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Quaderni di Casa America

anno•VII numero•2

COLOR Y VIDA:20 ARTISTI

PER FRIDA KAHLO

IN COLLABORAZIONE CON

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Quaderni di Casa America

anno•VII numero•2Autorizzazione Tribunale di Genova n. 21208

Abbonamento annuale ordinario € 50, abbonamento sostenitore € 100

Fondazione Casa America - Via dei Giustiniani, 12/4Tel. 010 2518368 - Fax 010 2544101 [email protected] www.casamerica.it

Presidente: Roberto Speciale

Consiglio d’amministrazione: Angelo Berlangieri, Federico Massone, Luigi Merlo, Bernardino Osio, Piera Ponta, Miguel Ruiz-Cabañas, Victor Uckmar (vicepresidente), Stefano Zara

Coordinatrice delle attività: Carlotta Gualco

Direttore Responsabile: Fabrizio De Ferrari

Stampa: Essegraph Srl - Genova

In copertina: dettagli delle opere in mostra

Progetto grafico: Elena Menichini Hanno collaborato: Alessandro Pagano ed Erika Norando

Realizzazione editoriale© De Ferrari Comunicazione S.r.l. Via D'Annunzio, 2/3 - 16121 GenovaTel. 010 5956111 - 010 587682 - 010 460020Fax 010 0986823 - cell. 348 [email protected]

L’editore rimane a disposizione per gli eventuali diritti sulle immagini pubblicate. I diritti d’autore verranno tutelati a norma di legge.

COMUNEDI GENOVA

COMUNEDI SAVONA

COMUNEDI MILLESIMO

REGIONE LIGURIA

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Roberto Specialepresidente Fondazione Casa AmericaEditoriale 4

Miguel Ruiz-CabañasAmbasciatore del Messico in ItaliaMessaggio dell’Ambasciatore del Messico 7

Sonia PedalinoAssociazione “R. Aiolfi”Quando la sofferenza diventa arte 9

Silvia BottaroPresidente associazione “R. Aiolfi”Albero della speranza tienti saldo 12

Opere in mostra 19

Fabiola Guenther QuezadaPittriceFrida Kahlo, ricordi, colori ed emozioniFrida rappresenta identità; di donna, di artista e di messicana 38

Carlotta GualcoDirettrice del Centro in Europa e coordinatrice delle attività di Fondazione Casa AmericaIl dolore delle donne. Dal Messico al Congo, passando dall’Europa 41

INTERVENTI TENUTI IL 20 SETTEMBRE 2014 A PALAZZO DUCALEDURANTE LA PRESENTAZIONE DEL PRECEDENTE NUMERO DI QUESTA RIVISTA

“FRIDA KAHLO TRA MESSICO E ITALIA”

Luciano CaprileCritico d’arte 47

Marco CipolloniUniversità di Genova e Università di Modena e Reggio Emilia 49

Pietro TaralloGiornalista e scrittore 58

Inaugurazione della mostra “20 artisti per Frida” 61Fondazione Casa America cambia sede! 61Corsi di lingua dell’associazione Amici di Casa America 62Abbonarsi alla rivista Quaderni di Casa America 63

Sommario

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Fondazione Casa America e l’associa-zione “R. Aiolfi” di Savona hanno vo-luto accompagnare la grande mostra diFrida Kahlo e Diego Rivera al PalazzoDucale di Genova, preceduta daun’esposizione a Roma alle Scuderiedel Quirinale, con un’iniziativa diomaggio a Frida da parte di 19 artistiitaliani e di una pittrice messicana. Le loro opere sono state create apposi-tamente per questa occasione e donateagli organizzatori. Si tratta di artistimolto diversi, per età, per stile, per tec-niche utilizzate ma tutti noti e di ta-lento. Anche questo fatto sottolinea

l’interesse diffuso per Kahlo e il segno“universale” di quel riconoscimento.Dopo la mostra e la pubblicazione de-dicata da Fondazione Casa America aTina Modotti, fotografa italo-messicanacon una vita straordinaria, questo è ilsecondo capitolo di una storia di arte,di cultura, di passioni al femminile, traAmerica ed Europa.Alcuni si sono chiesti se alla base dellostraordinario successo di Frida Kahlonon ci sia stata e non ci sia ancora unacerta “fridomania”, quasi a dire un ec-cesso di attenzione oltre ai meriti in-dubbi. Può darsi ma sicuramente FridaKahlo è stata una pittrice di grande va-lore ed una personalità di immenso fa-scino e le due questioni si sono con-giunte.A me piace pensare però che ci sia inquesto successo la riscoperta del Mes-sico storico e dell’importanza di quelPaese anche oggi. La Rivoluzione messicana infatti, e nonsempre viene ricordato, è stata la primagrande rivoluzione del ‘900, antece-

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Editoriale RobeRto SpecIalePRESIDENTE DI FONDAZIONE CASA AMERICA

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dente alla Cina di Sun-Yat-sen e allaRivoluzione d’ottobre, sovietica.L’insurrezione fu annunciata da Fran-cisco Madero il 20 novembre del 1910alle ore 18. Con un po’ di benevola iro-nia nel suo bel libro Massimo De Giu-seppe annota “è vero che ben pochi simobilitarono in orario ma, rispetto aprecedenti ribellioni, questa volta l’in-nesco si generò”.Cosa caratterizza quella Rivoluzione (eche ritroviamo anni dopo nell’opera diDiego Rivera e Frida Kahlo)? Intantola sua dimensione di massa: operai,contadini, artigiani, indigeni ed europeiecc. e poi l’emersione della presenza(senza precedenti mi pare) delle donnenella rivoluzione armata (le soldaderas)ma anche nell’arte, nella cultura, nellavita quotidiana. Sono splendide peresempio le foto di Tina Modotti dellesilenziosi madri indigene e delle manidei campesinos.Ancora: per la prima volta si fa un usocosì intenso e qualitativo della stampa(i reporters al fronte), della fotografia,del cinema (per es. lo stesso Eisensteinfilma il Messico) e si usano in modo cosìdiffuso le nuove tecnologie degli arma-menti (la dinamite, la cucaracha, ecc.).La Rivoluzione messicana (o meglio lediverse rivoluzioni al Nord e al Sud ein fasi diverse) lascia, tragicamente, unalunga scia di sangue e divora tutti i suoiprotagonisti (muoiono assassinati Pan-cho Villa, Carranza, Madero e Zapata).Dieci anni dopo il 1910 il censimento

indica quasi un milione di messicani inmeno, da 15 a 14 milioni.Eppure quella rivoluzione tragica fa en-trare il Messico nell’Era moderna, gli farecuperare un’identità nazionale uni-taria, porta alla ribalta la realtà indigenae la cultura tradizionale, costruisce, nelbene e nel male, un’immagine interna-zionale senza precedenti superando lagrave ferita dei rovesci militari e terri-toriali della guerra contro gli USAmezzo secolo prima nella quale il Mes-sico fu costretto a cedere quasi la metàdel Paese. È questa immagine che attrae una per-sonalità come quella di Peppino Gari-baldi, il nipote dell’Eroe dei Due Mondi,che combatte a fianco di Madero, e cheattira irresistibilmente come una cala-mità l’intellettualità europea e latino-americana e che fa diventare il Messicoper un certo periodo terra ospitale e ri-fugio di molti dissidenti (a cominciareda Trockij). Si dà vita insomma, pur pre-ceduto e accompagnato da tragedie divita e dimorte, ad un grande rinnova-mento culturale e nazionale. Il Messicosi apre al mondo.Da quei caratteri nasce il progetto deiMurales nei luoghi pubblici e cioè l’ideadi raccontare la rivoluzione, la sua storiae i suoi obiettivi e di celebrarla comerifondazione della nazione. Il principaleprotagonista, il più grande di tutti i pit-tori messicani e forse dell’America la-tina è Diego Rivera, che è anche ungrande narratore.

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“Frida - dice Cacucci nel suo libro Vivala Vida - è l’anima profonda del Mes-sico, rappresenta le sue radici ancestralie l’ostinato attaccamento alla vita no-nostante tutto”. Frida trasforma il do-lore e l’amore in arte, dipinge pensieri,stati d’animo.Rivera è la storia, lei forse è l’immedia-tezza, il sentimento. Come diceva di leiAndré Breton “è una bomba avvolta innastri di seta”.Può darsi che i suoi autoritratti ripetutiin modo “ossessivo” dimostrino uncerto solipsismo ma sono anche semprediversi e cangianti ed arrivano, seppurein modo contraddittorio, a tutti.

Insomma abbiamo voluto ricordare unagrande artista, una donna di forte per-sonalità ma anche la ventata culturalesenza precedenti che ha soffiato in quelperiodo in Messico e che, per questo,ha saputo parlare al mondo.Desidero infine ringraziare tutti i bravi ar-tisti che hanno accolto generosamente ilnostro invito, l’Ambasciatore del Messico,Silvia Bottaro e Sonia Pedalino dell’Asso-ciazione “R. Aiolfi”, i Comuni di Savona,Genova e Millesimo, la Regione Liguria,gli autori degli articoli di questo Catalogo-Rivista e tutti coloro che hanno collaboratoe reso possibile questo piccolo, grandeomaggio a Frida e al Messico.

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Città del Messico, 2014. © Melissa Bugarini

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Quale Ambasciatore del Messico in Italianon posso che ritenermi più che soddisfattodel grande e meritato successo ottenutodalle attività tenutesi in Italia durante il2014 intorno alla vita e le opere di FridaKahlo.Esse sono iniziate a marzo, con una splen-dida retrospettiva su quest’artista messicananella bellissima sede delle Scuderie delQuirinale a Roma, che è stata la terzamostra più visitata nella storia di questoprestigioso palazzo, dopo quelle sul Ca-ravaggio ed i Tesori dell’Hermitage.Parallelamente, nel Palazzo delle Esposi-zioni della capitale si sono tenuti eventicollaterali quali conferenze, dibattiti e pro-

iezioni di films su Frida Kahlo, durante iquali si sono evidenziate le diverse sfac-cettature di questo personaggio complessoed affascinante. Molte delle opere espostea Roma sono attualmente in mostra nellostorico Palazzo Ducale di Genova, arricchiteda diversi lavori di un altro artista messicanomondialmente conosciuto: Diego Rivera.Frida e Diego, una coppia dal rapportotravagliato ma indissolubile, l’una iconaper passione, carattere e impegno; l’altroun genio del muralismo messicano, ini-zialmente suo mentore, e poi inseparabilecompagno di vita, legati da un profondis-simo amore per il loro paese e le sueradici. Ed è proprio l’amore per il Messicoche ritroviamo nelle opere di questi stra-ordinari artisti. La forza ed emotività cheFrida Kahlo è riuscita a plasmare nellesue creazioni l’hanno convertita in unadelle artiste più riconosciute ed ammiratea livello mondiale.I 20 lavori presenti in questa pubblicazione,appositamente realizzati da altrettanti ce-ramisti e pittori di talento con cui mi con-gratulo -19 italiani ed una messicana, Fa-

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Messaggio dell’ambasciatere del Messico MIguel RuIz-cabañaSAMBASCIATORE DEL MESSICO IN ITALIA

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biola Guenther Quezada- rendono omag-gio a Frida Kahlo, in una sinergia artisticanell’ottica del rinsaldamento dei già ottimirapporti di collaborazione in essere fral’Italia ed il Messico. Infatti, negli ultimi anni tale collaborazioneè stata potenziata in tutti gli ambiti, spe-cialmente artistico-culturale, come inquesto caso grazie all’iniziativa promossadalla Fondazione “Casa America” che,nel manifestare il suo amore per FridaKahlo, in senso più ampio riflette l’affettonei confronti del Messico.I campi di interesse comune fra le nostrenazioni sono molteplici e svariati e spazianodall’architettura, alla pittura, fotografia,letteratura, musica, antropologia e cinema. Durante il presente anno, nel settore dellearti plastiche il Messico è alla 14.maMostra Internazionale di Architettura diVenezia con un padiglione individuale;ha presentato la mostra dell’incisore JoséGuadalupe Posada insieme agli artisticontemporanei Blanca Rivera e CarlosCastañeda, oltre all’esposizioni degli altricontemporanei Carmen Maza e Irma Pa-lacios, come pure la grande mostra “Mes-sico circa 2000” con opere di più di 80artisti messicani.In ambito musicale, si sono tenuti concertidi prestigiosi gruppi quali il Cuarteto La-tinoamericano, Michael Tsalka con AngélicaMinero ed il Parnassu Trio, oltre alle or-chestre Filarmonica dell’Università Na-zionale Autonoma del Messico (UNAM)e Sinfonica di Guanajuato.Per quanto riguarda il cinema, il Messico

ha partecipato al Festival Internazionaledel Cinema di Venezia e quello Iberoa-mericano “SCOPRIR” a Roma.Altre nostre presenze importanti si sonoregistrate al Congresso Internazionale diAmericanistica, al Laboratorio sull’EpigrafiaMaya, alla Conferenza sulle Religioni Prei-spaniche ed al Festival Internazionale deiGiochi Antichi di Strada “TOCATI”.Infine, vale la pena di ricordare gli omaggial diplomatico Gilberto Bosques, il “Per-lasca” messicano, ed allo scrittore OctavioPaz, Premio Nobel per la Letteratura 1990,nonché l’imminente donazione di unlotto di opere contemporanee all’IstitutoNazionale per la Grafica.Come si può apprezzare, il fluire delle at-tività è continuo, ed è iniziato nel lontano1492, quando il genovese Cristiforo Co-lombo scoprì il Nuovo Mondo, a cui se-guirono i viaggi del fiorentino AmerigoVespucci, di Giovanni de Paoli (Juan dePablos) che lasciò la sua Brescia alla voltadel Messico per aprirvi la prima tipografia,e di Lorenzo Boturini, originario di Sondrio,che visse in Messico nella prima metà del1700, dove si dedicò a riunire una straor-dinaria collezione di oggetti, documenti ecodici, che è stata una preziosa fonte diriferimento nella ricostruzione della storiamessicana precolombiana.Insomma, un gran fermento di attività, ariconferma che la cooperazione italo-messicana è vitale, intensa e proficua,grazie ai rispettivi talenti e creatività,derivati dal ricco bagaglio ereditato dallerispettive storie e culture millenarie.

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Artista, militante comunista, anticonfor-mista, donna indomita e vitale, a dispettodi un’esistenza segnata dal dolore, FridaKahlo, non incarna solo l’anima del Mes-sico, ma è un mito che ha catturato l’im-maginario collettivo.“Pensavano che anche io fossi una sur-realista, ma non lo sono mai stata. Hosempre dipinto la mia realtà, non i mieisogni.” (27 aprile 1953). Realtà che pergran parte della sua vita vedeva dal suoletto a causa della sua malattia. In con-

comitanza con la mostra a Genova a Pa-lazzo Ducale, l’associazione culturale“Renzo Aiolfi” di Savona, in collabora-zione con la Fondazione Casa Americadi Genova, ha organizzato una esposi-zione di arte contemporanea, ispirata aFrida Kahlo che nello stesso tempo, vuoleessere un omaggio alla grande artista.Ma chi è nello specifico Frida Kahlo? Eranata a Coyoacán, vicino a Città del Mes-sico, il 6 luglio 1907, ma ha sempre di-chiarato di essere nata nel 1910 perchési sentiva figlia della rivoluzione messi-cana, che proprio in quell’anno ebbe ini-zio. Suo padre era un fotografo nato inGermania da famiglia ebrea - ungheresee sua madre una benestante messicanadi origini ispanico - amerinde. Affetta da spina bifida, che le causò l’ar-resto dello sviluppo della gamba destra,aveva continui dolori alla schiena e sof-friva di problemi circolatori, che nel corsodegli anni portarono all’amputazionedelle dita dei piedi e poi della gamba.Fin dall’adolescenza manifestò una per-sonalità molto forte, unita a un singolare

Quando la sofferenza diventa arteSonIa pedalInoASSOCIAZIONE R. AIOLFI

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talento artistico e uno spirito indipen-dente e passionale, riluttante verso ogniconvenzione sociale.Studiò inizialmente al Collegio Alemàn,una scuola tedesca, e nel 1922, aspirandoa diventare medico, s’iscrisse all’EscuelaNational preparatoria. Qui si lega ai Ca-chuchas, un gruppo di studenti politica-mente impegnati, il cui nome deriva dalberretto indossato come segno distintivo,e inizia a dipingere per divertimento i ri-tratti dei compagni di studio. Il gruppoammira il rivoluzionario José Vasconcelose si occupa in particolare di letteratura;molte attenzioni erano riservate soprat-tutto a Alejandro Gomez Arias, studentedi diritto e giornalista, capo spirituale eispiratore dei Cachuchas e di cui Frida siinnamora.Il 17 settembre del 1925 rimane grave-mente ferita nello scontro, contro unmuro, dell’autobus sul quale viaggiava.L’incidente fu grave e ne conseguì unalunga degenza in ospedale e una faticosariabilitazione durante la quale inizia a di-pingere. Gli strascichi dell’incidente sifaranno sentire per tutta la vita costrin-gendola a numerosi interventi. Nel 1929sposa Diego Rivera con il quale condividela fede politica e la passione per l’arte,ma sarà un rapporto tormentato a causadei continui tradimenti di lui. Anche leilo tradisce a sua volta e così si separe-ranno nel 1939. Rivera tornò da Frida unanno dopo: malgrado i tradimenti nonaveva smesso di amarla. Le fece unanuova proposta di matrimonio che lei

accettò con riserve, in quanto era rimastapesantemente delusa dall’infedeltà delconiuge. Si risposarono nel 1940 a SanFrancisco. Da lui aveva assimilato unostile naïf, che la portò a dipingere piccoliautoritratti ispirati all’arte popolare edalle tradizioni precolombiane. La sua in-tenzione era, ricorrendo a soggetti trattidalle civiltà native, di affermare la propriaidentità messicana. Il letto a baldacchino, con annessa l’in-stallazione di uno specchio che i genitorile regalarono, durante il suo prolungatoimmobilismo, ebbero per Frida un effettosconvolgente e la portarono al ricorrentetema dell’autoritratto. Il primo che di-pinse fu per il suo amore adolescenziale,Alejandro. Nei suoi ritratti raffigurò moltospesso gli aspetti drammatici della suavita, il più importante dei quali fu senzadubbio l’incidente del 1925.Nonostante le avversità di ogni tipo, Fridanon ha mai rinunciato a vivere quasicome una dea pagana, dedita alla bellezzae alla vita stessa. Non perde occasioneper offrire grandi banchetti ai suoi amici,beve alcolici in grande quantità e fumacontinuamente, ascolta musica in una at-mosfera impregnata di profumi che laaiutano ad allontanare la malinconia.Frida capisce che vivere è un mistero dagustare più che da capire. Considera lasua infermità come un luogo nel qualecoltivare lo spirito, il luogo della sua pro-vata solitudine a cui nessuno può acce-dere e nel quale dar vita ad un linguaggiopittorico in grado di registrare la memoria

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del dolore nella sua dimensione quoti-diana e nelle sue tragedie pre-vissute,come quella della mutilazione, un temache compare nei suoi dipinti fin dal 1938,quindici anni prima che le venga ampu-tata la gamba. I suoi quadri affrontanoun’analisi profonda dei sentimenti comela colpa, l’amore, il desiderio, il dolore ela gelosia. La creatività è uno scudo perdifendersi dal tempo, dalla minaccia dellavecchiaia e della morte. L’immagine dellapittrice è quella di un personaggio cari-smatico e cerimoniale con indosso i tipicivestiti messicani, soprattutto quelli dellaregione all’istmo Tehuantepec, accostatia capi da lei creati. Non segue una moda,ma crea una propria immagine originale.Il suo stile si irradia alla sua casa; CasaAzzurra Coyoacán che oggi è il suo mu-seo e che fu il laboratorio della sua anima.La disabilità di Frida Kahlo è stata dissi-mulata dalla sua capacità di sublimare ildolore personale in opere artistiche chesono apprezzate a prescindere dalla suastraordinaria biografia.La sua vita, fu intensa e crudele, caratte-rizzata da tormenti e forti emozioni chele procurarono depressione, estrania-mento, perdita. Ma la sua arte è testimo-nianza di un successo raggiunto che lasalva dall’essere considerata sia una “vit-tima” che un’“icona con disabilità”, a di-spetto di una cultura patriarcale, di unmarito infedele e di un orribile incidenteche avrebbero potuto alimentarne il mito

di “eroina tragica”. Fin dagli esordi af-frontò la sua difficile condizione oppo-nendosi alla sorte avversa, riuscendo atrasformare l’immobilità in opportunitàartistica e successivamente a trasformarela sofferenza in arte. Il dolore rappresen-tato nelle sue tele non è mai tragico, casomai sfrontato e vivido: Frida disegna l’in-tensità e la debolezza del genere umano.I numerosi autoritratti, inusuali e pieni dicolore, ci fanno percepire quanto questocorpo di donna ferita, sia stato centralenella sua arte e nella sua esistenza.Frida era una donna con una forza spe-ciale, probabilmente necessaria per do-ver affrontare sia i problemi di saluteche quelli più strettamente personali.L’essersi sottoposta a trenta operazionichirurgiche, alcune non indispensabilida un punto di vista medico, o l’acca-nimento con cui cercò di portare a ter-mine ben tre gravidanze, senza riuscirvi,mostra la determinazione nel voler su-perare la barriera del suo corpo fragile,ritenuto un ostacolo per la sua fortepersonalità e l’enorme sete di vita. Que-sto rapporto ossessivo con il suo corpomartoriato caratterizza uno degli aspettifondamentali della sua arte.Tre importanti esposizioni le furono de-dicate nel 1938 a New York, l’anno suc-cessivo a Parigi e nel 1953, un anno primadella morte, a Città del Messico.Frida si spegne il 13 luglio 1954 nella suacasa a Coyoacán per edema polmonare.

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La speranza e il dolore di Frida Kahlo sono lasua arte e hanno ispirato questo “omaggio”.

L’arte di Frida Kahlo (1907-1954) è untutt’uno con la sua vicenda umana ma,mi pare, che essa interpreti in modoesemplare il secolo in cui ha vissuto,così cadenzato dalle tante drammaticità(dalle due guerre mondiali, da Hitler aStalin, all’olocausto nucleare di Hiro-shima). Il suo corpo diviene la carta

geografica di tali sventure, a partire dalmaledetto incidente di cui è stata vittimaa diciotto anni e che segnerà per semprela sua vita, scandita per di più da decinedi interventi chirurgici. Questa brevepremessa è necessaria per addentrarcinella sua arte così complessa, unicadove eros e amore vanno di pari passocon pathos e dolore, senza, però, maiabbandonare la speranza. Ha scrittonel suo diario: Non ho mai dipinto isogni. Ho dipinto la mia realtà. La suasete di vivere non è stata compressa eabbattuta dalle sventure fisiche che l’hanno segnata, anche psicologica-mente; l’aver avuto il coraggio di ascol-tare il suo cuore pulsare e battere perl’amore del marito Diego Rivera, avercreduto nella forza della natura e nellastoria financo autentica e sociale dellesue Genti l’hanno, certamente, aiutataa trasformare il dolore in una sorta digrimaldello per scavare nella quotidianitàper arrivare alla verità. Renderle omaggionon è facile senza cadere nel banale,perché la Kahlo è tutt’altro che con-

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Albero della speranza tieniti saldoSIlVIa bottaRoPRESIDENTE ASSOCIAZIONE R. AIOLFI

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venzionale e insignificante, nulla nellesue tele è pedestre, scialbo o dozzinale,ogni riferimento, anche minimo, haqualcosa di inconsueto e, perciò, è sin-golare: dai colori accesi e della tradizionefolcloristica messicana, al suo personale“verziere” che discende molto dallapittura fiamminga financo barocca, marisolta in chiave “rivoluzionaria”, cosìcome i ritratti che vanno al di là delmero dato personale ma raccontano,tra le sue dipinte, nette e arcuate so-pracciglia, il legame stretto con l’uomodella sua vita, fino al calvario delle suecarni, raggiungendo un richiamo uni-versale alle torture effettuate nel secoloin cui ha vissuto. Pittura in forma dicrasi sociologica e d’arte; canto al piacere,ai piaceri della vita; festa di colori, quellidella sua amata Terra, quelli presenti atutte le latitudini nelle leggende, neicostumi delle varie etnie, nella musicae nelle poesie delle Genti del Mondo.Mi ha colpito, osservando i suoi lavori,la ricerca dell’anima dell’abitare, ovvero,la pittrice messicana avverte la comunitàcome avventura alla ricerca delle pluralitàdei modelli di vita posti all’interno delloscorrere del tempo che, anche, incon-sapevolmente ci affascina, guardandole testimonianze delle pietre che neltempo hanno trasformato una condi-zione naturale in una condizione cul-turale. La città, il luogo ove si vive, seindagato in quest’ottica, diviene essastessa strumento di comunicazione,molto complesso, dove noi possiamo

riscoprire il nostro essere partecipi diuna comunità. La ricerca della propriaidentità dentro una città fisica, carica divalori simbolici, deve necessariamentepassare attraverso il senso di apparte-nenza a un territorio, sia fisico, sia cul-turale, sia sociale e politico, alimentandola nostra speranza per il futuro. FridaKahlo, a mio parere, sentiva la cittàcome casa collettiva e sapeva che nelleperiferie viveva lo specchio, autenticoe inesorabile, dello scorrere di ognigiorno fatto di drammi e dell’avventuradell’umanità, mentre nel centro storicosi è sedimentata la stratificazione densadelle esperienze storiche e delle me-morie, da cui non si può e non si devefuggire. La città diviene una sorta digrembo umano dove si alimentano leradici ed il senso della civiltà, tra pro-messe e utopie. Pare davvero sconcer-tante il fatto che la Kahlo non abbiapotuto divenire “madre” biologica, macertamente è stata “madre” di una vi-sione viva e vitale del suo essere donnalibera in un contesto, come quello del-l’America Latina, dove la condizioneurbana si espande a ritmo serrato (cosìin Asia e Africa) avanzando nuove ri-chieste: le piazze, gli ospedali, i mercatiecc. divengono di essenziale importanza,un diritto andando al di là di una meravisione ideologica; in ciò la Kahlo èstata alimentata dall’esuberanza dellaNatura della sua Terra, senza esaltareappieno una città “proletaria” e popolareche può favorire la ghettizzazione ma

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cercando di capire, invece, la dialetticadi cui una città è formata: non sololotta di classe, ma dialogo, alleanze,condivisioni, osmosi e trasformazioni.Alcune sue opere mi sembrano verepreghiere laiche: un inno alla bellezzaatemporale delle città e, allora, chiudocon alcuni versi di Giorgio Caproni de-dicati a Genova:

“La mia città degli amori in salita,Genova mia di mare tutta scalee su dal porto, risucchi di vitaviva fino a raggiungere il crinaledi lamiera dei tetti, ora con qualespinta nel petto, qui dove è finitaIn piombo la parola, jodio e salerivibra sulla punta delle ditache sui tasti mi dolgono?... Oh il carbonea Di Negro celeste! Oh la sirenamarittima, la notte quando appenal’occhio s’è chiuso, e nel cuore la penadel futuro s’è aperta nel bandonescosso di soprassalto da un portone”

(Sirena, da “Il passaggio di Enea”, 1952)

Le mie osservazioni hanno il mero intentodi fare da breve preambolo all’impegnoche gli Artisti partecipanti a questa ineditarassegna hanno impresso al loro “esserci”accettando, con autentico impegno e fer-vore, l’invito a cimentarsi con questa com-plessa figura dell’arte contemporanea. At-traverso tali lavori, forse, o meglio questaè la scommessa, vorremmo scoprire ancoramolto di questa Donna, del suo fare arte

perché ogni opera è il suo universo checustodisce la sua esistenza e, a ben guar-dare, le emozioni universali. A tutte queste“voci” dell’arte contemporanea un graziesentito. Ora in sintesi un conciso commentoper ciascuno per mettere in rilievo leloro peculiarità perché saranno, poi, leopere a comunicare, certamente, meglioe molto di più di queste mie parole.

GLI ARTISTI CHE RENDONO“OMAGGIO” A FRIDA KAHLOMaria Paola Amoretti, allieva a Milanodello scultore Mauro Baldessari. Indagacon forza, oltre agli schemi imperanti, lavera identità del sé e del rapporto conl’altro e fa ciò con la semplice “terra”che viene manipolata, decorata con ritmiliberi, coinvolgenti laddove si avverteforte la visione illuminante dell’arte intesacome comunicazione universale con per-corsi costellati da rimandi, storici, uma-nistici, sociali, politici, non tralasciandoombre e proiezioni dell’infanzia.Dino Aresca, usa il colore in un modooriginale e non scevro dall’antica lezioneappresa da Pietro Mazzotti con la sculturalignea. Cerca la bidimensionalità conspatolate spesse di colore e col “dripping”lascia una comunicazione libera. Nellesue opere si avverte la ricerca, anche, diuna sorta di carta geografica delle emo-zioni contemporanee, catturate in unarete, reticoli di luci dove emerge la forzadel “segno”, della parola visiva che vuolescrivere o riscrivere le tracce dell’ordinario,

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esaltando la spazialità, l’intimità e la spi-ritualità di un artista.Sandra Cavalleri, artista che da decennisi dedica alla ceramica che “comunica”anche la sua vicinanza allo yoga. Abilenella tecnica raku declinata in modopersonale, ricerca una forma naturaledi comunicazione dove le forme, i gesti,i colori sono “altro” dalla vita freneticareale: ai confini, quindi, tra il caos me-tropolitano e l’indagine necessaria alleradici culturali di ognuno di noi, doveanche la minima cosa può essere es-senziale, cercando il limite straniantetra realtà e finzione.Anna Corti, artista informale, ovverousa la tela, le stoffe, per scrivere con altriframmenti e/o lustrini lemmi di queglialfabeti del Mondo che paiono tenercilontani gli uni dagli altri, ma in realtàsolo quei segni ed il colore ci unificanoin un canto universale. I segni, poi, allafine siccome non c’è il disegno, sonomatasse, grovigli spesso disperati, altrevolte invece ricchi di vita interiore perarrivare a quella vita così priva di unordine interno ma creata dalla volontàferma di ogni persona. Pittura certamentenon decorativa, scenografica, coinvolgente.Tessuti, quindi, per cattura l’inafferabile.Maria Giulia Drago, con i colori fulgentidi quel sole splendente nella culturaantica del centro America, la portano afar vibrare il suo lavoro dal di dentro,sentendo forte i legami, anche più intimi,che legano la Kahlo alle sue Genti. Lanatura alimenta la percezione dell’im-

maginario, così la passione, la sessualitàsono un tutt’uno in questa Pittrice che èdiventata, non a caso, un simbolo uni-versale dell’emancipazione femminile ela Drago ne avverte la forza interiore, lamusicalità dell’armonia che Frida cercatra sé e la natura per cercare pace e dareun senso alla vita di tutti, anche degliumili, dei più sventurati dal fato.Silvia Fucilli mette in luce una attitudinemolto personale che, seppur connessa,in un certo modo, alle atmosfere di Al-berto Sughi, svolge con una tavolozzarutilante, violenta, vistosa congiunta adun segno calcato. Crea situazioni fi-nanche incorrotte, in un certo senso,accentuate dal volume degli abiti dellesue donne, spesso sensuali, con un“racconto” ricco di riferimenti ambientalied esuberanti di decorazioni. Pittura digrande effetto coloristico e di formefatte spiccare volutamente, ridondanti,alcune vogliono essere provocatorie eprovocanti, forse per rimarcare uno spi-rito di vera ribellione ed emancipazionefemminile.Roberto Giannotti, architetto, designer,ceramista. Ha scritto: “Perché la ceramica?Perché è creazione, gioco, emozione, sogno,fantasia che diventa materia pura”. Perchéè la mia sfida di voler creare, di far nascerequalcosa dalle nostre mani, di trasformareuna nostra idea in materia pura(…)”. Latradizione ligure, legata alle Albisoleha influenzato la sua originale comu-nicazione: dalle pignatte alle sue “ so-gliole” dove luce e forma giocano in

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molti rimandi in un caleidoscopio dicolori, segni che mettono in risalto lafantasia dell’artista, così alchemico conla realtà che lo circonda.Luisa Giovagnoli fa parte di una scuolalegata all’arte sempre “verde” genoveseche va dalla musica alla poesia, alla pittura(da Tenco a De Andrè, da Caminati alGruppo Cobra per citarne alcuni). In talecontesto la Nostra, allieva di Luigi MariaRigon, usa le geometrie per scandire co-municazioni visive sempre puntuali ca-ratterizzate da pregnanza figurativa, so-prattutto tali puzzle ci introducono allaricerca sul paesaggio che penetra, quasi,con le case, gli alberi cercando una verasintesi essenziale. Altre volte la sua pitturaè lo specchio di molte inquietudini con-temporanee ed i suoi lavori debbonoessere letti cercando, anche, quella poeticadel contrasto che pare alimentarli.Carlo Giusto è rimasto colpito dalgrido di Frida rivolto alla natura: essanon è una barriera, un muro di mattoniscanditi dal tempo, da abbattere, unabarriera divisoria tra l’uomo contem-poraneo e la sua vita, anzi l’essereumano vive bene solo in un ambientenaturale rispettato, compreso appienoe tutelato. Così pennellate larghe scan-discono, come in una dettato di unalapide, questa verità universale, ancheetica, che deve rimanere imperitura.Segni veloci ed espressivi che interagi-scono in un dialogo serrato sui mecca-nismi della percezione attraverso at-mosfere sospese, financo enigmatiche.

Bruno Gorgone con le sue peculiari mi-tocromie guarda incantato il “giardino”della vita di Frida (dalle angurie sapide,ai colori sgargianti dei pappagalli ) dovele luci rade, calde, esplodenti imprimonoforza alla spirito di libera ribellione dellaPittrice. Un “giardino” che diviene iconaalla ricerca di una sorta di armonizza-zione degli elementi che s’incontranonella vita di ognuno con la forza dellasperanza di un canto del verziere chevenga ascoltato, fuori dagli schemi con-venzionali. il suo lavoro si contraddi-stingue per una progressiva sintesi frasegno, forma e colore, sino ad evolvereverso una pittura di pattern quale “lin-guaggio concettualmente avanzato deireciproci scambi tra figurazione e astra-zione” come hanno rilevato i critici Tom-maso Trini e Vittorio Sgarbi.Rossana Gotelli, lavora a Quarto, nellevante genovese. Ha frequentato lostudio dello scultore Lorenzo Garaventaed a Milano artisti rappresentanti del-l’Arte Povera. Nelle sue sculture cera-miche cerca, sempre, di scovare ciò chenon appare: tra gioco e sogno e met-tendo l’opera a diretto contatto col frui-tore spronandolo ad interrogarsi. Leopere sono mutevoli, intrise di “semidi vita” e di sete di vita. Chi guardapuò avverte che vi è la massima libertà,non ci sono regole, dobbiamo ascoltareil cuore e andare “oltre” alla vita quo-tidiana, abbandonandoci alle nostreemozioni ed ai sentimenti: desideri,passioni, odi, felicità, morte.

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Carlo Iacomucci, maestro dell’incisionee pittore. È di origine urbinate e tale re-troterra culturale è sempre ben presentenel suo colto ed articolato bagaglio ico-nografico, innestato nelle Marche dovevive e lavora. Le sue opere sono delicatee, nel contempo, intense come i versi diuna poesia. La sua cifra originale va oltreil mero dato storico e quotidiano perparlarci di un mondo, forse, ideale dovela natura con la bellezza dialoga conl’uomo e cerca di insegnargli la qualitàdella vita nel rispetto del paesaggio, siaquello naturale sia quello culturale dovesi vive e si opera, sia quello mentale. Ilsuo segno è sempre dinamico, elegante,in evoluzione ed innestato in una com-posizione euritmica, basata sull’equilibriomusicale delle forme e dei colori.Caterina Massa, dagli anni Novanta delNovecento, incessantemente compie ri-cerche sulla materia (la creta) e sulle tec-niche (raku) fino ad esiti scultorei semprepiù indefiniti, informali, pur mantenendouna insita poetica e musicalità. Lavori,anche, introspettivi, carichi di emozioni,in cui vi è la magica mescolanza dellafragilità della Terra con la durezza dellatecnica usata in modo magistrale e cheindica l’asprezza, l’inclemenza delle vi-cende umane fino alla disabilità che nonpuò e non deve essere un limite. Operele sue che sono da inserire tra realtàsociale e sensibilità lirica.Maria Luisa Montanari, mette in luceuna straordinaria padronanza delle dif-ficili tecniche dell’acquerello e dell’in-

cisione. Il suo segno, tagliente, interro-gativo indaga il “racconto” intimo delsoggetto svolto, ponendolo alla nostrariflessione. Avverte la natura e l’uomointrecciati indissolubilmente, in un solrespiro. Opere le sue razionali e, anche,metafisiche con echi simbolisti. Spessolo “spazio” dove si svolge il suo racconto“visivo” ci porta a luoghi inverosimili,favolistici, immaginativi con un verziererigoglioso oltre il reale, indicendo, così,un’idea di inquietudine diffusa e moltocalzante con l’attualità.Vittorio Patrone, personalità creativache spazia dalla fotografia alla pitturaalla ceramica. Con la fotografia resta,come dire, ancorato alla realtà, fissan-done momenti da istantanea narrativa.Con la pittura, invece, vuole evaderedalla realtà con visioni siderali, allaricerca di un mondo primigenio e, quin-di, comune a tutti, quasi alla ricerca diuna mitologia contemporanea, standoal di fuori della pop art. La ceramica,più concreta come materia povera euniversale, diventa luogo per le forme,i colori e dove la natura è sentita comemonumento ed armonia tra artificio erealtà cercando di dare vita ad un ineditodialogo che sfocia nello stupore.Ylli Plaka, diplomato a Tirana in ceramicae scultura, si è trasferito in Italia dal 1991ed ora vive e lavora a Savona. La suaarte è considerata una delle voci più ori-ginali della scultura con la ceramica: esa-mina attentamente le forme ed i loro si-gnificati traendo una comunicazione ri-

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volta al fruitore nello scandaglio di ununiverso molto contemporaneo, seppurmosso dall’interesse per il primitivo, ov-vero le radici della culture. La sua costantematurazione lo ha portato a giungere adun personale specifico linguaggio che fadi Plaka uno dei protagonisti dell’attualeplastica italiana ed europea.Cristina Sosio mette in campo unasua particolare versatilità, eleganza eleggerezza compositiva, percorrendo levarie tematiche attraverso una “lettura”del tutto personale e con l’uso affinatodalla ricerca della tecnica, conquistata,ormai, con vitalità e autenticità. Le sueopere, sempre coinvolgenti, indaganoanche i particolari, arrivando ad unaatmosfera stimolante tra sogno e realtà,Segno delicato e di fuoco nel contempo.I suoi personaggi, classici ma, in uncerto senso, disinvolti hanno una sortadi doppia vita come i personaggi deimiti ai quali molto spesso si riferisce.Nani Tedeschi, artista che ama la lette-ratura, la poesia, i grandi della storia (daCervantes a Garibaldi), fissandone trattipsicologici anche intimi con il suo “segno”vigoroso, formidabile, a volte molto dram-matico, espressivo. Profili incisi sulla cartache stanno tra la Sacra Rappresentazione

popolare ed i Compianti, giungendo avere laudi laiche. Ritratti fulgenti, scheggedi natura silente con una innata eleganzaanche in certe figure strizzate dal dramma,altri segni più croccanti e ricchi di pathos.Idee, immagini, visioni, richiami alle radici(per Tedeschi il suo Po con le brume) inuno spazio abitato dalla cultura popolare,avvertita come linguaggio condiviso, sep-pur ancora misterioso per certi aspetti,pur essendo globale.Giuseppe Trielli immerge la figurafemminile di Frida in un universale“canto” dedicato alla Natura, quellasua di figlia, prima, compagna e madrepurtroppo mancata, poi inserita nelcontesto del paesaggio che entra dentroil suo modo di essere, rispettoso delletradizioni, delle idee, dei sentimenti.Nell’emblematica ricerca dal suo esordionel 1967 ad oggi, l’artista è molto im-pegnato con una pittura, si può dire,d’ordine naturalistico, via via maturatacon linguaggi originali tra formale-in-formale ma, pur sempre, molto armonicae poetica. Opere che paiono avere anchealcuni punti di contatto con l’esisten-zialismo inteso quale filosofia che vedela vita come l’agitarsi, a volte, inintelli-gibile della materia.

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Amoretti Maria Paola: Omaggio a Frida Kahlo, terra refrattaria bianca con interventi con terre fini colorate di pasta rossa, blu, verde e nera, cm. 27x30x33

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Aresca Dino: Risuona nell’anima, olio su tela cm. 100x100

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Cavalleri Sandra: Frida, raku, raku nudo e viti in ferro, cm. 22x20x56 (h.)

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Corti Anna: W la vida, disegno, pittura e collage su telo ricavato da lenzuolo ricamato, cm. 100x85

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23COLOR Y VIDA: 20 ARTISTI PER FRIDA KAHLO

Drago Maria Giulia: Omaggio a Frida Kahlo, 2014, olio su lino, cm. 100x100

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Fucilli Silvia: Omaggio a Frida, olio su tela, cm. 100x60

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25COLOR Y VIDA: 20 ARTISTI PER FRIDA KAHLO

Giannotti Roberto: Albisola omaggio a Frida, olio su tela, cm. 30x30

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Giovagnoli Luisa: Fuga dal tempo, olio su tela, cm. 100x60

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27COLOR Y VIDA: 20 ARTISTI PER FRIDA KAHLO

Giusto Carlo: Forme e colori, tutto esiste e si muove, acrilico su tela, cm 70x70

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Gorgone Bruno: Duets, 2011 – 2014, olio su tela, cm 80x100

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29COLOR Y VIDA: 20 ARTISTI PER FRIDA KAHLO

Gotelli Rossana: Omaggio a Frida Kahlo, tecnica raku, cm. 17xh12x9

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Iacomucci Carlo: F.K. - Un volo per vitafiorita, 2014, acrilico e penna china, cm. 35x50

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Massa Caterina: Custode di Memorie, ceramica raku, cm. 35 diametro

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Montanari Maria Luisa: L’armonia del cerchio della vita, olio su tela, cm. 100x120

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Patrone Vittorio: A cielo aperto, acrilico e tecnica mista su tela, cm. 40x30

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Plaka Ylli: Libera, grès 1260° C, cm. h 36 x 21 x 13

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Sosio Cristina: Frida, olio su cartone telato con inserti di carta ritagliata, cm. 70x40

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Tedeschi Nani: Per Frida Kahlo, 2014, tecnica mista su carta, cm. 100x53

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Trielli Giuseppe: Il giardino infinito (La ragazza di Gauguin), olio su tela, 2009, cm. 100x100

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Ho sempre amato disegnare. Sono cre-sciuta in un paese vicino a Città delMessico circondato da campi d’agavi,da un cielo azzurro e luminoso semprenostalgicamente in me presente. I coloriche producono quella luce sono nellemie vene e vanno diritti sulla tela.Da giovane, quando studiavo a Cittàdel Messico, ho visitato diverse volte la“casa azul”; allora non era necessariofare la fila e pagare il biglietto come in-vece occorre oggi. Entrare in quella di-mora era magico, mi ricordava alcunecase del mio paese, quell’ambiente miera molto famigliare. Il tipo di cucina,le pentole appese al muro, come ave-

vano mia nonna e mia mamma, il patiointerno con le piante curatissime. Que-st’ambiente era per me, che non vivevopiù con i miei genitori, senza dubbiomolto accogliente.I miei viaggi in Europa, la curiosità divedere dal vivo le opere dei grandi mae-

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Frida Kahlo, ricordi, colori ed emozioniFrida rappresenta identità di donna, di artista e di messicana

fabIola guentheR QuezadaPITTRICE

La pelona, olio su tela, 2014, cm. 40x40

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stri dell’arte in Italia, Francia, Inghilterra,Spagna, Svizzera e Germania e il per-corso intrapreso all’accademia di Breraa Milano; è stato il periodo più bellodella mia vita. Dove mi sono confrontatacon artisti appartenenti al mondo antico,moderno e contemporaneo.Frida anche se non possedeva una qua-lità artistica classica, rinascimentale,aveva una valenza universale. Attraversoi suoi quadri racconta tutta la sofferenzache accumuna gli essere umani, pla-smata con simboli, dettagli e in partico-lare il dolore fisico femminile. Oggi ildolore che condivido con l’essere umanoè: malinconia, demoralizzazione, miseriamentale; una lotta interna. La ricerca

dell’anima, dove trovare forza e ottimi-smo, è sempre più difficile. La figuraumana frammentata vuole donare pia-cere visivo, ma allo stesso modo chiedeallo spettatore di riflettere. Come Fridaamo la vita, la solidarietà verso il pros-simo, il debole e il popolo.Mia figlia da piccola era molto attrattada un libro della Kahlo che avevo por-tato con me dal Messico, mi dicevaquanto la sua vita assomigliasse a quelladi Frida, infatti, anche lei aveva i “nonnicosì lontani, così diversi” e s’identificavaanche fisicamente nel dipinto “misabuelos, mis padres y yo”. Mia figlia è nata nel 1993, anno in cuicominciò a svelarsi l’aberrante femmi-

Mujercita, olio su tela, 2007, cm. 40x30 Alas para volar, tecnica mista su tela, 2014, cm. 40x40

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nicidio che tuttora colpisce ilMessico. Per questo motivo,vedere mia figlia crescere inEuropa mi è stato di con-forto. Come Messicana es-sere lontana dal mio paese,leggere e sentire quello chevi accade, mi mortifica e mifa male. I miei dipinti, spesso,portano a riflettere sulla si-tuazione odierna della miapatria.

Frida Kahlo, icona dell’artelatinoamericana nel ‘900. Fi-glia di un emigrato dall’Eu-ropa, trova continuità inun’esperienza inversa e con-temporanea - la mia - cheparte dal Messico e arriva in Europa, confermando l’Europa odierna quale terrad’opportunità culturale con Genova come porto d’incontro.

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43, acrilico su tela, 2014, cm. 40x40

fabiola Quezada nasce a temascalapa vicino a citta del Messico. nel 1991 ottiene la laurea in am-

ministrazione industriale al politecnico di citta del Messico, contemporaneamente studia pittura

con l’artista messicano Jose Sirahuen e partecipa alle prime mostre collettive. nel 1992 il lavoro

e la vita familiare la portano a stabilirsi in europa. dal 1999 studia all’accademia di belle arti di

brera a Milano, dove approfondisce il tema del corpo nella pittura e nella fotografia e dove si di-

ploma in pittura nel 2003. Vince il premio lissone 2004. le sue opere fanno parte di collezioni

d’arte pubbliche e private in Italia e in Svizzera. Vive e lavora tra la Svizzera, l’Italia e il Messico.

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Dalle molteplici suggestioni indottedalle opere e dalla vita di Frida Kahloce n’è una, suggerita anche da alcunicontributi a questo numero dei “Qua-derni di Casa America”, che mi ha in-dotta a qualche riflessione.Come sottolinea assai efficacemente So-nia Pedalino, la vicenda della pittrice mes-sicana può essere riassunta nel paradigmadella “sofferenza che diventa arte”.

Tra le sue numerose opere ispirate daldolore, mi colpisce “La Columna Rota”del 1944: il corpo giovane e grazioso diFrida è squarciato e come tenuto insiemedalle cinghie di un busto. A sorreggernela posizione eretta e il capo una colonnafratturata in più punti. Una miriade dichiodi ne trafiggono il corpo e il viso,solcato dalle lacrime. Un’intensità dellaraffigurazione del dolore che ho ritrovatoin una delle opere della mostra Color yvida: 20 artisti per Frida Kahlo, e cioèla scultura “Frida” di Sandra Cavalleri.Un busto senza volto, stretto dalle cin-ghie; un feto a ricordare la maternitàtanto desiderata dalla pittrice messicanae mai realizzata. Il dolore del corpo e dell’anima, comericordano le biografie, pervade la vita el’attività artistica di Frida Kahlo. La sto-ria del suo dolore riecheggia temi piùgenerali della sofferenza umana e fem-minile, come nel “richiamo universalealle torture effettuate nel secolo nel se-colo in cui visse” (Silvia Bottaro), ripor-tando in qualche modo alla mente

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Il dolore delle donneDal Messico al Congo, passando dall’Europa

caRlotta gualcoDIRETTRICE DEL CENTRO IN EUROPA

E COORDINATRICE DELLE ATTIVITÀ DI FONDAZIONE CASA AMERICA

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l’“aberrante femminicidio che tuttoracolpisce il Messico” (Fabiola Quezada).Crimini spaventosi che richiamano ilquadro di Frida “Unos cuantos pique-

titos!” (1935), ispirato ad un fatto dicronaca. Una donna giace morta sulletto, nuda: indossa solo una calza ar-rotolata sulla gamba e una scarpa. San-

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La Columna Rota (© http://www.museodoloresolmedo.org.mx/blog/portfolio-item/frida-kahlo/)

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gue dappertutto, anche sulla cornice deldipinto; il corpo è martoriato dal coltellodi un uomo, ritto accanto a lei, che laguarda. Il titolo, che campeggia in uncartiglio sostenuto da due uccelli, sug-gerisce ironicamente che, per l’autoredel crimine, tutto sommato non si ètrattato di una gran cosa: “[Le ho dato]solo qualche piccola pugnalata!”. Comese la colpa dell’assassinio ricadesse sullavittima e non sul carnefice: quante volte

abbiamo sentito aleggiare questa inter-pretazione in occasione di atti di vio-lenza perpetrati ai danni delle donne? Il tema universale del dolore “specifico”delle donne, quello causato dalla violenzadegli uomini, mi induce a fare a miavolta un’associazione. Il premio Sacharov,il riconoscimento che ogni anno il Par-lamento europeo assegna a chi si di-stingue nell’ambito della libertà di pen-siero, è andato quest’anno a un gineco-

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Unos cuantos piquetitos! (© https://www.google.com/culturalinstitute/asset-viewer/a-few-small-nips/oQG_590SEeTDaw?exhibitId=wQa9NecS)

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logo congolese, Denis Mukwege, ri-battezzato “l’uomo che ripara le donne”per la sua opera indefessa di cura delledonne vittime di stupri di guerra nelsuo Paese. Ascoltarlo dal vivo a Genova,al Palazzo Ducale, è stato per me e credoper molti altri presenti un misto di orroree di speranza. Orrore per la sistematicitàe ferocia della pratica, destinata a di-struggere “in modo più economico” diuna guerra combattuta il tessuto socialedel nemico; orrore per la gravità dellostrazio inflitto alle donne sotto il profilofisico e morale; orrore perché i mariti diqueste donne, umiliati dallo stupro,spesso abbandonano le loro compagne,come se fossero strumenti ormai inuti-lizzabili e non persone profondamente

ferite, delle quali prendersi cura. Speranzaper l’opera del dottor Mukwege e del-l’ospedale Panzi da lui fondato a Bukavu(Repubblica Democratica del Congo)nel 1998. Attraverso la Fondazione Panzi,non ci si limita alla cura fisica e psicologicadelle donne ma ci si impegna anche arenderle autonome sotto il profilo eco-nomico, ad esempio attraverso iniziativedi auto imprenditorialità. Le donne nonvengono solo “riparate” ma si tentaanche di farle rinascere, avviandole a unnuovo e diverso modello di vita. Il Premio Sacharov 2014 è in sostanza unuomo che sostiene una risposta positivae di autoaffermazione da parte delledonne. La stessa risposta che dà Frida Ka-hlo, colpita più dalla sorte avversa chedall’esplicita violenza di altri (i tradimentidel marito Diego Rivera, per altro ricam-biati, ritengo possano rientrare nell’”or-dinaria amministrazione” di gran partedelle vite sentimentali di ognuno). Fridareagisce e dispiega, come sottolinea an-cora Pedalino, la sua forza di spirito sfug-gendo, attraverso la sua arte e il suo stiledi vita, al cliché della “vittima”, dell’“iconacon disabilità” e dell’”eroina tragica”. Uno straordinario esempio per tutte ledonne, e per tutti gli uomini.

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© http://www.europarl.europa.eu/resources/library/ima-ges/20141015PHT74186/20141015PHT74186 _original.jpg

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INTERVENTItenuti il 20 settembre 2014

a Palazzo Ducaledurante la presentazione

del precedente numero di questa rivista “Frida Kahlo tra Messico e Italia”

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Vorrei innanzitutto fare una breve ri-flessione sul rapporto tra Frida Kahlo eDiego Rivera. Come ha detto l’amba-sciatore Ruiz-Cabañas, Rivera è statoun grande artista che ha sperimentatoun percorso importante in Europa, spe-cialmente in Francia. Nel 1907, più omeno contemporaneamente alla nascitadi Frida Kahlo, Diego si reca prima aMadrid, quindi in Olanda, a Londra efinalmente approda nel 1912 a Parigidove ha modo di conoscere artisti delcalibro di Modigliani e di Picasso en-trando in stretto rapporto col mondodei cubisti. Nell’esposizione del Ducalecompaiono infatti alcune tele d’ im-

pianto cubista di quel periodo a testi-monianza di come su di lui abbia in-fluito questa avanguardia. Un altroevento importante avviene nel 1921 eriguarda il suo rapporto con l’Italia. Perla prima volta in questa mostra vengonoesposti i suoi taccuini, i suoi appunti delviaggio intrapreso nel nostro Paese checostituiscono una sorpresa per i visita-tori. A Venezia l’artista s’innamora delTintoretto riprendendone e reinterpre-tandone alcuni elementi stilistici. Tutta-via non si limita a questo: studia la tec-nica dell’affresco apprezzandosoprattutto Michelangelo che diventeràun costante punto di riferimento neisuoi murales dove entra infatti in giocola maestosità e la monumentalità. Moltipotrebbero rinvenire nelle opere di Ri-vera anche un’impronta naif rilevabilesolo attraverso un’interpretazione delsuo mondo e del suo tempo.Tornato in Messico, si dedica quindi aimurales: mentre è intento a dipingerea Città del Messico “La creazione” av-viene l’incontro con Frida Kahlo.

lucIano capRIleCRITICO D’ARTE

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Frida in quel momento è una studentessadi pittura affascinata da Diego Rivera, unapersonalità di prim’ordine dell’arte mes-sicana. Lei entrerà più tardi nella vita diRivera e nelle sue opere, come dimostrachiaramente l’attuale esposizione. Nel 1938 Breton, interessato a organiz-zare una mostra a Parigi di Rivera, sireca a Città del Messico e rimane fol-gorato dalla pittura di Frida. Breton eraalla ricerca di aderenti a quel surreali-smo che aveva fondato nel 1924 conMiró e Masson: trova pertanto in FridaKahlo una persona al di fuori di quelclima surrealista che fino allora si re-spirava in Europa. Vede nelle sue opereun surrealismo vissuto nell’intimo. Bre-ton riesce a convincerla a esporre i suoilavori in una mostra a Parigi. Nel 1939la Kahlo, recatasi nella capitale fran-cese, ha un impatto traumatico con larealtà surrealista, come risulta da unalettera inviata all’amico fotografo Nic-kolas Muray: le dissertazioni nei caffèe nei salotti di questi personaggi ven-gono da lei interpretate come fuorvianti

e lontane dalla vita. Lei infatti è abi-tuata a trovare dentro di sé quello checostoro ricercano nei sogni, nell’imma-ginario. Frida usa se stessa come modello im-pietoso: in un suo autoritratto addirit-tura esaspera certi suoi difetti esteticicome le folte sopracciglia e la peluriasul labbro. Nel testo di Bellingeri, checompare nell’ultimo numero dei Qua-derni di Casa America, viene messo inrisalto come sia il corpo stesso di FridaKahlo a tradursi in opera d’arte, in unsuggerimento di sofferenza esistenziale. In una citazione di Picasso Frida Kahloviene celebrata come un’artista capace ditrasmettere attraverso i suoi autoritrattitutto quel mondo interiore che ci riguarda.Perché l’arte di Frida è così popolare oggi?Perché lei è riuscita a inserire nei suoi la-vori l’universo delle nostre insicurezze ela difficoltà di vivere. In conclusione siaDiego che Frida hanno esibito una stra-ordinaria capacità non solo di rappresen-tare la realtà che li toccava da vicino maanche di proiettarla nel nostro tempo.

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Il percorso di questa mostra è molto riccodi spunti circostanziali, che ci invitano ariflettere sui tempi e i luoghi del rapportotra Diego e Frida, ma anche sul contrap-punto che molto spesso è stato utilizzatocome chiave di lettura, sia artistica chepersonale e politica, di tale rapporto.Come contributo a questa riflessione mipiacerebbe spostare l’attenzione dallemolte cose che in mostra ci sono versoalcune di quelle che ci sono di meno, oin modo meno esplicito.Questa è una mostra di pittura, come ègiusto che sia. Io però vorrei provare aripercorrere l’arte e la vita di Diego eFrida attraverso l’occhio di un corpus fo-

tocinematografico, considerato da varieangolature. Il punto di partenza è la di-versa importanza che la fotografia haavuto per le diverse generazioni cui ap-partengono Diego (nato nel 1886) e Frida(nata nel 1907). Oltre alla sottolineatis-sima differenza di genere e di prospettivadi genere, c’è infatti, tra Diego e Frida,anche una fondamentale differenza digenerazione. In Messico, il loro scartogenerazionale comporta una diversacontemporaneità con la Rivoluzionemessicana, e con tutti i processi di tra-sformazione sociale, economica e cultu-rale ad essa collegati. Rispetto a questodivario, la fotografia e il cinema mutosono stati un elemento linguistico di no-tevole forza testimoniale. Il riferimentoè al cinema muto e non al cinema in ge-nere non solo per ovvie per ragioni filo-logiche (cioè perché ai tempi della rivo-luzione messicana il cinema era muto eil muto era il cinema), ma anche per ra-gioni assai più strettamente fotografichee di dialogo con la fotografia. Oggi siamoormai abituati ad un fotogramma che si

MaRco cIpollonIUNIVERSITÀ DI GENOVA E UNIVERSITÀ DI MODENA E REGGIO EMILIA

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è sempre più allungato, nel corso dellastoria del cinema, per dare spazio a unavisione panoramica della nostra vita, maanche per fare posto alle tracciature otti-che e magnetiche rese necessarie dal-l’introduzione del sonoro. Il fotogrammadel cinema muto era quasi quadrato, insostanza con una proporzione di 4:3, de-nominata formato 1.33:1.Quadri, riquadro e inquadratura sonoparole che non casualmente restano an-cora oggi ben presenti nel lessico pro-fessionale del cinema. Si tratta di un for-mato culturale che possiamo facilmenteritrovare anche nella storia dell’arte oc-cidentale, non esclusa quella d’avanguar-dia (sperimentata anche da Diego, comela mostra ben documenta). Uno dei mo-vimenti e delle riviste d’avanguardia chepiù hanno esplicitato questo peculiarerapporto tra contenuto e contenitore, siain Europa che in America Latina (ancheperché tra i promotori dell’iniziativac’erano artisti spagnoli e latinoameri-cani), è la rivista “Cercle et carré” (cheproprio in America Latina ha poi cono-sciuto una seconda serie, intitolata “Cír-culo y Cuadrado”). Secondo i membri diquesto gruppo tutta l’avanguardia puòessere rubricata nel segno di una ten-sione dialettica tra ciò che è tondo e ciòche è quadrato, cioè tra percorsi di(in)quadratura e rappresentazioni di cir-colarità e ciclicità. In questo gioco dia-lettico, la fotografia e il cinema muto in-carnano molto bene il principio del carré.La fotografia, in particolare, è importan-

tissima sia nella rappresentazione deglieventi e dei tempi di Frida e Diego, sianella rappresentazione tanto della loroimmagine fisica, quanto del loro rap-porto. Entrambi sono stati molto foto-grafati, sia insieme che individualmente,Il corpus delle foto che li ritraggono èabbastanza ampio, ma è anche moltoimportante come canone linguistico. PerFrida, come tutti sanno, sono estrema-mente importanti gli autoritratti, le im-magini di sé. Bene. I famosi autoritrattidi Frida non sono semplici autoritratti,sono autoritratti in posa. Lei si ritrae la-vorando davanti allo specchio per noteragioni di salute, ma anche per ragioniche non hanno a che vedere con la suasalute. Il modello che usa è spesso quellodella posa fotografica, e lo è consapevol-mente perché Frida è figlia di un foto-grafo di professione. Guillermo Kahloera un fotografo. Quindi, fin da bambina,Frida è stata circondata dagli oggetti edalle tecniche della fotografia, ma anchedalla grammatica della visione fotograficaprofessionale.Quando si metteva in posa davanti aigrandi fotografi messicani, statunitensi efrancesi, interpretando per loro il ruolodell’esotica signora Rivera, Frida non solosapeva bene cosa stava facendo, ma sa-peva bene anche cosa loro stavano fa-cendo.Anche nella parte della sua vita in cui hacominciato a godere di una fama auto-noma e propria ed è stata ritratta inquanto Frida Kahlo, questa coscienza

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non l’ha mai abbandonata (il suosguardo, nelle foto, cerca e sente la ca-mera molto più e in modo molto più de-terminato e consapevole di quanto nonfaccia lo sguardo di Diego). La Frida fa-mosa, oltre a sè stessa, colloca nelle fotoi suoi oggetti più pregiati, mischiandospontaneità e artificio, scena e messa inscena, con una maestria ed una natura-lezza che viene da lontano. Si vede che,anche da bambina, nel teatro domesticodelle foto di famiglia, Frida è stata foto-grafata da un professionista e si è abituataad esserlo. A Frida piaceva molto aiutareil padre, anche nelle fasi di trattamentodella pellicola, di sviluppo e di stampa.La sua visione, la sua idea di come in-quadrare le immagini, di come costruirele immagini, di come costruire un ritrattoed eventualmente un autoritratto è dun-que un’idea molto fotografica e fotogra-ficamente molto consapevole. Molti altrielementi della sua arte dialogano conquesta consapevolezza ed entrano ingioco grazie ad essa (per esempio le ta-vole votive, i santitos, ecc.). La foto è, pertutto il suo percorso di donna e di artista,uno dei moduli compositivi base del la-voro e della vita di Frida Kahlo. Il suocanone artistico trae origine, anche intermini formali, da un canone fotografico.Persino il formato dei suoi quadri è piut-tosto piccolo, compatibile con quellodelle fotografie e rimane tale anchequando le sue tele diventano relativa-mente grandi, come nel caso di Las dosFridas e La mesa herida, i due quadri pre-

sentati alla mostra del surrealismo del’40, che segnano una svolta decisiva perla sua fama. Se consideriamo le dimensioni, vediamoche uno è perfettamente quadrato, men-tre l’altro ha la proporzione di due qua-drati accostati. Sono con tutta evidenza,conscia e inconscia, moduli di un di-scorso che nasce da una matrice formale.Il caso di Diego è diverso, ma non menosignificativo. Diego usava le foto per rap-portarsi agli ambienti da affrescare, perpreparare i bozzetti, per controllare lo svi-luppo del proprio lavoro e, ovviamente,almeno fino a quando non inventa i mu-rales portatili (molti pannelli dei qualisono davvero molto fotografici), dipen-deva dalle foto per far circolare fuori dalMessico l’immagine dei propri lavori.In parallelo con tutto questo, Diego e Fridasono stati per la fotografia anche oggettirappresentati e da rappresentare, inquanto persone importanti e da fotogra-fare. In prima battuta, possiamo pensarea queste foto come alle immagini che il-lustrano un album. In molte di esse Fridacompare per esempio come oggetto or-namentale e decorativo. Viene cioè rap-presentata come spazio prima e più checome soggetto autonomo. Esiste in rap-porto a qualcos’altro (spesso a Diego).Non è lei l’oggetto principale della rap-presentazione. La sua presenza non hafunzioni denotative, ma connotative. Ilsuo corpo vestito è scena e costume discena, teatro e scenografia. Frida è un og-getto fotografico relativamente periferico,

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associato ad altro e dipendente da altroanche quando si avvicina al centro dellascena. In molte foto è associata alle suecase, o al suo lavoro di pittrice (è cioè raf-figurata mentre dipinge). La Frida dellefoto è in questo senso molto meno foto-grafica della Frida dipinta negli autoritratti.Mentre nei suoi quadri occupa quasi sem-pre una posizione molto centrale, moltoassiale, nelle foto è spesso un po’ disas-sata, un po’ periferica. Questo vale per lefoto che la rappresentano assieme al suolavoro, assieme alle sue case, assieme aglianimali, ma vale ancora di più per le fotoin cui compare assieme al marito. Se perparadossale effetto della dilagante frida-mania, Diego, come ha ben detto l’Am-basciatore del Messico, è ormai diventatoil marito di Frida Kahlo, per gran partedella sua vita Frida Kahlo è stata l’esoticamoglie e compagna di Diego Rivera. Ilsoggetto principale delle foto dove com-paiono insieme è quasi sempre Diego Ri-vera, sia che si tratti di eventi artistici, siache si tratti di eventi politici, sia che sitratti di inaugurazioni, ecc. Le didascalie,anche per effetto del machismo mediaticomessicano, sottolineano impietosamentequesto divario (“el pintor Diego Rivera”,“el pintor Diego Rivera, acompañado porsu mujer”, “el pintor Diego Rivera, acom-pañado por su mujer, la también pintoraFrida Kahlo”, etc.).Le cose cambiano poco quando si trattadi altri grandi personaggi dell’arte e/odella politica che vanno a visitare Diegoe Frida in Messico. Il caso più famoso è

quello di Trockij (anche in questo caso, avoler essere precisi, si tratta dei coniugiTrockij). Chi fa le riprese cinematografi-che o inquadra la foto include intenzio-nalmente Frida, ma come un contorno,come una nota di colore (anche e so-prattutto quando le foto sono in B/N). Ilcentro d’interesse della foto è l’incontrotra il pittore Diego Rivera e gli importantipersonaggi che sono andati a trovarlo. IlMessico dei tempi di Diego e Frida è unPaese molto cosmopolita e molto pro-vinciale insieme. Verso tutto ciò che vieneda fuori ha un rapporto duplice, ambi-valente. All’ interesse per ragioni di co-smopolitismo si somma sempre un pa-rallelo interesse per ragioni di esotismo.Trockij o Breton non fanno eccezione.Accanto a loro Frida è una comparsa, siapure di lusso. Tuttavia, la sua presenza èimportante e catalizza l’attenzione. Per-ché, specie in queste foto, Frida porta sudi sé, nei suoi vestiti, ma anche nel suoatteggiamento e nel suo sguardo, unaserie di segni che rendono fotografica-mente visibile l’anima profonda del Mes-sico. Non solo: Frida si veste e travestecon deliberata e consapevole intenzioneda anima profonda del Messico e quindicompare anche come una rivisitazioneeversiva e surrealisticamente sovversivadel topico dell’esotismo che molto se-riamente incarna. La signora con il vestitocolorato, con il vestito tradizionale, conil pappagallo, con le collane e con tuttauna serie di elementi codificati dal nostroesotismo e leggibili attraverso di esso.

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Un’icona esotica di straordinaria intensitàe con pochi paragoni (tra l’altro tutti pro-fessionali: le grandi dive del cinema mes-sicano, le star del bolero, i luchadores, itoreri o icone continentali come CarmenMiranda completa di tuttifrutti hat e za-patos de plataforma). L’esotismo, intensi-ficato, si ribalta e diventa tratto di riven-dicazione identitaria, arma di liberazione,grido di autenticità e paradossale formadi provocazione e nudità. Il corpo vestitodiventa corpo svelato. La foto in costumesi sposta verso il nudo, con una logicasimile a quella di certe foto etnografichee molto vicina a quella con cui Tina Mo-dotti fotografava le mani nude dei mes-sicani o con cui Weston aveva collocato“en la azotea” la statuaria nudità dellastessa Modotti.Questo paradosso ne introduce un altro.Quando Frida e Diego appaiono foto-grafati insieme, il soggetto è spessoDiego, ma quella che riconosciamo dipiù (e che meglio illustra Diego) è Frida.Questa ineguale riconoscibilità rinvia inmodo molto diretto alla loro pittura. Ri-conosciamo la Frida delle foto, perchéconosciamo quella dei quadri, di Diego(che in più occasioni la ritrae), ma so-prattutto di Frida. La riconosciamo contanta facilità e forza non solo e non tantoperché lei compare ossessivamente den-tro i suoi quadri, ma perché in essi com-pare quasi sempre in una posa fotogra-fica. Nei quadri non solo c’è lei, ma c’èuna lei fotografica, una lei in posa, esat-tamente come quella delle foto. Il perno

di tutto è il suo sguardo. Lo sguardo diFrida è inquietante, è carico di intensitàè, con un gioco di parole tipico di Frida egià molte volte ripreso (anche dal ci-nema), naturaleza viva. Quello sguardocontiene ed esprime (cioè trattiene a fa-tica e spreme) un tentativo deliberato dianimare di rompere la fotografia.Questo tratto è abbastanza evidente secompariamo il corpus fotografico conquello delle immagini cinematografiche,che sono quasi tutte riconducibili a duetipologie, molto diverse tra loro.a) da un lato, troviamo immagini che

sono l’equivalente in movimento dellefoto di cui abbiamo parlato: Frida, lesue case, il suo lavoro, i suoi incontripubblici, ecc. Queste immagini, però,a differenza di quelle fotografiche, chesono quasi sempre scatti di fotografiprofessionisti (spesso importanti), sonoin prevalenza immagini artigianali, gi-rate da persone che giocano con la te-lecamera come faremmo noi. Questoevidente divario di competenza tecnicarende molto interessante il confrontotra questi due corpora;

b) dall’altro lato, ci sono invece le im-magini che il cinema a soggetto haprodotto di Frida e del suo lavoro neifilm biografici. Oltre ai lungometraggi,come quello di Paul Leduc e quello diJulie Taymor, ci sono diverse produ-zioni, molto varie per tecnica e me-traggio (con elementi di animazione,fotoritocco, etc.). Nel lotto ci sono an-che cortometraggi molto belli. Alcuni

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li segnalo nel mio contributo al vo-lume Frida tra Messico e Italia [Qua-derni di Casa America n.17].

Il cinema a soggetto e con attori utilizzamolto il corpus fotografico, sia come ele-mento di ambiente, sia come modelloper il trucco degli attori che interpretanoDiego e delle attrici che interpretanoFrida. Da questo punto di vista, Frida èstata più fortunata del marito, perché of-friva alle proprie interpreti un’immaginepiù iconica, ma anche perché ha trovatointerpreti di sé che, al di là dei loro talenti,si sono dedicate anima e corpo al com-pito, applicandosi con feroce dedizione.Per nessuna delle attrici che l’hanno in-terpretata il ruolo di Frida è stato un ruoloqualsiasi. Tutte sono state coinvolte inuna vera e propria fridamania, che si èprolungata anche dopo. Il caso più notoè quello di Salma Hayek, ma ci sono an-che altri casi. In tutti questi casi, il per-corso è inverso rispetto a quello che ab-biamo considerato finora: assistiamocioè, alla derivazione dell’immagine fo-tografica e cinematografica di Frida Kahlodall’immagine pittorica che Frida ha pro-dotto di sé. Questi film sono infatti co-struiti a partire da effetti di tableau vivant.Sono spesso realizzati in location reali oin fedeli riproduzioni di location reali (peresempio Casa Azul), ma regolarmentecedono alla tentazione di riprodurre nonquegli ambienti, ma le loro riproduzioni,cioè i dipinti di Frida che li rappresentanoe che vengono utilizzati come matrici discena e momenti di ciak.

Registi e sceneggiatori animano i quadri,fanno muovere i quadri e fanno dipen-dere le inquadrature e la narratività deiloro film dalla riproduzione delle tele,spesso usata come riconoscibile effettodi impaginazione. La cosa è ovvia neifilm e negli inserti di animazione, ma èevidente anche nei film di live action. Si tratta di una strategia molto comunequando il cinema racconta le vite dei pit-tori, specialmente dei pittori figurativi.Se c’è un elemento figurativo, lo si ri-produce e lo si trasforma in spunto e inpassaggio narrativo (di solito in posizionedi incipit o explicit di una scena o di unasequenza). Questo genera un effetto cri-ticamente pericoloso, perché alimental‘idea che l’arte di tutti gli artisti siaun’arte realista, il ritratto un mondo (in-teriore od esterno) che loro hanno sem-plicemente trasposto sulla tela. Ciò cherealmente lo spettatore vede è pocomeno che l’inverso: il lavoro di un cinea-sta che traspone in un film biograficol’ambientazione di un dipinto. Nessun cineasta ha finora osato costruireun film storico partendo da un tableauvivant di uno dei murales di Diego, matutti i film su Frida hanno giocato pesantecon gli effetti di rispecchiamento resi pos-sibili dai quadri di Frida.Questo ci porta a riconsiderare ciò chesuccede a Diego e all’immagine di Diegoin una storia per immagini progressiva-mente invasa dalla potenza iconica diFrida e del suo mito, divenuta sover-chiante con l’avvento della foto e del ci-

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nema a colori. Almeno fino a che il B/Nè stato egemone, l’immagine di Diego èstata un’immagine potentissima, fatta-apposta per contrastare con quella diFrida e dominarla. Diego grande, grossoe panzón, occupa molto spazio e lo mol-tiplica con uno sguardo esteso, con occhienormi e di distrazione onnicomprensivae sconfinata. Il suo sguardo è panoramae appetito. Guarda quasi sempre altrove,oltre l’obiettivo che lo ritrae. Non a casolui stesso e Frida accostavano spesso lasua immagine a quella (fiabesca) di unsapo, un principe trasformato in rospo.Come e più di Frida, Diego era consape-vole del forte impatto di immagine e delpotere di seduzione che gli derivavanodalla invadente bruttezza del suo corpoe dei suoi occhi. Frida ne era addiritturagelosa. Quando appaiono uno accantoall’altra, ciò che soprattutto spicca è ilcontrasto dimensionale. Al cinema,quando i loro personaggi vengono in-terpretati da attori, questa sproporzionefisica viene un po’ camuffata e riportataentro gli standard cinematografici, peresigenze di inquadratura.Specie a Hollywood, se l’attrice è troppobassa, come per esempio nel citato casodi Carmen Miranda (con Frida l’altragrande icona kitsch e femminile del-l’America Latina), deve mettere gli zat-teroni e un cesto di frutta in testa, inmodo da diventare alta come gli altri (ele altre) e da poter essere agevolmentefilmata insieme agli altri.

Se confrontiamo il corpus delle immaginifotografiche dei veri Frida e Diego conquello delle immagini cinematografiche,con Frida e Diego interpretati da attori,vediamo che al cinema o Frida diventaun po’ più grande o l’immagine di Diegoun po’ si contiene. Ne risulta un effettoprospettico curioso, specie se lo si com-bina con il destino critico che nel corsodei decenni ha progressivamente allon-tanato (e quindi rimpicciolito e sfocato)l’immagine di Diego e avvicinato (equindi ingigantito e messo a fuoco)quella di Frida. Il mito fotografico di Fridacome signora Rivera viene compensatoda quello cinematografico di Diego comesignor Kahlo. Personalmente, sono convinto che Diegoe Frida, ciascuno nella sua dimensione(in tutte le possibili accezioni, pittoriche,fisiche e critiche del termine), sia ungrande artista e un artista più grande delloro dialogo, ma anche che questo dia-logo ci consenta di capire molto megliola vita e l’arte di entrambi. Gli aspetti co-muni sono molti e molto importanti, an-che se, vedendoli assieme, non possiamoche subire il fascino del contrappunto edella disgiunzione.C’è un bellissimo saggio di Octavio Paz,intitolato proprio Conjunciones y disyun-ciones. Non parla del Messico, perché èdedicato alla cultura orientale, per laquale Paz aveva una enorme passione,ma mi piacerebbe ugualmente applicarelo schema proposto da Octavio Paz alleimmagini fotografiche e cinematografi-

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che di Frida e Diego. Insieme disegnanouna coreografia e raccontano una storiafatta di congiunzioni e disgiunzioni.Spesso i critici sono stati tentati dalla di-sgiunzione perché offre uno schema fa-cile per collocare l’arte dell’uno agli an-tipodi di quella dell’altro.I biografi sono invece stati tentati dallecongiunzioni, cioè dalle passioni politicheche Frida e Diego hanno condiviso, dallesingolari case in cui hanno (co)abitato e,ovviamente, dal grande mosaico di felicità,infelicità e vitalità disegnato dal ricco ca-talogo delle loro disordinate vite amorose.A me piacerebbe usare il corpus fotoci-nematografico come leva con cui ribaltarequesto prevedibile gioco. Suggerisco insostanza di visitare la mostra provandoa pensare alla congiunzione in terminicritici, prima e più che in termini biogra-fici. La congiunzione non è solo una pos-sibile chiave interpretativa del percorsoartistico di entrambi, ma è uno dei mo-delli formali che hanno segnato e resopossibile la loro arte e il loro dialogo.Provo a chiarire il punto con un esempioche ci riporta indietro nella storia dell’artemessicana, fino all’Ottocento e addirit-tura all’epoca coloniale. Il rapporto traDiego Rivera e Frida Kahlo è, da questopunto di vista, un rapporto tra due tradi-zioni importanti dell’arte pittorica delMessico ispanico.La prima tradizione è quella dei cicli dellapintura de castas, con pannelli la cui serieoffriva grandi e meticolose rappresenta-zioni del complicato sistema delle caste

razziali che caratterizzavano la societàcoloniale. L’intera e complessa architet-tura della civitas barocca veniva scom-posta e segmentata in una serie di sa-gradas familias, ciascuna delle qualicomposta da un padre, una madre e unbimbo appartenenti ciascuno a una di-versa e discreta gradazione del conti-nuum razziale. Ogni casella era cifra econtenitore di un destino, implicava cioèuna collocazione abbastanza precisa peril risultato di ciascun incrocio nei mec-canismi di inclusione ed esclusione delmercato culturale, politico ed economiconovoispano.Nella pintura de castas tutto dipende daidettagli e quasi niente è lasciato al caso.Il mondo e il destino del bimbo sonoprefigurati dagli abiti e dai gesti dimamma e papà e dagli oggetti dell’am-biente domestico in cui ciascun ritrattodi famiglia si inserisce. La cosa importante, però, è che questiquadri non si compravano e vendevanouno per volta. Il contratto riguardaval’esecuzione di un intero ciclo. Nel si-stema delle caste gli incroci etichettati epassibili di didascalia erano 36, quindi civoleva una sala molto grande per esporlitutti assieme, realizzando qualcosa dimolto simile ad uno dei murales a pan-nelli di Diego Rivera. Il mondo a puntatedella pintura de castas ha una funzioneillustrativa e pedagogica ed è anche inquesto un credibile precedente del so-vrappopolato mondo storico che carat-terizza i grandi affreschi di Diego Rivera

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(ideologicamente legati alla rivoluzionee tecnicamente ispirati all’esperienza diMichelangelo, del Rinascimento italiano,ecc). I murales sono, come e più dei ciclidi casta, un’illustrazione pedagogico-di-dattica il più possibile completa dellacomplessità del Messico. La seconda tradizione, popolarissima, ri-guarda la pittura delle tavolette votive.Come i ritratti dei cicli di casta, anche letavolette votive hanno committenza,

sono destinate ad affollare un unico spa-zio e prevedono l’uso di didascalie scritte,volte però a sottolineare la circostanzialeeccezionalità di ogni caso e non la suarappresentatività. Il complesso rapportodi Frida con questo mondo è molto espli-cito e talvolta dichiarato, ma è fino a quistato più censito e registrato che davverovalutato.Se utilizziamo questi occhiali per guar-dare alla vita artistica di Diego ed aquella di Frida, se cioè colleghiamo illoro lavoro al retroterra rappresentatodai cicli della pintura de castas e dallaserialità delle tavolette votive, troviamotracce di una prossimità artistica più sto-rica che biografica. Il loro dialogo apparein effetti alimentato dalla profonda e ra-dicale messicanità dei loro rivoluzionarimondi artistici. L’uno e l’altra dialoganoe polemizzano con un canone illustra-tivo e quasi didascalico, sviluppando, apartire da esso, modelli di rappresenta-zione e comunicazione pubblica a dirpoco provocatori. Per questa via nonsolo è facile congiungere Frida a Diegoe Diego a Frida, ma è quasi impossibiledisgiungerli. Il mio invito è proprio questo: visitarela mostra seguendo con ostinazione ilfilo della storia (del Messico e dell’artemessicana), a costo di offrire un po’ diresistenza alla facile logica del contrap-punto e alle affascinanti circostanzedella biografia.

Guadalajara, 2014. © Melissa Bugarini

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Volevo portarvi sui luoghi di Frida Kahlo,in Messico, di cui nessuno ha finora par-lato, li ritroverete nella mostra a PalazzoDucale “Frida Kahlo e Diego Rivera” chevi attende e vi affascinerà. L’altro giornoho avuto modo di ritrovare, nella mia bi-blioteca, un libro che vi consiglio: FridaKahlo autorretrato de una mujer, di RaudaJamis (Edivision, Editorian Diana, Me-xico1987), forse un po’ naif nella descri-zione, ma che ci consente di entrare nelvivo della vita turbolenta di questi dueartisti, Frida e Diego. La prima volta che sono stato a Cittàdel Messico era il 1975 e a quel tempo

la Casa azúl nella quale Frida aveva vis-suto, era ancora una casa privata. Oggiè diventata un museo. Si trova in un quartiere molto bello dellacittà, detto “il luogo del coyote” (ossiaCoyoacán), a circa 10 km dal Casco anti-guo, un’enclave di natura e tranquillità,lontana dal grande caos della capitale.Nella Casa azùl, Frida ha vissuto granparte della propria vita e vi è morta, dal1929 al 1954. Ancora oggi i custodi dellacasa, perpetuano una tradizione cuiFrida era particolarmente legata, quelladel culto dei morti, manifestata attra-verso le varie rappresentazioni icono-grafiche della morte e dell’amore perla morte. Una tradizione tipica del po-polo messicano, che è anche un modoper esorcizzare la paura stessa dellamorte e abituarsi a convivere con l’ideadella morte. Un’altra particolarità della casa di Fridaè la presenza costante dei gatti che leiamava molto e che, da allora, hannocontinuato a riprodursi e ad abitarequella dimora e quel giardino.

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pIetRo taRalloGIORNALISTA E SCRITTORE

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A circa un chilometro dalla Casa azùl,in Avenida Río Churubusco 410, si trovaVila Forteza, l’abitazione nella quale havissuto León Trockij, a partire dal 1937e dove è morto. Lì è possibile visitare lastanza e la scrivania, là dove fu ammaz-zato dal sicario di Stalin Ramón Mer-cader, che è rimasta completamente in-tatta. Ferma ai quei tragici momenti.Complice forse la fotografa italiana TinaModotti. Appena arrivato a Città del Messico,Trockij fu ospitato da Frida, con la qualeebbe una relazione molto intima e fuproprio la moglie Natalia a convincerloa trovare un’altra casa per ovviare al fa-scino e alla sensualità di Frida. È inne-gabile quanto l’immagine di questadonna incarni pienamente l’idea e laforma delle donne messicane nella loro“messicanità”, proprio in questa ten-denza naturale alla seduzione. Vorrei condurvi, inoltre, in un luogo di so-lito poco noto ai turisti, ma nel quale sipuò scoprire un nuovo e ulteriore aspettolegato alla particolarità di un artista comeDiego Rivera. A 10 minuti di taxi dallaCasa azùl, a bordo di un tipico maggiolinosedán messicano, si giunge a una casa cheha quasi le sembianze di una fortezza. Sitrova in calle del Museo 150, nella coloniadi San Pablo ed ha un nome molto com-plesso: Anahuacalli. Nel rapporto estre-mamente controverso e conflittuale con

la moglie, Rivera ha cercato un’oasi dipace in cui isolarsi. Fu lo stesso Rivera adisegnarlo e a farlo costruire tra il 1953 eil 1957. Severo e austero edificio in pietramolto simile a una piramide azteca nellaquale ha inserito la sua collezione di re-perti precolombiani, così vasta da far con-correnza al museo stesso di Antropologiadi Città del Messico. Vi è anche lo studiodell’artista con alcune sue opere.All’interno di questa casa, salendo fino alpiano superiore, si arriva sulla terrazzadalla quale è possibile ammirare unosplendido panorama di tutta la capitale. Concludo questo mio intervento conuna poesia di Frida Kahlo che mi hatoccato profondamente e che, a mio pa-rere, rappresenta pienamente la sua re-lazione con la complessa personalità diDiego Rivera:

Diego principioDiego constructorDiego mi niñoDiego mi novioDiego pintorDiego mi amanteDiego mi esposoDiego mi amigoDiego mi padreDiego mi madreDiego mi hijoDiego yoDiego Universo

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Inaugurazione della mostraColor y vida: 20 artisti per Frida KahloGennaio 2015

Fondazione Casa America inaugurerà la mostra “Color y vida: 20 artisti per FridaKahlo” a gennaio presso la sua nuova sede di via dei Giustiniani, 12, sempre aGenova. La mostra sarà esposta sino a febbraio. Da marzo sarà allestita pressol’atrio del Palazzo Comunale del Comune di Savona e poi presso la Sala consiliaredel Comune di Millesimo (SV). Ultima tappa, a maggio, al castello di Rapallo.

Fondazione Casa Americacambia sede!

Dal 10 novembre FondazioneCasa America si è trasferitanella nuova sede in via deiGiustiniani, 12/4, assieme alleassociazioni Amici di CasaAmerica e Centro in Europa.Così, dopo quindici anni a VillaRosazza, la Fondazione lascia illuogo che l’ha vista nascere edal quale ha tratto il propriologo. La nuova sede è ubicatanel centro di Genova e proprio

su questa nuova centralità puntiamo per un rilancio delle nostre attività.

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L’Associazione Amici di Casa America organizza corsi di spagnolo, portoghese e in-glese tenuti da docenti madrelingua laureati che utilizzano il metodo comunicativo.I corsi collettivi suddivisi in vari livelli sono offerti a gruppi di massimo 12 persone ehanno inizio dall’autunno sino alla primavera, con moduli di 30, 48 o 60 ore.

lIngua Spagnola(4 livelli: principiante – intermedio – avanzato – conversazione e cultura)

lIngua poRtogheSe(3 livelli: principiante – intermedio – avanzato)

lIngua IngleSe(livello principiante)

Inoltre l’Associazione organizza corsi di italiano per stranieri suddivisi in modulimensili e ripetibili della durata di 12 ore ciascuno.

Sono previsti anche:• Corsi individuali di spagnolo e portoghese• Corsi presso le aziende e le scuole di spagnolo e portoghese• Corsi di preparazione ai diplomi D.E.L.E.• Servizio traduzioni e interpretariato (italiano – spagnolo – portoghese)• Accesso alla biblioteca con servizio prestito

per tutte le informazioni potete rivolgervi alla segreteria della Associazione Amici diCasa America, aperta dal lunedì al venerdì dalle 15 alle 19 presso via dei Giustiniani,12/3, sede della Fondazione Casa America, o telefonando allo 010 2518972 - 010 [email protected] - www.casamerica.it

Corsi di linguadell’Associazione Amici di Casa America

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Caro lettore,Le chiediamo di sottoscrivere uno o più abbonamenti alla rivista Quadernidi Casa America. Ogni contributo ci è indispensabile per dare continuità allanostra pubblicazione. La Fondazione Casa America pubblica dal 2008 la col-lana Quaderni di Casa America dedicata a singoli paesi o temi di riflessioneche uniscono l’Italia all’America Latina.

tIpologIe dI abbonaMento- Abbonamento annuale 50 euro- Abbonamento annuale sostenitore 100 euro

ModalItà:- Pagamento diretto presso la sede della Fondazione

via dei Giustiniani, 12/4- Bonifico bancario sul conto corrente 15190.80

intestato a Fondazione Casa AmericaIBAN It40o0617501402000001519080 presso Banca Carige.In caso di bonifico, si prega di comunicare via mail [email protected] otelefono 010 2518368 nome e cognome dell’abbonato e indirizzo pressoil quale si vuole ricevere la pubblicazione

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FINITO DI STAMPARE

NEL MESE DI DICEMBRE 2014

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