Citta&Territorio Maggio/Giugno 2008 N 3

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Citta&Territorio Maggio/Giugno 2008 N 3

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pag.2EDITORIALEdi Attilio Borda Bossana

pag.3MONTALTO: MODERNA LETTURA DI UNBENE CULTURALE. IPOTESI MUSEALEdi Ornella Hyeraci

pag.20LA RICOSTRUZIONE DI MESSINADAGLI ANNI CINQUANTA AD OGGIa cura di Francesco Cardullo

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ANNO XVI - N.3MAGGIO/GIUGNO 2008Pubblicazione bimestrale

Registr. presso il Tribunale diMessina N.3 del 5 Feb. 1992

direttore responsabileAttilio Borda Bossana

direzione e redazioneUff. Stampa Comune MessinaPalazzo Zanca, via Garibaldi

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pag.36L’INDAGINE GIUDIZIARIA SUGIACOMO LONGOdi Vincenzo Caruso

pag.42MESSINA 2020:VERSO IL PIANO STRATEGICOdi A. B. B.

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E D I T O R I A L E

di Attilio BORDA BOSSANA

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di Ornella HYERACI

guendo l’immagine di una cittàripiegata su se stessa, ribadi-sce l’importanza di ricompor-re il profilo di un importantepassato e di dare nuova vestea strutture che ne trascinanomemoria. Da chiesa parroc-chiale, dunque, con splendidorimando ambientale e testi-monianze slegate della suaantica storia, come oggi ilSantuario appare, a museo delgenius loci, piccolo gioiello all’i-taliana, in un perfetto incastrocon tenu to, con ten i to re,ambiente. Ricostruito subitodopo il catastrofico sismasulle macerie dell’antico edifi-

Montalto: moderna letturadi un bene culturale.Ipotesi museale

mportanza delmuseo localeNell’intento di restituire

alla città un nucleo storicodi pregnanza culturale e forteidentità collettiva, il Santuariodi Montalto, simbolo e sintesidella storia di Messina, si pro-pone come futuro ideale arche-tipo di museo locale1 attraver-so lo studio di un virtuale per-corso espositivo, dando cono-scenza e lettura del suo riccopatrimonio mediante prezioseed inedite testimonianze.La commemorazione del cen-

tenario del 1908, letta in chia-ve propositiva e non inse-

cio in posizione dominante emolto panoramica, con direttaesposizione dell’ampio terraz-zo-sagrato sulla città e sulloStretto, in muto intenso dialo-go con il passato, il Santuario,parla attraverso la vibrante esottile percezione di un geniusloci evocativo ma anche con-tinuativo, attraverso l’intimavisione di una natura genero-sa quanto impietosa. La strut-tura, pur nascendo con voca-zione storico-devozionale, oggi,

Santuario di Montalto,lato Nord.

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Stemmadell’abbades-

sa Bartolomea Spatafora. XVIsec. Santuario di Montalto(Foto Magika).

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all’interno della nuove norma-tive, potrebbe acquisire il valo-re aggiunto di Museo Localecon dialettica espositiva, dueconcetti che sembrano scivo-lare in maniera retorica ma cherisultano essere inclusivi diun’evoluzione della culturamuseale che ha attraversatotutto lo scorso secolo e soprat-tutto gli ultimi trent’anni, lìdove la parola chiave del rap-porto Bene-Pubblico è: comu-nicazione. Ribadito dallaMuseologia di ultima genera-zione, il Museo locale, rispon-de a tre imprescindibili istan-ze: esigenza di appartenenzaed identità culturale in un con-

altrove, l’accento su altre dueparole: Valorizzazione e Frui-zione. Per chiarire il significa-to attuale di “processo dimusealizzazione” è necessa-rio modificare l’opinione cor-rente in merito, ed affermareche il museo esiste laddoveesistono oggetti del passato,anche recente, per i quali,riconosciuta la loro qualità ditestimonianza storica e/o arti-stica, ne viene affermata l’esi-genza della conservazione edella tutela, ne vengono pro-mossi, a tal fine,i necessariinterventi di restauro e si con-servano o si predispongonoper essi condizioni ambienta-li atte a consentirne e facilitar-ne una corretta lettura storico-critica.3 Il concetto di dialetti-ca espositiva, è inclusivo dimessaggi dinamici ed interlo-quenti con il visitatore-ospite,discepolo, studioso; la possi-bilità di conoscere, confronta-re ed osservare tramuterebbela struttura del Santuario dasemplice contenitore, in unMuseo attivo, interdisciplinare,con propria elaborazione cul-turale. Finalità funzionali prio-ritarie in una città fatalmentecondannata a perdere la sua

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testo sempre più globaliz-zante, risposta ad una poli-tica di valorizzazionedel Bene e del Terri-torio al di fuori delquale lo s tessoBene risulterebbeessere deconte-stualizzato ed infi-ne, rispetto dellapeculiarità italiana:sor ta di incastroesemplare,dove lacollezione s’iscrivenell’edificio, che la cittàriveste, e queste tre formedi museo si rispondono mutual-mente.2 Come in un gioco discatole cinesi, questa splen-dida unica sintesi, rapportataall’interno della nostra realtà,in una stratificazione culturaleed urbana altrove improbabi-

le, superando il prioritarioruolo di Tutela e

Conservazio-ne pone,

a n c o rp i ù

che

Particolare di una delle cinque tele.XVII sec. Apparizione della “DamaBianca”. Santuario diMontalto (FotoMagika).

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memoria! Inutile ribadire l’im-portanza oggi, dello svilupposostenibile anche nell’ambitodei Beni Culturali, risveglio cul-turale dunque, ma anche risve-glio economico all’interno diuna politica sociale più ampia,con indotti che direttamente etrasversalmente, potrebberointeressare altri campi econo-mici che ruotano attorno allosviluppo della Comunità.Cenni storiciMonumento perenne del valo-

re cittadino4, il Santuario, nascetra identità laica e religiosa, inun complicato contesto stori-co-politico all’interno della rivol-ta del Vespro, pagina nodalenella storia della Sicilia e del-l’intero Mediterraneo, che tro-verà svolta proprio nella cittàdella Stretto, ultimo baluardoangioino, segnando il destinodei siciliani che da quel momen-to si annetteranno alla peni-

sola iberica per ben quattro-cento anni, proprio quando lastoria italiana stava entrandonel periodo d’oro di Dante e diGiotto.5 La rivolta del Vesproscoppiata a Palermo il 30 marzo1282, sarà facile ed opportu-no pretesto per l’implosione delceto dirigente messinese.6 Lafazione angioina capeggiatadai De Riso, che avevanomonopolizzato il potere in città,verrà sopraffatta dai nostalgi-ci del periodo svevo, rappre-sentanti dell’ideologia filo-ara-gonese. La storia della fonda-zione del Santuario trovamotivazione all’interno di que-sta dialettica di potere.Di forte

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Madonna della Vittoria.Opera in marmo. XVI sec.Santuario di Montalto(Foto Magika).

Madonna con Bambino.Opera in marmo. XVI sec.Santuario di Montalto(Foto Magika).

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impatto fu la scomunica cheMartino IV lanciò contro i mes-sinesi, il Papa, sostenitoreangioino, aveva sfiancato ilmorale dei combattenti e soloun evento soprannaturale,come l’apparizione della Ver-gine, avrebbe potuto riabilita-re le scelte politiche filo-ara-gonesi agli occhi del popolodevoto.Le leggende, come sot-tolinea Salvatore Tramontana,più che da astratti e asceticiatti di fede sono sempre sca-turite da esperienze vissute,da situazioni locali, da circo-stanze fortuite. E naturalmen-te dalla continuità di particola-ri rapporti tra classi dominan-ti locali e potenza irresistibiledel sacro nei ceti popolari.Con-tinuità che nel caso della vicen-de messinesi è rappresentatadalla elevazione di un tempioalla Madonna della Vittoria…ladinamica di questo rapporto sibasa soprattutto sulla neces-sità di esautorare la chiesa diRoma e di giustificare le scel-te antiangioine.7 La versionestorica, sulla fondazione delSantuario, analiticamente inda-gata attraverso un percorsostoriografico attinto da autore-voli fonti,8 si affianca a quelladevozionale e trova riscontronelle immagini delle cinque tele9

situate all’interno della chiesa,che rappresentano fonte alter-nativa alla tradizione scritta.Il dibattito storiografico sul

Vespro, nella complessità dellasua vicenda, risulta esseredisperatamente aperto10, siaper le conseguenze politichedi allora sulle sorti della Sici-lia e del Mediterraneo, sia per-chè trascina ancora oggi unulteriore dibattito, che ruotaattorno alla “questione meri-dionale” ed alle sue radici.11

Ad un secolo dalla nascita delSantuario, il passaggio di con-

confine tra verità ed interpre-tazione.Luogo metafora di unarealtà civile e conventuale,donativi e lasciti accompa-gneranno la sua crescita e ilsuo tramonto, identificando edeclinando la sua storia, dalXV secolo in poi, con quella

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segne dall’ideologia politica aquella devozionale sarà defi-nitivo e la realizzazione delmonastero sotto l’egida dellaChiesa, avvolgerà gli antefattistorici rivestendoli di un’auradi sacralità che, all’interno dellatradizione, sfumerà il sottile

S. Benedetto. Opera in marmo.XVI sec. Santuario di Montalto(Foto Magika).

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delle sue abbadesse.Non verràmai meno nel tempo il legametra l’abbadessa di turno e lavita civile di cui ella ne porta-va l’eco.Montalto vive il rinnovamen-

to della Chiesa, trovando forzae significato nella figura di

Bartolomea Spatafora, abba-dessa che lascia di sé un’or-ma profonda,12 la sua vicendasi intreccia con le vicende reli-giose dell’isola che fanno ecoa quelle ben più lontane dellaRiforma e della Controrifor-ma.Preghiera, capacità ammi-

nistrative, autorevolezza ediplomazia, tracciano il profilodi una gran dama feudale13 chetra vocazione ed autoafferma-zione, segnò il destino delmonastero.Abbadessa dal 1519 al 1563,

Bartolomea diventa perso-naggio sintesi di vite segnateche, all’interno di una irrisoltainquietudine adolescenziale tracoercizione e libera scelta, pursempre coatta nel precoce indi-rizzo di una vita claustrale, scri-vono pagine poco note, quasiproibite, di una storia quoti-diana lontana dalla grande sto-ria, quella degli eventi, delledate da ricordare. Tutti i re nelvenire a Messina non trala-sciarono di visitare il Santua-rio, considerato da loro comeBasilica reale,14 all’attenzionedei re si aggiunse quella deipontefici, che concessero spe-ciali e larghe indulgenze, ele-vandolo a dignità tale, da gareg-giare con i primi santuari delmondo dedicati alla Vergine.15

Uno sguardo alla strutturaIn sul finire del XIII secolo il

Santuario…era completo alme-no nei suoi elementi principa-li..aveva la porta maggiore rivol-ta ad occidente e l’absiderivolta ad oriente… otto metridi larghezza e quattordici dilunghezza.16 Dal XV secolo inpoi il piccolo monastero venneingrandito per l’accresciutoaumento del le monache,nascondendo la visuale delSantuario alla sottostante città.La rivoluzione dell’arte baroc-

ca sconvolgerà la fisionomiamedievale della primitiva strut-tura, indebolendo i muri peri-metrali della chiesa che furo-no innalzati ed arricchiti di stuc-chi e pletorici decori. Preziosiintarsi marmorei, paliotti ric-camente ricamati, tele, arrediliturgici e importanti paramen-

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S. Maria dell’Alto. Tavola.XIV sec. Santuario di Montalto(Foto Magika).

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ti sacri arredavanol’interno della chie-

sa.La prima

m u t i l a z i o n eavverrà con il ter-remoto del 1783.Furono rifatti lavol ta, i l pavi-mento e nume-rosi restauri.La struttura

rinnova la suastoria, dopo ildisastroso terre-moto del 1908.G ià ne l 1909 ,sorge un santua-r io -baracca inlegno voluto dapapa Pio X, segui-ranno due fasi evo-lutive:la prima, ese-guita nel 1911, incemento armatocon criteri antisi-smici che ricalcale dimensionidel vecchio San-tuario, mantiene l’abside rivol-ta verso oriente e l’ingresso adoccidente;la seconda, con pro-getto realizzato nel 1928 dal-l’architetto Francesco Valenti,approvato dall’Ufficio TecnicoArcivescovile del tempo, allun-gherà la navata, invertendo ipoli dell’antica costruzione, eaggiungendo il transetto conla nuova abside e subito die-tro questa, la canonica. Nellanuova chiesa fu posto un bel-lissimo organo, tuttora esi-stente, di 565 canne, opera del-

tuito tra nel 1915, dall’operadello scultore Giovanni Scarfìe del marmista Ignazio Munaò.Oggi l’altare, vetusto quasi diun secolo, può essere ammi-rato assieme alle otto statuet-te bronzee, elementi d’insie-me dello stesso. Nel 1925,Mons.Paino, fece fondere dalladitta Colbacchini di Padova deicannoni, regalati dal Governo

allora in cari-ca, sot-

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l’organaro Michele Polizzi;vetriistoriati, lavorati dal Prof.D’A-

mico diPa le r -mo, d icui oggirimaneu n a

serie di foto-grafie riproducen-

ti disegni su carta che,molto probabilmente, ser-

virono come bozzetti oveline per la loro rea-lizzazione.Le vetra-te andaronodistrutte con ib o m b a r d a -ment i de l laseconda guer-ra mondiale. Ilvecchio altare,salvato dalla por-ticina del taberna-colo in giù,17 fu sosti-

Tonacella in seta (con partico-lare). XVIII sec. Curia Arcive-scovile di Messina.In alto, Crocefisso ligneo.XV- XVI sec. Santuario diMontalto (Foto Magika).

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al nemico nella guerra 15-18,per realizzare delle campaneche ancora oggi hanno unnome , la figura del Santo a cuiè dedicata, un motto, l’anno difusione e un’iscrizione. L’ab-bellimento della chiesa conti-nuò con il decoro del soffitto,raffigurante personaggi biblicie simboli religiosi ad opera del

prof.Gregoretti di Palermo, conil rifacimento della scala diaccesso al Santuario e la ter-razza antistante, che fu ingran-dita ed adornata con l’aggiun-ta di colonnine. Oggi, si cogliesubito la matrice Gotica eRomanica dell’architettura cheha una valenza di memoria sto-rica per i messinesi perchérichiama il periodo eroico deiVespri Siciliani e della rivoltacontro la dominazione stra-niera.18 Curato per circa seisecoli, fino alla soppressionedel 1866, dalle monache cister-ciensi, il Santuario deve la suarinascita a tre figure chiave:Mons. L. D’Arrigo, Mons. A.Paino e Mons. F. Bruno. Dopola morte di quest’ultimo avve-nuta nel 1934, fu affidato nel1946 da Mons. Paino ai PP.Redentoristi.Sarà il 1965, l’an-no in cui diventerà chiesa par-rocchiale, con successivo rico-noscimento giur idico delCapo dello Stato. L’attualeparroco: Padre Lorenzo Cam-pagna, nominato titolare dellaParrocchia di S. Maria dell’Al-

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Pianeta in seta. XVIII sec.Curia Arcivescovile Messina.

Sopra a destra, manta inargento sbalzato e cesellato.XVII sec. Santuario di Montal-to (Foto Magika).

Sotto, cartagloria in argentosbalzato e cesellato. XVIII sec.Curia Arcivescovile Messina.

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to, il 4 agosto del 2003, sub-entra all’operato dei PadriRedentoristi e cogliendo ilretaggio spirituale di Mons. F.Bruno, con volontà ed impe-gno si batte, affinché questonucleo storico della città possaessere legittimato della suaimportanza, nell’attesa di con-cretizzare l’idea del progettomuseale.La collezioneTra le opere note, particola-

re attenzione merita la “Madon-na della Vittoria”, scultura inmarmo cinquecentesca attri-buita al Calamech che fu ricol-locata in cima al Santuario nel1924 diventando simbolo diresurrezione della città colpi-ta19;commissionata, quasi sicu-ramente, dal Senato dopo labattaglia di Lepanto congiun-tamente a quella di Don Gio-

Raffinati tessuti serici ed ogget-ti liturgici in argento sbalzatoe cesellato, rappresentano lavera sorpresa del patrimoniodi Montalto, importanti testi-monianze delle Arti Decorati-ve di cui il territorio messine-se è particolarmente ricco. Glioggetti, per la maggior partecustoditi nella Curia Arcive-scovile, troverebbero giusta col-locazione all’interno dei localidel Santuario restituendo pagi-ne della sua storia e lontaneimmagini di antichi fasti emagnificenza di culto. Nume-rosi i paramenti sacri, che testi-moniano la perfetta esecuzio-ne del ricamo e il sapiente uti-lizzo del filo policromo;elementid’insieme: pianeta, manipolo,stola o elementi isolati con rica-mo a campo pieno o impagi-nazione tripartita.In ambito set-tecentesco, eleganti disegnifitomorfi con andamento sinuo-

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vanni d’Austria, meriterebbe lapossibilità di essere sostituitada una copia ed essere lettada vicino, per una valutazioneestetica più approfondita e peruna migliore conservazione etutela, essendo esposta a tuttele intemperie.Il mezzo busto marmoreo

raffigurante la “Madonna conil Bambino”, ci restituisce unasevera geometria lauranescache qui si tramuta in un piùdolce colloquio con il Figlio.. ilvolto e le mani della Vergineappaiono realizzati nell’ambi-to delle botteghe messinesi dipr imo cinquecento da unmaestro esperto della cerchiade l grande can t ie re de lDuomo20.Una terza scultura, identifi-

cata iconograficamente da Elvi-ra Natoli come S. Benedetto,fondatore dell’ordine al qualeapparteneva il monastero, rac-conta… una parte della vicen-da complessa della cultura arti-stica messinese del cinque-cento21, rivelando la cifra stili-stica di Martino Montanini allie-vo del Montorsoli, che a Mes-sina ebbe committenza pub-blica e privata22. Sarà la tavo-la trecentesca di “S.Maria del-l’Alto” a dare un nome ed unvolto al Santuario; dipinta atempera con rilievi in oro comesolevano dipingere i greci,23

eseguita da un anonimo arti-sta bizantino, fu protetta in granparte dalla manta d’argentodurante il devastante terremo-to del 1908 ed oggi, dopo unabile restauro24, offre splendi-da lettura di sé.

Silenziosa, intensa sacralitàtraspare dal bellissimo Croce-fisso in legno policromo, otti-ma testimonianza di quella pro-duzione scultorea lignea, ese-guita in ambito locale tra laprima metà del quattrocento eil primo –quarto del cinque-cento, nelle botteghe dei Pilli,Matinati e La Comunella25, lalettura stilistica del Crocefissoriconduce alla bottega dei Pilli26.

Calice in argento sbalzato ecesellato. XVII sec. Curia Arci-vescovile di Messina. A layo, Ostensorio in argento.XIX sec. Curia Arcivescovile diMessina.

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so ed asimmetrico sottolinea-no gli stilemi dell’epoca, resti-tuendo splendide vibrazioni neldegradare dei colori e nellavarietà dei punti del ricamo.Messina, fiera della seta per

antonomasia27, nel 1520 isti-tuisce il “Consolato dell’artedella seta”e nel primo seicento,è ancora al centro del Medi-terraneo con intensa attivitàproduttiva e mercantile28.

Gli argenti liturgici, parteintegrante della stessa anticastoria, testimoniano il minu-zioso accurato lavoro degli arti-sti messinesi, calici del XVII siaffiancano a reliquiari ed osten-sori del XVIII e XIX secolo.Un’attenzione particolare meri-ta la “Manta” in argento fine-mente cesellato, nel cui mar-gine inferiore sono incise leiniziali di Pietro Juvarra, accan-to allo stemma di Messina e lascritta:Verbus caro factum estpropter amorem Virgo singu-laris inter omnes mitis29.Impos-sibile trascurare il bellissimoostensorio di ignoto argentie-re napoletano del 184230, donodi Ferdinando II di Borbone,31

il morbido plasticismo dell’an-gelo sorregge la teca, circon-data da una corona di ameti-ste.Ipotesi museale:tra realta e possibilitàTRASPARENZA DEL GIARDINOCOPERTO: RIUTILIZZO EMEDIAZIONEL’idea del virtuale percorso

espositivo all’interno del San-tuario, nasce come studio spe-rimentale, argomento di tesi dilaurea in Operatore dei BeniCulturali, su iniziativa dellaProf.ssa Francesca Campa-gna Cicala, già Direttrice delMuseo Regionale di Messinae docente del corso di Museo-logia presso la facoltà di Let-tere e Filosofia dell’Universitàdi Messina, inserendosi a com-pletamento di tre progetti inessere. Il primo, riguardante ilrecupero e il risanamentoconservativo della casa cano-

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16: Santuario e locali dellaparrocchia. In rosso i localiespositivi disponibili. Planime-tria estratta dal progetto redat-to dall’arch. M. Muscianisi.In basso, particolare riguar-dante solo i locali espositividisponibili. In alto, lo statoattuale. In basso, come previstodal progetto di ristrutturazione.

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nica e del Santuario, redattoda l l ’ Ingegnere Mass imoMuscolino, approvato in data27 novembre 2003 dal laSoprintendenza per i Beni Cul-turali e Ambientali di Messina,dalla USL il 29 marzo 2006 edal Comune di Messina, il 30marzo 2006. Il secondo, con-cernente il recupero dellearee esterne ed illuminazioneartistica, redatto dall’Ingegne-re Fabio Porcino e dall’Archi-tetto Filippo Panzera, con pare-

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Copertura vetrata progettata daNorman Foster. Londra, TheGreat Court of British Museum.Immagine tratta da SandroRanellucci in Allestimentomuseale in edifici monumenta-li, Roma 2005, p. 213.

Santuario, locali della parroc-chia e giardino. Planimetriaestratta dal progetto redatto dal-l’ing. F. Porcino e arch. F. Pan-zera. L’immagine del riquadro,che indica un esempio tipo dicopertura del giardino, è statatratta da Sandro Ranellucci inAllestimento..., cit., p.206. Aqui-la, S. Maria dei Raccomandati,progetto di S. Ranellucci e G. DiMarco.

Regionale di Messina in data31 marzo 2006, oggi al vagliodella regione. Il terzo, riguar-dante il risanamento e l’ade-guamento impiantistico ed igie-nico sanitario dei locali par-rocchiali e della casa canoni-ca del Santuario, redatto dal-l’Architetto Melania Musciani-si, comprendente la riqualifi-cazione dei locali al pianoterra in vista di una loro futurae parziale destinazione ad usomuseale, con parere canoni-co favorevole da parte dell’Uf-ficio Tecnico dell’Arcidiocesi diMessina-Lipari-S.Lucia delMela in data 24 feb. del 2007,oggi al vaglio della Soprinten-denza.L’ipotesi museale parte:dal recupero della collezione,da un’attenta analisi della strut-tura, dalla compatibilità tra strut-tura e collezione e mette in atto,con idea concettualmentenuova, tutte le potenzialità delluogo, esaltandone il signifi-cato senza prevaricare le pecu-liarità.La realtàdi due soli loca-li espositivi disponibili, per un

re favorevole della Soprinten-denza per i Beni Culturali edAmbientali di Messina in data19 ott. 2005, successivamen-te approvato dalla Provincia

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totale di 35,5 mq, accessibiliattraverso un lungo corridoiodi 14,50 mq, con ingresso rivol-to ad occidente alle spalle dellastruttura absidale della chie-sa, delinea chiaramente l’im-possibilità di poter sistemarela collezione che, pur attenta-mente selezionata, non potreb-be essere esplicativa di unesauriente percorso informa-tivo.Osservando le planimetrie dei

progetti suddetti, si coglie tut-tavia, previa autorizzazionedella Autorità competenti, lapossibilità di poter ricavareuna maggiore superficie di alle-stimento, utilizzando l’ampio eluminoso giardino del Santua-rio, situato lateralmente allanavata della chiesa in direzio-ne sud-ovest, in comunicazio-ne con quest’ultima e il localeespositivo più ampio previsto.Il giardino, con adeguata coper-tura integrale e trasparente,tale: da mediare con il pano-rama circostante, da mante-nere e meglio sistemare il verdeal suo interno, da non altera-re la spazialità della strutturae da essere potenzialmentereversibile, consentirebbe lapossibilità di accogliere la sezio-ne scultorea,32 risolvendo il pro-

blema dell’ingombro all’inter-no dei locali e dando adegua-ta lettura, grazie all’ottima espo-sizione. La fonte di luce natu-rale in posizione zenitale for-nirebbe maggiore libertà espo-

sitiva, dosando l’illuminazionein base alle esigenze del mate-riale esposto ed accentuandola dinamica chiaroscurale. Lasoluzione di coprire o raccor-dare strutture storiche, con tra-sparenza di cupole o formelineari, è ormai ampiamente inuso nel recupero di spazi, all’in-terno della cultura musealecontemporanea, come è facil-mente riscontrabile in Italia,terra ricca di edifici monu-mentali, ed all’Estero.La promozione culturale e l’e-

ducazione permanente dellasocietà debbono costituire gliobiettivi da raggiungere33 e laconservazione passiva adoltranza, spesso contrasta con

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Parzialmente visibile in alto,lato Nord, la rotonda di PiazzaBasicò, al centro la scalinata,in basso il Santuario.Sotto, invito dell’antica scalina-ta che parte da Piazza Basicò.

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questa insopprimibile esigen-za. La struttura novecentescadel Santuario offre ancor piùdi altre, la possibilità di attua-re la soluzione suddetta, assol-vendo l’ istanza della funzionemuseale, impellente ed inelu-dibile nella realtà messinese,caso a sé nel contesto italia-no.In tale prospettiva di amplia-

mento, la collezione, potrebbeessere interloquente con il visi-tatore, segnando un percorsocognitivo-emozionale che sot-tolineerebbe, attraverso l’inte-grazione ambientale, la per-cezione di un’aura evocativa,di una lirica dialettica tra pre-sente e passato, di un’avvol-gente visione, senza alcunaretorica, dei colori e della lucedi questa nostra terra, che Anto-nello ha diffuso in tutto il mondo.La copertura consentirebbe,oltre l’esposizione permanen-te, esposizioni temporanee conoggetti di deposito o inerentipercorsi tematici relazionabiliad altri siti della città. L’abbat-timento del muro, in continui-tà con la facciata del Santua-rio, che separa il giardino dallosplendido, antistante terrazzo-sagrato e la realizzazione diuna zona di accoglienza, caf-fetteria e book-shop nella stes-sa area, già previsti all’internodel progetto di recupero dellearee esterne, darebbe possi-bilità di accesso diretto al giar-

Oltrepassato l’antico cancel-lo e giunti alla terrazza del San-tuario, la linea dell’orizzonteche ne oltrepassa i limiti nondeluderebbe l’attesa e propriolì si coglierebbe il senso di un’al-chimia celata, di un’energiaimpalpabile che continuamen-te si rinnova in un chiaro-scurodi vita e di morte,di luci e diombre, restituite all’occhio delvisitatore di oggi come a quel-lo di ieri.L’aura del luogo, parte inte-

grante del Bene, impone undoveroso indulgere, per un con-testo paesaggistico unico nelpanorama italiano, importan-te premessa dunque, per lasottile percezione del geniusloci: divinità impersonale chesi limita ad incarnare il sensodel luogo, i suoi odori e colori,le sue parvenze, le sue magie,i suoni e le parole che ad essoimperscrutabilmente si lega-no…36 E’qui la vera anima diMontalto! Brano di un’operad’arte infinitamente grande, chenella natura, nella storia e nelsuo svolgere diventa rimandoall’unità cui appartiene, in unimmaginario rincorrere il prin-cipio “brandiano”, secondo cui:l’opera, non è un mero insie-me di parti, ma è un’intima con-nessione di queste, è un inte-ro, non un totale.37

Percorso espositivo internoSuperato l’ingresso già pre-

visto dal progetto di recuperodelle aree interne, con acces-so dalla via Dina e Clarenza,il visitatore, si troverebbe all’in-terno del primo locale, conapproccio storico, tramite la let-tura delle tele che raccontanola storia della fondazione delSantuario e la lettera, con firmaautografa di S. Ignazio diLoyola, inviata a Bartolomea

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dino con propria autonomia,offrendo inoltre, come già inaltre città e come previsto dallenuove normative, la possibili-tà ormai entrata nella consue-tudine di un ampio pubblico, diintegrare il momento conosci-tivo con quello dilettevole.Percorso esternoRIAPERTURA DELLE ANTICHEVIE E GENIUS LOCIIl suggestivo ambiente del

giardino coperto costituirebbe,insieme alla riapertura del-l’antica scalinata che parte dapiazza Basicò e conduce allaterrazza del Santuario, ele-mento caratterizzante di quel-l’unicum, che il visitatore por-terebbe con sé come irripeti-bile messaggio. La scalinata,sarebbe alternativa all’ingres-so già previsto nella ristruttu-razione delle aree interne, tra-mite la via Dina e Clarenza,che evita le barriere architet-toniche, nulla impedendo diinserire all’interno di nuove pro-gettualità, possibilità concreteper una scalinata a tutti acces-sibile.34 Il ripercorrere le anti-che vie, sarebbe per il visita-tore un centellinare il mes-saggio storico trasmesso dalnobile intento di Mons.Bruno35,preziosa insostituibile fonte perla ricostruzione della storia delSantuario e dalla volontàmirata di chi, oggi, sapiente-mente, programma il messag-gio culturale.

Punto di arrivo della scalinatasull’ampio terrazzo-sagrato.Pagina a lato, parte del terraz-zo-sagrato con affaccio sulloStretto.

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Spatafora il 2 febbraio 1550,che evoca la carismatica abba-dessa e il revisionismo spiri-tuale da ella attuato, legandola storia del monastero e dellacittà ad eventi storici di ben piùlarga portata. Proseguendoattraverso il corridoio, si acce-derebbe al secondo localenon più fine, ma snodo di tuttoil percorso, mediante un ulte-riore piccolo corridoio di pas-saggio al suo interno, separa-to attraverso un’elegante gri-glia o parete in legno dal restodell’area (linea rossa nella figu-ra) e con ingresso diretto, siaal giardino frontalmente (lineablu) che al Santuario lateral-mente (linea tratteggiata nera).Gli interni del secondo loca-

le, dovrebbero accogliereampie e luminose vetrine congli argenti ed i tessuti dal XVIIal XIX secolo, rispettando unandamento diacronico. Glioggetti, oltre ad evidenziarel’importanza del Santuario inambito cittadino per donazio-ni e lasciti, offrirebbero una rile-vante testimonianza delle ArtiDecorative, splendide opere dimaestranze locali e non solo.Calici del seicento, arredi litur-gici, reliquiari ed ostensori diepoca successiva si affian-cherebbero ai molti preziosiparamenti sacri.Tra gli argen-ti, il posto d’onore andrebbesicuramente alla “Manta”, fine-mente cesellata, opera di Pie-tro Juvarra, oggi poco leggibi-le per la posizione che occu-pa in alto sull’altare centrale.Come per la statua dellaMadonna della Vittoria, sareb-be bene che una copia lasostituisse.Sempre all’internodi questo spazio, è previsto unangolo espositivo di interesseantropologico, patrimoniominore, ma non meno signifi-cativo, come scrive SergioTodesco, passaggio dall’even-to al segno, come scr iveAlberto Cirese. Il patrimoniovotivo popolare, attrae sempredi più un pubblico nuovo, estra-

neo alla realtà del passato, cheama affrontare tematiche diappartenenza sempre più con-fuse nell’attuale momento sto-rico. Continuando il nostro vir-tuale percorso, il visitatore rag-giungerebbe il giardino coper-to dove, in un bagno di luce,le testimonianze scultoreesarebbero protagoniste, in unastudiata ed avvolgente spa-zia l i tà, in uno splendidorimando al di là del fittizio limi-te, segnato dalla trasparenzadella copertura.Anche qui, l’an-damento espositivo, seguireb-be un percorso diacronico.Dalla sezione scultorea, attra-

verso un ampio e comodopassaggio lateralmente allanavata della chiesa o, diretta-mente dal secondo locale, siavrebbe accesso al Santua-rio, meta del percorso. Qui,sarebbero collocate le opereinamovibili o cariche di signi-ficato devozionale oltre che arti-stico, impensabile una lorosistemazione altrove. Varcatala soglia, il visitatore, dal suopunto di osservazione sareb-be indotto a cogliere con imme-diatezza visiva ed emoziona-le: l’ampia navata, l’altare ed ilsoffitto, affidati dopo il1908,ad abili mani locali che hannorinnovato la lettura artisticadella struttura.E ancora, scru-tando con lo sguardo, si indul-gerebbe su una macchinaprocessionale che custodisce

un dipinto di Adolfo Romanodel 1915, raffigurante la Madon-na della Vittoria, nuovi tratti dil inee, racconterebbero lastessa antica storia, che hafatto di questo luogo un confi-ne , un limite, tra verità e leg-genda.La preziosa Tavola trecente-

sca, pensata nel transetto didestra frontalmente all’altarecentrale, ricongiungerebbe ilsenso di un percorso iniziatocon istanza storica e devozio-nale; accanto ad essa, il Cibo-r io del XVII-XVIII secolo,sopravvissuto al terremoto del1908, darebbe facile letturadella sua cifra stilistica, attra-verso il morbido profilo di pic-cole volute e linee geometri-che che scandiscono l’abileincastro dei marmi policromi.La parete del transetto nord,

speculare a quello della Tavo-la, dovrebbe accogliere l’im-portante Crocefisso quattro-centesco in legno policromo,opera del Pilli. In alternativaalla sistemazione suddetta ecompatibilmente alle istanzedevozionali, la Tavola ed ilCrocefisso, indiscussi prota-gonisti del Santuario, potreb-bero essere accolti nei due alta-ri laterali, rispettando l’ordinedi un tempo!Analisi del percorsoSOLUZIONI E PECULIARITÀ

L’itinerario espositivo scelto,finalizzato alla conservazione

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delle opere e ad una lettura atutti accessibile, trova motiva-zione nell’ambito di una valu-tazione generale che, nella suacomplessità, deve dare rispo-sta a più istanze.Come soven-te accade in strutture già esi-stenti, che devono rispettarecompatibilità ed esigenze trale più disparate, la program-mazione di un’esposizionemuseale, diventa problemati-ca e complessa dal momentoche, i margini di libertà, sonopressoché nulli. Le coordina-te confliggenti, su cui si svol-ge la soluzione del caso Mon-talto, sono rappresentate dal-l’esiguità dei locali disponibiliper il progetto museale, da unlato e dall’esigenza di una cor-retta lettura del percorso espo-sitivo che non eluda parte signi-ficante dello stesso, dall’altro.Premesso che, la collocazio-ne delle fonti di archivio non ècontemplata in questo lavoro,trovando sistemazione in altrolocale della parrocchia, la col-lezione, circa settanta glioggetti selezionatioltre quel-li di deposito, è stata dunque,idealmente posizionata all’in-terno di un percorso misto, sto-ricamente congruente, con indi-vidualità espositive diacroni-che e adeguata lettura esteti-ca. Inoltre, l’andamento circo-lare dei due percorsi, esternoed interno, viste le varie pos-sibilità di accesso e di snodo,potrebbe essere frammentatoe programmato, rendendo com-patibile le attività liturgiche echiesastiche, consentendo unamirata scelta di comunicazio-ne o, la possibilità di un approc-cio individualizzante a vari livel-li interpretativi, nulla togliendoalla dialettica espositiva, acco-gliendo in pieno l’importanteretaggio di museo attivo. Pre-messo ancora che, l’atto pro-gettuale, deve essere interlo-cutorio e dialettico tra il museo-logo ed il museografo, per darecorrette risposte ad esigenzedi conservazione che non osta-

care il patrimonio tra le muradel Santuario, in una difficilerealtà di lettura del Bene, comequella messinese, restituireb-be pagine del passato in unrapporto concreto e dialetticoa livello individuale e colletti-vo, ricomponendo parzialmentela grave mutilazione. L’identitàreligiosa, solo parte, di unariflessione interdisciplinare pro-teiforme che

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colino nel con-tempo la fruibilitàe la lettura del Bene,a mio parere il percor-so, all’interno delle coordinatesuddette, non trova soluzionialternative.ConclusioniL’evento catastrofico che inter-

rompe, senza ritorno, la conti-nuità storica non solo di Mon-talto, ma di tutto il tessuto cit-tadino, deve essere sempretenuto presente come momen-to spartiacque, punto di par-tenza di un affannoso e tra-vagliato recupero delle antichetestimonianze.La storia di Mon-talto, è la storia quotidiana cheMessina esibisce attraverso ilcampanile dell’antico Duomo,segno inequivocabile della suaimportanza e di una con-tinuità che trova linfasolo, attraverso l’insop-primibile messaggio dellanostra memoria. Ricollo-

Percorso museale interno, indi-cato dalla linea blu e dallelinee tratteggiate nere. In

rosso la separazione inlegno, all’interno delsecondo locale, che sepa-rerebbe lo stesso dalpiccolo corridoio di pas-saggio. A lato, partico-lare del secondo localecon corridoio di pas-saggio al suo interno ele varie possibilità di

accesso agli altri ambienti.

Fregio marmoreo. XVII sec.Santuario di Montalto.

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attraversa i sentieri della sto-ria e dell’arte, delle tradizionipopolari, di una condizione fem-minile da sempre irrisolta.L’ipotesi progettuale esposi-

tiva di Montalto, palinsesto dimemorie cittadine, attenta-mente analizzata e valutata neisuoi molteplici aspetti all’inter-no delle nuove dinamiche cul-turali, concretizzerebbe tutte lepotenzialità del luogo, affian-cando ed integrando il proget-to di riqualificazione delle areeinterne che prevede l’uso espo-sitivo dei locali al piano terraed il progetto di recupero dellearee esterne con illuminazio-ne artistica, dando rispostacome richiesto dalle nuove nor-mative, alla domanda di valo-rizzazione e fruizione del Bene,mediante un museo attivo einterdisciplina-re, comple-to, ai fini diun percorsodidattico.L’ideaprincipale delprogetto musea-le, ruota attornoalla possibilità diampliare i localiespositivi interni conla copertura in mate-riale trasparente delgiardino, il suo conseguenteutilizzo come luogo amenoper incontri, mostre ed itinera-ri culturali tematici, oltre l’e-sposizione del materiale scul-toreo che consentirebbe ade-guata lettura di preziose testi-monianze, ricongiungendo ilcomplicato percorso artisticodella città con permanente

memoria del suo passato.La realizzazione di un’area di

accoglienza, potrebbe asse-condare una migliore fruibilitàdel luogo, non più rivolta ad unpubblico elitario, ma ad un pub-blico “altro”, inteso nella suamoderna accezione. Il San-tuario, nucleo e rimando di uncircuito museale in ambito loca-le, si porrebbe al centro dell’attuale politica di valorizzazio-ne del Territorio, offrendo oltreal risveglio culturale, possibi-lità lavorative con ritorno eco-nomico, tramite indotti diretti etrasversali. Splendida, irripeti-bile sintesi della tradizione ita-liana e ancor più siciliana, ilSantuario di Montalto infine,prezioso museo del genius loci.Mons.Bruno conclude la Pre-

fazione delle sue Memorie sto-riche, scri-

vendo:Vor-re i che i llibro fosse

letto da quan-ti non conosco-no la gloria delnostro Santua-

rio, per saperequale gioiello vanti

Messina! Se arrive-rò, con questo lavo-

ro, a far conoscere edapprezzare meglio il valore sto-rico e religioso del Santuariodi Montalto avrò, con gioia, l’u-nica ricompensa che mi atten-do dagli uomini, dopo tante fati-che;non ho altre mire.38 Dove-roso riportare queste righe, inossequio al ricordo di un uomoche, mediando la terribile frat-tura del 1908, segna l’inizio diuna riflessione storico-devo-zionale che ci conduce fin qui,in un arricchimento delle suefatiche e spunto di nuove ini-

ziative culturali.In ultimo appello, la sto-

ria oggi, ha riservato anoi il privilegio di essere

protagonisti e mediatori neiconfronti delle future genera-zioni, dimenticare ora, in unpassaggio storico dal profilo

sbiadito, potrebbe voler diredimenticare per sempre! Par-tirebbe da qui un segnalepositivo.

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A lato, capitello lapideo. XVI-XVII sec. Santuario di Montal-to. Sotto, tarsia marmorea.XVII-XVIII sec.Santuario di Montalto.In basso, ciborio in marmo.XVII-XVIII sec.Santuario di Montalto.

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1 ALESSANDRA MOTTOLA MOLFINO, L’e-tica dei Musei,Torino 2004,p.170; A. MOT-TOLA MOLFINO, Musei “Locali”e Musei “Uni-versali” in Kalos arte in Sicilia, anno 19 n.4,ott-dic 2007, pp.26-31.2 Citazione di Andrè Chastel in FRANCESCABOTTARI e MARIO PIZZICANNELLA, L’Ita-lia dei tesori, Bologna 2002, p.107.3 Citazione di Franco Minissi in SANDRORANELLUCCI, Allestimento museale in edi-fici monumentali, Roma 2005, p. 434 FRANCESCO BRUNO, Il Santuario di Mon-talto in Messina. Memorie storiche, Messina1927, p. 81.5 M. I.FINLEY D.MACK SMITH C.DUGGAN,Breve storia della Sicilia, Roma - Bari 2002,p.110.6 Cfr. ENRICO PISPISA, Messina Medieva-le, Galatina (LE) 1996, pp.54-55.7 SALVATORE TRAMONTANA, Gli anni delVespro. L’immaginario, la cronaca, la storia.Bari 2002,pp.57-588 S. TRAMONTANA, E. PISPISA, C. SALVOne delineano il profilo.Per una sintesi si vedaO. HYERACI, Montalto: cronaca di una sto-ria dimenticata in Messenion d’oro, num.15/16,Gennaio/Giugno 2008, p.15 e segg.9 Restaurate, restituirebbero particolari oggiilleggibili.10 Cit.di S.TRAMONTANA in GIOVANNI VITO-LO, Medioevo, Milano 2000, p.425.11 Cfr. Ibidem p.425 e segg.12 FRANCESCO BRUNO, Il Santuario…, cit.,1927, p.109.13 CARMEN SALVO, Monache a Santa Mariadell’Alto, Messina 1995, p.65.14 FRANCESCO BRUNO, Il Santuario…, cit.,1927, p.313.15 Cfr. Ibidem p.113 e segg.16 Ibidem p.82.17 STEFANO MIRABILE, Storia del Santua-rio di Montalto nella città di Messina, Messi-na 1960, p.113.18 M.GABRIELLA MENTO, L’evoluzione archi-tettonica del Santuario e la sua ricostruzio-ne dopo il 1908, in Il Santuario di Montaltoin Messina a cura di CATERINA CIOLINO,Messina 1995, p.48.19 Definizione tratta dalla lapide che com-memora l’evento, fatta incidere dal Canoni-co F. Bruno, collocata all’interno del Santua-rio.20 ELVIRA NATOLI, scheda Madonna conBambino in Il Santuario… cit., 1995, p.83.

21 ELVIRA NATOLI, scheda di S .Benedettoin Il Santuario…, cit.,1995, p.77.22 Cfr. Ibidem p.77.23 F.BRUNO in Il Santuario… ,cit., 1927, p.85.24 Eseguito presso il gabinetto di restauro delMuseo Regionale di Messina ad opera delProf. Ernesto Geraci.25 FRANCESCA CAMPAGNA CICALA ha trat-tato ampiamente ed accuratamente l’argo-mento della scultura lignea in Sicilia nel Quat-trocento con particolare riferimento alle fami-glie suddette, in occasione delle celebrazio-ni antonelliane del 1981, si veda Per la scul-tura lignea del Quattrocento in Sicilia, in Learti decorative del Quattrocento in Sicilia, cat.mostra a cura di G. Cantelli, Messina 1981.26 CATERINA CIOLINO (a cura di), schedaCrocefisso in Il Santuario …cit. ,1995, p. 71.27 MICHELA D’ANGELO, Storia moderna econtemporanea in GIOVANNI MOLONIA (acura di) Messina storia e civiltà, Messina 1997,p.72.28 Nel secondo seicento la rivolta antispa-gnola spegnerà l’età dei privilegi, segnandoirreversibilmente il fertile periodo del com-mercio messinese.29 CATERINA CIOLINO (a cura di) in Il San-tuario…, cit.,1995, p.16.Pietro Juvarra capo-stipite della più famosa famiglia di argentierimessinesi, padre di Filippo, meglio conosciutocome architetto in ambito piemontese.30 La data viene riportata sul catalogo fattoredigere nel 1998 dalla Curia Arcivescoviledi Messina per la C.E.I., il catalogo riportaanche la data 1689 per la manta in argento.31 Cfr. F. BRUNO, Il Santuario…, cit., Messi-na 1927, p.171.32 Previ accorgimenti per un’adeguata tutelae conservazione del materiale.33 Citazione di Franco Minissi in S. RANEL-LUCCI, Allestimento…,cit., 2005, p. 44.34 Una splendida soluzione sarebbe la rea-lizzazione di un ascensore con le pareti tra-sparenti.35 Autore della monografia già citata, redattanel 1927, attraverso un attento percorso diarchivio e un faticoso recupero delle fontiresidue.36 EUGENIO TURRI, Il paesaggio come tea-tro, Venezia 1998, p.143.37 F.BOTTARI, F.PIZZICANNELLA, L’Italia …,cit., 2002, p.254.38 FRANCESO BRUNO, Il Santuario…, cit.,1927, Prefazione, p.XV.

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hi è stato l’artefice dellaricostruzione di Messi-na? Chi ha progettato e

realizzato le case e i ser-vizi, le strade ed i marciapie-di, le piazze ed i giardini, lechiese e le scuole, gli ospedalie le ville al mare? La rispostaè semplice e secca: le impre-se di Messina e gli ingegneridi Messina, spesso con impre-se di Messina guidate e sor-rette da ingegneri di Messina.Non si tratta di affermazionisuperficiali né di atti accusa-tori, ma semplicemente di con-statazioni basate su dei dati difatto.Le responsabilità non sono

mai generiche, ma di persone

camente il 100% dei progettipresentati ed approvati è a firmadi ingegneri.1

Negli anni sessanta il 90% deiprogetti è opera di ingegneried il 10% opera di architetti.2

Negli anni settanta l’85/90%dei progetti è di ingegneri ed ilrestante di architetti.3

Negli anni ottanta il 70/80%dei progetti è firmato da inge-

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precise e di categorie precise,con una partecipazione datada percentuali e da numeri, chesono sempre neutri ed impie-tosi.Ho condotto una piccola ricer-

ca, naturalmente a campione,nei registri dell’archivio del-l’Ufficio Tecnico del Comunedi Messina relativamente a pro-getti presentati ed approvatidagli anni cinquanta del nove-cento sino al 2000.Negli anni cinquanta, prati-

La ricostruzionedi Messinadagli anni cinquanta ad oggi

Questo testo è una parte di un saggio più lungo di prossi-ma pubblicazione in un libro dedicato al Centenario delterremoto di Messina a cura di Giuseppe Campione.

Panorama di Messina.

a cura di Francesco CARDULLO

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gneri ed il resto da architetti.4

Negli anni novanta il 45/65%dei progetti è firmato da inge-gneri ed il 25/35% da architetti,mentre si registra un dato increscita di 15/30% di pratichedi cui occorreva permesso, equindi necessità di registra-zione al Comune, presentateda geometri.5

La prima osservazione ele-mentare è il numero superio-re degli ingegneri iscritti all’Al-bo rispetto agli architetti; edinfatti: nell’Albo degli Ingegne-ri di Messina del 1984 ci sonoiscritti 962 ingegneri, in quel-lo degli architetti 295 iscritti,circa un terzo. Ma i progetti fir-mati dagli architetti non sonoin percentuale pari ad un terzodi quelli degli ingegneri.Nell’Albo degli Architetti del

1999, alla soglia del secondomillennio, risultano iscritti 1.005

ISOLATO 101, angolo VialeSan Martino/Via Santa Cecilia.

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architetti, ed in quello degliIngegner i 2.300,riducendo il gap acirca la metà diiscritti: ma le percen- tuali della responsabilità pro-

gettuale non cambiano di molto.Il numero superiore di iscrittiquindi, non giustifica, in que-

sta misura, l’altissima per-centuale: praticamente

l’80/90% di costru-zioni (di edilizia, di

architetture,chiamiamolecome voglia-mo) realizzatea Messina, daldopoguerra al2000 , sonostate progetta-te dalla classedegli ingegne-ri di Messina.Questo dato,

pur se piutto-sto imbaraz-zante, ed inseguito spie-gherò il per-ché, è comun-que diffuso e

comune in tutta Italia, anchese non con queste percentua-li per la progettazione archi-tettonica.L’a r t i co lo 52 de l Reg io

Decreto 23/10/1925, n° 2.537,”Approvazione del regolamentoper le professioni di ingegne-re ed architetto” recita: “For-mano oggetto tanto della pro-fessione di ingegnere quantodi quella di architetto le operedi edilizia civile, nonché i rilie-vi geometrici e le operazioni diestimo ad esse relative.Tutta-via le opere di edilizia civile,che presentano rilevante carat-tere artistico, ed il restauro edil ripristino degli edifici con-templati dalla legge 20 giugno1909 n° 34, per l’antichità e leBelle Arti, sono di spettanzadella professione di architetto;ma la parte tecnica può esse-re compiuta tanto dall’archi-tetto quanto dall’ingegnere.”Quindi questo decreto legge

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ISOLATO 106, angolo ViaSanta Marta/Via Mamertini.

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legi t t ima piena-mente la possibilitàsia degli architettiche degli ingegne-ri italiani, regolar-mente iscr i t t i aipropri Albi, di pro-gettare architetture(case, chiese, scuo-le, università, muni-cipi, ospedali, tea-tri, piazze, eccete-ra).Quindi è norma-

lissimo che a Mes-sina il 90% dellaricostruzione, quin-di della città, è stataprogettata dagliingegneri. Possia-mo dire, con ragio-ne, che Messina èuna città fatta daingegneri, che hale sue architetture,i suoi palazzi, pen-sati e realizzati dagliingegneri.In realtà anche se

questo sembra nor-male ed ineluttabi-le, nasconde unagrande e profondissima incul-tura, sia della classe chegestisce e governa la città daglianni sessanta, sia dei cittadi-ni tutti che acquistano le caseed abitano la città.Una prima ragione, banale, è

quella relativa agli statutidisciplinari che governano ilpercorso formativo dell’inge-gnere e dell’architetto in Italia.6

Al di là delle differenze, piut-tosto marginali, tra le univer-sità italiane, il piano di studiche forma le due professionied i due professionisti vede,schematicamente ma effica-cemente, in Italia, una nettaprevalenza di discipline tecni-che nelle Facoltà di Ingegne-ria, ed una netta prevalenza didiscipline storiche-compositi-

ve-urbani-s t i che inquelle di Architet-tura. Scienza e tecnicadel costruire prevalenel le Facoltà diIngegneria;formae spazio del

costruire, del manufattoe della città, inquelle di Archi-

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ISOLATO 185, angolo ViaCesareo/Via Maffei.

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Per dirla semplicemente, comefaccio quando insegno agli stu-denti di primo anno, è compi-to prevalente dell’architetto, equindi sua preoccupazione pri-maria la “bellezza” dell’archi-tettura, intendendola natural-mente nel senso Vitruviano dimettere insieme utilitas e fir-mitas con venustas: utilità esolidità con bellezza. E’, inve-ce, per evidente formazione ecultura delle materie che si stu-diano nella Facoltà di Inge-gneria, netta la prevalenza dellapreoccupazione degli ingegnerisugli aspetti strutturali, tecni-ci, tecnologici.In Architettura la bellezza è

una sorta di scienza, e non ilfrutto di un gusto personale,per cui ci creiamo un alibi dicen-do: a me piace, come se fosseun vestito. Si studiano discipli-

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ISOLATO 481, angolo Vialedella Libertà/Via Trapani.

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ne, si elaborano abi-lità, si insegna asapere ed a saperfare, ci si confrontacon una storia pas-sata e ci si aggior-na continuamentecon la contempora-neità globale, inter-nazionale, mondia-le: tutto per capireil senso, e saperinterpretare la bel-lezza contempora-nea in architettura.A questo punto è

bene sapere che l’I-talia è, credo, l’uni-ca nazione in Euro-pa a consentireagli ingegneri di fir-mare un’opera diarchitettura.In tuttaEuropa solo la figu-ra dell’architetto èresponsabile dellaprogettazione ditutto ciò che costi-tuisce l’ambientecostruito: l’architet-tura, la città, il paesaggio.Natu-ralmente esiste, quello che inarea anglosassone viene defi-nito engineering, la figura, anzipiù figure, che sono respon-sabili della “ingegnerizzazio-ne”dell’opera:strutture, impian-ti, tecnologie di varia natura,cantierizzazione, costi, otti-mizzazione ambientale e viaspecializzando, col rapido pro-gresso del modo di costruire.Quindi, per essere chiari, la

responsabilità del progettoarchitettonico, delle forme, dellospazio, del rapporto con la cittàed il paesaggio, della funzio-nalità è (e ritorno ad una paro-la semplice che le contienetutte, che tutti adoperiamo, forsea sproposito, della bellezzadelle “opere di edilizia civile”,parole della legge del 1925,che accomuna ingegneri edarchitetti) di pertinenza esclu-

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ISOLATO 510, Via Pola.

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siva degli architetti,in Europa, tranneche in Italia.La riflessione allo-

ra che faccio è sullaparticolare specifi-cità della ricostru-zione di Messinache affida agli inge-gneri, anzi al singo-lo ingegnere, quasinel la total i tà, laresponsabilità ditutto il processo pro-gettuale: dall’archi-tettonico allo strut-turale, all’impianti-stico, alla cantieriz-zazione.Senza nes-sun dubbio, senzanessuna umil tà,senza nessunaremora. Un atto dipresunzione cheviene giustificatodalla semplificazio-ne delle proceduree non dai costi peril committente, statoo privato che sia: leparcelle infatti pre-

vedono percentuali separatee diverse per la progettazionedelle varie parti che compon-gono un progetto.Nessuna pos-sibilità di costituire equipe, nes-suna possibilità di separare leresponsabilità, nessuna pos-sibilità di cercare nel mercatodelle professioni, una qualitàconclamata.Non è un caso chesono pochissimi gli studi pro-fessionali di Messina che met-tono insieme le competenze diingegneri ed architetti.Ma queste riflessioni, che

seguono ad una constatazio-ne semplicemente numerica epercentuale (su quelle di meri-to a cui non mi sottraggo, sirimanda al capitoletto succes-sivo), sono ancora parziali elimitate rispetto ad una suc-cessiva piccola ricerca che ho

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ISOLATO 135, Angolo VialeSan Martino/Via Camiciotti.

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compiuto sui nomi-nativi degli ingegnerie degli architetti chehanno costru i toMessina nel secon-do novecento.Una premessa.

Prima della legge 5Giugno 2001 n° 328,l’architetto, iscrittoall’Albo degli Archi-tetti, era una figuradiciamo “generali-sta”, in grado di fir-mare e progettarequindi: sia pianiurbanistici, sia pro-getti architettonici,sia restauri, sia pianipaesistici, ed altroancora. Il suo per-corso formativo con-duceva alla capaci-tà di ”progettare” atutte le scale: quin-di i circa trecentoarchitetti iscritti nel1984 nell’Albo degliArchitetti di Messi-na avevano forma-z ione d i s tudi erelative capacità, omogeneeed assimilabili.Invece i novecento iscritti

all’Albo degli Ingegneri di Mes-sina del 1984 sono suddivisiin 18 specializzazioni: aero-nautica, automobilistica, chi-mica, edile, elettronica, elet-trotecnica, idraulica, idrocar-buri, industriale, meccanica,mineraria, navale, nucleare,ponti e strade, tecnologie, ter-motecnica e trasporti. Questosignifica che nel percorso distudi dell’ingegnere, general-mente dopo i primi due anni distudi, si sceglieva una specia-lizzazione tra le diciotto elen-cate che prevedevano nei suc-cessivi tre anni di studi unaaccentuazione delle disciplineverso il settore scelto.È del tutto evidente che gli

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ISOLATO 146, Angolo VialeSan Martino/Via Camiciotti.

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indirizzi in ingegne-ria civile edile hannoun percorso di studipiù vicino e più pros-simo, ma semprepiuttosto distantedalla formazionedegli studi dell’ar-chitetto, (a quellodella progettazionedell’architettura,della città, del terri-torio, del paesag-gio); mentre il per-corso di studi deglialtri quindici indiriz-zi o specializzazio-ni si rivolge e spe-cifica su altre com-petenze, più o menoaccentuate, ovvia-mente, nelle varieFacoltà d’Italia.Per capirci ancora

meglio è quello chesuccede nel campomedico, ma contempi diversi:per seianni si studia perdiventare medicigenerici; poi per

tre, quattro anni, si studia perdiventare specialisti: in orto-pedia, o oculistica, o cardiolo-gia, o pediatria, o psichiatria,o altro ancora. Il titolo è sem-pre quello di medico, ma conuna specializzazione.Va però precisato un piccolo

dettaglio: a differenza delcampo medico, qualunqueingegnere delle diciotto spe-cializzazioni che prevede l’Al-bo nei primi anni ottanta, puòfirmare e progettare le operedi edilizia civile, come recita ilregio decreto del 1925.Ho incrociato i nomi contenuti

nei registri dell’Ufficio Tecnicodel Comune di Messina, chemi sono serviti per la campio-natura a percentuale che hoprima descritto, con gli Albi pro-fessionali del tempo che espli-citano la specializzazione per

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ISOLATO 290, Piazza Stazione.

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che da ingegneri edili.Nessun cittadino va da unortopedico per farsi togliere

un molare, o da un cardio-logo per farsimisurare lavista, o da uno

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ciascun ingegnere.Negli anni cinquanta del nove-

cento una percentuale varia-bile tra l’80/90% degli ingegneriche ha presentato, ed avuto lalicenza a costruire,a Messina, ha laspecializzazione iningegneria edile.Negli anni ses-

santa del novecen-to circa la metà deglii ngegner i chehanno progettato ecostruito Messina,non sono del setto-re edile.Negli anni settan-

ta del novecento,una percentuale trail 30/40% degli inge-gneri che hannoprogettato e costrui-to Messina, nonsono del settoreedileNegli anni ottanta

del novecento, unapercentuale tra il40/50% che hannoprogettato e costrui-to Messina, nonsono del settore edile.Negli anni novanta del nove-

cento, una percentuale tra il35/45% che hanno progettatoe costruito Messina, non sonodel settore edile.Più diffusamente le specia-

lizzazioni degli ingegneri, chehanno presentato progetti diedilizia a Messina dopo gli annicinquanta sono:idraulica, indu-striale, elettrotecnica, traspor-ti, meccanica.Sono dati nume-rici piuttosto incredibili, una per-centuale alta, troppo alta, diville sul mare o sulle colline, dipalazzi, di chiese, di soprae-levazioni, di sistemazioni di lun-gomare, di sistemazioni di mar-ciapiedi e di piazze, di scuole,di giardini, di cappelle funera-

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rie, di piani di lottizzazione, dipiani di fabbricazione, di pianidi recupero, di piani parti-colareggiati sono statiredatti non solo daingegneri, ma

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ISOLATO 301,Angolo Via Valore/Via Campodelle Vettovaglie.

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se ha male alla gola,anche se tutti e tresono dei medici, lau-reati in medicina.Il punto è proprio

questo, una laureain ingegneria dei tra-sporti non abilita aprogettare una casabella, o un asilobello, o un giardinobello, e purtropponeanche una laureain ingegneria edileprepara a manipo-lare lo spazio archi-tettonico ed urbanoper giungere ad unrisultato di qualità.Eppure, Messina è

stata ricostruita ingrandissima per-centuale dagli inge-gneri e frequente-mente da ingegne-ri non edili.Non solo,ma nella maggiorparte degli uffici tec-nici del Comune diMessina, ma anchedi tutti i Comuni della

provincia, dove va giudicata escelta, o comunque guidata edinterpretata, la qualità archi-tettonica ed urbana ci sonoquesti vari tipi di ingegneri;nellecommissioni edilizie ed urba-nistiche prevalgono gli inge-gneri; alla Provincia, anche:solo la Soprintendenza è feudodegli architetti mentre il GenioCivile degli ingegneri, per evi-denti motivi di competenze, chevengono riconosciute solo difronte all’antico ed alla strut-tura: come se l’antico è il solodepositario del bello e quindidell’architetto, mentre il con-temporaneo, essendo luogodel brutto, può essere proget-tato da un ingegnere. Se uningegnere è abile a progetta-re lo spazio contemporaneoperché non dovrebbe applica-

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ISOLATO 451, AngoloVia Gari-baldi/Via Nina da Messina.

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re la stessa abilità nell’antico?Il dato di fatto, comunque,

schiacciante ed evidente,anche nella banalità dei luoghicomuni, sia della gente chedella classe dirigenziale, gover-nativa, politica, Messinese, stain questa frase: è bene chel’ingegnere progetti (e giudichinegli uffici) l’edilizia civile, el’architetto si limiti ad arreda-re gli interni delle case:al mas-simo si occupi dei prospetti.Questo pensano tutti, questodetta i comportamenti e le scel-te di tutti, questo è quello chesuccede alla costruzione dellacittà di Messina negli ultimi cin-quanta anni.Per sgombrare il campo da

qualsiasi equivoco e da qual-siasi pregiudizio di casta: 1.penso che anche tra gli inge-gneri, edili e non, possa alber-gare un talento lecorbusiera-no o miesano o wrightiano; 2.penso anche che la laurea inarchitettura non dia nessunapatente ad esercitare la bel-lezza, anzi il contrario, la pre-sunzione di sapere fa ancorapiù danni, in termini di brut-tezza; 3. penso che i dirigentidegli Uffici Tecnici di Comune,Provincia e Soprintendenza,che devono giudicare la qua-lità dell’architettura da costrui-re, oltre alla specifica forma-zione, se non hanno progetta-to o non hanno costruito, e senon vedono cosa si realizzanel mondo, non sono in gradodi andare oltre un ottuso ten-tativo di interpretare leggi enorme.7

Le osservazioni numeriche epercentuali che ho svolto ser-vono a dire che non è l’even-to eccezionale, sia in terminidi bellezza che in termini dibruttezza, a fare una città“bella”, non è l’unico straordi-nario edificio, progettato daingegneri o architetti, non haimportanza, che realizza l’ef-fetto città.No, la città, e in particolar

modo una città ricostruita come

Messina, in un arco di temporelativamente breve, e tutta nelnovecento, è fatta da un insie-me infinito di interventi di pic-cola e grande scala; di uncostruito diffuso dal centroalla periferia; di servizi collet-tivi e di residenze; di palazzidel centro e di palazzine in peri-feria; di case popolari e di villeal mare o sui colli; di lungo-mare, lungolago; piazze, mar-ciapiedi, giardini, strade, viealberate e non; centri com-merciali e zone industriali;lineadel tram, e parcheggi, e tuttoquesto, è indubbio, è statorealizzato a Messina, in terminidi percentuale altissima, dagliingegneri di Messina.Case-belle, Case-brutte.Mi sono laureato con Alber-

to Samonà, figlio di GiuseppeSamonà, siciliano, una dellefigure di architetto più impor-tante nell’architettura italianadel novecento, nel 1976 a Paler-mo.Di Alberto Samonà ho fre-quentato gli ultimi due anni deiCorsi di Composizione Archi-tettonica, oltre alla tesi, espe-rienze che sono state fonda-mentali e basilari per la mia for-mazione di architetto.In quasi tutte le lezioni di Alber-

to tornava la parola “qualità”come fondamento della ricer-ca e quindi del mestiere del-l’architetto.Qualità del proget-to, qualità del costruire, quali-tà della città.Termine, questo della quali-

tà, che veniva contrapposto aquello della “quantità”, comesuo opposto, come pratica erra-ta del lavoro, come strada faci-le con cui esercitare una pro-fessione qualunque, e non unmestiere che aspira al bello:perché è evidente che qualitàè il sinonimo “pudico” di bel-lezza, “bellezza in architettu-ra”.Dagli inizi degli anni novanta

del novecento mi occupo dellastoria urbana di Messina delXX secolo. Mi sembrava evi-dente, sin da allora, che ci fosse

un deficit d’interesse verso learchitetture di qualità, ed ingenerale verso la parte di qua-lità della città. Nei professioni-sti miei colleghi, negli ordiniprofessionali, nei temi di cui sioccupavano i giornali e le real-tà politiche locali, c’era ungran dibattere sulla necessitàdel costruire, costruire casepopolari, costruire case bor-ghesi, costruire ville e villette,ma nessuno che si occupavae preoccupava della qualità delcostruire.Ho iniziato gli studi ponendo

l’attenzione sulle architetturedi qualità della prima fasedella ricostruzione, sino aglianni quaranta del novecento,ed in particolare sulla rico-struzione dei servizi e dellearchitetture delle istituzioni: ilfondamento di una città.8 Eroconvinto allora, e sono con-vinto ancora oggi, che la cittàdi fondazione, quella dei primiquarant’anni, malgrado tutte lecritiche che le sono piovute perquello che poteva essere e nonè stato, sia di gran lunga, nellearchitetture istituzionali, nellepiazze e nelle strade, nei mar-ciapiedi e nei giardini, nei quar-tieri di case popolari e nei palaz-zi borghesi del centro, di qua-lità nettamente superiore aquella costruita dalla fine deglianni cinquanta in poi. Malgra-do tutte le pesantezze del lin-guaggio eclettico, lo stile di granlunga più diffuso nelle archi-tetture della ricostruzione diMessina.Non mancano le eccezioni

verso il linguaggio moderno,lo stile razionalista, italiano inparticolare, che declinato conmolte varianti secondo i mae-stri di riferimento europei emondiali si diffondeva nelmondo:Le Corbusier, Mies vander Rohe, Gropius e la scuo-la della Bauhaus, Oud e il neo-plasticismo olandese, Aalto ela scuola del nordeuropea.La cittadella fieristica di Mes-

sina è un esempio significati-

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vo: tutte le architetture realiz-zate all’interno del suo recin-to appartengono a questa sto-ria e sono state occasione permettere in mostra il talento diVincenzo Pantano e FilippoRovigo, sicuramente le duefigure di maggiore spicco del-l’architettura messinese di qua-lità “moderna” dei primi cin-quant’anni di storia urbana.9

Alla cittadella fieristica vaaccostata l’altra vicenda signi-ficativamente “moderna” dellacittà di Messina: la ricostru-zione del Teatro Marittimo.10

La Cortina del Porto come èstata ri-chiamata la Palazza-ta, ex-Teatro Marittimo, da Giu-seppe Samonà, il suo interoartefice, è composta da unaserie di isolati che costituisco-no un riferimento sicuro di qua-lità nel campo delle architettu-re residenziali, con il piano terraadibito ad attività commercia-li. Dopo questi esempi, oltrequesti esempi, c’è ben poco.Dagli anni sessanta in poi l’ar-chitettura di qualità è pratica-mente scomparsa.

il terremoto, nei primi quaran-t’anni del nostro secolo, ha unlivello più che dignitoso sia negliedifici pubblici più significativi,sia nell’edilizia privata, maanche nell’edilizia pubblica resi-denziale? Perché qualsiasiintervento anche di ediliziaultrapopolare è più curato, piùdisegnato, più pensato (al di làevidentemente della fatiscen-za e del degrado del tempo) diqualsiasi quartiere contempo-raneo? In poche parole perchéla città, tanto criticata, del Borzìè nettamente migliore di quel-la contemporanea?Se poi osserviamo la vivibili-

tà e l’uso della città le cosevanno ancora peggio: è prati-camente impossibile cammi-nare a piedi sui marciapiedi diMessina: sono invasi minac-ciosamente dalle macchine edalle moto, squallide fioriere lioccupano tristemente e sta-bilmente.Come è possibile (e trala-

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Se volessimo giudicare sere-namente l’architettura realiz-zata a Messina negli ultimi tren-t’anni, ci troveremmo in unostato di disagio ed avremmodifficoltà a segnalare ed indi-viduare degli edifici di qualità.Le architetture degne di poterfigurare in una storia dell’ar-chitettura italiana, o anche dilivello regionale, sono pochis-sime ed appartengono agli annicinquanta. Tra queste certa-mente alune opere di V. Pan-tano, di F. Rovigo, di G. Samo-nà, che abbiamo menzionato,poi opere dello studio Calan-dra-DeCola, lo studio Sismi-consult, la casa di M. Ridolfi,alcune architetture sedi uni-versitarie. Anche se abbiamodimenticato qualcosa il quadroé comunque desolante.11

Specchio di questo striminzi-to elenco, che per la maggiorparte delle opere si ferma aglianni 50/60, è lo stato di degra-do, in senso lato, della cittàmoderna.A chi dare la respon-sabilità di questo? Perchè lacittà che si è ricostruita dopo Vista aerea di Messina, il porto.

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sciamo rumore, inquinamentoe traffico arrivati a livelli asso-lutamente insopportabili) vive-re in una città in cui non si puòcamminare a piedi? In cui ilpedone non è contemplato?Quale follia abbiamo alimen-tato? Chi si preoccupa di que-sto? E, per quello che ci potreb-be competere con il nostro ruolodi professionisti-tecnici-inge-gneri-architetti, cosa faccia-mo negli assessorati, negli uffi-ci comunali, nelle commissio-ni edilizie, nei nostri studi?Credo sia corretto che ognu-

no si assuma le proprie respon-sabilità ed in questo caso latotale responsabilità del dise-gno, della forma, dell’aspetto,del costruito, della città con-temporanea, è degli architettie degli ingegneri di Messina.Non ci sembra che occorranomolti giri di parole né cheserva scaricare la colpa ai poli-tici, o ai committenti, o ai fun-zionari. Ognuno di loro fa la

propria parte, sicuramentesono la causa di molte sceltedi programma sbagliate, di con-dizionamenti economici di ognitipo, ma non hanno alcunaresponsabilità sul prodotto fini-to. Una architettura può esserinutile, fatta con materiali pove-ri, ma non brutta.Certo gli ingegneri, negli ulti-

mi cinquanta anni, hannocostruito molto di più degli archi-tetti: la colpa è in grande per-centuale loro.Ma è solo un pro-blema di quantità, anche gliarchitetti quando si sono cimen-tati non hanno dato il megliodi sé.12

Il problema fondamentale ècome sempre di ordine cultu-rale, etico, civile.Di ordine culturaleperché chi

progetta pensa e realizza ciòche conosce, e se conoscepoche “parole” scrive un versopovero e sempre uguale. Mal’ordine culturale è anche quel-lo del fruitore: una città, nelsuo insieme, è espressione deisuoi cittadini, e se nessuno sioppone e si ribella alle orren-

de condizioni di ambiente e diluogo in cui vive non c’è pos-sibilità di migliorare. Perché imessinesi continuano a com-prare le case orrende, in con-dizioni di vivibilità da alveariosaturo, costruite dagli impren-ditori della città?Di ordine etico perché il pro-

gettista, architetto o ingegne-re che sia, deve ricercare comeimperativo categorico la miglio-re soluzione possibile. Si puòparlare di contenitore se si badasolo alla funzionalità; di gab-bia di ferro se ci si preoccupasolo della struttura; di vacuitàse il proprio impegno é rivoltosolo al prospetto. La miglioresoluzione possibile è quellache coniuga questi tre elementi.L’etica del progettista sta pro-prio nel grande sforzo di ricer-ca creativa che deve compie-re per raggiungere la bellezzaattraverso il soddisfacimentodi tutte le condizioni di funzio-nalità e staticità, ma anche dieconomicità, rispetto dellenorme e dei regolamenti, rispet-to dei luoghi, eccetera. Quan-

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Vista aerea di Messina.

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ti di noi hanno come fine ulti-mo la ricerca della bellezza?Quanti di noi non si acconten-tano della prima soluzione tro-vata? Quanti di noi assecon-dano passivamente solo le esi-genze speculative del manu-fatto edilizio? Quanti di noihanno come fine ultimo la par-cella, e basta? Quanti di noistudiano e ricercano, senzasosta, la soluzione meno bana-le, più interessante ed innova-tiva anche se più faticosa daraggiungere? Di ordine civile perché il

mestiere dell’architetto e del-l’ingegnere (solo in Italia) haun altissimo valore sociale ecollettivo. Ciò che noi proget-tiamo, anche la villa privata,ha prima di ogni altra cosa unvalore ed un rapporto con l’e-sterno, con l’ambiente natura-le e urbano, e col cittadino cheabita una città e la usa. Ogniedificio ha un rapporto pubbli-co, o di uso o di visuale, e l’ar-chitetto e l’ingegnere deveavere il senso civico di adot-tare la soluzione che soddisfale esigenze collettive di chiabita la città, e non soltanto l’e-dificio.Perché le aree di espansio-

ne, come ad esempio l’An-nunziata sono degli agglome-rati incredibilmente informi, privicioè di un qualsiasi disegno, diservizi, di giardini, di piazze, dibelle architetture, di effetto dicittà? Perché la stessa sortecapita sia agli interventi IACP,che ai quartieri o alle lottizza-zioni turistiche private, che aipalazzi borghesi, che alle lot-tizzazioni realizzate con unPiano, che senza Piano, cheagli interventi di risanamentocon Piano e senza Piano? Per-ché non si progettano i servi-zi, i marciapiedi, le strade, lealberature, le piazze, i giardi-ni? Perché non si progetta lacittà per farla diventare bellaed ospitale? Ed, in sintesi,perché non si ricerca la bel-lezza nel progetto d’architet-

la circonvallazione, lungo laPanoramica, lungo la litoranea,a Tremestieri.Mi assumo la responsabilità

della scelta, quindi della par-zialità di ogni scelta; del giudi-zio, quindi della soggettività diogni giudizio:il curriculum dellecose che ho scritto e di quel-le che ho progettato mi con-sentono di espormi.14

Le cinque “case-belle”, senzagiudicare la tipologia, gli spaziinterni, le soluzioni distributi-ve, hanno delle volumetrie urba-ne dignitose, con delle idee,con dei riferimenti culturali alti,con delle soluzioni architetto-niche di facciata semplici e raf-finate, di civiltà del costruire.Esse sono: l’isolato dell’Upim,il 101, tra Viale San Martino evia Santa Cecilia; l’isolato 106,comparto IV, di via Santa Marta;l’isolato 185 C, ad angolo travia Cesareo e via Maffei in zonaTirone; l’isolato 481, su vialedella Libertà, tra via Trapani evia Canova; l’isolato 510, suvia Pola, tra via Cuppari e viaFulci, sullo spazio triangolarecon le palme.15

Le cinque “case-brutte”,hanno delle soluzioni urbaneed architettoniche, di affacciosu strada, su piazza, su ango-lo, su mare, banali, ovvie, senzaun rapporto di verità tra strut-tura ed epidermide, senza pen-siero, senza tensione, senzacultura figurativa, di cattivogusto, o peggio ancora di super-ficiale conoscenza dell’archi-tettura.Esse sono:l’isolato 135,accanto al comparto IG pro-gettato da F. Rovigo, su vialeSan Martino, angolo via Cami-ciotti, lato monte; l’isolato 290,che affaccia su Piazza Sta-zione, angolo via del Vespro;l’isolato 301, ultimo isolato dellaCortina del Porto, dopo la Doga-na, prima della Stazione delMazzoni, ad angolo con viaCampo delle Vettovaglie; l’iso-lato 451, su via Garibaldi, adangolo con via Nina da Mes-sina.16

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tura?Certo sono tutte domande

retoriche. Ognuno ha la rispo-sta. Anzi le risposte sono lestesse e tutte addebitano lecolpe agli altri: al committen-te, alle imprese, al sistema, alComune, alla Regione, alloStato. Si potrebbe, invece,cominciare da noi. Da noi inquanto cittadini e poi, solo poi,in quanto ingegneri ed archi-tetti.13

Concludo questo saggio condelle immagini senza com-mento.Nella civiltà delle imma-gini la parola conclusiva spet-ta a loro.Ho scelto cinque pro-getti realizzati di architetturebelle e cinque di architetturebrutte. Di architetture di quali-tà e di architetture banali. Nonho scelto edifici importanti, isti-tuzionali, collettivi. Sono “edi-lizia corrente”, quella che nonè fatta per stupire, ma che costi-tuisce la maggiore quantità, inmisura percentuale, del tes-suto della città. Quella, dun-que che proprio perché cor-rente ha la maggiore respon-sabilità della qualità, diffusa onon diffusa, di una città. Sonoresidenze, case, edifici internial perimetro urbano, anzi inter-ni al perimetro Borzì. Lungoviale San Martino, via Gari-baldi, strade principali o secon-darie, su piazze centrali, agliangoli di nodi urbani importanti,su fronti a mare, in luoghi moltosignificativi della città, o chesarebbero potuti diventaremolto significativi. La bellez-za/bruttezza in architettura simisura anche, in percentualemolto alta, nel modo in cui isti-tuisci, o no, rapporti urbani,relazioni significative, o no, conl’esistente, con la strada, conil vuoto delle piazze, con il mare,con l’esterno, con l’affaccio.Milimito quindi a prendere esem-pi che, “fanno città”, che si tro-vano nel suo centro identita-rio.Sarebbe troppo facile infie-rire su quello che si è realiz-zato, e si sta realizzando, oltre

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1 Ho consultato, grazie alla disponibilità del geom. Polentarutti, venti carpette, con progetti tutti di edilizia di varia natura, che riportanoi nomi dei seguenti ingegneri, che a volte si ripetono: A. Crisafulli, M. Cucinotta, M. Paladino, G. De Cola, V. Campo, S. De Francisci,A. Potestà, A. Jannello, A. Marotta, A. Grosso, A. De Salvo, G. Mazzeo, A. Paholly, D. Valentini.2 Appaiono tra le carpette consultate, naturalmente a caso, i nomi degli architetti Filippo Rovigo e Roberto Calandra mentre tra gli inge-gneri: C. Conti. P. Valentini, A. Garufi, M. Cucinotta, E. Bitto, S. Jelitro, G. Bertuccio, A. Currò, G. Aloisio, N. Cutrufelli, C. Silvestro,V. Casà, P. Falzea, M. Paladino, T. Russo, G. De Cola.3 Negli anni settanta cambia la modalità di registrazione e le rubriche, divise per anno, riportano oltre alle ditte, il luogo ed il tipo di pro-getto anche il nome e la qualifica dei progettisti. Ho quindi potuto consultare cinquecento nomi e progetti con il risultato che il dato simantiene perfettamente in linea, percentualmente, rispetto agli anni precedenti in cui ho consultato direttamente le carpette. Tra gli archi-tetti i nomi di A. Indelicato, E. Carrozza, V. Potestà, G. Donato, P. La Spina, C. Fulci. Tra gli ingegneri, oltre a quelli già ricorrenti neglianni cinquanta e sessanta: D. Sindoni, G. D’Andrea, G. Intelisano, G. Criscenti, V. Cacopardo, B. Mondello, G. Serraino, N. Caligiore,L. D’Andrea, F. Colonna, S. Capraro, A. Crinò, A. Valentini, A. Russo, E. Mazzullo, L. Pellegrino, P. Palano, S. Pidalà, E. Siracusano,G. Grimaldi, G. Alveario, A. Valore, A. Merlino, G. Caminiti, G. Caruso, P. Impollonia, S. Pernice, F. Rigano, S. Trischitta.4 Tra gli ingegneri, ai nomi ricorrenti degli anni settanta, si aggiungono i nomi di: G. Sciabà, C. Borzì, G. Bonanno, P. Settineri, M. Rinal-di, G. Rotondo, A. Cicala, L. Bernava, G. Parisi, S. Sciacca, M. Sterrantino.5 Tra gli ingegneri si leggono i nomi di: P. Settineri, A. Porcello, G. Pernice, L. D’Andrea, A. Passaniti, L. Pellegrino, A. D’Andrea,Donia e Grimaldi, P. Battaglia, M. Celona, S. Pidalà, F. Colonna, A. Teramo, A. Ansaldo, F. Gulletta, A. Alonci, A. Danzè, G. Guerre-ra, G. Di Dio, A. Silvestro, G. Rotondo, E. Contraffatto, F. Arena. Tra gli architetti i nomi sono: A. Bellamacina, E. Nuccio, C. Augu-sto, L. Orlando, E. Carrozza, L. Runci, S. Geraci, A. Battaglia, M. Rella, G. Pantò, C. Colonna, M.G. Arcovito, F. Zaccone, G. Falzea,B. Bertuccio, A. Ciraolo, M. Giunta, A. Marino, A. Bartolomeo, A. Isgrò, A. La Corte, S. Zappia, N. De Domenico, A. De Benedictis. 6 Sono presidente del Corso di Laurea in Architettura, della Facoltà di Architettura di Reggio Calabria, e da diversi anni mi occupo difatti istituzionali, ed ho promosso il ripristino del Corso di Laurea quinquennale nella Facoltà in cui insegno, dopo che era stato elimi-nato, in ossequio alla nuova legislazione. Conosco bene quindi la situazione formativa in Italia sia di Architettura che di Ingegneria.7 In trenta anni di insegnamento al Laboratorio di Progettazione Architettonica presso la Facoltà di Architettura di Reggio Calabria hoinsegnato a circa tremila studenti calabresi e siciliani: solo una ventina avevano un vero talento verso il progetto di architettura.8 Cardullo, Francesco, La ricostruzione di Messina 1909-1940: l’architettura dei servizi pubblici e la città, Roma, Officina, 1993, pp.126.9 Cardullo, Francesco, La Fiera di Messina: un esempio di architettura razionalista, Roma, Officina, 1996, pp. 99.10 Cardullo, Francesco, “La Cortina di Messina 1930/1958: un manuale dell’arte del costruire”, in Cardullo, Francesco, Giuseppe e Alber-to Samonà e la Metropoli dello Stretto di Messina, Roma, Officina, 2006, pp. 9-73. Vedi anche: Cardullo, Francesco, “L’architetturadello Stretto: progetti a grande scala nella storia urbana di Messina”, in: Rebecchini G., Cardullo F., Roseti C., Architettura civile, Roma,Gangemi, 1992, pp. 18-46. Continuo ad occuparmi di Messina con una certa regolarità, a partire dal 1992, sulla rivista Città e Territo-rio, curata con grande dedizione da Attilio Borda, che si occupa, invano o quasi, di evidenziare problemi, progetti e questioni della cittàdi Messina.11 Appartengo al Dottorato di Ricerca in Progettazione Architettonica e Urbana presso il Dipartimento DASTEC della Facoltà di Archi-tettura di Reggio Calabria che si intitola: “Il progetto dell’esistente e la città meridionale”, guidato da Laura Thermes. A partire dallasua fondazione, nel 2000, abbiamo fatto studiare e ricercare ai dottorandi le architetture di qualità della Calabria e della Sicilia. Succes-sivamente, in particolare i dottori Amoroso, Serafina, Berlingeri Fabrizia, Pastore Francesca, Russitto Trieste e Velletri Angela si sonooccupati di schedare, nel 2004, le architetture di qualità dei territori che affacciano nello Stretto di Messina.12 È stata pubblicata da poco una raccolta-guida dell’architettura di qualità in Sicilia: Oddo, Maurizio, Architettura contemporanea inSicilia, Trapani, Corrao Editore, 2007, pp. 862. Le segnalazioni che riguardano opere realizzate nellla città di Messina sono 52, poche.Tra queste tutte quelle storiche che abbiamo menzionato, a cui si aggiungono piccole opere, o allestimenti, o interni, di giovani archi-tetti messinesi che si affacciano faticosamente, molto faticosamente, nel campo della professione in città. A loro va il mio totale augu-rio e speranza di cambiamento dello stato delle cose.13 Questa ultima parte del capitoletto è stata ripresa da un pezzo che è stato pubblicato nella Gazzetta del Sud del 3 Novembre del 1993,che avevo intitolato “Sul mestiere di architetto a Messina”, e che il giornale aveva intitolato “Perché manca l’effetto città”. Non riportola parte conclusiva. E’ sempre piuttosto antipatico, oltre che vanitoso, auto-citarsi, ma a distanza di quindici anni non riesco a cambiarepensiero sulla città.14 Sono professore ordinario di Composizione Architettonica ed Urbana presso la Facoltà di Architettura di Reggio Calabria (con que-sto ruolo siamo soltanto in tre nell’intera provincia di Messina, tra architetti ed ingegneri), e presidente del Corso di Laurea in Archi-tettura, sempre della Facoltà di Reggio Calabria. Avendo un ruolo istituzionale mi prendo pubblicamente, razionalmente, la responsabi-lità di quello che scrivo.15 Si potrebbe aprire una riflessione tra il rapporto che sussiste tra il livello di maturazione civile raggiunto da una istituzione, e quindida una città, attraverso la capacità o meno di creare un archivio, per forza di cosa della memoria, degli atti prodotti dalla cittadinanza.Gli archivi del Comune, del Genio Civile, dello Iacp, della Soprintendenza sono luoghi che testimoniano l’inettitudine di chi dirige edè responsabile di queste istituzioni nella città di Messina: è la classe dirigente, e non l’impiegato che deve capire l’importanza di far fun-zionare un archivio, di saperlo organizzare, di informatizzarlo, di renderlo consultabile. Non sono disastrosi alla stessa maniera, c’è sem-pre la buona volontà del singolo dipendente, ma basta scambiare qualche parola con queste persone per capire lo stato di totale abban-dono di chi dovrebbe rendere efficiente la struttura. Desideravo soltanto conoscere gli autori, i progettisti, delle dieci architetture checito, non avevo la necessità di vedere i progetti, le carte. È più facile andare su Marte. Sono soltanto riuscito a sapere, e mi auguro chequalche altro giovane speranzoso continui e ci riesca: l’isolato 101 è un progetto del 1963 redatto dalla Sismiconsult, sigla che riunivagli ingegneri N. Cutrufelli, A. D’Amore, G. De Cola e l’architetto N. Tricomi (uno dei pochissimi studi che contemplava più compe-tenze, di diversa responsabilità, a Messina; l’isolato 106, comparto IV, è un progetto del 1953, redatto dall’ing. Enzo Cacopardo, perconto della Società Cooperativa Edilizia SCECLA; l’isolato 185 C, comparto III, è un progetto del 1953 redatto dall’ing. Enzo Caco-pardo, con le strutture dell’ing. Salvatore Caprara, per conto dell’Immobiliare Oratorio della Pace/CIFRE; l’isolato 481, è un progettodel 1963, redatto dall’architetto Roberto Calandra e dall’ing. Giuseppe De Cola; l’isolato 510 è un progetto del 1952, di cui non ho tro-vato l’autore, ma, forse, per le strutture il responsabile è l’ing. Vincenzo Russo per conto della ditta PACE come Case per Lavoratori.16 Dell’isolato 135 e del 146 non ho trovato gli autori. L’isolato 290 è un progetto del 1969 redatto e realizzato da Caligiori e Salini Luigicostruzioni; l’isolato 301 è un progetto del 1957, redatto dall’ing. Michele Paladino per conto della Società Cooperativa Edile Domusdei giornalisti messinesi; l’isolato 451 è un progetto del 1970, redatto dall’ing. Domenico Marcello Campo.

NOTE

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edico alla insipienza e allainettezza del Governo Ita-liano tutto l’odio mio; ed

al generale Mazza, gli scat-ti impetuosi di una eterna male-

dizione. Da lui, all’ultimo dellasua stirpe sciagurata, passisempre severa, sempre tre-menda, l’eco disperata dell’ul-tima parola dei miei fratelli disventura, sepolti sotto le rovi-ne di una illustre città.Al suo cuore, ritratto singola-re del cuore di Giolitti, dedicoa perenne supplizio il gemitostraziante e l’agonia lenta dicentinaia e centinaia di feritilasciati morire sulla banchinadel porto; e possano le inulteombre di tanti assassinati, tor-

tornare ad essere testimo-nianza civile dei tristi fatti cheseguirono la sciagura del tre-mendo sisma.Parole, dure, piene di ranco-

re e risentimento nei confron-ti di un Governo e del suo più“duro”rappresentante, il RegioCommissario Tenente Gene-rale Francesco Mazza, colpe-vole di omissioni e inettitudi-ne, nei confronti delle popola-zioni bisognose di soccorso, edi negligenza mostrata nel-l’amministrazione degli aiutiumanitari ricevuti da ogni partedel mondo.Nell’intento di invocare il sovra-

no intervento di Vittorio Ema-nuele e della Regina Elena, adifesa delle ingiustizie subitedai superstiti e a garanzia chegli aiuti offerti da tante nazio-ni come la Russia, l’America,la Francia e la Germania fos-sero ben impiegati, GiacomoLongo, un comune cittadinoabitante nel borgo di Torre Faro,si era prodigato nella stesuradi un libro che potesse costi-tuire, nelle mani del Re, la provainconfutabile per denunciarepubblicamente l’operato delGenerale Mazza, autore delloStato d’Assedio proclamato il4 gennaio 1909, e del Gover-no Giolitti.Fu per tale motivo che, una

volta realizzato e stampato ilsuo “capolavoro”presso la tipo-grafia Arti grafiche La Sicilia diCarlo Magno a Messina, Gia-como Longo si preoccupò di

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mentare senza posa i suoisonni.Ai diecimila uomini di truppa,

venuti in mezzo a noi in pienoassetto di guerra, e per costi-tuire il vero disastro - giacchéil 28 dicembre 1908 rispetto aloro non fu che un momento disventura - io dedico il ricordovergognoso della loro operavandalica […].A S. M. Vittorio Emanuele III

dedico la mia protesta, rispet-tosa sì, ma sincera, sentita esolenne. Considerate o Sire,l’opera infruttuoso del VostroGoverno […].A voi, onorevole Giolitti, dedi-

co la nostra gioia e il nostroconforto per non avervi fin quiveduto”.È con queste parole che Gia-

como Longo inizia la prefazio-ne al suo libro “Un Duplice fla-gello: il terremoto del 1908 e ilGoverno Italiano”, testo alquan-to raro, che verrà prossima-mente ridato alle stampe per

L’indagine giudiziariasu Giacomo Longoautore de “Un duplice flagello” pubblicato nel 1911 sull’operatodel generale Mazza e del Governo Giolitti dopo il sisma del 1908

di Vincenzo CARUSO

Notizie tratte dal fascico-lo del Fondo Prefetturaconservato presso l’Ar-chivio di Stato di Messina

Giacomo Longo.Pagina a lato, in basso, il Il R.Commissario Tenente Genera-le Francesco Mazza, Coman-dante del XII Corpo d’Armata.In alto, panorama di Messinadopo il terremoto.

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darne la maggiore diffusionepossibile nel timore di una pro-babile censura da parte delleautorità, dato il contenuto alta-mente accusatorio nei confrontidel Governo, reo di non aversaputo gestire l’emergenza e,ancor più, di aver abusato deipropri poteri contro le vittimedella più grande catastrofe dellastoria.A maggiore garanzia che la

denuncia sortisse gli effetti desi-derati, Longo si premurò diinviarne due copie al Re, unaalla Procura Generale pressola Corte d’Appello di Messinae un numero non definito dicopie a persone a lui note, emi-grate in diverse città italiane edi Paesi europei e d’oltre mare.Con tale gesto, egli dimostrava

di non temere affatto il perico-lo di subire querele per diffa-mazione, né denunzie da partedelle autorità governative, anzilanciava senza timore la sfidadi poter essere chiamato albanco degli imputati per darvoce a quanto scritto e docu-mentato nel suo libro.Ma come reagì l’Autorità

Governativa alle gravi accusemosse da un comune cittadi-no, in un periodo storico in cui

la censura non consentivafughe di notizie che potesse-ro compromettere, in modo dif-famatorio, l ’ immagine delPaese agli occhi del mondo?La notizia della pubblicazio-

ne del libro venne di fatto annun-ciata nell’edizione di sabato 13aprile 1911 da un solo giorna-le minore locale chiamato IlRisveglioche, a differenza dellaGazzetta che non fornì alcunanotizia in merito, riportava conmolto risalto l’opera coraggio-sa di Giacomo Longo:“DUPLICE FLAGELLO.Que-

sto è il titolo di un grosso volu-me pubblicato a cura del Sig.Giacomo Longo, ove sonomessi nella loro vera luce tuttii fatti scandalosi che nello scom-piglio del disastro furono com-piuti da eroi collocati sotto laprotezione e col nulla osta delGenerale Mazza e del Gover-no d’Italia.Il libro è pieno di verità con-

trollate, che bisogna leggereper conoscere se non altroquale scempio si sia fatto dellacarità pervenutaci dall’estero.All’autore la nostra lode, ai

critici inverecondi non rispon-diamo”. [Il Risveglio, 13 aprile1911]

In tempi brevissimi, il Procu-ratore Generale del Re, Cav.Ragazzoni, ne informò il Mini-stro dell’Interno il quale, nelprendere atto della comunica-zione ricevuta, invitò la com-petente Autorità giudiziarialocale ad una oculata vigilan-za, in accordo con l’Autoritàpolitica, affinché “niun incon-veniente venga a deplorarsi”.1

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merito alla figura dello spre-giudicato autore dell’opera.Il 30 aprile 1911, il Questore

di Messina era già nelle con-dizioni di poter riferire al Pre-fetto.Chi aveva raccolto le infor-

mazioni non era certamenteimmune da un atteggiamentopregiudizievole nei confrontidella vicenda. Bisognava tro-vare elementi che consentis-sero di screditare i protagoni-sti del grave atto denigratorionei confronti del Governo Ita-liano.Dalle “diligenti investigazioni”

eseguite dal Delegato di Pub-blica Sicurezza Attilio Stagni,dal Delegato Signor Cortisa-no e dal Maresciallo Di Ciuc-cio, risultò quanto segue:3

“Uniformemente alle richie-

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Ricevuta tale raccomanda-zione, il 21 aprile 1911 il Pro-curatore Generale si premuròdi inviare una lettera riservataal Prefetto di Messina in cui,dopo aver relazionato sul pare-re del Ministro, esprimeva lapropria opinione sul da farsi:in riferimento alla legge del 28giugno 1906 n° 278 e alle sen-tenze emesse dal Procurato-re di Cagliari in un preceden-te analogo caso, non era pos-sibile impedire la diffusione dellibro, salvo ordini contrari.Sot-tolineava altresì, che il costoelevato del libro pari a £.4 nonavrebbe comunque consenti-to una vasta diffusione.2

Al Prefetto non restava quin-di che allertare la Questura edavviare le indagini necessariea fornire utili informazioni in

Lettera inviata il 22 maggio 1911 dal Capodi Gabinetto del Ministro dell’Interno alPrefetto Angelo Buganza, nel quale si con-corda con la soluzione di non dare pubblici-tà alla pubblicazione del libro scritto da Gia-como Longo. Archivio di Stato di MessinaFondo Prefettura.

Lettera inviata dal Ministro dell’Interno al Prefettodi Messina il 7 maggio 1911 in cui si comunica laricezione del libro “Un Duplice Flagello”. Archiviodi Stato di Messina Fondo Prefettura.In basso,Il Presidente del Consiglio, Giovanni Giolitti(1942-1928).

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ste verbali fatte dalla S.V.Ill.ma[sono state svolte] le indaginiatte a stabilire ed accertare ilvero autore del libello intitola-to “Un duplice flagello” la cuipubblicazione è comparsa sotto

il nome di Giacomo Longo dianni 35, fu Francesco e di Fran-cesca Bonanzinca, da TorreFaro.Anzitutto si accennerà a brevi

linee chi è il firmatario di tale

opuscolo, quale le sue attitu-dini e coltura, i suoi legami, ilsuo passato per dimostrarecome in effetti il Longo non siache un prestanome. Il Longoebbe bassissimi natali; studiòfino alla terza elementare e nonpotè migliorare la sua colturaperché gravato di una malat-tia agli occhi. Il Longo nellesua vita si è rivelato di animovolgare, aggressivo e prepo-tente e in forza di tale caratte-re è riuscito nella pacifica con-trada di Torre Faro ad esseretemuto.Egli infatti vive di espedienti

facendo l’affarista e spillando

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Comunicazione del Ministrodell’Interno al Prefetto di Mes-sina, inviata il 17 Maggio, inrisposta al risultato delle inda-gini eseguite su GiacomoLongo. Nella lettera si invita ilPrefetto alla restituzioneall’autore, delle copie del libroinviate al Re. Archivio di Statodi Messina Fondo Prefettura.In basso, il Teatro VittorioEmanuele dopo il sisma.

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per questo o quell ’affaredenaro dalla classe marina-reccia. Il Longo fu sotto pro-cesso per diffamazione, perfurto di vino e ricettazione indanno di un certo Fumia, giàdelegato municipale, perito neldisastro tellurico del 28 dicem-bre ‘908. Non ha occupazione

onorifici a carico dei militari quaconvenuti pel disastro del 1908e di autorità, facendo i nomidel Generale Mazza, delComm.Trinchera, del Cav. DeBernardines e dell’IngegnereCapo del Comune Simonet-ti.[…]Essendo cieco, dettò tutte le

minute ad alcuni giovanotti delpaese che vennero poi rive-dute e corrette dal Sacerdoteprof. Giovanni Scarfì inse-gnante di lingue presso il loca-le Seminario.Il materiale è statofornito al Longo da molti natu-rali della vicina Ganzirri –Torre Faro, da messinesi e inparte dalla lettura dei giorna-li..Le spese per la pubblicazio-

ne furono sostenute da per-sone del luogo che furono indot-te ad acquistare azioni da £.25 così da racimolare £.1.000che in varie riprese versò altipografo Magno al quale firmòalcune cambialette.Quasi tutti acquistarono a

malincuore le suddette azioniperché tutti temevano il Longoessendo questo un intrigantetemerario e capace di ogni falsadenuncia presso le diverseautorità.Questa prima edizione con-

sta di 2.000 volumi di cui circa100 furono già spediti in Ame-rica. […]Nel volume doveva compari-

re pubblicato anche un capi-tolo contro il Papa ed in dife-sa del vescovo D’Arrigo, innon buoni rapporti con la SantaSede; ma è stato soppresso,dietro mandato del vescovo perinframmettenza del CanonicoBruno.4

Il Longo, prima di pubblicareil volume si è consultato conl’avvocato Baratta.Segue a questo punto un

dettagliato rapporto sul tipo-grafo Magno e sul numero dicopie spedite in Italia e all’e-stero, nonché dei nomi degliazionisti che contribuirono con£. 25 alla stampa del libro:

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alcuna però vive bene e vestebene. Il Longo è parente delnotissimo strillone inteso “l’Or-bo”. Il Longo ha altresì mostra-to idee socialiste e molto tempoprima del disastro tentò di costi-tuire una cooperativa tra i mari-nai di Torre Faro e Ganzirri, chenon attecchì.Circa quattro o cinque mesi

orsono circolò a Torre Faro ea Ganzirri un manoscritto dat-tiloscritto a firma di GiacomoLongo. In esso si esponevanocronologicamente dei fatti poco

Proclami del Gen. Mazza pub-blicati sul 1° numero del perio-dico “Ordini e Notizie” del 10gennaio 1909.

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[…] Il Magno è ritenuto unaspia dei gesuiti […]. Il libro delLongo è stato richiesto dai com-paesani residenti all’estero eda quasi tutti i librai nazionaliai quali si è rivolto in prece-denza con circolare.Nel frattempo, il Ministro del-

l’Interno, inviava al Prefetto diMessina una nota nella quale,nell’informare l’Autorità Gover-nativa locale della spedizioneda parte di Longo delle duecopie del volume indirizzate aiSovrani, ne richiedeva un pare-re, considerato il tono polemi-co dell’opera, al fine di daregiusto seguito all’omaggio rice-vuto.5

Nuove informazioni intantovenivano prese sulla vicendache andavano a rinfoltire il fasci-colo aperto sul conto di Gia-como Longo:[…] Mi risulta che terminata

la scritturazione, l’opuscolovenne affidato al sacerdote Gio-vanni Scarfì, professore delSeminario, per la dovuta cor-rezione. Mi risulta inoltre cheil gesuita padre Calvi, perso-na ritenuta molto intelligente,abbia preso parte scrivendoanche egli qualche cosa e ciònon è da mettersi in dubbio per-ché nel libro si doveva pubbli-care un capitolo contrario alPapa e non si è pubblicato; adavvalorare tale affermazionesono in grado di dire che l’Ar-civescovo D’Arrigo ha pagato£. 90 al tipografo Magno per illavoro che aveva già eseguitoe £. 150 al Longo per autoriz-zare a togliere quel capitolo. IlLongo ha spedito due copie alRe e alla Regina d’Italia e aiMinistri di Francia, Inghilterrae America. Firmato Brigadie-re Donato.6

Completata la raccolta di infor-mazioni, il Prefetto AngeloBuganza fu nelle condizioni diinviare il 16 Maggio al Ministrodegli Interni una dettagliatarelazione sulle indagini svoltee, nel rassicurare che la stam-pa locale, ad eccezione di un

“giornaletto locale”, non avevadato alcuna risonanza alla pub-blicazione, suggerì di non darseguito alla denuncia al fine dinon fornire al libro “quella rècla-me che il compilatore bramaed invoca”.7

In conseguenza a ciò, connota del 17 maggio 1911, ilMinistro chiese al Prefetto direstituire al Longo le copie invia-te al Re accompagnandole conuna comunicazione che rite-nesse più opportuna.8

Nel ricevere da parte del Capodi Gabinetto del Ministro pare-re favorevole sulla linea sug-gerita da seguire,9 il PrefettoBuganza diede ordine imme-

diato al Sindaco di provvede-re alla restituzione delle copiedel libro.E così che, nella giornata del

28 maggio, Giacomo Longo,tra lo sconcerto e lo sconfortopiù amaro si vide recapitare,dal delegato comunale diret-tamente a casa, le copie che,in nome del popolo messine-se, nella speranza di riceveregiustizia aveva inviato al Re Vit-torio Emanuele e all’amataRegina Elena.10

Fu come dire: “Il Re vi rin-grazia per il pensiero che aveteavuto nell’inviare questa vostraopera, ma a Sua Maestà noninteressa”.

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NOTE1Procura Generale del Re presso la Corte d’Appello di Messina, 21aprile 1911, oggetto:Libello diffamatorio Duplice flagello di Longo Gia-como. Archivio di Stato di Messina, Fondo Prefettura, busta n.136.2 Ibidem.3 Regia Questura di Messina. Commissariato di P. S., Sezione Mosel-la, Gab n.1946, del 30 aprile 1911, oggetto: Circa il libro edito dallatipografia “La Sicilia” in Messina dal titolo “Un duplice flagello” - Esitoindagini e Regio Ufficio di P.S.Scalo Marittimo Messina, oggetto:Risul-tato informazioni. Archivio di Stato di Messina, Fondo Prefettura,b.136.4 Dopo il 1870 il Papa viveva in una specie di isolamento dentro lemura vaticane.Accorrere in soccorso alle popolazioni colpite dal sismaavrebbe comportato la rottura dell’isolamento e riconoscere, de jureet facto, quello Stato Italiano, “illegittimo ed usurpatore”, che la politi-ca vaticana disconosceva e avversava da quasi quarant’anni. Per talimotivi, il Papa non uscì dal Vaticano, limitandosi a inviare “paternebenedizioni a mezzo di un diplomatico telegramma”. Cifr. S. ATTANA-SIO, 28 Dicembre 1908 ore 5,21.TERREMOTO, pp. 120 - 122, Paler-mo, 1988.5 Ministero della Real Casa, Divisione prima, prot. n. 3926 del 7 mag-gio 1911, oggetto: Longo Giacomo circa omaggio a S. M. il Re. Archi-vio di Stato di Messina, Fondo Prefettura, b.136.6 Corpo delle Guardie di Città, Brigata Marittima n.44, oggetto Infor-mazioni. Archivio di Stato di Messina, Fondo Prefettura, b. 136.7 Gabinetto Prefettura di Messina. Lettera al Ministero dell’Interno,Gabinetto del Ministro, Roma. Prot. n.504 -1 del 16 maggio 1911,oggetto: Pubblicazione di un volume “Un duplice flagello”. Archivio diStato di Messina, Fondo Prefettura, b.136.8 Ministero della Real Casa, Divisione prima n.4208 del 17 maggio1911. Lettera del Ministro al Prefetto di Messina, oggetto: Longo Gia-como di Torre Faro. Archivio di Stato di Messina, Fondo Prefettura, b.136.9 Ministero dell’Interno, Uff.Capo di Gabinetto, Roma , 22 maggio 1911.Lettera riservata al Prefetto di Messina. Archivio di Stato di Messina,Fondo Prefettura, b.136.10 Municipio di Messina.Albo Pretorio, Prot.n.120 del 28 maggio 1911.Comunicazione al Prefetto di Messina oggetto: Restituzione di volu-mi a Longo Giacomo fu Francesco.Archivio di Stato di Messina, FondoPrefettura, b.136.

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l piano operativo per laredazione del piano stra-tegico Messina 2020,

approvato dal Comune diMessina, rientra nell’ambitodella pianificazione strategica,per promuovere un processodi governance urbana, ten-dente ad un coordinamento divari soggetti, anche istituzio-nali, per il raggiungimento diobiettivi condivisi per svilup-

bera CIPE n. 35 del 2005, erastata elaborata nel 2006, conil progetto “Messina 2020 -verso il Piano strategico”, edoltre agli obiettivi dei Fondi euro-pei 2007-2013, ha come scopola valorizzazione della siner-gia tra impresa, ricerca e tec-nologia.La Pianificazione Strategica

è da costruire non solamentein riferimento (scenari, risorse

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pare, in modo integrato, sia gliassetti economici, che quellisociali e culturali.Un progetto che oltre agli

obiettivi dei Fondi europei 2007-2013 ha come scopo la valo-rizzazione della sinergia traimpresa, ricerca e tecnologia.La partecipazione del Comu-ne di Messina all’avviso di sele-zione per la promozione di Pianistrategici, previsto dalla deli-

di A. B. B.

Messina 2020:verso il piano strategico

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e indirizzi) alla programma-zione dei Fondi europei del2007-2013, ma anche in rela-zione alle strategie di Lisbonae Göteborg e puntando su ricer-ca, innovazione, economiadella conoscenza e rapportostretto ed innovativo tra impre-sa, ricerca e tecnologia. Sitratta di un disegno che fa rife-rimento al ruolo ‘’metropolita-no’’ che Messina, capitale delVal Demone, proiettata nelMediterraneo, vuole riconqui-stare nel prossimo futuro.La costruttiva collaborazione

tra vari organismi scientifici delterritorio, per una maggiore effi-cacia sull’intera economia urba-

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Pesca del pescespada nelloStretto negli anni ‘50.A lato, lago piccolo a Ganzirri.Pagina accanto, foto aerea delporto con la Madonnina.

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na, necessita di un adeguatosistema di servizi dedicati, fina-lizzato da un lato ad insediareimprese eccellenti e dall’altrocreare servizi avanzati che favo-riscono l’insediamento in cittàdi professionisti del settore.Il progetto è per una città della

conoscenza, organizzata attra-verso il Piano Strategico chemira anche ad allentare la fuo-riuscita dalla città delle intelli-genze messinesi. Con circa250 mila residenti sul territo-rio comunale, Messina è laterza realtà demografica dellaRegione caratterizzata comepolo metropolitano e di con-seguenza, l’area si contraddi-stingue come un vitale centrodi servizi non soltanto per lacittà e per i più piccoli comunilimitrofi dell’area della Provin-cia, ma per la sua caratteristi-

ne (1,07).Utilizzando uno stru-mento statistico che sintetizzal’andamento occupazionale delterritorio (l’indice di Fuchs) eprendendo come parametrodi confronto l’andamento dellaregione Sicilia, la città eviden-zia, sia per gli anni Ottanta cheper gli anni Novanta, un segnonegativo, sintomo di difficoltà,a seguire l’andamento occu-pazionale della Regione. Lacapacità di ‘’recupero’’ del ter-ritorio sembra, però, rilevantein quanto tale scarto si è ridot-to da -7,9% a -1,0%. Circo-scrivendo l’analisi al solo set-tore manifatturiero lo scenariocambia ed il territorio messi-nese presenta un andamento

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ca geografica: la funzionemetropolitana si estende ancheverso la Calabria e l’area delloStretto.Secondo i dati rilevati al cen-

simento del 2001 la città rap-presenta il 38 per cento dellapopolazione provinciale ed il52 per cento di quella dell’a-rea metropolitana e raccoglieil 34 per cento delle unità pro-duttive della provincia mentrecon riferimento all’area metro-politana la quota sale al 47 percento.La Terziarizzazione dellacittà si evidenzia attraverso ilvalore del coefficiente di spe-cializzazione superiore a 1, inpratica, per tutte le classi diservizio: trasporti (1,67), sani-tà (1,46), pubblica ammini-strazione (1,20), attività immo-biliari e ricerca (1,17), attivitàfinanziarie (1,15) ed istruzio-

Sopra e nelle pagina seguenti,foto aeree di Messina.

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occupazionale positivo; si evi-denzia, quindi, la presenza diun maggiore dinamismo. Ladimensione demografica pre-senta una rilevanza fonda-mentale per l’area anche se lafrastagliata orografia che cir-

chiaia e l’emigrazione all’e-sterno.Il primo indicatore (115,4al 2001 a fronte di 108,1 diCatania e 84,1 di Palermo) lacolloca come la più ‘’vecchia’’tra le grandi città siciliane. Inparticolare, è il dato delle anzia-

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conda la città e la ricerca dellecondizioni di vita più ‘’a misu-ra d’uomo’’hanno condiziona-to la struttura della popolazio-ne. Due sembrano le dimen-sioni che caratterizzano la città:la crescita dell’indice di vec-

Un appro fond imentoscientifico che produrràidee per contribuire a

capire le linee di sviluppo futu-ro della città, come ha sottoli-neato il sindaco, Giuseppe Buz-zanca, nell’inaugurare al Montedi Pietà, di Villard 10, il semi-

nario itinerante di progettazio-ne dedicato aMessina 08_08:Ricostruzioni 2008, promos-so e sostenuto dall’Ordine degliarchitetti della provincia di Mes-sina e patrocinato dal Comu-ne. Vi partecipano 13 facoltàdi architettura Venezia, Asco-

li Piceno, Genova, Napoli,Palermo, Roma tre, ReggioCalabria, Milano Bovisa, Anco-na, Alghero, Beirut, Patras el’École d’architecture de Paris-Malaquais.L’iniziativa prevede la messa

a punto di un progetto, il cuitema verrà sviluppato nel corsodelle diverse tappe, tramite revi-sioni collettive con l’apporto deidocenti e tutor delle facoltà par-tecipanti. Il seminario, dopoMessina, a novembre sarà aVenezia, quindi ad Ascoli Pice-no, a Roma, Parigi, Genova, amaggio a Napoli ed a luglio

VILLARD 10 Seminario itinerante di pro-gettazione dedicato a Messi-na 08_08: ricostruzioni 2008

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ne che ne fa alzare l’indice(142,1) con le implicazioni chegravano sul sistema di welfa-re. Inoltre, da un decennio ilsaldo migratorio si presentanegativo.Il capitale umano presente sul

territorio mostra, rispetto ai datiregionali, una maggiore poten-zialità: la forte crescita di colo-ro che sono forniti di titoli di stu-dio elevati può rappresentareun elemento altamente com-petitivo.In riferimento alle infra-strutture, è da considerare stra-tegico il sistema portuale delloStretto di Messina (Messina-Milazzo), riconosciuto comeuno dei quattro sistemi portualidi valenza extraregionale dalPiano attuativo del Trasportomarittimo del 2004 della Regio-ne Siciliana.Il sistema portuale,in riferimento al Sistema Por-tuale Integrato Regionale, hacome specificità quella del turi-smo crocieristico (circa 5000passeggeri a settimana).Sarebbe auspicabile, proprioper la sua espansione, cheMessina si doti di interventi diriqualificazione di tipo urbani-stico tali da rendere l’area retro-portuale, il giardino di acces-so alla città.La Città, essendo interessa-

ta dal Corridoio 1 Berlino-Paler-mo, dovrà disegnare, inoltre,un’adeguata architettura infra-strutturale di supporto e di com-pletamento.L’hinterland è carat-terizzato da numerose frazio-ni (Villaggi) che oggi rappre-sentano satelliti di una perife-ria poco servita ma, allo stes-so tempo, detentrice di storiae tradizioni da tutelare e valo-rizzare all’interno del tema del-l’identità.La Città di Messina ha scel-

to di puntare alle strategie edai temi che il Piano si propo-ne, e per poterne perseguireal meglio gli obiettivi, necessi-ta che il territorio sia rappre-sentanza di un area a ‘’geo-grafia variabile’’, ovvero unacittà che riesce, pur mante-nendo i suoi confini ammini-strativi, a fare sistema al suointerno ed al suo esterno coin-volgendo, in base alle differentiaree tematiche, differenti ter-ritori. Il Piano strategico ‘’Mes-sina 2020’’, assume infatti la

caratteristica di essere a geo-grafia variabile in quanto inte-ressa, per specifici temi, un’a-rea vasta della provincia conproiezione sull’area dello Stret-to e sul Mediterraneo. In talequadro è auspicata, infatti, lacreazione di collegamenti sta-bili e di connessioni attive conalcune città per potenziare atti-vità e sviluppare progetti in varisettori economici, sociali eculturali.Innanzitutto il legamecon la città di Reggio Calabriaè da potenziare verso il dise-gno di una città rete, che a suavolta attivi relazioni stabili conaltre città siciliane ed europeecon le quali esiste un legamestorico.Gli assetti strategici del terri-

torio, in riferimento all’analisidi contesto ed alle aree di impat-to, prevedono come principaliaree tematiche: infrastruttureper la città e per il territorio,pensate come armatura del ter-ritorio e della città, rispetto agliscopi che vuole perseguire erispetto alla qualificazione com-plessiva del contesto urbano,provinciale e mediterraneomediante l’attivazione di pro-cedure di Valutazione Ambien-tale Sostenibile.Il tema infrastrutture per la

città parte dal trinomio - rap-porto mare/monti; - vocazionefieristica; - città della cono-scenza. Da tenere in conside-razione, nel processo a medio-lungo termine, il Corridoio 1Berlino-Palermo e tutto ciò chene consegue, Sviluppo d’im-presa e governo del mercatodel lavoro (Innovazione e Com-petitività).La riflessione dovrà partire

dalle vocazioni del territorio ecollegare tali vocazioni alla pro-gettualità presente e alle stra-tegie di sviluppo in itinere. Ilruolo, particolarmente rilevan-te sul territorio, degli istituti diRicerca è una delle opportu-nità ai fini dello sviluppo in quan-to una ‘’maggiore integrazionetra i vari centri di ricerca e tra

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2009 tornerà a Messina per ilmomento conclusivo come haevidenziato l’architetto RitaSimone, del coordinamentolocale Villard.L’iter seminariale è scandito

infatti da incontri dedicati all’ap-profondimento di argomentidiversi e alla scoperta dellacittà nel corso del quale ven-gono affrontati impor tantiaspetti del dibattito architetto-nico contemporaneo, a parti-re dalle specificità culturale edidattica mettendo al centro lacultura italiana e lavorando conil territorio, il tessuto urbano ele architetture. Il seminario iti-nerante mette in contatto, attra-verso un viaggio in Italia, stu-denti di varie scuole con ilmeglio della cultura architet-tonica italiana, incrociandoesperienze e conoscenze cheriguardano la progettazione, lastoria, l’urbanistica, la grafica,ma anche la letteratura, il cine-ma, l’arte; e che hanno comesfondo comune i cambiamen-ti in atto nelle città, nel territo-rio e nella cultura del Paese.Villard prende il nome dall’o-

monimo architetto dell’età goti-ca, chierico itinerante, attivonella seconda metà del due-cento, inventore di un’origina-le didattica basata sull’espe-rienza e l’osservazione diret-ta. Il suo Livre de portrature,taccuino di viaggi attraverso lecittà e la cultura della sua epoca,è quaderno di schizzi, maanche raccolta di modelli e librodi testo, destinato ai giovaniarchitetti.

A. B. B.

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questi e il territorio’’ favorireb-be l’incontro tra sapere tecni-co - scientifico ed economielocali specializzate.L’attenzio-ne al ruolo del governo del mer-cato del lavoro e della costru-zione di tutele e di strumenti diprotezione degli attori debolidel mercato del lavoro è datenere presente e da tematiz-zare.Riguardo la riforma dell’am-

ministrazione, di dovrà inter-venire per: modificare e razio-nalizzare l’organizzazione dellamacchina amministrativa;migliorare e/o costruire stru-menti di valutazione e control-lo, come mezzo per migliora-re l’efficacia e l’efficienza dellaPubblica Amministrazione;attuare strumenti adeguati didecentramento amministrati-vo della città (interno) e di dia-logo con le amministrazioni(esterno) dell’area metropoli-tana e della provincia. Per laconcorrenza, legalità e cultu-ra dello sviluppo, l’area tema-tica dovrà legare: le politiche

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volte a migliorare la culturad’impresa; le politiche volte amigliorare la concorrenza, nelsenso di politiche volte a crea-re l’ambiente in cui l’impresaopera liberamente ed in cui laPubblica Amministrazione ètrasparente; le politiche voltea creare le condizioni della lega-lità dell’azione della PubblicaAmministrazione e della con-dotta degli attori dello svilup-po finalizzate a migliorare laqualità della vita cittadina.Per il Welfare cittadino la

costruzione di un Welfare muni-cipale è certamente un’areatematica omogenea e fonda-mentale per il Piano Strategi-co e sarà necessario dare rispo-sta alla crescente disoccupa-zione dell’area, all’invecchia-mento della popolazione, aldegrado nelle periferie.Lo Sviluppo del progetto pre-

vede una prima fase conosci-tiva/diagnostica, propedeuticaalle successive, che rappre-senta la base conoscitiva di cuila Città si doterà per l’elabo-

razione delle successive ipo-tesi di sviluppo. La fase dia-gnostica persegue la finalità dicomprendere la situazione dipartenza ed i punti di forza edi debolezza della città, unafotografia da cui partire al finedi progettare un quadro coeren-te di proposte e obiettivi d’a-zione.Saranno analizzati sva-riati ambiti (economico, politi-co, demografico, culturale esociale) ed il risultato sarà laformulazione di uno spettro ditematiche specifiche del con-testo messinese, una baseinformativa e indicativa finaliz-zata alla formulazione delleproposte e delle linee strate-giche del Piano. Ulteriori con-tributi verranno dall’analisi dialtri piani strategici, in partico-lare quelli elaborati dalle cittàcon punti di forza e di debo-lezza simili a quelli che si indi-vidueranno per l’Area messi-nese, al fine di iniziare sin dasubito una riflessione in meri-to alle città strategiche con cui‘’fare rete esterna’’.

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