsivo e il conseguente dialogo a distanza che i vari generipossono intrattenere fra loro. Del resto, se si scelto di studiare allinterno di un programma diricerca sul discorso filosofico come genere lAF, proprio perch in essa la scena enunciativa quasi sempre esplicitata, di modo che lio che pensa viene a coincidere con lio che scrive equestultimo, in taluni casi, anche con lio che vive. Ragioni, affetti ed azioni si intrecciano sullosfondo di un vissuto che, se pure viene spesso denegato, proprio per questo assume un ruolo diprimo piano nelluniverso di senso approntato dalla speculazione filosofica. Con lAF ognitentativo di dissimulare il carattere discorsivo della filosofia viene a cadere, e largomentazioneconcettuale finisce con lintrecciarsi, oltre che con la scena della scrittura, con la narrazione dellavita del filosofo. Piuttosto che espungerla senza appello dal campo della filosofia, sar benepertanto interrogarsi:

    (i) sul ruolo che essa occupa nel corpus complessivo delle opere di un determinatofilosofo,

    (ii) sul dialogo a distanza che essa intrattiene con altre AAFF,

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  • (iii) sul modo in cui essa costruita al suo interno, sia a livello del racconto enunciato, siaa livello delle procedure di enunciazione sia, soprattutto, a livello delle relazioni tra enunciato edenunciazione.

    3. Intertestualit internaPer quel che riguarda il primo punto, non c dubbio che esista una intertestualit interna tra leopere di un filosofo, e che lAF giochi qui una funzione basilare. Volendo escludere per il momentoautori come Kierkegaard o Sartre, dove come si detto il tema della soggettivit condiziona lascelta della scrittura autobiografica, e volendo inoltre mettere tra parentesi il nesso Erlebnis-autobiografia indicato da Dilthey e Gadamer e ripreso recentemente da Ferraris (1992), indubbioche lAF operi un sostanziale riposizionamento del soggetto enunciante, se non una sua radicalemessa in mostra, allo scopo di costruire una identit comunicativa complessiva del filosofo.Laddove, in generale, possiamo supporre che il discorso filosofico tenda a cancellare ogni tracciadel soggetto enunciante per lasciar trasparire loggettivit (dunque la veridicit) del suoenunciato10, lAF compie loperazione opposta: esibisce lenunciante allinterno del suo stessoenunciato, ne racconta il passato, sia esso vissuto come ricerca o esibito come destino, perprodurre in un solo movimento sia lidentit del soggetto protagonista sia il valore delloggettomesso in gioco. In altre parole, il racconto autobiografico del filosofo la narrazione del percorso vero o fit tizio che sia che il filosofo ha dovuto compiere per costituire la sua identit, dunquedel Programma dazione che ha dovuto seguire per congiungersi con quel particolare Oggetto divalore che , per lui, il sapere filosofico, delle prove che ha dovuto sostenere, dei riconoscimentiche ha per questo ottenuto.

    Ci che nelle altre opere la scena, spesso dissimulata, dellenunciazione diviene nelracconto autobiografico loggetto stesso del contendere, lesito di una ricerca o il dono di unDestinante. Si mostra ipertroficamente la strategia enunciativa, non tanto per banale desiderio diesibizione personale, quanto per giustificarne senso e valore allinterno di un racconto personaleche si configura come un piccolo mito di fondazione. Il che produce leffetto, per contraccolpo, dicostituire lidentit comunicativa generale del filosofo e di sanzionare il valore del suo discorso,dunque del suo sapere. Motivando a posteriori la presa di parola dellenunciante, ricostruendo ilcontesto narrativo in cui essa si trovata a operare, lAF sancisce il patto comunicativo traenunciante ed enunciatario, certificandone, pi che lesistenza, la perentoriet. Ma non tanto ripeto il patto riguardante il singolo testo dellAF, quanto piuttosto quello soggiacente allinteraopera del filosofo. Possiamo insomma ritenere che la giustificazione della presa di parola delfilosofo operata dalla sua autobiografia abbia una specie di effetto retroattivo sulle sue altre opere,irradiando su di esse la sua sapiente esperienza manipolatrice.

    Da qui la frequenza di AAFF nella storia della filosofia, le quali, del resto, appaionosoprattutto nei momenti di maggiore tensione epistemologica. E da qui linsistenza con cui, spessoallinizio dellopera, il filosofo-narratore di s vuol giustificare la propria operazione.Sottolineando la straordinariet di quanto si accinge a dire, egli pone implicitamente comenormale, dunque naturale e veritiero, quanto ha detto nelle altre sue opere. Nel caso dellAFlenunciante sempre sente il bisogno di definire il proprio enunciato, di giustificarne lesigenza,lasciando presupporre implicitamente un enunciatario pi o meno degno di richiederespiegazioni .

    Scrive a questo proposito Agostino:

    Ma che cosho da spartire con gli uomini, per cui dovrebbero ascoltare le mie confessioni?La guarigione di tutte le mie debolezze (Sal. 102, 3) non verr certo da questa gentecuriosa di conoscere la vita altrui, ma infingarda nel correggere la propria. Perch

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    Resta comunque il fatto che anche nei testi pi impersonali, la traccia dellenunciazione pu essereperfettamente rintracciata nella stessa organizzazione testuale: per restare al caso della filosofia, chiaro peresempio che unopera come lEthica di Spinoza, esibendo una struttura testuale particolarmente rigorosa,mette in gioco un soggetto enunciante molto diverso da quello, poniamo, dei dialoghi platonici o delle

  • chiedono di udire da me chi sono io, ed evitano di udire da te chi sono essi? Come poisapranno, udendo me stesso parlare di me stesso, se dico il vero, quando nessun fra gliuomini conosce quanto avviene in un uomo, se non lo spirito delluomo che in lui? (1Cor., 2, 11). (X, 3.3 trad. Carena)

    Una medesima denegazione della funzione dellAF presente, se pure in tuttaltri termini,anche in Croce:

    Perch, [...], io che ho composto tanti saggi critico-storici intorno a scrittori coscontemporanei come remoti, procurando dintendere di ciascuno il carattere e losvolgimento e discernere quel che ciascuno aveva di proprio ed originale, non comporr unsaggio su me stesso?

    Ma in realt, come si legge in diversi punti del Contributo alla critica di me stesso e cometestimonier una citazione successiva, Croce non solo perfettamente consapevole del fatto cheil genere autobiografico comporta precise scelte di contenuto, ma soprattutto sa bene che il suo un testo sui generis. Del resto, in un appunto del 1907 gi presente il problema della relazionetra la scrittura autobiografica e i suoi ipotetici lettori, cos come quello della selezione dei temiesistenziali al solo svolgimento intellettuale:

    Per fortuna la mia individualit non importa, o ben poco, agli altri: importa ora a me, checavalco questo cavallo; e quando ne sar disceso, gli altri faranno bene a non occuparsene.Come Catullo voleva essere giudicato totus nasus, cos io vorrei essere giudicato tuttopensiero.

    A Croce sembra far eco Ricoeur:

    Il t itolo scelto per questo saggio di autocomprensione [Rflexion faite. Autobiographieintellectuelle] sottolinea i due tipi di limite imposti a questa impresa. In primo luogo,laggettivo intellettuale avverte che laccento principale sar posto sullo sviluppo del miolavoro filosofico e che della mia vita privata saranno evocati solo quegli elementi utili achiarirlo. In secondo luogo, parlando di autobiografia mi assumo il rischio delle trappole edei difetti legati al genere. Una autobiografia innanzitutto il racconto di una vita; comeogni opera narrativa essa selettiva e, sotto questo riguardo, inevitabilmente parziale.Unautobiografia, inoltre, in senso stretto unopera letteraria; sotto questo riguardo, essa sifonda sullo scarto, ora benefico ora nocivo, tra il punto di vista retrospettivo dellatto discrivere, di inscrivere il vissuto, e lo svolgimento quotidiano della vita; ed questo scarto adistinguere lautobiografia dal diario. Unautobiografia, infine, si fonda sullidentit, e dunquesullassenza di distanza tra il personaggio principale del racconto, che se stesso, e ilnarratore che dice io e scrive in prima persona singolare.Cosciente di questi limiti, ammetto volentieri che la ricostruzione che intraprendo del miosviluppo intellettuale non ha maggiore autorit di quello che potrebbe effettuare un qualsiasibiografo che non sia io. (trad. mia)

    Altre le motivazioni addotte da un Feyerabend giunto al termine dellesistenza, ma sempreintento a trasgredire e desideroso di scandalizzare:

    Qualche anno fa ho cominciato a interessarmi dei miei antenati e dei miei primi anni divita. Ragione contingente il cinquantesimo anniversario della unificazione tra Austria eGermania (1938), che seguivo dalla Svizzera, dove in quel periodo mi trovavo a insegnare.Ricordavo che gli austriaci avevano accolto Hitler con straordinario entusiasmo, ma ora miritrovavo ad ascoltare condanne secche e toccanti appelli umanitari. Non che fossero tuttiin malafede, eppure suonavano vuoti: lo attribuii alla loro genericit e pensai che un

  • resoconto in prima persona sarebbe stato un modo migliore per fare storia. Ero anchepiuttosto curioso. Dopo aver tenuto lezioni per quarantanni in universit inglesi eamericane, mi ero quasi dimenticato dei miei anni nel Terzo Reich, dapprima comestudente, poi da soldato in Francia, Iugoslavia, Russia e Polonia. Addirittura i miei genitorimi erano divenuti estranei: chi erano quelle persone che mi avevano tirato su, insegnato aparlare, reso quellottimista nervoso che sono tuttora, e che di tanto in tanto invadono imiei sogni? E come ho fatto a diventare una specie di intellettuale, addirittura unprofessore, con un salario regolare, una reputazione controversa e una moglie meravigliosa?Non facile rispondere a tutte queste domande. Non ho mai tenuto un diario

    E ancora, quasi alla fine del libro:

    Contrariamente alle mie abitudini [...] ho iniziato a concedere interviste per varie riviste,radio e televisioni europee, e mi sono addirittura divertito. Ho anche iniziato a scrivere lamia autobiografia, soprattutto per ricordare il periodo trascorso nellesercito tedesco ecome avessi vissuto il nazionalsocialismo. A ogni modo questo si rivelato un buon modoper spiegare come le mie idee si sono intrecciate al resto della mia vita.

    Vediamo infine Althusser:

    Dato che tutti finora hanno potuto parlare al mio posto e dato che la procedura giuridica miha impedito ogni spiegazione pubblica, ho deciso di spiegarmi pubblicamente.Lo faccio dapprima per i miei amici e, se possibile, per me stesso: per sollevare la pesantepietra tombale che giace sopra di me. S, per liberarmi da solo, con le mie forze, senza ilconsiglio o la consultazione di nessuno. S, per liberarmi della condizione nella qualelestrema gravit del mio stato (mi aveva gettato) (i medici mi hanno creduto per due voltefisicamente moribondo), del mio delitto, e anche e soprattutto degli effetti equivocidellordinanza del non luogo a procedere di cui ho beneficiato, senza potere n di fatto n didiritto oppormi alla sua procedura. Perch sotto la pietra tombale del non luogo aprocedere, del silenzio e della morte pubblica che sono stato costretto a sopravvivere e aimparare a vivere.

    Se c dunque chi, come Croce o Ricoeur, dichiara immediatamente che esporr soltantoeventi legati al proprio sviluppo intellettuale, qualcun altro, come Althusser o Feyerabend, ripetepi volte come loperazione autobiografica sia legata a un fatto o a un momento molto precisi apartire dai quali lintera loro esistenza acquista significato.

    E si potrebbero citare innumerevoli altri esempi di questo tipo. In un caso come nellaltro,lo si vede, quel che viene sottolineato il carattere eccezionale del testo che si propone rispettoagli altri testi del filosofo che si presume il lettore gi conosca, il fatto che in un modo o nellaltrosi sta utilizzando un nuovo genere di discorso.

    4. Intertestualit esternaMa lidentit di un soggetto, come si sa, non si costituisce soltanto nel percorso che egli segue enelle prove che sostiene, allinterno di un certo racconto, per congiungersi con i suoi oggetti deldesiderio. necessario inoltre che questo soggetto entri in relazione con altri soggetti, siano essisoggetti in praesentia incontrati in quel certo racconto, o soggetti in absentia circolanti in altripossibili racconti. Lidentit insomma, come ha ricordato recentemente Ricoeur (1993), sialeffetto di una perseveranza esistenziale sia lesito di un contrasto con laltro, si costituisce ciosia nei processi sintagmatici di trasformazione sia nelle relazioni paradigmatiche con lalterit. IlS tale perch mantiene fede alla promessa fatta, ma anche perch si fortifica nello scontro conun altro S.

    Cos, per quel che riguarda lAF, appare evidente che, oltre alla strategia identitaria attuatanellintertestualit interna alle opere di un singolo filosofo, sia presente anche una strategia

  • identitaria che agisce grazie a una intertestualit esterna. Non c praticamente AF da Agostinoa Croce, da Montaigne a Russell in cui lenunciante (oltre come si diceva prima a giustificarequellopera rispetto alle sue altre) non situi il proprio discorso allinterno di un genere, spessochiarendo che la sua non sar unautobiografia come tutte le altre, oppure non sar una vera epropria autobiografia, oppure ancora spiegando i criteri con cui va letta e intesa.

    Cos, come noto, Rousseau si confessa pensando ai lettori del suo tempo ma anchepensando al suo illustre predecessore Agostino. E a Rousseau si richiama invece Althusser:

    Ahim, non sono Rousseau. Ma nel concepire questo progetto di scrivere su di me e suldramma che ho vissuto e ancora vivo, ho pensato spesso alla sua audacia inaudita. Nonchio pretenda di dire con lui, come allinizio delle Confessioni: Mi accingo a unimpresasenza precedenti. No. Ritengo per di potere onestamente sottoscrivere la suadichiarazione: Dir francamente: ecco ci che ho fatto, ci che ho pensato, ci che sonostato. E aggiunger soltanto: Ci che ho capito o creduto di capire, ci di cui non sonopi completamente padrone ma ci che sono diventato.

    Il che lo porta ad affermare che

    quanto segue non n diario n memoriale n autobiografia. Sacrificando tutto il resto, hointeso soltanto fermare sulla carta limpatto degli affetti emotivi che hanno segnato la miaesistenza e le hanno dato la sua forma: quella in cui mi riconosco e in cui penso di poteressere riconosciuto.

    Alcune volte, del resto, le dispute filosofiche sono prese in carico proprio dal genere didiscorso adottato, di t ipo autobiografico. Cos, laddove Descartes, nella prima parte del Discoursde la mthode, t iene a precisare:

    il mio proponimento non di insegnare qui il metodo che ciascuno deve seguire perindirizzare bene la sua ragione, ma soltanto di mostrare in che modo ho cercato di indirizzarla mia. Quelli che si atteggiano a maestri debbono stimarsi pi abili di quelli a cuiimpartiscono i loro precetti, e, se vengon meno nella minima cosa, son degni di biasimo.Ma poich io non presento questo scritto che come una storia o, se vi pare, come unafavola, in cui, in mezzo a taluni esempi che possono essere imitati, se ne trovano forsemolti altri che si avr ragione di non seguire, spero che esso sar utile ad alcuni, senza esserenocivo a nessuno, e che tutti mi ringrazieranno della mia franchezza. (trad. de Ruggiero)

    Vico, nelle prime pagine della sua Vita, dichiara:

    Non fingerassi qui ci che astutamente finse Renato Delle Carte dintorno al metodo deisuoi studi, per porre solamente su la sua filosofia e mattematica ed atterrare tutti gli altristudi che compiono la divina e umana erudizione; ma, con ingenuit dovuta da istorico, sinarrer fil filo e con ischiettezza la serie degli studi del Vico, perch si conoscano le propie enaturali cagioni della sua tale e non altra riuscita di letterato.

    Ed , infine, di nuovo Croce a ben inquadrare la situazione enunciativa dellAF comesotto-genere del discorso filosofico:

    Che cosa scriver, dunque, se non scriver n confessioni, n ricordi, n memorie? Miprover semplicemente ad abbozzare la critica, e perci la storia di me stesso, ossia dellavoro che, come ogni altro individuo, ha contribuito al lavoro comune: la storia della miavocazione o missione. Delle quali parole ho gi temperato quel che possono avere dialtisonante, col notare che ogni uomo conferisce al lavoro comune, ogni uomo ha lapropria vocazione o missione, e pu farne la storia; quantunque certamente, se avessi atteso

  • solo alle mie faccende private e al governo della famiglia, o, peggio, ad adempiere la pocodegna missione del gaudente, non starei ora a prender la penna per raccontarmi.

    Cos, Vico accetta di raccontarsi, non solo per autenticare a posteriori la Scienza nuova,ma soprattutto per contrapporre landamento del proprio racconto a quello del suo avversarioteorico pi agguerrito: Ren Descartes. E Croce, emulando il suo ideale maestro, inserisce ilContributo nella scia del Discours de la mthode.

    Si istituisce insomma, silenziosamente ma efficacemente, un dialogo tra opere che sonostate prodotte allinterno dello stesso genere, il cui contenuto semantico non piimmediatamente, nel caso dellAF, la vita del filosofo, ma il modello discorsivo a partire dal qualeil filosofo decide di raccontarla, modello che viene esplicitamente opposto a quello di altri filosofiche hanno raccontato la loro vita. Al di l del pacchetto di informazioni che il singolo testocontiene, vi dunque un surplus di senso prodotto dalla relazione ideale che lAF assume con altritesti presenti, non tanto nella storia della filosofia, quanto piuttosto nella storia della scritturafilosofica.

    5. I due soggettiAndando adesso al terzo punto in programma, quello riguardante la struttura interna dellAF, evidente che lanalisi deve procedere con maggiori precauzioni e, soprattutto, prima di poterpromuovere ipotesi onnicomprensive, deve considerare minuziosamente testo per testo. Solorinvenendo varianti e invarianti, sar infatti possibile costituire un modello generale di AF.

    In altra sede Paolo Fabbri e io (1994) abbiamo mostrato come unopera a prima vistaoccasionale il gi menzionato Contributo crociano nasconda al suo interno unargomentazioneconcettuale interamente basata sulla narrazione del s. Qui vorrei invece soffermarmi sebbene intermini ancora assolutamente provvisori sul Discours cartesiano (dora in poi: DM), permostrare come questopera basilare della storia della filosofia occidentale si fondi per gran partegiusto sulla scelta del registro autobiografico. Registro che, tra laltro, sembra perfettamenteadattarsi a quello che il risultato speculativo pi evidente dellopera e che ne diventer anchenon facendone parte universalmente il motto: Cogito, ergo sum .

    ormai assodato che Descartes fa nella sua opera il contrario di quello che pure dichiara:nel momento stesso in cui teorizza la supremazia del procedere logico-dimostrativo su quello delverosimile argomentativo, fa largo uso di strumenti retorici: figure, tropi, immagini ricorrenti,entimemi e, soprattutto, racconti, laddove il racconto per eccellenza, occorre sottolineare, proprio quello autobiografico presente nel DM. Molti studiosi hanno gi messo in evidenza lemolteplici strategie testuali presenti nellopera cartesiana, lavorando ora sulla lingua, orasullargomentazione, ora sulla retorica, ora sui nessi tra la discorsivit implicita e i suoi esiticulturali. stato detto, per esempio, che il DM, pur non essendo un discorso primo come sonoper esempio le Meditationes, acquisisce il ruolo di un discorso costituente, strutturato cio perdivenire il luogo proprio dove si costituisce quella dottrina cartesiana che invader la scenafilosofica e intellettuale dei secoli successivi. Se pure al momento della sua fondazione il DM vieneposto a semplice introduzione di alcune opere di scienza (le Meteore, la Diottrica e la Geometria),non possiede cio sin dal primo momento lo statuto di un testo autonomo, indubbio che essopossieda un ruolo fondatore nella storia del pensiero, proprio grazie alle strategie discorsive,retoriche e testuali che mette in atto11. Si tratta infatti di un testo che si via via reso autonomorispetto alla fisica e rispetto alla stessa filosofia, finendo per diventare una specie di monumentostilistico apprezzato e imitato da scrittori e scriventi dogni tipo. Proprio perch scriveMaingueneau (1996: 96 trad. mia) una filosofia non si riduce a una dottrina, la cadenza che ilDiscours d allesposizione della Verit, gli schemi che esso fa passare sono stati uno dei motoriessenziali dello sviluppo del cartesianesimo nel mondo intellettuale.

    Quel che mi sembra sia stato trascurato per il nesso che lega questo monumentostilistico al genere discorsivo che pure adotta, ovvero la relazione che tiene insieme lassunzione

    11

  • del registro autobiografico con largomentazione discorsiva e con larchitettonica concettuale chead altri livelli esso presenta. Piuttosto che spostare i problemi dellautobiografia sul versante dellastoricit o meno dei fatti raccontati, e mantenere lanalisi del discorso filosofico sul solo versantedellargomentazione, sembra opportuno saldare i due livelli, e mostrare che proprio grazie allascelta dellenunciazione autobiografica che possibile condurre una certa argomentazione:unargomentazione che pone le sue basi allinterno di una struttura narrativa che, dietrolapparenza di una semplice scelta stilistica, si rivela in realt assolutamente funzionale allacostruzione delluniverso semantico dellintera opera.

    Se si considerano per esempio i grandi problemi di fondo presenti nel testo il metodo, lascienza, il dubbio, lesistenza di Dio etc. si vede come essi siano sempre riconducibili ad assiologiemolto precise, siano cio costruiti allinterno di coppie oppositive dove uno dei termini vienevalorizzato positivamente e laltro negativamente. La pi evidente opposizione semanticapresente nel testo, per esempio, senza dubbio quella che mette in contrasto la scienza con lastoria. Questa grande opposizione si espande e si articola in una serie pi complessa di relazioni.Dal lato della storia stanno lautorit scolastica e limitazione dei celebri modelli del passato; dallato della scienza stanno invece il dubbio e il metodo. Ancora, laddove il metodo viene presentatocome termine contrario dellautorit scolastica, il dubbio a sua volta il termine contrariodellimitazione dei modelli narrativi; e se autorit scolastica e dubbio scettico sono a loro volta inuna relazione di contraddizione, lo stesso si pu dire per limitazione e il metodo. E il cogito, inquesto quadro, si pone come movimento affermativo dal dubbio al metodo.

    Ne risulterebbe uno schema di questo tipo, che espande ed articola la categoria semanticafondamentale /storia vs scienza/ sulla base di una serie di relazioni tra termini contrari (lineeorizzontali), contraddittori (linee oblique) e complementari (linee verticali):

    scolastica metodo autorit evidenza

    cogito

    non-evidenza non-autorit imitazione dubbio di modelli scettico

    Se si riversa dunque luniverso concettuale del DM nel suo soggiacente universo semantico,diviene possibile far giocare tra loro i concetti filosofici come se si trattasse di valori discorsiviopposti, valori che, a un altro livello, finiscono per diventare veri e propri personaggi di unracconto.

    Descartes infatti non si limita a opporre la positivit della scienza (del dubbio e del metodo)alla negativit della storia (dellautorit e dellimitazione): preferisce invece mostrare come lascienza sia una conquista personale, ovvero lesito di un Percorso narrativo canonico (le cuistrutture formali risultano essere analoghe a quelle di modi narrativi apparentemente moltolontani, quali la fiaba o il mito12). In altri termini, se il DM un racconto, non solo perchinnesta alcune riflessioni filosofiche fondamentali sullo sfondo di certi, peraltro sporadici, eventi

    12

    Lelaborazione di queste strutture narrative opera di studiosi quali Propp, Lvi-Strauss e Greimas, ai cui

  • della vita del suo enunciante. invece perch organizza la sua argomentazione allinterno di unastruttura narrativa assai semplice eppure fondamentale: c un Soggetto che da una situazione diequilibrio passa a una di Mancanza, e deve adoperarsi per colmare quella lacuna, non tanto pertornare alla situazione iniziale quanto per acquisire quella necessaria Competenza che gli consentadi compiere gesta assolutamente nuove e di acquisire con ci una pi marcata identit personale.Se tutto questo accade per via di un Anti-soggetto che responsabile della mancanza iniziale eche contraster per tutto il corso del racconto il soggetto. Contro leroe-Cartesio si schiera infattiuna forza minacciosa che viene figurativizzata ora nei filosofi artefici della verosimiglianza oranella Chiesa custode della Verit. Il soggetto-eroe si distacca dagli uni allinizio della storia,rivelando alla fine che stata soprattutto laltra a spaventarlo, che stata cio la condanna diGalileo a metterlo sullavviso e a distruggere quella tranquillit che egli aveva finalmente trovatonellesercizio quotidiano dellosservazione naturalistica e del metodo matematico.

    Come nella maggior parte delle storie, per, il racconto del DM non pone laccento sullatrasformazione finale quanto sui mezzi che sono stati necessari per arrivare a essa, sulle Modalitche il soggetto ha dovuto far proprie per compiere le sue prove decisive: il cogito, da questo puntodi vista, acquisisce nel racconto il ruolo centrale di un Valore duso che rende possibile il passaggiodal dubbio scettico allevidenza di s e del mondo; grazie allacquisizione di un saper-fare possibile compiere il passo decisivo verso lassunzione, non solo di un poter-fare (scrivere discienza), ma anche di un poter-essere (mostrare agli altri se stesso a modello).

    Cos, il DM si rivela essere pi simile a un mito che a una fiaba: il risultato raggiuntoridiventa uno strumento per un soggetto a venire che vorr compiere il medesimo tragitto. Se lascienza un cammino individuale, se lintuizione del cogito possibile solo allinterno di unaconfortevole pole, per vero che il cammino percorso pu fungere da modello esemplare perchi vorr avventurarsi in questo tragitto solitario.

    cos che, ancora una volta, Descartes sembra negare nei fatti quanto invece afferma inteoria: le storie, dichiara a un certo punto, o fanno immaginare cose che non sono tali o, se fedeli,omettono sempre qualcosa di ci che vogliono raccontare; imitarle vuol dire pertanto caderenellerrore. Eppure il DM, dice lo stesso autore poche pagine prima, non altro che una storia,anzi una favola che, t iene a precisare, nella sua franchezza ha valore di modello per chi vogliapercorrere esperienze analoghe, per chi voglia, in sostanza, acquisire un metodo corretto perlesercizio della propria ragione. Da questo punto di vista, stato notato, il genere autobiograficosembra essere ben poco importante: Se Descartes ricorre al racconto personale sostieneRoudaut (1995: 68 trad. mia) , non per desiderio di verit, ma a scopi dimostrativi. Il partitoautobiografico ha lo scopo di mandare in rovina lautobiografia: lesperienza, in effetti, nongenera la verit. Solo il principio pu dare senso a ci che, senza un effettivo riconoscimento,resta una vana manifestazione.

    Ma c un altro fondamentale elemento di ogni racconto che occorre ancora considerare eche fa nuovamente pendere lago della bilancia per la scelta autobiografica. Nessuna storia infattipossibile senza un iniziale contratto tra il soggetto che deve compiere le sue gesta necessarie eunaltra figura che inscrive nella vita del soggetto quel suo destino. Questa figura dunque unDestinante, che pu anche non apparire in carne e ossa nel racconto ma che, silenziosamente, neregge lintera economia semantica e, alla fine, sanziona loperato del soggetto-eroe. Ci sono storiein cui un re invia leroe a recuperare la principessa ed altre in cui M spedisce Bond controGoldfinger; ce ne sono alcune in cui Dio a mandare San Giorgio a sconfiggere il drago, ed altreancora in cui lo stesso soggetto perch no? a fungere da Destinante di se stesso. Il romanzomoderno, per esempio, opera questa sostanziale secolarizzazione del Destinante, che continua aoperare come figura dautorit pur coincidendo con la figura delleroe (o dellanti-eroe) stesso. Lamorte di Dio, secondo Nietzsche, non implica la scomparsa del proprio ruolo ma soltanto un suosurrettizio spostamento allinterno della coscienza umana.

    Ed qui che si coglie il gesto costituente del DM rispetto alla cultura successiva. Se questotesto inaugura lepoca razionalista moderna proprio perch mette in scena un racconto-ricercadei fondamenti della conoscenza privo di Destinante divino, prevede lesercizio di una ragione chenon ha Dio a suo fondamento ma il soggetto stesso che la possiede. Se unintera parte del DM

  • dedicata alle prove dellesistenza di Dio proprio perch, secondo Descartes, per garantire buonapace alla scienza bisogna prima riposizionare il ruolo di Dio nei confronti della ragione umana: dal pensiero che fuoriesce la necessit di Dio e non il contrario. Fisica e metafisica si separano: laprima esercizio del metodo per ben indirizzare la propria ragione, la seconda speculazione sullanecessit della divinit. Se possibile fare della fisica senza pensare a Dio, perch Dio hatuttaltro ruolo narrativo nellenciclopedia del sapere umano.

    Tutto questo possibile, sar gi chiaro, solo allinterno di unesperienza di vita che divienemodello di se stessa. Il soggetto-eroe mostra una conquista narrativa che, prima ancora diconfigurarsi come normale superamento di prove, si caratterizza nelleccezionale stipula di uncontratto con se stesso, ovvero come emancipazione nei confronti di una qualunque autoritesterna. La scommessa cartesiana non sta tanto nella assunzione del metodo, ma nel fatto dipoterlo esercitare senza la sorveglianza di entit ulteriori, siano esse lautorit scolastica o ilcontrollo della Chiesa.

    Appena ebbi compiuto tutto il corso di studi al termine del quale si generalmente elevati alrango di dotti leggiamo nelle prime pagine , mutai completamente opinione, perch mitrovai intricato in tanti dubbi ed errori, che mi sembrava di non aver tratto profitto dai mieistudi se non questo: daver scoperto di pi in pi la mia ignoranza.

    Il rilevamento della Mancanza fondamentale, spiega Propp, per lo scattare dellanarrazione non avviene, appunto, grazie allintervento di una figura esterna, ma si giustifica soloallinterno della soggettivit esistenziale del protagonista. Nessun Destinante passa al soggetto ivalori della storia: lui stesso che compie il gesto, nascosto ma non per questo meno autoritario,che li pone in essere. Larbitrariet della scelta non delegata a nessun agente esterno, mainteramente affidata alla soggettivit: una soggettivit che, per, non tanto quella enunciante,quanto quella enunciata. lio che vive a cambiare opinione circa i risultati ottenuti al Collegio diLa Flche, a non sentirsi per nulla dotto dopo aver terminato il corso degli studi. Lio che scrivenon fa che riportare con franchezza ci che accaduto, salvo poi, nel seguito della storia, aderireal suo personaggio quando questi ha gi stipulato con se stesso il contratto narrativo.

    Questa successiva adesione tra soggetto dellenunciazione e soggetto dellenunciato o, se sipreferisce, tra narratore e personaggio garantisce tra laltro una conclusione felice a tutta lavicenda. Conclusione che, se deve prevedere (com dobbligo) la sanzione di un Destinantegiudicatore, occorre che nemmeno in questa occasione si ripresentino minacciose figure esterneche potrebbero non approvare loperato delleroe. Chi infatti che viene chiamato a sanzionarela storia narrata? evidente gi allinizio del libro: quello stesso che, per statuto, deve sanzionarela narrazione medesima, ossia quellenunciatario implicito della favola che Descartes dipinge pivolte come il suo lettore ideale.

    Sar lieto di mostrare in questo discorso leggiamo quali sono le vie che ho seguite e diritrarre come in un quadro la mia vita, affinch ciascuno possa formarsene un giudizio, ed iostesso, apprendendo le opinioni altrui dalla voce comune, possa aggiungere un nuovo mezzodistruirmi a quelli di cui son solito servirmi.

    Descartes parla a coloro i quali per natura possiedono gi una ragione e devono soltantoacquisire un metodo per ben indirizzarla. Si tratta, sappiamo, di tutti gli uomini, ovvero degliuomini comuni, quelli che, a differenza dei filosofi di mestiere (che ammantano i loro discorsi diorpelli precostituiti), hanno la semplice capacit di seguire e di comprendere il valore morale dellestorie. Se il DM dunque una favola, perch si rivolge a loro. E saranno loro a giudicare, insiemeal testo del DM, la storia che al suo interno viene raccontata, a sanzionare in un sol colpo lio chescrive e lio che vive, senza probabilmente mettere in discussione la scelta iniziale di questultimo.Lintersoggettivit prende insomma il posto dellautorit veridittiva: e il soggetto-eroe si trovauomo tra gli uomini, modello per gli altri ma soprattutto attento ascoltatore della voce comune.

  • Il racconto autobiografico dellio, il non immediato congiungimento dellio che scrive conlio che vive e la comune, finale esperienza della sanzione divengono cos lescamotage discorsivoper questa surrettizia messa in mora della divinit. Sappiamo che il DM la prima opera cheDescartes decide di pubblicare; ci dice lui stesso di non aver voluto dare alle stampe il suo trattatosul Mondo per timore di incorrere nelle ire della Chiesa; e sappiamo che il DM funge daintroduzione ad alcune specifiche opere di scienza. Capiamo adesso la ragione per cui questaintroduzione viene inscritta nel genere autobiografico, perch cio soltanto il registro narrativopersonale a rendere possibile una argomentazione altrimenti indicibile, a far passare una sceltafilosofica che nessuna dimostrazione razionale e nessuna argomentazione dialettica avrebbe potutogarantire. Come il mito per Platone, se lecito il paragone, Descartes ricorre al suo mitopersonale giusto in quella nicchia concettuale in cui nessun discorso filosofico puro sarebbe statopraticabile.

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