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Circolare n. 8 del 21 aprile 2015 Bilancio 2014, novità nella determinazione delle imposte e check list di verifica Indice 1. Principali novità Ires ed Irap relative al periodo d’imposta 2014 2. Scorporo del valore del terreno 2.1. Criteri di individuazione del costo dell’area 2.2. Fondo per oneri di ripristino o bonifica 3. Deducibilità dei componenti negativi di reddito riguardanti i beni d’impresa rivalutati 3.1. Spese di manutenzione e riparazione ordinaria 4. Contratti di leasing 4.1. Contratti stipulati dal 29 aprile 2012 al 31 dicembre 2013 4.2. Deducibilità Ires della quota interessi 4.3. Scorporo della quota terreno 4.4. Recupero delle quote non dedotte 4.5. Effetti sull’Irap 4.6. Contratti stipulati dal 1° gennaio 2014 5. Bonus investimenti 5.1. Investimenti agevolabili 5.2. Determinazione dell’agevolazione 5.3. Imprese di recente o nuova costituzione 5.4. Valorizzazione degli investimenti 5.5. Operazioni straordinarie 5.6. Gestione fiscale del credito d’imposta 5.7. Profili operativi 5.8. Effetti sul bilancio 2014 6. Deduzione Ace e trasformazione dell’eccedenza in credito Irap 7. Società di comodo in perdita sistematica 8. Deduzioni Irap e aliquote 8.1. Deduzioni per assunzioni a tempo indeterminato 8.2. Aliquote Irap 9. Check-list per la determinazione dell’Ires e dell’Irap 3 3 4 6 7 10 13 14 16 17 19 20 21 22 22 23 24 24 25 25 26 28 29 30 31 32 33 34

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Circolare n. 8 del 21 aprile 2015

Bilancio 2014, novità nella determinazione delle imposte e check list di verifica

Indice

1. Principali novità Ires ed Irap relative al periodo d’imposta 2014

2. Scorporo del valore del terreno

2.1. Criteri di individuazione del costo dell’area

2.2. Fondo per oneri di ripristino o bonifica

3. Deducibilità dei componenti negativi di reddito riguardanti i beni d’impresa rivalutati

3.1. Spese di manutenzione e riparazione ordinaria

4. Contratti di leasing

4.1. Contratti stipulati dal 29 aprile 2012 al 31 dicembre 2013

4.2. Deducibilità Ires della quota interessi

4.3. Scorporo della quota terreno

4.4. Recupero delle quote non dedotte

4.5. Effetti sull’Irap

4.6. Contratti stipulati dal 1° gennaio 2014

5. Bonus investimenti

5.1. Investimenti agevolabili

5.2. Determinazione dell’agevolazione

5.3. Imprese di recente o nuova costituzione

5.4. Valorizzazione degli investimenti

5.5. Operazioni straordinarie

5.6. Gestione fiscale del credito d’imposta

5.7. Profili operativi

5.8. Effetti sul bilancio 2014

6. Deduzione Ace e trasformazione dell’eccedenza in credito Irap

7. Società di comodo in perdita sistematica

8. Deduzioni Irap e aliquote

8.1. Deduzioni per assunzioni a tempo indeterminato

8.2. Aliquote Irap

9. Check-list per la determinazione dell’Ires e dell’Irap

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9.1. Ricavi delle vendite di beni e delle prestazioni di servizi

9.2. Variazione delle rimanenze di prodotti finiti, semilavorati e prodotti in corso di

lavorazione

9.3. Variazione dei lavori in corso su ordinazione

9.4. Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni

9.5. Altri ricavi e proventi

9.6. Costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci

9.7. Costi per servizi

9.8. Costi per godimento di beni di terzi

9.9. Costi per il personale

9.10. Ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali

9.11. Ammortamenti delle immobilizzazioni materiali

9.12. Svalutazione dei crediti iscritti nell’attivo circolante

9.13. Variazione delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci

9.14. Accantonamenti per rischi e oneri

9.15. Oneri diversi di gestione

9.16. Proventi da partecipazioni

9.17. Altri proventi finanziari

9.18. Interessi e altri oneri finanziari

9.19. Utili e perdite su cambi

9.20. Rivalutazioni e svalutazioni di attività finanziarie

9.21. Proventi e oneri straordinari

9.22. Imposte correnti, differite e anticipate

10. Bilancio d’esercizio, dichiarazioni fiscali e termini di versamento delle imposte

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1. Principali novità Ires e Irap relative al periodo d’imposta 2014

L’individuazione della base imponibile Ires ed Irap, funzionale alla rilevazione della fiscalità (corrente,

anticipata e differita) da rilevare nel bilancio dell’esercizio 2014, è interessata da una serie di novità

normative entrate in vigore in tale periodo d’imposta, riguardanti principalmente le seguenti tematiche:

• lo scorporo del valore dell’area sul quale insiste un fabbricato strumentale;

• la deducibilità dei componenti negativi di reddito riguardanti i beni d’impresa rivalutati;

• i contratti di leasing;

• il bonus investimenti;

• la deduzione Ace e la trasformazione dell’eccedenza in credito Irap;

• le società di comodo in perdita sistematica;

• le deduzioni Irap, gli acconti e la misura dell’aliquota.

La presente Circolare si propone, pertanto, di illustrare le predette novità di cui il redattore del bilancio

deve tenere conto, in primo luogo, ai fini della determinazione della base imponibile Ires ed Irap, per, poi,

imputare i corrispondenti effetti a stato patrimoniale e conto economico, con relativa descrizione in nota

integrativa, compresa la gestione dei disallineamenti civilistico-fiscale, in osservanza del principio contabile

nazionale OIC 25: è, inoltre, riportata una check-list delle principali verifiche da effettuare, nonché

l’indicazione del rapporto tra il bilancio d’esercizio, i termini di presentazione delle dichiarazioni fiscali e di

versamento delle relative imposte.

2. Scorporo del valore del terreno

La nuova formulazione del principio contabile nazionale OIC 16 ha confermato la generale

raccomandazione di scorporo del valore dell’area sul qualche insiste un fabbricato strumentale – in quanto

i terreni non sono ammortizzabili, salvo che siano soggetti a deperimento, come nel caso di quelli

adibiti a cave, discariche, sedime autostradale o ferroviario – eliminando, tuttavia, la deroga che consentiva

di non procedere allo scorporo nell’ipotesi di aree il cui costo fosse sostanzialmente pari agli oneri di

ripristino o bonifica. In tale circostanza, vi era, pertanto, la presunzione che il valore del compendio

immobiliare iscritto in bilancio fosse ascrivibile esclusivamente al fabbricato, in quanto il valore del terreno

era azzerato dalle predette spese potenziali: al ricorrere di tale eventualità, l’impresa non ha operato alcuno

scorporo, calcolando così gli ammortamenti sull’intero costo. Tale possibilità non è più consentita dall’OIC

16, che – ai fini di una migliore rappresentazione in bilancio – richiede l’esplicitazione dell’importo

riferibile al terreno e di quello ascrivibile al fondo di ripristino e bonifica: “se il valore dei fabbricati

incorpora anche quello dei terreni sui quali insistono, il valore del fabbricato va scorporato, anche in base

a stime, per essere ammortizzato. In particolare, il valore del terreno è determinato come differenza

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residua dopo aver prima scorporato il valore del fabbricato”. In altri termini, è necessario adottare la

seguente procedura:

1) scorporare il valore del terreno dal relativo fabbricato;

2) stornare il fondo ammortamento per la quota ascrivibile all’area;

3) rilevare un fondo per oneri di ripristino o bonifica.

2.1. Criteri di individuazione del costo dell’area

Per quanto concerne lo scorporo del valore del terreno, l’OIC 16 fa riferimento all’utilizzo di criteri

oggettivi, come possono essere una relazione di stima riferita al momento di acquisto del terreno, oppure

il valore individuato dalla delibera comunale ai fini dell’imposizione Ici/Imu: non è, invece, possibile

invocare le stime Omi, in quanto non ancora previste con riguardo alle aree edificabili. Il valore così

individuato potrebbe, tuttavia, divergere da quello determinato forfetariamente, ai fini fiscali, sulla

base del coefficiente del 20% (o, nel caso dei terreni sui quali insiste un fabbricato industriale, del 30%),

ai sensi dell’art. 36, co. 7, del D.L. n. 223/2006, generando, quindi, un disallineamento civilistico-fiscale.

Si ricorda, inoltre, che il successivo co. 8 stabilisce che il costo complessivo del fabbricato e dell’area sul

quale applicare uno dei predetti coefficienti forfetari di scorporo deve essere assunto al netto di

eventuali costi incrementativi capitalizzati e di rivalutazioni effettuate, in quanto riferibili

esclusivamente al valore del fabbricato, e non anche a quello dell’area (C.M. n. 11/E/2007, par. 9.4).

Esempio

La Alfa s.r.l. ha acquistato, in data 1° gennaio 2014, un fabbricato ad uso commerciale, il cui costo

complessivo sia di euro 250.000, contabilizzato senza operare lo scorporo del valore del terreno sul quale

insiste:

• qualora la stima civilistica del valore attribuibile all’area sottostante sia pari ad euro 80.000

(secondo i criteri forfetari fiscali sarebbe euro 50.000, ovvero il 20% di euro 250.000), gli ammortamenti

sono calcolati sul valore differenziale del fabbricato, pari ad euro 170.000 sia in bilancio che in

dichiarazione dei redditi – in virtù del principio di determinazione del reddito d’impresa fondato sulla

“previa imputazione a conto economico dei componenti negativi” – e, quindi, non deve essere effettuata

alcuna variazione nel modello Unico 2015;

• diversamente, se il terreno è stimato in euro 38.000, gli ammortamenti civilistici vengono determinati

considerando il costo di euro 212.000, mentre quelli fiscalmente deducibili sono computati assumendo

il minor costo fiscale del fabbricato, pari ad euro 200.000, ovvero l’80% di euro 250.000. L’eccedenza

di ammortamenti civilistici rispetto a quelli fiscali comporta, quindi, la necessità di operare una

variazione in aumento nel quadro RF del modello Unico 2015 e di rilevare le corrispondenti

imposte anticipate, se sussistono i presupposti previsti dal principio contabile OIC 25, ovvero vi sia

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la ragionevole certezza che nell’anno in cui si riassorbiranno tali differenze – ovvero quando sarà

terminato il processo di ammortamento civilistico – la società avrà imponibili fiscali sufficientemente

capienti per dedurre tali ammortamenti eccedenti non dedotti nell’esercizio di competenza civilistica. In

realtà, con riferimento agli immobili, tale condizione spesso non risulta verificata e, quindi, non vengono

rilevate le imposte anticipate, in quanto il periodo residuo di ammortamento civilistico è talmente esteso

temporalmente – ad esempio, 10 o 15 anni – che la società non è in grado di formulare previsioni

reddituali attendibili alla data attesa di conclusione del procedimento di ammortamento civilistico.

A completamento della tematica dello scorporo del costo del terreno, si segnala quanto riportato nella

Guida operativa per la transizione ai principi contabili internazionali Ias/Ifrs (ottobre 2005): lo scorporo del

valore dell’area non deve essere operato con riferimento a tutte le singole unità facenti parte di un più

ampio compendio immobiliare (appartamenti, uffici, ecc.), ma esclusivamente ai fabbricati cielo-

terra. Sul punto, si rammenta che questi ultimi sono intesi come i beni che occupano tutto lo spazio

edificabile con un’unica unità immobiliare, come nel caso di un capannone industriale (C.M. n.

11/E/2007, par. 9.3.). La ratio della suddetta limitazione è individuabile nella circostanza che vi possono

essere porzioni di edifici i cui proprietari non vantino anche il possesso di un terreno sottostante e, quindi,

non assoggettabili all’obbligo di scorporo.

Alla luce dei suddetti principi, si possono verificare dei disallineamenti civilistico-fiscali, costituiti da

costi definitivamente indeducibili, rendendo necessario effettuare una variazione in aumento in sede di

dichiarazione dei redditi: è il caso, ad esempio, dell’imputazione a conto economico di quote di

ammortamento calcolate sul costo complessivo del fabbricato industriale – e, quindi, senza, scorporare il

valore riferimento all’area sottostante – a causa di un mero errore contabile, oppure in quanto trattasi di

immobile diverso da “cielo-terra”, entrambi comportamenti non riconosciuti dall’Amministrazione

Finanziaria.

Esempio: ammortamenti riferibili alla quota “terreno”

Costo complessivo del fabbricato industriale (comprensivo del valore del terreno):

euro 1.000.000

Valore riferibile al terreno: 30%*euro 1.000.000 = euro 300.000

Costo riferibile al solo fabbricato industriale:

euro 1.000.000 – euro 300.000 = euro 700.000

Aliquota di ammortamento di cui al D.M. 31 dicembre 1988: 3%

Quota di ammortamento imputata al conto economico dell’esercizio 2014:

3%*euro 1.000.000 = euro 30.000

Quota di ammortamento ammessa in deduzione:

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3%*euro 700.000 = euro 21.000

Quota di ammortamento indeducibile (rigo RF21, colonna 1, del modello Unico 2015):

euro 30.000 – euro 21.000 = euro 9.000

2.2. Fondo per oneri di ripristino o bonifica

In virtù dello scorporo del valore del terreno, come anticipato, è, poi, necessario – qualora in passato siano

stati calcolati gli ammortamenti sull’intero costo del compendio immobiliare (fabbricato più terreno) –

operare una riclassificazione di una parte del fondo ammortamento al fondo di ripristino e bonifica, secondo

una delle seguenti modalità alternative:

1) giroconto dal fondo ammortamento a quello di ripristino e bonifica;

2) storno della quota parte del fondo ammortamento, mediante imputazione a conto economico di una

corrispondente sopravvenienza attiva straordinaria, e appostazione – per il medesimo importo – del

fondo di ripristino e bonifica, tramite la rilevazione di una sopravvenienza passiva straordinaria

(Fondazione Nazionale dei Commercialisti, 28 febbraio 2015).

La soluzione di cui al sub 1) dovrebbe ritenersi preferibile, in quanto non si è in presenza di un errore

contabile – che avrebbe giustificato la soluzione 2), in ossequio a quanto raccomandato dal principio

contabile nazionale OIC 29 – bensì di una sorta di riclassificazione di una voce dello stato patrimoniale

dovuta ad un mutamento, ai fini di una migliore informativa, dell’OIC 16.

A seguito di tale riclassificazione, è, poi, necessario verificare se tale fondo di ripristino e bonifica è

congruo, oppure necessita di un adeguamento, ad esempio, in quanto eccessivo: al ricorrere di

quest’ultima ipotesi, è necessario stornare la parte di fondo esuberante, con la conseguente emersione di

una sopravvenienza attiva ordinaria (OIC 31, par. 34), in quanto le rettifiche che emergono

dall’aggiornamento della congruità dei fondi non rappresentano correzioni di precedenti errori, ma

costituiscono cambiamenti di stime. A questo proposito, si osserva, tuttavia, quanto precisato dall’OIC 29,

par. 40: nei casi in cui un cambiamento di principio contabile comporti, contestualmente, anche un

mutamento di stima, la rettifica complessiva – qualora sia difficile distinguere i due effetti – è rilevata come

cambiamento di principio contabile, mediante imputazione a conto economico, in questa circostanza come

sopravvenienza attiva straordinaria.

Sotto il profilo tributario, si dovrebbe ritenere che tale componente positivo di reddito sia fiscalmente

irrilevante (variazione in diminuzione nel modello Unico 2015) nella misura in cui è espressione degli

ammortamenti riferiti al terreno ripresi in aumento, dal periodo d’imposta 2006, nelle relative

dichiarazioni dei redditi (art. 88 del Tuir). In senso conforme, si veda anche l’orientamento della dottrina

prevalente, secondo cui la non imponibilità di tale sopravvenienza attiva consente di evitare il rischio di

una duplicazione d’imposta nel caso di successiva cessione del bene: al ricorrere di tale ipotesi, infatti, il

costo fiscale dello stesso sarebbe più basso per effetto degli ammortamenti dedotti sino al 2005, con la

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conseguenza che l’importo a suo tempo dedotto, e che si vorrebbe recuperare, tornerebbe ad essere

soggetto a tassazione sotto forma di maggiore plusvalenza. Altri commentatori ritengono, invece, che si

debba attribuire rilevanza fiscale a tale provento, in modo da ristabilire l’originario costo fiscale del terreno:

è, pertanto, auspicabile un chiarimento dell’Agenzia delle Entrate. Il comportamento tributario assunto in

tale circostanza dovrà, pertanto, essere considerato in caso di successivo realizzo del bene: il costo

fiscalmente riconosciuto dovrà, infatti, tenere conto dell’importo della sopravvenienza attiva, derivante

dallo storno del fondo, a suo tempo eventualmente assoggettata ad imposizione.

Alla luce di quanto sopra riportato, sono prospettabili i seguenti casi, a seconda che in bilancio:

1) non risulti iscritto alcun fondo ammortamento dedotto riferito al terreno. Conseguentemente,

il contribuente non è tenuto ad operare variazioni fiscali nel modello Unico 2015;

2) sia stato iscritto un fondo ammortamento dedotto relativo al terreno, riclassificato in fondo

di ripristino e bonifica. Nessuna rettifica deve essere effettuata in sede di dichiarazione dei redditi;

3) sia stato stornato il fondo ammortamento dedotto, mediante imputazione a conto eco-

nomico. Gli effetti fiscali sono controversi, ma la dottrina prevalente, come anticipato, propende per

la non imponibilità del relativo componente positivo, rendendo necessaria una corrispondente

variazione in diminuzione nel modello Unico 2015.

3. Deducibilità di componenti negativi di reddito riguardanti i beni rivalutati

L’art. 1, co. 140-146, della Legge n. 147/2013 ha reintrodotto la possibilità di rivalutare i beni materiali ed

immateriali d’impresa, diversi da quelli “merce”, nonché delle partecipazioni di controllo e collegamento.

In tale sede, è stata altresì richiamata l’applicazione di alcune passate disposizioni, e precisamente:

• gli artt. 11, 13, 14 e 15 della Legge n. 342/2000;

• il D.M. n. 162/2001;

• il D.M. n. 86/2002.

La novità normativa, applicabile nel bilancio d’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2012,

ha formato oggetto di diversi chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate, formulati con la C.M. n.

13/E/2014.

Ai fini della redazione del bilancio d’esercizio chiuso al 31 dicembre 2014, nonché della determinazione del

reddito d’impresa e della base imponibile Irap, è necessario considerare che l’anno 2014 rappresenta il

primo periodo amministrativo in cui la rivalutazione ha effetto sul calcolo degli ammortamenti civilistici,

ovvero calcolati sul costo rivalutato: nel bilancio dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2013, la rivalutazione

ha, infatti, rappresentato l’ultima operazione rilevata e, quindi, dopo l’imputazione delle quote di

ammortamento, che sono state, quindi, computate considerando il costo ante-rivalutazione.

Conseguentemente, nel caso in cui la società applichi un coefficiente di ammortamento civilistico

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coincidente con quello fiscale, nel conto economico del bilancio d’esercizio 2014 risulteranno

imputate quote di ammortamento – calcolate sul costo rivalutato – superiori a quelle fiscalmente rilevanti,

in quanto determinati sulla base del costo fiscalmente rilevante, che è quello ante-rivalutazione: i maggiori

valori iscritti sono, infatti, riconosciuti – ai fini della deduzione degli ammortamenti, così come delle spese

di manutenzione e riparazione ordinaria (C.M. n. 8/E/2009, par. 2.3) – soltanto a partire dal terzo

periodo d’imposta successivo alla rivalutazione, ovvero dall’anno 2016 per i contribuenti aventi

l’esercizio coincidente con l’anno solare. Pertanto, ne discende che la parte di ammortamenti civilistici 2014

eccedenti quelli ammessi fiscalmente deve essere ripresa a tassazione, mediante un’apposita variazione in

aumento, nel rigo RF21, colonna 1, del modello Unico 2015 – Società di Capitali. La predetta eccedenza

di ammortamenti rappresenta un costo temporaneamente indeducibile, suscettibile di comportare la

rilevazione delle imposte anticipate, salvo che non vi sia la ragionevole prospettiva di conseguire, nel

futuro periodo d’imposta di riassorbimento di tale disallineamento (ovvero dopo che si sarà concluso il

processo di ammortamento civilistico), imponibili fiscali sufficientemente capienti per dedurre tale

eccedenza (principio contabile nazionale OIC 25).

Una tematica analoga si pone per le società che hanno rivalutato solo civilisticamente gli immobili, ai sensi

dell’art. 15, co. 16 e ss., del D.L. n. 185/2008. Al ricorrere di tale ipotesi l’impresa ha imputato a conto

economico la quota di ammortamento calcolata sul costo rivalutato e, pertanto, superiore

rispetto a quella ammessa fiscalmente, che si basa, invece, sul costo fiscale, ovvero quello ante-

rivalutazione: l’eccedenza della quota di ammortamento civilistico, rispetto a quella fiscalmente rilevante

nel periodo d’imposta 2014, rappresenta un costo indeducibile, che comporta la necessità di operare una

variazione in aumento per il corrispondente importo, nonché di stornare parzialmente il fondo imposte

differite per la quota riferibile all’eccedenza 2014 di ammortamenti.

Esempio

Costo fiscale del fabbricato industriale: euro 1.000.000 (al netto del valore del terreno)

Costo rivalutato del bene: euro 1.200.000 (al netto del valore del terreno)

Aliquota di ammortamento di cui al D.M. 31 dicembre 1988: 3%

Quota di ammortamento imputata al conto economico dell’esercizio 2014:

3%*euro 1.200.000 = euro 36.000

Quota di ammortamento ammessa in deduzione:

3%*euro 1.000.000 = euro 30.000

Quota di ammortamento indeducibile (rigo RF21, colonna 1, del modello Unico 2015):

euro 36.000 – euro 30.000 = euro 6.000

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Diversamente, nel caso di rivalutazione effettuata nel 2008, con effetti fiscali differiti, il 2014 è il

secondo periodo d’imposta in cui – qualora i coefficienti di ammortamento civilistico coincidano con quelli

tributari previsti dal D.M. 31 dicembre 1988 – le quote di ammortamento civilistico e fiscale sono

perfettamente allineate, in quanto calcolate sul medesimo costo, ovvero quello comprensivo della

rivalutazione. In tale circostanza, non deve, pertanto, essere operata alcuna variazione in

aumento, a dispetto dei periodi d’imposta dal 2009 al 2012.

Si rammenta, inoltre, che il saldo attivo di rivalutazione costituisce una riserva in sospensione

d’imposta, suscettibile di dare luogo a tassazione in caso di distribuzione, salvo il caso in cui l’impresa

abbia correttamente proceduto all’affrancamento della riserva, mediante il pagamento dell’imposta

sostitutiva dell’Ires e dell’Irap, e di eventuali addizionali, fissata nella misura del 10% del valore lordo della

riserva, corrispondente ai maggiori valori iscritti, senza considerare l’imposta sostitutiva applicata agli stessi

(art. 1, co. 142, della Legge n. 147/2013). Diversamente, in mancanza di affrancamento, in caso di

distribuzione ai soci, “il saldo aumentato dell’imposta sostitutiva concorre a formare la base

imponibile della società” (artt. 13, co. 2, della Legge n. 342/2000, e 9, co. 2, del D.M. n. 162/2001).

In ordine alle conseguenze dell’affrancamento, la C.M. n. 13/E/2014, par. 8 ha fornito alcune opportune

precisazioni, prendendo spunto dal richiamo, operato dal co. 146 dell’art. 1 della Legge n. 147/2013, all’art.

1, co. 475, 477 e 478, della Legge n. 311/2004:

• la riserva di rivalutazione, qualora affrancata, è liberamente distribuibile a partire dal 2014, e

non concorre, quindi, a formare il reddito imponibile del soggetto che procede alla distribuzione;

• la distribuzione del saldo attivo di rivalutazione, operata dopo l’affrancamento, non consente di

beneficiare del credito d’imposta pari all’imposta sostitutiva assolta al momento della rivalutazione;

• la distribuzione comporta, in capo al socio, l’assoggettamento a tassazione dell’importo percepito,

trattandosi di riserve di utili, secondo le regole ordinariamente previste per l’imposizione dei dividendi.

Nel caso di distribuzione, dopo l’affrancamento, del saldo attivo di rivalutazione, trova applicazione la

presunzione prevista dall’art. 47, co. 1, del D.P.R. n. 917/1986, secondo cui si considerano

prioritariamente distribuite le riserve di utili rispetto a quelle di capitali: sul punto, la C.M.

n. 13/E/2014, par. 8 ha ricordato che, per espressa previsione normativa, tale presunzione non

opera, invece, per le riserve in sospensione d’imposta;

• il tributo sostitutivo versato per l’affrancamento del saldo attivo di rivalutazione è indeducibile, e può

essere imputato, anche soltanto parzialmente, alle riserve iscritte in bilancio;

• l’affrancamento del saldo attivo di rivalutazione non produce, invece, effetti sul differimento del

riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio sui beni, in conseguenza della rivalutazione,

in quanto la relativa disciplina non prevede alcuna deroga in merito.

In sede di applicazione della disciplina delle società di comodo di cui all’art. 30 della Legge n. 724/1994,

trattandosi di rivalutazione con effetti fiscali differiti al periodo d’imposta 2016, l’Agenzia delle Entrate ha

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osservato che, ai fini del test di operatività, gli immobili a destinazione abitativa dovranno essere

assoggettati:

• fino al 2015, al coefficiente del 6% applicato al valore non rivalutato;

• a partire dal periodo d’imposta 2016, e per le due successive annualità fiscali, al coefficiente del 4%

applicato – per tutto il triennio – al valore fiscalmente rilevante, comprensivo della rivalutazione;

• dal 2019, al coefficiente del 6% applicato al valore di cui al punto precedente.

Analoghi criteri dovranno, naturalmente, essere adottati per l’applicazione del coefficiente di redditività del

4,75% o 3% per la determinazione del reddito minimo presunto di cui all’art. 30, co. 3, della Legge n.

724/1994.

Nell’ipotesi di rivalutazione degli immobili effettuata nel bilancio 2008 (art. 15, co. 16-23, del D.L.

n. 185/2008), con effetti fiscali differiti al quinto periodo d’imposta successivo, l’Agenzia delle Entrate

aveva già avuto modo di precisare – con la R.M. n. 101/E/2013 – che, ai fini del calcolo delle risultanze

medie degli immobili nell’ambito del triennio, devono essere considerati i valori fiscalmente rilevanti

nei singoli periodi d’imposta: conseguentemente, il test di operatività nel modello Unico 2015 dovrà

ricomprendere il valore rivalutato per il 2013 ed il 2014, e quello ante-rivalutazione con riguardo al 2012,

ovvero quando i maggiori valori iscritti non avevano ancora ottenuto il riconoscimento fiscale.

L’Agenzia delle Entrate ha, inoltre, ricordato che il realizzo del bene rivalutato nel corso del periodo

di osservanza, ovvero entro il terzo esercizio fiscale successivo (31 dicembre 2016 per i contribuenti

“solari”), comporta alcune specifiche conseguenze:

• la plusvalenza o minusvalenza fiscale deve essere determinata senza considerare il maggior valore

iscritto in sede di rivalutazione;

• il cedente matura un credito d’imposta, pari all’ammontare dell’imposta sostitutiva riferibile alla

rivalutazione dei beni ceduti (art. 3 del D.M. n. 86/2002), ovvero alla quota versata, in caso di

pagamento rateale. Al ricorrere di quest’ultima ipotesi, non deve essere versato il debito d’imposta

residuo (C.M. n. 57/E/2002);

• l’imposta sostitutiva è imputata ad incremento del saldo attivo di rivalutazione, in misura corrispondente

al maggior valore attribuito ai beni, e la relativa parte di riserva si “libera”, a norma del co. 4 della

predetta disposizione. Conseguentemente, non trova più applicazione l’art. 13 della Legge n. 342/2000.

3.1. Spese di manutenzione e riparazione ordinaria

Nel caso di rivalutazione effettuata nel bilancio dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2013, ai sensi dell’art.

1, co. 140-146, della Legge n. 147/2013, oppure di quelle esclusivamente civilistica operata nel rendiconto

del periodo amministrativo 2008 (art. 15, co. 16 e ss., del D.L. n. 185/2008), il plafond delle spese di

manutenzione e riparazione ordinaria – imputate alla voce B.7) del conto economico dell’esercizio

2014 – deve essere calcolato sulla base del costo fiscalmente riconosciuto, quindi, senza tenere conto

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dei maggiori valori civilistici iscritti. L’art. 102, co. 6, del Tuir stabilisce, infatti, che gli oneri di

manutenzione e riparazione ordinaria – non imputati ad incremento del costo dei beni ammortizzabili ai

quali si riferiscono – sono deducibili nel limite del 5% del costo complessivo dei beni ammortizzabili che

risultata dal relativo registro all’inizio del periodo d’imposta. Non rientrano, pertanto, nel computo i beni

ammortizzabili acquistati o ceduti nel corso dell’esercizio 2014, in quanto rileveranno nel calcolo del plafond

del 2015: in altri termini, il costo dei cespiti alienati nel corso del 2014 rileva, comunque, integralmente ai

fini del calcolo del plafond, dal quale risulta, invece, esclusa la spesa sostenuta per l’acquisizione di nuovi

beni strumentali. Nel caso di imprese di nuova costituzione, il predetto plafond è determinato, nel

primo esercizio, sulla base del costo complessivo dei beni materiali risultante al termine di tale periodo

d’imposta: con l’effetto che tale dato risulta già completamente depurato, senza alcun ragguaglio, delle

cessioni effettuate nel corso dell’esercizio, mentre gli acquisti finiscono per rilevare integralmente a

prescindere dalla data di esecuzione dell’operazione.

In sede di determinazione del costo complessivo dei beni materiali ammortizzabili all’inizio del periodo

d’imposta, devono essere considerati anche tutti i cespiti, iscritti nel relativo registro, completamente

ammortizzati.

I beni a deducibilità limitata rilevano esclusivamente per la parte di costo riconosciuta fiscalmente. Si

pensi, ad esempio, ai cespiti ad uso promiscuo, come le autovetture di cui all’art. 164, co. 1, lett. b), del

D.P.R. n. 917/1986 il cui costo – per la parte non eccedente euro 18.075,99 – deve essere assunto per il

solo 20%, anche ai fini del calcolo del plafond in commento: oppure ai telefoni cellulari, fiscalmente

rilevanti per l’80% del proprio costo, a norma dell’art. 102, co. 9, del Tuir.

Sono esclusi dal computo del “costo complessivo dei beni materiali ammortizzabili” i terreni, gli elementi

immateriali (avviamento, marchi, brevetti, ecc.) e gli oneri pluriennali (costi di impianto ed ampliamento,

ricerca, sviluppo e pubblicità), nonché i cespiti non strumentali all’esercizio dell’attività d’impresa, come

gli immobili-patrimonio, e quelli relativi a beni per i quali il contribuente eroga dei compensi periodici

per la manutenzione prevista contrattualmente e, quindi, deducibili nell’esercizio di competenza.

Quest’ultimo criterio non è, tuttavia, vincolante, in quanto la società può, in alternativa, decidere di:

• avvalersi del criterio di deduzione di cui all’art. 102, co. 6, ultimo periodo, del Tuir, e mantenerlo per

tutti i periodi d’imposta compresi nella durata del contratto. Al ricorrere di tale ipotesi, gli eventuali costi

di manutenzione e riparazione ordinaria, diverse dai predetti compensi periodici, sono incluse tra le

altre spese – e sono, quindi, deducibili nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali

ammortizzabili risultanti all’inizio del periodo d’imposta – e, nella determinazione di tale plafond, non

si deve tener conto del costo dei beni la cui manutenzione è affidata a terzi;

• considerare il costo di tali beni nell’individuazione del suddetto limite del 5%, includendo, quindi, i

compensi periodici dovuti contrattualmente a terzi tra le spese di manutenzione la cui deducibilità è

limitata.

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Qualora il plafond del 5% determinato secondo i predetti criteri fiscali sia inferiore alla spese di

manutenzione e riparazione ordinaria imputate alla voce B.7) del conto economico dell’esercizio 2014,

l’eventuale eccedenza è temporaneamente indeducibile in tale periodo d’imposta (variazione in aumento

nel modello Unico 2015 – Società di Capitali, rigo RF24), ma rileva nei successivi 5 esercizi in quote

costanti, anche nel caso di cessione del bene a cui si riferiscono (RR.MM. n. 9/806/1981 e 9/826/1980):

è, pertanto, necessario verificare la sussistenza dei requisiti per la rilevazione dei crediti per imposte

anticipate, coerentemente con il principio contabile nazionale OIC 25 ed il presupposto della continuità

aziendale.

Esempio

Costo complessivo dei beni al 1° gennaio 2014: euro 1.500.000 (di cui euro 500.000 interessati da contratti

di manutenzione periodica)

Spese di manutenzione ordinaria imputate a conto economico dell’esercizio 2014: euro 150.000 (di cui

euro 80.000 relativi a compensi per contratti di manutenzione periodica)

Spese di manutenzione e riparazione da assoggettare al test di cui all’art. 102, co. 6, del Tuir: euro 150.000

– euro 80.000 = euro 70.000

Base di calcolo del plafond del 5%: euro 1.500.000 – euro 500.000 = euro 1.000.000

Quota deducibile nel periodo d’imposta 2013: 5,00%*euro 1.000.000 = euro 50.000

Spese di manutenzione e riparazione indeducibili nel periodo d’imposta 2014:

euro 70.000 – euro 50.000 = euro 20.000

Importo deducibile per quote costanti nel quinquennio successivo:

(euro 70.000 – euro 50.000)/5 =euro 4.000

Periodo d’imposta Quota deducibile Variazione in dichiarazione

2014 50.000 + 20.000

2015 4.000 – 4.000

2016 4.000 – 4.000

2017 4.000 – 4.000

2018 4.000 – 4.000

2019 4.000 – 4.000

70.000 0

Qualora i beni materiali ammortizzabili comprendano alcuni cespiti rivalutati esclusivamente ai fini

civilistici, ai sensi dell’art. 15, co. 16 e ss., del D.L. n. 185/2008, oppure nel bilancio dell’esercizio 2013

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– con effetto fiscale differito al terzo periodo d’imposta successivo (ovvero al 2016, per i contribuenti aventi

il periodo d’imposta coincidente con l’anno solare) – a norma dell’art. 1, co. 140-146, della Legge n.

147/2013, deve essere considerato, ai fini del calcolo delle spese di manutenzione e riparazione ordinaria

deducibili nel periodo d’imposta 2014, il costo fiscale di tali beni, ovvero senza tenere conto della

rivalutazione.

Esempio

Costo complessivo dei beni materiali ammortizzabili iscritti in bilancio al 31 dicembre 2013: euro 1.500.000

di cui euro 700.000 relativi ad un fabbricato del costo storico di euro 400.000 rivalutato nel bilancio 2008,

ai soli fini civilistici, per euro 300.000.

Costo fiscale dei beni materiali ammortizzabili al 1° gennaio 2014: euro 1.200.000

Costo fiscale dei beni materiali ammortizzabili oggetto di contratti di manutenzione periodica: euro 200.000

Costo fiscale da assoggettare al coefficiente forfettario del 5% (periodo d’imposta 2014): euro 1.500.000

– euro 300.000 – euro 200.000 = euro 1.000.000

Spese di manutenzione e riparazione, ammodernamento e trasformazione deducibili nel 2014: euro

1.000.000*5% = euro 50.000

4. Contratti di leasing

La gestione contabile e fiscale dei contratti di locazione finanziaria, aventi ad oggetto sia beni mobili che

immobili, costituisce da sempre un aspetto di particolare rilievo nella chiusura dei bilanci di esercizio e

nella determinazione del reddito d’impresa. In tale contesto, è necessario tener conto che negli ultimi anni

sono intervenute importanti modifiche normative:

• dapprima l’art. 4-bis del D.L. n. 16/2012, con decorrenza dai contratti stipulati dal 29 aprile 2012,

ha stabilito che la deducibilità – sia dal reddito di lavoro autonomo (art. 54, co. 2 del D.P.R. n.

917/1986) che d’impresa (art. 102, co. 7, del Tuir) – dei canoni di locazione finanziaria non è più

subordinata alla durata minima del contratto di leasing, se inferiore a quella minima fiscale, con

la conseguenza che tali componenti negativi restano deducibili in base al previgente criterio temporale

di competenza fiscale, a prescindere dal periodo di efficacia civilistica dell’atto;

• infine, l’art. 1, co. 162, della Legge n. 147/2013, mediante il quale – pur confermando la “libertà” di

durata civilistica del contratto di leasing – è stato modificato, con esclusivo riguardo ai contratti

sottoscritti dal 1° gennaio 2014, il periodo di deduzione fiscale del contratto di locazione finanziaria,

variabile in funzione della tipologia di bene (immobile, mobile o autoveicoli a deduzione limitata).

Nel caso dei contratti sottoscritti fino al 28 aprile 2012, si rendono applicabili le vecchie regole

previste dalla previgente – rispetto all’entrata in vigore del D.L. n. 16/2012 – formulazione dell’art. 102 del

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Tuir, sino alla scadenza del contratto, la cui rilevanza fiscale è subordinata alla pre-condizione della “durata

minima del contratto”.

4.1. Contratti stipulati dal 29 aprile 2012 al 31 dicembre 2013

L’applicazione dell’art. 4-bis del D.L. n. 16/2012, riguardante i contratti stipulati dal 29 aprile 2012 e

prima dell’entrata in vigore della Legge n. 147/2013, comporta la gestione di un “doppio binario”, in

quanto:

• la durata civilistica del contratto di locazione finanziaria dipende dall’accordo concluso tra le parti,

senza alcuna necessità di rispettare una durata minima;

• la deduzione fiscale dei canoni dal reddito d’impresa, al contrario, deve avvenire in un arco temporale

predeterminato, e variabile, come si vedrà in seguito, in funzione della tipologia del bene oggetto del

contratto.

La disciplina novellata dal D.L. n. 16/2012 ha formato oggetto anche di uno specifico approfondimento

dell’Agenzia delle Entrate, formulato con la C.M. n. 17/E/2013.

Eliminazione della durata contrattuale minima

Circoscrivendo l’analisi alla disciplina applicabile ai titolari di reddito d’impresa, interessati dalla redazione

del bilancio d’esercizio secondo le disposizioni del codice civile, la modifica di maggior rilievo apportata dal

D.L. n. 16/2012 è rappresentata dal disallineamento tra l’imputazione civilistica dei canoni in bilancio, che

avviene in funzione della durata effettiva del contratto, e la deduzione fiscale degli stessi, che deve

avvenire tenendo conto delle disposizioni di cui all’art. 102, co. 7, del Tuir, come modificate dall’art. 4-bis,

co. 1, lett. b), del D.L. n. 16/2012.

In particolare, l’art. 102, co. 7, del D.P.R. n. 917/1986, così come novellato dal D.L. n. 16/2012:

• ha confermato il principio di cui al primo periodo, riguardante l’impresa concedente, che imputa a conto

economico i relativi canoni di locazione finanziaria, e “deduce quote di ammortamento determinate in

ciascun esercizio nella misura risultante dal relativo piano di ammortamento finanziario”. In altri termini,

la nuova possibilità di stipulare un contratto di locazione finanziaria per una durata inferiore

a quella “minima fiscale” oltre a non pregiudicare più il diritto alla deduzione dei canoni, da parte

dell’utilizzatore, consente anche al concedente di beneficiare della rilevanza tributaria di maggiori quote

di ammortamento del bene concesso in leasing, in quanto dipendenti dal piano di ammortamento

finanziario e, quindi, dalla durata contrattuale;

• ha stabilito, al secondo periodo, per l’impresa utilizzatrice – che iscrive i costi periodici del leasing nella

voce B.8) dello schema di cui all’art. 2425 c.c. – l’irrilevanza fiscale della durata

contrattualmente prevista, ed il riconoscimento tributario della quota capitale dei canoni nei limiti

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derivanti dai previgenti criteri quantitativi: per un periodo non inferiore ai due terzi del periodo di

ammortamento fiscale desumibile dal D.M. 31 dicembre 1988, in relazione all’attività esercitata.

Salvo che il bene oggetto del contratto di leasing rientri in una delle seguenti categorie:

• immobili: se l’applicazione di tale regola conduce ad un risultato inferiore ad 11 anni oppure superiore

a 18 anni, “la deduzione è ammessa per un periodo, rispettivamente, non inferiore a undici

anni ovvero pari almeno a diciotto anni”. In altri termini, nel caso di un contratto di leasing

immobiliare, stipulato il 26 novembre 2012 per una durata di 10 anni, l’impresa utilizzatrice –

ipotizzando che il fabbricato sia soggetto ad un’aliquota di ammortamento fiscale del 3% – può dedurre

la quota capitale dei canoni in un orizzonte temporale non inferiore ai 18 anni, indipendentemente dalla

circostanza che la durata contrattuale sia di soli 10 anni. Diversamente, se l’atto di leasing fosse stato

sottoscritto per una durata di 20 anni, le quote capitale dei canoni sarebbero deducibili in base agli

importi contrattuali, in quanto coerenti con il periodo di ammortamento fiscale di cui all’art. 102, co. 7,

del Tuir;

• cespiti di cui all’art. 164, co. 1, lett. b), del Tuir: la deducibilità dei canoni di locazione finanziaria,

relativi ai contratti stipulati dal 29 aprile 2012 al 31 dicembre 2013, è ammessa per un periodo di

ammortamento corrispondente al coefficiente di cui al predetto Decreto Ministeriale.

Conseguentemente, con riguardo ai contratti di leasing stipulati in tale orizzonte temporale passato,

era prospettabile la stipulazione di un contratto biennale di leasing di un’autovettura, che consentisse,

però, di dedurre i relativi canoni nel maggior periodo fiscale di ammortamento di 4 anni (aliquota del

25% di cui al D.M. 31 dicembre 1988): in altri termini, nei due anni di validità giuridica dell’atto di

locazione finanziaria, i canoni imputati alla voce B)8) del conto economico risulteranno eccedenti

l’importo ammesso fiscalmente, rendendo necessaria, per la differenza, una corrispondente variazione

in aumento, in sede di predisposizione della dichiarazione dei redditi.

Conseguentemente, come confermato anche dall’Agenzia delle Entrate, nella C.M. n. 17/E/2013:

• se la durata effettiva del contratto è inferiore al periodo di deduzione fiscale sancito dall’art. 102, co.

7, del Tuir, in ciascun esercizio è necessario effettuare una variazione in aumento in sede di

dichiarazione dei redditi;

• se la durata effettiva del contratti è pari al periodo di deduzione fiscale stabilito dall’art. 102, co. 7, del

D.P.R. n. 917/1986, non si verifica alcun disallineamento, con l’effetto che i canoni imputati a conto

economico trovano un pieno riconoscimento anche nella determinazione del reddito d’impresa (fatte

salve, ovviamente, le variazioni richieste per la quota interessi ai sensi dell’art. 96 del Tuir, e lo scorporo

della quota terreno);

• se la durata effettiva del contratto è superiore al periodo di deduzione fiscale stabilito dall’art. 102,

co. 7, del D.P.R. n. 917/1986, si ritiene che la deduzione fiscale debba avvenire comunque lungo la

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durata effettiva del contratto, in quanto la deduzione più breve sarebbe carente del requisito della

previa imputazione a conto economico prevista dall’art. 109, co. 4, del Tuir.

Deduzione fiscale dei contratti di leasing stipulati dal 29 aprile 2012 al 31 dicembre 2013

Bene Periodo di deduzione fiscale

Bene mobile materiale (diverso da quelli a

deduzione limitata) e bene immateriale

(fermo restando il contenuto della R.M. n.

27/E/2005)

2/3 del periodo di ammortamento (secondo la

tabella di cui al D.M. 31 dicembre 1988)

Bene immobile

2/3 del periodo di ammortamento (secondo la

tabella di cui al D.M. 31 dicembre 1988), e con un

minimo di 11 anni ed un massimo di 18 anni

Mezzi di trasporto a deduzione limitata (art.

164 del Tuir)

Intero periodo di ammortamento (secondo la

tabella di cui al D.M. 31 dicembre 1988)

Fiscalità anticipata

Nella fattispecie in cui il contratto di leasing abbia una durata effettiva inferiore al periodo di deduzione

fiscale, tale scenario normativo potrebbe, in primo luogo, comportare l’esigenza di rilevare le corrispondenti

imposte anticipate, in presenza dei requisiti indicati dal principio contabile OIC 25, ovvero la

ragionevole certezza di conseguire – nei periodi d’imposta in cui i maggiori canoni civilistici saranno

deducibili – redditi imponibili futuri sufficientemente capienti rispetto a tali costi che si andranno ad

imputare in diminuzione. Più in particolare, il recupero del credito iscritto in bilancio avverrà negli esercizi

successivi alla conclusione del contratto civilistico, nei quali la società potrà recuperare i canoni residui

mancanti fino al completamento del maggior periodo di deduzione fiscale stabilito dall’art. 102, co. 7, del

D.P.R. n. 917/1986.

4.2. Deducibilità Ires della quota interessi

Il riferimento all’art. 96 del D.P.R. n. 917/1986 – operato dall’art. 102, co. 7, del Tuir – comporta

che gli interessi passivi impliciti dei canoni di leasing partecipino, unitamente a tutti gli altri oneri finanziari,

al procedimento di verifica della loro rilevanza tributaria, ai fini della determinazione del reddito imponibile

Ires.

Gli interessi passivi ed oneri assimilati – diversi da quelli compresi nel costo dei beni di cui all’art.

110, co. 1, lett. a), del Tuir, imputati ad incremento del costo delle rimanenze finali (R.M. n. 3/DPF/2008),

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oppure soggetti a discipline speciali (ad esempio, artt. 90 e 164 del Tuir) – sono, infatti, deducibili

secondo due specifiche regole:

1) integralmente, sino a concorrenza degli interessi attivi e proventi assimilati;

2) parzialmente, per l’eccedenza, nel limite del 30% del Risultato Operativo Lordo della gestione

caratteristica (ROL), individuato sulla base della differenza A) – B) del conto economico civilistico,

ovvero tra il valore ed i costi della produzione, senza considerare i canoni di locazione finanziaria dei

beni strumentali, gli ammortamenti delle immobilizzazioni materiali ed immateriali. La parte di interessi

passivi che non dovesse, eventualmente, trovare capienza in tale soglia è indeducibile nel periodo

d’imposta di competenza, ma comunque riportabile al successivo esercizio e, quindi, deducibile, qualora

il 30% del ROL di tale anno sia successivamente capiente.

La formulazione dell’art. 102, co. 7, del Tuir, come anticipato, stabilisce, all’ultimo periodo, che “la

quota di interessi impliciti desunta dal contratto è soggetta alle regole dell’articolo 96”. Tale

disposizione – non applicabile ai mezzi di trasporto soggetti alla disciplina speciale di cui all’art. 164 del

D.P.R. n. 917/1986, per i quali gli oneri finanziari sono deducibili secondo i medesimi criteri previsti per il

costo di acquisto (C.M. n. 47/E/2008, par. 5.3) – mal si concilia, tuttavia, con le disposizioni in commento,

in quanto la quota interessi desumibile dal contratto è quella civilistica, che potrebbe non corrispondere a

quella deducibile fiscalmente, laddove la durata del contratto stesso sia inferiore al periodo di deduzione

previsto dall’art. 102, co. 7, del Tuir.

La questione è stata affrontata anche dall’Agenzia delle Entrate (C.M. n. 17/E/2013), che ha attribuito

rilevanza alla tesi della dottrina prevalente (ad esempio, la Circolare Assonime n. 14/2012), fondata

sull’osservazione che il canone di leasing è unitario, poiché non sussiste una suddivisione esplicita tra quota

capitale e quota interessi, l’intero importo deve, quindi, essere ripartito lungo il periodo di

deduzione fiscale, e la quota interessi – scorporata dal canone “virtuale” fiscale – essere assoggettata

alle limitazioni di cui all’art. 96 del Tuir. Queste ultime sono, infatti, previste esclusivamente dalla normativa

fiscale: conseguentemente, anche in considerazione dell’unitarietà del canone di leasing, lo scorporo della

quota interessi deve avvenire tenendo conto del canone deducibile fiscalmente e, quindi, nel rispetto del

periodo di deduzione previsto dall’art. 102 del Tuir.

4.3. Scorporo della quota terreno

A norma dell’art. 36, co. 7 e 7-bis, del D.L. n. 223/2006, non rileva il costo relativo all’area su cui

insiste il fabbricato, o di cui ne costituisce pertinenza: con l’effetto che, in caso di mancata autonoma

iscrizione in bilancio del valore del terreno (a seguito dell’originario acquisto), si deve applicare il

coefficiente forfetario di scorporo del 20,00% (o, nel caso di fabbricati industriali, del 30,00%). In relazione

all’individuazione della quota terreno (indeducibile), non appare del tutto chiaro come possano “convivere”

le due variazioni in aumento che vengono effettuate: la prima riferita alla differenza tra canone di

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competenza civilistico, imputato a conto economico in funzione della durata effettiva del contratto, e la

seconda relativa alla quota parte della quota capitale del canone in quanto riferita al terreno. Secondo

l’Agenzia delle Entrate, anche per quanto riguarda lo scorporo del terreno (parte della quota capitale

indeducibile) si rende applicabile il principio di prevalenza della durata fiscale nel caso leasing immobiliare

(C.M. n. 1/E/2007), ai fini del calcolo della parte di indeducibile del canone riferibile al terreno sul quale

insiste il fabbricato strumentale

Esempio 1: durata contrattuale inferiore al periodo di ammortamento fiscale

In data 10 maggio 2012, la Alfa s.r.l. ha stipulato un contratto di leasing immobiliare, avente una durata

di 10 anni, per un costo complessivo di euro 1.890.000.

Si supponga che il bene in locazione finanziaria sia qualificabile come “industriale”, ed il canone annuo di

euro 189.000 rilevi fiscalmente per soli euro 105.000 (deduzione ammessa in un periodo minimo di 18

anni), di cui euro 5.000 a titolo di interessi.

Periodo d’imposta

Canoni imputati a

conto economico

Canoni fiscalmente rilevanti (A)

Quota interessi impliciti ex art. 96 del Tuir (B)

Quota terreno indeducibile

C= (A-B)*30%

Quota capitale

deducibile A – B – C

2012 189.000 105.000 5.000 30.000 70.000 2013 189.000 105.000 5.000 30.000 70.000 2014 189.000 105.000 5.000 30.000 70.000 2015 189.000 105.000 5.000 30.000 70.000 2016 189.000 105.000 5.000 30.000 70.000 2017 189.000 105.000 5.000 30.000 70.000 2018 189.000 105.000 5.000 30.000 70.000 2019 189.000 105.000 5.000 30.000 70.000 2020 189.000 105.000 5.000 30.000 70.000 2021 189.000 105.000 5.000 30.000 70.000 2022 105.000 5.000 30.000 70.000 2023 105.000 5.000 30.000 70.000 2024 105.000 5.000 30.000 70.000 2025 105.000 5.000 30.000 70.000 2026 105.000 5.000 30.000 70.000 2027 105.000 5.000 30.000 70.000 2028 105.000 5.000 30.000 70.000 2029 105.000 5.000 30.000 70.000

1.890.000 1.890.000 90.000 540.000 1.260.000

Esempio 2: durata contrattuale superiore al periodo di ammortamento fiscale

In data 15 maggio 2012, la Beta s.p.a. ha stipulato un contratto di leasing immobiliare, avente una durata

di 20 anni, per un costo complessivo di euro 1.890.000.

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Si supponga che il bene in locazione finanziaria sia qualificabile come “industriale”: il canone annuo di euro

94.500 (per un periodo civilistico di 20 anni) – essendo coerente con quello ammesso dall’art. 102, co. 7,

del Tuir (almeno 18 anni) – rileva fiscalmente in forma integrale, al netto della quota interessi (euro 4.500),

nonché della quota ascrivibile al terreno sul quale insiste.

Periodo d’imposta

Canoni imputati a

conto economico

Canoni fiscalmente

rilevanti (A)

Quota interessi impliciti ex art. 96 del Tuir (B)

Quota terreno indeducibile

C= (A-B)*30%

Quota capitale deducibile A – B – C

2012 94.500 94.500 4.500 27.000 63.000 2013 94.500 94.500 4.500 27.000 63.000 2014 94.500 94.500 4.500 27.000 63.000 2015 94.500 94.500 4.500 27.000 63.000 2016 94.500 94.500 4.500 27.000 63.000 2017 94.500 94.500 4.500 27.000 63.000 2018 94.500 94.500 4.500 27.000 63.000 2019 94.500 94.500 4.500 27.000 63.000 2020 94.500 94.500 4.500 27.000 63.000 2021 94.500 94.500 4.500 27.000 63.000 2022 94.500 94.500 4.500 27.000 63.000 2023 94.500 94.500 4.500 27.000 63.000 2024 94.500 94.500 4.500 27.000 63.000 2025 94.500 94.500 4.500 27.000 63.000 2026 94.500 94.500 4.500 27.000 63.000 2027 94.500 94.500 4.500 27.000 63.000 2028 94.500 94.500 4.500 27.000 63.000 2029 94.500 94.500 4.500 27.000 63.000 2030 94.500 94.500 4.500 27.000 63.000 2031 94.500 94.500 4.500 27.000 63.000

1.890.000 1.890.000 90.000 540.000 1.260.000

4.4. Recupero delle quote non dedotte

Le nuove regole previste, ed analizzate nei precedenti paragrafi, comportano una sorta di “doppio binario”

tra le regole di imputazione civilistiche dei canoni, che tengono conto della durata effettiva del contratto,

e quelle di deduzione fiscale, che devono invece tener conto del periodo temporale indicato nell’art. 102,

co. 7, del D.P.R. n. 917/1986.

Si ritiene che, soprattutto per i contratti aventi ad oggetto beni immobili stipulati dal 29 aprile 2012 al 31

dicembre 2013, la durata del contratto possa generalmente essere inferiore al periodo previsto per la

deduzione dei canoni dal reddito d’impresa, ragion per cui è necessario chiedersi quali saranno le modalità

per il recupero delle eccedenze fiscali, pari ai canoni relativi alle annualità successive alla scadenza del

contratto, data a partire dal quale il costo di riscatto del bene sarà iscritto nell’attivo dello stato patrimoniale

e soggetto ad ammortamento civilistico.

Sul punto, in dottrina sono state individuate due possibili soluzioni:

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• la prima, proposta da Assilea (Circolare n. 18/2012), prevede che l’eccedenza non dedotta venga

recuperata alla fine del contratto tramite variazioni in diminuzione nel modello Unico, rispettando

il periodo di deduzione previsto dall’art. 102 del D.P.R. n. 917/1986. In altre parole, tale

eccedenza non verrebbe recuperata in unica soluzione al termine della durata del contratto (in sede di

riscatto del bene), bensì in funzione dei periodi d’imposta mancanti al termine del periodo di deduzione

fiscale e, quindi, rispettando il vincolo imposto dal predetto art. 102 del Tuir. In tali periodi d’imposta

“residui”, la società procede altresì al recupero della fiscalità differita attiva iscritta negli esercizi

precedenti;

• la seconda, proposta invece da Assonime (Circolare n. 14/2012), prevede la capitalizzazione

dell’eccedenza fiscale non ancora dedotta al termine del contratto, quale elemento aggiuntivo

del costo fiscale del bene, con conseguente recupero dell’eccedenza stessa sotto forma di maggiori

quote di ammortamento rispetto a quelle civilisticamente operate sul prezzo di riscatto. Tale

impostazione, secondo Assonime, deriverebbe dalla considerazione secondo cui parrebbe non coerente

continuare a dedurre, sia pure solo fiscalmente, canoni di locazione finanziaria in relazione ad un bene

divenuto di proprietà dell’impresa, ed iscritto come tale nell’attivo dello stato patrimoniale.

Secondo l’Agenzia delle Entrate (C.M. n. 17/E/2013), tali importi, temporaneamente indeducibili,

potranno, poi, essere recuperati dopo il decorso del termine contrattuale, tramite variazioni in

diminuzione, pari all’importo annuale del canone fiscalmente deducibile (quota capitale ed interessi), da

apportare sino al completo riassorbimento dei valori fiscali sospesi. Ciò anche qualora l’impresa utilizzatrice

abbia esercitato il diritto di riscatto, e sia divenuta proprietaria del cespite, a prescindere pure dal fatto

che, poi, tale bene venga ceduto prima dell’esaurimento della durata fiscale del leasing: l’Amministrazione

Finanziaria non ritiene, pertanto, condivisibile la tesi dell’Assonime (Circolare n. 14/2012), secondo cui, in

tale circostanza, il contribuente dovrebbe imputare al costo fiscale del bene i canoni – già iscritti a conto

economico – non ancora dedotti , rilevando conseguentemente ai fini della deduzione della quote di

ammortamento e della determinazione della plusvalenza (art. 86 del Tuir), nell’eventualità di una

successiva cessione del cespite.

4.5. Effetti sulla disciplina Irap

La base imponibile del tributo regionale delle società di capitali, ovvero i soggetti interessati dalla

pubblicazione dell’approvato bilancio d’esercizio, è determinata in virtù del principio di derivazione,

partendo dalla differenza tra il valore e i costi della produzione, così come risultante dal conto economico

civilistico, escludendo alcuni componenti reddituali espressamente individuati dall’art. 5 del D.Lgs. n.

446/1997, tra i quali la quota interessi della locazione finanziaria desunta dal contratto.

Conseguentemente, le quota capitale dei canoni di leasing di competenza è deducibile, ai fini Irap, nella

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misura desumibile dal contratto, così come imputata a conto economico. In altri termini, ai fini della

determinazione della base imponibile dei soggetti Ires (ed Irpef “ordinari” per opzione), rilevano i

principi contrattuali e non quelli fiscali di cui all’art. 102, co. 7, del Tuir, applicabili, invece,

per gli altri soggetti. Ciò influisce anche sul quantum degli interessi impliciti dei canoni di leasing che

gli artt. 5, co. 3, del D.Lgs. n. 446/1997 definiscono indeducibili – a prescindere dalla tipologia di

contribuente – per la quota “desunta del contratto”: a questo proposito, si rammenta, tuttavia, che la C.M.

n. 19/E/2009, aveva riconosciuto alle imprese OIC – ovvero soggette all’applicazione, in sede di

redazione del bilancio, dei principi contabili nazionali – la possibilità di continuare ad utilizzare il metodo

forfettario di cui all’art. 1 del D.M. 24 aprile 1998. Ed in tal senso, sia la Circolare Assonime n. 14/2012

che quella dell’Assilea n. 18/2012, fanno riferimento ad una ripartizione lineare degli interessi

passivi lungo la durata del contratto (utilizzando, quindi, il predetto metodo forfettario), e non

tenendo conto delle risultanze del piano di ammortamento finanziario predisposto dalla società di leasing.

In merito al trattamento Irap, la C.M. n. 17/E/2013 ha affermato la prevalenza della durata contrattuale

per i soggetti Ires (art. 5 del D.Lgs. n. 446/1997), sia per la deduzione della quota capitale dei canoni di

leasing che per lo scorporo della quota “terreno” ed interessi indeducibile.

4.6. Contratti stipulati dal 1° gennaio 2014

L’assetto normativo descritto, come anticipato, è stato nuovamente oggetto di modifiche ad opera della

Legge n. 147/2013, con effetto per i contratti sottoscritti a partire dall’entrata in vigore della Legge stessa,

ossia dal 1° gennaio 2014 (pur mantenendo diversi elementi introdotti per i contratti stipulati dal 29

aprile 2012, la cui disciplina è stata descritta nei precedenti paragrafi). In particolare, l’art. 1, co. 162,

della Legge n. 147/2013 è intervenuto sull’art. 102, co. 7, del Tuir, applicabile a titolari di reddito

d’impresa, riducendo, in primo luogo, il periodo di deducibilità fiscale dei canoni di leasing dei

beni mobili strumentali, dai due terzi alla metà del periodo di ammortamento fiscale, qualora

il contratto abbia ad oggetto beni mobili (compresi i veicoli commerciali ed industriali, nonché le

autovetture esclusivamente strumentali e quelle assegnate in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior

parte del periodo d’imposta). In caso di beni immobili, la norma prevede che la deduzione dei canoni di

leasing sia ammessa per un periodo non inferiore a dodici anni.

Resta, invece, immutato il regime di deducibilità dei canoni relativi alle autovetture aziendali,

ovvero quelle non esclusivamente non strumentali, che continuano a dedursi in quattro anni, quale periodo

di ammortamento fiscale.

A seguito delle novità introdotte, che come detto “accorciano” il periodo di deduzione fiscale dei contratti,

è più probabile che si possa evitare il “doppio binario” che caratterizza il precedente assetto normativo,

risultante a seguito delle modifiche introdotte dal D.L. n. 16/2012. In altre parole, fermo restando che

anche per i contratti sottoscritti a partire dal 1° gennaio 2014 non sussiste un vincolo di

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durata minima quale condizione per la deduzione dei canoni, è più probabile che si possa far

coincidere la durata del contratto con il periodo di deduzione fiscale dei canoni, soprattutto per il comparto

immobiliare per il quale è ora stabilito un periodo di deduzione pari a 12 anni, che appare più in linea con

le durate contrattuali che oggi vengono proposte dal mercato.

Si pongono, naturalmente, le medesime problematiche operative, in termini di scorporo della quota

terreno (leasing immobiliari) e di quella relativa agli interessi passivi, ampiamente illustrate con riferimento

alla disciplina introdotta dal D.L. n. 16/2012 – alla quale si rinvia per ogni ulteriore approfondimento

– rispetto alla quale l’Agenzia delle Entrate si è già espressa con la C.M. n. 17/E/2013.

5. Bonus investimenti

L’art. 18 del D.L. n. 91/2014 riconosce un credito d’imposta ai titolari di reddito d’impresa che

effettuano – dal 25 giugno 2014 al 30 giugno 2015 – investimenti (in proprietà, leasing, economia, appalto,

ecc.) in beni strumentali nuovi compresi nella divisione 28 della Tabella Ateco 2007 di cui al Provvedimento

del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 16 novembre 2007, destinati a strutture produttive ubicate

nel territorio dello Stato.

Il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi – come illustrato nella precedente Circolare

n. 5/2015, alla quale si rinvia per ogni ulteriore approfondimento – è riservato a tutti i soggetti residenti

nel territorio dello Stato titolari di reddito d’impresa, indipendentemente dalla natura giuridica, dalla

dimensione e dal settore produttivo di appartenenza degli stessi, nonché dall’adozione di particolari

regimi d’imposta o contabili (contribuenti minimi, nuove iniziative produttive, contabilità semplificata,

ecc.).

5.1. Investimenti agevolabili

L’art. 18, co. 1, del D.L. n. 91/2014, come anticipato, riserva il credito d’imposta ai titolari di reddito

d’impresa che investono in beni strumentali nuovi compresi nella divisione 28 della tabella Ateco

2007 (disponibile sul sito Internet dell’Istat e dell’Agenzia delle Entrate). Conseguentemente, è necessario

che il bene soddisfi alcune specifiche condizioni, ovvero che sia:

1) incluso nella divisione 28 della tabella Ateco 2007;

2) un bene nuovo;

3) un cespite strumentale rispetto all’attività esercitata dall’impresa beneficiaria del credito d’imposta;

4) di importo unitario almeno pari ad euro 10.000.

Sono, invece, esclusi dall’agevolazione:

• i prodotti in metallo per usi generali (divisione 25);

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• gli apparecchi di controllo associati, gli strumenti computerizzati e di misurazione, gli apparati di

distribuzione e controllo dell’energia elettrica (divisioni 26 e 27);

• i veicoli a motore per uso generico (divisioni 29 e 30);

• gli immobili e le autovetture.

Tuttavia, l’agevolazione spetta anche per beni rientranti in divisioni differenti della tabella Ateco

(ad esempio, la 26 e 27), qualora siano destinati al funzionamento dei cespiti rientranti nella divisione 28,

a condizione che costituiscano dotazioni dell’investimento principale oppure componenti indispensabili al

funzionamento di cespiti compresi nella divisione 28 (C.M. n. 44/E/2009). Si consideri, ad esempio, il

computer (divisione 26) e i programmi di software che servono a far funzionare i macchinari e le

apparecchiature agevolabili (C.M. n. 5/E/2015, par. 2.1). Al di fuori di tale ipotesi, rileva l’acquisto di

“parti e accessori” soltanto se espressamente inclusi nella divisione 28, pure se destinati ad essere inseriti

in impianti e strutture più complessi già esistenti.

In assenza di precisazioni da parte dell’art. 18 del D.L. n. 91/2014, l’agevolazione spetta per l’acquisto di

beni da terzi, ma anche per quelli realizzati tramite un contratto di appalto o una costruzione in economia,

oppure acquisiti mediante un’operazione di locazione finanziaria (C.M. n. 5/E/2015, par. 2.3).

5.2. Determinazione dell’agevolazione

Al ricorrere delle predette condizioni soggettive ed oggettive, è riconosciuto un credito d’imposta pari al

15% delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media aritmetica degli investimenti in beni

strumentali, compresi nella divisione 28 della tabella Ateco 2007, realizzati nei 5 precedenti periodi

d’imposta, con facoltà di escludere dal calcolo della media il periodo d’imposta in cui l’investimento è

stato maggiore. Il quinquennio di riferimento è, pertanto, “mobile” in base al periodo d’imposta di

effettuazione dell’investimento:

• 2009-2013, con riguardo agli investimenti effettuati dal 25 giugno 2014 al 31 dicembre 2014, nel caso

di titolare d’impresa avente l’esercizio coincidente con l’anno solare;

• 2010-2014, relativamente agli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2015 al 30 giugno 2015.

A questo proposito, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che i suddetti periodi d’imposta del quinquennio

devono essere considerati, ai fini del calcolo della media, anche se non sono stati interessati da investimenti

(C.M. n. 5/E/2015, par. 4.1). Al fine di garantire l’omogeneità dei valori comparati, i criteri adottati

per l’individuazione e il computo degli investimenti rientranti nella previsione agevolativa valgono anche

per gli investimenti degli esercizi precedenti da assumere per il calcolo della media: in altri termini, devono

essere considerati esclusivamente i beni strumentali nuovi compresi nella divisione 28 della

tabella Ateco 2007, di importo non inferiore ad euro 10.000 e destinati a strutture produttive ubicate

nel territorio dello Stato. Non è espressamente prevista alcuna rilevanza dei disinvestimenti.

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5.3. Imprese di recente o nuova costituzione

Il credito d’imposta relativo agli investimenti in beni strumentali nuovi, aventi le caratteristiche illustrate in

precedenza, spetta anche alle imprese con un’attività inferiore ai 5 anni, nonché a quelle costituite

dopo il 25 giugno 2014 ed entro il 30 giugno 2015 (art. 18, co. 2, del D.L. n. 91/2014), comportando,

pertanto, modalità differenziate di calcolo dell’agevolazione:

• i soggetti che hanno iniziato l’attività d’impresa da meno di 5 periodi d’imposta devono

considerare, ai fini del calcolo della media, il volume degli investimenti posti in essere negli esercizi

precedenti a quello di effettuazione degli investimenti agevolati, con esclusione del periodo d’imposta

con il valore più elevato;

• le imprese costituite successivamente al 25 giugno 2014 determinano il credito d’imposta sulla

base del valore complessivo degli investimenti realizzati in ciascun periodo d’imposta, in

quanto nel primo periodo d’imposta agevolato (2014) non presentano investimenti degli esercizi

precedenti da porre a confronto, mentre nel secondo periodo d’imposta (2015) hanno la possibilità di

escludere il 2014 quale esercizio passato con valore più alto.

5.4. Valorizzazione degli investimenti

Il valore degli investimenti realizzati in ciascun periodo d’imposta deve essere determinato secondo i

criteri ordinari per l’individuazione del costo dei beni rilevante ai fini fiscali, previsti dall’art. 110,

co. 1, lett. a) e b), del D.P.R. n. 917/1986, indipendentemente dalle modalità (ordinarie, forfetarie o

sostitutive) di determinazione del reddito da parte del contribuente: il costo del bene agevolabile è assunto

al netto di eventuali contributi in conto impianti, a prescindere dal metodo di contabilizzazione, con

l’eccezione di quelli non rilevanti nell’ambito delle imposte sui redditi (C.M. n. 5/E/2015, par. 4.2).

L’individuazione del periodo d’imposta di effettuazione dell’investimento agevolabile è operata secondo il

generale principio di competenza di cui all’art. 109, co. 1 e 2, del Tuir: rileva, pertanto, la data di

consegna o spedizione dei beni mobili, ovvero – se successiva – quella in cui si verifica l’effetto traslativo

o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale. Gli oneri relativi alle prestazioni di servizi

direttamente connesse alla realizzazione dell’investimento, non compresi nel costo di acquisto del

bene, rilevano ai fini della determinazione dell’investimento stesso, e si considerano sostenuti alla data di

ultimazione della prestazione.

In ogni caso, come già illustrato in precedenza, il credito d’imposta non spetta per gli investimenti di

importo unitario inferiore ad euro 10.000 (art. 18, co. 3, del D.L. n. 91/2014), e neppure per gli

investimenti in beni a qualunque titolo già utilizzati.

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5.5. Operazioni straordinarie

Nel caso di operazioni straordinarie perfezionate nel corso del quinquennio precedente a quello di

effettuazione dell’investimento, ai fini del calcolo della media è necessario seguire specifici principi,

differenziati in base alla natura dell’atto di riorganizzazione aziendale:

• cessione e conferimento d’azienda: tali operazioni sono neutrali per la determinazione del credito

d’imposta sugli investimenti in beni strumentali nuovi. Gli acquisti effettuati nei 5 anni precedenti

rilevano esclusivamente per il calcolo della media del cedente/conferente: il cessionario/conferitario

non deve tenere conto degli investimenti eseguiti dal cedente/conferente nel quinquennio precedente

(C.M. n. 44/E/2009), poiché tali operazioni straordinarie coinvolgono due soggetti giuridici che

rimangono tali anche a seguito del conferimento, a differenza, ad esempio, della fusione per

incorporazione;

• fusione di società: l’incorporante calcola la media sommando gli investimenti propri e quelli

dell’incorporata;

• scissione di società: la beneficiaria deve aggiungere gli acquisti di beni strumentali nuovi effettuati

dalla scissa in proporzione alla quota di patrimonio netto contabile trasferito;

• trasformazione di società: si deve tenere conto anche degli investimenti effettuati dalla trasformata

nei periodi anteriori alla trasformazione.

5.6. Gestione fiscale del credito d’imposta

Il credito d’imposta non concorre alla formazione del reddito d’impresa e della base imponibile Irap, né

alla determinazione del rapporto di deducibilità di cui all’art. 109, co. 5, del Tuir. Deve essere ripartito ed

utilizzato in 3 quote annuali di pari importo, e indicato nel quadro RU del modello Unico relativo al

periodo d’imposta di maturazione – individuato in base al momento di effettuazione dell’investimento – e

delle dichiarazioni dei redditi riguardanti i periodi d’imposta successivi, sino a quello nel corso del quale se

ne conclude l’utilizzo.

Tale beneficio non è soggetto al limite di cui all’art. 1, co. 53, della Legge n. 244/2007, secondo cui i crediti

d'imposta da indicare nel quadro RU del modello Unico possono essere utilizzati nel limite annuale di euro

250.000 (art. 18, co. 4, del D.L. n. 91/2014): conseguentemente, il credito d’imposta per investimenti in

beni strumentali nuovi può essere usufruito annualmente senza soglie quantitative e, quindi, anche per

importi superiori al limite di euro 250.000 applicabile ai crediti d’imposta agevolativi (C.M. n. 5/E/2015,

par. 5).

Il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi è utilizzabile esclusivamente in

compensazione, mediante modello di pagamento F24, in sede di versamento di tributi e contributi, ai

sensi dell’art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997: non è soggetto al limite generale di compensabilità dei crediti

d’imposta e contributi di cui all’art. 34 della Legge n. 388/2000, pari ad euro 700.000 dal 1° gennaio

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2014, atteso che tale soglia non esplica i propri effetti nei confronti dei crediti d’imposta agevolativi per i

quali sono previsti appositi stanziamenti in bilancio (R.M. n. 9/E/2008 – Dipartimento delle Finanze).

La prima quota di 1/3 del credito d’imposta è utilizzabile a decorrere dal 1° gennaio del secondo

anno successivo a quello in cui è stato effettuato l’investimento, anche per i contribuenti aventi

il periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare. Conseguentemente, per gli investimenti effettuati

dal 25 giugno 2014 al 31 dicembre 2014, la prima quota di 1/3 potrà essere utilizzata dal 1°

gennaio 2016, la seconda dal 1° gennaio 2017 e l’ultima dal 1° gennaio 2018: diversamente, nell’ipotesi

di investimenti effettuati dal 1° gennaio 2015 al 30 giugno 2015, la quota annuale di 1/3 del credito

d’imposta sarà utilizzabile a partire, rispettivamente, dal 1° gennaio 2017, 2018 e 2019.

Nel caso in cui, la quota annuale del credito d’imposta – o una parte della stessa – non possa essere

compensata, per motivi di incapienza, nell’esercizio in cui diviene disponibile, la medesima potrà essere

utilizzata già nel successivo periodo d’imposta, secondo le ordinarie modalità di gestione del credito,

sommandosi così alla quota fruibile a partire da tale esercizio (C.M. n. 5/E/2015, par. 5).

Esempio

Credito d’imposta maturato al 31 dicembre 2014 = euro 7.500

Credito d’imposta utilizzabile dal 1° gennaio 2016 = euro 2.500

Credito d’imposta utilizzabile dal 1° gennaio 2017 = euro 2.500

Credito d’imposta utilizzabile dal 1° gennaio 2018 = euro 2.500

Credito d’imposta compensato nel 2016 = euro 2.000

Credito d’imposta residuo 2016, utilizzabile nel 2017 = euro 2.500 – euro 2.000 = euro 500

Credito d’imposta complessivamente utilizzabile nel 2017 = euro 500 + euro 2.500 = euro

3.000

5.7. Profili operativi

Alla luce di quanto descritto nei precedenti paragrafi, si riportano alcune ipotesi di determinazione del

credito d’imposta spettante per gli investimenti in beni strumentali nuovi effettuati nell’esercizio 2014, dal

25 giugno al 31 dicembre, con riguardo ai contribuenti aventi l’esercizio coincidente con l’anno solare.

Esempio n. 1

Impresa costituita nel 2008

Investimenti divisione 28 nel 2009: euro 11.000

Investimenti divisione 28 nel 2010: euro 14.000

Investimenti divisione 28 nel 2011: euro 20.000

Investimenti divisione 28 nel 2012: euro 25.000

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Investimenti divisione 28 nel 2013: euro 30.000

1 investimento divisione 28 dal 25 giugno 2014 al 31 dicembre 2014: euro 22.500

Media investimenti 2009-2012 (escluso, quindi, il 2013, in quanto quello con maggiori

investimenti) = euro 70.000/4 = euro 17.500

Eccedenza rispetto al quinquennio precedente = euro 22.500 – euro 17.500 = euro 5.000

Credito d’imposta = euro 5.000*15% = euro 750

Quota annua (2016-2018) credito d’imposta = euro 750/3 = euro 250

Esempio n. 2

Impresa costituita nel periodo d’imposta 2012

Investimenti divisione 28 nel 2012: euro 25.000

Investimenti divisione 28 nel 2013: euro 30.000

1 investimento divisione 28 dal 25 giugno 2014 al 31 dicembre 2014: euro 35.000

Media investimenti: euro 25.000, in virtù della facoltà di escludere il periodo d’imposta precedente

con maggiori investimenti

Eccedenza = euro 35.000 – euro 25.000

Credito d’imposta = euro 10.000*15% = euro 1.500

Quota annua (2016-2018) credito d’imposta = euro 1.500/3 = euro 500

Esempio n. 3

Impresa costituita nel periodo d’imposta 2013

Investimenti divisione 28 nel 2013: euro 30.000

1 investimento divisione 28 dal 25 giugno 2014 al 31 dicembre 2014: euro 22.500

Media investimenti: zero, in virtù della facoltà di escludere quello nel precedente quinquennio con

maggiori investimenti.

Credito d’imposta = euro 22.500*15% = euro 3.375

Nel caso di investimenti effettuati dal 25 giugno 2014 al 31 dicembre 2014, l’unico periodo d’imposta

precedente è il 2013, ma la facoltà di escludere il periodo d’imposta passato con gli investimenti più elevati

(2013) comporta che il credito d’imposta del 15% è calcolato direttamente sugli investimenti posti in essere

dal 25 giugno 2014 al 31 dicembre 2014.

Quota annua (2016-2018) credito d’imposta = euro 3.375/3 = euro 1.125

Esempio n. 4

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Diversamente, nell’ipotesi degli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2015 al 30 giugno 2015, riprendendo

i dati del precedente esempio, i periodi d’imposta precedenti sono il 2013 e il 2014: conseguentemente, il

credito d’imposta del 15% è calcolato sull’eccedenza degli investimenti effettuati nel 1° semestre 2015

rispetto a quelli effettuati in quello (2013 o 2014) in cui sono stati eseguiti minori investimenti in beni della

divisione 28.

Investimenti divisione 28 nel 2013: euro 30.000

Investimenti divisione 28 nel 2014: euro 40.000

1 investimento divisione 28 dal 1° gennaio 2015 al 30 giugno 2015: euro 50.000

Media investimenti 2013: euro 30.000, avendo escluso il 2014, quale periodo d’imposta precedente

con i maggiori investimenti.

Eccedenza = euro 50.000 – euro 30.000 = euro 20.000

Credito d’imposta = euro 20.000*15% = euro 3.000

Quota annua (2016-2018) credito d’imposta = euro 3.000/3 = euro 1.000

Esempio n. 5

Impresa costituita il 30 giugno 2014

1 investimento divisione 28 dal 30 giugno 2014 al 31 dicembre 2014: euro 50.000

Media investimenti: zero, non essendovi periodi d’imposta precedenti per il raffronto.

Eccedenza = euro 50.000

Credito d’imposta = euro 50.000*15% = euro 7.500

Quota annua (2016-2018) credito d’imposta = euro 7.500/3 = euro 2.500

5.8. Effetti sul bilancio 2014

Il credito d’imposta maturato nell’esercizio 2014 deve essere rilevato nella voce C.II.4-bis) “Crediti

tributari” dello stato patrimoniale attivo, tra gli “importi esigibili oltre l’esercizio successivo”, in

quanto utilizzabile a partire dall’inizio del secondo anno successivo a quello di effettuazione

dell’investimento, ovvero dal 1° gennaio 2016 con riguardo agli investimenti effettuati dal 25 giugno 2014

al 31 dicembre 2014.

La contropartita del credito d’imposta è rappresentata da un provento non imponibile, da iscrivere nella

voce A.5) del conto economico (OIC 12, par. 51), da rettificare per competenza (Circolare IRDCEC n.

15/2013 e Confindustria, area Politiche Fiscali, “Linea operativa contabile”) – in base alla vita utile del

cespite oggetto dell’investimento (OIC 16, par. 79-81) – mediante i risconti passivi, analogamente

ai contributi in conto impianti (metodo indiretto). L’agevolazione risponde, infatti, alla definizione fornita

dai principi contabili nazionali, ovvero “somme erogate da un soggetto pubblico (Stato o enti pubblici) alla

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società per la realizzazione di iniziative dirette alla costruzione, riattivazione e ampliamento di

immobilizzazione materiali commisurati al costo delle medesime. Sono contributi per i quali la società

beneficiaria può essere vincolata a mantenere in uso le immobilizzazioni materiali cui essi si riferiscono per

un determinato tempo, stabilito dalle norme che li concedono” (OIC 16, par. 79).

Il suddetto comportamento contabile consente di rispettare il principio di correlazione tra le aree A) e

B) del conto economico, ovvero tra il provento derivante dal credito d’imposta e le quote di

ammortamento sugli investimenti agevolati. Permette, inoltre, di conseguire alcuni benefici fiscali, in

quanto l’iscrizione del provento nel valore della produzione – fiscalmente irrilevante, sia ai fini delle imposte

sui redditi che dell’Irap (art. 18, co. 4, del D.L. n. 91/2014) – migliora:

• il margine operativo lordo, il cui valore positivo nel 2014 costituisce una causa di disapplicazione

della disciplina delle società di comodo in perdita sistematica, per i periodi d’imposta 2015, 2016, 2017,

2018 e 2019 (art. 2, co. 36-decies e 36-undecies, del D.L. n. 138);

• il risultato operativo lordo dalla gestione caratteristica e, quindi, incrementare l’importo degli

interessi passivi deducibili in base al 30% del Rol, ferma restando che quelli eccedenti tale limite sono

comunque riportabili al successivo periodo d’imposta (art. 96 del Tuir).

6. Deduzione Ace e trasformazione dell’eccedenza in credito Irap

L’art. 1, co. 137 e 138, della Legge n. 147/2013 ha introdotto due novità in materia di deduzione Ace:

• l’aumento del beneficio, dall’originario 3,00% al 4,00% per il periodo d’imposta in corso al 31

dicembre 2014 (4,50% per il 2015 e 4,75% per il 2016);

• l’irrilevanza, ai fini della determinazione degli acconti per il 2014, del suddetto incremento del

coefficiente Ace. I beneficiari della deduzione Ace calcolano l’acconto sulle imposte sui redditi dovute

per i periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 e 2015 utilizzando l’aliquota percentuale

per il computo del rendimento nozionale del capitale proprio relativa al precedente esercizio fiscale.

L’art. 19, co. 1, lett. b), del D.L. n. 91/2014 ha, poi, modificato l’art. 1, co. 4, del D.L. n. 201/2011,

stabilendo che l’eccedenza Ace derivante dall’incapienza del reddito complessivo netto dichiarato dal

contribuente – in alternativa al riporto, per l’utilizzazione nei successivi periodi d’imposta, senza alcun

limite temporale (art. 3, co. 3, del D.M. 14 marzo 2012), ad incremento dell’importo deducibile dal reddito

d’impresa – può essere trasformata in un credito d’imposta, applicando a tale eccedenza la relativa

aliquota Irpef o Ires (artt. 11 e 77 del Tuir), a seconda della tipologia di contribuente: nel caso dei soggetti

Ires, la deduzione Ace da trasformare deve essere moltiplicata per l’aliquota relativa all’imposta sul reddito

d’impresa (27,50%). A questo proposito, si rammenta altresì che l’utilizzo dell’Ace è obbligatorio,

sino a concorrenza del reddito residuo: diversamente, ovvero nel caso di eccedenze derivanti dal

mancato esercizio della deduzione nei predetti limiti, è preclusa la riportabilità delle stesse (C.M. n.

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12/E/2014, par. 2), così come la nuova facoltà di trasformazione in credito d’imposta Irap.

L’importo così ottenuto è utilizzabile in diminuzione dell’Irap, in cinque quote annuali di pari

ammontare, a partire dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014, nel limite dell’Irap dovuta in

ogni esercizio.

L’eccedenza Ace convertita in credito d’imposta Irap deve essere indicata nella colonna 14 del rigo

RS113 del modello Unico 2015 – Società di Capitali, per la parte del rendimento proprio (colonna

8) e di quello attribuito (colonna 10), al netto della quota utilizzata in deduzione dal reddito complessivo

(rigo RN6, colonna 4), che è trasformata in credito d’imposta Irap. Nel modello Irap 2015, è, invece,

necessario compilare i seguenti righi:

• rigo IS85, colonna 5: importo del credito d’imposta determinato sulla base dell’eccedenza Ace

risultante dall’apposito prospetto del modello Unico 2015 (rigo RS113, colonna 14);

• rigo IR22, colonna 1: quota – pari a 1/5 dell’importo indicato nel rigo IS85, colonna 5 – del credito

d’imposta utilizzata in diminuzione dell’Irap, derivante dalla trasformazione dell’Ace;

• rigo IS86, colonna 2: eventuale credito d’imposta Irap che non ha trovato capienza dell’Irap dovuta

(differenza tra 1/5 del rigo IS85, colonna 5, e quanto riportato nel rigo IR22, colonna 1).

7. Società di comodo in perdita sistematica

L’art. 18 del D.Lgs. n. 175/2014 ha modificato l’art. 2, co. 36-decies e 36-undecies, del D.L. n. 138/2011,

nel senso di ampliare da 3 a 5 periodi d’imposta l’orizzonte temporale di sorveglianza ai fini della

qualificazione di “società di comodo in perdita sistematica”. Conseguentemente, è considerata società di

comodo per perdita sistematica quella con dichiarazioni in perdita fiscale nei 5 periodi d’imposta

precedenti a quello oggetto della dichiarazione, oppure in perdita fiscale in 4 periodi d’imposta, e

con un reddito imponibile inferiore al minimo presunto nel restante esercizio. È, pertanto, di comodo nel

periodo d’imposta 2014 la società con perdita fiscale negli esercizi 2009, 2010, 2011, 2012 e 2013, o con

perdita fiscale nei periodi d’imposta 2010, 2011, 2012 e 2013 ed un reddito imponibile inferiore al minimo

presunto nel 2009. La novità normativa è, pertanto, suscettibile di generare la situazione paradossale in

cui una società è stata qualificata di comodo nel 2013, in virtù di perdite fiscali nei periodi d’imposta 2010,

2011 e 2012, ma non nel 2014, grazie alla novità del D. Lgs. n. 175/2014, per il semplice fatto che nel

2009 la società ha conseguito un reddito imponibile almeno pari al minimo presunto.

Diversamente, qualora la società abbia avuto perdite fiscali nel quinquennio, è considerata di comodo per

il periodo d’imposta successivo, con le conseguenze che ne derivano: in primo luogo, per i soggetti Ires,

è prevista la maggiorazione dell’aliquota (10,50%). È, inoltre, stabilita la determinazione

forfettaria della base imponibile Irap, come sommatoria del reddito minimo presunto, dei costi per il

personale, le collaborazioni coordinate e continuative e i lavoratori autonomi occasionali, nonché degli

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oneri finanziari. Si consideri altresì la significativa penalizzazione nella gestione del credito annuale

Iva, che non può essere compensato orizzontalmente, né richiesto a rimborso o ceduto a terzi: tali

limitazioni, peraltro, si trasformano nel blocco definitivo del credito Iva, che è, pertanto, definitivamente

perso, nel caso in cui la società risulti di comodo per tre periodi d’imposta consecutivi, e in tali tre annualità

non effettui operazioni rilevanti ai fini Iva almeno pari ai ricavi minimi presunti (art. 30, co. 4, della Legge

n. 724/1994).

Rimane, tuttavia, ferma la possibilità di sfuggire a tali conseguenze negative, nell’ipotesi in cui – nel periodo

d’imposta di riferimento – ricorra una causa di esclusione della disciplina della società di comodo,

individuata dall’art. 30, co. 1, Legge n. 724/1994: si pensi, ad esempio, all’ipotesi di congruità e coerenza

agli studi di settore – anche in seguito ad adeguamento (C.M. n. 23/E/2012), oppure al valore della

produzione superiore all’attivo patrimoniale, o all’impiego – nei due esercizi precedenti – di un numero di

lavoratori dipendenti mai inferiore alle 10 unità.

In mancanza di una causa di esclusione nel periodo d’imposta, la società può comunque sottrarsi alla

normativa applicabile alle società di comodo, invocando la sussistenza di una causa di disapplicazione

– tra quelle individuate dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 87956/2012 – che

deve essersi verificata in almeno uno dei cinque periodi d’imposta precedenti a quello oggetto

della dichiarazione (2009-2013): è il caso, ad esempio, del Margine Operativo Lordo positivo, o

dell’impresa in liquidazione che assume l’impegno alla cancellazione dal Registro delle Imprese entro il

termine di presentazione della dichiarazione del periodo d’imposta successivo.

8. Deduzioni Irap e aliquote

L’art. 1, co. 484, lett. a), n. 1), della Legge n. 228/2012 ha modificato l’art. 11, co. 1, lett. a), n. 2) e 3),

del D.Lgs. n. 446/1997, stabilendo – con effetto a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in

corso al 31 dicembre 2013, ovvero dal 2014 per i contribuenti aventi l’esercizio coincidente con l’anno

solare – la nuova misura di alcune variazioni in diminuzione dalla base imponibile Irap:

• deduzione base di euro 7.500 annui (e non più euro 4.600) per ogni dipendente a tempo

indeterminato impiegato nel corso del periodo d’imposta, elevata ad euro 13.500 (anziché euro 10.600)

nel caso di lavoratori di sesso femminile oppure giovani di età inferiore ai 35 anni;

• deduzione maggiorata di euro 15.000 (invece di euro 9.200) per ogni dipendente a tempo

indeterminato utilizzato nel corso del periodo d’imposta in regioni del centro-sud (Abruzzo, Basilicata,

Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia), aumentata ad euro 21.000 (in luogo di euro

15.200) nell’ipotesi di lavoratori di sesso femminile oppure giovani di età inferiore ai 35 anni, impiegati

nelle medesime regioni del mezzogiorno.

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L’art. 1, co. 484, lett. b), della Legge n. 228/2012 ha, invece, modificato – sempre con effetto a partire

dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013, ovvero dal 2014 per i contribuenti

aventi l’esercizio coincidente con l’anno solare – la misura della deduzione prevista dall’art. 11, co. 4-

bis, del D.Lgs. n. 446/1997, fino a concorrenza del valore della produzione netta, nei seguenti termini:

• euro 8.000 (e non più euro 7.350) se la base imponibile Irap non è superiore ad euro 180.759,91;

• euro 6.000 (anziché euro 5.500) qualora il valore della produzione netta sia compreso tra euro

180.759,92 ed euro 180.839,91;

• euro 4.000 (invece di euro 3.700) nel caso in cui la base imponibile Irap sia inclusa nell’intervallo euro

180.839,92 – euro 180.919,91;

• euro 2.000 (in luogo di euro 1.850) se il valore della produzione netta è compresa tra euro 180.919,92

ed euro 180.999,91.

8.1. Deduzioni per assunzioni a tempo indeterminato

L’art. 11, co. 4-quater, del D.Lgs. n. 446/1997, così come sostituito dall’art. 1, co. 132, lett. a), della Legge

n. 147/2013, riconosce – a partire dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 – una nuova

forma di deduzione dalla base imponibile Irap, riservata ai soggetti passivi del tributo di cui all’art. 3, co.

1, lett. da a) ad e), del D.Lgs. n. 446/1997, che incrementano il numero dei lavoratori dipendenti

assunti con contratto a tempo indeterminato, rispetto all’ammontare di quelli mediamente occupati

nel periodo d’imposta precedente. L’agevolazione è, pertanto, riconosciuta a tutti i soggetti passivi che

soddisfano i predetti requisiti, con implicita esclusione di quelli citati dall’art. 3, co. 1, lett. e-bis), del

D.Lgs. n. 446/1997, ovvero delle Amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, co. 2, del D.Lgs. n. 29/1993,

nonché delle amministrazioni della Camera dei Deputati, del Senato, della Corte Costituzionale, della

Presidenza della Repubblica e gli organi legislativi delle regioni a statuto speciale.

Al ricorrere della predetta ipotesi contemplata dal novellato art. 11, co. 4-quater, del D.Lgs. n. 446/1997,

è ammessa la deducibilità del costo del predetto personale aggiuntivo, per un importo annuale

non superiore ad euro 15.000 per ciascun nuovo dipendente assunto, e nel limite dell’incremento

complessivo del costo del personale classificabile tra i costi della produzione del conto economico civilistico

(art. 2425 c.c.), nelle voci B.9) “Costi per il personale” e B.14 “Oneri diversi di gestione”, per il periodo

d’imposta in cui è avvenuta l’assunzione con contratto a tempo indeterminato e per i due successivi periodi

d’imposta.

L’incremento della base occupazionale deve essere considerato al netto delle diminuzioni verificatesi

in società controllate o collegate di cui all’art. 2359 c.c., oppure facenti capo, anche per il tramite di

interposta persona, al medesimo soggetto. Nel caso degli enti privati di cui all’art. 87, co. 1, lett. c), del

D.P.R. n. 917/1986, nonché delle società e degli enti previsti dalla successiva lett. d), espressamente citati

dall’art. 3, co. 1, lett. e), del D.Lgs. n. 446/1997, la predetta base occupazionale deve essere individuata

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con riferimento al personale dipendente con contratto di lavoro a tempo indeterminato nell’attività

commerciale, e la deduzione spetta esclusivamente con riguardo all’incremento dei lavoratori impiegati

nell’esercizio di tale attività. Nell’ipotesi di lavoratori impiegati anche nell’esercizio dell’attività

istituzionale, si considera – ai fini sia dell’individuazione della base occupazionale di riferimento e del

suo incremento che della deducibilità del costo – il solo personale dipendente con contratto di lavoro

a tempo indeterminato riferibile all’attività commerciale identificato in base al rapporto di cui al

precedente art. 10, co. 2, del D.Lgs. n. 446/1997, ovvero in virtù dell’incidenza dei ricavi a proventi

“commerciali” rispetto a quelli totali, comprensivi, quindi, anche di quelli derivanti dall’esercizio dell’attività

istituzionale: in ogni caso, non rilevano, in sede di computo dell’incremento occupazionale, i trasferimenti

di dipendenti dall’attività istituzionale a quella commerciale.

Qualora l’impresa sia di nuova costituzione, non devono essere ricompresi nel calcolo gli incrementi

occupazionali derivanti dallo svolgimento di attività che assorbono, anche soltanto parzialmente, quelle di

aziende giuridicamente preesistenti, ad esclusione delle attività sottoposte a limite numerico o di superficie.

Nell’ipotesi di impresa subentrante ad altra nella gestione di un servizio pubblico, anche

amministrato da privati, comunque assegnata, la deducibilità del costo del personale spetta limitatamente

al numero di lavoratori assunti in più rispetto a quello dell’impresa sostituita.

È, tuttavia, prevista la decadenza dal beneficio se, nei periodi d’imposta successivi a quello in cui è

avvenuta l’assunzione, il numero dei lavoratori dipendenti non supera quello del personale della medesima

natura mediamente occupato in tale periodo d’imposta: la deduzione spettante compete, in ogni caso, per

ciascun periodo d’imposta a partire da quello di assunzione, purchè permanga il medesimo rapporto di

impiego.

8.2. Aliquote Irap

L’art. 2, co. 1 e 4, del D.L. n. 66/2014 aveva disposto – a partire dal periodo d'imposta successivo a

quello in corso al 31 dicembre 2013, ovvero dal 2014 per i contribuenti aventi l’esercizio coincidente con

l’anno solare – la riduzione, in misura pari al 10% circa, delle aliquote Irap applicabili ai diversi

soggetti passivi del tributo, così individuate:

• 4,20% per le banche e gli altri soggetti finanziari;

• 5,30% per le compagnie di assicurazione;

• 3,80% per le imprese di concessioni per la gestione di servizi ed opere pubbliche, diverse da quelle di

costruzione e gestione di autostrade e trafori;

• 1,70% per i soggetti operanti nel settore agricolo e le cooperative di piccola pesca e i loro consorzi;

• 3,50% per tutti gli altri soggetti passivi dell’Irap, differenti da quelli riportati nei punti precedenti.

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L’art. 2, co. 2, del D.L. n. 66/2014 aveva, inoltre, stabilito l’applicazione di aliquote intermedie, tra le

novellate e quelle previgenti, ai fini della determinazione dell’acconto Irap 2014 secondo il metodo

previsionale, e precisamente:

• 4,50% per le banche e gli altri soggetti finanziari;

• 5,70% per le compagnie di assicurazione;

• 4,00% per le imprese di concessioni per la gestione di servizi ed opere pubbliche, diverse da quelle di

costruzione e gestione di autostrade e trafori;

• 1,80% per i soggetti operanti nel settore agricolo e le cooperative di piccola pesca e i loro consorzi;

• 3,75% per tutti gli altri soggetti passivi dell’Irap, differenti da quelli riportati nei punti precedenti.

Successivamente, l’art. 1, co. 22, della Legge n. 190/2014 ha, tuttavia, disposto l’abrogazione dei predetti

co. 1 e 4 dell’art. 2 del D.L. n. 66/2014 – con effetto a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in

corso al 31 dicembre 2013 – che avevano disposto la riduzione delle aliquote Irap. Per effetto di tale

soppressione sono, quindi, tornate applicabili le previgenti aliquote Irap:

• 4,65% per le banche e gli altri soggetti finanziari;

• 5,90% per le compagnie di assicurazione;

• 4,20% per le imprese di concessioni per la gestione di servizi ed opere pubbliche, diverse da quelle di

costruzione e gestione di autostrade e trafori;

• 1,90% per i soggetti operanti nel settore agricolo e le cooperative di piccola pesca e i loro consorzi;

• 3,90% per tutti gli altri soggetti passivi dell’Irap, differenti da quelli riportati nei punti precedenti.

In ogni caso, sono fatti salvi gli effetti del co. 2 dell’art. 2 del D.L. n. 66/2014, ai fini della

determinazione dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre

2013 secondo il criterio previsionale. Ciò al fine di evitare, nel caso di insufficienza dell’acconto

(determinato sulla base di aliquote ridotte “transitoriamente vigenti”), l’applicazione di sanzioni ed

interessi: l’importo dell’Irap non versato in sede di primo acconto 2014 sarà, infatti, corrisposto in

occasione del pagamento a saldo del tributo regionale relativo al periodo d’imposta successivo a quello in

corso al 31 dicembre 2013.

9. Check-list per la determinazione dell’Ires e dell’Irap

A completamento delle novità descritte nei paragrafi precedenti, incidenti sul calcolo delle imposte, si

riportano le principali verifiche da effettuate ai fini della determinazione del reddito d’impresa e della base

imponibile Irap, differenziate in base alla tipologia di voce del conto economico civilistico:

• A.1) – Ricavi delle vendite di beni e delle prestazioni di servizi;

• A.2) – Variazione delle rimanenze di prodotti finiti, semilavorati e in corso di lavorazione;

• A.3) – Variazione di lavori in corso su ordinazione;

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• A.4) – Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni;

• A.5) – Altri ricavi e proventi;

• B.6) – Costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci;

• B.7) – Costi per servizi;

• B.8) – Costo per godimento di beni di terzi;

• B.9) – Costi per il personale;

• B.10.a) – Ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali;

• B.10.b) – Ammortamenti delle immobilizzazioni materiali;

• B.10.d) – Svalutazione dei crediti iscritti nell’attivo circolante;

• B.11) – Variazione delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci;

• B.12) e B.13) – Accantonamenti per rischi ed oneri;

• B.14) – Oneri diversi di gestione;

• C.15) – Proventi da partecipazioni;

• C.16) – Altri proventi finanziari;

• C.17) – Interessi ed altri oneri finanziari;

• C.17-bis) – Utili e perdite su cambi

• D.18) e D.19) – Rivalutazioni e svalutazione di attività finanziarie;

• E.20) ed E.21) – Proventi ed oneri straordinari;

• 22) – Imposte correnti, differite ed anticipate.

9.1. Ricavi delle vendite e delle prestazioni

DETERMINAZIONE IRES

Adeguamento agli studi di settore o ai parametri

I maggiori ricavi, non annotati nelle scritture contabili, derivanti dall’adeguamento alle risultanze degli studi di settore sono imponibili ai fini Ires: occorre, quindi, effettuare la relativa variazione in aumento dell’utile contabile.

Ricavi assoggettati a ritenuta alla fonte o a imposta sostitutiva

Ai sensi dell’art. 91, co. 1, lett. b), del Tuir, i proventi soggetti a ritenuta alla fonte o a imposta sostitutiva non concorrono a formare il reddito d’impresa. Se, nel corso del 2014, sono stati contabilizzati ricavi o altri proventi assoggettati a tassazione nei predetti modi, è necessario effettuare la relativa variazione in diminuzione.

DETERMINAZIONE IRES

Transfer pricing

Se sono state effettuate operazioni con l’estero, occorre verificare se, in relazione a tutte o alcune di esse, ricorrono gli estremi per l’applicazione della disciplina del c.d. “transfer pricing”, di cui all’art. 110, co. 7, del Tuir, ai sensi del quale i valori imponibili devono essere determinati sulla base del valore normale dei beni e servizi, anziché sulla base dei corrispettivi pattuiti e indicati in conto economico.

Nel caso in cui trovino applicazione le predette disposizioni normative, potrebbero rendersi necessarie alcune variazioni in aumento all’utile “contabile”.

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DETERMINAZIONE IRAP

Adeguamento agli studi di settore o ai parametri

I maggiori ricavi, non annotati nelle scritture contabili, derivanti dall’adeguamento alle risultanze degli studi di settore sono imponibili ai fini Irap, anche se relativi al primo periodo d’imposta in cui trovano applicazione gli studi o le revisioni del medesimo (art. 2, co. 1, del D.P.R. n. 195/1999 e istruzioni alla dichiarazione Irap): è, pertanto, necessario effettuare un’apposita variazione in aumento in sede di dichiarazione Irap.

Sono, invece, irrilevanti i maggiori ricavi indicati in dichiarazione per effetto dell’adeguamento ai parametri (cfr. istruzioni al mod. Irap): in tale ipotesi, nessuna variazione deve essere apportata in sede di dichiarazione Irap.

Contributi a consorzi

I contributi ordinari ricevuti dai consorzi da parte delle imprese consorziate costituiscono, per il consorzio, ricavi. Tali componenti, pertanto, sono imponibili ai fini Irap per l’ammontare rilevato a conto economico (C.M. n. 263/1998, par. 2.6).

Lavoro interinale

Per le imprese che concedono in “affitto” il personale (società somministratrici di lavoro), la quota di corrispettivo percepito, che eccede il costo retributivo e contributivo del personale “affittato”, concorre alla determinazione della base imponibile Irap (C.M. n. 263/1998, par. 2.9 e Risoluzione del Dipartimento delle Politiche Fiscali n. 2/2008).

Occorre, quindi, effettuare una variazione in diminuzione di ammontare pari alla quota parte del corrispettivo ricevuto corrispondente al rimborso dei costi retributivi e contributivi.

Transfer pricing

L’art. 1, co. 281-284, della Legge n. 147/2013 ha esteso la disciplina dell’art. 110, co. 7, del Tuir (in materia di prezzi di trasferimento) anche ai fini della determinazione della base imponibile Irap. Pertanto, in presenza dei requisiti che legittimano l’applicazione della norma, anche ai fini Irap occorre apportare una variazione in aumento in base alle stesse modalità sopra esaminate con riferimento all’Ires.

9.2. Variazione delle rimanenze di prodotti finiti, semilavorati e in corso di lavorazione

DETERMINAZIONE IRES

Rimanenze

Le rimanenze possono essere valutate secondo il criterio LIFO, FIFO o costo medio ponderato; il criterio contabile adottato assume rilevanza anche ai fini fiscali ai sensi dell’art. 92, co. 4, del Tuir.

Qualora, sotto il profilo civilistico, non sia adottato nessuno dei suddetti criteri di valutazione, ai fini fiscali il valore delle rimanenze non può essere comunque inferiore al valore “minimo” risultante dall’applicazione del criterio LIFO a scatti annuali. Nel caso in cui il valore fosse inferiore, occorre, quindi, effettuare una variazione in aumento per la differenza.

DETERMINAZIONE IRES

Beni valutati a costi specifici

La valutazione delle rimanenze dei beni infungibili, ovvero quelli che non possono essere scambiati con altri, deve avvenire a costi specifici.

L’Agenzia delle Entrate, nella R.M. n. 78/E/2013, ha precisato che – visto il tenore letterale dell’art. 92, co. 1, del Tuir – le svalutazioni dei beni merce valutati secondo il criterio del costo specifico (tipicamente, i beni immobili) non sono deducibili, essendo normativamente previste solo per i beni fungibili valutati secondo i criteri del LIFO, del FIFO o della media ponderata.

Pertanto, la componente negativa iscritta in bilancio qualora il valore desumibile dall’andamento del mercato sia

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inferiore al costo di acquisto deve essere neutralizzata in dichiarazione attraverso un’apposita variazione in aumento (contra norma di comportamento AIDC n. 168/2007.

L’interpretazione dell’Amministrazione Finanziaria è stata confermata nella C.M. n. 10/E/2014, par. 6.2.

Prodotti in corso di lavorazione

Le rimanenze dei beni in corso di produzione e dei servizi in corso di esecuzione sono valutate in base ai costi sostenuti (art. 92, co. 6, del Tuir), ovvero secondo il criterio dei costi specifici (C.M. 26 novembre 1982, n. 40/9/4056), salvo che rientrino tra le forniture ultrannuali.

Nel caso in cui in bilancio siano valutati ad un costo inferiore, occorre effettuare una variazione in aumento per la differenza; laddove, invece, siano iscritti in bilancio valori superiori a quelli fiscalmente riconosciuti, occorre operare una variazione in diminuzione.

DETERMINAZIONE IRAP

Rilevano le risultanze di conto economico.

9.3. Variazione dei lavori in corso su ordinazione

DETERMINAZIONE IRES

Contratti ultrannuali

Per le opere, forniture e servizi di durata ultrannuale la valutazione deve avvenire sulla base dei corrispettivi pattuiti (art. 93, co. 2, del Tuir). Per la parte di opere, forniture e servizi coperta da stati avanzamento lavori, la valutazione avviene sulla base dei corrispettivi liquidati.

I corrispettivi liquidati a titolo definitivo dal committente si comprendono tra i ricavi e la valutazione tra le rimanenze è limitata, in caso di liquidazione parziale, alla parte non ancora liquidata.

L’eventuale differenza tra quanto iscritto a conto economico e l’ammontare fiscalmente rilevante costituisce una variazione in aumento da apportare all’utile contabile. Per i soggetti che valutano le rimanenze ai sensi dell’art. 93 del Tuir, è previsto l’obbligo di predisporre e conservare, distintamente per ciascuna opera, fornitura o servizio, un prospetto recante gli estremi del contratto, delle generalità e della residenza del committente, della scadenza prevista, degli elementi tenuti a base per la valutazione e della loro collocazione nei conti dell’impresa.

DETERMINAZIONE IRAP

Rilevano le risultanze di conto economico.

9.4. Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni

DETERMINAZIONE IRES

Interessi capitalizzati

Nel caso in cui siano stati capitalizzati interessi ad incremento di immobili patrimoniali, gli stessi non sono fiscalmente rilevanti; anche in tal caso, operano le disposizioni sulla deducibilità di cui all’art. 96 del Tuir (si veda la successiva check list della voce C)17) del conto economico).

DETERMINAZIONE IRAP

Rilevano le risultanze di conto economico: nella valutazione degli incrementi, si tiene, quindi, conto anche degli interessi passivi eventualmente imputati, in base alla disciplina civilistica, e dei costi per il personale (C.M. n. 26/E/2012, par. 6).

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9.5. Altri ricavi e proventi

DETERMINAZIONE IRES

Immobili patrimoniali

Ai sensi dell’art. 90 del Tuir, gli immobili diversi da quelli strumentali e da quelli che costituiscono beni merce concorrono a formare il reddito di impresa secondo le modalità proprie dei redditi fondiari, anziché sulla base dell’analitica contrapposizione tra ricavi e costi (per i quali è prevista l’indeducibilità).

Se dunque tra gli immobili relativi all’impresa vi è uno o più immobili patrimoniali, è necessario effettuare una variazione in diminuzione all’utile contabile ante imposte in misura pari ai componenti positivi di reddito afferenti detti immobili che sono stati contabilizzati in conto economico.

Cessione di mezzi di trasporto a deducibilità limitata

L’art. 164 del Tuir definisce una serie di limitazioni alla deducibilità dei componenti negativi di reddito afferenti alcune tipologie di autoveicoli e motoveicoli. Tali limiti rilevano anche ai fini del calcolo della minusvalenza deducibile o della plusvalenza imponibile, posto che l’art. 164, co. 2, del Tuir stabilisce che tali componenti reddituali rilevano ai fini fiscali nella stessa proporzione esistente tra l’ammontare dell’ammortamento fiscalmente dedotto e quello complessivamente effettuato.

Laddove necessario, dunque, a fronte delle plusvalenze contabilizzate tra i proventi dell’esercizio è necessario effettuare una variazione in diminuzione in misura pari alla frazione non imponibile.

Plusvalenze rateizzabili

Ai sensi dell’art. 86, co. 4, del Tuir, le plusvalenze realizzate mediante la cessione di cespiti posseduti da più di tre anni (un anno per le società sportive professionistiche) possono concorrere a formare il reddito di impresa, anziché per l’intero nel periodo di imposta di competenza, in un massimo di cinque quote costanti nel periodo di imposta di competenza e nei successivi.

Se, dunque, il contribuente intende optare per la predetta rateizzazione fiscale, è necessario effettuare la relativa variazione in diminuzione (pari all’80% delle voci contabilizzate tra i ricavi dell’esercizio).

Se, invece, negli esercizi precedenti sono state rateizzate le plusvalenze, occorre apportare una variazione in aumento pari alla quota imponibile nel periodo d’imposta.

Sopravvenienze attive rateizzabili

Oltre che per le plusvalenze, la suddetta facoltà di rateizzazione (e la conseguente variazione in diminuzione) può essere esperita dal contribuente con riferimento alle sopravvenienze attive derivanti da risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento di beni, conseguite per un ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi (art. 88, co. 2, del Tuir) e alle sopravvenienze attive derivanti da c.d. “contributi in conto capitale” e dalle liberalità ricevute (art. 88, co. 3, lett. b), del Tuir).

Contributi in conto esercizio

Iscrivendo in bilancio il contributo per competenza, non sarà necessario effettuare alcuna variazione fiscale in sede di determinazione del reddito.

DETERMINAZIONE IRAP

Contributi erogati a norma di legge

I contributi erogati a norma di legge che non siano correlati a componenti negativi indeducibili, concorrono alla determinazione della base imponibile Irap (art. 5, co. 3, del D.Lgs. 446/1997), anche se esclusi da tassazione ai fini delle imposte sui redditi, a meno che l’esclusione dal valore della produzione netta sia prevista (art. 3, co. 2-quinquies, del D.L. n. 209/2002):

− dalle leggi istitutive dei singoli contributi; − da altre disposizioni di carattere speciale.

Se imponibili, i contributi rilevano per l’ammontare stanziato a conto economico; se non imponibili, occorre effettuare una variazione in diminuzione per l’ammontare stanziato a conto economico: salvo che il contributo sia

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rilevato nella voce E.20) del conto economico, nel qual caso, se imponibile, deve costituire oggetto di un’apposita variazione in aumento nella dichiarazione Irap, mentre nessuna variazione deve essere apportata in caso di non imponibilità.

Indennizzi assicurativi

Concorrono integralmente alla determinazione della base imponibile se classificati nella voce in esame (R.M. n. 251/E/2007). L’orientamento dell’Agenzia delle Entrate appare opinabile. Infatti, la circostanza che, ai fini Irap, le componenti reddituali siano comunque accertate in ragione della loro corretta qualificazione, imputazione temporale e classificazione, dovrebbe comportare che, indipendentemente dalle modalità di contabilizzazione seguite, gli indennizzi assicurativi spettanti in conseguenza di eventi eccezionali (ad esempio, alluvioni, terremoti, ecc.) costituiscano, ai fini Irap, proventi straordinari, in quanto correttamente classificabili in E.20) di conto economico. Pertanto, nessuna variazione va apportata in sede di dichiarazione.

Plusvalenze relative a beni strumentali o patrimoniali

Le plusvalenze relative a beni strumentali o patrimoniali (ad esempio, immobili civili) concorrono in ogni caso alla formazione del valore della produzione (art. 5, co. 3, del D.Lgs. n. 446/1997, C.M. n. 27/E/2009, par 2.4, istruzioni al modello Irap).

In caso di divergenza tra il valore contabile e quello fiscale del bene, occorre apportare le corrispondenti variazioni in aumento o diminuzione.

Rimborsi per il personale “distaccato”

Gli importi spettanti a titolo di recupero degli oneri del personale distaccato presso terzi non sono imponibili ai fini Irap (Risoluzione del Dipartimento delle Politiche Fiscali n. 2/2008), anche se si tratta di dirigenti che svolgono le funzioni di amministratore o sindaco presso società del gruppo (C.M. n. 141/1998, par. 3.2.1.2). La stessa disposizione si applica altresì al personale in posizione di comando (C.M. n. 189/1999, par. 2.3). L’intero importo rimborsato risulta non imponibile in capo alla società distaccante (C.M. n. 263/1998, par. 2.9): occorre, quindi, operare una variazione in diminuzione di ammontare corrispondente.

Esubero di fondi svalutazione crediti

Le sopravvenienze attive derivanti dall’imputazione a conto economico dell’eccedenza del fondo svalutazione crediti non concorrono alla determinazione della base imponibile Irap (C.M. n. 141/98, par. 3.2.1.2). Bisogna dunque effettuare una variazione in diminuzione di ammontare corrispondente.

9.6. Costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci

DETERMINAZIONE IRES

Carburanti relativi a autovetture non esclusivamente strumentali

Ai sensi dell’art. 164, co. 1, lett. b), del Tuir, ai fini della determinazione del reddito, sono deducibili nel limite del 20% le spese e gli altri componenti negativi (quali carburante e lubrificanti) relativi alle autovetture, agli autocaravan, ai ciclomotori e ai motocicli, che non sono utilizzati esclusivamente come beni strumentali all’attività d’impresa. Occorre, quindi, effettuare una variazione in aumento pari all’80% del costo iscritto a Conto economico.

Nel caso in cui le spese siano relative a veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta, le stesse sono deducibili nel limite del 70% (art. 164, co. 1, lett. b-bis), del Tuir). Occorre, quindi, effettuare una variazione in aumento pari al 30% del costo iscritto a conto economico.

DETERMINAZIONE IRES

Costi “black list”

Ai sensi dell’art. 110, co. 10 e ss., del D.P.R. n. 917/1986, è prevista l’indeducibilità dei costi derivanti da operazioni intercorse con imprese residenti o localizzate in Stati o territori diversi da quelli in inclusi nella white list di cui all’art. 168-bis del Tuir. Si evidenzia che l’art. 1 co. 678 della Legge n. 190/2014 ha previsto che, ai

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fini dell’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 110 co. 10 del Tuir, nelle more dell’emanazione del decreto di cui all’art. 168-bis del Tuir, l’individuazione dei regimi fiscali privilegiati è effettuata, con decreto del Min. Economia e Finanze, con esclusivo riferimento alla mancanza di un adeguato scambio di informazioni.

Nel caso infatti trovino applicazione le predette disposizioni normative, potrebbero rendersi necessarie alcune variazioni in aumento all’utile “contabile”. A tale proposito, si ricorda che il co. 12-bis, ai sensi del quale il regime di indeducibilità dei costi previsto nei precedenti co. 10 e 11 si applica anche alle prestazioni di servizi rese dai professionisti domiciliati in Stati o territori non appartenenti all’Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati.

DETERMINAZIONE IRAP

Generalmente, rilevano le risultanze di conto economico.

9.7. Costi per servizi

DETERMINAZIONE IRES

Compensi amministratori

Ai sensi dell’art. 95 co. 5 del Tuir, i compensi spettanti agli amministratori sono deducibili nel periodo di imposta in cui sono effettivamente corrisposti (principio di cassa). Considerato che, in ossequio al principio di competenza, i predetti compensi devono essere contabilizzati nell’esercizio in cui maturano, se nel corso del 2014 non sono stati pagati in tutto o in parte i compensi agli amministratori di competenza dell’esercizio, è necessario effettuare la relativa variazione in aumento. Atteso che, ai sensi dell’art. 50, co. 1, del Tuir, le somme ed i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società sono assimilati a redditi di lavoro dipendente, è prevista l’applicazione del principio di cassa “allargata” dall’art. 51, co. 1, del Tuir, per cui si considerano anche le somme percepite entro il 12 gennaio 2015 riferite a prestazioni rese nel 2014. Il principio di cassa “allargata” non è, tuttavia, applicabile al lavoratore autonomo in possesso di partita Iva che svolge anche mansioni di amministratore rientranti nell’oggetto della propria attività, per le quali siano “necessarie conoscenze tecnico-giuridiche direttamente collegate all’attività di lavoro autonomo esercitata abitualmente” (C.M. n. 105/E/2001).

Compensi sindaci e revisori

I compensi corrisposti ai sindaci e ai revisori sono deducibili nell’esercizio di competenza. La parte di compenso relativa alla relazione sul bilancio è deducibile nell’esercizio successivo, ovvero al momento di ultimazione della prestazione (C.M. n. 54/E/2002), e richiede, pertanto, l’effettuazione di una variazione in aumento.

Rimborsi spese di trasferta

Ai sensi dell’art. 95, co. 3, del Tuir, le spese di vitto e alloggio sostenute per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale dai lavoratori dipendenti e dai collaboratori coordinati e continuativi sono ammesse in deduzione per un ammontare giornaliero non superiore a:

− 180,76 euro, per le giornate di trasferta in Italia; − 258,23 euro, per le giornate di trasferta all’estero.

Se risultano contabilizzati tra i costi dell’esercizio componenti negativi di reddito in misura eccedente i predetti limiti, è necessario effettuare la relativa variazione in aumento.

Spese di telefonia

Le spese relative a impianti di telefonia fissa e mobile sono deducibili nella misura dell’80% (art. 102, co. 9, del Tuir). Occorre quindi effettuare una variazione in aumento pari al 20% dei relativi costi iscritti a conto economico.

DETERMINAZIONE IRES

Spese relative ad autovetture

Qualora a conto economico siano imputate spese (manutenzioni, riparazioni, assicurazione, ecc.) relative ad

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autovetture non esclusivamente strumentali all’attività d’impresa, tali spese sono deducibili nel limite del 20% (art. 164, co. 1, lett. b), del Tuir). Occorre, quindi, effettuare una variazione in aumento in relazione alla quota non deducibile di tali spese.

Nel caso in cui le spese siano relative a veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta, le stesse sono deducibili nel limite del 70% (art. 164, co. 1, lett. b-bis), del Tuir). Occorre, quindi, effettuare una variazione in aumento pari al 30% del costo iscritto a conto economico.

Spese di manutenzione su beni propri sostenute nell’esercizio

Ai sensi dell’art. 102, co. 6, del Tuir, le spese di manutenzione “ordinaria” si possono distinguere tra: − manutenzioni su beni propri; − manutenzioni su beni di terzi; − manutenzioni effettuate sulla base di appositi contratti di assistenza periodica (c.d. “canoni di manu-

tenzione”).

I canoni di manutenzione e le spese di manutenzione su beni di terzi sono integralmente deducibili nell’esercizio di competenza, salvo che non sussistano limiti di deducibilità riconducibili alla natura oggettiva del bene sul quale sono eseguite, come nel caso delle manutenzioni su impianti di telefonia mobile o su autovetture che rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 164 del TUIR.

Le spese di manutenzione su beni propri sono anch’esse integralmente deducibili, sempre che non sorgano limiti oggettivi riconducibili alla tipologia del bene in relazione al quale le manutenzioni sono effettuate: la deducibilità integrale nell’esercizio di competenza è, tuttavia, ammessa soltanto se l’ammontare complessivo delle spese di manutenzione su beni propri contabilizzate tra i costi dell’esercizio non eccede il 5% del valore complessivo del c.d. “monte cespiti”, ovvero costo di iscrizione complessivo – fiscalmente riconosciuto (C.M. n. 1/E/2007, par. 7.3) di tutti i cespiti risultanti all’inizio dell’esercizio dal libro dei beni ammortizzabili. Qualora tali spese di manutenzione e riparazione ordinaria superino il predetto plafond del 5%, l’eccedenza è temporaneamente indeducibile – rendendo necessaria una variazione in aumento – e rileverà, in quote costanti, nei successivi 5 periodi d’imposta.

Spese di manutenzione ordinaria su beni propri sostenute dal 2009 al 2013

Se in uno o più degli esercizi dal 2009 al 2013 sono stati contabilizzate spese per manutenzioni su beni propri in misura eccedente l’ammontare deducibile nell’esercizio di competenza ai sensi dell’art. 102, co. 6, del Tuir, è necessario effettuare una variazione in diminuzione in misura pari alla quota (1/5) delle predette spese che può essere portata in deduzione nel periodo di imposta 2014 (e stornare la corrispondente parte di crediti per imposte anticipate, se rilevate).

Spese di vitto e alloggio

Le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande, diverse da quelle di cui all’art. 95, co. 3, del Tuir, sono deducibili nella misura del 75% (art. 109, co. 5, del Tuir), fermo restando il requisito di inerenza delle stesse (C.M. n. 53/E/2008). Occorre, quindi, indicare una variazione in aumento pari alle spese indeducibili (25%): a questo proposito, si osserva, tuttavia, che nel modello Unico occorre indicare, tra le variazioni in aumento, l’intero ammontare delle spese di vitto e alloggio sostenute e, tra le variazioni in diminuzione, l’importo deducibile delle medesime (75%). L’effetto “netto” è una variazione in aumento pari all’importo indeducibile.

L’Agenzia delle Entrate, con la C.M. n. 53/E/2008, ha chiarito che la limitazione di cui all’art. 109, co. 5, del Tuir opera anche in relazione alle spese di vitto e alloggio che ricadono nell’alveo delle spese di rappresentanza, sempreché le stesse siano deducibili, secondo quanto previsto dall’art. 108, co. 2, del Tuir. In altri termini, le spese di vitto e alloggio qualificabili come “spese di rappresentanza” devono essere assoggettate:

− in via preliminare, al limite del 75% di cui all’art. 109, co. 5, del Tuir; − successivamente, ai limiti di congruità di cui all’art. 108, co. 2, del Tuir e di cui al D.M. 19 novembre 2008.

In tal caso, occorre indicare le spese di vitto e alloggio indeducibili nel rispetto dei suddetti limiti quale variazione in aumento dell’utile

contabile.

DETERMINAZIONE IRES

Spese di rappresentanza

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Ai sensi dell’art. 108, co. 2, del Tuir, le spese di rappresentanza sono ammesse in deduzione nel periodo d’imposta di sostenimento se rispondenti ai requisiti di congruità ed inerenza.

Secondo l’art. 1, co. 1, del D.M. 19 novembre 2008 (attuativo del citato art. 108, co. 2, del Tuir), le spese di rappresentanza inerenti (e quindi deducibili nei limiti oltre evidenziati) sono le spese per erogazioni di beni e servizi:

− a titolo gratuito; − effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni;

il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione all’obiettivo di generare benefici economici per l’impresa ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore.

Ai sensi dell’art. 1, co. 2, del D.M. 19 novembre 2008, le spese di rappresentanza sono commisurate all’ammontare dei ricavi e dei proventi della gestione caratteristica dell’impresa, risultanti dalla dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui le stesse sono sostenute, in misura pari:

– all’1,3% dei ricavi e proventi fino a 10.000.000,00 euro; – allo 0,5% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente 10.000.000,00 euro e fino a 50.000.000,00

euro; – allo 0,1% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente i 50.000.000,00 euro.

Sono in ogni caso deducibili le spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a 50,00 euro (art. 108, co. 2, del Tuir).

Pertanto, nel caso in cui vengano imputate in conto economico spese di rappresentanza in misura superiore al plafond di deducibilità individuato dal decreto sopra citato, è necessario effettuare una variazione in aumento dell’utile contabile in misura pari alla parte di spese indeducibili. Sul punto, si segnala che, analogamente alle spese di vitto ed alloggio, nel modello Unico occorre indicare, tra le variazioni in aumento, l’intero ammontare delle spese di rappresentanza sostenute e, tra le variazioni in diminuzione, l’importo deducibile delle medesime (75%). L’effetto “netto” è una variazione in aumento pari all’importo indeducibile.

Spese di pubblicità

Le spese di pubblicità sono deducibili nell’esercizio in cui sono state sostenute oppure in cinque quote costanti (art. 108, co. 2, del Tuir).

Qualora tali spese siano state contabilizzate in bilancio in quote costanti inferiori a 5, per la parte non deducibile, pari alla differenza tra ammortamento civilistico e ammortamento fiscale, occorre operare una variazione in aumento.

Immobili patrimoniali

Ai sensi dell’art. 90 del Tuir, gli immobili diversi da quelli strumentali e da quelli che costituiscono beni merce concorrono a formare il reddito d’impresa secondo le modalità proprie dei redditi fondiari, anziché sulla base dell’analitica contrapposizione tra ricavi e costi (per i quali è prevista l’indeducibilità ai sensi dell’art. 90, co. 2, del Tuir).

Ove tra gli immobili relativi all’impresa vi sia uno o più immobili patrimoniali, bisogna distinguere a seconda del fatto che l’immobile sia o meno locato.

Nel caso in cui l’immobile patrimoniale non sia locato, si deve procedere ad alcune variazioni in aumento dell’utile civilistico, per i componenti negativi afferenti detti immobili e contabilizzati tra i costi dell’esercizio – ad eccezione degli interessi di finanziamento (art. 1, co. 35, della Legge n. 244/2007), e il reddito fondiario. Qualora l’immobile patrimoniale sia locato, e supponendo che le spese di manutenzione e riparazione ordinaria dell’immobile risultino pari al 15% del canone di locazione, è necessario effettuare una variazione in aumento per i componenti negativi afferenti detti immobili e contabilizzati tra i costi dell’esercizio, con esclusione dei predetti oneri finanziari, ed una pari al reddito fondiario: è, inoltre, necessario operare una variazione in diminuzione corrispondente all’ammontare dei canoni di locazione.

Strutture ricettive

L’art. 95, co. 2, primo periodo, del Tuir prevede una generale indeducibilità dei componenti negativi di reddito afferenti alle strutture ricettive – ovvero agli immobili messi a disposizione di dipendenti e di terzi, ma che non

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rientrano nel processo produttivo, come i circoli sportivi e culturali costituiti in sede aziendale – con l’eccezione di quelle destinate a servizi di mensa o ad alloggio per i dipendenti in trasferta temporanea, la cui deducibilità è soggetta alla disciplina dell’art. 100, co. 1, del Tuir. Se l’impresa possiede o utilizza le predette strutture, è necessario effettuare una variazione in aumento in misura pari ai componenti negativi di reddito contabilizzati tra i costi dell’esercizio.

DETERMINAZIONE IRES

Indennità per cessazione di rapporti di agenzia

L’art. 105, co. 1, del Tuir consente la deduzione dal reddito d’impresa degli accantonamenti ai fondi per le indennità di fine rapporto e ai fondi di previdenza del personale dipendente nei limiti delle quote maturate in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali che regolamentano il rapporto di lavoro; il successivo co. 4 estende la possibilità di operare accantonamenti anche in relazione “alle indennità di fine rapporto di cui all’art. 17 co. 1 lett. c), d) e f)”, tra le quali rientra pure l’indennità per la cessazione del rapporto di agenzia.

L’Agenzia delle Entrate, con la C.M. n. 33/E/2013 ha chiarito che gli accantonamenti per le indennità di cessazione dei rapporti di agenzia, ivi inclusi quelli stanziati a copertura dell’indennità suppletiva di clientela, sono deducibili per competenza nell’esercizio di imputazione a conto economico. Occorre, quindi, effettuare una variazione in aumento per la quota non deducibile.

DETERMINAZIONE IRAP

Attività commerciali occasionali

I compensi per attività commerciali occasionali di cui all’art. 67, co. 1, lett. i), del Tuir sono indeducibili ai fini Irap (art. 5, co. 3, del D.Lgs. n. 446/1997). Occorre, quindi, effettuare una corrispondente variazione in aumen-to in sede di dichiarazione Irap.

Costi per co.co.co.

I costi per collaborazioni coordinate e continuative, anche nella forma a progetto, ivi inclusi gli oneri previdenziali e assistenziali a carico dei committenti (salva l’applicazione di specifiche deduzioni, come quella per i contributi Inail, o relative al personale addetto alla ricerca e sviluppo), sono indeducibili ai fini Irap (art. 5, co. 3, del D.Lgs. n. 446/1997 e C.M. n. 141/98, par. 3.2.1.2). È, pertanto, necessario operare una corrispondente variazione in aumento in sede di dichiarazione Irap.

Compensi per attività di amministratore, sindaco e revisore

I compensi corrisposti ad amministratori, sindaci e revisori, in quanto redditi di collaborazione coordinata e continuativa, sono indeducibili (art. 5, co. 3, del D.Lgs. n. 446/1997). Occorre, quindi, effettuare una corrispondente variazione in aumento in sede di dichiarazione Irap.

Peraltro, se i compensi sono percepiti da professionisti che esercitano un’attività oggettivamente connessa alle mansioni tipiche della propria professione abituale (ad esempio, amministratore di società che sia dottore commer-cialista o esperto contabile) sono deducibili per l’impresa erogante, in quanto attratti nell’ambito del reddito professionale del percipiente (C.M. n. 105/E/2001). Le stesse condizioni valgono per i revisori (R.M. n. 56/E/2002). In tale ultima ipotesi, non deve essere operata alcuna variazione.

Contributi a consorzi

Le imprese consorziate possono dedurre i contributi versati ai consorzi a copertura dei costi di gestione, senza che assuma rilievo la natura dei costi del consorzio che tali contributi sono chiamati a fronteggiare, siano essi interessi passivi o costi per il personale (C.M. n. 263/1998, par. 2.6).

Generalmente, rilevano le risultanze di conto economico.

Costi di post chiusura delle discariche

Gli accantonamenti effettuati a fronte dei costi da sostenere per la manutenzione delle discariche dopo le operazioni di conferimento e gestione dei rifiuti sono deducibili già nell’esercizio di competenza (vale a dire, in quello di contabilizzazione nelle voci B)12) o B)13) del conto economico), senza dover attendere l’effettivo

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sostenimento dell’onere (nota Agenzia delle Entrate n. 2010/85997 e C.M. n. 26/E/2012, par. 4). Rilevano, quindi, le risultanze di conto economico.

Immobili patrimoniali

I costi relativi agli immobili patrimoniali concorrono alla determinazione della base imponibile Irap per l’importo stanziato a conto economico (art. 5, co. 1, del D.Lgs. n. 446/1997).

Indennità di trasferta e chilometriche

I costi per le indennità di trasferta e chilometriche relative ai dipendenti o ai collaboratori e lavoratori a progetto sono indeducibili (C.M. n. 27/E/2009, par. 1.4). È, pertanto, necessario effettuare un’apposita variazione in aumento.

Indennità e rimborsi spese per attività sportive dilettantistiche

Le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi per attività sportive dilettantistiche sono deducibili ai fini Irap (art. 5, co. 3, del D.Lgs. n. 446/1997 e C.M. n. 21//E/2003, par. 6).

DETERMINAZIONE IRAP

Indennità per cessazione di rapporti di agenzia

Le indennità per la cessazione di rapporti di agenzia sarebbero deducibili solo all’atto dell’effettiva erogazione, mentre i relativi accantonamenti annuali risulterebbero indeducibili. Tale conclusione deriva dall’impostazione adottata dall’Agenzia delle Entrate in ordine agli altri accantonamenti ai fondi rischi, meglio illustrata nel prosieguo. Peraltro, in base ai chiarimenti resi dalla predetta C.M. n. 33/E/2013 in ambito Ires, anche tali accantonamenti si possono ritenere deducibili per competenza.

Lavoro autonomo occasionale

I compensi per prestazioni di lavoro autonomo occasionale di cui all’art. 67, co. 1, lett. l), del Tuir sono inde-ducibili ai fini Irap (artt. 5, co. 3, e 11, co. 1, lett. b), n. 2, del D.Lgs. n. 446/1997). Occorre, quindi, effettuare una corrispondente variazione in aumento.

Obblighi di fare, non fare o permettere

I compensi attribuiti per gli obblighi di fare, non fare o permettere sono indeducibili (artt. 5, co. 3, e 11, co. 1, lett. b), n. 2, del D.Lgs. n. 446/1997). È, pertanto, necessario operare una corrispondente variazione in aumento.

Premi assicurativi relativi a crediti assicurati I premi in esame sono deducibili, in quanto costi relativi all’acquisizione di un servizio (Circolare Assonime n. 34/2000). Rilevano, pertanto, le risultanze contabili.

Rimborsi analitici di spese di trasferta

I rimborsi analitici a fronte di spese di trasferta sostenute da dipendenti e collaboratori sono deducibili (C.M. n. 27/E/2009, par. 1.4).

Rilevano, quindi, le risultanze contabili.

Servizi destinati a dipendenti e collaboratori

Le somme erogate a terzi per l’acquisizione di servizi destinati alla generalità dei dipendenti o collaboratori o a categorie di essi (ad esempio, servizi di mensa o trasporto collettivo dei dipendenti) sono deducibili (C.M. n. 27/E/2009, par. 1.4).

Rilevano, dunque, le risultanze contabili.

Spese bancarie

Sono deducibili le spese bancarie non riconducibili ad oneri finanziari, se correttamente classificabili nelle voci di conto economico rilevanti ai fini Irap (C.M. n. 188/1998, quesito 12). Rilevano, quindi, le risultanze contabili.

Spese di vitto e alloggio

Secondo la C.M. n. 25/E/2010, l’Iva non detratta e compresa nel costo sostenuto per le prestazioni alberghiere e di ristorazione può essere dedotta dal valore della produzione netta Irap nel caso in cui il contribuente:

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− in un’ottica di convenienza economico-gestionale, abbia deciso di non richiedere all’albergatore o al ristora-tore l’emissione della fattura;

− riceva, quindi, dal prestatore del servizio un documento diverso dalla fattura (ricevuta fiscale o scontrino), non recante specifica indicazione dell’Iva gravante sul corrispettivo pagato per la prestazione medesima.

Peraltro, la Circolare Assonime n. 20/2010 e la Circolare della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro n. 9/2010 hanno ammesso la possibilità di dedurre l’Iva non detratta dovrebbe essere riconosciuta anche nell’ipotesi in cui l’imprenditore sia in possesso della fattura, ma decida comunque di non detrarre l’Iva. Infatti, anche in questo caso, la mancata detrazione dell’Iva – in presenza di importi assai ridotti – risponde pur sempre a valide ragioni economiche. In pratica, “non può disconoscersi che la valutazione di antieconomicità circa gli oneri che si devono sostenere per esercitare il diritto alla detrazione ben può essere validamente condotta anche nell’ipotesi in cui sia stata rilasciata la fattura” (Circolare Assonime n. 20/2010, par. 2.5.7). In merito, il parere CNDCEC del 19 settembre 2011 ha ipotizzato, in via meramente forfetaria, un costo base di 3,00 euro a titolo di oneri amministrativi da sostenere per l’esecuzione degli adempimenti IVA. Con l’effetto che, considerando il predetto onere, unitamente all’aliquota Iva del 10%, generalmente applicabile alle prestazioni alberghiere e di ristorazione, il punto minimo di convenienza economico-gestionale si attesta a un importo di 33,00 euro (IVA inclusa) per ogni singola fattura.

9.8. Costi per godimento di beni di terzi

DETERMINAZIONE IRES

Leasing di beni mobili

Se il contratto di leasing è stato stipulato entro il 31 dicembre 2007, la deducibilità dei canoni di competenza del periodo d’imposta 2008 e di quelli successivi deve continuare ad essere vagliata alla luce della disciplina pro tempore vigente, secondo la quale i canoni di leasing sono deducibili a condizione che la durata prevista del contratto non sia inferiore alla metà del periodo necessario per procedere all’ammortamento fiscale del bene, quale risultante sulla base dei coefficienti di ammortamento previsti dal D.M. 31 dicembre 1988.

Qualora l’impresa utilizzatrice abbia stipulato il contratto di leasing dal 1° gennaio 2008 al 28 aprile 2012, i canoni sono deducibili a condizione che la durata prevista del contratto non sia inferiore ai due terzi del periodo di ammortamento tabellare previsto dal D.M. 31 dicembre 1988, in relazione all’attività esercitata dall’impresa (art. 102, co. 7, del Tuir).

Se dunque l’impresa ha contabilizzato nell’esercizio 2014 componenti negativi di conto economico a fronte di contratti di leasing aventi durata inferiore a quella predetta, è necessario operare una corrispondente variazione in aumento dell’utile civilistico.

I canoni relativi a contratti stipulati dal 29 aprile 2012 al 31 dicembre 2013 sono deducibili per un periodo non inferiore ai due terzi del periodo di ammortamento, a prescindere dalla durata del contratto. Per i contratti di leasing stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2014, la deduzione per l’impresa utilizzatrice che imputa a conto economico i canoni di locazione finanziaria, è ammessa per un periodo non inferiore alla metà del periodo di ammortamento. Pertanto, se la durata del contratto è inferiore a quella “minima fiscale”, per ciascun esercizio occorre effettuare apposite variazioni in aumento in sede di dichiarazione dei redditi.

In ogni caso, la quota di interessi impliciti è deducibile ai sensi dell’art. 96 del Tuir.

Leasing di beni immobili

I canoni afferenti i contratti di leasing immobiliare, stipulati fino al 3 ottobre 2005, sono deducibili dal reddito dell’impresa utilizzatrice se il contratto di leasing ha durata prevista non inferiore a 8 anni.

I canoni relativi ai contratti di leasing immobiliare, stipulati dal 4 ottobre 2005 fino al 31 dicembre 2007, sono deducibili dal reddito dell’impresa utilizzatrice se il contratto di leasing ha durata non inferiore alla metà del periodo di ammortamento tabellare di cui al D.M. 31 dicembre 1988 in relazione al settore di attività dell’im-presa e, in ogni caso, non inferiore ad 8 anni, né superiore a 15 anni.

I canoni afferenti i contratti di leasing immobiliare, stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2008 al 28 aprile

2012, sono deducibili dal reddito dell’impresa a condizione che la durata del contratto sia non inferiore ai due terzi del periodo di ammortamento tabellare di cui al D.M. 31 dicembre 1988 in relazione al settore di attività

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dell’impresa e, in ogni caso, non inferiore ad 11 anni, né superiore a 18 anni.

I canoni afferenti contratti di leasing stipulati dal 29 aprile 2012 al 31 dicembre 2013 sono deducibili dal reddito d’impresa, a prescindere dalla durata del contratto, per un periodo non inferiore ai due terzi del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito dal D.M. 31 dicembre 1988, in relazione all’attività esercitata dall’impresa e, in ogni caso, non inferiore ad 11 anni, né superiore a 18 anni.

Per i contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2014, la deduzione è ammessa per un periodo non inferiore a 12 anni. Pertanto, se il canone contabilizzato a conto economico risulta, in tutto o in parte, indeducibile alla luce dell’illustrata disciplina, occorre apportare le relative variazioni in aumento in sede di modello Unico 2015.

In ogni caso, la quota di interessi impliciti è deducibile ai sensi dell’art. 96 del Tuir.

Leasing di fabbricati strumentali

Ai sensi dell’art. 36, co. 7-bis, del D.L. n. 223/2006, ha previsto che, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 4 luglio 2006, è indeducibile dal reddito di impresa la parte della quota capitale dei leasing che risulta correlata al valore di rimborso del costo sostenuto dal concedente per le aree su cui insistono i fabbricati concessi in leasing.

Ai fini della determinazione della quota capitale deducibile, occorre: − in primo luogo, separare dal totale dei canoni di competenza la quota interessi (deducibile ai fini Irpef/Ires

secondo le regole proprie degli interessi passivi); − successivamente, sulla quota capitale, applicare le percentuali del 30% o del 20% a seconda che l’immobile

in oggetto sia, rispettivamente, un fabbricato industriale o meno. In sede di modello Unico, occorre recuperare a tassazione la quota capitale dei canoni indeducibile.

DETERMINAZIONE IRES

Leasing di autoveicoli

Per i veicoli di cui all’art. 164, co. 1, lett. b), del Tuir posseduti in leasing, la deducibilità dei canoni di locazione finanziaria è ammessa a condizione che la durata del contratto non sia inferiore al periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito a norma dell’art. 102, co. 2, del Tuir, nel caso in cui il contratto di leasing sia stato stipulato dal 12 agosto 2006 sino al 28 aprile 2012; per i contratti di leasing stipulati dal 29 aprile 2012, fermo restando il periodo minimo in cui deve avvenire la deduzione dei canoni, non opera più il vincolo della durata minima del contratto. Per gli autoveicoli aziendali di cui all’art. 164, co. 1, lett. b), del Tuir, la deducibilità dei canoni di locazione finanziaria è ancora ammessa (anche per i contratti stipulati dal 1° gennaio 2014) per un periodo non inferiore al periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente tabellare. La C.M. n. 10/E/2014, par. 6.1, ha precisato che la maggiorazione della durata minima fiscale prevista dall’art. 102, co. 7, del Tuir per i veicoli di cui all’art. 164, co. 1, lett. b), del Tuir non trova applicazione per i veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo di imposta, disciplinati dalla successiva lett. b-bis). Pertanto, per i contratti di leasing stipulati dal 1° gennaio 2014 con riferimento ai veicoli della citata lett. b-bis), la deduzione dei canoni può avvenire in un periodo minimo pari alla metà del periodo di ammortamento.

DETERMINAZIONE IRAP

Canoni di leasing

I canoni di leasing sono deducibili ai fini Irap, ad eccezione della quota di interessi passivi ad essi relativa, desunta dal contratto (art. 5, co. 3, del D.Lgs. n. 446/1997).

Leasing di fabbricati strumentali

Oltre alla relativa quota interessi, secondo la C.M. n. 38/E/2010, par. 1.6 nei leasing immobiliari va considerata indeducibile anche la quota di canone riferibile al terreno pertinenziale (art. 36, co. 7 e 7-bis, del D.L. n. 223/2006). La posizione dell’Agenzia delle Entrate appare censurabile. Infatti, se assumono rilevanza le risul-tanze del bilancio, anche i canoni di leasing immobiliare (depurati, come detto, della quota interessi) dovreb-bero essere deducibili per l’importo stanziato, secondo corretti principi contabili, nella voce B)8) del conto economico, senza tenere conto dei limiti forfetari di cui all’art. 36, co. 7 e 7-bis, del D.L. n. 223/2006.

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9.9. Costi per il personale

DETERMINAZIONE IRES

Spese per la generalità dei dipendenti

Ai sensi dell’art. 100, co. 1, del Tuir, le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti (o categorie di dipendenti) volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi.

Se risultano contabilizzati tra i costi dell’esercizio componenti negativi di reddito in misura eccedente il predetto limite, è necessario effettuare la relativa variazione in aumento.

Accantonamento TFR

Ai sensi dell’art. 105 del Tuir, gli accantonamenti effettuati al fondo TFR sono deducibili per intero nel periodo di imposta in cui matura il relativo diritto.

L’eventuale maggiore accantonamento effettuato nell’esercizio per adeguare il fondo TFR a sopravvenute modificazioni normative e retributive è anch’esso interamente deducibile, ma può essere dedotto, a scelta del contribuente, per quote costanti nell’esercizio di competenza e nei due successivi.

Qualora il contribuente opti per tale soluzione di “deducibilità frazionata”, è necessario effettuare la variazione in aumento pari ai 2/3 del maggiore accantonamento effettuato, la cui deducibilità si è scelto di rinviare nel 2015 e nel 2016.

DETERMINAZIONE IRAP

Di regola, i costi per il personale dell’esercizio 2014 sono indeducibili, salvo quelli la cui deduzione è prevista per legge (ad esempio, deduzioni forfetaria e analitica per dipendenti a tempo indeterminato, contributi Inail, ecc.).

Addetti alla ricerca e sviluppo

Sono deducibili i costi sostenuti per il personale direttamente addetto alla ricerca e sviluppo, ivi inclusi quelli sostenuti da consorzi tra imprese costituiti per la realizzazione di programmi comuni di ricerca e sviluppo (art. 11, co. 1, lett. a), n. 5, del D.Lgs. n. 446/1997).

Occorre, quindi, apportare una variazione in diminuzione per l’importo deducibile.

Apprendisti

Le spese relative agli apprendisti sono deducibili ai fini Irap (art. 11, co. 1, lett. a), n. 5, del D.Lgs. n. 446/1997). Occorre, quindi, apportare una variazione in diminuzione per l’importo deducibile.

Disabili

Le spese relative ai disabili sono deducibili ai fini Irap, a condizione che lo stato di disabilità risulti dal contratto d’impiego (art. 11, co. 1, lett. a), n. 5, del D.Lgs. n. 446/1997, istruzioni al modello Irap, RR.MM. n. 142/E/2004, 64/E/2006 e 139/E/2006). È, pertanto, necessario operare una variazione in diminuzione in sede di dichiarazione Irap.

Personale “distaccato”

Gli importi dovuti dall’impresa “distaccataria” alla “distaccante” a fronte del personale distaccato non sono deducibili ai fini Irap, fatta salva l’applicazione di specifiche deduzioni (Risoluzione del Dipartimento Politiche fiscali n. 2/2008), anche se si tratta di dirigenti che svolgono le funzioni di amministratore o sindaco presso società del gruppo (C.M. n. 141/E/1998, par. 3.2.1.2). La stessa disposizione si applica anche per il personale in posizione di comando (C.M. n. 189/1999, par. 2.3).

Lavoro interinale

Per le imprese che ricevono in “affitto” il personale, la parte di corrispettivo dovuto che eccede il costo

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retributivo e contributivo del personale “affittato” è deducibile ai fini Irap (C.M. n. 263/1998, par. 2.9) e, come tale, deve costituire oggetto di apposita variazione in diminuzione.

Personale assunto con contratto di formazione lavoro (o inserimento)

Le spese relative al personale assunto con contratto di formazione lavoro (o inserimento) sono integralmente deducibili ai fini Irap (art. 11, co. 1, lett. a), del D.Lgs. n. 446/97, C.M. n. 13/E/2005, par. 3.1). È, pertanto, necessario operare una variazione in diminuzione in sede di dichiarazione.

9.10. Ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali

DETERMINAZIONE IRES

Marchi e avviamento

Ai sensi dell’art. 103, co. 3, del Tuir, le quote di ammortamento del valore dell’avviamento e del costo dei marchi iscritti nell’attivo del bilancio sono deducibili in misura non superiore a un diciottesimo (5,56%) del valore stesso. La deducibilità compete nella stessa misura anche alle imprese IAS/IFRS, indipendentemente dall’imputazione a conto economico.

Se dunque l’impresa ha contabilizzato ammortamenti di ammontare superiore alla soglia massima deducibile, l’eccedenza deve essere “neutralizzata” mediante un’apposita variazione in aumento dell’utile civilistico.

Opere dell’ingegno e brevetti

Ai sensi dell’art. 103, co. 1, del Tuir, le quote di ammortamento del costo dei diritti di utilizzazione di opere dell’ingegno, dei brevetti industriali, dei processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico sono deducibili in misura non superiore al 50% del costo.

Se dunque l’impresa ha contabilizzato un ammortamento del valore di bilancio dei predetti beni per un ammontare superiore alla soglia massima deducibile, l’eccedenza di ammortamento operato sul piano contabile deve essere “neutralizzata” mediante un’apposita variazione in aumento dell’utile civilistico.

DETERMINAZIONE IRAP

Marchi e avviamento

Le quote di ammortamento di marchi e avviamento sono ammesse in deduzione in misura comunque non superiore a un diciottesimo del costo, indipendentemente dall’imputazione al conto economico (art. 5, co. 3, del DLgs. n. 446/1997). In pratica, ai fini Irap, per tutte le imprese (OIC e IAS), il periodo minimo di ammortamento fiscale dei marchi e dell’avviamento è in ogni caso pari a 18 anni, corrispondente ad un’aliquota massima di ammortamento del 5,56% (Circolare informativa Consorzio studi e ricerche fiscali Gruppo Intesa Sanpaolo n. 7/2008, par. 4.2.8 e C.M. n. 50/E/2008, par 3.1).

9.11. Ammortamenti delle immobilizzazioni materiali

DETERMINAZIONE IRES

Ammortamenti eccedenti quelli fiscali

L’ammontare deducibile degli ammortamenti relativi ai beni materiali dell’esercizio contabilizzati tra i componenti negativi di conto economico deve essere valutato alla luce del disposto dell’art. 102 del Tuir, utilizzando i coefficienti di ammortamento fiscale previsti dal D.M. 31 dicembre 1988 in funzione della tipologia di bene e del settore di attività dell’impresa.

Gli eventuali ammortamenti contabilizzati in misura eccedente alla soglia massima deducibile devono essere oggetto di variazione in aumento dell’utile contabile.

Beni strumentali entrati in funzione nell’esercizio

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Nel primo esercizio di entrata in funzione del bene, le quote di ammortamento devono essere calcolate secondo i coefficienti ministeriali ridotti alla metà (art. 102, co. 2, del Tuir). Qualora la quota di ammortamenti in bilancio risulti superiore, occorre effettuare una variazione in aumento.

Immobili rivalutati ex Legge n. 147/2013

Per i soggetti che si sono avvalsi della rivalutazione prevista dall’art. 1, co. 140-146, della Legge n. 147/2013, il maggior valore del bene rivalutato è fiscalmente riconosciuto, ai fini degli ammortamenti, a partire dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita (2016, per i soggetti “solari”). In sede di modello Unico 2015, occorre, quindi, apportare un’apposita variazione in aumento.

Automezzi

Ai sensi dell’art. 164, co. 1, lett. b), del Tuir, ai fini della determinazione del reddito, sono deducibili nel limite del 20% gli ammortamenti relativi alle autovetture, agli autocaravan, ai ciclomotori e ai motocicli, che non sono utilizzati esclusivamente come beni strumentali all’attività d’impresa.

È, inoltre, totalmente indeducibile la parte di ammortamento calcolata sul costo d’acquisto dell’autovettura che eccede 18.075,99 euro.

Occorre, quindi, effettuare una variazione in aumento pari alla quota indeducibile.

Telefonia fissa e mobile

Considerato che i costi relativi alla telefonia sono deducibili nel limite dell’80%, occorre effettuare una variazione in aumento pari alla quota indeducibile dei relativi ammortamenti.

Fabbricati strumentali

L’art. 36, co. 7, del D.L. n. 223/2006 ha previsto che è necessario scorporare dal costo fiscalmente riconosciuto dei fabbricati la parte riconducibile al valore delle aree su cui essi insistono, essendo deducibile solo l’ammortamento calcolato sul costo fiscalmente riconosciuto del fabbricato e non anche quella (implicitamente) calcolata sul costo fiscalmente riconosciuto delle aree sottostanti. La procedura di scorporo del valore fiscale delle aree sulle quali insistono fabbricati strumentali deve essere adottata solo nel momento in cui il fabbricato stesso costituisca un “edificio significativo”, nell’eccezione di cui all’art. 2645-bis c.c. (R.M. n. 434/E/2008). La quota parte di costo fiscalmente riconosciuto ascrivibile alle aree (e, pertanto, non ammortizzabile ai fini fiscali) è il valore di iscrizione delle aree medesime nel bilancio relativo all’esercizio di acquisizione, fermo restando un valore non inferiore al 20% di quello complessivamente sostenuto per l’acquisto del fabbricato, elevato al 30% nel caso di fabbricati destinati ad usi industriali. Per effetto della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1 co. 81 e 82 della Legge n. 244/2007, per ciascun immobile strumentale, le quote di ammortamento dedotte fino al periodo di imposta 2005, calcolate sul costo complessivo (fabbricato più terreno), sono riferite proporzionalmente al costo dell’area e al costo del fabbricato.

DETERMINAZIONE IRES

Beni dell’azienda in affitto

In caso di affitto d’azienda o usufrutto, le quote di ammortamento dei relativi beni sono deducibili in capo all’affittuario (salvo che sia stata prevista una deroga nel contratto all’art. 2561 c.c.).

DETERMINAZIONE IRAP

Ammortamenti non dedotti fino al 2007

Le quote di ammortamento imputate al conto economico fino al 2007, non dedotte ai fini Irap perché eccedenti la misura massima tabellare di cui al D.M. 31 dicembre 1988, sono deducibili in alternativa:

– a partire dall’esercizio successivo a quello in cui si conclude l’ammortamento contabile, nei limiti del-l’importo derivante dall’applicazione dei suddetti coefficienti tabellari;

– già nel corso del processo di ammortamento contabile, se la quota di ammortamento imputata a conto economico è inferiore all’importo massimo fiscalmente deducibile.

In entrambi i casi, l’importo deducibile è oggetto di apposita variazione in diminuzione.

Fabbricati strumentali

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È indeducibile la quota degli ammortamenti dei fabbricati strumentali riferibile alle aree occupate dalla costruzione o a quelle che ne costituiscono pertinenze (C.M. n. 36/E/2009, par. 1.3, istruzioni al modello Irap). È, pertanto, necessario operare una variazione in aumento in sede di dichiarazione.

Beni dell’azienda in affitto o usufrutto

Gli ammortamenti dei beni dell’azienda data in affitto o in usufrutto sono deducibili in capo all’affittuario, nel-l’ipotesi in cui le parti non abbiano derogato all’obbligo, gravante su quest’ultimo, di conservare l’efficienza dell’azienda ex art. 2561 c.c. (nota Agenzia delle Entrate n. 954-164620/2011 e C.M. n. 26/E/2012, par. 5).

Beni oggetto di svalutazione fino al 2007

I maggiori valori fiscali, derivanti dal mancato riconoscimento delle svalutazioni operate in bilancio fino al periodo d’imposta 2007, sono deducibili dal valore della produzione, nei limiti dell’importo derivante dall’applicazione dei coefficienti tabellari previsti dal D.M. 31 dicembre 1988 (C.M. n. 26/E/2012, par. 1.1 e Circolare Assonime n. 34/2009, par. 2):

− a partire dall’esercizio successivo a quello in cui si conclude l’ammortamento contabile, se la quota di ammortamento imputata a Conto economico è pari o superiore all’importo massimo fiscalmente deducibile;

− già nel corso del processo di ammortamento contabile, se la quota di ammortamento imputata a conto economico è inferiore all’importo massimo fiscalmente deducibile.

In entrambi i casi, l’importo deducibile è oggetto di apposita variazione in diminuzione.

Beni oggetto di svalutazione dal 2008

Nel caso di svalutazioni relative a beni acquistati dal 2008 (oppure acquistati fino al 2007, ma che al 1° gennaio 2008 non presentavano alcun disallineamento tra il valore contabile e quello fiscale), il disallineamento tra valore civilistico e fiscale dei beni stessi si riassorbe attraverso variazioni in diminuzione da operare nella dichiarazione Irap nel corso del processo di ammortamento del bene, applicando il criterio di ammortamento utilizzato in sede civilistica, ossia ripartendo il valore fiscale del bene (valore contabile residuo al lordo della svalutazione non dedotta fiscalmente) sulla base della vita utile residua del bene stesso (C.M. n. 26/E/2012, par. 3).

Immobili rivalutati ex Legge n. 147/2013

Per i soggetti che si sono avvalsi della rivalutazione prevista dall’art. 1, co. 140-146, della Legge n. 147/2013, il maggior valore del bene rivalutato è riconosciuto, ai fini degli ammortamenti, a partire dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita (2016, per i soggetti “solari”). In sede di Unico 2015, occorre, quindi, apportare un’apposita variazione in aumento.

9.12. Svalutazioni dei crediti iscritti nell’attivo circolante

DETERMINAZIONE IRES

Svalutazione dei crediti iscritti nell’attivo circolante

Ai sensi dell’art. 106, co. 1, del Tuir, le svalutazioni dei crediti c.d. “commerciali” iscritti nell’attivo dello stato patrimoniale, sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,5% del valore nominale dei crediti medesimi. Se, quindi, risulta contabilizzata tra i costi dell’esercizio una svalutazione dei crediti commerciali in misura eccedente il predetto limite, è necessario effettuare la relativa variazione in aumento. Inoltre, se l’ammontare delle svalutazioni e accantonamenti dedotti eccede il 5% del valore nominale dei crediti stessi, l’eccedenza concorre a formare il reddito nell’esercizio.

DETERMINAZIONE IRAP

Le svalutazioni dei crediti compresi nell’attivo circolante e delle disponibilità liquide sono indeducibili (art. 5, co. 1, del D.Lgs. n. 446/1997).

9.13. Variazione delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci

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DETERMINAZIONE IRES

Rimanenze

Le rimanenze possono essere valutate secondo il criterio LIFO, FIFO o costo medio ponderato: il criterio contabile adottato assume rilevanza anche ai fini fiscali, ai sensi dell’art. 92, co. 4, del Tuir.

Qualora, sotto il profilo civilistico, non sia adottato nessuno dei suddetti criteri di valutazione, ai fini fiscali il valore delle rimanenze non può essere comunque inferiore al valore “minimo” risultante dall’applicazione del criterio LIFO a scatti annuali. Nel caso in cui il valore fosse inferiore, occorre, quindi, effettuare una variazione in aumento per la differenza.

Beni valutati a costi specifici

La valutazione delle rimanenze dei beni infungibili (quelli che non possono essere scambiati con altri) deve avvenire a costi specifici.

La R.M. n. 78/E/2013, ha precisato che – visto il tenore letterale dell’art. 92, co. 1, del Tuir – le svalutazioni dei beni merce valutati secondo il criterio del costo specifico (tipicamente, i beni immobili) non sono deducibili, essendo normativamente previste solo per i beni fungibili valutati secondo i criteri del LIFO, del FIFO o della media ponderata. Pertanto, la componente negativa iscritta in bilancio qualora il valore desumibile dall’andamento del mercato sia inferiore al costo di acquisto deve essere neutralizzata in dichiarazione, attraverso un’apposita variazione in aumento.

Tale orientamento è stato, poi, confermato dalla C.M. n. 10/E/2014, par. 6.2.

DETERMINAZIONE IRAP

L’importo della voce concorre alla determinazione della base imponibile Irap, in misura pari allo stesso ammontare imputato a conto economico.

9.14. Accantonamenti per rischi e oneri

DETERMINAZIONE IRES

Lavori ciclici di manutenzione e revisione di navi e aeromobili

Ai sensi dell’art. 107 del Tuir, gli accantonamenti per lavori ciclici di navi e aeromobili sono deducibili fino al limite del 5% del costo di ogni nave e aeromobili risultante ad inizio esercizio; l’eccedenza costituisce reddito nell’esercizio in cui, terminando il ciclo, si procede alla manutenzione.

Ripristino o manutenzione beni gratuitamente devolvibili

Gli accantonamenti per manutenzione e ripristino dei beni gratuitamente devolvibili sono deducibili fino al limite del 5% del costo per ciascun bene e fino a quando il fondo è pari alle spese complessivamente sostenute per ciascun bene nell’esercizio e in quello precedente.

Accantonamenti rischi e oneri

Ai sensi dell’art. 107, co. 4, del Tuir non sono ammessi in deduzione dal reddito di impresa gli accantonamenti effettuati a fondi per rischi e oneri diversi da quelli tassativamente previsti dalle norme recate dal Capo II del Titolo II del D.P.R. n. 917/1986. Se, quindi, risultano contabilizzati tra i costi dell’esercizio accantonamenti non rientranti tra le predette previsioni normative, è necessario effettuare la relativa variazione in aumento.

Operazioni a premio

Ai sensi dell’art. 107, co. 3, del Tuir, gli accantonamenti a fronte di oneri derivanti da: − operazioni a premio sono deducibili in misura non superiore al 30% degli impegni assunti nell’esercizio; − concorsi a premio sono deducibili in misura non superiore al 70% degli impegni assunti nell’esercizio.

Se, dunque, risultano contabilizzati tra i costi dell’esercizio accantonamenti in misura eccedente i predetti limiti, è necessario effettuare la relativa variazione in aumento.

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Utilizzo fondo rischi e oneri

Qualora, nel corso del 2014, sia stato utilizzato a copertura dei costi sopravvenuti un fondo per rischi e oneri per il quale gli accantonamenti effettuati nei precedenti esercizi non erano risultati in tutto o in parte deducibili, ne consegue che il componente negativo di reddito “neutralizzato” mediante l’utilizzo del fondo non transita tra i costi di conto economico e, conseguentemente, non concorre a formare l’utile contabile post integrazioni e rettifiche.

Se, dunque, tale componente negativo di reddito divenuto certo nell’an e nel quantum nel corso del 2014 ha natura oggettivamente deducibile, è necessario effettuare la relativa variazione in diminuzione.

DETERMINAZIONE IRAP

Gli accantonamenti per rischi ed oneri non concorrono alla formazione del valore della produzione netta, in quanto indicati in voci non rilevanti ai fini Irap.

Tuttavia, sono comunque deducibili, all’atto dell’effettivo sostenimento, le spese che gli accantonamenti sono chiamati a fronteggiare (C.M. n. 12/E/2008, par. 9.2):

– ancorché non espressamente risultanti nella relativa voce del conto economico, per via dell’utilizzo del fondo iscritto nel passivo dello stato patrimoniale;

– a condizione che si tratti di spese potenzialmente classificabili in una voce dell’aggregato B) rilevante ai fini Irap.

L’utilizzo del fondo rischi, non transitando a conto economico, deve costituire oggetto di apposita variazione in sede di dichiarazione Irap.

9.15. Oneri diversi di gestione

DETERMINAZIONE IRES

Erogazioni liberali

Le erogazioni liberali non sono deducibili dal reddito di impresa, in quanto costituiscono componenti negativi di reddito sprovvisti del requisito dell’inerenza all’attività svolta (art. 109 del Tuir). Tuttavia, le erogazioni liberali che rientrano in una delle fattispecie di cui all’art. 100, co. 2, del Tuir sono deducibili, seppur nei limiti ivi previsti.

Altre ipotesi di deducibilità parziale dal reddito di impresa delle erogazioni liberali sono previste da apposite disposizioni aventi natura agevolativa. A seconda dei casi, quindi, in presenza di erogazioni liberali contabilizzate tra i costi dell’esercizio si rende necessario effettuare delle variazioni in aumento:

− per l’intero ammontare (erogazioni liberali che non rientrano nell’ambito dell’art. 100, co. 2, del Tuir); − per la sola quota eventualmente eccedente il limite deducibile (erogazioni liberali che rientrano del campo

di applicazione dell’art. 100, co. 2, del Tuir o di altre disposizioni che ammettono espressamente tale possibilità di parziale deduzione).

Imposte non deducibili

Ai sensi dell’art. 99 del Tuir, gli oneri fiscali e contributivi sono in linea generale deducibili nell’esercizio in cui avviene il pagamento (es. registro, bollo, ecc.).

Tra le imposte non deducibili dal reddito di impresa (e che richiedono pertanto corrispondenti variazioni in aumento dell’utile “contabile”) si segnalano:

− l’Imu (deducibile solo parzialmente per effetto dell’art. 1, co. 715, della Legge n. 147/2013); − l’Irap (la misura deducibile dipenderà dalla tipologia di onere sostenuto, vale a dire costi per il personale,

interessi passivi o entrambi); − in linea generale tutte le imposte sostitutive delle imposte sui redditi.

Perdite su crediti

Le perdite maturate su crediti verso un debitore in crisi sono fiscalmente deducibili secondo le regole di cui all’art. 101, co. 5, del Tuir.

In caso di indeducibilità, è, pertanto, necessario effettuare una variazione in aumento.

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Minusvalenze da cessione mezzi trasporto

Nel caso in cui l’impresa abbia ceduto uno o più dei mezzi di trasporto che rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 164 del Tuir, il co. 2 stabilisce che minusvalenze e plusvalenze rilevano ai fini fiscali nella stessa proporzione esistente tra l’ammontare dell’ammortamento fiscalmente dedotto e quello complessivamente effettuato.

Nel caso di minusvalenze contabilizzate tra i costi dell’esercizio, è necessario effettuare una variazione in aumento in misura pari alla frazione non deducile.

Concessione in godimento di beni a soci e/o familiari

L’art. 2, co. 36-quaterdecies, del D.L. n. 138/2011 dispone che i costi relativi ai beni dell’impresa concessi in godimento ai soci e/o a familiari, per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato del diritto di godimento, non sono in ogni caso ammessi in deduzione dal reddito imponibile. Tali costi devono, pertanto, formare oggetto di una variazione in aumento in capo all’impresa concedente.

DETERMINAZIONE IRAP

Differenze di cassa

Per le imprese che operano nel settore della grande distribuzione, le differenze di cassa – ovvero tra i valori in cassa effettivamente disponibili e le corrispondenti rilevazioni contabili eseguite a monte – sono deducibili quando sono correttamente rilevate nella voce B)14) di conto economico e documentate da un verbale sottoscritto dal soggetto preposto al controllo e dal responsabile di cassa cui è attribuibile l’ammanco (R.M. n. 54/E/2010).

Erogazioni liberali

Sono deducibili in quanto correttamente classificabili in una voce di conto economico rilevante (art. 5, co. 1, del D.Lgs. n. 446/1997), purchè sussista l’inerenza civilistica del costo (C.M. n. 36/E/2009, par. 1.2, e 39/E/2009).

Non è, quindi, necessario apportare alcuna variazione.

IMU

È indeducibile ai fini Irap (art. 14, co. 1, del D.Lgs. n. 23/2011). È, pertanto, necessario effettuare una variazione in aumento per l’importo indeducibile.

9.16. Proventi da partecipazioni

DETERMINAZIONE IRES

Incasso dividendi già contabilizzati in esercizi precedenti

Ai sensi dell’art. 89, co. 2, del Tuir, gli utili derivanti dalla partecipazione in società ed enti soggetti all’Ires concorrono a formare il reddito dell’esercizio in cui sono percepiti (principio di cassa).

Qualora i predetti dividendi percepiti nel 2014 siano stati, tuttavia, contabilizzati in un esercizio precedente nel quale è maturato il relativo diritto (in ossequio al principio di competenza di redazione del bilancio), si rende necessario effettuare una variazione in aumento dell’utile pari al 5% (nel presupposto che il dividendo sia incassato da una società di capitali), oppure 100% se proviene da una partecipata localizzata in uno Stato o un territorio a fiscalità privilegiata.

Dividendi contabilizzati e percepiti nel 2014

L’art. 89, co. 2, del Tuir stabilisce che i dividendi percepiti da soggetti Ires sono imponibili solo nella misura del 5% del dividendo percepito, ragione per cui si rende necessaria una variazione in diminuzione dell’utile “contabile” pari al 95% del dividendo percepito e contabilizzato. Se il dividendo proviene da una società partecipata relativamente alla quale è stata esercitata l’opzione per la trasparenza fiscale (di cui agli artt. 115 e 116 del Tuir), qualora tale dividendo sia relativo a utili prodotti in esercizi “trasparenti” l’intero ammontare percepito non concorre a formare il reddito di impresa (e, conseguentemente, la variazione in

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diminuzione dell’utile “contabile” diviene pari all’intero dividendo percepito e contabilizzato).

Dividendi contabilizzati nel 2014 ma non percepiti

Ai sensi dell’art. 89, co. 2, del Tuir, gli utili derivanti dalla partecipazione in società ed enti soggetti all’Ires concorrono a formare il reddito dell’esercizio in cui sono percepiti (principio di cassa).

Se dunque nel 2014 sono stati contabilizzati per competenza i dividendi di cui al co. 2 del citato art. 89 del Tuir, senza che, tuttavia, ne avvenga l’incasso, si rende necessario effettuare una corrispondente variazione in diminuzione dell’utile “contabile”.

Plusvalenze da cessioni di partecipazioni

Ai sensi dell’art. 87 del Tuir, le plusvalenze realizzate su partecipazioni, con i requisiti previsti dal medesimo articolo, sono esenti da imposta nella misura del 95%.

Ne consegue che, sussistendone le condizioni, deve essere operata una variazione in diminuzione dell’utile contabile 2014 in misura pari al 95% della plusvalenza (in ipotesi di contribuenti aventi il periodo d’imposta coincidente con l’anno solare).

Soci di società di persone

Posto che tali soggetti imputano per trasparenza il proprio reddito imponibile ai soci che vi partecipano, se la società di persone partecipata ha chiuso il proprio periodo di imposta 2014 con un reddito imponibile, la quota parte di spettanza di quest’ultimo deve essere portata in aumento dell’utile civilistico dell’impresa partecipante.

Soci di società di capitali “trasparenti”

Ai sensi degli artt. 115 e 116 del Tuir, esercitando apposita opzione congiunta, soci partecipanti e società partecipata possono scegliere di attribuire il reddito imponibile di quest’ultima direttamente in capo ai soci, a prescindere dall’effettiva distribuzione degli utili, analogamente a quanto avviene per i redditi prodotti dalle società di persone. Se la società “trasparente” partecipata dall’impresa ha chiuso il proprio periodo di imposta 2013 con un reddito imponibile, la quota parte di quest’ultimo deve essere portata in aumento dell’utile civilistico dell’impresa partecipante.

9.17. Altri proventi finanziari

DETERMINAZIONE IRES

Interessi attivi di mora contabilizzati nel 2014 ma non incassati

Ai sensi dell’art. 109, co. 7, del Tuir, gli interessi di mora concorrono a formare il reddito di impresa nel periodo in cui vengono incassati o pagati (ossia per cassa, anziché per competenza).

Se nel conto economico del 2014 l’impresa ha contabilizzato per competenza il componente positivo rap-presentato dagli interessi attivi di mora maturati ma non incassati, deve essere operata la variazione in diminuzione dell’utile civilistico in misura corrispondente.

DETERMINAZIONE IRES

Incasso interessi attivi di mora

A norma dell’art. 109, co. 7, del Tuir, gli interessi di mora concorrono a formare il reddito di impresa nel periodo in cui vengono incassati o pagati (ossia per cassa, anziché per competenza).

Se nel corso del 2014 l’impresa ha incassato interessi attivi di mora che, in ossequio al principio di competenza, erano stati imputati a Conto economico in esercizi precedenti, si deve operare una variazione in aumento dell’utile civilistico del 2014, in misura corrispondente agli interessi incassati.

9.18. Interessi e altri oneri finanziari

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DETERMINAZIONE IRES

Interessi passivi

Ai sensi dell’art. 96 del Tuir, per i soggetti Ires, gli interessi passivi sono deducibili in ciascun periodo d’imposta fino a concorrenza degli interessi attivi e, per l’eccedenza, nel limite del 30% del risultato operativo lordo della gestione caratteristica. A seguito di tale meccanismo si possono realizzare le seguenti ipotesi:

− gli interessi passivi, al netto di quelli attivi, sono inferiori al 30% del ROL: gli stessi sono interamente deducibili;

− gli interessi passivi, al netto di quelli attivi, sono superiori al 30% del ROL: l’eccedenza costituisce un costo temporaneamente indeducibile.

Nel primo caso, non deve essere effettuata alcuna variazione in aumento dell’utile.

Nel secondo caso, è, invece, necessario apportare una variazione in aumento dell’utile ed è, inoltre, possibile: − riportare l’eccedenza non dedotta ai periodi d’imposta successivi, senza limiti di tempo; − previa opzione per il consolidato fiscale nazionale, utilizzare tale eccedenza ai fini della riduzione

dell’imponibile di gruppo, nel caso in cui altre società del gruppo presentino eccedenze di ROL (art. 96, co. 7, del Tuir).

È, inoltre, possibile riportare ai periodi d’imposta successivi, senza alcuna limitazione temporale, l’eccedenza di ROL non utilizzato. Non sono soggetti alle limitazioni dell’art. 96 del Tuir gli interessi passivi capitalizzati ai sensi dell’art. 110, co. 1, lett. b), del Tuir.

Interessi passivi di mora contabilizzati nel 2014 ma non pagati

Ai sensi dell’art. 109, co. 7, del Tuir, gli interessi di mora concorrono a formare il reddito di impresa nel periodo in cui vengono incassati o pagati (ossia per cassa, anziché per competenza). Se dunque nel conto economico del 2014 l’impresa ha contabilizzato per competenza il componente negativo rappresentato dagli interessi passivi di mora maturati ma non pagati, deve essere operata la variazione in aumento dell’utile civilistico in misura corrispondente.

Interessi passivi di mora già contabilizzati ma pagati nel 2014

L’art. 109, co. 7, del Tuir stabilisce che gli interessi di mora concorrono a formare il reddito di impresa nel periodo in cui vengono incassati o pagati (ossia per cassa, anziché per competenza).

Se dunque nel corso del 2014 l’impresa ha pagato interessi passivi di mora che, in ossequio al principio di competenza, erano stati imputati a conto economico in esercizi precedenti, si deve operare una variazione in diminuzione dell’utile civilistico in misura corrispondente agli interessi pagati.

Minusvalenze da cessioni di partecipazioni

A norma dell’art. 101 del Tuir, le minusvalenze realizzate su partecipazioni, con i requisiti previsti dal co. 1 dell’art. 87 e dal co. 1-bis dell’art. 101 del Tuir, sono integralmente indeducibili.

Ne consegue che, sussistendone le condizioni, deve essere operata una variazione in aumento dell’utile contabile per l’intero ammontare della minusvalenza contabilizzata.

Soci di società di capitali “trasparenti”

Ai sensi degli artt. 115 e 116 del Tuir, esercitando apposita opzione congiunta, soci partecipanti e società partecipata possono scegliere di attribuire il reddito imponibile di quest’ultima direttamente in capo ai soci, a prescindere dall’effettiva distribuzione degli utili, analogamente a quanto avviene per i redditi prodotti dalle società di persone.

Se la società “trasparente” partecipata dall’impresa ha chiuso il proprio periodo di imposta 2014 con una perdita fiscale, la quota parte di quest’ultima deve essere portata in diminuzione dell’utile civilistico dell’impresa partecipante, secondo il regime di riporto previsto dall’art. 84 del Tuir.

9.19. Utili e perdite su cambi

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DETERMINAZIONE IRES

Utili su cambi da valutazione

Ai sensi dell’art. 110, co. 3, del Tuir, la valutazione alla fine dell’esercizio di crediti e debiti in valuta estera non assume rilevanza. Conseguentemente, qualora nel 2014 dalla valutazione dei crediti/debiti in valuta estera secondo il cambio alla data di chiusura dell’esercizio emergano utili su cambi, occorre operare la relativa variazione in diminuzione (ove il rischio di cambio non sia coperto da contratti di copertura anch’essi valutati secondo il cambio di chiusura dell’esercizio).

Perdite su cambi da valutazione

La valutazione alla fine dell’esercizio di crediti e debiti in valuta estera non assume rilevanza (art. 110, co. 3, del Tuir). Pertanto, qualora nel 2014 dalla valutazione dei crediti/debiti in valuta estera secondo il cambio alla data di chiusura dell’esercizio emergano perdite su cambi, occorre operare una variazione in aumento pari a tale valore (ove il rischio di cambio non sia coperto da contratti di copertura anch’essi valutati secondo il cambio di chiusura dell’esercizio).

9.20. Rivalutazioni e svalutazioni di attività finanziarie

DETERMINAZIONE IRES

Svalutazioni di partecipazioni

Per effetto del combinato disposto degli artt. 94 e 101 del Tuir, le svalutazioni operate su partecipazioni e su “titoli assimilati” sono sempre indeducibili ai fini fiscali, a prescindere dalla classificazione di bilancio tra le immobilizzazioni finanziarie. Conseguentemente, qualora l’impresa abbia imputato a conto economico una svalutazione sui predetti beni, è necessario operare una corrispondente variazione in aumento dell’utile civilistico.

Svalutazioni di obbligazioni

Le svalutazioni operate su obbligazioni e su “titoli assimilati” sono deducibili ai fini fiscali (artt. 94 e 101, del Tuir), nel limite della riduzione del costo fiscalmente riconosciuto dei predetti beni fino a concorrenza della “soglia minima” individuata dagli artt. 98, co. 4, e 101, co. 2, del Tuir. In altri termini, le svalutazioni, operate su titoli negoziati in mercati regolamentati ed iscritti dall’impresa nell’attivo circolante, sono deducibili in misura non superiore alla differenza tra il costo fiscalmente riconosciuto ante svalutazione e il valore risultante dai prezzi rilevati nell’ultimo giorno dell’esercizio, oppure dalla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo mese. Le svalutazioni, operate su titoli negoziati in mercati regolamentati ed iscritti dall’impresa tra le immobilizzazioni finanziarie, sono deducibili in misura non superiore alla differenza tra il costo fiscalmente riconosciuto ante svalutazione e il valore risultante dalla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo semestre. Le svalutazioni operate su titoli diversi dai precedenti (ossia non quotati), sono deducibili in misura non superiore alla differenza tra il costo fiscalmente riconosciuto ante svalutazione e il valore risultante dalla comparazione con il valore normale di titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, aventi caratteri-stiche analoghe a quelle dei titoli non quotati oggetto di valutazione, oppure da altri elementi determinabili in modo obiettivo, ove la predetta comparazione non risulti praticabile. Conseguentemente, se l’impresa ha iscritto a conto economico una svalutazione sui predetti beni per un ammon-tare superiore a quello ammesso in deduzione ai fini fiscali, è necessario operare una variazione in aumento dell’utile civilistico in misura pari a tale “eccedenza”.

DETERMINAZIONE IRES

Versamenti a fondo perduto a favore di partecipate

L’art. 101, co. 7, del Tuir stabilisce che i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale, da parte dei soci, a favore delle proprie partecipate, non sono ammessi in deduzione dal reddito di impresa del socio (ivi compreso il caso di versamento effettuato nella forma di rinuncia a un precedente credito). Se l’impresa ha iscritto a conto economico un componente negativo, a fronte del versamento o dalla rinuncia al credito, deve essere operata una variazione in aumento dell’utile civilistico in misura corrispondente.

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La predetta indeducibilità sussiste anche con riferimento ai c.d. “versamenti sottozero”, ossia quella parte di versamenti a fondo perduto o in conto capitale che serve non già ad incrementare il patrimonio netto della partecipata, quanto piuttosto a riportare detto patrimonio ad un valore pari a zero, coprendo dunque quella parte di perdite di esercizio che lo hanno portato ad un valore addirittura negativo (“sottozero”, appunto).

I predetti versamenti e rinunce a crediti, ancorché indeducibili, vanno ad incrementare il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.

Partecipazioni valutate con il metodo del patrimonio netto

Ai sensi dell’art. 101, co. 3, del Tuir, per le immobilizzazioni finanziarie costituite da partecipazioni in imprese controllate o collegate, valutate ai fini del bilancio sulla base del c.d. “metodo del patrimonio netto” della partecipata, la parte di costo di acquisto della partecipazione, eventualmente eccedente il valore corrispondente alla frazione di patrimonio netto della partecipata, non è deducibile dal reddito di impresa (neppure a titolo di ammortamento).

Nel caso di imputazione a conto economico del componente negativo rappresentato dalla predetta eccedenza di costo (o l’ammortamento operato pro rata temporis sulla predetta eccedenza iscritta nell’attivo patrimoniale), deve essere operata una variazione in aumento dell’utile civilistico in misura corrispondente.

9.21. Proventi ed oneri straordinari

DETERMINAZIONE IRES

Correzione di errori contabili

Nel caso di correzione della mancata imputazione di un componente positivo o negativo di reddito nell’esercizio di competenza, nel periodo d’imposta della rettifica dovrà essere operata, in sede di dichiarazione dei redditi, una variazione, rispettivamente, in diminuzione od aumento, al fine di sterilizzare il provento o l’onere transitato a conto economico (C.M. n. 31/E/2013). Occorre, pertanto, effettuare:

− una variazione in aumento dell’utile contabile, per l’ammontare dei componenti negativi non imputati nel corretto esercizio di competenza e contabilizzati, per dare evidenzia dell’errore, nel conto economico 2014;

− una variazione in diminuzione dell’utile contabile, per l’ammontare dei componenti positivi non imputati nel corretto esercizio di competenza e contabilizzati, per dare evidenza dell’errore, nel conto economico 2014.

DETERMINAZIONE IRAP

Plusvalenze e minusvalenze da trasferimento d’azienda

Le plusvalenze e le minusvalenze derivanti dal trasferimento di aziende non rilevano ai fini Irap, in quanto correttamente contabilizzabili nelle voci in esame (C.M. n. 27/E/2009, par. 1.2). Tra di esse, rientrano anche quelle relative ai singoli rami d’impresa o derivanti da operazioni straordinarie (C.M. n. 141/1998, par. 3.2.1.2).

DETERMINAZIONE IRAP

Correzione di errori contabili

Nel caso di correzione della mancata imputazione di un componente positivo o negativo di reddito nell’esercizio di competenza, nel periodo d’imposta della rettifica dovrà essere operata, in sede di dichiarazione Irap, una variazione, rispettivamente, in diminuzione o aumento, al fine di sterilizzare il provento o l’onere transitato a conto economico (C.M. n. 31/E/2013).

È, quindi, necessario operare: − una variazione in aumento, per l’ammontare dei componenti negativi non imputati nel corretto esercizio di

competenza e contabilizzati, per dare evidenzia dell’errore, nel Conto economico 2014; − una variazione in diminuzione, per l’ammontare dei componenti positivi non imputati nel corretto esercizio di

competenza e contabilizzati, per dare evidenza dell’errore, nel Conto economico 2014.

Indennizzi assicurativi

Se correttamente classificati nella voce E)20) del conto economico, sono imponibili se e nella misura in cui sono

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correlati a oneri deducibili (C.M. n. 10/E/2014, par. 6.1, e RR.MM. n. 251/E/2007, 294/E/2007 e 25/E/2009).

9.22. Imposte correnti, differite e anticipate

DETERMINAZIONE IRES

Deduzione 10% Irap

È prevista la deducibilità dalle imposte dirette di una quota pari al 10% dell’Irap dovuta nel periodo sulla quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati, al netto degli interessi attivi e dei proventi assimilati.

La deduzione avviene secondo il criterio di cassa: ai fini del calcolo della deduzione spettante, occorre, quindi, assumere i versamenti operati nell’esercizio, fermo restando che le somme versate a titolo di acconto rilevano nei limiti dell’imposta effettivamente dovuta per il medesimo esercizio.

Pertanto, l’impresa ha la possibilità di dedurre dal reddito d’impresa un importo pari al 10% dell’Irap versata nel 2014 (con riferimento a interessi passivi e oneri assimilati), apportando un’apposita variazione in diminuzione.

Deduzione Irap relativa al personale

L’art. 2, co. 2, del D.L. n. 201/2011 ha introdotto la possibilità di portare in deduzione dalle imposte sui redditi l’Irap relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato, al netto delle deduzioni spettanti ai sensi dell’art. 11, co. 1, lett. a) e co. 1-bis, 4-bis e 4-bis1, del D.Lgs. n. 446/1997. L’impresa ha, quindi, la possibilità di avvalersi di tale deduzione effettuando una variazione in diminuzione.

10. Bilancio d’esercizio, dichiarazioni fiscali e termini di versamento delle imposte

Si segnala, infine, che la data di approvazione del bilancio d’esercizio non rileva ai fini

dell’individuazione del termine di scadenza per la presentazione della dichiarazione dei redditi e del

modello Irap (art. 2, co. 2, del D.P.R. n. 322/1998), essendo fissato nell’ultimo giorno del nono mese

successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta: deve, tuttavia, essere considerata per accertare la

data entro la quale deve essere effettuato il versamento del saldo relativo al periodo d’imposta precedente,

nonché del primo acconto relativo all’esercizio in corso. L’art. 17, co. 1, del D.P.R. n. 435/2001,

stabilisce, infatti, che i soggetti Ires sono tenuti al corrispondente pagamento non oltre il seguente termine;

• 16 del sesto mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta (16 giugno 2015 per

le società di capitali che hanno l’esercizio coincidente con l’anno solare), se il bilancio d’esercizio è

approvato entro il termine di 120 giorni (art. 2364 c.c.). A questo proposito, si ricorda che per

“periodo d’imposta coincidente con l’anno solare” non s’intende esclusivamente quello iniziato il 1°

gennaio di un anno solare e concluso il successivo 31 dicembre, essendo prospettabile anche nel caso

di esercizio iniziato dopo il 1° gennaio, purchè si chiuda al 31 dicembre: è il caso, ad esempio, della

società costituita il 1° luglio 2014, il cui primo esercizio si è concluso il 31 dicembre 2014;

• 16 del mese successivo a quello di approvazione del bilancio d’esercizio, qualora

intervenga dopo il predetto termine dei 120 giorni, come nell’ipotesi in cui la società – in

presenza dei presupposti di cui all’art. 2364, co. 2, c.c. – si sia avvalsa della facoltà di convocazione

dell’approvazione del bilancio entro i 180 giorni successivi alla chiusura dell’esercizio. Sul punto, si

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rammenta che tali differimento dei termini è possibile se, oltre ad essere previsto dallo statuto, è

motivato da ragioni legate all’oggetto o alla struttura della società, oppure questa è tenuta alla

redazione del bilancio consolidato. Conseguentemente, l’impresa che ha chiuso l’esercizio al 31

dicembre 2014 ed ad approva il bilancio entro il 29 giugno 2015, è tenuta al versamento del saldo 2014

dell’Ires e dell’Irap – e del primo acconto 2015 – entro il 16 luglio 2015. Il medesimo termine è previsto

nel caso di mancata approvazione del bilancio entro 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio.

Rimane, in ogni caso, ferma la possibilità di differire di 30 giorni il termine di versamento del saldo 2014

e del primo acconto 2015, versando – contestualmente alle imposte, con facoltà di rateizzazione, soggetta

all’applicazione degli interessi – la maggiorazione forfetaria dello 0,40% da corrispondersi utilizzando il

medesimo codice del tributo di riferimento: nel caso in cui tale importo venga versato soltanto

parzialmente, non è configurabile un pagamento tardivo rispetto alla scadenza originaria (16 del sesto

mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta), bensì un mero versamento insufficiente

rispetto al termine differito (16 luglio 2015 per i contribuenti solari). La differenza tra l’ammontare

complessivamente dovuto in tale termine differito (imposta e maggiorazione) e quanto effettivamente

versato è soggetto alla sanzione ordinaria del 30%, ferma restando l’applicazione dell’istituto del

ravvedimento operoso (C.M. n. 27/E/2013, par. 1) di cui al novellato art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997.

Ai fini della determinazione degli acconti relativi al periodo d’imposta 2015, rimane fermo quanto

previsto dall’art. 17, co. 3, del D.P.R. n. 435/2001, che stabilisce, nel caso di applicazione del c.d.

metodo storico, il versamento di un primo acconto – come anticipato, entro la medesima scadenza del

saldo relativo al periodo d’imposta precedente – pari al 40% dell’imposta Ires ed Irap liquidata con riguardo

al precedente esercizio, dovuto se di importo superiore ad euro 103. Diversamente, è dovuto

esclusivamente il secondo ed unico acconto, scadente l’ultimo giorno dell’undicesimo mese del periodo

d’imposta (30 novembre 2015, con riguardo ai contribuenti “solari”).

In alternativa, è possibile calcolare l’acconto secondo il c.d. metodo previsionale, che prescinde dalle

imposte liquidate nel precedente periodo d’imposta, ma si fonda sulle attese reddituali relative all’esercizio

in corso, e come tale soggetto al rischio di ricadere ex post – in caso di dati consuntivi superiori alle stime

operate da contribuente in sede di accordo – nell’ipotesi di versamento insufficiente, sanzionata secondo

le regole ordinarie.

Si ricorda, infine, un aspetto di novità riguardante la deduzione Ace incidente sul calcolo degli

acconti secondo il metodo previsionale: il coefficiente è pari al 4% per il periodo d’imposta in corso

al 31 dicembre 2014 – rispetto al 3% applicato negli esercizi precedenti – e al 4,50% nel 2015 (4,75% nel

2016), per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 1, co. 137, della Legge n. 147/2013. Il successivo co. 138

ha, tuttavia, stabilito l’irrilevanza di tale incremento ai fini della determinazione degli acconti sulle imposte

sui redditi, con l’effetto che l’acconto 2015 deve essere calcolato utilizzando il coefficiente relativo al

precedente esercizio fiscale e, quindi, il 4%, nonostante l’aliquota del 2015 sia pari al 4,50%.