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1 COLLEGAMENTO DIOCESANO Febbraio 2015 Carissimi Ultimamente, le parole con le quali Gesù risponde alla Madre, che gli comunicava l’ansia vissuta insieme a Giuseppe nella ricerca di lui smarrito, hanno avuto una risonanza profonda nel mio cuore. “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Nella vita di ciascuno di noi esistono cose riguardanti le mansioni che si esercitano e le situazioni che si vivono, e ce ne sono altre che riguardano la stessa identità. Cose che riguardano perciò l’esistenza e altre che riguardano l’essenza. Le prime tendono a perfezionare l’ambiente esteriore, a costruire meccanismi sociali e culturali, le seconde alla formazione dell’anima interiore senza la quale le prime possono risultare costruzioni che imprigionano e soffocano l’uomo vero. Le prime possono favorire il successo, l’affermazione di sé nella società, rischiano, però, di non risolvere, anzi non risolvono assolutamente, gli interrogativi che ognuno porta dentro di sé, esponendo quello che si fa ai metri del successo e dell’efficienza, del risultato. Le seconde “cose” situano l’uomo nella sua irriducibile singolarità, nella sua solitudine personale, chiamata a dare frutti di vita e di fiducia a tutti. “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” Ognuno di noi ha una dimensione propria, una identità specifica, che può realizzare solo lui e nessun altro. E’ una Parola unica e irripetibile, detta da Dio, il Padre e, in quanto tale, irripetibile e insostituibile. Gesù, nel compiere le “cose” del Padre è solitario di fronte alla società del suo tempo e di ogni tempo. Realizza quella “parte migliore” (perché unica, sua e solo sua) che non gli può essere tolta perché è ciò che lo costituisce e la fa quello che è. Così è di chiunque diventi consapevole del proprio io essenziale, del nome che Dio ha pronunciato creandolo, di ciò che è chiamato a fare per rispondere alla Parola detta dal Padre e poter rivelare nella storia quella verità-luce che Dio ha detto in lui e attraverso lui. In parole povere c’è una “cosa” che spetta compiere solo ed esclusivamente a ciascuno e che se non compiuta resta nascosta, non rivelata: è l’unica “cosa” per la quale sono nato ed esisto. Se non viene fatta, si risulta dispersi in mille affanni e disintegrati in mille faccende, tutte cose utili, funzionali, ma non “necessarie al compimento di sè”. “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” Dentro ciascuno è deposto un germe che, se sviluppato, può divenire più vasto di tutti gli universi, può diventare casa per ciascuno e per tutti. Penso che proprio a questo “germe” vuole ricondurci Papa Francesco con i suoi gesti e con le sue parole e soprattutto con i cataloghi delle malattie spirituali, delle tentazioni

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COLLEGAMENTO DIOCESANO

Febbraio 2015

Carissimi

Ultimamente, le parole con le quali Gesù risponde alla Madre, che gli comunicava

l’ansia vissuta insieme a Giuseppe nella ricerca di lui smarrito, hanno avuto una risonanza

profonda nel mio cuore.

“Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”.

Nella vita di ciascuno di noi esistono cose riguardanti le mansioni che si esercitano e

le situazioni che si vivono, e ce ne sono altre che riguardano la stessa identità. Cose che

riguardano perciò l’esistenza e altre che riguardano l’essenza.

Le prime tendono a perfezionare l’ambiente esteriore, a costruire meccanismi sociali

e culturali, le seconde alla formazione dell’anima interiore senza la quale le prime possono

risultare costruzioni che imprigionano e soffocano l’uomo vero.

Le prime possono favorire il successo, l’affermazione di sé nella società, rischiano,

però, di non risolvere, anzi non risolvono assolutamente, gli interrogativi che ognuno

porta dentro di sé, esponendo quello che si fa ai metri del successo e dell’efficienza, del

risultato.

Le seconde “cose” situano l’uomo nella sua irriducibile singolarità, nella sua

solitudine personale, chiamata a dare frutti di vita e di fiducia a tutti.

“Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”

Ognuno di noi ha una dimensione propria, una identità specifica, che può realizzare

solo lui e nessun altro. E’ una Parola unica e irripetibile, detta da Dio, il Padre e, in quanto

tale, irripetibile e insostituibile.

Gesù, nel compiere le “cose” del Padre è solitario di fronte alla società del suo tempo

e di ogni tempo. Realizza quella “parte migliore” (perché unica, sua e solo sua) che non gli

può essere tolta perché è ciò che lo costituisce e la fa quello che è.

Così è di chiunque diventi consapevole del proprio io essenziale, del nome che Dio

ha pronunciato creandolo, di ciò che è chiamato a fare per rispondere alla Parola detta dal

Padre e poter rivelare nella storia quella verità-luce che Dio ha detto in lui e attraverso lui.

In parole povere c’è una “cosa” che spetta compiere solo ed esclusivamente a

ciascuno e che se non compiuta resta nascosta, non rivelata: è l’unica “cosa” per la quale

sono nato ed esisto. Se non viene fatta, si risulta dispersi in mille affanni e disintegrati in

mille faccende, tutte cose utili, funzionali, ma non “necessarie al compimento di sè”.

“Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”

Dentro ciascuno è deposto un germe che, se sviluppato, può divenire più vasto di

tutti gli universi, può diventare casa per ciascuno e per tutti.

Penso che proprio a questo “germe” vuole ricondurci Papa Francesco con i suoi gesti

e con le sue parole e soprattutto con i cataloghi delle malattie spirituali, delle tentazioni

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personali e comunitarie. Il tesoro nascosto nel campo della nostra esistenza, la perla

preziosa da cercare vengono scoperti e raggiunti solo attraverso il controllo dei differenti

“io” che vivono dentro di noi. L’io che desidera avere, l’io che desidera dominare, l’io che

lotta per il successo e l’affermazione di sé. Controllo che porta a cogliere e a vivere tutto

alla luce di quella Presenza che è in me e che vuole compiersi e concretizzarsi con i colori, i

timbri, le caratteristiche della mia umanità concreta.

“Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”.

E’ quello che è accaduto nei santi. Sono presenti nella storia e resistono all’usura del

tempo perché hanno fatto “le cose del Padre”, hanno compito la Parola che il Padre ha

detto creandoli.

+ Gianfranco, vescovo

IL CALENDARIO DI FEBBRAIO

2 FEBBRAIO:

GIORNATA PER LA VITA CONSACRATA Nelle comunità parrocchiali

2-7 FEBBRAIO: SETTIMANA DELLA VITA E DELLA SALUTE

3 FEBBRAIO ORE 18.30 - Parrocchia del Crocifisso: Incontro sul tema della giornata della vita : “Solidali per la vita”, relatrice Dott.ssa Maria Vittoria Cammarota, dir. Centro per la vita “L. Saccone”, Pozzuoli.

4 FEBBRAIO ORE 18.30 -Parrocchia del Crocifisso: incontro sul tema della

giornata mondiale del Malato. “Io ero gli occhi per il cieco, i piedi per lo zoppo”, Don Fabio di Tommaso (Arcidiocesi di Campobasso-Boiano)

11 FEBBRAIO: 23^ Giornata del Malato, presso la Parrocchia del Sacro Cuore a Termoli, alle ore 17,00. Preghiera mariana e S. Messa.

6-7 FEBBRAIO: CONVEGNO ECCLESIALE REGIONALE in preparazione di quello Nazionale di Firenze Ogni Diocesi vi partecipa con 20 delegati.

6 FEBBRAIO “Dove 2 o +”

incontro dei Giovani col Vescovo – ore 20-00 Chiesa del crocifisso- Termoli

9 FEBBRAIO: CONSULTA DEI LAICI – ore 18,00, cittadella della carità.

10 FEBBRAIO: MARTEDÌ DI FORMAZIONE DIOCESANA:

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- incontro del Presbiterio Diocesano alle ore

09,30 presso la Casa di Formazione “Giovanni XXIII”;

- incontro di formazione per laici : “La famiglia nella Bibbia”, alle ore 18,30, presso la parrocchia del Crocifisso a Termoli.

17 FEBBRAIO: INCONTRO DEL PRESBITERIO DIOCESANO PER ZONE

PASTORALI.

18 FEBBRAIO: Inizio della Quaresima: Cammino verso la Pasqua

20 FEBBRAIO: Cafè Teologico

28 FEBBRAIO: RITIRO SPIRITUALE DELLE RELIGIOSE, alle ore

09,30 presso la Casa di Formazione S. Giovanni XIII in Larino

FOCUS DI QUESTO MESE

1 DALLA LETTERA AI CONSACRATI E E ALLE CONSACRATA

DI PAPA FRANCESCO

L’Anno della Vita Consacrata non riguarda soltanto le persone consacrate, ma la Chiesa

intera. Mi rivolgo così a tutto il popolo cristiano perché prenda sempre più consapevolezza del dono

che è la presenza di tante consacrate e consacrati, eredi di grandi santi che hanno fatto la storia

del cristianesimo. Cosa sarebbe la Chiesa senza san Benedetto e san Basilio, senza sant’Agostino e

san Bernardo, senza san Francesco e san Domenico, senza sant’Ignazio di Loyola e santa Teresa

d’Avila, senza sant’Angela Merici e san Vincenzo de Paoli. L’elenco si farebbe quasi infinito, fino a

san Giovanni Bosco, alla beata Teresa di Calcutta? Il beato Paolo VI affermava: «Senza questo

segno concreto, la carità che anima l’intera Chiesa rischierebbe di raffreddarsi, il paradosso

salvifico del vangelo di smussarsi, il “sale” della fede di diluirsi in un mondo in fase di

secolarizzazione» (Evangelica testificatio, 3).

Invito dunque tutte le comunità cristiane a vivere questo Anno anzitutto per ringraziare il

Signore e fare memoria grata dei doni ricevuti e che tuttora riceviamo per mezzo della santità dei

Fondatori e delle Fondatrici e della fedeltà di tanti consacrati al proprio carisma. Vi invito tutti a

stringervi attorno alle persone consacrate, a gioire con loro, a condividere le loro difficoltà, a

collaborare con esse, nella misura del possibile, per il perseguimento del loro ministero e della loro

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opera, che sono poi quelli dell’intera Chiesa. Fate sentire loro l’affetto e il calore di tutto il popolo

cristiano.

2. SETTIMANA DELLA VITA E DELLA SALUTE

E ormai un appuntamento fisso da alcuni decenni la prima settimana di febbraio,

dedicata alla riflessione su temi essenziali e centrali nella vita di ciascuno e che stanno

particolarmente a cuore alla comunità cristiana: la vita e la salute. Cosa interessa di più

all’uomo di oggi, all’uomo di ogni tempo? Sono valori che, pur universalmente condivisi,

vanno continuamente riproposti perché non raramente vengono malintesi, calpestati o

addirittura ignorati.

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“Sapientia cordis. «Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo» (Gb 29,15)” è un

invito ad coltivare in noi quell’ “atteggiamento infuso dallo Spirito Santo nella mente e nel

cuore”, che ci apre alla sofferenza dei fratelli e riconosce in essi l’immagine di Dio. E’

questa la sapienza del cuore, che il Papa, ripercorrendo la figura e la storia di Giobbe,

declina in quattro modalità: 1. Servire il fratello: lo esprimiamo con la vicinanza agli malati che hanno bisogno di

un’assistenza continua, di un aiuto per lavarsi, per vestirsi, per nutrirsi. 2. E’ stare con il fratello, “il tempo passato accanto al malato è un tempo santo”. 3. Uscire da sé verso il fratello, vivendo “la dimensione della gratuità, del prendersi cura,

del farsi carico dell’altro”. 4. Essere solidali col fratello senza giudicarlo. “La carità ha bisogno di tempo. Tempo per

curare i malati e tempo per visitarli. Tempo per stare accanto a loro”.

GIORNATA PER LA VITA: il messaggio della Chiesa Italiana per la giornata per

la vita “Solidali per la vita”, riprendendo un’espressione di Papa Francesco, ci sollecita

“un rinnovato riconoscimento della persona umana e una cura più adeguata della vita, dal

concepimento al suo naturale termine”. Dobbiamo farci “servitori di ciò che “è seminato

nella debolezza” (1Cor 15,43), dei piccoli e degli anziani, e di ogni uomo e ogni donna, per

i quali va riconosciuto e tutelato il diritto primordiale alla vita”. Il declino demografico e la

denatalità sono fenomeni purtroppo sotto gli occhi di tutti, anche nella nostra nazione:

sono segni “dell’eclisse della luce” che una nuova nascita fa risplendere in una famiglia. I

nostri vescovi puntano il dito contro la terribile piaga dell’aborto, contro la prassi della

fecondazione artificiale, che sono la conseguenza di questa eclisse. Ma “il nostro paese non

può lasciarsi rubare la fecondità”, è l’appello centrale della Chiesa Italiana. Accanto a

questo non bisogna dimenticare quanti sono stati messi al mondo e abbandonati, e quindi

è indispensabile rivedere gli iter burocratici dell’adozione e dell’affido, per venire incontro

a tante coppie che nutrono il sincero desiderio di vivere grazie a queste forme la

genitorialità. Ma la solidarietà per la vita si realizza anche attraverso percorsi di prossimità

per cui famiglie prendono a cuore altre famiglie mediante nuove forme di generosità come

l’adozione di famiglie in difficoltà. Infine ci viene ricordata la solidarietà nei confronti

degli immigrati e delle loro famiglie: è la risposta all’appello di Papa Francesco “dov’è tuo

fratello”?

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3. Il Messaggio per la Quaresima di Papa Francesco

Nel messaggio per la prossima quaresima “Rinfrancate i vostri cuori” Papa Francesco

punta il dito verso un male oscuro e la sua tentazione che si annida anche nel cuore di ogni

cristiano e dentro le nostre comunità e che ha perfino dimensioni globali: l’indifferenza e

la sua globalizzazione. L’indifferenza è ‘una mortale chiusura in se stessi’, è l’espressione

massima dell’egoismo.

Dio non è indifferente verso di noi, ci ha amati per primo, e chiede a ciascuno di noi

di restituire questo amore a Lui e al prossimo. Dio si è mostrato talmente indifferente da

stabilire, tra Lui e noi, una ‘porta’, che è l’evento di Cristo; la mano che apre questa porta è

la Chiesa; anche se spesso è ‘respinta, schiacciata, ferita’, questa mano deve continuare a

tenere aperta questa porta. È questa la strada per il superamento dell’indifferenza, la

strada verso l’amore reciproco e la costruzione di una società fraterna.

Il messaggio si articola in tre passaggi: 1. Se un membro soffre, tutte le membra soffrono È il richiamo al mistero della comunione ecclesiale, della condivisione. “La carità di Cristo rompe la mortale chiusura in se stessi”. Questo mistero giunge a tutti attraverso la testimonianza della Chiesa e di ogni cristiano; a noi che sperimentiamo il Suo Amore viene concesso di testimoniarlo nella nostra vita, perchè dice il Papa, “si testimonia solo ciò che prima si sperimenta”. Nella partecipazione al Corpo di Cristo, non c’è posto per l’indifferenza. In esso “diventiamo ciò che siamo”, diventiamo una sola realtà nella Communio Sanctorum, come comunione di santi ma anche di cose sante, partecipazione a tutti dei doni che riceviamo da Dio. Nella communio sanctorum, tutto è di tutti

2. Dov’è tuo fratello? Le Parrocchie e le comunità.

Nelle nostre piccole comunità dobbiamo sperimentare il mistero grande

dell’amore gratuito di Dio e la sua testimonianza nel mistero della comunione: esso

devono diventare “isole di misericordia in mezzo al mare dell’indifferenza”. In esse si

sperimenta l’attenzione verso il povero, il piccolo, il debole, Lazzaro che è vicino a noi.

Dalla dimensione universale della Chiesa, nella comunità locale l’amore si fa concreto.

Dalla comunione con i Santi che ci hanno preceduti e che partecipano della gloria di Dio

in cielo, e ai quali siamo uniti con la nostra preghiera, allo sguardo aperto verso la

società e il mondo nel quale il Signore ci ha posti, e la quale la Chiesa, in quanto

missionaria è stata mandata. “La missione è ciò che l’amore non può tacere”: non

possiamo chiuderci nell’indifferenza verso il mondo per il quale il Signore ha

spalancato la porta del suo amore.

3. Rinfrancate i vostri cuori: il singolo fedele

Dobbiamo vincere come singoli la tentazione dell’indifferenza, innanzitutto con la

preghiera. Per questo Papa Francesco proclama 24 ore di preghiera, il prossimo 13 e 14

marzo, nel cuore della quaresima. Accanto alla preghiera ci ricorda la carità e, come

terzo impegno, L’attenzione alla sofferenza dell’altro come ricordo e stimolo per la mia

conversione; il bisogno del fratello è un richiamo per la mia fragilità, e quindi la

necessità per me di confidare nel sostegno del Signore

Il tempo di quaresima diventa dunque un percorso di formazione del cuore, perché

possiamo vincere l’indifferenza e “le pretese di onnipotenza”.

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L’ultima parola è un invito ad avere un cuore povero, “che conosce le proprie

povertà e si pende per l’altro”, un cuore forte e misericordioso che “non cade nella

vertigine dell’indifferenza”.

4. In cammino verso Firenze 2015

Il contributo della nostra Chiesa Locale

(Documento inviato al Comitato preparatorio del Convegno nazionale)

TITOLO: “Una Terra per Giovani”

Il Sogno di una Chiesa

(Ci troviamo con giovani costretti a non poter né innovare, nè giovare, né a loro né ad altri.

Risultano così più un problema che una risorsa. Il preoccupante tasso di disoccupati; la condizione penalizzante degli occupati in modo precario; la

situazione instabile degli universitari: che ne sarà di loro? cosa li attende, conseguito il pezzo di carta? Li attende un futuro da emigranti, da precari, da disoccupati. …. nella nostra terra, non esiste un intervento

strutturale circa le politiche del lavoro e soprattutto manca il necessario raccordo tra il mondo dello studio e

quello del lavoro. Occorre aiutare i giovani che ne fanno richiesta a capire i propri orientamenti lavorativi. Spesso

infatti lo smarrimento comincia da una non comprensione delle proprie attitudini e dei propri talenti). Dalla lettera pastorale: Gianfranco De Luca, Una Terra per giovani.11 luglio 2011, Termoli

Descrizione esperienza

Storia

-Inizio: luglio 2011.

-Promotore: sua Eccellenza mons. Gianfranco De Luca, con la lettera Pastorale “Una Terra

per Giovani”.

-Campo di intervento: la realtà adolescenziale-giovanile. (I giovani fuggono dai nostri paesi e la nostra diventa sempre più una «terra per vecchi»!…. La

nostra Chiesa va controcorrente, perché esprime la convinzione che la nostra può tornare ad essere «terra di e per giovani).

-Soggetti coinvolti nell'iniziativa:

-la struttura di Policoro, volontari, imprenditori, artigiani, professionisti;

-l’Associazione di promozione sociale “Un Paese per giovani” (di cui è presidente onorario

sua Ecc.za Mons. Gianfranco De Luca) con il suo Direttivo e i soci fondatori dell’Associazione;

-Centro di Aiuto alla Famiglia.

SOGGETTI DESTINATARI, FINALITÀ DELL'INIZIATIVA, STRUMENTI

A - Destinatari: La realtà giovanile, dalla scuola al mondo del lavoro. Giovani in cerca di

prima occupazione.

B - Finalità: aiutare i giovani in cerca di lavoro a capire i propri orientamenti lavorativi,

(dalla scuola alle prime esperienze lavorative) facilitandone, mediante un accompagnamento

personalizzato, l’incontro con il mondo del lavoro, tentando così di arginare quello smarrimento

tipico dei giovani, che spesso comincia proprio da una non comprensione delle proprie attitudini e

dei propri talenti.

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C- Strumenti:

C1 - Sportello Giovani di Policoro. Si intende fornire ai giovani un supporto costante e

aggiornato sulle tematiche lavorative (bandi, corsi di formazione, offerte di lavoro, università ecc..)

mediante lo Sportello Informagiovani che mette in atto le seguenti attività:

. -Ricerca attiva del lavoro: Ricerca e acquisizione di offerte di lavoro, bandi e concorsi a livello locale

ed europeo. Divulgazione e pubblicazione del materiale allo sportello Informagiovani presso il comune di

Termoli e allo sportello Un Paese per i Giovani.

-Incontro con le imprese agricole familiari giovani.

-Progetto Scuola per le classi 4: Percorso di 5 incontri per le classi quarte attraverso un orientamento più

tecnico, volto alla spiegazione e realizzazione del curriculum vitae, consigli e strumenti per la ricerca attiva del

lavoro attraverso la conoscenza sulle normative del lavoro e il contributo del centro per l’impiego e delle

agenzie interinali.

-Progetto Scuola per le classi 5: Percorso di 6 incontri per le classi quinte attraverso un bilancio delle

competenze e dei valori lavorativi a cui tengono. Realizzazione di un duplice percorso che porti alla scelta

universitaria più consapevole e preparazione all’ingresso nel mondo del lavoro attraverso video curriculum.

C2 - Centro di Aiuto alla famiglia e all’educazione. La Caritas diocesana, L’Ufficio di

Pastorale familiare e l’ Ufficio di Pastorale scolastica propongono dei percorsi formativi da

realizzare nel territorio per attivare una collaborazione con la famiglia e le altre agenzie educative.

Per questo è in atto il progetto: “A SCUOLA PER EDUCARSI E EDUCARE” -

EMERGENZA EDUCATIVA E GENITORIALITA’ che coinvolge gli alunni delle quinte classi

della scuola primaria e i relativi genitori di sei Istituti del territorio diocesano. Gli incontri con i

ragazzi vengono realizzati da psicologhe nelle ore di religione. L’obiettivo del progetto è creare

una tradizione sulle tematiche dell’educazione e realizzare degli sportelli d’ascolto fissi in alcune

scuole, e sensibilizzare le istituzioni sull’emergenza educativa.

C3 - L’Associazione di promozione sociale “Un Paese per giovani”, con un gruppo di

imprenditori, liberi professionisti, artigiani che condividono il progetto «Una Terra per giovani».

L’associazione opera attraverso 3 gruppi di lavoro:

1- Volontari allo sportello: operano presso uno sportello di orientamento.

Ai giovani che vi si recano viene somministrata una scheda di orientamento che, oltre a

raccogliere i dati anagrafici e le esperienze maturate dai candidati, fornisce utili informazioni in

merito alle attitudini del giovane, alle proprie capacità anche non formali, alle proprie

aspirazioni.

2 - Comitato ricerca aziende: Il Comitato Ricerca aziende ha lo scopo di reperire

aziende disponibili ad ospitare i giovani in “tirocini formativi”. Alle aziende viene richiesta una

condivisione degli ideali che sono alla base dell’Associazione. L’imprenditore deve essere

disponibile a svolgere nei confronti del giovane tirocinante un vero e proprio accompagnamento

che lo aiuti ad apprendere le regole fondamentali del lavoro, dal rispetto degli orari, al lavorare

in gruppo, a rapportarsi correttamente con i responsabili aziendali, fino allo scoperta di attitudini

e capacità del candidato, che può così maturare una nuova consapevolezza di sé e delle proprie

potenzialità, spendibili anche al termine del tirocinio.

3 - Comitato matching: Infine il Comitato Matching si occupa di vagliare le schede

di orientamento dei giovani e le disponibilità pervenute da parte delle aziende, per individuare il

“matching” ideale tra i candidati e le aziende. In caso di esito positivo del matching,

l’associazione accompagna l’azienda ospitante nella compilazione della documentazione per

l’avvio del tirocinio formativo e ne segue lo sviluppo tramite un proprio volontario incaricato. Il

costo relativo all’avvio del tirocinio è a carico dell’associazione stessa, grazie a fondi provenienti

da un progetto della Caritas Diocesana e da donazioni volontarie.

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A tutt’oggi circa 350 giovani hanno avuto colloqui presso lo sportello dell’Associazione.

Sono stati avviati circa 50 tirocinii presso aziende e imprese del territorio della Diocesi e della

Regione.

Una difficoltà concreta è il costo del tirocinio e una delle criticità più rilevanti è il difficile

rapporto con il mondo della politica, delle istituzioni e della burocrazia.

Riflessioni conclusive e prospettive

Si richiede una conversione missionaria. L’Amore spinge a trovare nuove strade, a mettersi in

ricerca, a raggiungere i giovani dove sono. Lo stile della ricerca è quello di annunciare, raccontare l’amore personale per ciascuno. E’ urgente aiutare i giovani a scoprire il valore che ognuno porta in sè. Dio ha dato

il Suo Figlio per tutti noi. Noi saremmo irrimediabilmente poveri senza i giovani…. Tale ricerca deve

assumere la realtà totale del giovane, le sue attese e le sue relazioni che rappresentano l’interezza della sua vita: l’amore, la fragilità, il lavoro, la festa, la cittadinanza, l’essere dentro una storia da protagonista (la

tradizione)….. L’esperienza raccontata ha carattere pastorale-pedagogico e vuole spingere la comunità

diocesana a mettersi in gioco, con slancio e fiducia, nella cura e nell'accompagnamento dei giovani con uno sguardo sereno e aperto verso il futuro… Il giovane nel suo percorso di entrata, uscita e ritorno con

immissione nella responsabilità, dice la potenzialità che in lui si nasconde: il futuro della stessa comunità…

Occorre che il giovane diventi responsabile nei confronti dei suoi coetanei e all’interno della società…. L’accesso al mondo del lavoro deve avere questa stessa dinamica; deve nascere da un percorso educativo e

deve esser sostenuto da chi è capace di rendere quella opportunità di lavoro una possibilità ulteriore di

crescita umana e cristiana…. Ogni cammino educativo alla fede comporta l’assunzione di personali responsabilità a favore degli altri. (G. De Luca, Una Terra per giovani, cit.).

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Gemme

Continuiamo la presentazione degli Istituti

Femminili di Vita Consacrata, presenti nella Nostra Chiesa Diocesana.

CAMILLA CORINNA ROLO’N - Fondatrice

Camilla Rolòn nacque’ il 18 luglio del 1842 da papà Eusebio e Maria Gutierrez, a Sant’Isidoro, un paese a oriente di Buenos-Aires ( Argentina). Fu battezzata quattro giorni dopo la nascita.

Camilla crebbe in un ambiente sereno ed accogliente, dove le virtù cristiane erano praticate e vissute radicalmente.

Camilla era una bambina vivace e molto generosa e condivideva volentieri le sue cose specialmente con i bambini poveri che spesso portava a casa col permesso

della mamma che impartiva nozionie di catechismo. La famiglia Rolòn si trasferì a Bueno-Aires qui Camilla si distinse per la sua pietà e per la sua carità, collaborando con serietà e impegno alle attività parrocchiali e insegnando catechismo. Dal 1868 al 1871 nella città di Bueno-Aires si scatenò una grande epidemia, prima il colera poi la febbre gialla. Fu proprio in questa occasione che Camilla mostrò il suo coraggio e il suo amore verso il prossimo. Camilla cresceva e si fortificava nella vita cristiana e rappresentava un modello per le ragazze del suo tempo. Il desiderio di Camilla era quello di consacrarsi al Signore ed entrò nell’ordine carmelitano un convento di clausura, ma il sogno durò poco perché una grave malattia la costrinse a tornare in famiglia. A guarigione avvenuta fu consigliato un periodo di convalescenza in una campagna dove ritemprare le forze. Fu scelta la località di esaltazione di Santa Cruz. Camilla non era abituata a stare nell’ozio, e si rese presto conto della situazione di quel luogo , bisogni urgenti, gente buona e timorata di Dio ma molto povera e ignorante. e il suo cuore si commosse nello scoprire tanta miseria, urgeva una catechesi continua insieme ad una educazione e una istruzione umana adeguata. Fù proprio in questo clima e in questo paese che Camilla maturò un vecchio desiderio sopito nel tempo che riemerse con prepotenza nella sua mente: radunare un gruppo di ragazze e fondare un istituto che avesse come fine l’educazione dei bambini, soprattutto i poveri. Terminata la convalescenza espose il suo desiderio al Parroco e questi al Vescovo che incoraggiò l’idea. Così il 28 gennaio 1880 Camilla con tre compagne e un gruppetto di bambine, si stabilirono nella città di Mercedes in provincia di Buenos-Saires. Nacque così una nuova Congregazione religiosa col solo scopo di aiutare la povera gente, soprattutto quella di campagna. Questa prima dimora non poteva essere che povera, composta di un solo piano che fungeva da scuola da sala da pranzo e da Chiesa e di notte fungeva da camera da letto. In tutta questa povertà suore e bambine erano felice. L’opera di

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Camilla non si limitò solo a Mercedes, ma nel giro di pochi anni si estese a tutto il territorio. Molte ragazze chiedevano di far parte della nuova congregazione. Camilla aprì case per bambini poveri, orfani e abbandonati nonchè case di accoglienza per ragazze che desideravano lasciare la via del vizio, ospedali e case per anziani. Scuole di cucito e di apprendistato e scuole per apprendere quelle discipline umane affinchè al termine di un corso potessero trovare un lavoro.

Il suo pellegrinare da una comunità all’altra le procurava fatica, difficoltà e sofferenza, ma non si scoraggiava, uno sguardo a Gesù Crocifisso e riprendeva animo; Il modello a cui si ispirava la rendeva audace, forte e generosa. Ricca di carità, ma soprattutto di amore per Dio e per il prossimo consumava i suoi giorni confortata dai Sacramenti della fede cristiana e dall’attenzione affettuosa e filiale delle sue figlie. Morì a Roma la notte del 16 febbraio 1913. Nel 1950 si aprì la causa di beatificazione ancora in corso. Il 2 aprile del 1993 il santo Padre Giovanni Paolo secondo la dichiarò venerabile. Oggi le sue figlie seguendo l’esempio della loro fondatrice, portano il messaggio cristiano in varie parti del mondo. Argentina con numerose opere , Uruguay, Stati Uniti, Italia Madagascar e Romania.

Carisma della Madre Camilla

E’ eminentemente apostolico.

Il problema del suo tempo che ella intuì nella sua sensibilità è di tutti i tempi. Povertà

morale e spirituale..per disimpegnarlo con fedeltà , è necessario vivere unite a Cristo, maestro, pastore e sacerdote specialmente con la Liturgia Eucaristica, i Sacramenti la Sacra Scrittura, la liturgia delle ore, l’orazione mentale e soprattutto, lo spirito dell’orazione anche in mezzo all’attività.

Spiritualità e fine dell’Istituto:

Il fine dell’Istituto è la santificazione dei suoi membri e il bene spirituale del prossimo

praticato con disinteressata carità. Gli elementi più importanti del nostro spirito Giuseppino , per mezzo del quale ci incorporiamo alla missione salvifica di cristo e della chiesa sono: Abbandono totale alla Divina Provvidenza, frutto di uno spirito di fede, che fa vedere chiaramente la mano di Dio in ogni avvenimento.

Speciale sollecitudine per i poveri. Ardente amore a Cristo nella S. Eucaristia. Tenero e costante amore alla Madonna del Carmine <Madre e signora della congregazione. Particolare devozione a San Giuseppe protettore dell’Istituto nonch’è patrono della Chiesa

universale.

Le Suore di Madre Camilla in Molise

Fù mons. Oddo Bernacchia a invitare le Suore Povere Bonaerensi di San Giuseppe nel 1939 affidando ad esse l’incarico di aprire una prima scuola Materna ubicata nel centro storico del paese, di Larino, il convitto per ragazze e la catechesi parrocchiale. (Fra i carismi dell’Istituto è da sottolineare la particolare attenzione della Madre Camilla verso i Sacerdoti e i seminaristi) ed è per questa ragione che dopo L’apertura di Larino Monsignor Oddo Bernacchia chiese le Suore per il seminario di Termoli e l’incarico di gestire le colonie estive. Tale servizio è stato espletato dal 1947 al 1965 Con l’apertura del seminario di Larino e con la venuta di monsignor Micci si formarono due comunità, una per i bisogni del seminario alle dipendenze del vescovo, e una per la scuola materna che nel frattempo si era resa autonoma dalla vecchia gestione<Eca> con la costruzione in

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proprio di un nuovo edificio in via Novelli 10, dove tuttora svolge la sua attività in favore della popolazione locale. Col nuovo ordinamento delle diocesi il seminario di Larino fu chiuso e anche le suore lasciarono l’edificio .La casa di Larino è chiamata anche casa del fanciullo perchè per molti anni l’edificio è stato collegio per ragazzi figli di genitori che lavoravano all’estero . Dopo il 1980 l’ordinamento politico italiano ha chiuso i collegi ordinando nuovi modi di gestire le strutture., ma l’Istituto non potendo affrontare spese in proprie di nessun genere e soprattutto la mancanza di personale religioso ha deciso la chiusura.

Nel 1942 le Suore di San Giuseppe su richiesta de parroco Don Daniele Fimiani furono

chiamate per la catechesi in Morrone del Sannio distiguendosi per la loro capacità di adattamento e laboriosità; nella scuola Materna ,nel laboratorio di ricamo, cucito e maglieria. La casa di Morrone fu chiusa per mancanza di ricambio delle suore nel 1973.

Suor Adalgisa e Comunità

COME UN UNICO GIARDINO

RICCO DI MOLTEPLICI FIORI

SOLIDALI PER LA VITA

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“I bambini e gli anziani costruiscono il futuro dei popoli; i bambini perché porteranno avanti la

storia, gli anziani perché trasmettono l’esperienza e la saggezza della loro vita”. Queste parole

ricordate da Papa Francesco sollecitano un rinnovato riconoscimento della persona umana e una

cura più adeguata della vita, dal concepimento al suo naturale termine. È l’invito a farci servitori di

ciò che “è seminato nella debolezza” (1Cor 15,43), dei piccoli e degli anziani, e di ogni uomo e ogni

donna, per i quali va riconosciuto e tutelato il diritto primordiale alla vita.

Quando una famiglia si apre ad accogliere una nuova creatura, sperimenta nella carne del proprio

figlio “la forza rivoluzionaria della tenerezza e in quella casa risplende un bagliore nuovo non solo

per la famiglia, ma per l’intera società.

Il preoccupante declino demografico che stiamo vivendo è segno che soffriamo l’eclissi di questa

luce. Infatti, la denatalità avrà effetti devastanti sul futuro: i bambini che nascono oggi, sempre

meno, si ritroveranno ad essere come la punta di una piramide sociale rovesciata, portando su di

loro il peso schiacciante delle generazioni precedenti. Incalzante, dunque, diventa la domanda: che

mondo lasceremo ai figli, ma anche a quali figli lasceremo il mondo?

Il triste fenomeno dell’aborto è una delle cause di questa situazione, impedendo ogni anno a oltre

centomila esseri umani di vedere la luce e di portare un prezioso contributo all’Italia. Non va,

inoltre, dimenticato che la stessa prassi della fecondazione artificiale, mentre persegue il diritto del

figlio ad ogni costo, comporta nella sua metodica una notevole dispersione di ovuli fecondati, cioè

di esseri umani, che non nasceranno mai.

Il desiderio di avere un figlio è nobile e grande; è come un lievito che fa fermentare la nostra

società, segnata dalla “cultura del benessere che ci anestetizza” e dalla crisi economica che pare

non finire. Il nostro Paese non può lasciarsi rubare la fecondità.

È un investimento necessario per il futuro assecondare questo desiderio che è vivo in tanti uomini

e donne. Affinché questo desiderio non si trasformi in pretesa occorre aprire il cuore anche ai

bambini già nati e in stato di abbandono. Si tratta di facilitare i percorsi di adozione e di affido che

sono ancora oggi eccessivamente carichi di difficoltà per i costi, la burocrazia e, talvolta, non privi

di amara solitudine. Spesso sono coniugi che soffrono la sterilità biologica e che si preparano a

divenire la famiglia di chi non ha famiglia, sperimentando “quanto stretta è la porta e angusta la

via che conduce alla vita” (Mt 7,14).

La solidarietà verso la vita – accanto a queste strade e alla lodevole opera di tante associazioni –

può aprirsi anche a forme nuove e creative di generosità, come una famiglia che adotta una

famiglia. Possono nascere percorsi di prossimità nei quali una mamma che aspetta un bambino

può trovare una famiglia, o un gruppo di famiglie, che si fanno carico di lei e del nascituro,

evitando così il rischio dell’aborto al quale, anche suo malgrado, è orientata.

Una scelta di solidarietà per la vita che, anche dinanzi ai nuovi flussi migratori, costituisce una

risposta efficace al grido che risuona sin dalla genesi dell’umanità: “dov’è tuo fratello?”(cfr. Gen

4,9). Grido troppo spesso soffocato, in quanto, come ammonisce Papa Francesco, “in questo

mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo

abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!”.

La fantasia dell’amore può farci uscire da questo vicolo cieco inaugurando un nuovo umanesimo:

“vivere fino in fondo ciò che è umano (…) migliora il cristiano e feconda la città”. La costruzione di

questo nuovo umanesimo è la vera sfida che ci attende e parte dal sì alla vita.

Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana