Come cambia la sicurezza sul lavoro dopo il Jobs Act

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Avv. Roberto Colantonio La sicurezza sul lavoro dopo il Jobs Act ENAIP Pasian di Prato, Udine 5 maggio 2016

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Avv. Roberto Colantonio

La sicurezza sul lavoro

dopo il Jobs Act

ENAIP

Pasian di Prato, Udine

5 maggio 2016

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Il diritto del lavoro è un diritto asimmetricoil lavoratore la parte debole

Qual è la vs. sensazione al

riguardo?

Come vi fa sentire?

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Rispettare le regole… ma anche capirle (per non restare indietro nella rincorsa alle

continue modifiche)

Per chi le fa applicare

(datore di lavoro e responsabili)

Per chi le applica

(il lavoratore)

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La sicurezza sul lavoro

OBBLIGO DOVERE

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La sicurezza sul lavoro

RISPARMIO INVESTIMENTO

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La dimensione etica dell’azienda

Spunti di riflessione per

un miglior sistema organizzativo

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L’impresa si è dotata di una reputazione etica. Ha studiato filosofia e morale e ne è rimasta affascinata. Come la creatura di Frankenstein, vi ha trovato una coscienza. Eco-sostenibile, political correct, non discriminante né sessista.

Rispettosa di bambini e animali. Nazionalista, regionalista o cosmopolita. All’impresa, insomma, è stata data una sensibilità.

Roberto Colantonio, Art Sponsor, Iemme Edizioni, 2016, in corso di pubblicazione.

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Etica o marketing?

L’immagine (le immagini) aziendale(i)

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Di chi è l’impresa?A chi appartiene?

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•Dell’imprenditore che si assume il rischio imprenditoriale?

•Delle banche che la finanziano?

•Dei soci, di capitale o no?

•Dei lavoratori subordinati che mettono a disposizione le loro energie lavorative?

•Si sono annoverati tra i proprietari dell’impresa persino i clienti.

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E allora di chi è, se pure è di qualcuno, quest’impresa?

L’impresa appartiene a se stessa. (…) L’impresa prospererà se riuscirà nel difficile intento –meglio, se ciascuno dei protagonisti riuscirà – a fare sentire l’altro il proprietario.

https://lavoratorieimprese.com/2016/02/01/di-chi-e-limpresa-riflessioni-per-un-migliore-sistema-organizzativo/

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L’eredità di un’azienda

•Le aziende sono potenzialmente immortali.

•Le imprese sopravvivono al loro fondatore, ai passaggi di proprietà e quote e, nel caso di fallimenti o altre procedure concorsuali, si staccano dal loro amministratore e provano a cavarsela da sole.

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Impresa vs imprenditorecomprare la villa o la fuoriserie è un errore?

Fatturato vs.

Reimpiego capitali vs.

Dividendi

Spese personali, anche voluttuarie

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A ciò si aggiunga che…

Il luogo di lavoro è, insieme alla famiglia, uno dei luoghi più conflittuali

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• Conflitti verticali

• (es. procedura disciplinare art. 7 Statuto lavoratori)

• Conflitti orizzontali

• (es. mobbing)

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•Sicurezza sul lavoro come mezzo (anche) di gestione e prevenzione dei conflitti

•Un luogo di lavoro sicuro, sicuro per tutti, dalle maestranze al titolare

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•L’invito, pertanto, è a considerare le norme sulla sicurezza come un minimo comune denominatore e non come l’alto di gamma (l’es. è con la paga minima dei CCNL)

Quanta sicurezza nella mia azienda?

La sicurezza assoluta non esiste, né

sarebbe economicamente sostenibile.

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La piramide: dove inizia la sicurezza?

Guidare con prudenzaAllacciare la cintura di sicurezza

scegliere un’auto sicuraComunicare al pubblico la sicurezza

Costruire un’auto sicuraValutare costi/benefici di un’auto sicura

Progettare un’auto sicuraPensare ad un’auto sicura

Pensare… a un’automobile

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Tutela delle condizioni di lavoro

Art. 2087 cod.civ.

L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.

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Infortuni sul lavoro (Fonte Inail)

in occasione di lavoro e in itinere

632.665 denunce nel 2015

(riduzione del 3,92% rispetto al 2014)

Oltre il triplo degli incidenti stradali in Italia

(177.031 incidenti stradali nel 2014)

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Malattie professionali

58.998 denunce nel 2015(aumento del 2,6% rispetto al

2014)

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Malattie professionali: una prospettiva più ampia

Si ammala di cancro per aver lavato a casa la tuta del marito

che lavorava a contatto con l’amianto…

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Morti «bianche»

1.172 nel 2015

(aumento del 16,15% rispetto al 2014)

I settori più colpiti: costruzioni, trasporto e magazzinaggio, servizi di alloggio e

ristorazione, comparto manifatturiero e meccanico

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Un costo inaccettabile

• 10 volte la Strage del Bataclan (120 morti)

• 3 volte i soldati americani caduti in un anno di guerra in Iraq e Afghanistan (468 morti nel 2010)

• La metà delle vittime di incidenti stradali in Italia (3.381 vittime nel 2014)

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Un costo insostenibile

•La forza lavoro complessiva in Italia è in media di 25.500.000 unità

• (dati Istat per il 2015)

•Quasi 700.000 casi «diretti» all’anno, tra infortuni sul lavoro e malattie professionali, senza contare i danni collaterali sulle famiglie e colleghi.

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gli strumenti

gli strumenti

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Il Decreto Legislativo n. 81/08

Testo Unico sugli infortuni sul lavoro e la sicurezza sul lavoro

testo vigente

(per come modificato dal Jobs Act e in particolare dal Decreto attuativo n. 151/15)

L’importanza di avere un Testo Unico

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Gli articoli del T.U. modificati

• Art. 3 - campo di applicazione

• Art. 5 - comitato

• Art. 6 - commissione

• Art. 12 - interpello

• Art. 14 – lavoro irregolare

• Art. 28 – valutazione dei rischi

• Art. 29 – modalità di effettuazione

• Art. 34 – svolgimento diretto

• Art. 35 – riunione periodica

• Art. 53 – documentazione tecnico/amministrativa

• Art. 55 – sanzioni

• Art. 69 – uso attrezzature

• Art. 73 bis (introdotto) –generatori a vapore

• Art. 87 – sanzioni

• Art. 98 – requisiti professionali

• Art. 190 – esposizione a rumori

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I falsi miti del jobs act…

• Ha abolito la rilevanza del requisito dimensionale aziendale…

• È possibile videosorvegliare i dipendenti senza limiti…

• Ha reso più facile il Mobbing …

Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi

Il Gattopardo

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il “Jobs Act” ha davvero reso più facile il “Mobbing”?

Articolo di Roberto Colantonio e Francesca Di Bon Pellicciolli

Pubblicato su rivista PMI 12/2015

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I soggetti

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Il datore di lavoro

il responsabile sicurezza

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Le principali modifiche

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Data di entrata in vigore delle modifiche

24 settembre 2015

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Art. 3 T.U. Campo di applicazione

• In coerenza con le definizioni di cui all’art. 2 e a loro completamento, il campo di applicazione del T.U. viene espressamente esteso a «tutti i settori di attività, privati e pubblici e a tutte le tipologie di rischio.» Il comma 4 precisa che: «il presente decreto legislativo si applica a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati…» Cfr. socio lavoratore di cooperativa o di società, associato in partecipazione, etc. Ma anche il tirocinante, l’allievo di istituti di istruzione ed universitari…

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Definizione di lavoratore per il T.U.

Nelle definizioni dell’art. 2, infatti, «è lavoratore la persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione…»

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… e di datore di lavoro

Datore di lavoro: «il soggetto titolare del rapporto di lavoro o comunque il soggetto che, secondo il tipo di assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa…»

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Lavoro accessorio (art. 3 comma 8)Pre-riforma

Nei confronti dei lavoratori che effettuano prestazioni occasionali di tipo accessorio, ai sensi dell'articolo 70 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni e integrazioni, il presente decreto legislativo e tutte le altre norme speciali vigenti in materia di sicurezza e tutela della salute si applicano con esclusione dei piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresi l'insegnamento privato supplementare e l'assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai disabili.

Post-riforma

• Nei confronti dei lavoratori che effettuano prestazioni di lavoro accessorio, le disposizioni di cui al presente decreto e le altre norme speciali vigenti in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori si applicano nei casi in cui la prestazione sia svolta a favore di un committente imprenditore o professionista. Negli altri casi si applicano esclusivamente le disposizioni di cui all'articolo 21. Sono comunque esclusi dall'applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto e delle altre norme speciali vigenti in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori i piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresi l'insegnamento privato supplementare e l'assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai disabili

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Lavoratori occasionali = lavoratori autonomi (ai fini del TU)

• Pone una distinzione tra i lavori accessori svolti a favore di un committente imprenditore o professionista da quelli non. Per questi ultimi, la norma applicabile, in via esclusiva, è l’art. 21, contenente disposizioni relative ai componenti dell’impresa familiare e ai lavoratori autonomi, a cui questi prestatori di lavoro accessorio vengono così equiparati. L’art. 21 esonera i committenti, onerando gli stessi prestatori ad osservare una serie di prescrizioni obbligatorie, dall’utilizzo di attrezzature conformi e disposizioni di protezione individuale, ad una tessera di riconoscimento.

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… nulla cambia per i lavori domestici

•La modifica tiene ferma l’esclusione dei piccoli lavori domestici a carattere straodinario, compresi l’insegnamento privato supplementare e l’assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai disabili.

• I piccoli lavori domestici sono esclusi dal campo di applicazione del T.U.

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Il lavoro… «è occasionale, ovvero di durata limitata nel tempo e ha a oggetto la mera segnalazione di clienti o sporadica raccolta di ordini»

Cfr. Cass. N. 2828 del 16.02.2016

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Proprio perché il lavoro occasionale rappresenta una area volta a limitare la disciplina del lavoro a progetto, esso non può consistere che in una prestazione coordinata e continuativa. Tale collaborazione, dunque, non deve essere confusa con il lavoro autonomo di natura occasionale, di cui all'art. 44 comma 2 d.l. n. 296/2003, convertito nella legge n. 326/2003. Il lavoratore autonomo occasionale, alla luce dell'art. 2222 c.c. si obbliga a compiere un'opera e un servizio con lavoro prevalentemente proprio, senza vincolo di subordinazione e senza alcun coordinamento con il committente. (…) i caratteri differenziali della prestazione autonoma occasionale ex art. 2222 del cod. civ., rispetto alla collaborazione occasionale ex art. 61, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003, vanno individuati nell'assenza di coordinamento con l'attività del committente (il prestatore di lavoro, non dovendo operare all'interno del ciclo produttivo aziendale, non deve necessariamente coordinare la propria prestazione con le esigenze organizzative del committente), nella mancanza dell'inserimento funzionale nell'organizzazione aziendale e nella completa autonomia circa il modo ed il tempo della prestazione. La seconda è soggetta alla comunicazione preventiva di assunzione al centro per l'impiego ed all'obbligo di registrazione nel libro unico del lavoro. Cfr. Cass. N. 761/15

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Lavoro domesticoOgni attività oggettivamente configurabile come prestazione di lavoro dipendente può essere ricondotta ad un rapporto diverso, istituito in virtù di un legame affettivo e di familiarità tra due persone caratterizzato dalla gratuità della prestazione lavorativa. Nondimeno tale presunzione può essere superata fornendo la prova dell'esistenza del vincolo di subordinazione mediante il riferimento alla qualità e quantità delle prestazioni svolte ed alla presenza di direttive, controlli ed indicazioni da parte del datore di lavoro. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato di tipo domestico, intercorso per circa vent'anni tra due donne legate da vincolo affettivo, con svolgimento di plurime mansioni di pulizia ed accudimento delle faccende di casa da parte di una di esse sotto la direzione dell'altra e dietro promessa di un compenso mai effettivamente corrisposto). Cass. Lav. N. 12433/15

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Lavoro irregolare

Il Jobs Act, nel modificare l’art. 18 comma 1 della L. n. 300/70 (Statuto dei lavoratori), già oggetto della Riforma Fornero, ha previsto, per i licenziamenti orali la sanzione della reintegra, indipendentemente dal requisito dimensionale dell’azienda (15/60 dipendenti) e dalla sussistenza o meno di una giusta causa o giustificato motivo.

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Oltre due milioni e mezzo. Questa la stima ufficiale (e prudente) dell'Istat sull'esercito dei lavoratori in nero in Italia. Sottopagati, senza garanzie di stabilità del loro rapporto di lavoro, spesso ridotti a lavorare oltre l'orario massimo di straordinario consentito e in luoghi di lavoro insicuri. Della pensione neanche a parlarne. E intanto aumentano le partite iva, una delle tante forme sotto lequali può celarsi un rapporto di lavoro subordinato di fatto. Il lavoro in nero rappresenta un alto costo sociale che, a contare le rispettive famiglie, si ripercuote su un numero elevatissimo di persone, italiani e stranieri. Lo Stato arranca dietro al fenomeno, con incentivi e sanzioni; da ultimo con la Riforma Fornero. Ma un lavoratore irregolare continua a convenire economicamente: costa circa la metà di un dipendente regolare in termini di imposte, di minimi retributivi e di contributi previdenziali. Questo libro vuole spiegare i diritti negati del lavoratore in nero e cosa può fare da subito per cercare di cambiare le cose.

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Lavoro irregolare e T.U. Sicurezza

• il Jobs Act ha modificato l’art. 14 T.U. Sicurezza aumentando la Maxisanzione per il lavoro nero.

• Il Jobs act ha reintrodotto la procedura di diffida, per permettere al datore di lavoro di regolarizzare i rapporti di lavoro a fronte dell’accertamento delle violazioni.

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Lavoro irregolare = lavoro pericoloso?

Il comma 1 dell’articolo, rimasto invariato, equipara due ipotesi lontane o, almeno, apparentemente lontane: una

situazione di pericolo per la salute e la sicurezza dei lavoratori con il fenomeno del lavoro sommerso e

irregolare, che non necessariamente mette in pericolo il lavoratore. Forse perché il lavoro irregolare aumenta

esponenzialmente il grado dei rischi a cui è sottoposto il lavoratore: dai contributi agli infortuni sul lavoro e malattie

professionali, alle misure di sicurezza sui cantieri, le fabbriche e gli altri luoghi di lavoro.

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Sospensione attività lavorativa

L’art. 14 consente agli organi di vigilanza del Ministero del lavoro di adottare provvedimenti di sospensione dell’attività imprenditoriale, se la percentuale dei lavoratori irregolari occupati all’interno dell’azienda raggiunge o supera il 20%“nonché in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.” Rimandando, per la tipizzazione, a un decreto del Ministero del lavoro e, nelle more, all’allegato 1 del T.U.

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Azienda con un unico lavoratore

• La sospensione non può essere disposta nel caso in cui il lavoratore irregolare “risulti l’unico occupato dell’azienda.”

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La sospensione opera “dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo ovvero dalla cessazione dell’attività lavorativa in corso che non può essere interrotta, salvo che non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi.” È una statuizione innanzitutto di buon senso. Un’interruzione repentina del lavoro potrebbe portare di per sé a un pericolo, dovuto ad es. dalla mancanza di messa in sicurezza dei macchinari o un danno patrimoniale all’azienda, per non aver completato il ciclo produttivo giornaliero.

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La reiterazione

La norma contempla l’ipotesi della reiterazione, disponendo che “si ha reiterazione quando nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione … lo stesso soggetto commette più violazioni della stessa indole.” Con effetti sulla durata della sospensione.

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Revoca della sospensionePer la revoca della sospensione l’art. 14 prevede che, se il provvedimento è stato emanato “da parte dell’organo di vigilanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali”, occorre:

a) che il lavoratore venga regolarizzato; b) che venga accertato il ripristino delle regolari condizioni di lavoro e c) che venga pagata “una somma aggiuntiva rispetto a quella di cui al comma 6 (Nota: che fa salva “l’applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative vigenti.” Tra cui includere quelle contributive, di rilevante impatto economico) pari ad euro 2.000,00 nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare e a euro 3.200,00 nelle ipotesi di sospensione per gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. ”

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Il testo precedente: “il pagamento di una somma aggiuntiva rispetto a quelle di cui al comma 6 pari a 1.500 euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare e a 2.500 euro nelle ipotesi di sospensione per gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.”

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Mentre, per la revoca di un provvedimento dell’organo di vigilanza delle Asl è necessario: “il pagamento di una somma

aggiuntiva rispetto a quelle di cui al comma 6 pari a 1.500 euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare e a

2.500 euro nelle ipotesi di sospensione per gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza

sul lavoro.”.

Testo precedente: “il pagamento di una somma aggiuntiva unica pari a Euro 2500 rispetto a quelle di cui al comma 6”,

introducendo così una differenziazione per fasce.

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«Tecnica» della sanzione

La procedura della regolarizzazione per evitare sanzioni più gravi è una tecnica utilizzata molto recentemente, a partire dalla riforma Fornero -, che ha inserito un meccanismo simile di “condono” nell’art. 18 Statuto dei Lavoratori prevedendo un diritto di ripensamento del datore di lavoro in ordine al licenziamento comminato.

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T.U. SicurezzaArt. 28 Valutazione dei rischi Art. 29 modalità di effettuazione

Il Testo Unico definisce, all’art. 2, il rischio: è visto come la “probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione.” Anche in questo settore ricorre il principio generale dell’id quod plerumque accidit.

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Definizione di pericolo

• Il rischio si completa con la nozione di pericolo: “proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni.”

• Vi sono rischi e vi sono pericoli. Il rischio è la probabilità di un pericolo. Entrambi vanno, prima ancora che affrontati e prevenuti, valutati. La valutazione deve essere “globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza.”

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I soggetti• - responsabile del servizio di prevenzione e protezione, “persona in

possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all' art. 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi”;

• - addetto al servizio di prevenzione e protezione, “persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'art. 32, facente parte del servizio di cui alla lettera l)”;

• - medico competente: “medico in possesso di uno dei titoli e dei requisiti formativi e professionali di cui all'articolo 38, che collabora, secondo quanto previsto all'art. 29, comma 1, con il datore di lavoro ai fini della valutazione dei rischi ed è nominato dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria e per tutti gli altri compiti di cui al presente decreto”;

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Questi profili formano il servizio di prevenzione e protezione dai rischi: “insieme delle persone,

sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati all'attività di prevenzione e protezione

dai rischi professionali per i lavoratori”;

E il datore di lavoro?

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• Il Jobs Act si è limitato ad aggiungere il comma 3-ter all’art. 28: “Ai fini della valutazione di cui al comma 1 (ndr: la valutazione dei rischi), l’Inail, anche in collaborazione con le aziende sanitarie locali per il tramite del Coordinamento Tecnico delle Regioni e i soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera ee), rende disponibili al datore di lavoro strumenti tecnici e specialistici per la riduzione dei livelli di rischio. L'Inail e le aziende sanitarie locali svolgono la predetta attività con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.”

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Per il resto la valutazione dei rischi è rimasta la medesima.

Vanno valutati “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori”, compresi i cd. rischi particolari, “tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato… e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza… nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro… “

Page 62: Come cambia la sicurezza sul lavoro dopo il Jobs Act

Il documento• La valutazione dei rischi porta, alla sua conclusione, alla stesura del relativo

documento, informatico o cartaceo. • • Il documento valutazione dei rischi deve contenere: “a) una relazione sulla

valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa. La scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione;

• b) l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di cui all’articolo 17 comma 1, lettera a);

• c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;

• d) l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri;

• e) l'indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio;

• f) l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.”

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• L’obbligo di redazione del documento valutazione dei rischi sorge con la nascita dell’impresa. “In caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro è tenuto ad effettuare immediatamente la valutazione dei rischi elaborando il relativo documento entro novanta giorni dalla data di inizio della propria attività.”

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• Il Jobs Act, in tema, ha inserito il comma 6 quater al successivo articolo, il 29, sulle modalità di effettuazione della valutazione dei rischi. È la riproposizione degli strumenti di supporto per la valutazione dei rischi per “decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da adottarsi previo parere della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro.”

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Art. 34 T.U. Sicurezza

Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi

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Testo vigente sino al 23.09.2015: 1° comma: Salvo che nei casi di cui all'articolo 31, comma 6, il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, di primo soccorso, nonché di prevenzione incendi e di evacuazione, nelle ipotesi previste nell'allegato 2 dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui ai commi successivi.Il testo vigente dal 24.09.2015 ha mantenuto invariato il comma 1;Allegato 2: Casi in cui è consentito lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi (art. 34)1. Aziende artigiane e industriali [1]..........fino a 30 lavoratori 2. Aziende agricole e zootecniche..............fino a 30 lavoratori 3. Aziende della pesca................................fino a 20 lavoratori4. Altre aziende ........................................fino a 200 lavoratori 1- bis. Salvo che nei casi di cui all’articolo 31, comma 6, nelle imprese o unità produttive fino a cinque lavoratori il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione degli incendi e di evacuazione, anche in caso di affidamento dell’incarico di responsabile del servizio di prevenzione e protezione a persone interne all’azienda o all’unità produttiva o a servizi esterni così come previsto all’articolo 31, dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui al comma 2-bis.

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2. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve frequentare corsi di formazione, di durata minima di 16 ore e massima di 48 ore, adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative, nel rispetto dei contenuti e delle articolazioni definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di dodici mesi dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo. Fino alla pubblicazione dell'accordo di cui al periodo precedente, conserva validità la formazione effettuata ai sensi dell'articolo 3 del decreto ministeriale 16 gennaio 1997, il cui contenuto è riconosciuto dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in sede di definizione dell'accordo di cui al periodo precedente.2-bis. Il datore di lavoro che svolge direttamente i compiti di cui al comma 1-bis deve frequentare gli specifici corsi formazione previsti agli articoli 45 e 46 (2).3. Il datore di lavoro che svolge i compiti di cui al comma 1 è altresì tenuto a frequentare corsi di aggiornamento nel rispetto di quanto previsto nell'accordo di cui al precedente comma. L'obbligo di cui al precedente periodo si applica anche a coloro che abbiano frequentato i corsi di cui all'articolo 3 del decreto ministeriale 16 gennaio 1997 e agli esonerati dalla frequenza dei corsi, ai sensi dell'articolo 95 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.

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1- bis. Salvo che nei casi di cui all’articolo 31, comma 6, nelle imprese o unità produttive fino a cinque lavoratori il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione degli incendi e di evacuazione, anche in caso di affidamento dell’incarico di responsabile del servizio di prevenzione e protezione a persone interne all’azienda o all’unità produttiva o a servizi esterni così come previsto all’articolo 31, dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui al comma 2-bis.

Il testo vigente dal 24.09.2015 ha abrogato il comma 1 bis che era stato introdotto dal D.lgs. n. 106/09.

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• - al comma 2-bis le parole: «di cui al comma 1-bis» sono sostituite dalle seguenti: «di primo soccorso nonché di prevenzione incendi e di evacuazione»;

• La modifica apportata dal Jobs Act è consistita quindi nell’aver eliminato un’area di inapplicabilità dello svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi, lasciando l’unico limite dimensionale dei cinque lavoratori.

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Il servizio di prevenzione e protezione obbligatori

• L’art. 31 comma 6 T.U. Sicurezza prevedeva e prevede che: “L'istituzione del servizio di prevenzione e protezione all'interno dell'azienda, ovvero dell’unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi:

• a) nelle aziende industriali di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni, soggette all'obbligo di notifica o rapporto, ai sensi degli articoli 6 e 8 del medesimo decreto;

• b) nelle centrali termoelettriche;

• c) negli impianti ed installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni;

• d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni;

• e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori;

• f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori;

• g) nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50 lavoratori.

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• La modifica dell’art. 53 ci consente di fare il punto sulla tenuta della documentazione, le cui regole sono rimaste invariate.

• La documentazione può essere senz’altro informatica (“è consentito l’impiego di sistemi di elaborazione automatica dei dati per la memorizzazione di qualunque tipo di documentazione prevista” dal D.lgs. n. 81/08”);

• Come invariate sono rimaste le modalità di memorizzazione dei dati e di accesso al sistema di gestione della predetta documentazione e l’obbligo di custodia, ai sensi della normativa vigente in materia di protezione dei dati personali .

• “Tutta la documentazione rilevante in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro e tutela delle condizioni di lavoro può essere tenuta su unico supporto cartaceo o informatico.”

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Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente

• Il Jobs Act ha aggiunto all’art. 55 T.U. Sicurezza il comma 6 bis: “In caso di violazione delle disposizioni previste dall'articolo 18, comma 1, lettera g), e dall'articolo 37, commi 1, 7, 9 e 10, se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori gli importi della sanzione sono raddoppiati, se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori gli importi della sanzione sono triplicati.»;

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•L’art. 18 comma 1 lettera g) prevede l’obbligo “del datore di lavoro che esercita l’attività di cui all’articolo 3 (che abbiamo già esaminato: campo di applicazione del D.lgs. n. 81/08) e i dirigenti che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite” di “inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria e di richiedere al medico competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel presente decreto.”

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L’art. 37 richiamato, attiene alla formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti.

Quindi l’aumento di pena di cui al comma 6 bis introdotto dal Jobs Act è “giustificato” in considerazione della particolare importanza – sanitaria e formativa, in funzione preventiva – degli obblighi violati.

La norma si aggiunge all’afflittivo sistema punitivo previsto dall’art. 55, che spazia dall’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro”, nelle ipotesi del comma 1, a sanzioni maggiori e minori a seconda della violazione. Va sottolineato che, quando prevista anche per il dirigente, la responsabilità penale è in solido, del datore di lavoro e del dirigente. Un’azienda non può avere responsabilità di tipo penale – a differenza di quella di tipo economico, per le sue obbligazioni e debiti -, le hanno i loro “agenti”, in forza del principio di rappresentanza organica.

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Uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale.

• Il Jobs Act ha esteso la definizione di operatore anche al datore di lavoro. La lettera e) comma 1 dell’art. 69, sulle definizioni, risulta adesso essere: “e) operatore: il lavoratore incaricato dell'uso di una attrezzatura di lavoro o il datore di lavoro che ne fa uso.”

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• Importanti sono le altre definizioni:

• “a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto, inteso come il complesso di macchine, attrezzature e componenti necessari all’attuazione di un processo produttivo, destinato ad essere usato durante il lavoro;

• b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio, l'impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la pulizia, il montaggio, lo smontaggio;

• c) zona pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimità di una attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso;

• d) lavoratore esposto: qualsiasi lavoratore che si trovi interamente o in parte in una zona pericolosa;”

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Art. 87 T.U. Sanzioni a carico del datore di lavoro, del dirigente, del noleggiatore e del concedente in uso

• Anche la violazione delle norme sulle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, il T.U. Sicurezza pone specifiche “sanzioni a carico del datore di lavoro, del dirigente, del noleggiatore e del concedente in uso.”

• In particolare, il Jobs Act è intervenuto sull’art. 87 più che altro correggendo alcuni riferimenti,

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• La modifica più rilevante è stata al comma 6 dell’art. 87 cit.: “al comma 6, le parole: «ai luoghi» sono sostituite dalle seguenti: «alle attrezzature» e le parole: «è considerata una unica violazione ed è punita con la pena prevista dal comma 2, lettera b)» sono sostituite dalle seguenti: «è considerata una unica violazione, penale o amministrativa a seconda della natura dell'illecito, ed è punita con la pena o la sanzione amministrativa pecuniaria rispettivamente previste dal comma 3, alinea, o dal comma 4, alinea»;”

• testo vigente: art. 87 T.U. Sicurezza comma 6: “La violazione di più precetti riconducibili alla categoria omogenea di requisiti di sicurezza relativi alle attrezzature di lavoro di cui all’allegato VI, punti 1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5, 1.6, 1.7, 1.8, 1.9, 2, 3.1, 3.2, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10 è considerata una unica violazione, penale o amministrativa a seconda della natura dell'illecito, ed è punita con la pena o la sanzione amministrativa pecuniaria rispettivamente previste dal comma 3, alinea, o dal comma 4, alinea. L’organo di vigilanza è tenuto a precisare in ogni caso, in sede di contestazione, i diversi precetti violati. ”

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Art. 98 T.U. Sicurezza• Requisiti professionali del coordinatore per la progettazione e del

coordinatore per l’esecuzione dei lavori.

• La modifica del Jobs Act all’art. 98 T.U. Sicurezza non è di grande interesse per l’imprenditore. Più rilevanti i requisiti professionali che deve avere il coordinatore: laurea, diploma di geometra o perito.

• Se non per la modalità e-learning dei corsi di aggiornamento, finalmente consentita. La modifica all’art. 98 comma 3 consiste infatti nell’aver aggiunto in fine: “l'allegato XIV è aggiornato con accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. I corsi di cui all'allegato XIV, solo per il modulo giuridico (28 ore), e i corsi di aggiornamento possono svolgersi in modalità e-learning nel rispetto di quanto previsto dall'allegato I dell'Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 21 dicembre 2011 emanato per la formazione dei lavoratori ai sensi dell'articolo 37, comma 2.»;” L’allegato XIV attiene ai “contenuti minimi del corso di formazione per i coordinatori per la progettazione e per l’esecuzione dei lavori. Parte teorica.”

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Art. 190 T.U. Sicurezza

• Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro.

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Valutazione del rischio.

• L’esposizione a rumore è classificato come agente fisico.

• Per agenti fisici “si intendono il rumore, gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le vibrazioni meccaniche, i campi elettromagnetiche, le radiazioni ottiche, di origine artificiale, il microclima e le atmosfere iperbariche che possono comportare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori.” Cfr. Art. 180 co. 1, rubricato: definizioni e campo di applicazione.

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• L’art. 180 prevede un capo per le attività comportanti esposizione a rumore, il capo II e un altro capo, III°, per quelle comportanti esposizioni a vibrazioni.

• Il luogo di lavoro, infatti, ex art. 2087 c.c., è un luogo protetto dove il lavoratore fornisce la propria prestazione di lavoro

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Ai sensi dell’art. 190 cit. il rischio da esposizione a rumore durante il lavoro va valutato (e prevenuto ed evitato) “prendendo in considerazione in particolare: a) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione, ivi inclusa ogni esposizione a rumore impulsivo;b) i valori limite di esposizione e i valori di azione di cui all'articolo 189;c) tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori particolarmente sensibili al rumore, con particolare riferimento alle donne in gravidanza e i minori;d) per quanto possibile a livello tecnico, tutti gli effetti sulla salute e sicurezza dei lavoratori derivanti da interazioni fra rumore e sostanze ototossiche connesse con l’attività svolta e fra rumore e vibrazioni;e) tutti gli effetti indiretti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori risultanti da interazioni fra rumore e segnali di avvertimento o altri suoni che vanno osservati al fine di ridurre il rischio di infortuni;f) le informazioni sull'emissione di rumore fornite dai costruttori dell'attrezzatura di lavoro in conformità alle vigenti disposizioni in materia;g) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre l'emissione di rumore;h) il prolungamento del periodo di esposizione al rumore oltre l'orario di lavoro normale, in locali di cui è responsabile;i) le informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria, comprese, per quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura scientifica;l) la disponibilità di dispositivi di protezione dell'udito con adeguate caratteristiche di attenuazione.”

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Anche questa analisi sui rumori, se rilevante, “va riportata nel documento di valutazione.”

• È rilevante “se a seguito di valutazione… può fondatamente ritenersi che i valori inferiori di azione possono essere superati, il datore di lavoro misura i livelli di rumore cui i lavoratori sono esposti, i cui risultati sono riportati nel documento di valutazione.” Cfr. art. 190 cit. comma 2.

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• La modifica del Jobs Act è circoscritta al comma 5 bis, che è stato così riscritto: “l'emissione sonora di attrezzature di lavoro, macchine e impianti può essere stimata in fase preventiva facendo riferimento alle banche dati sul rumore approvate dalla Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6, riportando la fonte documentale cui si è fatto riferimento. ”

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• La valutazione preventiva era consentita anche prima, ma su” rumore standard individuati da studi e misurazioni la cui validità è riconosciuta dalla Commissione consultiva permanente di cui all’articolo 6, riportando la fonte documentale cui si è fatto riferimento.” Il tempo ha consentito di trasfondere i risultati raccolte in vere e proprie banche dati. Non si tratta, dunque, di una modifica sensibile, quanto della presa d’atto dell’avanzare dello stato dell’arte, alla luce delle conoscenze e esperienze acquisite, come richiamato nell’art 2087 c.c. cit.

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Domande?