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CLUB MILANO N. 16 SETTEMBRE - OTTOBRE 2013 Carla Sozzani: “I grattacieli non mi dispiacciono, quando osservo dal terrazzo la città che cambia sono felice”. Amate moschettoni e scarpe da free climbing? Si moltiplicano a Milano le pareti artificiali per gli appassionati. Gli e-scooter sono la nuova frontiera della mobilità urbana. Le città ringraziano e anche i costi si abbattono. Tanto lontana quanto affascinante, la Nuova Zelanda presenta habitat naturali che stregano ogni viaggiatore. Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - LO/MI 3,00 euro

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club milanoN. 16SETTEMBRE - OTTOBRE 2013

Carla Sozzani: “I grattacieli non mi dispiacciono, quando osservo dal terrazzo la città che cambia sono felice”.Amate moschettoni e scarpe da free climbing? Si moltiplicano a Milano le pareti artificiali per gli appassionati.Gli e-scooter sono la nuova frontiera della mobilità urbana. Le città ringraziano e anche i costi si abbattono.Tanto lontana quanto affascinante, la Nuova Zelanda presenta habitat naturali che stregano ogni viaggiatore.

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Alla cerimonia di chiusura del Milano Film Festival, lo scorso 15 settembre, una folla di entusiasti cinefili milanesi e ignari registi e attori stranieri, hanno assistito divertiti e un po’ sbigottiti a un video promozionale del Comune di Milano, presentato dal vi-cesindaco in persona, in cui l’attuale amministrazione elogiava gli sforzi fatti per ren-dere la nostra città una sorta di capitale dello sport, un esempio da seguire addirittura a livello europeo per le iniziative messe in atto a favore delle più disparate pratiche sportive. Difficile dire se il pubblico abbia riso di più quando sono stati presentati ska-teboard e parkour, per loro stessa natura fenomeni antisistema che non necessitano di strutture pubbliche, peraltro inesistenti, o quando il bravo speaker ha definito Milano “città della bicicletta”, non si sa se per i fenomeni sempre più arrabbiati di critical mass che ogni giovedì invadono le nostre strade o se per le famigerate piste ciclabili a singhiozzo, terra promessa di ogni campagna elettorale che si rispetti. Certo è che il breve spot promozionale, imposto al povero Milano Film Festival in cambio di un finanziamento così prezioso di questi tempi, ha fatto propria una reale passione dei milanesi verso lo sport senza averne alcun merito. Emblematico che il video, durato circa cinque minuti, non abbia fatto vedere neppure un impianto sportivo di nuova generazione (o almeno ristrutturazione), ma solo parchi o luoghi pubblici, unico ter-reno di sfogo per sportivi fai da te. Non si è capito bene il senso: forse dovremmo rin-graziare il Comune per non aver ancora impedito alla gente di correre o per non aver ancora fatto passare ordinanze, come in altre città italiane, che vietano ai ragazzini di giocare a pallone per le strade. Niente di male. Alla propaganda e alle storture della politica siamo abituati da anni, ma se proprio non si vuole (o non si può) investire in infrastrutture, almeno consigliamo di spendere qualche euro in più per qualche bravo giovane video maker capace di dissimulare meglio la realtà. L’italiano, per na-tura, accetta di essere amministrato o governato da mistificatori, chiede solo di non accorgersene in modo così sfacciato. Tra l’altro Milano non sarà la città della bicicletta, ma di sicuro è la città dei creativi e delle agenzie pubblicitarie. Se proprio non ce la facciamo con la sostanza, almeno curiamo meglio la forma.

Milano città dello sport?

Stefano Ampollini

EdiTORial

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cONTENTS

point of view 12Milano senza “senso”

di Roberto Perrone

inside 14Brevi dalla città

di Carolina Saporiti

outside 16Brevi dal mondo

di Carolina Saporiti

portfolio 22la fotografia che aiuta

di Andrea Zappa

cover story 18Milano è una seconda Parigi

di Jean Marc Mangiameli

weekend 38Pedalando la domenica mattina

di Marilena Roncarà

focus 32Sfidando la gravità

di Marilena Roncarà

bike equipment 36in love with my bike

di Luigi Bruzzone

interview

italianità prima di tutto

di Simone Zeni

30

focus 28la città delle meraviglie

di Elisabetta Gentile

style 40investire sul futuro

di Carolina Saporiti

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cONTENTS

In copertina

Carla Sozzani.

Foto di Alessandro

Treves.

hi tech 50 il settembre hot dell’hi-tech

di Enrico S. Benincasa

food 58cavoli a Merenda

di Andrea Zappa

food 56la terza vita delle langhe

di Stefano Ampollini

club house 60Tradizioni e futuro, guardando all’Expo

di Enrico S. Benincasa

free time 62da non perdere

a cura di Enrico S. Benincasa

free time 64Super bar

a cura della Redazione di Club Milano

wellness 52 Benessere all’olio d’oliva

di Simona Lovati

overseas 54Solo per spiriti liberi

di Valerio Venturi

style 44Herno, limitarsi per non avere limiti

di Stefano Ampollini

design 46lavorare contemporaneo

di Davide Rota

wheels 48Urban spirit

di Camilla Sernagiotto

style 42British Touch

di Luigi Bruzzone

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POiNT Of viEw

Stavo venendo qua, a questo pc, a scrivere queste brevi righe. Ero in moto in piazza San Babila e ho rallentato avvicinandomi al semaforo diventato giallo. Dietro di me qualcuno ha strombazzato. Un taxi mi si è affiancato e il conducente, devo dire in modo non particolarmente violento, mi ha apostrofato perché non gli ho dato spa-zio. Gli ho risposto, in modo altrettanto pacato, di stare calmo, che è questo incat-tivimento (cominciato da decenni) a peggiorare la nostra vita, molto più della crisi economica. Mi ha guardato come se fossi matto. Ma ormai ero partito. In meno di 30 secondi gli ho fatto un pistolotto sulla perdita del contatto umano e sulla riduzione dei nostri rapporti a scontri di questo tipo, più o meno ingiuriosi. E ho concluso: “Faccio un fioretto e tu mi sei testimone: la prossima volta che sarò io a dover rallentare, starò zitto”. Lui ha sgommato sorridendo, non so se perché pensava di aver mollato un pazzo oppure perché l’avevo fatto riflettere. E mentre proseguivo mi è venuta in mente la lettera del Cardinale Angelo Scola sull’ateismo anonimo dei cristiani ambrosiani “che vivono come se Dio non ci fosse”. Si rivolgeva, prima che alla città in generale o a ai non credenti, proprio a quelli che dicono di creder-ci e invece vivono come se Cristo non ci fosse. In molti si sono risentiti, ho visto risposte piccate, ho letto perfino alcuni (sedicenti) intellettuali, mettere in con-trapposizione Scola e Papa Bergoglio che piace molto perché telefona agli studenti padovani e scrive a Repubblica. La verità è che il Cardinale di Milano fa il suo mestiere, parla non solo alle coscienze dei cristiani, ma a quelle di tutti i milanesi. E ci dice che la vita diventa insulsa, vivendo come se non ci fosse Gesù Cristo o senza porsi, almeno, la domanda del pastore errante dell’Asia nel Cantico notturno di Giacomo Leopardi: “che vuol dir questa solitudine immensa / ed io che sono?”. È quello che il maestro di Scola, don Luigi Giussani, chiamava “il senso religioso”. È la domanda che è già una risposta. Che senso ha tutto questo? Il taxista non mi ha risposto. Noi non ci facciamo più questa domanda e tutto ci scorre addosso. Uscia-mo di casa, cappuccio e brioche, andiamo a lavorare, prendiamo auto, bus, treni, facciamo code, shopping, gite fuori porta senza guardare da nessuna parte, senza accorgerci di chi ci sta accanto. Viviamo come se non ci fosse nulla se non fretta, cose da fare, oggetti. Viviamo senza senso. Comunque la pensiate, viviamo male.

Milano senza “senso”

Roberto Perrone

roberto perroneGiornalista e scrittore dalle radici zeneisi si occupa di sport, enogastronomia e viaggi per il Corriere della Sera. È appena uscito il suo sesto romanzo La cucina degli amori impossibili edito da Mondadori che coniuga le sue passioni: la Li-guria, la cucina, le donne, i viaggi e lo sport. Una sorta di “Giulietta e Romeo” dove Montecchi e Capuleti sono due grandi ristoranti.

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iNSidE

White, il bianco non passa mai di moda Dopo il debutto dello scorso giugno, Akkua R’Evolution ha ricon-fermato la presenza all’edizione di settembre di White con un’innova-tiva sneaker. Per la prima volta sono approdati a Milano anche il marchio di zaini Supe Design di Tokyo, il brand di borse marchigiano Maison Bottalico e i sandali Flogg. Tra le no-vità anche Blake, che ha presentato una capsule di giacche.www.whiteshow.it

Startmilano, associazione non profit che raccoglie molte gal-lerie d’arte contemporanea della città di Milano, ha celebra-to l’ottavo anno di attività regalando un weekend dedicato all’arte contemporanea: dal 19 al 22 settembre le gallerie del circuito Start hanno animato la città con inaugurazioni congiunte ed eventi. Per l’occasione si sono tenuti opening con orari prolungati e aperture straordinarie. www.startmilano.com

Milano comincia dall’arte

Vogue Fashion Night Out 2013Il 17 settembre si è svolta la quinta edizione della Vogue Fashion Night Out che ha coinvolto centinaia di persone e realtà diverse. Boggi Mi-lano ha organizzato una serata con gli atleti della pallanuoto italiana; Moroso ha presentato la nuova collezione, Successful Living from Diesel with Moroso, tra musica e drink. FGF Industry ha festeggiato con un cocktail party durante il quale ha messo in vendita T-shirt in limited edition, firmate Blauer e C.P. Company.vfno2013.vogue.it

Fiori e creatività sbocciano in BreraNel cuore di Brera, presso lo spazio Agape12 iniziano il 26 settembre gli appuntamenti con i Workshop Floreali curati da Rosalba Piccin-ni. Artista di giorno e cantante jazz di notte, la fiorista farà conoscere, con lezioni a tema, l’universo colorato e profumato dei fiori. Il costo dei workshop va dai 75 ai 100 euro. www.agapedesign.it

Un convegno per la menteIl movimento Nodi Freudiani ha organizzato il convegno Il disagio della cultura nella nostra modernità (12 e 13 ottobre a Palazzo Cusani). Le problematiche contemporanee saran-no al centro del dibattito, per mostrare l’intreccio tra mondi concettuali e culturali. Oltre le tavole rotonde si svolgeranno delle libere conferenze tenute da Haim Baharier, Natalino Irti, Salvatore Natoli e Vittorio Sermonti.www.nodifreudiani.it

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Visioni di legno Nel 2011 Thomas Oberegger e Klaus Tavella, giovani imprenditori altoatesini, decidono di cre-are qualcosa di nuovo nel mondo dell’eyewear: nasce WooDone, una collezione di occhiali rea-lizzati a mano con legno dell’Alto Adige, formati da otto strati di truciolato ottenuto da materiale di recupero su cui vengono incisi il frontale e le aste. A un anno dal debutto, oggi l’azienda è presente in mille negozi in tutto il mondo. woodone.it

Alla Mostra di Venezia sono stati presentati gli ultimi due film della serie Miu Miu Women’s Tales: The Door, diretto da Ava DuVernay e Le Donne della Vucciria, diretto da Hiam Abbass. Sono loro le voci femminili che hanno animato a Venezia le Giornate degli Autori il 29 agosto. Le Donne della Vucciria contempla il potere di trasformazione dei vestiti, della musica e della danza in uno studio affascinante ed evo-cativo delle donne di Palermo. www.girlinvenice.miumiu.com

Moda da red carpet

NY-Firenze in biciclettaSi tiene dal 26 al 29 settembre, a Firenze, l’edizione 2013 del Bicycle Film Festival, approdato in Italia direttamente da New York in contemporanea con i Mondiali di Ciclismo. In programma quattro giorni di cinema, musica, arte, design, contest ed eventi off che han-no permesso di esplorare l’universo sempre crescente del ciclismo urbano e celebrare la bicicletta in tutte le sue forme. www.bicyclefilmfestival.comwww.ciclica.cc

Cuore di marmoLa pietra fluida è un progetto della fiera Marmomacc & Design che ha coinvolto progettisti under 30, chiamati a interpreta-re la pietra in modo innovativo, attraverso diversi linguaggi multimediali. I ragazzi, provenienti per lo più dallo IED, hanno realizzato installazioni, video, opere grafiche raccolte in una mostra all’interno del padiglione dedicato alla cultura di Marmomacc svoltasi dal 25 al 28 settembre a Verona. www.marmomacc.it

OUTSidE

Te lo racconto con un “click”Per il sesto anno consecutivo Getty Images ha supportato Visa Pour L’Ima-ge, festival internazionale di fotogiornalismo che si è tenuto dal 31 agosto al 15 settembre a Perpignan. Per l’occasione sono stati annunciati anche i vincitori del premio 2013 Grants for Editorial Photography, che mira a promuovere aspiranti progetti di fotogiornalismo, che possono essere una potente forza per il cambiamento. www.visapourlimage.com

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Cover story

Giornalista di

moda, gallerista e

imprenditrice, Carla

Sozzani è l’anima di

10 Corso Como.

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Mantovana, ma milanese da quando ha 9 anni, Carla Sozzani è una delle personalità culturali più influenti in città. Gallerista, una carriera di successo nell’editoria di moda, è soprattutto la Signora di 10 Corso Como, il negozio, nato da una costola della sua galleria, che ha dato vita al termine “concept store”. L’abbiamo incontrata nel suo luminoso studio, circondati da opere di Kris Ruhs, fotografie di Bruce Weber, ricordi di famiglia e tanti, tantissimi libri.

di Jean Marc Mangiameli

Foto di Alessandro Treves

CARLA SOZZANI

MILANO È UNA SECONDA PARIGI

Cover story

23 anni di galleria, ed è uscito pure un libro. Tempo di bilanci?Il libro doveva essere per i 20 anni, ma siccome non sono mai contenta, con-tinuavo a farlo e rifarlo, così è uscito per i 22. Che dire, abbiamo aperto nel 1990; è stato un cammino lungo, mol-to interessante e ricco di soddisfazioni. Quando ho dato vita alla galleria que-sta zona non esisteva e la fotografia in Italia non era considerata arte.C’è una sua mostra, in particolare, che l’ha convinta che le cose stessero cambiando?La mostra di Horst, è stata una delle prime, nel 1992. Poi, come non ricor-dare quella di Helmut Newton, dove la gente faceva la coda fin da piazza 25 Aprile. Ho delle foto magnifiche! An-che se, le dico la verità, oggi la fotogra-fia mi ha un po’ stancata, mi piacereb-be occuparmi di altro.A cosa sta pensando?Mi interesso molto all’illustrazione, che è una forma d’arte non più tanto in

uso. La fotografia è meravigliosa però è diventata molto commerciale; oggi fa parte di un mercato enorme, quasi spropositato.10 Corso Como non è solo una gal-leria d’arte, ma anche un negozio che è diventato un mito nel mondo del retail. Il termine “concept store”, oggi entrato nel dizionario, è stato coniato da Francesco Morace, ispirandosi a questo luogo. Come le è venuta l’idea di progettare questo spazio?Non è stato un progetto di marketing, bensì una realtà cresciuta in maniera naturale. Ho iniziato con la galleria, in seguito mi è sembrato logico aprire una libreria, ma siccome mi mancava la moda, ho incominciato a vendere abi-ti di designer di nicchia e gioielli. Poi la gente che veniva a vedere le mostre mi chiedeva: “Ma come mai qui non si mangia?”, quindi abbiamo trasformato il bar che c’era al pian terreno in un ristorante. Non è stato come per gli store di Shanghai e Seul, dove abbia-

mo organizzato tutto dalla A alla Z; il negozio di Milano si è evoluto natural-mente.Mi parli un po’ dei suoi inizi nel mon-do editoriale.Ho cominciato nel 1968 e sono stata fortunata, perché ho visto tutto il gran-de cambiamento. Ho vissuto degli anni meravigliosi, con le sfilate d’alta moda a Parigi, Roma e Firenze, dove a Palaz-zo Strozzi ognuno aveva la stessa sedia per una settimana. Era tutto molto più organizzato. Certo, dagli anni Sessanta questo mondo è cambiato molto. A me piacevano i giornali dove si capiva la moda, adesso trovo sia più difficile in-tercettarla, ma allo stesso tempo trovo che sia bello lasciare la libertà di scelta alle donne. I magazine di oggi sono più democratici.Perché, si è allontanata dall’editoria?Volevo aprire la galleria. Nella mia te-sta ci voleva un loft. In quel periodo vi-vevo molto a New York e volevo trova-re qualcosa in stile industriale. Questo

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Cover story

cortile, le case a ringhiera, i panni stesi, mi sembrava tutto perfetto.Questa domanda gliela devo fare: che rapporto ha con sua sorella (Franca Sozzani, direttrice editoriale del grup-po Condé Nast)? Non c’è mai stata un po’ di gelosia o competizione? Dica la verità...No, perché io sono la più grande e quindi per me è come mia figlia. È sempre stato così. Abbiamo un bellis-simo rapporto, poi siamo state tenute insieme dalla nostra mamma, che pur-troppo è mancata quest’anno all’età di 100 anni. Abbiamo sempre passato tutte le domeniche insieme e, quando eravamo entrambe in città, pranzava-mo sempre assieme. Siamo molto af-fezionate, come lo sono anche i nostri figli. Se avessi continuato a lavorare in ambito editoriale, forse sì che saremmo entrate in competizione.Che cosa ha da dire in merito alla trasformazione di corso Como e del quartiere Garibaldi?È cambiato tutto radicalmente, tranne noi e l’elettricista Moretto. Lui c’è an-cora e la mattina la signora indossa il suo grembiule azzurro. Il resto della via sembra un grosso centro commerciale all’aperto. Quando sono arrivata c’era-no ancora le macchine che circolavano, il corniciaio, il fabbro, il fruttivendolo con le casse di mele in strada. Abbiamo vissuto anche dei periodi molto difficili perché era complicato arrivare qui. Per lungo tempo la strada è stata chiusa per lavori, poi anche piazza 25 aprile:

tra una cosa e l’altra, corso Como è sta-to inagibile per 10 anni. Comunque a me i grattacieli non dispiacciono, quan-do salgo sul mio terrazzo e vedo questa città che cambia sono felice. Non tutti però sembrano essere dello stesso parere.Il mio eccesso di entusiasmo forse ri-siede nel fatto che finalmente questi infiniti lavori sono finiti (ride, NdR)! Però io non sono d’accordo con chi contrasta il cambiamento. È bella una città che cresce, no? Il progresso non si può fermare. Se avessero ricostruito una vecchia corso Como, con finte case di ringhiera non avrebbe avuto alcun senso.Dopo lo store di Tokyo, in collabo-razione con Commes Des Garçons, e quello di Seul, 10 Corso Como si espande ancora in Asia, questa volta a Shanghai... Pensi che in Cina ci sono andata per la prima volta nel 1980, quando an-cora lavoravo per Vogue. Sono stata un mese intero. Sono arrivata a Hong Kong in aereo e poi ho preso il tre-no fino a Canton (che oggi si chiama Guangzhou, NdR); è stato un bellis-simo viaggio, ai tempi il mio era uno dei primi reportage di moda dall’Asia e ho visitato tutto il paese. È stata una bellissima esperienza che porto con me nel cuore. Shanghai per me è bellissi-ma, ci sono tantissimi quartieri giovani, ma non ci sono solo grattacieli, esistono anche piccoli distretti, più “europei”. Dal 1980 sono passati 33 anni e oggi

la Cina è cambiata molto. Non le fa impressione?Tantissimo. Quando andai per la prima volta, i cinesi non potevano entrare ne-gli alberghi degli occidentali. Tutti era-no vestiti di blu, la gente girava solo in bicicletta, c’erano i “Friendship Shop”: i negozi del popolo, dove si vendevano solo le cose dello Stato. Non l’avrei mai detto che ci sarei tornata vedendo dei prodotti di lusso.Spesso la Cina viene vista come una minaccia, per la nostra economia. Da una parte i grandi fatturati che gene-rano i nostri brand lusso, dall’altra la manodopera a basso costo, i prodotti contraffatti, e non ultimo la tendenza delle holding asiatiche a fagocitare le nostre aziende. Lei non teme questa concorrenza?Il discorso dei prodotti copiati mi sem-bra un argomento vecchio di cui par-lare. È vero, hanno cominciato così, producendo grandi quantità di beni a basso costo, ma ora il sistema produt-tivo si sta evolvendo in tutti i campi. I consumatori cinesi poi sono molto cambiati, tra i viaggi che fanno e l’uti-lizzo di Internet sono più informati ed esigenti. La loro evoluzione è stata più rapida della nostra; in quattro-cinque anni hanno fatto dei cambiamenti che noi abbiamo fatto in venti. Per quanto riguarda la minaccia dei brand, per ora io avrei più timore dei francesi che dei cinesi.Del negozio di Shanghai che inaugu-rerà a settembre che cosa ci dice?

“Spesso la gente mi chiede: «Come fai a vivere a Milano?» Io rispondo che per me ha una qualità di vita magnifica e che sono loro che non sanno guardare!”

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Cover story

Che è proprio in un bel posto, con un bel Feng Shui. È situato nella zona che negli anni Venti e Trenta era il quartie-re culturale della città. L’edificio è indi-pendente, quattro piani interamente in vetro; di fronte c’è un tempio e un par-co. Al suo interno venderemo designer francesi, qualche cinese, ma soprat-tutto italiani. Cerchiamo di mandare avanti il made in Italy.A proposito, si critica sempre il fatto che il sistema italiano non incentivi adeguatamente le giovani imprese...Il futuro è dei giovani. Come si fanno crescere città verso l’alto, con grattacie-li di vetro e acciaio, così bisognerebbe stimolare i nostri giovani e le nostre imprese.Oggi c’è un grande boom di riviste in-dipendenti, complice anche la visibili-tà che fornisce il web. Che opinione ha a riguardo?Le apprezzo molto, senza la pubblici-tà è molto difficile, sono sforzi creativi importanti. Io non amo Internet, anche

se ovviamente lo uso come tutti. Ma se devo fare un catalogo o un libro ancora oggi prendo forbici e scotch. Addirittura?Sì perché è il suo bello. Come si fa a stare al computer tutto il giorno? Fa male, in tutti i sensi. Io ne ho due, ma preferisco ancora lavorare sul mio desk. Per me la creatività passa per le mani. Io assemblo ancora tutto da sola. Sarà un concetto banale, ma la manualità è importante e sfogliare un bel libro è impagabile. Poi io sono una di quelle che spera che le cose vadano al contra-rio. Ad esempio: guardi il sito di Style.com, alla fine si è trasformato in un giornale cartaceo. L’online è un consu-mo veloce, non c’è un apprezzamento vero dell’oggetto, del piacere della car-ta. Un suo luogo preferito a Milano, a parte 10 Corso Como? La Biblioteca Ambrosiana, trovo sia meravigliosa; la Chiesa di Sant’Eustor-gio e aggiungerei anche la pasticceria

Marchesi che, se non conoscete, dovete assolutamente provare. Si trova in via Santa Maria La Porta, ed è proprio la tipica vecchia pasticceria milanese!Se Carla Sozzani fosse il Sindaco di Milano, cosa farebbe per la città?La farebbe diventare più turistica. Trovo che sia l’unica pecca di Milano. Guardi qua: ho un librettino che ho ri-trovato l’altro ieri tra gli scaffali. È in-titolato Milano è una seconda Parigi ed è una raccolta di impressioni di viag-giatori britannici e americani che sono passati da qui. È molto interessante, dice che la città al primo sguardo non colpisce, ma che se scoperta in fondo conquista. Abbiamo tantissime cose di cui andar fieri. L’offerta culturale è ricca, già solo l’itinerario delle Chie-se è fantastico. È piena di arte, pittu-ra, giardini segreti. Spesso la gente mi chiede: “Come fai a vivere a Milano?” Io rispondo che per me ha una qualità di vita magnifica e che sono loro che non sanno guardare!

Carla Sozzani affacciata

alla finestra del suo

ufficio che dà sul cortile

del palazzo di ringhiera,

comprato interamente

poco alla volta. 23

anni fa, al suo posto,

si trovava un’officina

d’auto.

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Portfolio

Beneficienza e fotografia si incontrano in occasione dei quarant’anni di Comunità Nuova, l’associazione non profit di Don Gino Rigoldi che opera fin dal 1973 nel campo del disagio giovanile. L’importante anniversario ha dato vita al progetto Christie’s Auction for Comunità Nuova Onlus, in collaborazione con la prestigiosa casa d’aste Christie’s, al quale hanno aderito diversi fotografi nazionali e internazionali. I numerosi scatti donati verranno battuti all’asta il 22 ottobre presso Palazzo Clerici a Milano. Le foto saranno esposte presso lo spazio espositivo Frigoriferi Milanesi dal 18 al 20 ottobre.

di Andrea Zappa

la fotografia che aiuta

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Portfolio

Foto sopra.

Stefano Pasini, Untitled.

Foto a fianco.

Irene Kung, Roma,

Colonna.

Nell’altra pagina.

Giuseppe

Mastromatteo,

Indepensense.

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Portfolio

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Portfolio

Foto sopra.

Adrien Broom, The

race.

Foto a fianco.

Sergio Tornaghi, Fichi

con calabrone.

Nell’altra pagina.

Lillo Rizzo, India, Agra.

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Portfolio

Emanuele Minetti,

La Torre Velasca.

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Portfolio

Un’asta importante quella che si ter-rà il 22 ottobre in collaborazione con Christie’s, i fondi raccolti andranno a sostegno di quale progetto?I soldi raccolti andranno a supporto di Barrhouse, una comunità che accoglie bambini tra i cinque e i tredici anni provenienti da famiglie in gravi diffi-coltà, tali da richiedere, a tutela dei pic-coli, un decreto di allontanamento dai genitori da parte del Tribunale dei mi-nori. Data la gravità delle condizioni di provenienza, la comunità ospita sette ragazzi che devono essere accolti, pro-tetti e rassicurati in ogni aspetto della loro esistenza. Ogni bambino viene supportato secondo un percorso spe-cifico e individuale. Per queste ragioni per tutti gli ospiti si spendono all’anno circa 170 mila euro. Per quanto rimangono in comunità gli ospiti di Barrhouse?Cerchiamo di fare in modo che restino in comunità il meno possibile, perché è sempre un luogo “artificiale”, dove si è in tanti e con degli educatori. Puntia-mo, nel limite del possibile e in accordo con i servizi sociali, a trovargli quanto prima delle famiglie affidatarie. Questo tipo di comunità ha costi molto alti ed è sempre difficile trovare i finanzia-menti, ma riusciamo a resistere ormai da anni. Sono della filosofia che le cose buone si fanno, poi, a Dio piacendo, si trovano anche i soldi per portarle avan-ti (sorride, NdR)!

Da dove arrivano i finanziamenti?Diciamo che con l’aria che tira c’è poco da aspettarsi dagli enti pubblici, sarebbe già positivo che i finanziamen-ti comunali venissero adeguati ai costi reali. Poi ci si rivolge a privati, ai quali devi far capire cosa fai e li devi far ap-passionare al progetto, infine ci sono le fondazioni che rimangono la vera ossa-tura del sociale in Milano e Lombardia.È dagli inizi degli anni Settanta che si relaziona con i minori e con il loro disagio, come sono cambiati i giovani nel corso di questi decenni?Quando ho inizia a lavorare al Beccaria c’era un codice penale diverso, passa-vano dalla struttura circa 1100 ragazzi all’anno, oggi sono 300. Nella struttura eravamo in tre, il direttore, io che ero il cappellano e un educatore a metà gior-nata. Lavoravamo sempre a manetta. Fino agli anni Novanta di ragazzi de-pressi o confusi ce n’erano pochi, erano piuttosto ragazzi “muscolari”, prove-nienti dal Sud che volevano raggiun-gere gli status symbol che imperavano in quegli anni. Prevaleva, insomma, la cultura del consumo. Dopo l’89 sono iniziati ad arrivare anche gli stranieri, un altro mondo: quanto più sei etichet-tato dalla società come “secondario”, tanto più cerchi di affermarti e riven-dicare il tuo protagonismo. E poi era anche il tempo dell’eroina, che è stato un periodo particolare. Quanti fune-rali, quel tipo di droga ha dimezzato

intere generazioni. I giovani di adesso appaiono invece più confusi, come se fossero senza padri. Non hanno molto la percezione di cosa è giusto e cosa è sbagliato. Li definisco una generazione di orfani, i giovani del passato avevano comunque dei padri che si incazzavano che li sgridavano e, nonostante tutto, c’era un minimo di etica. I “padri” di adesso, intesi sia come figure paterne che materne, sono estremamente vola-tili. Ci sono poche radici a cui attaccar-si ed è incredibile la richiesta affettiva di questi ragazzi. Parliamo ora di prevenzione, qual è la via per contenere il più possibile il disagio minorile?Offrire strutture di qualità dall’asilo alla scuola superiore passando per le società sportive e gli oratori, perché tutti passano da lì. Se trovano un in-segnante o comunque una figura di riferimento ben formata e qualificata, tutto cambia. Se il ragazzo capisce che non gli fai solo delle prediche ma che lo consideri e gli dai valore, la distanza si assottiglia piano piano. La prevenzio-ne si fa grazie alle persone giuste e oggi siamo in una crisi nera: le scuole non sempre hanno insegnanti all’altezza, idem le società sportive. Pure gli ora-tori a volte mandano i preti “alla spera in Dio”, che si inventano educatori ma non ne hanno la preparazione. Magari hanno anche il cuore, ma con le buone intenzioni si va solo in Paradiso.

don gino rigoldiNato a Milano nel quartiere di Crescenzago, Virginio Rigoldi, detto Gino, è uno di quei preti che fanno della prima linea una ragione di vita. Nel 1972 diventa Cappellano dell’Istituto penale per minorenni Beccaria. L’anno dopo fonda l’associazione Comunità Nuova a sostegno dell’inserimento sociale dei ragazzi usciti dalla detenzione. Innumerevoli i suoi progetti per il recupero dei giovani, tra questi la Comunità educativa Barrhouse e le Case del Sorriso in Romania.

di Nome Cognome

Foto di Bob Krieger

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Se pensate che Milano sia morta e non offra più nulla, vi sbagliate. Perché Milano è piena di sor-prese. E non delude mai. È solo questione di punti di vista. Di angoli di osservazione diversi. E quan-do li scopri, ritrovi una città incredibile, surreale e poetica. Milano è una wunderkammer a cielo aperto. Camera delle meraviglie a portata di tutti. Basta sapere cercare e guardare. Succede infatti che camminando per i vicoli di Brera si incontrino squali che volano, mufloni che scivolano sui tavoli e orsi in una teca. Tutto in pochi metri quadrati. Se questo accade è grazie a persone come France-sca Casati, che nel suo negozio in via dell’Orso ha creato negli anni un luogo magico, dove è possibile trovare di tutto, anche un mastodonte. O meglio, il suo teschio. Che è enorme e bellissimo. “Il negozio nasce dalla crisi di mezza età di mio padre che non avendo la patente non si è potuto comprare una macchina!” ironizza Francesca, raccontando l’origine di quello che oggi è diventata la sua vita. “Mio papà ha deciso di aprire Antichi Vizi (questo il nome dell’attività, NdR) abbandonando la carrie-ra di direttore amministrativo. Era la fine degli anni

Novanta. Inizialmente collezionava pipe, poi ha co-minciato a spaziare e ad acquistare anche oggetti na-turalistici”. Ma è nel 2009, quando lei ne assume la gestione, che i “naturalia” hanno la meglio su tutto. Francesca cerca, sceglie e compra tutto da sola. Il criterio della selezione è molto semplice. I prodot-ti devono innanzitutto soddisfare il suo senso este-tico. “Non acquisto niente di mirato, compro in base al mio gusto”. E se il metodo è determinato solo dalla sensibilità soggettiva, lo si deve anche al mu-tamento della tipologia di clienti degli ultimi anni: “I collezionisti sono rimasti in pochi. Quella catego-ria di compratore è scomparsa. Ormai viene qui per lo più gente che deve arredare casa, stranieri e qual-che artista, ma raramente. I russi e i cinesi sono i più numerosi e hanno un approccio all’acquisto diverso. Mentre i primi comprano a caso, gli orientali vengono sempre con idee chiare”. Paradossalmente la perdita della classe media ha permesso una maggior liber-tà creativa ed espressiva a questa grintosa ragazza che mostra orgogliosa le sue creature. Nel suo ne-gozio ti accoglie un’enorme modello di libellula con un apertura alare degna di nota, uno squalo

di Elisabetta Gentile

LA CITTà DELLE MERAvIGLIELibellule giganti, mappamondi antichi e diorama: se pensate che Milano non offra più nulla vi state sbagliando. Dimenticate locali, ristoranti, la città regala posti insoliti, carichi di magia.

foCUs

01

01. Un dettaglio

dell’elegante negozio

Raw. vero e proprio

cabinet de curiosités,

lo spazio nasce dalla

passione per l’interior

design e l’architettura

di Paolo Badesco. A

Milano è presente con

due punti vendita.

indirizziAntichi vizivia dell’Orso 12Il Segno del Tempovia Fiori Chiari 20 via Luigi Cagnola 6Rawcorso Magenta 96 via Palermo 1Nonostante Marrasvia Cola di Rienzo 8Inside Outvia Gian Francesco Pizzi 29Trattoria Arlativia Alberto Nota 47

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02. L’interno di Antichi

vizi, wunderkammer

nel cuore di Milano

dove è possibile

acquistare gli oggetti

più strani. Scheletri,

fossili, animali

imbalsamati sono i

prodotti “di punta”

dell’insolito spazio.

foCUs

imbalsamato appeso al soffitto, un teschio di rana pescatrice dall’aria minacciosa ma attraente e una tabacchiera ricavata da una vera testa di muflo-ne imbalsamata, scovata in un’asta in Scozia. Gli oggetti sono talmente rari e particolari che Fran-cesca cerca di “vendere alle persone che capiscono il valore non solo economico ma anche emotivo e senti-mentale che c’è dietro”. Ma il piccolo spazio di via dell’Orso non è l’unico “scrigno delle meraviglie” milanese. Pochi metri più in là, nell’incantevole via Fiori Chiari, si trova Il Segno del Tempo. Nato da un trentennale sodalizio lavorativo e creativo di un architetto e di un archeologo: Pierangelo Marengo e Pier Luigi Carboni. Lo spazio raccoglie articoli trovati in giro per il mondo e mercatini anche se oggi “non è più possibile stare via a lungo per cercare il pezzo giusto”. Lo showroom è curato in ogni dettaglio. L’atmosfera che si respira è un misto tra museo e installazione da cui non vorresti mai uscire. Una gioia per gli occhi. Come quello che si instaura con i clienti:”Abbiamo dei collezio-nisti – racconta Pierangelo – che sono importantis-simi per noi. Con loro c’è un vero e proprio rapporto

di amicizia. Li abbiamo aiutati a ingrandire le loro collezioni, abbiamo fatto libri insieme. C’è una for-te riconoscenza reciproca”. Si cammina tra dita in carta pesta e vanitas quattrocentesche, modelli anatomici in cera o in carta che raffigurano cuori, polmoni e orecchie, enormi bilance, manichini e mappamondi, dimenticandosi di essere nel centro di una metropoli. Ma la Milano delle meraviglie non si esaurisce certo qua. Cabinet de curiosités travestiti da negozi sono sparsi un po’ ovunque: c’è lo spazio Raw, con due punti vendita, dove an-tichi marchingegni di metallo brunito diventano presse-papier e ritratti di sconosciuti sono stam-pati sui tessuti dei cuscini. Il concept store Nono-stante Marras, regno dello stilista sardo, trasforma abiti in vere e proprie lampade cucendo ruote di biclette nell’orlo dei vestiti. E se vi manca un po’ di America, niente paura. Alle porte di Milano c’è anche una super wunderkkamer versione USA. È lo strabiliante Inside Out, regno del Tiki Style (lo stile Hawaiano, per intenderci) dove è possibile perdersi tra interi salotti e bar del sud degli Stati Uniti. La sindrome di Stendhal è assicurata.

mangiare in una wunderkammerDove? Alla trattoria Arlati. Nel capoluogo lombardo dal 1936, il ristorante è frequentato soprattutto da artisti e si presenta più come un sofisticato appartamento che come un locale. Quadri, stampe, specchi, sculture e un occhio attento al decòr con particolare predilezione per i mobili bric-à-brac. E ancora busti di personaggi famosi, cagnolini di ceramica, vasi e statue a forma di struzzo e pareti tinte di rosso conferiscono un’atmosfera inso-lita e ultra chic. La cucina è tipica milanese e dal 1973, nella cantina del locale, si susseguono ogni sera performance musicali live.

01

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interview

A Pechino ha inaugurato recentemente all’interno del prestigioso Distretto 751 il suo ILE, Italian Living Experience, spazio dedicato all’eccellenza italiana. Uno dei più rinomati architetti italiani ama Milano, la città che lo ha adottato e non risparmia qualche critica all’Expo.

di Simone Zeni

fabio rotella

ITALIANITà PRIMA DI TUTTO

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interview

Iniziamo subito parlando di Italian Living Experience e di Pechino. Com’è nato questo progetto? A Pechino ho avuto modo di realizza-re già l’anno scorso un progetto di cui vado molto orgoglioso: il Museo Italia-no Permanente all’interno del Museo Nazionale Cinese, inaugurato a luglio del 2012 con la mostra Il Rinascimen-to a Firenze: capolavori e protagonisti. Il successo fu tale per cui le istituzioni vollero stipulare un accordo – siglato da Ji Peng, direttore del Distretto 751, e Mario Resca, ex Direttore Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale Italiano presso il Ministero dei Beni Culturali – con cui mi veniva affidato uno spazio finalizzato a pro-muovere lo scambio tra il nostro Paese e la Cina. Ed è così che è nato ILE.Le vengono affidati oltre 600 mq in una location tanto ambita e lei pro-muove “altri”. Non è singolare?Affatto. Quando si è posto il problema di cosa fare di questo spazio non ho avuto dubbi: avrei dovuto far conosce-re alla Cina l’Italia migliore, quello che dovrebbe impegnarsi a fare da tempo il nostro Stato. L’Italia non è un pae-se fatto per le grandi produzioni, c’è solo una cosa in cui, nonostante tutto, resta imbattibile: l’eccellenza del pro-dotto. È il solito discorso, mai sconta-to, della qualità contro la quantità. Per questo in ILE, dove si organizzeranno anche eventi e mostre, ho chiesto gra-tuitamente ad artigiani e piccole realtà dell’eccellenza italiana di esporre. Non i soliti grandi nomi, ma lavoratori del marmo, del legno, del vetro così come i migliori produttori della gastronomia

nostrana. Al centro, il mio studio. Nes-sun atto caritatevole, ma l’intenzione di creare un luogo in cui cooperare per dare un servizio completo al cliente all’insegna del più genuino made in Italy.Anche il suo studio a Milano è in una posizione strategica della città. Perché ha scelto Corso Buenos Aires?Tutti, per un motivo o per un altro, passano da qui. E poi penso onesta-mente che sia la via più “vera” di tutta la città. S’incontrano persone di età, etnie, estrazioni sempre diverse. Anche le signore che il pomeriggio vanno a prendere le paste da Cova, in via Mon-tenapoleone, oramai al mattino sono sul corso a fare shopping più o meno low cost.Quindi è questa la sua zona preferita di Milano?Non ho una zona preferita. Milano, no-nostante i sui difetti, mi piace tutta. È la città in cui è nata mia figlia. Certo, sono affezionato a Corso Buenos Ai-res ma anche ad altri scorci come via Castelbarco, dove ho ristrutturato l’ex Centrale del Latte e ideato la parete, realizzata da Bisazza, per un mio pro-getto di lunga data di collaborazione tra aziende e territorio, secondo un do ut des di promozione e abbellimento. Rischiando di essere banale, dico anche il Duomo e la sua piazza: credo che ogni volta che lo si ammira mostri un suo volto differente.Quali sono invece i difetti della città a cui faceva cenno prima?In particolare mi riferisco alla man-canza di lungimiranza dei progetti e all’esterofilia maniacale. Prendiamo

l’Expo del 2015. Dov’è l’innovazione, dov’è l’idea? Non si dice mai una cosa dell’Expo: che al suo termine dovrebbe migliorare la vita dei milanesi. L’espo-sizione mondiale è una grande occasio-ne di per sé, ma deve essere anche il pretesto per cambiare la vita della città che la ospita. A Parigi l’Expo ha lascia-to la Tour Eiffel, qui cosa lascerà? Un grande prato, pare. Questo non vuol dire fare un Expo “eco”. Tutto è “eco” quando in realtà non lo è nulla, in una città in cui si faticano a trovare prodot-ti a km 0 ma continuano ad aprire me-gastore alimentari. E anche il capitolo “esterofilia” si può legare all’Expo: i grattacieli che stanno costruendo sono tutti progettati da stranieri. Va bene tutto, ma Milano è una città con una concentrazione di designer, architetti, creativi e stilisti unica al mondo, per-ché non utilizzarla? Esterofilia non è internazionalità. È milanese d’adozione, ma di origini calabresi, in che modo la sua terra ha influenzato il suo senso estetico e la sua formazione?Diciamo che un certo estro è sempre stato di famiglia, con un padre archi-tetto uno zio musicista e un altro zio artista (il famoso Mimmo Rotella, NdR). La mia terra mi ha trasmesso l’amore per l’unicità tutta italiana del saper fare le cose meglio degli altri. Dal cibo a tutto il resto. Ma anche Milano ha davvero fatto la sua parte: dopo gli studi a Roma è qui che mi sono trasfe-rito, è qui che ho studiato alla Domus Academy. Sempre qui ho incontrato Alessandro Mendini, mentore prima e collega poi. A Milano è iniziato tutto.

nel cuore del designIl progetto ILE Italian Living Ex-perience dello Studio Rotella sarà grande più di 600 metri quadri ed è situato nel cuore del Distretto 751 di Pechino, il lussuoso quartie-re del design e della moda diretto da Ji Peng.

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Da attività riservata agli appassionati di alpinismo o agli irriducibili del brivido, l’arrampicata è or-mai diventata uno sport sempre più di massa, che segna un incremento annuo di circa il 10 per cen-to. Merito delle palestre di climbing indoor, che a Milano sono in continua ascesa, e di un cambio di tendenza: 30 anni fa l’unica cosa importante era arrivare in vetta, adesso l’arrampicata stessa e il suo stile stanno conquistando un ruolo centrale. L’esplorazione delle infinite possibilità di movi-mento, la lotta contro la gravità e la perenne sfi-da con se stessi sono solo alcuni degli elementi di attrazione di questa disciplina, a cui si arriva con le motivazioni più diverse. “Sono stati la passione per la montagna e l’esigenza di mettermi in sicurez-za dopo uno spavento ad accendere il mio interesse per il climbing”, ci racconta ad esempio Roberto Presterà, istruttore di alpinismo e fondatore assie-me ad altri soci di Fantasyclimbing, una palestra “speciale” sita in zona Washington: 3500 prese per una superficie arrampicabile di 110 metri quadri, alta fino a 3 metri. Qui si impara ad arrampicare

senza corde in un ambiente suggestivo, su muri illuminati da luci fluorescenti e con un sottofon-do musicale. Presterà che, non solo ha 25 anni di danza alle spalle, ma è anche musicista, regista, fotografo ed esperto di arti marziali, ci raccon-ta infatti come Fantasyclimbing sia un progetto nato dalla necessità di contaminare ambiti diversi. “Per me l’arrampicata è ricerca del gesto, per que-sto la associo alla danza e la mia palestra è anche un laboratorio artistico, dove lo studio della tecnica è affiancato da una parte – quella fantasy per in-tenderci – di lavoro con la musica, la creatività e il gioco”. È un modo per provocare delle reazioni, per qualcuno sarà semplice divertimento, per altri emozione pura, ma l’offerta è a 360 gradi e l’o-biettivo è creare motivazione, socialità e gruppo. Che il climber isolato vada poco lontano (perché dopo un po’ si stanca) ne è convinto anche Ro-berto Cappucciati, geofisico, istruttore di arram-picata sportiva, nonché fondatore assieme ad altri 2 amici di quello che 10 anni fa è stato il primo centro di arrampicata di Milano e che tuttora re-

di Marilena Roncarà

SFIDANDO LA GRAvITàOggi per arrampicare non è più necessario conquistare la vetta. Oltre alle pareti attrezzate a bassa quota ci sono i centri indoor, perfetti per salire in sicurezza su muri artificiali o fare bouldering sui massi, senza rinunciare al brivido del rischio.

foCUs

01

01. Le pareti da

arrampicata presentano

inclinazioni crescenti a

seconda del livello di

difficoltà. Nella foto una

sezione di allenamento

individuale, realizzata

presso la palestra vert

Climb.

indirizziFantasyclimbing via Luchino del Maino 7Passaggio Obbligato via Degli Imbriani 17vert Climb via Enrico Fermi 32 Gessate MI

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02. Esecuzione di

una spaccata durante

l’allenamento di danza

arrampicata, uno

dei corsi proposti

dalla palestra

Fantasyclimbing.

foCUs

sta (come dice il nome) un Passaggio Obbligato per gli appassionati di climbing. La palestra pre-senta delle pareti artificiali alte fino a 8 metri da scalare muniti di corde e imbraghi, ma è dedicato soprattutto al bouldering, che consiste nell’andare su vie basse (fino a circa 6 metri) senza imbra-go, ma con morbidi materassoni a terra. “Abbiamo scelto il bouldering – ci spiega Cappucciati – per le sue spiccate caratteristiche di socialità e divertimen-to”. Nel bouldering, infatti, mentre uno scala, un gruppetto di altri 4 o 5 arrampicatori resta giù a parare e tra tutti c’è un avvicendamento rapido, con la possibilità di scambiare battute e consigli. Ed è proprio la socialità a trovare grande spazio a Passaggio Obbligato: oltre alla zona di allena-mento sono presenti un bar, un negozio e una sala proiezioni, perché, come sottolinea Cuppucciati, “questo è un posto dove si può arrivare direttamente dopo l’ufficio, si prova una nuova sequenza di mo-vimenti, si chiacchiera, si ride, si beve una birra”. Ma chi sono gli appassionati di climbing indoor? C’è chi arriva dall’alpinismo e cerca un posto per

allenarsi, chi è curioso e chi proviene dal fitness e scopre nell’arrampicata una ricerca di movimenti mai ripetitivi, per poi spingersi ad apprezzare l’a-drenalina dell’altezza e l’emozione del volo (nel bouldering ci si lancia sul materasso da altezze di 5 o 6 metri). “All’inizio è stata dura – prose-gue Cappucciati – perché quella dell’arrampicata è un’onda lunga e lenta, ma ora il climbing è uno dei pochi sport indoor non in crisi”. Questo lo sanno bene i ragazzi di Vert Climb, una palestra aper-ta a marzo 2012 a Gessate, che in breve ha re-gistrato un boom di iscritti (oltre 1500). E come tutta risposta i tre soci fondatori hanno deciso di riprendere l’attività questo settembre con la mes-sa a punto di nuove modifiche alla struttura: una parete più strapiombante e una grotta nel boulder, per offrire un servizio migliore. Un segno di vitali-tà alla faccia della crisi. A questo punto non resta che provare e a Milano, oltre i centri sopra citati, offrono “appigli di ogni sorta” anche Rock Spot, Way Out e La Tonic di via Mestre. Gli spiderman milanesi hanno solo l’imbarazzo della scelta.

climbami 2014 Si è svolto lo scorso 21 aprile negli spazi delle Officine Creative Ansaldo di via Tortona 54, il primo festival milanese dedicato all’ar-rampicata e già c’è in cantiere una seconda edizione per il 2014. Ma in attesa del nuovo programma e nella speranza di cimentarsi ancora con l’arte del funambolismo, grazie alla training session di Slackline, ci si può consolare facendo un salto in Sicilia al San Vito Lo Capo Climbing Festival, dal 10 al 13 ottobre 2013www.climbami.it

02

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terie al litio. I due motori sono abbina-ti a una trasmissione dotata di cambio automatico a otto rapporti Tiptronic S. La Panamera S e-Hybrid è in grado di sviluppare una potenza combinata di 416 cavalli, fermando il cronometro a 5,5 secondi nella prova di accelera-zione da 0 a 100 km/h e toccando una velocità massima di 270 km/h, con un consumo medio pari a 3,1 litri di ben-zina ogni 100 chilometri. La vettura è la prima Gran Turismo plug-in intro-dotta sul mercato italiano e può essere ricaricata direttamente dalla presa di casa, così da poter percorrere fino a 36 chilometri in modalità puramente elet-trica. L’ammiraglia “green” di Porsche e gli altri modelli della casa di Stoccarda sono esposti presso i Centri Porsche di Milano di via Stephenson e di via Ru-battino.

www.milano.it.porsche.com

il mondo per gli eccezionali impianti audio domestici. In collaborazione con gli ingegneri del marchio ha proget-tato, infatti, appositamente per la Pa-namera, un impianto audio High-End Surround, che ha ottenuto un grande successo tra i clienti e gli esperti. Tra le novità tecniche di maggior spessore vi è l’inedito propulsore V6 3.0 litri bi-turbo, un’unità tutta nuova in grado di erogare ben 420 cavalli e 520 Nm. Un cuore pulsante che garantisce un’eleva-tissima efficienza di marcia e consumi sensibilmente minori rispetto alla pre-cedente motorizzazione 4.8 litri aspira-ta a otto cilindri. Il 3.0 litri biturbo sarà ospitato sotto i cofani di tutte le nuove Porsche Panamera 4S e Porsche Pana-mera S. La variante ibrida sarà equi-paggiata con un V6 3.0 litri a benzina dotato di compressore volumetrico e di un’unità elettrica (capace di erogare una potenza pari a 95 cavalli) con bat-

Era il 2009 quando Porsche lanciava sul mercato la sua ammiraglia quattro por-te dal look esclusivo e possente. Duran-te il Salone di Shangai 2013 è stata sve-lata la nuova Panamera, che presenta un restyling sia in ambito estetico che meccanico. Oggi, raggiunto a maggio scorso il traguardo delle 100.000 unità prodotte, le versioni proposte sono ben dieci. La berlina di categoria superiore di Porsche si caratterizza, inoltre, per alcuni aggiornamenti stilistici e tecnici: nuovi fari anteriori e posteriori a led, paraurti rivisitati, un cofano con un po-werdome più pronunciato e delle nuo-ve minigonne a enfatizzare l’aspetto dinamico della vettura. Non mancano la nuova generazione di Cruise Control Adattivo, il Lane Departure Warning e il sistema di riconoscimento della segnaletica stradale. Al comfort inter-no dell’abitacolo contribuisce anche Dieter Burmester, conosciuto in tutto

La Porsche Panamera fonde senza compromessi requisiti che da sempre sembrano inconciliabili: il caratteresportivo e il comfort da vera berlina. Il risultato? Una vettura elegante e unica nel suo genere dotataal contempo di grande fascino e alte prestazioni.

Brividi da monoposto, comfort da first class

advertorial

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indirizziCentro Porsche Milano Estvia Rubattino, 94Centro Porsche Milano Nordvia Stephenson, 53

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BiKe

No oilLa crisi impazza e il prezzo del carburante sale alle stelle, senza contare il traffico che caratterizza ogni grande città. L’unica alternativa per non stressarsi, risparmiare e, perché no, rimanere anche in forma, sembra essere proprio la vecchia amata bici che, in questi ultimi tempi, sta trovando sempre più adepti. E poi, cosa c’è di meglio di un weekend in sella per scoprire le bellezze fuori porta?

illustrazione di luca Yety Battaglia

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BiKe equipment

La prima bici non si scorda mai, come del resto l’emozione unica di pedalare per la prima volta liberi come l’aria. Il lato ludico della bicicletta è sempre vivo nei ricordi, ed è forse per questo motivo che molti la amano così intensamente, a dispetto delle amministrazioni pubbliche che sembrano non impegnarsi troppo nell’incentivar-ne la circolazione. Le piste ciclabili nelle nostre città sono poche e quelle che ci sono sembrano passare inosservate per coloro che non inforcano un sellino. Non è difficile avvistare famigliole al completo passeggiare tranquillamente sulla cicla-bile come se si trovassero in un’area pedonale o auto parcheggiate per metà sui già stretti tracciati.Usare la bicicletta può essere un buon modo per tenersi in forma senza dimenticare che è un mezzo di trasporto economico e soprattutto eco-logico. In questa direzione va il bike sharing, un fenomeno, relativamente recente nel nostro pae-

se, che sta prendendo sempre più piede. Questo servizio di mobilità sostenibile a disposizione del cittadino è attivo in più di cento comuni italiani. Un bel segnale che sta riportando la bicicletta a essere un mezzo di trasporto importante come era in passato, in tempi economicamente meno prosperi. In alcune zone d’Italia la tradizione di muoversi sulle due ruote è molto radicata e non è mai realmente tramontata: in città come Ferrara è un’istituzione e per le strade i pedoni sono una minoranza “poco rispettata” dai ciclisti.Negli ultimi anni muoversi sulle due ruote è an-che diventato uno status e la bici personalizzata un oggetto di culto da esibire di fronte agli amici. L’ultima mania è lo scatto fisso, ma si vedono in giro anche modelli da corsa dalle linee vintage, BMX per i giovani dallo spirito freestyle e per-ché no, velocipedi di ispirazione ottocentesca per i nuovi dandy equilibristi.

iN loVE WiTH MY BiKE

di luigi Bruzzone

Come dimenticare l’ebrezza provata nell’infanzia pedalando con la prima bicicletta alla ricerca di quell’incerto equilibrio sulle due ruote? L’amore per il primo vero gioco da “grandi” rimane intramontabile.

Velocino di Abici,

riedizione di un

modello originale

anni Trenta con

telaio in acciaio, sella

in cuoio, un solo

freno posteriore a

contropedale.

Foto di Chantal

lachance-Gibson

Photography.

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Free wheelsMuoversi in città in bicicletta: comodi in piena libertà, e con tanto buon umore.

BiKe equipment

abici

Catena con lucchetto in acciaio fasciati in pelle e

contraddistinti dal design minimale.

ww.abici-italia.it

lacoste Chaussures

Sneakers modello Ampthill Par in canvas e suola a

contrasto in gomma.

www.area-sport.eu

C.p. Company

Felpa girocollo in cotone grigio melange con logo

sul petto.

www.cpcompany.com

Brooks england

Sella dalle linee pulite Team Pro Chrome, in pelle

con grandi rivetti in rame martellati a mano.

www.brooksengland.com

Jacob Cohën

Pantaloni in flanella di lana tartan con bottoni e

rivetti in metallo anticato e risvolto sul fondo.

www.jacobcohen.com

nava

Zaino porta computer della linea Dotcom con tasca

frontale chiusa da zip e tasca imbottita porta iPad.

www.navadesign.com

topeak

Pompa da bicicletta MicroShock, leggerissima e

compatta misura solo 22 centimentri.

www.topeak.com

pedaled

Giacca ispirata all’equitazione con fodera antivento e

maniche ergonomiche disegnate per il ciclismo.

www.pedaled.com

polar

RC3 GPS è un dispositivo GPS leggero e compatto

dotato di ampio display invertito ad alta risoluzione.

www.polarpersonaltrainer.com

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01. Particolare della

Ciclovia del Bosco di

Vanzago, un tracciato

che collega la ciclabile

del Naviglio Grande

a quella del canale

Villoresi.

Foto di Guia Biscaro.

Vi diverte andare in bicicletta, ma non ne potete più di sobbalzare sul pavé o di mettere in atto doti da funamboli per restare in sella in quella sottilis-sima, nonché unica, lingua di strada praticabile tra rotaie del tram e macchine parcheggiate? Nessun problema, la soluzione è a portata di mano. Basta scegliere uno dei tanti itinerari bike fuori porta, avere a disposizione un sabato, una domenica, o anche entrambi, e il gioco è fatto. Ci sono percorsi per tutti i gusti, dai 5 ai 50 e passa chilometri, per allenati e non. Tragitti che partono da Milano o da località vicine, raggiungibili col treno o con il me-trò. La ricompensa potrà essere anche culinaria: sul percorso non manca mai, infatti, il ristorante o la trattoria tipica di turno. Ma soprattutto sarà la bellezza dei luoghi a conquistarvi. Visioni ac-quatiche, opere di ingegneria e alberature fitte vi incanteranno e se, come diceva Dostoevskij: “Sarà la bellezza a salvare il mondo”, state tranquilli, an-che per questa volta l’avete scampata. Dunque non vi resta che scegliere una meta e saltare in sella alla vostra bicicletta, si tratti di una city o di

una mountain bike, di un’olandese o di una pie-ghevole, va sempre bene. Se volete lasciarvi alle spalle il cemento della città, per farvi sorprende-re dal verde e dal profumo dei boschi, piuttosto che dal riverbero degli specchi d’acqua, allora il Parco del Ticino è la destinazione ideale. Parti-te imboccando la ciclabile del Naviglio Grande senza lasciarvi distrarre dai circoli di canottaggio, dai borghi pittoreschi o dai resti di architettura industriale che incontrate a inizio percorso. Con-tinuate a pedalare attraversando i centri urbani di Corsico e Trezzano, proseguite lungo i fondi agri-coli e le strade delle cascine, sino a raggiungere la meta. Per chi reputa che l’intero tragitto sia trop-po lungo da percorrere tutto in una volta, si può suddividerlo in più tappe: la prima, più semplice, fino ad Abbiategrasso e la seconda, più lunga (cir-ca 52 km), fino a Sesto Calende. Ma l’itinerario si può ridurre ulteriormente a soli 12 km arrivando fino ad Abbiategrasso in treno da Porta Genova e muovendosi da qui, alla volta dell’Abbazia di Mo-rimondo. Usciti dalla stazione del treno, è suffi-

01

sul webwww.turismo.regione.lombardia.itwww.visitamilano.itwww.piste-ciclabili.comwww.ciclobby.itwww.parcoticino.itwww.camminandosullacqua.itwww.villaggiocrespi.itwww.turbolento.net/chi.php

di Marilena Roncarà

Se “pedalare è sempre un’esperienza reale” come sostiene l’antropologo francese Marc Augé, farlo nei dintorni di Milano consente di scoprire parchi, vie d’acqua e architetture che non ti aspetti. Con l’autunno e i suoi colori, è proprio tempo di spingere sui pedali seguendo una delle tante road map disponibili.

PEDAlANDo lA DoMENiCA MATTiNA

BiKe WeeKend

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02. Una veduta

del Castello di

Peschiera Borromeo,

raggiungibile in 20

km di pedalata con

partenza da Piazzale

Dateo.

Foto courtesy Provincia

di Milano - Settore

Turismo.

03. Biciclettata

organizzata da Fiab-

Ciclobby attorno ai

luoghi di EXPo 2015.

Foto di Guia Biscaro.

ciente raggiungere il Naviglio di Bereguardo, pro-seguire per Caselle d’Ozzero e con qualche altra pedalata si arriva a destinazione. A questo punto è d’obbligo godersi un po’ di relax sulle panchi-ne nel piazzale antistante l’Abbazia e, solo dopo che la vista di questo edificio di mattoni d’argilla vi avrà completamente appagato, potete passare a rifocillarvi con risotti o specialità locali nella Trattoria da Giorgio (500 metri dopo il cartello di Morimondo sulla SS 526). Per gli appassionati di archeologia industriale una tappa obbligata è, invece, il villaggio di Crespi D’Adda, una sorta di città ideale del lavoro, dove il padrone regnava e provvedeva come un padre ai bisogni dei propri dipendenti. Costruito a fine Ottocento e rimasto immutato fino a oggi, il villaggio è ora patrimonio dell’UNESCO. Per arrivarci (sono in tutto 37 Km andata e ritorno), prendete il Naviglio della Mar-tesana da Melchiorre Gioia, superate nell’ordine Vimodrone, Cernusco e Gorgonzola e, una volta giunti a Concesa, attraversate il ponte ciclopedo-nale sul fiume Adda, per compiere quello che a

tutti gli effetti sembrerà un viaggio nel tempo. In realtà siete semplicemente arrivati: è che a Cre-spi d’Adda ogni cosa si è fermata al secolo scorso. L’unico modo per superare la vertigine temporale e tornare ai giorni nostri è imboccare la via del ri-torno. Ma le mete da visitare non finiscono qui: c’è il Parco delle Groane, il Naviglio Pavese che, con soli 23 chilometri di pedalate, vi conduce dritto dritto alla Certosa di Pavia o ancora il percorso “Camminando sull’Acqua” nei pressi di Gaggiano. Questa ciclovia vi accompagna nell’esplorazione di un territorio (siamo all’interno del Parco Sud), scandito da canali e da ben 16 “laghi”, di cui 13 nati dalla dismissione di cave.Su tutti merita una visita il lago di Boscaccio, che costeggiando per tre quarti il corpus di una tipica cascina Settecentesca, crea un’oasi naturalistica molto suggestiva. E dopo tutto questo (viaggio nel tempo compreso), siete sicuri di voler ancora passare due ore in coda al casello a bordo della vostra quattro ruote a motore di ritorno dal solito weekend fuori porta?

bike messengers alla riscossaLoro, i messengers di Milanbike, le consegne le fanno a tempo di record in bicicletta, si tratti di buste, plichi e pacchetti, piuttosto che di food o prodotti bio. Agganciano il loro carrellino-rimorchio alla bici e in un attimo ti portano a casa la

BiKe WeeKend

02 03

spesa, diventando a tutti gli effetti messaggeri di una mobilità più sostenibile. Se poi gli chiedi qual è stata la consegna più bella, ti rispondono “Una cassetta di frutta e verdura in quel di Segrate, pas-sando per il Parco Lambro in piena primavera”. www.milanbike.it

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È il giovanissimo brand manager di Berwich, marchio di proprietà dello storico pantalonificio Fumarola, con sede nel distretto tessile di Martina Franca. Mantenendo un legame stretto con il territorio, oggi l’azienda esporta i suoi pantaloni in tre continenti. Un risultato costruito negli anni e frutto di una scelta precisa: puntare sui giovani.

di Carolina Saporiti

MASSiMo GiANFRATE

iNVESTiRE SUl FUTURo

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Dopo anni di attività da terzisti, avete deciso di creare un vostro marchio che ha avuto subito successo. Com’è an-data?Siamo sempre stati specialisti di pan-taloni ed è solo questo il nostro segre-to: la specializzazione. I tempi brevi di affermazione del nostro marchio, invece, sono dipesi dai nostri sacrifi-ci e dall’impegno nella comunicazio-ne e nel posizionamento nel mercato. Abbiamo sempre partecipato a molte fiere, facendo grossi investimenti per farci riconoscere come produttori di pantaloni e facendo percepire il nostro desiderio di non cambiare. Tutt’oggi abbiamo il nostro quartiere generale in Puglia dove progettiamo, prototipiamo e cuciamo. A questo proposito, avete intenzione di estendere il brand con la produzio-ne di altri capi di abbigliamento?Assolutamente no. La nostra intenzio-ne è quella di affermarci come speciali-sti del pantalone.Per mantenere alta la qualità?Sì. Per noi è fondamentale la compe-tenza: un’azienda che ha sempre fatto pantaloni e che si rinnova continua-mente nel processo produttivo e nella ricerca di nuove proposte non ha bi-sogno del total look, anche perché in questo momento il mercato dei buyer nazionali e internazionali chiede la presenza di aziende specializzate. E poi con il total look decadrebbe la nostra principale missione, ossia la completa

produzione del bene che commercia-lizziamo.La vostra produzione rientra nel di-stretto di Martina Franca. In cosa con-siste e quanto è importante per voi il legame con il territorio?Martina Franca ha vissuto 50/60 anni di affermazione della produzione tessi-le e la massima diffusione si è registrata tra gli anni Ottanta e metà anni No-vanta. Poi la situazione si è stabilizzata e il mercato ha premiato le aziende che hanno saputo innovarsi. Il fatto di ap-partenere a un distretto comporta di-versi benefici economici ed è garanzia di manualità. Per noi poi è importan-tissimo il legame con il territorio, è un segno di riconoscimento: la provincia della Puglia si è sempre distinta per la caparbietà degli imprenditori.Quanto è importante la produzione 100% made in Italy?È fondamentale per l’Italia. Se sparisce, perderemo anche la migliore qualità degli italiani che è la capacità di pro-durre e di inventare. Lei è molto giovane e si trova già a occupare una posizione molto impor-tante, cosa non molto comune nel no-stro Paese.Questo lavoro è una tradizione di fa-miglia: ho sentito la vocazione di inse-rirmi appena finiti gli studi, ma non lo davo per scontato quando ho iniziato l’università. Devo dire che l’azienda ha saputo gestire molto bene il cambio generazionale, l’età media è di 30 anni.

Una scelta coraggiosa di questi tempi?Sì, una scelta lungimirante. Penso che l’investimento migliore sia credere nel-le persone e nel futuro. Puntare sui gio-vani all’inizio è una scelta che compor-ta tanta fatica e molti costi, ma se si è bravi a gestirla, in tempi medi gli sforzi vengono ripagati sia in termini di tran-quillità, sia di sviluppo dell’azienda. Com’è organizzato il vostro ufficio stile?Io faccio parte dell’ufficio stile: siamo in tre e siamo una squadra. Questo modo di lavorare ci sta dando delle bel-le soddisfazioni. Ognuno ha il suo ca-rattere, ma gli obiettivi sono gli stessi.Come state procedendo con l’espan-sione all’estero del marchio?Abbiamo cominciato la distribuzione in alcuni territori italiani e non li ab-biamo abbandonati: i nostri contatti non sono tanti, ma sono buoni. Mentre consolidavamo questi rapporti, abbia-mo iniziato ad affacciarci nei mercati stranieri, dove abbiamo riscontrato una maggiore serietà nei rapporti tra forni-tore e cliente: le pretese sono molte, ma la serenità lavorativa ed economi-ca è assicurata. Stiamo riscontrando un ottimo successo in alcuni mercati come la Russia, il Far East e la Turchia. La particolarità è che qui non ci sareb-be bisogno di segnalare l’origine italia-na sull’etichetta: si capisce che il capo è fatto in Italia grazie a piccoli dettagli. E il cliente estero in questo momento cerca proprio questo.

la collezione Berwich

autunno-inverno

2013/14 segna un

ritorno alla purezza,

fatta di tessuti raffinati,

fantasie tartan, dettagli

sofisticati e colori

autunnali.

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alberto guardianiChelsea boots in vitello lucido e gommato con suola in gomma.

dsquared2Duffle bag della collezione Classic.

stetsonCoppola in pelle marrone.

lozza designed by mikaOcchiali con struttura in metallo e cover di pelle ultra-sottile.

BRiTiSH ToUCH

di luigi Bruzzone

L’abito a doppio petto con grandi revers rappresenta il “must” della collezione autunno inverno di Daks, ispirata allo stile raffinato dei gentlemen inglesi della Londra dei primi del Novecento.

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Double-breastedElegantissima ma dallo spirito sportivo, la giacca ideale da portare col dolcevita.

style

Gant rugger

Giacca doppiopetto in lana madras.

www.gant.com

aquarama

Giacca doppiopetto in jersey tech.

www.aquaramasportswear.it

paoloni

Giacca doppiopetto in cotone.

www.paoloni.it

suitsupply

Giacca doppiopetto in velluto.

eu.suitsupply.com

italia independent

Giacca doppiopetto in denim.

www.italiaindependent.com

lardini

Giacca doppiopetto in lana pied de poule.

www.lardini.it

myths

Giacca doppiopetto in lana melange.

www.myths.it

Henry Cotton’s

Giacca doppiopetto in lana pied de poule.

www.henrycottons.it

tonello

Giacca doppiopetto in velluto.

www.tonello.net

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01. la sede di Herno

a lesa, sul lago

Maggiore, rispecchia

la passione per l’arte

del presidente Claudio

Marenzi. in ogni ufficio

e persino nei reparti

produttivi non manca

mai qualche opera

d’arte.

L’intuizione fu del padre: creare un’azienda che avesse nelle proprie radici il tratto distintivo e la forza per emergere sui mercati globali. E così è stato, tanto che lo stesso nome Herno ha origine da un piccolo torrente che passa accanto alla sede di questa realtà nota in tutto il mondo per i suoi capispalla. Giuseppe Marenzi, scomparso da poco, nonostante le origini bergamasche fu talmente at-taccato a Lesa, piccolo borgo sul lato piemontese del Lago Maggiore, da diventarne sindaco per ol-tre 20 anni. Il figlio Claudio, prendendone il testi-mone, non solo ha conservato lo spirito del padre ma, se possibile, lo ha persino rafforzato, nono-stante le forze centrifughe del mercato sportswe-ar spingano sempre di più a internazionalizzare la produzione verso Paesi più competitivi per costi di manodopera, energia e materie prime. L’im-pronta di Marenzi è ben visibile non solo nella filosofia produttiva, ma anche nell’immagine data al brand. Una smisurata passione per l’arte e per il Giappone spiegano la cura ossessiva per le forme e per i tagli minimal. Persino le campagne pubbli-

citarie senza figura umana e con quel gancio da tanti emulato sono un’ulteriore conferma della ricerca di uno stile il più possibile pulito ed essen-ziale, riproposto negli allestimenti non solo dello showroom di via Savona a Milano, ma anche nel negozio monomarca aperto nel 2012 in via della Spiga. “Il senso estetico di pulizia è per Herno l’ele-mento più caratterizzante, ma non è mai fine a se stesso. Il gancio, l’acciaio e il cuoio rappresentano il movimento, la dinamicità e l’artigianalità su cui ba-siamo la nostra produzione”.La scommessa (vinta) di Marenzi è stata quella di cercare negli anni bui della crisi nuove solu-zioni su un unico tipo di prodotto, il capospal-la, attraverso un’inesauribile creatività. Mentre altri brand abbandonavano il monoprodotto per produzioni fashion che potessero garantire mag-giori introiti, Herno ha spinto sull’acceleratore della sperimentazione senza mai abbandonare il proprio core business. Nessuno qualche anno fa avrebbe potuto scommettere che un’azienda che si era costruita una solida credibilità nella produ-

01

di Stefano Ampollini

Un forte senso estetico di pulizia nelle forme, coerenza nella produzione e innovazione di prodotto e di processo sono stati i fattori di successo dell’azienda di Lesa. Oggi il presidente Claudio Marenzi affronta una nuova sfida: guidare le aziende italiane a conquistare i mercati internazionali seguendo le stesse regole e la stessa filosofia che hanno decretato il successo di Herno.

HERNo, liMiTARSi PER NoN AVERE liMiTi

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02. il torrente Erno

ha dato il nome

all’azienda, oggi

autonoma al 100%

sotto il profilo

energetico grazie a un

impianto fotovoltaico

istallato 3 anni fa.

zione di trench e impermeabili potesse bissare il successo su un terreno minato e fortemente com-petitivo come quello dei piumini. Il successo è arrivato grazie all’attenzione per le forme e per la leggerezza garantita dall’alta percentuale di piu-mino utilizzato. Per non parlare delle innovazioni nelle fasi del processo produttivo, in cui Marenzi è un indiscusso pioniere, come nell’utilizzo delle tecniche al laser e delle termosaldature, da cui na-sce il progetto Laminar, che si caratterizza di capi ultraleggeri, dalla massima traspirabilità e imper-meabilità, figlio della passione dell’imprenditore per la montagna, pur se declinato a un utilizzo urbano e non sportivo. “In fondo ho fatto ciò che Alessandro Baricco descrive così bene in ‘Oceano mare’: se pensi a un pianoforte i tasti sono finiti, ma ci sono infinite combinazioni per suonarli. Se invece la tastiera è infinita, allora su quella tastiera non c’è musica che puoi suonare. Anche la nostra vita è così. Io mi sono mosso liberamente all’interno di un peri-metro che è il nostro per tradizione di famiglia. Mi sono limitato per non avere limiti. Credo che questo significhi essere coerenti”.Grazie agli indiscussi successi della sua gestione aziendale tutta italiana e della volontà costante-

mente espressa di “fare sistema”, Claudio Marenzi a luglio è stato eletto presidente di Sistema Moda Italia. Nel prossimo quadriennio, forse il più diffi-cile nella storia del settore a livello globale, dovrà affrontare innumerevoli sfide: migliorare il livel-lo di presenza delle aziende italiane sui mercati internazionali, rivedere l’assetto fieristico italiano, ridefinire e garantire il “made in” spingendo per una chiara legislazione a livello europeo. L’osta-colo maggiore sta nel metodo più che negli obiet-tivi, perché il giovane imprenditore novarese, con la caparbietà che deriva dalle sue origini lacustri, proverà a ottenere tutto questo mettendo al pri-mo posto la produzione e il saper fare, rispetto alla politica e alle relazioni. Un forte segnale di discontinuità che porterà a inevitabili tagli di strutture se si rendesse conto che vi sono sovrap-posizioni o sconfinamenti con altre realtà e as-sociazioni di imprese. Non per rompere, ma per costruire, così come ha fatto con Herno, attraverso una lucida consapevolezza dei propri limiti, sen-za smettere di sperimentare e innovare. Marenzi è certo che sia possibile grazie a un forte senso di squadra, cosa che alle aziende italiane finora è sempre mancato.

02

piumini e tradizioneLa tecnica di separazione dei piu-mini dalle parti più pesanti e meno nobili segue un processo antico quanto infallibile. Le piume vengo-no sparate da getti di aria compres-sa all’interno di un macchinario in legno diviso in scompartimenti. Sui più lontani si poseranno i piumini. Il legno garantisce che non vi pos-sano essere fenomeni elettrostatici. Questa parte della lavorazione viene completata in Lomellina.

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desiGn

Alcune coloratissime

e simpatiche proposte

per la cancelleria

d’ufficio dell’azienda

danese Hay per una

scrivania alternativa.

“Il mercato del lavoro è cambiato”, è il mantra che sempre più spesso sentiamo uscire dalla bocca di politici e di manager rampanti. Ed è vero. Il mon-do del lavoro si è trasformato e, sempre più rapi-damente, si stanno modificando anche le abitudi-ni dei lavoratori: orari flessibili, precarietà e figure professionali sempre più autonome e libere. Ma la trasformazione non riguarda solamente gli aspetti “antropologici”, bensì si è allargata anche al luogo dove le persone svolgono il proprio lavoro e dove passano gran parte del loro tempo.La configurazione dello spazio di lavoro e la fles-sibilità degli arredi, intesi come strumenti per stimolare e agevolare la condivisione delle infor-mazioni e allo stesso tempo generare un senso di benessere nei dipendenti, è un trend molto senti-to dagli addetti ai lavori.Ed ecco che casi progettuali come i Google He-adquarter diventano manifesti del nuovo lavora-re, ispirando una vera e propria rivoluzione nel campo dell’office design. Grandi e vivaci open-space facilmente riconfigurabili, caratterizzati da ospitali aree lounge e relax, punti acusticamente protetti e isolati per telefonate e incontri, aree per

conferenze, videoconferenze e connessioni multi-mediali, tutti elementi che costituiscono lo scena-rio di un ideale workplace contemporaneo. Anche l’idea di “ufficio in tasca” dovuta alla diffu-sione di smartphone, tablet e laptop di ultima ge-nerazione è sempre meno compatibile con strut-ture rigide e permanenti ed è fondamentale che le nuove soluzioni siano comode, flessibili e, perché no, possano comunicare un certo stile.Una delle proposte più fresche nate nel panorama degli accessori legati alla mobility sono i prodotti proposti dal duo austro-inglese Hard Graft: og-getti creati con l’uso sapiente di feltro e di pelle rigorosamente made in Italy e dallo spiccato gusto retrò, utili per trasportare ovunque gli ormai indi-spensabili device.Ma anche la progettazione dei mobili e degli arredi ha subito un graduale cambio di rotta, in direzione di un design più legato a concetti di flessibilità spaziale (è il caso della libreria Stacked Shelf System di Muuto), che meglio si adattano alle tipologie d’ufficio contemporaneo. In fondo, come dice Michele De Lucchi, è giusto “dare spazio agli uomini, non ai mobili”.

di Davide Rota

Il design per l’ufficio ha subito negli ultimi anni un duro colpo d’arresto. Eppure continuano a essere proposte sul mercato soluzioni sempre fresche e innovative per coloro che vogliono arredare con gusto e funzionalità l’ambiente di lavoro.

lAVoRARE CoNTEMPoRANEo

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desiGn

Easy workingUna serie di oggetti e arredi dall’aspetto semplice e minimale, per donare un tocco contemporaneo all’ufficio.

mdF italia - Flow Slim Armchair

Una comoda e semplice seduta da scrivania, progettata da J.M. Massaud e

caratterizzata da una scocca rigida e avvolgente e un’imbottitura colorata.

www.mdfitalia.it

theca - Magis

Un armadietto dall’aspetto tipicamente industriale con ante e spalle in alluminio

stampato e ripiani in legno, ciliegio o frassino nero. Un nuovo progetto dei

fratelli Bouroullec.

www.magisdesign.com

ateljè lyktan - Plug Lamp

lo studio FUWl - Form Us With love ha

progettato una lampada in alluminio, ma anche un

indispensabile accessorio da scrivania per ricaricare

gli ormai indispensabili device.

www.atelje-lyktan.se

muuto - Stacked Shelf System

Una libreria concepita dal designer Julien De Smedt come una serie di

contenitori free-standing, che possono essere assemblati a piacere, a seconda

dell’occorrenza. Per la massima flessibilità.

www.muuto.com

Hard Graft - Grab laptop folio/heritage

Un porta-tutto semplice e minimale per il vostro

MacBook Air, il caricabatterie, le penne e tutto

quanto serve per essere operativi ovunque voi

siate.

www.hardgraft.com

Hay - Plissè

Della serie “le piccole cose sono quelle che contano”, un

archivio portadocumenti dall’alto tasso di design e dalla grande

personalità.

hay.dk

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WHeels

01. il C evolution di

BMW ha un’elevata

autonomia (fino a

100 chilometri) ed è

dotato di un sistema

intelligente di recupero

energetico nelle fasi di

rilascio e di frenata.

Ecologici, economici, ecosostenibili. Negli ultimi tempi “un’eco” serpeggia sull’asfalto, quella che inneggia al nuovo beniamino dei centauri urbani: lo scooter elettrico. Il modo migliore per riuscire ad ascoltarlo è proprio cavalcare un motorino di nuova generazione, che al rumoroso e inquinan-te motore a combustione preferisce un cuore più green e silenzioso. Complice la crisi e l’inevitabile rialzo dei costi del carburante, l’opzione elettrica sta diventando sempre più gettonata: dagli incen-tivi statali (per il 2013, il 2014 e il 2015 sono stati stanziati 70 milioni di euro annuali) alla prospet-tiva rosea (e verde) di non avere proibitivi costi aggiuntivi per la benzina, il diesel o il gas, il mezzo elettrico è ormai uscito dal suo bozzolo tramutan-dosi in una meravigliosa farfalla. A testimoniare questa magnifica metamorfosi ci sono proprio le linee più sinuose e accattivanti, rispetto ai prede-cessori, che caratterizzano i nuovi electric scooter.Tra i cult che fanno gola ai centauri urbani c’è il non plus ultra dell’eco-mobilità a due ruote: il maxi scooter C evolution firmato BMW. Ancora

prototipo ma già provato da pochi eletti (tra cui alcuni giornalisti che l’hanno avuto in dotazione durante i Giochi Olimpici di Londra), il fiocco azzurro sarà finalmente affisso all’ingresso della celebre casa automobilistica tedesca nel 2014. Si tratta di uno scooter di taglia XL alimentato da batterie al litio che consentono di toccare una ve-locità massima di 120 chilometri orari, garanten-do un’autonomia di ben cento chilometri. Più snello e leggero, invece, è l’EC-03 di Yama-ha, un “bi-ruota” che pesa soltanto 56 chilogram-mi ed è talmente compatto che potrebbe essere parcheggiato in casa o in ufficio anziché in strada. Pensato per chi vuole avere una coscienza pulita e un mezzo dal design vintage, lo scooter elettri-co di Yamaha ricorda le linee retrò dei motorini targati anni Sessanta ma, a differenza di quelli, è incredibilmente silenzioso e non inquinante. Last but not least, il suo massimo punto di forza rispet-to ai concorrenti riguarda la praticità, dato che può essere caricato utilizzando una normale presa di corrente domestica. Comodità è anche uno dei

01

sul webwww.bmw-motorrad.itwww.yamaha-motor.euwww.peugeotscooters.itwww.piaggio.comwww.smart.comwww.motorinizanini.itwww.vaneko.com

di Camilla Sernagiotto

Stanno conquistando tutti grazie al risparmio che offrono, all’eco-sostenibilità che garantiscono e al loro design accattivante. Ecco i protagonisti della rivoluzione verde pronta a scendere in strada.

URBAN SPiRiT

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WHeels

02. lo scooter a tre

ruote MP3 Hybrid

di Piaggio integra

la tradizionale

propulsione termica

a basso impatto

ambientale con la

motorizzazione

elettrica.

03. l’Escooter di

Smart uscirà nel 2014.

Sarà il terzo gioiellino

ecologico della casa,

dopo la ForTwo

electric drive e la

bicicletta eBike.

pro che caratterizzano e-VIVACITY, il due ruote elettrico prodotto dalla Peugeot. La sua virtù pre-cipua (oltre a quella etica data da un’encomiabile emissione zero di diossido di carbonio) sta nel sot-tosella e nel vano posizionato nello scudo anterio-re che consentono una capacità di carico pari a 35 litri, perfetta per spostamenti urbani dettati an-che dalla voglia di shopping. Per chi invece non sa scegliere tra le due o le quattro ruote, la soluzione c’è e di nome fa MP3 Hybrid (di cognome Piag-gio). Lo scooterone ibrido della celebre azienda italiana stupisce per la stabilità e maneggevolez-za. Ma la conta dei pneumatici (tre) non è il solo numero in eccesso rispetto ai competitor: anche i motori sono più del solito, ossia due. Un propulso-re endotermico tradizionale e uno elettrico sono collegati indipendentemente l’uno dall’altro alla ruota posteriore, permettendo così di ottenere tre diverse modalità di marcia: tradizionale, ibrida o totalmente elettrica.Ai fan della Smart toccherà invece pazientare ancora qualche mese per assi-stere al varo del tanto atteso Escooter, disponibile

a partire dal 2014. Una trazione completamen-te elettrica e l’inconfondibile design reso famoso dall’automobile ForTwo sono due dei tanti motivi per cui varrebbe la pena aspettare l’uscita di que-sto gioiellino che, come la responsabile di Smart, Annette Winkler, ci tiene a sottolineare “è un pro-dotto non soltanto all’insegna dell’eco-compatibilità ma anche di un autentico piacere di guida”.A chi stesse a cuore oltre all’ecologia anche l’e-conomia, tra le soluzioni più accessibili c’è Icaro, lo scooter elettrico del giovane marchio nostrano Motorini Zanini che vanta un prezzo inferiore ai 2.000 euro (batterie escluse) contro le cifre del-le altre proposte che solitamente oscillano tra i 2.500 e i 9.000 euro. I più eco-convinti, infine, non potranno resistere al primissimo motorino biologico, il Be.e della start-up olandese Van.eko, la cui carrozzeria è interamente realizzata in fi-bre naturali di lino, canapa e cellulosa. Tanti modi per viaggiare in maniera sicura, comoda e trendy, lasciandosi alle spalle una scia di aria fresca piut-tosto che di biossido.

due ruote in (bella) mostra Anche quest’anno l’EICMA, l’Esposizione Internazionale del Motociclo, una tra le più importanti al mondo, si terrà a Milano dal 7 al 10 novembre. E nello spegnere la sua 71° candelina, esprime un desiderio green puntando i riflettori proprio sugli scooter elettrici, che saranno presentati nell’area de-dicata The Green Planet. Si tratta di uno spazio in cui le aziende potranno far provare le novità alternative ai mezzi a combustione tradizionale. www.eicma.it

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Hi teCH

il nuovo Panasonic

ToughPad 4K UTMB5,

un super tablet da

20” dedicato alla

clientela pro. è dotato

di uno schermo con

risoluzione quattro

volte superiore all’HD

e di una precisissima

touch pen.

I primi giorni di settembre non hanno certo de-luso gli appassionati del mondo hi-tech. I più attenti avevano sicuramente segnato in rosso sul calendario la seconda settimana del mese ovvero i giorni in cui si è svolto l’IFA, il più grande ap-puntamento fieristico europeo dedicato alla tec-nologia. A Berlino, sede come sempre dell’evento, non sono mancate novità (soprattutto nel mobi-le) attese da addetti ai lavori e non, come quella dello smartwatch di Samsung. L’azienda coreana ha battuto Apple sul tempo, presentando il suo Galaxy Gear prima di quella che è ormai la sua rivale quando si parla di apparecchi mobile. A Cu-pertino erano comunque concentrati sulla presen-tazione dei nuovi iPhone 5s e 5c. Il 10 settembre lo smartphone della mela è diventato colorato, ma non di certo low cost come molti si aspettavano. In Italia li vedremo probabilmente a novembre: a breve avremo quindi modo di “toccare” con mano la funzione di riconoscimento delle impronte di-gitali che equipaggia il modello 5s. Non sarà l’u-nico device dotato di questa caratteristica: anche il phablet (via di mezzo tra uno smartphone e un tablet) HTC One Max la avrà, e sarà interessante capire se questa feature diventerà un must per il mercato mobile. A proposito di phablet, all’IFA

anche Asus ha presentato la sua proposta, il Fone Pad Note 6, rinnovando inoltre tutta la sua gam-ma tablet con ben 10 nuovi modelli. Tra questi anche il nuovo Nexus 7, il tablet 7” sviluppato in collaborazione con Google. Ora il Nexus ha lo schermo HD, la doppia fotocamera e la tecnologia Miracast, una sorta di Bluetooth per il video che consentirà di riprodurre filmati dal tablet su Tv e proiettori. Ancora non sono molti sul mercato i televisori predisposti, ma se il Miracast prenderà piede non tarderanno ad arrivare. Chissà se No-kia incorporerà nei suoi prossimi modelli queste tecnologie. La risposta, però, non bisogna cercarla solo nell’headquarter finlandese di Espoo, ma so-prattutto a Redmond, dove ha sede Microsoft. La notizia del mese, infatti, l’ha data proprio il co-losso fondato da Bill Gates, che il 3 settembre ha annunciato al mondo di aver inglobato la divisio-ne mobile di Nokia (compresi tutti i suoi brevetti e marchi legati alla telefonia). Quello che prima appariva come un solidissimo fidanzamento, oggi è diventato più che un matrimonio. L’interesse per i futuri frutti di questa unione è decisamen-te crescente, sicuramente questo nuovo binomio non aspetterà il prossimo settembre per farceli ammirare.

di Enrico S. Benincasa

Come di consueto, tornati dalle vacanze, i grandi player svelano le novità che saranno sugli scaffali nell’ultimo trimestre dell’anno. Natale compreso, ovviamente.

il SETTEMBRE HoT DEll’Hi-TECH

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Hi teCH

Novità 2013 Ecco alcune delle novità presentate questo mese dai grandi player internazionali del mondo hi-tech.

asus - Transformer Pad TF701T

la gamma tablet di Asus è stata completamente

rinnovata: qui il top di gamma, con schermo 10.1”

full HD e tastiera/dock.

www.asus.com/it

philips - PFL9708

i nuovi Tv Ultra HD della serie 9000 di Philips (prodotta da TP Vision) sono

disponibili da 65” e 84”. Entrambi incorporano la tecnologia Miracast.

www.tpvision.it

samsung - Samsung Wave

All’iFA novità anche per le stampanti dedicate ai device mobili:

ottimo il design di questa proposta di Samsung, che funge anche

da docking station.

www.samsung.com/it

apple - iPhone 5c

Cinque i colori in cui verrà proposto il nuovo

iPhone 5c, disponibile in 20 paesi il prossimo mese

e in italia probabilmente a partire da novembre.

www.apple.com/it

lG - G Pad 8.3

Pesa come un quotidiano – 338 grammi – il nuovo tablet 8”

dell’azienda coreana, il primo di queste dimensioni dotato di uno

schermo ad alta definizione.

www.lg.com/it

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Wellness

Nome in codice: “oro verde”, è uno degli ingre-dienti cardine della dieta mediterranea, raccoman-dato (nelle giuste dosi) anche nei regimi alimenta-ri di quanti sono sempre in lite con la bilancia. E il nostro Belpaese, accanto a Grecia e Spagna, può vantare un posto sul podio per quanto riguarda la sua produzione su scala mondiale. L’olio d’oliva, oltre a essere un fedele alleato del-la salute a tavola, è l’asso nella manica per valo-rizzare la nostra bellezza, come insegna la regina Cleopatra, che era solita concedersi lunghi bagni immersa in questo virtuoso elisir, per idratare la pelle baciata dal sole cocente d’Egitto. La sua più grande potenzialità è quella di con-tenere una classe di acidi grassi, chiamati trigli-ceridi, che per composizione sono affini al sebo cutaneo, una caratteristica che lo rende ideale per riparare, illuminare e ammorbidire l’epidermide, contrastando l’invecchiamento e la produzione di radicali liberi. È naturalmente ricco di vitamine delle famiglie A ed E (dall’azione antiossidante, elasticizzante e cicatrizzante), di squalene, una

sostanza lenitiva, e di carotene, un precursore del-la vitamina A, utile per stimolare l’abbronzatura. Senza contare la sua versatilità nell’esecuzione di qualsiasi tipo di massaggio.Per questo motivo, centri benessere e Spa, sia nel nord che nel sud dello stivale, hanno cavalcato l’onda del successo, studiando la mise en place di metodiche viso e corpo che si avvalgono non solo del succo, ma di ogni parte del frutto dell’olivo, dalla polpa ai noccioli. Sono perfette soprattutto dopo l’esposizione solare, per ristrutturare, esfo-liare, contrastare la secchezza della pelle – causata da raggi UV, vento, salsedine – e proteggerla da aggressioni ambientali e inquinamento al rientro in città. Utilizzato sulla chioma, l’olio d’oliva raf-forza la cheratina, rinvigorisce il fusto capillare, sigillandone le squame, funziona da scudo nei confronti di smog e umidità, dona corposità e lu-centezza all’acconciatura. Dalla cucina al lettino da massaggio, dunque, per assaporare un’autentica pausa rigenerante dal gu-sto inconfondibile.

di Simona lovati

È un “cosmetico” passepartout dalle proprietà anti-età, rassodanti ed emollienti, adatto a ogni parte del corpo, nonché la guest star di rituali rigeneranti proposti nelle più belle Spa della Penisola.

BENESSERE All’olio D’oliVA

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Fuga mediterraneaIn attesa dei primi freddi, niente di meglio di un fine settimana relax. L’olio di oliva è il miglior amico di pelle e capelli, ottimo per apportare nutrimento e giovinezza.

Wellness

Belvedere Wellness Hotel

la struttura nel centro di Riccione

propone il pacchetto olive oil,

comprensivo di scrub ai noccioli

di oliva, avvolgimento total body

personalizzato con olio, miele e

yogurt e massaggio ayurvedico.

www.belvederewellness.com

verdura Golf & spa resort

la Sicilia è il setting ideale per

dedicarsi un soin intensivo al cuoio

capelluto. Penetrando nel fusto

dei capelli, l’oro verde li ripara e li

protegge dall’interno, donando loro

morbidezza e luminosità.

www.lhw.com

lefay resort & spa

Sul lago di Garda, il massaggio viso

ha un’azione modellante e drenante,

valorizzato dalle virtù idratanti e

rassodanti dell’olio extravergine

d’oliva, prodotto in loco, e da un fito-

estratto alla lavanda.

www.lefayresorts.com

Castello del nero

Nel Chianti, dopo il pediluvio di

benvenuto, il rituale orientale inizia

con l’applicazione di olio d’oliva sulla

nuca tramite digitopressione e si

conclude con una maschera all’argilla

rosa sui capelli.

www.castellodelnero.com

la posta vecchia

Alle porte di Roma, il massaggio

corpo con olio di oliva biologico

caldo restituisce elasticità alla pelle,

mentre le sue manualità stimolanti

distendono le tensioni e favoriscono

la circolazione.

www.lapostavecchia.com

tenuta moreno

A Mesagne (BR), il gommage corpo

con sale marino, oli essenziali e

rosmarino è completato da manovre

rigeneranti all’olio di oliva ed erbe

aromatiche. Sul viso, un impacco

nutriente alla polpa di fico.

www.tenutamoreno.it

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overseas

01. La suggestiva

strada da Queenstown

a Glenorchy nella

regione di Otago, nel

sud-ovest dell’Isola del

Sud, nei pressi del Lago

Wakatipu.

Foto di Miles Holden.

di Valerio Venturi

Un itinerario da Nord a Sud alla scoperta della terra dei maori, delle sue bellezze naturali e... del Signore degli Anelli! Giovane, facile da visitare e molto suggestiva: la Nuova Zelanda è dietro l’angolo, più o meno.

SOLO per SpIrItI LIberI

La Nuova Zelanda non è una destinazione molto battuta dai viaggiatori italiani, probabilmente per-ché è esattamente agli antipodi rispetto al nostro Paese e arrivarci è impegnativo in termini di costi e di ore di volo. Chi però avrà la forza di superare queste iniziali resistenze e decide di programmarsi qualche settimana a Ackland e dintorni, sarà am-piamente ripagato. Sono poche, infatti, le mete nel mondo capaci di offrire altrettanto in termini di bellezze naturali, facilità di viaggio, varietà di fau-na e paesaggio.I “kiwi” sono una popolazione giovane che ama e rispetta il territorio in cui abita. Si dividono su due isole (quella del Nord e quella del Sud) che offrono tra loro panorami anche molto differenti. L’espressione che ne sintetizza lo spirito è: “take it easy”. Oppure “take it weird”: qui è infatti possibi-le dedicarsi a un sacco di sport estremi. Appena arrivati la sensazione è quella di trovarsi in una specie di “Irlanda del Pacifico”, data l’onnipre-

senza di pecore (qui ci sono i migliori tosatori del mondo), le coste frastagliate e suggestive e le infi-nite colline verdeggianti. Il clima è comunque più piacevole che in Eire e gli animali presenti sono senza dubbio più strani. Le cose da vedere sono molte, soprattutto quelle offerte da Madre Natura e occorre razionalizzare la vacanza pensando ad un itinerario capace di far gustare, in tempi ragio-nevoli, il meglio di questa insolita terra.Punto di partenza di quasi tutti i visitatori di “Ki-wiland” è Auckland: qui atterrano gli aerei, qui inizia un’avventura che solitamente dura almeno due settimane. La città ha uno skyline inconfondi-bile, d’obbligo salire in cima alla Sky Tower, il sim-bolo della capitale. Multietnica, vivace, moderna, colpisce per la quantità di giovani che la popolano. La vecchia Europa è distante migliaia di km, e si vede. Da qui, la cosa migliore (non la sola possi-bile) è affittare un'auto (probabilmente sarà una Toyota Corolla bianca, vanno per la maggiore) e

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02. L’area geotermica

di rotorua entro i

confini delle regioni

di Waikato e bay

of plenty, nell’Isola

del Nord, contiene

circa 1200 tra geyser,

sorgenti calde, pozze di

fango e fumarole.

Foto Chris McLennan.

03. La famosa funivia di

Wellington che porta

i turisti da Lambton

Quay, il cuore del

central business

district della capitale

neozelandese al

botanic Garden sulla

collina alle spalle del

centro urbano.

Foto di Ian trafford.

overseas

partire. La maggior parte dei traveller opta per il viaggio on the road: le strade sono sicure, sgombre, e l’unica cosa a cui bisogna abituarsi è la guida “all’inglese”, dalla parte opposta, e l’onnipresente cambio automatico.Nell’isola del Nord le attrattive sono tante. Da non perdere la visita all’area di Rotorua, sede della Waimangu Volcanic Valley, e di zone termali come la Waiotpu Thermal Wonderland. Geyser, laghi di acqua bollente, rocce colorate di rosso, blu, ver-de in mezzo alla vegetazione tropicale: sembra di passeggiare nell’inferno dantesco, senza dannati e diavoli. Il lago Taupo ha qualcosa di “marziano”: dopo lo stupore, ritrovate la moderazione facendo un bagno alle cascate di acqua calda di Kerosene Street. Da queste parti ci sono anche le Waitomo Caves, delle grotte raggiungibili via fiume illumi-nate da vermi fluorescenti!La regione di Waikato è il paradiso per i fan de Il Signore degli Anelli: il regista Peter Jackson ha girato i suoi film tolkeniani in loco. Nei territo-ri collinari della famiglia Alexander, per esempio, potete vedere erba, pecore, pecore, erba, ma anche le case di legno degli hobbit e qualche segno del passaggio della troupe di Frodo e compagnia. Non bisogna però avere aspettative sono troppo alte.Alternativa costante a percorsi in mezzo alla natu-ra? La visita a un villaggio maori. Ce ne sono a biz-

zeffe: alle volte turistici e un po’ finti, ma capaci di mostrarvi qualcosa, non troppo, dello stile di vita di coloro che abitavano queste terre da centinaia di anni prima dell’arrivo degli europei. Se invece avete voglia di mare, dopo tanti giri nell’entroterra vi attende la splendida e rilassante penisola della Coromndel, caratterizzata da spiag-ge da cartolina e da una grotta, la Cathedral Cove, su uno scoglio gigantesco, anch’essa da cartolina.Ma c’è anche l’isola del Sud con le sue città. In primis, Wellington, la piccola capitale battuta dai venti e intrisa di arte e spirito hippie. Gradevole, a misura d’uomo, un luogo ideale in cui riceve-re innumerevoli stimoli in tranquillità. Oppure Christchurch, un gioiellino all’inglese, che dà la sensazione di passeggiare per Oxford. Le spiagge? Come in Scozia, ma con le foche e le balene, so-prattutto a Kaikoura. Scendendo sempre più nella parte meridionale dell’isola, il paesaggio cambia e si stagliano le montagne. Il clima e il paesaggio sono antartici o quasi. Qui sono numerose le pos-sibilità per chi ama il trekking e l’alpinismo. Se poi volete togliervi lo sfizio di provare qualche espe-rienza estrema, spostatevi verso il lago di Taupo: bungee jumping, skydiving e discese dalle colline chiusi dentro a gigantesche bolle di gomma sono all’ordine del giorno. Take it easy, anche questo è Nuova Zelanda.

sul webwww.newzealand.com www.aucklandnz.com www.waiotapu.co.nzwww.waikato.ac.nzwww.wellingtonnz.com

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food

01. Sulla sommità

della cantina Ceretto

di Castiglione Falletto

sorge il Cubo, con

vista su tutti gli 11

comuni del barolo.

Qui vengono ospitate

mostre e istallazioni.

Pochi luoghi al mondo come le Langhe possono testimoniare in modo così evidente la vittoria dell’uomo sulla natura, conquista indiscutibile maturata attraverso un rispetto maniacale per la terra. Questa zona, oggi così ricca e famosa per i suoi vini di eccellenza, fino a pochi decenni fa era una regione poverissima ed emarginata. Quando all’inizio del secolo scorso fiorirono i vicini di-stretti industriali di Genova e Torino, molti gio-vani preferirono scappare pur di non continuare a fare la fame tra queste colline nebbiose. Beppe Fe-noglio nel 1954 raccontò tutti i drammi della vita contadina nelle Langhe in un romanzo dal titolo fortemente evocativo, La malora. La caparbietà di chi negli anni successivi è rimasto quaggiù scom-mettendo su questo territorio, le ha rese uno dei luoghi simbolo del made in Italy, invidiato in tutto il mondo. Non è un caso che proprio la nebbia, il suo elemento più cupo e rappresentativo, abbia dato il nome al vitigno che ha fatto la fortuna del-

le Langhe, il Nebbiolo. Se però qualcosa è manca-to in questi anni è stata la capacità di fare sistema, difetto tutto italiano che neppure qua, purtroppo, fa eccezione, se si pensa che ancora oggi le colline delle Langhe e quelle di Roero, divise dal fiume Tanaro, sono protagoniste di continue lotte di campanile. I più scaltri cugini francesi, valorizzan-do attraverso il semplice concetto di rete le regio-ni di Bordeaux e di Borgogna, hanno reso famose anche aziende ed etichette per nulla superiori alle nostre. Noi ci stiamo arrivando solo adesso, attraverso iniziative come l’Ente del Turismo di Langhe e Roero o il neonato Wine Museum, il museo del vino allestito nel castello dei marchesi Falletti di Barolo. La strada però è ancora lunga, se si pensa che sono rarissime le cantine visitabili dal pubblico tutto l’anno, al di là di appuntamenti canonici come Cantine Aperte, giunta quest’an-no alla 21esima edizione. Ma una rondine non fa primavera. Un vero turismo enogastronomico sta

01

di Stefano Ampollini

Beppe Fenoglio descrisse la povertà di queste terre fredde e nebbiose nel suo migliore romanzo La malora. Grazie ai tartufi e al vitigno, che dalla nebbia prende il suo nome, le Langhe si sono riscattate e oggi sono riconosciute a livello mondiale per la produzione enogastronomica d’eccellenza. Portare qua il mondo e dare vita a un turismo d’elite è la sfida del futuro su cui qualcuno ha già scommesso, come la famiglia Ceretto.

LA terzA VItA deLLe LANGHe

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food

02. Le cantine Ceretto

di distendono per 160

ettari, di cui 40 coltivati

a nocciole.

nascendo solo negli ultimi anni grazie a iniziative private di poche aziende che, con lungimiranza, hanno colto le innumerevoli opportunità di un modo nuovo di porsi verso il mercato. Non più semplici produttori, ma ambasciatori di qualità ed eccellenza a 360 gradi, dove il vino può essere cuore e catalizzatore di un messaggio ben più am-pio. Chi meglio di altri ha saputo anticipare que-sta tendenza, fungendo da pioniere per aziende ancora radicate alle tradizionali attività vinicole, è stata la cantina Ceretto. I fratelli Bruno e Marcello da anni hanno deciso di andare oltre alla “sempli-ce” produzione di ottimi vini. Dopo aver sdoga-nato il bianco in una terra famosa per i rossi con la creazione del Blangè, etichetta ormai talmente nota da essere confusa con l’Arneis, il nome del vitigno di cui è composta, i Ceretto hanno deciso di puntare decisamente sul turismo e sul terri-torio come vetrina per valorizzare i propri pro-dotti. Nascono così l’idea di aprire un ristorante nel cuore di Alba e le innumerevoli iniziative in campo culturale. Nulla di banale, se si pensa che il ristorante in questione, il “Piazza Duomo”, ha da poco conquistato la terza stella Michelin gra-zie al genio di Enrico Crippa, allievo di Gualtiero Marchesi, mentre la passione dei Ceretto per l’ar-chitettura e l’arte contemporanea ha trasformato le loro vigne in un vero e proprio museo a cielo aperto. È del 2009 la realizzazione dell’Acino, una grande bolla ovale posta al termine della zona di

degustazione della cantina principale ad Alba, vi-sitata tutto l’anno da migliaia di turisti, per il 90% stranieri. Questo progetto avveniristico è solo l’ul-timo capitolo di una storia nata nel 1999 con il re-cupero di una vecchia cappella nel cuore del Ba-rolo. Fu l’artista inglese David Tremlett a proporre a Bruno Ceretto di restaurare la cappella. Questi accettò a patto che Tremlett proponesse una terza persona a lui nota per completare insieme l’opera. L’inglese chiamò Sol LeWitt, uno degli artisti più autorevoli della sua generazione. Il compenso per i due fu una fornitura a vita di Barolo. La vocazio-ne al mecenatismo della famiglia Ceretto ha con-vinto il Comune di Alba a mettere a disposizione dell’azienda il Coro della Chiesa della Maddalena per le proprie mostre, come quella attualmente in corso (The Rivers, in programma fino al 10 no-vembre), con protagoniste le opere di Ellsworth Kelly, pochi giorni dopo la fine della personale che il MoMA di New York ha organizzato in occasio-ne dei suoi 90 anni.Si può dire che la famiglia Ceretto abbia aperto la strada verso la terza vita delle Langhe, dopo quel-la rappresentata da Fenoglio e la successiva legata unicamente alla produzione vinicola. Ora le Lan-ghe diventano un’occasione per vivere esperienze multisensoriali di qualità assoluta, dove gustare un buon Barolo può essere la ciliegina sulla torta di un turismo di primissima fascia che mancava all’Italia.

enrico crippaOltre alle sperimentazioni che lo hanno reso famoso e gli hanno fatto guadagnare 3 stelle Michelin, Enrico Crippa, brianzolo di nascita, è noto anche per il suo amore verso le erbe e i prodotti stagionali. La famiglia Ceretto gli ha messo a disposizione due ettari su cui lo chef ha ricavato un orto che produce verdure e ortaggi per le sue creazioni, tra cui la botticelliana insalata 21-31-41, dal numero di erbe di cui è composta.

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Il mondo della finanza le andava stretto e a un certo punto sceglie di mollare tutto per dedicarsi ai fornelli, la sua grande passione. Il primo passo sono dei corsi di cucina di successo che diventano un privé della degustazione nel cuore di Milano, ma poi decide, dopo aver frequentato l’ALMA di Colorno dello chef Gualtiero Marchesi – a suo dire “per avere un’impostazione più professionale” – di invitare Milano a pranzo dal lunedì al venerdì.

di Andrea zappa

VANeSSA VISCArdI

Il tuo avvicinamento alla ristorazione è stato un po’ particolare, prima i cor-si di cucina e poi il ristorante. Da dove nasce questa passione?Da piccola adoravo andare al ristoran-te con i miei e poi, una volta tornata a casa, cercavo di rifare i piatti che ave-vo assaggiato. Sono sempre stata una “mangiona” e questo ha contribuito a farmi stare sui fornelli a sperimentare. Già a quindici anni cucinavo un sacco a casa – per assurdo mia madre odia farlo – e poi per gli amici. Da qui è partito tutto, fino ad arrivare ai corsi di cucina.Che tipo di cucina proponi?La definirei giovane e tradizionale. Amo preparare il classico risotto, ma anche le carni cucinate bene; non propongo mai abbinamenti con mille ingredienti, dò molta importanza alla materia pri-ma. Credo che per valorizzarla debba essere lavorata in modo semplice e il meno possibile. Per esempio il pesce: se è buono e di qualità non ha bisogno di molti condimenti. Divento un po’ più fantasiosa con le verdure. Qualcu-no potrebbe considerare la mia cucina classica, ma ovviamente un "classico" di una che ha 35 anni. In generale voglio che chi assaggia i miei piatti riconosca la materia prima che li compone.La ricerca della materia prima è quin-di importante…Sono io a fare la spesa e non uso nessun grossista, solo piccoli fornitori, anche per i vini. Li chiamo i miei “spaccia-tori”: sono realtà piccole che mettono molta attenzione e cura in quello che

mela verde non è affatto male. Amo poi molto le carni cucinate a bassa tempe-ratura come la faraona. Mi diverto mol-to con le verdure, è molto difficile che non ci siano in ogni mio piatto.Cavoli a Merenda è una realtà insoli-ta, caffetteria durante il giorno e risto-rante solo a pranzo. Ma la sera?Serale solo su richiesta, anche perché tengo molto ai miei corsi di cucina, è partito tutto da lì e mi diverto un sacco a farli. Hanno durata variabile a secon-da dell’argomento trattato. Per esem-pio il sushi dura una sera sola mentre gli antipasti quattro, ma si può anche decidere di fare una lezione sola in base alla esigenze. Si inizia con un ape-ritivo, poi il corso e infine si cena con quello che si è preparato. Le classi sono di 8-10 persone massimo. Durante il corso è fornita anche una dispensa con le ricette nella speranza che una volta a casa la voglia di cucinare continui.E per quanto riguarda i vini?Per la carta dei vini mi affido al som-melier Marco Longagnani, che ha sco-vato delle vere chicche per intenditori. Ci rivolgiamo a piccole cantine che sono ancora innamorate del loro lavo-ro. Offriamo circa quindici vini diversi.Dunque, per quando è prevista l’aper-tura?Il 23 settembre iniziamo ad aprire per pranzo dalle 12 alle 15, saranno dispo-nibili 21 coperti interni e altri 20 sulla terrazza. E poi nell’arco della giornata una caffetteria vecchio stampo con ser-vizio Wi-Fi.

producono. La carne, per esempio, la prendo da un allevamento in Piemon-te. Per farti capire la loro gestione, mi servono solo lunedì e martedì, perché gli altri giorni sono impegnati nella ma-cellazione. Il mio fornitore di pesce è di Milano e, ci tengo a dirlo, è uno che rispetta i “fermi pesca”. Non sono fissa-ta con il biologico perché non ci credo tanto, credo di più nel biodinamico.Come mai per il menù ti avvali anche del contributo di una nutrizionista?La nutrizionista Katrin Kurz collabora con me nella realizzazione della carta. In fondo alla pagina si trovano le sue indicazioni per l’abbinamento dei piat-ti, proprio perché essendo aperti solo per il pranzo cerchiamo di consigliare delle combinazioni che non appesanti-scano troppo chi deve tornare al lavoro. Mi aiuta tantissimo anche per le intol-leranze, i suoi consigli sono validissimi per la zona caffetteria dove propongo anche torte senza latte e senza burro. Il menù del ristorante cambia quotidia-namente. È una piccola carta, dipende sempre da quello che trovo alla matti-na quando vado a fare la spesa: ci sono tre antipasti, tre primi e tre secondi, per dare anche la variante su pesce, carne e vegetariano. Credo che ormai i vegetariani siano tanti ed è giusto avere una certa attenzione anche per loro.I tuoi piatti forti?Risotti e pasta fresca hanno un notevo-le successo. Faccio delle tagliatelle con porcini e scampi che consiglio e anche l’insalatina di gamberi rossi, fragole e

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food

cavoli a merendaSono ormai pochi gli angoli di Mila-no in cui potersi rilassare gustando prelibatezze enogastronomiche con un servizio cordiale che dà la sensazione di ritrovarsi in casa di amici. Un salotto del gusto aperto solo per pranzo con pochi coperti, allestito elegantemente all’interno di uno splendido palazzo meneghi-no di fine ‘700. Incantevole la ter-razza di 80 metri quadri inondata di gelsomini, ideale anche per una merenda pomeridiana a base di tè, frullati e dolci fatti in “casa”. Corso Magenta 66, Milanowww.cavoliamerenda.eu

Ingredienti per quattro persone: 400 gr di mezzemaniche, 150 gr di gamberi rossi, 150 gr di salmone, 600 gr di fiori di zucca con zucchine, 1/2 bicchiere di vino bianco, 1 scalogno, 3 cucchiai di olio evo, pepe.

Mezze maniche con fiori di zucca e gamberi rossi

Mondate lo scalogno e affettatelo grossolanamente. Prendete una casse-ruola e fatelo appassire dolcemente con tre cucchiai di olio evo. Aggiun-gete le zucchine tagliate a fiammifero, a metà cottura salate e sfumate con il vino bianco e toglietele dal fuoco. Portate a ebollizione l'acqua della pasta, cuocetela e scolatela al den-

te. Rimettete sul fuoco la casseruola, una volta calda aggiungete il salmone tagliato a cubetti, i gamberi, la pasta e spadellate il tutto aggiungendo una manciata di pepe. Il salmone e i gamberi dovranno risul-tare appena appena scottati, sarà in-fatti il calore della pasta a cuocerli al punto giusto. Servite caldo.

La ricetta dello chefVanessa Viscardi ci propone una delle specialità da assaggiare a pranzo nel suo salotto del gusto.

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club house

di enrico S. benincasa

Foto di Luca Matarazzo

Il Tennis Club Milano Alberto Bonacossa ha una storia importante alle spalle, ma anche tanta fiducia nel futuro e nelle sfide che lo attendono insieme alla città: ne abbiamo parlato con Enrico Cerutti, il suo Presidente.

eNrICO CeruttI

trAdIzIONe e FuturO, GuArdANdO ALL’eXpO

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club house

Com’è nato il suo rapporto con il Ten-nis Club Milano Alberto Bonacossa?Sono iscritto al club da più da quando avevo circa 12 anni. Ho sempre gio-cato per questo circolo, non l’ho mai “tradito” per nessun altro. Ormai sono più di cinquant’anni che ne faccio par-te, penso ci siano pochi soci che hanno una tessera antecedente alla mia (ride, NdR). In passato ho già ricoperto la ca-rica di Presidente, ora lo sono nuova-mente da circa un anno e mezzo. Che momento sta vivendo il Bonacos-sa?Guardiamo al futuro con fiducia. Il cir-colo è stato per lungo tempo della fa-miglia Bonacossa: un periodo fortuna-to, durante il quale siamo riusciti come club a fare tante cose per la promo-zione del tennis e per la città. Adesso i proprietari del circolo sono i suoi 1000 soci, con tutto ciò che comporta a livel-li di onori e oneri. Oggi lavoriamo con un’attitudine molto più imprenditoria-le, investendo nella promozione e nel marketing. Ci stiamo togliendo delle soddisfazioni nonostante il periodo. Il buon momento del tennis italiano aiuta?Non è certamente la prima volta che il tennis ha successo in Italia: la nostra nazionale che ha vinto la Coppa Da-vis del 1976 ha trainato il movimento. Oggi il momento è buono soprattutto in campo femminile, non nego che se il settore maschile ottenesse qualche ri-

sultato in più, oltre gli exploit di Seppi e Fognini, di sicuro aiuterebbe. Da poco più di un anno, sotto la sua presidenza, il team Piatti collabora attivamente con il Bonacossa. Come procede il “matrimonio”?Molto bene. Le nostre strutture accol-gono, tra scuola SAT, agonisti e profes-sionisti, oltre 550 atleti, in maggioranza giovanissimi. Un numero considerevo-le, difficilmente riscontrabile in altri circoli. Scegliendo Riccardo abbiamo voluto puntare sulla qualità dell’inse-gnamento per i ragazzi e su quella di chi è chiamato a insegnare i fondamen-tali ovvero i maestri. È un momento nel quale mettendo le basi per il fu-turo, ma crediamo molto nell’utilizzo di strumenti come la videoanalisi e sull’approccio alla preparazione atleti-ca volto a prevenire infortuni. Il tutto avviene poi in un clima di serenità e con attenzione al comportamento den-tro e fuori dal campo. Soddisfatto dell’ultima edizione del Trofeo Bonfiglio? Il torneo è in ottima salute. Un esem-pio sono i recenti US Open junior: le due teste di serie del tabellone maschi-le erano Zverev e Quinzi, gli ultimi due vincitori del Bonfiglio. Ci piacerebbe poter offrire ancora di più, a comin-ciare da una sessione serale, e vorremo coinvolgere maggiormente CONI e Regione Lombardia, dove a occupar-si di queste faccende ci sono due veri

sportivi come Pierluigi Marzorati e An-tonio Rossi.Come sono i rapporti con la città?Il nostro è un circolo di grande tradi-zione in cui sono passati – e ci sono tuttora - molti membri delle famiglie milanesi più importanti. Tutti man-tengono comunque un atteggiamento low profile, proprio perché questo è un posto dove coltivare tanti interessi, in primis il tennis. I nostri sponsor, oltre che essere accomunati dalla qualità, hanno anche forti legami con il territo-rio, come BMW Milano, Fastweb, A2A, UBI Banca e Bayer, giusto per citarne alcuni. Siamo in buoni rapporti sia con le istituzionali comunali, sia con quelle regionali. Proprio la Regione ha iniziato a supportarci da quest’anno. Ci piace-rebbe fare qualcosa di più strutturato: non dimentichiamoci che l’architetto Muzio ha progettato sia le nostre strut-ture che la Triennale, potrebbe essere una cosa interessante in chiave Expo. E sarebbe bello organizzare qualcosa nelle nostre strutture di via Arimondi durante l’edizione 2015 del Bonfiglio, legando l'alimentazione, uno dei temi di Expo, allo sport.Quali sono gli obiettivi per il futuro?Continuare a offrire un ottimo servizio ai nostri soci e migliorare le strutture: vogliamo continuare a vivere bene la nostra tradizione mantenendo vivi i va-lori del circolo e del suo fondatore Al-berto Bonacossa.

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Regina CarterPer lei il violino è qualcosa di più di uno strumento musicale, guardan-dola suonare sembra faccia parte di lei. Il suo approccio non puramen-te melodico allo strumento l’ha resa famosa e richiestissima nelle collaborazioni in ambito jazz e non solo. Per capire cosa può fare Re-gina con l’archetto basta un video su YouTube, per goderne al meglio c’è il palco del Blue Note. Blue Note - Milanoil 29 settembrewww.bluenotemilano.com

Caro EmeraldIl Teatro Nuovo accoglie la cantante olandese per la sua unica data ita-liana che arriva dopo la serie infinita di sold out in Inghilterra. D’altronde il nuovo album di Caro Emerald, The Shocking Miss Emerald, è un successo mondiale come il pre-cedente Deleted Scenes From The Cutting Room Floor: chi non la vuole perdere è meglio che si premunisca al più presto di biglietto. Teatro Nuovo - Milanoil 5 ottobrewww.livenation.it

Macy Gray e David Murray

Il sassofono di David Murray e la voce di Macy Gray aprono la 29esima edi-zione di Aperitivo In Concerto, l’ap-puntamento settimanale che il Teatro Manzoni dedica alla musica durante l’autunno milanese. Quest’anno l’ape-ritivo sarà dedicato all’improvvisazione nella musica afro-americana e la coppia scelta appare perfetta per l’opening del 13 ottobre, il primo di 11 appuntamen-ti che porteranno sul palco del Manzo-ni molte situazioni musicali esclusive (due prime europee e sette prime ita-liane). Il sodalizio tra David Murray e Macy Gray è una riuscitissima combi-nazione di due talenti che ha riscontra-to il favore del pubblico in tanti festival jazz non solo in Europa. A farli incon-trare è stato Questlove, produttore ol-

tre che batterista dei The Roots; i due, dopo reciproci scambi di featuring sui loro dischi, hanno trovato solidità e af-finità anche dal vivo. L’Infinity Quartet guidato da David ha riarrangiato magi-stralmente i brani di Macy dal sapore più jazz, proponendo alla cantante neo soul composizioni originali su cui spic-cano i testi curati da uno degli esponen-ti contemporanei più importanti della black culture come Ishmael Reed. Due musicisti in grado di fare quello che vo-gliono con il loro strumento, che sanno cos’è l’improvvisazione. Partiti da un punto comune, il jazz, oggi si incon-trano nuovamente sullo stesso terreno dopo aver percorso strade artistiche di-verse. L’ouverture di Aperitivo in Con-certo non poteva essere migliore.

Una selezione dei migliori eventi che animeranno la città nei prossimi mesi.

da non perdere...

a cura di enrico S. benincasa

Teatro Manzoni - Milano13 ottobrewww.aperitivoinconcerto.com

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Il volto del '900

La rappresentazione della figura uma-na attraversa l’arte dagli albori della sua storia, ma è innegabile che nel ven-tesimo secolo l’interesse per il ritratto abbia coinvolto in maniera differente le diverse generazioni di artisti che con esso si sono confrontati. Eventi stori-ci, scoperte scientifiche e rivoluzioni tecnologiche hanno influito non poco sull’evoluzione del ritratto, ed è in arri-vo a Palazzo Reale Il Volto del ‘900. Da Matisse a Bacon. I grandi capolavori del Centre Pompidou, una mostra proprio su questo tema. L’evento, promosso e prodotto per il Comune di Milano da Mondo Mostre e Skira Editore proprio in collaborazione con il museo d’ar-te contemporanea parigino, ospiterà oltre 80 ritratti e autoritratti di artisti

celebri come Matisse, Modigliani, Ma-gritte, Mirò, De Chirico, Picasso e Ta-mara de Lempicka. Pitture e sculture che ritraggono gli stessi artisti, persone note e persone comuni, che utilizzano la figura umana per veicolare concetti, a volte rispettandola nelle sue forme, a volte trasfigurandola completamen-te. Sette le sezioni in cui si articola la mostra, che costruiscono un percorso in grado di connettere il genere ritratto con altre forme d’arte come fotografia e cinema, con l’emergere delle scienze sociali come la psicologia e con i vari movimenti artistici che hanno carat-terizzato il secolo scorso. Della mostra è disponibile anche un catalogo con la prefazione del curatore Jean Michel Bouhours edito da Skira.

Palazzo Reale - Milanodal 25 settembre al 9 febbraio www.comune.milano.it/palazzoreale

free time

Hennessy 4 Street ArtIl cognac per eccellenza, tanto da diventare quasi un sinonimo del liquore stesso, ha una storia ultracentenaria (la sua distilleria è stata fondata nel 1765!). All’inizio di novembre, però, Hennessy incontrerà Bo130, MicroBo, 2501 e Giacomo Spazio, quattro esponenti di punta della street art milanese che per l’occasione reinterpreteranno la sua immagine in un opera inedita.The Don Gallery - Milano dall’8 al 10 novembre www.thedongallery.com

Ricette di VitaLa storia di Giacomo Bulleri ha molto a che fare con la ristorazione e la città di Milano, dove ha aperto i suoi tre ristoranti e altre attività legate al cibo. Questa storia oggi è anche un libro, Ricette di Vita, in uscita per Bompiani il 2 ottobre. Il giorno dopo, alle 18, è prevista la presentazione del volume proprio nel suo caffè alla presenza di Elisa-betta Sgarbi, “madrina“ dell’iniziati-va editoriale. Giacomo Caffè - Milanoil 3 ottobrewww.giacomomilano.com

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L’interesse per il food non accenna a diminuire, eventi e iniziative si molti-plicano per celebrare gli chef e le loro creazioni. Di creatività, però, ce n’è tanta anche nella cultura del buon bere. Dopo il successo di iniziative simili a Berlino, Parigi, Mosca e New Orleans, anche Milano avrà il suo bar show in piena regola con il meglio che il bevera-ge di qualità può oggi offrire. Super Bar, questo il nome scelto per l’evento, avrà luogo dal 30 settembre al 3 ottobre nel cuore di via Tortona. Gli spazi di Su-perstudio Più, che non sono nuovi a ini-ziative legate al mondo del food & be-verage di qualità – recentemente sono stati la sede della quarta edizione di Ta-ste of Milano – si apprestano a ospitare questa quattro giorni che comprenderà

corsi, degustazioni, workshop, seminari, incontri per i cocktail lover e per tutti i curiosi delle “alchimie” liquide che si possono preparare dietro un bancone. L’allestimento prevede cinque aree te-matiche a cominciare da Central Point, cuore pulsante dell’evento dove si svolgeranno i contest dei professionisti e gli eventi serali per il grande pubbli-co. L’Excelsior Area sarà dedicata alle presentazioni di prodotti, mentre nella Food & Service Area si potranno de-gustare il meglio che colazione e ape-ritivo possano offrire (prevista anche una parte outdoor dedicata allo street food, al sushi e ai gelati artigianali). Gli amanti del mood tropicale e del suo li-quore per eccellenza, il rum, troveran-no asilo nella Beach Area, mentre gin e

distillati a base di erbe e spezie, insieme al mondo green, saranno presenti nella Botanic Area. Infine, non mancherà lo spazio Supershop dedicato alla vendita di prodotti e accessori per il mondo del bartending. I professionisti del cocktail arriveranno da tutto il mondo, tra cui Ian Burrell, un’icona del bancone noto anche come il “Global Rum Ambassa-dor”, Beach Bum Berry, una vera e pro-pria istituzione per quel che riguarda il beverage legato soprattutto al mondo tropical, e Nick Van Tiel, guru del drink e anche dj. Tanti i talenti italiani pre-senti e conosciuti all’estero come Dario Comini, Graziano Perugini e Maurizio Sacchetto, quest’ultimo anima del Bar Basso. Sul sito www.super-bar.it sono già disponibili i biglietti.

Arriva a Milano un avvincente bar show con i migliori rappresentanti del bartending internazionale, pronti a stupire con le loro creazioni tutte da gustare.

Super bar

a cura della redazione di Club Milano

free time

Il bartender indiano Arjit bose, uno dei protagonisti dell'edizione alle porte di Super bar. In India Arjit è brand Ambassador del Gruppo bacardi.

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puoi trovare Club Milano in oltre 200 location selezionate a Milano

night & restaurant: Angolomilano Via Boltraffio18 Antica trattoria della pesa V.le Pasubio 10 bar Magenta Largo D’Ancona beda House Via Murat 2 bento bar C.so Garibaldi 104 bhangra bar C.so Sempione 1 blanco Via Morgagni 2 blue Note Via Borsieri 37 Caffè della pusterla Via De Amicis 24 Caffè Savona Via Montevideo 4 California bakery Pzza Sant’Eustorgio 4 - V.le Premuda 449 - Largo Augusto Cape town Via Vigevano 3 Capo Verde Via Leoncavallo 16 Cheese Via Celestino IV 11 Chocolat Via Boccaccio 9 Circle Via Stendhal 36 Colonial Cafè C.so Magenta 85 Combines XL Via Montevideo 9 Cubo Lungo Via San Galdino 5 dada Cafè / Superstudio più Via Tortona 27 deseo C.so Sempione 2 design Library Via Savona 11 elettrauto Cadore Via Cadore ang. Pinaroli 3 el Galo Negro Via Taverna executive Lounge Via Di Tocqueville 3 exploit Via Pioppette 3 Fashion Cafè Via San Marco 1 FoodArt Via Vigevano 34 Fusco Via Solferino 48 G Lounge Via Larga 8 Giamaica Via Brera 32 God Save the Food Via Tortona 34 Goganga Via Cadolini 39 Grand’Italia Via Palermo 5 Hb bistrot Hangar bicocca Via Chiese 2 Il Coriandolo Via dell’Orso 1 Innvilllà Via Pegaso 11 Jazz Cafè C.so Sempione 4 Kamarina Via Pier Capponi 1 Kisho Via Morosini 12 Kohinoor Via Decembrio 26 Kyoto Via Bixio 29 La Fabbrica V.le Pasubio 2 La rosa nera Via Solferino 12 La tradizionale Via Bergognone 16 Le biciclette Via Torti 1 Le Coquetel Via Vetere 14 Le jardin au bord du lac Via Circonvallazione 51 (Idroscalo) Leopardi 13 Via Leopardi 13 Les Gitanes bistrot Via Tortona 15 Lifegate Cafè Via della Commenda 43 Living P.zza Sempione 2 Luca e Andrea Alzaia Naviglio Grande 34 MAG Cafè Ripa Porta Ticinese 43 Mandarin 2 Via Garofano 22 Milano Via Procaccini 37 Mono Via Lecco 6 My Sushi Via Casati 1 - V.le Certosa 63 N’ombra de Vin Via San Marco 2 Noon Via Boccaccio 4 Noy Via Soresina 4 O’ Fuoco Via Palermo 11 Origami Via Rosales 4 Ozium t7 café - via Tortona 7 palo Alto Café C.so di Porta Romana 106 panino Giusto P.zza Beccaria 4 - P.zza 24 Maggio parco Via Spallanzani - C.so Magenta 14 - P.zza Cavour 7 patchouli Cafè C.so Lodi 51 posteria de Amicis Via De Amicis 33 Qor Via Elba 30 radetzky C.so Garibaldi 105 ratanà Via De Castillia 28 refeel Via Sabotino 20 rigolo Via Solferino 11 Marghera Via Marghera 37 rita Via Fumagalli 1 roialto Via Piero della Francesca 55 Serendepity C.so di Porta Ticinese 100 Seven C.so Colombo 11 - V.le Montenero 29 - Via Bertelli 4 Smeraldino P.zza XXV Aprile 1 Smooth Via Buonarroti 15 Superstudio Café Via Forcella 13 Stendhal Via Ancona 1 tasca C.so Porta Ticinese 14 that’s Wine P.zza Velasca 5 timè Via S.Marco 5 tortona 36 Via Tortona 36 trattoria toscana C.so di Porta Ticinese 58 union Club Via Moretto da Brescia 36 Van Gogh Cafè Via Bertani 2 Volo Via Torricelli 16 zerodue_restaurant C.so di Porta Ticinese 6 56 Via Tucidide 56 3Jolie Via Induno 1 20 Milano Via Celestino 4

stores: Ago Via San Pietro All’Orto 17 Al.ive Via Burlamacchi 11 Ana pires Via Solferino 46 Antonia Via Pontevetero 1 ang. Via Cusani bagatt P.zza San Marco 1 banner Via Sant’Andrea 8/a biffi C.so Genova 6 brand Largo Zandonai 3 brian&barry via Durini 28 brooksfield C.so Venezia 1 buscemi dischi C.so Magenta 31 Centro porsche Milano

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beauty & fitness: Accademia del bell’essere Via Mecenate 76/24 Adorè C.so XXII Marzo 48 Caroli Health Club Via Senato 11 Centro Sportivo San Carlo Via Zenale 6 damasco Via Tortona 19 palestre downtown P.za Diaz 6 - P.za Cavour 2 Fitness First V.le Cassala 22 - V.le Certosa 21/a - Foro Bonaparte 71 - Via S.Paolo 7 Get Fit Via Lambrate 20 - Via Piranesi 9 - V.le Stelvio 65 - Via Piacenza 4 - Via Ravizza 4 - Via Meda 52 - Via Vico 38 - Via Cenisio 10 Greenline Via Procaccini 36/38 Gym plus Via Friuli 10 Intrecci Via Larga 2 Le Garcons de la rue Via Lagrange 1 Le terme in città Via Vigevano 3 Orea Malià Via Castaldi 42 - Via Marghera 18 romans Club Corso Sempione 30 Spy Hair Via Palermo 1 tennis Club Milano Alberto bonacossa Via Giuseppe Arimondi 15 terme Milano P.zza Medaglie d’Oro 2, ang. Via Filippetti tony&Guy Gall. Passerella 1

art & entertainment: pAC (padiglione Arte Contemporanea) Via Palestro 14 pack Foro Bonaparte 60 palazzo reale P.zza Duomo teatro Carcano C.so di Porta Romana 63 teatro derby Via Pietro Mascagni 8 teatro Libero Via Savona 10 teatro Litta C.so Magenta 24 teatro Smeraldo P.zza XXV Aprile 10 teatro Strehler Largo Greppi 1 triennale V.le Alemagna 6 triennale bovisa Via Lambruschini 31

hotel: Admiral Via Domodossola 16 Astoria V.le Murillo 9 boscolo C.so Matteotti 4 bronzino House Via Bronzino 20 bulgari Via Fratelli Gabba 7/a domenichino Via Domenichino 41 Four Season Via Gesù 8 Galileo C.so Europa 9 Nhow Via Tortona 35 park Hyatt (park restaurant) Via T. Grossi 1 residence romana C.so P.ta Romana 64 Sheraton diana Majestic V.le Piave 42

inoltre: bagni Vecchi e bagni Nuovi di bormio (SO) terme di pre-Saint-didier (AO)

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