CITTÀ DI SAVONA A CAMPANASSA 10 aprile 1191 - 10 aprile ...

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NOTIZIARIOTRIMESTRALE DI STORIA, ARTE, CULTURA, ECONOMIAE VITASOCIALE - Direzione e Amministrazione: SAVONA- Piazza Brandale, 2. ANNO XLII - NUMERO 1/2015 - Direttore: Carlo Cerva. - Dir. resp.: Fabio Sabatelli. Stampa: Marco Sabatelli Editore, Savona - Aut. Trib. Savona - N.217 del 21-12-73 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, Direzione Commerciale Business Savona. CITTÀ DI SAVONA A CAMPANASSA 10 aprile 1191 - 10 aprile 2015 824º Anniversario “Savona Libero Comune” Invito Venerdì 10 aprile 2015 Programma ore 17,00 Raduno in Piazza del Brandale ore 17,30 Partenza del corteo e sfilata lungo le vie del centro storico medioevale al suono dei rintocchi della Campanassa ore 18,00 Piazza del Brandale Lettura dell’Editto con il quale il Marchese Ottone del Carretto vendette le terre savonesi al Podestà rendendo “Savona Libero Comune” Intervento dei Musici di Pro Musica Antiqua con brani di musica rinascimentale Inaugurazione sala: CRISTOFORO COLOMBO - DE MARI - ANTICHI MESTIERI A fine cerimonia sarà possibile visitare il Complesso del Brandale Buona Pasqua La Pasqua ci dice che ogni fatto buono che viviamo e ogni sentimento pulito che proviamo sono “esperienze di risurrezione”. E noi siamo chiamati a farle crescere, a svilupparle, a raccontarle, perchè diventino patrimonio della comunità intera. 10 Maggio 1815 Incoronazione di Maria Madre di Misericordia da parte del Papa Pio VII

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NOTIZIARIO TRIMESTRALE DI STORIA, ARTE, CULTURA, ECONOMIA E VITA SOCIALE - Direzione e Amministrazione: SAVONA - Piazza Brandale, 2. ANNO XLII - NUMERO 1/2015 - Direttore: Carlo Cerva. - Dir. resp.: Fabio Sabatelli.Stampa: Marco Sabatelli Editore, Savona - Aut. Trib. Savona - N. 217 del 21-12-73 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, Direzione Commerciale Business Savona.

CITTÀ DI SAVONA A CAMPANASSA

10 aprile 1191 - 10 aprile 2015

824º Anniversario“Savona Libero Comune”

Invito

Venerdì 10 aprile 2015

Programma

ore 17,00Raduno in Piazza del Brandale

ore 17,30Partenza del corteo e sfilata lungo le viedel centro storico medioevale al suono

dei rintocchi della Campanassa

ore 18,00Piazza del Brandale

Lettura dell’Editto con il qualeil Marchese Ottone del Carretto

vendette le terre savonesi al Podestà rendendo“Savona Libero Comune”

Intervento dei Musici di Pro Musica Antiquacon brani di musica rinascimentale

Inaugurazione sala:CRISTOFORO COLOMBO - DE MARI - ANTICHI MESTIERI

A fine cerimonia sarà possibile visitareil Complesso del Brandale

Buona PasquaLa Pasqua ci dice che ogni fatto buono che viviamo e ogni

sentimento pulito che proviamo sono “esperienze di risurrezione”.E noi siamo chiamati a farle crescere, a svilupparle,

a raccontarle, perchè diventino patrimonio della comunità intera.

10 Maggio 1815Incoronazione di

Maria Madre di Misericordiada parte del Papa Pio VII

A Campanassa N.1/20152

VITA DELL’ASSOCIAZIONE

Gruppo Storico“A Campanassa”Città di SavonaVuoi far parte del gruppo

storico “A Campanassa”Città di Savona? Contatta lasegreteria della Associazio-ne e iscriviti come Figuran-te, Armigero o Musicante,parteciperai alla vita delGruppo e sfilerai nelle piùimportanti rappresentazionistoriche. Tel. 019-821379,oppure al 347-9800982.

Compagniateatrale dialettale“A Campanassa”Città di Savona

protagonisti cercansiVuoi entrare nel fantastico

mondo del Teatro dialettale? LaCompagnia Dialettale “A Cam-panassa” Città di Savona, lanostra Compagnia, ti aspetta perun provino.

Telefonare al lunedì o al gio-vedì pomeriggio delle ore 16,00alle ore 18,00 al n. 019-821379,3479800982, 3393209981

NUOVI SOCIApicella PaoloBerté DanieleBonifacino AndreaCaldera MassimilianoCalvi GraziellaCampanale GioiaCeruti BrunoCoggiola GiorgioCrescini GiovannaFadda VirginioFilippi MarcoFiore FulvioFrumento CarloFrumento GiambattistaGhisolfo FrancescaIstituto Internazionale Studi

Liguri - Sezione SabaziaMurialdo LucaOreglia GiovannaOlivieri LuigiOrtis Casati FrancaPanerati DylanPoggi FabrizioTorello PaolaTracchi NadiaUmidio MarinoZanella Marco

Il Consiglio Direttivo e ilPresidente porgono ai nuovisoci il più cordiale benvenutonella nostra famiglia.

SOCI DEFUNTI

Cantarella Beccarini Crescenzi Lidia

Ghigliazza Giovanni Battista

Il Consiglio Direttivo e ilPresidente porgono alla fami-glia le più sentite condoglianze.

Gruppo di studio“Amixi d’u dialettu”

della “A Campanassa”Gli amici del dialetto che

si riuniscono 2 volte al mesesotto la guida del prof. EzioViglione per imparare lagrafia sabazia, per approfon-dire curiosità lessicali, perpronunciare correttamente ildialetto di “Letimbria”, percondividere le proprie pro-duzioni, attendono nuoviamici (soci) per viveremomenti gioiosi nello spi-rito dei padri.

Tel. 019-821379

Iscrizionialla “A Campanassa”

Chi desidera associarsi, può recarsi presso la sede del-l’Associazione, P.zza del Brandale 2, nei giorni di lunedìe giovedì, dalle ore 16 alle ore 18,00.

A.A.A. ATTENZIONEQuota sociale

La “A Campanassa”, per vivere, conta soprattutto sullaquota annuale versata puntualmente dagli associati di Euro20 (venti).

Ai soci che non l’hanno ancora fatto, e che certamente hanno acuore la nostra Associazione, chiediamo di mettersi in regola. Nu-mero C/C postale 13580170 A Campanassa Associazione Sa-vonese.

Si può adempiere a quello che è un preciso obbligo versol’Associazione anche direttamente presso la segreteria opresso il “Touring Club Italiano” in via Verzellino 64 r.

La convocazionedell’Assemblea generaledei Soci avviene tramite

comunicazione sul nostroperiodico trimestrale,per motivi di caratterepratico ed economico.

In tale senso ha deliberato,all’unanimità, l’assemblea

generale dei socidel 28 giugno 2014.

A Campanassa N.1/2015 3

VITA DELL’ASSOCIAZIONE

CALENDARIO ATTIVITÀAPRILE, MAGGIO, GIUGNO 2015

18 Marzo Mercoledì N.S. di Misericordia. Festa Patronale.Appuntamento al Santuario.

22 Marzo Domenica Visita guidata.Complesso del Brandale, ore 15.00

10 Aprile Venerdì “Savona Libero Comune” 824º Anniversario.Inaugurazione sala:Cristoforo Colombo - De Mari - Antichi mestieri.Programma: vedi copertina.

17 Maggio Domenica Inaugurazione XXXIV Corso Propedeutico diChirurgia della Mano.

24 Maggio Domenica ore 15.00 – Visita guidata al Complesso del Brandale.Palazzo dell’Anziania, ore 17.00 – Concerto Pianoforte e voce di Ivano Nicolini.

Programma vedi pag. 24/25.

30 Maggio Sabato Premiazione concorso “Beppin da Cà”.Sala dell’Anziania, ore 15.30 Sez. B ScuolaSala dell’Angiolina, ore 17.30 Sez. A Adulti

6 Giugno Sabato, ore 17.00 Conferenza di Rinaldo Massucco e Fulvio Parodi,Palazzo dell’Anziania illustrata con audiovisivi. “Tra mistero, arte e fede:

la chiesa di S. Rita, una presenza importante per Savona”.

13 Giugno Sabato, ore 21.00 Concerto dell’Ensemble Fuggilozio.Palazzo dell’Anziania Programma vedi pag. 26.

21 Giugno Domenica Gita all’Abbazia di Tiglieto,Telefonare a: “A Campanassa” 019 821379 (lunedì e giovedì)Maria Giovanna 320 0617277 / Marco 347 9800982Carlo 329 1576352

27 Giugno Sabato Assemblea Generale dei Soci.

Associazione Savonese “A Campanassa”

ASSEMBLEA GENERALE DEI SOCIIl Parlamento Generale (Assemblea Generale dei Soci), è indetto ai sensi dell’articolo 8 dello Statuto Sociale, il giorno27 giugno 2015 in prima convocazione alle ore 15.00 ed alle ore 16.30 in seconda convocazione, presso la Sede Socialein Piazza del Brandale n. 2, Savona.Sono iscritti all’Ordine del Giorno i seguenti argomenti:

1) Nomina Ufficio Presidenza Assemblea;2) Lettura ed approvazione verbale del Parlamento precedente;3) Relazione morale del Presidente (Maestro Anziano);4) Relazione finanziaria del Tesoriere (Rettore di Malapaga);5) Relazione dei Revisori dei Conti (Collegio dei Sindacatori);6) Varie ed eventuali.

Con viva cordialità. Il Presidente(Maestro Anziano)

Carlo Cerva

A Campanassa N.1/20154

www.change.org/p/un-intervento-per-la-lingua-italiana-dilloinitaliano

UNA PETIZIONE PER INVITARE IL GOVERNOITALIANO, LE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE,

I MEDIA, LE IMPRESE, A PARLAREUN PO’ DI PIÙ, PER FAVORE, IN ITALIANO

La lingua italiana è la quarta piùstudiata al mondo. Oggi paroleitaliane portano con sé dappertuttola cucina, la musica, il design, lacultura e lo spirito del nostro pae-se. Invitano ad apprezzarlo, a co-noscerlo meglio, a visitarlo.

Le lingue cambiano e vivonoanche di scambi con altre lingue.L’inglese ricalca molte paroleitaliane (“manager” viene dall’i-talianomaneggiare, “discount”da scontare) e ne usa molte cosìcome sono, da studio a mortadel-la, da soprano a manifesto.

La stessa cosa fa l’italiano: mol-te parole straniere, da computer atram, da moquette a festival, dakitsch a strudel, non hanno corri-spondenti altrettanto semplici, ef-ficaci e diffusi. Privarci di questeparole per un malinteso desideriodi “purezza della lingua” nonavrebbe molto senso.

Ha invece senso che ci sforzia-mo di non sprecare il patrimoniodi cultura, di storia, di bellezza,di idee e di parole che, nella no-

stra lingua, c’è già. Ovviamente,ciascuno è libero di usare tutte leparole che meglio crede, con l’u-nico limite del rispetto e della de-cenza. Tuttavia, e non per obbligoma per consapevolezza, parlandoitaliano potremmo tutti interrogar-ci sulle parole che usiamo. A mag-gior ragione potrebbe farlo chi haruoli pubblici e responsabilità piùgrandi.

Molti (spesso oscuri) termini in-glesi che oggi inutilmente ricorro-no nei discorsi della politica e neimessaggi dell’amministrazionepubblica, negli articoli e nei servi-zi giornalistici, nella comunica-zione delle imprese hanno efficacicorrispondenti italiani. Perché nonscegliere quelli? Perché, peresempio, dire “form” quando sipuò dire modulo, “jobs act” quan-do si può dire legge sul lavoro,“market share” quando si può direquota di mercato?

Chiediamo all’Accademia del-la Crusca di farsi, forte del no-stro sostegno, portavoce e auto-

revole testimone di questa istan-za presso il Governo, le ammini-strazioni pubbliche, i media, leimprese. E di farlo ricordando al-cune ragioni per cui sceglieretermini italiani che esistono e so-no in uso è una scelta virtuosa.

1) Adoperare parole italianeaiuta a farsi capire da tutti. Ren-de i discorsi più chiari ed effica-ci. È un fatto di trasparenza e didemocrazia.

2) Per il buon uso della lingua,esempi autorevoli e buone prati-che quotidiane sono più efficacidi qualsiasi prescrizione.

3) La nostra lingua è un valo-re. Studiata e amata nel mondo, èun potente strumento di promo-zione del nostro paese.

4) Essere bilingui è un vantag-gio. Ma non significa infarcire ditermini inglesi un discorso italia-no, o viceversa. In un paese cheparla poco le lingue stranierequesta non è la soluzione, ma èparte del problema.

5) In itanglese è facile usare

termini in modo goffo o scorret-to, o a sproposito. O sbagliarenel pronunciarli. Chi parla comemangia parla meglio.

6) Da Dante a Galileo, da Leo-pardi a Fellini: la lingua italianaè la specifica forma in cui si arti-colano il nostro pensiero e la no-stra creatività.

7) Se il nostro tessuto lingui-stico è robusto, tutelato e condi-viso, quando serve può essere ar-ricchito, e non lacerato, anchedall’inserzione di utili o evocati-vi termini non italiani.

8) L’italiano siamo tutti noi:gli italiani, forti della nostraidentità, consapevoli delle nostreradici, aperti verso il mondo.

Se sei d’accordo firma, parla-ne, condividi in rete. E falloadesso. Grazie!petizione di Annamaria testa

link per firmarehttps://www.change.org/p/un-in-tervento-per-la-lingua-italiana-dilloinitaliano

�Se anche voi non sopportate che in ufficio si dà la mission diproporre uno step che esalti il brand e individui una location dovebriffare i competitor. Se anche voi, ogni volta che al telegiornalequalche politico affamato di potrone denuncia problemi di gover-nance, vi monta un tale prurito alle dita che avreste voglia di kil-larlo, ma vi limitate a schiacciare il tasto del telecomando come sefosse un ragno. Se anche voi pensate che quando qualcuno non sacosa dire lo dice in inglese, specie se non sa neppure l’inglese, al-lora vi suggerisco di leggere e firmare la petizione all’Accademiadella Crusca lanciata su «Internazionale» da Anna Maria Testa erintracciabile ai seguenti indirizzi: Change.org e #dilloinitaliano.

Nell’aderirvi entusiasticamente col maestro e collega di corsiviMichele Serra di «Repubblica» si è pensato di allargare il campo

di battaglia a un’altra e forse speculare deformazione del linguag-gio. L’abuso di romanesco che ci viene inflitto ogni giorno in tele-visione, specie e purtroppo sui canali del servizio pubblico. Nellefiction, come nei programmi di intrattenimento e di giornalismo,sembra diventato indispensabile ostentare una cadenza strascicatache della lingua immortale di Trilussa conserva soltanto la buccia,mentre la polpa è ridotta a uno sciatto e arrogante balbettio, spessoincomprensibile oltre la cerchia dei sette colli. L’invito a politici,attori e commentatori che vivono in quella splendida location è dicompiere uno sforzo di umiltà e beneficio di noi provinciali. C’èdi sicuro una parola italiana per dire location. Ma ce ne deve esse-re una persino per dire annamo.

Da “La Stampa” 20/2/2015

BuongiornoMASSIMO GRAMELLINI

Dillo in italiano

ARMERIA TESSITOREARMERIA TESSITORE

TIRO - CACCIA - TRAP

Via Nazario Sauro 23 r - 17100 Savona - tel. 019.824.684 - Fax 019.853.937

A Campanassa N.1/2015 5

CONSULTA CULTURALE SAVONESE

16-21 marzo 2015

S. GIACOMO (E MIRAMARE),PER UN NUOVO

RINASCIMENTO SAVONESEUna mostra e un convegno

L’interno della chiesa quattrocentesca di S. Giacomo come si presentava fino alla me-tà dell’Ottocento e come potrà essere recuperato (con le preziose capriate lignee econ il caratteristico e raro pontile sopraelevato, sovrastato dall’arco trionfale che loseparava dalla cappella absidale: disegno arch. Gianni Venturino).

Dal 16 al 21 marzo anche laConsulta Culturale Savonese (conle quattro associazioni che coordi-na per una comune politica cultu-rale: A Campanassa, l’Istituto diStudi Liguri, Italia Nostra e la So-cietà Savonese di Storia Patria) sa-rà compartecipe della settimanadedicata al complesso monumen-tale dell’ex-chiesa e convento di S.Giacomo e a tutto il settore urbanocompreso tra tale complesso mo-numentale, il promontorio roccio-so sul quale sorge e i sottostantivallone e insenatura di Miramare.

Le iniziative della settimana de-dicata a S. Giacomo e Miramaresono state promosse dal consiglie-re comunale Giampiero Aschiero(da un paio d’anni incaricato uffi-cialmente dal Sindaco di collabo-rare con lui e il vicesindaco per ilrecupero e la valorizzazione di S.Giacomo) e la Consulta CulturaleSavonese è stata invitata a esserecompartecipe di tutte le iniziative,insieme con l’Associazione “Ren-zo Aiolfi”, il Comitato di Savonadella Società “Dante Alighieri”, lasezione savonese del F.A.I., laConfraternita dei Santi Agostino eMonica, il Gruppo “Creative Com-mons Community OSTinati Savo-na”, l’Unione Industriali di Savonae il Liceo Artistico.

Lo scopo della settimana dedica-ta a S. Giacomo e Miramare èquello di fare il punto sulla situa-zione attuale di tale complessomonumentale e del circostante ter-ritorio comunale e demaniale, perrilanciarne le possibilità di recupe-ro, riuso e consona valorizzazione.

La chiesa di S. Giacomo (pro-prietà comunale, dopo gli espropriottocenteschi) è l’unico edificio re-ligioso medievale rimasto intatto aSavona e costituisce un importantetesoro architettonico rinascimentaledell’Età dei Della Rovere, con i

suoi affreschi superstiti ancora dariscoprire, il prezioso e raro pontile,le stupende capriate lignee del tet-to, gli affreschi del Semino nell’ab-side, i due chiostri del convento.

Da tre anni esiste finalmente unprogetto di recupero per tale com-plesso monumentale (elaboratodall’arch. Giorgio Rossini su inca-rico della Sezione Edili dell’Unio-ne Industriali di Savona), ma il fi-nanziamento di restauro della chie-sa è legato purtroppo esclusiva-mente all’ottenimento di un contri-buto statale (per una destinazionea sala pubblica per congressi e mo-stre), mentre per il convento siprevede un riutilizzo come albergocon centro benessere.

Per l’adiacente ex-albergo Mira-mare (proprietà della Provincia diSavona, da diversi anni messa invendita) l’Unione Industriali preve-de l’acquisto e il riuso residenziale,mentre importanti prospettive siaprono per la stupenda sottostante

insenatura di Miramare, ancora de-turpata dai residui degli impiantiindustriali delle Funivie impianta-tevi all’inizio del Novecento per losbarco del carbone, ma aperta a unriutilizzo come porticciolo turisti-co, dopo che da diversi anni le Fu-nivie si sono trasferite nella Darse-na Alti Fondali del Porto.

Dal 16 al 21 marzo verrà pertan-to allestita una Mostra nell’atriodel palazzo comunale, dove saran-no esposte le immagini del passa-to, del presente e del futuro pertutto il comparto urbano compresotra Miramare e S. Giacomo, men-tre sabato 21 marzo, dalle ore 9 al-le 13, si terrà nella Sala Rossa delComune il Convegno “S. Giaco-mo, per un nuovo Rinascimentosavonese. Da Miramare a S. Gia-como: quale futuro?”, durante ilquale si dibatteranno le problema-tiche attuali e le prospettive di re-cupero e valorizzazione di tutto ilcomparto urbano che dal promon-

torio di S. Giacomo si affaccia sul-l’insenatura di Miramare, costi-tuendo lo stupendo fronte-mare diLevante di Savona.

Oltre che agli organizzatori, alconvegno di sabato 21 marzo par-teciperanno pure il sindaco di Sa-vona, il presidente dell’AutoritàPortuale e l’Assessore alla Culturae al Turismo della Regione Liguria.

La mostra e il convegno consen-tiranno a tutti i Savonesi di capirequali grandi valori turistici ed eco-nomici si nascondano sul fronte-mare di Levante della Città, un set-tore urbano tuttora deturpato dai re-sidui industriali e per di più ulte-riormente compromesso dagli im-ponenti sbancamenti per la costru-zione dell’Aurelia bis, ma suscetti-bile di un futuro radioso per l’eco-nomia, il turismo e l’arte di Savona,se nei prossimi mesi non vi si com-metteranno altri errori e si procede-rà spediti verso un recupero turisti-co e funzionale, coinvolgendovitutte le forze istituzionali, economi-che e culturali che da decenni svol-gono attività di sensibilizzazione edi studio per la valorizzazione ditutta quell’area marina e monumen-tale, dove nonostante tutto sono an-cora importanti anche gli aspetti na-turalistici e paesaggistici.

Sono passati ormai oltre trent’an-ni da quando, nel dicembre 1983,la Società di Storia Patria, l’Istitutodi Studi Liguri e Italia Nostra coin-volsero il Comune di Savona nelConvegno: “S. Giacomo: un mo-numento da conoscere e riutilizza-re”. Trentun’anni sono purtroppotrascorsi invano (e nel frattempo,nel 2009, la ripetuta incuria è statacausa del crollo di un’intera ala delchiostro rinascimentale). L’anno2015 potrà avviare un nuovo Rina-scimento per S. Giacomo e per tut-te le preziose circostanti aree urba-ne e marittime?

A Campanassa N.1/20156

CONSULTA CULTURALE SAVONESE

Comune di Savona e Priamàr

“LE LEGGI SON, MA CHI PON MANO AD ELLE?”Come già scrisse Dante Alighieri,

“le leggi son, ma chi pon mano ad el-le?”.

Negli ultimi quattro anni la GiuntaComunale non ha mai applicato ilproprio Regolamento relativo al Pria-màr, mentre si è comportata in modoben diverso e valido per quanto ri-guarda la Toponomastica (denomina-zione delle vie cittadine). A parteogni altra considerazione, questa èun’evidente anomalia: perché due pe-si e due misure all’interno della stessaAmministrazione?

Lettera consegnata il 6 marzou.s. all’Amministrazione Comunaledi Savona (Sindaco, Segretario Ge-nerale, Consigliere Presidente Dele-gato e Membri “Consulta Comuna-le Priamàr”, Presidenti delle Com-missioni Consiliari e Capi-GruppoConsiliari).

OGGETTO: Mancato rispettodel Regolamento comunale delPriamàr: alle delibere di Giunta re-lative al Priamàr non è mai allegatoil verbale con le proposte e i pareriespressi dall’organo tecnico comu-nale “Consulta Comunale per ilPriamàr”. Richiesta di risolvereuna volta per tutte l’incresciosa si-tuazione.

Il 3 febbraio u.s., con delibera n.32, la Giunta Comunale ha approvatoprogetti definitivi relativi al Priamàrsenza che questi (nella loro versionefinale) fossero stati preventivamenteesaminati dalla “Consulta Comunaleper il Priamàr”, come previsto dalRegolamento vigente dal 1999, riap-provato recentemente dal ConsiglioComunale (delibera n. 17 del 23 apri-le 2013).

Progetti preliminari similari (madiversi) erano stati approvati dallaGiunta Comunale il 29 aprile delloscorso anno (delibera n. 92/2014): intale occasione la Giunta non avevavoluto tenere conto che già ad aprileil Presidente delegato aveva comuni-cato a tutti (Sindaco e Assessori com-presi) che in data 7 maggio sarebbestata convocata la “Consulta Comu-nale per il Priamàr”, allo scopo difornire il “definitivo parere su inter-venti 2° lotto fondi POR e soluzioniprogettuali di collegamento tra lapasseggiata Trento e Trieste e la gal-leria degli ascensori”.

Il 29 aprile 2014 il Sindaco nonaveva evidentemente ritenuto oppor-tuno posticipare di un minimo di ottogiorni la delibera di Giunta.

Tale increscioso accadimento si èverificato nuovamente il 3 febbraiou.s.: in particolare alla delibera diGiunta n. 32 non è stato allegato ilverbale delle riunioni della “ConsultaComunale Priamàr” con le quali tuttii membri di tale organo tecnico co-munale espressero motivato parereassolutamente contrario al progettopreliminare di passerella ciclo-pedo-nale sul lato-mare del Priamàr predi-sposto dai tecnici comunali, forte-mente lesivo dei valori paesaggisticie architettonici della punta avanzatadel promontorio del Priamàr e dellesovrastanti strutture dell’antica Catte-drale di S. Maria di Castello e dellaFortezza.

Il vigente Regolamento comunaleprevede che la “Consulta Priamarfornisce al Comune a un’attività con-sultiva e di supporto atta ad assicura-re il recupero ed il riuso del Priamarsu basi scientifiche e culturali edesprime pareri e proposte sulla pro-gettazione e realizzazione degli inter-

venti concernenti il complesso monu-mentale del Priamr (fortezza ed areeadiacenti) sia nella fase di formula-zione, sia in quella di attuazione...” eprescrive esplicitamente che “si redi-gerà il verbale di ogni seduta... i pa-reri e le proposte espressi dalla Con-sulta Priamàr saranno inseriti nelladocumentazione allegata alle relati-ve deliberazioni” (cfr. Regolamento,articoli 1,2,5).

È pertanto evidente che il Regola-mento non è stato rispettato (non solonon è stato allegato alcun verbale del-la “Consulta Comunale per il Pria-màr”, ma in nessuna parte del testodella delibera di Giunta si ricorda chesull’argomento ci sono stati precisi epuntuali pareri sul progetto prelimi-nare, mentre il progetto definitivo ap-provato dalla Giunta il 3 febbraio nonè neppure stato portato all’attenzionedella Consulta Priamàr, organo tecni-co comunale preposto.

Ci si chiede per quale motivol’Amministrazione Comunale appli-chi o meno i propri “Regolamenti” instretta correlazione con gli Assessorie Dirigenti responsabili delle rispetti-ve pratiche.

La punta più avanzata del promontorio del Priamàr, sovrastata dall’antica cattedrale,con il mare che fino a 250 anni or sono vi si frangeva contro, nella ricostruzione gra-fica dell’arch. Gianni Venturino (la parte compresa tra le due linee rosse è tuttoraconservata e ben visibile; la parte sovrastante è scomparsa tra il 1591 e il 1608; laparte sottostante è ancora esistente, ma è inglobata nei quattro metri di riempimentodel piazzale ex-ILVA-Italsider)

Limitando l’analisi al mandatoamministrativo attuale (giugno 2011-febbraio 2015), si evidenzia infattiche tutte le delibere relative alPriamàr non sono mai state corre-date dei verbali della ConsultaPriamàr, alla quale solo molto rara-mente sono stati sottoposti i progettirelativi al Priamàr; mentre tutte leDelibere di Giunta relative alla To-ponomastica Cittadina (denomina-zione delle nuove strade) sono sem-pre state pubblicate con allegati iverbali della “Commissione per ladenominazione delle vie cittadine”,ogni volta regolarmente riunita edascoltata prima di ogni decisionedella Giunta Comunale.

Per quanto riguarda il mancato ri-spetto del “Regolamento” relativo alPriamàr è sufficiente vedere che tuttele delibere di Giunta tra giugno 2011e febbraio 2015 non fanno nessun ri-ferimento ai verbali della “ConsultaPriamàr” (che spesso non ci sononeppure, dato che i progetti non sononeppure stati posti all’attenzione ditale Consulta, regolarmente istituitaed in carica con provvedimenti diGiunta e di Consiglio comunale): sivedano in particolare le nove deliberedi Giunta nn. 196/2011, 331/2011,110/2012, 360/2012, 153/2013,209/2013, 11/2014, 92/2014 e32/2015.

Per quanto invece riguarda la rego-lare e lodevole procedura relativa aiverbali della “Commissione per ladenominazione delle vie cittadine” sivedano le cinque delibere di Giuntann. 332/2011, 88/2013, 223/2013,234/2013 e 249/2014.

Si evidenzia che in entrambi i casi(“Consulta Priamàr” e “CommissioneToponomastica”) tra i componenti visono esperti designati dalle associa-zioni facenti parte di questa “Consul-ta Culturale Savonese”.

Si evidenzia altresì che in entrambii casi si tratta ovviamente di parericonsultivi.

Ci si chiede allora per quale motivoper la Toponomastica il RegolamentoComunale sia sempre applicato e ri-spettato, mentre per il Priamàr unanalogo Regolamento non venga si-stematicamente né applicato né ri-spettato.

Si chiede pertanto che per le

A Campanassa N.1/2015 7

CONSULTA CULTURALE SAVONESE

prossime occasioni l’Amministra-zione Comunale provveda ad appli-care e rispettare i propri Regola-menti comunali non solo per la To-ponomastica, ma anche per il Pria-màr, come si era già chiesto tramitee-mail inviata al Sindaco e alla Si-gnora Segretario Generale in data22 dicembre 2014.

Distinti saluti.Per la Consulta Culturale Savonese

il presidenteRinaldo Massucco

Mail inviata il 22 dicembre u.s.all’Amministrazione Comunale diSavona (Sindaco e Segretario Gene-rale e, per conoscenza, ConsiglierePresidente Delegato Consulta Pria-màr e Dirigente Settore LavoriPubblici).

OGGETTO: -1) Richiesta che adogni delibera di Giunta e di Consi-glio del Comune di Savona e adogni eventuale determina dirigen-ziale riguardante il Priamàr (For-tezza ed aree circostanti) sia sempreallegato il verbale con i pareri e leproposte espressi al riguardo dal-l’organo tecnico comunale “Consul-ta Comunale per il Priamàr”, comeindicato al’articolo 2.comma 2 delRegolamento della “Consulta Co-munale per il Priamàr” (adottatocon Delibera del Consiglio Comuna-le n. 2 del 22 gennaio 1999, modifi-cato con Delibera del Consiglio Co-munale n. 17 del 23 aprile 2013).

-2) In particolare, quindi, richie-sta che tale verbale sia allegato alladelibera di Giunta (o eventuale de-termina dirigenziale) con la qualesta per essere approvato il progettoesecutivo di una passerella adiacen-te al Priamàr, collegante due puntidel Priamàr.

Gent.mi Signor Sindaco e SignoraSegretario Generale del Comune di

A nome della “Consulta CulturaleSavonese” (organismo di coordina-mento e di comune politica culturaledella quattro associazioni savonesi: ACampanassa, Società Savonese diStoria Patria, Italia Nostra-sezione diSavona e Istituto Internazionale diStudi Liguri-sezione Sabazia) chiedopertanto ufficialmente che i verbalidelle sedute della Consulta Priamàrrelative alla passerella in oggetto sia-no allegati alla delibera di Giunta (odetermina dirigenziale) con la qualeverrà approvato il progetto esecutivodi tale passerella.

Rimango in attesa di un cortese ri-scontro e porgo intanto i migliori sa-luti.

Per la Consulta Culturale Savoneseil presidente

Rinaldo Massucco

P.S.: la presente richiesta è motiva-ta dal fatto che nei due ultimi anni ilverbale della “Consulta Comunaleper il Priamàr” non è mai stato alle-gato alle delibere di Giunta e alle De-termine dirigenziali: è pur vero chetale organo tecnico del Comune è pu-ramente consultivo, ma faccio pre-sente che l’Amministrazione Co-munale si comporta in modo bendiverso (e valido) con un altro or-gano tecnico comunale ugualmentepuramente consultivo, “la “Com-missione Toponomastica”, i cuiverbali sono sempre allegati alle re-lative delibere di Giunta e determi-ne dirigenziali.

A questa Consulta Culturale sfug-gono quindi i motivi per i quali iverbali relativi al Priamàr non ven-gano allegati alle relative delibere edetermine: supponiamo che si trattidi una mera dimenticanza o di unamera disattenzione, alle quali au-spichiamo si ponga d’ora in poi ri-medio.

Savona, leggo su “Il Secolo XIX” dioggi che sta per essere portato inConferenza dei servizi un progetto re-lativo a una passerella adiacente alPriamàr, collegante due punti delPriamàr.

Ne deduco che sta per essere ap-prontata una delibera di Giunta o unadetermina dirigenziale che approveràil progetto esecutivo di tale passerella.

Ricordo che il comma 2 dell’arti-

colo 2 del Regolamento della “Con-sulta Comunale per il Priamàr”(adottato con Delibera del ConsiglioComunale n. 2 del 22 gennaio 1999,modificato con Delibera del Consi-glio Comunale n. 17 del 23 aprile2013) prescrive che “i pareri e leproposte espressi dalla ConsultaPriamàr saranno inseriti nella do-cumentazione allegata alle relativedeliberazioni”.

La punta più avanzata del promontorio del Priamàr con le superstiti strutture dell’ab-side dell’antica cattedrale di Savona, fotografata dal Torrione dell’Angelo della For-tezza: una suggestiva prospettiva finora intatta, che purtroppo verrà stravolta dainuovi progetti del Comune.

Del Buonodal 1860

SAVONA - VADO LIGURE - SASSELLO - TELEFONO 019.850405

A Campanassa N.1/20158

LA MADONNA DEGLI ANGELIDISTRUTTA DAGLI IGNAVI E DAI VANDALI

di Daniela AmatoLa notte sta lasciando il posto al

giorno e già tanti pensieri affolla-no la mia mente.

Guardo fuori dalla finestra e làsulla collina, alle spalle della città,ancora avvolta dal buio, vedo lastrada che conduce fino al sagratodella Madonna degli Angeli; è ba-gnata dalla pioggia che da giorniscende impetuosa e senza sosta,scavando solchi profondi su quelche resta della vecchia strada vici-nale. Ormai è poco più di un sen-tiero, nonostante sia l’ultimo ba-luardo in caso d’incendio e il fuo-co, su quella collina, abbia già la-sciato più volte i segni drammaticidel suo passaggio.

Ascolto il rumore intenso dellapioggia mentre spostando losguardo verso nord vedo apparire,tra le nuvole, la sagoma rassicu-rante della chiesetta dedicata allaBeate Marie Angelorum. Nemme-no la pioggia sembra aver compas-sione di quel piccolo edificio co-struito sulle pendici del monte Or-nato sul finire del XVI secolo, daGiovanni Ambrogio Pavese, unfrate cappuccino appartenente auna ricca famiglia savonese. Eglivisse in alcune celle annesse allachiesa, ma ben presto abbandonòil suo eremo per trasferirsi a Tori-no e il silenzio avvolse l’edificio eil suo sagrato per molti anni.

Nel 1623 il Pavese cedette allaRepubblica di Genova tutti i dirittiriguardanti la chiesa da lui costrui-ta, chiedendo di farvi celebraremensilmente la Santa Messa. Nel-lo stesso anno un padre scolopiorubò la campana della Madonnadegli Angeli: questo fu solo l’ini-zio delle tante disavventure che sisusseguirono nei secoli.

Il 21 gennaio 1631 il Pavesemorì di peste, senza riuscire a fareritorno all’amato eremo sul MonteOrnato. La chiesa rimase total-mente abbandonata, non si cele-brava più la Santa Messa e dalportone divelto entravano le be-stie.

All’imbrunire di un giorno del-l’anno 1653, apparentemente co-me tanti, fu trovato il cadavere diun soldato svizzero penzolante dauna trave, avvolto dall’oscurità edal profondo silenzio che regnavasu quel luogo; l’anno successivo ilVescovo, in visita alla Madonnadegli Angeli, benedisse nuova-mente la chiesa e diede licenza diriprendere le celebrazioni. La chie-sa riebbe così la voce della pre-ghiera e i savonesi accompagnatidal “profumo” del ricordo riprese-

ro, sul sentiero campestre, la devo-ta peregrinazione alla Madonnadegli Angeli.

Arrivarono gli anni della guerradi successione austriaca (1740-1748): la città fu bombardata dallaflotta inglese, poi invasa dall’eser-cito sabaudo finché, nel 1750, iGenovesi rientrarono a Savona. Lachiesa di Nostra Sig.ra degli Ange-li fu, quasi certamente, occupatadalla truppa nemica, la quale cau-sò all’edificio ingenti danni. Perquesta ragione padre GiuseppeMaria Montali chiese al Governa-tore della città il permesso di ripa-rare il tetto. Non si era spenta,nonostante le travagliate vicende,la devozione dei savonesi per quel

rovine, un’insolita luce sorpren-desse i savonesi la sera del primoagosto 1930. Non più brandelli dimura che come “braccia s’innalza-vano verso il cielo a implorare aiu-to”, ma una piccola chiesa, con iltetto a capanna, illuminata da untrofeo di lumicini e un festone diglobi colorati. Come l’araba feni-ce, la Madonna degli Angeli anco-ra una volta era risorta dalle suestesse ceneri.

Nel corso degli anni seguentifurti e devastazioni hanno nuova-mente colpito senza rispetto quelpiccolo edificio. Ignoti sono pene-trati dal tetto dopo aver divelto lacroce posta sulla sommità dellafacciata, altri hanno aperto a forza

luogo; infatti, nel 1815, supplica-rono papa Pio VII, prigioniero aSavona, di concedere l’indulgenzaplenaria per il giorno della festadedicata alla Beate Marie Angelo-rum, il 2 agosto. Questo fu l’ulti-mo atto della storia della chiesaseicentesca. Che cosa sia accadutonei cent’anni seguenti è tuttora unmistero, il risultato fu che la chiesasi ridusse a un ammasso di rovine.

Quando tutto sembrava ormaiperduto per sempre, la forza dei ri-cordi diede, ancora una volta, nuo-va vita alla devozione per la BeateMarie Angelorum e nel 1929 si le-vò l’appello del prof. F. Noberascoper la ricostruzione della Madonnadegli Angeli. Rispose con grandecuore e determinazione Mons. To-maso Fonticelli, parroco dellachiesa di San Francesco da Paola,nel cui territorio si trovava la chie-sa prima della costituzione dellaparrocchia di San Giuseppe. Lachiesa, in breve tempo, fu comple-tamente ricostruita, seppur in di-mensioni ridotte; furono necessa-rie 35.974,20 lire affinché lassù,dove ormai non si vedevano che

il portone di legno, distrutto pan-che e altare, preso a sassate la telasettecentesca della famiglia DeMari, distrutto il confessionale dilegno, rubati gli arredi, seppur dipoco valore.

Nel 1982 l’impresario GerolamoDelfino s’impegnò a ridare decoroa quel luogo sacro, troppe volte fe-rito, con l’aiuto di don Gino Peluf-fo e di tanti parrocchiani che han-no portato in spalla tutto il mate-riale necessario al restauro, passodopo passo, lungo il sentiero, uni-ca via di accesso all’edificio.

Sono trascorsi trent’anni e dopodevastanti atti vandalici, il nostroluogo del cuore ha nuovamente bi-sogno di aiuto, concreto e rapido,prima che il tempo, ancora unavolta cerchi di portarsi via un“pezzo della nostra storia” e quelladedicata alla Beate Marie Angelo-rum porta con sé una storia lungapiù di quattro secoli, racchiusa nelcuore di tanti savonesi che, unagenerazione dopo l’altra, l’hannotramandata fino a noi. Pensieri, ri-cordi, emozioni ormai lontane, la-crime e sorrisi, albe e infiniti tra-

monti hanno portato fino a noi ilsuo ricordo e mi chiedo per quantotempo ancora quel piccolo eremoosserverà lo scorrere frenetico del-la vita della nostra città che da las-sù si può abbracciare con un solosguardo.

I ricordi sono piccoli frammentidella nostra esistenza, immaginisbiadite, filtrate dal cuore; sono fat-ti di parole, gesti, emozioni e profu-mi. Sono istanti apparentementepersi nel corso della vita ma ritro-vati tra le pieghe della memoria.

E lì, sul piccolo sagrato dellachiesa, i ricordi di tanti savonesi“si specchiano” nella memoria re-stituendoci la loro malinconica im-magine. Come non ripensare connostalgia al giallo acceso dei fioridi ginestra che colorava le pendicidel Monte Ornato, al profumo in-tenso della mimosa in fiore cheprofumava l’aria, al dolce gustodei corbezzoli? Come dimenticarele violette che a primavera colora-vano i prati di grandi macchie vio-la, come sulla tavolozza di un pit-tore, l’agrifoglio con le sue baccherosse come palline di Natale e ilmuschio, che grandi e piccini rac-coglievano per adornare i loro pre-sepi, quando ancora non esisteva-no i sacchettini di muschio sinteti-co da “raccogliere” distrattamentesullo scaffale di un supermercato?

I “Luoghi del Cuore” sono quelliche ognuno di noi custodisce den-tro di sé e nella memoria, quelli incui possiamo riconoscerci, “sen-tendoci a casa”, ritrovando in essiquel territorio comune fatto di cul-tura, arte, fede e paesaggio; luoghicui vogliamo dare un futuro, spes-so negato dall’indifferenza, dal-l’incuria e dalle spirali burocrati-che che, senza speranza, li confi-nano a un inesorabile oblio.

L’arte, la natura, il paesaggio, letradizioni, la fede e i ricordi sonola nostra ricchezza, la forza del no-stro passato e la risorsa per il no-stro futuro. Non possiamo per-mettere che il tempo e l’indifferen-za distruggano i luoghi che custo-diamo nel cuore, portandosi via inostri ricordi.

Tantissimi savonesi sono saliti,nel corso dei secoli, lungo le pen-dici del Monte Ornato fino a rag-giungere la chiesa, ma tanto, trop-po tempo è trascorso da quandoerano allestite bancarelle per la fe-sta annuale, il due agosto e intornoall’edificio echeggiavano le vocidi tanti bambini accorsi fin lassùper arrampicarsi sull’albero dellacuccagna. Gli stessi bambini che,

A Campanassa N.1/2015 9

ormai anziani, ancora rivolgono losguardo verso la Madonna degliAngeli recitando una preghiera osemplicemente salutandola con ilgesto della mano; uno sguardo af-fettuoso verso Colei che da sem-pre, dal monte Ornato, osserva eprotegge in amorevole silenzio leloro vite.

La chiesa Madonna degli Ange-li, nel 2009, è stata definita dallaSoprintendenza per i beni archeo-logici della Liguria, edificio “d’in-teresse storico particolarmente im-portante” e quindi soggetta alledisposizioni di tutela, ma non-ostante questo sta inesorabilmentecrollando e la città, dal basso, os-serva impotente. Ogni giorno ciscontriamo con l’indifferenza, l’ar-roganza e la mancanza di una vo-lontà concreta di risolvere il pro-blema, mascherata da “buonismo”,da parte di chi ufficialmente do-vrebbe essere preposto a tutelareun luogo caro da sempre alla tradi-zione savonese; persone insensibi-li, incapaci di comprendere il verovalore di quell’edificio. Abbiamochiesto più volte l’autorizzazione aportare avanti il progetto di restau-ro e riqualificazione della Madon-na degli Angeli, sia a monsignorLupi, il Vescovo, sia a don Riccar-do Di Gennaro, legale rappresen-tante del bene in oggetto, Parrocodi San Giuseppe, ma non hannovoluto ascoltare e tanto menocomprendere le nostre ragioni;nemmeno quando ci siamo residisponibili a rimediare al dannocausato dai vandali sostenendonecompletamente la spesa, senzachiedere nessun contributo allaCuria. Non hanno voluto ascoltarcie ora la chiesa sta crollando. Da unparroco, forse retaggio di antichetradizioni popolari, ci si aspette-rebbe comprensione, umiltà, dis-ponibilità all’ascolto e invece donRiccardo è irremovibile, fermonella convinzione di essere perse-guitato ingiustamente, chissà poiperché!

I luoghi sacri dovrebbero esseretutelati per le generazioni presentie future con dignità, integrità e ri-spetto per il loro nome e la loroidentità. Dovrebbero essere salva-guardati sia come luoghi di signifi-cato religioso, sia come ereditàstoriche, culturali e ambientali.

La piccola chiesa della Madonnadegli Angeli è stata più volte dan-neggiata e ora anche dissacrata e lanostra comunità è stata forzatamen-te privata di uno dei suoi luoghi piùcari. Per quale ragione chiederci didimenticare un luogo tanto caro aisavonesi e non solo a quelli “cre-denti”, lasciando che il tempo el’incuria portino via per sempre unframmento della nostra storia?

Tradizione, arte, fede e natura

hanno contribuito a rendere la Ma-donna degli Angeli un “luogo delcuore” per tantissimi savonesi. Loattesta il fatto che in poco più didue mesi abbiamo raccolto ben13.664 segnalazioni volte a soste-nere la candidatura della Madonnadegli Angeli a Luogo del Cuore del6° Censimento del FAI, che si èconcluso il 30 novembre 2012. Ilpiazzamento ottenuto, su oltre10.000 luoghi candidati è andato aldi là di ogni ragionevole previsio-ne: primo posto assoluto in Liguriae quarto posto categoria chiese a li-vello nazionale!

In occasione del decimo anni-versario della campagna “I luoghidel cuore”, il FAI ha pubblicato unvolume che racconta un viaggioideale tra i tesori del patrimoniopaesaggistico e culturale italiano.Luoghi da non dimenticare e datutelare affinché possano diventarepreziosa eredità per le generazionifuture e la nostra piccola, grandechiesa è tra questi! È una gioia sa-pere che è stata inserita tra i 139luoghi scelti tra i 31.000 candidatiai Censimenti FAI nel corso di undecennio!

Chiediamo a gran voce e con ilcuore che tutto questo non sia di-menticato, nascondendo un catego-rico no dietro alla giustificazioneche tanto non ci sono fondi dispo-nibili e problemi più “importanti”da risolvere! La Madonna degli An-geli non è sicuramente in cima allalista delle priorità della Curia, maquesto non significa che debba es-sere abbandonata al suo destino! Lanegligenza e l’ostruzionismo di unsolo uomo, tra l’altro Direttoredell’ufficio per i beni culturali ec-clesiastici e l’edilizia di culto dellaCuria, dettati a suo dire da valideragioni, hanno distrutto in un soloanno quello che intere generazioniavevano costruito con amore e de-vozione nel corso dei secoli. Nelgiro di poco tempo di quella picco-la Chiesa non resteranno che rudericoperti da rovi. Esattamente comeaccadde nei primi anni del nove-cento, quando di quella cappella“non rimasero che muri, comebraccia imploranti verso il cielo”.

Ci sono “gesti” che portano consé un valore intrinseco ben più im-portante delle parole e quel che ac-cadde sul finire del terzo decenniodel XX secolo dovrebbe far riflet-tere il nostro parroco su quelli chesono gli esempi e i valori che laChiesa dovrebbe trasmettere allaComunità.

Quando sul finire degli anni ’20si levò la voce di Filippo Nobera-sco e da Roma quella di un nostroillustre concittadino, Paolo Bosel-li, affinché i savonesi contribuisse-ro “con un obolo o una parte di su-perfluo” alla ricostruzione della

chiesa dedicata a Maria Beate An-gelorum, una sola persona risposecon determinazione, rispetto eamore a quell’appello, il parrocodi San Francesco da Paola, Monsi-gnor Tomaso Fonticelli che purnon avendo possibilità economi-che ricostruì la piccola chiesa conla sola forza del cuore! L’edificioera sotto la giurisdizione della suaparrocchia ed egli si fece carico disostenere l’onere dei lavori; il pas-sivo derivato dalla ricostruzione fucolmato dalla parrocchia solo di-ciannove anni dopo, grazie alle of-ferte raccolte. Un episodio che do-vrebbe “far pensare” se confronta-to con quanto sta succedendoadesso”.

La storia di oggi ebbe inizio nel2007, quando, ancora una volta, lavoce di tanti savonesi si levò affin-ché qualcuno si prendesse a cuorela sorte della chiesa intitolata allaMadonna degli Angeli, ma non èaltrettanto edificante!

Nel 1959 il piccolo edificio pas-sò sotto la giurisdizione della par-rocchia di San Giuseppe e fu donGiuseppe Militello, parroco diquella parrocchia dal 1999, a far-si promotore, quasi “otto lustri”dopo il suo predecessore, di unaraccolta di offerte destinate al re-stauro della Madonna degli An-geli. A conferma del suo impegnouna comunicazione dell’UfficioStampa della Curia Diocesana diSavona-Noli pubblicato sul bol-lettino n° 19 dell’11.05.2009. Leofferte raccolte per la Madonnadegli Angeli non sono mai statequantificate esattamente fino algiorno in cui Il parroco in que-stione è stato trasferito e “i soldi”raccolti persi chissà dove tra imeandri della contabilità dellaparrocchia di San Giuseppe, que-sto nonostante fosse ben chiara ladestinazione d’uso di quelle offer-te! A quel punto Monsignor Vitto-rio Lupi comunicò che l’importodelle offerte raccolte per i restauridella chiesetta della Madonna de-gli Angeli in Savona era di 24.614,68 da notare la precisionenel conteggio dei centesimi e l’as-soluta mancanza di documenta-zione relativa all’importo comu-nicato. Il Vescovo colse l’occasio-ne per precisare che la cifra nonera più disponibile perché utilizza-ta, ovviamente senza darne comu-nicazione ai fedeli, per sopperire aun momento di emergenza econo-mica della parrocchia; precisò chele offerte sarebbero comunque ri-maste a disposizione per lo scopoper cui erano state effettuate e nelmomento in cui fossero state ne-cessarie per realizzare lavori allaMadonna degli Angeli, la parroc-chia le avrebbe restituite completa-mente. Diciamo che questa non è

stata una magnanima concessio-ne, anche perché il Diritto Cano-nico (Can. 1267 §3) sanciscechiaramente che le offerte fattedai fedeli, per un determinato fi-ne, non possono essere impiegateche per quel fine!

Nessuno ha chiesto scusa o sem-plicemente si è sentito dispiaciutoper aver utilizzato fondi che ave-vano un valore ben più alto diquello venale, forse perché non hapensato nemmeno per un attimoche quelle offerte, in realtà, eranopreghiere, voti, ringraziamentisimbolo della profonda devozionedei savonesi verso la Beate MarieAngelorum.

La comunità parrocchiale, alme-no in parte, è delusa, amareggiata,incredula per quanto sta succeden-do alla chiesa della Madonna degliAngeli, soprattutto per il silenzioche la Curia e il parroco di SanGiuseppe hanno fatto “scendere”sul quanto accaduto.

La nostra comunità ha bisognodi “aggrapparsi a qualcosa” per ri-cominciare a credere che la Chiesanon sia quella che si sta mostrandoqui, adesso, nella nostra comunitàparrocchiale, ma sia quella di Cri-sto, fondata su valori veri, fatta dicomprensione e di amore, di tolle-ranza e rispetto, non di arroganza edi cattiveria gratuita. La sensibili-tà è un dono, diventato superfluonella società di oggi; sembra cheben pochi siano dispiaciuti per lasua progressiva scomparsa, comese il mondo potesse tranquillamen-te farne a meno! La sensibilità nonrientra più tra le virtù dell’uomo,se non raramente. Senza il donodella sensibilità esisterebbero soloi ricordi, ma non la miriade diemozioni legate a essi e nulla diciò che accade lascerebbe un se-gno nella nostra anima, ma solouna traccia nella nostra mente. Cisiamo chiesti infinite volte perchénessuno ha voluto ascoltare i no-stri appelli per salvare la Madonnadegli Angeli. La nostra chiesa èstata distrutta, profanata, non permancanza di fondi, di autorizza-zioni o di possibilità, ma solo perl’assoluta mancanza di sensibilitàe non mi riferisco solo ai vandaliche con disprezzo si sono accaniticontro la “nostra” piccola chiesa,ma a chi con distacco e insensibi-lità ha permesso che tutto questoaccadesse, in silenzio, senza unaparola, come se fosse giusto così!

È vero, i danni sono stati arrecatida persone che, senza ritegno, sisono accanite contro quel piccoloedificio, portandone al limite lastabilità, ma chi con indifferenzasi è girato dall’altra parte è piùcolpevole di coloro che hannocompiuto l’atto in sé.

D.A.

A Campanassa N.1/201510

LA MADONNA DEGLI ANGELI OGGI

Cara Daniela, condividiamo del tutto le tue amare e addolorateconsiderazioni.È bene non abituarsi passivamente all’incomprensibile andazzodella Diocesi di Savona-Noli, che passa sulla testa dei più.Rimaniamo fedeli al “Risorto” a agiamo di conseguenza.Ciao. Con affetto. C.C.

A Campanassa N.1/2015 11

LA SCUOLA ENTRA IN CAMPANASSAdi Simonetta Bottinelli

Nei mesi di Novembre e Di-cembre, nell’ambito del Progetto“Conoscere per amare il territo-rio” sono state accompagnate in“Campanassa” le classi della Se-condaria di Primo Grado dell’Isti-tuto Comprensivo di Quiliano. Lascrivente si è data disponibile peruna lezione informativa all’inter-no delle varie classi che mettessein luce, a grandi linee, l’importan-te storia della città dall’Alto Me-dioevo al XVI secolo. Come tuttii Savonesi “veraci” sanno, la datadel 1528, in seguito alla sottomis-sione genovese, segna una grossabattuta d’arresto all’economia cit-tadina e alla vita di Savona. Es-sendo insegnante di lettere, nonmi sono lasciata scappare laghiotta occasione di collocare lastoria savonese nella più ampiastoria nazionale ed europea tiran-do in ballo Francesco I e Carlo V:famosi protagonisti dell’Europadel Cinquecento.

I ragazzi, una classe alla volta,hanno visitato lo splendido com-plesso del Brandale e la loro at-tenzione si è focalizzata, di voltain volta, sugli elementi più signi-ficativi.

Partendo, all’esterno, dallachiappinata medioevale che por-tava sulla Rocca del Priamar ai12 stemmi maiolicati delle domi-nazioni savonesi (Del carretto,Amedeo di Savoia, Federico II,Enrico di Lussemburgo, Ludovi-co il Bavaro, Visconti, regno diFrancia, Campo Fregoso, Rep.Di Genova, Rep. DemocraticaLigure, Napoleone, Regno diSardegna), alla Madonna di Mi-sericordia di Eso Peluzzi, realiz-zata su pannello di ceramica daRaimondi.

L’atrio ha incuriosito i ragazzinon solo per il Museo Lapidario,bensì per la Campana della Vitto-ria fusa nel 1669 e rimasta sullatorre sino al 1919, la cui copiaesatta si trova in Piazza Mamelinel Monumento ai Caduti delVenzano del 1827.

L’Anziania, la Sala dell’Abate

del Popolo hanno incuriosito i ra-gazzi non tanto per le opere pre-gevoli raffiguranti il CardinaleMistrangelo, Paolo Boselli e ilMarchese Garroni del Borio, edaltre, o per la tela di Pio VII delBrusco, bensì per i busti di Pog-gio Poggi, opera di Renata Cu-neo, per quello di Stefano Be-nech, savoiardo che nell’area por-tuale impiantò con Tardy, nel1861, uno stabilimento metallur-gico e meccanico che si approvvi-gionava di ferro dall’isola d’Elbae di carbone, per la precisione li-gnite, dalla miniera di Cadibona,riattivata in epoca napoleonica. Iragazzi hanno inoltre apprezzatoanche il busto di Pietro Paleoca-pa, Ministro dei lavori pubblici inPiemonte con Cavour, curatoredel Progetto per la concessionedella ferrovia SAVONA-TORI-NO del 1861. Vittorio EmanueleII, dopo il Ricasoli, gli offrì laPresidenza del Consiglio, ma Pa-leocapa rifiutò per motivi di salu-te: era il 1867 ed egli accusavagrossi problemi di vista.

I ragazzi sono stati affascinati,quindi, soprattutto dagli uoministigmatizzati nelle splendide saledel Complesso del Brandale e,inoltre, dalla cassaforte di un ve-liero del XVI secolo che, proba-bilmente, nascondeva ai loro oc-

e di quello di Cicciolin, i cui ve-stiti sono custoditi in capienti ar-madi.

Il gentilissimo Giacomo De Mi-tri, socio e fotografo ufficiale del-l’Associazione, mi ha accompa-gnato nelle varie visite guidatecon grandissima disponibilità eanche il nuovo socio GiuseppeCaviglia ha dato il suo preziosocontributo alla buona riuscita del-l’attività.

Gli alunni, accompagnati daicolleghi interessati, si sono ar-rampicati lungo la scala dell’anti-ca TURRIS PERFORATA sinoalla cella campanaria, ritornatanel 1933 alla sua originaria altez-za grazie alla determinazione deiConsiglieri dell’Associazione diquel tempo e, “in primis”, del suofamoso Presidente: Poggio Poggi.Si dice, infatti, che, affinché nes-suno osasse dimenticare, fosse so-lito sciogliere le sedute del Consi-glio con l’espressione: “Pensiamoalla Torre”.

Le varie scolaresche, giunte conil fiatone sulla cima del campani-le, hanno appagato l’impegnodella salita con la superlativa vi-sta a 360° sulla nostra città: laclassica ciliegina sull’irresistibiletorta alla panna.

S.B.

chi qualche famigerato pirata d’e-poca.

Nella Sala degli Stemmi glialunni sono stati edotti sulle va-riegate attività del Gruppo Storico

Osteria con cucina • Via Pia 15r. • SavonaDelgrande Giorgio

DOMENICA E LUNEDÌ CHIUSO

A Campanassa N.1/201512

“THIS”, DISSE LO STORICO DELL’ARTE

LE DUE MADONNE GEMELLEdi Massimiliano Caldera

Defendente Ferrari, Madonna con ilBambino in trono e il committente (‘Ma-donna del Buon Consiglio’), 1511 circa,chiesa di Sant’Andrea (dalla chiesa diSant’Agostino), Savona.

Defendente Ferrari e bottega, Madonnacon il Bambino in trono, 1520 circa, Mu-seo Borgogna (dalla chiesa parrocchialedi Bianzè), Vercelli.

Alta su di una scenograficascalinata, la chiesa di Sant’An-drea s’intravede fra le due unifor-mi cortine dei palazzi di via Pa-leocapa, interrompendo per unattimo la sequenza tardo-ottocen-tesca della strada con un foto-gramma inatteso, come se siaprisse improvvisamente unoscorcio della vecchia Roma. Allavigorosa e movimentata facciatatardobarocca, in tralice rispettoalla breve piazza, fa infatti ri-scontro l’angolo del secentescopalazzo Gavotti, un’imponenteblocco alla Bartolomeo Bianco,sormontato da un attico e da unamassiccia cornice, sorretta da ro-busti mensoloni. Lo spazio da-vanti agli edifici, con la sua tea-trale irregolarità, è il risultato diun faticoso (ma intelligente)compromesso urbanistico operatofra Otto e Novecento. In antico illivello della piazza, dove orascende verso la strada, salivainerpicandosi rapidamente sulMonticello. Davanti alla chiesa,in corrispondenza dell’angolocon via Paleocapa, sorgeva un al-tro edificio religioso, il settecen-tesco Seminario vescovile, demo-lito negli sventramenti e neglisbancamenti resi necessari per ta-gliare la collina e prolungare cosìla strada verso il porto (1893-1900). Le nuove costruzioni – siaggiungerà più tardi accanto allafacciata il palazzo dei Pavoni(1911-1912) – sono dunque rac-cordate ai blocchi storici senzasoluzioni di continuità e si era ri-creata una piazza completamentediversa da quella precedente mapur sempre suggestiva. Il vecchiotessuto urbanistico si saldavadunque al nuovo senza le deva-stanti suture o gli scontri frontaliche si sono visti in tempi molto,molto più vicini a noi.

La stessa chiesa di Sant’An-

drea ha una vicenda molto com-plessa e profondamente segnatadagli eventi storici che hannocontraddistinto il passaggio fraetà moderna e contemporanea.Era in origine una fra le più anti-che chiese parrocchiali savonesi,già documentata nel XII secolo,che, con il crescere e lo svilup-parsi del rione della Quarda, sitrova ben presto al centro dell’a-rea cittadina più legata ai trafficie le attività portuali. Con ogniprobabilità non si trattava di unedificio particolarmente ricco eimponente: le visite pastorali delXVI e del XVII segnalano pochialtari, per lo più appartenenti a

confraternite artigiane, spesso bi-sognosi di riparazioni o di arrediadeguati. All’inizio del Settecen-to la situazione cambia in modoveloce e radicale: l’ordine deiGesuiti che si era insediato nelvicino palazzo Pavese Pozzobo-nello, aprendo un collegio pensa-to per istruire le nuove genera-zioni della classe dirigente, stavacercando una chiesa adeguata al-le sue esigenze e soprattutto suf-ficientemente prestigiosa. Inevi-tabile dunque mettere gli occhisu Sant’Andrea per ricostruirla exnovo. Inevitabile poi cercarel’appoggio dei potenti vicini, iGavotti, che, nonostante le prote-

ste degli abitanti del quartiere, siadopereranno per indurre il ve-scovo a far sloggiare in tutta fret-ta la parrocchia, ospitata nella vi-cina chiesa di Sant’Agostino. Ecosì si arriva, il 10 ottobre 1714,a posare la prima pietra del nuo-vo edificio, intitolato a Sant’I-gnazio, che sarà concluso nel1721. Il direttore del cantiere èpadre Giorgio Maria Geriola, unaltro gesuita-architetto sulla sciadel più celebre Orazio Grassi, no-stro concittadino: non sappiamose il progetto sia stato inviato omeno da Roma da un altro cele-bre esponente dell’ordine, An-drea Pozzo.

La vicenda non finisce qui e,qualche decennio dopo, ricomin-ciano i terremoti istituzionali e legiostre degli spostamenti: nel1779 la Compagnia di Gesù èsoppressa per ordine di papa Cle-mente XIV: Sant’Andrea e il col-legio sono affidati dalla Repub-blica di Genova ai Padri Missio-nari. Nel 1799, con la tempestarivoluzionaria, è la volta degliAgostiniani che devono abbando-nare il convento e l’annessa chie-sa, incamerati dal Demanio: que-st’ultima è trasformata nei ma-gazzini del sale per essere infinedemolita nel 1938 e sostituita dalgrattacielo di piazza Leon Pan-caldo. Il convento esiste ancoroggi, trasformato purtroppo incarcere (dunque inaccessibile,degradato e deturpato). La chiu-sura al culto di Sant’Agostino fasì che la parrocchia di Sant’An-drea, ancora una volta privatadella propria sede, ritorni là doveera partita più di settant’anni pri-ma, concludendo un vorticosocarosello in cui hanno avuto laloro parte Gesuiti e pontefici, ri-voluzionari e vescovi, funzionaridemaniali e militari, frati e con-fratelli.

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A Campanassa N.1/2015 13

L’interno settecentesco dellachiesa, solenne, grandioso e se-greto come una grotta marina,accoglie un importante docu-mento figurativo che le ondelunghe del destino hanno fattoapprodare qui dalla chiesa diSant’Agostino: sull’altare latera-le sinistro è infatti collocata, al-l’interno di una tela neoclassicadel pittore Agostino Oxilia, unapiù antica e preziosa tavola cin-quecentesca, nota come la ‘Ma-donna del Buon Consiglio’. Co-me hanno dimostrato nel modopiù convincente le belle e impor-tanti ricerche compiute da Mas-simo Bartoletti in questi mesi,l’opera, elemento centrale di unpolittico smembrato e per lamaggior parte disperso, trovavaposto sull’altare dedicato a San-t’Anna e fondato nel 1511 daGaspare Paternoster, un mercan-te savonese che nei traffici ma-rittimi aveva costruito la propriaricchezza. Esiste ancora l’epigra-fe dedicatoria di questa cappellache, recuperata dall’ex-chiesanel corso della demolizione, èstata portata nel palazzo PavesePozzobonello. Il pittore sceltodal committente non è né un li-gure, né uno fra i tanti lombardiche giravano a Savona in queglianni, come Lorenzo Fasolo o Al-bertino Piazza, ma il più noto (eprolifico) artista che lavora neglistati del Duca di Savoia, Defen-dente Ferrari. Questi, originariodi Chivasso, si lega, intorno al1490-1500, al protagonista delprimo Rinascimento subalpino,Giovanni Martino Spanzotti, conil quale esegue, a quattro mani,parecchie opere importanti – lapala con il Battesimo di Cristoper il duomo di Torino, 1508-1510, tanto per fare un esempio– e, dopo la morte del maestro,ne eredita la direzione della bot-tega, attivissima per numero equalità di commissioni e, proprioper questa ragione, folta di nu-merosi collaboratori. Esattamen-te la stessa cosa che si osserva,

nella nostra regione, nell’atelierporto-di-mare di Giovanni Ma-zone.

Defendente si era mostrato co-me il più intelligente e sensibileinterprete del mondo poetico diSpanzotti, di cui sviluppa gliaspetti di raffinatezza decorativae di delicata intonazione senti-mentale con un occhio sempremolto attento alle novità artisti-che dell’Europa settentrionale.Le sue prime opere – l’Adorazio-ne del Bambino per i Domenicanidi Biella (oggi a Torino, Accade-mia Albertina, 1500 circa) o loSposalizio della Vergine (Torino,Palazzo Madama) – indicano chel’artista ha saputo anche guardarealla Lombardia sforzesca, dissi-mulando, nello splendore neogo-tico dei colori e degli ori, alcunecitazioni da Bramante, da Bra-mantino e, perfino, da Leonardo.Più avanti nel tempo si osservacome il pittore si sia appassiona-to sempre di più alla pittura fiam-minga e alle xilografie tedesche:alla fine del Quattrocento esiste-vano, infatti, nel Ducato di Sa-voia numerosi polittici e dipinticommissionati dai banchieri e daimercanti piemontesi nel Nord peressere inviati nelle terre d’origi-ne. Defendente li ha sicuramentestudiati, cercando di riprodurnel’intensità brillante dei colori e lesottili descrizioni realistiche, cosìcome ha studiato le incisioni diMartin Schongauer, di AlbrechtDurer e di Luca da Leida che, nelCinquecento, erano ammirate eriprodotte con entusiasmo dagliartisti di tutto il continente.

Nasce così una lunga serie diMadonne defendentesche, incan-tevolmente tenere, affettuose (eun po’ nevrotiche); in monumen-tali altari a più registri, ricchi dicornici intagliate e dorate, trovaposto una popolazione di vesco-vi, austeri, pensosi (e un po’ trop-po lussuosamente vestiti); di san-te ingioiellate, soavi (e un po’smorfiose); di monaci austeri, re-ligiosissimi (e un po’ beghini); di

cavalieri pii, riverenti (e un po’troppo eleganti); di arcangeli im-macolati, dolci (e un po’ crudeli).Tutto un mondo paradisiaco che,con il suo profumo di rose, gelso-mino e incenso, dilaga nelle chie-se di Torino, Avigliana, Susa,Ivrea, Biella, Cuneo, Ciriè, spin-gendosi fino alla Savoia, al Delfi-nato e, come abbiamo visto, a Sa-vona.

Un simile, imponente sforzocreativo richiede da parte di De-fendente e dei suoi collaboratoriuna grande abilità nel riciclare glistessi disegni preparatori o glistessi cartoni, variandoli con po-che modifiche e riproponendoli adistanza di anni per committenti(e città) diverse. Non è affattouna cosa che ci sorprenda: il la-voro d’invenzione è sempre fati-coso e deve essere sfruttato quan-to più possibile. Per esempio, ilmodello della Madonna del Lattepreparato da Spanzotti al centrodel polittico della confraternitadei calzolai nella cattedrale diTorino è riproposto più volte nonsolo da Defendente ma anche daun altro esponente della stessabottega, Girolamo Giovenone. Ilcartone della ‘Madonna del BuonConsiglio’ in Sant’Andrea checon ogni probabilità discende daldisegno preparatorio fatto perstessa figura nella pala della Ma-donna del Popolo per la chiesadei Servi di Caselle (1510), è sta-to riutilizzato dalla bottega diDefendente per lo scompartocentrale del polittico eseguito,circa dieci anni dopo, per la chie-sa parrocchiale di Bianzè, un’im-portante località nella pianuravercellese che, allora, faceva pe-rò parte del Marchesato di Mon-ferrato (e non del Ducato di Sa-voia): corrispondono, infatti, an-che le dimensioni delle due Ma-donne e dei rispettivi troni conscarti di pochi centimetri. Cam-bia la figura del committente chea Savona si affaccia, al posto del-l’angelo, accanto al trono, spor-gendosi a venerare Gesù Bambi-

no come se fosse un Re Magio(si chiamava, del resto, Gaspare);a Bianzè spariscono gli angiolettiche, dall’alto dello schienale,stanno per appoggiare la coronasul capo di Maria (e riappariran-no in un’altra Madonna e Santi diDefendente oggi al Museo diBaltimora).

Il grande polittico di Bianzè,approdato dopo una serie di vi-cissitudini degne di una spystory al Museo Borgogna di Ver-celli, è stato appena restaurato e,fino alla fine di maggio, è espo-sto, ricostruito nel suo insiemeanche con gli sportelli ad antemobili rimasti nella chiesa delpaese, nel grande salone dellacollezione piemontese. Speroche i miei concittadini vorrannoapprofittare di questa bella occa-sione per incontrare la gemelladella ‘Madonna del Buon Consi-glio’ e conoscere così una cittàpoco frequentata ma meraviglio-samente ricca di opere d’arte. Sepoi, dopo aver visto con atten-zione il museo e la mostra,avranno ancora voglia di far duepassi, potranno infilarsi con pro-fitto nella maestosa chiesa sette-centesca di Santa Maria Mag-giore, anche questa costruita peri Gesuiti e, dopo la loro soppres-sione, affidata ai canonici dellaconcattedrale di Vercelli, demo-lita pochi anni prima: troverannoqui, sugli altari laterali, due pale– una Sacra Famiglia (a sini-stra) e una Crocifissione (a de-stra) – eseguite verso il 1765 dalfiorentino Sigismondo Betti, lostesso pittore che nel 1741 ave-va spalancato, con una stupefa-cente sarabanda di luci e di colo-ri la volta del nostro Sant’An-drea, affrescando la Gloria diSant’Ignazio. Ed ecco qui un se-condo legame fra Savona e Ver-celli. Ce n’è (o meglio: ce n’era)anche un terzo, infinitamentemeno importante. Ma questa èun’altra storia.

M.C.

Nuova sede

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A Campanassa N.1/201514

In margine al bicentenario dell’incoronazione

TRADIZIONE E STORIA ATTORNOALLA CORONA DELLA VERGINE

di Giovanni Farris

La requisizione dei beni delleChiese ed in particolare, a Savona,di quelli del Santuario, così comel’aver portato via alla Vergine lasua aurea corona, non solo costi-tuisce una delle più brutte paginedella Repubblica Ligure, ma segnauno dei momenti più drammaticidella storia di Savona. Il trascorre-re degli anni purtroppo non avevapreservato i Savonesi da un cam-mino lastricato da amare delusioni.Neppure la Rivoluzione Franceseera riuscita a cambiare le cose.L’eguaglianza repubblicana appli-

cata a Genova era ancora una voltadiversa da quella applicata a Savo-na. Dopo le inutili reiterate richie-ste della Municipalità per vitaliz-zare il porto, i Savonesi comincia-rono a non farsi più alcuna illusio-ne sul benefico apporto della Re-pubblica Ligure. Anzi nel loro im-maginario lo sdegno e l’amarezzache avevano accompagnato la di-struzione del Priamar si ridestaro-no per la cruda spoliazione subitadal Santuario. Come la distruzionedel Priamar era stato il segno delladefinitiva detronizzazione di Savo-

na, così togliere la corona alla Ver-gine di Misericordia significavanon solo colpire i Savonesi nellaloro dignità, ma privarli di ognisperanza. Questo aspetto di fondoci aiuta a comprendere la memoriacommossa e incessante nella storiadella nostra città dell’Incoronazio-ne della Vergine di Misericordiada parte di Pio VII: “Il più bell’or-namento della Storia di Pio VII aSavona, e di memoria carissima aiSavonesi”. (In “Microscopio e Te-lescopio de Savonn-a” del 1850,pag. 99). A questo proposito si po-trebbe portare una continua edininterrotta catena di testimonian-ze che dal 10 maggio 1815 giungefino ai nostri giorni. Aveva bencompreso il Provinciale degli Sco-lopi, Padre Lorenzo Isnardi (1802-1863), nella sua importante “Ora-zione per il terzo Centenario del-l’Apparizione della Vergine”(1836), allorché da testimone ocu-lare dell’Incoronazione osservavacommosso: “Di quante care me-morie fu per noi fecondo quelgiorno, che la patria di Sisto IV eGiulio II con giusto orgoglio regi-strò fra i più insigni suoi fasti!Con profonda venerazione vedem-mo il supremo Gerarca nell’attodella grande incoronazione versa-re lagrime di tenerezza, e traspa-rirgli dal volto come ad angelo diparadiso il sublime sentimento diamore che infiammava il santo suopetto”.

Questa atmosfera così calorosatradisce certo lo stato d’animo deiSavonesi, tuttavia suggerisce an-che un atteggiamento prudenzialenel delineare determinati episodi,in quanto, in alcuni casi, i contorniobiettivi della realtà sono talmentelabili da sfumare nel leggendario.Riportiamo a questo proposito dueesempi.

Nella lunga descrizione dellaCronaca contemporanea del Cas-sinis (cfr. Italo Scovazzi e FilippoNoberasco, La rivoluzione demo-

cratica e l’impero napoleonico aSavona secondo una cronaca con-temporanea, Savona, TipografiaSavonese, 1929), lo scatenarsi del-la tempesta commenta lo spogliodel Santuario.

Il Commissario Domenico Sil-vani, responsabile della raccoltadegli ori e argenti, giunse a Savo-na il 10 aprile 1798. Alle nove disera partono gli incaricati, Nervi eLodi, per prendere le gioie delSantuario. “Quando sono pocolungi dal Santuario, sorse un’orri-bile burrasca seguita da dirottapioggia con grandine di smisuratagrandezza, essendovene perfinodella grossezza di una noce e con-tinua con continuo lampo. Spaven-tati i soldati e piangendo volevanotornare indietro, ma furono arre-stati dal comando delli ufficiali.Continua la tempesta per tutto queltempo in cui spogliarono la Ma-donna delle gioie e la Chiesa di ar-genti”. Il Noberasco commentanella sua Storia dell’Apparizionedi N.S. di Misericordia (Savona,Ricci, 1915, pag. 179) questo mo-mento con queste parole: Il cielostesso parve piangere su tantasventura e una terribile tempestasi abbatté sui Commissari repub-blicani che odiosi, guardinghi siallontanavano tra i birri insensibi-li e le voci d’esecrazione di tuttoun popolo. Nel caso invece dellaprocessione riparatrice dei Confra-telli, che porteranno una nuova co-rona alla Vergine, il cielo, ci diràla Cronaca, si fa vicino e partecipecome un amico: Dopo alcuni gior-ni di tempo cattivo con pioggia,spuntò il più bel giorno che mai sipotesse vedere. Solo al partir dellaProcessione si sollevò dalla partedell’orizzonte uno strisciante nu-volo che, avanzandosi in alto a po-co a poco, pareva destinato a co-prire la processione da’ cocentiraggi del sole; e questo viepiù sivide allorché, giunta la processio-ne alla Madonna, si dissipò un tal

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nuvolo dalla parte di mare e siportò dalla parte della montagna,dove prima era perfetto sereno; epoi, al partir della processione, siandò avanzando, coprendo il solecome alla mattina, per dove pas-sava la processione.

L’autore della Cronaca in qual-che modo ascrive alla nube-guida,che accompagna la processione alSantuario, le caratteristiche prodi-giose della nube-guida biblica,che, nella pellegrinazione attraver-so il deserto, aveva vigilato sul po-polo d’Israele, fuggito dall’Egittoe guidato da Mosè verso la terrapromessa. Dunque la nube del no-stro testo ancora una volta richia-ma la Vergine che esercita il suoruolo materno nei confronti delpopolo savonese.

Sullo sfondo delle requisizioniun altro problema interpretativopresenta la figura a cui abbiamofatto cenno, quella del canonicoAntonio Lodi, che, assieme al Ner-vi, aveva l’incarico dello spogliodel Santuario. Le notizie che ciforniscono le ricerche d’archivionon sembrerebbero collimare conla cattiva fama del Lodi. Infatti il 6aprile 1798 il viceprefetto del di-stretto di Savona, Giuseppe Nervied il can. Antonio Lodi, vicesegre-tario della municipalità di Savona,

appena conosciuto il decreto [sullarequisizione degli ori e degli ar-genti delle Chiese], cercaronod’intervenire presso il Consigliodei Seniori “acciocché venisse ec-cettuato dal decreto... il Santuariodi N.S. di Misericordia”. Il Nervied il Lodi, a cui si aggiungono ideputati Giuseppe Gozo e Gio.Batta Ferro, cercarono di perorarela causa anche presso il Corpo le-gislativo, ma non ottennero nulla(cfr. Elsa Marantonio Sguerzo, Larequisizione degli ori e degli ar-genti delle Chiese da parte dellaRepubblica Ligure, in “Rassegnadegli Archivi di Stato”, nn. 2-3maggio-dicembre 1974, pp. 482-483). La legge ormai era già stataemanata.

In Pio VII in Savona FrancescoMartinengo volle riportare un Dia-rio del viaggio di Pio VII da Romaa Savona e sua schiavitù in questacittà dell’Abate Hanon. Nel Dia-rio, non conosciuto dal fratelloDomenico morto il I° ottobre1875, sono raccolte notizie acqui-site a Fenestrelle, dove l’autore sitrovava recluso assieme ad alcunifamiliari del Papa. Da queste noti-zie il Lodi esce malconcio: “Il Pre-fetto ebbe l’impudenza [dopo cheil Papa si era lamentato di riceverela posta a lui indirizzata aperta ed

esaminata da altri] di stabilire unsegretariato col titolo di Cancelle-ria Apostolica [che aveva funzionedi smistamento appunto delle let-tere indirizzate al Papa]... Il diffi-cile pel prefetto Chabrol, nello sta-bilimento di questa pretesa Can-celleria Apostolica, fu trovare uncapo ecclesiastico, quale a tal uffi-cio si conveniva. Tutti i preti diSavona a tal carica essendosi rifiu-tati, gli fu forza rivolgersi a un tri-sto, conosciuto tale da tutto il pae-se, e fu un tal Lodi, canonico dellacattedrale, screditato ed aborritouniversalmente, già caldo fautoredella Repubblica, poi aiutatoreprincipale del saccheggio dato allechiese, che ai commissari incarica-ti dello spoglio del Santuario edella sacra statua della Madonna,che si stavano davanti alla stessapaurosi e titubanti, non osandoviolarla, avea fatto animo col sali-re egli stesso sull’altare e stendereil primo le mani sacrileghe sulsanto simulacro... Tal fu l’uomoposto dal Chabrol a capo della fa-mosa Cancelleria Apostolica” .

La figura del Lodi è vista dalMartinengo, nel suo accenno innota, sullo sfondo di un novelloGiuda scampato fortunatamente,alla rovina eterna: “Donde e di chegenerazione fosse questo canonicoLodi, non saprei dire... Fortunata-mente egli morì il 16 Aprile 1822,riconciliato con Dio”, come risultanell’atto di morte della Parrocchiadella Cattedrale.

Il servizio fatto dal Martinengonon ha davvero giovato alla famadel can. Lodi. Questi a Savona do-

veva avere un ruolo di spicco siaper essere così direttamente coin-volto nella Municipalità sia per iltitolo di Arcidiacono che lo rende-va autorevole nel Capitolo dellaCattedrale. L’incarico di sovrin-tendere alle requisizioni nellechiese, non poteva certo procurar-gli buona fama presso il popolo.Dalle poche notizie che sono ri-uscito a trovare doveva esseremolto legato al Prevosto del Capi-tolo, Agostino Boschi, che era di-ventato Parroco della Cattedrale“perché era di confidenza del go-verno per le prove che avea datodi attaccamento al detto governo”.Lo troviamo infatti accanto a luinel sottoscrivere, il 19 febbraio1811, assieme agli altri componen-ti del Capitolo, la famosa dichiara-zione di adesione alla Chiesa Gal-licana, come nell’andare, il 12 di-cembre 1811, in carrozza ad acco-gliere il vescovo, mons. Maggioli,nel suo rientro a Savona da Parigi,e pranzare con lui a Varazze (cfr.Lettere di Mons. Vincenzo MariaMaggioli, Savona, Sabatelli, 2008,pag. 35).

Il trascorrere del tempo non ciha fornito prove per avallare le af-fermazioni dell’Hanon, talvolta haridotto il Lodi ad un indefinito sa-cerdote, si è pure tentato di atte-nuare il suo gesto sacrilego (forse,chi sa? Con buona intenzione),tuttavia l’oblio ancora non riesce acancellare le vicende di questo sa-cerdote disgraziato [V.L. Pongi-glione].

G.F.

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Breve storia della BibliotecaCivica di Savona

Si è parlato molto in questi mesi,del trasferimento della Bibliotecada Monturbano a palazzo DellaRovere. Nell’ambito di questa dis-cussione, sembra utile ricostruire levicende storiche di questa impor-tante istituzione culturale e soprat-tutto quelle relative al progetto chel’ha portata esattamente trent’annifa, a trasferirsi a Monturbano.

La Biblioteca Civica di Savona,che oggi s’intitola ad Anton GiulioBarrili, sorse per volontà del ve-scovo Agostino Maria De Mari,che alla sua morte, nel 1840, lasciò2.201 volumi, alla Società Econo-mica da lui fondata. La Bibliotecafu inaugurata ufficialmente il pri-mo aprile 1846. Ai volumi lasciatida monsignor De Mari, se ne ag-giunsero 1.558, di questi, 197 fu-rono regalati dalla Società Econo-mica e 1.361 dai privati, mentre ilComune e lo stesso re di Sardegna,Carlo Alberto, che donò 81 prezio-

se opere, concorsero con finanzia-menti. La sua prima sede fu nelvecchio ospedale San Paolo in cor-so Italia poi, fino al 1894, in dueampie sale al primo piano di palaz-zo Gavotti, in piazza Chabrol, allo-ra sede del Comune. Con l’appli-cazione della legge Siccardi del1866, d’incameramento dei beniecclesiastici, la biblioteca si arric-chì di numerosi volumi, prove-nienti dalle raccolte delle istituzio-ni religiose, nel 1882, poteva con-tare 12.274 volumi, 1.260 opuscolie numerosi manoscritti. Primo bi-bliotecario, fu lo storico e sacerdo-te Tommaso Torteroli, che ricoprìquesto incarico dal 1846 fino al1868. Gli successe il marcheseCarlo Montesisto anch’egli stori-co, traduttore e poeta, che ressequesta carica sino al 1889.

Nel 1895, fu sciolta la bibliotecacircolante Vittorino da Feltre, cheaveva sede nel palazzo Della Ro-vere, i suoi numerosi e pregevolivolumi, passarono alla Biblioteca

luglio 1935, la Consulta Municipa-le, affidò all’ingegner LorenzoIsetta, la redazione del progettoper la trasformazione dell’ex Mu-nicipio di piazza Chabrol, in sededella Biblioteca Civica, per unaspesa prevista di 380.000 lire 1.Nel gennaio 1936, furono appaltatii lavori, aggiudicataria risultò l’im-presa Agostino Accinelli di Varaz-ze 2. Nei primi mesi del 1938, labiblioteca, fu trasferita a palazzoGavotti, dopo che il Comune si eratrasferito nel nuovo palazzo dipiazza Sisto IV, tra la fine del 1934ed i primi mesi del 1935 3. La nuo-va biblioteca in palazzo Gavotti, fuaperta ufficialmente al pubblico, il15 febbraio 1939. La biblioteca sa-vonese possedeva, nel 1937, oltre53.000 volumi e più di 600 mano-scritti. Era stata arricchita, nel1932, dal lascito Boselli, che com-

re giornalista e garibaldino savo-nese. La sede di piazza Chabrol, fusottoposta a radicali lavori di re-stauro tra il 1958 ed il 1959, perrendere più accoglienti i locali, chefurono, tra l’altro dotati di nuoviarredi metallici, forniti dalla So-printendenza Bibliografica. Con ilpassare degli anni, nel secondo do-poguerra, anche la sede di piazzaChabrol divenne inadeguata.

Il trasferimento a MonturbanoIl complesso di Monturbano era

ed è ancora oggi costituito da treedifici. Al centro la cinque seicen-tesca villa Corsi, di proprietà, sinoalla fine del Settecento dell’omo-nima famiglia savonese, fu poi ac-quistata dai padri Scolopi che nefecero, in un primo tempo la lorovilleggiatura di campagna. La villapassò nella disponibilità dello Sta-

Civica. Bibliotecario divenne Vit-torio Poggi, allora tenente colon-nello, che si ritirò dalla vita milita-re. Poggi morì nel 1915 e fu sosti-tuito dal professor Filippo Nobera-sco, che resse la carica fino allamorte, nel 1941. Nel 1894, la sededella biblioteca, fu trasferita nelpalazzo dei Padri delle Scuole Pie,in via Riario, accanto a via PietroGiuria. Qui rimase fino alla finedegli anni venti del Novecento,quando fu trasferita nei locali dellaScuola di Carità, ex chiesa di SanGiovanni e Commenda Gerosoli-mitana, in via Mistrangelo, che eragià stata, dal 1845, la sede dellaScuola, fondata dai Sacerdoti seco-lari della Dottrina Cristiana. Il 26

prendeva 11.151 volumi, su argo-menti vari, in particolare storia,letteratura e politica. Tra la finedell’Ottocento e i primi decennidel Novecento, furono numerosi ilasciti anche se di minore consi-stenza di quello Boselli. Tra questi,oltre a quello del re Carlo Albertoe di Maria Cristina di Savoia, donida parte del re Umberto I e dellefamiglie Assereto, Buscaglia,Caorsi, Corsi, De Maestri, De Ma-ri, Folco, Giuria, Grosso, Isalberti,Isnardi, Lamberti, Manara, Monte-sisto, Naselli Feo, Nervi, Nobera-sco, Pico, Poggi, Pozzo, Scarrone,Torteroli. Nel 1946, la bibliotecadi Savona fu intitolata ad AntonGiulio Barrili, letterato, romanzie-

Biblioteca Civica: ancora un trasferimento

LA STORIA DELLA BIBLIOTECA CIVICAE DEL SUO TORMENTATO

TRASFERIMENTO A MONTURBANOdi Giovanni Gallotti

A Campanassa N.1/2015 17

to e successivamente del Comune,con la legge di incameramento deibeni ecclesiastici (legge Siccardi),del 1866. Quando gli Scolopi, fu-rono costretti a trasferirsi dalla lo-ro sede di via Giuria, accanto almercato coperto, per il prolunga-mento della stessa strada sino alporto si trasferirono a Monturbano.Ai lati della villa furono costruitidue grandi edifici, raccordati poida un portico, il collegio ed il con-vitto. Venne stipulata tra gli Scolo-

era previsto in 648 milioni di lire,comprensivi del restauro del vec-chio edificio e della costruzione delnuovo blocco-deposito. Il progettofu presentato il 5 dicembre 1974.

La relazione allegata al progetto,intitolato “Casa della cultura, Bi-blioteca e deposito libri” presenta-va una relazione tecnica, nellaquale si rimarcava la difficoltà di:“Poter trasformare con una conce-zione moderna, basata soprattuttosu funzionalità un vecchio edificio

vecchio collegio degli Scolopi aduso biblioteca, si è dovuto creareancora, nel cortile posteriore, unnuovo corpo adibito a deposito li-bri (400.000-450.000 volumi), in-corporandovi inoltre l’abitazionedel custode e altri locali per usicomplementari e necessari al nu-cleo”. Si faceva poi cenno al fattoche si era tracciata “Una stradacollegante la via Mentana al piaz-zale antistante l’edificio del depo-sito di libri”. La relazione prose-guiva indicando i lavori interni edesterni da eseguire ed indicava unainteressante idea che non fu mairealizzata: “Da un sopralluogo ef-fettuato poi con l’ingegnere capodel Comune di Savona, ing. ELombezzi, si è venuti alla scopertadi un cunicolo (questi era in tempodi guerra adibito a galleria-rifugioper gli Scolopi). Con un accorgi-mento suggerito dall’ingegnerestesso, ossia costruendo un ade-guato ascensore che parte dal cu-nicolo ed arriva fino al secondopiano dell’edificio centrale, si puòportare direttamente al locale de-stinato alla sala di distribuzione ecataloghi coloro che fossero impos-

pi ed il Comune, proprietario deibeni, una apposita convenzione, didurata trentennale. Il Comune, nel1971, non rinnovò più la conven-zione e gli Scolopi abbandonaronoMonturbano. La proprietà ritornòcosì nella piena disponibilità delComune.

Negli Anni Settanta si cominciòa parlare del trasferimento della Bi-blioteca Civica a Monturbano 4. Unprovvedimento della Giunta Muni-cipale di Savona del 26 luglio 1973e del Consiglio Comunale del 16settembre 1974, affidò all’architet-to Teobaldo Rossigno, l’incaricodella redazione del progetto per lasistemazione della Biblioteca e deldeposito libri nell’edificio di Mon-turbano.

L’importo complessivo dei lavori

(nato per collegio e per scuola) inuna biblioteca civica”. La relazio-ne proseguiva affermando che unostudio dettagliato è stato fatto suiproblemi delle biblioteche ed inparticolare di quella di Savona conlo stesso direttore della struttura,dottor Amande. Il problema poi,era stato approfondito visitando lebiblioteche di Dogliani, Tokio, Fir-miny (Francia), Città del Messico,Londra, Verona, Oxford, Seinajoki(Finlandia) e Rovaniemi (Finlan-dia). Venivano poi elencati i localiindispensabili in una biblioteca e siaffermava che, siccome: “Tutti ilocali, che si avevano a disposizio-ne nel vecchio edificio, erano in-sufficienti a contenere il tutto.Quindi cercando (nel restauro) diadattare nel modo più positivo il

sibilitati di potersi servire dellescale” Seguivano i disegni per illu-strare il progetto. Il documento fuapprovato dal Consiglio Comunaleil 31 maggio 1977. Durante la sedu-ta si svolse un dibattito tra i variconsiglieri e le opinioni furono con-trastanti, tra chi sosteneva e chi eracontrario alla scelta di Monturbanocome nuova sede della Biblioteca.Tra l’altro vi fu chi sostenne l’ipo-tesi di trasferire la biblioteca nell’e-dificio della vecchia stazione Le-timbro, che proprio in quei mesiaveva cessato di funzionare.

Il prezzo dei lavori da eseguire,fu aggiornato dallo stesso progetti-sta il 12 aprile 1979 in un miliardo

ti nell’edificio centrale. Il 16 mar-zo 1985, la nuova sede della Bi-blioteca civica a Monturbano, fuufficialmente aperta.

G.G.NOTE1) Archivio del Comune di Savona, Re-gistro dei verbali delle sedute della Con-sulta Municipale, venerdì 26 luglio 1935,numero 114.2) “Il Letimbro” di venerdì 10 gennaio1936.3) La data ufficiale nella quale l’ammini-strazione comunale fu trasferita in PiazzaSisto IV, fu stabilita il 21 aprile 1935, an-niversario della fondazione di Roma egiorno festivo durante il ventennio fasci-sta.4) Le notizie sui progetti, sui verbali del-la Giunta e del Consiglio Comunale, so-no tratti dai documenti dell’Archivio Co-munale di Savona.

e 130 milioni di lire, tale revisionefu approvata dal consiglio Comu-nale il 12 luglio 1979. Per il 7 feb-braio 1980, fu indetta una gara alicitazione privata tra sedici ditte,che però andò deserta. In seguito,il 15 marzo dello stesso anno, sisvolse un’altra gara, alla quale par-teciparono ventiquattro ditte e dal-la quale uscì vincitrice l’impresaEdiltre. Il 17 marzo, un’altra deli-bera del Consiglio comunale affidòdefinitivamente alla Ediltre l’ap-palto dei lavori, con una integra-zione di 554 milioni e 500.000 li-re, da imputarsi sul bilancio 1980,finanziata con un mutuo che fu ri-chiesto alla Cassa Depositi e Pre-stiti. L’importo complessivo dei la-vori fu così previsto nella sommadi un miliardo 684 milioni e500.000 lire.

La realizzazione del progetto,comportò numerosi e importantilavori di adattamento dell’edificiocentrale, ex villa Corsi. Gli fu af-fiancato un nuovo edificio, artico-lato su sei piani, con funzione dimagazzino librario, mentre le saledi consultazione, di lettura e gli uf-fici amministrativi, furono colloca-

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Compagnia Teatrale

“A Campanassa” - Città di Savona

La compagnia tetrale “A Campanassa” - Città di Savonanel mese di maggio sarà impegnata nelle seguenti date:Il 3 maggio 2015 ore 16.00 teatro Verdi, Genova Sestri.Il 23 maggio 2015 ore 15.00 teatro Rina Gilberto Govi diBolzaneto.Con la Commedia “Premiata ditta Sciaccaluga & c.”.Siamo in attesa di conferma per il 15 o 16 maggio pres-so la sms di Legino Milleluci.Seguiteci su facebook per ulteriori informazioni.Saluti

Il PresidenteIghina Giovanni

Il Consiglio Direttivoinvita i Savonesi, che vogliono

rendere omaggio al loro dialettocon insegne, proverbi o altre

iscrizioni pubbliche, a contattarel’Associazione “A Campanassa”per un uso corretto della grafia.

Caro Sindaco, cari Cittadini, oggi laStoria dice così. Crediamo proprio siadoveroso riappropiarsi della nostraTorretta, adeguatamente restaurata.Ricordiamo che la Torretta e lo stemmadi Savona riprodotto nella foto sono delXIV secolo, mentre lo stemma dei bar-bari oppressori è della seconda metà delXVII secolo. Attendiamo fiduciosi. C.C.

BIBLIOTECA CIVICA di Carlo CervaL’Amministrazione Comunale, nel progettare la realizzazione diquella che chiamò “Casa della cultura”, oltre al restauro ed adegua-mento della Villa Corsi ed alla costruzione del deposito libri, avevaprevisto una strada pubblica collegante Via Mentana con il piazzaleantistante il deposito libri, gli ascensori da Via San Lorenzo, utiliz-zando le gallerie esistenti, il restauro e l’adeguamento alle norme inmateria, dell’auditorium, circa 250 posti, collegamento dello stessodalla Via Cigliuti, con secondo ingresso privo di barriere architetto-niche. Tutto è rimasto fermo, purtroppo, al 16 Marzo 1985, inaugu-razione della nuova sede della Biblioteca Civica: cioè Villa Corsi edeposito libri. Di tutte le opere che ho elencato, non si è fatto piùnulla. Oggi si parla, invece, del trasferimento della Biblioteca, lo sifa con una certa leggerezza, senza tenere conto delle reali esigenzedella Città e della oculatezza necessaria nell’amministrare.Ricordiamoci che Savona potrebbe avere da tempo una gran bellabiblioteca, “La casa della cultura”, raggiungibile sia a piedi che conmezzi di trasporto.

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“A CAMPANASSA RINGRAZIA” 2014

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CUNFÖGU

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LE CANZONI DEI SOLDATIE DEI CANTAUTORI

Ricordiamo l’entrata dell’Italia nella Grande Guerra cent’anni fae i settant’anni dalla Liberazione con un concerto in Campanassa

domenica 24 Maggio 2015, alle ore 17,00. Pianoforte e voce Ivano Nicolinidi Romana Morra

“Il Piave mormorava calmo e placidoal passaggiodei primi fanti il ventiquattro maggio;l’esercito marciava per raggiunger lafrontieraper far contro il nemico una barriera!Muti passaron quella notte i fanti,tacere bisognava e andare avanti:S’udiva intanto dalle amate spondesommesso e lieve il tributar de l’onde.Era un presagio dolce e lusinghieroIl Piave mormorò: “Non passa lostraniero!”(...)

“La leggenda del Piave” fucomposta dal maestro ErmeteGiovanni Gaeta, conosciuto co-me E. A. Mario, nel giugno del1918, subito dopo la Battaglia delSolstizio.

Questa canzone si diffuse moltoin fretta fra i soldati e, insieme a“Monte Grappa tu sei la mia Pa-tria” e “Ta-pum”, è una canzonesimbolo della Grande Guerra.

Il Piave assume in sé i sentimen-ti dei soldati nei vari momenti del-la guerra, dall’arrivo dei fanti di-retti al fronte, muti verso l’ignoto,il ventiquattro Maggio 1915, alladisfatta di Caporetto nell’Ottobre1917(...) “S’udiva allor dalle violate spondesommesso e triste il mormorio de l’onde:come un singhiozzo in quell’affanno nero.Il Piave mormorò “Ritorna lo stranie-ro!”(...)

all’eroica resistenza dei soldatisulla frontiera Monte Grappa -Piave, dove si decidono le sortidella guerra(...) “No”, disse il Piave, “No”, disse-ro i fanti,“Mai più il nemico faccia un passoavanti”.Si vide il Piave rigonfiar le sponde!E come i fanti combattevan l’onde.Rosso del sangue del nemico altero,il Piave comandò: “Indietro va’ stra-niero!”(...)

Il generale Armando Diaz inviòall’autore un telegramma nel qualesosteneva che l’inno aveva ridatomorale ai fanti e aveva giovato al-la riscossa nazionale più di quanto

avesse potuto fare lui stesso: “Lavostra Leggenda del Piave al fron-te è più di un generale!”

“La leggenda del Piave” fuadottata come Inno nazionaledall’8 Settembre 1943 al 12 otto-bre 1946.

I veri protagonisti della guer-ra sono i soldati. Ragazzi sui ven-t’anni, ma anche uomini con fami-glia e figli, sono i protagonisti, inbuona parte involontari, dellaguerra. È la voce dei soldati chevogliamo ascoltare, il vero raccon-to della guerra è il loro, attraversole lettere che scrivono ai loro cari,i diari scritti sui quadernetti nelletrincee, le memorie scritte dai su-perstiti al ritorno a casa.

Nelle trincee della Grande Guer-ra troviamo anche una generazio-ne di poeti e scrittori: EugenioMontale, che ha combattuto inValmorbia, alle pendici del MontePasubio, ha lasciato una sola poe-sia sulla guerra, “Le notti chiareerano tutte un’alba”, dove defini-sce i soldati “volti dal cieco caso”,“oblio del mondo”, ma non parladei combattimenti, e delle notti intrincea vuole ricordare solo glianimali notturni. Anche il poetaUmberto Saba vive l’esperienzadella guerra; Emilio Lussu non èuno scrittore, ma vent’anni doposcrive il più bel libro italiano sullaguerra, “Un anno sull’altipiano”.Lo scrittore Carlo Emilio Gaddae il poeta Giuseppe Ungaretticombattono a pochi chilometri didistanza, senza mai incontrarsi.Ungaretti scrive le sue poesie sufoglietti di carta che tiene in tasca:costituiscono il suo “diario” su cuiriporta, ad ogni poesia, la data edil luogo in cui l’ha scritta. È piùanziano degli altri soldati in trin-cea e i ragazzi lo rispettano. Unga-retti li sente “fratelli” e piangequando li vede cadere:

“Di queste casenon è rimastoche qualchebrandello di muro

Di tanti che mi corrispondevanonon è rimastoneppure tanto

Ma nel cuorenessuna croce manca

È il mio cuoreil paese più straziato”

Giuseppe Ungaretti, “SanMartino del Carso”, Valloncellodell’Albero Isolato il 27 agosto1916.

Ungaretti scrive in una lettera aGiovanni Papini: “La notte scorsaho dovuto marciare per dieci chi-lometri o più sotto la pioggia scro-sciante; mi sono lasciato andarecantando con gli altri soldati, e hodimenticato me stesso: che alle-gria”.

I soldati raccontano la dura vitadelle trincee, delle marce e degliassalti anche coi loro canti. Canta-no mentre marciano col triste pre-sagio di andare a morire. Cantanoper non pensare alla paura, allastanchezza, alla fame, al freddo,alla nostalgia di casa. Cantano persentirsi parte di un grande gruppo,perché tutti condividono la paura,la fame, il freddo, la nostalgia.

Sono numerose le canzoni deisoldati, in genere nascono per ca-so: prendono musiche di canzonipopolari che conoscono in tanti emettono dei testi che parlano di lo-ro, delle fatiche, della morte sem-pre in agguato, della nostalgia perla famiglia, ma anche di momentileggeri, di allegria.

In buona parte i canti di trinceapossono essere considerati canzonipacifiste. La loro funzione è quelladi far sentire i soldati tutti compa-gni di sorte ed amici e di riportarei loro pensieri alla casa, agli affet-ti. Le musiche sono quelle dellecanzoni dei giorni di pace, con glistessi ritmi e le stesse melodie.

Una delle più note canzoni dellaGrande Guerra è “Ta-pum”, lacanzone dell’Ortigara.

Il Monte Ortigara si trova nellaparte settentrionale dell’Altopianodi Asiago, al confine fra Veneto eTrentino: è stato teatro di una ter-ribile battaglia che si è svolta fra il10 e il 29 Giugno 1917. Secondoalcuni studiosi (A. V. Savona e M.L. Straniero) l’origine della canzo-ne risale agli scavi per la costru-zione della galleria del San Gottar-do (1872-1880): l’onomatopea“ta-pum” si riferiva allo scoppiodelle mine; secondo un’altra ver-sione (F. Brunello) l’autore è NinoPiccinelli, musicista e soldato vo-lontario, combattente della batta-glia dell’Ortigara. A fine guerra ilsoldato scrive nelle sue memorie:“...L’ordine era di conquistarequota 2105: la nostra trincea dis-tava poche decine di metri daquella austriaca (...), diedi una

nota ad ogni sospiro della miaanima, nacque così l’accorato edisperato canto, tra i lugubri duel-li delle artiglierie, il balenio spet-trale dei razzi di segnalazione e ilgemito dei feriti. Dal tiro infallibi-le dei cecchini nemici che riecheg-giava a fondo valle scaturiva ilmicidiale Ta-pum, ta-pum, ta-pum.Furono venti giorni d’inferno, sen-za che nessuno ci venisse a dare ilcambio, l’inno venne cantato inquei giorni dai miei commilitoni”.

Si può pensare che Piccinelli ab-bia composto il testo su un orditomusicale già esistente, conservan-do il suono onomatopeico.

Piccinelli racconta ancora cheGiacomo Puccini, una sera del1922, ebbe a dire “Darei il secon-do atto della mia Bohème per averscritto Ta-pum!”. Questo inno èstato adottato dagli Alpini.

“Venti giorni sull’Ortigarasenza cambio per dismontà,ta-pum, ta-pum, ta-pum...Quando poi discendi al pianobattaglione non hai più soldà,ta-pum, ta-pum, ta-pum...Quando sei dietro a quel murettosoldatino non puoi più parlar,ta-pum, ta-pum, ta-pum...Quando portano la pagnottail cecchino comincia a sparar,ta-pum, ta-pum, ta-pum...E domani si va all’assalto:soldatino non farti ammazzar,ta-pum, ta-pum, ta-pum...Ho lasciato la mamma mia,l’ho lasciata per fare il soldà,ta-pum, ta-pum, ta-pum...Dietro il ponte c’è un cimiterocimitero di noi soldà,ta-pum, ta-pum, ta-pum...Cimitero di noi soldati, presto un giorno vi vengo a trovà,ta-pum, ta-pum, ta-pum...

Mentre le Memorie scritte daireduci della guerra riportano espe-rienze a lungo meditate, i diari,le lettere e le canzoni come “Ta-pum”, scritti in trincea, sono me-moria viva, immediata, che entranelle nostre emozioni e ci dice di-rettamente che cos’è la guerra. Intrincea la scrittura assume unafunzione “terapeutica” molto im-portante, perché permette di tirarfuori dalla mente sentimenti di ter-rore e di orrore troppo grandi perragazzi di vent’anni, e di mantene-re un contatto vivo con la vita dicasa: hanno bisogno di sapere se iloro cari stanno bene, com’è anda-to il raccolto del grano, come cre-

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scono i figli; chiedono di mandarepacchi con cibo di casa e calze dilana. Non dimentichiamo che, do-po le esperienze delle trincee e de-gli assalti, molti soldati sono im-pazziti.

I soldati erano soprattutto conta-dini e provenivano da tutte le re-gioni della giovane Italia Unita.Molti erano quasi analfabeti, i piùnon erano andati a scuola oltre laterza elementare. Il bisogno discrivere stimolava la solidarietà efaceva crescere le competenze lin-guistiche.

“Tu che passeggi per la grandecittà, leggendo il giornale perchénon hai da fare, e che sei tantoscaldato per la guerra e per le no-stre avanzate vieni qua a vedere ead ascoltare. Sì, i nostri sono arri-vati in trincea nemica ma sentiche lamenti e che grida di dolore(...) guarda quel ferito alla gambache si trascina da sé in trincea no-stra. Guarda quello come correcon il braccio spaccato da unascheggia di granata. Guarda il ca-pitano che dà da bere a quel feritoche si trova in barella. Guardaquei due che si medicano da sé.Guarda questo poveretto mortoper una pallottola alla testa. Chiconsolerà i suoi cari? Chi aiuteràla sua famiglia? Questo è il fruttodella guerra che tu gridi a squar-ciagola”.

(in: Antonio Gibelli, “La guer-ra grande” Storie di gente comu-ne. Ed. Laterza 2014, pagg. 41-43)

Questo è uno degli ultimi passidel diario di guerra, quattro qua-derni manoscritti, del monaco be-nedettino Francesco Olivero natonel Monferrato nel 1894, inviatoal fronte nel Giugno 1915 e mortoun anno dopo. Nel passo riportatola condanna della guerra è rivoltaa chi continua ad esaltarla senzaaverla conosciuta. E il pensierocorre a Primo Levi che, nell’intro-durre il racconto dell’esperienzavissuta nel campo di sterminio diAuschwitz negli anni 1944-45, in-dirizza un monito a chi vive tran-quillo nella propria tiepida casa efinge di ignorare la realtà della de-portazione. (Primo Levi, “Se que-sto è un uomo”, Torino 1958)

“Voi che vivete sicuriNelle vostre tiepide case, Voi che trovate tornando a seraIl cibo caldo e visi amici:Considerate se questo è un uomoChe lavora nel fangoChe non conosce paceChe lotta per mezzo paneChe muore per un sì o per un no.Considerate che questa è una donnaSenza capelli e senza nomeSenza più forza di ricordareVuoti gli occhi e freddo il gremboCome una rana d’inverno.Meditate che questo è stato” (...)

Nelle Memorie di VincenzoRabito, soldato “inalfabeta” sici-

liano del 1899, si coglie il sensodell’esperienza estrema, smisura-ta, disumana:

(...) “Così, venne l’ordene diavanzare anche noi, e antare inquello Monte Fiore pieno di cata-vore (cadaveri). Povere descrazia-te, quanto ni morevino! (...) cheprima di arrevare al monte, cami-nato caminato, di quanto morte eferite che c’erino, non avemmodove mettere li piede” (...)

Poi viene dato l’ordine di sep-pellire i morti, e Vincenzo scrive:(...) Tutte erimo ridotte senza pen-ziero, erimo tutte inrecanoscibile,erimo tutte abbandonate del mon-do”. (...)

Sulla controffensiva italiana del1918 Vincenzo scrive: “Ma comemaie Vincenzo Rabito può esserediventato così carnifece in quellamatenata del 28 ottobre? (...) erodeventato un vero cane vasto, chenon conosci il padrone”. (...) Inquesta pagina Vincenzo traccia“una delle più terrificanti scene diassalto della sua autobiografia edella letteratura di guerra in genera-le. Le grida “Avanti Savoia”, i ca-rabinieri schierati alle spalle prontia colpire gli arretranti, l’avanzarecol pugnale nella mano e il tascapa-ne pieno di bombe, i lanciafiammein azione, le poche centinaia di me-tri sotto il fuoco nemico, in mezzoal filo spinato e alle trappole, il ruz-zolare delle pietre, tre soldati mortiogni cinque, il dominio del caos edella crudeltà. Un trionfo dellamorte, una festa danzante di folli edi belve feroci” (...) “E così par-tiemmo, che paremmo uscite dalmanicomio, perché erimo deventatetutte pazze” (...) E conclude conquesto paradosso: (...) “che fu pro-pia in queste sanquinose ciorne chemi hanno proposto una medaglia avalore miletare”. (...).

(in: Antonio Gibelli, op. cit.,pagg. 46-49).

(...) “Povere madri quanto vipentireste di aver dato la vita a unfiglio se voi vedeste ciò che vuol dìguerra (...) scrive Giuseppe Ma-netti, mezzadro toscano, il 6 Giu-gno 1917 sulla collina chiamataMonte Cappuccio piena di buchi,croci ed ossa di soldati. (in: Anto-nio Gibelli, op. cit., pagg. 76-82)

A Novembre 2014 è uscito nellesale cinematografiche il film diErmanno Olmi “torneranno iprati”, ispirato ad un racconto diFederico De Roberto, “La pau-ra”, del 1921. La storia si svolgein una sola nottata in trincea, sul-l’Altopiano di Asiago, nel 1917,l’ultimo inverno della guerra.

I soldati si trovano vicini allatrincea austriaca, “così vicina chepare di udire il loro respiro”.

Ci sono quattro metri di neve, etanto silenzio. Dal caldo di unascrivania lontana arriva l’ordine diun attacco suicida: le vite dei sol-dati sono tradite dagli ordini deiloro superiori. Poi, come in qual-

siasi tragedia umana, sulle ceneritutto tornerà normale. In questevalli, sui corpi dei soldati uccisi,“torneranno i prati”.

Ermanno Olmi racconta che,quando gli è stato proposto di gi-rare questo film, il suo pensiero èandato al padre che gli raccontava,quando era bambino, la sua vita disoldato nella Grande Guerra. Que-sto pensiero l’ha portato alla per-cezione di una realtà (...) “Noi ab-biamo compiuto un grande tradi-mento nei confronti di tutti queigiovani, anche civili, milioni dipersone, che sono morte in quellaguerra. Non abbiamo spiegato lo-ro perché sono morte. Perché nonl’abbiamo spiegato? Perché coimorti e coi bambini non si può ba-rare. Noi questi giovani morti liabbiamo traditi. Adesso celebria-mo il centenario, fanfare, bandie-re, discorsi, ma se prima non scio-gliamo questo nodo, delle ipocri-sie, direi della vigliaccheria, – usoparole forti, lo so – resteremosempre in quella fascia neutraleche è già tradimento. E allora, co-sa fare? Mi auguro che questa ce-lebrazione del centenario, con al-cune riflessioni a proposito di que-sto tradimento, trovi in noi il moti-vo per, quantomeno, chiedere scu-sa. Io ho in mente un ammonimen-to di Albert Camus che dice: – Sevuoi che un pensiero cambi ilmondo, prima devi cambiare testesso. – Allora il pensiero che noifaremo, a proposito di questi gio-vani, è il proposito di cambiare ilmondo, ma prima dobbiamo cam-biare noi stessi”. (Si può ascolta-re questo intervento commosso diErmanno Olmi in internet, inse-rendo su Google: ermanno olmitorneranno i prati).

Proprio alle montagne, dove tantisoldati hanno lasciato la vita, pensail compositore friulano ArturoZardini, profugo della GrandeGuerra, che compone un brano cheè una sorta di preghiera, “StelutisAlpinis”: un soldato morto inguerra si rivolge alla propria sposaricordandole che lui, come la stellaalpina cresciuta fra le rocce dov’èsepolto, le sarà sempre accanto.

“Se tu vieni quassù tra le rocce,là dove mi hanno sepolto,

c’è uno spiazzo pieno di stelle alpine:dal mio sangue è stato bagnato.

Come segno una piccola croceè scolpita lì nella roccia:fra quelle stelle nasce l’erbetta, sotto di loro io dormo sereno”. (...)

Mentre nella Grande Guerra isoldati hanno composto moltecanzoni, alcune delle quali tra-mandate solo dalla tradizione ora-le, della Seconda Guerra Mon-diale soltanto una canzone del1940 riesce ad emanare una fortecarica espressiva: “Sul ponte diPerati”, nata dagli Alpini della

Brigata Julia durante la campagnadi Grecia sulla musica della can-zone “Sul ponte di Bassano”, ri-salente alla Prima Guerra.

Sull’Italia calpestata dai nazifa-scisti scrive il poeta SalvatoreQuasimodo:

“E come potevamo noi cantarecon il piede straniero sopra il cuore,fra i morti abbandonati nelle piazzesull’erba dura di ghiaccio, al lamentod’agnello dei fanciulli, all’urlo nerodella madre che andava incontro al figliocrocifisso al palo del telegrafo?Alle fronde dei salici, per voto,anche le nostre cetre erano appese,oscillavano lievi al triste vento”.

(Salvatore Quasimodo, “Allefronde dei salici”, in: “Giorno do-po giorno”, 1947)

È stata invece la Resistenza afar rifiorire un linguaggio poeticonel quale si identificano gli Italia-ni: pensiamo a “Bella ciao”, chetrova origine in una ballata france-se del Cinquecento, a “Pietà l’èmorta” di Nuto Revelli e a “Fi-schia il vento”, canzone composta,sulla musica della canzone popola-re sovietica “Katjusa”, da FeliceCascione “U Megu” (il medico),capo partigiano, eroe della Resi-stenza, nato a Porto Maurizio e uc-ciso dai nazifascisti nel Gennaiodel 1944. È la canzone più notanella lotta italiana di Liberazione.

Oggi abbiamo le canzoni deicantautori, che ci parlano dellaguerra per farci comprendere quan-to sia assurda e quanto male facciaalla vita e ai sentimenti. Parlano diguerra come messaggio: l’unica viaper l’umanità è la PACE.

I cantautori sono Luigi Tenco,Fabrizio De Andrè, FrancescoGuccini, Francesco De Gregori,Enrico Ruggeri, tanto per citarnealcuni.

Desidero chiudere con PapaFrancesco “La guerra è una fol-lia (...) la guerra distrugge ciòche Dio ha creato di più bello:l’essere umano”

Nota: sulle due guerre mondialisono stati versati fiumi d’inchio-stro e girato molti film.

Mi permetto di citare due volu-mi pubblicati verso la fine del2014, importanti perché parlano dichi la guerra l’ha vissuta in primapersona, e presentano copiosa do-cumentazione:

Antonio Gibelli, “La GuerraGrande” Storie di gente comune1914-1919, Bari 2014;

Aldo Cazzullo, “La guerra deinostri nonni” Milano 2014.

R.M.

Domenica 24 MaggioPalazzo dell’Anziania

ore 17,00Concerto Pianoforte

e voceIVANO NICOLINI

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OBIETTIVO INDISCRETO a cura di C.C.

Siamo in Corso Italia di fronte a Banca Carisa.Questo dehors costa alla città

1 aiuola e 4 alberi di leccio, spariti sotto.Il leccio subito fuori dal dehors, a destra,

non riesce a sopravvivere, come mai?

Siamo in Corso Tardy e Benech.L’albero di pino che era in mezzoai due corpi del dehors è sparito.

Come la mettiamo?Quali provvedimenti si sono presi?

La curiosa (sic)sorte di P.zza Vacciouli,Via Vacciuoli,Via Cassari, ingentilitee impreziosite da alberidi leggio, che sembranonon godere di buonasalute, due sono statianche tagliati.Cosa sta succedendo?Un bell’angolodella nostra Savonache merita cura.

A Campanassa N.1/2015 27

OMAGGIOA OLGA GIUSTO

di Simonetta Bottinelli

Il 20 dicembre, nella prestigio-sa sala dell’Angiolina, il pubblicoha potuto godere della compa-gnia dell’istrionico Maestro Iva-no Nicolini che, con l’intento difare gli auguri di Natale a nomedell’Associazione e a nome suo,ha esibito un repertorio “ad hoc”che ha deliziato gli ascoltatori.

A metà pomeriggio il Presiden-te della “A Campanassa CarloCerva ha reso omaggio alla gran-de Artista Olga Giusto sottoli-neando con affetto i momenti im-

Culturale Genovese “A Compa-gna”, riconoscimento decisamen-te prestigioso che premia l’interogruppo per la costanza, la profes-sionalità e la passione profuse enon dimentichiamo il “Premio al-la carriera” ricevuto da Olga aChiavari nel 2011.

Nella Sala dell’Angiolina Olgaè stata circondata dall’affetto delpubblico presente e da quello deisuoi collaboratori che, con voceincrinata dall’emozione, hannovoluto dare il loro contributo ad

un pomeriggio degno di essere ri-cordato. Tra i componenti dellaCompagnia Teatrale citiamo ipresenti: Vanna Campanini, deca-na del gruppo, Giancarlo Biale,Monica Ciarlo, Marisa Demarti-ni, Laura Craviotto. GiovanniIghina, sebbene assente per moti-vi di lavoro, ha dato il suo gene-roso contributo per la buona ri-uscita della manifestazione.

La Giusto ha reso muto il suopubblico grazie a due interpreta-zioni che cavalcavano una profes-sionalità corposa e indiscutibile.

La sua “A Tramuntann-a” diBeppin da Cà riesce ogni volta aspiazzare l’uditorio per l’energia,la passione e la classe che l’autri-ce sa mettere in evidenza.

Anche fuori dalla scena OlgaGiusto sa affascinare; il suo salu-to ai presenti e il ringraziamentoall’Associazione hanno reso umi-di gli occhi di molti: Presidente eVicepresidenti compresi.

Le note del magico pianofortedel Maestro Nicolini hanno im-presso una romantica goccia diceralacca su quell’atmosfera na-talizia che ha fatto da filo condut-tore a un pomeriggio da non di-menticare. S.B.

portanti del suo impegno per il ri-nomato Teatro Dialettale della “ACampanassa” di cui, ancora algiorno d’oggi, l’attrice è una co-lonna portante, sebbene il ruoloche rappresenta, per sua volontà,si sia trasformato da quello di At-trice a quello di Regista.

Nel maggio 1983 l’insegnanteOlga Giusto si assumeva l’onere dicostituire una Compagnia Teatraledenominata “A Campanassa”.L’impronta della messa in opera fuda subito di alto livello. Basti pen-sare a “’Na tranquilla ostaja insc’âculinn-a”, “’Na meixinn-a cali-brä”, “A sc-ciüpetä”. Esattamentenel 2003 l’Amministrazione Co-munale per sottolinearne il presti-gio, autorizzava la compagnia adarricchire la propria denominazio-ne con “Città di Savona”.

Il dialetto è stato una scelta co-raggiosa e importante che ha pa-gato la fatica di chi ha organizza-to e operato.

In una trentina d’anni di attivitàsono state messe in scena circa600 rappresentazioni in numero-sissimi teatri della Regione.

Il 9 maggio 2002 la Compagniaha ricevuto il “Premio De Marti-ni” istituito dall’Associazione

CONCERTODELL’ENSEMBLEFUGGILOZIO

Anna Delfino - SopranoDonatella Ferraris - Violoncello barocco

Virginio Fadda - Tiorba

G. Frescobaldi Se l’aura spira(1583-1643)

G. Caccini Aur’amorosa(1550-1618)

C. Monteverdi Quel sguardo sdegnosetto(1567-1643)

H. Kapsperger (tiorba) Canzone prima(1580-1661)

G. Caccini - G. Chiabrera Hor che lungi da voi

G. Caccini - G. Chiabrera Belle rose purpurine

H. Kapsperger (tiorba) Toccata arpeggiata

F. Albini Amerai tu mio core(sec. XVII)

G.F. Sances Usurpator tiranno(1600-1679) (aria di Passacaglia)

H. Kapsperger (tiorba) Il Kapsperger

G. Frescobaldi Dunque dovrò(aria di Romanesca)

A. Cifra - G. Chiabrera La violetta(1584-1629)

H. Kapsperger (tiorba) Canario

G. Frescobaldi Così mi disprezzate(aria di Passacaglia)

CURRICULA “ENSEMBLE FUGGILOZIO”L’Ensemble “Fuggilozio” formato dal soprano Anna Delfino,dalla violocellista Donatella ferraris e dal liutista Virginio Fad-da, nasce dall’incontro di musicisti particolarmente interessatialla prassi esecutiva rinascimentale e barocca e propone un re-pertorio cameristico con canzoni, frottole, madrigali e arie mu-sicali di Autori tra i più rappresentativi del Rinascimento e delPrimo Barocco. Inoltre il Fuggilozio si dedica con interesse allariscoperta di autori e brani poco conosciuti del Rinascimento edel Barocco europeo, prevalentemente nell’ambito del reperto-rio profano. Sito web_www.fuggilozio.it

“Il Chiabrera e la Poesia in Musica nel ’600”Sala dell’Anziania

Torre del Brandale presso l’Associazione“A Campanassa”

Savona, Sabato 13 Giugno 2015 - ore 21

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DALLA CAPPELLA SISTINAAL PETIT PALAIS DI AVIGNONE

Impressioni di viaggiodi Aldina Rapetto

Il 18 e 19 di ottobre con un pic-colo gruppo di volontari dell’ asso-ciazione “Amici del Patrimonioecclesiastico della Diocesi di Sa-vona” ho partecipato ad un viaggioin Provenza sulle tracce del Cardi-nale Giuliano della Rovere, soprat-tutto per ammirare il Polittico diGiovanni Mazzone. nel Petit Pa-lais di Avignone.

L’itinerario è stato piacevolissi-mo, un magnifico sole ci ha ac-compagnati per tutto il viaggio, ipanorami di Provenza come sem-pre coloratissimi, mi hanno entu-siasmata ancora una volta.

La sosta a Saint Maximin leBaume ci ha permesso di immer-gerci in una atmosfera molto parti-colare, tutto è informato a MariaMaddalena, dalla sua vita solitarianella caverna sulla montagna, allasepoltura nella cripta dell’abbaziaa Lei dedicata... un percorso tra fe-de e arte coinvolgente e decisa-mente sorprendente.

Secondo alcune leggende, maanche come documentato nel bre-viario della diocesi di Aix en Pro-vence, dopo la morte di Gesù, siperpetrò presto una persecuzioneda parte degli Ebrei.

Parecchi apostoli, assieme aMarta, Maria Maddalena, Lazzaro,Maria Salomè, Maria di Giaco-mo,vennero arrestati e imbarcatisu una nave priva di vele e di remiche – guidata dalla Provvidenza –raggiunse le rive della Provenza.

Ciascuno dei personaggi avreb-be preso quindi, strade diversifica-te, diffondendosi a predicare laBuona Novella di Gesù Cristo.Dopo l’Evangelizzazione di questiterritori, Maria di Magdala (Mad-dalena) si ritirò in eremitaggio nel-la grotta della Sainte Baume, dovevisse trent’anni in solitudine e pe-nitenza. Avvertita dal Cielo dellasua morte imminente, avrebbe ri-disceso il lungo cammino o, se-condo un’altra leggenda, sarebbestata trasportata dagli angeli perincontrare Saint Maximin, che eradivenuto il primo vescovo di Aix,dal quale volle ricevere la Comu-nione. Il luogo del presunto incon-tro è ricordato come Santo Pilone.

Maddalena sarebbe quindi mortatra le braccia di San Massimino(Saint Maximin) e sepolta nel pun-to dove oggi sorge la basilica a luiintitolata.

Non esiste documentazione atte-stante quanto avvenne in realtà.Ma ciò che interessa veramentesono i quattro meravigliosi sarco-fagi conservati nella cripta dellabasilica:uno appartiene a San Mas-simino, uno a San Sidonio, uno al-

biamo bighellonato per la città inmezzo ai turisti alla ricerca dei pa-norami di Cezanne e poi finalmen-te siamo arrivati ad Avignone.

Attraversata la parte più moder-na e meno significativa della cittàle mura sontuose ci hanno accoltinel sole del tramonto e ci hannoaccompagnato al Rodano e al cuo-re della città.

Prima visita d’obbligo al pontedi Saint-Bénezet, che, secondo laleggenda, fu edificato da un giova-ne pastore di nome Bénezet perordine divino. Dapprima il proget-to non venne nemmeno considera-to dal re cui il pastore aveva chie-sto di poterlo costruire, ma infineil re propose di accettare la richie-sta di Bénezet a patto che egli ri-uscisse a spostare un gigantescomasso. L’impresa ebbe buon fruttoe il ponte fu edificato. Completato

Avignone è una splendida città,il palazzo dei Papi la domina nellasua maestosità, uno dei più straor-dinari edifici dell’architettura goti-ca del XIV secolo. Si tratta sostan-zialmente dell’opera di due sommipontefici: a nord, il Palais Vieux,più austero, costruito sotto il regnodi Benedetto XII; a sud, il Palais

le sante Marcella e Susanna. Euno... a Maria Maddalena. Forsevuoto, sormontato dalla teca, checustodisce il cranio di Maria Mad-dalena.

Lungo il viaggio abbiamo sosta-to anche ad Aix en Provence, ab-

nel 1185 e più volte ricostruito, nerestano oggi solo quattro arcate euna cappella per via di varie inon-dazioni. Dal ponte di Avignoneprende il nome la tradizionale can-zone per bambini Sur le pont d’A-vignon.

Neuf, fatto edificare dal suo suc-cessore, Clemente VI, una fortezzadall’aspetto austero ma sontuosa-mente decorata all’interno da Si-mone Martini e Matteo Giovan-netti...

La visita all’immenso edificio èuna continua scoperta, stanze, sca-le, e cortili, la finestra dell’Indul-genza, dalla quale il papa benedi-ceva la folla e la stanza dellaGrande Udienza, con il celebre Af-fresco dei profeti di Matteo Gio-vannetti (1353); gli appartamentipapali e infine la cappella pontifi-cia, lunga 52 metri, scevra di qual-siasi decorazione.

Ma il clou del viaggio è costi-tuito dal Petit Palais costruito co-me residenza cardinalizia e dive-nuto quindi sede arcivescovile.Deve il suo aspetto attuale alla ri-costruzione del 1481-1495, volutadall’arcivescovo-legato Giulianodella Rovere, futuro papa GiulioII. Ospita oggi un museo di artemedioevale e nel’ultima stanza ilPolittico “della Rovere” di Gio-vanni Mazzone. Un pezzo dellastoria di Savona ora è conservatoqui.

Osservarlo da vicino dopo aver-lo visto tante volte sui libri e aver-lo illustrato ai turisti che visitanola cappella Sistina a Savona è statauna emozione grandissima. Proba-bilmente il polittico, in origine,era inserito in un retablo dorato,composto da cinque riquadri unacuspide, più una predella con treriquadri, che noi possiamo soloimmaginare, facendo riferimentoal trittico coevo dello stesso Maz-zone visibile nella Pinacoteca diSavona e proveniente dalla chiesadi San Giacomo.

Sono rimasta ferma lì ad ammi-rare ogni piccolo particolare, ognianfratto della tela, il cartiglio conla firma dell’autore e poi ogni pic-cola cosa per riuscire a portare conme questo nostro quadro conser-vato in esilio nella città francese.

Di Giovanni Mazzone, pittorealessandrino di grande talento,hanno scritto in molti anche recen-temente, io voglio pertanto descri-vere solo i sentimenti suscitati inme da questa attesa visita, in rife-rimento anche aquanto sono ri-uscita a sapere e dell’opera origi-nale.

Mi piacerebbe molto trovare ilmodo di riportarlo nella sede ori-ginale e poterlo ammirare agevol-mente nella luce della Cappella Si-stina di Savona. A tutti è concessosognare!

A.R.Stemma dei Della Rovere sul portone delPalazzo omonimo.

Ponte Bezenet.

A Campanassa N.1/2015 29

NATALE NEL MONDOA VALLEGGIA

di Aldina Rapetto

Il 13 e 14 dicembre ValleggiaSuperiore ha allestito una magni-fica rappresentazione del Presepevivente, ambientandolo nel mon-do attuale.

Luci, colori, vie addobbate eambientazioni piacevolissimehanno caratterizzato un momentodi festa popolare condiviso datutti gli abitanti che hanno colla-borato all’allestimento, alla pre-parazione dei cibi, alla sfilatapartecipando in costume, metten-do a disposizione arredi e attrez-zi e anche gli animali che nonpossono mancare in una rappre-sentazione del Natale.

Questa è la quarta edizione di“Natale nel mondo”; l’idea è na-ta dai cittadini di Valleggia Su-periore. Gli ideatori dell’eventohanno chiesto all’amministra-zione comunale la possibilità dimettere in scena una rappresen-tazione che caratterizzasse ilNatale, che non fosse solo edesclusivamente sacro, ma che ri-uscisse a coinvolgere tutti e tut-te le idee. Il Comune, ben lietoha concesso non solo il patroci-nio ma ha erogato un contributoper i manifesti e le affissioni.

Il primo anno è stato davveroun evento straordinario in pocopiù di due mesi è stato messo inopera tutto l’allestimento, i co-stumi, gli addobbi, le postazioni.Un lavoro frenetico condiviso datutti grandi e piccoli giovani emeno giovani.

Natale nel mondo ha aiutatogli abitanti di Valleggia Superio-re ad unirsi e a creare nuove edimportanti amicizie.

Il lavoro per questo evento èmolto dispendioso. gli abitanti siautofinanziano e dedicano tantotempo libero all’allestimento e al

degli abitanti e anche di tantiamici sostenitori.

I proventi di queste cene per-mettono ogni anno di fare qual-cosa in più per la grande festa diNatale.

Non tutti gli abitanti intendonocimentarsi nell’allestimento o

bero di dare il proprio contributo.Quest’anno in particolare sonostate realizzate le seguenti am-bientazioni. In ordine di percorsonel borgo per arrivare alla Ca-panna della Natività: 1) Il Nataledel Pescatore, con un caratteristi-co gozzo ligure; 2) il Natale inTirolo, 3) Il villaggio di BabboNatale, fonte di meraviglie pergrandi e piccoli, con un BabboNatale che dorme per essere ingrado di compiere il grande viag-gio nel mondo con la slitta e lerenne, la notte di Natale, che haentusiasmato tutti; 4) l’Africacon una ambientazione ingegno-sa e molto verosimile; 5) Irlanda;6) Scndinavia e 7) Polo Nord tut-te molto più vicine al nostro con-cetto di Natale, con la neve, gliorsi polari. Le bevande calde, lenenie natalizie l’igloo e gli eschi-mesi; infine 8) il Far west con icow boy, il carro dei pionieri ifagioli e il vin brulè. Una passeg-giata tra realtà e fantasia che ciha catapultati tutti in un cordialemondo in festa.

Tutto si è svolto in assoluta si-curezza anche per la collabora-zione della Protezione Civile,della Croce Rossa e dell’ASLche hanno dato un graditissimocontributo. Un grazie a tutti indi-stintamente uomini donne e bam-bini che hanno partecipato.

Nel corso degli anni il ricavatodi Natale nel mondo, tolte partedelle spese viene devoluto intera-mente ad associazioni di volonta-riato che operano sul territorio.

A.R.

lavoro di preparazione. Si lavorapraticamente tutto l’anno e que-sto permette alle persone di stareinsieme parecchio tempo, di co-noscersi e di attuare anche altreiniziative che creano tra tuttigrande affiatamento.

Per contribuire al finanziamen-to i Valleggini hanno deciso, or-mai da tre anni di organizzare, inestate, delle cene nel bellissimoborgo, con la massiccia presenza

mettersi in mostra con costumitipici, ma danno comunque il lo-ro contributo aiutando nelle ceneestive, nella preparazione di dol-ci, o semplicemente, non ostaco-lando la realizzazione dell’even-to per cui alla fine il clima di fe-sta è veramente totale e la soddi-sfazione generale.

Natale nel mondo è costitutitoda varie postazioni che identifi-cano diverse nazioni con le pro-prie tradizioni natalizie offrendobevande o cibi tipici. Non esisteun listino prezzi, ma ognuno è li-

A Campanassa N.1/201530

Quarantesima Mostra del Presepe nella Ceramica d’Arte

LA LUCE DEL NATALE NELL’ARTEdi Franca Maria Ferraris

Se ricordare con intensità emoti-va un vissuto è come riviverlo, amaggior ragione, la visione delpresepe ri-creata nelle opere arti-stiche fa sì che ogni credente, sco-prendovi la scintilla sublime chel’arte sa infondere nella materia,riviva l’emozione della nascita diGesù “luce vera che illumina ogniuomo” (Gv 1,1-9), come recitaquel capolavoro teologico e lette-rario che è l’inno con il quale siapre il Vangelo di Giovanni. Diquesta luce dà testimonianza con-creta il racconto dell’evangelistaLuca:“C’erano in quella regionealcuni pastori che vegliavano dinotte facendo la guardia al lorogregge. Un angelo del Signore sipresentò davanti a loro e la gloriadel Signore li avvolse di luce”(Luca 2, 8-9). L’incontro tra il Fi-glio di Dio e gli umili pastori av-venne dunque attraverso unastraordinaria luce, la stessa che ri-fulse nella stella cometa per indi-care ai Magi la via per Betlemme.

Questo insolito splendore, chepiù di duemila anni fa rivelò l’u-nione del divino con l’umano, tor-na a manifestarsi ogni Natale an-che qui, nella sala dell’Anzianiapresso “La Campanassa”, dovesono esposti i presepi partecipantialla QUARANTESIMA MOSTRADEL PRESEPE NELLA CERAMI-CA D’ARTE. Numerose sono leopere scultoree presentate, in cia-scuna delle quali, ogni artista asuo modo, e con piena adempien-za nell’approfondimento dei sim-boli, ha acceso quella luminosascintilla da cui emana la sugge-stione visiva della trascendenza edell’umanità di Cristo.

Diamo quindi inizio al nostropercorso per osservare ad uno aduno i presepi esposti tra verdeg-gianti fronde di alloro, e subitotroviamo quelli di sei artisti appar-tenenti all’Unione Italiana Ciechi,ogni anno esemplarmente pronti araccontare nelle loro opere la na-scita di Gesù. Apre la sequenza ilpresepe di Enrica Calbini, collo-cato all’interno di una barca in ce-ramica smaltata che, pilotata dagliangeli, significativamente giungeportata dalle onde alla nostra cittàdi mare; Jose Pastorino ha mo-dellato, con forza espressiva, ungrande angelo in ruvida creta nel-l’atto di stringere tra le braccia ilBambino Gesù e mostrarlo almondo; Gilda Benini ha forgiatoun vaso sulla cui superficie poggiaun’emblematica scala santa, checonduce i pastori alla Luce divina;di Maria Rosa Giacchello è unpresepe di fine fattura dove la Na-tività, gli angeli, i pastori e i greg-gi sono gruppi modellati su basi a

sé stanti, ma uniti dalla luce di unacandida coloritura; di AntonioArena è un presepe in cui anche ifamosi “trulli”, forgiati con esper-ta manualità, partecipano allagioia per la nascita di Gesù; Fran-cesca Donatone ha collocato ilsuo grazioso presepe in una picco-la nicchia sulla superficie di unvaso smaltato in colore blu notte epunteggiato di stelle.

Poggia su un piatto di ceramicasmaltata nei colori bianco e blu ilpresepe di Maria Luisa Vrani,dove Giuseppe, Maria e il Figliodivino, sono rappresentati moltosuggestivamente sia per l’espressi-vità dei modellati che per il raffi-nato accostamento cromatico; diGianni Piccazzo è un’originalecapanna a forma di triangolo: daidue lati, che fungono da tetto, fuo-riescono surrealmente la stella co-meta e l’albero natalizio, intarsiati

una dinamica composizione dellaNatività colorata di tenero verde estrutturata in senso verticale, dove,oltre i mistici volti di Giuseppe edi Maria, anche i dolci musi del-l’asinello e del bue si levano nelgioioso annuncio. Imponente è ilgruppo presepiale di Ernesto Ca-nepa: una struttura in levigata ce-ramica bruno – dorata, ispirata al-l’astrattismo geometrico, la cui ri-gorosità formale è resa soave dalletre teste sferiche, in rilucente dora-tura, amorevolmente accostate.

Anna Maria Pacetti colloca ilsuo grazioso presepe in una semi-sfera, dove la Terra si fa culla peraccogliere Gesù; Rosanna LaSpesa, con un’idea folgorante, hainciso la Natività su un pannellosemicircolare in creta che poggiasu un semicerchio a specchio nelquale si riflette, componendo me-taforicamente la visione del globo

d’azzurro in cui la figura prepon-derante di Giuseppe, che vigilacon tenerezza su Gesù e Maria, farisuonare intorno un inno d’amorepaterno; Renzo Barcaroli ha inci-so la Natività su una piccola malucente piastra smaltata che, postain contrasto con le grandi dimen-sioni dei Magi, lancia un richiamoall’umiltà divina. Non smentendoil suo stile nitido ed essenziale,Chiara Coda presenta una Nativi-tà forgiata nella ruvidezza dellacreta con delicata grazia composi-tiva, esaltando così l’amalgamadel divino con l’umano. Di Ludo-vica Cenacchi è il frontespizio diuna capanna color terra su cui sistagliano le candide figure dellaNatività: oscurità terrena illumina-ta dalla Luce divina; SandroMarchetti, attraverso un’estrosaimmagine surreale, racconta laNatività facendone affiorare le sa-cre figure dal bavero del lungocappotto di Babbo Natale. Di Giu-seppe Facchinello è un pannelloinformale dove un grumo di ruvi-da terra attorniato da una campitu-ra di levigate losanghe azzurre,esprime concettualmente una Na-scita che unisce nella sacralità ter-ra e cielo. È di Delia Zucchi ungruppo scultoreo della Natività inceramica bianco-smaltata di squi-sita fattura, dove Giuseppe e Ma-ria in contemplazione del piccoloGesù, modellati con diafana leg-gerezza nel candore materico, siproiettano nella luce dell’Ora San-ta come autentiche presenze in cuirisuona il messaggio dell’amoredivino. Si presenta con originalità,in una duplice cifra stilistica, ilpresepe di Franca Briatore:astrattismo geometrico nella for-ma conica, come richiamo al Mi-stero della Natività la cui raffigu-razione è invece affidata alle ario-se pennellate, che la dipingonotradizionalmente sulla superficiedello stesso cono. Annita Santonipropone un suggestivo gruppo del-la Natività dove i volti, modellaticon grazia e dotati d’intensitàespressiva, emanano luce e diffon-dono gioia; Monica Viglietti offreuna visione simbolista della nasci-ta di Cristo: le graziose figurine,in forma di gufetti, raccontano cheanche gli animali celebrano, a mo-do loro, la nascita del Creatore;Cristian Baroso presenta un pic-colo presepe contenuto in una sor-ta di guscio somigliante a una ton-da conchiglia smaltata di rosso,come espressione d’amore. RenzoAngiuoni ha dipinto su un lumi-noso piatto la Natività esprimen-done, attraverso la levità di delica-tissime cromie, l’essenza divina;Giuliano Agnese presenta un umi-

con finezza; Giovanna Cresciniha modellato il presepe nella sim-bolica forma di un grande uovodalla cui superficie le figure dellaNatività, nitidamente incise e viva-cemente dipinte, emergono nelquadro di quell’armonia composi-tiva che connota la cifra stilisticadell’autrice; di Claudio Manda-glio è un fantasioso presepe dispo-sto sulla superficie di una bottigliaazzurra dove si alza una scala per-corsa dai pastori: una sorta di ele-vazione dalla terra alla luce dellaNatività. Il presepe di Ylli Plaka èuna lucente sfera in ceramicasmaltata blu cielo, dove il Bambi-no Gesù, modellato a rilievo, cele-bra felicemente la maternità po-sando il capo sul seno di Maria;Roberto Giannotti ha inciso laNatività su una luminosa piastrabianca striata d’azzurro e circon-data da affusolate forme di pesci,che rinviano al simbolo di Cristo,ma anche a una immaginaria e giu-sta partecipazione degli animaliacquatici alla gioia della nascitadivina. Di Anna Maria Frizza è

terracqueo; Laura Peluffo, fedeleal proprio intrigante stile scenogra-fico, ispirandosi all’iconografiadella Madonna del latte, armonio-sante ha svelato il busto di Maria,che con radiosa corporalità annun-cia la sua spirituale maternità divi-na. Di Tony Salem è un gruppo dinotevole plasticità compositiva,dove le sacre figure prendono vitaalle pagine del Vangelo dalle qualisostanzialmente fuoriescono, pro-tendendosi con slancio barocco inun dialogo con lo spettatore.

Con un sentimento di acuta no-stalgia, ci accostiamo alla sculturadel pittore e ceramista Mario Oc-corsio recentemente scomparso:l’opera che ha lasciato per questaMostra è una campana in ceramicasmaltata d’azzurro la cui superfi-cie, tarsiata con le figure del prese-pe, diffonde luce rendendo viva lapresenza del Nostro attraverso lascintilla che l’arte sa accendere.Proseguiamo sulla sinistra, ed ec-coci di fronte alla singolare operadi Massimiliano Marchetti: unascultura in creta grezza pennellata

A Campanassa N.1/2015 31

un’aura di pura poesia. Di Cera-miche Soravia è un presepe orna-tivo, strutturato secondo un dupli-ce dettame stilistico: astrattismonelle forme coniche in ceramicasmaltata, figurativismo nelle pen-nellate nitide che ne dipingono lageometria delle superfici con leicone della Natività; Paolo Batta-glia presenta un presepe estrema-mente simbolico dove, attorno auna surreale composizione dellaNatività, gravitano figure di altreciviltà nonché di animali e pianteesotiche, a indicare che la nascitadi Gesù è, per i credenti, Luce cheillumina il mondo. Per finire inbellezza, troviamo il gruppo cheMario Nebiolo ha scolpito in cretagrezza, ponendo in rilievo il gestoaffettuoso di Giuseppe, che rac-chiude Gesù e Maria in un grandeabbraccio la cui trasfigurata affetti-vità crea una forte tensione emoti-va, inducendo a riflettere sul mes-saggio che invia.

Questo mio commento ai prese-pi in mostra è puramente indicati-vo, sicuramente vi si potranno in-tuire significati altri. In ogni caso,dalla nostra attenta osservazione,ci è giunto un invito a rifletteresulla Luce di amore e fratellanzache le tenebre del mondo non sonoriuscite a sconfiggere, se ancheoggi l’abbiamo riscoperta nelleforme, nei colori e persino neisuoni dei tanti presepi passati inrassegna. Presepi che non sonosoltanto la memoria di un temporemoto, ma le ramificazioni diquella Luce che, malgrado le bar-riere incontrate, ha continuato araggiungere l’umanità; sta nelcuore e nella mente di ciascuno dinoi la volontà di accoglierla, sedavvero è nei nostri progetti co-struire un mondo di pace.

F.M.F.

sione dorata: il nero cuore delmondo attraversato dalla Luce di-vina; Carla Rossi presenta un pic-colo ma mirabile gruppo presepia-le, dove Gesù sta in grembo a Ma-ria sotto lo sguardo protettivo diGiuseppe, mentre alle loro spalle,modellato con esperto sintetismocompositivo, il paesaggio miniatu-rizzato della Palestina, completa lasacralità della storia. CaterinaMassa ha forgiato un presepe ispi-rato al simbolismo astratto: tre for-me concave, dalla più piccola allapiù grande, finemente incastratel’una nell’altra per entrare nel cuilinguaggio occorre lasciarsi inva-dere dalla luminosità cromaticadella ceramica raku e dallo stuporeemozionale che suscita il gestocreativo. Su una piccola, tonda

mo il presepe di Angela De Mat-teis: un’alzata di creta grezza – lacarsica roccia del mondo – nellecui crepe, abitate dai pastori, siproietta dall’alto la Luce divina.Lina Marino presenta un origina-le gruppo in terracotta dove ilBambino Gesù sta sorprendente-mente adagiato su un lembo delmanto di Maria, che lo contemplacon un amoroso sorriso. In cera-mica raku è il simbolico presepedi Margherita Piumatti, model-lato a foggia di acquasantiera dallacui alzata le figure di Maria e diGiuseppe guardano adoranti il pic-colo Figlio adagiato nel vasello:un lucente cromatismo, venatod’ombra e d’azzurro, evidenzial’incontro tra cielo e terra; di Gio-vanna Vacca è un gruppo della

le presepe, ingegnosamente com-posto con cocci di terracotta perevocare la più umile, ma anche lapiù significativa delle nascite.

Volgiamo ora lo sguardo alla pa-rete dove sono affissi pannelli epiatti, e incontriamo subito il pre-sepe di Luca Damonte che, all’in-segna di una tessitura ornativa, hadipinto la Natività su un pannelloin ceramica: la notevole espressi-vità del suo segno pittorico e l’ele-gante incorniciatura ne fanno unquadro prezioso. Nel piatto forgia-to, inciso e dipinto da Alida Sinisi condensa una quantità di signi-ficati teologici e figurali: sullosfondo rosso sangue appare il de-solato grigiore della guerra tra lecui rovine rimbalzano, accanto al-le lucenti figure della Natività, leattualissime parole di Papa Fran-cesco: “La guerra è pazzia, è ilsuicidio dell’umanità...”. Di Pao-la Occorsio è un pregevole piattoin ceramica sulla cui superficie,plasmata a sbalzi per rappresenta-re la pietrosa durezza del mondo,si stagliano a rilievo le immaginiluminose di una poetica Natività.L’opera di Ettore Gambarettoconsiste in un piatto su cui la te-nue coloritura delle sacre figure èaccostata a quella densa e materi-ca delle figure dei pastori per rile-varne il contrasto; Giovanna Ore-glia ha forgiato un pannello infor-male nel quale il presepe è concet-tualmente rappresentato da unosquarcio di terra porosa cui fa co-rona un ondulato spazio azzurro.Aurelia Trapani ha profuso distelle la superficie di un piatto inceramica smaltata blu-notte da cuiemergono le sacre figure della Na-tività, evocando lo splendore in-cantato della Notte Santa.

Siamo ora al centro della stanzadove, ripartendo dal fondo, trovia-

Natività dove Maria a Giuseppesono chini sul Figlio Divino in unvibrante atteggiamento di amore epreghiera; Luciana Bertorelli haforgiato, con astratto simbolismoconcettuale, un ceppo matericoscuro trafitto da una lucente inci-

collinetta è modellato in miniatura,con particolare grazia naif, il pre-sepe di Sandro Soravia: al culmi-ne la grotta con la Natività, sullependici le vie percorse dai pastoricon i loro animali; il tutto nei cano-ni della tradizione e, intorno,

Antica Latteria “Gina”nel centro Storico di Savona

Specialità famose:Frappé - Gelati - Panna Montata

Riapre in Via Caboto 5

A Campanassa N.1/201532

In Ligüria, int’u tenpu pasä, int’uperìudu pasquäle ch’u va da-a Du-méniga Ramuiva a Pasquetta, int’egexe vegnivan organizè da-i stessiprèvi d’i mumenti rumuruzi.

Int’u 1400 i fedeli ävan i zòcculide legnu che a’n çèrtu puntu vegni-van batüi cun forsa insc’ou pavi-mentu pe mandä vìa diäi e strìe.

Sulu int’u 1618 u Vescu u pruibiài rumuri int’e gexe.

A Duméniga Ramuiva a piggia usö numme da-e ramme d’ouviva cheinsemme a-i parmé vegnan benedet-te proppiu in quella duméniga.

A benedisiùn a tegniva luntann-ee dizgrassie; a l’ea opiniùn difüzache int’e burasche pende e rammed’ouviva vixìn a-e porte e a-e finè-stre u prutegesse a cà da-i fürmini.

Pe tradisiùn a mezugiurnu d’aDuméniga Ramuiva se brüxävan in-t’a stiva o int’u camìn e vegie ram-me d’ouviva e i vegi parmé; a stupuntu un bun oudù u se spandèivainte l’äja.

A çenne a vegniva cunservä in ge-xa pe döviäla u mercurdì omónimu,giurnu int’u què a vegniva fèta ascì‘na Via Crucis.

U zöggia u l’è u giurnu d’a vìxitaa-i sepulcri; e vìxite duveivan ese

ratelli e damixann-e de vin e, int’esoste, beveivan o abandunävan acascia pe mangiä a fainä int’a tavèr-na vixinn-a o pezu ancùn...

Agustìn De Mari u piggia in mana situasiùn e u custrenze i respunsà-bili a rienträ cu’e casce a dex’ùe deseja pe evitä i prublemi.

A-u Sabbu Santu a gente a curivaa laväse i öggi pe laväse a malissiada-a vista, e in tempi ciü recenti, alaväse i pé int’u sciümme duvve l’è-gua a l’ea curènte: u mä u se n’andä-va versu ‘n’ätra destinasiùn.

A Duméniga d’a Pasqua i Savu-neixi se isävan de bun’ùa pe vedde aprucesciùn ch’a vegniva fèta prim-ma ch’u nascesse u sù. I fedeli pen-sävan che grassie a-a prucesciùn uDiäu u se n’andesse vìa e i marottiean pichè da-i parenti cun bacchi eman perchè sperävan che inte stumoddu u mä u sciurtisse da-u corpu.

U pastu de mezugiurnu u scâdävau cö de tütti e quellu d’a tradisiùn ul’ea furmóu da quattru piatti: 1) lei-tüghe pinn-e in broddu, 2) çimma oagnellu cu’e ardiciocche, 3) turtaPasqualinn-a, 4) ciculäta e, pe finì asetimann-a santa, rivemmu a-a Pas-quetta.

Inte stu giurnu u nu se durmiva, us’ea in pé prestu de matìn, u se man-giäva a fugàçça cäda e, se u tenpu ul’ea bèllu, u se andäva inte ‘n präcianellu a fä u merendìn.

Quandu l’äja a vegniva fresca u seturnäva a cà cantandu, rîéndu e sö-nandu.

Mè mamma a me cunta cu’i öggirîénti che chitäre e fizarmóniche in-pivan i prè de müxica.

I ciü alegri balävan inte l’èrba e,quande a-a seja, e cunpagnìe turnä-van a cà, vantävan ommi e donnecu’i näzi lücidi e cu’e masche russech’ì cantävan.

TradizioneLa Settimana Santa a Savona

In Liguria, nel tempo passato, nelperiodo che va dalla Domenica dellePalme al Lunedì dell’Angelo, nellechiese venivano organizzati daglistessi preti dei momenti rumorosi.

Nel 1400 i fedeli avevano gli zoc-coli di legno che a un certo puntovenivano battuti con forza sul pavi-mento per cacciare via diavoli estreghe.

Solo nel 1616 il Vescovo proibirài rumori nelle chiese.

La Domenica delle Palme prendeil suo nome dai rami di ulivo che in-sieme alle palme vengono benedettiproprio in quella domenica.

La benedizione teneva lontane ledisgrazie, era opinione diffusa chenelle burrasche appendere i ramid’ulivo vicini alle porte e alle fine-stre proteggesse la casa dai fulmini.

Per tradizione a mezzogiorno del-la Domenica delle Palme si brucia-vano nella stufa o nel camino i ramid’ulivo vecchi e le vecchie palmet-te; a questo punto un buon odore sispandeva nell’aria. La cenere veni-va conservata in chiesa per adope-rarla il mercoledì omonimo, giornonel quale veniva anche fatta la ViaCrucis.

Il giovedì era il giorno della visitaai sepolcri; le visite dovevano esseredispari: i numeri sacri, in verità, so-no sempre dispari: uno, tre, sette ecosì via.

Nella giornata del giovedì santo,fino al 1910, i ragazzi al pomeriggiofacevano una processione con casseoriginali uguali a quelle del venerdìma più piccole, casse che, al giornod’oggi, sono andate perdute.

Al venerdì si legavano le campaneperché il Cristo era morto e si slega-vano al sabato alle diei di mattina.

La processione del Venerdì Santoè molto antica, era già conosciutanel 1500, forse nel 1200. Partecipa-vano solo uomini delle Casacce,Confranternite che recitavano il“Miserere”. Questa processione, conil passare del tempo, perde il suospirito religioso: sotto le casse i por-tatori nascondevano tini e damigianedi vino e, nelle soste, bevevano o

abbandonavano la cassa per mangia-re la farinata nella taverna vicina opeggio ancora... Agostino De Mariprende in mano la situazione e co-stringe i responsabili a rientrare conle casse alle dieci di sera per evitarei problemi.

Al Sabato Santo la gente correva alavarsi gli occhi per levarsi la mali-zia dalla vista e, in tempi più recen-ti, a lavarsi le estremità nel fiumedove era l’acqua corrente: il male sene sarebbe andato verso un’altra de-stinazione.

La Domenica di Pasqua i Savone-

dìspari: i nümeri säcri, in veitè, sunsenpre dìspari: ün tréi, sètte e cuscìvìa.

Int’a giurnä d’u zöggia santu,finn-a a-u 1910, i figiö a-u puidiznäfävan ‘na prucesciùn cun casce ori-ginäli, uguäli a quelle d’u venerdì,ma ciü picinn-e, casce che a-a giur-nä d’ancö sun andète perdüe.

A-u venerdì se ligävan e canpann-e perché u Cristu u l’ea mortu e sezligävan a-u sabbu a dex’ùe de ma-tìn.

A prucesciùn d’u Venerdì Santu al’è multu antiga; a l’ea zà cunusciüaint’u 1500, foscia int’u 1200. Parte-çipävan sulu ommi d’e Cazaççe,Cunfratèrnite che reçitävan u “Mize-rere”.

Sta prucesciùn cun u pasä d’u ten-pu a pèrde u sö spirtu religiuzu: sut-tu e casce i purtatuì scundeivan ca-

U RECANTU D’I “AMIXI D’U DIALETTU”

TRADISIÙNA SETIMANN-A SANTA A SANN-A

di Simonetta Bottinelli

si si alzavano di buon’ora per vede-re la processione che veniva fattaprima che nascesse il sole. I fedelipensavano che, grazie alla proces-sione, il Diavolo se ne andasse via ei malati erano picchiati dai parenticon bastoni e con le mani perchésperavano che in questo modo ilmale uscisse fuori dal corpo.

Il pasto di mezzogiorno scaldavail cuore di tutti e quello della tradi-zione era formata da quattro piatti.1) lattughe ripiene in brodo, 2) cimao agnello con i carciofi, 3) torta Pas-qualina, 4) cioccolato e, per finire lasettimana santa, arriviamo al Lunedìdell’Angelo.

In questo giorno non si dormiva;ci si alzava presto al mattino; simangiava la focaccia calda e, se iltempo era bello, ci si recava in unprato, sistemato in piano, a fare ilmerendino.

Quando l’aria diventava fresca siritornava a casa cantando, ridendo esuonando.

Mia mamma mi racconta con gliocchi sorridenti che chitarre e fisar-moniche riempivano i prati di musi-ca. I più allegri ballavano nell’erbae quando alla sera le compagnie ri-tornavano a casa vantavano uominie donne con nasi lucidi e gote rosseche cantavano.

S.B.

A Campanassa N.1/2015 33

U RECANTU D’I “AMIXI D’U DIALETTU”

Primaveja

U l’ea d’Arvì, ’nsc’ou fä d’a sejaun’ouxelìn ben regagìuu l’è turnóu a-u sö vegiu nìu,beneita primaveja!L’indumàn a l’ea ’n’alegrìade xuetti e de reciammiche scurdä a fa i tenpi grammid’a stagiùn ch’a l’è finìa.Vegni o linfa d’a natüaa desciäne da l’intèrnudoppu u sönnu de l’invèrnuprimaveja benvegnüa!Ogni pummu u l’è sciuìu,pin de nettare pe-e äve,ben cuntente a fecundävecu’u pulline cügìu.Anche a zuena inamuäa se sogna d’ese spuza,primaveja fantaxuzamîa se ti a pö cuntentä!

Gio Batta Sirombra

Pasqua

Pasqua a vö dì pasaggiu.Pasqua a vö dì Pasciùn,’na tunba restä vöa,de Cristu a Resüresiùn.

Ommu, seggi cuntentuaggi a faccia d’u Resortu,radrissa i tö senténu ese un ommu stortu!

Quellu ch’u l’äva ditua l’ea tütta veitè:nu l’ea ün de nuätri;u l’ea a Divinitè.

Gio Batta Sirombra

Primaveja

Cianìn cianìnu sù u se issa primmae u se dezlunga a-a seja.Tütti i giurni un petìnti senti l’äja fäse ceppae ancö ciü de vêii ouduì divèrsi.Vergugnuze l’èrba e e viuvettese tenzan de speransae spuncian e fögge seccheche sajàn pùe.Mîè: u se descia u munduch’u spêta cumme mìu sc-ciöppu giänu d’e limuze.

Gianna Buzzoni

Vernaculu Sabassiu

NivueCädu u l’ea u sù de Mazzu,ma ‘na nivua a s’è fermä in çé:a s’è slargä, a s’è fèta scüae quärche gussa a l’ha lascióu cazze.

I prè sübitu l’han süsä,levànduse ‘n po’ de sêi,ma un ventu de mä purtävaätre nivue grosse e grixe.

U mä u crespäva e undecumme cavalli gianchie xoi de ciunbìncriävan ‘nsc’ â ciazza.

L’ègua a chinäva: oua fitta, oua menùa,bagnandu a canpagnae lavandu e stradde,a lasciäva a tèra pulita e fresca.

E fögge zgrüggian int’u söürtimu viaggiu vèrsu e cünétte;lasciandu un regordud’a sö belessa e d’i sö cuùi.

Rosa Fonti

Vureise ben

Cum’u se stäva benin spalla a mè puè!Me pareiva d’ese äta,squèxi de tucä u çé.De lasciü in çimmavedeivu tüttu l’ortue quande insemmechinämu a-a main-a,in mezu a-e unde,strenzéndume a lé,rivävu nuanduin fundu a-u puntile,vixìn a l’urizunte.– U me vureiva ben mè puè! –Quand’u se n’è ’ndètu,ho sentìu un mancamentu,‘na puja, un zmarimentu.Cuscì, ’na nötteme le sun sünóue gh’ho dumandóu:“Papà, ti me vö ben?”Mè puè, strenzéndume a-u cö,u m’ha ditu quantu ben u me vö:“Oh! te ne vöggiu tantu ben!”Alùa me sun desciä,me sun fermä un mumentue, repigióu ardimentu,ho recumensóu a caminä.– U me vö ben, mè puè! –

Maddalena Rossi

Trè amighe

Trè amighe da tenpume tegnan cunpagnìa:Melanculìa, Tristessa e Nustargìa.

A primma,vestìa de grixu rigatìna fà d’i mè penscéifögge ingiânìe d’autünnu,che vurtezzan tra i rammie lentamente se posan.

A segundaa vegne a truvämequande, ünn-a insce l’ätra,müggiu giurnèvöge e scüe.

D’e trè, me piäxe a Nustargìavestìa de pêse ’n po’ zbiadìe,retaggi d’infansia e zuentü,de regordi, d’ocaxuìn perdüe,de gioie rivisciüecun öggi che nu çercan u prezente,ma foue antighe.

A l’ha u güstu punzinented’ägrime trategnüe,un güstu de giurnè luntann-e,zgrügè tra e dìe,cumme ’na fresca surgente,scuvèrta ’na matìn de stè,int’u boscu lànguidu d’i recianti.

Ezio Castelli

A Campanassa N.1/201534

U RECANTU D’I “AMIXI D’U DIALETTU”

Ôu e arzentuU gh’ea ’na votta, ’nte ’n paize

nu tantu distante, ’na bèlla figgiaciamä Lizabetta, ch’a l’ea aprövua preparäse u curedu perchè de lì apocu a se sieva majä. In giurnu,tüttu inseme, a l’è sc-ciüpä a cian-ze; sö mumà a l’è rivä de cursa e agh’ha dumandóu: “Nin, perchè ticianzi?” E le: “Cianzu perchè ouame spuzu, l’annu ch’u vegne gh’a-viemu ’un figiö e ghe catiemu ’nrôbìn, poi u figiö u mujà e u ne re-stià sulu u rôbìn”. A mamma, pigiäda-u magùn, a s’è missa a cianzeanche lé. Rivóu u puè e sentìu cu-s’a cuntäva a figgia, anche le ugh’ha dètu zunta. U galante, u Mé-negu, visti i tréi ch’i cianzeivan, us’è truvóu puja e u l’ha dumandóuspiegasiuìn. E Lizabetta a ghe fa:“Pensu che l’annu ch’u vegneaviemu ’n figiö, ghe catiemu un rôbìn, poi u figiö u mujà e u ne re-stià sulu u rôbìn”.

U galante alùa u l’è sc-ciüpóu:“Póveu de mì, cun chi me stävu peinparentä! Cun tréi nesci! Pärtu,me ne vaggu in gìu p’ou mundu eturnió sulu se truvió tréi ciü nescide vujätri”; poi u l’ha pigióu duìpugnatìn, quärche övu e u s’è mis-su in camìn.

Rivóu in vista de ’n paize ch’unu cunusceiva, u l’ha pensóu bende dividde u russu de öve da-ugiancu e de metili ’nt’i duì pugna-tìn, poi, gîàndu p’ê stradde, u s’èmissu a crîä: “Chi vö fäse indurä?Chi vö fäse inarzentä?” ‘Na riccapadrunn-a e a sö sèrva l’han cia-móu da ’na fenèstra perché a prim-ma a vureiva fäse indurä e l’ätrainarzentä, pe fä ’na bèlla surpreizaa-u padrùn de cà.

U Ménegu, intróu, u l’ha fètudespügiä e dùe donne, u l’ha fètezlungä insce ’n lettu e, cun ’naciümma, u l’ha inciastrè ben-ben:ünn-a cu’u russu d’övu e l’ätracu’u giancu. Poi, racumandàndu-ghe de stä fèrme pe nu fä stacä l’ôu e l’arzentu, u s’è fètu dì da-a pa-drunn-a, tütta cuntenta, duv’a te-gniva e palanche pe pureise pagä utravaggiu: avèrta a cantia chegh’ävan musträ, u l’ha marmelóutüttu quellu ch’u gh’ea e u se n’è

’ndètu cuntentu. Quandu a-a seja ul’è rivóu, u padrùn de cà u l’hatruvóu a mugé e a sèrva ancùn in-sc’ou lettu, tütte inciastrè d’övu(ma cunvinte d’ese diventé ciüpresiuze), a çenn-a da preparä e,pe zunta, a cantia de palanche vö-gia d’u tüttu.

Savüu cus’u l’ea sucessu: “Oh,póveu mì, che dùe nesce!” u s’èmissu a crîä e, decizu a vendicäse,u l’è partìu pe çercä u mandiläch’u l’aveiva fètu quellu manezzu.

U Ménegu, ch’u se spêtäva ’nareasiùn da pärte de l’ofeizu e u sä-va de nu pureighe scapä, u s’è fètutrüvä cucióu a tegnì u sö capellufèrmu pe tèra. Quande l’ommu us’è vixinóu u gh’a ditu: “O, me-stru! Fème ’n piaxéi, tegnime ’npo’ stu capellu: ho apenn-a ciapóu’n ouxelìn, vaggu a pigiä ’na gag-gia e vegnu sübbitu”. E tenpu cheu padrùn u tegniva u capellu, uzuenottu u se l’è dèta a ganbe.

Doppu ’n bèllu po’, vistu chequellu u nu riväva, l’ommu, curiu-zu, u l’ha vusciüu savéi cus’ugh’ea scuzu sut’ou capellu: u l’haarsóu un petìn da’na pärte, u gh’hainfióu a man e u l’ha streitu... ’nabèlla sotta.

Intantu u Ménegu u l’ea zà in-sc’â stradda pe turnä da-a galan-te e da-i sö parenti perché u l’ä-va truvóu tréi nesci, ciü nesci deluätri.

N.B.

Mettetevi comodi perché questavolta vi racconto una favola. Èuna favola che mi raccontava mianonna e me la sono ricordata per-ché l’ho ritrovata, quasi uguale, inuna pubblicazione di leggende eracconti popolari.

Se qualcuno ricorda qualche fa-vola e ha piacere che non vadapersa, può mettersi in contatto conme tramite la Segreteria dell’As-sociazione. Io la posso trascriverein Sabazio e, se la Redazione la ri-terrà meritevole, potrà essere pub-blicata su queste pagine. Qualorariuscissimo ad averne una quanti-tà adeguata potremmo pensare diraccoglierle in un libro.

Oro e argentoC’era una volta, in un paese non

molto distante, una bella ragazzachiamata Elisabetta, che stava pre-parandosi il corredo perché entrobreve si sarebbe sposata. Un gior-no, all’improvviso, è scoppiata apiangere; la madre, accorsa, le hadomandato “Piccola, perché pian-gi?” E lei: “Piango perché adessomi sposo, l’anno prossimo avremoun bambino e gli compreremo unvestitino, poi il bambino morirà eci resterà solo il vestitino”. Addo-lorata, anche la mamma si è messaa piangere. Arrivato il padre e sen-tito quello che raccontava la figlia,si è messo a piangere pure lui. Ilfidanzato, Domenico, visti i treche piangevano, spaventato, hachiesto spiegazioni. Elisabetta gliha risposto: “Penso che l’annoprossimo avremo un bambino, glicompreremo un vestitino, poi ilbambino morirà e ci resterà solo ilvestitino”.

Il fidanzato allora è scoppiato adire: “Povero me, con chi stavoper imparentarmi! Con tre scemi!Parto, me ne vado in giro per ilmondo e tornerò solo se incontreròtre più scemi di voi”; poi ha presodue pentolini, qualche uovo e si èmesso in cammino.

Giunto in vista di un paese chenon conosceva, ha pensato bene didividere il rosso delle uova dalbianco e di metterli nei due pento-lini; poi, girando per le vie, s’èmesso a gridare. “Chi vuole farsidorare? Chi vuole farsi argenta-re?” Una ricca padrona e la suadomestica l’hanno chiamato dauna finestra perché la prima vole-va farsi dorare e la seconda argen-tare, per fare una bella sorpresa alpadrone di casa.

Domenico, entrato, ha fatto spo-gliare le due donne, le ha fattestendere sul letto e, con una piu-ma, le ha impiastricciate per bene:una con il rosso d’uovo e l’altracon il bianco. Poi, raccomandandoloro di restare ferme per non farestaccare l’oro e l’argento, si è fattodire dalla padrona soddisfatta do-ve teneva i soldi per pagarsi il la-voro: aperto il cassetto che gli erastato indicato, si è impossessato ditutto il contenuto e se n’è andatocontento.

Arrivato alla sera, il padrone dicasa ha trovato la moglie e la do-mestica ancora sul letto, tuttesporche d’uovo (ma convinte diessere diventate più preziose), lacena da preparare e, in più, il cas-setto dei soldi completamentevuoto.

Saputo cos’era successo: “Oh,povero me, che due sceme!” s’èmesso a urlare e, deciso a vendi-carsi, è partito per cercare quel po-

co di buono che aveva ideato quel-l’imbroglio.

Domenico, aspettandosi una rea-zione da parte dell’offeso e sapen-do di non potergli sfuggire, si èfatto trovare accucciato a tenere ilcappello fermo per terra. Quandol’uomo si è avvicinato gli ha detto:“Signore, mi faccia una cortesia,mi tenga per un po’ questo cappel-lo: ho appena catturato un uccelli-no, vado a prendere una gabbia etorno subito”. E mentre il padroneteneva il cappello, il giovanotto sel’è svignata.

Dopo un bel po’ di tempo, vistoche l’altro non arrivava, l’uomo,curioso, ha voluto sapere che cosac’era nascosto sotto il cappello: l’-ha alzato un poco da una parte, hainfilato la mano e ha stretto... unabella cacca.

Intanto Domenico era già sullavia per tornare dalla fidanzata edai suoi parenti perché aveva tro-vato tre scemi, più scemi di loro.

N.B.

’Na zgriguaI mè pasci silensiuzician cianìn int’a canpagnae ’n ajetta finn-a finn-ach’a muntäva sciü da-u mä.

·Un remesciu inte ’n senté:me gìu ma nu veddu ninte,u mè cö u se mette in päxee cuntinuu p’â mè stradda.

Poi risentu mesciä e fögge,me regìu cun tanta puja:cusse veddu sciurtì föa?’Na zgrigua vèrde e giäna.

U Segnù, sta creatüaint’a natüa u l’ha fèta cresce;vixìn a-i pé a me passa lèstae de sprescia poi a sparisce.

Rosa Fonti

’Na zgriguaQuand’ea figettame dîvan zgriguettama mi nu sun ’na zgrigua:sun ’na furmigua;’na cosa cuscì picinn-ache de in çémancu ciü a se veddesupostu che lasciü.Quarchedün u ghe seggech’u vögge mîä zü.

Maddalena Rossi

Metive cómudi perchè stavotta ve cuntu ’na foua. A l’è ’nafoua ch’a me cuntäva mè nonna e ch’a me turna vegnüa ’nmente doppu tantu tenpu perchè l’ho truvä scrita, quèxi pai-gia, inte ’n librettu de lezende e cuntulle pupuläri.

Se quarch’ün u se ricorda quärche foua e u ghe fa piaxéich’a nu vagghe perdüa, u pö metise in cuntattu cun mì trà-mite a Segreterìa de l’Asuciasiùn. Mi a possu trascrive in sa-bassiu e, se a Redasiùn a ritegne ch’a mérite, a pö ese pübli-cä insce queste pàgine.

Se poi u se riuscià a recugine un bèllu po’, u pö ese ch’u sene tìe föa ’n libbru.

di Nadia Belfiore

A Campanassa N.1/2015 35

U RECANTU D’I “AMIXI D’U DIALETTU”

Pasqua

Quelle tendinn-e gianche, stiè,han avèrtu pe a càquèxi d’e äe...U pugnu streitu de l’invèrnuu s’è avèrtu: in mezu a sciabbrede fögge fiuriscian gigli de giagiolu,e a bunn-a sälviaa mette e sö spighette.Anche pe nujätripenscêi gianchi e celèstiint’u ventu de Pasqua.

Rosita Del Buono Boero

A sc-ciatamaja

A sc-ciatamaja pe chi u nou savessea l’è l’ùrtimu frisciöfritu cu’u fundud’a pastettach’a rèsta ’nt’u tasùn.

U vegne un frisciöun po’ ciü grossuch’u piggia quèxi senpre tütta a pueilae u cögge, pe finì, quellu ch’u rèsta.

Aa mîu, a sc-ciatamajach’u frizzeu Giuanìndoppu havéi fètui frisciö pe San Bastiànlasciü a Marmuascie pensu ch’u sajeva bèlluse u se puesse anche int’a vittafä ’na grossa sc-ciatamajape méttighe drentuinte ’na votta sulau fundu d’i suspìiche da senpre se purtemmudrentu a-u cö.

Giulio Agostino Sguerso

Primaveja

L’è de Frevä che in çé u gh’è ’na cunchiggiafèta de nivue, avèrta vèrsu u mä...De matìn prestu a l’è d’u cuu d’a pèrlapoi röza e viva, un po’ da-u sù induä.Mi l’inpieva de brocche de limuza,d’u piaxéi che u se pröva a andä pe-i orti,de un menüu spruìn, de un’eguetinn-a grixa,de bäxi de galanti e de silensiu.L’è de Frevä che in çé u gh’è ’na cunchiggia.

Rosita Del Buono Boero

Da-u Turtä

In gîu a ’na toua ’n gruppu de amixidùe o trè careghe, butigge de vin,cuminsa l’asazzu, figiö... chi ghe semmude ’ste culinn-e u l’è u nustralìn.

S’acorda i strüménti, a fiza e a chitäramentre spêtémmu ch’u rive a fainäde gran o de çeixu, ma bèlla crucantecum’u sa fäla u Beppe u turtä.

L’inpastu d’a Ritta, l’è ’n tuccu sapientese po a ghe zunze u bun verzelìn,e pe chi gradisce u gh’è anche a sâsìççacun quattru fogge... de ruzmanìn.

U furnu u l’è cädu, e a legna a scutizzat’intra ’nte naixe ’n gran bun oudù,da-u Beppe e da-a Ritta ’n Vìa Muntescistuse loua pe-i franchi ma anche pe amù.

In gîu a ’na toua ’n gruppu de amixicu’a pança pinn-a de bunn-a fainäcun a chitära, cu’a vuxe e cu’a fizau päga e u ringrassia u Beppe u turtä.

Pinu de l’Angìn(Giuseppe Lagasio)

A Campanassa N.1/201536

FONDAZIONE SAVONESE PERGLI STUDI SULLA MANO

A Campanassa N.1/2015 37

LA CHIRURGIA GENERALEDEL SAN PAOLO DI SAVONA

La diagnosi precoce delle neoplasie del colon.Moderni programmi di screening nella ASL2

Intervista ad Dottor Angelo Schirru di Carlo CervaSi sente sempre più spesso

parlare di diagnosi precoce del-le patologie neoplastiche e discreening. Può darci qualchenotizia?

È vero sempre più si parla discreening perché si sta diffon-dendo – finalmente – la “cultu-ra” sia della prevenzione sia del-la diagnosi precoce delle malat-tie neoplastiche.

Lo screening – termine che sipuò tradurre in “protocollo” – èun “esame sistematico, condottocon mezzi clinici, strumentali odi laboratorio finalizzato ad in-dividuare una malattia in fasepreclinica”, che si utilizza so-prattutto per le neoplasie dellamammella, della cervice uterinae del colon-retto.

Il tumore del colon e del rettoè molto frequente?

Sì: nei Paesi occidentali rap-presenta il secondo tumore, do-po quello della mammella nelladonna e il terzo dopo quello delpolmone e della prostata nel-l’uomo.

La malattia è rara prima dei 40anni, ma sta diventando semprepiù frequente a partire dai 60 an-ni, con picco massimo verso gli80 anni.

In Italia si stima che il tumoredel colon colpisca circa 40.000donne e 70.000 uomini ogni an-no, con incidenza in aumentonella popolazione femminile(per via delle abitudini di vitasempre più uniformi tra i duesessi).

Ricordo anche che il tumoredel colon colpisce soprattutto le“sezioni” di sx (colon discen-dente e sigma-retto).

Quindi il tumore del colon co-stituisce un notevole problemache possiamo definire anche“sociale”.

Sì, il problema è da tempomolto sentito in tutto il mondooccidentale: il Codice Europeocontro il Cancro, redatto dal-l’European Council (già dalla 3ªedizione del 2003) prevede, co-me 11ª raccomandazione, loscreening colo rettale per gli ul-tra cinquantenni: “Men and wo-men aged 50 and over should beoffered colorectal cancer scree-ning”. Nel 2006 il ministero del-

la Salute ha indetto una campa-gna nazionale di screening peril tumore del colon retto, orga-nizzata in Liguria con il “Pia-no Regionale di ScreeningOncologici, 2006” in tutta lapopolazione compresa tra 50 e69 anni.

Ci sono condizioni che inci-dono maggiormente sul rischiodi sviluppare un tumore del co-lon?

Sì, ci sono alcuni importantifattori di rischio, principalmentedi tipo nutrizionale: molti studidimostrano, infatti, che una die-ta ad alto contenuto di calorie,ricca di grassi animali e poveradi fibre è associata a un aumentodei tumori intestinali; viceversa,diete ricche di fibre (cioè carat-terizzate da un alto consumo difrutta e vegetali) sembrano avereun ruolo protettivo sul colon.

Ricordo anche fattori geneticicome le poliposi adenomatoseereditarie o altri fattori di ri-schio come le malattie infiam-matorie croniche intestinali (trale quali la rettocolite ulcerosa eil morbo di Crohn).

Come nascono i tumori delcolon?

La maggior parte dei tumoridel colon-retto deriva dalla tra-sformazione in senso malignodi polipi, ovvero di piccoleescrescenze della mucosa intesti-nale.

I polipi – sebbene siano asso-lutamente benigni – sono con-siderati forme precancerose.

Devo ricordare che circa il10% di questi polipi cancerizza,cioè si trasforma da lesione asso-lutamente benigna in vero e pro-prio tumore.

Quindi è di fondamentale im-portanza riconoscerli precoce-mente. Come si riconoscono ipolipi?

Nella maggior parte dei casi ipolipi – purtroppo – non dannosintomi dolorosi o alterazioninelle evacuzioni; solo nel 5% deicasi i polipi possono causare pic-cole perdite di sangue, visibili aocchio nudo o rilevabili con unesame delle feci per la ricercadel cosiddetto “sangue occulto”.

Lo screening si attua propriocon la ricerca del sangue oc-

culto fecale, mentre sono in viadi progressiva applicazione an-che nuovi test come il DNA fe-cale, fluorescent long DNA, mi-croRNA fecale, antigeni, anti-corpi, citochine, ecc.

In caso di positività dei testcosa bisogna fare?

In caso di positività del test fe-cale si deve organizzare subitouna colonscopia ottica o una co-lonscopia virtuale, che deve es-sere decisa dallo specialista do-po una accurata valutazioneclinica del paziente.

Se l’endoscopista evidenzia unpolipo benigno potrà asportarlospesso nel corso della colonsco-pia, evitando così al paziente unintervento chirurgico.

Se invece il polipo è moltogrande o se si è in presenza di unpolipo “cancerizzato”, bisogneràeseguire l’asportazione del seg-mento di colon malato, interven-to eseguibile in laparoscopia neiCentri con esperienza specificain questa metodica.

Che risvolti pratici assumequindi un efficace programmadi screening?

Fare una diagnosi precoce èfondamentale: la soppravviven-za a 5 anni – quindi la guari-gione – nei pazienti che si av-valgono di una diagnosi precoceè dell’80-90%. La sopravviven-za scende – purtroppo – al 40-50% dopo una diagnosi tardiva.

Individuare il tumore in fasepreclinica, cioè prima che abbiadato sintomi, assicura al pazienteinterventi terapeutici tempesti-vi e integrati sempre in una vi-sione multidisciplinare conl’oncologo, il radiologo, l’endo-scopista, il radioterapista.

L’intervento chirurgico chesi renda necessario, soprattuttose eseguito in fase precoce dellamalattia, ormai da molto temporiusciamo a eseguirlo in laparo-scopia, a tutti nota per la minoreinvasività e il maggiore rispettodelle difese immunitarie delpaziente.

Come è la situazione nellanostra ASL2 a Savona?

Nella ASL2 il programma discreening è partito 6 anni fa.

Devo per forza comunicare da-ti in modo un po’ freddo – però

necessario – per spiegare comesi sta svolgendo questo program-ma di screening nella nostraASL.

Negli ultimi 4 anni è stata ese-guita la ricerca del sangue oc-culto fecale (SOF) in 20.642 (dietà compresa tra 50 e 69 anni). Ilsangue occulto è risultato posi-tivo in 1.169 (5,6%) pazienti.Quasi tutti hanno eseguito la co-lonscopia, che è risultata positi-va per una patologia intestina-le, in 392 pazienti.

In questi ultimi 392 pazienti“positivi per patologia intesti-nale” sono stati trovati 354 poli-pi benigni e 38 tumori maligni.

La diagnosi precoce ha per-messo trattare con endoscopiaoperativa in “addirittura” 340casi, mentre per 52 pazienti si èreso necessario un interventochirurgico di di resezione delcolon, che – fatto importantissi-mo per questi 52 pazienti – nel67% di loro siamo riusciti adeseguire con la tecnica minin-vasiva laparoscopica, cioè sen-za il “classico” taglio.

Come vuole concludere?Con un messaggio che reputo

fondamentale: la prevenzione si-gnifica anche non sottovalutaremai il sangue rosso che fuorie-sce – visibilmente – dal retto,che deve portare sempre a unaimmediata visita specialistica.

I dati che ho appena espostiparlano assolutamente chiaro:fare una diagnosi precoce assi-cura importantissimi vantaggiper il paziente, molto spesso lacompleta guarigione.

Le armi attualmente a nostradisposizione – chirurgiche mi-ninvasive, endoscopiche e onco-logiche – sono veramente effi-caci.

Voglio infine ricordare che“trovare” un polipo del colon si-gnifica per il paziente, non soloevitare l’intervento chirurgico,ma poter “risolvere il problema”con la sola asportazione endo-scopica.

Tutto il lavoro svolto mi fasperare che nell’immediato fu-turo si giunga ad una adesionetotale da parte della popolazio-ne ai programmi di screeningdell’ASL.

A Campanassa N.1/201538

SEJANN-E CUNVIVIÄLI 2015riprendono dal 6 aprile al 31 maggio

“VINO E FARINATA”di Delgrande Giorgio - Savona

FARINATA D’AUTORE - Savona

RISTORANTE “BARBAROSSA”di Accinelli Sergio - Savona

RISTORANTE “NAZIONALE”di Ciocca A.F. e M. snc - Savona

RISTORANTE LA BARCACCIA s.a.s.Savona

RISTORANTE “BAGNASCIUGA”Savona

RISTORANTE SOCIETÀF.B.C. VELOCE 1910 - Savona

RISTORANTE “DAI CHICCI”di Cane Renato & C. sas - Savona

RISTORANTE FUORIDALLERIGHESavona

RISTORANTE DOMINIO MAREdi Felisatti Giorgio - Bergeggi

RISTORANTE “VILLA NOLI”di Saccato L. & C s.a.s. - Savona

RISTORANTE CLUB NAUTICODI SAVONA S.r.l. - Savona

TRATTORIA “GIARDINO”di Giordano Sara - Valleggia/Quiliano

TRATTORIA FARINATADA MARCO “SUTTURIVA”Albisola Sup.

TRATTORIA DEL MOLINOdi Rossello Giovanni - Albisola Sup./Ellera

TRATTORIA LA PERGOLAdi Brignone Giorgio - Valleggia/Quiliano

TRATTORIA IN CIASSAdi Zoni Francesca - Albisola Sup.

HOSTARIA “IL SALE DEL MATTO”Savona

OSTERIA ITALIA - Savona/Santuario

OSTERIA “MOLINI”di Giusto P. e Mameli D. - Quiliano

TRATTORIA “SAN ROCCO” - Altare

LA LOCANDA DEL CONTADINO“MARINO”di Bergamaschi Gianluca - Savona

GIARDINO DEL SOLE - Savona

OSTERIA “LA FARINATA” - Savona

Le Sejann-e Cunviviäli sono ormai diventate un appuntamento fisso per tutti i Savonesi,e non solo, amanti della buona cucina. Per l’edizione del 2015 sono ben 24 i ristoranti chepresentano il proprio menù a base di Pesce Azzurro.

Ma qual è il menu che ha più incontrato il favore del pubblico?

L’Ass. Campanassa, in collaborazione con SVD, l’app più popolare della provincia diSavona, lancia un sondaggio online per dare un riconoscimento al ristoratore che ha presen-tato il menù che più ha soddisfatto gli avventori. La votazione avverrà dal 6 aprile, giorno incui ricominciano le Sejanne dopo la pausa di quaresima, fino al 31 maggio giorno di chiusu-ra e la premiazione avverrà nella settimana successiva.

La votazione avverrà on line sul sito www.svdonline.it o attraverso l’App SVD, Savona eDintorni. Sarà possibile dare solo un voto per dispositivo e al termine della votazione sipotranno visualizzare le classifiche fino al 15 maggio. Dopo tale data le classifiche sarannooscurate e i tre migliori menù verranno rivelati durante la serata della premiazione.

L’iniziativa sarà pubblicizzata attraverso il periodico dell’Ass. A Campanassa, sull’AppSVD, sul sito www.svdonline.it, sui profili facebook e twitter e attraverso comunicati sullastampa locale. Ad ogni struttura sarà fornita una locandina e volantini da distribuire sui tavo-li durante le serate delle Sejanne. Tutte le serate saranno segnalate su SVD (sia sito che app)e verranno inviati dei messagi sugli smartphone abilitati al servizio.

Lo scopo dell’iniziativa è coinvolgere sempre di più la clientela dei vari ristoranti chepotranno fare il “tifo” per il loro preferito, gratificare i ristoratori che più hanno soddisfattoil pubblico, far conoscere sempre di più le Sejann-e Cunviviäli, le iniziativie dell’Ass.Campanassa e l’App SVD.

Il sondaggio è volto solo in chiave positiva. Si potrà solo votare il proprio menù preferi-to e non sarà possibile lasciare commenti o critiche negative.

Siamo convinti che l’iniziativa, unica nel suo genere in tutta la Liguria, avrà risalto sullastampa locale con ovvie ricadute sia sulla manifestazione che il prossimo anno potrà magaricoinvolgere più ristoranti, sia sulle singole attività che avranno un ulteriore strumento perpromozionare il proprio locale.

Tutti i servizi sopra esposti sono gratuiti per l’edizione 2015 delle Sejann-e.

Associazione Savonese “A Campanassa”

Aderente alla “ Consulta Ligure delle Associazioni”

Piazza del Brandale, 2 - 17100 Savona

Palazzo dell ’Anziania

GASTRONOMIA ROSTICCERIA

Via San Lorenzo 42 r - Savona - Tel. 019/848110 - Nuova Gestione

Aperto anche la domenica mattinaCucina Ligure e Nazionale - Ravioli di nostra produzione - Fritto misto di pesce

Paella Valenciana - Lumache Vignaiole - Buridda - Trippe - Cous CousProdotti di alta qualità - Servizio Catering

EUREKAEUREKA già Danilo

A Campanassa N.1/2015 39

IERI e OGGI a cura di G.G.

Via Boselli da largo Vegerio, ripresa nei primi anni Annitrenta del Novecento, verso l’attuale piazza Saffi. Dominala scena il massiccio palazzo Aonzo o Fadda, sul largo Ve-gerio. Il cui primo progetto, per un edificio di tre piani, ri-sale al 1871, fu poi sopraelevato nel 1903, su progetto del-l’ingegner Antonj ed ancora con il piano mansardato nel1935-36, su progetto dell’ingegner Martinengo. Sullosfondo, a sinistra, si sta delineando piazza Saffi, mentre sulargo Vegerio si distinguono le insegne di un negozio dimaglierie e di un parrucchiere.

Nella foto di oggi una grande magnolia occupa l’aiuolaal centro di largo Vegerio, nasconde parzialmente la gran-de mole del palazzo, che a parte il colore della facciata,chissà se era lo stesso tanti anni fa, appare quasi identiconel suo prospetto. Manca solo il piano mansardato, che fadatare la vecchia foto alla prima metà degli Anni Trenta.

Il traffico invece, quello si, è aumentato, al posto dellabicicletta e dei radi passanti, i parcheggi hanno invaso ilpiccolo slargo, così come quasi unica in tutta la città, unacabina telefonica.

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A Campanassa N.1/201540