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Sportello Linguistico Città di Susa] 6 MAGGIO 2009 Ricerca Sociolinguistica Città di Susa 2008 Valle di Susa 1 RADICI LINGUISTICHE E GENTE IN MOVIMENTO CITTA’ DI SUSA PROVINCIA DI TORINO ------------------ UFFICIO SEGRETERIA Via Palazzo di Città n. 39 Tel. 0122/648301 fax 0122/648307

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Ricerca Sociolinguistica Città di Susa 2008 – Valle di Susa 1

RADICI LINGUISTICHE E

GENTE IN MOVIMENTO

CITTA’ DI SUSA PROVINCIA DI TORINO

------------------

UFFICIO SEGRETERIA Via Palazzo di Città n. 39

Tel. 0122/648301 fax 0122/648307

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I MOVIMENTI IMMIGRATORI IN VALLE DI SUSA:

IL CASO DI SUSA Radici linguistiche nel tempo

INDICE

� Introduzione

� Capitolo 1 : IMMIGRAZIONE EXTRACOMUNITARIA PROVINCIA DI TORINO � Tab 1: Popolazione residente nella provincia di Torino � Tab 2: Iscrizione popolazione immigrata � Tab 3: Cancellazione popolazione immigrata � Tab 4: Composizione per genere popolazione extracomunitaria � Tab 5: Composizione per genere e paese di provenienza � Graf: Cittadini stranieri principali aree di provenienza (31/12/2007)

� Capitolo 2 : INQUADRAMENTO VALLE DI SUSA � Tab 1. andamento demografico dal 1861 al 2007 � Graf. andamento demografico dal 1861 al 2007Introduzione Valle di Susa � Rapporto abitanti e residenti stranieri 2006 – 2007 � Rapporto abitanti e residenti stranieri 2007 – 2008 � Tab 2: Cittadini Stranieri in Valle di Susa al 31/12/2006 � Graf. Cittadini Stranieri in Valle di Susa al 31/12/2006 � Tab 3: Rapporto abitanti e residenti stranieri al 31/12/2007 � Graf : Rapporto abitanti e residenti stranieri al 31/12/2007 � Tab 4.: Rapporto abitanti e residenti stranieri al 31/12/2008 � Tab 5. variazione percentuale 2006/2007 � Tab 6. variazione percentuale 2007/2008 � Tab 7: Percentuale degli stranieri sul totale dei residenti e percentuale degli stranieri sul

totale degli stranieri – anno 2008 � Tab 8: Variazione percentuale residenti stranieri anni 2006/2007/2008 � Graf: Variazione percentuale residenti stranieri anni 2006/2007/2008

� Tab 9. Percentuali della provenienze straniere nella Valle di Susa (m/f): anno 2007 � Graf. Percentuali provenienze straniere nella Valle di Susa (m/f): anno 2007 � Tab 10: Provenienze straniere in dettaglio – paese di origine

� Grafico torta provenienze straniere in dettaglio – paese di origine � Tab 11: Provenienze straniere in dettaglio – m/f 2007 � Graf: Provenienze straniere in dettaglio – m/f 2007

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Capitolo 3 : I MOVIMENTI IMMIGRATORI NELLA CITTÀ DI SUSA

� Metodologia di indagine � Intendimenti alla ricerca � Introduzione

� Tab. riassuntiva sull’immigrazione contenente gli anni di riferimento e le aree di provenienza � Graf. Immigrati provenienti dal nord Italia � Graf. Immigrati provenienti dal centro Italia � Graf. Immigrati provenienti dal sud Italia � Graf. Immigrati provenienti dalle Isole � Graf. Immigrati provenienti dall’estero � Graf. Immigrati provenienti dai comuni della Valle di Susa � Graf. Immigrati provenienti da comuni piemontesi � Tab. luoghi di provenienza degli immigrati

Capitolo 4: I MATRIMONI MISTI

Capitolo 5: TESTIMONIANZE

� ALBANIA M. � ALBANIA M. � ALBANIA M. � ALBANIA M. � PIEMONTE M. � DA SACCO M. � SARDEDGNA F.

� VENETO M. � MAROCCO M. � MAROCCO M. � MAROCCO M. � MAROCCO M. � MAROCCO F. � MAROCCO F. � CALABRIA F � ALBANIA F. � CALABRIA M. � FRANCIA F. � FRANCIA F.

� ROMANIA M � ROMANIA F. � ALBANIA F. � PERU’ F. � ABRUZZO M.

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� ABRUZZO F. � CALABRIA M. � CALABRIA F. � VENETO F. � SICILIA M � SICILIA F.

Capitolo 6: INDUSTRIE DI VALLE Il cotonificio Valle di Susa Acciaierie Assa di Susa Nova opificio Valsusa Anonimo Dinamitificio Nobel FERA fabbrica elettrica IMP i. metallurgiche piemontesi La fabbrica da fer di Bussoleno: Ferriera di Buttigliera Alta La Moncenisio La Magnadyne Ferrovia Torino-Bardonecchia Centrale idroelettrica di Ponte Ventoux Traforo del Frejus Stazioni sciistiche alta valle

� Tab. dipendenti occupati all’interno della fabbrica ASSA di Susa � Tab. manodopera impiegata nelle aziende valsusine tra il 1977-1983 � Tab, dipendenti impiegati nei diversi settori di attività tra il 1977-1983 �

Capitolo 7 : IMMIGRAZIONE EXTRACOMUNITARIA BOX IMMIGRAZIONE ALBANESE Capitolo 8: LE SCUOLE

INSERIMENTO RAGAZZI EXTRACOMUNITARI NELLE SCUOLE DELLA VALLE DI SUSA (Testimonianze di Silvana Morello e Renza Reynaud)

Appendice 1: Risposte questionari immigrati italiani

Appendice 2: Risposte questionari immigrati stranieri

BIBLIOGRAFIA

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INTRODUZIONE

L’idea di un’indagine socio linguistica riguardante il fenomeno immigratorio a Susa ha come presupposto che, fin dalle sue origini, la città è sempre stata fulcro di ogni genere di commistione linguistica e culturale.

Susa nasce come realtà ligure e celtica; viene in seguito romanizzata ma conserva nel tempo una forte impronta sia dei sostrati celtoliguri che dei superstrati germanici (gotico, longobardo, francone). Susa diviene non soltanto una piccola capitale interalpina, con legami economici, politici e culturali al di qua e al di là dello spartiacque alpino, ma soprattutto un "focolare" di irradiazione di modelli linguistici.

Grazie al ruolo di Susa di mercato principale di vasta area, di capoluogo amministrativo e religioso, di centro commerciale e scolastico di una certa importanza, il suo dialetto francoprovenzale diviene così quello che evolve maggiormente e, nello stesso tempo, quello che maggiormente influenza le parlate non soltanto dei paesi circostanti ma anche delle vicine valli di Viù, del Sangone e dell'Arc. Il francoprovenzale rimane il codice linguistico utilizzato nella comunicazione quotidiana e popolare, affiancato, nella comunicazione "ufficiale" e nell’amministrazione da altre lingue: nei primi secoli dell'era volgare, il latino è la lingua della scrittura e quindi dell'amministrazione; successivamente all'anno Mille, e ancora per molti secoli, il latino continua ad essere la lingua più usata nell’amministrazione, ma sempre di più si trovano atti, delibere, lettere più o meno ufficiali, cronache vergate nelle "nuove" lingue romanze: come ad esempio in francese, ma anche in italiano e talvolta anche in piemontese. In alcuni casi ci sono anche cronache parrocchiali, atti, testi teatrali composti in francese con forti elementi dialettali.

Il francoprovenzale è conservato maggiormente nelle parlate delle frazioni di Susa quali Coldimosso, Traduerivi e San Giuliano. In generale il territorio segusino vede come codice linguistico ampiamente diffuso il piemontese, nello specifico la variante torinese, area verso la quale Susa ha avuto rapporti commerciali molto stretti.

Una grande svolta dal punto di vista sociolinguistico avviene nella seconda metà del Novecento, quando a Susa giungono numerose persone provenienti dall’Italia Meridionale, che apportano nuovi codici linguistici rappresentati dalle loro parlate di origine. Susa diventa nuovamente il punto di incontro di realtà culturali e linguistiche differenti: italiano, piemontese, dialetti locali e dialetti meridionali convivono nella stessa realtà.

Negli anni Novanta Susa affronta una nuova ondata di immigrazione, questa volta extracomunitaria ed in particolare albanese. A breve distanza temporale cominciano ad arrivare a Susa anche extracomunitari rumeni e marocchini, arricchendo ulteriormente le varietà linguistiche presenti sul territorio segusino.

Sono stati oggetto di studio per un inquadramento generale i dati riguardanti l’immigrazione nella provincia di Torino, nella Valle di Susa ed infine nella città di Susa.

Parte dei dati sono stati estratti dall’archivio anagrafico storico e corrente del Comune di Susa, altri raccolti dalle statistiche svolte dalla Provincia di Torino, altri ancora dalle segreterie delle scuole presenti sul territorio della Città di Susa.

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Sono state prese ad esempio tre metodologie definite Toscane Favelle ed Equilino. I modelli di rilevazione adottati, denominati Toscane Favelle, Esquilino e Monterotondo - Mentana, sono usati dal Centro d’Eccellenza dell’Università per Stranieri di Siena per misurare il plurilinguismo in determinate località del territorio italiano. Esemplificando: la metodologia delle Toscane Favelle consiste nel creare mappe geolinguistiche da dati statistici individuando quali e dove sono localizzate le potenziali lingue sul territorio; il modello Esquilino mira all’analisi della visibilità delle comunità linguistiche degli stranieri residenti a Prato attraverso la localizzazione puntuale di segni in lingue diverse dall’italiano o scritte con un evidente italiano di contatto; il modello Monterotondo – Mentana consente la mappatura del plurilinguismo presente in contesto scolastico, attraverso la somministrazione di questionari a bambini e ragazzi italiani e di origine straniera all’interno delle classi per verificare la vitalità del patrimonio linguistico dell’area oggetto di rilevazione, in cui italiano, dialetti e lingue immigrate sono interessati da una dinamica di alternanza d’uso molto vivace.

Questa ricerca non ha lo scopo di osservare le problematiche relative al fenomeno immigratorio nelle sue valenze politiche o di ordine pubblico, quanto di capire come i singoli o le famiglie giunte a Susa si siano integrate e quale valore diano alla loro identità d’origine rispetto a quella che li ha accolti. A questo scopo è stato sottoposto agli studenti extracomunitari residenti a Susa un questionario (rivolto anche alle famiglie), grazie alla collaborazione delle scuole e delle Direzioni Didattiche.

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IMMIGRAZIONE EXTRACOMUNITARIA PROVINCIA DI TORINO 1

L’immigrazione da paesi extraeuropei è un fenomeno che ha cominciato a diffondersi tra la fine degli anni Ottanta e gli anni Novanta, ed interessava in particolar modo provenienze dal bacino del mediterraneo. Nel corso degli anni si è poi allargato con l’arrivo dall’est Europa e dall’ Africa: le molteplici motivazioni quali la mancanza di lavoro, i conflitti etnici, i disordini politici, le guerre, ecc., hanno portato il governo italiano, come molti altri governi europei ad una grossa difficoltà di gestione e di organizzazione in quanto hanno dovuto far fronte non più ad un’ immigrazione di singoli in cerca di lavoro ma di intere famiglie (che il più delle volte vivevano in clandestinità). Il fenomeno è ancora oggi oggetto di dibattiti accesi sia all’interno del governo italiano sia in sede europea, perché l’immigrazione incontrollata e clandestina ha portato molti disagi e problemi nei paesi di accoglienza: dal lavoro nero e sottopagato, all’aumento di criminalità diffusa, la diffidenza nei confronti di culture e religioni differenti.

Vediamo ora la consistenza numerica di questo fenomeno nella Provincia di Torino.

TABELLA 1

POPOLAZIONE RESIDENTE NELLA PROVINCIA DI TORINO 2

TOT. POPOLAZIONE TOTALE STRANIERI MASCHI FEMMINE %

2004 2.236.941 106.286 53170 53106 4,75

2005 2.242.775 118.284 58546 59738 5,27

2006 2.248.955 129.533 63564 65969 5,75

2007 2.277.686 164.592 80134 84458 7,22

2008

TABELLA 2

ISCRIZIONE POPOLAZIONE IMMIGRATA

MASCHI FEMMINE TOTALE

Iscritti per nascita 1.699 1.547 3.246

Iscritti da altri

comuni 3.868 4.076 7.944

Iscritti dall'estero 16.633 19.074 35.707

Altri iscritti 124 86 210

Totale iscritti 22.324 24.783 47.107

1 I dati contenuti in questo capitolo sono tratti dal sito ISTAT, dall’Osservatorio Interistituzionale sugli stranieri della Provincia di Torino, dal Dossier Statistico della Caritas. 2 www.demo.istat.it/strasa, aggiornato marzo 2009; dati 2008 non ancora riscontrabili

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TABELLA 3

CITTADINI STRANIERI IN PROVINCIA DI TORINO

POPOLAZIONE RESIDENTE PER SESSO E CITTADINANZA AL 3 1 DICEMBRE 2007

PRINCIPALI AREE DI PROVENIENZA

% dei

maschi

sul totale

maschi

% delle

femmine

sul totale

femmine

% del

totale

maschi e

femmine

sul totale

finale

Romania 44,030% 45,317% 44,691%

Marocco 17,433% 11,751% 14,518%

Albania 6,495% 5,338% 5,901%

Peru' 3,570% 5,493% 4,557%

Cina Rep. Popolare 3,735% 3,358% 3,541%

Moldova 1,867% 2,737% 2,314%

Egitto 2,543% 1,426% 1,970%

Nigeria 1,143% 2,239% 1,705%

Filippine 1,443% 1,885% 1,670%

Brasile 1,217% 1,834% 1,533%

Francia 1,082% 1,408% 1,249%

Tunisia 1,520% 0,864% 1,184%

Ecuador 0,710% 1,143% 0,932%

Senegal 1,574% 0,305% 0,923%

Polonia 0,426% 1,028% 0,735%

Regno Unito 0,640% 0,662% 0,651%

Spagna 0,326% 0,940% 0,641%

Ucraina 0,293% 0,919% 0,614%

Germania 0,524% 0,628% 0,577%

Bosnia-Erzegovina 0,605% 0,528% 0,566%

Cuba 0,228% 0,661% 0,450%

Russia Federazione 0,205% 0,667% 0,442%

Costa d'Avorio 0,459% 0,410% 0,434%

Serbia e Montenegro 0,399% 0,380% 0,389%

Colombia 0,273% 0,422% 0,349%

Argentina 0,316% 0,355% 0,336%

India 0,329% 0,340% 0,335%

Ghana 0,354% 0,284% 0,318%

Somalia 0,262% 0,349% 0,307%

Macedonia 0,295% 0,266% 0,280%

Bangladesh 0,411% 0,128% 0,266%

Camerun 0,253% 0,239% 0,246%

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Stati Uniti 0,253% 0,237% 0,245%

Iran 0,275% 0,201% 0,237%

Croazia 0,228% 0,230% 0,229%

Rep. Dominicana 0,124% 0,315% 0,222%

Algeria 0,307% 0,140% 0,221%

Bulgaria 0,141% 0,291% 0,218%

Rep. Dem. Congo 0,195% 0,185% 0,190%

Grecia 0,173% 0,159% 0,166%

Giappone 0,146% 0,157% 0,152%

Paesi Bassi 0,150% 0,153% 0,151%

Belgio 0,121% 0,139% 0,130%

Bolivia 0,080% 0,169% 0,126%

Svizzera 0,126% 0,121% 0,123%

Pakistan 0,190% 0,050% 0,118%

Portogallo 0,107% 0,126% 0,117%

Eritrea 0,082% 0,117% 0,100%

Sri Lanka 0,106% 0,092% 0,099%

Rep. Ceca 0,034% 0,150% 0,094%

Thailandia 0,020% 0,157% 0,091%

Mauritius 0,086% 0,090% 0,088%

Lituania 0,020% 0,148% 0,086%

Congo 0,092% 0,073% 0,083%

Etiopia 0,055% 0,104% 0,080%

Ungheria 0,045% 0,109% 0,078%

Turchia 0,107% 0,044% 0,075%

Slovacchia 0,047% 0,097% 0,073%

Venezuela 0,057% 0,088% 0,073%

Irlanda 0,077% 0,067% 0,072%

Giordania 0,104% 0,041% 0,072%

El Salvador 0,054% 0,079% 0,067%

Messico 0,030% 0,099% 0,066%

Austria 0,044% 0,085% 0,065%

Sudan 0,109% 0,008% 0,057%

Svezia 0,051% 0,054% 0,053%

Israele 0,072% 0,034% 0,053%

Libano 0,069% 0,032% 0,050%

Uruguay 0,047% 0,046% 0,047%

Cile 0,045% 0,047% 0,046%

Bielorussia 0,016% 0,071% 0,044%

Danimarca 0,035% 0,045% 0,040%

Kenya 0,027% 0,052% 0,040%

Canada 0,039% 0,041% 0,040%

Finlandia 0,010% 0,058% 0,035%

Burkina Faso 0,044% 0,026% 0,035%

Mali 0,041% 0,024% 0,032%

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Madagascar 0,005% 0,058% 0,032%

Liberia 0,045% 0,015% 0,030%

Niger 0,019% 0,038% 0,029%

Capo Verde 0,024% 0,032% 0,028%

Corea del Sud 0,027% 0,028% 0,028%

Paraguay 0,025% 0,031% 0,028%

Vietnam 0,025% 0,030% 0,027%

Togo 0,031% 0,020% 0,026%

Afghanistan 0,042% 0,008% 0,025%

Australia 0,019% 0,031% 0,025%

Sierra Leone 0,035% 0,012% 0,023%

Iraq 0,035% 0,009% 0,022%

Lettonia 0,005% 0,037% 0,021%

Angola 0,024% 0,019% 0,021%

Siria 0,030% 0,008% 0,019%

Slovenia 0,012% 0,024% 0,018%

Norvegia 0,015% 0,019% 0,017%

Costarica 0,012% 0,021% 0,017%

San Marino 0,022% 0,009% 0,016%

Libia 0,025% 0,006% 0,015%

Cambogia 0,025% 0,006% 0,015%

Indonesia 0,007% 0,022% 0,015%

Dominica 0,007% 0,022% 0,015%

Guinea 0,017% 0,012% 0,015%

Malta 0,011% 0,017% 0,014%

Estonia 0,000% 0,027% 0,014%

Seychelles 0,009% 0,017% 0,013%

Georgia 0,010% 0,015% 0,013%

Tanzania 0,012% 0,012% 0,012%

Apolidi 0,015% 0,009% 0,012%

Benin 0,014% 0,009% 0,012%

Burundi 0,011% 0,012% 0,012%

Kazakhstan 0,002% 0,019% 0,011%

Honduras 0,006% 0,014% 0,010%

Panama 0,005% 0,015% 0,010%

Malaysia 0,010% 0,008% 0,009%

Ruanda 0,014% 0,004% 0,009%

Uzbekistan 0,004% 0,013% 0,009%

Taiwan 0,007% 0,008% 0,008%

Nuova Zelanda 0,005% 0,011% 0,008%

Gambia 0,006% 0,008% 0,007%

Nicaragua 0,001% 0,013% 0,007%

Mozambico 0,006% 0,007% 0,007%

Singapore 0,004% 0,009% 0,007%

Azerbaigian 0,006% 0,006% 0,006%

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Ricerca Sociolinguistica Città di Susa 2008 – Valle di Susa 11

Lussemburgo 0,005% 0,005% 0,005%

Rep. Sudafricana 0,004% 0,006% 0,005%

Haiti 0,002% 0,007% 0,005%

Territori Aut. Palestinese 0,004% 0,004% 0,004%

Armenia 0,002% 0,005% 0,004%

Antigua e Barbuda 0,006% 0,001% 0,004%

Yemen 0,002% 0,004% 0,003%

Nepal 0,002% 0,004% 0,003%

Giamaica 0,004% 0,002% 0,003%

Islanda 0,001% 0,004% 0,002%

Mauritania 0,005% 0,000% 0,002%

Uganda 0,002% 0,002% 0,002%

Monaco 0,001% 0,002% 0,002%

Gabon 0,002% 0,001% 0,002%

Corea del Nord 0,002% 0,001% 0,002%

Guatemala 0,002% 0,001% 0,002%

Cipro 0,002% 0,000% 0,001%

Guinea Bissau 0,001% 0,001% 0,001%

Namibia 0,001% 0,001% 0,001%

Kirghizistan 0,000% 0,002% 0,001%

Myanmar 0,000% 0,002% 0,001%

Mongolia 0,000% 0,002% 0,001%

Saint Kitts e Nevis 0,000% 0,002% 0,001%

Zambia 0,001% 0,000% 0,001%

Zimbabwe 0,000% 0,001% 0,001%

Rep. Centrafricana 0,001% 0,000% 0,001%

Ciad 0,001% 0,000% 0,001%

Guinea equatoriale 0,000% 0,001% 0,001%

Arabia Saudita 0,001% 0,000% 0,001%

Qatar 0,001% 0,000% 0,001%

Maldive 0,000% 0,001% 0,001%

Turkmenistan 0,001% 0,000% 0,001%

Laos 0,000% 0,001% 0,001%

Saint Lucia 0,000% 0,001% 0,001%

S.Vincent e Grenadine 0,000% 0,001% 0,001%

Trinidad e Tobago 0,000% 0,001% 0,001%

Nauru 0,000% 0,001% 0,001%

TOTALE ZONA 100,000% 100,000% 100,000%

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GRAFICO

CITTADINI STRANIERI IN PROVINCIA DI TORINO

POPOLAZIONE RESIDENTE PER SESSO E CITTADINANZA AL 3 1 DICEMBRE 2007

PRINCIPALI AREE DI PROVENIENZA

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INQUADRAMENTO DEMOGRAFICO

VALLE DI SUSA

Dopo aver esaminato la situazione della Provincia di Torino, vediamo ora quanto ha inciso ed incide il fenomeno immigratorio sull’andamento demografico della Valle di Susa.

La tabella sottostante riassume la situazione della Valle di Susa.

TABELLA 1

ANDAMENTO DEMOGRAFICO DAL 1861 AL 2008

ALTA VALLE BASSA VALLE

1861 21.248 52.964

1871 20.361 55.242

1881 19.036 57.736

1901 17.938 61.681

1911 16.127 62.995

1921 14.846 60.685

1931 12.961 63.390

1936 12.101 60.204

1951 11.041 65.711

1961 10.455 69.556

1971 10.791 82.065

1981 11.320 87.030

1991 11.432 63.514

1999 12.104 66.717

2000 12.177 67.176

2001 11.969 67.080

2004 13.481 75.154

2005 13.649 75.717

2006 13.760 76.280

2007 13.975 77.424

2008 14.099 78.065

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GRAFICO

ANDAMENTO DEMOGRAFICO 1861-2007 3

I dati riguardanti la Comunità Montana Bassa Valle Susa denotano una crescita della popolazione costante nel corso di un secolo, con un repentino innalzamento della popolazione tra gli anni 1961 – 1981, dovuto allo sviluppo industriale di questa area. Gli impianti industriali ed artigianali siti nel fondovalle ed in periferia di Torino, hanno causato uno spostamento interno della popolazione per cui in montagna si verificò un graduale spopolamento della montagna (le nuove generazioni abbandonarono progressivamente le borgate di media ed alta montagna in cerca di un lavoro stabile – dipendente, non più stagionale come la tipologia del lavoro agricolo, e con la possibilità di un guadagno migliore e di riscatto sociale), passando dalle 11.000 unità del 1951 alle 10.000 del 1971.

Gli anni tra il 2001 e il 2008 sono stati caratterizzati da un lieve aumento della popolazione residente in Alta Valle in seguito al confluire nel territorio amministrativo della Comunità Alta Valle dei comuni di Ferrera Moncenisio e Meana di Susa. La Bassa Valle non ha risentito del calo demografico in quanto le perdite sono state compensate dal trasferirsi di un discreto numero di persone dalla cintura di Torino o dallo stesso capoluogo.

Lo sviluppo industriale iniziato con la costruzione della linea ferroviaria Torino-Susa - poi estesa fino a Bardonecchia -, il conseguente raddoppio della strada ferrata fino a Salbertrand e la costruzione del Traforo ferroviario del Frejus, sono stati le principali cause dell’aumento della popolazione in bassa e media Valle di Susa fino agli anni Settanta. Tra la metà degli anni Ottanta 3 Fonte: www. regione. piemonte. it/montagna/osservatorio/elenco/htm

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ed i primi anni Novanta si registrò un notevole aumento della popolazione con residenzialità temporanea legata alla creazione di cantieri finalizzati alla costruzione dell’autostrada da Torino a Bardonecchia e del Traforo autostradale del Frejus.

In tempi più recenti l’aumento della popolazione residente è connessa ai cantieri per la realizzazione della centrale elettrica di Pont Ventoux e delle infrastrutture necessarie per lo svolgimento delle Olimpiadi invernali del 2006.

Volgendo lo sguardo al passato, le principali aziende attive sul territorio e che furono polo attrattore di spostamenti di popolazione: il Cotonificio (presente a Susa, Chianocco, Sant’Antonino), l’acciaieria ASSA (a Susa), la Magnadyne (a Sant’Antonino), la Fabbrica da Fer (a Bussoleno) e il polo industriale di Ferriera. VEDI BOX STORICI

TABELLA 2

POPOLAZIONE RESIDENTE IN VALLE DI SUSA 4

TOT. POPOLAZIONE TOTALE STRANIERI MASCHI FEMMINE %

2004 88.635 3.124 1.613 1.511 3,52

2005 89.366 3.427 1.745 1.682 3,83

2006 90.040 3.740 1.870 1.870 4,15

2007 91.399 4.905 2.397 2.508 5,36

2008 92.164 5.609 6,08

RAPPORTO ABITANTI E RESIDENTI STRANIERI 2006-2007

Per meglio comprendere i flussi migratori nella città di Susa è importante confrontare la situazione demografica della città stessa con i dati dei comuni di tutta la Valle di Susa. L’andamento a livello provinciale conferma un’alta percentuale di residenti stranieri nelle Valli di Susa, nel Pinerolese e nella zona sud della cintura di Torino. La scelta di abitare comuni distanti dal capoluogo viene giustificata dalla ricerca di una migliore qualità della vita e dalle possibilità di creare una rete sociale che favorisca l’integrazione.

RAPPORTO ABITANTI E RESIDENTI STRANIERI 2007-2008

Nell’anno 2008 si registrano 577 gli extracomunitari residenti a Susa, suddivisi tra 307 donne e 270 uomini. I cittadini stranieri residenti a Susa provengono in prevalenza dall’ Albania (264 unità, suddivisi in 138 maschi e 126 femmine, e tra di loro sono presenti 81 minorenni), dalla Romania (130 unità suddivisi tra 54 maschi e 76 femmine tra cui anche 28 minorenni) e dal Marocco con 122 presenze suddivisi in 59 maschi e 63 femmine tra cui 43 minorenni).

La crescita della popolazione di origine rumena è avvenuta in seguito all’ingresso della Romania nell’Unione Europea ed ora sono ben 222 le famiglie con almeno un cittadino straniero (dato che testimonia l’aumento di matrimoni misti).

4 www.demo.istat.it/strasa, aggiornato marzo 2009; maschi-femmine dati non disponibili

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Una buona parte degli immigrati uomini trova impiego nel settore edile ed in quello metalmeccanico mentre tra le donne prevalgono i servizi (di cui un buon 60% nelle pulizie) ed assistenza alla persona (badanti). Non mancano tuttavia figure professionali e impiegatizie. Molti immigrati possiedono un titolo di studio medio alto, diploma o laurea, ma non tutti svolgono un lavoro conseguente il titolo di studio anche perché non sempre vi è il riconoscimento dei titoli conseguiti all’estero sono riconosciuti in Italia.

TABELLA 2

RAPPORTO ABITANTI –RESIDENTI STRANIERI AL 31/12/200 6

Abitanti Residenti stranieri % su Comune

% su Valle di

Susa

Almese 5.932 200 3,37 5,7

Avigliana 11.791 400 3,39 11,41

Bardonecchia 3.015 129 4,28 3,68

Borgone Susa 2.310 93 4,03 2,65

Bruzolo 1.397 44 3,15 1,25

Bussoleno 6.560 415 6,33 11,84

Buttigliera Alta 6.575 142 2,16 4,05

Caprie 1.598 42 2,63 11,98

Caselette 2.698 62 2,3 1,76

Cesana Torinese 1.043 48 4,6 1,36

Chianocco 1.705 40 2,35 1,14

Chiomonte 992 41 4,13 1,16

Chiusa San Michele 1.598 64 4,01 1,82

Claviere 176 9 5,11 0,25

Condove 4.500 77 1,71 2,19

Exilles 285 11 3,86 0,31

Giaglione 681 7 1,03 0,19

Gravere 736 50 6,79 1,42

Mattie 710 15 2,11 0,42

Meana di Susa 950 30 3,16 0,85

Mompantero 681 19 2,79 0,54

Moncenisio 48 1 2,08 0,02

Novalesa 566 13 2,3 0,37

Oulx 2.810 143 5,09 4,07

Rubiana 2.208 130 5,89 3,7

Salbertrand 522 26 4,98 0,74

San Didero 500 4 0,8 0,11

San Giorio di Susa 1.015 46 4,53 1,31

Sant'Ambrogio di Torino 4.411 205 4,65 5,84

Sant'Antonino di Susa 4.118 337 8,18 9,61

Sauze di Cesana 201 7 3,48 0,19

Sauze d'Oulx 1.145 86 7,51 2,45

Sestriere 877 77 8,78 2,19

Susa 6.638 331 4,99 9,44

Vaie 1.413 22 1,56 0,62

Venaus 968 8 0,83 0,22

Villar Dora 2.867 80 2,79 2,28

Villar Focchiardo 2.041 51 2,5 1,45

Totale 88.281 3.505 3,97 100

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GRAFICO 2

RAPPORTO ABITANTI –RESIDENTI STRANIERI AL 31/12/200 6

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TABELLA 3

RAPPORTO ABITANTI E RESIDENTI STRANIERI 31/12/2007

Comune Abitanti Residenti stranieri % su Comune % su Valle di Susa

Almese 6.183 110 1,78 2,36

Avigliana 12.162 617 5,07 13,23

Bardonecchia 3.117 214 6,87 4,59

Borgone Susa 2.359 143 6,06 3,06

Bruzolo 1.489 68 4,57 1,45

Bussoleno 6.644 539 8,11 11,56

Buttigliera Alta 6.540 206 3,15 4,41

Caprie 2.084 77 3,69 1,65

Caselette 2.796 92 3,29 1,97

Cesana Torinese 1.055 64 6,07 1,37

Chianocco 1.668 49 2,94 1,05

Chiomonte 990 9 0,91 0,19

Chiusa San Michele 1.645 125 7,60 2,68

Claviere 196 13 6,63 0,27

Condove 4.664 154 3,30 3,3

Exilles 278 9 3,24 0,19

Giaglione 659 4 0,61 0,08

Gravere 735 25 3,40 0,53

Mattie 724 26 3,59 0,55

Meana di Susa 931 30 3,22 0,64

Mompantero 681 21 3,08 0,45

Moncenisio 45 1 2,22 0,02

Novalesa 566 9 1,59 0,19

Oulx 3.119 240 7,69 5,14

Rubiana 2.365 201 8,50 4,31

Salbertrand 567 49 8,64 1,05

San Didero 571 13 2,28 0,27

San Giorio di Susa 1.052 84 7,98 1,8

Sant'Ambrogio di Torino 4.735 312 6,59 6,69

Sant'Antonino di Susa 4.261 275 6,45 5,9

Sauze di Cesana 240 10 4,17 0,21

Sauze d'Oulx 1.157 88 7,61 1,88

Sestriere 886 4 0,45 0,08

Susa 6.746 510 7,56 10,94

Vaie 1.478 58 3,92 1,24

Venaus 968 17 1,76 0,36

Villar Dora 2.999 129 4,30 2,76

Villar Focchiardo 2.044 66 3,23 1,41

Totale 91.399 4.661 5,10 100

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GRAFICO 3

RAPPORTO ABITANTI E RESIDENTI STRANIERI 31/12/2007

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TABELLA 4

PERCENTUALE DEGLI STRANIERI SUL TOTALE DEI RESIDEN TI E PERCENTUALE DEGLI STRANIERI SUL TOTALE DEGLI STRANIERI - 31/12/2008

Comune residenti Residenti stranieri % su totale residenti % su totale stranieri

Bardonecchia 3.195 271 8,4 4,83

Cesana 1.041 84 8,06 1,50

Chiomonte 977 54 5,5 0,96

Claviere 207 27 13,04 0,48

Exilles 272 11 4,04 0,20

Giaglione 656 7 1,06 0,12

Gravere 738 24 3,25 0,43

Meana di Susa 932 33 3,5 0,59

Moncenisio 45 1 2,2 0,02

Oulx 3.170 257 8,1 4,58

Salbeltrand 561 52 9,2 0,93

Sauze di Cesana 235 8 3,4 0,14

Sauze d’Oulx 1.170 93 7,9 1,66

Sestriere 900 96 10,6 1,71

Almese 6.292 292 4,6 5,21

Avigliana 12.183 707 5,8 12,60

Borgone Susa 2.372 164 6,9 2,92

Bruzolo 1.528 84 5,49 1,50

Bussoleno 6.597 567 8,59 10,11

BUuttigliera Alta 6.574 238 3,62 4,24

Caprie 2.115 71 3,35 1,27

Caselette 2.844 119 4,18 2,12

Chianocco 1.682 59 3,5 1,05

Chiusa San Michele 1.687 140 8,31 2,50

Condove 4.672 197 4,21 3,51

Mattie 749 43 5,74 0,77

Mompantero 678 21 3,09 0,37

Novalesa 575 16 2,78 0,29

Rubiana 2.405 212 8,81 3,78

San Didero 579 15 2,59 0,27

San Giorio di Susa 1.057 85 8,04 1,52

Sant'Ambrogio di Torino 4.816 350 7,26 6,24

Sant'Antonino di Susa 4.307 325 7,54 5,79

Susa 6.806 577 8,47 10,29

Vaie 1.498 76 5,07 1,35

Venaus 969 16 1,65 0,29

Villardora 3.035 155 5,1 2,76

Villarfocchiardo 2.045 62 3,03 1,11

TOTALE 92.164 5.609

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GRAFICO

RAPPORTO ABITANTI E RESIDENTI STRANIERI 31/12/2008

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TABELLA 5

VARIAZIONE PERCENTUALE 2006-2007

Comune 2007 2006 Differenza

Almese 1,78% 3,37% -1,59%

Avigliana 5,07% 3,39% 1,68%

Bardonecchia 6,87% 4,28% 2,59%

Borgone Susa 6,06% 4,03% 2,03%

Bruzolo 4,57% 3,15% 1,42%

Bussoleno 8,11% 6,33% 1,78%

Buttigliera Alta 3,15% 2,16% 0,99%

Caprie 3,69% 2,63% 1,06%

Caselette 3,29% 2,30% 0,99%

Cesana Torinese 6,07% 4,60% 1,47%

Chianocco 2,94% 2,35% 0,59%

Chiomonte 0,91% 4,13% -3,22%

Chiusa San Michele 7,60% 4,01% 3,59%

Claviere 6,63% 5,11% 1,52%

Condove 3,30% 1,71% 1,59%

Exilles 3,24% 3,86% -0,62%

Giaglione 0,61% 1,03% -0,42%

Gravere 3,40% 6,79% -3,39%

Mattie 3,59% 2,11% 1,48%

Meana di Susa 3,22% 3,16% 0,06%

Mompantero 3,08% 2,79% 0,29%

Moncenisio 2,22% 2,08% 0,14%

Novalesa 1,59% 2,30% -0,71%

Oulx 7,69% 5,09% 2,60%

Rubiana 8,50% 5,89% 2,61%

Salbertrand 8,64% 4,98% 3,66%

San Didero 2,28% 0,80% 1,48%

San Giorio di Susa 7,98% 4,53% 3,45%

Sant'Ambrogio di Torino 6,59% 4,65% 1,94%

Sant'Antonino di Susa 6,45% 8,18% -1,73%

Sauze di Cesana 4,17% 3,48% 0,69%

Sauze d'Oulx 7,61% 7,51% 0,10%

Sestriere 0,45% 8,78% -8,33%

Susa 7,56% 4,99% 2,57%

Vaie 3,92% 1,56% 2,36%

Venaus 1,76% 0,83% 0,93%

Villar Dora 4,30% 2,79% 1,51%

Villar Focchiardo 3,23% 2,50% 0,73%

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Ricerca Sociolinguistica Città di Susa 2008 – Valle di Susa 23

TABELLA 6

VARIAZIONI PERCENTUALI 2007-2008

Comune 2008 2007 Differenza

Almese 4,6% 1,78% 2,82%

Avigliana 5,8% 5,07% 0,73%

Bardonecchia 8,4% 6,87% 1,53%

Borgone Susa 6,9% 6,06% 0,84%

Bruzolo 5,49% 4,57% 0,92%

Bussoleno 8,59% 8,11% 0,48%

Buttigliera Alta 3,62% 3,15% 0,47%

Caprie 3,35% 3,69% -0,34%

Caselette 4,18% 3,29% 0,89%

Cesana Torinese 8,06% 6,07% 1,99%

Chianocco 3,50% 2,94% 0,56%

Chiomonte 5,5% 0,91% 4,59%

Chiusa San Michele 8,31% 7,60% 0,71%

Claviere 13,04% 6,63% 6,41%

Condove 4,21% 3,30% 0,91%

Exilles 4,04% 3,24% 0,8%

Giaglione 1,06% 0,61% 0,45%

Gravere 3,25% 3,40% -0,15%

Mattie 5,74% 3,59% 2,15%

Meana di Susa 3,5% 3,22% 0,28%

Mompantero 3,09% 3,08% 0,01%

Moncenisio 2,2% 2,22% -0,02%

Novalesa 2,78% 1,59% 1,19%

Oulx 8,10% 7,69% 0,41%

Rubiana 8,81 8,50% 0,31%

Salbertrand 9,2% 8,64% 0,56%

San Didero 2,59% 2,28% 0,31%

San Giorio di Susa 8,04% 7,98% 0,06%

Sant'Ambrogio di Torino 7,26% 6,59% 0,67%

Sant'Antonino di Susa 7,54% 6,45% 1,09%

Sauze di Cesana 3,4% 4,17% -0,77%

Sauze d'Oulx 7,9% 7,61% 0,29%

Sestriere 10,6% 0,45% 10,2%

Susa 8,47% 7,56% 0,91%

Vaie 5,07% 3,92% 1,15%

Venaus 1,65% 1,76% -0,11%

Villar Dora 5,10% 4,30% 0,8%

Villar Focchiardo 3,03% 3,23% -0,2%

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TABELLA 7

PERCENTUALI INCIDENZA STRANIERI SU TOTALE RESIDENTI - ANNO 2006-2007-2008

Comune 2008 2007 2006

Almese 4,60% 1,78% 8,78%

Avigliana 5,80% 5,07% 1,71%

Bardonecchia 8,40% 6,87% 2,30%

Borgone Susa 6,90% 6,06% 5,11%

Bruzolo 5,59% 4,57% 3,86%

Bussoleno 8,59% 8,11% 4,28%

Buttigliera Alta 3,62% 3,15% 4,53%

Caprie 3,35% 3,69% 3,16%

Caselette 4,18% 3,29% 5,09%

Cesana Torinese 8,06% 6,07% 4,01%

Chianocco 3,50% 2,94% 8,18%

Chiomonte 5,50% 0,91% 0,83%

Chiusa San Michele 8,31% 7,60% 2,16%

Claviere 13,04% 6,63% 4,60%

Condove 4,21% 3,30% 2,30%

Exilles 4,04% 3,24% 5,89%

Giaglione 1,06% 0,61% 2,79%

Gravere 3,25% 3,40% 2,08%

Mattie 5,74% 3,59% 2,79%

Meana di Susa 3,50% 3,22% 0,80%

Mompantero 3,09% 3,08% 4,65%

Moncenisio 2,20% 2,22% 7,51%

Novalesa 2,78% 1,59% 1,56%

Oulx 8,10% 7,69% 3,15%

Rubiana 8,81% 8,50% 3,39%

Salbertrand 9,20% 8,64% 3,37%

San Didero 2,59% 2,28% 3,48%

San Giorio di Susa 8.04% 7,98% 4,03%

Sant'Ambrogio di Torino 7,26% 6,59% 2,35%

Sant'Antonino di Susa 7,54% 6,45% 4,13%

Sauze di Cesana 3,40% 4,17% 6,79%

Sauze d'Oulx 7,90% 7,61% 6,33%

Sestriere 10,60% 0,45% 2,50%

Susa 8,47% 7,56% 2,63%

Vaie 5,07% 3,92% 2,11%

Venaus 1,65% 1,76% 4,99%

Villar Dora 5,10% 4,30% 1,03%

Villar Focchiardo 3,03% 3,23% 4,98%

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GRAFICO 6:VARIAZIONE PERCENTUALE DEI RESIDENTI STRA NIERI ANNO 2006-2007-2008

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I dati degli anni 2006 e 2007 messi a confronto, evidenziano che in alcuni comuni dell’Alta Valle quali Sestriere e Sauze d’Oulx sono presenti un numero rilevante di extra comunitari residenti. Nel caso di Sestriere la maggior parte degli immigrati sono di origine albanese e rumena, trasferitisi in Alta Valle per prestare servizio nei cantieri. È interessante osservare come in alcuni casi, per esempio Chiomonte, si sia passati da un 4,13% di presenze di stranieri nel 2006 ad uno 0,91% del 2007, fenomeno legato probabilmente al termine dei cantieri della centrale di Pont Ventoux in Val Clarea. Anche nel comune di Sestriere si verificò lo stesso fenomeno (legato alla chiusura dei cantieri nati per la costruzione delle infrastrutture connesse alle Olimpiadi invernali Torino 2006), passando in un anno da una percentuale dell’ 8,78% ad una del 0,45%. Di contro nel comune di Sauze d’Oulx la presenza di stranieri non è tanto giustificata dalla presenza di cantieri per la realizzazione di infrastrutture quanto piuttosto da attività turistico commerciali gestite da inglesi che ogni anno, soprattutto nel periodo invernale, richiamano numerosi turisti d’oltre Manica. Nel caso di Sauze è interessante come un inglese sia un componente dell’amministrazione comunale del paese.

Anche in Bassa Valle si verifica un calo della presenza di stranieri: a Sant’Antonino si è passati da una percentuale del 8,18 ad una del 6,45: tale decremento può essere giustificato dal fatto che tra il 2005 ed il 2006 ci sono stati numerosi interventi di edilizia civile che hanno richiesto molta manodopera. Alla chiusura dei cantieri solo una minima parte degli addetti ha continuato a risiedere nel paese.

Viceversa si sono riscontrati aumenti significativi in comuni come Salbertrand 3,66%, Chiusa San Michele 3,59% e San Giorio 3,45%, Rubiana 2,61%. La presenza di stranieri a Salbertrand è giustificata dal fatto che un discreto numero di stranieri, in particolare rumeni, hanno acquistato e ristrutturato abitazioni al fine di porvi stabilmente la loro residenza. Il comune di Salbetrand funge da polo di attrazione per nuovi residenti in quanto sono presenti numerose ditte e c’è sempre molta richiesta di manodopera artigianale. Per quanto riguarda la Bassa Valle, in particolare il caso Rubiana, il dato è giustificato dal rapporto qualità/prezzo delle abitazioni: alloggi a prezzi economici (in quanto privi di riscaldamento centralizzato) ma comodi ai servizi di trasporto e alle aree industriali di Ferriera e Avigliana. Nel caso di San Giorio si possono addurre alcune giustificazioni: una riguarda la comodità dell’ingresso sull’autostrada Torino-Bardonecchia; l’altra la presenza di un servizio di pullman di linea che permette di raggiungere l’area industriale di Avigliana; l’altra ancora è rappresentata dalla possibilità di affittare, e talvolta anche di acquistare a prezzi modici, abitazioni da ristrutturare. La maggior parte degli stranieri residenti è rappresentata da donne che esercitano la professione di badanti: queste signore in un secondo momento si sono ricongiunte con i mariti che una volta in Italia hanno trovato lavoro presso alcune imprese edili locali.

Dopo un primo fenomeno rappresentato dall’arrivo in valle di immigrati stranieri, si può constatare una migrazione interna ai comuni della valle dettata dalla flessibilità del lavoro dei cantieri e delle imprese edili.

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TABELLA 8

PERCENTUALI DELLE PROVENIENZE STRANIERE VALLE DI SU SA

(MASCHI E FEMMINE) Anno 2007

% Europa %Africa

%America del Nord e centrale

%America Latina

%Asia %Oceania

MASCHI 51,66 24,14 1,44 3,02 1,15 0

FEMMINE 14,41 2,77 0,28 0,76 0,28 0,11

GRAFICO

Dai dati raccolti risulta che la maggior parte degli stranieri risulta essere originaria dell’Europa, ed in particolare di Romania (31%) ed Albania (21%); seguono gli immigrati originari dell’Africa, nello specifico dal Marocco. Poco rilevanti le presenze degli immigrati provenienti dai restanti continenti.

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TABELLA 9

PROVENIENZE STRANIERE IN DETTAGLIO

Paese straniero Percentuale Romania 21% Albania 31% Marocco 24%

Resto del mondo 24%

GRAFICO

PROVENIENZE STRANIERE IN DETTAGLIO

Dal grafico si evince che la maggior parte delle presenze straniere giunte in Valle di Susa sono maschi. Il ricongiungimento familiare ha reso possibile l’arrivo in Italia anche di mogli e figli, eccetto per le provenienze extra europee e bacino del Mediterraneo per cui l’alta percentuale di emigrazione femminile fa supporre una contrazione di matrimoni misti. In generale il provvedimento di regolarizzazione degli immigrati (L. 189/2002, art. 33 e L. 222/2002) ha comportato un forte aumento di stranieri dovuto al ricongiungimento familiare. Dato importante è l’entrata nell’Unione Europa della Romania e della Bulgaria dal 1 gennaio 2007: la popolazione rumena è passata dalla condizione di immigrato extraeuropeo alla condizione di semplice immigrato comunitario. Tuttavia non è questa la sede per analizzare le problematiche sociali e l’aumento vero o presunto della criminalità straniera contestualmente all’evento politico-economico dell’ingresso in Europa della Romania.

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TABELLA

PERCENTUALI MASCHI – FEMMINE Anno 2007

MASCHI FEMMINE

Albania 59,9% 40,1%

Romania 51,3% 48,7%

Marocco 56,8% 43,2%

Resto del Mondo 39,0% 61,0%

GRAFICO

La ripartizione delle principali nazionalità di stranieri extra comunitari sul territorio provinciale di Torino evidenzia il sorpasso della comunità romena su quella marocchina, posizionando al terzo posto la comunità albanese, seguita da quella cinese e peruviana La comunità albanese risulta essere quella maggiormente distribuita sul territorio regionale, seguita da quella marocchina. I posti di lavoro occupati dalle popolazioni immigrate sono essenzialmente quelli disponibili nell’edilizia, nell’agricoltura e nei servizi assistenziali rivolti alla persona5. I lavori connessi alle opere olimpiche ed alla realizzazione delle grandi infrastrutture, ossia i cantieri avviati negli ultimi

5 La crescita degli immigrati tra aumento della natalità e nuovi ingressi nell’Unione Europea, Francesco Ciafaloni, Rapporto 2006 Osservatorio interistituzionale sugli stranieri in provincia di Torino.

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anni a Torino e provincia, hanno richiesto una notevole quantità di manodopera, principalmente ricoperta dalla disponibilità di forza lavoro reclutabile nelle fila degli immigrati stranieri. Sul versante femminile, la maggiore richiesta di lavoro è rappresentata dalle attività di assistenza familiare ad anziani e disabili, considerato da un lato l’invecchiamento della popolazione e dall’altro lato l’esigenza di colmare una domanda assistenziale non più soddisfatta dalla struttura familiare e molto spesso economicamente affrontabile.

Da una ricerca condotta dal Ministero degli interni a livello nazionale, il 27% degli immigrati in casa parla italiano in particolare con i figli (sfiorando il 30%). Tre immigrati su quattro ritengono di saper parlare (molto o almeno abbastanza) bene l’italiano. La maggioranza sa anche leggere l’italiano mentre nel caso della scrittura si scende al 42% (in linea di massima gli immigrati di più antico insediamento e i più istruiti). Il 60% degli immigrati sa parlare almeno un’altra lingua oltre alla propria e all’italiano: la più diffusa è l’inglese, seguita dal francese.

Ora alcune considerazioni che si ricavano dalle testimonianze delle donne straniere: una donna straniera sposata con un italiano e madre di due figli utilizzava prevalentemente la sua lingua madre (il francese) per comunicare con i figli, ottenendo due risultati diversi. Il figlio maggiore si rivolge prevalentemente in italiano alla madre anche se lei gli si rivolge in francese, il minore di contro se lei gli si rivolge in francese risponde in francese, se lei gli parla in italiano risponde in italiano.

Le donne, rispetto agli uomini, conoscono meno la lingua del paese che le ospita in quanto potenzialmente hanno meno contatti con gli italiani perché tendenzialmente sono casalinghe; a loro vantaggio sta il fatto che seguono assiduamente i figli nel loro percorso scolastico, potendo così affinare la conoscenza della lingua italiana. La percentuale di coloro che sanno scrivere l’italiano è decisamente più bassa rispetto a quella di coloro che affermano di conoscere l’italiano parlato, in quanto si apprende una lingua scritta solo se si ha una reale necessità di utilizzo. La percentuale di coloro che conoscono un’altra lingua straniera è pari al 60% in quanto nei paesi extracomunitari è molto sviluppata l’attenzione verso le lingue straniere.

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I MOVIMENTI IMMIGRATORI NELLA CITTÀ DI SUSA

La Valle di Susa ha da sempre svolto un ruolo molto importante nello sviluppo economico della provincia di Torino proprio per la sua posizione strategica data dalla presenza di due valichi alpini importanti come il Monginevro e il Moncenisio. Tra il XIX e il XX secolo ha avuto inizio anche in Valle di Susa un progressivo aumento delle attività economiche, legato in particolare allo sviluppo industriale della città di Torino. Inoltre, la presenza della ferrovia che da Torino saliva fino a Susa e che da Bussoleno proseguiva verso Bardonecchia permettendo di raggiungere la Francia attraverso il Frejus, comportò un’importante e decisivo fattore per lo sviluppo industriale e il conseguente fenomeno immigratorio. Molte di queste industrie furono attive fino agli anni Settanta, dopo di che cominciarono una parabola discendente che per molte di loro si concluse con la chiusura definitiva negli anni Novanta. Per questo motivo è importante capire quali furono le principali l’attività industriali presenti in Valle. Le tabelle quantificanti il numero di addetti impiegati nelle fabbriche sono un importante indicatore per comprendere sia il fenomeno immigratorio in Valle di Susa, ed in particolare a Susa, che le conseguenze sociali riscontrate sul lungo termine.

Tra il 2007 e il 2008 lo Sportello Linguistico del Comune di Susa ha condotto un’indagine

sulla situazione linguistica della città messa in relazione alle zone di provenienza degli immigrati residenti. Per rendere possibile la realizzazione di questa ricerca sono stati consultati i registri anagrafici conservati nell’archivio comunale contenenti i dati relativi agli immigrati che dall’inizio del Novecento al 2007 sono giunti a Susa. Un numero consistente di domiciliati non sono nativi della valle: alcuni provengono da altre regioni della penisola altri addirittura da altri stati Europa (molti immigrati dagli anni Novanta ad oggi sono originari dell’ Albania, della Romania o del Marocco). Per provare con dati statistici quanto si può facilmente immaginare percorrendo le strade della città, - ovvero quale varietà di dialetti siano presenti in questa cittadina di circa 6.700 abitanti – sono stati consultati i registri dell’immigrazione redatti dall’anagrafe di Susa, contenenti le provenienze di tutti coloro che tra il 1910 ed il 2008 sono venuti a risiedere nella città.

TABELLA 1

POPOLAZIONE RESIDENTE A SUSA

TOTALE

POPOLAZIONE TOTALE STRANIERI MASCHI FEMMINE %

2004 6.638 335 171 164 5,04

2005 6.674 369 194 175 5,53

2006 6.680 394 192 202 5,89

2007 6.746 510 240 270 7,5

2008 6.806 577 270 307 8,4

Dall’esame di questi elementi sono emerse delle note interessanti: la maggior parte degli immigrati giunti tra inizio secolo e gli anni Trenta, si trasferivano a Susa perché contraevano matrimonio con persone già residenti nel Comune oppure perché venivano a lavorare nelle

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fabbriche della città (Susa era un importante polo industriale). Gran parte dei nuovi residenti provenivano dai paesi limitrofi o al massimo da altri comuni piemontesi; rarissimi i casi di coloro che giungevano da fuori Regione. Tra gli anni Trenta e Quaranta sono stati registrati molti casi di immigrati originari di Veneto, Lombardia e Liguria. Fino agli anni Settanta la maggior parte di coloro che provenivano dall’estero erano generalmente persone emigrate in precedenza all’estero per lavoro e, concluso il loro impegno tornavano in patria; una piccola percentuale erano costituita dai figli dei primi emigrati italiani che decidevano di rientrare in Italia. Nell’immediato dopoguerra la composizione della popolazione segusina subì una decisa variazione: cominciarono ad arrivare i primi immigrati provenienti dal nord Italia in particolare dal Veneto e dalla Lombardia, dal sud Italia, nello specifico da Calabria, Sicilia ed Abruzzo. La scarsità di lavoro al sud e la presenza di grandi fabbriche metalmeccaniche a Torino, spingevano molte persone ad abbandonare la loro famiglia per tentare la fortuna al nord. Per meglio comprendere i flussi migratori nella città di Susa è importante analizzare la situazione lavorativa della città stessa e dell’intera Valle di Susa. A Susa e nei comuni limitrofi numerose industrie garantivano lavoro a molti operai. Tra le principali aziende attive sul territorio si potevano enumerare diverse sezioni del Cotonificio (Susa, -Chianocco, Sant’Antonino), l’ASSA, l’I. M. P. (Industrie metallurgiche Piemontesi), la N. O. V. A. (Nuovo Opificio Valsusa Anonimo), il Dinamitificio Nobel, la F. E. R. A. (Fabbrica Elettrica Riparazioni Automobili), la Magnadyne di Sant’Antonino, la Fabbrica da Fer di Bussoleno, la Moncenisio di Condove, la Ferriera a Buttigliera Alta.

Il materiale raccolto è stato quindi organizzato all’interno di una tabella appositamente elaborata contenente: l’anno di riferimento, l’elenco delle città del nord Italia da cui provenivano gli immigrati, l’elenco delle città del centro, le città del sud Italia, le diverse provenienze dalle Isole (Sicilia e Sardegna), le località estere da cui provengono gli immigrati, le località del Piemonte ed infine l’elenco dei comuni della valle in cui risiedevano prima del trasferimento.

I grandi flussi migratori degli anni Novanta hanno visto protagonisti cittadini albanesi, marocchini e rumeni, e di altre provenienze extracomunitarie distribuiti in varie località anche valsusine: è un tipo di immigrazione che si definisce di “secondo livello” in quanto il comune di provenienza è un paese italiano, ma il nominativo del trasferito è chiaramente straniero.

In alcuni casi tra coloro che risultano provenire dall’estero, vi sono anche degli italiani che, generalmente per motivi di lavoro, sono stati costretti a risiedere per qualche tempo all’estero e una volta conclusi i loro impegni sono rientrati in patria.

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TABELLA 2 ANNI DI RIFERIMENTO E AREE DI PROVENIENZA DEGLI IMM IGRATI A SUSA

ANNO DI RIFERIMENTO NORD CENTRO SUD ISOLE ESTERO VALLE PIEMONTE 1931 86 19 16 7 15 292 242 1932 38 3 17 0 8 111 158 1933 60 4 2 3 13 126 117 1934 65 5 7 3 7 111 111 1935 67 5 1 5 26 185 106 1936 112 25 9 12 22 290 178 1937 94 23 3 11 23 162 168 1938 69 24 3 4 17 128 125 1939 76 11 3 6 26 133 120 1940 99 37 12 6 34 160 101 1941 66 24 8 5 13 120 137 1942 45 5 25 0 27 123 107 1943 40 23 7 5 5 78 76 1944 23 2 1 4 5 60 51 1945 46 12 7 1 8 142 90 1946 55 50 48 14 11 133 139 1947 99 22 83 24 17 99 112 1948 39 19 21 15 5 80 94 1949 39 15 19 11 10 97 51 1950 33 21 14 12 0 117 87 1951 35 14 9 9 2 126 59 1952 37 23 50 34 8 226 132 1953 35 18 64 10 17 93 98 1954 26 23 45 4 1 106 54 1955 37 14 41 31 13 134 67 1956 38 23 32 3 7 134 91 1957 27 25 15 15 10 149 101 1958 29 27 28 12 4 130 69 1959 35 11 31 12 3 86 94 1960 26 72 73 27 3 105 98 1961 38 81 171 33 7 124 55 1962 77 110 155 42 6 237 101 1963 53 44 104 56 13 118 79 1964 33 27 100 57 20 170 112 1965 39 5 68 50 7 139 91 1966 75 39 65 40 4 167 88 1967 41 27 96 36 15 154 95 1968 41 33 87 26 17 144 129 1969 29 58 110 36 9 207 99 1970 26 28 104 42 21 126 62 1971 74 27 89 27 22 237 85 1972 49 44 61 35 20 138 122 1973 23 14 78 13 4 101 76 1974 17 17 36 11 9 110 37

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1975 21 6 32 11 2 77 45 1976 13 10 30 12 4 75 49 1977 8 6 32 4 5 104 48 1978 15 9 36 22 13 78 63 1979 20 6 22 13 1 54 49 1980 32 10 28 11 5 114 54 1981 28 8 16 15 8 150 47 1982 18 16 32 14 10 165 53 1983 11 18 30 10 3 158 60 1984 17 6 30 10 2 81 52 1985 21 24 26 13 16 197 62 1986 16 7 14 10 5 104 50 1987 21 14 14 4 2 80 37 1988 17 14 23 15 6 84 31 1989 15 10 22 19 0 55 49 1990 6 7 20 14 23 70 36 1991 17 6 18 11 46 92 41 1992 9 7 22 35 20 123 59 1993 16 4 25 4 15 138 54 1994 5 2 13 20 11 130 46 1995 7 7 6 6 19 124 51 1996 10 1 17 15 50 136 48 1997 12 12 17 15 25 149 33 1998 10 10 19 4 27 147 36 1999 12 14 8 5 39 145 36 2000 7 9 16 10 48 125 34 2001 14 8 21 10 41 121 37 2002 9 7 14 10 34 93 30 2003 18 1 17 11 52 169 46 2004 16 1 11 14 29 115 38 2005 7 2 9 8 41 109 41 2006 4 14 7 6 43 139 32

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GRAFICO

IMMIGRATI PROVENIENTI DAL NORD ITALIA

GRAFICO

IMMIGRATI PROVENIENTI DAL CENTRO ITALIA

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GRAFICO

IMMIGRATI PROVENIENTI DAL SUD ITALIA

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GRAFICO

IMMIGRATI PROVENIENTI DALLE ISOLE

GRAFICO

IMMIGRATI PROVENIENTI DALL’ESTERO

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GRAFICO

IMMIGRATI PROVENIENTI DA ALTRI COMUNI DELLA VALLE D I SUSA

GRAFICO IMMIGRATI PROVENIENTI DA VARI COMUNI PIEMONTESI

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GRAFICO RIASSUNTIVO

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TABELLA

LUOGHI DI PROVENIENZA DEGLI IMMIGRATI

1934 Veneto, Lombardia, Liguria 1975 Calabria, Sicilia, Sardegna

1935 Veneto, Lombardia, Liguria 1976 Calabria (Paola)

1936 Veneto, Lombardia, Liguria 1977 Calabria (Paola)

1937 Veneto, Lombardia, Liguria, Pescara 1978 Calabria, Sicilia, Sardegna

1938 Veneto, Lombardia, Liguria 1979 Calabria, Sicilia, Sardegna

1939 Veneto, Lombardia, Liguria 1980 Calabria

1940 Veneto, Lombardia, Liguria 1981 Calabria, Sicilia, Sardegna

1941 Veneto, Lombardia, Liguria 1982 Calabria (Paola)

1942 Veneto, Lombardia, Liguria 1983 Campagna

1943 Veneto 1984 Calabria

1944 Lombardia, Veneto 1985 Calabria

1945 Veneto 1986 Calabria

1946 Pescara, Reggio Calabria, Lombardia, Veneto 1987 Calabria

1947 Veneto, Calabria, Sardegna 1988 Calabria

1948 Veneto, Calabria, Sardegna 1989 Calabria, Sicilia, Sardegna

1949 Abruzzo (Pescara) 1990 Marocco

1950 Lombardia e Liguria 1991 Albania

1951 Sardegna 1992 Albania

1952 Sardegna, Calabria 1993 Estero

1953 Calabria (Gioiosa Jonica, Paola) 1994 Sicilia

1954 Calabria 1995 Albania.

1955 Reggio Calabria (Paola), Sardegna, Liguria (Genova) 1996 Albania, Marocco

1956 Abruzzo (Rosciano), Calabria (Paola) 1997 Albania

1957 Lazio (Roma), Abruzzo (Rosciano) 1998 Albania

1958 Abruzzo (Pescara), Calabria (Paola) 1999 Albania, Marocco

1959 Sardegna 2000 Albania, Marocco, Romania

1960 Calabria (Paola, Rossano), Abruzzo(Pescara, Rosciano) 2001 Albania, Marocco

1961 Pescara, Rosciano, Paola, Rossano Calabro, Cosenza, Catanzaro

2002 Albania

1962 Rosciano, Paola, Gioiosa Jonica, Rossano, Cagliari, Catania

2003 Albania

1963 Rosciano, Paola, Rossano Calabro, Cagliari, Catania 2004 Albania, Marocco

1964 Calabria (Paola, Cosenza), Sardegna (Cagliari) 2005 Albania, Marocco, Romania

1965 Sardegna (Cagliari), Calabria (Paola, Reggio Calabria) 2006 Albania, Marocco, Romania

1966 Abruzzo (Pescara), Calabria (Reggio Calabria) 2007 Albania, Romania, Marocco

1967 Calabria (Reggio Calabria, Rossano Calabro, Paola) 2008 Albania, Romania, Marocco

1968 Abruzzo (Pescara), Calabria (Paola, Rossano Calabro)

1969 Abruzzo (Pescara), Calabria (Paola Rossano), Sicilia

1970 Calabria (Paola), Sicilia,

1971 Calabria (Paola, Cosenza), Abruzzo ( Pescara)

1972 Lazio (Roma), Calabria, Sardegna, Sicilia (Palermo)

1973 Calabria (Cosenza, Paola)

1974 Calabria, Sicilia, Sardegna

Dall’esame dei grafici, ed in particolare dal grafico riassuntivo, si può facilmente notare come nel corso degli anni sia cambiato il tipo di immigrazione, ovvero si sia passati dagli anni in cui era

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prevalente la mobilità “intra regionale” a periodi (specialmente negli anni Novanta) in cui si è verificato un picco di nuovi arrivi dall’estero, in particolare da Albania, Marocco e Romania.

Tra le due tipologie di immigrazione, è necessario inserire un terzo fenomeno, quello cioè di coloro che dal Sud Italia ed in particolare dalla Calabria, dalla Sicilia e dall’Abruzzo si trasferirono al nord; questo movimento ebbe il massimo sviluppo tra gli anni Sessanta e Settanta.

Inseriamo di seguito una tabella riassuntiva in cui sono inserite le principali località, regioni o nazioni di provenienza degli immigrati a Susa.

Come si nota dai dati in tabella il processo di immigrazione dal sud Italia cominciò nei primi anni Cinquanta, quando giunsero alcune famiglie 6 dalla Calabria, in particolare da Gioiosa Jonica e da Paola.

La maggior parte di coloro che si trasferivano al Nord dal Sud Italia, lasciavano il loro paese di origine in cerca di un lavoro e con la speranza di costruirsi un futuro migliore.

Spesso coloro che abbandonavano il paese sceglievano di trasferirsi in centri in cui erano già presenti dei concittadini o dei parenti, in modo da rendere meno difficile il distacco dal loro paese natale e nello stesso tempo di avere la certezza di trovare degli appoggi su cui contare per superare le difficoltà che si presentavano nei primi momenti successivi al trasferimento.

Alcuni ricordano con grande tenerezza il loro arrivo al nord: la valigia di cartone o un semplice sacco con poche cose dentro, il freddo pungente al momento di scendere dal treno, il disorientamento provocato dal primo contatto con le varie parlate locali, ma grandissima era la volontà di affrontare tutti questi sacrifici per costruirsi un avvenire migliore.

I più sfortunati, al momento del loro arrivo al nord trovarono non poche difficoltà nel reperire un alloggio in quanto alcuni proprietari sospettosi nei confronti dei nuovi arrivati, si rifiutavano di offrire loro una stanza.

Viceversa si poteva verificare anche la situazione opposta in cui gli immigrati trovandosi in situazione di estremo disagio venivano aiutati in ogni modo dalla gente del posto, portandogli cibo, legna e coperte.

Durante gli anni del grande fenomeno immigratorio dal sud, a Coldimosso, frazione di Susa, giunsero alcune famiglie numerose con molti figli in età scolare, così che le maestre dovettero organizzare due turni per poter seguire i piccoli.

Molti immigrati trovarono alloggio nel centro storico di Susa, tanto che i cortili di questa parte della città risuonavano dei dialetti di molte zone d’Italia.

6 Una breve digressione sui festeggiamenti si San Francesco da Paola. La festa si svolge tra il 2 ed il 4 maggio. La Festa del 2 maggio è denominata la Festa degli Infermi: il Santo, avvolto nel suo busto argenteo, viene fatto uscire dal Santuario e portato in processione fino all’ospedale civile di Paola, dove per voce dell’Arcivescovo di Cosenza viene portato un messaggio di Speranza e di Amore a tutti gli infermi ricoverati. Il 3 maggio è la Festa dei Marittimi: scortato da una colonna di motociclette e di auto, il Sacro manto con il quale il Santo attraversò lo stretto di Messina durante una spaventosa tempesta (nessun barcaiolo quel giorno voleva rischiare la vita per compiere la traversata), viene portato in riva al mare. Il 4 maggio è la Festa della Città. La statua del Santo viene portata al mattino alle porte del centro storico. Dopo la cerimonia con il Sindaco è trasferita in Cattedrale e successivamente in tutte le Parrocchie della città, nella stazione ferroviaria ed infine in riva al mare. La statua del Santo viene sempre portata a spalla e ad ogni confine tra le parrocchie viene presa in consegna dal parroco e dai residenti del centro che in quel momento attraversa. All’ingresso della stazione sono i ferrovieri in divisa a sostituirsi ai parrocchiani: prendono in consegna la statua e la portano fino al mare dove la danno in consegna ai marinai ed ai pescatori

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Generalmente i ragazzi non avevano difficoltà ad integrarsi nel nuovo tessuto sociale, anche perché frequentando la scuola, sui banchi stringevano amicizie con i loro compagni.

Molti partivano giovanissimi, per la maggior parte di loro quello era il primo viaggio fuori del loro paese; salivano sul treno diretti verso realtà nuove.

Una precisazione interessante a livello linguistico: nelle grandi fabbriche del nord, vista la grandissima varietà linguistica presente all’interno dei reparti di lavoro, si decise di utilizzare il piemontese (nella varietà del torinese) per comunicare: vennero anche compilati dei testi tecnici (in particolare manuali di misurazioni) in dialetto così da superare ogni genere di malinteso.

I MATRIMONI MISTI A SUSA

Il grado di integrazione degli extracomunitari all’interno della popolazione segusina è osservabile anche attraverso la contrazione dei matrimoni. La maggior parte dei matrimoni misti vedono la sposa straniera e lo sposo italiano (solo un caso di residenti le cittadinanze degli sposi sono differenti), su 153 coppie di residenti stranieri 27 hanno uno dei componenti proveniente dall’estero: nel dettaglio 6 sono coppie con marito straniero, e 21 sono coppie con moglie straniera.

Le provenienze sono disparate, non ci sono nazionalità più preponderanti di altre: 10 sono di provenienza extraeuropea, 12 provengono dall’est Europa (alcune nazioni sono appena entrate nell’UE), 6 provengono da paesi fondatori dell’UE.

Interessante è osservare le tipologie di lavoro dei componenti stranieri all’interno delle coppie miste. Nel gruppo dove la donna è straniera si registra un caso di disoccupazione, 9 sono casalinghe, 7 posseggono un lavoro determinato da una qualifica (diploma di laurea, corso di specializzazione) e provengono da nazioni quali Francia, Spagna e nord Europa, 2 provenienti dal Perù sono addette al servizio alla persona. Nel caso di coppie con marito straniero: tranne un caso di disoccupazione, la maggior parte dei lavori sono legati all’edilizia.

Allargando lo sguardo alle coppie residenti a Susa: 23 coppie non hanno il coniuge residente, 15 sono donne che svolgono principalmente attività inerenti al servizio alle persone (badanti, infermiere, addette alle pulizie), 8 sono uomini, per lo più operai, ma si registrano anche un impiegato e un pensionato.

Le 153 coppie residenti presentano almeno 1 dei coniugi lavoratore: 83 donne sono casalinghe (forse tra queste si può registrare anche una scelta non volontaria o culturale, ma una scelta obbligata dettata dalla difficoltà di trovare lavoro da conciliare con la famiglia), 68 sono operai (3 sono donne), tra gli addetti ai servizi alla persona e alla casa si osservano 9 badanti, 7 infermiere (+ 1 uomo), 13 collaboratrici familiari, tra gli addetti a lavori artigianali ed edili si osservano 14 muratori, 5 artigiani edili, 3 carpentieri. Il resto della popolazione straniera residente possiede un’occupazione in vari settori in cui non viene richiesta una qualifica specifica (20 posseggono un lavoro determinato da qualifica).

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SCUOLE

Il progressivo calo delle nascite in Italia ha determinato una crisi all’interno della scuola italiana che solo intorno al 2000 ha dato inizio a una lenta ripresa dopo l’arrivo di cittadini extracomunitari.

Ogni anno nella provincia di Torino si registra un incremento di circa 50.000 unità, tanto da computare ad oggi una presenza di stranieri pari a 600.000 unità. Da segnalare anche un notevole aumento di figli di coppie miste, in cui statisticamente l’80% ha un padre italiano ed una madre straniera.

Occorre fare un’importante premessa riguardo l’integrazione dei ragazzi stranieri nella scuola italiana: i bambini che cominciano a frequentare le scuole italiane fin dalle materne o dalle elementari, non trovano quasi mai difficoltà di inserimento all’interno delle classi; più problematico è l’inserimento di ragazzi che si trasferiscono adolescenti in Italia, in quanto si trovano catapultati in una realtà completamente nuova: sono stati costretti ad abbandonare i loro amici, i loro punti di riferimento e dal punto di vista scolastico, se fino a quel momento erano stati abituati all’etichetta di “bravi studenti”, oggi, al contrario, devono cercare di superare grosse difficoltà, rappresentate dalla lingua e dall’ambiente, che si ripercuotono sul rendimento scolastico.

Attualmente la maggioranza degli immigrati proviene dall’Europa dell’est, in particolare da Romania ed Albania, seguono poi gli immigrati del nord Africa ed in particolare dal Marocco.

Si è rilevato che i ragazzi extracomunitari che frequentano la scuola italiana sono molto motivati, aspirano ad una collocazione dignitosa nella società, e una parte di loro intende portare a termine la propria formazione in Italia per poi tornare al proprio paese con un bagaglio notevole di conoscenze (sono soprattutto i ragazzi che si sono trasferiti bambini/adolescenti in Italia); un’altra parte, rappresentata da ragazzi figli di extracomunitari ma nati in Italia, frequentano la scuola motivati a farsi una posizione nella società italiana, aspirando ad una professione diversa e più qualificata rispetto a quella dei genitori (i lavori svolti dagli extracomunitari hanno in genere la caratteristica di essere pesanti, poco pagati, precari e pericolosi).

Con l’aumento dei flussi migratori verificatisi nei primi anni Novanta, le scuole della valle di Susa si sono dovute preparare ad accogliere bambini provenienti da Stati esteri, gli immigrati della Val Susa giungono per lo più da Albania, Romania e Marocco. La prima difficoltà che si presenta al momento dell’accoglienza è rappresentata dalla lingua: la maggior parte delle famiglie non conosce la lingua della nazione che li ospita. Lo stesso problema si riversa nella realtà scolastica, in cui le maestre si trovano a dover affrontare il problema del primo impatto tra l’italiano e la lingua madre dei loro nuovi allievi.

Le maestre ci tengono a puntualizzare che con i ragazzi e le famiglie marocchine il problema è stato aggirato utilizzando il francese come lingua di prima comunicazione, in quanto in Marocco il francese è il codice linguistico ufficiale di molti paesi del nord Africa.

Nel caso degli allievi albanesi o rumeni è stato impostato una sorta di abbecedario contenente le frasi base per rendere possibile una prima comunicazione: il sillabario è stato scritto in italiano con a fianco la traduzione in rumeno o albanese e completato da dei disegni chiarificatori riguardanti gli oggetti in questione. Nei casi più difficili in cui non è stato possibile utilizzare i due sistemi sopra

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descritti si ricorre all’aiuto di bambini che hanno già frequentato un anno scolastico e che fungono da mediatori linguistici.

Un aspetto che caratterizza gli studenti extracomunitari è rappresentato dal vivo desiderio di imparare e di raggiungere lo stesso livello dei loro compagni italiani. Alcuni dichiarano di voler conseguire un’ottima preparazione per poter, una volta adulti, tornare in patria ed applicare quanto hanno appreso durante gli anni di studio all’estero.

Le maestre hanno notato alcuni elementi che caratterizzano i bambini provenienti dai diversi stati esteri: i bambini rumeni hanno generalmente alle spalle famiglie che li seguono in ogni loro attività e che a casa si preoccupano di visionare quanto è stato svolto in classe. Hanno più volte constatato che sono gli stessi genitori a voler migliorare o approfondire la conoscenza dell’italiano seguendo passo a passo quanto i loro figli apprendono in classe. Molti genitori si recano dagli insegnanti per chiedere delle spiegazioni ulteriori su quanto è stato spiegato in classe ai loro figli, perché anche loro vogliono averne un’idea precisa.

L’inserimento dei bambini/ragazzi marocchini è più complesso e richiede una maggiore attenzione: i primi problemi si riscontrano al momento del confronto tra le due religioni, quella cattolica e quella mussulmana. Tendenzialmente le famiglie sono più rigide e meno aperte al confronto con altre culture.

È significativa la testimonianza di una maestra che durante l’intervallo stava valutando alcune proposte di libri di testo da adottare. Un ragazzo marocchino vide l’immagine di un crocifisso ed esordì che quelle erano tutte stupidaggini. La maestra colpita per questa sua affermazione colse l’opportunità di fargli capire che è necessario il rispetto reciproco e la tolleranza tra culture e religioni diverse tra loro.

Una testimonianza riguardante la religione mostra risvolti interessanti nel caso di un gruppo di bambini romeni: essi hanno sempre assistito alle lezioni di religione preparatorie alla comunione insieme ai loro compagni di classe cattolici. Giunto il giorno della comunione in chiesa, i bambini romeni si sono presentati in chiesa vestiti da festa, hanno partecipato alla cerimonia ad eccezione della somministrazione dell’ostia, che nella tradizione cristiana ortodossa non è prevista. Questo è un esempio di volontà per un’ integrazione nel rispetto della cultura religiosa di ciascuno.

TESTIMONIANZA DI UNA MAESTRA

In seguito all’arrivo nella nostra valle di diverse famiglie straniere, si è dovuto affrontare il problema dell’integrazione anche nel mondo della scuola. All’interno della mia classe ci sono quattro bambini rumeni perfettamente inseriti nel tessuto sociale: uno dei rumeni è piuttosto bravo anche con il patois francoprovenzale, parla e scrive benissimo in italiano, conosce molto bene il francese e l’inglese. Quando assegno ai piccoli delle ricerche li invito a coinvolgere nelle indagini anche le loro famiglie (in misura maggiore se si tratta di extracomunitari, in quanto è possibile utilizzando questo strumento, confrontare modi di vivere ed usanze differenti dai nostri). I bambini extracomunitari ricordano poco della loro terra di origine in quanto alcuni sono emigrati piccolissimi, altri sono già nati in Italia e spesso le famiglie sono restie a raccontare delle loro origini, impegnati piuttosto ad integrarsi ed a far integrare bene i figli nella nuova comunità che li accoglie.

Le famiglie, anche se sono di fede ortodossa, fanno frequentare ai piccoli l’ora di religione con i bambini italiani; ad esempio un ragazzino di terza ha seguito tutto il catechismo con i suoi

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compagni, poi il giorno della Comunione è venuto in chiesa come se anche lui dovesse ricevere la Comunione e nel momento in cui gli altri hanno preso l’ostia a lui è stato fatto solamente il segno di croce.

In autunno dovremo affondare l’integrazione di un bambino marocchino, e credo che il percorso sarà più difficile in quanto questa popolazione è in genere più integralista e meno propensa ad adattarsi alla nuova cultura che li accoglie. Il bambino marocchino parla italiano e francese e capisce bene l’arabo, a scuola imparerà poi l’inglese e sarà interessante vedere quale sarà il suo atteggiamento nei confronti del patois. Noi abbiamo tre ore la settimana a disposizione per fare attività alternative: un’ora la utilizziamo per far francese, un’ora per fare patois e la terza per svolgere altre attività opzionali.

TESTIMONIANZA DI UNA MAESTRA

Ogni anno aumentano sempre più i bambini stranieri che cominciano le scuole elementari: in una prima su 18 bambini c’erano 6 stranieri provenienti da Romania, Albania e Marocco.

Il primo giorno di scuola i bambini stranieri si sentono un po’ “diversi” perché non parlano tanto bene l’italiano; gli insegnanti per superare questo ostacolo si sono muniti di dizionario italiano -albanese ed italiano - rumeno così da facilitare la reciproca comprensione; per la lingua marocchina il discorso è più complicato in quanto la prima difficoltà che si presenta è leggere un dizionario scritto in arabo; è possibile aggirare questo ostacolo utilizzando il francese in quanto è la lingua comune sia agli insegnanti che ai bambini.

Tra i miei allievi ci sono stati dei bambini che non conoscevano neanche una parola di italiano, ma in poco tempo hanno raggiunto le stesse competenze dei compagni. Sono stata molto colpita, dalle capacità di un bimbo albanese che frequentava la quinta e di una bimba rumena che abbiamo ammesso in terza pur avendo l’età per frequentare la quarta (perché non sapeva assolutamente nulla di italiano). Entrambi conoscevano molto bene l’inglese, studiavano a casa con i loro genitori così che anche i famigliari apprendevano quello che loro avevano imparato a scuola.

Entrambi i bimbi si sono trovati catapultati contemporaneamente in due lingue nuove: il francese e l’italiano, ma attraverso l’utilizzo dei disegni e con l’aiuto dei compagni a scuola sono riusciti a superare in poco tempo tutte le difficoltà. I nostri bambini sono molto disponibili ad accogliere bene i nuovi arrivati ed a coinvolgerli, tanto che a volte c’è più rivalità dei bambini stranieri nei confronti degli italiani che viceversa.

I due bambini sono stati promossi, la bambina ha frequentato la quarta l’anno dopo e alla fine le abbiamo fatto sostenere anche l’esame di quinta, quindi ha recuperato l’anno che in teoria “gli avevamo fatto perdere”, si è iscritta alle medie ed è andata avanti senza problemi, il bambino fa il liceo scientifico e vuole diventare dottore per tornare in Albania e curare le persone.

I bambini stranieri sono molto determinati ad imparare, fanno di tutto per arrivare allo stesso livello degli altri ed in più hanno una ricchezza tutta loro ovvero le lingue straniere che loro conoscono.

Non è invece possibile fare un paragone tra la preparazione ricevuta nelle scuole straniere e quella nelle scuole italiane, forse la preparazione delle scuole rumene è la più simile alla nostra.

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Generalmente adesso i bambini stranieri iniziano a frequentare fin dalla prima o dalla seconda elementare; i bambini che iniziano la prima elementare generalmente non hanno frequentato l’asilo, arrivano dalle famiglie direttamente da noi in classe.

C’è stato il caso di un bambino che è sempre vissuto con i nonni e non con i genitori che abitavano in un’altra zona dell’Albania in quanto lavoravano là, quindi ha dovuto affrontare due forme di “adattamento”: adattarsi alle figure dei genitori con cui non legava, e legare con i suoi compagni di classe: all’inizio era molto agitato, picchiava gli altri, poi gradualmente si è inserito bene anche lui.

TABELLA LICENZE SCUOLE DI OGNI ORDINE E GRADO – VALLE DI SUSA

Elementari parificata Elementari Statale7 Media ITIS LICEO

1996/97 1

1997/98 1 2

1998/99 1

1999/2000 2 4

2000/01 5

2001/02 8 1

2002/03 7 0

2003/04 4 1

2004/05 1 7 0

2005/06 1 7 2

2006/07 2 2 3 1

2007/08 2 8 1 2

TOTALE 9 56 8 3

7 Dato non pervenuto

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ALUNNI STRANIERI (residenti a Susa) NELLE SCUOLE DI OGNI ORDINE E GRADO DI SUSA (a.s. 2008-2009)

La presenza di stranieri a Susa è quantificabile come l’ 8.55 % della popolazione residente. Una percentuale in costante crescita dovuta, non solo a spostamenti interni alla Valle di cittadini extracomunitari, ma anche a nuove nascite e ricongiungimenti familiari. Su un totale di 577 stranieri residenti a Susa ben 161 sono minori, cioè il 2.4% della popolazione segusina.

Sono proprio le realtà scolastiche che hanno il ruolo fondamentale di integrare e accogliere i bambini e le loro famiglie, e in questo ambito si fotografano fenomeni complessi:

SCUOLE totale alunni

Totale stranieri

Rapporto %

Scuola d’infanzia statale 116 27 23 Scuole primaria statale 277 44 16 Scuola primaria paritaria 113 10 9 Scuola media statale 314 33 10 Liceo Classico e Psico pedagogico “N.Rosa”

326 9 3

ITIS e ITC “E.Ferrari” 320 21 7

SCUOLE totale alunni

Alunni stranieri residenti

Rapporto %

Scuola d’infanzia statale 116 22 19 Scuole primaria statale 277 40 14 Scuola primaria paritaria 113 10 9 Scuola media statale 314 28 9 Liceo Classico e Psico pedagogico “N.Rosa”

326 2 0.6

ITIS e IPC “E.Ferrari” 320 10 3

La presenza straniera nelle scuole materne è significativa, infatti rappresenta il 23% dei frequentanti (il 19% residente a Susa); si tratta di bambini di seconda generazione, cioè nati in Italia da famiglie con residenza consolidata e in cui molto spesso entrambi i genitori lavorano.

La presenza di alunni stranieri nelle scuole elementari è più importante: le ultime generazioni sono quelle di bambini nati a Susa o comunque in Italia e pertanto non hanno avuto grossi problemi di inserimento nelle scuole. Diverso è l’inserimento di bambini nati in altre nazioni e frequentati le scuole locali che in seguito al trasferimento della famiglia hanno dovuto inserirsi in quelle italiane.

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TESTIMONIANZE TESTIMONIANZA 8 (ALBANIA)

Il pensiero diffuso in Albania è che furono gli amministratori del paese a lasciare fuggire così tante persone tutte insieme così da avere pochissimi oppositori durante lo svolgimento delle imminenti elezioni (per logica se tutti i democratici sono fuggiti i comunisti vincono senza alcun problema). Tutti i leader dei democratici di oggi erano stati nel loro passato degli ex comunisti. Sono stato rinchiuso in prigione per 12 anni in quanto anticomunista. Fui arrestato a 19 anni, ed il fatto che io conoscessi l’italiano rappresentava una notevole aggravante. Sono di fede mussulmana, ma in ogni caso qualunque religione era fuorilegge. Svolgevo la professione di meccanico e vivevo con la madre e sei tra fratelli e sorelle. Che cosa mi spinse a venire in Italia? L’aria libera e la pace.

TESTIMONIANZA 9 (ALBANIA)

Mi sono imbarcato una mattina senza aver pianificato il viaggio, in quanto in realtà quel giorno, come tutti i giorni ero uscito di casa per recarmi al lavoro. Lungo la strada incontrai dei miei coetanei che già da alcuni giorni stavano controllando se dal porto di Durazzo erano in partenza delle imbarcazioni per l’Italia.

Proprio quel giorno ne sarebbero partite, per cui in loro compagnia mi imbarcai senza dire niente alla mia famiglia e senza avere una meta precisa da raggiungere una volta sbarcato in Italia.

Dopo la traversata ci riunirono tutti in un luogo di raccolta, trascorso un breve periodo di tempo ci informarono che erano in partenza dei pullman diretti verso diverse città italiane.

Io salii su di un pullman diretto al nord in quanto avevo dei cugini che già risiedevano a Monza da qualche tempo.

Dopo un giorno di viaggio giunsi alla Caserma Cascino di Susa. In questo posto si era creato un nuovo centro di smistamento: alcuni vennero accolto nei paesi,limitrofi e seguiti da associazioni di volontariato quali la Caritas o la parrocchia, altri ancora erano determinati a percorrere la loro strada da soli.

Durante il mio soggiorno presso la Caserma sono entrato in contatto con una persona in particolare che per qualche tempo mi ha ospitato a casa sua e mi ha dato l’opportunità di svolgere dei piccoli lavori guadagnandomi il denaro indispensabile per vivere.

Contemporaneamente stavo svolgendo tutte le pratiche per mettermi in regola con lo Stato italiano: permesso di soggiorno, ecc.

8 Intervista ad Asshlan Togu, estratto da La Valsusa N. 12 del 21/03/91 9 Intervista a M. S.

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Sono poi andato ad abitare con dei miei connazionali in un paese limitrofo a Susa, ma la convivenza non è durata a lungo in quanto i miei coinquilini ogni sera erano soliti ubriacarsi e fare baccano fino a tardi.

Decisi quindi di cercarmi un alloggio per conto mio e da lavoratore dipendente scelsi di tentare la strada dell’impresario.

Ogni anno torno in Albania per far visita ai miei famigliari rimasti in patria, nel frattempo mi sono sposato con una mia conterranea ed abbiamo avuto un bambino.

Mia madre, durante il periodo invernale abbandona la sua casa in Albania e viene a trascorrere i mesi più freddi con i figli in Italia.

A Susa oltre a mio fratello risiede anche mio nipote, che giovanissimo, a quattordici anni abbandonò la sua famiglia con l’intenzione di costruirsi un futuro con maggiori certezze.

Ormai sono trascorsi quindici anni dal mio arrivo in Italia, non so se tornerò ancora ad abitare in modo stabile in Albania, in quanto con i figli nati in Italia ed abituati al modo di vivere degli italiani, risulterà ancora più complicato ritornare al paese di origine

TESTIMONIANZA 10 (ALBANIA)

Sono venuto in Italia nella speranza di trovare lavoro. Il mio obiettivo è lavorare nel vostro paese per alcuni anni, dopo di che desidererei tornare in patria e con il denaro guadagnato assicurarsi una vita migliore. Al momento della fuga dall’Albania non avevo l’Italia come loro unica meta, ma senza troppi problemi mi sarei stabilito anche in Germania o in Francia, il mio unico pensiero era quello di trovare un lavoro! Il mio scopo era garantire un futuro migliore non solamente a me ma anche alla famiglia rimasta in Albania. Il comunismo ha preso la maggioranza dei voti perché controlla la maggior parte del paese, specialmente i contadini, che per convenienza o paura non hanno cambiato bandiera.

Il voto della città è invece andato ai democratici.

Ho sofferto tutta la mia vita perché sono stato contro un regime deficiente basato sul terrorismo statale, non avendo neanche la minima possibilità di vivere e mi erano anche negati i diritti umani più elementari, e non avendo la possibilità di fare qualcosa sono scappato. Io ed i miei compagni non siamo scappati dalle nostre famiglie e dalla nostra patria, perché nessuno può lasciare due cose più care e sante e andare via, ma abbiamo ubbidito ad un istinto umano. “La lotta contro la morte o la lotta per la vita”, noi siamo sfuggiti alla morte che vigilava per tutta la vita sui di noi. Noi non siamo venuti a cercare l’elemosina o qualche altra cosa, ma abbiamo bisogno di lavorare e nient’altro fuorché il nostro sudore. Siamo qui per una vita tranquilla e migliore con il lavoro e tutti siamo laboriosi e onesti ed il tempo lo dimostrerà.

La parte più grande della gente qua capisce la nostra situazione ma ci sono alcuni che capiscono ed hanno ragione perché sono nati se cresciuti in un paese dove la democrazia esiste da tempo.

10 Intervista a Ardit Hilmiu N° 12 del 21/03/1991

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TESTIMONIANZA 11 (ALBANIA)

Il nostro è un villaggio (Lushgna) è fatto di baracche nella provincia di Saver. Qui nel ’44 i comunisti rinchiusero tutti i loro oppositori. Intere famiglie vi furono deportate, come la mia. Mio nonno Alistrova fu il fondatore del partito nazionale. Riuscì a scappare in Yugoslavia ed è morto a New York nel ’86. Io sono nato praticamente in una grande prigione. Senza permessi speciali, da lì non si usciva. Adesso i comunisti stanno facendo come in Romania: il potere non lo lasceranno, hanno solo cambiato nome. Ramiz Hapià è figlio del regime di Oxha. Il nostro paese rischia la guerra civile. Noi adesso in Italia siamo liberi, da fuori sarà più facile far pressione per far cadere il regime. Non so dove andrò. Vorrei andare in America o in Francia. Ma anche l’ Italia è una vera democrazia. Non mi dà fastidio stare in caserma, l’aria qui è libera. Capisco che ci devono essere certi controlli.

TESTIMONIANZA(Piemonte)

“Mi sono trasferito a Susa con la famiglia nel 1922. Mio padre, che a Pecetto aveva una cascina, era venuto qui perché gli era stato offerto un posto come giardiniere. Sono entrato alla FILUT nel 1925 come fattorino, ma mi facevano fare un po’ di tutto. Allora non c’erano le categorie. Quando la FILUT ha cessato l’attività, ha liquidato la maestranza, eravamo oltre un centinaio, dando a tutti cinquanta lire. Siamo quindi passati alle dipendenze della nuova società. All’epoca nella fabbrica erano in funzione due piccoli forni, ancora con gli elettrodi laterali esterni. Dal 1938 al 1940 all’ASSA eravamo più di mille occupati: si lavorava su tre turni.

Col tempo mi sono specializzato in disegni e modelli: il mio compito era quello di controllare che non ci fossero difformità fra l’uno e l’altro. Sono rimasto in servizio fino al 1976. ”

TESTIMONIANZA 12

“Quando nel 1966 venne messo in funzione il nuovo forno, l’ASSA si trovò nella necessità di assumere altro personale per adeguare i reparti ai nuovi livelli produttivi. Reperirlo in loco era praticamente impossibile, in quanto non si trovava facilmente gente disposta a lavorare in acciaieria. Per risolvere il problema si pensò di mandare due incaricati in meridione a cercare la manodopera occorrente.

Tale compito fu assegnato ai signori Perino e Panaro. Essi riuscirono a trovare 36 lavoratori disposti a trasferirsi a Susa. Alcuni di essi andarono a rinforzare le squadre addette ai forni, ma la maggior parte venne impiegata nel reparto sbavatura.

Nel reparto sbavatura provenivano quasi tutti dal sud; gli altri erano saldatori, un lavorato già più qualificato.

Per gente che proveniva dalla campagna l’impatto con la fabbrica fu davvero duro, ancora più perché la loro prima esperienza in qualità di operai dell’industria avveniva in un ambiente di lavoro pervaso dal frastuono delle macchine, dal calore dei forni, dalla polvere. Ci fu chi non resistette e fece ritorno al proprio paese; ma gli altri rimasero, si fecero raggiungere dalla famiglia e misero su casa. 11 Intervista a Eduardo Ago Tratto da Luna Nuova marzo 1991 12 Tratto da S. Sacco

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Alcuni di loro avevano qui dei parenti in grado di ospitarli. Gli altri presero provvisoriamente alloggio all’Albergo Sole, per poi trasferirsi in un prefabbricato che la direzione aveva fatto erigere nell’area dello stabilimento, sulla sponda destra della Dora, a lato del reparto sbavatura grande

TESTIMONIANZA 13 (SARDEGNA)

“Sono giunta a Susa nel 1961 ed avevo 6 anni. Ho cominciato a frequentare le scuole a Susa e non ho avuto difficoltà di inserimento. Sono andata ad abitare con la mia famiglia nel centro storico della cittadina, i particolare in Via Francesco Rolando.

Ricordo con piacere i cortili sempre affollati di ragazzi provenienti da ogni parte d’Italia, il suono dei diversi dialetti fondersi insieme. In quegli anni i ragazzi e le ragazze godevano di un diverso grado di libertà: i giovani potevano star fuori casa fino ad un’ora più tarda senza troppi vincoli di orario, le fanciulle dovevano uscire sempre accompagnate da un famigliare e non era loro permesso stare fuori casa oltre un certo orario (generalmente le dieci di sera).

Dal punto di vista delle frequentazioni, i ragazzi godendo di una libertà maggiore potevano potenzialmente uscire con una compagnia più assortita anche da punto di vista della provenienza, di contro le ragazze erano più limitate alla zona del circondario.

Altre amicizie nascevano sui banchi delle scuole, alcune maestre cercavano in ogni modo di far superare le forme di sospetto che potevano sorgere tra le famiglie originarie del posto e quelle immigrate, per cui se qualche madre invitava espressamente l’insegnante a non far sedere i propri figli accanto a determinati bambini. La maestra per far superare questa forma di sospetto appositamente faceva accomodare i piccoli l’uno accanto all’altro, così che anche le famiglie poco per volta superavano tutte le diffidenze iniziali.

Anche le maestre erano costrette a compiere uno sforzo di non poco conto, in quanto dovevano comprendere delle parlate completamente diverse da quelle che erano abituate a sentire e contemporaneamente dovevano insegnare loro l’italiano.

TESTIMONIANZA 14 (VENETO)

Sono immigrato dal Veneto negli anni Cinquanta. In Piemonte ed in particolare in valle di Susa erano attivi numerosi cantieri edili che richiedevano l’impiego di molta manodopera maschile.

In quel periodo il nord est stava subendo una grande depressione a causa della mancanza di lavoro. Con tante speranze sono venuto a Torino e sono stato impegnato per un periodo alla costruzione degli alberghi di Sauze.

Quando ho trovato una sistemazione abitativa dignitosa mi sono fatto raggiungere anche da mia moglie.

Arrivati con il treno a Torino ci fermammo a pranzare alla mensa dei ferrovieri della Stazione di Porta Nuova, in quanto era il posto più economico in cui potevamo reperire un pasto. Dopo di che ripartimmo con il treno diretti in Valle di Susa.

13 Intervista a Maria Pia Piras 14 Intervista a L. B. immigrato negli anni Cinquanta

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Il marito ogni giorno si recava al lavoro, la moglie stava a casa ad occuparsi dei bambini. Trascorsero cinque anni a Susa, dopo di che il marito riuscì ad ottenere un posto di lavoro sicuro in Veneto e tutta la famiglia tornò al paese di origine. A distanza di anni periodicamente tornano a Susa in quanto erano riusciti ad instaurare dei legami molto forti con i segusini.

TESTIMONIANZA 15 (MAROCCO)

Sono nato in Marocco ed abitavo in un paese a circa 120 Km da Casablanca. Sono giunto in Italia nel 1987. Ho cominciato a lavorare in Valle d’Aosta come agricoltore, poi mi sono spostato a Torino dove mi sono dedicato all’edilizia impegnandomi come camionista presso i cantieri dell’Autofrejus.

Nel 1989 mi ha raggiunto mia moglie con mio figlio piccolissimo.

Ho trovato un alloggio a Susa in una vecchia casa, grande abbastanza ma decisamente malsana a causa della grandissima umidità (il bagno era situato all’esterno).

Uno dei problemi maggiori per un immigrato è rappresentato dalla casa; il lavoro, se hai voglia di lavorare lo trovi!

Non ho dovuto subire delle intolleranze razziali nel mondo del lavoro, fortunatamente in questo campo siamo tutti uguali; negli altri settori della vita c’è qualche problema ma è tutto normale.

Ho comprato anche una macchina di seconda mano, mi serviva per lavoro. A volte si sente la necessità di avere a disposizione una moschea, ma la prima cosa in ordine di importanza viene la casa.

TESTIMONIANZA 16 (MAROCCO)

Sono venuto in Italia cinque anni fa per migliorare la mia condizione di vita. Una volta in Italia per prima cosa ho presentato la domanda per ottenere il permesso di soggiorno. Ho quindi cominciato a lavorare e mi sono trovato una casa per permettere alla mia famiglia di venire a vivere con me. Ho frequentato le scuole medie in Italia ed ho preso il diploma per potermi meglio inserire nel mondo lavorativo ed avere maggiori possibilità di costruirmi un futuro migliore.

In Italia ho trovato molti amici grazie ai quali mi è stato possibile superare due grandi problemi: la lingua e la ricerca di una casa. Fino a quando penso di restare in Italia? Fino a quando non trovo una sistemazione definitiva e dignitosa nel mio paese.

TESTIMONIANZA 17 (MAROCCO)

Quando sono arrivato in Italia parlavo correntemente l’arabo, il francese e l’inglese, dopo di che velocemente sono riuscito ad imparare anche l’italiano. Sono dovuto venir via dal Marocco per

15 Intervista a Mohammed Moubtassim tratta da “La Valsusa” N° 29 del 14/07/1994 16 Intervista a Mustafà Lamkendach tratta da “La Valsusa” N° 29 del 14/07/1994 17 Intervista a Aziz: tratta da “La Valsusa” N°45 del 30/11/1995

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poter sopravvivere. Mio padre faceva il giardiniere ma essendo ormai vecchio e con problemi di salute non ha più potuto svolgere questo mestiere, e si trovò inoltre senza una pensione.

In famiglia eravamo in dieci, ma nessuno lavorava (ad eccezione di mio padre fino quando ha potuto) noi fratelli stavamo ancora studiando e le sorelle lavoravano in casa.

L’unica fonte di reddito era rappresentata da un maestro che utilizzava una stanza della nostra casa per fare scuola e con quel poco che ci dava riuscivamo a mangiare e a vestirci.

Un giorno il maestro si ammalò e morì così venne a meno anche questa fonte di reddito.

Quello stesso anno dovevo sostenere l’esame di maturità ma lasciai la scuola per aiutare la famiglia, pensai di emigrare perché nel mio paese non c’era alcuna possibilità di trovare lavoro. Avevo richiesto più volte il passaporto ma me lo avevano sempre negato per motivi burocratici. Per quattro anni cercai di sopravvivere facendo ogni sorta di lavoro per guadagnare quei pochi soldi per aiutare la mia famiglia.

Nel 1990 uscì un decreto che dichiarava che ogni cittadino marocchino aveva il diritto di avere un passaporto. Feci domanda e dopo un mese lo ottenni. A questo punto era necessario far fronte ad un altro problema: reperire i soldi per il viaggio.

Intanto uscì la notizia che l’Italia aveva intenzione di chiudere le frontiere agli extracomunitari. Io non avevo i soldi per il biglietto ma sapevo di dover partire; le mie sorelle vendettero tutti gli oggetti d’oro che possedevano e chiesero inoltre aiuto a tutti i parenti.

Riuscii ad acquistare il biglietto aereo per l’Italia. Arrivai a Roma, quindi presi il treno per Torino. I primi due anni che abitai in Italia, in Valsusa, condivisi l’abitazione con un amico e lavorai come cameriere per mantenermi.

Vivere senza permesso di soggiorno come migliaia di connazionali è un dramma:da una parte si è privati di tutti i diritti umani, dall’altra tutti gli amici, le tradizione e la dignità sono rimasti nella terra di origine. Al momento di abbandonare la propria terra si va in contro ad una realtà in cui facilmente dovrai convivere con l’odio ed il razzismo di chi ti ospita, dall’altra dai carabinieri e dai poliziotti verrai considerato il nemico numero uno.

Senza i permesso di soggiorno sei come prigioniero: non puoi tornare a trovare i tuoi famigliari in quanto se torni in patria hai comunque il rischio di non riuscire più a tornare nel paese in cui stai faticosamente tentando di costruirti un’esistenza dignitosa.

Nonostante questo quadro estremamente scoraggiante, in Italia sono comunque riuscito a trovare una certa stabilità e mi sono anche sposato con una ragazza italiana.

TESTIMONIANZA(MAROCCO)

Mi sono trasferita dal Marocco (Khouribgà) nel 1991. Mio marito era già qui per lavoro e chiese il ricongiungimento familiare. Mi è un po’ dispiaciuto lasciare il Marocco perché mi sarebbe piaciuto fare l’Università, avevo frequentato il liceo scientifico, ma poi mi sono sposata e la mia vita è cambiata. Quando sono arrivata a Susa parlavo solo arabo, ma mia cognata che abitava qui già da un po’, mi ha aiutata a superare le prime difficoltà. Inoltre io conosco bene il francese, perché il

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Marocco è stato occupato per molto tempo dai francesi, e così arrivata in Italia con qualche parola italiana e qualche parola francese sono riuscita a farmi capire i primi tempi.

Adesso oltre l’italiano che capisco bene e parlo, dopo tutti questi anni comprendo anche il piemontese, ma non sarei in grado di parlarlo, se avessi tempo inoltre mi piacerebbe frequentare anche un corso, ma con tre figli non ce la faccio.

Infatti mi piacerebbe anche lavorare, e i primi tempi infatti facevo delle ore, ma poi sono arrivati i bambini …Con loro parlo arabo, ma poiché sono nati qui sanno parlare solo italiano. Quando torniamo in Marocco gli altri bambini li prendono in giro perché quel poco di arabo che parlano, lo parlano proprio male. Qualche tempo fa li mandavo alla moschea di Bussoleno dove un maestro insegnava loro a scrivere e leggere arabo, solo che mio marito fa i turni e non sempre può accompagnarli. È sorprendente però che capiscano anche il piemontese. Come l’Italia ha il piemontese, l’abruzzese, il siciliano anche il Marocco ha dei dialetti, ma sono davvero molto diversi tra loro e proprio incomprensibili: abbiamo l’arabo, come seconda lingua il francese, e poi il dialetto berbero, quello del Sahara, e un dialetto del nord, che è davvero difficile e proprio incomprensibili.

TESTIMONIANZA 18 (MAROCCO)

In poco tempo sono passato da essere uno studente modello ad un immigrato irregolare. Sono venuto in Italia nel 1991: il primo anno l’ho trascorso in Lombardia, dopo di che mi sono trasferito in Piemonte ed in particolare in Valsusa.

In tutti questi anni non sono morto di fame grazie alle opportunità di lavorio che mi sono state offerte dagli italiani (malgrado i rischi che entrambi correvamo in quanto ero senza permesso di soggiorno). Un grosso aiuto mi è stato dato anche dalle strutture di volontariato e dalla Caritas, sempre pronti ad intervenire in caso di bisogno

TESTIMONIANZA (MAROCCO)- La Valsusa 29/01/09

…..Ai miei tempi bisognava lavorare per forza, altrimenti non si mangiava niente!” per sei anni sono stato un immigrato irregolare e questo anche se collaboravo attivamente con la struttura gestita da don Bruno Dolino, Cascina Parisio, e pur avendo lavorato , ho dovuto aspettare il decreto del ’95 per sistemare la mia posizione. I rapporti con gli italiani sono sempre stati buoni ma restavo un clandestino. I marocchini si integrano abbastanza facilmente a Susa. Io sono affezionato a questa località, basti pensare che dopo aver ottenuto il permesso di soggiorno, stavo lavorando in un cantiere a Pisa, presso una fabbrica, dove mi occupavo di impianti telefonici, quello che ancora oggi è il mio lavoro. I responsabili di questa azienda mi avevano addirittura consegnato le chiavi dello stabilimento, tanta era la fiducia. Ho perfino pensato di trasferirmi in Toscana, ma poi ha vinto la nostalgia del nord, ed ho deciso di continuare ad abitare a Susa.Vivo in un alloggio in affitto confortevole ma piuttosto vecchio in pieno centro storico, ed ora abbiamo un bambino piccolo. Adesso siamo in lista d’attesa per una casa popolare a Bussoleno, ma spero di restare a Susa.

18 Intervista a M’Said Javad: intervista tratta da “La Valsusa” del 30/11/1995

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TESTIMONIANZA (MAROCCO)

Sono arrivata a Susa da 10 anni, ma in Italia è dal 1990. Prima abitavo a Vaie dove sono stata sette anni, poi mi sono trasferita a San Valeriano e li sono rimasta tre anni. Avevo 37 anni quando sono arrivata a Susa. Mio marito è arrivato in Italia nel 1984, io sono rimasta in Marocco con i suoi parenti, poi quando lui ha trovato un lavoro e si è messo in regola con i documenti, nello stesso tempo ha preparato i documenti anche per me, così che potessi venire in Italia e provare se mi piaceva stare in questo paese.

Mi ha fatto il permesso di soggiorno per tre mesi, io sono venuta in Italia e qui mi sono trovata bene così ho deciso di fermarmi. Sono tornata in Marocco ho preso i due bambini e insieme a loro sono tornata in Italia. Avevo un permesso di soggiorno valido due anni. Un figlio ha 22 anno, l’altro 23, uno di 17 ed uno di 10 gli ultimi due sono già nati in Italia.

Mi trovo bene nel vostro paese, sia per quel che riguarda crescere i bambini, sia per il lavoro che per le persone. A Susa non avevamo amici, mio marito quando è venuto in Italia è andata a Roma, poi si è trasferito a Torino, dopo si è trasferito a Vaie perché per me la città era troppo pericolosa (non sapevo girarla, non capivo la lingua, era un problema per me portare i bambini a scuola).

Abbiamo cercato un paese piccolo dove fosse più facile conoscere gente.

Io ho avuto difficoltà ad integrarmi per la lingua, perché ero sola con i miei bambini sempre chiusa in casa perché non conoscevo nessuno.

A Vaie ho conosciuta una signora italiana che è stata molto gentile: mi ha insegnato l’italiano, mi ha insegnato la cucina italiana e per due sere alla settimana lei mi aiuta in queste faccende.

I bambini hanno frequentato l’asilo in Italia.

A casa parlo l’arabo con mio marito, i bambini più grandi capiscono qualcosa di arabo, la terza non è per niente interessata all’arabo, la piccola parla e capisce l’arabo perché è stata per due anni con mia suocera che era venuta in Italia. Torniamo quasi tutti gli anni in Marocco, abbiamo ancora i genitori giù.

Mio marito ha avuto difficoltà a trovare un lavoro in Italia, per un anno ha fatto il venditore ambulante, poi ha lavorato per quattro anni in una fabbrica a Rosta, poi la fabbrica è fallita e lui è tornato a fare il venditore nei mercati, non guadagna molto ma quel poco basta.

Seguiamo ancora le tradizioni del nostro paese di origine: il Ramadan, prego cinque volte al giorno, porto il foulard, sono molto credente. I miei figli fanno il Ramadan e mi raccontano della vostra religione: mi parlano di Cristo e della Madonna e mi dicono che anch’io deve credere in questo ed io gli rispondo che Dio e Allah sono la stessa cosa.

Le nostre feste importanti sono la festa di Capodanno, quella del Ramadan e quella di dicembre quando si ammazza la pecora. Le feste le festeggio con i miei parenti che abitano alcuni a Ferriera ed altri a Milano.

TESTIMONIANZA (ROMANIA)

Sono nata in Romania, a Bacau 17 anni fa. Bacau è una cittadina grande all’incirca come Rivoli. A nove anni mi sono trasferita in Italia con la mia famiglia. Al mio arrivo in Italia ho cominciato a frequentare le scuole elementari italiane (in Romania si comincia ad andare a scuola a sette anni

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anziché a sei come da voi così che mi sono trovata a frequentare con i bambini di un anno più piccoli di me). Avrei teoricamente potuto perdere un anno di scuola ma visto che mi sono inserita senza problemi ho avuto la possibilità di frequentare la quarta e la quinta elementare ho conseguito la licenza elementare alla stessa età dei bambini italiani. Ho poi frequentato la scuola media ed ora sono iscritta alle scuole superiori.

La mia famiglia si è trasferita in Italia per motivi di lavoro: in Romania mio padre era un capo reparto impiegato nell’ambito del trasporto ferroviario, mia madre invece era una maestra, oggi in Italia svolgono la professione di operai. Al loro arrivo in Italia non hanno avuto grandi difficoltà a trovare sia un impiego che un’abitazione, qualche problematica in più con i colleghi che a volte avevano degli atteggiamenti prepotenti nei loro confronti.

Mia madre aveva 38 anni, mio padre 43, ed era l’anno 2000.

Quando siamo venuti in Italia non c’erano altri nostri parenti che potevano fungere da punti di riferimento, ruolo che invece hanno svolto i miei genitori nei confronti di alcune amiche di mia madre (sono state nostre ospiti per una settimana, il tempo necessario perché trovassero una loro abitazione).

Per quel che riguarda il rapporto con la lingua italiana posso dire che io non ho avuto problemi in quanto l’ho imparato a scuola e stando con i miei coetanei, i miei genitori l’hanno studiato un po’ per conto loro (non hanno però mai frequentato dei corsi di italiano).

I miei genitori hanno richiesto la cittadinanza italiana, io lo farò al raggiungimento della maggiore età. Tutta la mia famiglia non ha mantenuto un forte legame con la propria terra di origine; torniamo in Romania quasi ogni anno perché vi risiedono ancora i nonni ed alcuni parenti, ma in ogni caso non è più nostra intenzione tornare ad abitarci in pianta stabile. Ogni volta che torno in Romania ho nostalgia della mia vita in Italia.

I miei genitori tra di loro parlano in rumeno, io preferisco utilizzare l’italiano. Utilizzo l’italiano soprattutto quando sono al telefono oppure quando devo esprimere un concetto in poco tempo.

Per quel che riguarda la religione, io sono credente di fede ortodossa ma non ritengo sia essenziale la presenza di una chiesa per esercitare il culto.

TESTIMONIANZA (CALABRIA)

Sono originaria di Paola - provincia di Cosenza. Sono arrivata a Susa nel 1954, ero una bambina, avevo 15 anni ed avevo già finito le scuole. Mio padre aveva preceduto la nostra famiglia raggiungendo a Susa mio zio. Per un periodo sono rimasta in Calabria con mia nonna dopo di che, quando si è sposata mia sorella sono venuta su anch’io. Un’altra mia sorella nacque a Susa.

Susa era una cittadina molto bella: c’erano meno case di oggi.

Dove c’è oggi la Banca San Paolo sorgeva quella che chiamavano la vecchia caserma: al suo interno erano riunite diverse attività: quello dello stagnino, quello di chi raccoglieva gli stracci ed il ferro,ecc; all’esterno c’erano i lavatoi e tutte le donne andavamo lì a lavare.

Ricordo molto bene la via Roma dell’epoca: sulla via si affacciavano molti magazzini e ricordo che in uno di quelli c’era pure un cavallo.

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Nei locali dove adesso c’è il mio bar (il locale l’ho preso nel 1970), una volta c’erano sia un bar, che una panetteria che un negozio di frutta e verdura.

Mio papà lavorava all’ASSA, mia mamma invece restava in casa (mio padre era proprio di quei meridionali duri, per cui la donna doveva stare in casa).

Mio papà terminato l’orario di lavoro in fabbrica andava ad aiutare alcune persone in campagna per cui tornava a casa anche con un po’ di verdura. Appena ha potuto ha comprato un pezzo di terreno dove ha fatto un orticello ed ha allevato alcuni conigli e galline, per cui il mangiare non mancava. Noi ci siamo sempre “arrangiati”, non abbiamo mai chiesto niente a nessuno, ad esempio non ci siamo mai rivolti ad associazioni come la San Vincenzo.

Quando mi sono fidanzata i miei genitori mi hanno comprato una giacca, una gonna e un paio di scarpe nuove… e li ho usati per molti anni nelle occasioni importanti.

Un giorno, (era già da un po’ di anni che abitavo qua), due persone si sono messe a parlare in piemontese di una casa che era bruciata, finito il loro discorso gli ho chiesto di questa casa bruciata e loro si sono stupiti che io avessi capito il discorso. Infatti io capisco il piemontese ma non lo parlo; del patois capisco qualcosina.

I primi meridionali hanno avuto molte difficoltà a trovare casa perché i piemontesi facevano molti problemi ad affittarci le stanze.

Appena arrivata abitavo in una stanzetta in via Mazzini con il bagno nelle scale, e a dormire andavo a casa di mio zio. La mia famiglia non ha però avuto problemi ad integrarsi nella comunità segusina.

Al di fuori della mia attività non ho mai lavorato, prima di iniziare con il bar, stavo in casa, lavavo, facevo i lavori di casa. Tutti i miei parenti abitano a Susa, solo un mio fratello è emigrato dalla Calabria in Brasile.

A Paola tornavo tutti gli anni, adesso sono due o tre anni che non sono più andata giù.

Con le mie figlie cerco di parlare italiano, ma a volte mi scappa anche qualche parola in dialetto, e loro capiscono tutte e due le lingue.

Non siamo come quelli che arrivano e fanno finta di non saper più parlare il loro dialetto per darsi un tono. I miei genitori tra di loro parlavano in dialetto.

TESTIMONIANZA 19(ALBANIA)

Sono arrivata in Italia nel marzo 2004 dopo essermi sposata in Albania con un mio concittadino. Lui era già in Italia da una decina d’anni. Non conoscevo molte parole di Italiano (l’avevo appreso guardando i programmi della televisione italiana trasmessi in Albania). Al mio arrivo in Italia sono andata ad abitare in una frazione di Susa. Mio marito lavorava tutto il giorno, io dopo aver superato un primo momento di disorientamento (dovuto alla lingua) mi sono integrata perfettamente con i miei vicini. Ho cominciato a frequentare le vecchiette del paese (loro parlavano un po’ in Italiano, un po’ in piemontese ed un po’ in patois) e parlando con loro ho migliorato velocemente il mio italiano. Quando ho raggiunto una certa dimestichezza con la lingua mi sono iscritta a scuola guida

19 Intervista a V. S.

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per conseguire la patente di guida. Ho superato sia l’esame di teoria che di guida ed ho preso la patente.

A me piacerebbe lavorare ma mio marito preferisce che resti a casa ad accudire il bambino (che per altro ha cominciato a frequentare l’asilo). Torno in Albania almeno due volte all’anno. Quando torno al paese non riesco mai a stare sola con mio marito e mio figlio (in casa ci sono sempre almeno una decina di persone) e questo aspetto può essere piacevole per un giorno o due, dopo di che diventa un peso. Da una parte mi piacerebbe tornare a vivere nel mio paese, dall’altra penso che troverei molto duro a riabituarmi allo stile di vita albanese.

A differenza di altre donne albanesi io ho instaurato un buon rapporto con i miei vicini, altre mie amiche anche dopo molti anni dal loro arrivo in Italia faticano ancora molto a parlare la vostra lingua perché si vergognano ad esprimersi in italiano, temendo di non essere capite o di confondere una parola con un’altra, per cui preferiscono stare in casa, uscire solo in compagnia di un famigliare e frequentare esclusivamente i loro connazionali, chiudendosi sempre di più nel loro “mondo”.

TESTIMONIANZA 20 (CALABRIA).

Sono arrivato a Susa molto giovane (avevo 15 anni) in quanto a Susa abitavano già dei miei parenti. Voglio sottolineare “io non ho scelto Susa, mi hanno portato a Susa”.

Ricordo che fu un trauma il primo impatto: scesi dal treno in piena notte, faceva molto freddo ed era tutto buio, c’erano solo due o tre luci che illuminavano Corso Francia. La mia prima affermazione fu “ma dove mi hai portato!”. Era la notte di Natale o di Capodanno.

Sono andato alla Caserma per trovare un posto per dormire; mia zia faceva la portinaia.

Avevo una borsa ed un sacco con dentro poche cose e lo strumento di mio padre.

Quando venni al nord fu la prima occasione in cui ho indossato un paio di scarpe da tennis (da noi in Calabria abitualmente giravamo tutti scalzi).

Dei miei parenti, a Susa per primo arrivò mio padre, dopo di che chiamò mio zio, e via via la nostra famiglia si trasferì al nord. Il resto della mia famiglia doveva emigrare al nord già in periodo di guerra, ma essendoci la guerra ed i tedeschi mio zio ci consigliò di restare ancora al sud e di rimandare il trasferimento in un momento più tranquillo.

Perché scegliemmo proprio Susa? Perché nell’immediato dopoguerra e fino agli anni Settanta Susa era un polo industriale molto importante e con una grandissima richiesta di manodopera. Era un paese ricco e nei dintorni non c’era nessun altro paese ricco come questo.

Il primo problema che un immigrato doveva affrontare era il reperimento di un’abitazione accettabile: generalmente la maggior parte di noi trovava alloggiamento in case malsane con il bagno sul ballatoio.

La seconda questione era trovare un lavoro. Negli anni Sessanta non era difficile trovare un lavoro in quanto grandissima era la richiesta di manodopera nelle diverse attività. Quando c’era il boom del lavoro moltissimi assumevano nell’edilizia ma non tutti ti pagavano, in fabbrica guadagnavi di meno ma eri sicuro di prendere la paga.

20 Intervista a Rocco Ritorto

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Era possibile svolgere anche lavori della durata di pochi giorni ad esempio per conto del Comune: quando nevicava ti presentavi al Comune e davi la tua disponibilità per sgombrare le strade dalla neve (per poter lavorare andavi a comprare una pala che pagavi solo al momento in cui ricevevi il compenso per la prestazione svolta – il negoziante non faceva questioni!)

Inizialmente ho lavorato all’ASSA (io ho cambiato pochi posti di lavoro). Mi padre a Susa lavorava all’IMP. Il paese dove vivevamo in Calabria era un paese commerciale: c’erano sarti, calzolai, falegnami e molti erano musicanti (suonare nella banda era una fonte di reddito ulteriore). Mio padre oltre al suo lavoro faceva anche il musicante, mia mamma faceva la “mercandina” e partecipava alle fiere (io l’accompagnavo e quando finiva tardi la sera io mi mettevo a dormire nelle ceste o andavo sulle panche della Chiesa. In Calabria c’è la tradizione di fare grandi feste.

Avevo l’hobby del cinema.

Ho mantenuto un fortissimo legame con il mio paese di origine, e torno molto spesso a Gioiosa Jonica, tanto che al mio paese d’origine ormai sono conosciuto con l’appellativo “Rocco di Susa”. Ogni volta che torno in Calabria mi sembra di rinascere, ma non riuscirei più ad adeguarmi alla mentalità del sud. Quando torno in Calabria rinasco, mi diverto a passare le giornate nelle piole solo per il piacere di raccontare e per gioire della nostra semplicità.

Sono molto legato alle tradizioni ed ai costumi calabresi.

Mi sono integrato molto bene nella comunità segusina, tanto che sono in grado sia di comprendere che di parlare il piemontese. Sono da sempre stato molto attivo nell’organizzazione dei gemellaggi tra Susa ed i vari paesi di origine delle numerose famiglie calabresi residenti da anni a Susa (Paola, Gioiosa, ecc. )

Al sud difficilmente si pativa la fame in quanto tutte le famiglie avevano almeno un campo da coltivare. Si veniva su per un pezzo di pane, per lavorare e per poter mandare un pezzo di pane alle famiglie, mantenendo sempre il massimo rispetto per la gente che ci ospitava. Noi ragazzi del sud non conoscevamo la vita che si faceva al nord.

Quando mio papà arrivò a Susa dormiva in una pensione sotto i portici (dove c’è adesso Irene), e pagava 100 lire per un letto. Io per un periodo ho abitato in caserma poi sono andato con mio padre alla pensione e per risparmiare 100 lire dormivamo nel letto insieme. Mio padre lavorava all’ASSA con contratti di tre mesi in tre mesi,(difficilmente gli immigrati li assumevano fissi).

Io facevo il “bocia” del muratore, ero molto ricercato perché ero molto veloce. Avevo comprato una bicicletta, costava 37. 000 lire ed ogni settimana davo 300, 400 lire a Martucci. Per risparmiare 100 o 200 lire saltavo un cinema che era la mia passione.

Alla morte di mia madre le mie sorelle sono andate in Collegio, mio fratello in Collegio ad Aosta.

L’ASSA era rinomata in tutta Europa per il suo acciaio, io lavoravo nel reparto che produceva per la FIAT. Avevo chiesto al caporeparto un aumento, ma non avendo mai avuto una risposta, presentai domanda alla FIAT (se sapevano che provenivi dall’ASSA ti prendevano al volo). Valletta della FIAT mi chiamò. Io e Manes fummo chiamati per presentarci alla FIAT. Ogni tentativo di cambio di lavoro veniva fatto di nascosto. All’ASSA facevo 14-15 ore al giorno e guadagnavo 67 –68.000 lire; il primo stipendio alla FIAT era di 96.000 lire al mese, avevamo la Mutua e l’assistenza (guadagnavo parecchio e risparmiavo molto). Sono poi andato ad Avigliana. La Fabbrica di Avigliana era estremamente razzista, (se ti vedevano con la camicia rossa ti esortavano a

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cambiarla!!). Partivo alle 6.00 lavoravo ad Avigliana, finivo alle 17.00, prendevo il treno andavo a Torino ed aspettavo che alle 21.00 aprisse la scuola di medicina, in attesa andavo ai giardini del Valentino, leggevo e studiavo. Ero insieme ad un’altra signora di Susa che doveva prendere il diploma di infermiera (faceva già l’infermiera ma non era diplomata), la domenica andavo a fare il tirocinio al Maria Vittoria. Tutto quello che apprendevo lo imparavo sui banchi di scuola.

Al mio arrivo a Susa ho frequentato le scuole serali, ricordo come insegnanti le signore Savi, Vallory e Lucia Ruffino, non erano ancora maestre di ruolo ma tenere le lezioni alle scuole serali permetteva loro di accumulare punteggio.

TESTIMONIANZA (ALBANIA)

Ho 40 anni, sono di origine albanese . Mi sono trasferita in Italia, a Susa, nel 1999, dove già abitava mia sorella. In Albania lavoravo prima come impiegata poi a causa della crisi e della guerra ho accettato il lavoro di operaia. Quando sia io che mio marito abbiamo perso il lavoro siamo venuti in Italia ospiti per un certo periodo da mia sorella. Fortunatamente non abbiamo avuto difficoltà di inserimento, siamo stati bene accolti da tutti, entrambi abbiamo trovato subito lavoro. Le uniche difficoltà sono state rappresentate dalla lingua: al mio arrivo in Italia conoscevo solo la parola “grazie”; ho imparato l’italiano lavorando, guardando la televisione italiana e seguendo gli studi di mio figlio. Mio figlio è nato in Albania e quindi conosce la lingua albanese e la parla, la figlia più piccola è nata qui e comunque le abbiamo insegnato la lingua albanese ed in famiglia continuiamo a parlare nella nostra lingua di origine. I bambini tra di loro invece parlano in italiano. In Albania si parla un albanese unificato in quanto per motivi politici sono stati cancellati tutti i dialetti locali, sopravvive una parlata diversa a Tirana e nel sud del paese esiste la variante “gegerishz”.

TESTIMONIANZA (FRANCIA)

Ho 57 anni, mi sono trasferita in Italia circa 35 anni fa da Lione. Fin da bambina venivo in vacanza in Italia, a Meana di Susa. A vent’anni ho conosciuto il mio attuale marito, per cui ho deciso di seguirlo in Italia.

Ho vissuto per un po’ di tempo a Bardonecchia, quindi mi sono trasferita a Susa.

I primi tempi sono stati duri: non conoscevo nessuno ed avevo ancora un po’ di difficoltà con la lingua (mi vergognavo a parlare l’italiano perché molte parole mi sfuggivano, mescolavo l’italiano ed il francese), ma ad un certo punto decisi che le possibilità erano due: o trascorrevo l’intera giornata in casa oppure cominciavo ad uscire senza aver paura di sbagliare al momento di rivolgermi ad altre persone.

Così ho cominciato ad uscire, aiutavo occasionalmente un’amica parrucchiera, e stando a contatto con le persone ho acquisito una certa sicurezza non solamente nel parlare l’italiano, ma anche il piemontese.

Il piemontese l’ho appreso frequentando la cerchia di amicizie di mio marito (tra di loro parlano prevalentemente piemontese, occasionalmente italiano).

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Ho poi avuto due figli: con loro fin da piccolissimi ho sempre parlato francese, ottenendo però due risultati diversi, in quanto la ragazza capisce il francese ma a me si rivolge sempre in italiano, con il ragazzo invece parliamo indifferentemente francese o italiano.

Quando il ragazzo frequentava ancora le scuole elementari, era solito trascorrere l’estate ospite dei nonni in Francia: mentre viveva a Lione trascorreva molto tempo con il cugino coetaneo per cui la conoscenza della lingua francese veniva ulteriormente rafforzata (a lui piaceva molto strare in Francia).

I miei genitori fino a pochi anni fa venivano spesso a Susa e trascorrevano alcune settimane in mia compagnia (mia nonna era anche di origine italiana), ora ho solamente più mio padre ed essendo anziano non viene più in Italia, siamo io con la mia famiglia ad andare a Lione.

TESTIMONIANZA (FRANCIA)

Mi sono trasferita a Susa nel 1969 a 29 anni. Sono nata a Janzè in Bretagna e questo già mi rende quasi straniera anche in Francia. Mi ero sposata con un italiano e nel 1961 mi ero trasferita a Clavière dove avevamo aperto un locale notturno. Poi come spesso capita le scelte fatte da giovani non sempre sono giuste e così il mio matrimonio finì. Conobbi poi il mio attuale marito che era di Susa e qui ci trasferimmo e formammo una bella famiglia. Imparai l’italiano in sei mesi, ampliando la mia conoscenza delle lingue straniere, infatti conosco bene l’inglese, il tedesco e lo spagnolo. Questa mia capacità fu utile nel lavoro infatti dopo aver lavorato per un poco in Magnadyne entrai come impiegata all’Assa e lavorai per 20 anni fino alla chiusura. All’inizio ho avuto i soliti problemi di inserimento perché ero l’ultima arrivata, e forse perché parlavo un po’ strano, ma poi dopo i primi tempi le diffidenze si sono dissipate. Abitando a Susa inoltre imparai a capire, ma non so parlarlo, il piemontese. Inoltre poiché mi interessa seguo con piacere i corsi della regione presso l’UNITRE, così ho imparato anche a leggerlo, ma non riesco a fare un discorso, forse qualche parola qua e là. Inoltre i miei ricordi di quando ero appena giunta a Susa era che si parlava un dialetto che non era piemontese e che chiamavano patois, alle mie orecchie era molto simile al francese, ma quello volgarizzato della lingua contadina o di montagna. Forse sarebbe anche interessante conoscere questo patois, sarebbe meno difficile impararlo per me che sono francese.

In Bretagna, da dove arrivo, si parla una lingua, non un dialetto, diversa dal Francese: io lo conosco poco il bretone, perché sono stata cresciuta da mia mamma e da mia nonna che erano una preside di un collegio e l’altra insegnante. Però sono quasi certa che la generazione di mia nonna conosceva e parlava il bretone, ma quella di mia mamma non più. Solo ultimamente c’è stata una riscoperta del bretone tant’è che è stata riconosciuta come lingua proprio come il francese. In passato, fino a che si facevano le vacanze con tutta la famiglia, andavamo ogni anno d’estate per lungo tempo ( a Saint Malò), ma adesso vado solo una volta l’anno per pochi giorni a trovare mia madre. Ormai la mia vita e la mia famiglia è qui a Susa.

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BOX DI APPROFONDIMENTO

Tab. 3 Manodopera impiegata nelle aziende valsusine tra il 1977 ed il 1983

1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 ASSA 372 293 290 251 221 193 182 Acciaierie Alpine Borgone

181 209 215 223 211 Fallita Acciaierie Cravetto Bruzolo

141 142 142 138 132 128 119 Sisma Bussoleno

93 86 86 84 81 74 57 IMP Susa 77 77 70 68 67 65 Vertek Ex

Moncenisio Ex Moncenisio

388 393 416 396 365 Elco Avigliana 94 105 105 108 104 94 91 Elcit Sant’Antonino

870 903 925 905 772 680 661 IREM 113 151 151 165 185 180 180 Zanussi 270 248 248 273 229 226 224 ManifatturaSusa 316 293 283 254 248 225 Manifattura Bruzolo

36 61 66 66 67 66 Filatura Borgone 124 117 112 113 117 107 IFEA Sant’Ambrogio

176 175 172 150 138 132

Tab. 4 Tabella riassuntiva: dipendenti impegnati ne i diversi settori di attività tra il 1977 ed il 1983

1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 Settore Siderurgico

1. 100 1. 039 1. 435 1. 383 1. 364 1. 118 1. 047

Settore Elettronico

1. 446 1. 517 1. 539 1. 585 1. 416 1. 301 1. 289

Settore Tessile 728 716 705 653 637 596 Settore componentistica auto/indotto

708 818 834 989 927 846 834

Settore meccanico

1. 065 981 584 666 647 527 453

Totale impiegati 4. 319 5. 083 5. 108 5. 328 5. 007 4. 429 4. 219

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IL COTONIFICIO VALLE SUSA

Nel 1881 nasce la società in nome collettivo Wild e Abegg per l’esercizio dell’industria cotoniera. I primi insediamenti sorgono tra Rivoli, Collegno e Pianezza dove erano già presenti altre due filature, una conceria di pelli, una ferriera (in cui si fabbricavano utensili per l’agricoltura) e una bottega specializzata in minuterie di ottone. In tutto erano impiegate 900 persone. Tra il 1914 e il 1916 la Società anonima Cotonificio Valle Susa viene trasformata in Cotonificio Valle Susa di A. Abegg e c. acquisisce il Cotonifico Moncenisio di Susa esistente dal 1907. Tra il 1939 ed il 1941 gli Abegg continuano ad estendere il loro impero acquisendo gli stabilimenti tessili di Perosa Argentina, Rivarolo e Caluso. A seguito del diffondersi della notizia che gli Abegg hanno intenzione di vendere gli stabilimenti, l’imprenditore milanese Giulio Riva si propone come possibile acquirente ed entra a far parte del Consiglio di amministrazione del Cotonificio Valle Susa. Nel 1952 il Cotonificio Subalpino viene incorporato nel Cotonificio Valle Susa e gli addetti alla lavorazione raggiungono il migliaio, ed ancora il Cotonificio Valle Susa assorbe la Spa Unione Manifatture di Parabiano (MI), le fabbriche di Pessinetto e di Lanzo (conosciute come Cotonifici Valli di Lanzo) ingrandendosi ulteriormente. Nel 1954 Riva assume la direzione del Cotonificio Valle Susa, la più grande azienda non meccanica della provincia di Torino. La società comprende 14 stabilimenti: Pessinetto, Lanzo, Mathi, Rivarolo, San Giorgio, Caluso, Strambino, Susa, Bussoleno, Borgone, Sant’Antonino, Rivoli – Pianezza, Collegno e Perosa Argentina. Nel 1955 cominciano le prime crisi nel settore della filatura: chiudono le filature di Pessinetto, Bussoleno e Caluso. Nel 1960 Felice Riva subentra al padre morto a soli 59 anni, la sua amministrazione darà esiti disastrosi portando l’impero tessile verso una crisi inarrestabile. Nel 1965 Felice Riva è protagonista di un clamoroso crack finanziario: imputato di bancarotta fraudolenta aggravata e ricorso abusivo di credito vicenda che trascina al fallimento il complesso di impianti di proprietà del Cotonifico Valle Susa: i circa 8000 dipendenti restano senza salario e senza lavoro per mesi. Con il fallimento vengono chiusi gli stabilimenti di Rivoli – Pianezza, Bussoleno e Trecate. I restanti impianti del Cotonificio Valle Susa vengono acquisiti dall’Eti (Esercizi Tessili Italiani), che garantisce la ripresa produttiva ma riduce l’organico a 5000 dipendenti. Nel 1969 Felice Riva viene arrestato. Tra il 1970 – 76 la Montedison diventa l’unica proprietaria di un complesso che conta ancora nove stabilimenti (Perosa, Susa, Borgone, Collegno, Lanzo, Mathi, Rivarolo, Strambino e Sant’Antonino) specializzati nella filatura e tessitura di cotone e fibre chimiche, con un’occupazione pari a circa 4000 unità. Nel 1972 chiudono gli impianti di Borgone e Sant’Antonino; nel 1976 vengono posti in liquidazione gli stabilimenti di Lanzo, Collegno e Rivarolo; per gli ulteriori 700 dipendenti rimasti ancora in forza si profilano ulteriori dal mercato del lavoro, decentramenti produttivi o definitive chiusure di aziende. Con gli anno Novanta si conclude definitivamente la storia di un grande impero tessile. Il patrimonio immobiliare del Cotonificio Valle Susa viene in gran parte ceduto a privati e ad enti o urbanizzato. Facendo un quadro del numero di dipendenti in forza nell’azienda risulta che nel 1907 lavoravano 55 persone, nel 1909 gli addetti salirono a 295; nel 1913 erano 129, nel 1991 200, poi cominciò la parabola discendente che portò a 99 i dipendenti nel 1996 e 44 nel 1998, per poi chiudere definitivamente nel 2002.

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ACCIAIERIE ASSA DI SUSA Nel 1820 in regione Gorge venne impiantata una fucina che sfruttava una derivazione d’acqua della Dora. Fino al 1848 sono proprietari dell’opificio Pietro Marchiandi e la vedova Vietti, nel 1849 subentra Giuseppe Pozzo e infine, dopo altri intermediari, dal 1894 Cesare Ruffinoni. Nel 1856 sono impegnati 44 operai e raddoppieranno nei trent’anni successivi. Nel 1916 lo stabilimento venne acquistato dalla Città di Torino con lo scopo di costruire una centrale idroelettrica per l’AEM, ma il primo conflitto mondiale allungò i tempi dell’inizio dei lavori, che si conclusero nel 1923. Dopo che venne ripristinata la ferriera dalla FILUT (Fabbrica Italiana Lime ed Utensili Torino) dal 1922 iniziò la produzione di laminati e inseguito fu abbinata la produzione prima di getti di ghisa e in seguito di acciaio. Negli anni successivi aumentarono progressivamente gli addetti sino a raggiungere nel 1928 238 unità. Nel 1930 venne costituita l’Acciaieria di Susa Società Anonima (ASSA) con lo scopo di rilevare l’attività della società FILUT. La nuova società acquisì importanti commesse dai cantieri navali di Trieste, Fiume, La Spezia, Livorno e Napoli tanto da spingere l’azienda ad abbandonare la fabbrica di laminati e a puntare sui prodotti di fusione, aumentando gli addetti sino a 233 unità. Tra il 1936 ed il 1938 l’acciaieria di Susa riuscì a conquistarsi grosse commesse governative, tanto che durante il periodo del secondo conflitto mondiale gli operai raggiunsero le milleduecento unità e inoltre, durante l’occupazione tedesca, gli operai dell’ASSA lavoravano esclusivamente per la Germania. Terminato il conflitto nel periodo della ricostruzione l’ASSA si ritrovò con un esubero di manodopera a causa sospensione della produzione bellica: un problema che rifletteva la situazione a livello nazionale e che veniva aggravato anche dal fatto che per legge si doveva garantire la riassunzione degli operai smobilitati, reduci, deportati e partigiani. Nel dopoguerra cominciò un progressivo declino, mancando prima di tutto le commesse navali governative. Nel 1958 l’ASSA venne colpita dalla crisi della piccola siderurgia che si fronteggiò riducendo il numero di addetti del reparto manutenzione. L’ASSA era suddivisa in reparti: si distinguevano la sezione A in cui ci si dedicava all’acciaieria, nella sezione B era ubicato nel reparto modelli (fonderia a mano e fonderia a macchine); la sezione C in cui era collocato il reparto sbavatura, il reparto lavorazioni meccaniche, il reparto collaudo, l’ufficio spedizioni, il reparto manutenzione. Si cercò invano di sviluppare un mercato europeo, e anche un legame con la FIAT e l’indotto, ma infine il gruppo Cividale privilegiò altri stabilimenti, e quello di Susa non venne rimodernato diventando obsoleto. La progressiva crisi portò rapidamente alla chiusura dell’azienda nel 1990. All’ASSA trovarono occupazione anche più di quattrocento persone nei primi anni Settanta, per poi cominciare una lenta parabola discendente fin dalla metà degli anni Settanta che porterà alla chiusura definitiva dello stabilimento negli anni Novanta. È interessante sottolineare come l’acciaio prodotto dall’industria segusina fosse rinomato anche a livelli internazionale per la sua eccellente qualità.

Tab. 2 Dipendenti occupati all’interno della Fabbri ca ASSA di Susa ANNO OPERAI ANNO OPERAI ANNO OPERAI ANNO OPERAI 1845 80 1960 346 1971 441 1983 163 1856 44 1961 358 1972 432 1984 122 1888 60 1962 384 1973 407 1985 118

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1890 80 1963 353 1975 428 1986 98 1923 117 1964 311 1976 332 1987 92 1925 172 1965 306 1977 204 1988 82 1927 133 1966 374 1978 237 1989 92 1928 182 1967 360 1979 215 1990 85 1929 238 1968 386 1980 222 1933 256 1969 449 1981 201 1959 318 1970 505 1982 185

N. O. V. A. NUOVO OPIFICIO VALSUSA ANONIMO

Il Calzificio NOVA nacque dalla struttura della Fabbrica Panni e Lana Schaufuss e Weller, impiantata dai due imprenditori tedeschi nel 1886, ed ubicata alla periferia di Susa. Dopo alterne vicende, cambi di proprietà e denominazioni, il calzaturificio riaprì nel 1933, con la denominazione NOVA, la cui sede centrale si trovava a Roma. La fabbrica produceva calze servendosi di telai Cotton. Al momento dell’apertura dell’azienda a fine Ottocento i dipendenti in forza erano 90, saliti poi a 186 nel 1933. L’azienda chiuse nel 1961 a causa della mancanza di competitività con altre aziende del settore, più all’avanguardia tecnologicamente.

IL DINAMITIFICIO NOBEL

La "Società Anonima per la fabbricazione della dinamite, brevetto Nobel" fu tra i primi stabilimenti industriali di Avigliana. Situato all’interno di un’area boschiva, ai margini del centro abitato, fu costruito nel 1872, anno di fondazione della Società Anonima Italiana Dinamite Nobel, per iniziativa di un gruppo di cinque banchieri. Lo stabilimento ha prodotto fino al 1888 gelatine esplosive e nitroglicerina da cui si ricavavano giornalmente 600 kg di dinamite. Vi trovarono impiego più di duecento operai e raggiunse il massimo sviluppo nei successivi tredici anni, quando fu ampliato con nuovi fabbricati, per la maggior parte scavati nella montagna, destinati alla produzione di acidi e solfati. La ragione principale della decisione di ubicare l’attività in questa area fu certamente la presenza di formazioni collinari che consentivano una protezione dell'abitato dagli effetti delle deflagrazioni che potevano essere causate da questa pericolosa attività. Alla fine dell’Ottocento lo stabilimento era fornito di energia elettrica e di ferrovia interna collegata con la stazione di Avigliana e con il Molino, era dotato di laboratorio chimico e produceva, oltre agli esplosivi, intermedi chimici, sottoprodotti delle lavorazioni principali, concimi e vernici Duco. Durante l'ultimo conflitto mondiale l'area fu teatro di bombardamenti e al termine l’attività riprese a ritmo ridotto con la produzione di dinamite per miniere e lavori stradali e con il riadattamento di un reparto Valloja per la fabbricazione di polveri da caccia. La successiva crisi delle commissioni militari e le variate esigenze dislocative provocarono il decadimento progressivo del complesso industriale che cessò la produzione negli anni '60 del secolo scorso. In seguito una parte delle strutture fu riconvertita ad uso industriale, una parte abbattuta ed un terza parte, quella più caratteristica in quanto testimonianza materiale di un’architettura finalizzata alla specifica produzione, fu lasciata in

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stato di completo abbandono. I resti tuttora esistenti fanno di questo sito uno degli esempi più rappresentativi di archeologia industriale in Piemonte. Nel 1999 nasce il museo, con l'istituzione del Comitato Museo della Dinamite di cui fanno parte l'Associazione Amici di Avigliana, l'Istituto Tecnico G. Galilei, la scuola media Defendente Ferrari, la Direzione Didattica e il Parco Naturale dei laghi di Avigliana. Oltre a pannelli esplicativi e audiovisivi che, con filmati d'epoca, documentano le varie fasi della lavorazione degli esplosivi si possono visitare i vari cunicoli e le camere di scoppio, riportati alla luce durante i lavori di ristrutturazione.

F. E. R. A. FABBRICA ELETTRICA RIPARAZIONI AUTOMOBI LI

L’industria viene aperta nel 1937 dall’industriale torinese Domenico Pagella e la sua attività era incentrata sulla costruzione di pompe e polverizzatori per motori di diesel di automobili e motonavi, di banchi per verifica e controllo di equipaggiamenti diesel. La massima espansione dell’attività fu negli anni Quaranta con circa 270 dipendenti. L’azienda continua a crescere ma a Susa non trova spazi sufficienti per espandersi per cui si trasferisce a Torino, dove resta fino al 1964. La chiusura definitiva avviene all’inizio degli anni Settanta.

I. M. P. INDUSTRIE METALLURGICHE PIEMONTESI

L’azienda apre nel 1933 nella stessa area in cui nell’Ottocento sorgevano il molino Berardo, il molino Rosaz, un efilosaggio di lane meccaniche, la sede locale di una ditta di coloranti milanese ed una trafileria. Le industrie metallurgiche piemontesi fondate dagli eredi di Angelo Aldè, un industriale di Lecco, si occuparono di costruzioni metalliche. Nel periodo di massima produzione venne raggiunto nel 1952 con 220 addetti. Nel 1984 chiuse al termine di una dura e faticosa trattativa, a causa delle diversità di vedute di politica aziendale all’interno del gruppo proprietario, ma non per la mancanza di commesse e lavoro. L’ultimo proprietario, Raffaello Aldè, l’anno prima aveva richiesto la liquidazione dello stabilimento.

LA FABBRICA DA FER DI BUSSOLENO

Lo Stabilimento metallurgico di Bussoleno A. Colano & C entrò in funzione nel 1876 occupandosi della lavorazione del ferro dallo stato grezzo fino alla formazione di punte. Due turbine azionate da un canale derivato dalla Dora mettevano in moto tutte le macchine dell’opificio dove vi lavoravano circa 180 operai. Nel 1878 venne aperta una succursale a Susa e in circa 10 anni contava 272 operai. Nel 1896 venne ceduta dai Colano ai Ferro e assunse la denominazione di Stabilimento metallurgico G Ferro & C. ed ulteriormente ampliata con l’officina per la fabbricazione di tubi, ferri vuoti, ecc. Nel 1902 viene venduto il reparto chioderia all’impresa Garrone e Arrigo, titolare della concessione per l’illuminazione pubblica di Susa che la adibì a centralina. All’origine la fabbrica aveva una produzione molto variegata, ma dopo il ritiro dei Ferro vennero chiusi i reparti non più redditizi come la chioderia e la tuberia e si puntò esclusivamente sui laminati di base. Nel 1939 i Ferro cedettero la ferriera alla Edison che nel frattempo aveva anche acquisito la s. p. a Metallurgia Ossolana, con sede a Milano ma la cui direzione e stabilimento erano a Villadossola. La Ferro prosegue la sua attività sotto la ragione sociale Metallurgica Ossolana – Stabilimento di

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Bussoleno, e infine nel 1941 le due società si fondono e danno origine alla Sisma (Società Industrie Siderurgiche Meccaniche e Affini). La Edison aveva tenuto chiuso lo stabilimento di Bussoleno per tutta la durata della guerra, alla fine del 1945 affitta la ferriera alla Ferro Spa, che ne cura la riapertura rimettendo in funzione i due laminatoi esistenti. Nel 1954 ai 370 dipendenti viene improvvisamente comunicato che la fabbrica verrà chiusa. La decisione della Ferro rappresenta per Bussoleno, Mattie, Chianocco, San Giorio, Bruzolo, i paesi da cui proviene la totalità dei lavoratori su cui incombe lo spettro della disoccupazione, una minaccia di estrema gravità per le conseguenze che può avere sulla già fragile economia di un comprensorio di circa 12. 000 abitanti. Nel 1955 la ferriera riapre con 200 addetti e dieci anni dopo il 4 marzo 1965 la direzione della Sisma comunica alla Commissione interna il licenziamento di 100 operai e 9 impiegati, ovvero il 50% dei dipendenti. Nel primo trentennio del Novecento alla Fabbrica da Fer erano impiegate circa quattrocento persone con dei picchi massimi anche di cinquecento addetti e dei minimi di duecento cinquanta addetti.

Tab. 1 Dipendenti occupati all’interno della Fabbri ca da Fer tra gli anni 1906 - 1929

ANNO OPERAI ANNO OPERAI ANNO OPERAI ANNO OPERAI 1906 455 1912 469 1918 265 1924 305 1907 477 1913 418 1919 245 1925 453 1908 487 1914 420 1920 349 1926 521 1909 513 1915 1921 321 1927 526 1910 479 1916 424 1922 323 1928 447 1911 467 1917 408 1923 350 1929 494

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FERRIERA DI BUTTIGLIERA ALTA

L’ingegnere francese Vandel Alfonso, dopo aver acquisito i terreni e gli stabili esistenti nel comune di Buttigliera Alta, il 25 aprile 1891 inaugurò una fonderia. La Fiat nel 1917 acquisì la società Ferriere Piemontesi, le Industrie Metallurgiche Torino, e gli stabilimenti di Ferriera di Buttigliera Alta. Con la conclusione della Seconda guerra, vennero trasferite da Mirafiori le prime macchine per la fabbricazione di bulloni e venne realizzato un vasto programma di acquisto di nuovi mezzi produttivi direttamente dagli Stati Uniti e dalla Germania. Fin dal 1964 la Ferriera può vantare dei metodi di lavorazione d'avanguardia come formatura a freddo di pezzi speciali come la produzione di ruote polari e di mozzi dei motorini d'avviamento, delle boccole dei cingoli e dei perni bracci oscillanti e le crociere. Per sessant'anni, le "Ferriere", come si identifica l'attività siderurgica della Fiat, garantirono l'approvvigionamento di lamiera e di fusioni per costruire i veicoli e i motori, fino al 1° gennaio 1978 quando nacque la Teksid S. p. A. , in seguito allo scorporamento da parte della Fiat delle proprie attività in società autonome. Tale denominazione rimase fino al 1989 quando dopo l’acquisizione da parte del Gruppo Fontana divenne I. B. S. Gli stabilimenti si scorporarono ulteriormente in Tekfor, del Gruppo Neumayer di Hausach, nella Foresta Nera, specializzato da oltre 50 anni nella progettazione e realizzazione di componenti meccaniche di precisione per l’industria automobilistica con una produzione annuale di acciaio lavorato di 130 milioni di pezzi, una gamma di 1200 prodotti di serie( elementi di trasmissione, bracci di sospensione e bielle motore). Altre unità produttive sono presenti in Germania, USA e Brasile. Inoltre parte degli stabilimenti ex-Teksid furono occupati dal 1994 anche dalla Brugnago, società fondata nel 1933 che segue lo stampaggio e la lavorazione di metalli in genere, nonché la fabbricazione e la relativa vendita di utensili, articoli o accessori per autoveicoli, articoli di ferramenta e di utensileria e tutti gli accessori connessi. La Teksid raggruppava quattro divisioni operative: Acciai, Fonderie, Trasformazione, Attrezzature, nonché la produzione di molle, di tubi, di refrattari per usi industriali. Nella riorganizzazione europea della produzione siderurgica, in atto negli anni 80, si ritenne opportuno concentrare nell'Italsider, azienda di Stato, gran parte dell'attività siderurgica nazionale. Nel 1982, pertanto, confluiscono nel Gruppo Finsider la produzione di acciai speciali e di prodotti lunghi, la produzione e la laminazione a freddo di acciai inossidabili, la laminazione a freddo di acciai comuni. Teksid si concentra nel comparto Fonderie Ghisa, Fonderie Alluminio e Componenti Acciaio. Nel 1985, Teksid fattura oltre 800 miliardi di lire, circa 8. 000 i dipendenti. A Fiat è destinato il 77% della produzione Teksid ma annovera tra i suoi clienti le nordamericane Chrysler e General Motors. L'Industria Bulloneria Speciale di Ferriera di Buttigliera Alta (Torino) si colloca tra i maggiori complessi industriali di livello europeo per la produzione di bulloneria, viteria e dadi, speciali e non, utilizzati prevalentemente dall'industria mondiale dell'automotive.

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LA MONCENISIO

All’inizio del XX secolo lo Stato italiano aveva assunto l’esercizio della rete ferroviaria. La prospettiva di lavoro nel settore del materiale rotabile per le ferrovie portò C. Bauchiero ad indirizzare la sua produzione in quel ramo di attività. Nel 1906 venne costituita la Società Anonima Bauchiero, la cui produzione si incentrava sulla fabbricazione di materiale ferroviario, forniture militari e civili. Nel 1918 con l’assorbimento della Società Industriale Stabilimenti Farina di Torino, lo stabilimento di Condove assunse la denominazione di Officine Moncenisio Stabilimenti Riuniti già Bauchiero. I primi capannoni costruiti furono quelli per la produzione del materiale ferroviario con l’assunzione di 180 unità suddivisi in addetti alla tessitura, addetti alla sezione meccanica ed addetti al montaggio. Aspetto fondamentale della politica aziendale della Bauchiero era rappresentato dall’attenzione che le maestranze ponevano all’istruzione degli operai e dei figli degli operai, istituendo delle vere e proprie scuole in cui gli insegnamenti di base di italiano, aritmetica, storia e geografia si aggiungeva il disegno. Le scuole serali ebbero successo per un certo periodo, ma poco a poco le presenze degli alunni si abbassarono arrivando a poco più di dieci iscritti. Nel 1941 le scuole professionali furono trasferite all’interno della fabbrica. Nella scuola era in funzione un corso teorico e pratico per meccanici, che durava tre anni, suddiviso in quattro indirizzi: aggiustatore, fresatore, tornitore e rettificatore (interno ed esterno). Il mattino dalle 7 alle 10 e il pomeriggio dalle 14 alle 17 si lavorava in officina. Dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19 si andava a seguire le lezioni in aula: disegno meccanico, tecnologia, matematica e scienze. Gli insegnanti erano tutti dipendenti della Moncenisio: Frugoni, Sestero, Del Savio, chi era ammesso a frequentarlo veniva pagato 50 lire la settimana e se superava gli esami finali entrava in pianta stabile. Quando lo stabilimento incominciò a funzionare e ci fu un afflusso di operai oltre che da Condove, che fino ad allora era prevalentemente legato ad economia agricola di sussistenza, anche da altre località, in particolare dalle zone di Carmagnola e Savigliano. Tra il 1907 e il 1910 si costruirono quattro case operaie a circa 500 metri dalla fabbrica proprio per agevolare gli operai e le famiglie provenienti da località distanti. Tra il 1937 ed il 1940 venne costruito il villaggio Mussolini, composto da 22 casette bifamigliari destinate ad abitazione degli impiegati e nel 1946 vennero creati nuovi alloggi all’interno del palazzo Soffietti. Con il progetto INA- CASE vengono costruite nel 1946 nuove abitazioni che in seguito nel 1961 la maggior parte viene posta in vendita. Tra il 1918 ed il 1920 gli echi della Rivoluzione Russa ebbero anche qualche rifletto nella società italiana con fasi di intensa conflittualità sociale. Tale situazione portò nel settembre 1920 l’occupazione dello stabilimento. Le maestranze presero possesso della fabbrica rimanendo inattivi all’interno giorno e notte e solo coloro con incarichi di carattere logistico, era permesso di uscire. Con la seconda guerra alla Moncenisio, nonostante le commesse, ci fu una crisi di manodopera, poiché molti operai furono chiamati alle armi. Si provvide a colmare i buchi di organico con l’assunzione di nuovo personale, in gran parte femminile. Nel 1946 cessata la produzione bellica, la produzione della Bauchiero si incentrò sul materiale ferroviario, ma una grande crisi si diffuse nell’ambiente a causa del passaggio dalle vetture in legno a quelle in metallo. Tra il 1949 ed il 1950 la manodopera alla Moncenisio passò da 1339 a 1020 addetti. Si cercò pertanto di differenziare la produzione così che nel 1947 la Moncenisio si dedicò agli studi per la produzione di macchine cilindriche per calze che entrarono in funzione qualche anno dopo. La Moncenisio, impiegando 1200 addetti, suddivise la produzione in settore veicoli in cui si producevano carrozze, carri bestiame, automotrici e rimorchiate; la sezione meccanica per i lavori anche di precisione; la sezione macchine cilindriche per la produzione di calze. Tra il 1956 e il 1957 si entrò in un nuovo periodo di crisi che comportò immediati licenziamenti tanto che nel 1974 restano 700 dipendenti della Moncenisio. Negli anni successivo è un continuo cambiamento di proprietari dalla EGAM all’ENI fino a che nel 1978 viene ceduta alla Teksid (nata in seguito allo scorporo della FIAT). Sotto

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la FIAT assume prima la denominazione Vertek (1/5/78 – 1/5/80), poi Teksid ( 1/5/80 – 1/9/1981) ed ancora Teksid Acciai (1/9/81 – 1/6/82). Nel 1982 in seguito all’accordo tra Teksid e Finsider la Moncenisio viene assorbita dalla Finsider e cambia denominazione prima in Industria Acciai Speciali poi in Delta Sider. All’inizio del 1989 con lo scioglimento della Finsider e il passaggio delle sue attività all’ILVA divisione Condove e poi nuovamente Vertek. All’inizio del 1995 l’ILVA vende la fabbrica all’industriale bresciano Lucchini che rinomina l’azienda in Vertek Lucchini, ancora oggi così denominata anche se la società prevede una compartecipazione straniera. Attualmente sono presenti poco più di 20 impiegati e circa 100 operai addetti alla laminatura e trafilatura di barre e rotoballe di acciaio.

LA MAGNADYNE

La “Magnadyne Radio di Pesce Mario” nacque intorno al 1927 dalla collaborazione tra Dequarti e Pesce: l’impresa si occupava della costruzione di apparecchi radio, accumulatori elettrici e apparecchi frigoriferi. L’azienda si sviluppò rapidamente ed i suoi prodotti superarono nelle vendite sul mercato italiano, aziende di dimensioni e mezzi notevolmente superiori quali C. G. E. – PHILIPS – MARELLI – PHONOLA. Nel 1935 l’azienda contava circa mille operai, impiegati nella produzione di componenti dell’apparecchio radio, con la sola esclusione delle valvole. Nel 1937 la ditta assume la denominazione di Magnadyne S. A. Durante il secondo conflitto mondiale, la notte fra il 19 ed il 20 novembre 1942 a causa di un bombardamento aereo, lo stabilimento fu completamente distrutto, per cui l’attività industriale venne sospesa per qualche mese sino a che non venne affittato un capannone dal cotonificio Valle di Susa. Dal 1943 al 1945 a causa della guerra, l’attività produttiva era limitatissima, e pertanto la maggior parte delle maestranze fu adibita alla ricostruzione delle attrezzature distrutte ed all’allestimento di nuovi banchi di lavoro e di strumenti di collaudo. Alla fine della guerra nel 1945 si riprese la produzione di componenti e di ricevitori radio. Attorno al 1950 venne costituita l’unità produttiva NEOFAR per la produzione di condensatori elettrolitici, ceramici e mylar. Venne aperto il reparto NEOHM per la fabbricazione di resistori fissi e variabili su licenza della IRC di Filadelfia U. S. A. e della C. T. S. Corporation U. S. A. ; questi componenti, tramite una apposita rete commerciale venivano venduti sul mercato nazionale ed estero. Nel 1952 venne avviata la produzione di valvole termoioniche, unica componente dell’apparecchio radio, fino a quel momento fornita da terzi. Nel 1953 venne costituita del sig. Dequarti la società "VISIOLA di Paolo Dequarti & C. " con sede a Roma per la fabbricazione apparecchi televisivi perché poteva avvantaggiarsi da agevolazioni fiscali alle nuove iniziative industriali sorgenti in quelle aree; così, mentre in Torino ed in S. Antonino di Susa si producevano materiali prevalentemente radiofonici, in Roma la VISIOLA utilizzava i nuovi in campo televisivo. Il 1 settembre 1953 veniva costituita la società " INFIN s.a s. , società holding", con sede a Friburgo, socio accomandatario era ovviamente il sig. Paolo Dequarti. Pertanto gradualmente tutte le competenze societarie vennero trasferite alla nuova società, finché nel 1955 la Magnadyne Radio cessava ogni attività ed il nome Magnadyne rimaneva unicamente come marchio di prodotto. La società aveva ormai raggiunto dimensioni notevoli e le produzioni si erano ormai diversificate ed ampliate, infatti oltre gli apparecchi radio, si passò anche alla produzione di televisori bianco e nero, frigoriferi, lavatrici, cinescopi e componenti elettronici. Verso la fine del 1969 ebbe inizio una profonda crisi aziendale causata sia da una forte contrazione del mercato nazionale ed internazionale sia da cause strutturali interne all’azienda. L’elevato standard di produzione al quale l’azienda era stata portata con l’assunzione di operai e il potenziamento dei reparti per soddisfare le previsioni di produzione non trovava più un economico assorbimento sul

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mercato internazionale e ancor meno nel mercato nazionale. Mentre il consumo di apparecchi TV in bianco e nero si contraeva, sostenuto solo dalla domanda in gran parte nascente dalla necessità del rinnovo dei vecchi apparecchi e in misura ridotta del secondo apparecchio, la produzione cresceva disordinatamente con l’inserimento massiccio di fabbricanti di frigoriferi, lavabiancheria, lavastoviglie nella fabbricazione e vendita dei televisori. La riduzione drastica della produzione con la conseguente riduzione del personale provocò delle manifestazioni che si protrassero per molti mesi e sfociarono alla fine nell’occupazione, da parte delle maestranze, degli stabilimenti del gruppo. La situazione peggiorò al punto tale che il sig. Dequarti fu costretto il 26 febbraio del 1971 a richiedere l’amministrazione controllata per le sue società. Dopo pochi mesi le attività, macchinari e personale vennero assorbiti dalla una nuova società S. E. I. M. A. R. T. costituita del nuovo ente governativo GEPI ( appositamente creato per il salvataggio delle industrie Italiane in crisi ). Infatti la S. E. I. M. A. R. T è stata la prima industria creata e gestita direttamente dalla GEPI. Successivamente la crisi si estese al altri produttori di apparecchi radio e tv, difatti verso la fine del 1972 anche la ditta LESA di Milano causa la crisi aziendale venne assorbita dalla GEPI è fu inserita nella società S. E. I. M. A. R. T. Le produzioni della ex INFIN si contrassero sempre più nel tempo e con esse il personale impiegato sino a che rimase attivo un unico nucleo produttivo nello stabilimento di S. Antonino di Susa.

LINEA FERROVIARIA TORINO – BARDONECCHIA - TUNNEL FR EJUS

La prima tratta della Linea storica Torino – Susa venne inaugurata nel maggio 1854. Nel 1867 iniziarono i lavori per la costruzione della tratta ferroviaria Bussoleno – Bardonecchia. Nel 1908 cominciò il raddoppio della tratta ferroviaria già esistente, operazione che si protrasse fino al 1984, quando venne completato l’ultima tratta Bussoleno – Salbertrand (nel 1909 si completò la tratta Beaulard – Salbertrand, nel 1911 Collegno – Alpignano, nel 1912 Alpignano – Avigliana, nel 1915 Avigliana – Bussoleno). I lavori per la realizzazione del Traforo Ferroviario del Frejus iniziarono il 15/08/1857 e il 17 settembre 1871 venne inaugurato ufficialmente. Erano stati previsti 25 anni di lavoro ma in soli 14 venne ultimato grazie anche al perfezionamento di svariate tecnologie quali il sistema di perforazione della roccia con sistema a percussione alimentato da ruoto motrici idrauliche e poi ad aria compressa. La direzione dei lavori venne affidata a 3 ingegneri Sommeiller, Grandis e Grattoni dopo i rilievi topografici ad opera di H. J. Maus e A. Sismonda. all’epoca Bardonecchia e Modane avevano una popolazione di circa 1000 abitanti con l’arrivo delle maestranze addette ai lavori (1500 persone) ben presto fu necessario costruire nuove abitazioni, uffici, scuole, infermerie, bagni, strade di servizio. Le gallerie nord e sud da Bardonecchia a Modane si incontrarono il giorno di Natale 1870 alle 16. 25, il 6 settmebre 1871 la prima locomotiva attraversava il tunnel e il 12 settembre il primo convoglio ferroviario. Quest’opera e la costruzione della ferrovia Bussoleno –Bardonecchia decretarono n parte il declino di Susa, in quanto il ramo Bussoleno-Susa venne sottoutilizzato perché i treni merci non avevano più la necessita di valicare il Moncenisio per andare in Francia.

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CENTRALE IDROELETTRICA PONT VENTOUX

Il nuovo impianto, inaugurato nell’ottobre 2005 dopo 10 anni di lavori, sostituisce le vecchie centrali di Chiomonte e Susa, le quali vennero realizzate rispettivamente nel 1906-1910 e nel 1919-1923. Questi impianti con mille litri d’acqua producevano 0,90 Kwh mentre l’impianto di Pont Ventoux-Susa ne produrrà 1,23 Kwh, con un incremento pari al 35%. L'impianto idroelettrico Pont Ventoux-Susa ha una potenza installata di 150 MW e una producibilità di 458 milioni di KWh annui. L'impianto utilizza le acque della Dora Riparia, captate nel Comune di Oulx, e parzialmente quelle del suo affluente di sinistra Clarea. Le acque vengono convogliate tramite un canale derivatore in galleria lungo 14 Km al bacino di Val Clarea, avente una capacità di 561.000 metri cubi, da cui parte una galleria in pressione e la condotta forzata che conduce alla centrale in caverna, dove sono posizionati i due gruppi di produzione: uno binario turbina-alternatore ed uno ternario turbina-alternatore - pompa. A valle della centrale l'acqua viene restituita nel bacino delle Gorge della Dora, grazie al quale, nelle ore notturne, l'acqua può essere pompata nel serbatoio di Val Clarea, così da poterla utilizzare per la produzione di energia pregiata nelle ore diurne, quando la domanda è maggiore.

TRAFORO DEL FREJUS e AUTOSTRADA TORINO BARDONECCHIA Il lavori del Traforo ferroviario del Frejus ebbero inizio nel 1974 e terminarono nel 1980. Il tunnel entrò in servizio il 12 luglio 1980. La tratta autostradale di circa 21 km, che parte dal Traforo del Frejus e giunge in Località Deveys, fu realizzata dall' ANAS e venne aperta al traffico nel 1987. I lavori di costruzione, gestiti direttamente dalla Sitaf SpA da Località Deveys a Rivoli, ebbero inizio nel 1984, proseguirono, con i finanziamenti dello Stato cadenzati nel tempo, per circa dieci anni e l' intera tratta si aprì al traffico nel 1994. La costruzione del Traforo ebbe inizio nel 1973, terminò nell'estate del 1979 senza particolari incidenti di varia natura durante l'esecuzione dell'opera e venne aperto al traffico il 12 luglio 1980. In occasione del Ventennale dell' entrata in funzione dello stesso (12 luglio 2000) è rilevante evidenziare che nonostante il continuo incremento di traffico sia turistico che commerciale gli incidenti tra automezzi verificatisi nel periodo sono al di sotto della media nazionale.

STAZIONI SCIISTICHE ALTA VALLE

La stazione sciistica di Sestriere viene realizzata nel 1934 per volontà del Senatore Giovanni Agnelli realizzando un centro di sport invernali di fama internazionale. Fu la prima stazione sciistica i cui impianti vennero costruiti in modo da collegare due valli: la Valle di Susa e la Val Chisone. Nel 1967 esordì la Coppa del Mondo con le gare di discesa libera. Sestriere, insieme a Sauze d’Oulx, San Sicario, Cesana - Monti della Luna, costituisce la Via Lattea. Sestiere in poco tempo divenne una meta privilegiata per il turismo di élite di appassionati di sport invernali: prima con la costruzione di grandi alberghi poi con la realizzazione di ville e condomini diede l’avvio ad un fluente mercato immobiliare. San Sicario, frazione di Cesana, divenne stazione turistica e sciistica a partire dagli anni Sessanta, poi negli anni Settanta con la costruzione della Colonia Italsider, prese avvio un vero e proprio progetto turistico di valorizzazione di questa area alpina. La vocazione turistica di Bardonecchia iniziò a fine Ottocento quando in seguito alla costruzione del Traforo Ferroviario molti esponenti dell’aristocrazia e della borghesia torinese e genovese scelsero questo paese di montagna per trascorrervi le vacanze; in quegli stessi anni si deve anche la nascita dello Sci Club e l’organizzazione delle prime gare sciistiche. Vennero tracciate le piste del

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Colomion, di Campo Smith, dello Jafferau etc. vennero organizzate le prime gare di salto nel 1910 cui parteciparono personaggi come Kind e Smith. Vennero costruite molte ville, in stile neogotico, ad opera di importanti architetti come Mollino o Ceresa, nella zona del Borgonuovo e venne costruita la Colonia Medail. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale le attività turistiche si fermarono, per poi riprendersi nel dopoguerra dando avvio alla costruzione di numerosi alberghi e seconde case, in particolare condomini e colonie. Anche la presenza della dogana, che restò in servizio fino al 1993, attirò un discreto numero di nuovi residenti. Altro fattore attrattore di nuove residenze fu la costruzione del Traforo stradale del Frejus, inaugurato nel 1980, e il completamento dell’autostrada Torino – Bardonecchia a metà anni Novanta. Le stazioni sciistiche dell’alta Valle di Susa ebbero un nuovo rilancio in occasione dei Mondiali del 1997 a Sestriere e in seguito con le Olimpiadi di Torino 2006 che ha comportato l’ammodernamento degli impianti di risalita, e la costruzione di piste da bob, freestyle, trampolini e nuovi residence. Tali cantieri hanno attirato nuove residenze temporanee soprattutto di provenienza straniera.

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IMMIGRAZIONE ALBANESE Apriamo una parentesi per comprendere meglio le motivazioni che hanno portato l’immigrazione albanese in Italia e in particolare a Susa. on la caduta del regime stalinista di Enver Hoxha ha inizio l’immigrazione albanese, fenomeno indubbiamente di natura politico economica. Nel luglio 1990, migliaia di persone occuparono le ambasciate straniere a Tirana e chiesero asilo politico. Il primo gruppo di immigrati che dall’Albania si diressero in Italia, partì il 3 luglio 1990, e dopo un’attraversata compiuta su di una zattera, sbarcò ad Otranto. Seguì a breve un esodo di massa verso l’Italia, di cui furono protagonisti circa 25. 000 persone, alcune sbarcate nel porto di Bari, altre in quello di Otranto ed altre ancora in quello di Brindisi. Su 21. 800 persone che giunsero in Italia, di 8. 800 si persero le tracce. Un secondo consistente contingente composto da 20. 000 persone, raggiunse l’Italia nel 1991. Dopo qualche anno di pausa nel 1997 ricominciarono flussi migratori di notevoli consistenza. Nel 1997 si verificò il crollo delle “piramidi finanziarie” ovvero di quelle imprese di raccolta e gestione del risparmio pubblico che promettevano interessi elevatissimi dando agli albanesi l’illusione di un facile e rapido guadagno, così che molte famiglie che investirono tutto ciò che possedevano (persino la casa) persero tutto. Molte di queste finanziarie erano collegate con la classe politica dirigente e lo stesso presidente Sali Berisha aveva rassicurato la popolazione sulla serietà di queste istituzioni. Le finanziarie sono state per anni degli ottimi ammortizzatori per attenuare i conflitti sociali, economici e politici che potevano crearsi nel paese. In seguito al crollo delle finanziarie molti albanesi si trovarono senza soldi, senza lavoro, senza una casa, ma soprattutto senza prospettive per il futuro e privi di fiducia nelle istituzioni politiche. Le prime manifestazioni di piazza furono pacifiche e democratiche, ma di fronte all’indifferenza del governo ed alla sua linea politica autoritaria e repressiva, i ribelli decisero di imbracciare le armi. In poco tempo la rivolta si estese a tutto il sud facendo scomparire ogni forma di Stato, dopo di che si estese a tutto il paese. I fattori che alimentarono i flussi migratori furono la disoccupazione, intesa sia come mancanza di lavoro che come presenza di lavoro poco soddisfacente. Gli albanesi lasciarono il paese certi che all’estero avrebbero trovato con facilità un lavoro che gli avrebbe permesso di vivere in condizioni migliori. Altri aspetti condizionanti furono la mancanza di istituzioni efficienti e democratiche, l’anarchia politica e la sfiducia nella classe politica dirigente. I primi albanesi che abbandonarono la loro terra d’origine erano quasi esclusivamente maschi, giovani e celibi; al secondo esodo presero parte anche i capi famiglia, alimentando a breve anche il fenomeno dei ricongiungimenti famigliari. Pochi furono gli albanesi che in Italia condivisero l’abitazione con amici o connazionali, quasi tutti furono in un primo momento ospitati da un parente, dopo di che una volta trovato un lavoro e raggiunta una certa indipendenza economica andavano a vivere da soli. E’ necessario fare una distinzione tra gli immigrati legali( ovvero coloro che lasciarono il paese con un visto di ingresso poi tramutato in un regolare permesso di soggiorno) e gli immigrati irregolari, (ovvero clandestini arrivati irregolarmente e difficilmente regolarizzabili). Tra il 1990 ed il 1991 gli immigrati albanesi in Italia passarono da 2. 034 a 26. 381, per poi riscontrare nuna grandissima impennata tra il 1995 - 96 ed il 1996 - 97.

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ESTRATTO DA LA VALSUSA Il 14 marzo 1991 giungono a Susa21 365 albanesi, la maggior parte sono uomini, tra di loro vi sono anche 30 donne ed alcuni bambini. In quei giorni sbarcarono a Brindisi circa 25. 000 profughi che, dopo un periodo di permanenza nel centro di raccolta pugliese, vennero smistati in diverse località italiane. Il Ministero stabilì che gli albanesi sarebbero rimasti nei vari centri di raccolta sparsi sul territorio nazionale da marzo fino a luglio e sull’intero territorio nazionale scattò il meccanismo della solidarietà che coinvolse non solamente le istituzioni civili e religiose ma anche i privati. Al momento del loro arrivo a Susa vennero immediatamente schedati e visitati. Circa un centinaio di persone si fermarono stabilmente nei comuni di Susa e Bussoleno: alcuni trovarono casa e lavoro ed in breve tempo presentarono domanda di ricongiungimento con le loro famiglie rimaste in Albania; altri vennero accolti ed assistiti da strutture quali la Parrocchia e la Caritas; altri ancora dopo una breve permanenza tornarono in patria o andarono in altre località italiane. Durante il loro periodo di permanenza nella Caserma Cascino gli albanesi dovevano rispettare rigorosamente gli orari in cui era consentito uscire dalla struttura di accoglienza: dalle 7. 00 del mattino alle 21. 30 (precauzione necessaria per evitare problemi di ordine pubblico). Quasi tutti i profughi conoscevano alcune parole di italiano in quanto in Albania potevano seguire senza difficoltà i programmi trasmessi della televisione italiana. Al momento del loro arrivo a Susa i giornalisti della stampa locale intervistarono a campione alcuni residenti segusini per sondare quale tipo di accoglienza gli abitanti di Susa avrebbero riservato agli immigrati. Le risposte furono concordi:non ci sarebbero stati problemi se i nuovi arrivati non avessero avanzato troppe pretese. Alcuni giovani albanesi trovarono occupazioni occasionali quali ad esempio aiutare i giostrai ad aprire e chiudere le attrazioni ad inizio e chiusura della loro giornata lavorativa, aiutare i residenti nello svolgimento di piccoli lavori. Fortunatamente i tanto temuti problemi di ordine pubblico non si manifestarono. Al momento dell’assegnazione delle località in cui sarebbero stati ospitati provvisoriamente si verificarono alcuni imprevisti ovvero alcune famiglie di profughi vennero divise, una parte destinati a aree del centro, per cui si dovette procedere per ricongiungere le famiglie in tempi brevi. Durante il periodo di permanenza presso la Caserma fu possibile raccogliere le storie di vita di alcuni profughi. Il 26 aprile 1991 apre la scuola d’italiano per permettere ai profughi albanesi di migliorare la loro conoscenza dell’italiano. Le prime lezioni vennero tenute all’interno della caserma, successivamente venne trasferita presso la Casa di Accoglienza delle Suore di Susa. Ci sono circa 20 partecipanti, il più giovane ha 16 anni. Le lezioni sono impostate su attività didattiche che si avvalgono per ora di schede operative illustrate ed appositamente programmate; sono articolate in alcuni momenti di conversazione, in altri in cui vengono approfondite sintassi ed ortografia. Fanno parte del gruppo di studio alcuni “interpreti” che facilitano il processo di comunicazione tra docenti ed alunni. Nel caso in cui anche l’intervento dell’interprete risultasse inefficace, allora si procede utilizzando la gestualità, la mimica ed i pittogrammi. È necessario progettare un lavoro che sia di immediata comprensione, in modo tale che i vocaboli in esame siano adeguatamente accompagnati dalle immagini. L’attenzione degli alunni è viva, il desiderio di conoscere abitudini ed impostazioni di vita così diversi dalla loro, non permette cali di partecipazione. Durante le lezioni sono state trattate tematiche quali il tempo libero, lo sport, le abitudini alimentari, le stagioni, locali pubblici, la città di Susa e le sue vestigia storiche.

Le lezioni si svolgono due giorni alla settimana ed hanno la durata di due ore. Alcuni di coloro che frequentano la scuola non riescono ad essere sempre presenti o perché hanno trovato un lavoro provvisorio o perché sono alla ricerca di una sistemazione abitativa. La scuola di italiano è sotto la supervisione del Direttore Didattico Angelo Ainardi.

21 Estratto da La Valsusa 21/03/1991

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FONTI

OSSERVATORIO INTERISTITUZIONALE SUGLI STRANIERI Prefettura di Torino, Rapporto 2005

Cestim.it/sezioni/dati_statistici

Caritas / Migrantes Immigrazione Dossier Statistico 2008 XVIII Rapporto, Aree di origine, presenze, inserimento, lavoro, territorio

www.piemonteincifre.com

www.piemonteimmigrazione.it/PDF/rapporto2007piemonte.pdf

www.demo.istat.it/strasa

Prefettura di Torino: Osservatorio interistuzionale sugli stranieri, Provincia di Torino Servizio Solidarietà Sociale, a cura di Silvia Tosco e Natalina Vaschetti

ISTAT - Istituto Nazionale di Statistica, Ufficio Territoriale per il Piemonte e la Valle d’Aosta – Sede di Torino: Alcuni aspetti della presenza straniera nella provincia di Torino, a cura di Luisa Ciardelli

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INDAGINE SOCIOLINGUISTICA CONDOTTA DALLO SPORTELLO

LINGUISTICO DEL COMUNE DI SUSA

QUESTIONARIO

Il questionario può essere lasciato anonimo oppure coloro che desiderano fornirci ulteriori

considerazioni sull’ argomento possono indicarci il nome, cognome, indirizzo e recapito telefonico

per essere contattati dallo Sportello Linguistico del Comune di Susa.

Il questionario può essere riconsegnato presso l’ ufficio protocollo del comune di Susa.

Sesso: M F ; Età: ………………..

Titolo di studio: ………………………………………………………………….

professione: nella località d’origine………………………………

in Italia……………………………………………………….

o Di quale stato estero è originario? Specificare la località…………………………………………………….

o In che anno si è trasferito a Susa?.............................................................................................

o Quanti anni aveva?....................................................................................................................

o Per quale motivo lei o la sua famiglia si è trasferita a Susa?....................................................

o Precedentemente al suo arrivo, erano già residenti in questo comune dei suoi

parenti/conoscenti?

...................................................................................................................................................

o Ha richiesto la cittadinanza italiana?.........................................................................................

o Ha intenzione di richiederla?.....................................................................................................

o Ha avuto difficoltà ad integrarsi nella nuova comunità? …………………………………………………......

o Se si, quali?..........................................................................................................................

...................................................................................................................................................

...................................................................................................................................................

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o Conosceva già l’italiano prima di arrivare in Italia?................................................................

o In caso contrario, come lo ha appreso?..................................................................................

o Ha frequentato dei corsi di lingua italiana per stranieri?.......................................................

o Ha avuto difficoltà ad integrarsi nella classe? Se si, perché?

...................................................................................................................................................

...................................................................................................................................................

...................................................................................................................................................

o Per giovani fino a 18 anni: quali scuole hai frequentato in Italia?

Materna Elementari Medie Superiori

o Quando ha cominciato a lavorare, ha avuto difficoltà ad integrarsi con i suoi colleghi? Se sì,

perché?

……………………………………………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………………………………………

…………………………………………………………………………………………………………………………………………..

o Ha mantenuto un forte legame con la sua comunità di origine? ………………………………………..

o Nel caso in cui sia in grado di comprendere e di parlare il dialetto della sua comunità di

origine, oggi ha la possibilità di parlarlo ancora abitualmente con la sua famiglia o con i suoi

parenti? ……………………………………………………………………………………………………………………………….

o I suoi figli sono in grado di parlare o comprendere la lingua

d’origine?...................................................................................................................................

o I suoi figli sono in grado di parlare o comprendere il dialetto del suo paese di

origine?......................................................................................................................................

o I suoi genitori sono/erano entrambi originari della stessa località? ……………………………………..

o Nel caso in cui non provenissero della stessa località, in che lingua comunicavano tra di

loro?..........................................................................................................................................

Autorizzo il trattamento dati ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196

Nome…………………………………………………………………………………………………..

Cognome……………………………………………………………………………………………..

Indirizzo……………………………………………………………………………………………….

Telefono………………………

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INDAGINE SOCIOLINGUISTICA CONDOTTA DALLO SPORTELLO

LINGUISTICO DEL COMUNE DI SUSA

QUESTIONARIO

Il questionario può essere lasciato anonimo oppure coloro che desiderano fornirci ulteriori

considerazioni sull’ argomento possono indicarci il nome, cognome, indirizzo e recapito telefonico

per essere contattati dallo Sportello Linguistico del Comune di Susa.

Il questionario può essere riconsegnato presso l’ ufficio protocollo del comune di Susa.

Sesso: M F ; Età: ………………..

Titolo di studio: ………………………………………………………………….

professione: nella località d’origine………………………………

in Italia……………………………………………………….

o Di quale stato estero è originario? Specificare la località…………………………………………………….

o In che anno si è trasferito a Susa?.............................................................................................

o Quanti anni aveva?....................................................................................................................

o Per quale motivo lei o la sua famiglia si è trasferita a Susa?....................................................

o Precedentemente al suo arrivo, erano già residenti in questo comune dei suoi

parenti/conoscenti?

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o Ha richiesto la cittadinanza italiana?.........................................................................................

o Ha intenzione di richiederla?.....................................................................................................

o Ha avuto difficoltà ad integrarsi nella nuova comunità? …………………………………………………......

o Se si, quali?..........................................................................................................................

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o Conosceva già l’italiano prima di arrivare in Italia?................................................................

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o In caso contrario, come lo ha appreso?..................................................................................

o Ha frequentato dei corsi di lingua italiana per stranieri?.......................................................

o Ha avuto difficoltà ad integrarsi nella classe? Se si, perché?

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o Per giovani fino a 18 anni: quali scuole hai frequentato in Italia?

Materna Elementari Medie Superiori

o Quando ha cominciato a lavorare, ha avuto difficoltà ad integrarsi con i suoi colleghi? Se sì,

perché?

……………………………………………………………………………………………………………………………………………

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…………………………………………………………………………………………………………………………………………..

o Ha mantenuto un forte legame con la sua comunità di origine? ………………………………………..

o Nel caso in cui sia in grado di comprendere e di parlare il dialetto della sua comunità di

origine, oggi ha la possibilità di parlarlo ancora abitualmente con la sua famiglia o con i suoi

parenti? ……………………………………………………………………………………………………………………………….

o I suoi figli sono in grado di parlare o comprendere la lingua

d’origine?...................................................................................................................................

o I suoi figli sono in grado di parlare o comprendere il dialetto del suo paese di

origine?......................................................................................................................................

o I suoi genitori sono/erano entrambi originari della stessa località? ……………………………………..

o Nel caso in cui non provenissero della stessa località, in che lingua comunicavano tra di

loro?..........................................................................................................................................

Autorizzo il trattamento dati ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196

Nome…………………………………………………………………………………………………..

Cognome……………………………………………………………………………………………..

Indirizzo……………………………………………………………………………………………….

Telefono……………………………………………………………………………………………..

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COMMENTO AI QUESTIONARI

Per avere un quadro d’insieme di come si sono integrati gli stranieri nel tessuto sociale di Susa, è stato consegnato un questionario.

La prima parte del questionario richiedeva agli intervistati informazioni riguardanti: il sesso, l’età, il titolo di studio, la professione, il loro Stato di provenienza, l’anno di arrivo, la loro età al momento dell’arrivo a Susa ed infine il motivo del trasferimento. Dalle risposte si evince che su 73 persone interpellate 31 sono donne e 42 uomini; la fascia di età prevalente è quella compresa tra i 30 ed i 40 anni; il livello di scolarizzazione è piuttosto elevato in quanto buona parte di loro è in possesso di un diploma (24), sono in 30 coloro che hanno conseguito la licenza media, alcuni hanno conseguito in patria la laurea (4), ed è quasi irrilevante la percentuale di coloro che sono in possesso di un titolo di studio elementare (2). Dal punto di vista professionale molti uomini svolgono l’attività di operai o di muratori ma non mancano episodi di una certa specializzazione professionale; le donne sono per lo più impegnate nei servizi alla persona (badanti o colf). Per quel che riguarda il paese di origine, 22 provengono dal Marocco, 28 dall’Albania, 18 dalla Romania, 2 dalla Russia, 1 dal Kosovo, 1 dal Brasile ed 1 dalla Francia. Dai questionari risulta che coloro che risiedono a Susa da più tempo (fin dai primi anni Novanta) sono di origine marocchina e l’età media al momento del loro arrivo a Susa era dì circa 30 anni. Il motivo che ha spinto queste persone ad abbandonare il loro paese di origine è in prevalenza la ricerca di un lavoro che permettesse di vivere in modo dignitoso (37 persone). Le donne (14) dichiarano di essere giunti a Susa per ricongiungersi con la famiglia o per garantire un futuro migliore ai figli. Vengono indicati tra i motivi anche la necessità di fuggire dalla guerra.

ANNO DI ARRIVO

QUANTITA' DI

IMMIGRATI ANNO DI ARRIVO

QUANTITA' DI

IMMIGRATI

1990 4 1999 6

1991 2 2000 7

1992 0 2001 3

1993 3 2002 7

1994 1 2003 4

1995 5 2004 5

1996 2 2005 4

1997 2 2006 3

1998 0 2007 4

La seconda parte del questionario mira ad approfondire se ci fossero o meno dei parenti già residenti a Susa, se avessero già richiesto la cittadinanza o, in caso di risposta negativa ,se avessero intenzione di richiederla. Tra gli intervistati 48 avevano già dei parenti o amici residenti a Susa, 21 non avevano nessun conoscente o parente a Susa al momento del loro arrivo, 4 non hanno risposto. Si indaga poi sulle difficoltà di integrazione, chiedendo di specificare, in caso ce ne fossero state, quali fossero. Molti al momento del loro arrivo potevano contare sulla presenza di

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parenti o conoscenti; i primi immigrati albanesi giunti in Italia agli inizi degli anni Novanta hanno potuto contare sull’appoggio di associazioni di volontariato quali ad esempio la Caritas o la parrocchia.

Per quel che riguarda la cittadinanza, occorre fare una distinzione sulla provenienza degli stranieri: i marocchini tendono a rimanere legati alla loro identità di origine, per cui la richiesta della cittadinanza non rientra tra le loro priorità; di contro per molti rumeni la richiesta della cittadinanza rientra tra gli obiettivi prioritari. 51 degli intervistati non ha richiesto la cittadinanza e tra questi 36 sono intenzionati a richiederla, 10 non hanno intenzione di farvi domanda e 5 non si esprimono; 22 immigrati l’hanno già richiesta.

La terza parte riguarda la lingua italiana, per cui si richiede se al momento del loro arrivo conoscevano già l’italiano, in caso contrario come lo hanno appreso e se hanno frequentato i corsi di lingua italiana. La risposta ricorrente è che l’italiano è stato appreso o guardando la televisione o parlando con la gente, sono pochi coloro che hanno frequentato corsi di lingua italiana per stranieri. Le famiglie che si sono trasferite in Italia con bambini in età scolare, seguono assiduamente i figli negli studi così che approfondiscono la conoscenza della lingua seguendo i loro programmi scolastici.

Nella quarta parte si indaga sulla loro integrazione a livello lavorativo: la maggior parte dichiara di non aver avuto grandi difficoltà di inserimento: raramente sono stati riscontrati atteggiamenti prepotenti, per lo più le complicazioni sono rappresentate dalla lingua (a volte si sentivano presi in giro perché non riuscivano ad esprimersi speditamente ed adeguatamente).

L’ultima parte del questionario è specifica sul rapporto che hanno mantenuto con il loro paese di origine: viene chiesto se in famiglia parlano la loro lingua di origine, se i loro figli sono in grado di parlarla, se i figli comprendono il dialetto di origine della loro terra, se i genitori degli interessati erano entrambi originari dello stesso paese ed in che lingua comunicassero tra di loro (lingua ufficiale o dialetto). A seconda del paese di origine variano le risposte: i marocchini anche a distanza di anni hanno mantenuto un fortissimo legame con la loro comunità di origine, i rumeni al contrario non sentono così forte il legame con le loro radici (tornano se possibile ogni anno a far visita ai loro famigliari ma preferiscono la vita che conducono in Italia). A livello linguistico i genitori continuano a parlare in casa la loro lingua di origine, di contro i figli preferiscono esprimersi in italiano perché risulta loro più immediato (conservano una competenza passiva della lingua dei genitori mentre quella attiva risulta più difficoltosa).

Il questionario è stato somministrato ai residenti a Susa originari di altre regioni d’Italia oltre alle notizie sul sesso, l’anno di nascita, paese di origine, età di arrivo, motivo del trasferimento ed eventuali difficoltà di integrazione, si indagava sul fatto se avessero appreso o meno il piemontese ed il dialetto franco provenzale, se fossero interessati ad apprenderlo. Anche l’ultima parte è in comune al questionario somministrato agli extracomunitari, e si indaga sul legame che hanno mantenuto con la loro comunità di origine, se in famiglia parlano la lingua del loro paese di origine, se parla o comprende il piemontese, se i figli parlano o comprendono il loro dialetto di origine.

Le risposte ottenute dai questionari permettono di avere un quadro abbastanza preciso di quello che è stata l’immigrazione a Susa delle persone originarie dalle altre regioni d’Italia. Coloro che si tra

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Ricerca Sociolinguistica Città di Susa 2008 – Valle di Susa 83

sferirono a Susa , al momento del loro arrivo in Valle erano molto giovani, quasi tutti adolescenti o al massimo trentenni. Il motivo del loro trasferimento era per lo più legato alla ricerca del lavoro, in qualche caso perché in seguito al matrimonio si trasferivano stabilmente a Susa.

Alcuni avevano già dei parenti residenti nella città su cui fare riferimento, altri si trasferivano senza la “tranquillità” di avere un appoggio. Al momento del loro arrivo la maggior parte non ha dichiarato di aver avuto problemi di integrazione, le difficoltà che vengono espresse sono legate al clima (decisamente rigido), alla lingua (il piemontese ed il patois erano incomprensibili ed esprimersi in italiano richiedeva uno sforzo non indifferente). Alla domanda se abbiano o meno appreso il piemontese, la risposta è in parte affermativa, in parte negativa in quanto coloro che sono da molti anni residenti a Susa sono in grado di comprendere il piemontese, pochi hanno anche acquisito una competenza attiva del piemontese . Il patois francoprovenzale non è invece entrato a far parte del patrimonio linguistico di coloro che si sono trasferiti a Susa dalle altre regioni d’Italia.

Per quel che riguarda l’inserimento nel mondo scolastico, quasi tutti dichiarano di non avere avuto difficoltà di inserimento, certo non negano di aver dovuto superare una certa diffidenza non tanto da parte dei compagni di classe quanto piuttosto dalle loro famiglie.

Quasi tutti dichiarano di aver mantenuto un forte legame con la loro terra di origine, ogni anno quasi tutti tornano nella loro città natale dove ancora risiedono i loro parenti; sono soprattutto i calabresi che continuano a mantenere molto vivi i rapporti con la loro comunità di origine (basti pensare al gemellaggio tra Susa e la città di Paola.

Il questionario ha voluto approfondire anche il rapporto che c’è tra i figli (seconda generazione) e il dialetto della comunità di origine: quasi tutti non sono più in grado di utilizzarlo, la maggior parte di loro ne aveva una competenza passiva, in quanto il dialetto era utilizzato quotidianamente nelle conversazioni dei loro genitori .

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Sportello Linguistico Città di Susa] 6 MAGGIO 2009

Ricerca Sociolinguistica Città di Susa 2008 – Valle di Susa 84

RINGRAZIAMENTI

Lo sportello linguistico ringrazia:

il personale dell’ufficio anagrafe e della biblioteca del Comune di Susa

il direttore, i presidi e le segreterie delle scuole elementari, medie e superiori di Susa

e tutti quanti che con le loro testimonianze hanno reso possibile la realizzazione di questa ricerca