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CLUB ALPINO ITALIANO Sezione di Bassano del Grappa LA VALLE DELLE MERAVIGLIE PARCO DEL MERCANTOUR 15 – 18 LUGLIO 2010 (FRANCIA) RACCONTO DI BORTOLO DAL DEGAN

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CLUB ALPINO ITALIANO Sezione di Bassano del Grappa

LA VALLE DELLE MERAVIGLIE

PARCO DEL MERCANTOUR

15 – 18 LUGLIO 2010 (FRANCIA)

RACCONTO DI BORTOLO DAL DEGAN

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A mio nipote

Roel Antonio

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Il caldo è soffocante, opprimente! Temperature che superano i 36° con alta percentuale d’umidità. Mercoledì pomeriggio 14 luglio, devo preparare lo zaino per la prossima avventura montana. Ogni movimento è uno stillicidio di sudore, anche pensare provoca stress; ormai ho una certa età! Chi me lo fa fare? Ho visto quasi tutta la catena alpina e salito su importanti cime, compresa quella appenninica giù fino all’Etna. Cosa ci può essere di più interessante e bello da vedere? Ecco allora come immagini in dissolvenza le rivedo, una dopo l’altra, le montagne della mia vita e con esse la gioia provata e la pace che procurano una volta raggiunte. Subito e prepotente ne sento il richiamo. Abbandono la pigrizia iniziale, l’adrenalina sale ed eccomi qui con il Gruppo Naturalistico Cai di Bassano. La partenza in pullman è fissata per le sei. Alle 14.30 siamo già a Ventimiglia dove è prevista una visita guidata ai “Giardini Botanici Hanbury”. Tutto il promontorio di Capo Mortola fu acquistato nel 1867 da Thomas Hanbury, un ricco inglese, che vista la felice esposizione verso il mare e il clima pensò di inserire piante di varia provenienza. L’architettura dei “Giardini” è dovuta però a Lodovico Winter che lavorò alle dipendenze di Hanbury. Nel 1960 fu acquistato dallo Stato Italiano e attualmente è affidato all’Università di Genova.

Il portale d’ingresso costruito alla fine del XIX secolo porta sulla chiave interna dell’arco un ideogramma cinese:”Fô” che significa felicità! Qui vivono esemplari arborei inseriti mirabilmente, provenienti da ogni angolo della Terra:il “Ficus rubiginosa” di origine australiana, il “Nolina longifolia” del Messico, il “Tecoma capensis” del Sud Africa, il “Pinus” delle Canarie, Agavi e Aloë delle regioni calde del Centro America ed il papiro, pianta tropicale da cui gli antichi Egizi ottenevano la carta. Centinaia, migliaia di piante grasse. Rari, rarissimi esemplari sopravvivono curati con passione dai botanici odierni. C’è la Fontana Nirvana, la Fontana della Sirena, una Campana in bronzo giapponese, un Mausoleo in stile arabo. Qui passava l’antica strada romana detta via Aurelia. Una visita che merita essere fatta!

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Entriamo in Francia dalla parte sud-orientale per la Val Roja fino a Saint Dalmas de Tende alt. m. 700 dove troviamo alloggio e ristoro all’Hotel “Le Prieurè” un antico convento restaurato. Sempre in pullman l’indomani saliamo non senza qualche brivido per l’impervia valle del “Torrent de Bieugne” fino a “Lac des Mesches” chiamato così perché riceve l’acqua di due Torrenti. Sulla destra orografica ci sono gli edifici dell’ex “Minière de Valaura” attiva fino al secolo scorso dove si estraeva piombo e argento. Era nota fino al tempo dei Romani ma furono i Saraceni verso il Mille che la sfruttarono per circa un secolo. Proseguiamo per Casterino m. 1550 piccolo ma grazioso villaggio di case sparse e alcuni alberghi circondato da boschi di larici e dal torrente omonimo. Un oasi veramente idilliaca! Zaino in spalla in una splendida giornata di sole con l’aria frizzante di quota accompagnati da ben due guide: Andrea ed Ermanno, c’incamminiamo su strada sterrata lungo la valle di Fontanalbe (Fontana bianca). Ai lati sulle radure fra i larici e nei pascoli una fioritura eccezionale nel suo massimo splendore blocca a volte il nostro gioioso incedere per fissare sulle avide fotocamere le gemme preziose che sono i fiori alpini. Si va dal viola dell’Astro alpino al rosso purpureo della Nigritella nigra.

Dal rosa, bianco porpora del Martagone, al giallo dell’Arnica montana.

Dall’azzurro-blu del Raponzolo al rosa intenso degli Spilli di dama a quello pallido della Bistorta. Il cuore si riempie di gioia di fronte a tanta varietà e il pensiero grato s’innalza. Caio gran cacciatore di orchidee, accucciato come un cane da tartufi riempie il suo carnet quasi sempre con qualche rarità.

Sonia non è da meno e con la sua fotocamera eccola ravoltolarsi nei prati nelle pose più strane e audaci come una giovane innamorata al suo primo incontro. Tutti siamo commossi chiedendo ai più colti e memori il nome scientifico dimenticato. Si entra nel cuore del “Parc National du Mercantour” e in breve al piccolo “Refuge de Fontanalbe” di m. 2018.

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Saliamo ancora fra radi larici sotto la strana tormentata cresta delle “Cime di Chanvrairée” fino ad un ponte in pietra e subito al “Lac Vert de Fontanalbe” (lago verde) Alcuni isolotti erbosi con vegetazione al centro lo rendono unico e pittoresco. Abbandonati gli zaini, così leggeri facciamo un giro ad anello per ammirare le prime incisioni rupestri impreziosite dal “Sempervivum” e dal “Silene acaulis”.

Una singolare mandria di mucche bianche pascola tranquilla mentre alcuni camosci con elastici balzi risalgono la riva opposta, la marmotta invece si rintana lanciando il suo acuto fischio.

Sono le due pomeridiane anche il nostro stomaco si fa sentire. Saliamo poi alla “Baisse de Vallaurette”, spartiacque fra le due valli. Stelle alpine e genziane ci danno il benvenuto. Dal valico si scende verso la valle de “ La Minière”; si devia a destra dopo una lunga traversata con qualche saliscendi il sentiero diventa aspro e la fatica si fa sentire. Arriviamo comunque tutti al “Refuge des Merveilles” di m 2110. Si cena alla francese. Però il brindisi lo faccio sulla mia tavolata con due bottiglie di vino italiano, poiché sono diventato nonno!! Un piccolo, meraviglioso fiore di nome Roel Antonio è sbocciato anche nella mia famiglia continuandone la discendenza. Caro nipote:”benvenuto”!! Questo racconto lo dedico a te con l’invito: “Ama e rispetta la Montagna perché è stata maestra di vita per tuo nonno e anche per tanti di noi! Con coraggio ed umiltà lo sarà anche per te”! Il rifugio, situato in buona posizione circondato da alcuni laghi, è dominato verso Nord-Est dal M. Bego di m. 2872. Tutta la regione, chiamata anche dei cento laghi, era una volta italiana. E’ passata alla Francia con il trattato di pace del 1947.

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Da qui zaino in spalla alla buonora partiamo per il secondo giorno d’avventura. Ci viene raccomandata discrezione, non lasciare traccia alcuna del nostro passaggio. Bastoni con puntale in ferro e bastoncini non si possono usare. La fresca aria mattutina aspirata con forza, libera energia cancellando le fatiche passate. Ed è bello questo andare assieme verso scoperte, verso qualcosa che poi ti resterà impresso per la vita. Stiamo inoltrandoci verso la famosa “Valle delle Meraviglie”. Dapprima su mulattiera lastricata; poi guadato un torrente fra erba e massi erratici puntiamo verso il “Rocher” (torrione). E qui vediamo le prime “Meraviglie” (le incisioni rupestri)

Tavole dimostrative spiegano il significato simbolico o cercano di farlo restando pur sempre enigmatico. Uomini preistorici di tre-quattro mila anni fa, pastori, ma soprattutto cacciatori, in questa valle ricca di pascoli, acqua ed animali, incisero su roccia le loro figure antropomorfe e sciamaniche per propiziarsi forse una buona caccia.

Incantati proseguiamo osservando con curiosità interpretativa questi misteriosi segni venuti da lontano, fino ad una roccia nerastra perfettamente liscia detta “Parete vetrificata”. Qui oltre le incisioni antiche ci sono anche quelle relativamente più recenti. Tanti nomi di francesi, di italiani, di fanti, di alpini come il capitano Brandi della 156ª Compagnia ma anche di semplici viandanti. Tutti con l’unico desiderio di lasciare traccia del proprio passaggio. L’uomo antico come l’odierno sono uguali. Ingegneri, poeti, scrittori, scultori, politici fino a semplici graffitari notturni di oggi, bramano una sola cosa: “lasciare qualcosa del proprio Ego”! Pensandoci bene: guai non fosse così! Saremmo allora tutti ignoranti e completamente all’oscuro del nostro passato. Inchinandoci sotto un gran masso incastrato fra altri due, eccoci al “Lago delle Meraviglie” pure qui a livello d’acqua si possono facilmente ammirare su scisto verde parecchie distinte “Meraviglie”. Affrontiamo il ripido pendio terminale e siamo alla “Baisse de Valmasque” (Valico di Valmasca) m 2549. La vista si apre sull’ampia testata di detta valle e al sottostante bellissimo “Lac du Basto”.

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Dopo alcuni tornantini calpestiamo anche la prima neve, costeggiato il lago incontriamo il successivo il “Lac Noir” (lago nero) oltre il quale se ne intravede un altro il “Lac Vert” (lago verde). La Valmasca o valle della strega, come tutte le valli alpine ha anch’essa la sua leggenda. E’ la storia dell’eterna lotta tra il Bene e il Male! Tra la perfida, diabolica strega Ravelli di Pavia, che cacciata da Tenda per i suoi misfatti, s’insediò in questa valle portando altri lutti e rovine. Amava cibarsi con carne di montone dei pastori, non disdegnando quella umana, ma un santo Eremita, con pazienza, umiltà e tante preghiere riuscì infine a sconfiggerla e a far trionfare il Bene. Prima di morire l’Eremita scrisse su una pietra una frase misteriosa che non fu più ritrovata,ma da allora tutti quelli che passano per queste valli sentono stranamente l’impellente desiderio di scrivere qualcosa. Ecco il perché dei misteriosi segni che abbiamo poc’anzi visto. Su un poggio roccioso sulla sponda orientale del “Lac Vert” meritata sosta contemplativa e di ristoro al “Refuge di Valmasque”.

Immersi in questa oasi di pace, allontanando, se pur brevemente, i problemi quotidiani carichiamo le cosiddette:”batterie” facendo ovviamente prevalere il “Santo Bene” con una buona rinfrescante birra francese!

A malincuore ci allontaniamo! Scendendo con qualche zig-zag fra balze rocciose e attraversata una passerella in legno siamo di fronte ad una notevole cascata alpina. Inutile negarlo il nostro “eterogenico” Giancarlo oltre che fotografo rivela doti da poeta, definendola “Cascata dai rivi d’argento”).

Su mulattiera lastricata scendiamo verso Casterino mentre alcune nubi minacciose si rincorrono nel cielo, un tuono preannuncia un temporale in arrivo che perde però lentamente la sua arroganza, bagnandoci solo con qualche goccia. E’ sera, una calda sera d’estate, sulla veranda dell’hotel le Prieurè, cena di gran gala serviti egregiamente dall’affascinante Manon, una giovane francesina che, con grazia e portamento da modella, dà gioia e allegria a questa nostra magnifica serata conclusiva in terra di Francia. (Mary non essere gelosa, sei unica!!)

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Al ritorno passando per Torino, saliamo sul “Monte dei Cappuccini” per visitare il Museo Nazionale della Montagna CAI “Duca degli Abruzzi”. Siamo attesi! Il nostro buon Franco tutto ha già predisposto. Un ricco buffet in stanza riservata e poi il cordialissimo incontro con il Direttore del Museo, Dott. Aldo Audisio, accolti nell’antica sala ove si riunivano i nostri soci fondatori: Quintino Sella, Guido Rey ecc. e a cui doniamo la nostra ultima fatica libraria “Emozioni in natura”. L’opera verrà posta nella grandiosa biblioteca assieme ad altri migliaia di libri, filmati d’epoca, dalle origini ai giorni nostri. Iniziamo la visita dall’alto con la magnifica vista, a cielo terso a 180° sulla città, le valli e i monti che la circondano. E poi le sale espositive. L’evoluzione del primo “bastone da montagna” all’ultimo modello di piccozza al titanio. I primi scarponi chiodati, i ramponi, gli sci, le slitte. Quadri, opere internazionali. Costumi, pregiati abiti Tibetani. La storia delle prime esplorazioni con i rari reperti ritrovati. Ci vorrebbe un racconto a sé per descrivere tutto ciò che abbiamo visto con l’emozione di puri amanti della montagna. Questo luogo di cultura la è la nostra “Mecca”. Tutte le sezioni almeno una volta dovrebbero portare qui i propri soci.

Usciamo rinvigoriti, fieri soprattutto di appartenere a questo grande Sodalizio, fatto di donne e uomini il cui scopo principale della vita non è l’accumulo di ricchezze bensì la scoperta del mondo che li circonda e il confronto con sé stessi; orgogliosi anche per la recente elezione del nostro concittadino Umberto Martini a Presidente Generale del Club Alpino Italiano. Una perla si è aggiunta alle tante del nostro Gruppo Naturalistico anch’essa da conservare gelosamente nel nostro personale zaino dei ricordi!

Grazie Marina e Franco ( un particolare ringranziamento a Marilisa)

Bortolo Dal Degan

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