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LA CIRCOLARE SETTIMANALE DEL LAVORO Pag. 1 CIRCOLARE SETTIMANALE DEL LAVORO NUMERO 45 DEL 27 NOVEMBRE 2015 LA SETTIMANA IN BREVE LA NORMATIVA DEL LAVORO IN GAZZETTA UFFICIALE PAGINA 3 GLI APPROFONDIMENTI DELLA SETTIMANA L’INVIO ALLESTERO DEL PERSONALE DIPENDENTE DI E.M. DAL BON Quando un datore di lavoro, per soddisfare specifiche esigenze aziendali, decide di inviare un proprio lavoratore dipendente all’estero, puo contare su tre diversi istituti: trasferta trasferimento e distacco e deve prendere in considerazione numerose variabili che incidono sul costo. PAGINA 5 INTERPELLO N. 5 DEL 2015: LOCALI CHIUSI SOTTERRANEI O SEMISOTTERRANEI DI I. DI BATTISTA Nell'art. 62 del D. Lgs 81/2008, viene data la definizione di luoghi di lavoro che vengono intesi come "luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all'interno dell'azienda o dell'unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell'azienda o dell'unità produttiva, accessibile al lavoratore nell'ambito del proprio lavoro". PAGINA 13 PROCESSO ETERNIT: AMIANTO E PRESCRIZIONE DI A. VICERÈ La celebre pronuncia della Cassazione n. 7941-2015 sulla vicenda Eternit, ha provocato una forte reazione mediatica, riaccendendo i riflettori sul problematico rilievo dell’accertamento della responsabilità del datore di lavoro nel contenzioso da patologia amianto-correlata. PAGINA 18 SCHEDA INFORMATIVA CLIENTI RICHIESTA RIMBORSO FARMACI INAIL DI D. BONADDIO PAGINA 28 CASO PRATICO PROFILI FISCALI DELLA TRASFERTA ALLESTERO DI E.M. DAL BON PAGINA 32 DOCUMENTAZIONE NAZIONALE MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI: Nota 16.11.2015 e Nota 20.11.2015 PAGINA 34

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LA CIRCOLARE SETTIMANALE DEL LAVORO

Pag. 1

CIRCOLARE SETTIMANALE DEL LAVORO NUMERO 45 DEL 27 NOVEMBRE 2015

LA SETTIMANA IN BREVE

LA NORMATIVA DEL LAVORO IN GAZZETTA UFFICIALE

PAGINA 3

GLI APPROFONDIMENTI DELLA SETTIMANA

L’INVIO ALL’ESTERO DEL PERSONALE DIPENDENTE DI E.M. DAL BON

Quando un datore di lavoro, per soddisfare specifiche esigenze aziendali, decide di

inviare un proprio lavoratore dipendente all’estero, puo contare su tre diversi istituti:

trasferta trasferimento e distacco e deve prendere in considerazione numerose variabili

che incidono sul costo.

PAGINA 5

INTERPELLO N. 5 DEL 2015: LOCALI CHIUSI SOTTERRANEI O SEMISOTTERRANEI DI I. DI BATTISTA

Nell'art. 62 del D. Lgs 81/2008, viene data la definizione di luoghi di lavoro che vengono

intesi come "luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all'interno dell'azienda o

dell'unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell'azienda o dell'unità

produttiva, accessibile al lavoratore nell'ambito del proprio lavoro".

PAGINA 13

PROCESSO ETERNIT: AMIANTO E PRESCRIZIONE DI A. VICERÈ

La celebre pronuncia della Cassazione n. 7941-2015 sulla vicenda Eternit, ha provocato

una forte reazione mediatica, riaccendendo i riflettori sul problematico rilievo

dell’accertamento della responsabilità del datore di lavoro nel contenzioso da patologia

amianto-correlata.

PAGINA 18

SCHEDA INFORMATIVA CLIENTI

RICHIESTA RIMBORSO FARMACI INAIL DI D. BONADDIO

PAGINA 28

CASO PRATICO

PROFILI FISCALI DELLA TRASFERTA ALL’ESTERO DI E.M. DAL BON

PAGINA 32

DOCUMENTAZIONE NAZIONALE

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI: Nota 16.11.2015 e Nota 20.11.2015

PAGINA 34

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CNDCEC: Nota n. 193 del 19.11.2015

REGIONI: Decreto del Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, 10 .7.2015, n. 139;

Decreto del Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, 10 .7. 2015 n. 142; Legge

Regionale Friuli Venezia Giulia, 10 .7. 2015, n. 17

PAGINA 36

NORMATIVA CONTRATTUALE

ACCORDI: Accordo 9.11.2015 di confluenza nel CCNL Uniontessili Confapi

PAGINA 37

GIURISPRUDENZA E PRASSI DELLA SETTIMANA

GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITA’ E DI MERITO

COMUNICATI, CIRCOLARI, MESSAGGI DELL’INPS

PAGINA 38

SCADENZARIO PREVIDENZIALE

LO SCADENZARIO DAL 30.11.2015 AL 14.12.2015

PAGINA 41

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LA CIRCOLARE SETTIMANALE DEL LAVORO

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LA SETTIMANA IN BREVE

Amici e Colleghi,

ben ritrovati! Vediamo insieme le novità di questa settimana riguardanti il lavoro apparse in

Gazzetta Ufficiale.

Nella G.U. n. 264 del 17 novembre 2015, è stato pubblicato il Comunicato del Ministero

dell’Interno, 17 novembre 2015, il quale aggiorna le linee guida del 31 dicembre 2010, per i

controlli antimafia indicate dal Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi

opere, sui lavori di ricostruzione degli immobili lesionati a seguito degli eventi sismici che hanno

colpito l'Abruzzo il 6 aprile 2009, commissionati da soggetti privati beneficiari dei contributi di cui

all'articolo 3 del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni dalla legge 24

giugno 2009, n. 77.

Nella G.U. n. 269 del 18 novembre 2015, è stata pubblicata la L. 12 novembre 2015, n. 182, la

quale ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge 20 settembre 2015, n. 146,

recante misure urgenti per la fruizione del patrimonio storico e artistico della Nazione.

Nella G.U. n. 269 del 18 novembre 2015, è stato pubblicato il Comunicato del Ministero del Lavoro

e delle Politiche Sociali, 18 novembre 2015, il quale rende noto che è stato pubblicato sul sito

istituzionale del Ministero http://www.lavoro.gov.it/AreaSociale/Volontariato/Contributi_ambulanz

e_beni/Pages/20141203_anno2014-ambulanze.aspx, il decreto direttoriale del 29 settembre 2015

e allegato 1 parte integrante del decreto stesso con gli elenchi delle associazioni di volontariato

ed ONLUS beneficiarie e gli importi dei contributi attribuiti, registrato dalla Corte dei conti il 4

novembre 2015, foglio n. 4316, di attribuzione dei contributi alle associazioni di volontariato ed

ONLUS per l'acquisto di ambulanze, beni strumentali e beni da donare a strutture sanitarie

pubbliche, in materia di attività di utilità sociale, per l'annualità 2014, ai sensi dell'art. 96 della

legge n. 342/2000 e del decreto ministeriale attuativo n. 177/2010.

Nella G.U. n. 270 del 19 novembre 2015, è stato pubblicato il Decreto della Presidenza del

Consiglio dei Ministri, 21 settembre 2015, il quale prevede l’organizzazione del Dipartimento per le

riforme istituzionali della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Nella G.U. n. 270 del 19 novembre 2015, è stato pubblicato il D.M. 10 novembre 2015, il quale

contiene disposizioni in materia di Registro elettronico nazionale delle imprese di trasporto su

strada.

Nella G.U. n. 271 del 20 novembre 2015, è stato pubblicato il D.M. 29 ottobre 2015, il quale

prevede la variazione della misura dell'indennità di trasferta spettante agli ufficiali giudiziari.

Nella G.U. n. 271 del 20 novembre 2015, è stato pubblicato il D.M. 30 ottobre 2015, n. 855, il quale

procede alla rideterminazione dei macrosettori e dei settori concorsuali.

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LA CIRCOLARE SETTIMANALE DEL LAVORO

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Nella G.U. n. 271 del 20 novembre 2015, è stata pubblicata l’Ordinanza della Presidenza del

Consiglio dei Ministri, 13 novembre 2015, n. 297, la quale prevede ulteriori interventi urgenti di

protezione civile per fronteggiare l'emergenza idrica nella città di Messina.

Nella G.U. n. 271 del 20 novembre 2015, è stato pubblicato il Provvedimento della Banca D’Italia 6

novembre 2015, il quale riguarda il regolamento recante individuazione dei dati sensibili e

giudiziari e delle operazioni eseguibili.

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APPROFONDIMENTO

L’invio all’estero del personale dipendente 1 E. M. Dal Bon

Sommario

1. INTRODUZIONE;

2. L’INVIO TEMPORANEO: LA TRASFERTA;

3. L’INVIO DEFINITIVO: IL TRASFERIMENTO;

4. L’INVIO TRILATERALE: IL DISTACCO;

5. INVIO DI LAVORATORI ALL’ESTERO: ADEMPIMENTI PRATICI E AMMINISTRATIVI.

Introduzione

Quando un datore di lavoro, per soddisfare specifiche esigenze aziendali, decide di inviare un

proprio lavoratore dipendente all’estero, deve prendere in considerazione numerose variabili che

possono incidere sul costo dell’invio stesso, sia per sé che per il lavoratore.

Tra i vari aspetti che il datore di lavoro deve considerare, quello che probabilmente sta a monte

di tutto è l’aspetto contrattuale, cui seguiranno le dovute valutazioni previdenziali e fiscali. In altre

parole, il datore di lavoro dovrà decidere attraverso quale modalità inviare il lavoratore all’estero,

e di conseguenza valutare i risvolti in termini di sicurezza sociale e di fiscalità internazionale.

Gli istituti previsti dal nostro ordinamento attraverso i quali si può modificare il luogo di svolgimento

della prestazione lavorativa, spostandolo anche oltre i confini nazionali, sono essenzialmente tre:

la trasferta;

il trasferimento;

il distacco.

Le assegnazioni transnazionali costituiscono delle operazioni estremamente complesse con

riferimento agli aspetti sia amministrativi che gestionali. La scelta di uno degli istituti richiamati

deve tener conto non solo delle esigenze dell’azienda, ma anche delle specifiche modalità con

le quali si svolgerà l'attività lavorativa all'estero, nonché dell’opportunità di modificare o integrare

il contratto di lavoro.

L’invio temporaneo: la trasferta

L’istituto della trasferta, disciplinato nei contratti collettivi, non viene definito a livello legislativo.

1 Emiliana Maria Dal Bon Consulente del Lavoro in Milano

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Come noto la trasferta, o missione, è un mutamento temporaneo del luogo della prestazione

lavorativa con previsione certa di rientro nella sede di lavoro originaria. La trasferta viene scelta

come modalità di invio per rispondere ad esigenze di servizio transitorie e contingenti, non

prevedibili al momento dell'assunzione.

La trasferta è caratterizzata:

dalla temporaneità del mutamento del luogo di lavoro (nel nostro caso temporaneità

della permanenza all’estero);

dal fatto che esse viene disposta unilateralmente del datore di lavoro e non necessita del

consenso del lavoratore;

dal fatto che il lavoratore continua svolgere la propria attività lavorativa sotto la direzione

del proprio datore di lavoro;

dalla corresponsione di una somma (indennità di trasferta) che abbia

contemporaneamente natura risarcitoria (per il disagio subito dal lavoratore) e

retributiva.

L’elemento più rilevante da analizzare quando il datore di lavoro debba inviare all’estero un

proprio dipendente e scegliere quale strumento contrattuale utilizzare è la durata dell’invio. La

trasferta, come mutamento del luogo di svolgimento della prestazione lavorativa è temporanea,

pur potendosi protrarre anche a lungo, ma sicuramente non è definitiva. Non ci sono, infatti,

indicazioni legislative o di prassi utili al fine di quantificare quanto può durare un invio in trasferta

per potersi continuare a definire tale. Ciò che si ritiene determinante per differenziare la trasferta

da altri spostamenti della sede del luogo di lavoro è la permanenza del legame funzionale con il

luogo “normale di lavoro” poiché questo resta ipotizzabile anche ove non sia preventivamente

specificata la temporale durata dello spostamento.

Per quanto riguarda l’indennità di trasferta, il datore di lavoro potrà prendere a riferimento

l’ammontare previsto dal CCNL, o decidere riconoscere ai propri dipendenti un’indennità di

trasferta maggiore.

L’indennità di trasferta si caratterizza per un regime fiscale e contributivo particolare. Una regola

generale che può applicarsi a tutte le tipologie di trasferte (all’estero o nel territorio nazionale) è

quella dell’esenzione totale (sia fiscale che contributiva) delle spese documentabili di vitto,

alloggio, viaggio e trasporto.

Il datore di lavoro può procedere a riconoscere al lavoratore il rimborso analitico di tutte le spese

sostenute per la trasferta. In questo caso tutte queste somme sono esenti.

Qualora opti per un’indennità forfetaria, al netto delle spese di viaggio e trasporto, questa

indennità sarà esente, per le trasferte all’estero, fino a € 77,47 al giorno.

Nel caso in cui il datore di lavoro decida di procedere a rimborsare le spese di alloggio o,

alternativamente, di vitto, oppure alloggio o vitto sono forniti gratis, l’indennità per la trasferta

all’estero è esente fino a € 51,65 al giorno.

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Se sono rimborsate le spese di alloggio e vitto oppure sono entrambi forniti gratis, l’indennità è

esente, sempre nel caso di invio all’estero, fino € 25,82 al giorno.

L’invio definitivo: il trasferimento

Anche nel caso del trasferimento non è possibile rinvenire a livello legislativo una definizione

specifica dell’istituto. La giurisprudenza ha progressivamente inquadrato il trasferimento come un

mutamento definitivo del luogo geografico della prestazione lavorativa presso una sede

differente rispetto al luogo normale di lavoro.

Le uniche disposizioni normative in materia di trasferimento riguardano le tutele nei confronti del

lavoratore, che a seguito del mutamento definitivo del luogo di lavoro viene, in parte, privato

della stabilità acquisita non solo sotto il profilo lavorativo, ma anche in relazione agli aspetti

personali, familiari e sociali. L’ordinamento intende, perciò tutelare il lavoratore da una scelta

operata, solitamente, nell’interesse del datore di lavoro.

Ai fini di una corretta analisi delle ipotesi di trasferimento, gli elementi che debbono essere

valutati attentamente riguardano:

1. l'individuazione dell'unità produttiva;

2. le giustificazioni alla base del trasferimento;

3. profili fiscali dell’indennità di trasferimento.

Per poter individuare correttamente le ipotesi di trasferimento e quindi la disciplina applicabile, il

concetto di unità produttiva assume una rilevanza assoluta. Ogni articolazione autonoma

dell'impresa, che sia idonea ad espletare, in tutto o in parte, l'attività di produzione di beni o di

servizi costituente l'oggetto sociale aziendale e quindi che risulti dotata, oltre che della necessaria

autonomia, anche di tutti gli strumenti sufficienti e indispensabili allo svolgimento della funzione

produttiva dell'impresa può essere considerata unità produttiva.

L’art. 2103 c.c. stabilisce che il trasferimento da un’unità produttiva all’altra debba essere

motivato unicamente da comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, che debbono

sussistere al momento in cui viene disposto il trasferimento.

Nel caso in cui la liceità di un trasferimento venga messa in dubbio, l’onere della prova della

sussistenza delle ragioni tecniche, organizzative e produttive incombe sul datore di lavoro. Il

giudice sarà investito unicamente dell’accertamento del nesso di casualità tra il provvedimento

datoriale e le ragioni che lo giustificano.

Prima di sospettare la nullità di un trasferimento per violazione delle condizioni e dei limiti previsti

dall’art. 2103 c.c. è opportuno verificare se nell’azienda di riferimento siano in vigore dei contratti

collettivi di prossimità. Tali accordi, secondo quanto stabilito dall’art. 8 del D.L. 138/2011, possono

essere stipulati a livello aziendale o territoriale dalle associazioni dei lavoratori comparativamente

più rappresentative sul piano nazionale ovvero dalle rappresentanze sindacali operanti in

azienda, e sottoscritti sulla base di un criterio maggioritario. Se rispettano questi vincoli e le altre

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condizioni richieste dalla legge, tali contratti di secondo livello possono derogare alle disposizioni

di legge e dei contratti collettivi nazionali nell’osservanza imprescindibile, però, della Costituzione

e delle normative comunitarie e internazionali. Se nell’azienda di appartenenza del lavoratore

che viene trasferito fosse in vigore un contratto di prossimità questo potrebbe, ad esempio,

escludere la necessità di motivare il trasferimento con comprovate ragioni tecniche,

organizzative e produttive. In virtù degli effetti che il D.L. 138/2011 ricollega alla contrattazione di

prossimità, il trasferimento del lavoratore non sorretto dalle sopracitate motivazioni non potrebbe

essere dichiarato nullo, poiché il contratto di prossimità avrebbe operato, legittimamente, una

deroga alla disciplina legislativa dell’art. 2103 c.c.

Non raccolte in una trattazione unitaria ed organica, ma sparse all’interno di differenti discipline

legislative, si trovano una serie di circostanze ulteriori in cui non è possibile per il datore di lavoro

disporre un trasferimento unilaterale:

a) durante il periodo di mandato per i lavoratori che ricoprano cariche di consiglieri

comunali o provinciali (art. 27, L. 816/1985);

b) per il genitore o familiare lavoratore che assista con continuità un parente o un affine

entro il terzo grado disabile (art. 33, co. 5 e 6, L. 104/1992);

c) per la lavoratrice madre, ovvero, in mancanza, il padre, fino al compimento di 1 anno di

età del bambino (art. 56, co. 1 e 2, D.lgs. 151/2001);

d) per i dirigenti sindacali aziendali, il cui trasferimento può essere operato solo a condizione

che si sia ottenuto il nulla osta delle associazioni sindacali di appartenenza, sino all'anno

successivo alla cessazione della carica (art. 22, co. 1, St. Lav.);

e) per le specifiche indicazioni della contrattazione collettiva di riferimento.

Al lavoratore trasferito definitivamente presso una diversa sede di lavoro, anche all’estero, viene

solitamente riconosciuta un’indennità di trasferimento a titolo “risarcitorio”. L’intenzione è quella di

rifondere in qualche modo il disagio e la concreta penalizzazione, anche economica, che il

lavoratore potrebbe aver subito a causa del trasferimento. Viene dunque stabilita una somma

attraverso la quale si intende porre ristoro al disagio arrecato anche, ma non solo, alla situazione

patrimoniale del trasferito.

Dal punto di vista dell’imponibilità, fiscale e contributiva delle indennità di trasferimento, di prima

sistemazione o equipollenti, è stabilito che esse non concorrono a formare il reddito nella misura

del 50% del loro ammontare per un importo complessivo annuo non superiore € 4.648,11 per i

trasferimenti fuori dal territorio nazionale. Se le indennità in questione, con riferimento allo stesso

trasferimento, sono corrisposte per più anni, la presente disposizione si applica solo per le

indennità corrisposte per il primo anno.

L’invio trilaterale: il distacco

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Il distacco, così come la trasferta e il trasferimento, è una tipologia di assegnazione del lavoratore

in un diverso luogo di lavoro che può riguardare anche lo spostamento all’estero, con tutte le

particolarità che ne derivano.

Il distacco è l’unica forma di mutamento del luogo di lavoro ad essere stata tipizzata in una

disposizione normativa, l’art. 30 del D.lgs. 276/03. Tale disposizione stabilisce che l'ipotesi del

distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone

temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una

determinata attività lavorativa.

Nell'ambito dei poteri direttivi riconosciuti al datore di lavoro, quest’ultimo può inviare il proprio

lavoratore in distacco al fine di condividere il know-how aziendale, di sviluppare le competenze

specifiche dei lavoratori distaccati, anche a beneficio delle loro carriere, di ricoprire posti

vacanti, ovvero per implementare un unico sistema di valori aziendali.

L’istituto del distacco dà vita a un rapporto di lavoro dove i soggetti da 2, diventano 3: si parla,

intatti di rapporto di lavoro trilaterale composto da:

1) lavoratore distaccato;

2) datore di lavoro distaccante – il datore di lavoro “originario”, titolare del rapporto di

lavoro e controparte effettiva del contratto di lavoro;

3) datore di lavoro distaccatario – il soggetto presso il quale il lavoratore viene inviato a

svolgere la prestazione lavorativa e che per tutta la durata del distacco avrà a sua

disposizione il lavoratore.

Il distacco si caratterizza per la presenza dei seguenti elementi:

1) temporaneità dello spostamento;

2) sussistenza di un interesse del datore distaccante a che le prestazioni lavorative del

lavoratore vengano effettuate a favore del soggetto distaccatario;

3) dissociazione temporanea tra titolare del rapporto di lavoro e soggetto che usufruisce

della prestazione lavorativa.

Riguardo alla temporaneità dell’assegnazione la legge non indica, neppure in questo caso, un

tempo massimo di durata, poiché si ritiene che ciò dipenda dalla persistenza dell’interesse

imprenditoriale di tipo organizzativo che ha spinto il datore di lavoro distaccatario a inviare il

proprio dipendente a prestare l’attività lavorativa a favore di un soggetto terzo. Fermo restando

che l’assegnazione del lavoratore non può essere definitiva, la durata del distacco verrà decisa

di volta in volta dall’accordo tra i soggetti coinvolti. In materia di distacchi all’estero possono

rinvenirsi, in alcune disposizioni legislative, delle indicazioni di durate massime, ma queste non si

riferiscono al distacco in sé, bensì ai trattamenti speciali dal punto di vista fiscale o previdenziale

che, a volte e al rispetto di determinate condizioni, possono essere applicati ai lavoratori

distaccati all’estero (cd. distacco previdenziale).

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LA CIRCOLARE SETTIMANALE DEL LAVORO

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L'interesse del datore di lavoro al distacco è un elemento fondamentale dell'istituto e deve

protrarsi per tutta la durata dell'assegnazione. Il Ministero del lavoro, con circolare del 24 giugno

2005 n. 28, ha ribadito l'essenzialità dell'interesse del datore di lavoro, e chiarito che esso deve

essere, nel contempo, specifico, rilevante, concreto e persistente. È importante precisare che, in

virtù del comma 4-ter dell’art. 30 D.lgs. 276/03, qualora il distacco di personale avvenga tra

aziende che abbiano sottoscritto un contratto di rete di impresa che abbia validità ai sensi del

D.L. 10 febbraio 2009, n. 5, l'interesse della parte distaccante sorge automaticamente in forza

dell'operare della rete. Ciò significa che in caso di invio di lavoratori, attraverso la forma del

distacco, presso un’impresa legata al datore di lavoro originario da un contratto di rete di

impresa, l’interesse al distacco è dato per presupposto, e non dovrà quindi essere provato

ulteriormente.

Infine occorre sottolineare che l’introduzione di un terzo soggetto nel rapporto di lavoro, il datore

di lavoro distaccatario, non va a modificare l’originale contratto di lavoro che continua ad avere

come parti il datore di lavoro distaccante e il lavoratore distaccato, ossia le parti originarie.

Ovviamente, però, la partecipazione al rapporto del distaccatario, in favore del quale è resa la

prestazione lavorativa, comporta delle, temporanee, variazioni volte ad agevolare lo

svolgimento del distacco e a permettere che lo stesso raggiunga gli obiettivi per cui è stato

iniziato. Tra il lavoratore distaccato e il datore distaccante permane, a tutti gli effetti, il rapporto di

lavoro, tanto che tutti gli obblighi economici e normativi restano in capo al distaccante. Ciò

significa che il datore di lavoro distaccante sarà ancora responsabile della retribuzione del

lavoratore e titolare del potere disciplinare, nonché del potere di determinare la cessazione

dell’assegnazione. Al datore distaccatario sarà, invece, delegato il potere direttivo affinché

possa esercitare quelle attività necessarie ad un utile inserimento del lavoratore distaccato nelle

proprie strutture organizzative e allo svolgimento della specifica mansione oggetto

dell’assegnazione.

Un ultimo breve accenno deve essere fatto alle necessarie integrazioni contrattuali che

legittimano il distacco. Questa forma di assegnazione del lavoratore viene legittimata dalla

sussistenza di un accordo di distacco tra datore di lavoro distaccante e distaccatario (che regola

i rapporti tra le due parti) e una lettera di distacco che il distaccante deve consegnare al

lavoratore informandolo delle caratteristiche, della durata, del luogo del distacco e precisando

tutto quanto sia necessario.

Invio di lavoratori all’estero: adempimenti pratici e amministrativi

Analizzate le diverse forme che l’invio di lavoratori fuori dalla sede di lavoro può assumere

(trasferta, trasferimento e distacco), occorre chiedersi quali altri adempimenti concreti siano

necessari per permettere che un lavoratore possa legittimamente svolgere la propria attività

quando l’invio sia all’estero.

In generale, per tutti i lavoratori ed indipendentemente da dove il lavoratore venga inviato è

necessario:

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LA CIRCOLARE SETTIMANALE DEL LAVORO

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1) Effettuare le dovute comunicazioni al centro per l’impiego.

È necessario fare la comunicazione telematica, attraverso il modello UNILAV del

temporaneo o definitivo spostamento del lavoratore. Nel caso di rientro anticipato del

lavoratore, occorre re-inoltrare l'intera comunicazione entro 5 giorni dal verificarsi dello

stesso evento oggetto della comunicazione, indicando la corretta data di fine

dell’assegnazione.

2) Effettuare le annotazioni sul LUL.

Per tutta la durata dell’assegnazione all’estero il datore di lavoro è tenuto a compilare il

LUL, indicando, tra l'altro:

la data di inizio e di fine dell'attività all'estero;

le eventuali interruzioni;

lo stato di assegnazione;

gli estremi degli accordi integrativi del contratto di lavoro.

Le registrazioni devono essere effettuate entro la fine del mese di riferimento.

Inoltre è necessario registrare queste informazioni anche su uno speciale “ruolo estero”

che, sebbene non sia prescritto come libro fiscale obbligatorio, deve contenere:

- gli estremi di identificazione del dipendente;

- il riferimento agli accordi integrativi del contratto di lavoro;

- lo stato estero nel quale dovrà prestare servizio;

- l'ammontare delle retribuzioni periodiche corrisposte;

- la data di cessazione dello specifico rapporto.

3) Che il lavoratore si iscriva all’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE).

A differenza dei due precedenti adempimenti che sono a carico del datore di lavoro,

l’iscrizione all’AIRE deve essere fatta personalmente dal lavoratore. Le anagrafi dei

cittadini residenti all’estero sono tenute presso i singoli comuni e presso il Ministero

dell’Interno. Esse contengono i dati dei cittadini italiani che spontaneamente abbiano

dichiarato di risiedere all'estero e dei cittadini italiani per i quali la residenza all'estero è

stata accertata d'ufficio. L’iscrizione all’AIRE è obbligatoria per coloro che trasferiscono la

loro residenza all’estero per più di 12 mesi.

Prima della riforma del Jobs Act, ed in particolare del D.lgs. 151/2015, per inviare un lavoratore

italiano in paesi extracomunitari (rectius: non appartenenti all’area Schengen) era necessario

procedere a richiedere un’autorizzazione preventiva al Ministero del lavoro e delle politiche

sociali. Senza il rilascio di detta autorizzazione il lavoratore non poteva essere inviato nel paese

extracomunitario. Tale procedura, contenuta nell’art. 2 del D.L. 317/87 è stata ora sostituita, ad

opera dell’art. 18 del D.lgs. 151/2015, da un elenco delle condizioni di lavoro dei lavoratori italiani

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Pag. 12

da impiegare o da trasferire all'estero. In particolare l’art. 2 suddetto, riformato, stabilisce che il

contratto di lavoro dei lavoratori italiani da impiegare o da trasferire all'estero debba prevede:

a) un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello previsto

dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali

comparativamente più rappresentative per la categoria di appartenenza del lavoratore,

e, distintamente, l’entità delle prestazioni in denaro o in natura connesse con lo

svolgimento all'estero del rapporto di lavoro;

b) la possibilità per i lavoratori di ottenere il trasferimento in Italia della quota di valuta

trasferibile delle retribuzioni corrisposte all'estero, fermo restando il rispetto delle norme

valutarie italiane e del Paese d'impiego;

c) un'assicurazione per ogni viaggio di andata nel luogo di destinazione e di rientro dal luogo

stesso, per i casi di morte o di invalidità permanente;

d) il tipo di sistemazione logistica;

e) idonee misure in materia di sicurezza.

La recentissima riforma ha, quindi, liberalizzato la circolazione dei cittadini italiani anche al di

fuori dei confini dell’Unione Europea dove, in base all’art. 45 del T.F.U.E., nessuna autorizzazione

particolare era già da prima richiesta, in virtù della vigenza del principio della libera circolazione.

In base a detto principio, i cittadini dell'U.E. hanno il diritto di:

cercare lavoro in un altro paese dell'U.E.;

lavorare in tale paese senza bisogno di un permesso di lavoro;

vivere in questo paese per motivi di lavoro;

restarvi anche quando l'attività professionale è giunta a termine;

godere della parità di trattamento rispetto ai cittadini nazionali per quanto riguarda

l'accesso al lavoro, le condizioni di lavoro, nonché qualsiasi altro beneficio sociale e

fiscale.

Corre, infine, l’obbligo di precisare che l’analisi delle problematiche connesse con l’invio di

lavoratori all’estero è solo all’inizio una volta che il datore di lavoro ha scelto la forma da dare

all’invio. Infatti, assai più complessi e molto rilevanti sono i profili di sicurezza sociale e i risvolti

fiscali della produzione di reddito all’estero. In particolare, per entrambi i profili, occorrerà

verificare a quale legislazione (se italiana o estera) è soggetto il lavoratore e accertarsi che non si

rientri in un’ipotesi di doppia imposizione contributiva e/o fiscale.

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APPROFONDIMENTO

Interpello n. 5 del 2015: lavoro in locali chiusi

sotterranei

I. Di Battista2

Sommario

1. LOCALI CHIUSI SOTTERRANEI O SEMISOTTERRANEI

2. INTERPELLO N. 5 DEL 2015

3. CONFORMITÀ LOCALI CHIUSI SOTTERRANEI E SEMISOTTERRANEI

4. OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO E SANZIONI

1. Lavoro in locali chiusi sotterranei o semisotterranei

Nell'art. 62 del D. Lgs 81/2008, viene data la definizione di luoghi di lavoro che vengono intesi

come "luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all'interno dell'azienda o dell'unità

produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell'azienda o dell'unità produttiva, accessibile

al lavoratore nell'ambito del proprio lavoro". In questa definizione di luoghi di lavoro quindi,

rientrano anche locali chiusi sotterranei o semisotterranei dei quali però, il Testo Unico sulla salute

e sicurezza dei lavoratori, non ci da una vera e propria definizione ma ci dice che, in base all'art.

65 devono rispettare le seguenti disposizioni:

1. "è vietato destinare al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei;

2. in deroga alle disposizioni di cui al comma 1, possono essere destinati al lavoro locali chiusi

sotterranei o semisotterranei, quando ricorrano particolari esigenze tecniche. In tali casi il

datore di lavoro provvede ad assicurare idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e

di microclima;

3. l'organo di vigilanza può consentire l'uso dei locali chiusi sotterranei o semisotterranei

anche per altre lavorazioni per le quali non ricorrono le esigenze tecniche, quando dette

lavorazioni non diano luogo ad emissioni di agenti nocivi, sempre che siano rispettate le

norme del presente decreto legislativo e si sia provveduto ad assicurare le condizioni di

cui al comma 2."

Con il passare degli anni, per i locali sotterranei e semisotterranei sono state date diverse

definizioni che variano in base alla fonte di provenienza (regolamenti comunali, circolari

esplicative, normativa sull'edilizia scolastica, ecc...) come descritto in un articolo su PuntoSicuro

redatto da Gerardo Porreca. Infatti una prima definizione è stata data con un D.P.R. n. 303/1956,

attualmente abrogato dal D. Lgs. 81/08, in cui all'art. 8 per locali interrati si consideravano "quelli

2 Ilenia Di Battista, Dott.ssa in Biotecnologie e borsista Inail presso l’Università di Teramo.

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che hanno il solaio di copertura completamente al di sotto del piano campagna o di

pavimentazione esterna e seminterrati quelli il cui solaio di copertura è posto al di sopra dello

stesso piano campagna per un'altezza inferiore al 50% dell'altezza del locale medesimo,

ritenendo assimilabili ai locali al piano quelli invece aventi il solaio di copertura posto, rispetto al

piano campagna, a più del 50% dell'altezza del locale medesimo".

In merito a questo tema si possono citare due sentenze: una della Pretura di Milano 13 novembre

1979 la quale chiarisce che "per la definizione di locale chiuso sotterraneo, ai sensi dell'art.8, D.P.R.

19 marzo 1956, n.303, appare inadeguato il criterio rigido di considerare tale qualunque

ambiente chiuso da pareti che si trovi per più della metà della sua altezza sotto il livello stradale,

ma occorre rifarsi alla effettiva "ratio" della norma per non dare una risposta puramente formale

ai problemi dell'igiene del lavoro. Non può, pertanto, considerarsi locale chiuso semisotterraneo,

per il cui impiego in attività produttiva è necessaria l'autorizzazione dell'ispettore del lavoro, quello

che, pur essendo per più della metà della sua altezza sotto il livello stradale, presenti tuttavia un

lato completamente aperto su un largo spazio libero e abbia un superficie complessiva areata

ed illuminata direttamente superiore a quella chiusa". L'altra sentenza è la n.35 del 19 gennaio

2010 del Tribunale penale di Lanciano nella quale si è indetto un procedimento penale contro un

imputato a cui era stata attribuita la violazione dell'art. 8 del D.P.R. n.303/56 abrogato dall'art. 65

del D.Lgs. 81/08.

L'attuale D.Lgs. 81/08 al comma 3 dell'art.65 ci dice che le lavorazioni nei locali sotterranei e

semisotterranei non devono dare luogo ad emissioni di agenti nocivi infatti, di seguito all'art.66

puntualizza che: "è vietato consentire l'accesso dei lavoratori in pozzi neri, fogne, camini, fosse,

gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il

rilascio di gas deleteri, senza che sia stata previamente accertata l'assenza di pericolo per la vita

e l'integrità fisica dei lavoratori medesimi, ovvero senza previo risanamento dell'atmosfera

mediante ventilazione o altri mezzi idonei". Su tale problematica è stato emanato un D.P.R. del 14

settembre 2011 n. 177 "Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei

lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti, a norma dell'art.6,

comma 8 lettera g) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81".

Detto ciò però, possiamo considerare il fatto che la normativa attuale non fa riferimento alle ore

che un lavoratore, durante una giornata lavorativa, può trascorrere in un locale chiuso

sotterraneo o semisotterraneo, anzi prima ci dice che è vietato il lavoro in suddetti locali e poi fa

una deroga puntualizzando che tali locali possono essere destinati al lavoro se rispettano

determinate condizioni . Un datore di lavoro che intende svolgere le attività lavorative in locali

chiusi sotterranei o semisotterranei, quindi, può avere difficoltà nella normativa sul tema.

2. Interpello n. 5 del 2015 In merito al lavoro nei locali chiusi sotterranei o semisotterranei, il Consiglio Nazionale degli

Ingegneri4, ha avanzato un'istanza di interpello5 per la corretta interpretazione dell'art. 65 del D.

4Consiglio Nazionale degli Ingegneri (CNI): è l' organismo nazionale di rappresentanza istituzionale degli interessi rilevanti della

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Lgs. 81/08 focalizzando la loro attenzione particolarmente ai commi 2 e 3, in quanto, come ci

dice il Testo Unico, "possono essere destinati al lavoro, locali chiusi sotterranei o semisotterranei,

quando ricorrono particolari esigenze tecniche e comunque anche per altre lavorazioni per le

quali non ricorrono le esigenze tecniche in assenza di emissioni di agenti nocivi, assicurando

sempre idonee condizioni di aerazione meccanica e/o naturale, di illuminazione artificiale e di

microclima (bar, ristoranti, attività commerciali, ecc..)".

L'Ordine degli ingegneri, in base alle condizioni suddette, ha ritenuto che vi potesse essere una

permanenza dei lavoratori in questi locali per l'intera giornata lavorativa contrattuale. Al riguardo,

per le modalità di utilizzo dei locali sotterranei o semisotterranei, si fa sempre riferimento all'art. 65

del D. Lgs 81/08 il quale ci dice che spetta all'organo di vigilanza "consentire l'uso dei locali chiusi

sotterranei o semisotterranei anche per altere lavorazioni per le quali non ricorrono le esigenze

tecniche, quando dette lavorazioni non diano luogo ad emissioni di agenti nocivi, sempre che

siano rispettate le norme del presente decreto legislativo e si sia provveduto ad assicurare le

condizioni di cui al comma 2". La Commissione per gli Interpelli6 risponde al Consiglio Nazionale degli Ingegneri dicendo che, in

base all'art. 65 comma 3 del D. Lgs. 81/08, il potere che viene attribuito all'organo di vigilanza si

concretizza in uno specifico potere autorizzativo atto a rimuovere, con un determinato

provvedimento, i limiti posti dall'ordinamento per l'utilizzazione dei locali sotterranei o

semisotterranei previa verifica della compatibilità di tale esercizio con il bene tutelato e costituito,

nel caso in specie, della salute e sicurezza dei lavoratori. Per tale motivo, il provvedimento di

autorizzazione deve essere conforme a quanto previsto dall'art. 65 comma 3 del D. L.gs 81/08, il

quale impone che le predette lavorazioni "non diano luogo ad emissioni di agenti nocivi" e inoltre,

richiede la verifica che si sia provveduto ad assicurare le idonee condizioni di aerazione, di

illuminazione e di microclima come specificato nel comma 2 del medesimo articolo. La

Commissione infine conclude dicendo che anche le eventuali limitazioni sull'orario di lavoro

devono trovare una concerta e determinata motivazione strettamente correlata alle esigenze

imposte e specificate dalla norma medesima.

3. Conformità locali chiusi sotterranei e semisotterranei

All'art. 65 comma 3 del Testo Unico sulla salute e sicurezza dei lavoratori ci viene detto che

l'organo di vigilanza è colui che autorizza l'uso di locali chiusi sotterranei e semisotterranei anche

quando non ricorrono particolari esigenze tecniche ma devono essere rispettate le idonee

condizioni di areazione, illuminazione e microclima e solo se le lavorazioni non danno luogo ad

emissioni di agenti nocivi. Ciò significa che il datore di lavoro dovrà inoltrare alla ASL di

categoria professionale degli ingegneri. Per approfondimenti visitare il sito www.tuttoingegnere.it. 5Per approfondimenti vedete art.12 del CAPO II (sistema istituzionale) del D. Lgs. 81/08.

6La Commissione per gli Interpelli, in base all'art. 12 del D.Lgs. 81/08, viene istituita presso il Ministero del lavoro, della salute e

delle politiche sociali, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica ed è composta da due rappresentanti del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e da quattro rappresentanti delle Regioni e delle Province autonome. Qualora la materia oggetto di interpello investa competenze di altre amministrazioni pubbliche la Commissione è integrata con rappresentanti delle stesse. Ai componenti della commissione non spetta alcun compenso, rimborso spese o indennità di missione.

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appartenenza, in particolar modo al Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro, una

richiesta di autorizzazione per l'uso lavorativo di locali chiusi sotterranei e semisotterranei. Molto

interessante è ad esempio un documento redatto dal Dipartimento di Prevenzione (S.C. Servizio

di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro) ASL TO3 intitolato "Articolo 65 D.Lgs 81/08

richiesta autorizzazione uso locali sotterranei o semisotterranei", nel quale vengono riportate tutte

le modalità attraverso cui fare la richiesta di autorizzazione.

Ogni luogo di lavoro deve rispettare specifici requisiti che vengono elencati nell'allegato IV del

D.Lgs. 81/08 e per i locali chiusi sotterranei e semisotterranei si deve focalizzare l'attenzione sulle

condizioni di aerazione, illuminazione e microclima. Bisogna, infatti, garantire un corretto

ricambio dell'aria dei luoghi chiusi tenendo conto del tipo di lavorazione e degli sforzi fisici ai quali

i lavoratori sono sottoposti in modo tale da poter disporre sempre di aria salubre in quantità

sufficiente ottenuta o attraverso aperture naturali, quando ciò è possibile, o con impianti di

areazione. Se, appunto, si utilizzano impianti di areazione questi devono essere sempre

funzionanti e nel caso di un eventuale guasto, bisogna immediatamente segnalarlo.

A tal riguardo si può menzionare un documento redatto dalla Commissione Consultiva

Permanente per la salute e sicurezza sul lavoro8 intitolato "Procedura operativa per la valutazione

e gestione dei rischi correlati all'igiene degli impianti di trattamento aria"9 nel quale si forniscono

al datore di lavoro le indicazioni pratiche per la valutazione e la gestione dei rischi correlati

all'igiene degli impianti di trattamento dell'aria e per la pianificazioni degli interventi di

manutenzione.

Tutti i luoghi di lavoro poi, devono disporre di sufficiente luce naturale ma, nel caso di locali

sotterranei e semisotterranei, per garantire la salute, la sicurezza e il benessere dei lavoratori,

possono essere utilizzati dispositivi di illuminazione artificiale adeguati. Dobbiamo poi, per i locali

chiusi sotterranei e semisotterranei, anche valutare l'umidità e le temperature che devono essere

adeguati all'organismo umano durante il tempo di lavoro.

Il datore di lavoro quindi, nel far richiesta alla ASL di appartenenza dell'autorizzazione per svolgere

l'attività lavorativa nei locali chiusi sotterranei o semisotterranei, non solo dovrà descrive la

tipologia di lavoro che varrà svolto, ma anche far valutare all'organo di vigilanza l'eventuale

planimetria del locale e quindi il rispetto dei requisiti di salute e di sicurezza previsti dall'art.63 del

D.Lgs. 81/08 e dal suddetto allegato IV della medesima normativa. Inoltre, come

precedentemente riportato dalla Commissione per gli Interpelli nell'interpello n.5/2015, se la

permanenza dei lavoratori nei locali chiusi sotterranei e semisotterranei, perdura per l'intera

giornata lavorativa, tale orario lavorativo deve essere concretamente motivato.

8La Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavato (art.6 D.Lgs. 81/08) viene istituita presso il Ministero

del lavoro ed è composta da: un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali con funzioni di presidente; un rappresentante del Ministero della salute; un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico; un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; un rappresentante del Ministero dell'interno; un rappresentante del Ministero della difesa; un rappresentante del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali; un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca o un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri; sei rappresentanti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano; sei esperti designati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori; sei esperti designati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro; tre esperti di medicina del lavoro, igiene industriale e impiantistica industriale; un rappresentante dell'ANMIL. 9Il documento è presente sul sito www.lavoro.gov.it/SicurezzaLavoro.

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4. Obblighi del datore di lavoro e sanzioni In base all'art. 64 del D. Lgs. 81/08 il datore di lavoro deve provvedere affinché:

a) i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all'art. 63 commi 1, 2 e 310;

b) le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono a uscite o ad uscite di

emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione

in ogni evenienza;

c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengono sottoposti a regolare pulitura, onde

assicurare condizioni igieniche adeguate;

d) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all'eliminazione dei

pericoli, vengono sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro

funzionamento.

La violazione da parte del datore di lavoro di uno o più dei suddetti obblighi previsti dall'art. 64

e/o la non conformità dei locali sotterranei o semisotterranei in base all'art. 65, è punito con

l'arresto da due a quattro mesi o con un'ammenda da 1.096,00 a 5.260,80 euro come stabilito

dall'art.68 comma 1 lettera b) del D. Lgs. 81/08. Per quanto riguarda invece i lavori svolti in

ambienti sospetti di inquinamento, articolo 66 del Testo Unico, la violazione è punita con l'arresto

da tre a sei mesi o con un'ammenda da 2.740,00 a 7.014,40 euro come previsto dall'art. 68

comma 1 lettera a) del D. Lgs. 81/08.

In conclusione possiamo dire che l'organo di vigilanza è colui che rilascia l'autorizzazione per l'uso

dei locali chiusi sotterranei e semisotterranei a patto che le lavorazioni non diano luogo ad

emissioni nocive, siano rispettati i requisiti previsti dal D.Lgs 81/08 e siano assicurate le idonee

condizioni e areazione, illuminazione e microclima. Il datore di lavoro, per ottenere tale

autorizzazione, deve fare una richiesta alla ASL di appartenenza nella quale dovrà allegare tutta

la documentazione necessaria. Qualora poi, il datore di lavoro intendesse impiegare i lavoratori

per l'intera giornata lavorativa nei locali chiusi sotterranei o semisotterranei, deve

necessariamente motivarlo nella richiesta di autorizzazione.

10

L'art. 63 del D. Lgs. 81/08 fa riferimento ai requisiti di salute e di sicurezza che i luoghi di lavoro devono possedere per essere conformi alla suddetta norma.

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APPROFONDIMENTO

Processo Eternit: amianto e prescrizione A. Vicerè3

Sommario

1. IL PROCESSO ETERNIT E PROFILI INNOVATIVI

2. AMIANTO E RESPONSABILITÀ DEL DATORE DI LAVORO

3. AMIANTO E NESSO CAUSALE

1. Il processo Eternit : profili innovativi

La pronuncia della Cass. pen., 23 febbraio 2015 n. 7941 sulla vicenda Eternit, ha provocato una

forte reazione mediatica, riaccendendo i riflettori sul problematico rilievo dell’accertamento della

responsabilità del datore di lavoro nel contenzioso da patologia amianto-correlata. Invero,

l’accresciuta attenzione, per lo più da parte della dottrina, trova giustificazione nell’esigenza di

fornire una risposta soddisfacente e certa al problema, soprattutto a fronte dei tanti processi

penali che stanno investendo quelle aziende che impiegarono l’amianto nelle loro produzioni,

causando un alto numero di morti e malattie professionali (si pensi al caso Ilva di Taranto, o al

caso Olivetti a Torino)4.

Sostanzialmente sono due i profili critici che riemergono costantemente e si atteggiano in vario

modo nelle pronunce dei giudici di merito e di legittimità: l’accertamento del nesso causale e il

fondamento della colpa del datore rispetto alle misure concretamente attuabili negli stabilimenti

operativi. Ma andiamo per ordine.

Lo scorso inverno è calato il sipario sul noto processo alle industrie Eternit: un’agghiacciante

declaratoria di prescrizione del c.d. reato di disastro innominato da parte dei Giudici di legittimità

che ha sollevato dalla condanna il magnate svizzero Schmidheiny, immediatamente avvertita

come una denegata giustizia a livello sociale5.

Il sentore di una mancata risposta da parte del sistema giudiziario si è rafforzato sulla base del

fatto che, sia in primo grado sia in appello, erano state pronunciate sentenze di condanna a

sedici anni prima, e a diciotto anni poi di reclusione a carico dell’imputato.

3 Alessandra Vicerè, dott.ssa in ConsulenZe del Lavoro ed in Giurisprudenza.

4 Recenti studi scientifici hanno rilevato che il picco massimo di mortalità deve ancora arrivare. Infatti esso è atteso tra il 2015 e il

2020, dato che il periodo di latenza del tumore, dal momento della prima esposizione, varia dai 25 fino ai 50 anni. 5 All’indomani della pronuncia, autorevoli magistrati e giuristi hanno fortemente criticato la decisione dei giudici della legge, tra

cui Vladimiro Zagreblesky (in un’intervista rilasciata a La Stampa) che ha parlato di una summum ius, summa iniuria, e Carlo Federico Grosso (su Radio 24) il quale ha invocato “ragioni di giustizia sostanziale” che avrebbero potuto portare la Cassazione ad un’interpretazione diversa in punto di determinazione del momento consumativo del disastro, evitando la prescrizione.

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LA CIRCOLARE SETTIMANALE DEL LAVORO

Pag. 19

Tale vicenda presenta degli elementi di novità che l’hanno resa così importante e nota, oltre

all’impatto suscitato dall’elevato numero di morti negli ambienti di lavoro e nelle zone limitrofe

esterne agli stabilimenti6.

I profili innovativi sono sostanzialmente tre: sul piano probatorio il ruolo centrale assegnato alla

prova epidemiologica per l’accertamento dell’elemento oggettivo e del nesso causale; per

quanto concerne l’elemento soggettivo si contesta il dolo diretto e non la colpa datoriale7; infine,

ed in ciò consiste il vero puctum dolens, la scelta da parte della pubblica accusa di contestare

unicamente fattispecie di reati contro l’incolumità pubblica, non anche i reati di omicidio e

lesioni personali8.

Tuttavia la strada seguita dall’accusa si è rivelata una strategia ad alto rischio suicida, come poi

ha dimostrato l’epilogo della vicenda e non sono mancate critiche da parte della dottrina la

quale ha sottolineato come tale scelta sia stata dettata dalla volontà di sottrarsi ad un troppo

gravoso onere probatorio9. Infatti, imputando le morti o le lesioni, la prova del nesso causale dei

singoli eventi rispetto all’esposizione nociva – dove nel caso di specie si parla di circa un migliaio

tra patologie e decessi – sarebbe stata imprescindibile10.

Se invece fosse stato contestato l’omicidio o le lesioni personali, i tragici eventi ancora attuali

avrebbero segnato il dies a quo del termine prescrizionale, sicché l’ultima morte o malattia

professionale avrebbe tenuto in piedi il processo, evitandone la prescrizione11.

A parere di chi scrive, l’alternativa si presentava certamente non meno rischiosa: se da un lato

poteva dirsi scongiurato il pericolo della prescrizione, dall’altro, dimostrare che ogni singola

6 Le modalità con cui l’attività produttiva si svolgeva, avevano determinato un inquinamento sia interno, sia esterno. In

particolare le lavorazioni avvenivano “a secco”, gli impianti filtranti di aspirazione ed areazione erano del tutto insufficienti, insufficienti erano anche i mezzi di protezione personale forniti ai lavoratori, era in uso lavare le tute da lavoro in casa, non esistendo un servizio lavanderia presso gli stabili, l’amianto veniva trasportato in sacchi di juta, spesso rotti alla stazione ferroviaria, i lavori di rammendo dei sacchi rotti erano ancora affidati ai famigliari dei lavoratori, gli operai consumavano i pasti nei locali esterni alle fabbriche poiché non esisteva una mensa interna, l’aspiratore posto alle taglierine delle lastre buttava fuori le polveri catturate, gli scarichi dei liquidi di lavorazione venivano depositati nei canali confluenti del Po inquinando il fiume e le spiagge. Per una ricostruzione storica degli avvenimenti si vedano p. 4 e ss. della sentenza della Cassazione 23/2/2015 n. 7941. 7 Generalmente infatti, in questa tipologia di processi, i reati ascritti sono di “omicidio colposo” e “lesioni personali colpose”. (Ex

multis Cass. pen., sez. IV, 24/5/2012 n. 33311(Fincantieri di Marghera), con nota di R. Guariniello, in Foro Italiano 2012, 10, II, p. 517 e ss. Si veda anche: Cass. pen., sez. IV, 17/9/2010 n. 43786 (Cozzini), con nota di S. Zirulia, in Diritto Penale Contemporaneo, 11/1/2011; Cass. pen., sez. IV, 17/5/2006 n. 4675 (Petrolchimico di Porto Marghera), con nota di R. Guariniello, in Foto Italiano II, p. 550 e ss. Diversamente, nel recente caso Ilva di Taranto, i capi di imputazione non sono dissimili rispetto ai reati ascritti nella vicenda Eternit (artt. 434, 437, 439, 416 commi I e II c.p., più altre fattispecie contravvenzionali). 8 La costruzione delle imputazioni riportava all’interno del Capo A, l’omessa predisposizione di cautele antinfortunistiche (ex art.

437 c.p.), e all’interno del Capo B, il c.d. disastro innominato (ex art. 434 c.p.), entrambe nelle forme aggravate dall’evento. 9 Sennonché è già in corso un nuovo procedimento per rimediare alle dimenticanze dell’accusa denominato Eternit-bis, nel quale i

PM Raffaele Guariniello e Gianfranco Colace, hanno costruito l’imputazione sull’omicidio volontario aggravato di ben 258 persone. Eppure il procedimento ha già subìto una battuta d’arresto a seguito della questione sollevata dinanzi alla Consulta in merito ad una possibile violazione del ne bis in idem 10

In questo senso, A. Bell, Esposizione a sostanze tossiche e responsabilità penale, in Il libro dell’anno del diritto, Treccani, 2013; G.L. Gatta, Il diritto e la giustizia penale davanti al dramma dell’amianto: riflettendo sull’epilogo del caso Eternit, in Diritto penale contemporaneo, 2015/1; L. Masera, Evidenza epidemiologica di un aumento di mortalità e responsabilità penale. Alla ricerca della qualificazione penalistica di una nuova categoria epistemiologica, in Diritto penale contemporaneo, 2013/3-4. 11

Il delitto di omissione dolosa di cautele antinfortunistiche veniva dichiarato prescritto già in primo grado, sulla base dell’individuazione di tanti autonomi delitti ex art. 437 secondo comma c.p., da ciò facendo discendere il tempus commissi delicti al momento dell’accertamento o manifestazione della patologia. Il delitto di disastro ex art. 434 secondo comma c.p. invece, è stato dichiarato prescritto solo in grado di legittimità, allorquando i Giudici delle Leggi hanno individuato il dies a quo del termine prescrizionale al momento della cessazione della permanenza della condotta, individuata con la chiusura degli stabilimenti Eternit avvenuta nel 1986.

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patologia e ogni singolo decesso fossero derivati unicamente dalla condotta omissiva di quel

determinato soggetto garante, scontava l’incognita di vedere assolto l’imputato per incertezza

del ruolo causale12. In buona sostanza, l’accertamento della causalità omissiva in ambito di

malattie professionali da amianto risente dell’alea insita nelle varie teorie scientifiche formatesi

sugli effetti dannosi dell’asbesto.

2. Amianto e responsabilità del datore di lavoro

In tema di esposizione ad amianto, l’accertamento della responsabilità del datore di lavoro

rappresenta un’annosa questione per ciò che attiene l’individuazione del contenuto e

l’operatività delle nozioni di colpa e causalità nei regimi della tutela civile e penale della

sicurezza sul lavoro.

In prima approssimazione basti ricordare come il regime della responsabilità civile sia interamente

dominato dalla funzione riparatoria e compensativa nei confronti del danneggiato, mentre in

sede di responsabilità penale vige un’esigenza di definire una nozione selettiva ed autonoma

della colpa, avente il massimo grado di individualizzazione.

Essenzialmente, ciò che cambia è il diverso grado di assolvimento dell’onere probatorio nei due

regimi di responsabilità, essendo “sufficiente” sul piano civile la c.d. preponderanza dell’evidenza

(<<più probabile che non>>), mentre sul piano penale occorre la più rigorosa regola dell’<<oltre

ogni ragionevole dubbio>>.

Da ciò ne discende una tutela civile pienamente satisfattiva secondo il principio del favor

prestatoris, cosicché sul piano penale ci si arresta di fronte al brocardo processualistico in dubio

pro reo, senza intaccare gli ortodossi criteri di ascrizione del reato, nell’ottica della tutela

costituzionale13.

Com’è noto la norma la cui violazione genera responsabilità sia civile che penale (quest’ultima

attraverso il meccanismo descritto dall’art. 40 secondo comma del codice penale) è l’art. 2087

del codice civile. Considerata “norma di chiusura del sistema antinfortunistico”, essa impone al

datore di lavoro l’obbligo di adottare, non solo le misure tassativamente previste dalla legge in

relazione alla specifica attività, ma anche tutte le altre misure che nel concreto si rendono

necessarie in base alla <<particolarità, l’esperienza e la tecnica>>14.

Ebbene, per ciò che attiene la rimproverabilità della condotta omissiva datoriale in ambito di

esposizione professionale ad amianto, è proprio il dato <<dell’esperienza>> il punto

maggiormente critico e sul quale si attestano le più note difese processuali che ricorrono proprio

12

Da ultimo: Trib. Milano, sez. V, 28/2/ 2015 n. 2161, con nota di V. Jann, Esposizione ad amianto e mesotelioma pleurico: il Tribunale di Milano affronta il tema dell’accertamento del nesso di causalità nel caso di esposizioni prolungate, in Diritto Penale Contemporaneo, 21/7/2015. 13

P. Tullini, Tutela civile e penale della sicurezza del lavoro: princìpi, categorie e regole probatorie a confronto, in Rivista trimestrale di diritto processuale civile, 2011/3, p. 727. 14

L’ampiezza della copertura della disposizione si ravvisa dai profili applicativi sul piano della tutela, oltre dell’integrità fisica, della personalità morale del prestatore, offrendo una solida base normativa anche per la tutela delle lavoratrici in caso di violenza e molestie sessuali, dei prestatori nei casi di eccessivi carichi di lavoro o nel caso di mobbing. R. Staiano, Tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, Santarcangelo di Romagna, Maggioli 2012, p. 12.

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alla poca determinatezza dell’obbligo di sicurezza necessaria ad eliminare o arginare il rischio da

amianto.

Infatti a meno di non voler riconoscere una responsabilità oggettiva15, quella generata dall’art.

2087 necèssita della prova di una condotta quantomeno colposa, intesa quale violazione di una

norma preposta alla tutela della sicurezza dei lavoratori. Tuttavia in epoca antecedente la legge

del 27 marzo 199216, l’amianto era impiegato nei cicli produttivi aziendali e non esisteva un

impianto normativo che chiaramente prevedesse canoni di comportamento cui il datore

avrebbe dovuto attenersi. Anche se già dagli anni ’60 la comunità scientifica cominciava a

denunciare la nocività dell’asbesto, sul piano legislativo vi era incertezza sull’entità della nocività

e neppure l’introduzione dei c.d. “valori-soglia”17 e del loro rilievo ai fini dell’accertamento del

nesso causale, aveva fornito risposte soddisfacenti. Non si dava risposta ad esempio, all’ipotesi in

cui il lavoratore, pur esposto ad una concentrazione minima - non potendosi perciò muovere

alcun rimprovero al datore di lavoro che “diligentemente” avesse organizzato l’attività produttiva

in modo da mantenere l’esposizione al di sotto della soglia di massima tollerabilità - contraeva

comunque la patologia.

Ragionando diversamente, parte della giurisprudenza facendo leva proprio sull’ampiezza

dell’obbligo descritto dalla norma civilistica, giunge lo stesso ad ammettere la responsabilità del

datore, sul quale grava il dovere di attivarsi positivamente per organizzare le attività lavorative in

modo sicuro, adottando tutte le cautele atte a ridurre al minimo i rischi insiti nell’attività. In tal

modo la colpa viene a determinarsi non soltanto applicando i parametri della “tipicità della

condotta” e della “determinatezza della norma penale”, ma anche in base all’eventuale

negligenza dell’osservanza delle misure idonee ad evitare il rischio18. Seguendo tale

impostazione, ai fini dell’individuazione della condotta colposa, si ritiene bastevole un giudizio di

mera “possibilità” che l’evento si verifichi, purché vi siano concrete potenzialità dannose della

condotta dell’agente. Quando si ha a che fare con i primari valori della vita e della salute, il

rischio che l’agente deve rappresentarsi può ritenersi “concreto” anche solo laddove la

mancata adozione di cautele preventive possa indurre un dubbio “non meramente

15

Secondo un’autorevole dottrina, infatti: “ove la responsabilità si ritenesse di natura oggettiva (o quasi), si otterrebbe paradossalmente un risultato opposto a quello sperato e il debitore di sicurezza avrebbe, forse, una ragione in più per non investire sulla prevenzione: a quel punto, il verificarsi dell’evento lesivo a carico dei lavoratori sarebbe riconducibile al rischio che l’impresa si accolla per il fatto stesso dell’impiego dell’amianto nel ciclo produttivo, considerata la pericolosità intrinseca dalla lavorazione”. In questo senso, L. Montuschi, Il rischio amianto: quale tutela? Introduzione al dialogo, in L. Montuschi – G. Insolera (a cura di) Il rischio da amianto. Questioni sulla responsabilità civile e penale, Bologna, Bononia University Press, 2006, p. 10. La riconosciuta natura contrattuale della responsabilità ex art. 2087 c.c. è costantemente ribadita anche nella giurisprudenza più recente:ex plurimis Cass. civ., sez. lav. 6/11/2015 n. 22710; Cass. civ., sez. lav. 22/1/2014 n. 1312. 16

Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto. Considerata la normativa-quadro relativa alla dismissione e cessazione dell’utilizzo dell’amianto e alla riconversione produttiva, introducendo misure a sostegno dei lavoratori esposti all’amianto. 17

In epoca antecedente la l. 257/1992, si era susseguita una normativa sorretta dalla ratio di vincolare il datore a ridurre al minimo le polveri negli ambienti di lavoro. Nel 1946, il “valore-soglia” previsto era di 180 fibre/cc, nel 1968 di 12 fibre/cc e nel 1970, 5 fibre/cc. Con il D.Lgs. n. 277/1991, che apportava modifiche al d.P.R n. 303/1956, la soglia scendeva ulteriormente a 1 fibra/cm³ per il crisotilo e a 0,2 fibre/cm³ per tutte le altre varietà su un periodo di otto ore al giorno. 18

D. Chindemi, Rischio amianto: elemento soggettivo del reato e nesso di causalità, in Responsabilità civile e previdenza, 2010/1, p. 0200B e ss. In tal senso, l’A. sottolinea la necessità di individuare con esattezza le regole di condotte applicabili al caso concreto, ricavabili dalle conoscenze relative alla tipologia del rischio da prevenire, tenendo conto anche della “eventuale generica conoscenza della pericolosità dell’amianto”.

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congetturale” sulla possibile produzione delle conseguenze dannose19. Tale indirizzo interpretativo

si espone alla critica mossa dalla dottrina penalistica “più rigorista” la quale evidenzia come il

ricondurre nella sfera colposa l’omissione di cautele <<innominate>> porterebbe a riconoscere

un contenuto troppo generico ed indefinito dell’obbligo di sicurezza che se non adeguatamente

arginato rischia di rendere addebitabile al datore una responsabilità indiscriminata in pieno

contrasto con i principi costituzionali20.

Un parametro utilizzabile per circoscrivere la condotta esigibile da parte del garante della

sicurezza è quello del c.d. <<agente modello>>, un uomo coscienzioso e avveduto che diventa

l’espressione del punto di vista dell’ordinamento21.

L’homo eiusdem condicionis et professionis è colui il quale, essendo in grado di riconoscere il fatto

come potenzialmente dannoso sulla scorta delle conoscenze che l’ordinamento si attende siano

in possesso da parte di chi intraprenda una certa attività, finisce col segnare i confini della tipicità

colposa. Muovendo ulteriormente verso la sua definizione, occorre sottolineare come esso si

ponga in relazione con il rischio consentito, operando un bilanciamento di interessi sociali, fra

quello cioè che è socialmente utile (l’attività d’impresa) – e che quindi merita di essere

perseguito anche a costo di un rischio per il bene tutelato dalla norma penale – e la misura

irrinunciabile di salvaguardia del bene stesso (ad es. il bene salute o il bene vita)22.

Da tali assunti, l’agente modello diventa lo snodo essenziale non solo per stabilire quale sia la

regola precauzionale che si sarebbe dovuta osservare nel caso concreto, ma anche perché con

tale figura si delimita l’area del divieto penale. Per converso l’astratta prevedibilità dell’evento da

parte dell’“uomo coscienzioso”, non è sufficiente a fondare un dovere di diligenza consistente

nell’osservanza di cautele aggiuntive rispetto a quelle tenute in concreto, laddove la

realizzazione dell’evento costituisca la conseguenza di un “rischio consentito” dall’ordinamento

stesso23.

Rilievi - se si vuole - maggiormente critici, si pongono in relazione all’accertamento del nesso

causale tra la condotta omissiva e l’evento prodotto dall’esposizione alla noxa.

3. Amianto e nesso causale

19 Cass. pen., sez. IV, 22/11/2007 n. 5117. Sulla stessa linea interpretativa si vedano anche: Cass. pen., sez. IV, 5/10/1999 n. 3567 e Cass. pen., sez. IV, 29/4/1955, in Massimario, 1955/2, p. 505. 20

F. Pontrandolfi, La responsabilità penale del datore di lavoro per violazione degli obblighi di sicurezza, verso la (incostituzionale) responsabilità oggettiva, in F. Curi (a cura di), Sicurezza sul lavoro. Colpa di organizzazione e impresa, Bologna, Bononia University Press, 2009, p. 58 e ss.; N. Pisani, La “colpa per assunzione” nel diritto penale del lavoro. Tra aggiornamento scientifico e innovazioni tecnologiche, Padova, Cedam, 2012, p. 9 nella quale scrive: “la deriva è quella di far slittare il giudizio di colpa dal comportamento ‘imperito’ del soggetto allo stato intellettivo in cui egli versa, con l’ulteriore conseguenza di dare vita a forme di responsabilità da posizione, dagli incerti confini, sia sul fronte della tipicità che della colpevolezza”; G. Manca, Molta colpa + poca causalità =condanna. Crepuscolo di un <<culto misterico>> coltivato nell’ombra delle Camere di Consiglio, in Responsabilità civile e previdenza, 2015/4, p. 1205 e ss. 21

Ex multis, Cass. pen., sez. IV, 1/4/2010 n. 20047 con nota di R Guariniello, Mesotelioma pleurico e colpa dei responsabili aziendali, in Foro Italiano 2009/9, II, p. 437 e ss. 22

Sul bilanciamento degli interessi sociali contrapposti, quale fondamento delle regole cautelari si veda, in particolare M. Gallo, voce Colpa penale (dir. vig.), in Enciclopedia del diritto, vol. II, Milano, Giuffré, 1960, p. 639 e ss. 23

S. Preziosi, Dalla pluralità di agenti modello al pluralismo dei modelli di agente: verso la frammentazione del reato colposo di evento, in Cassazione penale, 2011/5, p. 1985B e ss.

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Il problema risiede tutto nell’incapacità della scienza medica di fornire una solida base sulla

quale potersi ritenere con assoluta certezza che le patologie amianto-correlate (specialmente il

mesotelioma) siano sorte ad un determinato livello di esposizione alle polveri, in un certo

momento storico, escludendo con altrettanta sicurezza il ruolo concausale di altri fattori al fine di

poter muovere un rimprovero <<individualizzante>>.

Già si è detto che nella vicenda Eternit tali questioni sono state in qualche modo aggirate

attraverso la costruzione delle imputazioni di delitti contro l’incolumità pubblica, per i quali i

giudici di merito hanno ritenuto bastevoli, ai fini della sussistenza del c.d. <<fenomeno

epidemico>> (in aggiunta alla più classica immutatio loci), i risultati emersi dalle indagini

epidemiologiche, introducendo il nuovo concetto della “causalità collettiva”24. A ben vedere, il

paradigma di responsabilità adottato nella vicenda Eternit, non è poi così nuovo. A titolo di

esempio si può citare il noto caso della società Sacelit25 in cui si è adottato lo stesso impianto

accusatorio allo scopo di affrontare meglio le questioni prototipiche della c.d. <<società del

rischio>>26 ma che nonostante gli sforzi interpretativi, ha subìto lo stesso la medesima declaratoria

di prescrizione (per giunta sulla base di motivazioni per nulla dissimili rispetto a quelle rese dalla

Cassazione nella vicenda Eternit).

Prima che venisse espressamente introdotto nel nostro codice penale il reato disastro

ambientale27, nel nostro ordinamento mancava un’efficace tutela in grado di meglio

regolamentare quelle attività produttive e tecnologiche ad alto impatto ambientale. A fronte di

tale carenza normativa, emblematica rappresentazione di una politica criminale poco avvezza a

presidiare beni di irrinunciabile tutela allorché ricadano nel perimetro di attività imprenditoriali

legittimate dall’utilità economica e sociale, si è cercato di rimediare forzando il dato testuale

dell’art. 434 c.p.28 Cosicché il riferimento del c.d. “altro disastro”, è diventato una veste adattabile

ad una fattispecie criminosa in realtà inesistente, consentendo così di reprimere quelle condotte

24

In particolare è la sentenza di appello ad aver introdotto il concetto nuovo della “la causalità collettiva”, valorizzando l’epidemiologia e la causalità collettiva per veicolare delitti contro la vita nella struttura dei delitti contro l’incolumità pubblica. Per una più ampia disanima dei ragionamenti svolti dalla Corte d’Appello di Torino e più in generale nel processo di merito, si rinvia a S. Zirulia, Processo Eternit: a punto siamo?, in Diritto Penale Contemporaneo, 18/11/2013. 25

Cass. pen., sez. IV, 28/5/2014, n. 32170, con nota di S. Zirulia, L’amianto continua ad uccidere, ma il disastro è già prescritto. Un altro caso “tipo Eternit”, in Diritto Penale Contemporaneo, 9/12/2014. 26

Il concetto di “rischio” è divenuto perno interpretativo di quella giurisprudenza sempre più incline a “flessibilizzare” le categorie classiche dei reati. Padre di questa interessante teoria è V. Gargani, Flessibilizzazione giurisprudenziale delle categorie classiche del reato di fronte all’esigenza di controllo penale delle nuove fenomenologie di rischio, in Legislazione Penale, 2011, p. 397 e ss. 27

Legge n. 68 del 22/5/2015, recante “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”, con relazione di P. Molino, in Ufficio del Massimario, Corte di Cassazione, settore penale, del 29/5/2015. Un interessante contributo è stato reso da C. Ruga Riva, Commento al Testo Base sui delitti ambientali adottato dalla Commissione Giustizia della Camera, in Diritto Penale Contemporaneo, del 22/1/2014. 28

La citata norma codicistica ha notoriamente una funzione complementare e di chiusura del sistema dei delitti contro l’incolumità pubblica, poiché mira a “colmare ogni eventuale lacuna, che di fronte alla multiforme varietà di fatti possa presentarsi nelle norme […] concernenti la tutela della pubblica incolumità”, soprattutto in correlazione all’incessante progresso tecnologico che fa continuamente affiorare nuove fonti di rischio. Tuttavia proprio a causa della sua generale e sommaria formula descrittiva, nel 2008, era stata sollevata questione di costituzionalità ma che non veniva accolta dalla Consulta. Corte Costituzionale 1/8/2008, n. 327, con nota di F. Giunta, I contorni del disastro innominato e l’ombra del disastro ambientale alla luce del principio di determinatezza, in Giurisprudenza Costituzionale, 2008/4, p. 3539 e ss. e da ultimo, G. M. Flick, Parere pro-veritate sulla riconducibilità del c.d. disastro ambientale sull’art. 434 c.p., in Cassazione Penale, 2015/1, p. 0012B.

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che pongano in pericolo o ledano in modo più o meno rilevante le risorse ambientali29. Alla luce

di dette considerazioni, l’accertamento causale degli eventi insorti a seguito del fenomeno

dell’inquinamento, non può che basarsi sulla prova epidemiologica30, dato che allo stato attuale

della scienza le patologie tumorali da amianto non sono ancora spiegabili in termini di eziologia

individuale certa. D’altra parte, negli ultimi anni si assiste ad un sempre maggiore ricorso al

metodo epidemiologico per l’accertamento della pericolosità per la pubblica incolumità

essendo in grado di spiegare in termini statistici l’aumento di incidenza delle diverse patologie per

le quali è certa la correlazione con l’esposizione all’amianto31.

Si diceva come in verità il problema sia tutto incentrato sulle varie teorie scientifiche che tentano

di spiegare in vario modo l’eziologia delle patologie amianto-correlate, ed in particolare del

mesotelioma.

A questo punto è bene richiamarle brevemente, prima di concentrarsi sui profili critici che da esse

scaturiscono.

Il rapporto di causazione tra amianto e mesotelioma era già universalmente nota intorno alla

metà degli anni ’60, grazie all’opera di Selikoff, il quale per primo ha fornito l’ipotesi della c.d.

“trigger dose” secondo la quale per l’insorgenza di questa malattia sarebbe sufficiente

l’inalazione di una soglia assai esigua di fibre di amianto, di conseguenza considerando del tutto

irrilevanti le successive esposizioni alla noxa32.

Va da sé che la teoria della “trigger dose” trovi vantaggioso impiego per le difese aziendali allo

scopo di invalidare l’efficacia concausale di qualsivoglia esposizione successiva all’inizio

dell’attività lavorativa, lasciando così indenni da responsabilità coloro che hanno avuto ruoli

gestionali aziendali meno remoti, oppure facendo scattare termini prescrizionali per altri,

diversamente coinvolti.

Affianco a questa teoria, c’è quella che riconosce la natura dose-dipendente del mesotelioma,

in base alla quale con l’aumentare dell’esposizione alle polveri di amianto, aumenta il rischio

d’insorgenza della patologia, anche in termini di riduzione del periodo di latenza, con ciò

considerando concausali anche le successive esposizioni.

29

Sul tema dell’inefficacia del sistema penale ambientale ed il conseguente ricorso ad altre norme si veda, A. L. Vergine, Il c.d. disastro ambientale: l’involuzione interpretativa dell’art. 434 cod. pen. (parte prima e seconda), in Ambiente & Sviluppo, 2013/6-7, p. 534 e ss. 30

L’epidemiologia è un’osservazione statistica in grado di accertare con “ragionevole certezza” che un certo numero di soggetti esposti al fattore di rischio ha contratto una specifica patologia, pur se questo non permette di stabilire chi tra questi si sarebbe ammalato senza l’esposizione. Lo strumento epidemiologico trova impiego soprattutto per ricondurre gli eccessi di mortalità a condotte umane ed il contesto nei quali esso viene maggiormente utilizzato è quello dell’inquinamento ambientale. Per una critica analisi dei ruoli svolti dall’epidemiologia nei vari scenari giurisprudenziali si veda L. Masera, Evidenza epidemiologica di un aumento di mortalità e responsabilità penale. Alla ricerca della qualificazione penalistica di una nuova categoria epistemologica, in Diritto Penale Contemporaneo, 2014/3-4. 31

A mero titolo di esempio si pensi al caso della Tirreno Power di Vado Ligure. 32

In verità, con la teoria della dose-killer, Irving J. Selikoff, intendeva mettere in guardia contro l’assoluta pericolosità dell’amianto, basandosi sull’insorgenza di mesoteliomi conseguenti ad esposizioni di esigua entità e cronologicamente circoscritta, con ciò volendo opporsi all’individuazione di qualsivoglia “dose soglia”. Per una disamina delle varie ipotesi scientifiche sull’eziopatogenesi del mesotelioma e delle tecniche di validazione scientifica della diagnosi istologica del mesotelioma, si veda F. Buzzi, Causalità versus casualità: gli effetti nocivi dell’amianto sulle teorie giuridiche, in Rivista italiana di medicina legale e diritto sanitario, 2012/4, p. 1631 e ss.

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Evidenti sono le ripercussioni processuali derivanti dall’adesione all’una o all’altra teoria risultando

determinante ai fini dell’accertamento della causalità della condotta omissiva.

Sussumere l’accertamento causale nel caso concreto all’una o all’altra tesi, in base a quanto

offerto dalle relazioni peritali nella dinamica del processo, è compito che spetta al giudice del

merito, secondo i “rigorosi” criteri che sono stati delineati dalla sentenza Franzese33 prima e

Cozzini poi.

Prima della sentenza Franzese trovava applicazione la teoria dell’<<aumento del rischio>> con la

quale si riusciva ad imputare l’evento all’autore della condotta anche al di fuori – rectius in

mancanza – del rigoroso accertamento causale, e con cui si utilizzavano i flessibili criteri

d’imputazione fondati sulla sola rilevanza dell’aumento di probabilità di realizzazione dell’evento,

ovvero la perdita di chances di impedimento nei reati omissivi, così eleggendo a unico discrimine

solamente l’elemento soggettivo.

Per affrontare il canone esegetico introdotto con la nota sentenza Franzese occorre richiamare la

struttura bifasica dell’accertamento causale.

Tale struttura si articola in due momenti: quello generalizzante in cui si accerta il c.d. <<decorso

causale reale>> (ossia l’insieme dei fattori del processo causale che lega l’evento alla condotta,

consistente in un approccio nomologico-deduttivo a carattere ex post) e quello individualizzante

in cui si accerta il c.d. <<decorso causale ipotetico>> (finalizzato a confermare l’ipotesi

individuata nel primo momento, procedendo all’esclusione di tutti i decorsi causali alternativi)34. Si

precisa che già dalla prima fase è richiesta la certezza dell’imputazione esplicativa dell’evento in

termini assoluti, nel senso che l’ipotesi esplicativa deve avere solide basi scientifiche (sic!), a

differenza della seconda fase in cui si richiede un’alta credibilità razionale che nel caso concreto

si sia verificato un decorso causale scientificamente fondato.

Le Sezioni Unite Franzese, hanno innovato proprio in questo: distinguendo tra il concetto di

probabilità logica35 e quello di probabilità statistica, hanno ritenuto, ai fini del raggiungimento

della certezza processuale, irrilevante un coefficiente statistico medio-basso di una certa legge

scientifica, purché si giunga ad affermare con assolutezza che quella specifica legge abbia

33

La sentenza Franzese costituisce costante richiamo in tutti quei giudizi in cui bisogna ricostruire la responsabilità sulla causalità omissiva, non solo in campo di responsabilità medica, ma anche in campo di responsabilità datoriale conseguente a malattie professionali. Cass. sez. un., 10/7/2002 n. 30328, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2002, p.1133 e ss. per un commento alla sentenza, si veda per tutti F. Stella, Etica e razionalità nel processo penale, nella stessa rivista, p. 767 e ss. Cfr anche R. Blaiotta, Con una storica sentenza le S.U. abbandonano l’irrealistico modello nomologico deduttivo di spiegazione causale di eventi singoli, in Cassazione Penale, 2003, p. 1176 e ss. 34

Sul punto si veda per tutti G. Marinucci, Causalità reale e causalità ipotetica nell’omissione impropria, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2009, p. 523 e ss.; F. Viganò, Riflessioni sulla c.d. “causalità omissiva” in materia di responsabilità medica, nella stessa rivista, 2009, p. 1679 e ss.; R. Bartoli, Il problema della causalità penale. Dai modelli unitari al modello differenziato, Torino, Giappichelli, 2010, p. 21 e ss. 35

Il concetto introdotto dalla sentenza Franzese è quello della “elevata probabilità logica e credibilità razionale”. Le Sezioni Unite in quell’occasione hanno stabilito che non basta elevare a schemi di spiegazione eziologica solo le leggi scientifiche e statistiche le quali esprimono una probabilità prossima al cento per cento, in quanto la certezza processuale può essere raggiunta anche da coefficienti probabilistici medio-bassi, se rafforzati da altri elementi probatori sulla non incidenza di altri fattori integrativi. La “probabilità logica” contiene la verifica aggiuntiva dell’attendibilità dell’impiego della legge statistica per il singolo evento e della persuasiva e razionale credibilità dell’accertamento giudiziale. Decisiva ai fini della ricostruzione del nesso, è la credibilità della ricostruzione del fatto concreto sorretta dalle circostanze che emergono nel processo. B. Deidda, Causalità e colpa nella responsabilità penale nei reati di infortunio e malattia professionale, in I Working Papers di Olympus, 2013/19.

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operato nel caso di specie, e per fare ciò diventa imprescindibile escludere che altri decorsi

causali abbiano operato nel caso di specie36.

Per dirla con le parole del Prof. Federico Stella (il più celebre studioso della causalità penale) e

tirando un po’ le fila del discorso sin qui fatto: <<l’epidemiologia serve ma non basta>>37.

L’unica certezza che può essere raggiunta attraverso le indagini epidemiologiche è che

l’esposizione ad una sostanza faccia aumentare nella popolazione studiata l’incidenza di una

determinata patologia. Quindi l’utilità di questo strumento si esaurisce già nella prima fase in cui

bisogna individuare la c.d. <<legge scientifica di copertura>>, non essendo perciò risolutiva in

punto di accertamento della causalità individuale 38.

In questo “mare d’incertezze” si rimette tutto nelle mani del giudice del merito: nella valutazione

della sussistenza del nesso, quando la ricerca della legge di copertura deve attingere al sapere

scientifico, la funzione strumentale e probatoria di quest’ultimo impone al giudice di valutare le

specifiche opinioni degli esperti e motivare la scelta ricostruttiva della causalità ancorandola ai

concreti elementi scientifici raccolti39.

L’ulteriore passo avanti nella definizione dei compiti del “magistrato del fatto” è stato compiuto

dalla sentenza Cozzini40, che nell’annullare con rinvio la sentenza impugnata, ha precisato che

spetta al giudice accertare <<se presso la comunità scientifica sia sufficientemente radicata, su

solide e obiettive basi>> la legge scientifica che si assume a copertura della dimostrazione del

nesso causale tra omissione ed evento41. Da mero fruitore delle leggi scientifiche, il giudice ne

36

La questione appare di primaria importanza nel contenzioso da malattie professionali asbesto-correlate atteso che è stata riconosciuta la natura multifattoriale del mesotelioma (si fa sovente l’esempio della predisposizione individuale del soggetto “fumatore incallito” nei confronti del quale il rischio di ’insorgenza aumenta considerevolmente, finendo però col rendere incerto il riscontro causale individualizzante rispetto all’esposizione professionale all’amianto). Sul tema del ruolo concausale dei fattori naturali, si rinvia a B. Guidi, Il modello di causalità proporzionale e la rilevanza dei fattori naturali: l’applicazione al contenzioso da patologia amianto-correlata, in Rivista italiana di medicina legale e diritto sanitario, 2012/4, p. 1577 e ss. 37

F. Stella, Giustizia e modernità. La protezione dell’innocente e la tutela delle vittime, parte II intitolata I tentativi di flessibilizzazione del diritto penale d’evento e l’impossibilità di una tutela penalistica delle vittime della società del rischio, Milano, Giuffré, 2001. 38

A. Provera, <<L’epidemiologia è importante ma non basta>> per l’accertamento del nesso causale. Considerazioni a margine dei una sentenza del GUP di Rovereto, in Rivista italiana di medicina legale e del diritto sanitario, 2015/2, p. 581 e ss. 39

Cass. pen., sez. IV, 10/6/2010, n. 38991(Quaglierini), con nota di N. Coggiola, La cassazione penale ed il problema della scelta delle teorie scientifiche secondo cui ricostruire la causalità delle fattispecie di mesoteliomi causati dall’esposizione all’amianto in Responsabilità civile e previdenza, 2011, p. 345 e ss.; con nota di R. Rovero e E. Del Forno, Posizione di garanzia e responsabilità dei vertici aziendali per i danni alla salute del lavoratore, in Rivista penale 2011/7-8, p. 788 e ss. 40

Cass. pen., sez. IV, 17/9/2010, n. 43786 (Cozzini), con nota di R. Bartoli, Responsabilità penale da amianto: una sentenza destinata a segnare un punto di svolta?, in Cassazione penale, 2011, p. 1679 e ss. 41

Con la sentenza Cozzini, i giudici di legittimità hanno affermato la necessità di accertare scrupolosamente la natura dose-correlata della patologia, tracciando i criteri che il giudice del merito deve seguire nella scelta tra tesi scientifiche in aperto conflitto. Così <<l’affermazione del rapporto di causalità tra le violazioni delle norme antinfortunistiche ascrivibili al datore di lavoro reiteratamente esposto, nel corso della sua esperienza lavorativa all’amianto, sostanza oggettivamente nociva, è condizionata all’accertamento: a) se presso la comunità scientifica sia sufficientemente radicata, su solide ed obiettive basi, una legge scientifica in ordine all’effetto acceleratore della protrazione dell’esposizione dopo l’iniziazione del processo carcinogenetico; b) in caso affermativo, se si sia in presenza di una legge universale o solo probabilistica in senso statistico; c) nel caso in cui la generalizzazione esplicativa sia solo probabilistica, se l’effetto acceleratore si sia determinato nel caso concreto, alla luce di definite e significative acquisizioni fattuali; d) infine, per ciò che attiene alle condotte anteriori all’iniziazione e che hanno avuto durata inferiore all’arco di tempo compreso tra inizio dell’attività dannosa e l’iniziazione della stessa, se, alla luce del sapere scientifico, possa essere dimostrata una sicura relazione condizionalistica rapportata all’innesco del processo carcinogenetico>>. In tale pronuncia la Cassazione, nel rinviare la questione ai giudici di merito, ha aderito alla tesi dell’effetto acceleratore delle ulteriori esposizioni; la fase successiva alla sentenza Cozzini, vede da un lato quella giurisprudenza che conferma il ragionamento dell’effetto acceleratore con conseguente condanna degli imputati dall’altro si registra una giurisprudenza diametralmente opposta giungendo all’assoluzione degli imputati. Per una più ampia ricostruzione giurisprudenziale più recente sul tema si veda

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diventa un valutatore e lo strumento con cui riesce a svolgere tale ruolo è il canone

epistemologico della c.d. “probabilità logica”.

A parere di chi scrive dunque, per superare l’impasse causato dall’inconciliabilità tra esigenze

penali e incertezza scientifica, occorre una figura del “giudice-valutatore” in grado di vagliare la

fondatezza delle varie ipotesi scientifiche, con le ovvie ricadute che si hanno quando ci si

addentra in un terreno per così dire “melmoso”. Immancabilmente egli si troverà di fronte alla

scelta – allorquando residui un dubbio sul fatto – se dichiarare <<l’assoluzione di un sicuro

colpevole>>42, oppure affermare la condanna attraverso una soggettivizzazione

dell’accertamento causale in qualche modo svalutante il fatto e che pare anticipare un

problema di “colpevolezza”43 in assenza di una comprovata ed oggettivata causalità.

Non essendo possibile individuare una soluzione che esaurisca tutti i problemi, il pericolo che si

corre è quello di dare vita ad una “subdola depenalizzazione” delle inadempienze

imprenditoriali, non certo per demerito dei giudici, bensì a causa del “vuoto scientifico

conoscitivo” combinato all’applicazione pedissequa delle stringenti regole che sottendono la

certezza processuale introdotte dalla sentenza Franzese e ancor di più dalla sentenza Cozzini.

R. Bartoli, La recente evoluzione giurisprudenziale sul nesso causale nelle malattie professionali da amianto, in Diritto penale contemporaneo, 2014/3-4. 42

In coerenza col già citato brocardo “in dubio pro reo”. 43

Ci si riferisce alle varie questioni sorte in merito all’estensibilità del rimprovero colposo di una condotta omissiva del datore di lavoro.

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SCHEDA INFORMATIVA CLIENTI

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Ai clienti

Loro sedi

INAIL: richiesta rimborso farmaci

Gentile Cliente,

con la stesura del presente documento informativo intendiamo fornirLe

tutte le istruzioni e il nuovo modulo (in allegato) per richiedere il rimborso delle

spese sostenute per le cure necessarie al recupero dell’integrità psicofisica dopo

infortunio o malattia professionale che abbiano comportato inabilità

temporanea assoluta al lavoro.

Le precisiamo, sin da ora, che, alla luce dei recenti interventi di prassi

dell’INAIL, risultano rimborsabili anche le spese effettuate per farmaci dopo il

periodo di inabilità, in presenza di postumi stabilizzati.

Ricorda. Il termine prescrizionale del diritto al rimborso dei farmaci è

decennale e decorre dal giorno in cui il diritto stesso può essere esercitato e cioè

dalla data riportata sullo scontrino comprovante l’acquisto del farmaco.

PREMESSA

L’art. 11, co. 5-bis del D.Lgs. n. 81/2008 disciplina la casistica relativa al rimborso delle

spese sostenute dagli infortunati e dai tecnopatici, per le cure necessarie al recupero

dell’integrità psicofisica. Dopo un primo periodo di sperimentazione della norma, durante il quale

si è data priorità al rimborso di farmaci in favore di soggetti che si trovavano in fase acuta della

patologia per accelerare la guarigione degli assicurati, l’INAIL (Circolare n. 30/2014) ha concesso

la facoltà ai lavoratori di poter chiedere il rimborso dei farmaci anche successivamente alla

stabilizzazione dei postumi (in precedenza era limitata al periodo di inabilità temporanea

assoluta al lavoro).

Inoltre, è stato introdotto un nuovo e più esteso elenco di specialità farmaceutiche

rimborsabili e innovato il flusso procedurale che i sanitari INAIL devono seguire per verificare

l’idoneità della spesa sostenuta dagli assicurati per i farmaci.

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RIMBORSO FARMACI

È nostra cura metterLa al corrente che il rimborso delle sostenute dagli assicurati per

farmaci deve essere effettuato dall’INAIL anche per le spese sostenute dopo il periodo di inabilità

temporanea assoluta al lavoro in presenza di postumi stabilizzati, pur se non indennizzabili, anche

oltre la scadenza dei termini revisionali.

A tal fine, è necessario che il farmaco per il quale si chiede il rimborso (indicato nella

prescrizione medica), sia effettivamente necessario per il miglioramento dello stato psico-fisico in

relazione alla patologia causata dall’evento lesivo di natura lavorativa; condizione, questa, la cui

valutazione spetta alla funzione sanitaria (medico INAIL).

Teniamo ad informarLa, altresì, che il rimborso delle spese in questione devono essere

effettuate anche nelle ipotesi di liquidazione in capitale della rendita (art. 75 del Dpr n.

1124/1965), nonché nelle ipotesi in cui, a seguito di revisione della rendita stessa (art. 83, 137 e 146

del Dpr n. 1124/1965), questa venga ridotta o soppressa, sempre che residuino postumi, anche se

non indennizzabili.

SPECIALITÀ FARMACEUTICHE RIMBORSABILI

Con riferimento alle specialità farmaceutiche rimborsabili, Le ricordiamo che l’INAIL è

tenuto al rimborso delle spese sostenute dagli assicurati a prescindere dalle branche di

riferimento in precedenza individuate, purché i suddetti farmaci siano ritenuti necessari per il

miglioramento dello stato psico-fisico dell’assicurato in relazione alla patologia causata

dall’evento lesivo di origine lavorativa, anche ai fini del reinserimento socio-lavorativo, in relazione

al caso trattato.

Di seguito, Le forniamo il nuovo e più esteso elenco di specialità farmaceutiche

rimborsabili sia durante l’inabilità temporanea assoluta al lavoro sia a postumi stabilizzati, senza

fare riferimento alle branche specialistiche.

Codice INAIL

Specialità farmaceutiche rimborsabili

1 Acido ialuronico per infiltrazioni intrarticolari per il trattamento di condropatie ed artrosi post-traumatiche

2 Ansiolitici ed ipnoinducenti

3 Antibiotici per il trattamento topico di ferite o ustioni infette

4 Antidolorifici per os

5 Antivertiginosi

6 Attivanti cerebrali

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7 Colliri midriatici per processi flogistici del segmento anteriore e posteriore dell’occhio

8 Crema antibatterica per ustioni

9

Farmaci ipotonizzanti (compresse) per il trattamento dell’ipertono oculare

10 Farmaci per il trattamento dei disturbi della motilità intestinale da varie cause

11 Farmaci per il trattamento dell’incontinenza urinaria in pazienti con vescica iperattiva

12 Farmaci per il trattamento dell’osteoporosi post-traumatica

13 Farmaci per la disfunzione erettile, come esito di gravi fratture del bacino, e di lesioni parziali midollari

14 Farmaci per uso topico (pomate e/o colliri) a base antibiotica, con o senza cortisonico per il trattamento di infezioni esterne di occhio ed annessi

15 Farmaci vasoprotettori ed antitrombotici (compresse) per il trattamento di emorragie retiniche

16 Garze impregnate di antisettico per cute lesa

17 Immunoterapia batterica per il trattamento delle osteomieliti

18 Miorilassanti

19 Pomata antisettica

20 Pomate per il trattamento di abrasioni, ferite ed ustioni corneo congiuntivali

21 Preparati a base di acido ialuronico con e senza antibiotico, nelle diverse formulazioni per favorire la riepitelizzazione della cute lesa

22 Preparati cortisonici topici per il trattamento di dermatiti da contatto

23 Preparati per uso topico a base antibiotica con e senza cortisone

24 Preparati per uso topico a base di antinfiammatori in creme, pomate, gel, cerotti

25 Preparati per uso topico a base di eparina sodica

26 Preparati per uso topico ad azione elasticizzante/barriera per il trattamento di gravi ustioni

27 Preparato per uso topico per ulcere croniche con tessuto fibrinoso o necrotico

28 Prodotti anticheloidi (in diversa formulazione), compresi i siliconi medicali

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29 Unguento per detersione enzimatica di piaghe necrotiche con e senza antibiotico

N.B. Per i farmaci che non sono provvisti di codice ministeriale (es. gli anticheloidi), è indispensabile che sullo scontrino, o su eventuale ricevuta di consegna, sia espressamente riportato il nome commerciale del prodotto stesso, la firma del farmacista e il timbro dell’esercente.

LA DOMANDA

Ai fini del rimborso dei farmaci indicati nel suddetto elenco, l’assicurato dovrà compilare e

presentare all’INAIL il nuovo modulo (allegato alla presente), allegando le fotocopie delle

prescrizioni mediche e degli scontrini fiscali intestati all’assicurato.

Sul punto, appare opportuno specificare che il rimborso della spesa sostenuta dagli

assicurati per farmaci necessita di “attestazione” da parte della funzione sanitaria, sia in merito

alla inclusione del farmaco nell’elenco sia sulla necessità o meno del farmaco stesso nel caso

specifico, per il miglioramento dello stato psico-fisico dell’assicurato in relazione alla patologia

causata dall’evento lesivo di origine lavorativa. Di conseguenza, troverà specifiche sezioni

nell’ambito del nuovo modulo di richiesta da compilare a cura della medico INAIL.

A seguito delle opportune verifiche da parte dell’Istituto assicurativo, l' amministrazione

può:

accogliere la richiesta, dandone comunicazione all’interessato, qualora i farmaci indicati

siano tutti rimborsabili;

respingere la richiesta, dandone comunicazione all’interessato, qualora i farmaci indicati

non rientrano tra quelli rimborsabili, o non risultano necessari al miglioramento dello stato

psico-fisico in relazione alla patologia causata dall’evento lesivo di origine lavorativa;

accogliere parzialmente la domanda, dandone comunicazione all’interessato,

esclusivamente ai farmaci che rientrano tra quelli rimborsabili. Ai fini della eventuale

detrazione d’imposta delle spese non rimborsate dall’INAIL, al suddetto modulo dovrà

essere allegata copia delle sezioni A e B della richiesta esaminata dal medico INAIL.

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CASO PRATICO

Profili fiscali della trasferta all’estero Di Emiliana Maria Dal Bon – consulente del lavoro

IL CASO

Un dipendente di un’azienda italiana viene inviato all’estero in trasferta per un periodo

complessivo di 190 giorni nell’arco di 12 mesi.

Durante la trasferta al lavoratore viene riconosciuta, in base ad un accordo individuale con

l’azienda, un’indennità di trasferta giornaliera pari a € 40,00.

Inoltre l’azienda, durante la trasferta, provvede a rimborsare analiticamente tutte le spese

documentate di trasporto, vitto e alloggio.

Quali sono i risvolti fiscali della trasferta per lavoratore ed azienda?

LA SOLUZIONE

L’analisi dei risvolti fiscali della trasferta all’estero nel caso di cui sopra deve avere ad oggetto

due distinti profili che potrebbero essere, però, due facce della stessa medaglia:

a. l’imponibilità delle somme corrisposte al dipendente in occasione della trasferta

(indennità e rimborsi spese);

b. l’eventuale doppia imponibilità del reddito prodotto all’estero.

A. IMPONIBILITÀ DELLE SOMME CORRISPOSTE AL DIPENDENTE IN OCCASIONE DELLA TRASFERTA

Per quanto riguarda le somme corrisposte al dipendente tramite rimborso analitico di spese,

documentate, per vitto, alloggio, viaggio e trasporto (o il loro totale e diretto accollo da parte

dell’azienda) esse sono considerate totalmente esenti, sia dal punto di vista fiscale che dal punto

di vista contributivo (per il principio di armonizzazione delle basi imponibili fiscali e contributive).

Per quanto riguarda, invece, l’indennità di trasferta, ai sensi dell’art 51, co. 5, del TUIR, le somme

erogate ai dipendenti per le trasferte effettuate all’estero sono esenti (fiscalmente e

contributivamente) fino a € 25,82 al giorno. Questo limite di esenzione si applica solo qualora al

dipendente sia riconosciuto anche il rimborso analitico delle spese documentate, come visto

sopra. Se quest’ultimo dovesse mancare (ma non è il caso in esame) l’esenzione arriva fino a

77,47 € giornalieri, oppure a 51,65 € al giorno qualora il rimborso riguardi le sole spese di vitto o,

alternativamente, le sole spese di alloggio.

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Ciò significa che, nel caso in esame, dei 40,00 € corrisposti ogni giorno al lavoratore in occasione

della trasferta, € 25,82 saranno esenti e i restanti € 14,18 saranno soggetti a imposizione fiscale e

contributiva.

B. L’EVENTUALE DOPPIA IMPONIBILITÀ DEL REDDITO PRODOTTO ALL’ESTERO

Se la trasferta all’estero supera i 183 giorni, anche non continuativi, nell’arco di 12 mesi, si rientra

nell’ambito di applicazione del comma 8-bis dell'art 51del TUIR che recita testualmente: il reddito

di lavoro dipendente, prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del

rapporto da dipendenti che nell'arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un

periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite

annualmente con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di cui all'articolo 4,

comma 1, del decreto-legge 31 luglio 1987, n. 317, convertito, con modificazioni, dalla legge 3

ottobre 1987, n. 398.

Pertanto, al di là dei limiti di esenzione delle indennità erogate per trasferta all’estero, bisognerà

valutare l’imponibilità del reddito prodotto all’estero per più di 183 gg. nell’arco di 12 mesi.

Sotto questo profilo occorre tener presente che l’articolo 3 del TUIR prevede che i soggetti

qualificati come residenti fiscali in Italia debbano essere assoggettati ad imposizione in Italia su

tutti i redditi ovunque prodotti. È questo il principio della world wide taxation, in base al quale i

redditi del cittadino residente fiscalmente in Italia sono soggetti a tassazione diretta del fisco

italiano, indipendentemente dal luogo ove tali redditi sono stati prodotti.

Nel caso in oggetto il reddito del dipendente, dal momento che egli svolge la propria attività

all’estero per più di 183 gg. nell’arco di 12 mesi, sarà imponibile in Italia sulla retribuzione

convenzionale, ma potrà essere assoggettato a imposizione fiscale anche all’estero sulla base

delle disposizioni normative ivi vigenti. Potrebbe, in altre parole, verificarsi una doppia imposizione

fiscale sul reddito di lavoro dipendente prodotto all’estero: sulla retribuzione convenzione il Italia

(retribuzione convenzionale che ricomprenderebbe, quindi, anche l’indennità di trasferta), e sulla

retribuzione effettiva all’estero.

Pertanto, nel caso di specie occorrerà prendere contatto, oltre che con un professionista italiano,

anche con un professionista dello stato estero d’invio, al fine di valutare l’imponibilità fiscale del

reddito percepito dal dipendente italiano nello stato estero. Nel frattempo, in Italia, il reddito

verrà tassato prendendo come riferimento le retribuzioni convenzionali.

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NEWS E DOCUMENTAZIONE NAZIONALE

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con Nota 20 novembre 2015, n. 5843

precisa che i nuovi standard relativi alle Comunicazioni Obbligatorie e al funzionamento

della piattaforma tecnologica "Garanzia Giovani," entreranno in vigore il giorno 9

dicembre 2015 alle ore 17.00. In tale data, dalle ore 15.00 alle ore 16.59 il Nodo di

Coordinamento Nazionale interromperà i servizi di cooperazione applicativa, in modo tale

da permetterne l'aggiornamento.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con comunicato 18 novembre 2015,

informa che il Fondo Rotativo Nazionale - per gli iscritti a Garanzia Giovani che avvieranno

iniziative di autoimpiego e di autoimprenditorialità attraverso credito agevolato, si

chiamerà "SELFIEmployment" e sarà operativo da metà gennaio 2016 con una dotazione

finanziaria di partenza di 124 milioni. I giovani potranno presentare domanda di

finanziamento al Fondo per la concessione di prestiti, finalizzati all'avvio di nuove iniziative

imprenditoriali, che avranno un importo variabile da un minimo di 5 mila ad un massimo di

50 mila Euro, verranno erogati a tasso di interesse zero senza garanzie personali e con un

piano di ammortamento della durata massima di 7 anni. Il Fondo nasce nell'ambito della

policy prevista dal Programma Garanzia Giovani. In tale contesto, l'accesso al credito

agevolato, fornito dal Fondo, costituisce l'importante complemento delle attività di

supporto all'avvio di impresa e allo start-up, che sono state già avviate dalle regioni: al

termine del percorso formativo e di accompagnamento, i giovani sono affiancati nella

predisposizione del business plan per l'avvio di un'attività imprenditoriale. L'accordo di

finanziamento stipulato con Invitalia permette la costituzione del fondo per l'erogazione

del credito, con una dotazione complessiva attualmente pari a 124 milioni di Euro,

conferiti dal Ministero (50 milioni) e dalle Regioni Veneto, Emilia-Romagna, Lazio, Molise,

Basilicata, Calabria, Sicilia. Invitalia provvederà, di concerto con il Ministero del Lavoro e

delle Politiche Sociali, alla predisposizione dei dispositivi attuativi, all'istruttoria dei business

plan, all'erogazione del credito agevolato, alla gestione, controllo e monitoraggio della

misura. L'Agenzia renderà inoltre disponibili servizi di tutoraggio per le nuove iniziative

ammesse al finanziamento. Il Fondo è uno strumento finanziario rotativo e, grazie alle

restituzioni dei prestiti concessi, sarà utilizzabile per l'intero periodo di Programmazione

2014-2020, con possibile estensione ad un target più ampio rispetto a quello dei soli NEET.

La Direzione Generale per l’Attività Ispettiva, del Ministero del Lavoro e delle Politiche

Sociali, ha emanato la nota n. 19570 del 16 novembre 2015, con la quale chiarisce, con

particolare riguardo al settore dell’edilizia, la tempistica riguardante gli adempimenti di

carattere prevenzionistico (visita medica, formazione e informazione) che il datore di

lavoro deve porre in essere ai fini della revoca del provvedimento di sospensione

dell’attività imprenditoriale eventualmente adottato.

INPS

L’Osservatorio statistico dell’INPS sulla cassa integrazione guadagni è stato aggiornato

con i dati del mese di ottobre 2015. I dati si riferiscono alle ore autorizzate per trattamenti

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di integrazione salariale ordinari, straordinari e in deroga a favore di operai e impiegati. In

appendice, è stato pubblicato l’aggiornamento del tasso di utilizzo del numero delle ore

CIG autorizzate (“tiraggio”) delle domande e dei beneficiari di Disoccupazione non

agricola, di ASPI, di NASPI, di MINIASPI, di Mobilità, di Disoccupazione non agricola con

requisiti ridotti e MINIASPI2012.

L’INPS, con comunicato 18 novembre 2015, rende nota la procedura on line per la

richiesta di esonero riscatti ai fini del Tfs-Tfr. Il comunicato precisa che tra i servizi on line

disponibili è stata inserita la procedura, utilizzabile dalle Amministrazioni statali e dagli

utenti dipendenti dallo Stato, Enti Locali e Sanità, di "esonero domanda di riscatto ai fini

TFS/TFR". Pertanto tali soggetti potranno, con riferimento alle domande di riscatto in corso

di pagamento, richiedere on line l’interruzione dei pagamenti e la rideterminazione

proporzionale dei periodi riscattati. La procedura sarà utilizzabile mediante l’abilitazione di

cui già dispongono le Amministrazioni per i riscatti ai fini TFS/TFR o, nel caso di domanda on

line da parte dell’iscritto, mediante il Pin dispositivo, che l’utente può richiedere online

(nella sezione PIN online) o direttamente in Sede con il modulo MV35. Nella sezione "servizi

online" è disponibile il manuale per i dettagli della procedura.

CONSIGLIO NAZIONALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI ED ESPERTI CONTABILI

Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, con

comunicato 19 novembre 2015, informa di aver impugnato dinanzi al Tar del Lazio il

decreto del Presidente della Repubblica del 7 ottobre, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 10

novembre. Questo il testo: “Il Consiglio nazionale dei commercialisti ha impugnato dinanzi

al Tar del Lazio il decreto del Presidente della Repubblica del 7 ottobre, pubblicato in

Gazzetta Ufficiale il 10 novembre, che stabilisce i compensi per gli amministratori dei beni

sequestrati e confiscati alle mafie. La decisione arriva dopo che per mesi la categoria

aveva chiesto una sostanziale modifica del Dpr, anche attraverso un documento inviato

al Ministero della Giustizia. I commercialisti avevano chiesto un cambio radicale nella

logica nella determinazione dei compensi degli amministratori giudiziari rispetto a quella

adottata dal decreto, giudicando sbagliato l’aver assunto a riferimento le norme relative

ai compensi dei curatori fallimentari. La proposta della categoria era invece quella di

assumere come punto di riferimento la tabella per la determinazione dei parametri dei

compensi per le professioni regolamentate di cui al DM 140/2012, opportunamente

adattata in melius alle specificità della disciplina in materia di gestione e destinazione dei

beni sequestrati e confiscati alle consorterie criminali. In alternativa, i commercialisti

proponevano l'utilizzo di contributi annuali forfetizzati in relazione alla singola attività svolta

dall'amministratore giudiziario. Il Dpr impugnato - spiega il presidente nazionale della

categoria, Gerardo Longobardi - "presenta poi un’ulteriore criticità rappresentata dalla

irragionevole riduzione delle tariffe rispetto a quelle dei curatori fallimentari basata

sull'erroneo presupposto di una minore complessità degli adempimenti richiesti agli

amministratori giudiziari rispetto a quelli svolti dal curatore fallimentare nel corso della

procedura concorsuale". "Il Dpr - afferma il Consigliere nazionale dei commercialisti

delegato alla materia, M.L.C. - non tiene conto della estrema complessità di questa

attività e dei rischi ad essa connessi. Una sottovalutazione dalla quale discendono

compensi a nostro modo di vedere troppo bassi e che ci indotti a ricorrere al Tar".

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Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, con nota 19

novembre 2015, n. 93 trasmette il documento di osservazione e proposte presentate dal

Consiglio Nazionale in occasione dell’indagine conoscitiva relativa all’esame del disegno

di legge concernente "Legge annuale per il mercato e la concorrenza" (A:S. 2085), svoltasi

il 18 novembre 2015 presso la X Commissione permanente Industria, Commercio e Turismo

del Senato della Repubblica.

REGIONI

E’ stato pubblicato in G.U., serie Speciale - Regioni, n. 45 del 21 novembre 2015, il

Decreto del Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, 10 luglio 2015, n. 139, il quale

regolamenta i criteri e le modalita' di ripartizione del Fondo per l'abbattimento delle rette

a carico delle famiglie per la frequenza ai servizi educativi per la prima infanzia e le

modalita' di erogazione dei benefici, di cui all'articolo 15 della legge regionale 18 agosto

2005, n. 20 (Sistema educativo integrato dei servizi per la prima infanzia).

E’ stato pubblicato in G.U., serie Speciale - Regioni, n. 45 del 21 novembre 2015, il

Decreto del Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, 10 luglio 2015 n. 142, il quale

regolamenta le modifiche al decreto del Presidente della Regione 12 dicembre 2006, n.

381 (LR 12/2006, articolo 6, commi da 82 a 89. Regolamento concernente i criteri e le

modalita' per la concessione di finanziamenti a favore di soggetti pubblici e privati in

materia di promozione turistica).

E’ stata pubblicata in G.U., serie Speciale - Regioni, n. 45 del 21 novembre 2015, la

Legge Regionale Friuli Venezia Giulia, 10 luglio 2015, n. 17, la quale contiene disposizioni in

materia di diritto allo studio universitario, modifica alla legge regionale 21/2014, nonche'

iniziative progettuali relative alle attività culturali.

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NORMATIVA CONTRATTUALE

ACCORDI

Il 9 novembre 2015, presso Confapi si sono incontrati Uniontessile Confapi e le OO.SS.

Femca CISL, Filctem CGIL e Uiltec UIL per la definizione delle modalità per il progressivo

passaggio delle aziende dalla disciplina del CCNL Federazione Italiana Industriali dei

Tessili vari e del Cappello e del CCNL Associazione Italiana dei Torcitori della Seta e dei Fili

Artificiali e Sintetici/Associazione Italiana della Filatura Serica del 2 settembre 2010 al

vigente CCNL Uniontessile Confapi del 7 ottobre 2013. Dopo ampia ed approfondita

discussione le parti sottoscrivono quanto segue: Con le retribuzioni afferenti al mese di

aprile 2016 verranno applicati alle aziende i minimi tabellari previsti dal CCNL Uniontessile

Confapi in vigore il 1° aprile 2016; in tal senso viene preso a riferimento il minimo tabellare

previsto per il livello 3bis, pari ad euro 1.606,29. Si convengono quindi i seguenti aumenti

contrattuali e le relative scadenze, al fine di procedere all'allineamento dell'importo di cui

sopra:

- dal 1° novembre 2015 euro 25,00;

- dal 1° febbraio 2016 euro 42,00;

- dal 1° aprile 2016 euro 41,49.

Relativamente agli arretrati afferenti il periodo aprile 2013-ottobre 2015 verrà riconosciuta,

a titolo di una tantum contrattuale, la somma lorda complessiva pari ad euro 2.270,00.

Tale importo è commisurato all'anzianità di servizio maturata e all'orario di lavoro prestato

nel suddetto periodo, con riduzione proporzionale nelle ipotesi di servizio militare,

aspettativa, congedo parentale, cassa integrazione ordinaria, straordinaria, in deroga o

contratto di solidarietà. L'importo dell'una tantum non è utile agli effetti del computo di

alcun istituto contrattuale e legale né del trattamento di fine rapporto. L'erogazione

dell'una tantum avverrà con tranche di pari importo alle normali scadenze retributive

mensili, comprensive della tredicesima mensilità, a partire dal mese di aprile 2016 sino al

mese di dicembre 2017. In caso di risoluzione del rapporto di lavoro prima dell'avvenuta

completa erogazione dell'una tantum, gli importi non ancora versati verranno liquidati al

lavoratore unitamente alle spettanze di fine rapporto.

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GIURISPRUDENZA E PRASSI

LE SENTENZE DELLA GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITA’ E DI MERITO

Cass. civ., sez. lav., 06 novembre 2015, n.

22716 E’ legittimo il licenziamento disciplinare di una

dipendente, che era stata licenziata perché, in

seguito ad un’ispezione, era emerso un ammanco di

cassa per € 35.000, attribuito alla dipendente.

Cass. civ., sez. lav., 10 novembre 2015, n.

22917 E’ legittimo il licenziamento disciplinare ad un

dipendente della società di trasporto extra-urbano

alle cui dipendenze il lavoratore aveva prestato

servizio con le mansioni di autista, in quanto il

lavoratore ha lasciato in sosta col motore acceso un

"bus di linea" che si era messo improvvisamente in

moto travolgendo un’autovettura aziendale e

sfondando il muro di cinta dell’autoparco,

provocandone il crollo sulla pubblica via.

Cass. civ., sez. lav., 10 novembre 2015, n.

22930 In tema di dequalificazione professionale, il giudice

del merito, con apprezzamento di fatto incensurabile

in cassazione se adeguatamente motivato, può

desumere la esistenza del relativo danno, di natura

patrimoniale, il cui onere di allegazione incombe sul

lavoratore, determinandone anche l’entità in via

equitativa, con processo logico-giuridico attinente

alla formazione della prova, anche presuntiva, in base

alla qualità e quantità della esperienza lavorativa

pregressa, al tipo di professionalità colpita, alla durata

del demansionamento, all’esito finale della

dequalificazione e alle altre circostanze del caso

concreto.

Cass. civ., sez. lav., 10 novembre 2015, n.

22931 L’art. 1 del D.lgs. n. 368/2001, oggi abrogato dal d.lgs.

81/2015, prevede, nel testo operante ratione temporis,

che "l'apposizione del termine è priva di effetto se non

risulta direttamente o indirettamente, da atto scritto

nel quale sono specificate le ragioni.

Cass. civ., sez. lav., 10 novembre 2015, n.

22932 In tema di licenziamento per giusta causa,

l'immediatezza della comunicazione del

provvedimento espulsivo rispetto al momento della

mancanza addotta a sua giustificazione, ovvero

rispetto a quello della contestazione, si configura

quale elemento costitutivo del diritto al recesso del

datore di lavoro, in quanto la non immediatezza della

contestazione o del provvedimento espulsivo induce

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ragionevolmente a ritenere che il datore di lavoro

abbia soprasseduto al licenziamento ritenendo non

grave o comunque non meritevole della massima

sanzione la colpa del lavoratore.

Cass. civ., sez. VI Lav., ord., 11 novembre

2015, n. 23003 Nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento di un

rapporto di lavoro a tempo indeterminato per nullità

del termine apposto a successivi contratti, grava sul

datore di lavoro, che eccepisca la risoluzione per

mutuo consenso dei contratti succedutisi nel tempo,

l'onere di provare le circostanze dalle quali possa

ricavarsi la volontà chiara e certa delle parti di volere

porre definitivamente fine ad ogni rapporto di lavoro.

Cass. civ., sez. lav., 18 novembre 2015, n.

23825 Il licenziamento intimato oralmente deve ritenersi

giuridicamente inesistente e come tale, da un lato,

non richiede impugnazione nel termine di decadenza

di cui all'art. 6 della L. 604/1966 e, dall'altro, non incide

sulla continuità del rapporto di lavoro e quindi sul

diritto del lavoratore alla retribuzione fino alla

riammissione in servizio.

LE CIRCOLARI DELL’INPS

Circolare n. 184 del 18 novembre 2015 L’INPS fornisce informazioni sul computo nella gestione

separata - articolo 3 D.M. 2 maggio 1996, n. 282 –

Riepilogo istruzioni ed ulteriori chiarimenti.

Circolare n. 185 del 18 novembre 2015 L’INPS fornisce informazioni sulle Linee guida e istruzioni

operative in materia di trattamento pensionistico ai

superstiti – art. 22, legge 21 luglio 1965, n. 903.

Circolare n. 186 del 19 novembre 2015 L’INPS fornisce informazioni sulla Convenzione tra l’INPS

e F.A.S.T. (Federazione Autonoma dei Sindacati dei

Trasporti) ai sensi dell’art. 18 della legge 23 luglio 1991

n. 223, per la riscossione dei contributi associativi

dovuti dai propri iscritti sulle prestazioni temporanee.

Istruzioni procedurali e contabili.

Circolare n. 187 del 19 novembre 2015 L’INPS fornisce informazioni sulla Convenzione tra l’INPS

e la Confartigianato Imprese Sicilia ai sensi dell’art. 18

della legge 23 luglio 1991 n. 223, per la riscossione dei

contributi associativi dovuti dai propri iscritti sulle

prestazioni temporanee. Istruzioni procedurali e

contabili.

Circolare n. 188 del 19 novembre 2015 L’INPS fornisce informazioni sulla Convenzione tra l’INPS

e l’Associazione Nazionale Imprenditori Artigiani

Commercianti (ANIAC) ai sensi dell’art. 18 della legge

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LA CIRCOLARE SETTIMANALE DEL LAVORO

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23 luglio 1991 n. 223, per la riscossione dei contributi

associativi dovuti dai propri iscritti sulle prestazioni

temporanee. Istruzioni procedurali e contabili.

Circolare n. 189 del 19 novembre 2015 L’INPS fornisce informazioni sulla Convenzione tra l’INPS

e la Confartigianato Imprese Sicilia ai sensi dell’art. 2

della legge 27 dicembre 1973 n. 852, per la riscossione

dei contributi associativi sull’indennità ordinaria e di

trattamento speciale di disoccupazione di cui

beneficiari sono i lavoratori agricoli. Istruzioni

procedurali e contabili.

Circolare n. 190 del 19 novembre 2015 L’INPS fornisce informazioni sulla Convenzione tra l’INPS

e l’Associazione Nazionale Consulenze e Servizi

Welfare (ASSOWELFARE) ai sensi dell’art. 2 della legge

27 dicembre 1973 n. 852, per la riscossione dei

contributi associativi sull’indennità ordinaria e di

trattamento speciale di disoccupazione di cui sono

beneficiari i lavoratori agricoli. Istruzioni procedurali e

contabili.

I MESSAGGI DELL’INPS

Messaggio n. 7037 del 18 novembre

2015

L’INPS fornisce informazioni sull’indennità di

disoccupazione ASpI lavoratori sospesi di cui alla

legge 28 giugno 2012, n.92, articolo 3, comma 17.

Abrogazione dal 24 settembre 2015 - Circolare del

Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 27 del

20.10.2015.

Messaggio n. 7099 del 23 novembre

2015

L’INPS fornisce informazioni sul rilascio prima versione

del Portale Contributivo “Aziende & Intermediari”

Messaggio n. 7100 del 23 novembre

2015

L’INPS fornisce informazioni sul riavvio procedura

’Estratto Conto della Amministrazione (ECA)’ - novità

operative.

Messaggio n. 7107 del 23 novembre

2015

L’INPS fornisce informazioni sulla Convenzione INPS -

CONFINDUSTRIA, CGIL, CISL, UIL per l’attività di

raccolta, elaborazione e comunicazione dei dati

relativi alla rappresentanza delle organizzazioni

sindacali per la contrattazione collettiva nazionale di

categoria.

Messaggio n. 7116 del 23 novembre

2015

L’INPS fornisce informazioni sull’estensione della

piattaforma informatica INPS Cessione Quinto

Pensione ai pensionati della Gestione Spettacolo e

Sport.

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SCADENZARIO DAL 30 NOVEMBRE AL 14 DICEMBRE 2015

Venerdì 30 Novembre 2015 CONTRIBUTI FASI

Versamento contributi integrativi relativi al 4° trimestre

2015 per il Fondo Dirigenti di azienda industriale

mediante sistemi bancari on line o domiciliazione

bancaria mediante bollettino bancario denominato

"bollettino freccia"; con addebito diretto SEPA DIRECT

DEBIT (SDD).

Venerdì 30 Novembre 2015 INPS - INVIO UNIEMENS

I datori di lavoro già tenuti a presentare la denuncia

contributiva mod. DM10/2 e/o la denuncia mensile

dei dati retributivi EMENS, devono provvedere all’invio

della Comunicazione dei dati retributivi e contributivi

UniEmens, nonché delle informazioni necessarie per

l’implementazione delle posizioni assicurative

individuali e per l’erogazione delle prestazioni, relativi

al mese precedente.

Venerdì 30 Novembre 2015 LIBRO UNICO LAVORO

I datori di lavoro, i committenti e i soggetti intermediari

tenutari hanno l’obbligo di stampare il Libro unico del

lavoro o, nel caso di soggetti gestori, di consegnare la

copia al soggetto obbligato alla tenuta, in relazione al

periodo di paga precedente (ottobre 2015). La

modalità mediante stampa meccanografica su fogli

mobili vidimati e numerati su ogni pagina oppure a su

stampa laser previa autorizzazione Inail e

numerazione.

Venerdì 30 Novembre 2015 II ACCONTO Contributi artigiani e commercianti

Gli iscritti alla gestione separata INPS ARTIGIANI E

COMMERCIANTI debbono versare il secondo

acconto dei contributi a saldo per la quota di reddito

eccedente il minimale per il 2015.

A mezzo mod. F24 tramite posta, banca o

concessionario.

Venerdì 30 Novembre 2015 II ACCONTO CONTRIBUTI LAVORO AUTONOMO

Lavoratori autonomi e professionisti sono tenuti al

versamento del 2° acconto (40%) 2015 del contributo

a favore della gestione autonoma dell' INPS a

mezzo mod. F24 tramite posta, banca o

concessionario.