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Medioevo Romanzo e Orientale Collana diretta da Antonio Pioletti COLLOQUI 14

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Medioevo Romanzo e OrientaleCollana diretta da Antonio Pioletti

COLLOQUI14

Forme letterarie del Medioevo romanzo:testo, interpretazione e storia

XI CongressoSocietà Italiana di Filologia Romanza

(Catania, 22-26 settembre 2015)

ATTIa cura di Antonio Pioletti e Stefano Rapisarda

Indice degli autori e delle opere a cura di Agata Calcagno

Rubbettino2016

Società Italiana di Filologia Romanza

in collaborazione conDipartimento di Scienze Umanistiche - Università di Catania

Struttura Didattica Speciale di Lingue - RagusaCentro Studi Filologici e Linguistici Siciliani

Comitato scientificoAntonio Pioletti, Arianna Punzi, Salvatore Luongo, Lino Leonardi,

Alvaro Barbieri, Giuseppe Noto, Luca Sacchi, Margherita Spampinato,Mario Pagano, Gaetano Lalomia, Stefano Rapisarda, Eliana Creazzo

Segreteria organizzativaEliana Creazzo, Gaetano Lalomia, Stefano Rapisarda

Il volume è pubblicato a cura diDipartimento di Scienze Umanistiche - Università di Catania

e stampato con il contributo diUniversità di Catania

Dipartimento di Scienze UmanisticheCentro Studi Filologici e Linguistici Siciliani

Società Italiana di Filologia Romanzae

Assessorato Regionale dei Beni Culturali e della Identità Siciliana

© 2016 - Rubbettino Editore Srl88049 Soveria Mannelli - Viale Rosario Rubbettino, 10 - Tel. (0968) 6664201

www.rubbettino.it

ISBN 978-88-498-5031-4

Roberto Antonelli

La Filologia romanza:tempo, spazio e storiografia letteraria

Perché un argomento così generale in un congresso della Società Italia-na di Filologia Romanza dal titolo Forme letterarie del Medio Evo romanzo:testo, interpretazione e storia? Diciamo che non mi è sembrato inopportunoin un convegno dedicato a uno dei nodi-chiave della Filologia romanzaproporre qualche considerazione generale su un tema organicamente affinee direi preliminare che in realtà è profondamente radicato nella miglioretradizione europea dei nostri studi, tanto da rappresentarne ancora nelmondo uno degli emblemi e degli aspetti più stimolanti e attuali, pur dopomolte innovazioni e rivoluzioni che sono intervenute soprattutto sulla con-cezione del testo e delle sue possibili analisi e che hanno visto spesso in pri-mo piano, di nuovo, proprio filologi e linguisti romanzi e slavi, ovvero ledue aree più organicamente attraversate da una necessaria dinamica com-paratistica (e non è dal comparatismo, progenitore di ogni metodo succes-sivo, strutturalismo in testa, che trae origine la nostra disciplina, in origineanche Lingue e letterature neolatine comparate?).

Porre infatti a tema le Forme letterarie del Medio Evo romanzo: testo, in-terpretazione e storia, come ci ha proposto il nostro presidente, AntonioPioletti, significa a mio parere affrontare la ragione stessa della nostra esi-stenza e della nostra “diversità” rispetto a tutte le altre discipline umanisti-che, il nostro essere insieme, come disse un famoso politico, “rivoluziona-ri e conservatori”. Il titolo rimanda infatti alla funzione di cerniera e di se-de dell’innovazione che porta alla nostra Modernità svolta dalle letteratu-re romanze e quindi da una disciplina, la Filologia romanza, estesa su unlunghissimo arco cronologico e su una larghissima estensione topografica:con le radici nel Classico, nel tardo Antico e nel Medio Evo latino e volgarema con il ruolo fondamentale di comprendere e analizzare tutto ciò che dinuovo e insieme di duraturo, di carico di futuro, appare dal Medio evo ro-manzo in poi in area neolatina, in sede letteraria e inevitabilmente, in quan-to filologia, in sede più generalmente culturale, a norma ancora di Giam-battista Vico:

«[…] la filosofia si pone ad esaminare la filologia (o sia la dottrina di tutte lecose le quali dipendono dall’umano arbitrio, come sono tutte le storie delle lin-gue, de’ costumi e de’ fatti così della pace come della guerra de’ popoli), la

quale, per la di lei deplorata oscurezza delle cagioni e quasi infinita varietà de-gli effetti, ha ella avuto quasi un orrore di ragionarne; e la riduce in forma discienza, col discovrirvi il disegno di una storia ideal eterna, sopra la quale cor-rono in tempo le storie di tutte le nazioni; talché, per quest’altro principale suoaspetto, viene questa Scienza ad essere una filosofia dell’autorità»1.

È un compito ovviamente immane, che confligge in profondità con letendenze che in tutta Europa, nel mondo e in Italia hanno ora invaso anchegli studi umanistici e che spiega la loro profonda crisi e il dibattito che si èaperto al riguardo2. Spiega anche le difficoltà attuali della Filologia roman-za negli ordinamenti degli studi universitari e ministeriali e nei rapporti conle altre discipline specialistiche, tutte costrette in una guerra fra poveri cheporta a perdere di vista le ragioni complessive e le esigenze comuni deglistudi umanistici proprio nella società contemporanea e prossima futura.

Siamo quindi di fronte a scelte decisive: omogeneizzarci, come nei fattici si chiede da più parti, e divenire una ennesima microdisciplina, dedicata,come si voleva già qualche anno fa nei paradigmi del CUN, solo al passag-gio dal latino alle lingue romanze (certo un aspetto fondamentale del nostroinsegnamento, ma non l’unico) o rivendicare il nostro status certo partico-lare e demodé, perfino obsoleto nella situazione attuale, in una prospettivapiù ampia della funzione degli studi umanistici nella società attuale?

Non affronterò il tema ex professo, ma per così dire di sponda, attraver-so l’esame di tre grandi categorie concettuali ma innanzitutto storiche, col-legandone l’analisi alle prospettive politico-culturali dell’Europa contem-poranea e conseguentemente dell’Italia: (1) concezione del tempo e (2) del-lo spazio, (3) conseguenze storico-culturali di tali concezioni sulla storio-grafia letteraria. Ovvero uno dei modi possibili per iniziare a riflettere ingenerale sulle categorie fondative del nostro tema specifico, le forme lette-rarie che caratterizzano il Medio Evo romanzo e propongono nei fatti unanuova tipologia del sistema letterario, ponendo le basi della Modernità, dalromanzo alla lirica.

Il nostro Convegno inizierà ad affrontarlo, come risulta dal programma,in molte articolazioni e casi specifici, ma con ciò credo si impegni a farneanche un argomento di riflessione e un programma di lunga durata, che po-trebbe vederci tutti impegnati in una nuova e diversa riflessione sul sistemaletterario romanzo, in una sorta di nuovo Grundriss che superi quello giàobsoleto e stranamente ripetitivo, malgrado le premesse, pubblicato negliscorsi decenni a Heidelberg. E certo dovremmo chiamarlo, ad evitare nuoviequivoci, anche diversamente: non Grundriss, ma qualcosa che faccia rife-rimento alle premesse appena svolte e che si rivolga non al nostro interno,

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1 G.B. Vico, La scienza nuova seconda, Spiegazione della dipintura, 7 (1744).2 Cfr., fra l’altro, Pioletti (a cura di) 2011.

a noi specialisti, ma anche agli altri, a quel pubblico colto, a quegli studentidesiderosi non di pure nozioni, ma di ragionamenti e chiavi di lettura delPassato e del Presente. Qualcosa come Filologia romanza e Modernità, perriprendere un titolo già proposto per introdurre l’edizione italiana di Let-teratura europea e Medio Evo latino di Curtius, un libro capitale a suo tem-po rivolto proprio a una riflessione sui nostri stessi temi e perciò ancora og-gi inevitabile punto di riferimento.

Inizierò dunque da una famosa riflessione sul senso storico di uno deimassimi poeti del Novecento, non da un autore “romanzo” quindi, ma daun americano anglicizzato e soprattutto europeizzato, Thomas StearnsEliot, non per nulla amicissimo di uno dei suoi primi e più grandi critici,Ernst Robert Curtius, a dimostrazione di quanto le ragioni fondative e tal-volta misconosciute o ignorate della Filologia romanza abbiano attraversatoe compenetrato il pensiero critico e creativo del XX secolo e di quanto sianecessario partire da una ricognizione sui possibili tempi della storiografia,molti di più di quelli scanditi dalla successione “generazionale” per secolie da una concezione del tempo unilineare. Comprendo in questa concezio-ne alquanto datata, ma ancora molto attiva sia nelle varie storie letterarie,sia nei commenti e introduzioni, la quasi totalità delle più rilevanti storieletterarie prodotte in Italia, da De Sanctis a Sapegno e derivate, compresequelle dedicate alle letterature medievali romanze, tutte eredi della tradi-zione storicistica romantica3. E dunque Eliot:

Il senso storico implica non solo l’intuizione dell’“esser passato” del passato,ma anche quella della sua presenza. Il senso storico costringe l’uomo non so-lamente a scrivere colla propria generazione nel sangue ma con il sentimentoche tutta la letteratura d’Europa, dopo Omero, e con essa tutta la letteraturadel nostro paese, ha una simultanea esistenza e forma un ordine simultaneo.Questo senso storico, che è, insieme, senso dell’atemporale e del temporale,tanto quanto del temporale e dell’atemporale insieme, è ciò che fa uno scritto-re tradizionale. Ed è ugualmente ciò che fa uno scrittore acutamente consape-vole del suo posto nel tempo, della sua contemporaneità4.

Non sarebbe difficile collegare queste affermazioni di Eliot a quella Cri-si della cultura umanistica che già aveva spinto Nietzsche a proporre unnuovo tipo di storicismo, “retrospettivo”, e poi tanti altri, fino a Auerbach,Curtius e alla storiografia delle Annales, a puntare su una concezione di“lunga durata” del tempo letterario europeo, senza che peraltro si mettes-sero chiaramente in discussione, fino a Reinhart Koselleck, le strutture teo-riche profonde del tempo storiografico:

La Filologia romanza: tempo, spazio e storiografia letteraria 7

3 Cfr., da ultimo, Antonelli 2011: 31-51.4 Eliot 1967: 94.

[…] richiamerò alla mente tre modi temporali di esperienza rigorosamente for-malizzati: (1) l’irreversibilità degli eventi, il prima e il poi nelle diverse connes-sioni del loro decorso [quanto a dire il tempo storicistico continuo, unilinea-re]; (2) la ripetibilità degli eventi: sia col sottinteso di una loro identità, sia co-me ritorno di costellazioni; sia come loro coordinamento figurale o tipologico[si pensi almeno a tutta la tradizione medievale e romanza, ma anche a tutte leriletture “attualizzanti” novecentesche, basate su un paradigma analogico]; (3)la contemporaneità del non contemporaneo […] [a livello perfino semanticoci troviamo qui su un terreno strettamente affine a quello indicato da Eliot]5.

Tale concezione del tempo ha portato Koselleck a riconsiderare critica-mente la nozione stessa di tempo, ben oltre i più consueti e immediati rife-rimenti storiografici e teorici. Koselleck (con Kant) distingue fra un temponaturale e un tempo storico. La cronologia naturale in quanto tale è privadi un significato storico. La cronologia si deve orientare secondo la storia enon viceversa:

Per costruire una cronologia storica, anche per eventi, occorre una “struttura-zione”. Si può perciò parlare […] di una struttura diacronica. Ci sono strutturediacroniche che sono implicite nel corso degli eventi,

maal di fuori di queste strutture diacroniche degli eventi ci sono strutture di piùlunga durata. […] Sotto la pressione dei problemi storico-sociali nella storiapiù recente si è insediata la parola “struttura”, specialmente come “storia strut-turale”. Si intendono per strutture, sotto l’aspetto temporale, complessi di rap-porti che non si risolvono nella stretta successione di eventi sperimentati unasola volta. Stanno a indicare piuttosto durata, stabilità notevole, e, ovunque,cambiamenti solo a lungo termine.

E dunqueLa semantologia storica mostra che ogni concetto attivo in una narrazione oesposizione (per esempio Stato, partito, democrazia, esercito, per citare soloconcetti generali) permette di vedere connessioni, complessi di eventi, proprioin quanto non sono ridotti alla loro unicità temporale. I concetti non solo ci in-segnano a capire l’unicità di significati passati (per noi), ma contengono anchepossibilità strutturali, tematizzano contemporaneità del non contemporaneo, chenon possono essere ridotte al puro decorso cronologico della storia6.

È abbastanza ovvio ma molto interessante notare come in Koselleck ri-corrano concetti e perfino espressioni sia di Eliot (già citate) sia di Curtius,di un ambiente cioè letterario e filologico:

Come la letteratura europea deve essere considerata una totalità, così il suostudio deve procedere soltanto sul piano storico. Ma non in forma di storia del-

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5 Koselleck 1986: 112.6 Ivi: 125 (corsivi nostri).

la letteratura! La storia, quando si limita ad esporre e ad elencare, fornisce solocognizioni di eventi in serie; lascia la materia nella sua forma casuale. La consi-derazione storica, invece, ha il compito di spiegare e di approfondire la mate-ria: deve adottare metodi analitici per “scomporla” (come fanno i reagenti neiprocessi chimici) e per evidenziarne l’intima struttura7.

Alla base si muove, credo, una nuova concezione del ruolo del Soggettonella raccolta e nell’elaborazione del materiale storiografico (letterario o al-tro che sia), ancora oggi del tutto misconosciuto o avversato, in ostilità tal-volta anche alla Metahistory di Hayden White8. È molto probabile che inCurtius e forse in Koselleck agisse la riflessione nietzscheana dello “stori-cismo retrospettivo”, ma da un punto di vista teorico e analogico più ge-nerale occorrerebbe ricordare anche (specie per White) la concezione cro-ciana della storia come storia sempre contemporanea (e quindi politica) ele sue lontane ma non irriconoscibili suggestioni classiche, oltre che post-moderne.

Posto che la filologia romanza si colloca esattamente al punto di snodofra Antico e Moderno e che del Moderno costituisce l’anticipazione e ilfondamento per molteplici aspetti sociali e letterari, è difficile non ricono-scere come un tempo “strutturato” sulla “lunga durata”, sulla coscienza re-trospettiva della sua funzione oggi, sia anche ora, più che mai, il tempo pro-prio della Filologia romanza, anche al di là delle suggestioni ideologicheche condussero Curtius e Auerbach a identificare nei tre millenni della tra-dizione letteraria occidentale la chiave per la “salvezza” della Tradizioneeuropea dalla Krisis e dall’assalto delle masse e della globalizzazione9. Com-paratismo diacronico dunque, filologicamente fondato, radicato nell’auto-coscienza delle domande storiche che il Soggetto pone al passato per l’ora,il nunc, e non affidato alle presunzioni inorientate e autorelazionali dell’Iocritico contemporaneo con le cosiddette “attualizzazioni”: Curtius non pernulla concludeva il suo libro, così eversivo sul piano metodologico, con lacelebrazione assoluta della filologia come unico metodo “scientifico” perl’indagine letteraria10.

Ma se l’ora e il dove, l’hic et nunc, cui corrisposero in modo diverso ep-pure sostanzialmente analogo, Curtius e Auerbach (quest’ultimo con mino-ri ambizioni politico-culturali, sul piano storiografico e teorico, e forse dun-que più aperto), è oggi inevitabilmente in gran parte datato, quale può es-sere il tempo e lo spazio delle letterature romanze e quindi della Filologiaromanza nel XXI secolo? Oggi la Crisi dell’Europa, pur rimanendo il pro-blema centrale per noi su cui ragionare, si colloca infatti in un contesto

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17 Curtius 1992: 24 (corsivi nostri).18 White 1975.19 Si veda Auerbach 1987: 159-71.10 Si vedano Curtius 1992 e l’Introduzione Filologia e modernità: V-XXXIV.

molto diverso, con un’Unione europea claudicante ma infine esistente, edunque in una prospettiva non di “salvezza” da una situazione disperata,ma di costruzione e di speranza, malgrado tutto.

Sarebbe ovviamente ridicolo tentare di raccogliere lungo una sola pro-spettiva le molteplici risposte che alla Crisi sono state date nel secolo pre-cedente, a partire ovviamente da quelle incentrate sull’assoluta e autonomacentralità del Testo, da Croce alla critica stilistica, allo strutturalismo, allacritica formale e verbale (compresa la variantistica continiana), alla semio-tica e al decostruzionismo. È ovvio come queste risposte, con la negazionedella storiografia storicistica, rientrino perfettamente nel discorso preceden-te, ma per ragioni di tempo e di spazio mi atterrò strettamente, in questasede, al tema “spazio e tempo nella storiografia letteraria”. Se dunque iltempo della Crisi dell’Europa e della riflessione sulla Crisi è un tempo ne-cessariamente strutturato sulla “lunga durata”, a partire da una riflessioneautocosciente sulla nostra posizione di osservatori e critici11, oggi e qui, inEuropa e nel mondo globalizzato, ne consegue anche una diversa riflessio-ne sullo spazio, ben diverso da quello delle letterature “nazionali”, cui sia-mo ancora per la gran parte legati, in Italia e fuori d’Italia.

Il Tempo e lo spazio romanzo e quindi europeo, per definizione, è queltempo in cui l’Uno (il latino e la Romània) si apre al Molteplice e al Diversoe su questa apertura fonda la propria identità più profonda, la propria ra-dicale diversità e perfino la sua difficile collocazione negli studi critici con-temporanei: i suoi tempi e i suoi spazi sono infatti ritenuti entrambi abnor-mi, troppo “lungo” cronologicamente il primo e troppo “ampio” geografi-camente il secondo. Ma è proprio questa caratteristica che ne definisce lecaratteristiche interessanti e utili, nell’hic et nunc dell’Europa contempora-nea e nella possibilità di aprirne le prospettive al Nuovo diverso, a comin-ciare proprio dalla Neolatinità diffusa nel mondo, e certo non solo.

È singolare che la più geniale proposta metodologica e critica prove-niente dall’Italianistica, ovvero la Geografia e storia della letteratura italianadi Carlo Dionisotti, sia stata così poco metabolizzata e sviluppata nei nostristudi, senza suscitare grandi dibattiti e nuove operazioni critiche, anchequando si è tentato di dimostrarne la straordinaria fertilità per le nostre ri-cerche. È vero, peraltro, che scarso è stato il richiamo, salvo singoli e nume-rati casi, anche nell’Italianistica: molte lodi, ma scarsa comprensione dell’o-perazione politico-culturale, e critica, di Dionisotti (ridotto spesso a un pu-ro erudito di stampo ottocentesco!), e ancora più scarsa partecipazione at-tiva. Probabilmente ha giocato negativamente proprio la profonda riflessio-ne politico-culturale che Dionisotti proponeva sulle radici dei mali italiani,

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11 L’Osservatore heisenberghiano e heideggeriano che sa di essere parte del processoermeneutico poiché con la sua stessa presenza modifica l’Osservato.

immediatamente dopo la seconda guerra mondiale, singolarmente parallela,malgrado le opposte opzioni politiche, a quella che Curtius negli stessi anniproponeva sul piano europeo, dopo il disastro epocale del paese, la Germa-nia, che dell’Europa era stato il centro e il cuore per larga parte dell’Otto-cento e del Novecento.

Eppure, è proprio dallo spazio dionisottiano che occorrerà ripartire peruna nuova storiografia romanza che sappia coniugare in modi nuovi l’hic etnunc: Dionisotti restituiva centralità allo spazio geografico e storico italianopreunitario (ancora una volta su intuizioni crociane)12. È questa stessa ope-razione che proprio in ragione dell’attuale situazione europea, anche al dilà della stessa Unione europea, ma da essa partendo, occorre fare per lospazio romanzo, proprio in quanto spazio scandito in letteratura, e non so-lo, da un tempo di lunga durata, a cominciare dai temi, dai generi e dalleforme che il Medio Evo romanzo rielabora e (re)inventa.

Non è questo il luogo per una lunga e analitica rassegna, ma pensiamoa quanta parte dell’immaginario contemporaneo si fonda sui generi e te-mi delle letterature romanze, dall’epica (storico-)fantastica, che arriva si-no al cinema e ai moderni serial televisivi e al phantasy, fino al roman-zo, con l’invenzione dell’individuo, un eroe protagonista teso alla ricer-ca della propria identità tramite la continua prova delle proprie capacitàe dei proprî valori ideali, secondo un modello che anch’esso, pur sottopo-sto all’ironia del grande romanzo cavalleresco rinascimentale italiano e spa-gnolo e del nuovo romanzo borghese, rimarrà operativo negli archetipiaffettivi ed emozionali fino al cinema e alle fiction TV contemporanee. Epensiamo ancora soltanto per un attimo, tanto è ovvio, a un altro tema ro-manzo fondativo della nostra modernità letteraria: quella vera e propriareinvenzione dell’amore che nella lirica sposta la ricerca dell’identità all’in-terno dell’individuo, in una dialettica interna al Soggetto che attraversa tut-ta la letteratura occidentale. È un amore che non ha più nulla a che vede-re con quello classico, marcato com’è dalla religione e dalla cultura cristia-na, e che porta alla nascita dell’Io lirico moderno e a una forma-genere, ilsonetto, che marcherà tutta la lirica europea e mondiale anche oltre il Ro-manticismo.

Perché ricordare questi aspetti notissimi, quasi luoghi comuni ormai,che caratterizzano la nascita e lo sviluppo delle letterature romanze ed eu-ropee? Innanzitutto poiché spesso, proprio in quanto noti, noi per primitendiamo a considerarli ovvi e non ci rendiamo conto di quanto invece sia-no ancora fondamentali per rivitalizzare l’insegnamento della letteratura intutti gli ordini di scuola, come dimostra del resto la bella esperienza dellaSIFR-Scuola. Sono gli aspetti che più attraggono e interessano gli studenti.

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12 Dionisotti 1967: 23-45.

Dimostrano la centralità della Filologia romanza non solo in quanto disci-plina fondamentale per la critica delle fonti, del testo e dei testi, ma ancheper un approccio al Testo letterario non limitato a un orizzonte nazionale,italianistico, ormai veramente poco significativo e utile se non affiancato daun saldo e aperto comparatismo che sappia mettere al centro il Testo e lasua complessità, non la sua semplificazione. Proprio per la sua complessitàil Testo letterario è una straordinaria e insostituibile fonte di esercizio criti-co, ovvero di quel che nei programmi ministeriali forse si vorrebbe ottene-re, ma solo a parole, nel momento in cui si sfornano programmi che ridi-mensionano o addirittura escludono dalla formazione degli insegnanti laLinguistica e Filologia romanza. La Filologia romanza in quanto “filologia”è rivolta innanzitutto all’accertamento del “vero” e del “certo”, ovvero allacritica delle fonti (si pensi ora allo sviluppo della Rete e alla necessità di unarinnovata critica delle fonti), e in quanto “romanza” nasce con l’Europa edè la materia più “europea” fra quante impartite nell’area umanistica. Il suoridimensionamento, paradossalmente ma non troppo, è avvenuto e conti-nua ad avvenire proprio quando si vorrebbe rafforzare e sviluppare l’unitàeuropea, non includendola in angusti confini solo nazionali e limitati allasola Unione Europea.

Ma si potrebbe aggiungere anche di più, volendo. Un lungo capitolopotrebbe riguardare proprio le origini della nostra disciplina e le ragioniper cui il Romanticismo, non solo tedesco, vide nel Medio Evo e nelle co-siddette “origini” romanze la chiave per comprendere anche la propria epo-ca e le proprie pulsioni. Hegel, per limitarci a un solo caso emblematico, vi-de bene come la lirica “moderna” europea, romanza, si staccasse nettamen-te da quella antica e da quella orientale con caratteristiche sue proprie, cheaffondavano le proprie radici in una nuova concezione dell’Io, “infinito”13.

Sono tutte problematiche che ci rimandano a una vasta e articolata let-tura dei testi sul piano diacronico e spaziale, ma ci spingono anche, come èavvenuto al Dipartimento di Studi Europei, americani e interculturali diRoma, a riconsiderare, proprio in funzione della “lunga durata” e del rap-porto Presente-passato, la funzione delle emozioni nel Testo letterario, siaall’interno dei vari generi e delle varie forme letterarie, sia come reale mo-dalità di approccio di ogni lettore al testo. Lo aveva ben visto Croce nellasua Estetica, come scienza dell’espressione e linguistica generale, tagliandoperò fuori ogni possibilità di una lettura stratificata e plurale del testo, ri-dotta di fatto al giudizio valoriale dell’interprete accreditato (e peraltro, inquanto nuovo auctor, non costretto ad alcun obbligo dimostrativo). Un mo-derno insegnamento filologico e critico deve invece, proprio in grazia diquel particolarissimo rapporto spazio-temporale depositato nelle tradizione

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13 Si veda Antonelli 2006: 187-99.

romanza, saper operare su più livelli, da quello della lettura libera e “sel-vaggia” (ovvero quella che ognuno di noi ha sperimentato per prima e chespiega l’incessante riuso e attualità dei classici e dei testi, anche i più lontaninel tempo e nello spazio) a quella, filologico-critica, dimostrativa, che sap-pia penetrare nello spessore e nelle stratigrafie profonde del testo, con l’Au-tore e oltre l’Autore.

Sarà evidente a questo punto perché accanto alle ricerche dedicate alleemozioni nelle letterature romanze ed europee si sia dedicata particolare at-tenzione, in parallelo ma in stretta interconnessione, negli ultimi anni, an-che al problema del canone. Ovviamente non come fatto prescrittivo, macome chiave storica per capire quale sia oggi al riguardo la sensibilità euro-pea e come l’insegnamento della letteratura europea possa rappresentareun elemento formativo dei giovani europei, visto il ruolo che la letteraturaha svolto, e continua a svolgere, anche nell’età mediatica, nella formazionedei giovani.

Un “vasto programma”, dunque, segnato certamente da una compo-nente utopica, ma un programma che al momento appare come l’unico chepossa offrire al contempo qualcosa di nuovo alla formazione europea e a unfuturo non puramente settoriale della nostra disciplina: il possibile hic etnunc dei nostri inquieti giorni, di questa nuova e risorgente Crisi, nel qualesi possano collocare in una prospettiva strategica sia i nostri studi partico-lari sia una nuova e funzionale analisi storico-geografica (ovvero, un nuovospazio e un nuovo tempo) delle forme, dei testi e delle interpretazioni (maiunivoche, si è detto) delle letterature romanze.

Bibliografia

Antonelli, R.2011 De Sanctis e la storiografia letteraria italiana, in «Quaderns d’Italià» 16, pp.

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que méditerranéen au Moyen Âge, a c. di D. Billy, F. Clément, A. Combes,P.U.M., Toulouse, pp. 187-99.

Auerbach, E.1987 Filologia della Weltliteratur, in Id., S. Francesco, Dante, Vico, Editori Riuniti,

Roma, pp. 159-71 (tit. orig. Philologie der Weltliteratur, 1952, poi in Gesam-melte Aufsätze zur Romanischen Philologie, Francke Verlag, Bern-München1967).

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(tit. orig. Europäische Literatur und lateinisches Mittelalter, Francke Verlag,Bern 1948).

La Filologia romanza: tempo, spazio e storiografia letteraria 13

Dionisotti, C.1967 Geografia e storia della letteratura italiana, Einaudi, Torino (pronunciata nel

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Koselleck, R.1986 Futuro e passato, Marietti, Genova (tit. orig. Vergangene Zukunft. Zur Se-

mantik geschichtlicher Zeiten, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1979).Pioletti, A. (a cura di)2011 Saperi umanistici oggi, «Le Forme e la Storia» n.s. IV, 2011, 1-2.White, H.1978 Retorica e storia, 2 voll., Guida, Napoli (tit. orig. Metahistory: The Historical

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14 Roberto Antonelli

Indice generale

Roberto Antonelli, La Filologia romanza: tempo, spazio e storiogra-fia letteraria p. 5

Alvise Andreose - Chiara Concina, A monte di F e f. Il Devisementdou monde e la scripta dei manoscritti francesi di origine pisa-no-genovese 15

Francesco Saverio Annunziata, Le canzoni di crociata dei trovatori composte tra il 1213 e il 1214 39

Armando Antonelli - Paolo Rinoldi, Un inedito trattato provenza-le sulla preparazione dei colori 59

Alessandro Bampa, Il «bifrontismo» di Guglielmo IX e il caso di En Peire, per mon chantar bel (BdT 453.1 = 335.23) 75

Sonia Maura Barillari, Il Cola Pesce di Walter Map: leggenda, tra-dizione e strategie compositive 91

Francesco Bruno, «De vulgari in latinam linguam convertit»: primenote sulla tradizione/traduzione di fonti francesi nel libro XXV del Chronicon di Francesco Pipino 111

Luca Cadioli, «Ge sui le chief et vos les menbres». Discorsi sul po-tere nel Roman de Meliadus 129

Matteo Cambi, Note sull’Histoire ancienne jusqu’à César in areapadano-veneta (con nuove osservazioni sul ms. Wien, ÖNB, 2576) 145

Valentina Cantori, Testi scientifici giudeo-portoghesi: il Vat. ebr.372 163

Martina Di Febo, Jean de Mandeville sulle tracce di Alessandro: dalRoman d’Alexandre al Livre des merveilles dou monde 173

Rachele Fassanelli, (Ri)costruzioni nella prassi ecdotica della lirica galego-portoghese 189

Sabrina Galano, Le livre des Cent nouvelles di Laurent de Premier-fait e il Decameron di Boccaccio: divergenze testuali nella tra-duzione della IX giornata 209

Luca Gatti, Bifrontismi minori. Appunti sulle liriche religiose at-tribuite ad Arnaut Catalan nel canzoniere M 225

Andrea Ghidoni, Cultura e poetica dei dittici epici medievali 237

Magdalena Maria Kubas, Forme e legami litanici in alcune laude mariane del Duecento 255

Claudio Lagomarsini, «Le lyon de l’empereor est eschapez». L’ini-zio del Roman de Meliadus e il motivo del leone evaso 271

Margherita Lecco, Hue de Rotelande e i suoi maestri. Ancora sul motivo del «torneo dei tre giorni» 287

Marco Maggiore, Convenzioni scrittorie e interferenza diasistema-tica: riflessioni sui testi romanzi medievali in alfabeto greco 301

Michela Margani, Il Miroir du monde: verso una nuova edizione critica 315

Pantalea Mazzitello, Un volgarizzamento fiorentino dell’Olympia-de di Pierre de Beauvais 335

Maurizio Mazzoni, Maugis e Malagigi: la figura del mago ladro dal-la chanson de geste ai cantari cavallereschi 349

Antonio Montinaro, Testi e lingue nel Salento medievale 365

Valentina Nieri - Giulio Vaccaro, Prologhi, prologuzzi e tappeti di Fiandra guardati a rovescio 387

Arianna Punzi,Riflessioni sulla prima sezione del Lancelot en prose 405

Stefano Resconi, Forme del rapporto interdiscorsivo tra raccolte dicoblas provenzali e poesia comica toscana 419

Marco Robecchi, Riccoldo, Jean le Long e la sua raccolta odeporica: traduttore o editore? 439

Fabio Romanini, La Vita de alcuni electi capitani volgarizzata da Matteo Maria Boiardo: note di lingua e di stile 455

Oriana Scarpati, L’oscena faretra. Usi del lemma carcais nella lirica trobadorica 469

Beatrice Solla, Una matrice tutta meridionale per il Ronsasvals, poe- ma epico occitanico 483

Giuseppe Zarra, Per una nuova edizione critica dei volgarizzamenti anonimi delle Consolationes senecane 499

Alina Zvonareva, La Danse Macabre di Parigi: tradizione testuale tra manoscritti, incunaboli e scritture esposte 513

Indice degli autori e delle opere 529

540 Indice generale