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Per Tutti! Per Tutti! Per Tutti! Per Tutti! Volume I Edizioni Diego Pascale Edizioni Diego Pascale Edizioni Diego Pascale Edizioni Diego Pascale - Copyright © 2010 Copyright © 2010 Copyright © 2010 Copyright © 2010 Il Corpo Elettorale Il Corpo Elettorale Il Corpo Elettorale Il Corpo Elettorale - - - La Costituzione La Costituzione La Costituzione La Costituzione - - - Il Presidente della Rep ubblica Il Presidente della Rep ubblica Il Presidente della Rep ubblica Il Presidente della Rep ubblica - - - Il Parlamento Il Parlamento Il Parlamento Il Parlamento - - - Il Govern o Il Govern o Il Govern o Il Govern o - - - La Corte La Corte La Corte La Corte Costituzionale Costituzionale Costituzionale Costituzionale - - - Gli altri Organi Costituzionali Gli altri Organi Costituzionali Gli altri Organi Costituzionali Gli altri Organi Costituzionali - - - L’Unione Europea L’Unione Europea L’Unione Europea L’Unione Europea Anni Anni Anni Anni 9 9 9 9 + + + + Cittadinanza & Costituzione DIEGO PASCALE INTRODUZIONE ALLA LETTURA E GUIDA ALL’USO DIDATTICO A cura di Diego Pascale Silvio Gambino Isabella Petrella Guido De Simone Dispensa allegata al testo non in vendita separatamente

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Edizioni Diego Pascale Edizioni Diego Pascale Edizioni Diego Pascale Edizioni Diego Pascale ---- Copyright © 2010Copyright © 2010Copyright © 2010Copyright © 2010

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La Costituzione

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L’Unione Europea

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Cittadinanza & Costituzione

DIEGO PASCALE

INTRODUZIONE ALLA LETTURA

E GUIDA ALL’USO DIDATTICO

A cura di Diego Pascale Silvio Gambino Isabella Petrella Guido De Simone

Dispensa allegata al testo non in vendita separatamente

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“LA POLITICA...per Tutti!” Corso di Cittadinanza & Costituzione - I Volume

di DIEGO PASCALE ISBN: 9788890449697 - Copyright © 2010 Diego Pascale

INTRODUZIONE ALLA LETTURA

E GUIDA ALL’USO DIDATTICO

A cura di Diego Pascale Silvio Gambino Isabella Petrella Guido De Simone

Edizioni Diego Pascale - Copyright © 2010 Partita IVA: 03883340238 e-mail: [email protected] sito web: www.publice.it

Stampato da:

POLIGRAFICA TERENZI - S.S. 85 Venafrana, km. 19 - 86079 VENAFRO (IS)

Il presente manuale, come il libro a cui è allegato, è disponibile anche in formato PDF Per prenotazioni, acquisto, informazioni e suggerimenti:

E-mail: [email protected] - [email protected] Tel. 328.5550645

NOTA PER I LETTORI: Nel realizzare questo testo abbiamo sfruttato il meglio delle nostre possibilità e il massimo della nostra passione. Ma sappiamo, per esperienza, che nessun libro è perfetto. Per questo, ci scusiamo per eventuali errori che vi preghiamo di segnalarci. Vi ringraziamo fin d’ora.

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INDICE Indice pag. 4 Prefazione pag. 4 IL PRIMO TASSELLO DEL PROGETTO pag. 5 Chi è Diego Pascale pag. 5 CITTADINANZA, COSTITUZIONE, REPUBBLICA pag. 6 Chi è Silvio Gambino pag. 11 PERCHÉ IMPARARE A CAPIRE LA COSTITUZIONE FIN DA PICCOLI pag. 12 Chi è Guido De Simone pag. 17 ——————————————————————————— PREFAZIONE Questa INTRODUZIONE E GUIDA ALL’USO del testo LA POLITICA PER TUTTI è stata pen-sata per facilitare il lavoro di chi lo userà come strumento per aiutare altri nel comprendere la Costituzione Italiana ed il funzionamento della Repubblica d’Italia. Si tratti di un docente della scuola elementare o media che istruisce i propri alunni, o di un genitore che educa i propri figli a vivere nella società, o di chi si occupa della preparazione del-le persone immigrate che aspirano a divenire cittadini italiani, chiunque abbia il ruolo di educa-tore dei nuovi membri di una comunità sa che si assume una grande responsabilità. Perciò, mi è sembrato importante preparare per tali educatori questo piccolo manuale intro-duttivo, scritto con la collaborazione di chi, grazie alla propria specializzazione, ha contribuito alla verifica del testo, offrendo a tutti alcuni suggerimenti e degli spunti (storici, giuridici, sociali e didattici) che ci auguriamo saranno utili a chi dovrà fare uso del testo LA POLITICA PER TUTTI. Ritengo utile lanciare fin d’ora a tutti voi educatori un invito a comunicarci ogni annotazione, suggerimento, critica e miglioria che riteniate utile per una successiva edizione. Nessuno meglio di chi è sul campo può fornire indicazioni concrete su pregi e specialmente sui difetti degli strumenti a sua disposizione. Buon lavoro a tutti. L’autore

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IL PRIMO TASSELLO DEL PROGETTO «Auspico che la nuova Carta Costituzionale trovi, senza indugio, adeguato posto nel quadro didattico della scuola di ogni ordine e grado, al fine di rendere consapevole la giovane generazione delle conquiste morali e sociali che costi-

tuiscono ormai sicuro retaggio del popolo italiano.» (On. Aldo Moro, Assemblea Costituente, 11.12.1947)

Offrire ai giovani, nell’ambito delle conoscenze e delle competenze necessarie per lo sviluppo dei singoli e della collettività, le fonti civiche e sociali loro necessarie affinché possano vivere attivamente la propria cittadinanza, è un dovere ed un obbligo di tutta la società. Sapere cos’è e come funziona la complessa macchina dello Stato, le sue radici e la sua organizzazione politica ed amministrativa, a partire dalla conoscenza della Costituzione Italiana che ne determina l’esistenza ed è la base di tutte le leggi che ne regolano il funzionamento in ogni momento, non serve a creare avvocati o politici di professione, bensì a preparare dei veri CITTADINI, competenti e coscienti del proprio ruolo. LA POLITICA PER TUTTI, Volume I (ed il progetto didattico di cui è il primo tassello, essendo seguito da altri tre testi riguardanti le Regioni, le Province e i Comuni) ha l’ambizione di collocarsi come uno dei mezzi a disposizione di docenti e genitori per aprire la strada alle nuove generazioni nello studio della legge fondamentale della Repubblica italiana. Ferme restando le esigenze specifiche degli utilizzatori e dei loro discenti, il testo è stato strutturato in nove moduli al fine di favorire la pianificazione del suo insegnamento dedicando a ciascuno dei suoi capitoli uno dei 9 mesi dell’anno scolastico, così che entro la fine dello stesso gli argomenti siano comodamente completati. Teoricamente, in un corso per studenti di età più avanzata o per adulti (p.e.: immigranti), sarebbe sufficiente programmare un’ora di lezione per ciascuno dei 9 moduli. Indispensabile, per la sua assimilazione, sarà il ruolo degli educatori, docenti di scuola, genitori e formatori, che potranno interagire con il testo approfondendo i singoli temi ed ampliando i concetti in esso espressi nella forma che riterranno più opportuna per garantire l’apprendimento dei propri discenti. Conoscere la propria Costituzione contribuisce a rafforzare nel cittadino il proprio senso della comunità ed a com-prendere ed apprezzare il suo ruolo centrale in Democrazia. Perciò, per quanto possa sembrare una materia com-plessa, è bene renderla semplice, affascinante e coinvolgente, specialmente per i nuovi membri della comunità. Le nuove generazioni, come tutti coloro che aspirano a divenire cittadini italiani, sono i destinatari naturali dell’inse-gnamento degli scopi della Nazione e dello Stato Italiano, della sua organizzazione e del suo funzionamento affin-ché non ne subiscano la complessità bensì ne siano i futuri cittadini, consapevoli, attivi e propositivi. Dalla loro capacità di far buon uso della propria Costituzione dipenderà il loro stesso destino ed il futuro democrati-co, giusto, prospero e pacifico dell’intero Paese.

Diego Pascale ________________________________________________ Chi è DIEGO PASCALE Nato a Berna (Svizzera) nel 1963 da genitori italiani lì emigrati da San Pietro Avellana (IS) e Presenzano (CS), è sposato con tre figli. Ex allievo Salesiano, è da sempre fortemente impegnato nell’Associazionismo Sociale ed ap-passionato di studi giuridici e politici fin da giovanissima età. Oltre alla sua madre-lingua, usa correntemente l’inglese e il francese. Ama incondizionatamente la Rete Internet, in quanto massima espressione di libertà e di pensiero, e si definisce “cittadino del mondo” e cerca di contribuire nel suo piccolo alla costruzione di un futuro migliore, con molta umiltà ma con altrettanta determinazione e coerenza, sposando come principi di riferimento la pacifica convivenza universale, il dialogo e il confronto continuo e la com-prensione delle diversità. Di certo, è un comune cittadino che non ha mai avuto alcun incarico pubblico o carica politica, libero ed incondizio-nabile, coerente, per quanto si definisca un uomo come tutti. Non ama e combatte l’ipocrisia e l’arroganza, la pre-sunzione e la sopraffazione, nel privato come nel pubblico. Stima la competenza, la coerenza, la professionalità e l’amore per l’essere umano in generale, nonché l’impegno per il proprio Paese, in tutte le sue forme. Considera il rispetto della Carta Costituzionale italiana come il fondamentale punto di riferimento di qualunque impegno politico, sociale e culturale. Fra le sue innumerevoli iniziative, è stato il promotore della Proposta di Legge per la riforma dei costi della politica italiana, depositata presso la I Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati con il numero di proto-collo: 346/10, Ottobre 2008. E' stato promotore di diverse altre iniziative sociali, sempre in maniera autonoma ed indipendente.

A cura di Guido De Simone PUBBLICAZIONI: 1. La Rete d’Oro, Edizioni DP, Saggio, Caserta, 2000 2. Il Naufragio della Ragione, Edizioni DP, Saggio, Verona, 2009

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CITTADINANZA, COSTITUZIONE, REPUBBLICA (di Silvio Gambino, Università della Calabria) Fra i non molti autori italiani attenti al pubblico dei lettori giovani, l’Autore di questo libro ha pensato soprat-tutto agli studenti delle classi medie ed elementari del sistema scolastico del Paese. Con linguaggio chiaro e sostenuto da immagini appropriate alle forme di comunicazione con il mondo giova-nile, l’Autore si è sforzato di rendere chiari ed accessibili concetti e parole che non sempre risultano agevol-mente accessibili a tutti. L’impegno è del tutto meritorio. I docenti che dovranno approntare i materiali di supporto all’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione”, nel quadro della nuova programmazione didattica voluta dal legislatore, potranno trovare in questo libro mate-riale prezioso che potrà costituire un valido aiuto nell’impegno didattico volto alla formazione delle conoscenze relative al nostro modello di Stato e alla Costituzione che ne è la legge fondamentale. Al tempo stesso, il materiale raccolto e presentato nel libro costituisce un racconto assolutamente utile di una parte importante della storia comune del nostro Paese, quella che ha portato alla nascita e allo sviluppo della democrazia contemporanea, nel quadro di una forma di Stato che non è più di tipo monarchico ma di tipo repubblicano. Con il consenso dell’Autore, ma anche perché richiestone dallo stesso, aggiungerei qualche brevissima ri-flessione (rivolta soprattutto ai colleghi docenti), quasi a mo’ di guida di lettura nell’accostarsi al volume che qui ora si presenta al lettore. ________________________________________ Chiamati a scegliere fra Monarchia e Repubblica, nel referendum istituzionale svoltosi il 2 Giugno 1946, 1-2.717.923 italiani e italiane – queste ultime per la prima volta nella storia democratica del Paese – si espres-sero in favore della Repubblica mentre 10.719.284 per la Monarchia (con uno scarto favorevole alla Repubbli-ca di 1.998.639 voti). Con tale decisione popolare viene inaugurata in Italia una nuova forma di Stato, di tipo repubblicano. A segui-to delle decisioni convenute in sede di Assemblea costituente, la Costituzione del Paese non risulterà più dalla graziosa concessione del Re (come avveniva ancora nello Statuto albertino), ma costituirà la decisione fonda-mentale della comunità politica italiana che, dopo la sconfitta del fascismo, si ri-organizza in modo statuale sulla base di nuovi principi ispiratori della convivenza civile e di nuove regole di organizzazione costituzionale, in una parola di una nuova modalità democratica. Con il referendum istituzionale, in breve, l’Italia cambia la propria forma dello Stato che era stata alla base della sua prima Costituzione liberale, lo Statuto fondamentale del Regno d’Italia, “concesso” il 4 marzo 1848 dal Re Carlo Alberto. Nell’ottica delle riflessioni che vorremo proporre, è utile ricordare come il periodo storico che va dal 1943 al 1946, e che precede dunque l’approvazione della Costituzione repubblicana, si presenti denso di importanti avvenimenti politici e istituzionali. Fra tali eventi di effettiva portata storica conosciuti dal Paese nel triennio appena richiamato ricordiamo, in primo luogo, la decisione del Re (adottata a malincuore, naturalmente) di accettare la rottura del regime monarchico se così avesse deciso il popolo nel referendum istituzionale; in se-condo luogo, occorre ricordare che, in questo periodo storico, nella cornice politica e ideale di una lotta eroica contro il fascismo e contro il nazismo (la Resistenza), emergono e si affermano, per la prima volta nella storia costituzionale del Paese, i partiti politici popolari (soprattutto il partito cattolico, il partito comunista e quello socialista). Riuniti nel Comitato di Liberazione Nazionale, quale organismo unitario costituito per la guida politica del Pae-se appena uscito dal fascismo e per la organizzazione della Resistenza contro l’occupazione nazi-fascista, particolarmente violenta soprattutto nel Nord del Paese, i partiti politici popolari costituiscono la vera architrave politica della nuova Costituzione che di lì a qualche mese sarebbe stata formalizzata in sede di Assemblea costituente. I passaggi fondamentali del processo costituente – la cui storia rischierebbe di perdersi nella memoria colletti-va del Paese se la scuola non si facesse carico di assicurarne la conoscenza – sono costituiti, pertanto, da una fondamentale decisione politica, contrattata fra il Re e i partiti politici riuniti nel Comitato di Liberazione Nazionale, finalizzata a definire in modo costituente le forme istituzionali dello Stato e i principi che ne devono costituire il fondamento, mediante un’Assemblea costituente eletta a suffragio universale. Con un importante decreto (il decreto luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151), così, l’Italia taglia definitivamente i ponti con il suo passato monarchico e con la relativa Costituzione liberale (lo Statuto albertino), rendendo possibile la scelta

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popolare fra Monarchia e Repubblica ed evitando in tal modo lo stesso rischio di una guerra civile (ovvero di una radicalizzazione dello scontro) nella fase dell’immediato dopo-guerra. L’Assemblea costituente, istituita sulla base di una nuova legge elettorale (adottata con decreto luogotenen-ziale 16 marzo 1946, n. 98) completa il percorso costituente del Paese dopo diciotto mesi di intenso e appro-fondito dibattito fra le forze politiche che si erano battute per riconsegnare libertà e democrazia al Paese. Ri-cordiamo fra queste forze politiche e culturali, soprattutto, i cattolici, i socialisti e i comunisti, i liberali post-risorgimentali. Da allora in poi la dottrina costituzionale non ha dubbi nel riconoscere la stipula di un nobile e alto ‘patto costi-tuzionale’ fra le principali correnti ideali, culturali e politiche del Paese, che si è dimostrato fin qui capace di assicurare pace, sviluppo economico e civile e che si auspica possa essere condiviso e rinnovato in ogni ge-nerazione per assicurare forza e alimento alla piena effettività della Carta costituzionale. A partire da voi gio-vani studenti, sui quali grava oggi l’obbligo di comprendere bene lo Stato di cui siete parte e le regole giuridi-che che lo reggono. Una comprensione che vi rende liberi ed eguali in modo effettivo a prescindere dalle con-dizioni economiche e sociali generali del paese. In sintonia con tutte le costituzioni europee del dopo Auschwitz, la Costituzione repubblicana (vigente a partire dal 1° gennaio del 1948) ispira il nuovo ordine costituzionale all’arricchimento e alla riqualificazione dei principi liberali del costituzionalismo liberale e soprattutto a quello della eguaglianza di fronte alla legge e del divieto di ogni sorta di discriminazione fra le persone. Ad essi aggiunge la previsione di nuovi princìpi fondamentali, che vanno dalla centralità della persona e dal principio concordatario (nella disciplina dei rapporti fra Stato e Chie-sa) alla protezione del lavoro, al principio democratico, a quello pluralista e alla eguaglianza sostanziale. Un principio – quest’ultimo – sancito nell’articolo 3, secondo comma, della Costituzione e che si fa carico in parti-colare della protezione dei soggetti che, qualora deboli in ragione della organizzazione economica e sociale, si vedono riconosciuto il diritto all’intervento sussidiario della Repubblica, finalizzato a garantire l’indissolubile integrazione fra libertà ed eguaglianza, in una parola la giustizia sociale. Tali ultimi principi, che si possono ben cogliere come principi di giustizia sociale, dilatano il catalogo dei diritti di libertà previsti dallo Stato liberale inserendovi una “libertà dal bisogno”. Quest’ultima libertà, ora costituzio-nalmente garantita e non più soltanto come un’aspirazione ideale, esprime qualcosa di più e di diverso dalla pretesa del singolo ad esercitare la signoria del proprio volere, concretizzando, in tal modo, il suo diritto ad esigere dallo Stato prestazioni legislative e amministrative dirette ad assicurargli almeno un minimo di sicurez-za e di giustizia sociale, sì da creare quelle perequazioni materiali che sole possono rendere tutti gli uomini liberi ed eguali in dignità e diritti. Ricalcando le orme della prima delle costituzioni europee ispirata a principi di democrazia sociale (la Costitu-zione di Weimar del 1919, che sarà destinata a crollare, nel 1934, con la conquista del potere da parte di Hit-ler), in tal modo, la Costituzione repubblicana (del 1948) arricchisce il patrimonio liberale attraverso nuovi dirit-ti, i cosiddetti ‘diritti sociali’ (fra cui ricordiamo in particolare l’istruzione, la salute e l’assistenza sociale, oltre ai diritti del lavoratore e il diritto al lavoro). Nel garantirne la pari fondamentalità rispetto ai classici diritti di libertà, tali nuovi diritti della persona impegnano lo Stato nella ricerca di nuovi equilibri economici e sociali finalizzati al raggiungimento di sempre più ampi orizzonti di giustizia, rappresentando in tal modo le radici del suo dinami-smo ed offrendo alla democrazia del secondo dopoguerra le premesse della sua solidità. La scuola pubblica, in particolare, occupa un ruolo centrale nella formazione di un’idea di cittadinanza compiu-ta, capace di assicurare la pienezza della personalità di ogni studente e, al contempo, lo sviluppo di una socie-tà pluralistica che rigetti ogni forma di intolleranza e di fondamentalismo. La lucida lezione del costituente Piero Calamandrei, nel discorso pronunciato al III Congresso in difesa della Scuola nazionale (a Roma, l’11 febbraio 1950), rimane tutt’oggi di pregnante attualità. L’autorevole studioso argomentava convincentemente la tesi della scuola pubblica come scuola laica nel modo che segue: “La scuola, come la vedo io, è un organo ‘costituzionale’. Ha la sua posizione, la sua importanza al centro di quel complesso di organi che formano la Costituzione. Come voi sapete (tutti voi avrete letto la nostra Costituzio-ne), nella seconda parte della Costituzione, quella che si intitola ‘l’ordinamento dello Stato’, sono descritti que-gli organi attraverso i quali si esprime la volontà del popolo. Quegli organi attraverso i quali la politica si tra-sforma in diritto, le vitali e sane lotte della politica si trasformano in leggi. Ora, quando vi viene in mente di do-mandarvi quali sono gli organi costituzionali, a tutti voi verrà naturale la risposta: sono le Camere, la Camera

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dei deputati, il Senato, il Presidente della Repubblica, la Magistratura: ma non vi verrà in mente di considerare fra questi organi anche la scuola, la quale invece è un organo vitale della democrazia come noi la concepia-mo. Se si dovesse fare un paragone tra l’organismo costituzionale e l’organismo umano, si dovrebbe dire che la scuola corrisponde a quegli organi che nell’organismo umano hanno la funzione di creare il sangue ...”. Più avanti, continuava il suo discorso osservando che la scuola è “organo centrale della democrazia, perché serve a risolvere quello che secondo noi è il problema centrale della democrazia: la formazione della classe dirigente … Nel nostro pensiero di democrazia, la classe dirigente deve essere aperta e sempre rinnovata dall’afflusso verso l’alto degli elementi migliori di tutte le classi, di tutte le categorie. Ogni classe, ogni catego-ria deve avere la possibilità di liberare verso l’alto i suoi elementi migliori, perché ciascuno di essi possa tem-poraneamente, transitoriamente, per quel breve istante di vita che la sorte concede a ciascuno di noi, contri-buire a portare il suo lavoro, le sue migliori qualità personali al progresso della società .. A questo deve servire la democrazia, permettere ad ogni uomo degno di avere la sua parte di sole e di dignità. Ma questo può farlo soltanto la scuola, la quale è il complemento necessario del suffragio universale. La scuola, che ha proprio questo carattere in alto senso politico, perché solo essa può aiutare a scegliere, essa sola può aiutare a crea-re le persone degne di essere scelte, che affiorino da tutti i ceti sociali”. Lasciamo ora la riflessione più specificamente attenta alla scuola e all’istruzione pubblica, alla relativa missio-ne di formazione di persone capaci di decidere in modo informato e critico, e riflettiamo più in generale su tutti gli altri diritti di cittadinanza riconosciuti e garantiti dalla Costituzione. Il catalogo dei diritti che trovano il loro pieno riconoscimento nella Costituzione repubblicana si arricchisce, infatti, di nuovi diritti, come quelli politici e quelli di partecipazione politica, in generale, nonché con la ridefini-zione dei classici diritti economici (libertà d’impresa e proprietà). Questi ultimi sono garantiti nella loro esisten-za ma sono coordinabili (qualcuno dice, perfino, “funzionalizzabili”) ai “fini sociali” che il legislatore può fissare per rimuovere gli squilibri sociali ed economici che impediscono il pieno e libero sviluppo della persona umana e la partecipazione dei lavoratori all’organizzazione politica del Paese. Proprio in questa saldatura dei diritti civili, politici, economici e sociali risiede, così, uno degli aspetti più impor-tanti della Costituzione italiana (del 1948), come più in generale del costituzionalismo del secondo dopoguer-ra. I diritti, i princìpi e i valori che essa contempla e garantisce e che la società condivide, in quel rinnovato ‘patto’ stipulato fra le correnti ideali del Paese di cui si è appena detto, rappresentano, pertanto, un patrimonio da salvaguardare da quella mutevolezza di intenti e di interessi che di norma si riflettono nella legge. Da qui quel collocarsi della Costituzione repubblicana nella sfera più alta del diritto, ove il diritto cessa di essere legge e dove i diritti cessano di essere una regola posta dal legislatore per diventare pretese soggettive assolute, diritti fondamentali inderogabili e imprescrittibili. Assicurando forma concreta alla storica aspirazione di distinguere il diritto dalla legge, il costituzionalismo del 1948, insomma, realizza una sostituzione della sovranità della Costituzione a quella della legge, che trasforma i diritti fondamentali in diritti inviolabili, tutelabili anche contro la legge ingiusta, posta in violazione dei principi e delle disposizioni costituzionali. Tale garanzia si accompagna con la stessa limitazione del processo di revisio-ne costituzionale. Oltre alla forma repubblicana, infatti, la nostra Corte costituzionale ha ben ricordato come i diritti e i principi fondamentali della Carta costituzionale costituiscono limite implicito alla revisione: “La Costitu-zione italiana contiene alcuni principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenu-to essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali. Tali sono tanto i princi-pi che la stessa Costituzione esplicitamente prevede come limiti assoluti al potere di revisione costituzionale, quale la forma repubblicana (art. 139 Cost.), quanto i principi che, pur non essendo espressamente menziona-ti fra quelli non assoggettabili al procedimento di revisione costituzionale, appartengono all'essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana” (Sentenza della Corte costituzionale n. 1146/1988). Se la Costituzione crea uno spazio nuovo di riconoscimento e di tutela dei diritti umani, la sua sovranità garan-tisce la certezza di questi diritti che diventano, dopo Auschwitz – e per non ripeterne mai più le tragiche e folli disumanità –, il fondamento universalistico della civile convivenza. Oltre a rappresentare le direttrici dell’agire dello Stato costituzionale e il fondamento della organizzazione pluralistica della sua società, infatti, essi defini-scono gli stessi contorni di un diritto più ampio che li assume quale presupposto indefettibile di convivenza pacifica tra gli Stati. Lo Statuto dell’O.N.U. (1945), la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948), la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (1950), la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in vigore a partire dal 1° dicembre 2009, con la stessa forza giuridica

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dei trattati comunitari) e molte altre Carte internazionali, confermano e dilatano l’azione dei singoli Stati costi-tuzionali in materia di tutela della dignità umana, contribuendo, così, a segnare i caratteri di questa nuova epo-ca solennemente celebrata da Norberto Bobbio come “l’età dei diritti”. Nella rinascita dei diritti umani del secondo dopoguerra, così, è possibile ritrovare le radici culturali di un’età che cerca di liberarsi per sempre dai fantasmi del passato, attribuendo (attraverso le costituzioni e gli atti del diritto internazionale e dell’Unione europea) validità giuridica a principi che da più di due secoli continuano ad aleggiare autonomamente nella coscienza dei popoli. Se la Costituzione varata all’indomani del totalitarismo fascista grazie agli eroismi espressi dalla Resistenza rappresenta il punto d’arrivo di un’evoluzione costituzionale avviata sulla base delle incerte soluzioni offerte dal costituzionalismo liberale, essa rappresenta anche il punto di approdo di una esperienza costituzionale matura che si accinge ad apprestare più adeguate tutele al modello di nuovo ordine giuridico disegnato dai costituenti (del 1946-47). La Costituzione (del ’48), in unum con le costituzioni europee dell’ultimo dopoguerra, collocandosi nella sfera più alta del diritto, così, diventa regola di procedura ma anche regola sostanziale che riguarda non già la sola formazione ma lo stesso contenuto delle leggi. E proprio in questo essere della Costituzione direttrice e limite degli atti legislativi prende forma quella supremazia della medesima che, conferendo immediata vincolatività/prescrittività ai princìpi e alle norme fondamentali, costituisce senza dubbio l’aspetto più innovativo ed origina-le del costituzionalismo italiano contemporaneo. Essa, infatti, oltre a segnare il distacco dalla tradizione costituzionale ottocentesca, imperniata sulla legge ge-nerale ed astratta, quale strumento principe della garanzia dei diritti e dei rapporti giuridici, segna altresì il di-stacco dal ‘costituzionalismo razionalizzato’ dell’inizio del secolo scorso. Nel principio della ‘superiorità della Costituzione’ si riflette, insomma, la storica esigenza di non lasciare il sistema delle libertà e dei diritti alle sole garanzie accordate dal principio di legalità e di fare della stessa uno strumento di garanzia e di indirizzo, di protezione e di promozione. Da qui l’affermazione di un ‘principio di costituzionalità’ che mette in crisi la forza assoluta della legge, la sua intangibilità (quasi ‘sacralità’) ed appresta quelle nuove forme di tutela della Costituzione senza le quali il prin-cipio della sua supremazia sarebbe rimasto un’affermazione priva di contenuto. La rinascita dei diritti inviolabili dell’uomo (nel secondo dopoguerra suggellata nella Carta costituzionale), tutta-via, non esaurisce l’aspetto fondamentale del nuovo costituzionalismo del Paese. Dipanandosi tra continuità del sistema rappresentativo, delle istituzioni e degli organi costituzionali, esso trova uno dei momenti più signi-ficativi dell’inveramento del principio di sovranità popolare e dello stesso principio democratico sanciti nella Costituzione nel riconoscimento giuridico-costituzionale dei partiti politici. Attraverso questo strumento, com-posito e variegato per natura e per funzioni, si realizza una compenetrazione profonda tra Stato e società civi-le in cui è possibile leggere la nuova formula organizzativa della democrazia costituzionale, ma anche la liber-tà del cittadino nello Stato e attraverso di esso. Nella nuova dimensione del costituzionalismo italiano, così, Stato e società cessano d’essere due universi separati e distinti: lo Stato affonda le sue radici nella società civile, ne riconosce le differenziazioni e le artico-lazioni, ne rispecchia la complessità dilatando l’impianto organizzativo del sistema costituzionale. Il partito poli-tico, elemento essenziale di questo arricchimento della vita associativa, diviene pilastro portante di questo Stato, uno Stato che si costruisce e si regge su una combinazione perfetta di libertà e di sicurezza, di plurali-smo sociale e di pluralismo dei poteri e che, attraverso di esso, si riscopre e si riafferma, in tutta la pienezza delle sue articolazioni, come ‘Stato dei partiti’. Nella nuova cornice costituzionale, i partiti politici hanno rappre-sentato la base politica del nuovo assetto costituzionale che fa del collegamento tra Stato e società la sua caratteristica più importante per lo sviluppo del processo democratico. La crisi di tale modello descrive, attual-mente, i contorni allarmanti di una crisi generale del costituzionalismo razionalizzato nella direzione di derive plebiscitarie del potere, sempre più spesso declinato con formule di personalizzazione del potere e di presi-denzializzazione degli esecutivi. Se è vero che il costituzionalismo del ’900 è pianta dalle molte radici, è parimenti vero che quella più profonda, alla quale si legano le ragioni del suo essere non la negazione ma il superamento del liberalismo, deve rintrac-ciarsi nel suo porsi quale elemento di limitazione del potere in tutte le sue forme, come già affermava solenne-mente l’art. 16 della Déclaration des droits de l’homme et du citoyen (del 1789) e che oggi conosciamo come

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problema “dei pesi e dei contrappesi” nell’equilibrio dei poteri costituzionali, nonché come problema dei limiti (espressi ed impliciti) alla stessa revisione costituzionale. Qualità e quantità del potere diventano quindi elementi qualificativi di un nuovo costituzionalismo che si eman-cipa dalla tradizione liberale per trovare la sua meta definitiva in una nuova architettura costituzionale. Nel tentativo di rinsaldare la democrazia senza abbattere le garanzie dell’impresa, il nuovo ordinamento statuale tutela la proprietà e l’iniziativa privata non inficiando i suoi presupposti egualitari, solidaristici e universalistici. È la scelta di una Costituzione economica e con essa la fondazione di un governo pubblico, democratico, dell’-economia. Sorge su queste basi lo ‘Stato sociale di diritto’, ossia lo Stato pluriclasse che stabilisce il primato del politico sull’economico secondo un modello di democrazia ‘sostanziale’ ed ‘emancipante’ in cui la libertà non è solo un principio ma anche, e soprattutto, un ‘bene’ e un diritto individualmente e socialmente ‘fruibile’. Se il mercato non può essere considerato il teatro in cui si dipanano tutti i rapporti della convivenza umana, pertanto, spetta allo Stato, retto da princìpi di democrazia sociale, regolarne le forze contrastanti, intervenire sui suoi processi e finalizzarne il corso, senza con ciò configurare una gestione esclusiva dell’economia, una qualche forma di dirigismo in cui si annullano e si disperdono l’autonomia e l’iniziativa dei privati. In breve, una ‘terza via’ rispetto al rapporto tra Stato e mercato, in cui il primo diventa il soggetto attivo di uno sviluppo che, pur realizzandosi attraverso tecniche e modalità diverse di intervento, tende verso il fine esclusivo del benes-sere di tutti i membri della collettività organizzata statualmente, una collettività ormai aperta, per libera scelta politica, alla sua integrazione in un ordinamento sovranazionale che ingloba (attualmente) 27 Paesi membri della Unione europea (con un elenco che tuttavia è positivamente destinato ad allargarsi ulteriormente). Tuttavia, tutto ciò è possibile solo attraverso l’introduzione di meccanismi di giustizia redistributiva a favore delle categorie sociali e delle aree economicamente più deboli, sì da livellare quelle sperequazioni materiali che ostacolano i processi di composizione pacifica ed ordinata dei conflitti nell’ambito unitario di riferimento rappresentato dalla Repubblica. Nessuna società può, infatti, reggersi in unità senza un qualche criterio di giustizia redistributiva, in special modo una società pluriclasse e policentrica quale quella contemporanea, che sviluppa una conflittualità diffusa ed intensa, difficilmente sanabile senza l’intervento mediatore ed equilibratore dello Stato. L’espletamento della funzione redistributiva-perequativa da parte dello Stato è, del resto, possibile solo nella misura in cui esso svolga una parallela funzione di prelievo della ricchezza prodotta, attraverso interventi di politica fiscale. Governando le leve del funzionamento del sistema economico, lo Stato, ora in piena sintonia con le determinazione dell’Unione europea (il ‘Patto di stabilità’), diventa promotore dello sviluppo, fattore di stimolo per la produzione e per l’occupazione, il che consente di imbrigliare il capitalismo nella rete della de-mocrazia. È evidente che questa riappropriazione dell’economico da parte del politico, che moltiplica i fini e le funzioni dello Stato troncando definitivamente la tradizione astensionista dell’originario liberalismo, dilata, oltre agli ambiti spaziali, anche quelli temporali di intervento. Lo Stato che ‘promuove’ il benessere collettivo agisce in un’ottica prospettica e progressiva secondo un’idea di democrazia sociale che non esaurisce l’eguaglianza nell’astrattezza delle formule e non considera la democrazia una meta, ma un traguardo di tappa. Si scopre, così, che libertà, eguaglianza e democrazia vivono proprio attraverso lo ‘Stato sociale’, figlio di un costituzio-nalismo che fonde, talvolta fino a confondere, il politico con l’economico e il sociale. La complessa architettura del costituzionalismo italiano contemporaneo alla quale si legano gran parte delle attuali conquiste in termini di civiltà e di giustizia sociale nonché delle concrete aspettative in termini di orga-nizzazione dei poteri e di tutela dei diritti, agli inizi del nuovo millennio, tuttavia, sembra scomporsi ed incrinarsi sotto l’influsso di una moltitudine di forze e di tendenze globalizzanti che fanno vacillare quelle forme e quei modi d’essere dello Stato costituzionale apparse mezzo secolo fa salde e definitive perché appropriate ad una democrazia concepita come patrimonio di ciascuno e di tutti. Lo ‘Stato sociale’, lo ‘Stato sovrano’, lo ‘Stato dei partiti’, forme storiche di questo Stato e di questa democra-zia che coniuga libertà ed equità, pluralismo sociale e pluralismo dei poteri, manifestano oggi i segni della loro decadenza coinvolgendo in modo inevitabilmente problematico quei princìpi e quei valori che rappresentano l’impalcatura dell’intero costituzionalismo del ’900 e che solo in queste forme contemporanee della statualità

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riescono a trovare il loro naturale quanto armonioso campo di esercizio ma anche di espansione. La crisi dello Stato contemporaneo si rivela, pertanto, una crisi profonda e complessa perché variegata e po-liedrica; una crisi di forme e di sostanza, di strumenti e di obiettivi, di principi organizzativi non sempre rivedibili e di principi ispiratori inderogabili. In tal senso, la crisi dello Stato sociale non rappresenta solo il fallimento di un modello politico dell’economia ma lo stesso appannamento di uno Stato costituzionale che assume la dignità dell’uomo come suo punto di partenza storico culturale e che fissa una scala di valori dominanti come base di questa dignità e come linea direttrice del proprio sviluppo. Lo Stato sociale, speranza per molti, mezzo di sopravvivenza per tanti, privilegio per alcuni, rivela, così, con la crisi del sistema economico e del mercato del lavoro, una sua caratteristica molto importante: quella di uno Stato che proclama i diritti di tutti ma senza assicurarne la concreta effettività. I diritti sociali, in particolare, non si vedono garantiti nelle forme classiche della tutela delle libertà tradizionali, risultando, per molti profili, condi-zionati dalla disponibilità di risorse finanziarie e dalla volontà del legislatore; in alcune ipotesi fino a diventare mere misure discrezionali o perfino benefici concessi. È in questo quadro di molte luci e qualche ombra che il Paese può oggi ben dirsi fiero e riconoscersi nella sua Costituzione che gli eroi della Resistenza hanno reso possibile e che la cultura e la prassi dei partiti politici, nel sessantennio che abbiamo alle spalle, hanno organizzato fattivamente. È da auspicare che questi ultimi risol-vano quella crisi che da tempo li attanaglia per ritornare a svolgere quel ruolo centrale cui l’ordinamento costi-tuzionale li chiama. È infine auspicabile che i giovani sappiano ereditare il testimone di questa lunga e importante tradizione costi-tuzionale, con quella passione civile di cui essi sono capaci quando si ripropongono loro mete ambiziose. ________________________________________________ Chi è SILVIO GAMBINO [email protected] Silvio Gambino è professore ordinario di Diritto costituzionale italiano e comparato presso la Facoltà di Scienze Poli-tiche della Università della Calabria della quale è stato anche Preside. Attualmente dirige la Scuola superiore di scienze delle amministrazioni pubbliche operante presso lo stesso Ateneo. E’ autore di diverse monografie e saggi relativi ai rapporti fra forme di governo e partiti politici, ai controlli di costitu-zionalità (soprattutto nell’esperienza francese), al regionalismo e alle autonomie locali, ai diritti fondamentali nell’otti-ca del costituzionalismo a più livelli e nell’ottica della Unione europea. Fra le monografie più recenti si ricordano: Stato e diritti sociali (Liguori, Napoli, 2009); Diritti fondamentali e Unione europea (Giuffrè, Milano, 2009); Forme di Governo (Giuffrè, Milano, 2007); Diritto costituzionale comparato ed euro-peo. Lezioni (Giuffrè, Milano, 2009); Regionalismi e Statuti. Le riforme in Spagna e in Italia, Milano, Giuffré, 2008. (G. D’Ignazio), La revisione costituzionale e i suoi limiti, Milano, Giuffré, 2007. Alcuni saggi e articoli: 2009: 1. “Autonomie territoriali e riforme”, in federalismi.it, 2009, n. 5, pp. 1-83. 2. “Autonomia, asimmetria e principio di eguaglianza: limiti costituzionali al federalismo fiscale”, in s 2009, n. 1, pp. 3-43. 3. “Le sfide del neo-regionalismo e l’eguaglianza dei cittadini: il federalismo fiscale secondo il d.d.l. A.S. 1117”, in Diritto e Pratica tributaria, 2009, n. 2, pp. 50-70. 4. “I diritti fondamentali fra Trattati e Costituzioni”, in federalismi.it, 2009, n. 3, pp. 1-8. 2008: 1. Occidente, Islam, diritti fondamentali”, in Periferia, 2008, Vol. 68, n. 1, pp. 5-10. 2. “Autonomie territoriali e riforme”, in Astrid Rassegna, 2008, Vol. 74, n. 12, pp. 1-57. 3. “Sovranità dell'elettore e 'populismo della modernità”, in federalismi.it, 2008, n. 8, pp. 1-7. 4. “Droits sociaux, Charte des droits fondamentaux et intégration européenne”, in Politeia, 2008, Vol. 2, pp. 1-61. 5. “Istituzioni territoriali e Politica: ripensare il regionalismo politico del Paese”, in Astrid Rassegna, 2008, Vol. 63, n. 1, pp. 1-21. 6. “Droits sociaux, Charte des droits fondamentaux et intégration européenne”, in europeanrights.it, 2008, Vol. (23.06.2008), pp. 1-57. 7. “Partiti politici e forma di governo. La difficile riforma di una storia costituzionale radicata nella storia costituzionale del Paese”, in federalismi.it, 2008, n. 15, pp. 1-50.

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PERCHÉ IMPARARE A CAPIRE LA COSTITUZIONE FIN DA PICCOLI (di Guido De Simone) L’Italia è potenzialmente uno dei più bei posti della Terra dove vivere. La sua straordinaria ed impressionante ricchezza non ha pari nel mondo intero ed è senz’altro costituita dall’incom-parabile bellezza di quanto la Natura mette a disposizione sul suo variegato territorio; ma anche da quanto gli uomini vi hanno saputo costruire in termini di Cultura (nella Letteratura ed in tutte le Scienze, da quelle umanistiche e filoso-fiche a quelle più tecniche, ed in tutte le Arti, da quelle Architettoniche, Figurative e Visuali a quelle Culinarie), e dal-le sue abbondanti tracce nella Storia (Archeologia). Tutta la Storia d’Italia si fonda sulla capacità degli italiani di far buon uso della propria intelligenza, a partire dal sa-persi organizzare in una forma di CONVIVENZA che, rispetto al contesto storico che il mondo stava vivendo, era sempre una risposta innovativa e costruttiva. Ciò non di meno, si sono alternati momenti bui in cui chi viveva in Italia ha saputo sopravvivere preparandosi alla successiva fase di RINASCITA, fino a RISORGERE come NAZIONE e poi come STATO. Ma chi sono GLI ITALIANI? È bene tener presente che, se l’ITALIA è col tempo divenuto un luogo ben definito, con i suoi confini per lo più natu-rali (l’arco della catena montuosa delle Alpi a nord ed il mare che circonda il resto del suo “stivale” e le sue isole… al di là di quanto ci è stato più o meno impropriamente sottratto nel tempo dai popoli vicini), GLI ITALIANI più che una “razza” specifica SONO IL POPOLO che vive in Italia. In effetti, se gli Italiani fossero una sola razza, non sarebbero quello che sono oggi, ne’ l’Italia sarebbe il fantastico luogo che è divenuto nel tempo. Di fatto, sin dall’alba dei tempi, in Italia hanno approdato, vissuto e si sono sviluppate ed incrociate tra loro centinaia di “razze”, facendo dell’ESSERE ITALIANI più che una “razza” un CONCETTO, un modo di pensare, di vivere e di agire e perciò UNO STILE DI VITA. Fermo restando che i primi esseri umani di cui si hanno tracce nelle varie regioni della penisola e sulle sue isole vi sono probabilmente arrivati, come nel resto d’Europa, dal Caucaso e dall’Africa, poiché lo “stivale” italiano s’incunea nel cuore di quel grande bacino, quasi un lago, che è il Mar Mediterraneo, sulle cui sponde si affacciano ben tre con-tinenti (Europa, Asia ed Africa), nel corso dei millenni ed anche prima della nascita di Roma sulle sue sponde ricche di vegetazione e fauna e baciate da uno dei climi più miti ed equilibrati del pianeta hanno fatto scalo e si sono spes-so stabiliti un numero crescente di ulteriori popoli. Le varie “tribù” che si dividevano il territorio italico (gli Etruschi, i Liguri, i Sabini, ecc.), sotto l’effetto unificatore del dominio di Roma hanno dato progressivamente vita ai primi presupposti di un “popolo italico”, uniti da una lingua ed una cultura che hanno condiviso ed elaborato insieme per oltre 2 millenni. Ma il vero segreto del successo e della longevità dell’Impero Romano è, al di là del metodo aggressivo adottato a quel tempo per conquistare nuovi territori (discutibile solo alla luce di un’odierna consapevolezza morale), consiste proprio nella rivoluzionaria impostazione socio-amministrativa che si basava sull’imposizione della PAX ROMANA (la pace) e di regole uguali per tutti (la LEX ROMANA), nonché sul rispetto delle altrui culture e religioni, che veniva-no addirittura “importate” nel cuore dell’Impero, a Roma, e conseguentemente rese disponibili ed eventualmente diffuse in tutto l’impero se esse si conquistavano l’attenzione spontanea della gente. È a ciò che il Cristianesimo deve le sue fortune. Nonostante i successivi travagli che hanno smembrato l’Impero e perfino l’Italia, questa capacità di accoglienza, di condivisione e di convivenza tra popoli e culture diverse è rimasta nell’indole e nella cultura italica e costituisce poi la base su cui, superato il cupo periodo medioevale, si fondano gli ulteriori passi evolutivi dell’organizzazione socio-politica e della cultura umana in genere che tanto hanno avuto influenza sulle civiltà di mezzo mondo. Dai COMUNI dell’anno 1000, centri urbani organizzati, i cui esempi più estesi sono le Città, dove non esisteva più la “servitù” e meno che mai la “schiavitù” perché i loro abitanti si dividevano i compiti e si davano rispetto reciproco essendo tutti ugualmente “Cittadini”, alla successiva nascita delle BANCHE ed alla definizione di ARTI E MESTIERI, dal fervore creativo ed inventivo del RINASCIMENTO agli stessi concetti di ARTE e SCIENZA su cui di fondono i principi della civiltà di tutto l’Occidente; ciò che è stato elaborato in Italia negli ultimi 1.000 anni ha influenzato e con-

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tinua ad influenzare in modo diretto o indiretto quasi tutte le forme di urbanizzazione, organizzazione sociale, econo-mica e politica nel mondo. Questo vale anche per la COSTITUZIONE che gli italiani si sono dati dopo aver superato il trauma del Fascismo e della Seconda Guerra Mondiale, l’ultimo vero e proprio conflitto bellico che ha oppresso il territorio italiano, e dive-nendo finalmente una REPUBBLICA dopo ben oltre un secolo di tentativi. La COSTITUZIONE ITALIANA è un vero e proprio gioiello che da quando è stata scritta ed approvata è stata presa ad esempio da molti altri popoli, che in alcuni casi l’hanno per lo più copiata di sana pianta, al fine di darsi anche loro uno statuto costituente con forti principi democratici ed una solida struttura organizzativa repubblicana così da ga-rantire alla popolazione una convivenza pacifica e giusta nel proprio stato. Tale stima per la nostra Costituzione da parte di tanti altri popoli è senz’altro un buon motivo per capirla bene ed avere coscienza del perché esserne fieri. Ma il motivo principale perché gli ITALIANI la conoscano bene è che ne possano fare un uso adeguato per vivere decisamente meglio. Perché a questo serve la Costituzione. Noi Italiani, a differenza di molti altri popoli nel mondo, abbiamo la fortuna di poter vivere in una Democrazia. DEMOCRAZIA è una parola che viene dal greco ed è originalmente composta da due parole, DEMOS, che significa “IL POPOLO”, e CRATOS, che significa “potere” o “governo”. Quindi, DEMOCRAZIA significa “Potere del Popolo”. Pertanto, una DEMOCRAZIA per essere tale ha bisogno di un ingrediente base, il principale protagonista ed unico sovrano, IL POPOLO, i cui membri, i CITTADINI (termine che si riferisce proprio al modello italico delle ”città-comuni” o “città-stato”), sono tutti uguali davanti alla Legge e con eguali diritti e doveri, essendo tutte le norme che regolano ogni problema della convivenza nel paese basate sulla Legge Suprema, la Costituzione Repubblicana e Democratica. Ma per essere dei VERI CITTADINI ed una VERA COMUNITÀ, gli italiani devono: prima di tutto essere a conoscen-za dei propri diritti e dei propri doveri: la loro ignoranza in materia fa comodo solo a chi li vuole ingannare; perciò, è bene che gli italiani CONOSCANO quanto meno la propria Costituzione e come farne uso; essere coscienti del pro-prio ruolo di Cittadini e che, se non PARTECIPANO, altri se ne possono approfittare; avere a disposizione un effi-ciente metodo di voto per scegliere come gestire il proprio paese e cosa eventualmente modificare e chi deve farlo, un metodo che consenta loro d’esprimere liberamente e democraticamente la loro volontà; essere adeguatamente INFORMATI su quanto accade, dai fatti veri e propri alle diverse opinioni, perché senza un’adeguata e completa informazione nessuno può scegliere quale sia la migliore decisione per se stesso e per la propria comunità. Senza una vera informazione, chiunque li può ingannare facendo credere loro cose false ed approfittandone per fare i propri interessi, quasi sempre a danno degli stessi italiani. Infatti, se UN POPOLO è l’ingrediente base della ricetta della DEMOCRAZIA, gli ingredienti base per fare UN PO-POLO ed i suoi CITTADINI sono quattro: la CONOSCENZA la PARTECIPAZIONE la RAPPRESENTANZA l’INFORMAZIONE

Se il primo passo è la CONOSCENZA, è necessario partire dalle fondamenta stesse della nostra convivenza in Ita-lia: BISOGNA CONOSCERE LA NOSTRA COSTITUZIONE. Ecco perché essa dovrebbe essere insegnata e fatta capire a tutti, a partire dai bambini, perché sappiano capire e si rendano conto subito di quello che serve per vivere bene e pacificamente tutti insieme. Insegnare ai bambini cosa è e a che cosa serve la LORO Costituzione, è una strategia vincente che gioca a favore di tutti: per i bambini stessi, che imparano a capire cosa significa essere un CITTADINO di una REPUBBLICA DE-MOCRATICA (e non un SUDDITO di fatto) e quali sono perciò i suoi DIRITTI ma anche i suoi DOVERI per vivere serenamente tutti insieme, perciò, anche per la società del futuro di cui gli attuali bambini saranno i protagonisti, per gli adulti e la società di oggi, perché non va sottovalutata l’influenza che gli stessi bambini possono avere sui propri genitori e perciò sulla società con il loro giudizio e la loro reazione spontanea a ciò che di sbagliato fanno gli adulti. COSTITUZIONE, CITTADINANZA, ANTI-BULLISMO, VITA E COMUNITÀ DEGNE DI QUESTO NOME In alcune nazioni, in verità ancora troppo poche, l’insegnamento del concetto di CITTADINANZA (citizenship) fin dalla più tenera età è il più azzeccato fondamento nella lotta all’ABUSO ed alla PREPOTENZA, a partire proprio dal

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suo primo manifestarsi nell’infanzia, sotto forma di BULLISMO. Nel semplice linguaggio dei bambini, chi compie una prepotenza o una cattiveria è un “cattivo”. Ma nessuno nasce cattivo. Al massimo possiamo dire che siamo tutti soggetti alle nostre paure ed egoismi. Ma “cattivi” si diventa. I “cattivi”, infatti, sono esseri umani come tutti che però sono diventati cattivi perché hanno fondamentalmente paura di tutti coloro e di tutto ciò che li circonda e, piuttosto che diventarne vittima, preferiscono essere loro ad aggredire tutto e tutti per tenerli sotto controllo. Una visione profondamente sbagliata della vita. Scientificamente, sono persone con una grave distorsione della realtà ed un pesante rifiuto dei principi stessi della convivenza pacifica nel rispetto di tutti e di tutto. Tutti gli abusi che i “cattivi” infliggono ai danni dei propri simili o di altre specie viventi e contro la natura in genere sono un modo per evitare di subire le stesse cose. Tali distorsioni e dissonanze maturano nei bambini fin dalla più giovane età se essi vivono in ambienti in cui gli altri, e specialmente gli adulti, sono “violenti” (psicologicamente e/o fisicamente) e “cattivi”, spesso anche nei confronti degli stessi bambini, e comunque dove gli adulti sono pesantemente menefreghisti e/o assenti. Infatti, in tutti i contesti in cui gli adulti non intervengono in modo appropriato o non intervengono affatto, è gioco for-za che molti bambini prendano atteggiamenti egoisti, prepotenti ed eventualmente violenti ed operino sempre più abusi ai danni di altri loro coetanei (p.e.: il giocattolo strappato all’altro bambino). Sono comportamenti facilmente adottati dai “cuccioli d’uomo”, le cui azioni, senza una coscienza sviluppata, sono ancora basate solo sui propri istinti egoistici. Facendo mancare il loro ruolo “normativo”, gli adulti lasciano campo libero ad una errata percezione da parte dei protagonisti dell’abuso. Chi ha fatto la prepotenza (il “bullo”) s’illude di passarla liscia e così di poter essere un “vincente” e se nessuno lo ferma diventerà un “bullo-cronico”; chi la prepotenza l’ha subita (la “vittima”) comincia a temere d’essere un “perdente” e man mano che cresce ed acquisisce la coscienza della sua paura ed impotenza, ne vivrà la vergogna e consoliderà la propria insicurezza e disistima diventando una “vittima-cronica”, con la depressio-ne in agguato. In effetti, gli stessi “bulli” sono per lo più ex-“vittime”, sia che ciò sia stato causato dalla prepotenza degli adulti o di altri bambini. In virtù dell’istinto di sopravvivenza insito in ogni essere vivente, i bambini possono reagire a quanto subiscono an-che scegliendo di essere come coloro che li hanno perseguitati. Una tipica casistica è rappresentata dall’emulazio-ne. Molti adulti hanno la brutta abitudine (a loro volta appresa da bambini) di strapazzare, prendere in giro e trattare con disprezzo coloro che ritengono “deboli”, “diversi” e “perdenti”, spesso anche verso i propri figli, adducendo spesso come scusa che così li salvaguardano dalla “cattiveria del mondo”. Il bambino che subisce tale trattamento dall’adul-to che ama e rappresenta il suo modello di riferimento può arrivare ad odiarsi e per superare i suoi limiti può prende-re ad esempio l’intransigenza dell’adulto e, in assenza di una diversa e più positiva filosofia da parte di almeno uno dei genitori o di un altro adulto-guida (parente, vicino, insegnante), può emulare quel modello di comportamento verso gli altri. Per essere all’altezza di meritarsi l’affetto dell’adulto a cui sono legati affettivamente e che gli ha rimproverato le sue “debolezze” o l’aver tradito le sue aspettative, spesso sproporzionate, ne emulano i comportamenti, individuando tra i propri coetanei coloro che ritengono dei “deboli” o dei “diversi” o dei “perdenti” e per farne a loro volta le proprie vittime. La loro strategia consiste nel fare terra bruciata intorno alla vittima, potendola così perseguitare liberamente in vari modi, psicologici ed anche fisici, al fine di fiaccarne la possibilità di reazione e mantenerla nel suo ruolo di vittima. Questo trattamento può portare la vittima ad un crollo progressivo della propria auto-stima (crollo che può essere dirompente, se non ha sicurezza in se stessa e si ciba solo della conferma altrui) e a pesanti conseguenze sul piano psicologico, dall’introversione alla melanconia e svogliatezza, dall’inappetenza alla sovralimentazione (compensazione della frustrazione), dall’assenteismo scolastico alla somatizzazione (meglio essere malati che an-dare fuori o a scuola e subire), fino alla depressione ed anche al suicidio. Peraltro, il “Bullo” si auto-garantisce la sopravvivenza e l’impunità imponendo il silenzio alle proprie vittime, proprio per evitare che gli “adulti” ne vengano a conoscenza ed intervengano. Ma tutto ciò trova decisamente campo libero quando gli adulti sono troppo presi dai propri problemi e trovano in ciò giustificazione alla loro comunque colpevole mancanza d’attenzione verso i bambini. Non ci si illuda che tale fenomeno sia limitato a pochi soggetti e coinvolga solo il “bullo” e la sua “vittima” o le sue “vittime”. Ne’ che i bulli siano solo maschi.

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Le indagini svolte in molte nazioni negli ultimi 20 anni hanno preso atto di fenomeni paralleli molto preoccupanti: I “bulli”, che fondamentalmente sono anche dei vigliacchi, tendono a creare una propria “gang”, la corte dei complici

(i “BULLI-GREGARI”), bambini spesso “perdenti” che piuttosto che diventare delle vittime si alleano con il bullo. Dall’altro lato, la stragrande maggioranza degli altri bambini, a differenza degli adulti, vedono tutto quello che avvie-

ne nel proprio ambiente e sanno come stanno le cose; pertanto, vivono con un profondo “senso di colpa” la loro mancanza di coraggio per non essere intervenuti a difesa delle vittime o non l’hanno detto ai grandi, avendo pau-ra del bullo e di divenirne a loro volta delle vittime; pertanto, al di là dei protagonisti diretti del Bullismo, vi sono moltissimi altri bambini che sono delle “VITTIME-INDIRETTE” dello stesso fenomeno e che rischiano di rimanere dei “perdenti” con una bassa auto-stima e senza capacità di reagire contro gli abusi e le prepotenze anche in età adulta.

Se prima i “BULLI FEMMINA”, le “bulle”, si limitavano a mettere in atto prepotenze ed abusi di carattere psicologico (peraltro, i casi con le peggiori conseguenze sulle vittime) e specialmente nei confronti di altre bambine, oggigior-no è vertiginosamente in crescita il numero di bulle che aggrediscono le proprie vittime anche fisicamente e che ora se la prendono anche con i maschi, specialmente se isolabili o comunque contando sulla propria “gang”, una volta solo al femminile, ma che da qualche anno aggrega anche eventuali maschi che preferiscono stare con chi appare come “vincente e di successo”.

In assenza di un adeguato intervento da parte degli adulti, sia perché la famiglia ed i genitori sono soggetti sempre più “deboli” ed inadeguati al proprio ruolo, sia perché la scuola è in un profonda crisi d’identità, i bulli hanno pre-so sempre più coraggio e stanno manifestando sempre più la propria arroganza ANCHE VERSO GLI ADULTI, insegnanti e genitori inclusi. I casi di aggressioni ai danni di docenti di scuola che terrorizzati si dimettono o pre-pensionano e quelli di parricidio e matricidio sono in aumento negli ultimi 15 anni e ne sono le manifestazioni più evidenti. Ma la casistica è di gran lunga più consistente, variegata e preoccupante e, peggio, sotterranea.

Il mancato intervento degli adulti nella prima età scolare genera il trasferimento del fenomeno anche nelle scuole superiori e poi nell’età adulta. L’aumento delle “gang” di quartiere anche in Italia ha origine nelle cosiddette “baby-gang” i cui protagonisti, indisturbati, sono nel frattempo cresciuti. Lo sanno bene gli americani nelle cui città interi quartieri sono sotto assedio proprio per aver sottovalutato il BULLISMO e non essere intervenuti a tempo debito, complice anche l’emendamento della Costituzione Americana che dà il diritto a chiunque di possedere un’arma. Anche in Italia, tutte le forme di abuso stanno subendo un’impennata senza uguali. Di fatto, il Bullismo è sia la madre che il padre di tutte le forme di prepotenza che si manifestano in età adulta, come: l’arroganza dei “capi” (in realtà dei falliti, perché i veri capi sanno farsi rispettare senza imporsi) ed il mobbing (anche tra colleghi ed ai danni dei capi troppo “deboli” o “diversi”), l’abuso di potere in genere, la violenza sui minori e la pedofilia, la violenza sulle donne e lo stupro, la violenza sugli anziani e sui malati o portatori di handicap, la violenza nei confronti degli emigranti e le persecuzioni razziali, le persecuzioni religiose, lo stalking (altra forma di persecuzio-ne in nome del proprio desiderio egoistico dell’altro cui s’impone la propria presenza), il linciaggio fisico (ma anche quello morale, perché non c’è nulla di più perfido che distruggere una persona psicologicamente; perciò, il gossip non è da meno e guarda caso negli ultimi 15 anni è adottato come arma perfino nella lotta politica), ecc. ecc., non ultima la stessa Mafia, quale che sia il suo nome nelle varie aree del mondo, il cui schema di potere si basa sul con-trollo di tutti con la minaccia ed imponendo l’omertà… in sostanza, la fotocopia in età adulta e più in grande di quello che fa un bullo da bambino. Complici le varie crisi economiche e/o politiche e la preoccupazione degli adulti più per tali aspetti che per il loro ruolo sociale di “educatori naturali” in una società e comunità coesa, la Scuola è stata abbandonata a se stessa attri-buendole tutte le responsabilità (ma senza strumenti per gestirle) e negli ultimi 20 anni il Bullismo ha letteralmente prosperato. La stessa Tv ha contribuito al fenomeno con il cinico obiettivo di creare più attenzione ed audience e così garantirsi più introiti pubblicitari. Perciò, ha dato sempre più spazio, facendone dei “vincenti”, a tutti coloro che si impongono sugli altri con la furbizia più che l’intelligenza, con l’arroganza e la voce alta più che nel merito delle cose, perfino con la forza e la violenza fisica. In questa situazione ambientale, i “cattivi maestri” e “teorici del bullismo di massa” hanno preso coraggio e hanno osannato i lati positivi dell’egoismo ed additato l’altro, il “diverso” di turno che fa sempre comodo a costoro, come il colpevole ed il capro espiatorio, e hanno fatto loro eco coloro che avevano la coscienza sporca, spesso solo per distrarre l’attenzione dalle vere responsabilità, per lo più le loro. È inutile passare il tempo solo a lamentarsi degli sbagli fatti e focalizzarsi solo su quelli degli altri. Tanto, anche solo non intervenendo, siamo tutti un po’ colpevoli.

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È meglio cercare di capirli, gli errori, e da essi imparare ad evitarli in futuro. Dopo aver preso atto del problema e capite le sue cause, bisogna rimboccarsi le maniche, agendo contemporaneamente su due fronti: aiutare gli adulti a scrollarsi di dosso i comportamenti menefreghisti dando loro un’alternativa costruttiva e appli-

cando regole certe che disincentivino comportamenti a danno altrui ed incentivino il senso della comunità e l’utilità e dignità d’ogni singolo individuo,

immettere nella società quanta più “acqua pulita” sia possibile, cioè bambini con una idea di società decisamente migliore e del ruolo che ciascuno di essi ha affinché ciò divenga realtà, ripulendo progressivamente la società dalle sue vecchie e pesanti “scorie”.

Ecco perché ritengo che insegnare ai bambini cosa è e a che cosa serve la LORO Costituzione, è una strategia vin-cente che gioca a favore di tutti: Prima di tutto per i bambini stessi, che imparano a capire cosa significa essere un CITTADINO in una REPUBBLI-

CA DEMOCRATICA (e non un SUDDITO di fatto) e quali sono perciò i suoi DIRITTI ma anche i suoi DOVERI per vivere serenamente tutti insieme, creando anche i presupposti affinché le “vittime” di eventuali bulli possa-no reagire contando su di una comunità che interviene a difesa dei deboli e non li tratta da perdenti,

perciò,crea i presupposti anche per una migliore società del futuro di cui gli attuali bambini saranno i protagonisti, per gli adulti e la società di oggi, perché non va sottovalutata l’influenza che gli stessi bambini possono avere sui

propri genitori e perciò sulla società con la loro reazione motivata e spontanea a quanto di sbagliato fanno gli adulti.

Credo che questo libro sia un’ottima base per ottenere ciò, eventualmente facendone perfino il “libretto d’istruzioni“ di un nuovo “gioco” che coinvolga l’intera scuola, facendo interpretare ai bambini i ruoli chiave descritti dalla Carta Costituzionale, simulando che la SCUOLA sia come uno STATO in cui ognuno di loro ricopre un incarico. In un ambiente in cui i bambini sono coscienti che ci sono regole per punire la contravvenzione delle regole e chi interviene per evitarlo se lo si denuncia, oltre all’elaborazione di una coscienza civile e democratica, si creeranno ulteriori riflessi positivi che si riscontreranno su molteplici aspetti della vita quotidiana come per esempio rispetto ai bulli (ed il bullismo che ne deriva) che avranno vita difficile se non impossibile. E, nel tempo, avranno vita difficile e terra bruciata tutti i tipi di prepotenza e crimine. Vi pare che questa possa essere un’ITALIA migliore? Ed allora cosa aspettate? Si inizi dal libro chiave: LA COSTI-TUZIONE ITALIANA. E nulla di più pratico è usare un libro che la faccia capire a tutti, anche ai bambini, come ap-punto è “LA POLITICA PER TUTTI”.

Guido De Simone ________________________________________________ Chi è Guido De Simone ([email protected]) Guido De Simone nasce a Roma il 28 gennaio 1955, ed ha una figlia. I suoi studi in Economia e Commercio sono intercalati da 3 anni di viaggi e soggiorni (1977/1980) per studio e lavoro in Inghilterra, Africa Occidentale, USA e Canada, e seguiti da specializzazioni in Marketing (Procter & Gamble, 197-8), Processi Creativi (A.I.A.P., 1983), Comunicazione (Albo delle Organizzazioni Pubblicitarie, 1984) e Relazioni Pubbliche (FE.R.P.I., 1985). Nel biennio 1990/1991, a seguito di un lungo impegno lavorativo e professionale anche nelle selezione e gestione delle Risorse Umane e nell’Orientamento e Formazione, frequenta il Master presso la Scuola di Psicosociologia dell’Organizzazione e del Lavoro (Roma e Milano), unico non laureato in psicologia o sociologia ammesso. Risiedendo spesso all’estero, fa uso corrente dell’Inglese parlato e scritto, conosce il francese e lo spagnolo e dal 2009 studia Cinese e Russo. LAVORO: Dal 1975 al 1983 occupa ruoli dirigenziali nel commercio e nell’industria. Dal 1980 è imprenditore nella Distribuzione Organizzata (bricolage) fondando con il padre la LEGNOPRONTO. Dal 1984 la lascia per divenire consulente di Organizzazione, Comunicazione e Marketing, specializzandosi anche in settori innovativi (Sponsorizzazione, Franchising, Benchmarking, ecc.) e fino al 1996 si occupa di oltre 120 aziende italiane e stranie-re operanti in vari settori dell’industria, artigianato, commercio, servizi terziari e terzo settore (sociale). Nel 1990 fonda KC ITALIA, società di Consulenza Orientamento e Formazione per le PMI. Dal 1991, dopo il Master in Psicosociologia, diviene progettista di Orientamento e Formazione, collabora ai progetti (FOPRI, GEPI) di rimoti-vazione e riqualificazione dei lavoratori in mobilità e progetta/implementa un Master per la Regione Lazio. In tutti i

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suddetti casi ne è anche il docente. Nel 1993 riprende il ruolo operativo nella LEGNOPRONTO e con i fratelli affianca al primo un secondo punto vendita e fonda una terza società per la gestione dell’ufficio acquisti e dell’amministrazione, creando un piccolo gruppo. Con tali credenziali, si accordano con altri 6 imprese colleghe operanti nel Nord d’Italia per sviluppare insieme il Consor-zio BRICO OK, il cui gruppo d’acquisto, trattando coi fornitori per conto dei quasi 20 punti vendita dei sette soci, per-mette d’ottenere le condizioni riservate alle potenti catene straniere da poco arrivate in Italia. La successiva politica di franchising mette tale potere d’acquisto a disposizione di molti altri punti vendita locali del settore in tutta Italia, formando una catena nazionale che nel 2009 arriva a 95 punti vendita e salva oltre 70 imprenditori dall’aggressività dei grandi concorrenti stranieri. Nel 2003 progetta e vara il primo programma operativo Anti-Bullismo, curando personalmente la formazione delle docenti delle scuole materne ed elementari di un distretto scolastico di Reggio Calabria (P. Catanoso). Nel 2004 viene incaricato dall’università privata UNIMEUR d’organizzare e dirigere il Dipartimento di Scienze del Comportamento. Dal 2001 sta verificando le condizioni per lo sviluppo della catena BRICO OK anche in altri paesi, eventualmente alleandosi con gruppi simili lì già operanti. Inoltre, promuove lo stesso modello organizzativo anche in altri settori commerciali per tutelarsi dalla politica aggressiva delle multinazionali e salvaguardare la piccola imprenditoria. SOCIALE: Dagli anni ’80 aiuta varie associazioni di Volontariato (ambiente, protezione civile, ecc.), dalla stesura di statuto e regolamento alla strutturazione organizzativa e dell’ufficio stampa, dalla formazione interna alle scelte stra-tegiche. Attento osservatore dei processi politici in Italia ed all’estero, rimane sempre autonomo dai partiti. Nel 1982 è co-fondatore del “VOLTAIRE”, associazione di giovani di tutti i partiti, in cui egli rappresenta i “non alline-ati”, che riescono a far dialogare i protagonisti della Politica e della Società in incontri pubblici sui temi più cruciali per il paese, favorendo spesso accordi fin lì falliti in Parlamento o ai “tavoli ufficiali”. Negli anni 1991/94, durante la crisi del sistema partitico della “1° Repubblica”, contribuisce alle iniziative della Socie-tà Civile intuendo per primo che le PRIMARIE sono la risposta al pressante bisogno di vera Democrazia, ne studia le varie forme d’uso nel mondo, a partire dai vari casi negli Stati Uniti dov’erano nate, e progetta un nuovo tipo di PRI-MARIE APERTE, compatibile con la COSTITUZIONE ITALIANA e finalizzato a dare seguito effettivo ai suoi principi consolidando la centralità dei cittadini ed il pieno potere del Popolo Sovrano e perciò favorendo un vero processo democratico dal basso che contenga o ponga rimedio ad eventuali degenerazioni o abusi di potere nei partiti e nelle istituzioni. Nella primavera del ‘94 propone il neo modello di PRIMARIE APERTE ai movimenti ed ai partiti, ma i loro vertici evitano di consentirne la visibilità o la bollano come irrealistica. La successiva degenerazione “pilotata” dei suddetti “nuovi” partiti in una più astuta riedizione della 1° Repubblica, solo apparentemente abbattuta, lo inducono a rimanerne al di fuori, pur studiandone la struttura e le modalità strate-giche ed operative ed impegnandosi nel progressivo stimolo (1985/2001) di un processo rivoluzionario dal basso su due fronti: diffondendo le Primarie tra i cittadini comuni ed inoculando il “virus della conoscenza” delle Primarie Aper-te e dei loro dirompenti effetti democratici in particolare tra i cittadini iscritti ai partiti, la “base”, affinché lo propones-sero e poi l’imponessero di fatto ai rispettivi “vertici”; fase, quest’ultima, che inizia nel 1999. Nel 1996, con altre persone che stanno condividendo il suo progetto, fonda il COMITATO PER LE PRIMARIE ed avvia una verifica popolare dei principi fondanti delle Primarie che coinvolge oltre 15.000 cittadini in tutta Italia. Nel 2001, in base all’esito di tali contributi dal basso, scrive il MANIFESTO PER LE PRIMARIE. Nel 2004, respinti i ten-tativi di alcune parti politiche d’appropriarsi del progetto per controllarne gli effetti, redige la prima stesura della legge per l’istituzione delle PRIMARIE APERTE nell’intero sistema elettorale italiano, nel rispetto dei principi indicati dai cittadini. Inoltre, trasforma il precedente COMITATO PER LE PRIMARIE nel COMITATO PER LE PRIMARIE APER-TE e invita la Società Civile a partecipare all’ultima verifica del testo. Nel 2006 chiude i lavori, pubblica sul sito del Comitato (www.primarie.org) il testo definitivo della legge in 12 articoli e ne registra il titolo come Proposta di Legge d’Iniziativa Popolare, di cui è primo firmatario, presso la Corte di Cassazione. Nel 2007 ne avvia la campagna (www.laspedizionedei1001.it) per la raccolta delle firme, che interrompe nel 2008 in attesa di tempi migliori, preso atto della totale indisponibilità dei media a darne notizia e dei costi a suo solo carico in mancanza di visibilità e con-tributi.

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