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CLUB MILANO N. 39 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - LO/MI 3,00 euro Caroline Corbetta: «L’arte non va spiegata. C’è sempre un nocciolo enigmatico che deve rimanere isolato» A spasso per Milano, alla scoperta degli edifici liberty più belli della città: da Casa Malpighi all’acquario Il volo è sempre stato un desiderio dell’uomo. Ma si vola anche con la mente e la scienza dice che fa bene Tra templi shintoisti, santuari e altissimi cedri, in Giappone si snoda il cammino sacro del Kumano Kodo LUGLIO - AGOSTO 2017 Carlo Cracco: «Mi stacco dalla tv, non per la terza stella Michelin, ma per seguire meglio i miei progetti» pagina 16

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club milano n. 39

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Caroline Corbetta: «L’arte non va spiegata. C’è sempre un nocciolo enigmatico che deve rimanere isolato»A spasso per Milano, alla scoperta degli edifici liberty più belli della città: da Casa Malpighi all’acquarioIl volo è sempre stato un desiderio dell’uomo. Ma si vola anche con la mente e la scienza dice che fa beneTra templi shintoisti, santuari e altissimi cedri, in Giappone si snoda il cammino sacro del Kumano Kodo

luglio - agosto 2017

Carlo Cracco: «Mi stacco dalla tv,non per la terza stella Michelin, maper seguire meglio i miei progetti»− pagina 16

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Il fenomeno è forse il più discusso tra quelli che animano i dibattiti sull’edilizia oggi. Non solo per gli aspetti urbanistici e architettonici, ma anche per i profondi risvolti sociologici che ne derivano. Difficile classificarlo come fenomeno “positivo” oppure “negativo”. Se da una parte con gentrification si intende la riqualificazione urbana di intere aree povere, degradate o semplicemente post-industriali, dall’altra questo com-porta la rapida ascesa dei prezzi e, di fatto, il trasferimento delle persone che prima vi abitavano a vantaggio dei nuovi ricchi che possono permettersi di vivere in queste nuove condizioni. Un fenomeno complesso, quindi, che se in origine è sinonimo di ricchezza e sviluppo, dall’altro comporta grossi rischi per il tessuto sociale: spesso, infatti, ad abitare queste zone erano famiglie radicate da generazioni, parte integrante del tessuto connettivo di una città, mentre chi subentra potrebbe essere solo di pas-saggio, oppure, nel mercato immobiliare attuale, potrebbe persino essere un vero fan-tasma: una banca, un fondo, uno speculatore o semplicemente un milionario con re-sidenza a Montecarlo. Molte città, da Londra a New York, fino a San Francisco, hanno già vissuto questo fenomeno, e noi stessi lo abbiamo già affrontato su queste pagine. Torniamo oggi su questo tema perché, in silenzio e nella più totale discrezione, pare che siano molti, qualcuno dice migliaia, i top manager provenienti dalla City di Lon-dra che stanno cercando casa a Milano (fonte: “Il Sole 24Ore”). La zona ex Varesine, con i nuovi grattacieli che si affacciano su piazza Gae Aulenti (peraltro ora di proprie-tà di un fondo sovrano straniero, il Qatar Investment Authority), ha già vissuto questa trasformazione, per ora indolore. Ma chissà quante altre aree potrebbero vivere una nuova ondata di riqualificazione urbana post Brexit quando la nostra città dovesse ospitare nuovi uffici di banche d’affari e, soprattutto, la tanto ambita sede dell’EMA (l’Agenzia Europea per i Medicinali). L’arricchimento di una città, di per sé, è un valore, ma è importante che la città ac-compagni e regoli il più possibile l’integrazione dei nuovi ricchi, altrimenti i danni saranno ben superiori rispetto alla mancata integrazione degli immigrati poveri, neri e senza un soldo. In Versilia, qualche anno fa, quando uno storico panettiere chiuse i battenti per fare spazio a una gioielleria, per la felicità dei tanti turisti russi, molti resi-denti iniziarono a chiedersi quanto sarebbe durata. Arrivarono la Crimea, le sanzioni, la crisi del rublo, e i turisti russi scapparono. Allora i locali capirono che la pacchia forse era finita e che dal gioielliere non si poteva fare la spesa. Ma spesso il processo è irreversibile. Milano ha in sé gli anticorpi per far fronte anche a questo fenomeno e può fare in modo che non sia solo un’ondata di passaggio, ingovernabile, ma che sia un’opportunità di miglioramento della qualità della vita di un’intera città.

l’integrazione per ricchi

Stefano Ampollini

editorial

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contents

point of view 10un volo cosciente

di Roberto Perrone

inside 12Brevi dalla città

a cura di Elisa Zanetti

outside 14Brevi dal mondo

a cura di Elisa Zanetti

portfolio 20galassie africane

di Claudia Ioan

cover story 16carlo cracco

di Alessia Delisi

interview 34ginaluca di Marzio

di Roberto Perrone

focus 26Floreale, sinuosa, acquatica. È la Milano liberty

di Alessandra Cioccarelli

interview

caroline corbetta

di Nadia Afragola

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focus 32la chiamavano pizza

di Roberto Perrone

focus 36sotto le stelle

di Marzia Nicolini

Sealup Flagship StoreVia Brera 3, Milano

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Made in Italy

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contents

In copertina

Carlo Cracco

foto di Matteo

Cherubino

overseas 56My Florida

di Ilaria Salzano

weekend 54il cuore del Mediterraneo

di Marilena Roncarà

overseas 58la santiago (dimenticata) del giappone

di Silvia Paterlini

free time 62da non perdere

a cura di Enrico S. Benincasa

food 60luca angeli

di Carolina Saporiti

secret milano 64la casa della musica

di Enrico S. Benincasa

wanderlust 42 sulla scia di icaro

di Alessia Delisi

style 50Modern Pathfinder

di Elisa Anastasino

sport 44Volo libero

di Andrea Zappa

wheels 46 nati per l’uso

di Ilaria Salzano

design 52let’s Party (in piscina)

di Marzia Nicolini

hi tech 48estate in libertà

di Paolo Crespi

focus 40la storia di un sogno

di Carolina Saporiti

hevo. i t

SHOWROOM TORTONA 35 MILANO

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Point oF View

«Volare, oh, oh». Scrivo queste righe all’indomani della morte di Paolo Villaggio a cui ero legato per luogo di nascita, siamo genovesi tutti e due, per la propensione all’eccesso, nel cibo e in una certa umoralità che poteva apparire molto ligure, ma in realtà è assolutamente atipica rispetto al DNA zeneise. Perché i genovesi l’umore lo somatizzano, Villaggio (e anch’io nel mio piccolo) lo rendiamo visibile, lo esterniamo. Non a caso fu il leggendario Krantz, prima ancora di Fantozzi, a marcare la grande rivoluzione di Villaggio: per la prima volta in televisione un comico oltrepassava la barriera che lo separava dal pubblico, lo invadeva, lo trat-tava male, lo sconvolgeva, basta guardare le facce degli spettatori in quei vecchi filmati in bianco e nero delle teche Rai: «Ma che fa questo?». Ma di Villaggio parlo perché mi ha colpito il tweet della figlia: «Ora sei di nuovo libero di volare». Una frase anche abbastanza scontata. Volare per noi esseri umani è una possibilità reale, tramite un mezzo che ci permette di staccarci dalla terra, ma soprattutto una me-tafora, un simbolo, un modo per indicare uno stato d’animo. Anzi, lo stato d’animo, quello della felicità, della libertà, della fuga da ogni costrizione. Il volo è sempre stato questo, per chi l’ha provato, in tutte le sue forme concrete, e per chi invece l’ha solo desiderato come rivincita, fuga per la vittoria di un certo senso della vita su un altro, più triste, più povero, più grigio. Vorrei però andare controcorrente. Volare, un verbo reso immortale dalla più famosa canzone italiana, certamente la più conosciuta nel mondo, Nel blu dipinto di blu di Domenico Modugno, non è qualcosa che ci appartenga. È una sfida al nostro destino di animali terrestri. Certo, a differenza degli altri animali capaci solo di essere quello a cui sono stati destinati, l’uomo ha costruito navi per andare sopra il mare, battelli per stare sotto il mare, aerei e altro per solcare i cieli. Volare è una sfida, prima ancora di un piacere, di un sogno, di una metafora di libertà. Volare è bellissimo, ma è un gesto da compiere vigili, non riesco a utilizzarlo come un sogno. Volare è impegnativo, non può essere una fuga in avanti senza regole, non è astrazione, dimenticanza. Perché noi non sappiamo volare, possiamo solo affidarci a uno strumento tecnico o alla fantasia, per raggiungere il nostro cielo. Per questo non possiamo mai distrarci. Pensateci, mentre volate verso le vacanze.

un volo cosciente

Roberto Perrone

roberto perroneGiornalista e scrittore, vive a Milano ma ha solidi radici “zeneisi”. Si è occupato di sport, food e viaggi a “Il Corriere della Sera”. Ora è freelance. Il suo sito è perrisbite.it. A febbraio è uscito il suo primo noir, La seconda vita di Annibale Canessa (Rizzoli)

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Cucina selvaticaIngredienti biologici e selvatici, erbe, fiori e spezie. Sono gli elementi alla base di Ambrosia, Organic Restaurant&Pizza, recentemente inaugurato in via Edmondo de Amicis 45. Proposte innovative e spe-rimentali valorizzano la qualità delle materie prime e la sostenibilità ambientale. I prodotti provengono dalle cascine e dalle fattorie che riforniscono anche i negozi NaturaSì, partner del progetto.www.ambrosiamilano.it

Memorie di viaggiCon i suoi dipinti e le sue sculture, Velasco Vitali ha interpretato gli spazi di Park Hyatt Milano, portando le sue opere dall’ingresso principale alla Cupola Lobby Lounge, attraverso il Mio Bar fino al ristorante Vun Andrea Aprea. Un dialogo speciale fra l’artista e gli ospiti, che pur nel loro essere in transito si ferma-no ed entrano in contatto con l’arte, continuazione del viaggio o invito al riposo.www.milan.park.hyatt.com

inside

Ha inaugurato il 1° giugno e proseguirà fino al 6 set-tembre a Palazzo Morando la mostra Obiettivo Milano. Duecento fotoritratti dall’archivio di Maria Mulas, una selezione degli scatti più belli che la fotografa ha dedi-cato ai diversi volti della città. Mulas ha ritratto artisti, designer, architetti, stilisti, scrittori, editori, giornalisti, registi, attori, intellettuali, imprenditori che hanno intes-suto un particolare rapporto con Milano.www.costumemodaimmagine.mi.it

I 200 volti della città

MuseoestateGenetica, Biotecnologie, Alimentazione, Chimica, Energia… Quest’estate si parte per un viaggio dentro la scienza. Al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia sono iniziati incontri e laboratori per bambini e adulti con temi diversi ogni settimana. Al via anche speciali visite in inglese. Le attività affiancheranno le esposizioni permanenti, sempre visitabili, così come le mostre temporanee. www.museoscienza.org

Street art hotelSono15mila metri quadrati, undici piani e tre-cento stanze quelle che Nyx hotel ha dedicato a opere di street art di artisti nazionali e internazio-nali. Una galleria d’arte diffusa interamente rivolta alla cultura urbana che, aperta dallo scorso febbraio, ha aspettato l’estate per festeggiare con un party esclusivo in cui si sono esibiti i Groove Armada e i Die Dirty Honkers. www.leonardo-hotels.it/nyx-milan

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outside

Cantami o Bologna Un viaggio alla scoperta di Bologna, raccontata attraverso le voci dei tanti cantanti che l’hanno amata e messa in musica. Fatevi prendere per mano da Dalla, Morandi, Carboni e Cremonini per scoprire l’anima del capoluogo emiliano at-traverso foto, testimonianze, videoproiezioni, realtà virtuale, biciclette interattive, ologrammi... È Bologna experience, a Palazzo Belloni, fino all’8 ottobre.www.palazzobelloni.com

Musica jazz, classica e cantautorale… in vetta. Le note si fondono con la natura per Panorama Music, il festival che dal 2 luglio al 27 agosto animerà gli scenari d’alta quota delle Dolomiti della Val di Fassa. Tredici live itineranti, gratuiti e all’aperto permetteranno di scoprire i luoghi del turismo al-pino estivo immersi nella musica. Per raggiungere le location naturali si possono usare gli impianti di risalita, ma anche le proprie gambe, attraverso escursioni a piedi pomeridiane. www.fassa.com

Melodie d’altura

Avocado lover Ad Amsterdam, New York e Londra lo amano già da un po’. Ora tocca a noi e non a caso a Roma è stato da poco inaugurato il primo Avocado Bar d’Italia. La cu-cina mediterranea incontra così le proprietà di uno dei frutti tropicali più desiderati, healthy e gustosi, in un menu interamente dedicato che spazia fra smoothies, frullati, burger, toast, zuppe e molto altro ancora. www.avocadorestaurantbar.com

Industrial soulA Valencia l’antica fabbrica Bombas Gens ha preso (nuova) vita. Edificio industriale degli anni Trenta, è stato riconvertito in centro culturale. Gli spazi dedicati all’arte occupano le quattro costruzioni originali e parte del corpo anterio-re; ai lati sono stati creati un ristorante guidato dallo chef stellato Ricard Camarena e un centro diurno per bambini in situazione disagiata.www.visitvalencia.com

Un brindisi italianoÈ partito a maggio e ci accompagnerà fino a ottobre Il gusto delle sagre, il tour di amaro Ramazzotti alla scoperta dei più bei borghi di Italia e delle loro manifestazioni folcloristiche. Un viaggio fra ricette e tradizioni, per non smettere mai di esplorare le ricchezze dello Stivale. Una guida online aiuterà a orientarsi fra i tanti centri storici e le iniziative. Fino all’ultimo brindisi. www.ramazzotti1815.com

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coVer story coVer story

Non sarà un chiacchierone, però ha le idee chiare: nel suo ristorante di via Victor Hugo, il celebre chef parla del progetto di trasferirsi in Galleria Vittorio Emanuele II, là dove si dice che Grace Kelly mangiasse il miglior risotto allo zafferano della città e ancora oggi simbolo di una Milano in trasformazione. Oltre a questo, è stato Garage Italia Customs, il raffinato gastro bistrot che aprirà a breve con Lapo Elkann, ad averlo distolto dalla televisione, convincendolo a lasciare MasterChef. Milanese per scelta, dice di mangiare un po’ dappertutto – ma non svela dove – e a volte di trovare lì l’ispirazione di alcuni suoi piatti di successo. Ma non si monta la testa: in cucina, dice, c’è sempre da imparare

di Alessia Delisi - foto di Matteo Cherubino

CARLO CRACCO

CUCINO NEL SALOTTO

Ha dichiarato di aver lasciato Master-Chef per dedicarsi a due nuovi pro-getti: il ristorante in Galleria Vittorio Emanuele II e quello nell’ex stazione di servizio Agip di piazzale Accursio. Due luoghi diversi, anche cultural-mente: il primo nel cosiddetto salotto di Milano, mentre il secondo in quello che negli anni Cinquanta fu il tempio dell’automobile, simbolo per molti del miracolo economico italiano. Come si differenzieranno le due cucine?Saranno completamente diverse: il se-condo progetto, ovvero Garage Italia Customs, realizzato con Lapo Elkann, è legato più che altro al mondo dei motori, ma prevede anche una parte gastronomica in cui entro in gioco io. Trovo che questo binomio sia assoluta-

mente vincente: nel mondo delle auto-mobili infatti c’è una grande attenzione alle richieste del cliente e alla qualità della materia prima, esattamente come avviene in cucina. L’offerta sarà quindi moderna, intelligente, ma anche molto italiana, e andrà a completare quella dei cosiddetti “gastro bistrot”, ovvero dei locali, molto in voga adesso, dove, oltre al cibo, è importante anche il luo-go. E infatti, grazie a Michele De Luc-chi, abbiamo restaurato una stazione di servizio abbandonata. Il progetto vero e proprio è quindi il recupero e la valorizzazione di qualcosa che era morto e che ora rivivrà attraverso la cu-stomizzazione delle automobili – che sarà la parte di Lapo – e naturalmente la gastronomia, che cureremo insieme.

La Galleria è invece la casa di Carlo Cracco: avendo raggiunto la maggiore età – sono quasi diciotto anni ormai che è aperto il mio ristorante – penso che sia ora di fare il salto e migliorarmi. Ho avuto l’opportunità della Galleria e l’ho sfruttata. Anche questa poi, come la stazione di servizio di piazzale Ac-cursio, era in gran parte abbandonata: trasformarla in ristorante ha significato, dunque, rivalutarla.Come sarà strutturato il locale?Al piano terra ci sarà un caffè, aperto dal mattino, per la colazione, fino a tar-da sera, con la possibilità per gli ospiti di pranzare e fare l’aperitivo. Nell’am-mezzato ci sarà la pasticceria, mentre nel seminterrato l’enoteca. E veniamo al primo piano che sarà occupato dal

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mio ristorante, quello che ora è in via Victor Hugo. Al piano di sopra infine ci sarà uno spazio interamente dedicato agli eventi con un ristorante specifico, rivolto però a una clientela più “impor-tante” ed esigente.Con questi progetti punta alla terza stella Michelin?In verità no: punto piuttosto a miglio-rare quello che facciamo tutti i giorni al ristorante. Il fatto di staccarsi dalla tele-visione nasce più che altro dall’esigenza di seguire più da vicino i miei progetti, che sono molto impegnativi.Lei è di origini vicentine, ma la sua carriera è iniziata a Milano, da Gual-tiero Marchesi: cosa rappresenta per lei il capoluogo lombardo?Beh, tante cose... innanzitutto sono sta-to uno dei primi, nel 2000, a tornare a Milano: allora si pensava che fuori fos-se meglio, mentre io ho sempre amato Milano, anche perché, venendo dalla provincia, per me questa era la città con la “C” maiuscola. Così ho seguito il mio istinto e sono tornato qui. Prima ero stato in Francia, da Alain Ducasse e Lucas Carton, a Firenze, a Brescia, di nuovo con Gualtiero Marchesi, in Pie-monte, ma era Milano la mia base. Oggi è il posto in cui vivo e dove ho deci-so di lavorare. In questo senso la scelta di luoghi così rappresentativi, come la Galleria Vittorio Emanuele II e l’ex sta-zione di servizio di piazzale Accursio, è un modo per restituire qualcosa alla città che mi ha dato tanto.Che cosa le hanno insegnato i suoi maestri?Negli anni Ottanta non c’era una gran-de attenzione, come c’è invece oggi,

negli anni Ottanta l’attenzione per l’a-spetto visivo della cucina non era così conclamata. Anche allora però si di-stingueva tra un piatto cosiddetto “da camionista” e uno da ristorante, in cui il cibo viene posizionato elegantemente, e questo perché abbiamo sempre fon-dato tutto il nostro lavoro su quello che uno prima di tutto vede e poi assaggia. Diciamo che oggi le persone sono più consapevoli del fatto che c’è anche una dimensione estetica e non solamente “pratica”, per così dire.Per il film “Io sono l’amore” di Luca Guadagnino – in cui risplende Villa Necchi Campiglio – ha creato diversi piatti, tra cui una rielaborazione della “ukha”, una zuppa tradizionale russa che giocherà un ruolo chiave alla fine della storia. Come è stata l’esperienza di cucinare per il cinema?

per la cucina: Marchesi è stato il primo chef italiano a rivoluzionare la gastro-nomia e a prendere le tre stelle Miche-lin. Ecco, uno da lì potrebbe pensare di essere arrivato, in realtà la lezione più importante che ho imparato è che non c’è un punto di arrivo, ma tutto quello che stai facendo è solo un piccolo inizio che va sempre rinnovato.Mentre la lezione che ha imparato dai suoi allievi, quelli di MasterChef per esempio, qual è?Che è meglio cambiare domanda! (Ride, NdR).Allora è davvero così cattivo come la disegnano?Ma come si può essere buoni a Master-Chef?Come vede il futuro della cucina ita-liana?Trovo che oggi ci siano tantissimi giova-ni che hanno voglia di imparare, di met-tersi in gioco e costruire un futuro. C’è da dire poi che questo mestiere non è una gara in cui vince chi arriva prima: ognuno fa il suo percorso. L’importante è avere un’idea e naturalmente qualco-sa da raccontare.A Milano dove va a mangiare quando non è ai fornelli?Un po’ dappertutto in verità, dalla semplice trattoria al ristorante raffinato. Naturalmente quando ne ho il tempo.Qual è il piatto più rappresentativo della sua cucina?L’uovo è sempre uno dei miei cavalli di battaglia ed è anche quello che mi vie-ne maggiormente richiesto. Per questo cerchiamo di rinnovarlo, sperimentan-do tecniche nuove e abbinamenti ine-diti. Il mio ultimo piatto, che sta riscuo-

Bellissima: mi ricordo anche che rifiu-tai di partecipare – dovevo fare la com-parsa – un po’ perché mi vergognavo e un po’ perché pensavo di non essere in grado, senza sapere che di lì a due anni sarebbe iniziato MasterChef... Insegna-re a Tilda Swinton a fare l’insalata rus-sa comunque non è stato affatto male, soprattutto in tempi non sospetti – era il 2009 – in cui non c’era tutta questa attenzione per il cibo.Se Milano fosse un piatto, che piatto sarebbe?Milano per me è il risotto allo zaffera-no: un classico a cui si possono fare sì tante piccole modifiche, ma che in fin dei conti, a meno che uno non abbia un’idea forte, è meglio lasciare così.Il risotto di Carlo Cracco invece com’è?Il risotto per me è una tavolozza: nel mio ristorante ce ne sono sempre alme-

tendo molto successo, è però il rognone con le rose: è una ricetta molto partico-lare, complessa, ma che colpisce subito.Come è nato?Per caso: mi è capitato di mangiare il rognone e subito dopo un dessert alla rosa. La sensazione che ho avuto al pa-lato, sebbene strana lì per lì, mi è subito sembrata giusta. Così, una volta a casa, sono andato a ritroso nella memoria e ho cominciato a costruire il piatto.Normalmente invece qual è la fonte di ispirazione delle sue ricette?Dipende: a volte è una parola che mi viene detta, altre volte è un gesto, altre volte ancora sono dei colori. Ma può trattarsi anche di un momento felice, in cui sono maggiormente predisposto ad assorbire, a ricevere gli input che ven-gono dal mondo esterno. Perciò, come vede, non è solo in cucina che nasce l’ispirazione: quando ho incontrato Ba-rack Obama per esempio, il solo fatto di vederlo, di conoscerlo, mi ha dato degli stimoli non da poco. Anche gli incontri che uno fa sono importanti.E invece la musica la ispira alla stessa maniera?Non tanto: la musica per me è più un accompagnamento alla cucina.Nell’era dei social network, in cui tan-to spazio è dato al senso della vista – guardiamo, fotografiamo e condivi-diamo un piatto prima ancora di as-saggiarlo – come cambia secondo lei il modo di cucinare?Per noi che cuciniamo l’estetica è sem-pre stata la base, fin dal Settecento. Chi fotografa e condivide un piatto sui social capisce solo adesso che questa è una dimensione importante. Certo,

no un paio, gialli, rossi, verdi, viola... di tutti i colori insomma: rappresentano il mio legame con il territorio. Per me è molto importante che un ristorante che sorge a Milano abbia una connotazio-ne locale, perché spesso si ha a che fare con gli stranieri i quali il più delle volte vogliono assaggiare la cucina del posto. Noi naturalmente gliela facciamo leg-germente modificata, reinterpretata, ma la costoletta alla milanese, il mi-dollo o il musetto sono piatti che non mancano mai.Quale sarà la sua prossima sfida cu-linaria?Sicuramente avere più attenzione per tutto quello che succede intorno al cibo, da chi lo produce a chi ce lo pro-pone, fino ad arrivare all’ambiente e alle persone che compongono lo staff: ecco, questa per me è la vera sfida futura.

Carlo Cracco, dopo 18

anni in via Victor Hugo,

sposta il suo ristorante

in una nuova location

ancora più centrale:

la Galleria Vittorio

Emanuele II

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PortFolio PortFolio

L’Etiopia meridionale si apre progressivamente allo sguardo del viaggiatore, svelando al contempo la sua natura potente e la sua sorprendente diversificazione etnologica e linguistica. Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco dal 1980, l’area conserva (e mostra) la sua matrice preistorica così come la sua identità culturale estremamente articolata. I gruppi tribali, seppure a rischio per le pratiche di “land grabbing” e la costruzione di dighe, hanno conservato intatto il proprio stile di vita millenario. Ecco un viaggio nella bassa valle dell’Omo River attraverso pianeti etnologici confinanti eppure marcatamente distinti, carichi di bellezza e fascino, forti come il clima e l’ambiente

testo e foto di Claudia Ioan

GALASSIE AFRICANE

In questa pagina. Foto

sopra: la vegetazione

accoglie e invita alla

sosta. Foto sotto:

il campo di stele di

Tiya, ancora conserva

il suo mistero. La

civiltà che ha costruito

il complesso non è

ancora nota. Nella

pagina a fianco: la

navigazione lungo il

Fiume Omo avviene su

imbarcazioni leggere,

ricavate dalla corteccia

degli alberi

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PortFolio PortFolio

In questa pagina: l’area

di Turmi è costellata

di microscopici villaggi

dell’etnia dominante

della zona, gli Hamer.

Nella pagina a fianco.

Foto sopra: nei pressi

di Arba Minch vi

sono i villaggi Dorze,

che mostrano subito

un’identità spiccata.

Fotto sotto: i colori

delle case esplodono

nella Rift Valley

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claudia ioanFotografa e visual storyteller, nasce a Roma, dove si laurea in Scienze Politiche. È docente di Mediazione Linguistica a Perugia. È Delegato Provinciale di Perugia di FIAF (Federazione Ita-liana Associazioni Fotografiche) e collaboratore del Dipartimento Didattica della Federazione. All’inizio del 2015 è co-fondatrice insieme a Massimiliano Tuveri di Officine Creative Italiane.www.officinecreativeitaliane.wordpress.com

PortFolio PortFolio

Nella pagina a fianco.

Il paesaggio africano

incanta, con la sua

vegetazione. In questa

pagina. Foto sopra:

la chiesa copta del

villaggio Dorze e il suo

ministro officiante.

Foto sotto: il canyon

di Gesergio, dal

caratteristico colore

marrone bruciato, si

apre all’esterno del

villaggio Konso

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Focus Focus

di Alessandra Cioccarelli

FLOREALE, SINUOSA E ACqUATICA È LA MILANO LIBERTy

Il capoluogo lombardo ha anche un’anima leggera e giocosa. Da Porta Venezia a corso Magenta, facciamo un tuffo nel cuore del Liberty in compagnia di Sommaruga, Bossi e tanti

grandi innovatori che nel Novecento illuminarono la città, disegnando facciate floreali

Mazzucotelli, la balaustra dello scalone e la Sala dei Pavoni. L’edificio tra i milanesi è conosciuto con il nome di “Ca’ di ciapp” per le sculture che in origine ne ornavano l’ingresso: le due signore scolpite da Ernesto Bazzaro, un po’ troppo nude e formose per i benpensanti, furono rimosse in seguito a una copiosa satira.Non lontana da Palazzo Castiglioni si trova uno dei primi esempi di palazzina a uso abitativo e commerciale in stile liberty milanese. Costruita tra il 1902 e il 1905 su progetto dell’architetto Bossi, Casa Galimberti (via Malpighi 3) vanta una sgargiante ed esuberante facciata: su una superfi-cie interamente coperta di piastrelle si alternano, dipinte a fuoco, sinuose figure femminili e ma-schili in un rigoglioso intreccio di piante rampi-canti. A impreziosire il tutto le immancabili de-corazioni in ferro battuto. Entusiasti sostenitori del Liberty, i committenti (i fratelli Galimberti)

Voglia di colore, natura e un pizzico di esotismo? C’è una Milano che fa al caso vostro, è la Milano delle maioliche, delle vetrate floreali, delle scul-ture marine... Tra eleganti palazzi, biblioteche e farmacie, ecco un inebriante viaggio alla scoperta del Liberty attraverso cinque immancabili tappe.Nel cuore di Porta Venezia, l’area più liberty della città, sorge sfrontato tra edifici neoclassici Palaz-zo Castiglioni (corso Venezia 47). Commissiona-to nel 1900 dall’ingegnere Castiglioni al celebre

scelsero un apparato decorativo volto a celebrare il nuovo gusto della classe borghese. Lazzaretto, cinema, rimessa per automobili e ora... biblioteca di quartiere. Il cinema Dumont (via Frisi 2) non ha avuto vita facile, ma rimane una testimonianza liberty di un certo interesse. Costruito tra il 1908 e il 1910 su un lotto occu-pato appunto da un lazzaretto, il cinema Dumont – il secondo costruito in Italia dopo il pisano Lu-mière (1905) – fu inagurato come cinema d’ec-cellenza ma subì vari degradi nel corso del tempo. Oggi ci si va per noleggiare libri, ma all’esterno si possono ammirare ancora eleganti decorazioni in cemento armato: medaglioni, elementi vegetali e maschere tipicamente liberty.Accanto all’Arena Civica di Milano, sorge l’uni-co padiglione sopravvissuto all’Esposizione del 1906: l’acquario milanese (viale Gadio 2), non-ché uno dei più antichi del mondo. Direttore arti-

Sommaruga e inaugurato nel 1903, è l’edificio liberty per antonomasia. Sviluppato su tre piani con finestre alte e strette (fanno eccezione i curio-si oblò del pianoterra), presenta due facciate: una prima su corso Venezia ideata sul contrasto tra lisci superfici a intonaco, lo scabro della pietra e i disegni di decorazioni e ferri; una seconda rivolta su via Marina fatta di mattoni rossi, logge vetra-te e ringhiere in ferro battuto. Tra gli elementi di pregio degli interni, la lampada delle libellule di

02. La facciata dell’ex

Cinema Dumont di

via Frisi. Oggi è una

biblioteca. Foto ilconte,

su Flickr

02

01

01. Casa Galimberti

è uno dei palazzi in

stile Liberty più belli

di Milano. Si trova in

via Malpighi ed è un

progetto dell’architetto

Bossi. Foto Phil Beard,

su Flickr

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Focus

stico dei lavori fu l’architetto Locati e ancora oggi possiamo apprezzare i fantasiosi decori e sculture che sono la parte più interessante della struttura. L’universo marino sembra nato per indossare un fluido e variopinto vestito Liberty... ed ecco affio-rare sulle facciate esterne tondi a rilievo di pesci, crostacei, aragoste, tartarughe e una statua fiera di Nettuno. A rendere vivace e festoso l’insieme an-che le fasce policrome in maiolica con disegni di pesci e flora acquatica. Tra gli elementi più eccen-trici un’esotica testa d’ippopotamo della fontana al centro della facciata.In un itinerario Liberty che si rispetti, Casa Lau-gier (corso Magenta 96) merita una visita. Co-struita nel 1905 su progetto di Tagliaferri l’edi-ficio presenta una versione meno frivola e più classicista dello stile liberty: di grande effetto il

contrasto cromatico tra gli innesti in mattone ros-so (di tradizione lombarda), i cementi decorativi dei fratelli Chini e le ceramiche dipinte con moti-vi floreali o teste di leone della ditta Bertoni. Non passano inosservate le balconate in ferro battu-to di Mazzucotelli e le originali finestre binate. Casa Laugier spicca poi per un primato: l’origi-nalità degli arredi e le magnifiche vetrate (1910) della farmacia Santa Teresa che occupa i locali commerciali del pianoterra. E... non è finita qui. Se avete ancora voglia di fare due passi, un’altra tappa interessante in zona Porta Venezia/Palestro è Casa Campanini (via Bellini 11) o Casa Berri-Meregalli (via Cappuccini 8) che, insieme alla Stazione Centrale e a Castello Cova (via Carduc-ci 36), segnano la chiusura del liberty milanese. A voi la scelta... e buon viaggio!

03

03. Palazzo Castiglioni

in corso Venezia fu

commissionato a

Sommaruga nel 1900 e

completato nel 1903.

È considerato l’edificio

liberty per antonomasia

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A guardarla viene da pensare che non avrebbe potuto fare altro nella vita, se non la curatrice. Classe 1972, milanese, mamma e curatrice di Expo Gate, Caroline è figlia dell’Accademia di Brera. È lì che ha imparato molto di quello che oggi mette in pratica. Nel 2012 ha dato vita a Crepaccio per i giovani artisti, oggi sogna un grande centro dedicato all’arte contemporanea

di Nadia Afragola

CAROLINE CORBETTA

PER AMORE D’ARTE

vorrebbero farmi credere che contano solo le valutazioni economiche delle opere, la speculazione, le strategie a tavolino. Non ho fatto arte per questo. L’arte potrà mai essere qualcosa di accessibile a tutti? Partecipare all’arte non è una questio-ne di tasche ma di priorità. C’è il cliché che l’arte contemporanea sia ostica e tante persone in questo mondo con-tinuano a reiterare questo equivoco, rendendolo ancora più complicato di quello che è. Occorre rendere l’arte usuale, creare confidenza sin da bam-bini. L’arte non va spiegata. C’è sem-pre un nocciolo enigmatico che deve rimanere irrisolto, l’opera va mediata, raccontata. Diamo al pubblico le chiavi di accesso.Come definirebbe il suo lavoro?Una ricerca su me stessa. Avrei volu-to fare l’artista e ho fatto l’Accademia, ma artista non lo ero e me ne sono resa conto subito, perché non ero sicura della forza delle mie idee e non vole-vo condividerle con nessuno. Se tieni i tuoi lavori sotto al letto non andrai da nessuna parte. Mi ero iscritta a Let-tere Moderne, poi è arrivato un con-corso per un Master in curatela. Mi si è aperto un mondo, popolato da gente come Giacinto Di Pietrantonio, docen-te a Brera ora direttore della GAMeC di Bergamo, Francesco Bonanni che al-lora lavorava con Patrizia Sandretto Re Rebaudengo. Vedendo le loro mostre, era il 1997, capii ciò che avrei voluto fare. «Ci raccontiamo peggio di quello che siamo»: lo ha dichiarato durante l’Ex-po. Lo pensa ancora? È il mio cavallo di battaglia. Ho curato

l’attività culturale nell’Expo Gate. Le porte si aprirono i primi di maggio del 2014, c’era una massa critica forte ma fu una bellissima sfida, dovevamo va-lorizzare le eccellenze di Milano e l’i-talianità. Andavi in un posto e sentivi: «Che bello non sembra Milano!». Ora non lo si dice più e non è merito mio o di Expo Gate ma di una operazione globale. Il Crepaccio, spazio espositivo no pro-fit nasce per dare accesso al sistema ai giovani. C’è riuscita? È un percorso che ha dato spazio ad artisti residenti a Milano per motivi di budget: il Crepaccio fino a oggi è stato un progetto volutamente privo di un’economia. Maurizio Cattelan si chiedeva perché non facessi mostre a Milano, me lo disse mentre eravamo a pranzo alla trattoria il Crepaccio. Da lì è nato tutto. Oggi il Crepaccio è senza sede ed è arrivato il momento del Cre-paccio 2.0.Il Crepaccio non ha budget. Perché non partecipa a un bando pubblico per ottenere dei finanziamenti? Siamo in un momento storico giusto per lavorare con privati e aziende. È stata curatrice dell’Expo Gate: come ci è arrivata? Così giovane e così… donna? Giovane mica tanto, avevo 40 anni... ma sì, forse per l’Italia ero giovane. Dopo essere stata scelta capii che era quello che volevano, una giovane don-na. Il loro era un segnale politico che avevano deciso di lanciare.Ha cercato in quel contesto di unire mondi: arte, moda, scienza, letteratu-ra, cinema. Com’è andata? Un lavoro pazzesco, non ho mai lavo-

rato con tanta pressione in vita mia eppure invece di ammalarmi sono ri-masta incinta. Milano e l’Expo. Le polemiche e ciò che resta. Che eredità è rimasta all’I-talia e alla città? Mi sentivo in trincea, a Sala dissi che per andare a lavoro mettevo l’elmetto. L’eredità è simbolica, ha cambiato il percepito degli italiani e dei milanesi. Milano vive oggi un momento delicato, deve decidere se diventare la città-Sta-to chiusa nel suo essere all’avanguardia o la città capace di trainare il resto del Paese.Come è andata la mostra SOLO di Thomas Braida a Venezia?Al di là di ogni aspettativa. Thomas è un grande artista. La prima volta che vidi un suo lavoro sentii le farfalle nello stomaco, come quando vidi per la pri-ma volta, nel 2002, Nathalie Djurberg. Sono talenti puri. Ha fatto da guida alla Biennale d’ar-te di Venezia a Renzo Rosso. Da quel giorno per tutti è diventata “la tea-cher”. Cosa è successo in quell’incon-tro? é successo più volte che facessimo il giro insieme alla Biennale. La seconda volta mi disse che con me capiva l’ar-te. La capisce perché mi fa domande e io do delle risposte. Molti non fan-no domande perché non sanno a chi farle oppure non osano. Giacinto Di Pietrantonio mi ripeteva che non avrei mai dovuto fare finta di aver capito, per non fare la figura di quella che non aveva capito. Il futuro a Milano che colori ha?Rosa! Voglio essere ottimista e voglio sperare che sia all’insegna delle donne.

«Ho scelto di rimanere in Italia, a Mi-lano, ma dobbiamo evitare l’effetto soufflé, che l’entusiasmo di oggi si sgonfi, facciamo in modo che diven-ti una bella torta. Creiamo un centro d’arte contemporanea. Un centro che

non può essere figlio di uno sforzo individuale. Diamo ai giovani artisti un punto di riferimento, istituzionale. Partendo dalla multidisciplinarietà: è démodé pensare di poter agire in una sola disciplina».

Iniziamo dal suo lavoro. Cos’è l’arte contemporanea per lei?Un mio professore diceva: «L’arte con-temporanea è l’ultimo territorio di libertà che rimane, lì puoi fare e dire quello che vuoi». Ripenso a lui quando

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Focus

02. La pizzeria

Bioesserì in Brera è

gemella di quella di

Palermo. Entrambe

sono state aperte da

Vittorio e Saverio

Borgia

03. Roberto Di

Pinto, dopo sei anni

all’Hotel Bulgari, sta

sviluppando un nuovo

progetto, ma intanto

si sta cimentando alla

Taverna Gourmet di via

Maffei

01. La Margherita

Sbagliata di Franco

Pepe. Partito da

Caiazzo, in provincia

di Caserta, Pepe ha

portato le sue pizze

gourmet all’interno

dell’Albereta in

Franciacorta

Fabio Abbattista, chef dell’Albereta, ha creato la “Nativa” frutto anche della collaborazione con il Molino Piantoni di Chiari e l’Università di Bre-scia. Il Monococco Shebar, coltivato a Cigole (nei terreni del Molino), è un grano antico che per-mette la preparazione di un impasto a basso indi-ce di assorbimento glicemico e con poco glutine. La pizza si presenta più sottile, più scura e senza il classico cornicione. Il “topping”: pomodoro, hum-mus di avocado e ceci di Cicerale con germogli di rucola. Un lavoro profondo che, magari, chi va a mangiare una pizza neanche s’immagina. Eppure è stato fatto per migliorare gusto e salute.Tornando dall’Albereta si può fare tappa al “Fie-nile” di Palazzolo, la creatura di Paolo Ghidini: an-che da lui grande cura negli impasti e nella scelta dei prodotti, molti dei quali presidi Slow Food, dallo stracchino delle Valli Orobiche alle acciu-ghe del Cantabrico, dai filetti di tonno di Cetara al caciocavallo podolico. La new generation pizza si avvale anche della creatività di grandi cuochi, come Roberto Di Pinto, per sei anni chef execu-

Dieci anni fa la pizza gourmet era considerata un’eresia. Forse neanche una pizza. Quando il Gambero Rosso proclamò che la pizza migliore si sfornava in Veneto, ci fu un’insurrezione. For-se, quella di Simone Padoan, il gentile rivoluzio-nario dei “Tigli” di San Bonifacio (Verona), non era/è neanche tecnicamente una pizza, ma ha fat-to riflettere, aprendo a una nuova generazione di pizzaioli che hanno lavorato sugli impasti e sugli ingredienti. Così è avvenuta una rinascita basata sulla qualità che ha coinvolto anche la patria della pizza. A Napoli fanno scuola e proseliti Ciro Salvo di “50 Kalò”, Enzo Coccia de “La notizia”, Diego Vitagliano di “10” (ovviamente in onore di Mara-dona) e Gino Sorbillo che è sbarcato a Milano, in largo Corsia dei Servi. Il segreto? Qui parliamo di pizza gourmet classica, dove la novità non è tanto nella novità, quanto nella cura dell’impasto e nella scelta degli ingredienti. La stessa attenzione la tro-viamo nelle preparazioni di Davide Longoni, pa-nificatore supremo, e nelle pizze del Mercato del Suffragio, dalle classiche a quelle più elaborate.

tive all’hotel Bulgari. Mentre sta sviluppando un suo nuovo progetto, Di Pinto si è cimentato con impasti e topping alla Taverna Gourmet di via Maffei. Dalla collaborazione con Vincenzo Masi e Leonardo Giannico sono nate pizze speciali come quella al caviale siberiano (panna acida, caviale e storione bianco siberiani, veli di caviale pressato e acetosella) o quella con astice al vapore, fior di latte, friarielli saltati in aglio, olio e peperoncino, sferificazione di yuzu e neghi. Da provare, infine, le creazioni di Federico Della Vecchia da Bioesserì in Brera, ristorante gemello di quello di Palermo, entrambi aperti da Vittorio e Saverio Borgia. Ho ricordi super della focaccia di farro a lunga ma-turazione con insalatina di scarola riccia e fiori di zucca, pomodori secchi, ricottina della Val D’Or-cia profumata alle alici e limone. Berberé, infine, è il format (quello di Milano è il quinto locale) cre-ato da Matteo e Salvatore Aloe, due fratelli, anche in questo caso. Pizze particolari, frutto di studio, di scelte. Se non volete chiamarla pizza gourmet, chiamatela pizza evoluzione.

Tra i grandi della new generation pizza c’è sicu-ramente Franco Pepe, il perfezionista di Caiaz-zo, l’uomo che ha reso famoso questo borgo in provincia di Caserta. Al punto che il Comune ha dovuto costruire un parcheggio apposta per rispondere all’ondata di persone che si metto-no in fila davanti al palazzo del Settecento dove si trova “Pepe in grani”. Franco ha creato anche un indotto: all’angolo del vicolo dove si forma la lunga coda, un tale ha aperto un baretto che ri-focilla la gente in attesa. Adesso Franco Pepe si esibisce anche alla “Filiale” creata, in un bellissi-mo chiosco, con un pregevole wine and cocktail bar, dalla volontà di Martino De Rosa all’interno dell’Albereta, Relais&Chateaux tra le vigne della Franciacorta. Pepe ha portato i suoi grandi classici, dalla Margherita Sbagliata alla pizza fritta, ma an-che novità come la la “Curtefranca”, omaggio alla terra bresciana con il fatulì della Val Saviore, pan-cetta steccata affumicata, fiordilatte “Il Casolare” (storico caseificio di riferimento di Pepe), battuta di broccoli e pistacchio. Franco Pepe, insieme con

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di Roberto Perrone

LA CHIAMAVANO PIZZA Un tempo. Oggi si chiama pizza gourmet ed è diversa da quella “tradizionale” quasi

in tutto. A partire dagli ingredienti e dal modo di servirla. Tour tra le pizzerie di Milano e dintorni che stanno rivoluzionando la Margherita

Focus

INDIRIZZITaverna Gourmet via Andrea Maffei 12 Berberé via Sebenico 21 Gino Sorbillo largo Corsia dei Servi 11 Mercato del Suffragio piazza Santa Maria del SuffragioBioesserì via Fatebenefratelli 2 La Filiale - c/o L’Albereta via Vittorio Emanuele 23 Erbusco BSIl Fienile via Dogane 1Palazzolo sull’Oglio BS

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Come te la saresti cavata nell’epoca senza cellulare?Me la sono cavata, c’ero. Con le braghe corte? Io sono stato al vecchio mercato, a Mi-lano Fiori alla fine degli anni Ottanta, a scarpinare. Una grande fiera, procura-tori, dirigenti, giornalisti. Seguivo mio padre, all’epoca al Cosenza, che era lì per le trattative. Professione giornalista... Ho cominciato a fare le telecronache dei Big Jim sulla moquette di casa a Catania. Alle elementari scrissi un tema raccontando le mie emozioni di fronte a un incontro di pugilato, credo di Mohammed Ali. A Padova il battesimo in tv...A Tele Nuovo. Facevo di tutto: calcio padovano e veneto. Massimo Corcione, direttore di Sky, mi chiamò: te la senti di venire qui? Me la sentivo. Paracadutato a Milano?Paracadutato al Quark Hotel. Martina Maestri seguiva il calciomercato, io ero di supporto, ma fu proprio lei a dare l’imbeccata: «Secondo me lui è me-glio». Sembra che tu stia sempre lì a ricevere sms e mail con notizie di tutti i tipi... È un impegno duro, 24 ore su 24. Dove sta il divertimento? Nell’arrivare primi, ma sempre seguen-do un certo stile. Faccio un esempio. Quando mi arriva una notizia io avver-to i club, prima di darla. Mi piace avere un rapporto positivo con loro. Qual è il segreto per avere in pugno la situazione? Innanzitutto riuscire a essere affabile con tutti, risultare un professionista se-

rio con le fonti. Insomma: fiducia reci-proca e tanti contatti. Ma qualcuno si arrabbierà ogni tanto, o no?Ah sì, ne ricevo di telefonate bollenti. Preziosi mi urlò: «Sei un terrorista». Avevo detto che Iturbe ci aveva ripen-sato e non sarebbe andato al Genoa. Anche Giulini, del Cagliari, manda messaggi furiosi. Vanno presi come sono. Funziona come nel mondo dello spet-tacolo? Qualcuno ti chiama per rifilar-ti una notizia falsa perché si parli di un certo giocatore? Qualche piccolo agente mi scrive per dirmi che questo giocatore lo vuole la Juve o il Milan, ma li smaschero subito. Altre volte, se sono agenti che non co-nosco, cercano di utilizzarmi per avere un rinnovo. Lo scoop più grande?Guardiola al Bayern Monaco è la no-tizia che mi inorgoglisce di più. Gli spagnoli ci rimasero male. Il quotidiano sportivo “Marca” mi prese in giro: come può un italiano sapere una cosa del ge-nere? Adesso mi telefonano per avere informazioni. La buccia di banana? Una delle prime trasmissioni con Bo-nan. Annunciammo il ritorno di Vie-ri alla Juve. Eravamo sicuri. Il giorno dopo alle 13 firmò con il Milan. Può succedere. Com’è il sodalizio con Bonan? È nato in modo spontaneo, ci capiamo con uno sguardo, ci vediamo la sera alle 11 quando il programma è preparato. Tra di noi andiamo a braccio, lui rispet-ta il mio modo di tenermi dentro tutto,

mentre lui è un artista. Abbiamo un bel rapporto anche fuori dalla tv.Il vostro segreto è la serietà dentro la leggerezza...Le sigle, le stranezze costituiscono l’originalità di Calciomercato. Ci sono tanti programmi simili, tanti danno le notizie, Alessandro dà un taglio unico che dura da 12 anni. La notizia del passato che avresti vo-luto dare?Maradona al Napoli. Una volta conta-va l’inviato, dovevi muoverti, andare nell’albergo, essere là a Barcellona. Rac-contarlo sul giornale sarebbe stato me-raviglioso. Questa fase di spionaggio si è persa, era senz’altro più affascinante. Siete in tanti a occuparvi di mercato, devi difendere la poltrona?La nostra squadra di mercato a Sky viene citata come esempio: io sono il frontman, ma le notizie le diamo in gruppo, facciamo tutti parte dello stes-so successo. C’è un dirigente a cui sei più legato? Quelli che hanno la mia età, Fabio Pa-ratici su tutti, ma non mi dicono nulla comunque anche se andiamo a cena insieme e ci frequentiamo con le mogli. A proposito, ma la signora Di Marzio che dice?Sono sposato da otto anni con Anna Maria che dice sempre: «ho sposato il pacchetto». Una notte mi sorprese con il telefonino, pensava a un’amante, era, ovviamente, un procuratore. In certi periodi, quando usciamo a cena con altre persone, faccio fatica a spegnerlo e a essere di compagnia. Per me la più grande invenzione del terzo millennio è il cellulare che va anche in acqua.

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Forma, con Alessandro Bonan e l’imprescindibile Faina, il trio di “Calciomercato, l’Originale”, il talk show sportivo più amato dall’esigente Aldo Grasso. Gianluca Di Marzio, 43 anni, figlio di Gianni, allenatore, dirigente, commentatore televisivo ante

litteram, è “il calciomercato”: sito, telecronista, uomo-telefonino

di Roberto Perrone

GIANLUCA DI MARZIO

IL BELLO DI ARRIVARE PRIMI

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«Come sono vuote le chiese! Solo i cinematografi sono pieni: è lì che la gente oggi va a confessar-si», disse una volta Vittorio Gassman, in una frase rimasta storica. In estate poi, il “cinematografo” – oggi semplicemente cinema – lascia spazio alle proiezioni outdoor. Succede anche a Milano: da ormai quasi trent’anni, ogni giugno si inaugura la stagione del cinema all’aperto, appuntamento con i migliori film dell’anno che dura fino a set-tembre, in location spesso speciali. È il caso di dir-lo quest’estate, con un programma capillare che coinvolge il cortile di Palazzo Reale in Duomo, un nuovo spazio a Citylife – si parla di un’arena di 600 posti allestita ai piedi della Torre Allianz di Arata Isozaki e Andrea Maffei. Poi ci sono i chio-stri dell’Umanitaria, in zona Guastalla, il Chiostro dell’Incoronata dietro la movida di corso Garibal-di (Brera) e, altra new entry amatissima dai più giovani, la Fabbrica del Vapore, in una posizione

strategica a metà via tra Chinatown e il quartiere Isola. L’iniziativa prende il nome di AriAnteo e può vantare una selezione di film di qualità, con un bel mix di generi, della serie “ce n’è per tutti”: oltre ad alcune delle migliori pellicole degli scorsi mesi, sono infatti previste diverse anteprime – per ora se ne contano venti – grandi classici restaurati, ma anche concerti, eventi e inviti a ospiti vari. L’idea, insomma, è quella di intrattenere con garbo, ricordando senza pedanterie il valore del-la cultura, tanto più in estate, quando il tempo libero è maggiore e la voglia di starsene fuori an-che. L’inizio della rassegna è stato di quelli con il botto: il 6 giugno a Palazzo Reale è stata proiet-tata l’anteprima di Un appuntamento per la sposa, film molto acclamato dalla critica internazionale a firma della regista israeliana Rama Burshtein, la quale ha incantato con un nuovo e per niente scontato personaggio femminile. Lo stesso giorno,

01

il nuovo spazio di CityLife (per raggiungerlo si scende alla fermata della metropolitana Domo-dossola) ha trasmesso il film trionfatore agli Oscar 2017 La La Land con gli attori Emma Stone e Ryan Gosling. La sorpresa: a precedere la proie-zione, uno scoppiettante show di jazz dal vivo della Cipriano’s Lite Band, perfetto per entrare nel mood musical e creare la giusta atmosfera. Tra i titoli più attesi – da scoprire o rivedere, da soli o in compagnia – Passengers, T2 Trainspotting, Pirati dei Caraibi: la Vendetta di Salazar, Codice Criminale, Animali notturni e Aspettando il Re. Oltre al buon cinema, gli appassionati di arte trovano pane per i propri denti: tra le novità di quest’anno, infatti c’è La grande arte al cinema, con cicli dedicati alle figure degli artisti Miche-langelo, Raffaello e Claude Monet, per conoscer-ne vite e ispirazioni. Fronte pratico: i costi sono di 7,50 euro per il biglietto standard, ridotto a 5,50 e per gli Amici del cinema si scende a 4,50 euro. I cinefili, però, possono risparmiare sottoscriven-do l’abbonamento: dieci spettacoli per un totale

di 39 euro (ci si informa su www.spaziocinema.info). Poco fuori Milano, dalle parti di Sesto San Giovanni, il punto di ritrovo per appassionati di cinema e pop corn (o, data la stagione, forse è me-glio pensare a coni gelato) è invece il Carroponte, un indirizzo must per il pubblico più giovane. La descrizione fatta dal direttore artistico, Fabio Pa-olo Costanza, promette bene: «cultura, impegno sociale, attività per i più giovani e buon cibo». Oltre ai concerti per il quale è noto, Carropon-te organizza per questi mesi caldi un ricco Cine Club. Con un plus non da poco: grandi pellicole d’autore, tutte a ingresso gratuito. I titoli previ-sti sono ambiziosi: si va da I quattrocento colpi di François Truffaut a Quarto potere di Orson Welles, senza dimenticare Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti e Paterson di Jim Jarmush (il programma completo e aggiornato è su www.carroponte.org). A patto di portarsi dietro litri di anti-zanzare, il programma per le serate d’estate è di quelli che non lasciano delusi. Birretta, cinema e amici. What else?

01. A CityLife le

proiezioni sotto le

stelle sono iniziate con

il film La La Land

02. Arianteo è la

rassegna estiva del

cinema Anteo, portata

nel cortile di Palazzo

Reale

Focus Focus

02

di Marzia Nicolini

SOTTO LE STELLEIl cinema all’aperto è un classico dell’estate. A Milano diventa l’occasione perfetta per una serata culturale con gli amici, in un clima vacanziero dal

sapore vintage. Niente nostalgia del mare: le location sono super!

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VAGANDO FELICIFino allo scorso anno pochi in Italia sapevano cosa significasse la parola Wanderlust cheora invece spopola su Instagram. Riguarda i viaggi, ma anche altri aspetti della nostravita ed è un trend che dipende dalla presenza costante della tecnologia: siamo vicini alla nascita del “virtual tourism”. Ma la voglia di viaggiare e di volare lontano (anche solo con la mente) è antichissima... Un desiderio che da Icaro in poi non si è mai spento

illustrazione di Virassamy

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sul cofano posteriore una raffigurazio-ne della Milano notturna e lo schema delle linee metropolitane della città. Le ragazze, oltre a un modellino della Bo-xster personalizzata, hanno ricevuto un assegno di mille euro come ricompensa per il lavoro svolto. Ha ricevuto il rico-noscimento Elegance, invece, il proget-to di Marina Villani che avrà l’oppor-tunità di personalizzare una Porsche Cayman, in occasione della prossima settimana della moda milanese. Come una vera rockstar anche l’automobile ispirata alla vettura di Janis Joplin parti-rà per un tour: a luglio e agosto è visibi-le presso il Flagship Store Porsche De-sign di via della Spiga 42; a settembre, sarà presso il Centro Porsche Milano Est (Via Rubattino, 94) per poi essere esposta nel “Porsche Temporary Space” presso lo Swiss Corner di Milano, dal 25 settembre al 1° ottobre. A seguire, rientrerà nella sede di Milano Nord, in Via Stephenson, 53. www.milano.porsche.it

story of Universe per decorare la sua auto, facendo inserire disegni di mon-tagne, elementi naturali e un suo ritrat-to, i Centri Porsche di Milano hanno suggerito invece come tema ai giovani creativi “Storie di Milano”: un raccon-to per immagini di aneddoti, proverbi, abitudini e luoghi della città ispirato però allo stile degli anni Sessanta. Sono stati 101 gli studenti coinvolti, 43 i pro-getti proposti e oltre 12mila le ore di lavoro impiegate dagli studenti. Il pro-getto selezionato come migliore è stato quello di Chiara Marradi, Silvia Anese e Jessica Anselmini, che hanno imma-ginato così lo speciale modello: sul co-fano un omaggio al principale simbolo della città e alla sua vocazione europea attraverso la rappresentazione del Duo-mo e della bandiera dell’Unione, sulla fiancata sinistra un iconico tram, sulla destra i nuovi palazzi che hanno ridise-gnato lo skyline milanese e un orologio, simbolo di una città che sa valorizzare ogni minuto e non si ferma mai. Infine

Quando una rockstar e una vettura senza tempo si incontrano non posso-no che lasciare il segno. Fu così per la Porsche 356 Cabriolet che Janis Joplin acquistò di seconda mano e fece dipin-gere dall’amico e compagno di tournée Dave Richards. Chissà se avrà altrettan-ta fortuna la livrea disegnata dagli stu-denti della Naba per la sportiva Porsche 718 Boxster? La vettura è stata realizza-ta in occasione di un workshop lanciato dai Centri Porsche di Milano proprio per ricordare la leggendaria compagna a quattro ruote che la cantante ameri-cana non abbandonava mai e che i suoi fan riempivano di bigliettini. «Quella Porsche, istoriata come un murales, è diventata un’autentica art car – raccon-ta Luigi de Vita Tucci, direttore genera-le dei Centri Porsche di Milano – così abbiamo pensato di replicare quell’idea coinvolgendo la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano in un progetto si-mile ispirato alla nostra città». Se la rockstar aveva scelto il tema Hi-

like a rockstar

adVertorial

Una livrea creata ad hoc dagli studenti della Nuova Accademia di Belle Arti per i Centri Porsche di Milano ci riporta negli anni Sessanta, quando la rocker Janis Joplin sfrecciava da San Francisco a Los Angeles a bordo della sua decappottabile personalizzata

wanderlust

indirizziCentro Porsche Milano Nordvia Stephenson 53 - MilanoCentro Porsche Milano Estvia Rubattino 94 - Milano

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Focus

La storia del volo è la storia di un sogno. La lette-ratura e l’epica ci insegnano che l’uomo ha sem-pre desiderato volare, copiando gli uccelli, ma già il mito greco di Icaro mostra che il volo può an-che essere pericoloso. Il volere troppo, lo spingersi oltre i propri limiti, è rischioso. Il volo è sempre stato accostato all’imprudenza o meglio all’equili-brio tra coraggio e misura, tra rischio e saggezza. E se quella di Icaro è solo una metafora, la storia ha invece dimostrato che è davvero così, che tutto va fatto nei tempi e nei modi giusti. Dopo quell’epi-sodio, sono stati tanti i tentativi di volo (reali), ma tutti fallimentari. Il primo volo andato a buon fine è stato quello di Jean-François Pilâtre de Rozier e François Laurent d’Arlandes che nel 1783 stettero in aria per 26 minuti con una mongolfiera. Per l’a-ereo era ancora presto: oggi si ritiene il primo volo dell’uomo quello dei fratelli Wright che nel 1903 volarono usando una macchina motorizzata. Il mondo cambiò in quello stesso istante – anche se quel volo durò appena 12 secondi! – perché rese reale ciò che fino ad allora era sembrata solo un’il-lusione. Ma la verità è che solo gli uccelli possono darsi al volo tranquilli, cinguettando. Per l’uomo

il volo può essere un mix di fisica e meccanica come per Leonardo, un desiderio di leggerezza come per Peter Pan o per Modugno («volare oh oh... cantare oh oh oh») o una fonte di ispirazione artistica e sono così tanti i pittori e gli scultori che hanno prodotto opere su questo tema che elen-carli tutti sarebbe impossibile. Insomma il volo è una sfida delle leggi della fisica. Ma può anche essere inteso come una sfida della conoscenza, an-che questa destinata alla sconfitta. È Dante che parla del “folle volo di Ulisse”, riferendosi alla sua voglia di conoscenza che lo spinge oltre le colon-ne di Ercole, oltrepassando il limite della curiosità intellettuale che diventa superbia e prepotenza. Ma esiste un modo reale di viaggiare e di spin-gersi oltre i propri limiti, senza rischiare nulla. O quasi. L’uomo può infatti viaggiare con la mente nel tempo immaginandosi in futuro in un posto conosciuto o anche sconosciuto. È la coscienza autonoetica, cioè la coscienza o anche consapevo-lezza di sé, che ci permette di rievocare il nostro primo giorno di università, il nostro matrimonio, l’assunzione o una cena con gli amici e subito dopo immaginare il nostro futuro, la nostra prossi-

01

di Carolina Saporiti

Volare. Per sentirsi leggeri. Non per forza per andare lontano, salendo su un aereo che ci porti via da casa. Si può volare anche con la fantasia, raggiungendo distanze ancora maggiori. Non è un invito a non viaggiare. Piuttosto una celebrazione della potenza della nostra mente

LA STORIA DI UN SOGNO

Focus

01. Il volo è un’azione

che ha sempre

affascinato l’uomo e

la letteratura è ricca

di episodi di racconti

metaforici su questa

esperienza. Foto di

Decio

ma vacanza o anche più semplicemente il pranzo che avremo tra qualche ora con un collega. È il potere della mente ed è di grande valore perché ricombinando memorie siamo in grado di pro-iettarci avanti nel tempo, sviluppando molteplici combinazioni tra cui scegliere per il nostro futuro. Ma la coscienza di sé vale solo per l’uomo adulto: non ce l’hanno gli animali e nemmeno i bambini. In un test solo un terzo dei bambini di tre anni è risultato in grado di dare una risposta plausibi-le su quello che avrebbero potuto fare il giorno dopo, ma nell’arco di un paio di anni – bambini di cinque anni – è emerso che il senso del futuro si era sviluppato. Questo, insieme alla capacità del nostro cervello di attivare una parte libera della nostra mente dando vita a pensieri spontanei, ren-

de l’uomo capace di volare mentalmente e sogna-re. E non è certo una perdita di tempo, la scienza ha dimostrato da anni che è proprio quando si “stacca il cervello” che le idee migliori arrivano. Se per esempio siamo alla ricerca di una soluzio-ne o di ispirazione, è molto probabile che essa ar-rivi quando smettiamo di pensarci, anzi quando immaginiamo altro, perché è in quel momento che la nostra mente crea collegamenti vincenti. Lo stesso Albert Einstein diceva: «Imagination is more important than knowledge. For knowledge is limited to all we now know and understand, while imagination embraces the entire world, and all there ever will be to know and understand». Quindi, quest’estate, mettetevi comodi e volate con la mente… lontano, lontano, lontano.

02. Volare con la mente

è un’attività che la

scienza ha dichiarato

utile per produrre

nuove idee, trovare

una soluzione a un

problema o cercare

ispirazione per nuovi

progetti. Foto di Angeia

02

meccanico, la Macchina del tempo, la Libellula meccanica, la Macchina volante di Milano si affiancano il restauro digitale dell’Ultima Cena e la ricostruzione del Monumento Sforza. La mostra, in piazza della Scala, ingresso da Galleria Vittorio Emanuele II, è aperta tutti i giorni dalle 9.30 alle 22.30. www.leonardo3.net

leonardoÈ una mostra lunga quattro anni (e che termina a fine 2017) Leonar-do3 – Il Mondo di Leonardo allestita in piazza della Scala. L’esibizione consente di scoprire il vero Leo-nardo da Vinci, grazie alle ricostru-zioni inedite delle sue macchine e ai restauri dei suoi dipinti in ante-prima mondiale. Al Sottomarino

Page 22: club milano n. 39A spasso per Milano, alla scoperta degli edifici liberty più belli della città: da Casa Malpighi all’acquario Il volo è sempre stato un desiderio dell’uomo.

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Maison Margiela - Flying

Ariosa e agrumata, Flying è la

fragranza “trompe l’œil” di Maison

Margiela che ha la persistenza e la

struttura di un’eau de parfum

www.maisonmargiela.com

louis Vuitton - Bomboca Sofa

Si ispira alle nuvole e alla conchiglia dipinta da Botticelli nella sua

Nascita di Venere il morbido divano che i fratelli Campana hanno

creato per la collezione Objets Nomades di Louis Vuitton

it.louisvuitton.com

Moooi - Perch Light Branch

Disegnata da Umut yamac, questa lampada a sospensione è

formata da tanti graziosi uccellini luminosi

www.moooi.com

assouline - The Art of Flying

Ancora negli anni quaranta e

Cinquanta volare era un’esperienza

riservata ai passeggeri più facoltosi:

arrivando fino ai giorni nostri, The

Art of Flying racconta l’evoluzione del

viaggio aereo di lusso

www.assouline.com

laboratorio Paravicini - Mongolfiere

In via Nerino 8, nel cuore del distretto milanese

5vie, sorge il Laboratorio Paravicini, le cui collezioni

di ceramiche sono prodotte in serie limitate e

numerate pezzo per pezzo: come questa, dedicata

alle mongolfiere

www.paravicini.it

Debutterà il prossimo

autunno a Torino e

Berlino: è Paint by

Drone, il progetto

dello studio Carlo

Ratti Associati che,

attraverso droni

equipaggiati di vernice

spray, promette all’arte

di spiccare il volo

Il primo fu Icaro che, secondo la mitologia gre-ca, si fece costruire delle ali dal padre Dedalo per fuggire dal labirinto dove il re Minosse lo aveva rinchiuso con il genitore perché questi non potes-se mettere il proprio ingegno al servizio di altri. L’impresa, come tutti sanno, fallì: Icaro, disatten-dendo le istruzioni del padre, si spinse troppo vi-cino al sole che fece sciogliere la cera che teneva insieme le piume. Tuttavia il sogno di volare at-traversa la storia dell’umanità e accomuna la figu-ra di Dedalo – archetipo dell’homo faber, ovvero dell’uomo che non si accontenta di potenziare capacità che già possiede, ma mira ad acquisirne altre – a quella di Leonardo da Vinci che, osser-vando il volo degli uccelli, capì come si potevano progettare un paracadute e altre macchine per il volo planato, mentre, intuendo la capacità di un’elica di avvitarsi nell’aria, abbozzò un primiti-vo elicottero. Senza trascurare il pallone riempito di aria calda dei fratelli Montgolfier, che nel 1783 si levò ad Annonay, nei pressi di Lione, bisognerà però aspettare gli inizi del Novecento e l’intro-duzione del motore a scoppio per cominciare a

volare davvero. Oggi che alla storia millenaria del pionierismo, fatta di scoperte e continui tentati-vi, spesso fallimentari, si è sostituita la moderna scienza aeronautica, volare è anzitutto una que-stione tecnica. Lo sapeva bene Igor Sikorsky, ostinato ingegnere di origine russa che, negli anni Quaranta, rese concreta l’intuizione di Leonardo, ovvero l’elicottero. La sua capacità di decolla-re da qualunque luogo e atterrare praticamente ovunque, senza la necessità di piste, ne ha fatto un mezzo versatile, i cui molteplici usi sono sta-ti ampliati dal drone che da veicolo militare si è trasformato in uno strumento per realizzare inso-liti filmati dall’alto e non solo. Una delle ultime novità arriva ad esempio dallo studio Carlo Ratti Associati e si chiama Paint by Drone: un computer centrale permette al quadricottero equipaggiato di vernice spray di dipingere le facciate delle no-stre città, spesso lasciate vuote o utilizzate unica-mente a fini pubblicitari. In questo modo invece disegni ideati da artisti o da altri partecipanti al progetto potranno “mettere le ali”, liberando tut-to il potenziale del phygital graffiti.

di Alessia Delisi

Dalla mitologia greca agli studi di Leonardo da Vinci, proseguendo con i palloni ad aria calda dei fratelli Montgolfier per arrivare alle prime vere aeronavi di inizio Novecento. Quella del volo è la storia, costellata di insuccessi, dell’uomo che tenta di vincere le leggi di gravità che gli inchiodano i piedi al suolo

SULLA SCIA DI ICARO

Tra le nuvoleUna raccolta di oggetti che celebra il desiderio dell’uomo di librarsi nell’aria

wanderlust wanderlust

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Una volta distesa la vela alle nostre spalle e ricon-trollata con attenzione l’attrezzatura, si dà un’oc-chiata alla manica a vento, si scruta l’orizzonte, si tasta l’erba con i piedi per ricordarsi la sensazione di come la gravità ci tiene incollati al terreno e poco dopo le gambe iniziano a spingere: quattro, cinque falcate energiche e già non si è più “sem-plici” uomini, ma si sta galleggiando nell’aria come uccelli sostenuti dal vento con il paesaggio che si fa piccolo. Il parapendio è il mezzo da volo libero più semplice e leggero esistente al mondo. Questo non vuol dire che sia uno sport totalmente privo di rischi, anzi, un corso tenuto da istruttori federa-ti e varie ore di pratica sono fondamentali per go-dere in totale sicurezza dell’incredibile sensazione di librarsi nel cielo senza peso. Il primo antenato delle moderne vele di questo sport venne chiama-to slope soaring (volo di pendio) e nacque nel 1965 dall’intuizione del pilota americano David Barish che lavorava come consulente per la NASA e si occupava di studiare dei paracaduti per il ritor-no a terra della navetta Apollo. Sono stati poi tre paracadutisti francesi dell’Alta Savoia a dare il via nel 1978 alla vera evoluzione di questa discipli-na sperimentando innumerevoli vele e lanci dalle montagne. Oggi il parapendio ha raggiunto un li-vello tecnico e di sicurezza senza precedenti che

garantisce, in relazione anche all’abilità del pilota, di volare per ore sopra panorami eccezionali. Il parapendio si compone di un’ala in tessuto simile a un paracadute collegata tramite un fascio di cor-dini al pilota che, seduto in un apposito imbrago, tiene i comandi tra le mani con i quali controlla il flusso d’aria che passa attraverso la vela dirigendo-la così nella direzione desiderata. Per poter prolungare il piacere del volo, il pilota deve imparare a sfruttare le correnti ascensionali presenti in natura, altrimenti è costretto a scende-re solamente di quota. Il volo nelle correnti ascen-sionali si divide in due tipi a seconda dell’origine di queste. Il volo in termica che sfrutta le correnti ascensionali generate dal riscaldamento delle mas-se d’aria e il volo in dinamica che utilizza invece le correnti che si generano quando un vento me-tereologico incontra un ostacolo opportunamente conformato. Sebbene la Francia sia, per tradizio-ne, la patria per eccellenza del parapendio, anche l’Italia, proprio per le sue caratteristiche naturali, offre innumerevoli punti di decollo. Sono infatti circa 500 lungo tutto lo Stivale i luoghi da cui vo-lare. Tra i più conosciuti c’è La Salle, in Valle d’A-osta, il punto più alto per il decollo è a Plan Billard a 2035 metri, dedicato soprattutto a piloti esperti; c’è poi il Monte Baldo in Veneto, lungo la facciata

01

di Andrea Zappa

Sentirsi leggeri, essere circondati dal silenzio e disegnare nel cielo intricate traiettorie: sono le sensazioni che garantisce il parapendio, una disciplina relativamente facile da imparare e che trova in Italia molti spot dai quali spiccare il salto nel vuoto

VOLO LIBERO

02. Il primo parapendio

fu costruito nel 1965

da David Barish,

consulente della NASA.

L’evoluzione moderna

si deve invece a tre

paracadutisti francesi

dell’Alta Savoia, nel

1978

est del massiccio; non da meno è l’Altopiano della Paganella di fronte allo spettacolo delle Dolomiti di Brenta e delle acque cristalline del lago di Mol-veno. In Trentino è la Val di Fiemme che chiama a raccolta gli appassionati che amano lanciarsi so-prattutto nei pressi del rifugio Pajon. Scendendo fino all’Umbria, si incontra Castelluccio di Norcia che permette di volare nel cuore del Parco Natura-le dei Monti Sibillini. I piloti laziali, invece, amano molto Norma, in provincia di Latina dove si può scorgere dall’alto la città antica, i Giardini di Ninfa e il Circeo. Senza dimenticare poi la zona di Cala-scio all’interno del Parco Nazionale del Gran Sas-so e i Monti della Laga in Abruzzo o il Massiccio del Matese a qualche chilometro da Campobasso. Per chi invece si trova in Sicilia, può contattare la scuola Etna Fly per avere informazioni su dove sal-tare per ammirare la maestosità del vulcano. Chi desidera avvicinarsi a questo sport può, in primis, decidere di fare un volo in tandem, possibilità che offrono tutte le scuole di parapendio e i club di

volo. Un’occasione ideale per provare senza impe-gno le incredibili sensazioni di questa dinamica di volo. Il team di Gardaparagliding, che non è però una scuola, offre per esempio un suggestivo volo sopra il Lago di Garda con atterraggio in spiaggia. Il passo successivo è poi iscriversi al corso base di una struttura con istruttori certificati. Il prezzo varia a seconda del numero delle classi teoriche offerte, dei voli sul campetto scuola e poi di quel-li con assistenza via radio previsti. L’attrezzatura viene fornita dalla scuola stessa. Chi vive a Milano può imparare a volare sopra il Lago di Como con la FlyLibell o contattare Parapendio Voghera; nei pressi di Bergamo si può fare riferimento a Volo Libero Bergamo che si appoggia all’Aero Club Ex-plorer. Organizza diversi tipi di corsi anche l’Aero Club Monte Cornizzolo che ha base a Suello tra Como e Lecco. Se siete dunque stanchi di sentirvi “semplici” uomini e volete provare l’ebrezza del volo, non vi resta che prendere la rincorsa e spic-care il salto, anche solo per un weekend.

01. L’Italia, per le

sue caratteristiche

morfologiche, offre

molti punti di decollo

eccezionali: sono circa

500 lungo tutto lo

Stivale

02

sul webwww.gardaparagliding.comwww.flylibell.comwww.parapendiovoghera.comwww.vololiberobergamo.itwww.cornizzolo.com

1, 2, 3... via!Il più importante appuntamento di questa disciplina si terrà dal 1° al 15 luglio nella località Monte Avena (Belluno) su un’area di 5mila km quadrati. Il XV Mondiale di Parapendio vedrà la partecipa-zione di 150 atleti provenienti da tutto il mondo. Fulcro delle attività saranno il Monte Avena e la catena Predolomitica della Valbelluna. Durante questa festa dell’aria, oltre alle gare, sono previste tante attività collaterali. www.monteavena2017.org

sPort sPort

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wheels

Al via la piena libertà, senza scendere a compro-messi. Per la scelta della meta, Tom Tom offre gratuitamente ai suoi clienti Road Trips: un’ap-plicazione con 90 percorsi tra i più belli in tutto il mondo, dalla Costiera Amalfitana agli USA. Si può prendere una delle strade tra quelle proposte per lunghezza o tipo di tracciato, oppure segui-re quella più adatta al proprio itinerario, per poi aggiungere al momento soste e punti di interesse segnalati. Della serie: chiudete i bagagli e in mar-cia, senza pensieri. Una volta a bordo, l’ultima tendenza in fatto di viaggio è montare la Dash Cam. Solitamente, estende solo il campo visivo del guidatore regi-strando ogni istante, con una tutela in più in caso di incidente. L’ultima proposta in commercio, la 65W di Garmin, invece, aggiunge qualcosa in più. Sottile e compatta, dotata di display LCD

da 2 pollici e una videocamera da 2.1 megapi-xel con grandangolo a 180 gradi, oltre a filmare ogni spostamento – e in caso di impatto a salvare automaticamente il video (con posizione, data e ora) – può scattare foto a comando vocale o at-tivare la visione del “video capture”, che compri-me ore di guida in pochi minuti. Non solo. Con il Wi-Fi integrato – e l’app mobile gratuita VIRB – la 65W consente di sincronizzare il materiale e condividerlo tra gli amici. Un accessorio ad hoc per le partenze estive… ma utile anche al ritor-no in città. Ideale per chi non ha una vettura di ultima generazione, tra i vantaggi migliori ci sono la rilevazione automatica degli urti (G-sensor), l’allarme di collisione frontale quando c’è un’ec-cessiva vicinanza al veicolo davanti e quello di superamento della corsia. Non per ultimo, l’avvi-so “Go”, quando la coda al semaforo è smaltita e

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di Ilaria Salzano

In optional, acquistati in aftermarket, indispensabili o semplicemente un surplus. Sono gli accessori per l’auto. Un mondo in continuo aggiornamento dettato da moda e tendenze. Per non farsi trovare senza, soprattutto in partenza per le vacanze, ecco il nuovo vademecum

NATI PER L’USO

wheels

01. Hullavator Pro

di Thule permette a

una sola persona di

sollevare il proprio

kayak in autonomia

bisogna ringranare la marcia. Se si sceglie l’auto in vacanza per poter caricare tutta la famiglia, ami-ci a quattro zampe compresi, l’ultima novità del settore è quella messa in commercio da Mopar. Prima il marchio pensava a fornire solo ricambi e accessori per il mondo FCA, da qualche anno in-vece punta anche a una assistenza al cliente a 360 gradi. Dunque, pure per i cuccioli, un kit pensato per fargli vivere il viaggio nel modo più conforte-vole possibile, soprattutto quando si sta parecchie ore a bordo. In corsa, i “best friends” potranno accomodarsi nel retro su una soffice copertura impermeabile (tanto per salvare la tappezzeria!). Previsto per le soste, invece, un telo per il diva-no posteriore, così da custodire e contenere i loro giochi, permettendogli di passare davanti e sgran-chirsi un po’... Quando le vacanze diventano sinonimo di sport e outdoor e chiedono di portarsi dietro tutto l’oc-corrente... addio ansia da trasporto o da spedizio-ne. Il portabiciclette di Thule Proride, già da un po’ sul mercato, risulta il più venduto al mondo: verticale, completamente ripiegabile per essere trasportato con facilità, nasce per supportare fino a 20 kg, aprendosi e richiudendosi agevolmente in pochi minuti. L’azienda, inoltre, propone an-

che la versione gancio traino compatto, ovvero l’EasyFold XT, laddove i carichi siano più pesan-ti e ingombranti, come nel caso delle biciclette elettriche: qui i poggiaruote sono più distanziati tra loro e consentono il trasporto di veicoli con interasse lungo. Per gli amanti degli sport d’acqua, infine, Thule propone accessori tipo l’Hullavator Pro con cui una sola persona riesce a caricare e scaricare il proprio kayak in autonomia, merito del sollevamento assistito: i montanti a gas (fino a 18 kg di peso) e i doppi bracci di estensione consentono di abbassare il kayak fino a 1 metro, potendolo così scaricare e fissare con semplicità all’altezza della vita. In qualche minuto si è pron-ti a immergersi in acqua!Certo, come si fa con le chiavi dell’auto nelle pro-prie avventure? A ingegnarsi per questo, le Case automotive. La nuova Land Rover Discovery, ad esempio, nata per gli uomini che amano il pro-prio tempo libero, viene fornita oggi di bracciale Activity Key. Dunque, tutto nell’abitacolo come fosse una cassaforte – compresa la chiave – e via in mare, anche per un solo tuffo on the road. Il veicolo si riapre poi riavvicinando il bracciale, im-permeabile, fino a 30 metri di profondità. Come a dire: appena vedete il paradiso fermatevi.

02. La Dash Cam di

Garmin può scattare

foto a comando vocale

03. Il bracciale Activity

Key è fornito insieme

alla nuova Discovery

di Land Rover. Lo si

indossa, si lasciano le

chiavi in auto e ci si può

immergere fino a 30

metri: l’auto è al sicuro

02

03

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hi tech

Dedicato a tutti

gli appassionati di

mountain bike, l’Action

Bike Mount di Joby è

un versatile supporto

per action cam di

varie marche: offre

una vasta gamma

di configurazioni di

montaggio e luci di

visibilità che aiutano

a inquadrare meglio

le riprese. Può essere

applicato a molti

modelli di moto da

strada e da cross

In viaggio, d’estate, si apprezzano fondamental-mente due cose: la reale portatilità degli oggetti da mettere in valigia, in auto o nello zaino e la capacità di rispondere a esigenze pratiche come la sonorizzazione di un ambiente, la ricarica in mobilità dei device elettronici, l’aumento della portata di fotocamere e cellulari, la possibilità di rispondere in ogni circostanza, anche a mani libe-re, a chiamate e messaggi di ogni tipo. E natural-mente la connettività. Come è facile intuire, non c’è (e non ci può esse-re) un elenco di prodotti davvero irrinunciabili, in quanto essi dipendono in gran parte dalle esigen-ze di ciascuno di noi. Solo una rosa di opzioni e suggerimenti offerti dal mondo dell’elettronica di consumo, più restio di un tempo a sfornare gad-get puramente “estivi”, da consumare nell’arco di un’unica stagione. La crisi e il buon senso ci spingono infatti a scelte meditate. E a qualche at-tenzione in più nei confronti dell’ambiente, della sicurezza, dei consumi e dell’effettiva compatibi-lità dei dispositivi hi-tech con le condizioni e gli stress tipici della vita outdoor: pioggia, polvere, urti, schizzi, sbalzi di temperatura e cadute acci-dentali. Il repertorio è molto vario e comprende

gli immancabili speaker senza fili per ascoltare e condividere la musica liquida durante le feste, così come le action cam per registrare tutte le prodezze di cui siamo capaci quando ci liberia-mo dei costumi (e degli abiti) cittadini. Ne fanno naturalmente parte tutti i supporti e gli accessori per reggere, fissare e imbragare fotocamere, vide-ocamere, GPS e affini nell’impiego sportivo, più o meno agonistico. E tutto ciò che serve a loca-lizzare, monitorare e assistere l’utente durante le sue trasferte in vacanza e nei viaggi avventu-ra che vanno tanto di moda oggi. Molti di questi accessori appartengono alla categoria dei cosid-detti wearable, i prodotti di alta tecnologia che stanno generalmente al polso ma possono essere indossati su altre parti del corpo o indumenti atti a coprirlo. Sono quasi sempre estensioni hi-tech che ampliano l’uso degli smartphone e degli al-tri strumenti di comunicazione. Costituiscono un mercato in forte crescita dal quale potremo aspettarci numerose novità nei prossimi mesi o anni. Soprattutto quando l’Internet delle cose (IoT) sarà a regime e non dovremo più porci l’an-noso problema di come far dialogare tra di loro tutti i pezzi della nostra vita digitale.

di Paolo Crespi

Compatti, efficienti e “a prova di tutto”: i gadget per l’estate non sono di serie B, né versioni light di prodotti più sofisticati e completi. Ecco una scelta di accessori intelligenti che migliorano l’esperienza outdoor e contribuiscono a risolvere alcuni problemi tipici della vacanza attiva

ESTATE IN LIBERTÀ

Musica maestroPronti a preparare la valigia per le vacanze? L’importante è non dimenticare nessuno di questi device

avidsen - Quick Charger Car 3 Usb

Come dice il nome, questo caricabatterie per

auto è in grado di caricare velocemente e in

contemporanea tre dispositivi, erogando fino a

2/2.1 A, grazie ai tre ingressi indipendenti Usb,

compatibili con tutti gli smartphone, i tablet e i

lettori Mp3 in commercio

www.avidsen.com

sony - SRS-Xb40

Lo speaker wireless, portatile, è caratterizzato da un audio potente, ideale per

le situazioni “party”, sulla spiaggia o in terrazza. Dotato di “extra bass”, offre

una linea luminosa multicolore, con luci speaker e strobo. Completamente

impermeabile, sfiora le 24 ore di durata delle batterie

www.sony.it

olloclip - Active Lens Set

Se possedete un iPhone 7 o un

iPhone 7 Plus e vi dilettate con la

fotografia, questa pratica soluzione

è l’ideale per implementare sullo

smartphone un effettivo zoom ottico

2X e una lente ultra-wide con ben

155 gradi di angolazione visuale,

degna di un’action cam

www.olloclip.com

huawei - Watch 2

È un wearable pensato anche per il fitness, per il

monitoraggio dell’allenamento fisico dell’utente. In

movimento i controlli touch, il riconoscimento della

voce e le istruzioni vocali permettono di rispondere

in modo semplice a qualsiasi chiamata o messaggio,

con o senza sim a bordo

consumer.huawei.it

hi tech

chipolo - Chipolo Plus

Il tracker Bluetooth serve a localizzare rapidamente

gli oggetti smarriti, siano essi chiavi, portafogli o

smartphone in modalità “silenzioso”. Funziona

mediante un’app compatibile iOs e Android. Il

dispositivo è anche waterproof e la forza della

community ne estende la portata

www.chipolo.net

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style

MODERN PATHFINDER

di Elisa Anastasino

Il miglior amico dell’uomo per combattere con stile il caldo torrido

Short attitude

Per l’estate 2017 Prada fa sfilare un guardaroba di matrice sportiva in versione pop e sofisticata: una collezione fresca e leggera e al tempo stesso pratica e comoda. Un activewear dedicato a giovani viaggiatori in cerca di condivisioni

style

Paul smith

Acceso color blocking che smorza

l’essenzialità di questi pantaloncini

www.paulsmith.com

Marina yachting

Per un’estate fatta di avventure sono

perfetti gli shorts in stampa jungle

www.marinayachting.it

at.P.co

In cotone stampa pois con tasconi laterali

e dettaglio sulla cintura

www.atpco.it

c.P. company

Il dettaglio sul taschino con la zip è il

simbolo identificativo del brand

www.cpcompany.com

Pepe Jeans london

Color avio con microfantasia dei semi

delle carte da gioco e tasche a filetto

www.pepejeans.com

Berwich

Rigati e a mezza coscia, sono realizzati in

un leggero tessuto goffrato

www.berwich.com

tommy hilfiger

Sono dei mini pappagalli multicolore quelli

ricamati su questi shorts in cotone

www.tommy.com

salvatore ferragamoSandali in mesh e gomma con suola bicolore rinforzata

sealupParka con cappuccio in tela resistente e impermeabile

epos eyewearOcchiali da sole in metallo abbinato ad acetato Mazzucchelli

Pence 1979

In cotone e color verde militare, i dettagli

particolari sono le doppie pinces

www.pence1979.com

eleventy

Un grande classico in leggero cotone,

altezza ginocchio e tasconi laterali

www.eleventy.it

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Qeeboo - Rabbit Chair

Di Stefano Giovannoni, una seduta

a forma di coniglio che piace anche

ai più piccoli. Disponibile anche in

versione lampada

www.qeeboo.com

Le sedute sospese da

esterni Easy 23295 di

Skyline design sono

perfette a bordo

piscina e per rilassarsi,

per esempio, con un

bel libro tra le mani

Quando le giornate si fanno roventi è naturale desiderare di evadere la routine (specie se alle ferie manca ancora un po’) e anticipare il mood vacanziero con delle mini fughe in piscina o, alla peggio, in qualche parco cittadino, alla ricerca di aria e relax. L’idea di un tuffo in acqua resta sem-pre la soluzione anti afa più efficiente, ma non solo. Secondo uno studio condotto dai ricercatori della University of South Carolina e pubblicato sull’International Journal of Aquatic Research and Education, i nuotatori tendono a vivere più del-la media. Non male, no? Per chi può concedersi il lusso di una piscina privata – o semplicemente per chi desidera sognare – ecco qualche ispira-zione design per ricreare il perfetto set da pool party. Quel che occorre sono di certo accesso-ri design ultra pop, a partire dal colore. Spazio a tutte le sfumature di giallo, arancione, azzurro e verde acqua, ma anche – per chi ama un tocco leggermente kitsch – rosa fluo e verde acido, in un invito a divertirsi e a esagerare. D’altra parte, la stagione è quella giusta: come dire, se non si trasgredisce in estate, quando? Alcuni spunti per gli acquisti: a bordo vasca non possono mai man-care comode sedute. Che siano sdraio, poltroncine o lettini, basta che abbiano forme ergonomiche e possibilmente strutture pieghevoli: la piscina im-

pone continui spostamenti, alla ricerca del sole o dell’ombra. Leggerezza e praticità anche per un altro elemento best-seller delle giornate in pisci-na: l’ombrellone. Oggi esistono modelli resistenti al vento, robusti e coprenti, ma al contempo facili da aprire e chiudere. Poi bisogna pensare a punti d’appoggio (rigorosamente a prova d’acqua), dove sistemare riviste, libri, cocktail e merende. Bastano semplici coffee table, meglio se di plastica con top in legno di teak, materiale preso in prestito dalle barche a vela e sinonimo di estate. Il tocco solare deve riguardare anche pezzi meno impegnativi – eppure fondamentali – come i tessili: asciugama-ni di spugna e tovagliette si colorano di tonalità fresche ed energizzanti, meglio se in pendant con l’acqua. Un’alternativa al mood arcobaleno resta il total white, sempre una certezza, perfetto anche in questa stagione. Infine, la piscina appare subito più bella se si sceglie di posizionare qua e là alcune piante in vaso. Date le temperature, meglio sele-zionare cactus, aloe, agavi e simili: resisteranno al caldo, regalando alla location un’eleganza hippy-chic (basta cercare la giusta ispirazione su Pinte-rest e dintorni: pare sia l’anno delle piante grasse!). Quanto al resto, spazio all’improvvisazione: mu-sica, materassini, pouf, candele per il tramonto e tanto divertimento. Effetto party garantito.

di Marzia Nicolini

Esplode la voglia di vacanze e relax. Tra ombrelloni multicolor, sdraio pieghevoli e tessuti leggeri, il mood si fa spensierato. Il bordo vasca diventa l’approdo perfetto. Per relax e divertimento a un passo dall’acqua

LET’S PARTy (IN PISCINA)

Viva i coloriAzzurro come l’acqua, verde e giallo come la frutta più vitaminica, lilla per un tocco pop e bianco come la luce

design design

emu - Snooze

Dimensioni generose e accoglienti per questa sdraio

colorata. A cui si può aggiungere il poggiapiedi

www.emu.it

Miniforms - Link

Colorati e leggerissimi, questi coffee table in metallo sono disponibili

in diversi colori. Design Giopato & Coombes

www.miniforms.com

3 Fatboy italia - Stripesol

Ombrellone oversize dalla classica trama a strisce.

Si allarga e protegge fino a tre metri e mezzo

www.fatboy.com

royal Botania - Wave

Resistente, l’amaca ergonomica Batyline color

verde acqua è dotatata di copertura anti-sole

www.royalbotania.com

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Ci sono tanti modi di visitare Palermo. O forse ci sono tante Palermo e lo spiega bene lo scrittore Roberto Alajmo «La Città non è mai uguale a se stessa. La Città cambia in continuazione. […] ri-uscendo sempre a mantenere ferma l’identità». E in effetti Palermo è una città imprevedibile: le vie sono caotiche, i palazzi magnifici nel loro disordi-ne, gli abitanti spesso imperscrutabili. Arrivarci è facile grazie all’aeroporto di Palermo Punta Raisi, ben collegato con tutti gli scali aeroportuali italiani e a soli 35 chilometri dal centro del capoluogo. Ed è proprio qui, sulla A29, nei pressi dello svincolo di Capaci che si fa un primo incontro con la città e la sua storia. Come due mani in preghiera volte verso il cielo si erge la stele dedicata al giudice Fal-cone e alla sua scorta, in ricordo dell’attentato del 23 maggio del 1992 e improvvisamente non si può che ammutolire. Poi si arriva a Palermo ed è subito colore, magia e tripudio di sguardi, nel contempo dati e ricevuti, come a dire di una presenza che fra dolcezza o fierezza non è mai indifferenza. La cit-tà sorprende per la varietà degli stili architettonici:

da quello arabo normanno della Cattedrale e di Palazzo dei Normanni, a quello gotico della Chie-sa di Santa Maria dello Spasimo fino al barocco dei Quattro Canti, la suggestiva piazza ottagonale che nelle quattro facciate che la chiudono presenta le dediche a quattro sovrani: Carlo V, Filippo II, III e IV; a quattro sante protettrici: Cristina, Ninfa, Oliva e Agata; e alle quattro stagioni, per cui scat-ta immediato il gioco del chi è chi. Da fare, senza ombra di dubbio, è un giro nei mercati della città: Vucciria, Ballarò, il Capo e Borgo Vecchio dove fra carnizzieri e pisciaiuoli, ambulanti e venditori ge-nerici che si debba comprare o meno, lo spettacolo è assicurato. Poco lontano da la Vucciria si apre un altro quartiere storico, fra l’altro prediletto dagli arabi: la Kalsa, in grado di sorprendere anche gra-zie al suo Spasimo, la chiesa sconsacrata e senza tetto dal Settecento e ora recuperata come tea-tro all’aperto, che conserva intatta la drammatici-tà dello spasimo in quell’urlo simbolico lanciato contro il cielo dall’assenza della volta. Per recu-perare un po’ di relax si può fare un salto all’orto

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02

botanico, in pratica un museo all’aperto che vanta 200 anni di storia e una collezione di oltre 10mila specie vegetali. Per rifocillarsi proprio di fronte all’orto botanico c’è il Bar Touring, uno storico lo-cale in via Lincoln, famoso per le arancine bomba: oltre 400 grammi di riso l’una. Sempre in fatto di street food un salto va fatto anche da U’ Va-stiddaro, la focacceria friggitoria storica di piazza Marina, dove c’è solo l’imbarazzo della scelta fra panini con la milza, pane e panelle, crocché e me-lanzane fritte. Tra le specialità tipiche palermitane è da assaggiare anche la frutta Martorana a base di farina di mandorle e zucchero che ripropone re-pliche esatte di frutti, verdura e tanto altro. Per gli amanti del noir un itinerario da non mancare sono le catacombe del Convento dei Cappuccini con le sue circa ottomila salme, molte delle quali per-fettamente mummificate, come la piccola Rosalia di due anni, a detta di molti tra le più belle mum-mie del mondo. A questo punto per recuperare un po’ di luce non resta che fare un tributo a Santa Rosalia, la protettrice della città che ha il suo san-

tuario addossato al Monte Pellegrino. Ed è proprio su un versante dello stesso Monte che si sviluppa la spiaggia di Mondello il mare dei palermitani, con la sua sabbia finissima, le acque cristalline e gli stabilimenti balneari liberty. Da vedere anche La Zisa, in arabo “la splendida”, la residenza esti-va dei normanni edificata attorno al 1165; i teatri: dal Massimo, il maggiore teatro lirico d’Italia, al Politeama, armonioso e imponente nella sua strut-tura architettonica, senza dimenticare il Duomo di Monreale con i suoi mosaici bizantini. Il nostro tour si conclude, infine, a Moltivolti, uno spazio coworking con bar e ristorante, 400 metri quadrati in tutto, nato nella borgata di Ballarò, dalla volon-tà di sei ragazzi di varie nazionalità. L’obiettivo è fondere la cultura europea con i Paesi del Mediter-raneo, come si capisce subito dal menu che ha mil-le storie da raccontare, da quella dell’Afghanistan, terra di provenienza di uno degli chef in cucina, per passare ai colori e ai sapori del Senegal, fino ai profumi della Sicilia. Insomma qui l’integrazione passa anche dalla tavola. E perdipiù con gusto.

di Marilena Roncarà - foto di Bernardo Giannone

Dominata a turno da greci, romani, bizantini, arabi, normanni, svevi angioini, aragonesi, borbonici e sabaudi, Palermo ha con il tempo fatto proprie, nei vicoli, nella cucina e nei volti della sua gente, queste contaminazioni infinite, ancora oggi parte della sua ricchezza, di sicuro un segno di apertura al mondo

IL CUORE DEL MEDITERRANEO

weekend weekend

01. A Palermo bisogna

fare un giro nei mercati

rionali per entrare in

contatto con l’anima

più vera della città.

Nella foto il mercato di

Ballarò

02. La chiesa di San

Cataldo, patrimonio

dell’Unesco, in piazza

Bellini. qui si possono

ammirare anche i resti

delle mura puniche

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Diversamente da altri stati americani, in Florida ci torneresti un sacco di volte senza spiegartene il motivo. Gli italiani moltissimi dei quali oggi residenti e appartenenti alla comunità tricolore, vedono nello stimolo soprattutto Miami Beach, famosa per essere l’impero del divertimento. Ma basta tornare sulla terraferma per rendersi con-to che c’è molto di più. Per chi la conosce poco, certo, protagonista è sempre la pittoresca Ocean Drive, con musica e cocktail sui tavoli a tutte le ore. Ma anche quartieri come Calle Ocho o la più nascosta Star Island raccontano molto sull’attra-zione di queste zone. Star Island, ad esempio, è un isolotto artificiale creato da meno di cento anni. Per la sua costruzione la sabbia arrivò addirittura con l’ausilio dell’Army Corps of Engineers (giu-sto per rendere l’idea!) e oggi è ancora la zona più esclusiva, con un ingresso controllato 24 ore dal

servizio di sicurezza: oltre ai tour boat, ai curiosi è concesso anche un giretto all’interno, mentre l’alloggio invece è rimasto un paradiso solo per 35 proprietari, acquirenti del calibro di Madonna, Lenny Kravitz e Puff Duddy. Entrare nel club? Impossibile. Nessuno vende e i prezzi, a ogni modo, partono dai 10 milioni di dollari...Decisamente più alla mano il “Dry De Lux” di Fallon Fitzgerald, dove le star di Miami vanno per un cambio di pettinatura. O da Cecconi, risto-rante in cui l’alta società si dà appuntamento sin dal risveglio per parlare della serata prima. Qui di turisti neanche l’ombra, ma soprattutto di dome-nica è necessaria la prenotazione: di rito per tutti è il brunch. Anche per chi è appena arrivato in città, e ci tiene a integrarsi nel vero stile Miami. Cibo di ottima qualità e posto ideale anche se vi manca un po’ Milano. Con una sola avvertenza:

01

non è escluso incontrare pure il vostro vicino di casa, quello “imbruttito”. Ormai certe chicche le iniziano a conoscere in troppi.Ci vogliono 15 minuti in auto per passare da South Beach al cuore artistico di Miami, Wynwo-od. Chiamato anche “Little San Juan” o “El Bar-rio”, quando si varcano i confini del quartiere ci si apre a una nuova dimensione, fatta di murales e graffiti, vita notturna frizzante e un ruggente ani-mo artistico. Da qui si può raggiungere il Design District, tra i suoi loft e gli ex magazzini ricon-vertiti in boutique, ma anche dirigersi verso sud, imboccando l’Overseas Highway, ovvero l’au-tostrada dei mari da cui ammirare da una parte l’Oceano Atlantico, dall’altra il Golfo del Messico. Da Miami per arrivare nel punto più a sud de-gli States ci vogliono 4 ore (208 km), ma ne vale la pena. Si percorre tutto l’arcipelago Keys – co-stituito da quasi 1.700 isole – e una volta giunti all’estremo si è praticamente a soli 140 km da Cuba. Capita pure di vederla nei giorni più lim-pidi. Ma se non si è così fortunati accontentatevi del resto. Perché l’obiettivo vero è il viaggio: la Overseas Highway comprende scorci incantevoli e strade a pelo d’acqua con decine di ponti in cui ancora è visibile la “Old Highway”. Per mangiare un boccone, nel tragitto, il “No Name Pub” offre un’atmosfera davvero surrea-le: a testimoniare il passaggio di tutti i viaggia-

tori, il locale oggi ha un’infinita distesa di “one dollar” appesi alle pareti. Per contribuire, si può chiedere il cestino con pennarelli e graffettatri-ce, oppure aspettare gli onion ring migliori del-la zona, leggendo i saluti di chi è passato prima: un valore senza tempo per quel pub noto solo agli abitanti di Big Pine Key e diventato famoso solo grazie al passaparola. Arrivati a Key West, ve-drete le case in legno, simbolo di una civiltà che è rimasta legata alle vecchie tradizioni. Una tra tutte? L’ora del tramonto: come un rito, riunisce la comunità in Mallory Square, assieme a turisti, artisti di strada e pescatori al rientro. Prenderne parte significa fare coro sulle note di un’Halleluja di Leonard Cohen intonata da una panchina, ma anche sedersi tra i galli liberi di gironzolare in cit-tà, mentre il sole pian piano sparisce. In sostanza, riscoprire una parte del mondo che non pensavi esistesse, in un’atmosfera che rimane silente e ri-lassante fino a cena.Per ristorarsi non sono rimasti molti posti tipici come Sloppy Joe’s, in grado di incarnare tutti i sapori dell’isola. Questo, dunque, scelto ai tempi perfino da Hemigway per scrivere, oggi è diven-tato un tempio ove gustare piatti della tradizio-ne e ascoltando musica dal vivo. Alloggiare in un affittacamere locale, infine, è d’obbligo prima di andarsene per dire di essere davvero stati a Key West. Garantiamo noi: non avrete altra pretesa.

di Ilaria Salzano

Scalo, stopover o viaggio on the road: Miami sembra sempre a un passo da Milano. Ecco, dunque, tutte le valide scuse per passarci qualche ora… E tornare ogni volta con il ricordo di un’esperienza indimenticabile

My FLORIDA

oVerseas oVerseas

01. Miami è una

città che offre tante

opportunità diverse:

Miami Beach è famosa

per il divertimento,

Ocean Drive per i suoi

locali dove ascoltare

musica e bere cocktail,

Star Island è una zona

molto eslcusiva e South

Beach, è da vedere per

la sua vena artistica.

Foto di Antonella

Ferrari

02. Miami è capace

di conquistare in

poche ore chi la visita

per l’atmosfera che

si respira. Foto di

Antonella Ferrari

03. Raggiungere Key

West in macchina è

un’esperienza unica.

Si viaggia per circa

210 km, passando

dall’arcipelago delle

isole Keys. Il punto più

a sud dista 140 km da

Cuba. Foto di Ilaria

Salzano

02

03

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In principio furono gli imperatori della dinastia Heian. Anno mille: dalle antiche capitali, Nara prima e Kyoto poi, muovevano a sud verso le foreste di cedri della penisola di Kii Hanto in cerca di purificazione sui sentieri tracciati dagli yamabushi, monaci asceti ritenuti guerrieri invin-cibili. Abbandonate le vesti regali, cercavano la comunione catartica con Kumano, dio della na-tura. Poi vennero nobili, dignitari, samurai e con-tadini, uomini e donne in cammino sulle stradine selciate che anche oggi s’inerpicano tra le dolci colline della provincia di Wakayama, nel grande cammino d’Oriente noto come Kumano Kodo. La Santiago del Sol Levante, riconosciuta patrimonio dell’Unesco nel 2004, è un sistema di sei sentieri che s’intrecciano a occupare l’intera penisola 200

chilometri a sud di Osaka. Alcune di queste anti-che vie sono state sacrificate allo sviluppo urba-no, altre invece resistono, sono percorribili zaino e bastone alla mano e sanno offrire scorci di un Giappone autentico tra cedri altissimi, onsen (sta-zioni termali), fiumi, piccoli Oji (santuari lignei), villaggi di poche case. Tutti i sentieri convergono a Hongu, cittadina nel cuore della penisola dove sorge il Kumano Hongu Thaisha, austero tem-pio buddista sui toni del marrone cupo, il primo dei tre templi del cosiddetto Kumano Sanzan, il complesso sacro oggetto di pellegrinaggio nei millenni, simbolo del cammino, che comprende, scendendo da Hongu verso la costa sud orientale, il Kumano Hayatama Taisha col suo rosso laccato e il Kumano Nachi Taisha ai piedi di una cascata

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di 133 metri. Ma attenzione: il Kumano Kodo è molto diverso dal cammino di Santiago. Qui la cattedrale è la natura. Siete voi a decidere la meta costruendo passo dopo passo la vostra personale via per la purificazione. L’ideale sarebbe vedere tutti e tre i templi del Kukmano Sanzan, impresa fattibile in una settimana di cammino, ma ogni piccolo santuario è una scoperta. Il consiglio è quello di percorrere il sentiero Nakahechi, la via imperiale che parte dalla cittadina di Kii-Tanabe a due ore di treno da Osaka e che taglia trasver-salmente la penisola di Kii per 40 chilometri fino a Hongu dove sorge il primo tempio e poi si di-vide in due rami. Il Nakahechi è il sentiero più antico e più conosciuto, non presenta particolari difficoltà e, se siete mediamente allenati, supere-rete felicemente il saliscendi che vi porta da zero a 688 metri di dislivello (per i più pigri o i meno allenati in alcuni punti il sentiero si avvicina alla statale 311 dove potrete prendere un autobus). Avvertenza d’obbligo per chi sceglie il trekking: in agosto fa molto caldo. Ecco dunque un breve tratto del Nakahechi. Alla stazione di Kii-Tanabe fate un salto all’ufficio del turismo adiacente per munirvi di cartina e salire sull’autobus 2 che vi porta in 40 minuti a Takijiri-Oji da dove parte il sentiero. Segnatevi la parola Oji, significa san-tuario, e la troverete a indicare tutti i villaggi che ospitano una traccia degli antichi pellegrini. Takijiri-Oji è la “Porta d’ingresso al regno degli Dei”: da qui si possono percorrere a piedi i 16 chi-

lometri che vi separano da Chikatsuyu-Oji, vil-laggio a valle sul fiume Hiki-Gawa che propone alcuni minshuku (B&B giapponesi) deliziosi ma da prenotare prima e soprattutto da raggiungere entro le 18, orario in cui chiudono anche i pochi supermercati esistenti. Un dettaglio: scordatevi l’illuminazione pubblica. Mentre state attenti a non inciampare nelle radici dei cedri secolari che vi sovrastano, aguzzate la vista: potreste avvistare un santuario seminascosto dalle foglie, tori ai bor-di del sentiero, qualche corvo, animale simbolo di Kumano e messaggero della dea del Sole. Intorno a voi, il silenzio. Incontrerete pochissime perso-ne, pellegrini con il loro buon bastone e residenti dei villaggi attratti dal passaggio di stranieri. Da Chikatsuyu-Oji, se ve la sentite, partite presto in direzione Hongu per 24 chilometri: la vista del Kumano Hongu Thaisha dall’alto, col suo tori di 33,9 metri, ripagherà ampiamente la fatica. A Hongu siete nel cuore del Kumano Kodo. Fatevi forza e proseguite per altri due chilometri fino al villaggio di Ukegawa per ristorarvi nelle acque termali bollenti del fiume Otonashi-Gawa ada-giato a valle. In alternativa, in 15 minuti di auto-bus da Hongu si arriva a Yunomine Onsen, antica stazione termale vecchia di 1800 anni (chiude alle 22). Ma poco conta il percorso che sceglie-rete, qualunque sarà il cammino fatto, le infinite vie del Kumano, strette nell’abbraccio millenario delle montagne del Kii, vi aspettano con il loro carico di storia e spiritualità.

testo e foto di Silvia Paterlini

Tra templi e santuari, onsen e cedri secolari, il cammino sacro del Kumano Kodo si snoda tra le montagne del Kii a sud di Osaka. Noto a imperatori e samurai già dall’anno mille, oggi ignorato dai circuiti turistici tradizionali, è il luogo ideale per scoprire le radici spirituali del Sol Levante

LA SANTIAGO (DIMENTICATA) DEL GIAPPONE

oVerseas oVerseas

01. Lungo il cammino

sacro del Kumano

Kodo si incontrano

molti templi shintoisti

costrutiti in legno

02. Il percorso

del Kumano Kodo

attraversa bellissime

foreste di alti cedri

03. Vista sulle

piantagioni di tè, un

paesaggio tipico tra le

montagne del Kii

03

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in viaggioLa Provincia di Wakayama si raggiunge facilmente in treno da Osaka o da Kyoto. Dalla stazio-ne di Osaka ci sono treni diretti della linea Nankai che in due ore arrivano a Kii-Tanabe, cittadina sulla costa sud occidentale della penisola di Kii da cui parte la via Nakahechi proposta nel servizio. Il consiglio è di mangiare nel minshuku in cui alloggiate. Per il pranzo, se siete in cammino, comprate qualcosa nei mini market dei vari villaggi. Soprat-tutto l’acqua che non si trova lungo il percorso. www.kumano-travel.com

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Food

La ricetta dello chefUn drink con base vodka Absolut Elyx, perfetto per le calde sere estive. È una delle ultime creazioni del Bar Manager del Four Seasons di Milano

Food

Cosmopolita per lavoro ma attaccato alla sua città d’origine, Carrara, e al territorio toscano, il nuovo Bar Manager del Foyer del Four Seasons di Milano ama far conoscere i prodotti locali ai suoi clienti. Dopo dieci anni di “lontananza” trascorsi in Versilia, Mosca e Firenze, Angeli è tornato a Milano, la capitale del bere miscelato. Da piccolo seguiva le gare di barman a cui partecipava sua zia, crescendo è salito sul podio del concorso “Angelo Zola” per tre volte

di Carolina Saporiti - foto di Matteo Cherubino

LUCA ANGELI

La passione per il bar e per il bancone come sono nate?Arrivano dalla famiglia, io amo chia-mare questo mestiere “circense” perché si tramanda di generazione in genera-zione. Ho una zia che è stata una delle prime barman moderne e da piccolo venivo portato a vedere le competi-zioni a cui partecipava: mia mamma si disperava e invece io ero contentissimo. Anche il posto dove sei cresciuto forse ha avuto influenza?Certamente, in Versilia le estati dell’a-dolescenza erano dedicate a lavoretti stagionali in bar e gelaterie. Poi, una volta terminati gli studi, mi sono lan-ciato in corsi e master fino ad arrivare qui, girando un po’ per l’Italia, ma an-che all’estero. Arrivi al Four Seasons di Milano dal Four Seasons di Firenze. Com’è stato il passaggio?Quella di Firenze, durata quasi sei anni, è stata un’importantissima esperienza. Ho avute tante opportunità, ho fatto tante esperienze divertenti che mi sono portato dietro. È importante andare all’estero? È fondamentale se vuoi raggiungere li-velli “alti”. C’è differenze tra le clientele?Sì, certo. L’americano, per esempio, ha un approcio più goliardico e aperto alle novità e si lascia guidare; l’italiano, al

Quali sono invece gli alcolici di ten-denza?Ora siamo nella fase dei gin e dei ver-mouth. È appena passata la moda del whiskey e stiamo entrando in quella della tequila e del mezcal, perché fi-nalmente stanno arrivando prodotti di altissima qualità. Stanno anche aumentando i produtto-ri locali. Tu usi i loro prodotti?Sì! Ci sono realtà molto interessanti ed è bello far provare a un cliente che arriva da lontano qualcosa che produ-ciamo noi. Qui usiamo Sabatini, un gin prodotto in Inghilterra, ma con le bo-taniche delle colline toscane e il Giass. E poi c’è tutta la liquoristica e ci sono gli amari. L’Italia ha una vastità di pro-dotti impressionante, ogni regione ha i suoi. Io che arrivo da una zona di con-fine tra Liguria e Toscana, sono legato a erba cedrina, arancia, rosolio, china clemente. Ci divertiamo a giocare con i prodotti del luogo.Parli sempre al plurale...Noi siamo un team molto affiatato, an-che se sono qui solo da ottobre. Io sono il comandante, ma si lavora in simbiosi, l’idea può partire da me o da un mio collaboratore e poi arriviamo insieme al cocktail finale. Non abbiamo un menu estramente complesso, vogliamo fare cose genuine e “veloci”, adatte a Milano che è una città frenetica.

contrario, è molto più abitudinario; il francese ha un indirizzo più classico... Nonostante la globalizzazione, per cui tutti bevono tutto, restano comunque delle cose preferite a seconda dei Paesi di provenienza.Le persone negli ultimi anni hanno imparato a bere bene. Cosa è succes-so?Sicuramente è aumentata la conoscen-za della nuova generazione, anche gra-zie a internet e ai social network. Prima il bere miscelato era il bere in discote-ca, oggi i cocktail sono visti come pro-dotti di qualità e innovazione.Qual è la cosa peggiore che una perso-na può chiederti al bancone?Di peggiore non c’è nulla: la cosa bella del nostro lavoro è riuscire ad accon-tentare tutti, eventualmente instradan-do verso i prodotti di qualità.Come si crea un nuovo cocktail?Innanzitutto devi averlo dentro... Poi è sicuramente una questione di ingre-dienti per creare i giusti accostamenti di profumi e sapori. Ti posso dire che i miei drink hanno come filo conduttore l’armonia. Non ci devono essere picchi di asprezza, dolcezza, acidità o sapidi-tà. Anche se oggi, la tendenza è il con-trario. Oggi vanno molto i sour con una base agrumata con molto zucchero, ma è la cosa più facile da fare per nascon-dere i difetti di un prodotto.

garden in the city Un’atmosfera rilassata ed elegante accoglie i clienti del Foyer, il bar del Four Seasons di Milano, che posso-no gustare antipasti, snack, dessert e cocktail. Situata accanto al Foyer, nel luogo in cui oltre 500 anni fa sorgeva la chiesa del convento, la suggestiva Sala Camino ha le pareti decorate con una raccolta di schizzi realizzati per il Teatro alla Scala da Filippo Peroni, un famoso sceno-grafo e costumista d’opera del XIX secolo. Ma in estate, ci si sposta nell’incantevole giardino dell’alber-go, per sorseggiare i cocktail del Bar Manager, Luca Angeli. Il Foyer - Four Seasonsvia Gesù 6/8 - Milanowww.fourseasons.com/it/milan

Ingredienti: 4.0 di vodka infusa in fiori di ibisco, 2.0 di liquore Essentiae Lunae Erba Cedrina, 2.0 di succo di cranberry, 2.0 di succo di lime, ginger beer

Milano Fashion Mule

Preparazione: miscelare tutti gli ingre-dienti insieme. Versare in un bicchie-re e servire aggiungendo top di ginger

beer. Il risultato è un cocktail estivo perfetto, reso ancora più speciale dal tocco del liquore di erba cedrina.

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C’è tempo fino a poco dopo la metà di agosto per vedere La Terra Inquieta, la mostra ideata e curata da Massimiliano Gioni e promossa dalla Fondazione Ni-cola Trussardi e dalla Triennale di Mi-lano, dedicata a uno dei fenomeni che più sta cambiando la nostra contem-poraneità: i flussi migratori. Il titolo è stato preso in prestito da Gioni da una raccolta di poesie dello scrittore carai-bico Eduard Glissant, l’obiettivo invece è quello di raccontare il presente attra-verso una selezione di opere prove-nienti da artisti di tutto il mondo (oltre 40 i Paesi rappresentati) e una serie di documenti storici e oggetti contempo-ranei, combinati assieme per costruire

una narrazione della migrazione diver-sa da quella che conosciamo grazie ai media. L’arte non si limita a descrivere i conflitti che generano la necessità di spostarsi dalla propria terra di origine, ma testimonia come questi movimenti di persone possano essere occasione di incontro e scambio. Spazio quindi an-che alle storie individuali e a quelle dei luoghi, alle situazioni del passato che ciclicamente ripetono le loro dinami-che e che hanno interessato da vicino anche la nostra nazione. Una mostra che completa con un’altra prospettiva, non presente sui media “classici”, il no-stro bagaglio di conoscenza di un tema sempre più centrale.

La Terra Inquieta

Triennale - Milanofino al 20 agosto www.triennale.org

Una selezione dei migliori eventi che animeranno la città nei prossimi mesi

Da non perdere...

a cura di Enrico S. Benincasa

Free tiMe

The Big DrawI Giardini Indro Montanelli saranno teatro di una due giorni totalmente gratuita dedicata al disegno, curata da Fabriano, nella versione italiana. Un weekend pensato per gli amanti di questa disciplina di tutte le età, che potranno cimentarsi in laboratori anche insieme a profes-sionisti o semplicemente divertirsi con matite e fogli in mano. Giardini Montanelli - Milanoil 16 e 17 settembre www.fabriano.com/bigdraw

Free tiMe

Definirla solamente mostra è riduttivo, la parola “esperienza” nel titolo non è stata usata senz’altro a caso e descrive bene cosa accadrà ai visitatori. A parti-re dalla fine di luglio e per tutto il 2017 il Mudec dedica a Gustav Klimt una rappresentazione multimediale e mul-tisensoriale. Questa iniziativa, curata da Crossmedia Group e prodotta da 24 Ore Cultura, vuole essere una sorta di prequel delle celebrazioni che la cit-tà di Vienna dedicherà l’anno prossimo a uno dei suoi artisti più rappresentati-vi (nel 2018 ricorrerà il 100esimo an-niversario della scomparsa). Il percorso si articola attraverso immagini, suoni, video e musica, immergendo totalmen-te il visitatore e coinvolgendo lo spazio

a disposizione delle sale dal soffitto al pavimento. Un risultato scenografico ottenuto grazie a tecnologie all’avan-guardia, che consentiranno inoltre di riprodurre in 3D alcuni luoghi simbo-lici della Vienna di inizio secolo, teatro principale della vita di Klimt. Le oltre 700 immagini selezionate che sono parte della mostra permettono di avere uno sguardo completo sulla sua opera e su quelle “declinazioni” del suo ta-lento meno conosciute, che lo hanno portato a sconfinare nella moda così come nell’architettura, nel proto-de-sign e nelle arti applicate come l’ore-ficeria. Un contesto nuovo per raccon-tare un artista capace come pochi di essere innovativo.

Klimt Experience

Mudec - Milanodal 26 luglio al 7 gennaio 2018www.mudec.it

Conversation PieceIn un luogo importante in Italia per la scultura, l’artista torinese Sabatino Cersosimo presenta una personale con dieci lavori di diverse dimensioni su lastre di metallo, rea-lizzati con pittura a olio e sfruttando il processo di ossidazione. Parti-colare l’allestimento, con le opere posizionate per ricreare una scena di conversazione nel quale anche il pubblico è parte attiva. Accesso Galleria - Pietrasanta LUdal 16 luglio al 21 agosto www.accessogalleria.com

BaustelleCon il tour di L’Amore e la violenza, il loro ultimo album, hanno fatto 19 sold out in altrettanti teatri in giro per l’Italia, facendo registrare un totale di 27mila spettatori. Quello del Carroponte non è un palco simile a quelli calcati nella prima parte dell’anno, ma l’occasione è buona per salutare l’estate con il live di un gruppo italiano oramai cross-generazionale. Carroponte - Sesto S.G. MIil 9 settembre www.carroponte.org

City Outdoor GamesPer un weekend le attività all’aria aperte sbarcano a Milano, precisa-mente sulle sponde della Darsena e nei parchi cittadini. Per chi ha vo-glia di provare per una volta il free climbing, il SUP, la mountain bike o la canoa, City Outdoor Games è l’occasione giusta per farlo vicino a casa. Il programma completo è sul sito dell’evento.Darsena e parchi cittadini - Milanodal 15 al 17 settembrewww.cityoutdoorgames.it

Page 33: club milano n. 39A spasso per Milano, alla scoperta degli edifici liberty più belli della città: da Casa Malpighi all’acquario Il volo è sempre stato un desiderio dell’uomo.

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Un passato di nobiltà e miseria alle spalle, un presente intenso e un futuro che potrebbe riservare piacevoli sor-prese. La storia di Villa Simonetta si intreccia in maniera decisa con quella di Milano: costruita verso la fine del Quattrocento, è una villa (un tempo) suburbana con caratteri rinascimenta-li. Subisce nei secoli diverse ristruttu-razioni, tra cui quella dell’architetto Domenico Giunti che introduce la pianta a U e il portico della facciata. Tra le personalità a essa legate trovia-mo anche Ludovico il Moro, Ferrante Gonzaga e famiglie importanti mila-nesi come i Castelbarco, gli Osculati e, appunto, i Simonetta, che ne acqui-siscono la proprietà nel 1555. Nono-stante sia defilata geograficamente, è da sempre un punto di riferimento per la città stessa, tanto da essere collega-ta al Castello Sforzesco con un tunnel sotterraneo che parte da una delle sue

peschiere sul retro. Con il passare de-gli anni acquisisce fama internazionale grazie a un effetto acustico unico al mondo, la sua eco “infinita” udibile nel suo cortile. L’inserimento nel tessuto urbano dovuto all’ampliamento dei confini cittadini coincide con un perio-do di declino, all’inizio del XIX secolo, che vede la struttura diventare sede della malfamata Compagnia della Tep-pa, ma anche ospedale, falegnameria e osteria. La vicina costruzione dello sca-lo ferroviario Farini ne ridimensiona la parte esterna, ma il peggio deve ancora avvenire: nel 1943 viene semidistrutta dai bombardamenti. La ricostruzione post bellica è a opera del comune, che ne acquisisce la proprietà nel 1959 e la destina a sede della Civica Scuola di Musica nel 1973. Nato nel 1862, l’isti-tuto milanese oggi intitolato a Claudio Abbado è molto radicato nel territorio ma ha un respiro internazionale di tut-

to rilievo. Equiparato al Conservatorio per il primo ciclo triennale (a breve lo sarà anche per il biennio conclusivo) conta circa 1400 iscritti tra le due sedi (l’altra è in zona Forlanini) provenienti da oltre 30 Paesi, con punte di studenti stranieri dell’80% in corsi come quello di musica antica. Il futuro di Villa Si-monetta, come ci racconta il direttore della Abbado, Andrea Melis, potrebbe presto avere delle sorprese positive: «La riqualificazione degli scali ferro-viari può aprire interessanti scenari: abbiamo presentato un progetto di ri-pristino dell’antico giardino all’italiana della villa che è stato “amputato” in se-guito alla costituzione dello scalo Fari-ni. Poi vorremmo riqualificare uno dei padiglioni delle Ferrovie dello Stato per farne un auditorium polifunziona-le, creando così una città della musica. L’idea è piaciuta molto, speriamo che abbia presto seguito».

Al suo ingresso si può leggere questa scritta: «Eco, che ripete in un momento tranquillo per ben 40 volte la voce ed un colpo di fucile 75 volte». Villa Simonetta, che si trova in via Stilicone, è famosa per la sua eco nel mondo e ha una storia particolare che l’ha portata oggi ancora più a contatto con il suono

La casa della musica

di Enrico S. Benincasa

secret Milano network

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night & restaurant: Al fresco Via Savona 50 Angolomilano Via Boltraffio18 Antica Trattoria della Pesa V.le Pasubio 10 Bar Magenta Largo D’Ancona Beda House Via Murat 2 Bento Bar C.so Garibaldi 104 Bhangra Bar C.so Sempione 1 Blanco Via Morgagni 2 Blue Note Via Borsieri 37 Caffè della Pusterla Via De Amicis 24 Café Gorille Via De Castillia 20 Caffè Savona Via Montevideo 4 Cape Town Via Vigevano 3 Capo Verde Via Leoncavallo 16 Cheese Via Celestino IV 11 Chocolat Via Boccaccio 9 Circle Via Stendhal 36 Colonial Cafè C.so Magenta 85 Combines XL Via Montevideo 9 Cubo Lungo Via San Galdino 5 Dada Cafè / Superstudio Più Via Tortona 27 Deseo C.so Sempione 2 Design Library Via Savona 11 Elettrauto Cadore Via Cadore ang. Pinaroli 3 El Galo Negro Via Taverna Executive Lounge Via Di Tocqueville 3 Exploit Via Pioppette 3 Fashion Cafè Via San Marco 1 FoodArt Via Vigevano 34 Fusco Via Solferino 48 G Lounge Via Larga 8 Giamaica Via Brera 32 God Save The Food Via Tortona 34 Goganga Via Cadolini 39 Grand’Italia Via Palermo 5 HB Bistrot Hangar Bicocca Via Chiese 2 Il Coriandolo Via dell’Orso 1 Innvilllà Via Pegaso 11 Jazz Cafè C.so Sempione 4 Kamarina Via Pier Capponi 1 Kisho Via Morosini 12 Kohinoor Via Decembrio 26 Kyoto Via Bixio 29 La Fabbrica V.le Pasubio 2 La rosa nera Via Solferino 12 La Tradizionale Via Bergognone 16 Le Biciclette Via Torti 1 Le Coquetel Via Vetere 14 Le jardin au bord du lac Via Circonvallazione 51 (Idroscalo) Leopardi 13 Via Leopardi 13 Les Gitanes Bistrot Via Tortona 15 Lifegate Cafè Via della Commenda 43 Living P.zza Sempione 2 Luca e Andrea Alzaia Naviglio Grande 34 MAG Cafè Ripa Porta Ticinese 43 Mandarin 2 Via Garofano 22 Milano Via Procaccini 37 Mono Via Lecco 6 My Sushi Via Casati 1 - V.le Certosa 63 N’ombra de Vin Via San Marco 2 Noon Via Boccaccio 4 Noy Via Soresina 4 O’ Fuoco Via Palermo 11 Origami Via Rosales 4 Ozium t7 café - via Tortona 7 Palo Alto Café C.so di Porta Romana 106 Panino Giusto P.zza Beccaria 4 - P.zza 24 Maggio Parco Via Spallanzani - C.so Magenta 14 Patchouli Cafè C.so Lodi 51 Posteria de Amicis Via De Amicis 33 qor Via Elba 30 Radetzky C.so Garibaldi 105 Ratanà Via De Castillia 28 Refeel Via Sabotino 20 Rigolo Via Solferino 11 Marghera Via Marghera 37 Rita Via Fumagalli 1 Roialto Via Piero della Francesca 55 Serendepity C.so di Porta Ticinese 100 Seven C.so Colombo 11 - V.le Montenero 29 - Via Bertelli 4 Smeraldino P.zza XXV Aprile 1 Smooth Via Buonarroti 15 Superstudio Café Via Forcella 13 Stendhal Via Ancona 1 Tasca C.so Porta Ticinese 14 That’s Wine P.zza Velasca 5 Timè Via S.Marco 5 Tortona 36 Via Tortona 36 Trattoria Toscana C.so di Porta Ticinese 58 Union Club Via Moretto da Brescia 36 Van Gogh Cafè Via Bertani 2 Volo Via Torricelli 16 Zerodue_Restaurant C.so di Porta Ticinese 6 3Jolie Via Induno 1

stores: Ago Via San Pietro All’Orto 17 Al.ive Via Burlamacchi 11 Ana Pires Via Solferino 46 Antonia Via Pontevetero 1 ang. Via Cusani Bagatt P.zza San Marco 1 Banner Via Sant’Andrea 8/a Biffi C.so Genova 6 Brand Largo Zandonai 3 Brian&Barry via Durini 28 Brooksfield C.so Venezia 1 Buscemi Dischi C.so Magenta 31 Centro Porsche Milano Nord Via Stephenson 53 Centro Porsche Milano Est Via Rubattino 94 C.P. Company

C.so Venezia Calligaris Via Tivoli ang. Foro Buonaparte Dantone C.so Matteotti 20 Eleven Store Via Tocqueville 11 Fgf store Piazza xxv Aprile1 Germano Zama Via Solferino 1 Gioielleria Verga Via Mazzini 1 Joost Via Cesare Correnti 12 Jump Via Sciesa 2/a Kartell Via Turati ang. Via Porta 1 La tenda 3 Piazza San Marco 1 Le Moustache Via Amadeo 24 Le Vintage Via Garigliano 4 Libreria Hoepli Via Hoepli 5 MCS Marlboro Classics C.so Venezia 2 - Via Torino 21 - C.so Vercelli 25 Moroso Via Pontaccio 8/10 Native Alzaia Naviglio Grande 36 Open viale Monte Nero 6 Paul Smith Via Manzoni 30 Pepe Jeans C.so Europa 18 Pinko Via Torino 47 Rubertelli Via Vincenzo Monti 56 The Store Via Solferino 11 Valcucine (Bookshop) C.so Garibaldi 99

showroom: Alberta Ferretti Via Donizetti 48 Alessandro Falconieri Via Uberti 6 And’s Studio Via Colletta 69 AutoRigoldi Showroom Skoda Via Pecchio10 AutoRigoldi Showroom Volkswagen Via Novara 235 Bagutta Via Tortona 35 Casile&Casile Via Mascheroni 19 Damiano Boiocchi Via San Primo 4 Daniela Gerini Via Sant’Andrea 8 Gap Studio C.so P.ta Romana 98 Gallo Evolution Via Andegari 15 ang. Via Manzoni Gruppo Moda Via Ferrini 3 Guess Via Lambro 5 Guffanti Concept Via Corridoni 37 IF Italian Fashion Via Vittadini 11 In Style Via Cola Montano 36 Interga V.le Faenza 12/13 Jean’s Paul Gaultier Via Montebello 30 Love Sex Money Via Giovan Battista Morgagni 33 Massimo Bonini Via Montenapoleone 2 Miroglio Via Burlamacchi 4 Missoni Via Solferino 9 Moschino Via San Gregorio 28 Parini 11 Via Parini 11 Red Fish Lab Via Malpighi 4 Sapi C.so Plebisciti 12 Spazio + Meet2Biz Alzaia Naviglio Grande 14 Studio Zeta Via Friuli 26 Who’s Who Via Serbelloni 7

beauty & fitness: Accademia del Bell’Essere Via Mecenate 76/24 Adorè C.so XXII Marzo 48 Aspria Harbour Club Milano Via Cascina Bellaria 19 Caroli Health Club Via Senato 1Centro Sportivo San Carlo Via Zenale 6 Damasco Via Tortona 19 Get Fit Via Lambrate 20 - Via Piranesi 9 - V.le Stelvio 65 - Via Piacenza 4 - Via Ravizza 4 - Via Meda 52 - Via Vico 38 - Via Cenisio 10 Greenline Via Procaccini 36/38 Gym Plus Via Friuli 10 Intrecci Via Larga 2 Le Garcons de la rue Via Lagrange 1 Le terme in città Via Vigevano 3 Orea Malià Via Castaldi 42 - Via Marghera 18 Romans Club Corso Sempione 30 Spy Hair Via Palermo 1 Tennis Club Milano Alberto Bonacossa Via Giuseppe Arimondi 15 Terme Milano P.zza Medaglie d’Oro 2, ang. Via Filippetti Tony&Guy Gall. Passerella 1 Virgin Active Milano Diaz Piazza Diaz 6

art & entertainment: PAC (Padiglione Arte Contemporanea) Via Palestro 14 Pack Foro Bonaparte 60 Palazzo Reale P.zza Duomo Teatro Carcano C.so di Porta Romana 63 Teatro Derby Via Pietro Mascagni 8 Teatro Libero Via Savona 10 Teatro Litta C.so Magenta 24 Teatro Smeraldo P.zza XXV Aprile 10 Teatro Strehler Largo Greppi 1 Triennale V.le Alemagna 6 Triennale Bovisa Via Lambruschini 31

hotel: Admiral Via Domodossola 16 Astoria V.le Murillo 9 Boscolo C.so Matteotti 4 Bronzino House Via Bronzino 20 Bulgari Via Fratelli Gabba 7/a Domenichino Via Domenichino 41 Four Season Via Gesù 8 Galileo C.so Europa 9 Nhow Via Tortona 35 Park Hyatt (Park Restaurant) Via T. Grossi 1 Residence Romana C.so P.ta Romana 64 Sheraton Diana Majestic V.le Piave 42

inoltre: Bagni Vecchi e Bagni Nuovi di Bormio (SO) Terme di Pre-Saint-Didier (AO)

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