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Collegio dei Geometri e Geometri laureati di Torino e Provincia Newsletter di aggiornamento Collegio Geometri Torino e Provincia – Marzo 2018 – N. 8

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Marzo 2018 – N. 8

Sommario

NEWS

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RASSEGNA DI NORMATIVA

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RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA

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Approfondimenti COSTRUZIONI IN SICUREZZA LA RESISTENZA AL FUOCO DEI PRODOTTI DA COSTRUZIONE Una soluzione molto utilizzata per la protezione al fuoco delle strutture è l’applicazione di controsoffittature resistenti al fuoco. La scelta delle caratteristiche e dell’impiego del controsoffitto deve essere valutata con attenzione. Spesso è accaduto che siano stati istallati controsoffitti in condizioni differenti da quelle previste nella prova, in particolare prodotti applicati su componenti costruttivi difformi da quelli previsti nella prova, con conseguenti contenziosi con gli enti di controllo (VVF). Dario Zanut, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Antincendio24”, Edizione del 8 marzo 2018

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CONDOMINIO E SOPRAELEVAZIONE VENT’ANNI PER CONTESTARE LA SOPRAELEVAZIONE CHE LEDE L’ARCHITETTURA Ogni costruzione oltre l’ultimo piano dell’edificio realizza comunque un nuovo piano o una nuova “fabbrica”, a prescindere dal rapporto con la precedente altezza dell’edificio stesso. La fattispecie prevista dal quarto comma dell’articolo 1127 del Codice civile – secondo cui il proprietario dell’ultimo piano che esegue una sopraelevazione deve corrispondere un’indennità agli altri condòmini, salvo diversi accordi – è ravvisabile ogni volta in cui si verifica un incremento nella volumetria e nella superficie degli spazi interessati dalle opere, indipendentemente dal fatto che ci sia un innalzamento del fabbricato (Cassazione, Sezioni unite, 16794/07). Augusto Cirla, Il Sole 24 ORE – Estratto da “L’Esperto risponde”, 19 marzo 2018

63 L’ESPERTO RISPONDE

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Chiuso in redazione: 20 marzo 2018

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Ambiente

La rinascita dei capannoni passa dalle Regioni

Si tratta di un processo in fase di sperimentazione. La riconversione di strutture esistenti è, almeno in teoria, di grande moda. Nella pratica però si scontra, se parliamo del patrimonio edilizio residenziale, con i limiti legati alla parcellizzazione della proprietà, che rende difficile imbastire operazioni solitamente parecchio articolate. Gli edifici produttivi godono, invece, di condizioni naturali favorevoli: proprietà uniche con la liquidità e le competenze tecniche per avviare le operazioni di recupero. Non è un caso, allora, che il processo di spinta dal basso in arrivo dalle leggi regionali stia puntando con decisione sempre maggiore in questa direzione: mettere a disposizione delle imprese gli incentivi necessari ad attivare questi investimenti. A volte è una semplice «moneta urbanistica», costituita da premialità in termini di cubatura extra, altre volte si tratta di sconti sugli oneri da versare. Con il corollario di accordi che consentono deroghe agli strumenti urbanistici. La sostanza, comunque, è sempre la stessa: creare un ambiente favorevole per chi vuole investire in rigenerazione. L’associazione nazionale dei costruttori (Ance) dedica al tema un monitoraggio continuo. «In questa fase - spiega il vicepresidente Ance, Filippo Delle Piane - la rigenerazione si sta muovendo principalmente a livello regionale, mentre il livello nazionale è, purtroppo, bloccato. E, in questo quadro, sono soprattutto le grandi aree industriali del Nord a prestarsi a un percorso rigenerativo». Anche se sarebbe preferibile un maggiore coordinamento: «Una norma quadro nazionale - dice ancora Delle Piane - è il nostro auspicio per la prossima legislatura, perché in questo modo rischiamo di muoverci in maniera disordinata. Il prossimo obiettivo deve essere quello di agire sul tessuto residenziale». Tornando alle leggi, in ordine di tempo, gli ultimi arrivi sono le nuove normative di Emilia Romagna (Lr 24/2017) e Friuli Venezia Giulia (Lr 44/2017). Ma la lista dei governatori che sono intervenuti a regolare la materia è molto più lunga: vanno ricordate almeno Calabria, Lazio, Lombardia, Toscana, Provincia autonoma di Trento, Umbria e Veneto. Spostandosi proprio in Veneto, è possibile fotografare il fenomeno che, più di ogni altro, sta caratterizzando questa fase: la riconversione degli edifici produttivi come laboratorio della rigenerazione. Da queste parti sono oltre 90mila i capannoni e molti di questi sono ormai dismessi. Nasce in questo contesto l’articolo 8 della legge 14/2017 del Veneto, illustrato dall’avvocato Bruno Barel, che ha contribuito alla sua stesura: «La norma consente e promuove il riuso temporaneo del patrimonio immobiliare dismesso o inutilizzato sulla base di una convenzione tra privati e Comune, approvata dal consiglio comunale, che dia le garanzie minime di tutela della salute e sicurezza delle persone e di rispetto dell’ordine pubblico. Si cerca in questo modo di affrontare concretamente il problema rappresentato dalla grande quantità di edifici inutilizzati e generalmente degradati presenti nel territorio». Il problema, però, non riguarda solo il Veneto. Così, passando al setaccio le leggi regionali in vigore, sono molti altri i casi che guardano alla rigenerazione dei capannoni. In Emilia Romagna (legge 24/2017) i capannoni sono più di 88mila. Per incentivare gli investimenti i Comuni possono tirare la leva degli sconti sul contributo di costruzione: da una riduzione del 20% fino alla totale esenzione, in caso di bonifica di suoli inquinati e di rimozione dell’amianto. Ancora, i cambi di destinazione d’uso sono gratuiti nel caso in cui non comportino un carico urbanistico maggiore. Ma nei piani urbanistici possono entrare anche «premialità aggiuntive», agganciate ad accordi.

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Nel Lazio i capannoni censiti sono meno di 40mila: per riconvertire almeno una parte di queste strutture, la legge 7/2017 punta sulla demolizione con ricostruzione. I Comuni possono riconoscere a queste operazioni incrementi di volumetria fino al 30 per cento. Inoltre, possono autorizzare i cambi di destinazione d’uso: in un capannone sarà, ad esempio, possibile ospitare uffici o attività commerciali. Addirittura, è possibile realizzare altrove la cubatura incassata come premio. In Umbria (14mila capannoni) con la legge 1/2015 per la riqualificazione degli edifici destinati ad attività produttive, anche attraverso il cambio di destinazione d’uso, è consentito utilizzare «aree adiacenti al lotto di pertinenza fino ad un massimo del 15% della superficie dello stesso lotto». Ma ci sono anche gli esempi della Toscana e della Provincia di Trento. Le norme regionali si rivolgono ai proprietari più virtuosi e che hanno ancora voglia di mettere a frutto i loro beni: purtroppo è ancora frequente la scelta di rendere inagibili i capannoni o addirittura, di nascosto, quella di agevolarne il crollo. La ragione è semplice, si riassume in tre caratteri: Imu. Per un capannone medio piccolo, sui 500-700 metri quadrati, l’Imu annuale va da 5mila a 10mila metri quadrati e la spesa, aggiunta agli strascichi di un’attività forzatamente interrotta dalla crisi, può risultare pesantissima. Oltre che ingiusta. I fabbricati crollanti (ma non del tutto crollati), definiti “collabenti” e iscritti in catasto nella categoria F2, senza attribuzione di rendita, non sono infatti soggetti al pagamento dell’Imu né come fabbricati né come area fabbricabile. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione nella sentenza 23801/2017. Gli “inagibili”, invece, sono capannoni che hanno perso una parte delle loro potenzialità funzionali per varie ragioni (caduta del tetto, vandalismi, impianti distrutti): in questi casi la base imponibile (e quidi anche l’imposta) è ridotta del 50 per cento. Attenzione, però: la Cassazione ha chiarito che sinché il capannone è “collabente” iscritto nella F2 non potrà in nessun modo essere soggetto a imposizione, né come fabbricato né come area edificabile. Ma l’agevolazione scompare quando si provvede alla totale demolizione del rudere, perché da quel momento l’area “nuda”, se potenzialmente edificabile, deve essere considerata come suolo fabbricabile e quindi sconta l’Imu. LA MAPPA-LE REGIONI PIÙ AVANZATE Calabria, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Toscana, Provincia di Trento, Umbria, Veneto: sono presenti normative organiche sul contenimento del consumo di suolo e/o sulla rigenerazione del patrimonio edilizio esistente nell’ambito di leggi specifiche ovvero nella leggi regionali sul governo del territorio. A METÀ STRADA Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Puglia, Provincia di Bolzano, Sardegna: in queste regioni sono presenti norme sul contenimento del consumo di suolo o sulla rigenerazione del patrimonio edilizio esistente. SOLO NORME DI PRINCIPIO Basilicata, Campania, Piemonte, Valle d’Aosta: il contenimento del consumo di suolo è solo accennato in alcune norme. VENETO-Legge 14/2017 I soggetti pubblici o privati presentano all’amministrazione comunale una proposta di programma di rigenerazione urbana sostenibile. Il Comune può consentire l’uso temporaneo di volumi dismessi o inutilizzati (in zona non agricola ed escludendo l’uso ricettivo), definendo modalità e condizioni. Sono considerate funzioni prioritarie per il riuso: il lavoro di prossimità, la creatività e la cultura, il gioco e il movimento e le nature urbane. È consentito anche nel caso in cui l’uso richiesto sia diverso dal precedente o da quello previsto dallo strumento urbanistico per un massimo di 5 anni. UMBRIA-Legge 1/2015 I soggetti privati e pubblici presentano in Comune proposte di intervento coerenti con il programma urbanistico. Gli edifici a destinazione produttiva, per esercizi o misti (ma con almeno il 75% della superficie utile non residenziale) in zone specifiche possono essere ampliati o subire interventi di ristrutturazione urbanistica ed edilizia, anche al fine di insediare funzioni sostitutive di quelle

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dismesse o integrative di quelle esistenti comunque conformi con le disposizioni dello strumento urbanistico generale, con incremento massimo della superficie non residenziale del 30%. LAZIO Legge 7/2017 La legge consente i seguenti interventi: ristrutturazione edilizia o urbanistica o di demolizione e ricostruzione e +30% di volumetria); ristrutturazione edilizia, compresa demolizione e ricostruzione, di singoli edifici con superficie lorda fino a 10mila mq e mutamento di destinazione d’uso; miglioramento sismico e + 20% di volumetria; ristrutturazione edilizia o demolizione e ricostruzione e + 20% di volumetria o superficie lorda (per edifici produttivi fino al 10% di superficie coperta). Con la ricostruzione si possono mantenere le distanze preesistenti o modificarle con un minimo di 10 metri tra pareti finestrate. TOSCANA Legge 65/2014 Sono possibili incrementi volumetrici e di sostituzione edilizia su edifici industriali o artigianali. I comuni stabiliscono incrementi massimi della superficie utile lorda a titolo di premialità e comunque l’edificazione complessiva deve garantire un adeguato rapporto tra le superfici coperte e gli spazi liberi del lotto di pertinenza; è anche prevista la possibilità di rilocalizzazione dell’edificio con eventuale bonifica e sistemazione delle aree liberate per finalità di interesse collettivo. Il Comune può premiare gli interventi di rigenerazione urbana con + 35% della superficie utile lorda esistente. PROVINCIA DI TRENTO Legge 15/2015 Esteso il concetto di «ristrutturazione edilizia» a: ampliamento di superficie con riqualificazione; agibilità dei sottotetti; ampliamento laterale o in sopraelevazione di edifici esistenti; demolizione e ricostruzione anche su diversa area dello stesso lotto. Sono poi previste norme mirate, tra cui: riqualificazione di singoli edifici residenziali e ricettivi (incremento volumetrico del 15% o riconoscimento di un credito edilizio e trasferimento del volume su altre aree); riqualificazione di edifici dismessi e degradati o incongrui (demolizione e ricostruzione anche in altra area con un credito edilizio). EMILIA ROMAGNA Leggi 20/2000 e 24/2017 Sono fissati incentivi volumetrici e altre forme di premialità progressive e parametrate ai livelli prestazionali raggiunti, per realizzare i seguenti obiettivi di interesse pubblico: riqualificazione urbana; miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici; adeguamento o miglioramento sismico; eliminazione delle barriere architettoniche; assicurare il rispetto dei requisiti igienico sanitari degli abitati e dei locali di abitazione e lavoro, nonché dei requisiti relativi alla sicurezza degli impianti, alla prevenzione degli incendi e alla sicurezza dei cantieri. (Giuseppe Latour, Saverio Fossati, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Commenti e Inchieste” 8 marzo 2018)

Via, due requisiti per l’ok successivo La valutazione di impatto ambientale (Via) può essere svolta anche dopo l’approvazione del progetto e potrebbe anche concludersi con l’esclusione dell’assoggettamento del progetto stesso alla valutazione. A confermarlo non è solo il Tar Toscana (sentenza 156 del 30 gennaio 2018), ma anche la Corte di giustizia europea che, dopo un primo pronunciamento di luglio 2017, è nuovamente intervenuta con la sentenza C-117/27 del 28 febbraio scorso. La normativa comunitaria e quella nazionale, introducendo l’obbligo di assoggettare a valutazione di impatto ambientale o sua verifica alcuni progetti di particolare rilevanza, hanno previsto che l’esame debba intervenire prima del rilascio dell’autorizzazione a realizzare e mettere in esercizio l’impianto o l’opera.

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Secondo l’articolo 29 del Codice dell’ambiente (Dlgs 152/2006), infatti, i provvedimenti di autorizzazione di un progetto adottati senza la verifica di assoggettabilità a Via, o senza la Via stessa, se prescritte, sono annullabili per violazione di legge. In passato, la giurisprudenza aveva ritenuto inammissibile “sanare” ex post la valutazione di impatto ambientale, rappresentando questa un presupposto per il rilascio dell’autorizzazione del progetto, con conseguente annullamento dell’autorizzazione in caso di violazione della norma (Tar Sicilia-Palermo, sezione I, 583/2010, Tar Umbria- Perugia, sezione I, 429/2010, Consiglio di Stato, sezione IV, ordinanza 798/2014). Una prima apertura ad ammettere la Via postuma era arrivata, però, già nel 2011 dalla Corte costituzionale (sentenza 209/2011), ma solo per modifiche sostanziali di impianti realizzati in un’epoca in cui non esisteva la Via. Più di recente, il Tar Marche aveva rimesso la questione alla Corte di giustizia europea per comprendere se la Via postuma fosse effettivamente compatibile con il diritto comunitario ed entro quali limiti. La Corte di giustizia, con sentenza del 26 luglio 2017 (cause riunite C-196/16 e C-197/16), non ha escluso tout court questa possibilità, ritenendola compatibile con la disciplina europea a due condizioni: -la possibilità di sanatoria non deve condurre a una elusione sistematica della normativa di riferimento (che – per l’appunto – richiederebbe una valutazione ex ante degli impatti ambientali); -la Via postuma deve valutare non solo gli impatti futuri, ma anche quelli pregressi. Di recente il Tar Toscana, anche se in una controversia in merito alla valutazione di incidenza (strumento assimilabile alla Via), ha confermato che la valutazione postuma è ammissibile nel nostro ordinamento nei limiti indicati dal giudice comunitario. Sulla stessa scia la Corte di giustizia con la sentenza del 28 febbraio scorso. La Via postuma, dunque, pare ammissibile nel nostro ordinamento sulla base dei principi generali del procedimento amministrativo. Infatti, l’articolo 21-nonies della legge 241/1990 in generale riconosce alla Pa la facoltà di convalidare un provvedimento illegittimo a fronte di uno specifico interesse pubblico. Resta, dunque, da comprendere entro quali limiti possono essere rispettati i due presupposti indicati dal giudice Ue. Nell’assenza di una elusione della norma possono sicuramente rientrare gli errori legislativi, dipesi da norme locali che hanno escluso la Via, ritenute poi incostituzionali. Ma anche gli errori compiuti dalla Pa, se dipesi da oggettive difficoltà interpretative e applicative della normativa (ad esempio, a fronte di un contrasto giurisprudenziale o normativo) e non invece da errori gravi o particolarmente evidenti, per i quali la sanatoria dovrebbe essere preclusa. Per valutare gli effetti futuri e pregressi, invece, si imporrà una verifica completa del progetto che, ovviamente, dipende anche dal caso di specie e dalle peculiarità dell’intervento. Questi paletti (soprattutto il primo), da un lato, limiteranno l’effettiva applicazione della Via postuma, dall’altro, richiederanno comunque un ulteriore sforzo interpretativo della giurisprudenza, che dovrà definire in futuro l’effettiva casistica, soprattutto rispetto all’errore amministrativo. Inoltre la sentenza europea fornisce un ulteriore spunto di riflessione. Le autorità nazionali, infatti, possono anche concludere, in base alle disposizioni nazionali in vigore alla data della pronuncia, che non sia necessaria una Via, se l’esclusione è conforme al diritto comunitario: in questo caso la Via postuma, di fatto, confermerebbe l’operato dell’amministrazione.

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(Federico Vanetti, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Norme e Tributi” 5 marzo 2018)

Impatto ambientale/2. Anche gli effetti ormai conclusi vanno indennizzati Una volta ammessa la Via postuma resta da definire come debbano essere misurati gli effetti pregressi e futuri e quali possano effettivamente essere le conseguenze. Il tema non è affatto scontato: in molti casi, gli operatori si troveranno a valutare un impianto già autorizzato e in funzione che non consentirà ampi spazi di manovra per la correzione degli impatti e che si reggerà su un business plan studiato senza tener conto della Via.

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Per gli effetti pregressi, occorrerà distinguere tra quelli esauriti (ossia gli impatti prodotti durante la fase di cantiere) e quelli non esauriti (ad esempio compromissione di verde circostante, rumore durante l’esercizio dell’impianto, ecc.), i quali peraltro coincideranno in buona parte anche con gli effetti futuri. Rispetto a questi ultimi, è ragionevole ritenere che la Via postuma imporrà determinate misure correttive che realisticamente sarebbero state richieste a seguito della Via (ad esempio barriere antirumore). Per quanto riguarda, invece, gli effetti ormai consumati si profila uno scenario compensativo e risarcitorio, essendo comunque obbligatorio considerarli. Alcune misure compensative potrebbero essere realizzate ex post (ad esempio nuove infrastrutture a supporto, piantumazioni arboree, filtri, ecc.), altre, invece, dovrebbero essere risarcite in forma equivalente, applicabile quando sia impossibile operare sull’impianto o nelle zone circostanti. Il risarcimento in forma equivalente (ossia anche in forma monetaria) è ammesso dal nostro ordinamento, essendo previsto anche dalla disciplina sul danno ambientale (articoli 300 e seguenti del Dlgs 152/2006). Tuttavia, in questo caso, la determinazione può ancora spettare all’ente competente per la Via o deve essere determinata dal ministero competente per il danno ambientale? La competenza ministeriale, sulla base delle previsioni di legge, parrebbe prevalere e dovrebbe esplicarsi mediante specifico procedimento amministrativo condotto ai sensi della disciplina sul danno ambientale e attivato su iniziativa dell’autorità competente per la Via. Resta, poi, ovviamente il problema di stabilire criteri economici per quantificare e liquidare il danno, esercizio quanto mai complicato quando si parla di ambiente. Infine, non può escludersi anche lo scenario in cui la Via postuma evidenzi criticità future tali da giustificare addirittura una riduzione dell’impianto o una sua chiusura, in particolare quando gli impatti non possano trovare mitigazioni adeguate. In tal caso, come anche considerato dal Tar Toscana (sentenza 156/2018), l’esito negativo della Via postuma porterebbe sostanzialmente all’avvio di una procedura di annullamento in autotutela dell’autorizzazione già rilasciata. Tuttavia l’autotutela non solo impone una comparazione degli interessi pubblici e privati, ma può intervenire entro 18 mesi dal rilascio dell’autorizzazione. Pertanto, potrebbe risultare precluso l’annullamento dell’autorizzazione e la chiusura dell’impianto, salvi invece gli aspetti risarcitori che potrebbero risultare giustificati anche oltre i 18 mesi. (Federico Vanetti, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Norme e Tributi” 5 marzo 2018)

Catasto

L’abitazione usata dal dipendente è rurale se il rapporto dura più di 100 giorni annui

Le abitazioni utilizzate dai lavoratori dipendenti delle imprese agricole sono rurali se il rapporto di lavoro ha una durata superiore a 100 giornate annue svolte dal medesimo lavoratore. Lo precisa La Direzione centrale del Catasto in una nota rivolta alla Provincia autonoma di Trento. La questione esaminata riguarda la qualifica di fabbricato rurale per le abitazioni dei dipendenti esercenti attività agricola nell’azienda a tempo indeterminato o a tempo determinato per un numero annuo di giornate lavorative superiore a 100, assunti in conformità alla normativa vigente in materia di collocamento. La direzione del Catasto afferma che non è possibile cumulare il numero di giornate lavorative di tutti i dipendenti che usufruiscono dell’alloggio anche in tempi diversi. (Gian Paolo Tosoni, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Norme e Tributi” 10 marzo 2018)

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Prima casa, superficie sotto tiro

Nel mirino del Fisco finisce la qualifica di lusso delle abitazioni acquistate come “prima casa” direttamente dal costruttore da parte di persone fisiche. Quello che si concentra sulle compravendite immobiliari è un filone accertativo consolidato, che negli ultimi tempi – stando alle segnalazioni arrivate al Sole 24 Ore – pare essersi arricchito di un nuovo profilo: la negazione della qualifica di lusso in relazione atti stipulati fino al 13 dicembre 2014 (data di entrata in vigore del Dlgs 175/2014). I vantaggi, per i contribuenti persone fisiche che comprano una “prima casa”, sono i seguenti: in caso di atti di trasferimento soggetti a imposta di registro, si applica l’aliquota del 2% (con il minimo di 1.000 euro), anziché quella del 9%, e le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 50 euro ciascuna; in caso di atti soggetti a Iva, si applica l’aliquota del 4% (anziché quella del 10% o del 22% a seconda dei casi) e l’imposta di registro fissa di 200 euro, oltre le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna. Il punto che qui interessa è che, oltre agli altri requisiti fissati dalla normativa per accedere alla “prima casa”, ne serve anche uno che è stato modificato di recente e in modo non contemporaneo per gli atti soggetti a registro e a Iva. Infatti, con la “vecchia” disciplina occorreva che l’abitazione non fosse qualificabile come di lusso in base ai criteri dettati dal Dm Lavori pubblici 2 agosto 1969; in base a quella “nuova”, invece, la casa non deve essere ricadere nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. In particolare: per gli atti soggetti a registro, la nozione catastale ha sostituito la “lussuosità” così come definita dal Dm 2 agosto 1969 a partire dal 1° gennaio 2014 (dall’entrata in vigore dell’articolo 10, comma 1, lettera a) del Dlgs 23/2011); per gli atti soggetti a Iva, invece, il cambio è scattato solo a partire dal 13 dicembre 2014 (dall’entrata in vigore del Dlgs 175/2014). Il Dm Lavori pubblici del 2 agosto 1969 classifica, tra l’altro, all’articolo 6 come “di lusso” «le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine)». Proprio con riferimento agli atti stipulati fino al 12 dicembre 2014 e relativi ad acquisti di abitazioni “prima casa” direttamente dai costruttori, gli uffici si soffermano spesso a controllare a tavolino innanzitutto la superficie degli immobili acquistati, ad esempio partendo dalla superficie che risulta in catasto. Se da questo controllo emerge che la superficie dell’immobile acquistato prima del 13 dicembre 2014 è superiore a 240 metri quadrati, il Fisco provvede all’immediata revoca dell’agevolazione “prima casa” per assenza dei requisiti necessari alla sua classificazione come “immobile non di lusso” e alla contestuale notifica di un atto in cui viene, conseguentemente, riliquidata la maggiore Iva calcolata secondo l’aliquota ordinaria del 22%, con l’irrogazione della sanzione pari al 30% della maggiore imposta. Generalmente, in questi casi non è ammesso l’accertamento con adesione. Ne consegue che, entro 60 giorni dal ricevimento dell’atto, il contribuente è chiamato a difendersi, provando – anche magari in autotutela e/o in sede contenziosa – a spiegare le proprie ragioni e gli errori di calcolo della superficie in cui sarebbe incorso l’ufficio (ove possibile, naturalmente). In particolare, occorrerà dimostrare che la superficie utile dell’unità immobiliare acquistata è inferiore a 240 metri quadrati, così come calcolata da un perito che si attenga scrupolosamente ai criteri del Dm del 1969 (vigente all’epoca dell’atto di compravendita) e dal consolidato orientamento giurisprudenziale. In subordine, potrebbe essere utile censurare l’applicazione della sanzione perché irrogata in violazione del principio del favor rei, sancito dall’articolo 3, comma 3 del Dlgs 472/97. Pur riconoscendo che la nuova disciplina introdotta dal Dlgs 23/2011 ai fini dell’imposta di registro e dal Dlgs 175/2014 ai fini Iva, non ha applicazione retroattiva, la Cassazione ha stabilito che la stessa comporta l’applicazione del principio del favor rei in relazione alle sanzioni, dato che non può configurarsi il falso in relazione a una dichiarazione che attualmente l’ordinamento non considera più rilevante ai fini dell’applicazione del beneficio (tra le altre, Cassazione, sentenze 11621/2017 e 3357/2017). LA PRESENZA DI PATOLOGIE - Le gravi patologie presentate da due acquirenti anziani non configurano un elemento idoneo a integrare la «forza maggiore», che possa escludere la decadenza per mancato trasferimento della residenza nel Comune in cui si trova l’immobile acquistato con il

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beneficio prima casa, dato che queste non sono sopravvenute al rogito ma erano allora già note. (Cassazione, sentenza 17225/2017) CAMBIO DI RESIDENZA SUCCESSIVO - Il requisito della residenza, necessario per fruire dell’agevolazione “prima casa”, deve sussistere al momento dell’acquisto, senza che su di esso incida il successivo spostamento della residenza da parte dell’acquirente. Infatti, il successivo trasferimento della residenza non è incluso tra le cause di decadenza dalla prima casa, come previste dalla Nota II-bis all’articolo 1 della Tariffa, parte I, allegata al Dpr 131/86. (Cassazione, sentenza 14510/2016) LAVORI NON COMPLETATI - La giurisprudenza ha ritenuto che non si verifichi la decadenza dall’agevolazione prima casa nel caso in cui il contribuente dimostri di non aver potuto trasferire la residenza entro 18 mesi dal rogito a causa del mancato completamento dei lavori di ristrutturazione dell’immobile, dovuto però agli smottamenti subiti dall’area di sedime, causati da abbondanti piogge cadute successivamente all’acquisto. (Cassazione, sentenza 19247/2014) DIVISIONE DELLA CASA CONIUGALE - Non decade l’agevolazione nel caso in cui, in sede di separazione o divorzio, uno dei coniugi trasferisca all’altro la propria quota del 50% della casa coniugale, acquistata come “prima casa” meno di cinque anni prima, a prescindere dal fatto che, entro un anno dall’alienazione della quota dell’immobile, l’alienante acquisti un nuovo immobile da adibire ad abitazione principale. (Agenzia delle Entrate, circolare 27/E/2012) (Rosanna Acierno, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Norme e Tributi” 5 marzo 2018)

Condominio ed Immobili

Pareti da abbattere: serve l’ok «statico» Il diritto di proprietà su un’unità immobiliare in condominio va esercitato non solo in funzione dell’interesse individuale, ma anche in accordo con le esigenze di convivenza dovute alla sovrapposizione verticale o alla contiguità orizzontale delle unità immobiliari o delle parti comuni. In altri termini, l’acquisto di un appartamento in un condominio esige che il proprietario, nel godimento dell’immobile, tenga conto degli interessi riguardanti le proprietà altrui, nonché quelle condominiali. La legge (articolo 1122 del Codice civile) vieta quindi al singolo condomino di eseguire nel suo appartamento opere che possano arrecare danno alle parti comuni. Motivo per cui occorre sempre informare l’amministratore prima di dar luogo a interventi in grado di determinare un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio. Abbattere in misura rilevante le pareti interne della propria unità immobiliare (anche non portanti) richiede una preventiva analisi statica dell’edificio: ancor più nell’ipotesi in cui altri appartamenti siano stati interessati da simili lavori. Allo stesso modo, costituisce un’alterazione della cosa comune l’eventuale sostituzione del tetto con una diversa copertura (terrazza) che – pur non modificando la funzione originariamente svolta dal tetto stesso – dà al nuovo manufatto una destinazione a uso esclusivo dell’autore dell’opera. L’amministratore, dopo essersi informato circa la tipologia di lavori che il condomino intende eseguire nella sua proprietà, deve poi sottoporre alla valutazione dell’assemblea la documentazione acquisita, qualora ritenga, dopo un pur sommario esame, che le nuove opere possano pregiudicare (magari mutandone anche la destinazione) le parti comuni dell’edificio. Abuso e diffida Se i lavori in programma risultano incidere negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d’uso delle parti comuni, l’amministratore o i singoli condòmini possono, in primo luogo, diffidare l’esecutore e chiedere la convocazione dell’assemblea per inibire a quest’ultimo di procedere o per indurlo a modificare il progetto d’intervento.

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E questa forma di tutela è prevista anche nel caso in cui le opere vadano a pregiudicare solo i vicini di casa: anch’essi sono legittimati a richiedere, in via autonoma, il risarcimento dei danni subiti, compresi quelli dovuti a immissioni di rumore o che, in genere, comportino una limitazione al pacifico uso del loro bene. L’assemblea, invece, assume le delibere del caso con la maggioranza qualificata prevista dall’articolo 1136, comma 2, del Codice civile: vale a dire con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti alla riunione che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio. Ricorso al giudice di pace Indipendentemente dall’assemblea, spetta però all’amministratore (articolo 1130, n. 4 del Codice) l’iniziativa per fare cessare l’abuso del bene comune. Anche il singolo condomino è legittimato ad agire contro l’abuso del bene comune, qualora non vi provveda l’amministratore, poiché il condominio si configura come mero ente di gestione, in cui l’esistenza di un organo rappresentativo unitario (quale, appunto, l’amministratore) non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a difesa dei diritti esclusivi e comuni inerenti all’edificio condominiale. La relativa azione dev’essere proposta davanti al giudice di pace del luogo in cui si trova il complesso condominiale, in quanto competente a decidere per le vertenze relative alla misura e all’uso dei beni e dei servizi comuni (articolo 7, n. 2, del Codice di procedura civile). Con la successiva sentenza, il giudice può quindi ordinare al condomino chiamato in giudizio di cessare l’abuso e risarcire eventualmente il danno causato. (Augusto Cirla, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Quotidiano del Condominio”, 19 marzo 2018)

Edilizia, Urbanistica, Appalti e Lavori Pubblici

Costruzioni: in vigore le nuove norme tecniche

Anche se mancano ancora la circolare applicativa con le istruzioni e le Appendici agli Eurocodici 2018, entrano ufficialmente in vigore oggi le nuove Norme tecniche per le costruzioni (di cui al D.M. infrastrutture e trasporti del 17 gennaio 2018, pubblicato sulla G.U. 42 del 20 febbraio) che contengono le regole di riferimento per la realizzazione di strutture nuove e per l'adeguamento di quelle esistenti e vanno a sostituire quelle del 2008. Le vecchie norme 2008 resteranno valide e utilizzabili soltanto per le opere pubbliche o di pubblica utilità in corso di esecuzione, per i contratti pubblici di lavori già affidati, nonché per i progetti definitivi o esecutivi già affidati prima del 22 marzo e con consegna dei lavori entro 5 anni dalla data di entrata in vigore delle nuove NTC 2018 e quindi entro il 22 marzo 2023. Per quanto riguarda invece le opere private, è possibile continuare ad utilizzare le norme previgenti, "fino al termine dei lavori e al relativo collaudo statico, nel caso di opere strutturali in corso di esecuzione o per le quali sia stato già depositato il progetto esecutivo. E proprio ieri, con la nota n. 3187/2018, il Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ha fornito, agli operatori tecnici ed economici interessati e ai destinatari dei provvedimenti autorizzativi e/o di qualificazione di competenza dello stesso STC, le prime indicazioni per l'applicazione del nuovo decreto ai relativi procedimenti, sull'impatto dello stesso sulle istruttorie del Servizio Tecnico Centrale e sulle attività degli operatori economici coinvolti. (Il Sole 24 ORE – Estratto da “Estratto da "Tecnici24", 22 marzo 2018)

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Pergotenda in terrazzo senza permessi: le «dritte» per non farsi cogliere in fallo

Per "dribblare" il titolo edilizio non contano dimensione e attacco a terra, ma niente tamponamenti laterali o vetro/alluminio in copertura. Mediante l'intesa raggiunta in Conferenza Unificata ai sensi dell'art. 1, co. 2 del Dlgs 222/2016 (cd. Scia II) è stato adottato il «Glossario Edilizia Libera» recante l'elenco (comunque non esaustivo) di interventi edilizi che non richiedono alcun titolo autorizzativo o, al più, in alcuni casi, una semplice comunicazione di inizio lavori. In questo elenco merita una menzione particolare la cd. «pergotenda», intervento che nel tempo ha sollevato non poche problematiche al punto tale da essere stato oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali negli ultimi dodici mesi. Di fatto, il legislatore ha sostanzialmente recepito e confermato quanto stabilito dalla giurisprudenza, che aveva escluso la necessità di un titolo edilizio per l'installazione di una pergotenda, facendola ricadere fra gli interventi di edilizia libera ai sensi dell'art. 6 co. 1 lett. e-quinques del Dpr 380/2001 e quindi nel novero degli «elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici». Il Consiglio di Stato, infatti, ha più volte ribadito che tale manufatto è destinato a rendere meglio vivibili gli spazi esterni delle unità abitative in maniera stabile e duratura, al fine di soddisfare esigenze non precarie (Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 25 gennaio 2017, n. 306; Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2016 n. 1619) e, pertanto, non può costituire un'opera edilizia soggetta al previo rilascio del titolo abilitativo alla stregua di una «nuova costruzione» poiché carente di elementi di fissità, stabilità e permanenza, attesa l'inesistenza di uno spazio chiuso stabilmente configurato. In altri termini, secondo il giudice amministrativo, l'elemento decisivo per la valutazione non risiede tanto nella struttura in sé bensì nella "tenda" individuata quale «elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici», sicché «la struttura si qualifica in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all'estensione della tenda» (Cfr. Cons. Stato, cit., n. 306/2017). Tuttavia, il glossario recentemente adottato, se da un lato ha fissato quale regola generale la possibilità di installare liberamente una pergotenda, dall'altro lato, nulla dice nel merito della sua configurabilità dal momento che non vengono stabilite le caratteristiche tecnico-funzionali minime per considerare un manufatto come "pergotenda" e dunque godere del regime di edilizia libera. Questa lacuna può, peraltro, essere colmata grazie alle numerose sentenze rese sul tema specifico, le quali, lette nel loro complesso, forniscono alcune indicazioni orientative per individuare gli elementi tipici del manufatto in questione. In particolare, il primo elemento posto in rilievo dalla giurisprudenza attiene alla necessaria presenza di una tenda o comunque di un sistema di tendaggi, essendo stato rilevato, infatti, che la mera esistenza di una struttura in ferro senza alcun elemento a copertura della stessa, sebbene potenzialmente strumentale a sorreggere un tendaggio, non integra la tipologia di pergotenda (Cfr. Tar Puglia, sez. III, 25 luglio 2017 n. 854). Nel merito poi del materiale utilizzato per la "tenda", la giurisprudenza è ormai concorde nel richiedere la presenza di un telo in materiale principalmente plastico (pvc o assimilati) ovvero anche altri elementi "leggeri" quali stuoie in canna e bambù (Cfr. Cons. Stato, cit. n. 306/2017; Tar Roma, sez. II-bis, 20 novembre 2017 n. 11436). Tale specificazione strutturale non deve apparire scontata né tantomeno irrilevante poiché, in tal modo, la giurisprudenza ha negato che l'utilizzo di alcuni materiali (quali pannelli in vetro o componenti in alluminio rigido) a chiusura o copertura della struttura sia idoneo a configurare una pergotenda (Cfr. Cons. Stato, cit. n. 306/2017; Tar Trieste, sez. I, 26 giugno 2017, n. 220) in ragione della fissità e staticità di tali materiali, che appare in contrasto con il carattere tipico di una tenda mobile e retrattile.

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Per quanto concerne invece l'intelaiatura portante a sostegno della tenda e del suo sistema di scorrimento (binario), non vi sono particolari preclusioni rispetto a taluni materiali, essendo stata riconosciuta l'alternatività tra legno e alluminio (o assimilati) (Cfr. Tar Milano, sez. II, 7 novembre 2017, n. 2110). Di particolare rilevanza appare l'annotazione della giurisprudenza circa l'irrilevanza del fatto che la struttura di sostegno sia ancorata al suolo o ad altri elementi fissi (ad esempio, una parete dell'edificio o fioriere in cemento). Anzi, sul punto è stato rilevato che proprio il sistema di ancoraggio garantisce le dovute condizioni di sicurezza, «onde evitare che l'opera, soggetta all'incidenza degli agenti atmosferici, si traduca in un elemento di pericolo per la privata e pubblica incolumità» (Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 7 febbraio 2017, n. 543). A chiusura della panoramica sulle caratteristiche tecniche delle pergotende, si deve infine, segnalare l'esclusione dal novero delle stesse per tutte quelle strutture aventi tamponamenti laterali e/o aperture (quali porte di accesso o finestre), poiché si tratta di elementi che impediscono di considerare il manufatto come un arredo esterno, funzionale alla fruizione dello spazio «essendo al contrario riconoscibile una vera e propria opera di ristrutturazione edilizia, in quanto rivolta a modificare l'edificio mediante la trasformazione […] in un ambiente tendenzialmente chiuso» (Cfr. Tar Roma, sez. II-bis, 11 aprile 2017 n. 4448). Occorre, inoltre, rilevare che il Glossario non pone alcun limite funzionale rispetto al fabbricato principale cui la pergotenda accede, né tantomeno un limite dimensionale della stessa.Ne discende che potrà rientrare nella definizione una qualsiasi struttura, avente le caratteristiche sopra descritte, che risulti elemento accessorio di un fabbricato indipendentemente dal fatto che quest'ultimo abbia destinazione residenziale, commerciale, direzionale o finanche produttivo-artigianale. Nello stesso senso, in ragione della mancata indicazione di un vincolo dimensionale, sembra potersi ammettere l'installazione di una pergotenda indipendentemente dalla sua estensione. A tal proposito, la mancata determinazione di una soglia dimensionale non può essere considerato un tipico caso in cui il legislatore minus dixit quam voluit. Infatti, da una lettura sistematica del testo normativo, si nota come, in corrispondenza di altri elementi di arredo quali un "pergolato" o un "gazebo", viene espressamente ammesso il regime di edilizia libera ex art. 6, co. 1 lett. e-quinques del Dpr 380/2001 solo in caso di manufatti aventi "limitate dimensioni", tant'è che, in caso contrario, risulta necessaria una previa comunicazione di inizio lavori. Del resto, anche le diverse pronunce giurisprudenziali non hanno posto eccessiva attenzione al carattere dimensionale della pergotenda, lasciando comunque all'interprete la valutazione del caso concreto. Al riguardo si deve segnalare che, in più di un'occasione, la giurisprudenza ha fondato le proprie valutazioni in considerazione della «consistenza», delle «caratteristiche costruttive» e della «funzione strumentale» che caratterizzano una pergotenda (Cfr. Tar Roma, sez. II-quater, 22 dicembre 2017, n. 12632), al fine di evitare tentativi elusivi della normativa e censurando in punto di legittimità tutti gli espedienti diretti ad aumentare la superficie utile in maniera non temporanea mediante la creazione di uno spazio circoscritto, avente destinazione propria e autonoma, che, come tale, necessita di un idoneo titolo edilizio. (Paolo Bertacco, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Estratto da "Quotidiano di Edilizia e Territorio", 8 marzo 2018)

Edilizia libera. Pergole, gazebo, canne fumarie, recinzioni: tutte le prime 58 opere senza permesso

Arrivano le prime 58 definizioni – ma la lista resta aperta – degli interventi di edilizia privata che non richiedono comunicazioni (Cil, Cila, Scia) né permesso di costruire. Lo schema di decreto Infrastrutture-Semplificazione e Pa con il «glossario dell'edilizia libera» ha ricevuto ieri l'intesa in

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Conferenza unificata, e sarà immediatamente operativo una volta pubblicato in Gazzetta, senza cioè necessità di adozione o recepimento con atto regionale o comunale. La lista (in attuazione del Dlgs 222/2016) traccia un confine tra una miriade di piccoli interventi di manutenzione e miglioramento che nel Testo unico edilizia (Dpr 380/2001) sono indicati solo per capitoli. Concretamente, il glossario agisce su due linee. Da un lato, mette insieme tutte le opere per le quali era già pacifico che non fosse necessario un titolo abilitativo. Facendo soltanto un'operazione compilativa, comunque molto utile ai cittadini. Dall'altro, invece, illustra i casi al limite per i quali, da adesso, i Comuni non potranno imporre vincoli. Ad esempio, in edilizia libera c'è un ampio elenco di opere di arredo da giardino: muretti, fontane, ripostigli per attrezzi, ricoveri per animali. Tutti casi oggetto di frequenti contestazioni che, da adesso, diventano inattaccabili. Discorso simile per le tensostrutture. Anche qui arriva un chiarimento: per l'installazione servirà una comunicazione, mentre tutte le attività successive (manutenzione, riparazione, rimozione) saranno libere. Ancora, nessuna autorizzazione sarà necessaria per i pannelli solari e fotovoltaici, fuori però dai centri storici. O per l'adeguamento degli impianti di estrazione fumi, che magari indirizzino le emissioni in maniera diversa: interventi molto importanti per le piccole attività produttive. Proprio le imprese, allora, sono destinate, oltre ai cittadini, a beneficiare di questi chiarimenti. Perché con il glossario diventa chiaro quale regime potranno seguire i diversi prodotti in fase di installazione. È, allora, soddisfatto Emanuele Orsini, presidente di Federlegno Arredo: «Semplificare è l'unica strada per far ripartire l'edilizia. Penso in particolare al settore delle pergole, a oggi bloccato, che potrà trovare un nuovo slancio assieme al mondo delle finiture, dei serramenti e dei pavimenti in legno». E c'è un'altra semplificazione: il fatto di sapere, da subito, fin dove ci si può spingere senza coinvolgere il professionista tecnico, in particolare l'ingegnere e l'architetto. Le 58 definizioni hanno richiesto un lavoro di sei mesi (incardinato presso il dipartimento della Funzione pubblica della ministra Marianna Madia), trovando una mediazione con alcune regioni, come la Sardegna, meno disponibili a spostare in senso estensivo il confine dell'edilizia libera. Nel caso dei gazebo, dei pergolati e dei ripostigli si specifica che, per restare libero, l'intervento deve essere «di limitate dimensioni». In questo il decreto si allinea alla giurisprudenza. Nessuna ambiguità sulle «vasche per la raccolta delle acque» (definizione n.41): in nessun caso potranno nascondere la realizzazione di piscine. Il tema dell'edilizia libera si intreccia a filo doppio, infine, con quello degli sconti fiscali. L'agenzia delle Entrate contempla espressamente il caso di assenza di un titolo abilitativo. In queste situazioni gli elementi chiave da considerare sono tre. Serve una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà «in cui deve essere indicata la data di inizio dei lavori» e bisogna attestare che gli interventi di ristrutturazione rientrano tra quelli agevolabili. In secondo luogo, bisogna conservare le fatture legate agli interventi. E, infine, bisogna effettuare i pagamenti tramite bonifico parlante. Prosegue intanto la produzione di moduli unificati per le comunicazioni. Ieri in conferenza unificata sono stati approvati altri due accordi tra Governo, Regioni ed enti locali per l'adozione di moduli unificati e standardizzati per la presentazione di segnalazioni, comunicazioni e istanze. Standard che, tuttavia, non possono ancora ritenersi definitivi: le Regioni hanno infatti tempo fino al 31 marzo per eventuali integrazioni. La mappa degli Interventi MANUTENZIONE ORDINARIA -Riparazione, sostituzione, rinnovamento di pavimentazione esterna e interna; -Rifacimento, riparazione, tinteggiatura (comprese le opere correlate) intonaci interni e esterni; -Riparazione, sostituzione, rinnovamento di elementi decorativi delle facciate; -Riparazione, sostituzione, rinnovamento di opere di lattoneria e impianti di scarico; -Riparazione, sostituzione, rinnovamento di rivestimenti interni ed esterni; -Riparazione, sostituzione, rinnovamento di serramenti e infissi interni ed esterni; -Installazione, comprese le opere correlate, riparazione, sostituzione, rinnovamento di inferriate e altri sistemi anti intrusione; -Riparazione, sostituzione, rinnovamento di elementi di rifinitura delle scale;

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-Riparazione, sostituzione, rinnovamento, inserimento di eventuali elementi accessori su scale retrattili e di arredo; -Riparazione, sostituzione, rinnovamento, messa a norma di parapetti e ringhiere; -Riparazione, rinnovamento, sostituzione di manti di copertura; -Riparazione, sostituzione, installazione di controsoffitti non strutturali; -Riparazione, rinnovamento di controsoffitti strutturali; -Riparazione, sostituzione, rinnovamento, realizzazione finalizzata all’integrazione impiantistica e messa a norma di comignoli o terminali a tetto di impianti di estrazione fumi; -Riparazione, rinnovamento o sostituzione di elementi tecnologici di ascensori e impianti di sollevamento verticale IMPIANTI -Riparazione, integrazione, efficientamento, rinnovamento e/o messa a norma di impianti elettrici; -Riparazione, integrazione, efficientamento, rinnovamento di impianti per la distribuzione e l’utilizzazione di gas; -Riparazione, integrazione, efficientamento, rinnovamento, sostituzione e integrazione di impianti igienico e idro-sanitari e di impianti di scarico; -Installazione, riparazione, integrazione, rinnovamento, efficientamento di impianti di illuminazione esterni; -Installazione, adeguamento, integrazione, rinnovamento, efficientamento, riparazione e/o messa a norma di impianti destinati alla protezione antincendio; -Installazione, adeguamento, integrazione, efficientamento (comprese le opere correlate di canalizzazione) e/o messa a norma di impianti di climatizzazione; -Riparazione, adeguamento, integrazione, efficientamento (comprese le opere correlate di canalizzazione) e/o messa a norma di impianti di estrazione fumi; -Installazione, riparazione, sostituzione, rinnovamento e/o messa a norma di antenne e parabole e altri sistemi di ricezione e di trasmissione; -Installazione, riparazione, sostituzione, rinnovamento e/o messa a norma di punti di ricarica per i veicoli elettrici AREE PERTINENZIALI -Realizzazione, riparazione, sostituzione, rifacimento e intercapedini; -Realizzazione, riparazione, sostituzione, rifacimento di locali tombati; -Realizzazione, riparazione, sostituzione, rifacimento di pavimentazioni esterne, comprese le opere correlate, quali guaine e sottofondi; -Realizzazione, riparazione, sostituzione, rifacimento di vasche di raccolta delle acque; -Installazione, riparazione, sostituzione, rinnovamento di opere per arredo da giardino (ad esempio barbecue in muratura, fontane, muretti, sculture, fioriere, panche e assimilate); -Installazione, riparazione, sostituzione, rinnovamento di gazebo di limitate dimensioni e non stabilmente infissi al suolo; -Installazione, riparazione, sostituzione e rinnovamento di giochi per bambini e spazio di gioco in genere, compresa la relativa recinzione; -Installazione, riparazione, sostituzione, rinnovamento di pergolati di limitate dimensioni e non stabilmente infissi al suolo; -Installazione, riparazione, sostituzione, rinnovamento di ricoveri per animali domestici e da cortile, voliere e assimilate, con relativa recinzione; -Installazione, riparazione, sostituzione, rinnovamento di ripostigli per attrezzi, manufatti accessori di limitate dimensioni e non stabilmente infissi al suolo; -Installazione, riparazione, sostituzione, rinnovamento di sbarre, separatori, dissuasori e stalli di biciclette; -Installazione, riparazione, sostituzione, rinnovamento di tende, pergole, coperture leggere di arredo; -Installazione, riparazione, sostituzione, rinnovamento di elementi divisori verticali non in muratura

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BARRIERE ARCHITETTONICHE -Interventi edilizi che siano volti all’eliminazione di barriere architettoniche dagli edifici e che non comportino allo stesso tempo la realizzazione di ascensori esterni o di manufatti che vadano ad alterare la sostanza dell’edificio, per i quali è necessario un titolo abilitativo; -Installazione, riparazione, sostituzione, rinnovamento, messa a norma, purché non incida sulla struttura portante, di ascensori e montacarichi; -Installazione, riparazione, sostituzione, rinnovamento ed eventuale messa a norma di servoscala o di impianti che abbiano natura assimilabile; -Installazione, riparazione, sostituzione, rinnovamento di rampe; -Installazione, riparazione, sostituzione, rinnovamento di apparecchi sanitari e di impianti igienico e idro-sanitari; -Installazione, riparazione, sostituzione, rinnovamento dei cosiddetti «dispositivi sensoriali»; -Movimenti di terra strettamente pertinenti all’esercizio dell’attività agricola e alle pratiche agro-silvo-pastorali, compresi interventi su impianti idrici; -Manutenzione e gestione di impianti di irrigazione e di drenaggio, finalizzati alla regimazione ed uso dell’acqua di agricoltura; -Manutenzione, gestione e livellamento di terreni agricoli e pastorali; -Manutenzione e gestione di vegetazione di carattere spontaneo OPERE TEMPORANEE -Opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni; -Installazione, previa Comunicazione di inizio dell’avvio dei lavori, nonché interventi di manutenzione, riparazione e rimozione di gazebo; -Installazione, previa Comunicazione di avvio dell’inizio dei lavori, nonché interventi di manutenzione, riparazione e rimozione di stand fieristici; -Installazione, previa Comunicazione di avvio dei lavori, nonché interventi di manutenzione, riparazione e rimozione di servizi igienici mobili; -Installazione, previa Comunicazione di avvio dei lavori, nonché interventi di manutenzione, riparazione e rimozione di tensostrutture, pressostrutture e altre strutture che siano assimilabili a queste; -Installazione, previa Comunicazione avvio dei lavori, nonché interventi di manutenzione, riparazione e rimozione di elementi espositivi di varia natura; -Installazione, previa Comunicazione di avvio dei lavori, nonché interventi di manutenzione, riparazione e rimozione di aree di parcheggio provvisorio, purché gli interventi siano effettuati nel rispetto dell’orografia dei luoghi e della vegetazione ivi presente ALTRI INTERVENTI -Pannelli fotovoltaici a servizio degli edifici da realizzare al di fuori del perimetro dei centri storici; -Installazione, riparazione, sostituzione, rinnovamento di pannelli solari, fotovoltaici e generatori microeolici; -Interventi di installazione delle pompe di calore aria-aria di potenza termica utile nominale inferiore a 12 kW; -Manufatti leggeri posti all’interno di strutture ricettive; -Installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, camper, case mobili, - imbarcazioni, in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti, previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, in conformità alle normative regionali di settore; -Installazione, riparazione, sostituzione, rinnovamento di serre compresi elementi di appoggio e/o di ancoraggio; -Depositi di gas di petrolio liquefatti di capacità complessiva non superiore a 13 mc: installazione, riparazione, sostituzione, rinnovamento e messa a norma degli impianti; Attività di ricerca nel sottosuolo. Installazione, riparazione, sostituzione e rinnovamento di opere strumentali all’attività di ricerca nel sottosuolo attraverso carotaggi, perforazioni e altre metodologie (Massimo Frontera e Giuseppe Latour, Il Sole 24 ORE - Estratto da "Quotidiano di Edilizia e Territorio", 23 febbraio 2018)

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Edilizia libera/2. Ma sui colori del nuovo intonaco decide ancora il comune

Restano anche in vigore le regole su prevenzione incendi, distanze, rischi sismici e norme igienico-sanitarie. Il glossario unico nazionale non risolve tutti i problemi a cittadini e progettisti. Se, infatti, sul piano delle autorizzazioni edili l'elenco mette al riparo da contestazioni, restano altri elementi da considerare. Restano, cioè, da rispettare le regole che riguardano la prevenzione incendi, le distanze, i rischi sismici, le norme igienico sanitarie. Rivolgendosi volta per volta, nel caso in cui sia necessario, alle singole autorità. Soprattutto, per distanze e dimensioni degli interventi la palla resta ai Comuni. Un altro caso in cui la "libertà" edilizia si ferma di fronte al regolamento comunale è quello del piano colore, cioè una gamma di colorazioni deliberata dall'ente locale, da seguire per l'intonaco esterno dell'edificio. Un piano colore, per esempio, esiste in diversi comuni di Toscana e Liguria. In questo caso, l'intervento di rifacimento dell'intonaco resta libero, ma la scelta del colore è vincolata alla gamma di tinte autorizzate. (Il Sole 24 ORE – Estratto da “Quotidiano Edilizia e Territorio” 23 febbraio 2018)

Rumore esterno? Come isolarlo con il serramento giusto

Quanto è importante la quiete e la tranquillità, cioè l’isolamento acustico, della propria casa? Chiaramente è un parametro di grande importanza per stabilire addirittura il grado di abitabilità per esempio di un appartamento. Questo tipo di isolamento può essere raggiunto anche mediante una corretta posa in opera di serramenti e/o sistemi integrati. In quest’ottica le commissioni Prodotti processi e sistemi per l’organismo edilizio e Acustica e vibrazioni hanno elaborato congiuntamente la norma UNI 1129:2018 “Acustica in edilizia - Posa in opera di serramenti e altri componenti di facciata – Criteri finalizzati all’ottimizzazione dell’isolamento acustico di facciata dal rumore esterno". Questo documento definisce i criteri per la posa in opera di componenti di facciata (serramenti, sistemi dispositivi per il passaggio dell’aria, sistemi di oscuramento/schermatura e altri componenti presenti in facciata) e fornisce indicazioni sulla verifica dell’isolamento acustico della facciata dal rumore esterno. Si applica agli interventi su edifici esistenti e di nuova costruzione, riferiti unicamente ai casi di propagazione del rumore per via aerea. La norma relativa ai criteri per la posa in opera dei componenti di facciata si applica anche ai serramenti interni di separazione tra ambienti che richiedono protezione dal rumore. In ogni caso, l’intervento di installazione di serramenti o altri componenti di facciata non deve, nei limiti della fattibilità compromettere le prestazioni complessive del sistema facciata, né la fruibilità degli ambienti interni, né alterare le necessarie condizioni di ricambio naturale dell’aria degli ambienti, né comportare riduzioni dell’apporto di luce naturale. (Fonte: UNI) (Il Sole 24 ORE – Estratto da “Tecnici24” 23 febbraio 2018)

Fisco e Agevolazioni

Online la nuova guida delle Entrate ai bonus sui lavori di recupero edilizio È online la nuova Guida dell'Agenzia delle Entrate sull'agevolazione per le ristrutturazioni edilizie. Dalle singole unità abitative alle parti condominiali, dai box auto agli immobili già ristrutturati, la

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Guida illustra nel dettaglio quali sono gli interventi agevolabili, chi può fruire della detrazione, come richiedere il bonus, in che modo effettuare il pagamento dei lavori e quali documenti conservare. Per accedere alla guida cliccare qui. Da (…) è anche online il nuovo video sul canale YouTube dell'Agenzia con tutte le novità per usufruire dello sconto fiscale. Per il video cliccare qui. La Guida, condivisa con le associazioni e gli enti che raccolgono gli operatori attivi nel settore immobiliare ed edilizio, tiene conto delle ultime novità introdotte dalla Legge di bilancio 2018 a partire dalla proroga di un altro anno dello sconto elevato al 50% fino alla comunicazione all'Enea riguardo la tipologia degli interventi effettuati. (Il Sole 24ORE – Estratto da “Quotidiano del Condominio”, 17 marzo 2018)

Il sisma bonus spetta anche sulle abitazioni locate da imprese Il sisma bonus si applica anche per gli interventi antisismici eseguiti su immobili residenziali e a destinazione produttiva posseduti da società e destinati alla locazione. Quello contenuto nella Risoluzione 22/E del 12 marzo 2018 dell’agenzia delle Entrate è un chiarimento molto atteso, che amplia il mercato potenziale attivabile con tale misura. Si tratta della detrazione in Irpef e Ires, da recuperare in 5 anni in sede di dichiarazione dei redditi, delle spese sostenute, sino ad un ammontare massimo di 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare, per interventi di messa in sicurezza statica delle abitazioni e degli immobili a destinazione produttiva, situati nelle zone ad alta pericolosità sismica (zone 1,2,3) vigente sino al prossimo 31 dicembre 2021. In particolare, la percentuale di detrazione è pari al 50% per gli interventi “antisismici” eseguiti sulle parti strutturali (in questo non molto diversa, se non nei termini di fuizione, da quella già prevista in precedenza) ma sale al 70% se l’intervento riduce il rischio sismico di una classe e all’80% se l’intervento riduce il rischio sismico di due classi. Tali percentuali di detrazione delle spese sono aumentate del 5% (75% e 85%) se trattasi di interventi eseguiti su condomìni (dove si può anche optare per la cessione a terzi del credito di imposta). In particolare, il chiarimento riguarda la possibilità per un soggetto Ires di fruire della detrazione su un edificio che, a seguito della ristrutturazione, viene in parte adibito ad uffici ed in parte a residenziale, e comunque destinato alla locazione e non più all’uso diretto. L’agenzia ha precisato che le uniche condizioni imposte dalla norma per accedere ai benefici sono che si tratti di immobili adibiti ad abitazione (non necessariamente principale e quindi anche destinati alla locazione) o ad attività produttive localizzati nelle zone sismiche 1,2,3, del territorio nazionale, posseduti o detenuti da soggetti Irpef o Ires. Riconoscimento importante, peraltro già avvenuto con la legge 232/2016 anche se una precedente circolare (la 29/E/2013) continuava a creare dubbi, ora chiariti con la nuova risoluzione. Un riconoscimento che, per l’applicazione dell’ecobonus, stanno ancora aspettando i fabbricati locati da imprese, in virtù di un’interpretazione restrittiva fornita dalla stessa Agenzia nel 2008 (R.M. 340/E) e non ancora rivista. (Marco Zandonà, Il Sole 24ORE – Estratto da “Quotidiano del Condominio”, 14 marzo 2018)

Successioni, (…) nuovi modelli Dal 1° gennaio 2019 obbligo di presentazione della dichiarazione di successione in via telematica: lo ha stabilito il provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate del 28 dicembre 2017 (prot. n. 305134), con il quale è stata approvata anche la modulistica in formato digitale.

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Il provvedimento ha prorogato il termine precedente del 1° gennaio 2018. L’obbligo di trasmissione telematica comunque concerne le successioni apertesi dal 3 ottobre 2006 in avanti, per quelle precedenti si dovrà a utilizzare il modulo cartaceo (il «modello 4», approvato con Dm 10 gennaio 1992). Sempre con modello cartaceo si continueranno a registrare le dichiarazioni di successioni integrative, sostitutive o modificative di tutte quelle dichiarazioni di successione che siano state registrate con il modello 4. Per tutto il 2018, in alternativa alla presentazione del modello cartaceo, si può far ricorso alla spedizione della dichiarazione di successione in via telematica, ma: fino a oggi (14 marzo 2018) si è potuto utilizzare il modello informatico approvato con il provvedimento del direttore delle Entrate del 15 giugno 2017; da domani (15 marzo) al 31 dicembre 2018 si potrà usare, in alternativa al modello approvato nel giugno scorso, quello approvato con il provvedimento prot. n. 305134. Quest’ultimo contiene anche le istruzioni per compilare il nuovo modello informatico. Le istruzioni sono articolate in due fascicoli di 85 pagine e sono scritte con un rigaggio assai fitto: il che rende la compilazione non particolarmente agevole, anche perché, al fine di fronteggiare le infinite situazioni concrete che una successione ereditaria può presentare, esso si compone di numerosissimi campi raggruppati in 17 «quadri» (da EA a ES). L’obbligo di presentazione della dichiarazione di successione sorge a causa dell’apertura di una successione (e cioè del decesso di una persona fisica) al fine di pagare l’imposta di successione, oltre ad alcuni tributi “minori”, e – se nell’eredità vi sono beni immobili – le imposte ipotecaria e catastale: la dichiarazione consiste dunque in un modulo mediante il quale si dichiarano al fisco i soggetti beneficiari della successione, la consistenza del patrimonio oggetto di successione e del suo valore imponibile. Per presentare la dichiarazione la legge concede un anno di tempo dalla data di apertura della successione, e cioè dal giorno del decesso. Vi sono però alcuni casi particolari: ad esempio, nell’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, il termine annuale decorre dal giorno in cui scade il termine per redigere l’inventario; nella rinuncia all’eredità, il termine decorre dal giorno in cui il chiamato ulteriore viene a conoscenza della rinuncia. Quest’ultima regola vale anche nel caso in cui si verifichino eventi che mutino la devoluzione ereditaria: ad esempio, la scoperta di un testamento di cui non si conosceva l’esistenza. La dichiarazione di successione non deve però essere presentata se ricorrono entrambe le seguenti condizioni: l’eredità è devoluta al coniuge e ai parenti in linea retta del defunto e l’attivo ereditario ha un valore non superiore a 100mila euro e non comprende beni immobili. (Angelo Busani, Il Sole 24ORE – Estratto da “Norme e Tributi”, 14 marzo 2018)

Le regole per trasferire le detrazioni del 50% e del 65%

Può accadere che colui il quale ha iniziato a fruire dell'agevolazione per recupero del patrimonio edilizio o per risparmio energetico perda nel tempo la titolarità dell'immobile oggetto di intervento, per esempio perché nel frattempo l'immobile viene ceduto o donato. Si pone quindi il problema, soprattutto al momento della compilazione della dichiarazione dei redditi, di comprendere regole e condizioni da rispettare per individuare colui o coloro a cui tali detrazioni possono eventualmente spettare. Regole applicabili alle detrazioni sia del 50%, sia del 65% Ai fini della detrazione sul recupero del patrimonio edilizio, le regole sulla trasferibilità della detrazione sono contenute in fonti normative, da ultimo nell'articolo 16-bis, comma 8, del TUIR. Al contrario, con riguardo al bonus sul risparmio energetico, già momento dell'entrata in vigore della normativa di cui alla legge 296/2006, articolo 1, commi 344-349, con la circolare n. 36 del 31 maggio 2007 (par. 7), l'Agenzia ha affermato che, nel caso di variazione della titolarità di un immobile durante il periodo di godimento dell'agevolazione, in assenza di precise indicazioni rinvenibili nelle

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norme istitutive e nel decreto attuativo, occorre rinviare alla normativa prevista per la detrazione sulle ristrutturazioni edilizie. È pertanto interessante ricordare che, secondo la prassi ormai consolidata, i principi espressi con riguardo alle regole di trasferibilità dell'agevolazione per ristrutturazioni edilizie sono applicabili anche nel caso in cui muti la titolarità di un immobile su cui sia stata ottenuta l'agevolazione per risparmio energetico. Trasferimento della detrazione in caso di cessione dell'immobile oggetto di intervento In caso di vendita dell'unità immobiliare sulla quale sono stati realizzati gli interventi di recupero del patrimonio edilizio o di riqualificazione energetica degli edifici a una persona fisica prima che sia trascorso l'intero periodo per fruire dell'agevolazione, la detrazione non utilizzata in tutto o in parte deve essere trasferita, salvo diverso accordo fra le parti, all'acquirente dell'unità immobiliare per i rimanenti periodi di imposta. In sostanza, in caso di vendita e, più in generale, di trasferimento per atto tra vivi (quale la donazione), il venditore ha la facoltà di scegliere se continuare a usufruire delle detrazioni non ancora utilizzate o trasferire il diritto di utilizzarle all'acquirente (persona fisica) dell'immobile. In assenza di specifiche indicazioni nell'atto di compravendita, il beneficio viene automaticamente trasferito all'acquirente dell'immobile. Allo scopo di stabilire chi può fruire della quota di detrazione nell'anno in cui è avvenuta la modifica di titolarità dell'immobile, occorre fare riferimento al soggetto che possiede l'immobile al 31 dicembre dell'anno in cui è avvenuto il trasferimento. A parere dell'Agenzia delle entrate, nel caso in cui venga trasferita solo una quota dell'immobile oggetto di intervento agevolato, in linea generale non si trasferisce il diritto alla detrazione, in quanto tale trasferimento può avvenire solo a condizione che sia ceduto l'intero immobile. Nella sostanza, come chiarito dalla circolare n. 24 del 10 giugno 2004 (risposta 1.8), che conferma la precedente risposta n. 2.1.13, contenuta nella circolare n. 95/E del 12 maggio 2000, in tale ipotesi, colui che continua a beneficiare della detrazione è il venditore. Peraltro, a parere della stessa circ. n. 95/E, qualora il trasferimento riguardi una parte dell'immobile su cui il venditore ha eseguito l'intervento e tale parte sia accatastata autonomamente, possono applicarsi i principi indicati al riguardo dall'Agenzia delle entrate nella circolare n. 57/E del 24 febbraio 1998 e conseguentemente l'acquirente subentra al cedente nella fruizione della detrazione spettante in proporzione all'unità immobiliare ceduta. In questa ipotesi, la detrazione del venditore è decurtata in proporzione all'unità immobiliare ceduta. L'unico caso in cui la cessione di una quota di proprietà implica che la detrazione residua si trasmetta all'acquirente è quello in cui chi acquista pro quota diventi proprietario esclusivo dell'immobile (per esempio, comproprietario per metà che acquista l'altra metà). In caso contrario, la detrazione delle quote residue rimane in capo al cedente (cfr. in questo senso, Agenzia delle entrate, circolare n. 25 del 19 giugno 2012, par. 1.3). In caso di costituzione del diritto di usufrutto, sia a titolo oneroso, sia a titolo gratuito, le quote di detrazione non fruite non si trasferiscono all'usufruttuario, ma rimangono in capo al nudo proprietario. Decesso del soggetto che ha avuto diritto all'agevolazione Nell'ipotesi di decesso di un soggetto che ha avuto diritto all'agevolazione, la detrazione non fruita in tutto o in parte si trasferisce per intero, per i rimanenti periodi d'imposta, esclusivamente all'erede o agli eredi, a condizione che conservino la detenzione materiale e diretta dell'immobile.

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Nella sostanza, allo scopo di ottenere e mantenere l'agevolazione, per tutti i periodi d'imposta in cui è possibile fruire delle rate residue di detrazione, gli eredi non devono perdere la detenzione materiale e diretta dell'immobile ereditato e oggetto di intervento di recupero. A parere della circolare n. 24/E/2004 (risposta 1.1), sussiste la condizione di "detenzione materiale e diretta dell'immobile" ove l'erede assegnatario abbia la disponibilità immediata dell'immobile, potendo disporre di esso liberamente e a proprio piacimento quando lo desideri, a prescindere dalla circostanza che abbia o meno adibito l'immobile ad abitazione principale. Pertanto, ove, per esempio, l'erede che detenga direttamente l'immobile ereditato conceda in comodato o in locazione lo stesso immobile, negli anni in cui non ha più la detenzione materiale e diretta del bene non potrà fruire delle corrispondenti rate di detrazione. Può invece tornare a beneficiare delle eventuali rate residue di competenza degli anni successivi al termine del contratto di comodato o di locazione. Ove la detenzione dell'immobile venga esercitata congiuntamente da più eredi, la detrazione può essere ripartita fra loro in parti uguali (cfr. Agenzia delle entrate, circolare n. 15 del 5 marzo 2003, par. 2). In caso di vendita o di donazione da parte dell'erede che ha la detenzione materiale e diretta del bene e che quindi continua a fruire dell'agevolazione, le quote residue della detrazione non fruite da questi non si trasferiscono all'acquirente o donatario, neanche quando la vendita o la donazione siano effettuate nello stesso anno di accettazione dell'eredità. Parte della detrazione viene quindi irrimediabilmente perduta. Inoltre, nel caso di un coniuge superstite che rinunci all'eredità e mantenga il solo diritto di abitazione, egli non può fruire delle quote residue di detrazione, poiché dispone della detenzione materiale e diretta del bene, ma non riveste la qualità di erede, bensì di legatario (cfr. circolare n. 24/E/2004, risposta 1.1). (Elena Ferrari, Il Sole 24ORE – Estratto da “Quotidiano del Condominio”, 12 marzo 2018)

Bonus verde a catalogo ampio Quali interventi in giardino sono agevolati dal bonus verde? Con l’avvicinarsi della bella stagione aumentano i proprietari di casa che se lo chiedono, anche per programmare budget e interventi. Di sicuro la detrazione fiscale Irpef del 36% – calcolata su una spesa massima di 5mila euro per unità abitativa – premia chi “sistema a verde” un’area pertinenziale scoperta: cioè realizza un giardino dove prima non c’era o trasforma in modo pesante un giardino già esistente (ad esempio, piantando nuovi alberi, realizzando tappeti erbosi, vialetti e impianti di irrigazione). Al di là di questi interventi, però, ci sono una serie di situazioni intermedie per affrontare le quali i contribuenti possono affidarsi ai chiarimenti forniti dalle Entrate a Telefisco 2018. Che la «manutenzione ordinaria annuale» non rientri nell’agevolazione, è un punto ormai chiarito dall’Agenzia. La manutenzione beneficia invece dello sconto se «connessa» ai lavori, così come gli oneri di progettazione. Tra le esclusioni, anche i lavori eseguiti in economia in cui il contribuente acquista direttamente i materiali. Discorso diverso per le piante in vaso: per le Entrate hanno diritto al bonus, ma solo se l’acquisto è parte di un intervento di radicale trasformazione del giardino. Il richiamo agli «interventi straordinari di sistemazione a verde» è contenuto nella relazione alla legge di Bilancio 2018 – che ha introdotto la detrazione – e può aiutare i contribuenti a orientarsi nei casi dubbi. Anche se l’Agenzia non ha preso posizione su questo aspetto specifico, è probabile che il taglio di un albero ad alto fusto non rientri nel concetto di “sistemazione” e quindi non dovrebbe essere agevolato. Lo stesso vale per l’acquisto di erba sintetica, che non pare in linea con la ratio della legge. Né la norma lascia molte speranze a chi vorrebbe agevolare l’acquisto di macchinari, compresi i robot tagliaerba.

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Altri interventi sono espressamente agevolati dalla legge che cita «recinzioni, impianti di irrigazione e realizzazione pozzi» e aggiunge la «realizzazione di coperture a verde e di giardini pensili». Questo consente di dire che l’acquisto con posa in opera di una cisterna prefabbricata dovrebbe essere agevolato se fa parte di un impianto di irrigazione. Chi è interessato a installare una recinzione, invece, deve ricordare che può avere anche la detrazione del 50% “standard” per il recupero edilizio, su una spesa massima di 96mila euro: a patto, però, che la recinzione possa essere inquadrata nelle opere di sicurezza per prevenire atti illeciti. A livello pratico la spesa dovrà essere fatturata e pagata a parte, nel caso del 50% con bonifico tracciabile, mentre per il bonus verde le Entrate ammettono bonifici semplici, carte di credito, bancomat e assegni. Una certa attenzione richiede anche la realizzazione di un giardino pensile. Non c’è una nozione di legge, ma dovrà trattarsi di interventi strutturati, mentre è assodato che l’acquisto di alcuni vasi per il balcone non può – da solo – avere il bonus verde. Su come debbano essere documentati gli interventi, per ora non ci sono indicazioni. Nel caso – simile – del bonus mobili, le Entrate hanno chiesto ai contribuenti di conservare la documentazione attestante l’effettivo pagamento (ricevute dei bonifici, ricevute di avvenuta transazione per i pagamenti con carte di credito o bancomat, documentazione di addebito sul conto corrente) e le fatture di acquisto con la specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e servizi acquisiti. Tra gli altri punti chiariti in via ufficiale c’è la possibilità di “raddoppiare” il bonus verde per interventi sul giardino condominiale e sul giardino privato (anche pensile) dei singoli appartamenti, anche se nello stesso edificio. L’agevolazione è una detrazione Irpef per i giardini delle case esistenti. Escluse, quindi, le abitazioni di nuova costruzione, così come le fatture intestate a società o relative ad aree verdi di edifici non abitativi. Per le unità a uso promiscuo, invece, il bonus è dimezzato. Le spese agevolate sono quelle sostenute nel 2018 (vale la data del bonifico o il pagamento entro il 31 dicembre) e il recupero avverrà in dieci rate annuali, quindi partire dai modelli 730 e Redditi Pf presentati l’anno prossimo.

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(Cristiano Dell’Oste e Giuseppe Latour, Il Sole 24ORE – Estratto da “Primo Paino”, 12 marzo 2018)

Su gazebo, pergolati e arredi non pesa la variabile dei permessi Per misurare in maniera esatta l’estensione del bonus verde, non c’è da considerare solo la variabile fiscale. Insieme all’applicabilità degli sconti, bisogna mettere sul piatto il fattore dei titoli abilitativi. Valutando, cioè, quale permesso viene richiesto per le diverse tipologie di intervento.

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Tenendo presente una premessa di carattere generale: in assenza di un titolo abilitativo, come una comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila) o come il più gravoso permesso di costruire, per accedere alle detrazioni sarà sufficiente una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà «in cui – come spiega l’agenzia delle Entrate - deve essere indicata la data di inizio dei lavori» e bisogna attestare che gli interventi di ristrutturazione rientrano tra quelli agevolabili. In pratica, un’autocertificazione da conservare in caso di controlli. La maggioranza degli interventi che è possibile effettuare in giardino rientra nel perimetro dell’edilizia libera: vuol dire che, in base alle previsioni del Testo unico per l’edilizia (Dpr 380/2001), potranno essere avviati senza alcuna formalità. Anche se va considerato un elemento: molte di queste opere sono anche tra quelle che, più di frequente, finiscono al centro di contestazioni. È, allora, molto utile fissare un confine per dire quando l’investimento incentivato sarà al sicuro da problemi. Esattamente l’operazione appena fatta dal Governo, con il suo glossario unico in materia di edilizia, da poco firmato dal ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio e in attesa di pubblicazione definitiva in Gazzetta ufficiale. Si tratta di un elenco che, per garantire uniformità a livello nazionale nel trattamento delle diverse opere, fissa esattamente i paletti che gli uffici comunali, a livello locale, dovranno rispettare. E proprio il giardino, in questo ambito, gioca un ruolo molto importante. La disposizione alla quale agganciarsi, secondo quanto spiega il glossario, nel caso del bonus verde è l’articolo 6, comma 1, lettera e-quinquies) del Dpr 380/2001. Qui si stabilisce che sono eseguibili senza alcun titolo abilitativo «le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici». La conseguenza, in base alla ricostruzione ufficiale del Governo, è che potranno andare in edilizia libera le opere di installazione, riparazione, sostituzione, rinnovamento relative agli arredi da giardino (ad esempio barbecue in muratura, fontane, muretti, sculture, fioriere, panche fissate al suolo). Ma non solo. Saranno in edilizia libera anche i gazebo di limitate dimensioni e non stabilmente infissi al suolo; i giochi per bambini, comprese le relative recinzioni; i pergolati, anche questi di limitate dimensioni e non stabilmente infissi al suolo; i ricoveri per animali domestici e da cortile, le voliere e simili, con relativa recinzione; i ripostigli per attrezzi, i manufatti accessori di limitate dimensioni e non stabilmente infissi al suolo; le sbarre, i separatori, i dissuasori e simili, gli stalli per biciclette; le tende, le tende a pergola, le pergotende, le coperture leggere di arredo; gli elementi divisori verticali non in muratura, anche di tipo ornamentale. Quasi tutte opere che potrebbero rientrare nel perimetro del nuovo sconto, anche se la conferma definitiva dovrà arrivare dalle Entrate. (Cristiano Dell’Oste e Giuseppe Latour, Il Sole 24ORE – Estratto da “Primo Piano”, 12 marzo 2018)

Professione: organizzazione, fisco, lavoro e previdenza

Le Casse dettano l’accesso al cumulo

Il quadro delle regole per il cumulo pensionistico nelle Casse professionali è pronto: di fatto tutti gli enti previdenziali autonomi hanno messo a punto le istruzioni e i criteri di calcolo del proprio spezzone di pensione maturato in cumulo con Inps o altre gestioni. Ma per cominciare a pagare le prime pensioni mancano diversi tasselli. Nel fissare i criteri di calcolo ogni Cassa si è mossa in autonomia - naturalmente anche in base alle proprie esigenze di bilancio - dando vita a un sistema abbastanza eterogeneo. Così, ad esempio, gli avvocati che non arrivano ai 34 anni di anzianità presso la Cassa forense potranno “cumulare” con altri spezzoni contributivi ma la quota della Cassa sarà valorizzata con il contributivo; doppio binario invece per i consulenti del lavoro che se hanno versamenti nei periodi 1972-2012, manterranno in cumulo anche il metodo di calcolo in misura fissa previsto per le pensioni ordinarie. Anche i notai usufruiranno per il proprio spezzone del calcolo in quota fissa (pari a 5.215 euro lorde in funzione dell’anzianità di servizio). Mentre per ingegneri e architetti è stata varata una delibera (appena

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approvata anche dal ministero del Lavoro) che prevede un regime tutto contributivo per chi non riesce a raggiungere i 33 anni di anzianità Inarcassa con i quali matura anche il diritto autonomo alla pensione. Ancora in attesa invece i commercialisti: la delibera della Cnapdc è stata varata a novembre, ma si conoscerà nei dettagli solo una volta approvata dai ministeri vigilanti. In assenza di un diritto autonomo, verosimilmente, anche questa Cassa potrebbe appoggiarsi su un calcolo contributivo. Sul cumulo, dunque, le Casse si sono mosse in modo diversificato, con il risultato che potrebbero esserci persone con carriere professionali simili che avranno però percorsi diversi di pensionamento. Non è certo una novità per il variegato mondo degli enti previdenziali autonomi, in cui ognuno già autoregolamenta l’accesso alle prestazioni previdenziali, ma certo il cumulo ha introdotto un ulteriore elemento di differenziazione. Previsto per la prima volta dalla legge di bilancio per il 2017 che ha esteso alle Casse professionali a partire dallo scorso anno la sommatoria gratuita di versamenti contributivi in più gestioni per ottenere la pensione di vecchiaia ordinaria o anticipata, lo strumento non è ancora operativo. Dopo la presentazione della convenzione-quadro Inps ed Adepp ora manca un ulteriore tassello. «Abbiamo mandato all’Inps il testo della convenzione che le nostre Casse sono pronte a firmare in modo bilaterale» spiega il presidente Adepp, Alberto Oliveti. La firma però non è ancora arrivata. Da testare anche la piattaforma informatica grazie alla quale Inps e Casse dialogheranno per gestire queste pensioni, che saranno liquidate a formazione progressiva, ovvero in tempi diversi man mano che l’interessato matura il requisito previsto dall’Inps o dalla Cassa. Di fatto, quindi, a più di un anno di distanza dall’avvio, le domande già pervenute restano bloccate. In realtà di professionisti in attesa per ora ce ne sono pochi: una trentina i commercialisti che si sono già fatti avanti, 225 ragionieri, 200 tra architetti e ingegneri di Inarcassa, 80 farmacisti (ma solo 58 domande sono accoglibili), 150 tra medici e dentisti di Enpam e un centinaio di consulenti del lavoro. Questi ultimi peraltro a fronte di una platea potenziale vastissima: Enpacl ha calcolato che oltre 18mila consulenti (il 67% degli iscritti) ha una doppia contribuzione per periodi medi di sette anni. Sul fronte opposto la Cassa del notariato che, anche per la natura particolare di questa professione, non ha ancora ricevuto neanche una domanda di cumulo. In tutti i casi i numeri sono per ora molto lontani dalla platea potenziale: secondo le stime appena aggiornate dall’Inps, questo strumento potrebbe negli anni riguardare oltre 700mila lavoratori, tra dipendenti e autonomi. A frenare, probabilmente, finora oltre alle difficoltà tecniche, potrebbe essere stata proprio l’attesa per avere chiari tutti gli elementi di scelta. E ancora sul tappeto qualche nodo resta. In termini di convenienza, poi, ogni posizione fa storia a sé. Ma per gli iscritti alle Casse non sempre il cumulo è la strada più vantaggiosa: in molti enti infatti sopravvivono anche varie possibilità di pensionamento anticipato già di per sé “competitive” (si veda la scheda a fianco): il ritiro è possibile a 62 anni per medici e veterinari (seppur con abbattimenti) e a 61 per i commercialisti. Il primo posto però spetta ai consulenti del lavoro, ai quali bastano 60 anni e, fino al 2020, 39 di contribuzione.

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(Valeria Uva, Il Sole 24ORE – Estratto da “Primo Piano”, 12 marzo 2018)

Stp abilitate all’uso dei canali fiscali

Le società tra professionisti di commercialisti e consulenti del lavoro iscritte ai rispettivi Albi sono state inserite tra i soggetti incaricati della trasmissione telematica delle dichiarazioni. È quanto si legge nel provvedimento 353616/2018 di ieri dell’agenzia delle Entrate. «Questo provvedimento serve a colmare un vuoto normativo - spiegano i delegati al fisco del Consiglio nazionale dei commercialisti Maurizio Postal e Gianluca Gerosa - relativo alle società tra professionisti». Fino ad oggi, infatti, anche se era la Stp ad assumere l’incarico, la trasmissione doveva avvenire attraverso un professionista socio della Stp stessa. Quello di ieri non è il primo intervento che mira a estendere alle Stp competenze prima legate al singolo professionista. Un altro intervento di questa natura è stato fatto un anno e mezzo fa con la risoluzione 23/E del 2016 che ha permesso al commercialista socio di una Stp di poter apporre il visto di conformità della dichiarazione che lui predisponeva avvalendosi sia della chiave Entratel che della partita Iva e della polizza della Stp. Tornando al provvedimento, tra gli incaricati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni - ma esclusivamente per le dichiarazioni di successione - vengono incluse le società tra professionisti iscritte all’albo dei geometri e geometri laureati. Il provvedimento di ieri modifica anche l’articolo 15 del decreto dirigenziale 31 luglio 1998 e accoglie tra gli ammessi alla registrazione telematica dei contratti di locazione e del versamento delle relative imposte le Stp iscritte all’albo dei geometri e geometri laureati. L’agenzia delle Entrate chiarisce anche che sono abilitati alla presentazione telematica delle dichiarazioni di successione e delle domande di volture catastali anche agli iscritti all’albo degli ingegneri, all’albo degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori con il titolo di «architetto» o «architetto junior» e le agenzie che svolgono, per conto dei propri clienti, pratiche amministrative presso amministrazioni ed enti pubblici, purché titolari di licenza rilasciata ai sensi dell'articolo 115 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. «Il provvedimento in questo caso non fa un esplicito riferimento a commercialisti e consulenti - spiegano Postal e Gerosa - perché l’essere inclusi tra gli intermediari fiscali di carattere generale, e quindi nel Dpr 322/98, articolo 3, sottintende che possiamo svolgere anche queste attività». Una precisazione contenuta nelle motivazioni allegate al provvedimento. LE NORME AGGIORNATE DICHIARAZIONI L’articolo 3 comma 3 del Dpr 322/98 stabilisce che i professionisti abilitati all’invio delle dichiarazioni /redditi, Irap e Iva) sono commercialisti e consulenti del lavoro LOCAZIONI Il decreto dirigenziale 31 luglio 1998 sui contratti di locazione stabilisce, all’articolo 15, quali sono i soggetti incaricati alla registrazione e, oltre a quelli indicati all’articolo 3, comma 3 del Dpr 322/98 (comma 1, lettera b), include alla lettera g i geometri e ora le Stp tra geometri (Federica Micardi, Il Sole 24ORE – Estratto da “Norme e tributi”, 10 marzo 2018)

Il preventivo non spaventa i professionisti

L’obbligo di preventivo scritto è ormai entrato nella prassi dell’attività dei professionisti. Introdotto a fine agosto dalla legge sulla concorrenza (la 124/2017) era già adottato di fatto da molte categorie,

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nonostante la normativa precedente si limitasse a obbligare il professionista a «rendere note» al cliente la misura del compenso e la complessità dell’incarico. Ad esempio, architetti e ingegneri lo avevano introdotto nel proprio codice deontologico dopo la liberalizzazione tariffaria del 2012. Fanno eccezione gli avvocati che possono vantare una disciplina ad hoc (legge 247/2012), resa comunque più stringente dalla legge sulla concorrenza. Oltre alla legge sulla concorrenza, da ultimo anche l’arrivo dell’equo compenso (varato con il Dl 148/2017, a sei anni dall’abolizione delle tariffe minime), ha riacceso i riflettori sul tema della pattuizione di oneri e corrispettivi tra professionisti e clienti. L’eccezione degli avvocati Niente obbligo di preventivo scritto per i legali. L’articolo 13 della legge forense non parla infatti di “preventivo” ma di una comunicazione scritta del costo prevedibile della prestazione, a «colui che conferisce l’incarico». Il Consiglio nazionale forense ha chiarito quindi (con una nota dell’ufficio studi) che la comunicazione scritta va effettuata dopo che l’incarico è stato accettato (o anche contestualmente). L’unica novità introdotta dalla legge concorrenza è che non è necessaria la richiesta da parte del cliente. «Le prestazioni di un avvocato - spiega Davide Calabrò, consigliere del Cnf - non sono facilmente comparabili e la quantificazione di oneri e compensi non può essere fatta prima dell’affidamento dell’incarico». Secondo la nota del Cnf, l’obbligo di comunicazione non riguarda inoltre tutte le prestazioni “immediate” come le consulenze orali contestuali alla richiesta, la difesa e l’interrogatorio in carcere, i procedimenti per direttissima. La nota dell’ufficio studi del Cnf consiglia però anche di inserire una clausola di garanzia che avverta il cliente della possibilità che l’evoluzione processuale (difficilmente prevedibile) determini aumenti di cui dovrà comunque essere tempestivamente informato. L’inadempienza non comporta inoltre la nullità dell’accordo ma solo il ricorso ai parametri del Dm 55/2014, per determinare costi e compensi. Le regole generali Avvocati a parte, per tutti gli altri professionisti l’obbligo di preventivo di massima scritto o inviato in digitale introdotto dalla legge concorrenza (che ha modificato l’articolo 9 del Dl 1/2012) è operativo e cogente. «È diventato un dovere che i commercialisti rispettano - dice Giorgio Luchetta, consigliere nazionale delegato a compensi e onorari -. Cinque modelli di preventivi sono previsti dal software disponibile sul sito nazionale». I fac-simile riguardano diversi tipi di prestazione e includono la specificazione della complessità dell’incarico. Il codice deontologico della categoria stabilisce inoltre che l’entità del compenso sia pattuita per iscritto all’atto del conferimento dell’incarico (può comprendere una componente variabile, legata al successo dell’attività svolta). Per gli inadempienti è prevista la sanzione della censura. Fra i notai il preventivo scritto era diffuso anche prima che la legge concorrenza lo rendesse obbligatorio. Il Consiglio nazionale ha però ribadito che il compenso diventa vincolante quando viene conferito l’incarico. Uno schema-guida di contratto è stato elaborato dopo la legge 124 anche dal Consiglio nazionale dei geometri. «In realtà - spiega il segretario, Ezio Piantedosi- abbiamo aggiornato il vecchio modello alle novità di agosto». Nel nuovo schema, ad esempio, si consiglia di dettagliare al massimo la prestazione, valutandone la complessità. Per tutti i tecnici infatti il problema delle prestazioni non del tutto standardizzabili è molto sentito: in passato proprio la rete delle professioni tecniche aveva chiesto (ma non ottenuto) di introdurre un emendamento al jobs act degli autonomi in cui si demandava a un futuro decreto la regolazione dei vari casi di flessibilità nelle prestazioni professionali di ingegneri, architetti e degli altri tecnici. Per ora comunque né il Consiglio degli ingegneri né quello degli architetti segnalano contenziosi importanti sul fronte dei preventivi. GEOMETRI Dopo la legge sulla concorrenza il Consiglio nazionale ha adeguato lo schema di contratto varato nel 2012: sono state introdotte varie clausole che evidenziano come indicare, ad esempio, la complessità della prestazione o le voci di costo. Inserita anche una nota che richiama la

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legge 124/2017 sulla concorrenza. Titoli e specializzazioni dei geometri sono consultabili da tutti nell’Albo online (Bianca Lucia Mazzei, Valeria Uva, Il Sole 24ORE – Estratto da Primo Piano”, 26 febbraio 2018)

Con i lavori «certificati» un mercato per 500mila

Un mercato “riservato” affollato in realtà da più di 300mila professionisti e 180mila imprese. Sfiorano il mezzo milione, nell’insieme, i professionisti abilitati a rilasciare i certificati e i documenti legati ai lavori in casa e le aziende con il nulla osta per gli impianti. Dalla classica Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) necessaria per ristrutturare l’immobile all’Ape (attestato di prestazione energetica) obbligatorio per vendere o affittare l’appartamento, quando si interviene su un immobile sono tanti i documenti da preparare, prima e dopo, per i quali è necessario sempre affidarsi a «tecnici abilitati». Ma per i proprietari di immobili non è semplice andare oltre il dettato della legge e individuare di volta in volta chi è il tecnico abilitato. Prendiamo, ad esempio, l’Ape che deve essere redatto da un certificatore energetico: ebbene la sola norma nazionale, (il Dpr 75/2013) «riserva» questo compito a ben 50 lauree tra specialistiche e magistrali. E in questo campo anche le Regioni possono intervenire, se non altro per dettare proprie regole su come iscriversi agli elenchi ufficiali dei certificatori. Discorso ancora più complesso quando poi si deve affidare una pratica edilizia (Cila, Scia o permesso di costruire). Qui entrano in gioco tra gli abilitati un gran numero di professionisti: non solo i “classici” architetti e ingegneri, ma anche gli “insospettabili” chimici. Questi ultimi, infatti, possono progettare i laboratori chimici e svolgere consulenze in tema di prevenzione incendi e sicurezza impianti. I dottori agronomi e forestali, dal canto loro, progettano fabbricati - al pari dei geometri - (compresi gli agriturismi) e sono abilitati a svolgere le pratiche catastali, anche del catasto urbano. I geologi collaborano, se servono relazioni specifiche. Insomma un groviglio di abilitazioni, che risale in parte all’epoca fascista, quando furono varate le leggi sulle professioni, più volte ritoccate. Mettendo insieme le otto categorie che hanno una competenza, anche parziale nel mondo dell’edilizia si arriva a sfiorare la cifra dei 300mila abilitati: 293.797 per l’esattezza contando solo i professionisti iscritti alle Casse previdenziali, che svolgono quindi l’attività in modo autonomo. A questi andrebbero aggiunti i certificatori energetici, che in gran parte si sovrappongono (il geometra può occuparsi sia di un accatastamento che dell’Ape), anche se non del tutto. Altro mercato “riservato” è quello dell’impiantistica perché per installare o manutenere l’impianto elettrico, la caldaia e persino per montare un condizionatore non ci si può affidare a chiunque. Serve un’impresa abilitata per rilasciare la dichiarazione di conformità degli impianti o il “libretto” per caldaie e condizionatori. In questo caso controllare l’abilitazione è più semplice: la ditta deve essere iscritta nel registro imprese della Camera di commercio con l’abilitazione specifica del Dm 37/2008. A Infocamere risultano ben 173.568 aziende impiantiste (l’8% solo a Roma) e 12.717 installatori (ma potrebbe esserci qualche doppia iscrizione). A loro volta, queste imprese rappresentano uno sbocco naturale per molti professionisti: sono 80.347 i responsabili tecnici e i preposti alla gestione presenti in queste aziende: l’abilitazione, infatti, è condizionata alla presenza in pianta stabile di un responsabile laureato o diplomato in discipline tecniche. PRATICHE EDILIZIE (CIL, CILA, SCIA O PERMESSO DI COSTRUIRE) Per le manutenzioni semplici (senza spostamento di impianti o modifiche strutturali) basta una Cil (comunicazione inizio lavori). Va aggiunta l’asseverazione in caso di modifiche interne e sugli impianti: la pratica diventa Cila. A seconda dei Comuni, si procederà con Scia (segnalazione

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certificata inizio attività), in caso di manutenzione straordinaria e modifiche alle parti strutturali dell’edificio, o con permesso di costruire. Per la nuova costruzione è necessario il permesso di costruire La responsabilità è del committente (in genere, il proprietario dell’immobile). La Cil può essere presentata anche dal cittadino. Per Cila, Scia e permesso di costruire serve un professionista (architetto, ingegnere, geometra, perito agrario o industriale, agronomo, dottore forestale, chimico e in parte geologo a seconda delle competenze e delle opere) Prima dell’inizio del cantiere. I lavori con Cil e Cila possono partire subito. In caso di Scia è meglio attendere 30 giorni dal deposito (tempo concesso al Comune per intervenire). Il permesso di costruire va autorizzato, anche con silenzio assenso DICHIARAZIONE DI CONFORMITÀ DEGLI IMPIANTI Documento rilasciato dall’impresa abilitata dopo avere installato o modificato l’impianto (Dm 37/2008), che sia elettrico, idrico o del gas. Certifica che l’intervento è stato eseguito a regola d’arte L’impresa intervenuta sugli impianti abilitata ai sensi del Dm 37/2008, con apposita iscrizione nel Registro imprese della Camera di commercio L’impresa abilitata deve rilasciarla al committente entro 30 giorni dal termine dei lavori ATTESTATO DI PRESTAZIONE ENERGETICA (APE) Indica i consumi energetici di un edificio o di una unità immobiliare. La classe energetica va dalla “A+” (più alta) alla “G” (più bassa). Dura 10 anni e va rinnovato in caso di ristrutturazioni Un certificatore energetico, cioè un professionista abilitato alla progettazione di edifici ed impianti; lo sono in automatico gli iscritti agli albi delle professioni tecniche (Dpr 75/2013). In altri casi, per l’abilitazione, è necessario un corso di formazione Obbligatorio per affitti e compravendite, anche per la pubblicazione dell’annuncio. Serve per alcuni lavori che accedono agli ecobonus LIBRETTO DI IMPIANTO È la “carta d’identità” dell’impianto di riscaldamento e raffrescamento, sul quale devono essere indicate tutte le informazioni che lo riguardano, le caratteristiche, i componenti installati e gli interventi effettuati Un installatore abilitato ai sensi del Dm Sviluppo economico 37/08 (in caso di nuovo impianto) o il manutentore. Abilitazione verificabile dal registro imprese della Camera di commercio Obbligatorio per tutti gli impianti termici tradizionali con caldaia, per gli impianti di climatizzazione con pompe di calore e condizionatori fissi PRATICHE CATASTALI Sono necessarie per il censimento ai fini fiscali di un immobile, quando è di nuova costruzione o quando subisce delle modifiche. Servono anche per ottenere il certificato di agibilità di un immobile e attribuire la rendita catastale Spettano ai tecnici abilitati: architetti, ingegneri, geometri, periti, agronomi e dottori forestali Dopo la ristrutturazione per interventi che modificano la rendita catastale. Va fatto entro 30 giorni dalla fine lavori PIANO DI SICUREZZA E COORDINAMENTO (PSC) Contiene la valutazione dei rischi per i dipendenti dell’impresa, le misure di prevenzione e protezione da adottare (Dlgs 81/2008) Il coordinatore della sicurezza, cioè un tecnico abilitato da uno specifico corso di formazione Necessario solo nel caso in cui in cantiere siano coinvolte due o più imprese anche non in contemporanea PIANO OPERATIVO DI SICUREZZA (POS) Piano operativo di sicurezza (Pos) L’impresa esecutrice in riferimento al singolo cantiere (Dlgs 81/2008) È sempre obbligatorio e va tenuto in cantiere CERTIFICATO DI IDONEITÀ STATICA (CIS) È una certificazione che riporta lo stato di fatto e la sicurezza strutturale delle strutture portanti di un fabbricato, secondo le norme in vigore al momento della costruzione Un tecnico strutturista, cioè un professionista che si occupa dello studio, della progettazione e della realizzazione di strutture edilizie Necessario se nella ristrutturazione sono coinvolti elementi strutturali dell’immobile (ad esempio solai e tetti). Obbligatorio a Milano.

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CERTIFICATO DI COLLAUDO STATICO È il documento che, in base al Testo unico per l’edilizia (Dpr 380/2001) attesta la rispondenza dell’opera in cemento armato alle norme tecniche per le costruzioni Ingegneri o architetti, iscritti all’albo da almeno dieci anni, non intervenuti nella progettazione, direzione o esecuzione Entro 60 giorni dalla comunicazione di fine della copertura dell’edificio COMUNICAZIONE DI FINE LAVORI Comunicazione scritta allo sportello unico per l’edilizia del Comune, che attesta la fine dei lavori segnalati con Scia e permesso di costruire. Per Cila vanno verificate le regole comunali Il titolare della pratica edilizia (anche il proprietario di casa o il tecnico abilitato) Al termine effettivo dei lavori. Non è necessaria in caso di comunicazione libera SEGNALAZIONE CERTIFICATA DI AGIBILITÀ Attesta l’agibilità dell’immobile e la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti installati, nonché la conformità dell’opera al progetto presentato (Dpr 380/2001). Il titolare del permesso di costruire, o il soggetto che ha presentato la Scia. Va corredata di: attestazione del direttore lavori (o di un professionista abilitato), certificato di collaudo statico, dichiarazione di conformità delle opere realizzate (barriere architettoniche), avvenuta dichiarazione di aggiornamento catastale, conformità degli impianti La segnalazione deve essere inviata al Comune entro quindici giorni dal termine effettivo dei lavori (Maria Chiara Voci, Valeria Uva, Il Sole 24ORE – Estratto da “Primo Piano”, 19 febbraio 2018)

L’attestato energetico vale un nuovo mestiere

Architetti, ingegneri, geometri e periti. Ma anche laureati in scienze e tecnologie agrarie, forestali e ambientali, della chimica industriale. E ancora: diplomati in meccanica o meccatronica. Oppure matematici, fisici o chimici (seppure con corso di formazione ed esame). Sono infinite in Italia le strade per diventare certificatore energetico e compilare l’Ape (l’attestato di prestazione energetica), indispensabile per la compravendita o l’affitto di un immobile o per richiedere determinati bonus fiscali. Una vera occupazione che riguarda singoli professionisti, ma anche società, enti pubblici o Esco. Per molti si tratta di un mercato su cui investire (anche a tempo pieno): una cinquantina di lauree e diplomi abilitano senza necessità di corso di formazione e una trentina con corso ed esame, secondo il Dpr 75/2013. Ma non sono pochi i professionisti che scelgono di seguire comunque qualche ora in classe (affrontando una spesa variabile, fino a qualche centinaia di euro). E che pagano una quota annuale o periodica (prevista in varie Regioni) per essere inseriti negli elenchi. Ad esempio, in Lombardia l’iscrizione costa 120 euro l’anno. In Piemonte 150, ma solo per chi si è abilitato tramite corso. E non è raro trovare iscritti in due o tre elenchi (con doppia quota quindi), soprattutto se ubicati in territori di confine. Insomma, quella del certificatole energetico è di fatto una nuova figura professionale. Ma se dalla legge si scende sul pratico, ci si accorge che non in tutta Italia si “gioca” ad armi pari. In attesa di una banca dati nazionale dei certificati e dei certificatori (Siape), la gestione operativa è in mano alle Regioni. Che hanno facoltà di creare propri elenchi di professionisti, definire i costi di iscrizione, di deposito dell’Ape e anche le caratteristiche dei corsi di formazione. Al Nord, alcune Autonomie sono attive da anni (prima della norma nazionale): territori come la Lombardia, il Piemonte e l’Emilia Romagna hanno varato leggi specifiche. Qui si conosce anche il numero esatto di chi esercita: in Lombardia sono 12.500 (di cui circa 9mila attivi), in Piemonte 8.100 e in Emilia Romagna 7.523. Molti i casi di professionisti iscritti in più elenchi. Altrove, la situazione è di attesa. Enea e Sviluppo economico stanno stipulando, per il catasto impianti nazionale Siape, specifiche convenzioni per colmare il vuoto.

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Sono già operative quelle con Lazio (da pochi mesi) e Abruzzo (dal 2013), dove gli elenchi contano rispettivamente oggi 3.576 e 8.456 nominativi. Stipulate quelle con Puglia, Calabria, Molise e Basilicata e in definizione la Sicilia. (Maria Chiara Voci, Valeria Uva, Il Sole 24ORE – Estratto da “Primo Piano”, 19 febbraio 2018)

Dai periti industriali ai geometri ecco gli accordi con le università

Periti industriali, geometri, periti agrari, dottori agronomi e forestali. Sono, per ora, queste le categorie professionali che hanno siglato con le università le convenzioni che stanno alla base dei corsi di laurea professionalizzanti, e sono disposte a mettere in campo i propri iscritti per lezioni, laboratori e tirocini. I più attivi sono stati i periti industriali che hanno sottoscritto 9 accordi per realizzare percorsi molto diversi tra di loro, da ingegneria del legno alla Libera università di Bolzano a ingegneria della sicurezza all’università di Palermo, passando per Ingegneria meccatronica con la Federico II di Napoli. «La nostra categoria - commenta il consigliere nazionale Sergio Molinari - raggruppa un ampio raggio di professionisti, dai chimici e fisici fino agli esperti di tecnologia». Come la maggior parte degli ordini anche i periti industriali hanno subìto la crisi di vocazioni. In dieci anni l’Albo è sceso dai circa 45mila iscritti del 2006 ai 42mila di oggi. «I diplomati - specifica Molinari - si potranno iscrivere all’Albo solo fino al 2020, poi per tutti sarà necessario il titolo accademico». Oggi i laureati sono circa il 10% degli iscritti, quota destinata a crescere anche grazie ai percorsi professionalizzanti, che «puntiamo ad aumentare dal 2019/2020 - dice Molinari - concludendo nuovi accordi con gli atenei». Anche i geometri sono impegnati sul fronte delle lauree professionalizzanti (cinque convenzioni siglate). «L’obiettivo - spiega il presidente del Consiglio nazionale Maurizio Savoncelli - è di realizzare un percorso triennale che sia abilitante all’esercizio della professione». La categoria, che conta oltre 100mila iscritti, in dieci anni ha registrato un calo del 3%, con un aumento dell’età media da 43 a 47 anni. Anche per questo «è fondamentale accorciare i tempi per avvicinare i giovani al lavoro - sottolinea Savoncelli - per allineare il nostro paese al resto d’Europa». I periti agrari sono in prima linea sulla laurea professionalizzante in Agribusiness per la sicurezza alimentare dell’università di Siena. Mentre i dottori agronomi e forestali hanno siglato una convenzione con l’università di Firenze per Tecnologie avanzate per il legno arredo/edilizia. Di diverso avviso invece gli agrotecnici che bocciano le lauree professionalizzanti. «Sono un inutile doppione degli Its - dice il presidente del Collegio nazionale Roberto Orlandi - e le attuali lauree di primo livello, declinate in 47 differenti indirizzi, già garantiscono ampi margini di flessibilità senza contare che in molti casi sono orientate all’acquisizione di specifiche competenze professionali nel mondo del lavoro». (Maria Chiara Voci, Valeria Uva, Il Sole 24ORE – Estratto da “Primo Piano”, 19 febbraio 2018)

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(G.U. 19 marzo 2018, n. 65)

Ambiente PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA 24 gennaio 2018 Ulteriori disposizioni di protezione civile per il superamento della situazione di criticità determinatasi in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici verificatisi l'8 luglio 2015 nel territorio dei comuni di Dolo, Pianiga e Mira in provincia di Venezia e di Cortina d'Ampezzo in provincia di Belluno e il giorno 4 agosto 2015 nel territorio dei comuni di San Vito di Cadore, Borca di Cadore, Vodo di Cadore, Cortina d'Ampezzo ed Auronzo, in provincia di Belluno. Proroga della contabilità speciale n. 5971. (Ordinanza n. 499). (G.U. 5 febbraio 2018, n. 29) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA 25 gennaio 2018 Ulteriori disposizioni di protezione civile per favorire e regolare il subentro della Regione Emilia-Romagna nelle iniziative finalizzate al superamento della situazione di criticità determinatasi in conseguenza delle eccezionali avversità atmosferiche che nei giorni 13 e 14 ottobre 2014 hanno colpito il territorio delle province di Parma e Piacenza. (Ordinanza n. 501). (G.U. 5 febbraio 2018, n. 29) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA 26 gennaio 2018 Ulteriori interventi urgenti di protezione civile conseguenti agli eventi sismici che hanno colpito il territorio delle regioni Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo a partire dal giorno 24 agosto 2016. (Ordinanza n. 502). (G.U. 5 febbraio 2018, n. 29) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA 26 gennaio 2018 Primi interventi urgenti di protezione civile in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici verificatisi nei giorni dall'8 al 12 dicembre 2017 nel territorio delle province di Piacenza, di Parma, di Reggio Emilia, di Modena, di Bologna e di Forlì-Cesena. (Ordinanza n. 503). (G.U. 5 febbraio 2018, n. 29) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA 26 gennaio 2018 Ordinanza di protezione civile per favorire e regolare il subentro della Regione Liguria nelle iniziative finalizzate a consentire il superamento della situazione di criticità determinatasi a seguito degli eccezionali eventi meteorologici verificatisi nei giorni 24 e 25 novembre 2016 nel territorio delle province di Imperia e di Savona. (Ordinanza n. 504). (G.U. 5 febbraio 2018, n. 29) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE DECRETO 25 gennaio 2018 Definizione delle caratteristiche del corso di formazione in materia di acustica ambientale, di cui all'allegato IX, parte A, punto 4, lettera B) del decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 262. (G.U. 8 febbraio 2018, n. 32) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE DECRETO 1 febbraio 2018 Modalità semplificate relative agli adempimenti per l'esercizio delle attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi di metalli ferrosi e non ferrosi. (G.U. 8 febbraio 2018, n. 32) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 19 dicembre 2017 Approvazione del primo elenco degli alberi monumentali d'Italia. (G.U. 12 febbraio 2018, n. 35)

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MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 22 dicembre 2017 Modifica degli allegati da I a V del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 214, in applicazione di direttive dell'Unione europea concernenti le misure di protezione contro l'introduzione e la diffusione di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali: recepimento della direttiva di esecuzione (UE) 2017/1279 della Commissione. (G.U. 17 febbraio 2018, n. 40) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 6 febbraio 2018 Disposizioni per l'attuazione del regolamento (CE) n. 1235/2008, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio, per quanto riguarda il regime di importazione di prodotti biologici dai Paesi terzi e che abroga il decreto n. 18378 del 9 agosto 2012. (G.U. 17 febbraio 2018, n. 40) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE DECRETO 12 dicembre 2017 Riparto del contributo dovuto per l'anno 2016, previsto dall'articolo 206-bis, comma 6, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. (G.U. 21 febbraio 2018, n. 43) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE COMUNICATO Disposizioni attuative alla legge 14 gennaio 2013, n. 10, in materia di organizzazione e funzionamento del Comitato per lo sviluppo del verde pubblico, in conformità al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177 e relativi provvedimenti attuativi. (G.U. 21 febbraio 2018, n. 43) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 13 febbraio 2018 Dichiarazione dell'esistenza del carattere di eccezionalità degli eventi calamitosi verificatisi nella Regione Umbria. (G.U. 22 febbraio 2018, n. 44) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 13 febbraio 2018 Dichiarazione dell'esistenza del carattere di eccezionalità degli eventi calamitosi verificatisi nella Regione Emilia Romagna. (G.U. 22 febbraio 2018, n. 44) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 13 febbraio 2018 Dichiarazione dell'esistenza del carattere di eccezionalità degli eventi calamitosi verificatisi nella Regione Marche. (G.U. 22 febbraio 2018, n. 44) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 13 febbraio 2018 Dichiarazione dell'esistenza del carattere di eccezionalità degli eventi calamitosi verificatisi nella Regione Piemonte. (G.U. 22 febbraio 2018, n. 44) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 13 febbraio 2018 Dichiarazione dell'esistenza del carattere di eccezionalità degli eventi calamitosi verificatisi nella Regione Sardegna. (G.U. 22 febbraio 2018, n. 44) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 15 febbraio 2018 Modifica dell'allegato VIII del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 214, in applicazione di direttive comunitarie concernenti le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità. (G.U. 22 febbraio 2018, n. 44) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA 12 febbraio 2018 Superamento della situazione di criticità relativa al ripristino della viabilità nelle strade statali e provinciali interrotte o danneggiate a seguito degli eventi alluvionali del mese di novembre 2013 verificatisi nel territorio della Regione autonoma della Sardegna. Proroga della vigenza della contabilità speciale n. 5815. (Ordinanza n. 505). (G.U. 22 febbraio 2018, n. 44) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA 16 febbraio 2018 Ordinanza di protezione civile per il superamento della situazione di criticità in conseguenza del grave movimento franoso verificatosi nel Comune di Calatabiano il giorno 24 ottobre 2015 e del danneggiamento dell'acquedotto Fiumefreddo, principale fonte idrica del Comune di Messina - Proroga contabilità speciale n. 5982. (Ordinanza n. 506). (G.U. 26 febbraio 2018, n. 47)

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PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA 16 febbraio 2018 Interventi urgenti di protezione civile in conseguenza dell'aggravamento del vasto movimento franoso nel territorio del Comune di Stigliano in Provincia di Matera. (Ordinanza n. 507). (G.U. 26 febbraio 2018, n. 47) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE DECRETO 13 dicembre 2017, n. 235 Regolamento recante approvazione dello statuto-tipo dei consorzi per la gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), ai sensi dell'articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 49. (G.U. 28 febbraio 2018, n. 49) DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 22 febbraio 2018 Proroga dello stato di emergenza in relazione alla crisi di approvvigionamento idrico ad uso idropotabile nel territorio della Regione Umbria. (G.U. 3 marzo 2018, n. 52) DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 22 febbraio 2018 Proroga dello stato di emergenza in relazione alla crisi di approvvigionamento idrico ad uso idropotabile nel territorio della Regione Lazio. (18A01514) (G.U. 3 marzo 2018, n. 52) DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 22 febbraio 2018 Dichiarazione dello stato di emergenza in relazione alla crisi di approvvigionamento idrico della Città metropolitana di Torino e delle Province di Alessandria, di Asti, di Biella, di Cuneo e di Vercelli, i cui comuni appartengono agli ATO 2, 3, 4 e 6. (G.U. 3 marzo 2018, n. 52) DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 22 febbraio 2018 Proroga dello stato di emergenza in conseguenza dell'evento sismico che ha interessato il territorio dei Comuni di Casamicciola Terme, Forio e Lacco Ameno dell'Isola di Ischia il giorno 21 agosto 2017. (G.U. 3 marzo 2018, n. 52) DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 22 febbraio 2018 Proroga dello stato di emergenza in conseguenza degli eccezionali eventi sismici che hanno colpito il territorio delle Regioni Lazio, Marche, Umbria ed Abruzzo il 24 agosto 2016, il 26 ed il 30 ottobre 2016, ed il 18 gennaio 2017, nonché degli eccezionali fenomeni meteorologici che hanno interessato i territori delle medesime regioni a partire dalla seconda decade del mese di gennaio 2017. (G.U. 3 marzo 2018, n. 52) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 27 febbraio 2018 Dichiarazione dello stato di mobilitazione del Servizio nazionale della protezione civile a causa delle avverse condizioni meteorologiche che hanno colpito il territorio della Regione Lazio il giorno 26 febbraio 2018. (G.U. 3 marzo 2018, n. 52) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA 23 febbraio 2018 Ordinanza di protezione civile per il superamento della situazione di criticità determinatasi in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici che nei giorni dal 14 al 20 ottobre 2015 hanno colpito il territorio della Regione Campania. Proroga della contabilità speciale n. 5986/425. (Ordinanza n. 509). (G.U. 3 marzo 2018, n. 52) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA 27 febbraio 2018 Ulteriori interventi urgenti di protezione civile conseguenti agli eventi sismici che hanno colpito il territorio delle Regioni Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo a partire dal giorno 24 agosto 2016. (Ordinanza n. 510). (G.U. 3 marzo 2018, n. 52) MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 27 febbraio 2018 Proroga per i comuni colpiti dagli eventi sismici del 2016 del termine per la restituzione del questionario predisposto da S.O.S.E. s.p.a., di cui all'art. 5, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, denominato FC30U. (G.U. 5 marzo 2018, n. 53) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA 23 febbraio 2018 Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in conseguenza delle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nei giorni dal 5 al 18 gennaio 2017 nel territorio della Regione Basilicata. (Ordinanza n. 508). (G.U. 6 marzo 2018, n. 54) DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 8 febbraio 2018

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Dichiarazione dello stato di emergenza in relazione alla crisi di approvvigionamento idrico ad uso idropotabile nel territorio della Città metropolitana di Palermo. (G.U. 7 marzo 2018, n. 55) DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 8 febbraio 2018 Dichiarazione dello stato di emergenza in relazione alla situazione di criticità in atto nel territorio della Regione Siciliana nel settore dei rifiuti urbani. (G.U. 8 marzo 2018, n. 56) AUTORITA' DI BACINO DISTRETTUALE DEL FIUME PO COMUNICATO Adozione della «Direttiva per la determinazione dei deflussi ecologici a sostegno del mantenimento/raggiungimento degli obiettivi ambientali fissati dal Piano di Gestione del distretto idrografico e successivi riesami e aggiornamenti» in attuazione della misura individuale «Revisione del DMV, definizione delle portate ecologiche e controllo dell'applicazione sul territorio (KTM07-P3-a029)» del «Piano di Gestione del distretto idrografico del fiume Po. Riesame e aggiornamento al 2015». (G.U. 8 marzo 2018, n. 56) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 22 febbraio 2018 Dichiarazione dell'esistenza del carattere di eccezionalità degli eventi calamitosi verificatisi nella Regione Toscana. (G.U. 9 marzo 2018, n. 57) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE COMUNICATO Approvazione e integrazione della graduatoria relativa al bando per la progettazione degli interventi di rimozione dell'amianto dagli edifici pubblici (annualità 2016). (G.U. 12 marzo 2018, n. 59) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA 7 marzo 2018 Primi interventi urgenti di protezione civile in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici verificatisi nei mesi di giugno, luglio ed agosto 2017, nel territorio delle Province di Ferrara, di Ravenna e di Forlì-Cesena. (Ordinanza n. 511). (G.U. 14 marzo 2018, n. 61) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA 7 marzo 2018 Ordinanza di protezione civile per favorire e regolare il subentro della Regione Puglia nelle iniziative finalizzate al superamento della situazione di criticità determinatasi in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici verificatisi nei giorni dal 5 all'11 gennaio 2017 nel territorio della regione Puglia. (Ordinanza n. 512). (G.U. 14 marzo 2018, n. 61) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 2 marzo 2018 Dichiarazione dell'esistenza del carattere di eccezionalità degli eventi calamitosi verificatisi nella Regione Lazio. (G.U. 16 marzo 2018, n. 63) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 2 marzo 2018 Dichiarazione dell'esistenza del carattere di eccezionalità degli eventi calamitosi verificatisi nella Regione Valle d'Aosta. (G.U. 16 marzo 2018, n. 63) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 2 marzo 2018 Dichiarazione dell'esistenza del carattere di eccezionalità degli eventi calamitosi verificatisi nella Regione Veneto. (G.U. 16 marzo 2018, n. 63) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 2 marzo 2018 Dichiarazione dell'esistenza del carattere di eccezionalità degli eventi calamitosi verificatisi nella Regione Sicilia. (G.U. 16 marzo 2018, n. 63) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 2 marzo 2018 Dichiarazione dell'esistenza del carattere di eccezionalità degli eventi calamitosi verificatisi nella Regione Lazio. (G.U. 16 marzo 2018, n. 63) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 2 marzo 2018 Dichiarazione dell'esistenza del carattere di eccezionalità degli eventi calamitosi verificatisi nella Regione Campania. (G.U. 16 marzo 2018, n. 63)

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MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 2 marzo 2018 Dichiarazione dell'esistenza del carattere di eccezionalità degli eventi calamitosi verificatisi nella Regione Liguria. (G.U. 16 marzo 2018, n. 63) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA 9 marzo 2018 Primi interventi urgenti di protezione civile in conseguenza della dichiarazione dello stato di emergenza in relazione alla crisi di approvvigionamento idrico a uso idropotabile in atto nel territorio della Città metropolitana di Palermo. (Ordinanza n. 514). (G.U. 16 marzo 2018, n. 63) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 5 marzo 2018 Individuazione degli ostacoli tecnici o degli oneri economici eccessivi e non proporzionali alle finalità dell'obbligo di presenza di più tipologie di carburanti negli impianti di distribuzione di carburanti. (G.U. 17 marzo 2018, n. 64) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 2 marzo 2018 Promozione dell'uso del biometano e degli altri biocarburanti avanzati nel settore dei trasporti. (G.U. 19 marzo 2018, n. 65) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA 8 marzo 2018 Primi interventi urgenti di protezione civile in conseguenza della dichiarazione dello stato di emergenza in relazione alla situazione di criticità in atto nel territorio della Regione Siciliana nel settore dei rifiuti urbani. (Ordinanza n. 513). (G.U. 19 marzo 2018, n. 65)

Appalti

AUTORITA' NAZIONALE ANTICORRUZIONE DELIBERA 20 dicembre 2017 Attuazione dell'art. 1, commi 65 e 67, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per l'anno 2018. (Delibera n. 1300/2017). (G.U. 23 febbraio 2018, n. 45) MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI DECRETO 16 GENNAIO 2018, N. 14 Regolamento recante procedure e schemi-tipo per la redazione e la pubblicazione del programma triennale dei lavori pubblici, del programma biennale per l'acquisizione di forniture e servizi e dei relativi elenchi annuali e aggiornamenti annuali. (G.U. 9 marzo 2018, n. 57)

Economia e Fisco MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 30 gennaio 2018 Trasmissione all'Agenzia delle entrate dei dati riguardanti le erogazioni liberali in favore delle Onlus, delle associazioni di promozione sociale e delle fondazioni ed ulteriori associazioni. (G.U. 6 febbraio 2018, n. 30) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 28 novembre 2017 Revisione del regime di tassazione agevolata dei redditi derivanti dall'utilizzo di software protetto da copyright, di brevetti industriali, disegni e modelli, nonché di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili. (G.U. 6 febbraio 2018, n. 30) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO Pubblicazione delle nuove tassonomie XBRL dei documenti che compongono il bilancio ai fini del deposito al registro delle imprese. (G.U. 6 febbraio 2018, n. 30) MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 5 febbraio 2018 Ripartizione a favore dei Comuni di Livorno, di Rosignano Marittimo e di Collesalvetti, colpiti da calamità naturali, di contributi compensativi del minore gettito fiscale derivante dalla sospensione dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari fino al 30 settembre 2018. (G.U. 10 febbraio 2018, n. 34)

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MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 1 febbraio 2018 Fissazione semestrale dei tassi di interesse per il pagamento differito dei diritti doganali (periodo 13 gennaio 2018 - 12 luglio 2018). (G.U. 13 febbraio 2018, n. 36) MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 7 febbraio 2018 Ripartizione a favore delle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario del contributo di 111 milioni di euro, per l'anno 2018, per l'esercizio delle funzioni fondamentali, di cui all'articolo 1 della legge 7 aprile 2014, n. 56. (G.U. 13 febbraio 2018, n. 36) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 18 dicembre 2017 Ricognizione e rimodulazione delle risorse del fondo per gli investimenti nel settore lattiero-caseario ai sensi dell'articolo 1, comma 214, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), così come modificato dal decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160. (G.U. 14 febbraio 2018, n. 37) COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA DELIBERA 7 agosto 2017 Accordo di partenariato - Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese. Ripartizione delle risorse stanziate con la legge di stabilità 2016 e semplificazione del processo di attuazione, con particolare riguardo alle aree colpite dal sisma del 2016. (Delibera n. 80/2017). (G.U. 14 febbraio 2018, n. 37) MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 9 febbraio 2018 Ulteriore differimento del termine per la deliberazione del bilancio di previsione 2018/2020 degli enti locali, dal 28 febbraio al 31 marzo 2018. (G.U. 15 febbraio 2018, n. 38) MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 9 febbraio 2018 Approvazione del modello di certificato per la richiesta del contributo statale sulle rate di ammortamento dei mutui contratti dagli enti locali nel 2017. (G.U. 15 febbraio 2018, n. 38) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 2 febbraio 2018 Conguagli derivanti dalle rettifiche degli anni 2016, 2017 e successivi, concernenti il contributo volto a compensare i comuni della perdita di gettito IMU e TASI a seguito della rideterminazione delle rendite catastali dei fabbricati appartenenti ai gruppi catastali D ed E. (G.U. 16 febbraio 2018, n. 39) MINISTERO DELL'INTERNO COMUNICATO Determinazione della sanzione ad alcuni comuni per il mancato rispetto del patto di stabilità interno relativo all'anno 2013, a seguito di accertamento successivo. (G.U. 19 febbraio 2018, n. 41) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 12 ottobre 2017 Criteri, modalità e procedure per l'attuazione degli interventi finanziari a sostegno delle imprese del settore agricolo e agroalimentare, effettuati dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare - ISMEA. (G.U. 22 febbraio 2018, n. 44) BANCA D'ITALIA COMUNICATO Adeguamento della disciplina della procedura sanzionatoria amministrativa nei confronti dei gestori del contante alla riforma organizzativa del Dipartimento circolazione monetaria e bilancio e del Servizio gestione circolazione monetaria. (G.U. 23 febbraio 2018, n. 45) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO Proroga del termine finale di presentazione delle domande di accesso al voucher per la digitalizzazione delle micro, piccole e medie imprese. (G.U. 23 febbraio 2018, n. 45) MINISTERO DELL'INTERNO

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DECRETO 14 febbraio 2018 Riparto del contributo di 30 milioni di euro a favore delle province che, alla data del 30 novembre 2017, hanno deliberato la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, hanno presentato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale o ne hanno conseguito l'approvazione, o risultano in dissesto. (G.U. 24 febbraio 2018, n. 46) MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 19 febbraio 2018 Riparto a favore delle province delle regioni a statuto ordinario dei contributi di 317 milioni di euro, per l'anno 2018 e di 110 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2019 e 2020, per l'esercizio delle funzioni fondamentali di cui all'articolo 1, della legge 7 aprile 2014, n. 56. (G.U. 24 febbraio 2018, n. 46) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 12 febbraio 2018 Modalità del riaccertamento straordinario dei comuni, previsto dall'articolo 1, comma 848, della legge 27 dicembre 2017, n. 205. (G.U. 26 febbraio 2018, n. 47) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 17 gennaio 2018 Rideterminazione della compartecipazione regionale all'imposta sul valore aggiunto per l'anno 2016, ai sensi dell'art. 5, commi 1 e 2, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56. (G.U. 2 marzo 2018, n. 51) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 14 febbraio 2018 Modalità del riaccertamento straordinario delle regioni previsto dall'articolo 1, comma 783, della legge 27 dicembre 2017, n. 205. (G.U. 2 marzo 2018, n. 51) MINISTERO DELL'INTERNO COMUNICATO Avviso relativo al decreto 16 febbraio 2018, concernente la trasmissione telematica della rendicontazione della spesa relativa al contributo del cinque per mille dell'Irpef e approvazione modulo di trasmissione. (G.U. 7 marzo 2018, n. 55) MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 31 gennaio 2018 Definizione delle modalità di presentazione delle richieste di ammissione ai finanziamenti da parte dei comuni, nonché i criteri di ripartizione delle relative risorse. (G.U. 9 marzo 2018, n. 57) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 26 febbraio 2018 Avvio anticipato delle disposizioni riguardanti lo sviluppo della rilevazione SIOPE, di cui all'articolo 14, comma 8-bis, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (SIOPE+), da parte di alcuni enti. (G.U. 12 marzo 2018, n. 59) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE CIRCOLARE 20 febbraio 2018, n. 5 Chiarimenti in materia di pareggio di bilancio per il triennio 2018-2020 per gli enti territoriali di cui all'articolo 1, commi da 465 a 508, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Legge di bilancio 2017), come modificata dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di bilancio 2018). (G.U. 13 marzo 2018, n. 60) MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 5 marzo 2018 Richiesta di contributo anno 2018 a seguito di sentenze di risarcimento conseguenti a calamità naturali o cedimenti strutturali. (G.U. 16 marzo 2018, n. 63)

Immobili/Edilizia/Urbanistica/Demanio

MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 29 gennaio 2018 Anticipazione ai comuni interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, del rimborso del minor gettito dell'IMU e della TASI, riferito al secondo semestre 2017, derivante dall'esenzione riconosciuta agli immobili inagibili. (G.U. 5 febbraio 2018, n. 29) MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI

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DECRETO 5 dicembre 2017 Aggiornamenti relativi all'anno 2018, delle misure unitarie dei canoni per le concessioni demaniali marittime. (G.U. 5 febbraio 2018, n. 29) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE COMUNICATO Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di un tratto di ex alveo del fosso Spina nel comune di Bojano (G.U. 5 febbraio 2018, n. 29) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE COMUNICATO Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di un ex casello idraulico nel comune di Suzzara (G.U. 5 febbraio 2018, n. 29) MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI COMUNICATO Comunicato concernente il decreto di sclassifica 31 agosto 2017, relativo al trasferimento dal pubblico demanio marittimo ai beni patrimoniali dello Stato di aree demaniali marittime, ubicate nel Comune di Rimini (RN), in località Miramare, in fregio al Lungomare Spadazzi. (G.U. 5 febbraio 2018, n. 29) ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE COMUNICATO Ulteriore proroga dei termini di presentazione della domanda per i mutui ipotecari a tasso fisso, in ammortamento alla data del 1° luglio 2017. (G.U. 6 febbraio 2018, n. 30) MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI DECRETO 21 dicembre 2017 Programma di recupero e razionalizzazione degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica di proprietà dei comuni e degli istituti autonomi per le case popolari comunque denominati. Rimodulazione interventi di linea a) e di linea b). (G.U. 7 febbraio 2018, n. 31) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO Espropriazione definitiva, in favore del Ministero dello sviluppo economico, degli immobili siti nel Comune di Castelgrande nell'ambito del progetto n. 39/60/COM/6057/03-01 «strada di collegamento dell'abitato di Muro Lucano con la S.S. 401 Ofantina» 3° lotto 1° stralcio. (G.U. 9 febbraio 2018, n. 33) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO Espropriazione definitiva, in favore del Ministero dello sviluppo economico, degli immobili siti nel Comune di Muro Lucano nell'ambito del progetto n. 39/60/COM/6062 «strada di collegamento dell'Area industriale di Baragiano con l'abitato di Muro Lucano». (G.U. 9 febbraio 2018, n. 33) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO Espropriazione definitiva, in favore del Ministero dello sviluppo economico, degli immobili siti nel Comune di Pescopagano nell'ambito del progetto n. 39/60/COM/6057/01 «strada di collegamento dell'abitato di Muro Lucano con la S.S. 401 Ofantina» 1° lotto. (G.U. 9 febbraio 2018, n. 33) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO Espropriazione definitiva, in favore del Ministero dello sviluppo economico, degli immobili siti nel Comune di Calitri nell'ambito del progetto n. 39/60/COM/6057/01 «strada di collegamento dell'abitato di Muro Lucano con la S.S. 401 Ofantina» 1° lotto. (G.U. 9 febbraio 2018, n. 33) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO Espropriazione definitiva, in favore del Ministero dello sviluppo economico, degli immobili siti nel Comune di Muro Lucano e di Castelgrande nell'ambito del progetto n. 39/60/COM/6057/02 «strada di collegamento dell'abitato di Muro Lucano con la S.S. 401 Ofantina» 2° lotto. (G.U. 9 febbraio 2018, n. 33) DECRETO LEGISLATIVO 11 gennaio 2018, n. 9 Norme di attuazione dello Statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige recanti modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381, in materia di pianificazione urbanistica.

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(G.U. 16 febbraio 2018, n. 39) DECRETO LEGISLATIVO 11 gennaio 2018, n. 10 Norme di attuazione dello Statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige, recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 574, in materia di esercizio delle funzioni notarili in provincia di Bolzano. (G.U. 16 febbraio 2018, n. 39) MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI DECRETO 8 novembre 2017 Approvazione delle variazioni ed integrazioni del programma di interventi finanziati con le risorse di cui all'art. 9, della legge 30 novembre 1998, n. 413, rifinanziate dall'art. 36, comma 2, della legge 1° agosto 2002, n. 166, per la realizzazione di opere infrastrutturali di ampliamento, ammodernamento e riqualificazione dei porti e approvazione della ripartizione delle risorse. (G.U. 19 febbraio 2018, n. 41) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO Espropriazione definitiva in favore del Ministero dello sviluppo economico degli immobili siti nel comune di Calitri, nell'ambito del progetto n. 39/40/COM/6064 «svincolo sulla viabilità Calitri SS 401 Ofantina». (G.U. 20 febbraio 2018, n. 42) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO Espropriazione definitiva in favore del Ministero dello sviluppo economico degli immobili siti nel comune di Calitri, nell'ambito del progetto n. 39/40/COM/6012 «opere di infrastrutturazione del nucleo industriale di Nerico». (G.U. 20 febbraio 2018, n. 42) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO Espropriazione definitiva in favore del Ministero dello sviluppo economico degli immobili siti nel comune di Calitri, nell'ambito del progetto n. 39/40/COM/6063 «strada di collegamento dell'abitato di Calitri SS 401 Ofantina». (G.U. 20 febbraio 2017, n. 42) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO Espropriazione definitiva in favore del Ministero dello sviluppo economico degli immobili siti nel comune di Rapone, nell'ambito del progetto n. 39/60/6069 «strada di collegamento tra l'abitato di Muro Lucano con la SS Ofantina e l'abitato di Rapone». (G.U. 20 febbraio 2018, n. 42) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO Espropriazione definitiva in favore del Ministero dello sviluppo economico degli immobili siti nel comune di Calitri, nell'ambito del progetto n. 39/40/6006 «opere di infrastrutturazione del nucleo industriale di Calitri». (G.U. 20 febbraio 2018, n. 42) MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI DECRETO 17 gennaio 2018 Aggiornamento delle «Norme tecniche per le costruzioni». (G.U. 20 febbraio 2017, n. 42, S.O., n. 8) MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA DECRETO 21 dicembre 2017 Individuazione degli enti beneficiari delle risorse relative al fondo di cui all'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, per interventi di messa in sicurezza e di adeguamento sismico degli edifici scolastici. (Decreto n. 1007). (G.U. 20 febbraio 2018, n. 42, S.O., n. 9) MINISTERO DELLA DIFESA COMUNICATO Espunzione dall'elenco degli alloggi da alienare di talune unità abitative ubicate nel comune di Portogruaro (G.U. 21 febbraio 2018, n. 43) MINISTERO DELLA DIFESA COMUNICATO Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di un immobile denominato «Villaggio della Pace», in Vicenza (G.U. 21 febbraio 2018, n. 43) MINISTERO DELLA DIFESA COMUNICATO Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di un immobile denominato «Ex Deposito Materiali da Ponte», in Cremona. (G.U. 21 febbraio 2018, n. 43)

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MINISTERO DELLA DIFESA COMUNICATO Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di un immobile denominato «Ex Poligono di Tiro», in Tarvisio (G.U. 21 febbraio 2018, n. 43) MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI DECRETO 14 febbraio 2018 Modifiche al decreto 2 ottobre 2008, recante: «Istituzione dell'area VTS e dell'autorità VTS dello Stretto di Messina». (G.U. 23 febbraio 2018, n. 45) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE COMUNICATO Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di un ex casello idraulico, in Revere (G.U. 24 febbraio 2018, n. 46) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO Espropriazione definitiva, in favore del Ministero dello sviluppo economico, degli immobili siti nel Comune di Calitri nell'ambito del progetto n. 39/40/COM/6063 «Strada di collegamento dell'abitato di Calitri con la S.S. 401 Ofantina». (G.U. 28 febbraio 2018, n. 49) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO Espropriazione definitiva, in favore del Ministero dello sviluppo economico, degli immobili siti nel Comune di Muro Lucano nell'ambito del progetto n. 39/60/COM/6062 «Strada di collegamento dell'Area industriale di Baragiano con l'abitato di Muro Lucano». (G.U. 28 febbraio 2018, n. 49) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO Espropriazione definitiva, in favore del Ministero dello sviluppo economico, degli immobili siti nel Comune di Muro Lucano nell'ambito del progetto n. 39/60/COM/6057/02 «Strada di collegamento dell'abitato di Muro Lucano con la S.S. 401 Ofantina» 2° lotto. (G.U. 28 febbraio 2018, n. 49) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO Espropriazione definitiva, in favore del Ministero dello sviluppo economico, degli immobili siti nel Comune di Muro Lucano nell'ambito del progetto n. 39/60/COM/6057/02 «Strada di collegamento dell'abitato di Muro Lucano con la S.S. 401 Ofantina» 2° lotto e revoca trasferimento delle particelle n. 351 e n. 446 del foglio 44 in agro del Comune di Muro Lucano. (G.U. 28 febbraio 2018, n. 49) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 22 gennaio 2018, n. 13 Regolamento recante la definizione delle condizioni di esercizio dei condhotel, nonché dei criteri e delle modalità per la rimozione del vincolo di destinazione alberghiera in caso di interventi edilizi sugli esercizi alberghieri esistenti e limitatamente alla realizzazione della quota delle unità abitative a destinazione residenziale, ai sensi dell'articolo 31 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164. (G.U. 6 marzo 2018, n. 54) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE COMUNICATO Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di un terreno in agro sito nel comune di Bojano. (G.U. 13 marzo 2018, n. 60) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO Espropriazione definitiva in favore del Ministero dello sviluppo economico degli immobili siti nel Comune di Rapone, nell'ambito del progetto n. 39/60/6069 «strada di collegamento tra l'abitato di Muro Lucano con la S.S. Ofantina e l'abitato di Rapone». (G.U. 13 marzo 2018, n. 60) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO Espropriazione definitiva in favore del Ministero dello sviluppo economico degli immobili siti nel Comune di Muro Lucano, nell'ambito del progetto n. 39/60/COM/6062 «strada di collegamento dell'Area industriale di Baragiano con l'abitato di Muro Lucano». (G.U. 13 marzo 2018, n. 60) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO

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Espropriazione definitiva in favore del Ministero dello sviluppo economico degli immobili siti nel Comune di Calitri, nell'ambito del progetto n. 39/40/6006 «Opere di infrastrutturazione del nucleo industriale di Calitri». (G.U. 13 marzo 2018, n. 60) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO Espropriazione definitiva in favore del Ministero dello sviluppo economico degli immobili siti nel Comune di Muro Lucano, nell'ambito del progetto n. 39/60/COM/6057/03-01 «strada di collegamento dell'abitato di Muro Lucano con la S.S. 401 Ofantina» 3° lotto 1° stralcio. (G.U. 13 marzo 2018, n. 60) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI COMUNICATO Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di beni demaniali siti nel Comune di Castiglione della Pescaia (G.U. 14 marzo 2018, n. 61) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI COMUNICATO Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di bene demaniale sito nel Comune di Agro di Foggia (G.U. 14 marzo 2018, n. 61) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI COMUNICATO Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di beni demaniali siti nel Comune di S. Donà di Piave (G.U. 14 marzo 2018, n. 61) ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA COMUNICATO Indici dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, relativi al mese di gennaio 2018, che si pubblicano ai sensi dell'articolo 81 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), ed ai sensi dell'articolo 54 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica). (18A01803) (G.U. 15 marzo 2018, n. 62) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE COMUNICATO Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di un fosso canale nel comune di Fermo (G.U. 17 marzo 2018, n. 64)

Pubblica Amministrazione DECRETO LEGISLATIVO 15 dicembre 2017, n. 233 Norme di adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 2015/760 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015, relativo ai fondi di investimento europei a lungo termine. (G.U. 13 febbraio 2018, n. 36) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - DIPARTIMENTO PER LE POLITICHE DELLA FAMIGLIA COMUNICATO Rivalutazione, per l'anno 2018, della misura e dei requisiti economici dell'assegno per il nucleo familiare numeroso e dell'assegno di maternità. (G.U. 13 febbraio 2018, n. 36) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 13 febbraio 2018 Modalità di attuazione delle disposizioni in materia di contrasto alle frodi nel settore degli olii minerali. (G.U. 17 febbraio 2018, n. 40) MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI COMUNICATO Approvazione della delibera n. 130/2017 adottata dal Consiglio di amministrazione della Cassa italiana di previdenza ed assistenza dei geometri liberi professionisti del 4 ottobre 2017. (G.U. 19 febbraio 2018, n. 41) MINISTERO DELLA SALUTE DECRETO 18 gennaio 2018 Indizione della «Giornata per la donazione degli organi», per l'anno 2018. (G.U. 21 febbraio 2018, n. 43) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 11 gennaio 2018 Istituzione di una cabina di regia con il compito di coordinare le politiche di governo e le azioni di promozione ed indirizzo delle attività degli enti del terzo settore. (G.U. 23 febbraio 2018, n. 45)

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MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 11 dicembre 2017 Approvazione del «Piano d'azione nazionale per l'efficienza energetica - PAEE 2017». (G.U. 23 febbraio 2017, n. 45) AGENZIA PER L'ITALIA DIGITALE COMUNICATO Pubblicazione sul sito istituzionale della determina n. 37/2018, inerente il regolamento concernente le procedure interne all'Agenzia per l'Italia digitale aventi rilevanza esterna, finalizzate allo svolgimento dei compiti relativi al difensore civico per il digitale. (G.U. 23 febbraio 2018, n. 45) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 22 dicembre 2017 Aggiornamento a metodologie invariate dei fabbisogni standard dei comuni per il 2018. (G.U. 27 febbraio 2018, n. 48, S.O., n. 10) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 14 febbraio 2018 Riparto del fondo per l'operatività del soccorso pubblico. (G.U. 5 marzo 2018, n. 53) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 22 dicembre 2017 Modalità di funzionamento del Fondo nazionale per l'efficienza energetica. (G.U. 6 marzo 2018, n. 54) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO COMUNICATO Accordo di programma tra il Ministero dello sviluppo economico - Direzione generale per il mercato elettrico, le rinnovabili e l'efficienza energetica, il nucleare e il CNR-DIITET (G.U. 8 marzo 2018, n. 56) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 15 gennaio 2018, n. 15 Regolamento a norma dell'articolo 57 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante l'individuazione delle modalità di attuazione dei principi del Codice in materia di protezione dei dati personali relativamente al trattamento dei dati effettuato, per le finalità di polizia, da organi, uffici e comandi di polizia. (G.U. 14 marzo 2018, n. 61)

Sicurezza MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 18 dicembre 2017 Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 21 luglio 1982, n. 741, in recepimento della direttiva 2016/2037/UE del 21 novembre 2016, che modifica la direttiva 75/324/CEE del Consiglio per quanto riguarda la pressione massima ammissibile dei generatori aerosol e adegua le sue disposizioni concernenti l'etichettatura al regolamento CE n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele. (G.U. 5 febbraio 2018, n. 29) DECRETO LEGISLATIVO 15 dicembre 2017, n. 231 Disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori e l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del medesimo regolamento (UE) n. 1169/2011 e della direttiva 2011/91/UE, ai sensi dell'articolo 5 della legge 12 agosto 2016, n. 170 «Legge di delegazione europea 2015». (G.U. 8 febbraio 2018, n. 32) MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 29 gennaio 2018 Modello di certificato, modalità e termini per l'attribuzione, a decorrere dall'anno 2018, del contributo spettante ai comuni per la realizzazione di opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio. (G.U. 8 febbraio 2018, n. 32) MINISTERO DELL'INTERNO COMUNICATO Riconoscimento e classificazione di un prodotto esplosivo (G.U. 9 febbraio 2018, n. 33) MINISTERO DELL'INTERNO COMUNICATO Classificazione di un prodotto esplosivo (G.U. 9 febbraio 2018, n. 33)

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MINISTERO DELL'INTERNO COMUNICATO Classificazione di un prodotto esplosivo (G.U. 9 febbraio 2018, n. 33) MINISTERO DELL'INTERNO COMUNICATO Classificazione di alcuni prodotti esplosivi (G.U. 9 febbraio 2018, n. 33) MINISTERO DELL'INTERNO COMUNICATO Classificazione di un prodotto esplosivo (G.U. 9 febbraio 2018, n. 33) MINISTERO DELL'INTERNO COMUNICATO Classificazione di alcuni prodotti esplosivi (G.U. 9 febbraio 2018, n. 33) MINISTERO DELL'INTERNO COMUNICATO Riconoscimento e classificazione di alcuni prodotti esplosivi (G.U. 9 febbraio 2018, n. 33) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 31 gennaio 2018 Integrazioni al decreto 17 marzo 2017, recante l'approvazione dell'elenco degli esplosivi, degli accessori detonanti e dei mezzi di accensione riconosciuti idonei all'impiego nelle attivita' estrattive, per l'anno 2018. (G.U. 15 febbraio 2018, n. 38) MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI DECRETO 7 febbraio 2018 Revisione degli allegati A e B del decreto 4 maggio 2017, inerente: «Aggiornamento dei programmi del corso di formazione per il conseguimento delle competenze di livello direttivo per gli ufficiali di coperta e di macchina di cui al decreto dirigenziale 4 dicembre 2013». (Decreto dirigenziale n. 130/2018). (18A01290) (G.U. 24 febbraio 2018, n. 46) ENTE NAZIONALE PER L'AVIAZIONE CIVILE COMUNICATO Regolamento di «Affidamento aeroporti demaniali per l'aviazione generale» (G.U. 24 febbraio 2018, n. 46) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 23 febbraio 2018 Integrazioni al decreto direttoriale 17 marzo 2017, recante l'approvazione dell'elenco degli esplosivi, degli accessori detonanti e dei mezzi di accensione riconosciuti idonei all'impiego nelle attività estrattive, per l'anno 2018. (G.U. 9 marzo 2018, n. 57) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI COMUNICATO Attività antincendio boschivo per il 2018. Raccomandazioni operative per un più efficace contrasto agli incendi boschivi, di interfaccia ed ai rischi conseguenti. (G.U. 9 marzo 2018, n. 57) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 20 dicembre 2017, n. 239 Regolamento recante attuazione della direttiva 2014/90/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 luglio 2014 sull'equipaggiamento marittimo che abroga la direttiva 96/98/CE. (G.U. 10 marzo 2018, n. 58) MINISTERO DELLA DIFESA DECRETO 2 marzo 2018 Approvazione del nuovo elenco dei materiali d'armamento da comprendere nelle categorie previste dall'articolo 2, comma 2, della legge 9 luglio 1990, n. 185, in attuazione della direttiva (UE) 2017/2054. (G.U. 13 marzo 2018, n. 60) MINISTERO DELL'INTERNO COMUNICATO Classificazione di un manufatto esplosivo (G.U. 19 marzo 2018, n. 65) MINISTERO DELL'INTERNO

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COMUNICATO Classificazione di alcuni prodotti esplodenti (G.U. 19 marzo 2018, n. 65) MINISTERO DELL'INTERNO COMUNICATO Classificazione di un manufatto esplosivo (G.U. 19 marzo 2018, n. 65) MINISTERO DELL'INTERNO COMUNICATO Classificazione di un manufatto esplosivo (G.U. 19 marzo 2018, n. 65) MINISTERO DELL'INTERNO COMUNICATO Classificazione di alcuni manufatti esplosivi (G.U. 19 marzo 2018, n. 65)

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Agevolazioni

Corte di Cassazione - Sentenza n. 2565/2018

NOTA

Sì al bonus "prima casa" se immobile già posseduto non è abitabile Il bonus "prima casa" spetta al soggetto che acquista una nuova casa pur avendo già un immobile che tuttavia non abbia le caratteristiche per essere qualificato come "abitazione". Lo chiarisce la Cassazione con la sent. n. 2565/2018. La Corte si è trovata alle prese con un contribuente a cui era stata negata l'agevolazione in quanto secondo le Entrate, dall'esame del D.P.R. 131/1986 emergeva chiaramente che il solo fatto di possedere altro immobile fosse condizione ostativa alla concessione dello sconto sul fronte dell'imposta del registro. I Supremi giudici hanno, invece, dato ragione al contribuente seguendo un orientamento costituzionalmente orientato. In base a quest'ultimo "la possidenza di una casa di abitazione costituisce ostacolo alla fruizione di agevolazioni fiscali per il successivo acquisto di un'altra casa ubicata nello stesso comune soltanto se la prima delle due case sia già idonea a soddisfare le esigenze abitative dell'interessato". Di qui il principio di diritto secondo cui in tema di agevolazioni prima casa l'idoneità della casa di abitazione pre-posseduta va valutata in senso oggettivo (effettiva inabitabilità), che in senso soggettivo (fabbricato inadeguato per dimensioni o caratteristiche qualitative), nel senso che "ricorre l'applicazione del beneficio anche all'ipotesi di disponibilità di un alloggio che non sia concretamente idoneo, per dimensioni e caratteristiche complessive, a soddisfare le esigenze abitative dell'interessato". (Il Sole 24ORE – Estratto da “Tecnici24”, 1 marzo 2018)

Condominio ed Immobili

Tribunale di Roma - Sentenza 16 febbraio 2018, n. 3448

NOTA Infiltrazioni causati dalla rottura della rete fognaria comune, paga il condominio Il condominio, in qualità di proprietario della colonna di scarico condominiale e della tubazione di adduzione idrica, è obbligato ad esercitare un effettivo e non occasionale obbligo di vigilanza e custodia al medesimo. Di conseguenza, in relazione ai danni cagionati, è tenuto sia alla eliminazione della causa dei medesimi che al loro risarcimento. Non ha dubbi il Tribunale di Roma che, con la sentenza n. 3448 del 16 febbraio 2018, ha condannato il Condominio a risarcire il proprietario dell’immobile danneggiato da infiltrazioni, provenienti dalla rete fognaria condominiale.

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I fatti. La società proprietaria di immobile citava in giudizio il Condominio per sentirlo condannare all’esecuzione delle opere necessarie ad eliminare le infiltrazioni presenti nel proprio appartamento, causate dal malfunzionamento della rete fognaria comune, e per il risarcimento dei danni subiti. Il Condominio si difendeva sostenendo di non essere responsabile delle infiltrazioni, causate, a suo dire, da caso fortuito. In realtà, dalla CTU espletata è emersa l’effettiva sussistenza degli ammaloramenti lamentati dalla condomina e la presenza di infiltrazioni attive, determinate proprio dalla rottura del gomito della colonna di scarico condominiale. Il consulente del giudice ha accertato altresì la “presenza di un ammaloramento con macchiature e muffe nel tratto orizzontale della tubazione di adduzione idrica che, dall’esterno del fabbricato, attraversava la muratura portante dello stesso, proseguiva verticalmente attraverso il solaio tra il piano interrato ed il piano terra e si collegava al contatore posto nell’androne condominiale. Detto ammaloramento era stato determinato dalla condensa prodotta da tale tubazione, evidentemente priva di coibentazione”. Di detti danni – secondo il Tribunale - deve rispondere il Condominio ai sensi dell’art. 2051 c.c. La responsabilità del Condominio risiede nel dovere di custodia, definito come “potere di fatto sulla cosa, di regola corrispondente ad una situazione giuridica che sia almeno di detenzione qualificata e che conferisce al custode la possibilità e l’obbligo, in concreto, di escludere dalla cosa ogni situazione di pericolo che possa ragionevolmente rappresentarsi secondo criteri di normalità in un determinato contesto storico e sociale”. Tale responsabilità va esclusa solo nelle ipotesi in cui ricorra il caso fortuito, cioè “il fatto estraneo alla sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità”. Circostanza non ravvisabile nel caso in esame. Il condominio, in particolare, in qualità di proprietario della colonna di scarico condominiale e della tubazione di adduzione idrica, era obbligato ad esercitare un effettivo e non occasionale obbligo di vigilanza e custodia al medesimo. In relazione ai conseguenti danni cagionati è dunque tenuto sia all’eliminazione della causa che al loro risarcimento. (Giuseppe Donato Nuzzo, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Tecnici24, 12 marzo 2018)

Tribunale di Milano - Sentenza 1035/2018

NOTA Canna fumaria: va rimossa se antiestetica e vietata dal regolamento Deve essere rimossa la canna fumaria che nuoce all'estetica del fabbricato ed il cui posizionamento è contrario alle norme di legge ed al regolamento di condominio. Non è possibile invocare l'articolo 1102 cc per installare una canna fumaria al muro perimetrale di un edificio condominiale quando questa apporti modifiche della cosa comune che “sfregiano” la facciata. Fenomeno - quest'ultimo - che si verifica non solo quando si mutano le originali linee architettoniche ma anche nel caso in cui la nuova opera si rifletta negativamente sull'insieme dell'armonico aspetto dello stabile a prescindere dal particolare pregio estetico dell'edificio, derivando necessariamente anche un pregiudizio economico dalla menomazione del decoro architettonico del fabbricato che ne costituisce una qualità essenziale. Con atto di citazione un condominio convocava dinanzi al Tribunale di Milano la società proprietaria di un locale commerciale e la conduttrice dei locali al piano terra dello stabile, sostenendo che le società convenute avevano apposto sul muro comune del condominio, nonostante l'autorizzazione negata da ben due delibere assembleari, una canna fumaria che costituiva un autentico sfregio della facciata, come vietato peraltro dall'articolo 8 del regolamento condominiale. Instaurato il contraddittorio anche nei confronti di una terza società (poi rimasta contumace) che

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aveva concesso in locazione finanziaria l'unità immobiliare, il Giudice adito disponeva una Consulenza Tecnica d'Ufficio. Nella specie la CTU evidenziava l'avvenuta realizzazione di una canna fumaria a servizio di un forno a legna dell'esercizio commerciale posto al piano terra. Il consulente riferiva che “la canna fumaria ha un andamento dapprima verticale, sin sotto la gronda, quindi obliquo, poi poggia sulla copertura, sino al colmo, indi di nuovo verticale, per circa un metro oltre il colmo”. Era emerso poi che il percorso verticale lungo la facciata condominiale ben visibile dall'esterno, modificava e strideva con il contesto generale dell'edificio. Inoltre la CTU evidenziava che “l'attuale canna fumaria, soprattutto per il suo andamento, costituisce un evidente detrattore estetico del fabbricato. In particolare, la geometria che la canna assume nello scavalcamento della gronda e la posizione della stessa in aderenza al manto di copertura sono in stridente contrasto con i più elementari canoni estetici”. Inoltre sussisteva, sempre secondo il perito del Giudice, una contrarietà del posizionamento della canna fumaria alle norme di legge tale da determinarne l'inidoneità della stessa per le sue caratteristiche sia realizzative che specifiche (la canna fumaria è risultata priva della placca camino ed aveva più di due cambiamenti di direzione, nonché angoli di inclinazione maggiori di 45°). Il Tribunale di Milano, in virtù di tali motivazioni, con propria Sentenza n. 1035/2018 dichiarava cessata la materia del contendere stante che nel corso del giudizio la canna fumaria era stata rimossa e così condannava la sola proprietà alla rifusione parziale delle spese di lite per difetto della prova della imputabilità della conduttrice. Rigettava ogni altra richiesta di risarcimento danni. In sostanza la Sentenza ha verificato: a) che la canna fumaria installata dalle convenute aveva la funzione di smaltire i fumi provenienti dal forno ubicato nel locale di proprietà delle medesime; b) la illegittimità della installazione, avendo riscontrato che la stessa era lesiva del decoro architettonico della facciata dell'edificio (vedasi anche Cass Civ. n. 10350/2011) sancito anche dal regolamento di condominio, nonché delle norme di legge sulla sicurezza; Al riguardo il Giudice ha evidenziato che, per le dimensioni, l'andamento e le caratteristiche del manufatto che dal piano terra percorreva tutta la facciata dell'edificio condominiale, l'installazione della canna fumaria incideva sull'aspetto e sull'armonia della facciata del fabbricato con conseguente inappellabilità - da parte delle convenute - dell'articolo 1102 c.c. (Luca Bridi, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Quotidiano del Condominio”, 9 marzo 2018)

Corte di Cassazione – Sentenza 5323/2018

NOTA La macchia d’umidità non è un «grave difetto» di costruzione Non è raro trovare, nell'universo condominiale, problematiche legate all'acquisto di immobili nei quali si riscontrano difetti di costruzione. Come nell'ordinanza 5233 del 2018, nella quale la Cassazione ha esaminato il ricorso di un condòmino per riformare la pronuncia di primo grado nella quale era stata rigettata la sua domanda, volta a ottenere la condanna della società Immobiliare alla eliminazione dei gravi difetti di costruzione che presentava l'immobile vendutogli o, in alternativa, al pagamento delle somme necessarie all'eliminazione dei difetti. Il ricorrente sosteneva che i giudici di merito avevano erroneamente omesso di pronunciarsi sulla domanda di danni relativa al rivestimento esterno del fabbricato, ritenendo che tale difetto di

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costruzione non fosse stato mai denunciato. Inoltre, per il ricorrente, la Corte territoriale aveva, con riferimento agli altri vizi denunciati dall'attore, erroneamente inteso il concetto di “gravi difetti”. Per la Cassazione, il primo motivo è risultato fondato, in quanto, con la domanda introduttiva, l'attore aveva lamentato tracce di umidità nel proprio immobile e chiesto la condanna della convenuta alla eliminazione dei difetti di costruzione o al pagamento delle somme necessarie per eliminare tali difetti, dovendosi in tale domanda ritenersi compresa la richiesta di eliminazione della causa delle infiltrazioni come individuata dalla perizia (mancata installazione di rete di protezione e armatura nel rivestimento esterno), causa altrimenti non accertabile se non mediante apposite verifiche tecniche. Il secondo motivo è, invece, risultato infondato, in quanto i giudici di appello si sono conformati al principio secondo cui i gravi difetti che fanno sorgere la responsabilità dell'appaltatore nei confronti del committente consistono in quelle alterazioni che, in modo apprezzabile, riducono il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone la normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura, mentre l'accertamento in concreto circa la idoneità dei difetti riscontrati ad integrare i “gravi difetti” costituisce accertamento di merito sottratto al sindacato di legittimità. La Cassazione ha, perciò, accolto il primo motivo di ricorso e rigettato il secondo, cassando quest'ultimo in relazione alla censura accolta e rinviandolo, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad un'altra sezione della Corte di appello. (Valeria Sibilio, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Quotidiano del Condominio”, 8 marzo 2018)

Edilizia e Urbanistica

Tribunale Amministrativo Regionale – Lombardia - Brescia - Sentenza 14 febbraio 2018 n. 180

NOTA Ampliamenti più facili per l'industria: ok del Tar alle varianti semplificate Per il Tar Brescia l’utilizzo della variante semplificata è legittimo anche per l’ampliamento di edifici già esistenti È ammissibile il ricorso alla variante semplificata, disciplinata dal Dpr 160/2010, nel caso di ampliamento di uno stabilimento esistente, che per forza di cose non può essere fatto altrove. È quanto statuisce il Tar Brescia con la sentenza 180 del 14 febbraio scorso che precisa che i Comuni, in queste circostanze, non sono tenuti a effettuare indagini approfondite sulla possibilità di ritrovare altrove l’area e quindi motivare di conseguenza. La variante semplificata è prevista dall’articolo 5 del Dpr 447/1988, poi trasfuso nell’articolo 8 del Dpr 160/2010 con cui il legislatore ha voluto introdurre una misura di semplificazione urbanistica per agevolare l’inserimento di strutture produttive nel territorio comunale. I presupposti per ricorrere alla variante light sono due: - l’assenza o l’insufficienza di aree destinate all’insediamento di impianti produttivi nel piano regolatore; - l’esistenza di un progetto volto all’attivazione di un’attività produttiva. In presenza di questi presupposti, colui che vuole insediare in una certa area un’attività produttiva (o vuole ampliarla) può attivare la procedura dell’articolo 8 del Dpr 160/2010 (che in alcune Regioni viene dettagliata attraverso previsioni regionali) in luogo della più complessa procedura ordinaria, che vuole l’approvazione di una variante urbanistica secondo il medesimo iter stabilito dalla normativa regionale per l’approvazione del piano regolatore, con un allungamento dei tempi e

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l’acquisizione di pareri in forma più complessa. La variante semplificata, invece, si concentra nello svolgimento di una conferenza di servizi, in seduta pubblica, con tutte le amministrazioni interessate, inclusa la Regione. Se la conferenza di servizi approva la variante con l’assenso del rappresentante regionale, il verbale viene votato in Consiglio comunale. Uso esteso della procedura Nella prassi si registra una tendenza ad allargare le maglie applicative della procedura semplificata e, per questo, la giurisprudenza è stata spesso chiamata a intervenire valutando, caso per caso, se il ricorso all’articolo 8 del Dpr 160/2010 fosse legittimo o meno. Il caso esaminato dal Tar Brescia, ha riguardato la possibilità che anche gli ampliamenti alle attività esistenti possano beneficiare della variante semplificata. E quali accertamenti devono fare i Comuni nel caso, appunto, di ampliamenti: sono tenute a un controllo di dettaglio circa la sufficienza di standard sull’intero territorio comunale o possono condurre un’istruttoria limitata al singolo progetto che richiede la variante? Il Tar Brescia aderisce a questa seconda ipotesi. La sentenza Il punto di partenza dei giudici lombardi è che la procedura semplificata di variante urbanistica ha carattere eccezionale e derogatorio. Sicché i Comuni devono accertare con precisione l’esistenza di questi presupposti, in modo oggettivo, in relazione al singolo progetto (Consiglio di Stato, sezione IV sentenza 4473 del 26 settembre 2017). Ma il Tar ricorda anche la ratio della normativa, ossia il favor per lo sviluppo delle attività produttive. Nozione che per il Tar comprende tutte le attività di impresa, quindi l’utilizzo della variante semplificata è legittimo anche per l’ampliamento di edifici già esistenti. Il presupposto dell’impossibilità di reperire aree deve essere puntualizzato e riferito allo specifico progetto per cui viene avviata la procedura semplificata (Consiglio di giustizia amministrativa siciliano, sentenza 479 del 23 dicembre 2016). Per il giudici lombardi l’iter istruttorio deve contemperare anche l’interesse del privato (e quindi la fattibilità dello specifico progetto) a favorire una comoda ed efficace espansione dell’attività produttiva e, per tale ragione, è irrilevante che nel territorio comunale vi siano altre aree produttive, atteso che l’ampliamento presuppone la costruzione nelle vicinanze dell’attività esistente.

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(Carmen Chierchia, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Norme e Tributi”, 19 marzo 2018)

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Consiglio di Stato - Sezione IV - Sentenza 8 marzo 2018 n. 1486

NOTA Il garage può essere trasformato in residenza? Il giudice amministrativo è chiamato ad esprimersi sulla legittimità delle opere che hanno permesso di trasformare un garage interrato in un immobile residenziale a piano strada dotato di tutti i servizi. Tale trasformazione può essere assentita tramite DIA in corso d'opera? Nel caso in cui le opere risultino realizzate in difformità alle DIA, quale sarebbe la sanzione applicabile? Tutto parte con una concessione edilizia A dicembre del 2002 viene presentata, su area sottoposta a vincolo paesaggistico, una concessione edilizia per la realizzazione di una villa su due livelli, di cui uno interrato, destinato a garage. Successivamente (maggio e settembre del 2003) vengono presentate due distinte DIA relative a una diversa realizzazione del piano interrato, una diversa sistemazione esterna e dei terrazzamenti della parte a monte della villa, una diversa destinazione d'uso del piano interrato, che viene trasformato da garage a deposito e cantina, previa realizzazione del w.c.. A seguito di un sopralluogo effettuato dalla polizia urbana, l'amministrazione accerta che il piano interrato era stato trasformato in una residenza, essendo stato realizzato "completamente scoperto a quota stradale" e dotato di "…tutti gli impianti tecnologici di normale uso: idrico, doccia, elettrico, tv e di emergenza...". Di conseguenza, il Comune emette determinazione dirigenziale disponendo la sospensione dei lavori e la demolizione con ripristino dello stato dei luoghi. Il provvedimento viene impugnato dinanzi al TAR partenopeo. Il parere del TAR Il TAR Napoli ritiene che le opere debbano essere qualificate come ristrutturazione edilizia; essendo state realizzate in assenza di un titolo edilizio, per di più in area sottoposta a vincolo, debbano essere considerate abusive. Di conseguenza, ritiene legittimo il comportamento dell'amministrazione comunale che ha ordinato il ripristino dello stato dei luoghi (TAR Napoli, Sez. IV, sentenza 26 giugno 2009, n. 3528). La tesi del proprietario: le opere sono state assentite con DIA Il proprietario impugna il verdetto di primo grado. Le opere sarebbero del tutto legittime in quanto assentite tramite DIA, diventa efficace a seguito del decorso del termine assegnato per l'esercizio del potere inibitorio. Ritiene, inoltre, che la realizzazione degli impianti non sia significativa ai fini della determinazione della destinazione d'uso dell'immobile. Sostiene che, ove l'amministrazione ivoglia contestare l'esistenza di eventuali difformità tra le opere assentite e quelle effettvamente realizzate, sarebbe applicabile una semplice sanzione pecuniaria e non la demolizione. Vietato il cambio di destinazione Il Consiglio di Stato (sezione IV), con la sentenza dell'8 marzo 2018 n. 1486 rigetta il ricorso e conferma la sentenza di primo grado. Secondo la concessione edilizia rilasciata, l'immobile doveva essere composto da un piano interrato e dal piano terra. Le DIA, poi, indicavano piccole modifiche (spostamento della porta del garage), una diversa sistemazione esterna, una diversa destinazione d'uso del piano interrato, da garage a deposito e cantina con w.c. Difformemente da quanto assentito con la concessione edilizia, quello che doveva essere un piano interrato è stato trasformato in un locale completamente fuori terra. Tale trasformazione, secondo il giudice d'appello, non può essere realizzata in base a semplice DIA. La sanzione applicabile Nel caso in esame viene accertata, quindi, l'esistenza di una difformità tra quanto assentito con la concessione edilizia e quanto realizzato. Le rilevate difformità, inoltre, non avrebbero potuto essere assentite tramite DIA. A questo punto occorre chiedersi quali siano le sanzioni applicabili. Secondo il giudice d'appello, le opere realizzate in difformità dalla concessione edilizia e dalle DIA, in zona assoggettata a vincolo paesistico, rendono applicabile l'articolo 27, comma 2, del Dpr n. 380/2001. Tale norma prevede che il dirigente comunale che accerti l'esistenza di opere abusive in area vincolata debba ordinarne la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi. In tale ottica, l'ordinanza

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dirigenziale di demolizione non solo appare assolutamente legittimità, ma anche espressione di attività vincolata. (Donato Palombella, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Quotidiano del Condominio”, 16 marzo 2018)

Consiglio di Stato - Sezione IV - Sentenza 9 marzo 2018 n. 1518

NOTA Vietato realizzare volumi superiori a quelli espressi dal lotto Il confinante è legittimato ad impugnare il titolo edilizio rilasciato al vicino che abbia utilizzato una volumetria superiore a quella espressa dal suolo secondo la disciplina edilizia e urbanistica vigente. Il Consiglio di Stato interviene per porre fine ad una diatriba certamente complessa che coinvolge l'ufficio legale del comune, il titolare del permesso di costruire e il confinante. Il progetto prevede la demolizione delle preesistenze La vicenda nasce nel dicembre del 2000, quando il proprietario di un suolo chiede il rilascio della concessione edilizia per la realizzazione di una nuova costruzione. Per poter utilizzate l’intera volumetria espressa dal lotto (pari a complessivi 780 mc) il progetto prevede la demolizione dei manufatti preesistenti. A fronte dei volumi totali espressi dal lotto, il comune rilascia una concessione edilizia per 778 mc sul presupposto che i volumi preesistenti debbano necessariamente essere demoliti. Ma la demolizione? Ottenuta la concessione e realizzate le opere assentite, il Comune scopre che le preesistenze non erano state affatto demolite e, di conseguenza, avvia un procedimento sanzionatorio contestando la violazione dell'art 31 del D.P.R. 380/2001; in altri termini, contesta che l'intervento sia stato realizzato in difformità o con variazioni essenziali rispetto al progetto assentito. Per evitare la sanzione e “sanare” le opere non demolite, il proprietario chiede, a dicembre del 2004, il rilascio di un titolo edilizio in sanatoria ai sensi dell'art. 32 del D.L. 269/2003 come convertito nella legge 326/2003. Il vicino lamenta la mancata demolizione A questo punto un vicino, il classico “Pierino della situazione”, segnala al comune che i manufatti non potevano essere condonati in quanto i relativi volumi erano stati realizzati in maniera del tutto legittima. L'irregolarità non riguardava le preesistenze, bensì le nuove opere! Queste ultime sarebbero da considerare illegittime in quanto realizzate in difformità dal progetto assentito che prevedeva la demolizione dei volumi preesistenti. Il comune rimane interdetto In un primo momento il comune rigetta l'istanza di sanatoria, poi interroga l'Ufficio Legale comunale. Questo, da un lato, fa notare che manca un "atto d'obbligo alla demolizione" ma, parallelamente, sottolinea che la demolizione delle preesistenze era prevista nell'ambito del complessivo progetto di costruzione del nuovo edificio al fine di recuperare volumetria edificabile, nei limiti di quanto consentito dallo strumento urbanistico vigente. A questo punto l'amministrazione torna sui propri passi e, nel febbraio del 2007, concede la sanatoria, subordinandola al perfezionamento di un atto di vincolo di pertinenzialità. Ottenuta la sanatoria, il proprietario chiede (e ottiene) un permesso di costruire per la demolizione e ricostruzione delle preesistenze condonate. Tale permesso viene rilasciato a marzo del 2011. Il vicino ricorre al TAR Il vicino torna alla carica ed impugna sia la sanatoria (del 2007), che il nuovo titolo edilizio (del 2011). Il TAR Brescia rigetta il ricorso in quanto la mancata demolizione delle preesistenze non poteva essere contestata dai terzi, bensì solo dal comune che, nell'ambito della propria autonomia,

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avrebbe potuto rilasciare la sanatoria. La decisione viene impugnata dal terzo confinante che ricorda come il “vecchio manufatto”, non poteva considerarsi abusivo “sin dall'origine”, bensì solo a seguito della realizzazione delle nuove opere e, quindi... non era condonabile. Il giudice d'appello legittima il terzo La Sez. VI del Consiglio di Stato, con la sent. n. 1518 del 9 marzo 2018, ritiene l’appello fondato. Il giudice d'appello cambia prospettiva: non si tratta di stabilire se il confinante abbia o meno il potere di sindacare l'esistenza di una promessa unilaterale d'obbligo contenuta nella concessione edilizia e men che meno gli effetti di un eventuale inadempimento. Più semplicemente, si tratta di stabilire se il terzo confinante sia legittimato ad impugnare la sanatoria, ed il conseguente titolo edilizio, rilasciato al vicino. In questa prospettiva, il Consiglio di Stato ritiene che il terzo possa certamente denunciare la illegittimità del titolo edilizio in sanatoria e del successivo permesso di costruire; la giurisprudenza, infatti, riconosce a chiunque si trovi in una situazione di stabile collegamento con l’area interessata dalla costruzione assentita il diritto di impugnare il titolo edilizio. Le opere alterano l'assetto dei luoghi Il manufatto in contestazione appare illegittimo in quanto comporta una alterazione dell’assetto dei luoghi, incidendo negativamente sul carico urbanistico-edilizio. Non bisogna dimenticare che il diritto alla edificazione è condizionato dal rispetto dei limiti volumetrici espressi dall'area. Nel caso in esame la demolizione delle preesistenze era imprescindibile per poter sfruttare l’intera volumetria spettante al lotto sulla base delle previsioni urbanistiche. A ben guardare, sottolinea il giudice d'appello, la demolizione del “vecchio manufatto” costituisce condizione legittimante il rilascio della concessione edilizia. L'operatività del condono Non bisogna tralasciare di considerare un elemento focale della questione. La domanda di sanatoria era stata avanzata ai sensi dell'art. 32 della Legge n.326/2003. Tale norma prevedeva la possibilità di sanare le opere abusive ultimate entro il 31 marzo 2003. Nel caso in esame, la domanda di sanatoria era stata presentata nell'anno 2007 relativamente ad opere realizzate in data successiva al 31 marzo 2003 (infatti l'abuso si era concretizzata a seguito del completamento delle opere assentite con la concessione edilizia e la mancata demolizione delle preesistenze). Questo, di per se, rende irricevibile l'istanza di sanatoria. (Donato Palombella, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Tecnici24”, 12 marzo 2018)

Tribunale Amministrativo Regionale – Piemonte - Sentenza 27 febbraio 2018 n.270

NOTA Tar Piemonte: niente silenzio-assenso sulla richiesta di permesso di costruire in deroga al Prg La possibilità che il silenzio del Comune sulla richiesta di un titolo edilizio possa essere interpretata alla stregua di un via libera ai cantieri vale solo per i permessi "ordinari" Niente silenzio-assenso sulla richiesta di permesso di costruire in deroga. La possibilità che il silenzio del Comune sulla richiesta di un titolo edilizio possa essere interpretata alla stregua di un via libera ai cantieri vale solo per i permessi "ordinari", cioè allineati alle previsioni degli strumenti urbanistici. A ribadire il principio, chiarendo i confini di applicabilità del silenzio-assenso sulle richieste di permesso per i lavori edilizi, è il Tar Piemonte con la sentenza n. 270/2018, pubblicata lo scorso 27 febbraio. La controversia nasce a fronte del ricorso presentato dai proprietari di un terreno, che intendevano realizzare cinque villette residenziali al posto di una serie di serre florovivaistiche abbandonate da anni, sfruttando anche un premio di cubatura del 10 per cento. Incassato il no del Consiglio comunale, che nel frattempo aveva anche cambiato colore politico, i proprietari hanno proposto

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ricorso al Tar contestando la decisione tardiva del Comune «essendo decorsi quasi ventuno mesi tra la data di presentazione della domanda e il provvedimento conclusivo di diniego, più del triplo di quello massimo di 180 giorni previsto dalla norma citata». Una posizione che il Tar respinge, bocciando il ricorso. Il motivo, secondo i giudici, è presto detto. L'applicabilità del silenzio-assenso alle richieste di titoli edilizi, si ricostruisce nella sentenza, vale solo per le richieste di permesso relativi a interventi edilizi in linea con le previsioni del Prg, che postulano un «permesso di costruire "ordinario", in relazione al quale l'amministrazione si limita a verificare la conformità del progetto edilizio alla normativa di settore e alla strumentazione urbanistica vigente, attraverso un'attività sostanzialmente vincolata nei propri contenuti, avendo l'amministrazione già esaurito la propria discrezionalità in sede pianificatoria, all'atto di redigere lo strumento urbanistico». Per contro, si legge ancora nella sentenza, l'istituto del silenzio-assenso «non è applicabile alla diversa fattispecie della richiesta di rilascio di un permesso di costruire "in deroga al vigente PRGC" di cui all'art. 5 comma 9 del D.L. n. 70 del 2011, dal momento che in tal caso l'amministrazione, lungi dal limitarsi a verificare la mera conformità del progetto edilizio allo strumento urbanistico vigente, è tenuta a valutare, innovativamente e con amplissima discrezionalità, se sussistano i presupposti di interesse pubblico per modificare lo strumento urbanistico vigente; il che, tra l'altro, giustifica e impone l'intervento in seno al procedimento amministrativo dell'organo consiliare, al quale soltanto competono le scelte di carattere pianificatorio e programmatorio in seno all'amministrazione comunale». Conclusione? Quando c'è in ballo il rilascio di un permesso in deroga «l'istituto del silenzio-assenso non è applicabile perché, se così non fosse, verrebbe pretermessa la necessaria valutazione degli interessi pubblici coinvolti nella pianificazione urbanistica». (Guido Salerno, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Quotidiano Edilizia e Territorio”, 6 marzo 2018)

Tribunale Amministrativo Regionale – Campania - Salerno - Sentenza 3 gennaio 2018 n.24

NOTA Permesso di costruire per l’ex lastrico solare Occorre un permesso di costruire per trasformare un “lastrico solare” in “terrazzo”: lo precisa il Tar di Salerno con la sentenza 3 gennaio 2018 n.24, relativa al Comune di Ravello. Un proprietario infatti aveva modificato tre coperture solari rendendole calpestabili e dotate di ringhiera, ma senza permesso di costruire. Di qui la sanzione irrogata dal Comune, confermata dal Tar perché esiste differenza, in termini di disciplina urbanistica, tra lastrico solare e terrazzo: il primo è una parte di un edificio che, pur praticabile e piana, resta un tetto, o quanto meno una mera copertura di ambienti sottostanti. La terrazza ha anch’essa una funzione di copertura, ma nel perimetro è delimitata da balaustre, ringhiere o muretti, cioè da elementi che rivelano una ben precisa funzione di accesso e utilizzo per utenti. Sulla base di questa distinzione, il Tar ha ritenuto che trasformare una mera superfice di copertura di un edificio residenziale, in terrazzo destinato alla libera fruizione del proprietario, con pavimentazione e apposizione di ringhiere di protezione richiede un permesso di costruire. Non basta quindi la semplice Scia (segnalazione certificata di inizio attività) né la mera comunicazione di inizio lavori (Cil), a norma dell’articolo sei del Dpr 380 del 2001. L’utilizzazione dei lastrici solari, zone piane che non consentono la presenza stabile di persone, pur essendo accessibili tramite scale o altri sistemi di accesso, diventa di particolare interesse nelle zone panoramiche, tutte le volte, che vi possa essere un sfruttamento economico di ulteriori superfici.

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Già nei rapporti tra privati la collocazione di ringhiere su un lastrico solare genera specifica servitù di veduta sulle aree adiacenti (articolo 905 del codice civile, Cassazione 15885/2005), alla quale il vicino si può opporre; quando poi si discute di titoli abilitativi e di sanzioni (pecuniarie in caso di assenza di Cia o Scia, demolitorie se manca il permesso di costruire), il discorso diventa più complesso. Infatti, occorre urbanisticamente comparare il carico urbanistico del preesistente lastrico solare rispetto all’utilizzazione come terrazzo. Secondo i giudici amministrativi, l’apposizione di una ringhiera genera appunto una significativa trasformazione urbanistica del territorio, con un aumento del carico urbanistico, a meno che non vi sia già una precedente praticabilità, calpestabilità e fruibilità dei luoghi. Tale criterio è stato applicato dal Tar Liguria 1088/2011 (per un intervento a Rapallo) e dal Tar di Napoli (16540/2010) per un intervento in zona urbana e panoramica. Il carico urbanistico sicuramente aumenta quando il lastrico solare diventa un terrazzo a servizio di un preesistente bar, collocato al livello inferiore (Tar Lazio 2676/ 004). Se invece vi è già un consistente parapetto e la presenza di un locale ascensore e “cabina acqua”, il terrazzo è già normalmente utilizzabile: lo ha deciso il Consiglio di Stato esaminando (177/2015) l’utilizzazione di un terrazzo come lounge bar di una nota casa di moda nel centro storico di Roma. Se poi altri condomini lamentano la trasformazione da sottotetto a terrazzo (Cassazione 1850/2018) l’innovazione è preclusa anche dalle norme del codice civile. (Gian Lorenzo Saporito, Guglielmo Saporito, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Norme e Tributi”, 17 febbraio 2018)

Professione

Corte di Cassazione - Sezione penale - Sentenza 20 febbraio 2018, n. 8028

NOTA La responsabilità del direttore tecnico La Cassazione Penale n. 8028 del 20 Febbraio 2018 si è pronunciata in tema di sicurezza sul lavoro riconoscendo la responsabilità del direttore tecnico della ditta appaltatrice per le violazioni di norme antinfortunistiche in quanto, seppur sprovvisto di regolare investitura, esercitava in concreto i poteri direttivi ex articolo 299 del D.Lgs. 81/08. I giudici, pur dando atto che la posizione rivestita dall’imputato (di direttore tecnico e capocantiere per conto della appaltatrice) non rientrasse tra le posizioni di garanzia espressamente previste dalle disposizioni in materia antinfortunistica e che lo stesso non era destinatario di una delega in tale ambito da parte dei titolari di dette posizioni di garanzia, lo hanno ritenuto responsabile del reato contestatogli, in base al principio di effettività vigente in materia antinfortunistica. In particolare la Corte d'appello ha sottolineato che l’imputato sovraintendeva quotidianamente e personalmente alle attività, impartiva istruzioni - anche quanto alla sicurezza del lavoro - e dirigeva gli operai, ponendosi, di fatto, in una posizione di garanzia antinfortunistica nei loro confronti, tanto da sollecitare continuamente l'utilizzo delle cinture di sicurezza e da ordinare all’operaio (poi deceduto), il pomeriggio antecedente l'infortunio, di riposizionare la fune d'acciaio di trattenuta che il lavoratore aveva rimosso. La Cassazione, confermando la posizione espressa dalla Corte d'appello, ha riconosciuto la responsabilità sulla base di un complesso di elementi, univoci e concordanti nel senso della sistematica ingerenza da parte dell’imputato nella organizzazione del lavoro, delle condizioni in cui lo stesso veniva svolto e del rispetto delle prescrizioni antinfortunistiche, sottolineandone la presenza

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costante in cantiere, l'adozione di provvedimenti organizzativi e la vigilanza (rivelatasi insufficiente) sul rispetto delle norme di sicurezza e sull'utilizzo di tutti i presidi antinfortunistici. La Cassazione ha quindi confermato la condanna dell’'imputato per omicidio colposo ex art. 589 c.p. in quanto lo stesso aveva di fatto continuato ad impartire ordini direttivi al lavoratore, poi caduto dall’alto, della ditta subappaltatrice. L’orientamento espresso dalla Suprema Corte è degno di rilievo in quanto spesso viene affermato, anche da autorevole dottrina, che il direttore tecnico, essendo semplice ausiliario del datore di lavoro, non può venire chiamato a rispondere direttamente del suo operato, proprio perché difetta di un effettivo potere decisionale. I direttori tecnici sarebbero, secondo tale orientamento, soltanto dei consulenti e i risultati dei loro studi e delle loro elaborazioni, come pacificamente avviene in qualsiasi altro settore dell'amministrazione dell'azienda (ad esempio, in campo fiscale, tributario, giuslavoristico ecc.), vengono fatti propri da chi li ha scelti sulla base di un rapporto di affidamento liberamente instaurato e della loro opera si avvale per meglio ottemperare agli obblighi di cui è esclusivo destinatario. In altre parole il direttore tecnico avrebbe il compito di coadiuvare il datore di lavoro nell'assolvimento dei suoi doveri, fornendogli quelle competenze tecniche ed organizzative di cui ha bisogno, attesa la varietà e complessità degli interventi diretti a garantire la tutela dell’ambiente, della salute e della sicurezza dei dipendenti, ma non ha autonomo obbligo di effettuare controlli sulla effettiva applicazione dei presidi antinfortunistici, in quanto privo di quella posizione di garanzia che il legislatore ha identificato espressamente in capo al datore di lavoro, al dirigente e al preposto, nell'ambito delle loro rispettive attribuzioni e competenze. Tale dottrina sostiene che solo chi è giuridicamente obbligato ad agire per attuare i precetti contenuti nella normativa sulla sicurezza e igiene sul lavoro è correlativamente il responsabile della loro violazione. Tutti gli altri soggetti, non avendo obblighi di determinarsi per realizzare la sicurezza, non possono essere chiamati a rispondere della omissione di presidi antinfortunistici obbligatori. Con questa sentenza, la Corte di Cassazione mette in discussione tali tesi e si interroga se dall'omissione di misure di prevenzione, la mancata o erronea valutazione dei rischi, l'assenza di idonee misure di prevenzione e protezione (per le quali non vi è punibilità del direttore tecnico) possa comportare una responsabilità del consulente allorquando dalle stesse derivi un infortunio. In proposito si afferma il principio in base al quale va distinto nettamente il piano delle responsabilità prevenzionali derivanti dalla violazione di norme di puro pericolo, da quello delle responsabilità per reati colposi di evento, quando cioè si siano verificati infortuni sul lavoro o tecnopatie in quanto, nel caso in cui l'errore valutativo del consulente abbia comportato non la creazione di un semplice stato di pericolo, ma la produzione di un evento lesivo dell'incolumità e della salute di un terzo, ci si trova davanti ad un reato comune di danno e la ricerca delle responsabilità va, quindi, compiuta alla stregua del normale criterio secondo cui qualunque comportamento colposo abbia contribuito a produrre l'evento lesivo, nella misura in cui tale condotta si inserisca eziologicamente nel determinismo causale, genera in chi l'ha posto in essere la responsabilità per ciò che è accaduto. Anche il direttore tecnico che «agendo con imperizia, imprudenza, negligenza o osservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato, oppure abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo così il datore di lavoro ad omettere l'adozione di una doverosa misura prevenzionale, risponderà assieme a questi dell'evento di danno derivatone, essendo a lui ascrivibile a titolo di colpa professionale che può assumere, in alcuni casi, un carattere addirittura esclusivo». Sulla scorta di tali considerazioni non è infrequente rilevare un orientamento di alcuni magistrati che, a fronte della causazione di un evento lesivo di danno occorso ad un lavoratore per omissioni di adeguati presidi antinfortunistici, oltre a rilevare la responsabilità dei soggetti obbligati giuridicamente ad attivarsi per impedire l'infortunio (datore di lavoro, dirigenti, preposti), contestino, a titolo di cooperazione colposa ex art. 113 c.p., anche al direttore tecnico la responsabilità per aver

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concorso nell'omissione, conferendo agli stessi pertanto un obbligo di attivarsi che, in realtà, non pare rinvenirsi dai principi generali del diritto penale, mancando in principio l'obbligo di attivarsi in capo al responsabile tecnico. Ad esempio, in un caso di lesioni personali colpose occorse ad una lavoratrice subordinata, feritasi utilizzando una pressa per il recupero dei rifiuti cartacei ubicata nei locali del datore di lavoro committente, è stato inscritto nel registro degli indagati anche il direttore tecnico, accusato di aver cooperato colposamente (art. 113 c.p.) con il datore di lavoro per aver omesso indicare le opportune scelte tecnico e progettuali per eliminare il pericolo insito nell'utilizzo di tale macchina. Ad un esame più approfondito della qualifica giuridica direttore tecnico è stato poi ritenuto che non vi fosse responsabilità del consulente. Il magistrato, richiedendo l'archiviazione della notizia di reato nei confronti del direttore tecnico ha scritto che, egli nella mera qualità di direttore tecnico non aveva alcun dovere di valutare la rispondenza o meno ai prescritti requisiti di sicurezza della pressa concessa in uso, né di valutare (e prevenire) eventuali rischi connessi ad attività di personale di ditte esterne operanti in regime di appalto. In altre parole, il ruolo di direttore tecnico non comporta l'assunzione di un obbligo di attivarsi per la prevenzione in quanto la mera posizione di direttore tecnico non è da sola sufficiente a creare una posizione di garanzia assimilabile a quella di un datore di lavoro, o di un dirigente, o di un preposto. Infatti, quand'anche il direttore tecnico abbia omesso di agire per controllare l'adeguatezza della macchina concessa in uso dal datore di lavoro, va tuttavia richiamato il principio secondo il quale il «non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo» (art. 40 c.p.) solo in quanto vi sia, appunto, un obbligo giuridicamente identificabile, cosa che, come si è detto sopra, non è dato rinvenire a carico del direttore tecnico. In questo caso non avrebbe nemmeno senso parlare di cooperazione colposa (Art. 113 c.p.) del direttore tecnico con il datore di lavoro, diventando questa un'ipotesi di connivenza non punibile. E infatti l'esistenza di detto obbligo impeditivo contraddistingue il concorso per omissione dalla mera connivenza, che si ha quando il soggetto assiste passivamente alla mera perpetrazione di un reato, che ha la possibilità ma non l'obbligo di impedire. Sotto il profilo della responsabilità del direttore tecnico, occorre preliminarmente rilevare come la vigente normativa demandi esclusivamente al datore di lavoro il fondamentale onere assicurare il rispetto delle norme a tutela ambientale e sanitaria, anche con riferimento alla qualità del prodotto e della prestazione realizzata e del mantenimento dell'idoneità dei beni strumentali utilizzati; pertanto, le responsabilità conseguenti alla omessa o errata individuazione delle misure fanno capo esclusivamente a lui. Analogamente, il momento esecutivo della programmazione, inteso come attuazione degli imput programmatori e vigilanza sulla loro corretta applicazione, va ripartito, sotto l’aspetto organizzativo, tra il datore di lavoro e i suoi collaboratori, vale a dire dirigenti e preposti. Assai significativo al riguardo è quanto affermato da parte delle dottrina secondo cui la non riferibilità delle norme di legge al direttore tecnico non esime lo stesso da responsabilità in caso di situazioni peculiari, e in particolare di infortuni sul lavoro causati dalla omessa o insufficiente predisposizione di mezzi di prevenzione e protezione in presenza di rischi derivanti dall’espletamento dell’attività lavorativa non individuati dal responsabile tecnico medesimo; si può ritenere che in tali casi la violazione di singole disposizioni di legge potrà costituire un profilo di colpa specifico a carico del responsabile tecnico solo qualora si dimostrasse in concreto la sussistenza dell’elemento soggettivo colposo con riferimento all’evento lesivo verificatosi; la giurisprudenza ha recentemente ritenuto che il responsabile tecnico può essere chiamato a rispondere di eventuali eventi lesivi verificatisi in azienda secondo il meccanismo dell’art. 113 c.p. Al direttore tecnico potrà dunque essere rimproverata e addebitata l’omessa segnalazione dei fattori di rischio e se tale omissione abbia avuto un ruolo causale (o concausale) nel determinismo

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dell’evento sarà chiamato a risponderne. Quando invece sia ravvisabile una delega delle funzioni e responsabilità in tema di ambiente o sicurezza da parte del datore di lavoro ad un soggetto, vuoi il direttore tecnico o altro, quest’ultimo dovrà adempiere gli obblighi previsti dalla legge e risponderà delle relative inosservanze quale responsabile della sicurezza Nell’altalenante atteggiamento che la giurisprudenza ha assunto nei confronti della responsabilità della figura del direttore tecnico a seguito di eventi infortunistici, l’orientamento espresso dalla Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza 20 febbraio 2018, n. 8028 in commento, è certamente pregnante di insegnamenti e rappresenta un importante snodo interpretativo. Vengono infatti messi chiaramente a fuoco sia i limiti delle responsabilità fra la figura del direttore tecnico e quelle del datore di lavoro, del dirigente e del preposto previste dalle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro sia il rapporto fra loro di queste figure medesime. Ma l’elemento fondante della pronuncia risulta che il direttore tecnico che sovraintende quotidianamente e personalmente alle attività proprie del suo incarico può essere chiamato a rispondere per le violazioni di norme antinfortunistiche anche nei casi in cui esso sia sprovvisto di regolare e formale investitura. (Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Cantieri24”, 7 marzo 2018)

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COSTRUZIONI IN

SICUREZZA

La resistenza al fuoco dei prodotti da costruzione Dario Zanut, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Antincendio24”, Edizione del 8 marzo 2018 Una soluzione molto utilizzata per la protezione al fuoco delle strutture è l’applicazione di controsoffittature resistenti al fuoco.

La scelta delle caratteristiche e dell’impiego del controsoffitto deve essere valutata con attenzione. Spesso è accaduto che siano stati istallati controsoffitti in condizioni differenti da quelle previste nella prova, in particolare prodotti applicati su componenti costruttivi difformi da quelli previsti nella prova, con conseguenti contenziosi con gli enti di controllo (VVF). In genere sono utilizzati per proteggere componenti costruttivi orizzontali e piani, mentre per componenti a geometria particolare (capriate, tiranti, travature, pilastri) la protezione deve essere adattata al singolo componente, quindi sono comunemente utilizzati prodotti con cui realizzare un inscatolamento. Il controsoffitto è un componente costruttivo composto da diversi elementi (il sistema di aggancio, il telaio, i pannelli), quindi le sue caratteristiche di resistenza al fuoco devono essere valutate, nell’intero insieme, mediante prove di laboratorio. La normativa principali con cui sono sottoposti a prova i controsoffitti sono: -UNI 1364-2 Prove di resistenza al fuoco per elementi non portanti - soffitti

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La norma specifica un metodo per la determinazione della resistenza al fuoco di soffitti che possiedono una resistenza al fuoco indipendentemente da ogni elemento costruttivo soprastante. La norma deve essere utilizzata congiuntamente alla UNI EN 1363-1. Il metodo di prova è applicabile ai soffitti che sono o sospesi mediante ganci fissati direttamente ad un telaio di supporto o alla costruzione di soffitti autoportanti. -UNI EN 13381-1 - Metodi di prova per la determinazione del contributo alla resistenza al fuoco di elementi strutturali - Parte 1: Membrane di protezione orizzontali La norma specifica un metodo di prova per determinare la capacità di una membrana di protezione orizzontale, quando utilizzata come barriera resistente al fuoco, che contribuisce alla resistenza al fuoco di degli elementi strutturali orizzontali normalizzati. Per una membrana di protezione istallata sotto un solaio specifico non normalizzato si deve utilizzare la metodica di prova secondo UNI EN 1365-2 (Prove di resistenza al fuoco per elementi portanti - Parte 2: Solai e coperture). La problematica principale riguarda il campo di applicazione della prova effettuata, che può essere: -diretto - corrispondente alle condizioni di prova con delle tolleranze ammesse -esteso - possibilità di estendere il risultato della prova per geometrie varie e/o ad elementi costruttivi diversi da quello sottoposto a prova. Il campo di applicazione diretta La norma UNI 1364-2 indica le modalità del campo di applicazione diretta dei risultati di prova, con dimensioni del campione 4m X 3 m. -13.2 - Soffitti autoportanti esposti al fuoco da sotto o da sopra E’ prevista una limitata estensione del 10 % nella dimensione 4 m (4,4 m) -13.3 - Controsoffitti con fuoco da sotto I risultati di prova possono essere applicati a soffitti di qualsiasi dimensione purché la distanza tra i dispositivi di sospensione non sia maggiore di quella collaudata e le condizioni per la dilazione siano incrementate adeguatamente -13.3 - Controsoffitti con fuoco da sopra I risultati di prova possono essere applicati a soffitti di qualsiasi dimensione purché la distanza tra i dispositivi di sospensione non sia ridotta e la lunghezza degli elementi della griglia di sostegno ed il carico sui sostegni non deve essere aumentata. L’applicazione estesa dei risultati di prova Il riferimento normativo è la UNI EN 15725 - Rapporti di applicazione estesa delle prestazioni al fuoco dei prodotti e degli elementi da costruzione La norma specifica le procedure per la stesura dei rapporti di applicazione estesa delle prestazioni al fuoco dei prodotti e degli elementi da costruzione, utilizzando i risultati delle prove condotte secondo le parti pertinenti della serie UNI EN 13501-2 (Classificazione al fuoco dei prodotti e degli elementi da costruzione - Classificazione in base ai risultati delle prove di resistenza al fuoco, esclusi i sistemi di ventilazione – punto 7.6 – classificazione soffitti). Nel d.m. 16 febbraio 2007 (Classificazione di resistenza al fuoco di prodotti ed elementi costruttivi di opere da costruzione, allegato B (Modalità per la classificazione in base ai risultati di prove) – punto B.8 del viene considerata la possibilità di variazioni del prodotto non previste nel campo di diretta applicazione del risultato di prova.

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La normativa prescrive che il produttore è tenuto a predisporre un fascicolo tecnico contenente almeno la seguente documentazione: -B.8.1 - elaborati grafici di dettaglio del prodotto modificato; -B.8.2 - relazione tecnica, tesa a dimostrare il mantenimento della classe di resistenza al fuoco, basata su prove, calcoli e altre valutazioni sperimentali e/o tecniche, anche in conseguenza di migliorie apportate sui componenti e sul prodotto, tutto nel rispetto delle indicazioni e dei limiti contenuti nelle apposite norme EN o prEN sulle applicazioni estese dei risultati di prova laddove esistenti (normative EXAP); -B.8.3 - eventuali altre approvazioni maturate presso uno degli Stati dell’UE ovvero uno degli altri Stati contraenti l’accordo SEE e la Turchia. -B.8.4 - parere tecnico positivo sulla completezza e correttezza delle ipotesi a supporto e delle valutazioni effettuate per l’estensione del risultato di prova rilasciato dal laboratorio di prova che ha prodotto il rapporto di classificazione. Il produttore è tenuto a conservare suddetto fascicolo tecnico e a renderlo disponibile per il professionista che se ne avvale per la certificazione di cui all’art. 4 comma 1 del presente decreto, citando gli estremi del fascicolo tecnico. Recentemente il Dipartimento dei Vigili del Fuoco ha emanato la circolare 7765 del 21.06.2016 che riporta chiarimenti sulla modalità di predisposizione del fascicolo tecnico nel settore della resistenza al fuoco, in cui si prevede: -Non vi è l’obbligo della predisposizione del fascicolo tecnico in caso di prodotti marchiati CE ai sensi del Regolamento prodotti da costruzione (CPR - Regolamento UE n.305/2011), se osservate integralmente le disposizioni comunitarie vigenti, ivi comprese nella norma EN UNI 15725 “Rapporti di applicazione estesa delle prestazioni di resistenza al fuoco dei prodotti e degli elementi da costruzione”, in cui si prevede che l’applicazione estesa deve essere assicurata dal laboratorio che ha prodotto lo specifico test al fuoco. -In caso di utilizzo di norme EXAP (applicazione estesa) il rapporto di classificazione costituisce elemento fondamentale del fascicolo tecnico, poiché contiene elaborati grafici del campione ed i criteri di estensione. Il fascicolo tecnico sarà quindi completato dal parere tecnico positivo del laboratorio che il rapporto di classificazione estesa. In caso ricorso a norme non EXAP, possibile solo in assenza delle stesse, devono essere applicate le disposizioni ministeriali. Infine, ricordo che il rapporto di prova di un singolo controsoffitto può consentire al tecnico antincendio di valutare il comportamento dei materiali durante la prova, in particolare le temperature raggiunte nell’intradosso del controsoffitto stesso. Tale informazioni sono considerate all’interno di una classificazione di resistenza al fuoco in base ai calcoli (procedimento analitico) prevista in allegato C al d.m. 6 febbraio 2007 (Classificazione di resistenza al fuoco di prodotti ed elementi costruttivi di opere da costruzione).

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CONDOMINIO E

SOPRAELEVAZIONE

Vent’anni per contestare la sopraelevazione che lede l’architettura Augusto Cirla, Il Sole 24 ORE – Estratto da “L’Esperto Risponde”, 19 marzo 2018 Ogni costruzione oltre l’ultimo piano dell’edificio realizza comunque un nuovo piano o una nuova “fabbrica”, a prescindere dal rapporto con la precedente altezza dell’edificio stesso. La fattispecie prevista dal quarto comma dell’articolo 1127 del Codice civile – secondo cui il proprietario dell’ultimo piano che esegue una sopraelevazione deve corrispondere un’indennità agli altri condòmini, salvo diversi accordi – è ravvisabile ogni volta in cui si verifica un incremento nella volumetria e nella superficie degli spazi interessati dalle opere, indipendentemente dal fatto che ci sia un innalzamento del fabbricato (Cassazione, Sezioni unite, 16794/07). La norma è inapplicabile nel solo caso in cui l’opera consista in una semplice modifica interna del sottotetto, nel rispetto delle strutture originarie del fabbricato e senza alcuna alterazione della copertura. La costruzione di nuovi piani trova dunque disciplina, in primo luogo, nel disposto civilistico citato. Ma resta comunque ammessa solo se compatibile con gli strumenti urbanistici: occorre perciò avvalersi di un progettista qualificato, abilitato e competente. Tutele e placet condominiale In tale contesto può quindi trovare tutela il diritto del singolo condomino alla salvaguardia non solo del valore della sua proprietà (che innegabilmente diminuisce con la presenza di una nuova costruzione), ma anche della sua sicurezza (qualora non siano fornite garanzie sulle condizioni statiche dell’edificio). L’articolo 1127 del Codice vieta la sopraelevazione se questa pregiudica la stabilità dell’edificio: situazione che si configura quando, in conseguenza della “nuova fabbrica”, le strutture dell’intero immobile non siano in grado di sopportare il peso della stessa sopraelevazione, né le sollecitazioni di origine sismica. Si tratta di un divieto assoluto, cui è possibile ovviare soltanto se – con il consenso di tutti i condòmini – il proprietario esegua le opere di rafforzamento e di consolidamento necessarie all’edificio. E il divieto vale anche qualora ad essere pregiudicato sia l’aspetto (e/o il decoro) architettonico dell’edificio, oppure se, in conseguenza della sopraelevazione, diminuisca notevolmente l’aria o la luce dei piani sottostanti. Se le opere compromettono le condizioni statiche dell’edificio, i condòmini possono opporsi in qualsiasi momento. Invece, se il danno avviene a scapito del decoro architettonico, l’opposizione va manifestata entro vent’anni, decorsi i quali il proprietario acquisisce il diritto a mantenere la costruzione e non è più obbligato a ripristinare le condizioni preesistenti. Non si è ancora giunti a una soluzione condivisa, invece, circa la necessità (o meno) di un preventivo consenso alle opere da parte dei condòmini. In senso contrario, ad esempio, si sono espressi il Tar Liguria (sentenza 651/15) e il Consiglio di Stato (2118/17). Mentre secondo il Tar Cagliari (207/12) serve il placet dell’assemblea ogni qualvolta debbano essere eseguiti lavori che vadano a incidere sulle parti comuni. Autorizzazioni e ricorsi Per procedere agli interventi, sussiste sempre l’obbligo di comunicare l’avvio dei lavori all’amministratore (Tar Trento sentenza 45/17). E la sopraelevazione è comunque subordinata al rilascio della certificazione da parte del Comune: la relativa istanza va corredata dall’attestazione di idoneità della struttura esistente a sopportare il nuovo carico. È presso il Comune, dunque, che il condomino contro-interessato può reperire tutta la documentazione relativa all’istanza e necessaria a formulare eventuali osservazioni.

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Contro il provvedimento favorevole del Comune è possibile il ricorso al Tar, nel caso in cui si ritenga errata la valutazione dell’ufficio tecnico che ha rilasciato la certificazione. La successiva sentenza è poi impugnabile secondo le norme del procedimento amministrativo. L’azione amministrativa non impedisce però al singolo condomino di percorrere le vie ordinarie, e quindi di rivolgersi al tribunale del luogo in cui si trova l’immobile (articolo 1171 del Codice civile). Si può scegliere la via urgente quando colui che intende sopraelevare, incurante delle diffide inviate dal condominio, avvii comunque i lavori. In quest’ipotesi si può chiedere al giudice (articolo 669 del Codice di procedura civile) di sospendere in via cautelare i lavori ritenuti fonte di danno irreparabile. È bene però che il tutto sia preceduto da una relazione tecnica redatta da un professionista di fiducia, che valuti il pregiudizio che la nuova costruzione potrebbe arrecare sia sotto il profilo della staticità dell’intero edificio (o parte di esso) e sia di quello estetico. Un’analisi che dev’essere molto attenta e precisa nell’esame delle conseguenze negative che la nuova opera potrebbe avere sull’edificio (o anche solo sul singolo condomino, qualora vada a togliergli aria e luce, e quindi a ledere il pacifico godimento del suo immobile). Terminata la fase sommaria, infatti, la richiesta al tribunale di sospendere l’esecuzione dell’opera (in via d’urgenza) prosegue con un giudizio ordinario e trova definitiva soluzione in una sentenza che verrà pronunciata dopo indagini più approfondite. Può allora capitare che, concesso il provvedimento di sospensione delle opere, e valutati poi i risultati della svolta istruttoria, il giudice si convinca della legittimità degli interventi e li ritenga non pregiudizievoli né per il condominio, né per il singolo condomino. A quel punto potrebbe scattare la richiesta di risarcimento dei danni per il ritardo nei lavori: e a risponderne sarebbe chi ha chiesto e ottenuto la sospensione del cantiere.

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Catasto

IMMOBILI «BENE COMUNE» E PRATICHE DI SUCCESSIONE D. Da una «consultazione delle rendite catastali» sul sito dell'agenzia delle Entrate, risulta che un'unità immobiliare di categoria C/6, a seguito di una sanatoria edilizia, viene qualificata come «bene comune censibile» ex lege 47/1985, ed è priva di soggettivazione. Essendo deceduto il proprietario, all'atto di compilazione della dichiarazione di successione si è constatato che l'immobile è stato realizzato su un terreno pertinenziale a proprietà indivisa tra i due unici condòmini. Inoltre, il condòmino ha, a sua volta, realizzato sul medesimo terreno un altro immobile della stessa categoria e consistenza. Premesso questo, dovendo ricomprendere l'unità immobiliare nella denuncia di successione e procedere alla conseguente voltura catastale, si chiede di sapere quale procedura bisognerebbe mettere in atto per regolarizzare la situazione. ----- R. La modalità di accertamento catastale nella partita speciale «bene comune censibile» senza indicazione degli intestati è disciplinata dalla circolare 2 del 1984 della direzione del Catasto e dei servizi tecnici erariali. I beni immobili comuni a più unità immobiliari, censibili (in quanto produttivi di reddito) sono iscritti in catasto con l’indicazione delle unità immobiliari cui il bene è comune. In tal caso la titolarità del bene comune segue l’intestazione dei beni dei quali costituisce pertinenza. Il trasferimento del bene principale comporta (salvo diverse indicazioni nell’atto notarile) anche il trasferimento dei diritti sul bene comune. La voltura relativa al bene comune non è eseguita essendo, come detto, la titolarità sul bene comune associata ai titolari dei beni con diritto sul bene comune stesso. Il nuovo titolare dell'unità immobiliare principale diventa contitolare anche del bene comune alle stesse condizioni del suo dante causa. Nel caso del lettore, ciascuno dei due condòmini sembra in comproprietà indivisa di entrambi i C/6, mentre probabilmente ognuno di essi utilizza uno solo dei C/6. Tale situazione può essere sanata con un atto notarile che sancisca la divisione e l’assegnazione a ciascun condomino del solo bene comune di interesse che a seguito della pattuizione diverrà, per ciascuno, di uso esclusivo. (Antonio Iovine, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Esperto risponde”, 26 febbraio 2018)

ASSEMBLEA ACCATASTAMENTO D'UFFICIO, SANZIONI A CHI SI OPPONE D. Ai fini dell’accatastamento d’ufficio di un fabbricato rurale che ha perduto i requisiti di ruralità, si chiede se in presenza dell’opposizione o dell'assenza del proprietario, l’agenzia delle Entrate-ufficio del territorio possa eventualmente avvalersi anche della forza pubblica per accedere ai locali per effettuare i rilievi necessari alla redazione della planimetria catastale.

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----- R. Il Rdl 652/1939, «Accertamento generale dei fabbricati urbani, rivalutazione del relativo reddito e formazione del nuovo catasto edilizio urbano», convertito in legge, con modificazioni, con la legge 1249/1939, all’articolo 31 prevede che per le operazioni di formazione e di conservazione del nuovo catasto edilizio urbano i funzionari degli uffici tecnici erariali, e i componenti le commissioni censuarie, espressamente delegati e muniti di speciale tessera di riconoscimento, hanno diritto di accedere alle proprietà private dietro preavviso scritto di almeno sette giorni. Chiunque fa opposizione è punito con la sanzione amministrativa da 10 euro a 103 euro, a meno che il fatto costituisca reato più grave. Non è quindi ordinariamente previsto l’accesso con la forza pubblica per meri accertamenti catastali. In ogni caso sembra evidente che il vietato accesso all’immobile non costituisce motivo di preclusione all’attribuzione della rendita, sulla base degli elementi indiziari emergenti dalla documentazione resa disponibile dal Comune e dei dati acquisibili, mediante sopralluogo, dall'esterno, della unità immobiliare. Nell’ambito degli accertamenti d’ufficio, eseguiti in omissione di specifici adempimenti richiesti ai titolari di diritti reali sono peraltro addebitate le spese sostenute. Sembra poi evidente come possa essere difficile contestare in sede di contenzioso tributario un errore nel rilievo eseguito dall’ufficio, nei casi di inadempimento della parte, per effetto di interdetto accesso ai luoghi. (Antonio Iovine, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Esperto risponde”, 26 febbraio 2018)

Condominio/Immobili

SE L'AREA NON È COMUNE PAGA SOLO CHI NE HA L'USO D. In un condominio, il cortile a livello stradale è di proprietà solo di alcuni condòmini e funge da copertura di alcuni garage interrati. Anni fa, in seguito a infiltrazioni in questi box, è stato fatto un lavoro di sistemazione di una notevole parte del cortile. Ora, verificandosi nuovamente infiltrazioni in altri garage, dev'essere rifatta la pavimentazione di altre zone, ma non si concorda sul lavoro da eseguire. Vorrei sapere se questo lavoro dev'essere deliberato dalla totalità dei condòmini (cioè anche da quelli che non sono proprietari né del cortile, né dei garage nei quali si manifestano le infiltrazioni e che quindi non pagano il lavoro di sistemazione) o solamente dai condòmini che sono proprietari del cortile e dei box interrati dove ci sono le infiltrazioni), e con quale maggioranza. Vorrei inoltre sapere se i millesimi di spesa devono essere indicati nel verbale. ----- R. Nel caso in esame, bisogna vedere cosa dice il regolamento di condominio che identifica quali sono i beni comuni e quelli di proprietà esclusiva. Dal regolamento emerge chi sono i condòmini che devono partecipare alla spesa. Se il bene non è annoverato tra le parti comuni, allora dovranno partecipare alla spesa e quindi alla delibera quei condòmini che traggono una utilità dal bene in questione, in base all'articolo 1123 del Codice civile. (Paola Pontanari, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Esperto risponde”, 12 marzo 2018)

ASSEMBLEA NON CONVOCATA: GRAVE IRREGOLARITÀ D. Dovrei installare una parabola sul tetto del condominio, ma l’unico modo di far passare i cavi è calarli da una parete esterna (dove scendono altri cavi) e passare per il pianerottolo, attraverso una canalina, fino ad arrivare al mio appartamento (cinque metri circa). Alternativa poco praticabile e

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antiestetica sarebbe passare all'esterno, sulla facciata del palazzo, attraversando più di un balcone di altri condòmini che non hanno dato la loro disponibilità. Preciso che il condominio non è dotato di una centralizzazione per le antenne e che, alla mia richiesta, l’amministratore - dopo aver effettuato un sopralluogo con i tecnici - mi ha comunicato la necessità di indire un’assemblea per decidere se autorizzare o no il passaggio di canaline, per una questione estetica. Ma dove dovrebbero passare i cavi sono già presenti canaline fatte installare dall’amministratore stesso per la messa a terra del palazzo. A distanza di un mese non ho ricevuto comunicazioni al riguardo: come dovrei comportarmi? ----- R. L'articolo 1122-bis del Codice civile (“Impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili”), al comma 1 prevede che «le installazioni di impianti non centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione per le singole utenze sono realizzati in modo da recare il minor pregiudizio alle parti comuni e alle unità immobiliari di proprietà individuale, preservando in ogni caso il decoro architettonico dell'edificio, salvo quanto previsto in materia di reti pubbliche». Il successivo comma 3 statuisce che «qualora si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni, l'interessato ne dà comunicazione all'amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi. L'assemblea può prescrivere, con la maggioranza di cui al quinto comma dell’articolo 1136 codice civile, adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell'edificio [omissis]. L'assemblea, con la medesima maggioranza, può altresì subordinare l'esecuzione alla prestazione, da parte dell'interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali». Visto che la richiesta di installare l’antenna è più che legittima, e visto che lo stesso amministratore ha comunicato la necessità di indire un’assemblea per decidere se autorizzare o no il passaggio di canaline (per una questione estetica), in base all'articolo 1129 del Codice costituisce grave irregolarità (che comporta la revoca giudiziale dello stesso amministratore di condominio) «l'omessa convocazione dell'assemblea per l'approvazione del rendiconto condominiale, il ripetuto rifiuto di convocare l'assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti dalla legge». Pertanto, nel caso in esame, qualora l’amministratore di condominio non convochi a breve l'assemblea, il lettore potrà far valere i suoi diritti presso l’autorità giudiziaria competente (ricordando, comunque, che in materia condominiale è obbligatorio il procedimento di mediazione). (Paola Pontanari, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Esperto risponde”, 12 marzo 2018)

OBBLIGO DI PARTECIPAZIONE ALLE SPESE DI MESSA A TERRA D. Per un appartamento costruito prima del 1990, è escluso l'obbligo della messa a terra dell'impianto elettrico, in base al Dm 37/2008? In tal caso, sulla base dell'articolo 1121 del Codice civile, un condomino può dissociarsi dalle spese riferite alla modifica della messa a terra condominiale per consentire l'allacciamento ai singoli appartamenti? ----- R. Il Dm 37/2008 non esclude l’obbligo della messa a terra dell’impianto elettrico, laddove all’articolo 6, comma 3, dispone: «Gli impianti elettrici nelle unità immobiliari ad uso abitativo realizzati prima del 13 marzo 1990 si considerano adeguati se dotati di sezionamento e protezione contro le sovracorrenti posti all'origine dell'impianto, di protezione contro i contatti diretti, di protezione contro i contatti indiretti o protezione con interruttore differenziale avente corrente differenziale nominale non superiore a 30 mA».

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Nel caso del lettore, poiché la messa a terra è condominiale e non suscettibile di utilizzazione separata, riteniamo che il condomino dissenziente non sia esonerato, a norma dell’articolo 1121 del Codice civile, dalla relativa spesa. (Silvio Rezzonico, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Esperto risponde”, 12 marzo 2018)

Edilizia e Urbanistica

SANATORIA PAGATA DA TUTTI I PROPRIETARI D. Sono proprietaria di un appartamento al sesto piano e del lastrico solare sovrastante. In fase di sostituzione della guaina di impermeabilizzazione sul lastrico, il Comune ha rilevato che nel progetto depositato dal costruttore circa 30 anni fa è previsto un tetto a falde e non un lastrico. Non trovandosi la variante al progetto iniziale, chiede quindi di sanare la difformità con il pagamento degli oneri di costruzione per circa 6mila euro. Tale costo spetta in toto al proprietario attuale o va suddiviso tra i condòmini (che partecipano alle spese di rifacimento del lastrico per 2/3)? Il Comune che ha concesso l'abitabilità e il collaudo del condominio non ha alcuna responsabilità e può esigere tale pagamento? ----- R. Poiché dell’illecito edilizio del costruttore-venditore relativa all’edificio condominiale devono rispondere tutti i condòmini (in forza degli atti notarili di trasferimento), lo stesso avviene per la sanatoria. Si tenga presente che i poteri sanzionatori in materia edilizio-urbanistica sono imprescrittibili, con la conseguenza che, anche dopo 30 anni, il Comune può dar corso alla repressione degli illeciti, senza limiti di tempo. (Silvio Rezzonico, Il Sole 24 ORE – Estratto da “L’Esperto risponde”, 5 marzo 2018)

Fisco e Agevolazioni

DIRITTO DI ABITAZIONE: VA DICHIARATA L'ESTINZIONE D. Sono proprietario di un sesto di un appartamento situato in una città diversa dalla mia residenza. Il resto appartiene a mia sorella, che vi abita con la famiglia. Fino a un mese fa anche mio padre abitava nell’appartamento, godendo del diritto di abitazione spettante al coniuge superstite. Dopo la morte di mio padre ritengo che dovrò pagare l’Imu come seconda casa. Vorrei sapere se dovrò presentare la dichiarazione Imu al Comune per la parte di mia proprietà. ----- R. Il contribuente dovrà presentare la dichiarazione Imu. Nelle istruzioni ministeriali alla compilazione della dichiarazione è infatti riportato proprio il caso in cui «è intervenuta, relativamente all’immobile, un’estinzione del diritto di abitazione, uso enfiteusi o di superfice, a meno che tale estinzione non sia stata dichiarata al catasto o dipende da atto per il quale sono state applicate le procedure telematiche del MUI». Pertanto, non essendo il diritto di abitazione del coniuge superstite iscritto negli atti catastali, la dichiarazione Imu andrà presentata. (Pasquale Mirto, Il Sole 24 ORE – Estratto da “L’Esperto risponde”, 12 marzo 2018)

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DETRAZIONI AL 50 PER CENTO VALIDE PER IMMOBILI «F/4» D. Un privato mi ha proposto l'acquisto di una parte di fabbricato ad uso abitativo nell'ambito della ristrutturazione di una vecchia casa di campagna (già in parte destinata ad abitazione e per la restante parte destinata a stalla) che è stata frazionata in quattro unità dopo il rifacimento di fondamenta, esterno e tetto. La frazione che mi è stata proposta sarà lasciata allo stato grezzo e mi hanno comunicato che all'atto del rogito la categoria catastale sarà «F/4 - in corso di definizione». Potrò fruire degli sgravi fiscali per i lavori di completamento dell'abitazione? Non so se l'amministrazione fiscale consideri tale intervento di ristrutturazione - ossia come proseguimento dell'opera iniziata da chi mi venderà la frazione di fabbricato - o come nuova costruzione, quindi non agevolabile. ----- R. Nel caso del lettore, l’immobile è classificato nella categoria catastale F/4 (in corso di definizione, con foglio di mappa e particella e subalterno) e come tale da considerarsi comunque esistente. Pertanto, anche secondo quanto previsto nelle circolari 57/E/1998 e 36/E/2007, dopo l'acquisto del rustico la detrazione del 50% è comunque applicabile per le spese relative alla ristrutturazione edilizia ed energetica di completamento dell’intervento di ristrutturazione (articolo 16-bis del Tuir, Dpr 917/1986, e articolo 1, comma 3, lettera b, n. 1-4 della legge 27 dicembre, n.205, di Bilancio per il 2018; si veda anche la guida al 50% su www.agenziaentrate.it; articolo 1, comma 3 , lettera a n. 1-11 della legge 27 dicembre 2017, n.205, di bilancio 2018, si veda anche la guida al 65% su www.agenziaentrate.it). Viceversa, la detrazione non trova applicazione nell’ipotesi in cui l’immobile acquistato è classificato nella categoria catastale denominata «F/3 - unità in corso di costruzione», alla quale non viene associata alcuna rendita catastale. In altri termini, il fabbricato in corso di costruzione viene iscritto in catasto con la categoria F3, ma senza attribuzione di rendita in quanto l’immobile non si può ancora ritenere un fabbricato «abitabile o servibile all’uso cui è destinato». Come tale il 36%-50% non è applicabile in quanto limitato agli interventi eseguiti su fabbricati già ultimati e accatastati prima dell’inizio del recupero. Nel caso del lettore siamo in presenza di immobile in corso di definizione regolarmente accatastato e, come tale, le detrazioni trovano sicuramente applicazione per le spese di completamento dell'intervento. (Marco Zandonà, Il Sole 24 ORE – Estratto da “L’Esperto risponde”, 26 febbraio 2018)

OPZIONE PER LA CEDOLARE IN SEDE DI REGISTRAZIONE D. Ho in corso la stipula di un contratto di affitto per un'abitazione civile, relativo a un immobile in corso di accatastamento. Sul contratto sarà indicata una rendita presunta, ovvero quella attribuita a fabbricati simili già censiti. In tal caso è consentito optare per l'applicazione della cedolare secca, inserendo il relativo importo nella competente successiva dichiarazione dei redditi? ----- R. In linea di principio, l'opzione per la cedolare secca deve essere esercitata in sede di registrazione del contratto di locazione. Solo per i contratti per i quali non vi è obbligo di registrazione (di durata inferiore a 30 giorni) è ammessa l'opzione in sede di dichiarazione dei redditi. Una volta optato in sede di registrazione, si dovrà compilare l'apposito riquadro della dichiarazione dei redditi. Non è rilevante il fatto che la rendita non sia stata attribuita, a condizione che si tratti comunque di immobile appartenente a una categoria catastale abitativa. Infine, si fa presente che il proprietario può sempre procedere autonomamente all'accatastamento attraverso la procedura Doc-fa (documenti catasto fabbricati), avvalendosi di un tecnico abilitato (geometra, ingegnere) e annotando nei registri catastali la rendita proposta, auto determinata. (Luigi Lovecchio, Il Sole 24 ORE – Estratto da “L’Esperto risponde”, 19 febbraio 2018)

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CHI RISTRUTTURA SU APPALTO HA L'ALIQUOTA PIÙ LEGGERA D. Una società immobiliare proprietaria di un fabbricato, nel 2016 ha stipulato un preliminare di vendita per il piano terra e il primo piano, parti di un unico fabbricato di categoria D/5, ricevendo un acconto ed emettendo fattura con applicazione del reverse charge. Successivamente la società ha effettuato lavori di frazionamento, nonchè il cambio di destinazione d'uso: il piano terra è diventato a uso commerciale mentre il primo piano a uso ufficio. Tali lavori sono da considerare ristrutturazione edilizia ex articolo 3, comma 1, lettera d, del Dpr 380/01. Nel corso del 2017 il locale commerciale è stato concesso in locazione, e il conduttore ha effettuato ulteriori lavori di ristrutturazione per rendere i locali idonei. La società, alla stipula dell'atto definitivo, deve applicare l'Iva al 22% in quanto si tratta di immobili strumentali per natura (categoria C/1) sui quali ha eseguito lavori di ristrutturazione e la vendita avviene entro 5 anni dall'ultimazione dei lavori stessi? ----- R. I lavori di ristrutturazione edilizia realizzati in base a contratti d'appalto, scontano l'aliquota del 10 % ex voce 127-quaterdecies, tabella A, parte III, allegata al Dpr 633/1972. Quanto alla successiva cessione delle unità ristrutturate esse scontano l'aliquota del 10 per cento secondo quanto stabilito dalla stessa voce della tabella A, parte III, del già citato Dpr 633/1972. (Giampaolo Giuliani, Il Sole 24 ORE – Estratto da “L’Esperto risponde”, 19 febbraio 2018)

IMPONIBILI TUTTE LE AREE DEFINITE «EDIFICABILI» D. Ai fini Imu, i terreni edificabili inseriti nel piano generale di sviluppo comunale, che sono compresi nelle fasce di rispetto autostradale (tracciato già in mappa da decenni, ma con strada non ancora costruita), a quale trattamento fiscale devono essere sottoposti? Conta il valore di riferimento di mercato o quello agricolo? Esistono per legge trattamenti diversificati per le varie "sezioni": piano stradale, area di rispetto, aree limitrofe che perdono consistenza edificatoria? Cosa dice in proposito la sentenza della Cassazione 8609/2011? ----- R. La normativa Imu attrae a imposizione tutte le aree che lo strumento urbanistico comunale qualifica come edificabili, indipendentemente dalla natura di ciò che può essere edificato. La Cassazione ha precisato, nella sentenza 23814/2016, che va «motivatamente disatteso» il diverso orientamento espresso dalla stessa Corte nelle sentenze 25672/2008 e 5992/2015 (e diverse altre), secondo cui le aree sottoposte dal piano regolatore generale a un vincolo di destinazione, che preclude ai privati tutte quelle trasformazioni del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, non possono essere qualificate come fabbricabili, in base alla normativa Ici/Imu. Queste pronunce, infatti, non tengono conto che la normativa Ici/Imu - prevedendo che un terreno è qualificabile fiscalmente come edificatorio sia quando l’edificabilità risulti dagli strumenti generale o attuativi (edificabilità legale), sia quando esistano possibilità effettive di edificazione (edificabilità di fatto) - delinea una nozione di area edificabile che valorizza la mera potenzialità edificatoria. L’edificabilità, pertanto, non può essere esclusa dalla previsione urbanistica di vincoli, «giacché tali limiti, incidendo sulle facoltà dominicali connesse alla possibilità di trasformazione urbanistico edilizia del suolo medesimo, ne presuppongono la vocazione edificatoria», fermo restando che la presenza di suddetti limiti incide sulla concreta valutazione del valore, e quindi sulla base imponibile Ici. In altri termini, si ritiene che la normativa Ici/Imu laddove considera imponibile «l’area utilizzabile a scopo edificatorio» valorizzi tutte le forme di edificazione, sia quelle direttamente realizzabili dal privato, come l’edilizia residenziale, sia quelle di carattere pubblico. La presenza di vincoli come quelli evidenziati nel quesito, naturalmente, è rilevante ai fini della determinazione del valore, che dovrà essere adeguatamente abbattuto.

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Infine, si precisa che la sentenza citata dal lettore, oltre a riguardare un problema diverso da quello afferente alla quantificazione della base imponibile dell’area fabbricabile, deve considerarsi comunque superata dalla successiva giurisprudenza di legittimità formatasi in tema di Ici/Imu. (Pasquale Mirto, Il Sole 24 ORE – Estratto da “L’Esperto risponde”, 19 febbraio 2018)

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