CINQUANTESIMO DI FONDAZIONE - Parrocchie.it file/segno... · 2012. 12. 13. · gli Angeli Custodi...

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CINQUANTESIMO CINQUANTESIMO DI FONDAZIONE DI FONDAZIONE 11 febbraio 2012... cinquant’anni dopo Parrocchia Angeli Custodi Via Pietro Colletta 21, Milano www.parrocchie.it/milano/angelicustodi [email protected] Anno 2012, numeri 1 e 2 numero di Gennaio e Febbraio

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IN QUESTO NUMERO

Editoriale…………………………………………………………………………………………... pag. 3

“SPECIALE CINQUANTESIMO”

Giocare con Dio………………………………………………………..………..……… pag. 6

Mai spezzato il filo………………………………………………………………………. pag. 8

1962: parrocchia Angeli Custodi………………………………………………………... pag. 10

Una coppia… degli angeli…………………………………………………………....….. pag. 12

Lettera di un “non credente”………………………………………………………….... pag. 13

Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date…………………………………….. pag. 14

Istituto “La Casa” nella parrocchia Angeli Custodi……………………………..……… pag. 15

1962-2012, da cinquant’anni camminiamo insieme!!!………………………………….... pag. 17

Uno sguardo al passato per fare memoria…………………………………………….... pag. 19

“Te Deum” 2011………………………………………………………………………... pag. 21

Cinquant’anni agli Angeli Custodi: una storia inedita………………………………........ pag. 22

Oratorio Angeli Custodi………………………………………………………………... pag. 23

1978, nacque il “Palio degli Angeli”…………………………………………………….. pag. 25

“SPECIALE PELLEGRINAGGIO IN TERRA SANTA”

Immagini di Terra Santa………………………………………………………………..... pag. 26

L’anno prossimo a Gerusalemme……………………………………………….…...….. pag. 27

Incontrare Angeli in Terra Santa.…………………………………………………….…. pag. 28

Sulla strada di Emmaus………………………………………………………………….. pag. 29

La nostalgia della tua casa..…………………………………………………………..….. pag. 30

Terra Santa nel cuore…………………………………………………………..……..… pag. 32

Altri pensieri, racconti, emozioni di Terra Santa…………………………………….…. pag. 37

Accoglienza battesimale………………………………………………………….……..…………. pag. 41

Quaresimali 2012…………………………………………………………….…………...……….. pag. 42

Torneo di Carte………………………………………………………………………………...… pag. 43

Centro Ambrosiano di Aiuto alla Vita……………………………………………………….…… pag. 44

Gli “Angeli raccontano”………………………………………………………………....………… pag. 45

Anagrafe parrocchiale………………………………………………………………………….….. pag. 46

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LETTERA DEL PARROCO

Cari fratelli e care sorelle nel Signore, stiamo rendendo grazie per i 50 anni della nostra parrocchia e questo numero di “…tra le case” raccoglie diversi articoli ordinari e straordinari, come è quotidiana e non la vita di ogni comuni-tà. La redazione ha interpellato parrocchiani e non, credenti e non, vicini e lontani, perché il rendere grazie è e non può non essere se non un atto di amore e di verità: l’amore, a volte, ren-de ciechi, e non vogliamo correre questo rischio. Questo numero speciale di “…tra le case” giunge al termine della serie di fascicoli dedicati alla storia della nostra parrocchia, pubblicati (è mio dovere ricordarlo con gratitudine) anche grazie al contributo della Fondazione Cariplo, della Pepsi Cola e di altri benefattori che hanno preferi-to rimanere anonimi. I fascicoli sono il frutto della passione e della fatica di diverse persone (anche a loro va il nostro ringraziamento), che ci hanno permesso di comporre e ricomporre una storia comune e condivisa, tappa indispensabile per i prossimi 50 e oltre della nostra comunità. Leggendo e rileggendo i fascicoli anche il parroco, come tutti voi, ha avuto modo di ripercorre la nostra storia, di conoscere, scoprire e riscoprire nomi, volti, opere, iniziative e soprattutto la passione di tanti cuori per il Signore e per gli uomini, e di vivere emozioni, sentimenti, pensie-ri… e rendere grazie al Signore. Per il parroco, vista la sua attuale missione di terzo pastore della comunità, questa immersione nella storia non poteva essere una fuga nostalgica in un passato, più o meno glorioso, da cele-brare, perché si intrecciava, si sovrapponeva e arricchiva lo sguardo sull’oggi della nostra par-rocchia ovvero sugli uomini e le donne, i grandi e i piccoli, che abitano e non il nostro quartiere, che vengono e non vengono in chiesa, che sono e non sono credenti, che… Ma chi sono i parroc-chiani oggi? Da questo interrogativo si avviano i pensieri, le considerazioni, le riflessioni e le domande di un prete che da sei anni è parroco felice agli Angeli Custodi. 1. Da quando esiste l’istituzione parrocchia uno scopre di appartenervi semplicemente perché risiede in una determinata via, ma oggi la parrocchia viene sempre più scelta. Certamente inci-de, per una parrocchia in città, la facilità di spostamento, la comodità, le attività ricreative per i figli, la simpatia del prete, l’abitazione dei nonni e tanto altro. Motivazioni concrete e molto u-mane, che poco o nulla, a ben vedere, hanno a che fare col Vangelo, ma il punto di partenza non è deciso da noi ed è questo il bello della faccenda. Tutti (compreso il parroco naturalmente) vorremmo parrocchiani diversi, più simpatici, attivi, impegnati, responsabili, spirituali, più… ma così non è: la Chiesa non si sceglie, è il nostro Maestro che ci sceglie e ci dona al suo corpo, alla sua sposa, la Chiesa appunto. Questa Chiesa bella e brutta (per colpa nostra), giovane e vec-chia, entusiasmante e deprimente… questa Chiesa da amare. 2. Amare la Chiesa, amare questa porzione di Chiesa che è la parrocchia, la nostra parrocchia, significa amare i parrocchiani, cioè tutti gli uomini che abitano qui: sono circa 8.000 persone tra residenti e domiciliati. È la parrocchia, quella vera e concreta che non rientra totalmente nei re-gistri parrocchiali (non tutti hanno ricevuto i sacramenti e tanti non hanno nessuna intenzione

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di riceverli), che si intravede tra le righe dei fascicoli che abbiamo pubblicato, che è credente e non credente, che ce l’ha con Dio e con i preti, che non entrerà mai nella nostra bella chiesa, che… è nota solamente al cuore del Buon Dio. Mi è parso necessario e doveroso ricordare, in-nanzitutto a me, che la parrocchia è questo e non solamente come recita (e a ragione) il Codice di Diritto Canonico: “La parrocchia è una determinata comunità di fedeli che viene costituita stabilmente nell’ambito di una Chiesa particolare, e la cui cura pastorale è affidata, sotto l’au-torità del Vescovo diocesano, ad un parroco quale suo proprio pastore” (canone 515). Il Codice ha ragione nell’occuparsi della parrocchia come comunità di fedeli, ma senza dimenticare che questi fedeli esistono per tutti gli altri che fedeli non sono, secondo il Codice, cioè almeno per quelli che abitano e vivono entro i confini giuridici: Corso Lodi, Viale Umbria, Via Sigieri, Via Pier Lombardo, Via Botta, Via Lattuada, Viale Caldara e Piazza Medaglie d’Oro. Questo aiuta a col-locare la comunità di fedeli nel mondo: è almeno per questa parte di mondo che la parrocchia comunità di fedeli ha ragione di esistere. Altrimenti che ci stiamo a fare? 3. La parrocchia mondo non coincide con la comunità dei fedeli (siamo circa in 1000) e, dunque, quest’anno non sa nemmeno di avere cinquanta anni… eppure esiste, la incrociamo ogni giorno quando andiamo a scuola, a lavorare, a fare la spesa, a fare un giro, a divertirci… È lì davanti a noi, anzi noi ci siamo dentro. Si potrebbero scrivere pagine e pagine su questo nostro mondo post moderno, ma non è questa la sede. Mi pare, però, che una cosa debba essere detta con le parole del Concilio Vaticano II, che l’11 ottobre di cinquanta anni fa si apriva: “Le gioie e le spe-ranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore” (GS 1). Avrei tanto da dire al riguardo, ma è meglio tacere, meditare e fare un esame di coscienza: noi, che ci diciamo discepoli di Cristo. 4. La parrocchia comunità di fedeli compie cinquanta anni e il parroco si chiede come è stato possibile giungere sino a oggi e cosa le permetterà di andare avanti, verso il centenario e oltre. La misericordia del Padre, innanzitutto. Il Buon Dio non ci ha mai abbandonato e non si è mai pentito di volerci bene. Lo so, queste parole possono risultare vuota retorica ecclesiastica o pa-role fuori luogo per chi si è sentito abbandonato da Dio o è stato deluso e ha perso la fede pro-prio a causa della parrocchia comunità di fedeli… ma a noi indegni discepoli rimangono le lacri-me di Pietro: Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: “Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte”. E uscito fuori pianse amaramente (Luca 22, 61 – 62). Lacrime preziose quelle di Pietro, tesoro inestimabile da custodire, perché sono la premessa e il fondamento della sua confessione di fede e di amore: “Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti vo-glio bene” (Giovanni 21, 17). È questa la fede cattolica e apostolica, che anche oggi e domani non dobbiamo avere timore di professare in umiltà e fierezza. Non perdere di vista il Maestro. Non è solo un rischio, ma la vera e propria tentazione del disce-polo: per potere, ambizione, denaro, ipocrisia, comodità, meschinità, per…. Insomma, rischiamo di essere cattolici, ma non cristiani e lo dico con scienza e coscienza. Nel recente pellegrinaggio

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in Terra Santa l’ho capito una volta di più: il mistero di Dio che si è svelato in Gesù di Nazareth e il sottoscritto, che forse dopo 25 anni di sacerdozio incomincia a capirne qualcosa. E il Maestro non si stanca di ripeterci: “Seguimi!” E su questa parola andiamo avanti. Un frutto dello Spirito: la fraternità. Se c’è un tratto della nostra comunità che ci caratterizza è il senso di appartenenza, di accoglienza e di fraternità che si respira. Intendiamoci: non è il para-diso e non siamo la comunità ideale degli Atti degli Apostoli, ma va detto che agli “Angeli Custo-di” c’è qualcosa che altrove non si trova. Lascio a ciascuno il compito di trovare le proprie parole per dirlo. Io lo dico così: gratuità. Sono tanti coloro che danno una mano senza chiedere nulla in cambio e questo ti dona pace e fiducia. E non è poco. Vorrei concludere questa lettera, un po’ più lunga delle altre, ricordando un nostro bimbo, Ales-sandro per la precisione, che domenica 15 gennaio, poco prima che iniziasse la Messa delle 1-1.00, ha lasciato mamma e papà sulla panca e saltellando si è presentato davanti all’altare, dove c’era ancora il nostro presepe, e si è messo a guardarlo e riguardarlo spostandosi a de-stra e a sinistra, salendo e scendendo gli scalini, soffermandosi silenzioso e pensieroso: io l’ho visto e non potrò mai dimenticare il suo sguardo rapito, che mi è entrato dentro e mi ha com-mosso. Mi son detto che ancora una volta il Buon Dio ha mandato un suo angelo sul mio cam-mino e se dopo cinquanta anni c’è ancora un nostro bimbo così, beh, è proprio il caso di fare eu-caristia ovvero rendere grazie. E guardare avanti.

Don Guido

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Ho partecipato alla stesura delle dispense pubblica-te per il 50° della nostra parrocchia e ho avuto quindi la possibilità di seguire il lavoro con molta attenzione. Ho apprezzato tutti gli scritti ma alcu-ne frasi, in particolare, mi hanno colpito: (…) E così nasce in me il desiderio di ripercorrere le tappe della storia della mia comunità, la comunità de-gli Angeli Custodi – che è un po’ la storia della mia vita. (dispensa sul Catechismo – pag. 1) (…) L’uomo moderno (…) sa donare qualunque cosa, ma non il tempo (…) (dispensa sul Catechismo – pag. 12) Il gruppo della comunità giovanile partecipava a queste attività magari rinunciando a passare un pomeriggio in altri ambienti pur di far divertire i bambini. Vale sem-pre la pena rinunciare a qualcosa che ci interessa per compiere qualcosa per gli altri. (dispensa sull’Oratorio – pag. 4) Io che l’ho vissuto in prima persona posso dire che il castigo più temuto da tutte noi era il divieto di parteci-pare alla vita oratoriana della domenica. Si giocava, si lavorava, si cantava e pregava, si organiz-zavano mostre, si proiettavano film e poi si discuteva-no. Tutto ciò per meglio affiatare le ragazze tra loro, per caricarle, per far scoprire loro la via della gioia più profonda che è quella della fraternità tanto raccoman-data dal Signore. (dispensa sull’Oratorio – pag. 6) I nostri fine settimana erano dedicati totalmente alla nostra comunità parrocchiale. (dispensa sull’Oratorio – pag. 9) (…) È possibile per tutti fare tante piccole cose che messe insieme sono grandi cose, anche quando si ha la percezione che quanto si sta facendo sia inutile o di scarso valore. (dispensa sull’Oratorio – pag. 44) (…) Senza pensarci due volte mi offrii per quel compi-to, promettendo di garantire la mia presenza durante i fine settimana. (dispensa sull’Oratorio – pag. 45) (…) Purtroppo lo scambiare ed equivocare il ruolo del-l’oratorio è molto semplice. In questi ultimi anni mi so-

no trovato a frequentare altri oratori bellissimi, orga-nizzatissimi e pieni di gente. Più volte però ho avuto la sensazione ed in taluni casi la certezza che mancasse qualcosa. Quel qualcosa era il Signore… (…) E tutto ciò accade perché si abbandona il Signo-re, si abbandona la fede senza accorgersene, si per-dono di vista i fondamenti dell’accoglienza e gratuità. (dispensa sull’Oratorio – pag. 46) (…) Io dall’oratorio continuo a ricevere (…) perché ricevo il saluto ed il sorriso di tanti ragazzi, perché mi sento realizzato quando qualcuno mi chiede un consi-glio, perché quando mi chiedono di giocare con loro sono uno di loro, perché quando sono convinto di ave-re dato in realtà ho ricevuto. (dispensa sull’Oratorio – pag. 47) Ecco… sono molto contenta di aver letto queste affermazioni e, soprattutto, di non averle scritte io… che ci sia qualcun altro, insomma, che, come capita a me, senta che il proprio cammino perso-nale sia proseguito parallelamente al cammino della Comunità. Che abbia dedicato tempo ed energie a questo e che, anche dopo molto tem-po, si renda conto di non aver perso nulla ma – anzi! – di essersi arricchito interiormente e che se siamo quel che siamo lo dobbiamo (anche) a questa nostra piccola amata parrocchia. E invece… è sempre più difficile coinvolgere le persone. Quando si propone la partecipazione a qualche attività la reazione che generalmente si ottiene è di difesa… come se avessero tutti il fre-no a mano tirato! L’argomentazione più comune è “non ho tempo”. Strana affermazione: il tempo è evidentemente uguale per tutti dato che non mi pare che per qualcuno la giornata duri 25 ore. A nessuno viene ovviamente chiesto di non lavora-re o di non seguire la propria famiglia per parteci-pare alla vita parrocchiale… È quindi ovvio che la partita si gioca sul tempo libero (che tutti! abbia-mo) e su come decidiamo di impiegarlo. E qui la scelta diventa personale e, naturalmente, ognuno è libero di fare la propria. Anch’io ho fatto la mia! E ne sono contenta perché poi, tutte queste atti-

Roberta Marsiglia

Giocare con Dio

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vità a cui mi sono trovata a partecipare mi hanno aiutato a compiere un cammino di fede e… non credo ci sia week end al mare, evento sportivo, pomeriggio televisivo, riposo prolungato, cinema, teatro, spettacoli, concerti… né qualunque altra cosa che possa valere questo! In tutti questi anni mi sono trovata a vivere mo-menti di tutti i tipi: felici, deludenti, difficili, entusia-smanti… L’attività che ho principalmente seguito − il coro − ha molto a che vedere con l’entusiasmo. La musica, si sa, parla al cuore e smuove le emo-zioni ma proprio per questo si può correre il ri-schio di lasciarsi prendere troppo e di perdere la bussola. Di seguire quello che piace solo per gusto personale o per pura estetica… dimenticandosi il senso profondo di quello che si fa. Ci abbiamo sempre provato: a mantenere fissa la rotta sulla stella polare… a tenere fermo il timone senza lasciarci troppo trasportare dalle onde… neanche quando ci cullavano. E quando è capitato di smarrirsi… ci è sempre stato mandato un Ange-lo ad avvisarci. Potrei raccontare molti episodi. Vi racconto brevemente questo: Beatrice e Anna (nomi inventati) erano due bimbe che partecipavano al coro dei ragazzi dell’oratorio. All’epoca dei fatti avevano 7 anni. Si stava prepa-rando la festa di Natale. Le parti corali erano ormai imparate… arriva la fatidica domenica in cui vengo-no assegnate le parti soliste. Si è sempre fatto tut-to il possibile perché ogni bimbo ne avesse una, anche piccola… poche righe… 5 secondi di gloria. Ma a volte, quando i bimbi coristi erano troppi, non ci si riusciva. In quel caso, quelli a cui non veni-va affidata la strofetta da solista, venivano coinvolti nella presentazione dai ragazzi più grandi. Quindi… assegno le parti. La canzone “I Re Magi” viene affidata a tre (ovviamente) solisti. Una di que-sti tre era Beatrice. La quale Beatrice, al termine della prova, viene da me e dice: “Senti… visto che a me hai dato quattro righe da solista e Anna non ne ha avuta neanche una… ho pensato: non posso

darle la metà delle mie?” In decenni di coro non mi era mai successo! La domenica successiva, quando abbiamo ripro-vato la canzone, ho colto l’occasione per spiega-re a tutto il coro cosa era successo… come mai i tre Re Magi erano diventati quattro… e l’atmo-sfera è diventata magica… Beatrice e Anna si guardavano e ridevano… il coro ascoltava in si-lenzio assoluto… una fortissima emozione ha preso anche me quando, rivolta ad Anna, le ho detto: “Sai Anna…tu sei una bambina davvero fortunata… mica perché canti due righe da so-la… quello passa e non te lo ricorderai… ma perché hai un’amica come Beatrice… e lei sì! Devi tenertela stretta!” Storia piccola… storia da bambini… ma quando penso a questa e ad altre vicende che ho vissuto mi ripeto sempre che ne valeva la pena! E che anch’io sono stata fortunata! Sto leggendo un libro (Mendicanti di Dio di don Davide Caldirola). C’è una parte che riguarda il peccato di Adamo. Nel libro si dice che Adamo, che fino a quel momento aveva giocato con Dio a dare un nome agli animali e alle piante, com-piendo il peccato sente la necessità di nascon-dersi e perde così la possibilità di continuare a giocare con Dio. Mi è piaciuta molto questa immagine e pensavo a come ci si senta sempre leggeri quando si ha la sensazione di aver fatto la cosa giusta e si riesce quindi a giocare con Dio. E quanto ci sentiamo, invece, tremendamente pesanti e ci viene voglia di nasconderci quando i fallimenti e le delusioni ci allontanano da Dio e dai suoi sogni. Vorrei chiedere al Signore di darci sempre que-sta possibilità. Giocare con Dio… dare un nome agli animali e alle piante… partecipare alla Crea-zione… inventare il mondo… costruire il Re-gno… sognare con Lui… Sì!

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Ho saputo dell’esistenza di una nuova chiesa in via Colletta poche settimane dopo che era stata cele-brata la prima messa nel capannone al piano terre-no e siccome era molto più comoda di s. Pio V – frequentata solo per la messa −, ho cominciato, il penultimo anno del liceo, a trasferirmi agli Angeli Custodi. Poi la presenza di un giovane coadiutore che sapeva offrire una proposta cristiana anche ai giovani mi ha suggerito di partecipare a qualche incontro. Valeva la pena: ho incontrato un gruppo di giovani molto eterogenei, come è giusto che sia in un ambiente parrocchiale, con i quali nel giro di poche settimane ho imparato a confrontarmi, a discutere, a pregare, a giocare in quegli anni cari-chi di speranze legate alle figure di Giovanni XXIII e di John Kennedy. Se volevamo dirci cristiani, occorreva interrogarci nel profondo, pregare, studiare e dare concretez-za alle dichiarazioni di fraternità. Con altri amici avevo scelto a questo scopo di alfabetizzare ragaz-zi di fresca immigrazione: proprio in questa attività di scolarizzazione, e dunque nell’ambito parroc-chiale, ho conosciuto mia moglie. Quello era evi-dentemente l’ambiente di cui avevo bisogno ed è diventato il mio modo di essere cristiano o, me-glio, di cercare di esserlo dandomi una spiritualità profonda con la preghiera e lo studio e cercando di operare via via in famiglia, nelle scelte professio-nali e in ogni altra attività con coerenza. Ho soste-nuto anche alcuni incarichi e sono stato membro del primo consiglio pastorale, non ancora eletto, ma di nomina del parroco. L’ambiente parrocchiale diventava anche il luogo di incontri informali, di discussioni, dove si segui-vano i dibattiti conciliari, sperando nell’approva-zione di questo o quel documento e temendo che l’auspicato rinnovamento venisse insabbiato; si seguiva il dibattito politico italiano e internazionale con i primi governi impegnati a costruire una so-cietà più giusta e nel mondo ad avviare una disten-sione che poneva fine alla guerra fredda; e nei lo-cali degli Angeli Custodi ci siamo raccolti per chie-derci che cosa sarebbe stato della chiesa nel pas-saggio da Giovanni a Paolo, quel cardinale Montini che tutti avevamo conosciuto come arcivescovo

di Milano, presente nella neonata parrocchia pro-prio pochi mesi prima dell’elezione; e ci siamo raccolti sgomenti a chiederci che cosa sarebbe accaduto al mondo la sera dell’assassinio del pre-sidente Kennedy. Nel giro di qualche mese, tutto questo non è sta-to più possibile e la mia successiva esperienza religiosa ha avuto una storia lontana dalla parroc-chia di via Colletta dove si svolgevano attività tra-dizionali lontane dal mio sentire e con modesta incidenza sull’ambiente esterno, salvo qualche intervento per i poveri e l’oratorio estivo. È co-munque sempre stata la mia parrocchia, con il rammarico che ormai fosse più istituzionale, più allineata che creativa. Fra i preti che si sono suc-ceduti alcuni sono stati e sono personalmente amici, e quando ci siamo sposati, pur non essen-do più da tempo il nostro ambiente, siamo stati determinati a celebrare il nostro matrimonio in quella chiesa ormai costruita e apprezzata, lumi-nosa, originale che era la nostra parrocchia. Quando mia madre, più libera da impegni di fami-glia, e reduce dall’esperienza di lavoro in Brasile con Marcello Candia, di cui eravamo amici per altre circostanze, ha dedicato tempo e impegno alla parrocchia, ho sempre accettato tutte le sue proposte sia di scritti per l’informatore, sia di in-terventi presso il gruppo della terza età per in-trattenere i partecipanti con racconti dei miei viaggi o per qualche chiacchierata letteraria. Nep-pure lei però mi ha mai proposto di partecipare ad altro, condividendo le mie scelte, riconoscen-do la clericalizzazione dell’ambiente e spesso par-tecipando con me ad altri gruppi in cui la ricerca religiosa era più dinamica e libera. Per molti anni il mio rapporto con la parrocchia si è limitato a qualche conferenza e rarissimamente alla messa festiva, che ho sempre considerato curata e con un interessante coro, ma scarsamente coinvol-gente. Ho invece cercato di essere sempre pre-sente alla celebrazione patronale del 2 ottobre per una partecipazione simbolica a quella che co-munque è la presenza cristiana istituzionale nella zona in cui ho sempre vissuto. E agli Angeli Cu-stodi abbiamo celebrato il funerale di entrambi i

Ugo Basso

Mai spezzato il filo

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genitori e entrambe le volte alcuni amici, anche lontani da esperienze religiose, hanno avuto im-pressioni positive del clima e delle parole ricordate anche successivamente. Certamente senza gli Angeli Custodi la mia vita sarebbe stata diversa, ma la mia formazione spiri-tuale, dopo quell’essenziale momento iniziale, non è passata da via Colletta. Da qualche anno, tuttavia, ho provato a riprendere il filo in modo più consi-stente sia con la presenza alla liturgia, sia con un’at-tività non occasionale con la speranza che la par-rocchia possa ancora essere un luogo in cui co-struire amicizie, farsi attenti agli altri, guardare alla realtà cercando anche quello che non si vede, pro-gettare utopie in cui impegnarsi: riusciremo a ritro-vare la passione per costruire insieme una presen-za capace di alimentare la speranza? A interrogarci

su che cosa voglia dire oggi una scelta religiosa? A essere alternativi e accoglienti in questa socie-tà corrotta, escludente, dominata dagli interessi di pochi? A riscoprire un’eucarestia che riaccen-da la libertà, la fantasia, la fraternità? Mi piacerebbe ricantare insieme i versi di Mar-cello Giombini Io con voi mi trovo bene perché siete sinceri come me, io con voi sono felice perché amate la pace come me Io con voi mi sento forte perché odiate la violenza come me, io per voi darei la vita perché amate la vita come me. Se una parrocchia non è questo, che cosa ci sta a fare?

Cari mamma, papà, don Peppino Quest’anno la Parrocchia degli Angeli Custodi celebra 50 anni dalla fondazione. Nessuno di voi potrà essere presente fisicamente a questo evento, ma sicuramente lassù dove vi siete ritrovati da qualche anno, parteciperete con gioia alla festa. È, per me, una bella occasione per rispolverare anche qualche ricordo di famiglia legato alla comuni-tà. Come poter dimenticare le belle chiacchierate di mamma e papà con don Peppino, il parroco…, e le discussioni che ne seguivano in famiglia, soprattutto quando si parlava del gruppo dei giovani, del-le Messe celebrate con l’accompagnamento delle chitarre… (come ci sembravano all’avanguardia quei primi riti celebrati con la partecipazione vivace dei più giovani…, con mamma e papà che soste-nevano il nostro entusiasmo davanti ad una comunità ancora un po’ impreparata…). E poi le animate discussioni sull’utilizzo del “sottochiesa”, oggi sala della Comunità. E i racconti delle esperienze missionarie di Marcello Candia, le lettere di Padre Bruno, le domeniche in cui ospitavamo i piccoli dei Martinitt per una giornata presso le famiglie della Comunità. La nostra partecipazione alle attività della Parrocchia non era intensa, ma senz’altro ne vivevamo una familiarità “spirituale” alimentata dalla frequentazione della Messa domenicale fatta tutti insieme, la visita per la benedizione natalizia preparata con cura dalla mamma che ci chiedeva di farci trovare in casa per accogliere i sacerdoti… la lettura del bollettino “Il segno”, gesti che ci hanno fatto senti-re membri della comunità.

Miky Tufigno

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Carissimi, mi è stato chiesto di dire qualcosa sulla parrocchia, e in particolare sulla nostra parrocchia e con gioia cerco di comunicare brevissimamente qualcosa! La nostra parrocchia, fortemente voluta ai tempi del Concilio Vaticano II (e costruita in ricordo del-lo stesso) quale “Comunità di fedeli aderenti ai lo-ro pastori... chiamate chiese del nuovo testamento. Esse sono, nella loro sede il popolo nuovo chiama-to da Dio con la virtù dello Spirito Santo e con piena convinzione” ad essere tali. (L.G. 26) E questa, nella mia esperienza, è stata una realtà realizzata nel lavoro dei primi tempi di “costruzione” di questa comunità. Eravamo un po’ come formiche che cercavano di portare il “cibo” per far crescere meglio la nuova realtà di comunione attraverso la bellezza dell’in-contro tra persone che, o erano convinte di ciò che stavano facendo e vivendo e persone alla ricer-ca, o persone da noi “cercate” poiché sapevamo essere “persone di buona volontà” che avrebbero potuto dare molto con la loro presenza e soprat-tutto persone “che il Signore Ama”. Nell’entusiasmo della costruzione sia dell’edificio, ma soprattutto della fratellanza comunitaria dello “stare con Gesù” ci si è impegnati a lavorare tra sacerdoti (pastori) e laici convinti di realizzare semplicemente, ma con tanta volontà la porzione di “Regno di Dio” affidata agli uomini. Parrocchia la nostra, (nel lontano 1962 all’ombra della vecchia tintoria) molto vivace, aperta e pron-ta a proporre una vita fondata sull’onestà, nella ricerca di vivere cristianamente, pronti a condivi-dere le esigenze, le aspettative degli uomini nel ri-spetto reciproco confrontandoci spesso, con idee diverse, ma con l’intento di raggiungere il valore del bene comune che è la volontà del Signore per ogni uomo: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. L’insegnamento della parrocchia è stato quello di lavorare con serio impegno nel suo ambito. Nel mio caso attraverso la vita in oratorio con i ragaz-

zini, i giovani, la preparazione liturgica, le missio-ni...! Riscoprendo bellezza dei ruoli nell’aiuto re-ciproco. I sacerdoti, o meglio “preti” (come ci insegna don Vanni nella immaginetta della sua ordinazione sa-cerdotale) quali pastori ci conducono e ci confer-mano sul retto cammino che stiamo facendo sulla strada verso il Signore celebrando i Sacramenti e soprattutto donandoci l’Eucaristia rendimento di grazie! Noi laici nella famiglia come genitori che costrui-scono la prima “Chiesa domestica”, gli educatori nella gioia di trasmettere ciò che ci è stato dona-to e vogliamo ridonare ai nostri fratelli più giova-ni che il Signore ha affidato ai nostri consigli affin-ché siano contenti di vivere l’esperienza della vita che stanno intraprendendo. Rendere grazie al Signore nel canto della Liturgia: divenire una cosa sola con il Signore, “per Cristo, con Cristo, in Cristo” parole che diciamo ogni volta nella Messa e che ci aiutano a vivere più da cristiani, chiedendo al Signore di poter essere suoi testimoni, con il dono dell’umiltà, di chi cer-ca con la preghiera del cuore di essergli fedele. Tanti sono stati e sono, i testimoni in questa Co-munità Parrocchiale, e l’elenco dei nomi sarebbe molto lungo, partendo dai Fratelli che sono tor-nati a nostro Padre e che ho tutti nel cuore e mi hanno lasciato un segno incancellabile nella mia memoria che si fa attuale: “la Comunione dei san-ti”. In quest’anno in cui siamo invitati a riflettere sul-l’importanza della famiglia, mi pare di poter rico-noscere l’unione che c’è con la Parrocchia quale “famiglia allargata”, o meglio formata da tutti co-loro che si raccolgono attorno all’unico Genito-re, Nostro Padre che è nei cieli ma sempre pre-sente tra noi nell’eucarestia e nel tempio dello Spirito Santo che è in ognuno di noi. Concludendo questo mio scritto, mi auguro che

Fiorenzo Gandini

1962: parrocchia Angeli Custodi

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la nostra parrocchia si possa rendere sempre più vivace e, trovando e inventando qualche mezzo, possa essere più presente in questo “luogo” dove il Signore ci ha chiamato a svolgere la nostra vita e con entusiasmo giovanile poter comunicare la bel-lezza di essere parte di Lui e contenti di amarci come Lui ci ama!

Ho una preghiera della mia Comunità che è mol-to apprezzata dal Card. Martini, e che mi aiuta a farmi prossimo all’Altro, in ogni occasione. Ve la propongo!

PREGHIERA DELL’AGAPE

Spirito Santo, fa che questo incontro

sia un’agape fraterna allietata dalla tua presenza.

Metti nel nostro cuore un atteggiamento docile

consenti che la tua Sapienza, da noi invocata e accolta,

diventi l’ispiratrice del nostro comportamento fraterno.

Aiutaci ad essere attenti e comprensivi,

affinché il dialogo sia sereno favorisca la nostra comunione.

Rendi i nostri interventi cordiali e semplici,

come si conviene ai figli che per dono

appartengono alla grande famiglia di Dio.

Facci comprendere che solo tu sei il nostro Maestro,

perciò mettici in cuore il desiderio di ascoltarti,

ora e sempre, con animo umile, sempre più umile. Amen

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Ci chiamiamo Pierluigi Beretta ed Elisabetta Baron-chelli, ma per tutti quelli che, in parrocchia, ci co-noscono siamo Gigi e Betty. Leggendo insieme le varie dispense per ricordare il 50esimo della parrocchia, ci siamo rivisti in molte fotografie e abbiamo rivisto persone a noi care. La nostra vita personale è strettamente legata a quella degli Angeli Custodi, ma forse, ancora di più, la nostra vita di coppia. Nella dispensa riguardante l’oratorio si parlava di Giovani a Roma e, anche se nella foto noi non ci siamo, a quel viaggio abbiamo partecipato anche noi. Anzi, è stato proprio grazie a quel viaggio, che ab-biamo capito che Dio ci aveva pensato uniti; “un’anima sola”. Nell’anno in cui la parrocchia diventava maggioren-ne, tempo di grandi scelte, noi due ci siamo scelti. Abbiamo letto, molte volte, la dispensa I SACER-DOTI, soprattutto il capitolo riguardante don Van-ni Magni, il prete che ci ha preparato al matrimo-

nio e che, poi, ha celebrato le nostre nozze. Nell’omelia ci aveva invitato a fare un resoconto mensile della nostra unione…. di mesi ne sono passati davvero tanti. Il giorno dopo le nostre nozze, domenica, agli Angeli Custodi c’era una grande festa; la festa per i 25 anni che la parrocchia aveva compiuto il mercoledì precedente il giorno del nostro matri-monio. A quella festa non siamo voluti mancare tanto da rimandare di un giorno la partenza per il nostro viaggio di nozze a Roma. Quindi quest’anno, mentre la parrocchia sarà in festa per i suoi 50 anni, negli stessi giorni, noi fe-steggeremo le nozze d’argento. Se non potremo essere presenti fisicamente ai festeggiamenti in parrocchia, lo saremo sicura-mente con la mente, con il cuore, ma ancora di più con la preghiera, certi che anche voi, fratelli, pregherete, per noi, il Signore Dio nostro. AUGURI, ANGELI CUSTODI!!! AUGURI A NOI!!!!

Pierluigi Beretta e Elisabetta Baronchelli

Una coppia… degli angeli

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Penso sia giusto premettere che le considerazioni e le domande a esse sottese provengono da un non credente e che la mia frequentazione di una parroc-chia la definirei molto saltuaria e quindi non posso ascrivermi una qualsiasi forma di conoscenza parti-colare delle attività esplicate. Ciò detto però ho una sufficientemente lunga fre-quentazione di ambienti, letture e anche luoghi di forte spiritualità cattolica perché anche senza una Fede c’è però, credo se non in tutti in tanti, un sen-timento religioso e/o morale e/o etico che in un qualche modo ci coinvolge e ci pone domande a cui è necessario dare un qualche tipo di risposta. La parrocchia, per il molto che l’ho frequentata da ragazzo e la casualità con cui l’ho frequentata da adulto, non mi pare aiuti i dubbiosi perché pretende di eliminare i dubbi culturali mediante una catechesi che mi pare per nulla cambiata rispetto agli anni del-la gioventù e che è stata alla base del mio distacco di allora. Qui non si tratta di volere, come pare di moda, il nuovo a tutti costi, ma si tratta di applicare forse con un po’ più di coraggio il valore della Coscienza/Ragione Personale, cui fa riferimento spesso anche il Papa, quando credenti e non credenti vengono posti di fronte a situazioni concrete che richiedono da parte di tutti uno sforzo di comprensione che solo l’Amore, non un amore qualsiasi, ma l’Amore che per il credente ha come punto di riferimento il Cri-sto e per il non credente ha il rispetto della Persona come sede di Diritti Umani specifici che prescindo-no da alcuni dati, chiamiamoli così, esteriori, quali la Razza o la stessa Fede Religiosa, che spesso ne limi-tano fortemente l’esercizio. I profondi fermenti, le discussioni, i confronti vivaci all’interno del mondo cattolico che coinvolgono tut-ti gli aspetti del modo di vivere e professare la pro-pria Fede e che pongono come pietra d’angolo una diversa qualità e modalità nel modo di essere Cri-stiani non trovano, a mio parere, orecchie troppo attente sia nelle Parrocchie che nei Parroci come pure anche nel laicato che ne sostengono le attività. Non è assolutamente nei miei pensieri alcuna forma di generalizzazione perché ho assistito a lezioni Bi-bliche interessanti tenute da preti interni e ho in-

contrato laici a corsi di approfondimento tenuti dalla Diocesi, ma una domanda che mi pongo è, cosa è cambiato se è cambiato nella formazione dei Preti nei Seminari? Dal tipo di risposta che verrà data a questa do-manda, a mio parere, dipende in parte il futuro della istituzione Parrocchia, se cioè debba conti-nuare a essere ciò che è attualmente, centro di attività semi-ricreativa con qualche funzione cate-chistica e in tanti casi sede di attività meritorie di volontariato nei confronti di situazioni di disagio sociale o se assieme a queste e prima di queste, sede di una più matura e moderna crescita religio-sa personale e collettiva che faccia del Cristianesi-mo non tanto o non solo un valore identitario da difendere, come il Magistero quasi sempre lo pre-senta, alieno e spesso ostile a quei fermenti reli-giosi che coinvolgono tanta parte del mondo cat-tolico/cristiano che, invocando maggiore coerenza tra la Ragione e la Lettera nella lettura dei testi sacri, ne fanno discendere una serie di comporta-menti a loro volta più coerenti con questi principi. In buona sostanza credo che ci sia una moltitudine di Cristiani e di Cattolici che non pensano che la loro fede in Cristo sia di una qualità inferiore per-ché la loro Ragione trova poco convincenti qual-che interpretazione, in qualche caso anche teolo-giche, che il Magistero impone come obbligo di Fede, il che non vuol dire negare il valore fonda-mentale della Tradizione, ma semplicemente che non tutta la Tradizione va difesa, ma che molto di essa non ha più ragione d’essere e costituisce og-gettivamente un ostacolo nel dialogo sociale, che pur sempre rimane il luogo dove esercitare le Vir-tù in generale e quelle Cristiane in particolare. Altri argomenti meriterebbero approfondimenti e domande, ma le cose stanno venendo lunghe e forse non interessano nessuno, quindi chiudo au-gurandomi che noi tutti, a prescindere dalla Fede, che forse è un dono, ma che come tale non do-vrebbe escludere la fatica di capire anche coloro che questo dono non hanno avuto o verso il quale non sono interessati, ma ciò nonostante hanno ugualmente a cuore la Giustizia e il rispetto per gli Altri, per il Prossimo.

Sergio Bertola

Lettera di un “non credente”

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Avevo circa otto anni quando ho iniziato a fre-quentare l’oratorio. Durante la settimana c’era l’in-contro di catechismo, mentre la domenica pome-riggio ci si ritrovava tutti per giocare, pregare e stare insieme. Io, come le altre bambine e ragazze, andavo all’oratorio femminile presso le suore Man-tellate di via Vasari; può sembrare strano, ma l’ora-torio maschile e quello femminile sono stati divisi fino a metà anni ’90. Dopo il momento di preghie-ra, si facevano dei giochi organizzati oppure dei lavoretti manuali in vista di feste particolari: per carnevale preparavamo i costumi che avremmo usato per la sfilata con i carri in centro, mentre per Natale si allestiva uno spettacolo. Era bello tra-scorrere quelle ore insieme; io ero piccola e timi-da, ma mi lasciavo coinvolgere volentieri dalle ra-gazze più grandi che per me erano davvero un vali-do esempio. Anche l’oratorio estivo si faceva in via Vasari, in questo caso, però, ragazzi e ragazze insieme. Ho tanti ricordi legati a questi anni importanti di cre-scita, piccoli flash che formano la mia persona; ri-cordo anche che un anno, scendendo dal vecchio scivolo, mi sono rotta un dente. Poi con l’adolescenza, pur con tutte le difficoltà che comporta, ho iniziato ad essere io ad occupar-mi dei più piccoli: far parte del gruppo animatori voleva dire rendersi attivi in prima persona orga-nizzando giochi, feste e GREST insieme a coetanei ed educatori; anche le vacanze estive in montagna erano momenti per stare e crescere insieme. Ed è a questo punto che è iniziato il mio passaggio, co-me per molti altri, da educanda a educatrice. Oltre a organizzare ogni cosa con gli altri ragazzi del nostro oratorio, si collaborava anche con i gio-vani del decanato: Scuola della Parola, equipe edu-catori… perfino una Giornata Mondiale della Gio-ventù. Durante l’oratorio estivo, poi, si organizza-vano dei tornei decanali di calcio e pallavolo; erava-mo riuscite a formare anche una squadra di calcio femminile e un anno abbiamo vinto la coppa! Molte cose però si potevano realizzare, come accade an-cora oggi, anche grazie all’aiuto di genitori e adulti volenterosi nel prestare un servizio in oratorio.

Con l’inizio dell’università il mio impegno come educatrice aumentava sempre più, tanto che spesso dovevo far coincidere gli impegni univer-sitari con quelli oratoriani e a volte, forse sba-gliando, prediligevo i secondi. Crescendo ho imparato a prendermi delle re-sponsabilità, ad acquisire sicurezza e a fare delle scelte. Penso che l’esperienza di crescita in oratorio, per ogni ragazzo, sia davvero una scuola di vita, dove non sei solo, ma in cammino con altri ra-gazzi e adulti, sostenuti dalla preghiera e da una fede comune. La ricchezza di un’educazione così, a 360°, la capisci in seguito, in particolar modo quando inizi la tua esperienza lavorativa e ti è più facile confrontarti, discutere e coordinarti con gli altri. Dopo aver impersonato tutti i ruoli possibi-li e immaginabili come educatrice, con la fine del-l’università e l’inizio del lavoro come insegnante (altro ruolo educativo), ho pensato che era ora di cambiare il mio tipo di impegno in parrocchia. È giusto infatti che dopo un percorso di crescita formativo, com’è senz’altro l’oratorio, si inizi a intraprendere la propria strada accompagnati da questo bagaglio ricco e stimolante. In una parrocchia, come in una famiglia, si cresce e crescendo si cambia il modo di essere parteci-pi; i miei impegni parrocchiali, come per altri, si sono modificati ma il compito di educare i più piccoli resta insito in tutti noi e non dovrebbero mai mancare la corresponsabilità e una serena correzione fraterna. C’è solo l’imbarazzo della scelta nel scegliere come impegnarsi e contribui-re alla vita parrocchiale, dalle cose di tipo orga-nizzativo a quelle più formative. Così, in questi anni, ho potuto ricevere un’edu-cazione cristiana aiutata dall’esempio e l’affianca-mento di tante persone, fino a divenire a mia volta educatrice, prendendomi cura dei più pic-coli, proprio come altri avevano fatto con me. E in fondo, spero che anche i bambini e i ragazzi, che ho accompagnato in questi anni in un cammi-no di crescita, possano un domani capire l’im-portanza del servizio educativo che solo un am-biente come l’oratorio può offrire.

Elisabetta Perego

Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date

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I 50 anni di fondazione della Parrocchia degli An-geli custodi richiama l’Istituto La Casa che, pochi anni prima aveva trasferito la sua sede nel territo-rio della parrocchia in via Lattuada 14 a ripercor-rere la propria storia e a fare memoria dei due fondatori accomunati nel servizio sacerdotale: don Peppino Orsini, il parroco, don Paolo Liggeri il sacerdote, che di ritorno dai campi di concen-tramento nazisti aveva dedicato la sua vita alla fa-miglia, alla promozione dei suoi valori e alla cura delle sue relazioni. Due sacerdoti dalla profonda spiritualità sacerdo-tale, accomunati da una grande umanità e da una grande passione per l’uomo, per ogni uomo, per la sua dignità da promuovere e da potenziare nella famiglia e nelle relazioni familiari. Due amici che seppero condividere un cammino, certo in salita, nel rispetto reciproco dei propri ambiti di servizio, con la creatività e il coraggio che da la fede nella propria missione. Don Paolo si considerava un parrocchiano fedele e disponibi-le ad ogni richiesta del suo parroco. Don Peppino si rivolgeva a lui e agli operatori del suo consultorio familiare, sicuro di trovare acco-glienza e competenza, soprattutto nelle situazioni familiari più complesse, quelle più cariche di disa-gio e di sofferenza. L’Istituto La Casa, ieri Ogni istituzione che vive nel tempo, affonda le sue radici nelle intuizioni di chi le ha dato vita e pas-sione, l’ha trasformata in progetto, l’ha coltivata con coerenza e continuità in risposta ai bisogni della gente. Così è stato per l’Istituto La Casa che tra i suoi servizi per la famiglia annovera il 1° consultorio familiare prematrimoniale e matrimoniale sorto in Italia, nel 1948. Un’intuizione maturata nei campi di concentramento nazisti e realizzata nel dopo guerra da don Paolo Liggeri convinto che tra tan-te ricostruzioni quella della famiglia e dei legami familiari sarebbe stata la sua parte: matrimonio e famiglia considerati nella loro totalità e nella dina-

mica delle loro relazioni. Per far si che intuizione e progetto diventassero servizio, un gruppo di professionisti di varie di-scipline si è educato a porre ciascuno la propria competenza nell’interdipendenza con quella degli altri a servizio della persona in difficoltà di rela-zione e delle coppie perché il matrimonio e la famiglia si consolidassero e le relazioni positive rendessero trasparente il progetto di Dio sul mondo attraverso la circolazione dell’amore, del senso di responsabilità, della solidarietà tra le persone. Un’intuizione che per esprimere senso e diventa-re vita, in quel tempo richiedeva un cuore aper-to a un cambio di mentalità, capacità creative, competenze seriamente maturate poste a servi-zio della famiglia della sua educazione da un lato e della sua cura dall’altro, della riflessione sull’o-perato, della ricerca di nuove vie legislative che difendessero e consolidassero i percorsi indivi-duati e gli obiettivi raggiunti. Don Peppino, il parroco, seguì attentamente con cuore fraterno il cammino di questo nuovo ser-vizio e gli affidò nel primo decennio i corsi in preparazione al matrimonio dei fidanzati assunti in seguito della pastorale familiare. Ampiamente utilizzata è stata la “visita” e la con-sulenza prematrimoniale per i giovani e la consu-lenza coniugale per gli adulti. Anzi, la Parrocchia aveva assunto un consulente familiare con l’in-tento di seguire, nell’ambito del Consultorio, le persone in difficoltà relazionali indirizzate dalla Parrocchia stessa. L’esperimento rispose per alcuni anni al suo o-biettivo, ma quando apparve troppo riduttivo l’Istituto La Casa accolse direttamente a totale suo carico le richieste provenienti dalla Parroc-chia assicurando competenza e gratuità. L’Istituto La Casa, oggi Il consultorio nel tempo è andato ampliando i suoi servizi: dalla formazione degli operatori, al-

Alice Calori

L’istituto “La Casa” nella parrocchia Angeli Custodi

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l’organizzazione di corsi e seminari per genitori, dal centro per la diagnosi e la terapia della sterili-tà, al servizio adozioni internazionali, a un servizio per i disturbi dell’infanzia. Nel tempo, ha lasciato campo alla decisione di entrare nella dinamica del-l’Ente pubblico con l’accreditamento regionale del Consultorio e l’autorizzazione interministeriale del Servizio Adozioni. Una decisione che, salvando l’identità del consul-torio e i valori di riferimento irrinunciabili, con-sentiva alle famiglie una scelta tra pubblico e priva-to, di un servizio tale da rispondere ai propri biso-gni tutelando i principi di cui ognuno è portatore. Quale il cammino dell’Istituto La Casa verso il fu-turo, in un tempo nel quale la coppia coniugale e la famiglia non appaiono certo meno fragili che nel dopoguerra? Gli esiti della caduta delle ideologie la legalizzazione del divorzio e dell’aborto, le gravi incertezze che pesano sui giovani per il loro futu-ro lavorativo: la mentalità individualistica e il facile disimpegno che gravano sulla diminuzione dei ma-trimoni e sul calo demografico, la sessualità intesa spesso come genitalità dissociata dall’amore a cui chiedere sensazioni effimere e immediate sono dati di realtà che spesso rinchiudono i giovani nel-la famiglia di origine intesa come comodo rifugio e non più come una pista di lancio per costruzioni future. Anche i genitori, nell’educazione dei figli, sono inevitabilmente disorientati e impauriti di fronte alla pressione della cultura dominante. Dif-ficoltà che aumenta quando i genitori sono separa-ti e le famiglie sono cosiddette “ricomposte”. Le domande più frequenti al consultorio sono quelle dei genitori, quelle che presentano conflitti di relazione coniugale, quelle delle famiglie immi-grate disorientate nel loro “ricongiungimento” in un paese che offre modelli culturali diversi dai lo-ro. Le risposte del consultorio privilegiano l’ambito educativo, escono dalle mura del consultorio per entrare nelle scuole del territorio e coinvolgono genitori e insegnanti nei progetti di educazione alla

relazione, all’affettività, alla crescita. Se è vero che l’istituzione matrimonio ha perso consistenza nei confronti di relazioni autentiche è certo vero che le relazioni autentiche non si improvvisano in una società in cui i valori di riferimento dell’antropo-logia cristiana sono in minoranza e i modelli cul-turali appaiono sovvertiti e confusi. Le risposte al disagio relazionale degli adulti, ai conflitti di coppia, alle separazioni coniugali si av-valgono di operatori preparati alla consulenza o alla psicoterapia di coppia e familiare. Un servizio che è andato sviluppandosi in questi ultimi decen-ni è quello delle adozioni internazionali in rispo-sta alla sterilità di coppia. Sono coppie di coniugi che si aprono alla fecondità affettiva e nel percor-so di preparazione e di sostegno, diventano geni-tori adottivi di figli in stato di abbandono nati al-trove. Il contatto con altri mondi allarga gli orizzonti e consente di riconoscere che un bambino è tale in ogni parte del mondo e che un bambino per cre-scere ha bisogno di affetto di cura e di famiglia. Da qui i progetti di cooperazione allo sviluppo, il sostegno ai servizi di cura dei bambini e delle fa-miglie in gravi difficoltà in altre parti del mondo, a partire da quelli in cui si adotta. Che cosa può offrire l’Istituto La Casa alla Par-rocchia e che cosa attende dalla Parrocchia? Ora, come agli inizi, la condivisione di un cammi-no nel quale ognuno trova il proprio spazio e di-venta “casa” per chi l’ha o non l’ha ancora e oltre agli spazi clinici e di confronto coinvolge le fami-glie fino a produrre non solo servizi per le fami-glie ma con le famiglie. Il richiamo dell’incontro mondiale per le famiglie prossimo su “Famiglia, il lavoro e la festa” è uno stimolo che coinvolge tutti e segna il cammino futuro. L’eredità accolta dai Fondatori è seme che conti-nua a germogliare ed è lievito buono che conti-nua a lievitare per un domani, con rinnovata spe-ranza.

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Marco Cremonesi

Come ricordare mezzo secolo di vita della nostra parrocchia? Con una serie di date? Con un elenco di fatti avvenuti? Con una cronologia estenuante e ripetitiva? Abbiamo provato, dal febbraio scorso, a parlare in modo diverso dei nostri primi 50 anni, raccontan-do la storia della nostra parrocchia attraverso temi definiti e propri degli Angeli Custodi. Ne sono venute dieci dispense che parlano a tutti noi come una serie di avvenimenti, una carrellata di foto, una varietà di punti di vista diversi e pieni di spunti di riflessione. Ogni parrocchiano ha potuto così confrontare la propria esperienza personale con la lettura delle dispense messe a disposizione di tutti noi. È stato certamente un impegno per chi ha affron-tato la responsabilità di realizzare la dispensa: chi l’ha pensata, scritta. Chi si è documentato pescan-do ora dall’archivio parrocchiale, ora interpellando gli storici della parrocchia, chi è andato a cercare sacerdoti, consacrati o laici che sono transitati da noi. Chi invece si è occupato della correzione, impagi-nazione, ricerca e inserimento di foto e quant’altro mancava alla conclusione della dispensa. Ecco le magnifiche dieci: LA NOSTRA STORIA Cominciamo proprio dalla nostra chiesa, la casa del Signore, dove don Peppino Orsini, nel 1962, muove i primi passi in quel di via Colletta, 21. È entusiasmante leggere come nel corso degli anni la parrocchia prenda forma: dalle fondamenta all’alta-re centrale, simbolo delle innovazioni operate dal Concilio Vaticano II. E poi l’abbellimento della chiesa prosegue negli an-ni con il tabernacolo, il battistero, la statua della Madonna, le vetrate… fino ad arrivare alla via cru-cis, ultima arrivata delle opere d’arte.

I SACERDOTI C’è chi li ha conosciuti tutti, chi ha eletto pro-prio uno di loro come padre spirituale, chi è cre-sciuto all’oratorio col coadiutore del momen-to… Ci sono coppie di fidanzati che hanno fatto con loro il corso prematrimoniale, famiglie che si so-no affidate all’esperienza del sacerdote, giovani che da loro hanno trovato risposte alle loro do-mande… Ognuno di noi, rileggendo gli articoli proposti in questa dispensa, avrà ricordato i momenti tra-scorsi con loro; momenti di preghiera, colloqui personali, momenti di festa, di campeggio, di ora-torio… Con loro abbiamo camminato, abbiamo aperto una breccia nel nostro cuore, li abbiamo accolti sempre con un sorriso e una disponibilità unica perché, come diceva don Peppino, “SON SEM-PRE CONTENTI GLI ANGELI CUSTODI!!”. LE VOCAZIONI Alcuni parrocchiani hanno avuto una chiamata particolare, una grazia che il Signore ci ha man-dato, una via da seguire. Certamente la figura di Marcello Candia spicca più in alto, ma non dob-biamo dimenticare chi ha offerto la sua vita al Signore diventando sacerdote, suora, consacra-to, missionario… LA MUSICA DEL MAESTRO Dal primo coro parrocchiale nato con don Vanni ai giorni nostri… Dal coro dell’oratorio femminile di via Vasari alla partecipazione dell’evento a Folgaria “Armonicamente Bambino” con seicento bambi-ni provenienti da tutta Italia… Dal primo musical “Forza venite gente” rappre-sentato in chiesa, allo spettacolare “Pinocchio”… In questa dispensa c’è non solo tutta la forza creativa che può sprigionare la musica, ma anche l’accompagnamento spirituale che la musica sa-cra offre al servizio della fede. IL VESCOVO TRA NOI Monsignor Montini (poi divenuto Papa Paolo

1962 - 2012, da cinquant’anni camminiamo insieme!!!

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VI), l’Arcivescovo Giovanni Colombo, il Cardinal Carlo Maria Martini, il cardinale Dionigi Tettaman-zi. Sono venuti in visita pastorale, ci hanno regalato la loro importantissima presenza, carica di parole e affetto. Molto interessanti sono le relazioni inviate dopo la visita pastorale da ognuno di loro. Spunti di riflessione, inviti a continuare a essere centro vivo e propulsione di vita cristiana. Esortazioni a rinnovare il nostro slancio missiona-rio attraverso uno stile pastorale preciso. I PARROCI DALLA NASCITA A OGGI In questa dispensa andiamo a presentare coloro che ci hanno dato la possibilità di essere pietre vi-ve nella nostra parrocchia. Don Peppino Orsini, fondatore della Parrocchia Angeli Custodi; don Tarcisio Ferri, che ne racco-glie l’eredità; don Guido Nava, attuale parroco. È interessante leggere alcuni passi degli articoli ri-portati su questa dispensa perché ci riportano alla quotidianità dei loro tempi; dal referendum sul di-vorzio, all’avvio del “Progetto Gemma”, alle rifles-sioni sul viaggio in Terra Santa… ORATORIO: CASA CHE ACCOGLIE E SCUOLA DI VITA Un oratorio vivo è il punto di partenza fondamen-tale di una parrocchia. È un volano che gira ogni anno sempre più veloce, dà la carica. Tutto passa dall’oratorio; il gioco, il catechismo, la preghiera, l’impegno per i più piccoli, l’animatore, l’educatore… proprio tutto passa dall’oratorio. Addirittura fino agli anni ottanta ne avevamo due!!! LA PARROCCHIA, LA CHIESA, IL MONDO Prendiamo la frase d’inizio della dispensa “Se par-liamo di parrocchia, non possiamo che tornare alla sua originale etimologia greca: tra le case.” Parliamo quindi del ruolo che la parrocchia Angeli

Custodi ha avuto nel contesto urbano e sociale, dagli anni del Concilio Vaticano II al Giubileo del 2000, fino ad arrivare alla giornata mondiale della Gioventù di Madrid nel 2011. 50 DI CATECHESI FRA GLI ANGELI CUSTODI Come è cambiata la catechesi nel corso di questi cinquant’anni!! È cambiato il contesto civile, sociale, familiare… sono cambiati i ragazzi, le loro aspettative, i loro valori. Anche la catechesi dei giovani e degli adulti ha subìto una trasformazione che, al passo con i tempi, utilizza i canali radiotelevisivi per diffonde-re il messaggio di Cristo. Ma l’importanza del catechista rimane ancora il fondamento dell’iniziazione cristiana in una par-rocchia. DOVE DUE O TRE SONO RIUNITI… Cosa sarebbe una Comunità senza i gruppi par-rocchiali? La commissione missionaria, la commissione fa-miglia, la commissione liturgica, il consiglio pa-storale, la caritas parrocchiale… ogni parroc-chiano di buona volontà può e deve dare il suo contributo alla vita della comunità. Soprattutto noi degli Angeli Custodi che dobbia-mo la fondazione della nostra comunità allo spi-rito e allo slancio del Concilio Vaticano II! Con questi scritti abbiamo cercato di raccontare i fatti, gli avvenimenti, le emozioni vissute in que-sti primi cinquant’anni di vita comunitaria agli Angeli Custodi. Con le foto abbiamo voluto testimoniare il cam-mino che stiamo facendo insieme e insieme pro-seguiremo… Ai posteri l’ardua sentenza?

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Luigia Panigada

Uno sguardo al passato per fare memoria

Il vedere giorno dopo giorno la nascita della nuova chiesa tra le nostre case è stata un’esperienza uni-ca avendola vissuta con viva partecipazione. L’11 febbraio giorno della nascita della comunità ecclesiale intitolata agli Angeli Custodi. Da quel giorno è iniziata una vera gara di solidarie-tà per dar vita alla realizzazione della chiesa. Molte persone contribuirono con generose offerte per-ché l’impresa era impegnativa anche dal lato eco-nomico. Volonterose persone (in maggioranza donne, tutte residenti nel quartiere erano poche le persone che provenivano, regolarmente, da altre parrocchie), prestavano la propria opera per diversi servizi se-condo le proprie disponibilità e capacità; l’entusia-smo di pochi contagiava le persone perché colla-borassero ai lavori. Sorsero contemporaneamente occasioni di bene, iniziative per la conoscenza nel quartiere, della nuova chiesa aperta a tutti e che tutti ritenessero come cosa propria. Fu organizzato, in proprio, un censimento per co-noscere il numero delle famiglie, delle persone e dei bambini. Un gruppo di volontari suddivisi per via controlla-vano il numero civico e con l’aiuto dei portinai, che allora esistevano, registravano la situazione delle persone residenti. Si ebbe così la situazione dei componenti della parrocchia che ogni anno veniva aggiornato durante la visita alle famiglie per la benedizione natalizia. Questa base di partenza serve anche oggi. Sono nati gruppi organizzati di persone per l’assi-stenza alle famiglie bisognose. I diversi settori di lavoro erano accampati alla meglio perché era atti-vo il cantiere per le costruzioni; era bello lavorare insieme con passione e gioia. Non possiamo dimenticare don Peppino fondatore della Chiesa e della comunità. Lui ci ha chiamati, ci

ha resi partecipi e corresponsabili all’impegno ognuno con la specificità propria ci spronava personalmente. Suo obiettivo e di molti sacerdoti collaboratori, era di formare i credenti a una fede adulta me-diante un organico piano pastorale, organizzava e proponeva una catechesi sistematica per la for-mazione delle persone; era importante dare cer-tezze e suscitare speranze perché arricchiti di fede e di speranza ognuno prenda sempre più coscienza del suo compito sia nella società che nella Chiesa. La Chiesa che sta crescendo matura nella misura in cui crescono e maturano le persone, la co-munità e i gruppi. Alcuni volontari giovani e meno giovani, forse animati dal cosiddetto “Carisma di fondazione” hanno scelto un cammino per una maggiore re-sponsabilità ecclesiale. In via Vasari esisteva l’Istituto delle Suore Man-tellate, si occupavano dell’insegnamento, di un collegio per bambine di famiglie disagiate. Alla domenica presso di loro era aperto l’oratorio femminile. Alcune suore offrirono subito la loro disponibili-tà in alcuni settori della catechesi. Ci sono stati momenti difficili di incertezze, la costruzione della chiesa, i debiti, l’ambiente cir-costante a volte indifferente, il ’68 che attirava nel disordine molti giovani. Momenti di paura per la situazione della società, della Chiesa; sen-tivamo il peso da parte di tutti noi nel timore di non farcela. Avevamo la testimonianza di Marcel-lo Candia, nostro parrocchiano, la sua scelta ap-pariva coraggiosa, suscitava ammirazione e co-raggio. Ci sosteneva la preghiera costante e l’en-tusiasmo e la volontà di superare ogni ostacolo, con fiducia in Dio e nella sua Parola e nella no-stra pochezza umana.

Dare testimonianza dei cinquant’anni vissuti direttamente è come fare un pellegrinaggio nel passa-

to, non troppo lontano e farlo con emozione e con gioia perché sono ancora molto vivi nel cuore

per l’intensità e l’entusiasmo col quale sono stati vissuti.

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Si è creato tra le persone e i gruppi un vero rap-porto di amicizia e di fraternità che ci spronava a continuare il cammino, superando ogni difficoltà. Molte delle cose che sono state fatte, vissute e sofferte, resteranno per sempre. Come possiamo vedere è sorto un complesso fun-zionale: la chiesa nella sua struttura moderna, le abitazioni e le aule di ritrovo e un modesto orato-rio maschile e non ultimo, la Comunità che come base di partenza, vive e serve anche oggi. In una città di Milano è possibile oggi sentirsi parte viva della Comunità ecclesiale con entusiasmo comuni-cativo? La memoria di 50 anni di storia ci sollecita a vivere il presente con un senso di gratitudine e di ringra-ziamento. Il seme gettato continua a dare frutti, è un vero miracolo che l’entusiasmo degli inizi, no-nostante il cupo grigiore di una cultura individuali-sta che ha perso il senso di tanti valori, continui a esistere. È cambiato il mondo, la cultura, la società, la fami-glia con un vertiginoso ricorso al possesso. I media contribuiscono con i loro mezzi diffusivi a divulga-re il possessivo benessere, il progresso per rende-re la vita facile, in sé è cosa buona, ma se diventa l’unica cosa essenziale, ci rende schiavi. Così si è espresso don Guido durante l’omelia del-la messa di fine anno: “… Senza che ce ne rendia-mo conto il giudizio che ci ossessiona è quello del-la crescita, del profitto… La sensazione è che sia-mo prigionieri di un linguaggio e di una logica di un modello economico che ha nella crescita e nell’ac-cumulazione il proprio idolo. È un idolo potente dei nostri tempi”. Questa parte negativa è sotto i nostri occhi. Non dobbiamo fare di tutto un fascio, ma è un’opportu-nità per riflettere e per dare un nuovo impulso alle nostre scelte. Oggi ci sentiamo Chiesa inserita nella missione per migliorare il mondo? In questo compito la parrocchia ha una sua insosti-

tuibile funzione. Così il Card. Martini in un suo articolo apparso sulla rivista diocesana “Il Segno” scriveva: “Qui vorrei accennare alla parrocchia come ambiente sociale di vita, aperta, accoglien-te, è il mondo di ciascuno, come struttura di fe-de che nonostante i suoi limiti o difetti rimane una forza di grande coesione, nel suo spirito missionario. Come assicurare alla parrocchia il suo respiro missionario? Togliendo i suoi confini geografici? Il suo riferimento territoriale e con ciò il riferi-mento alle famiglie, ai bambini, agli anziani soli, ai malati che vivono nel territorio? Occorre allargare gli schemi mentali entro cui la gente sta troppo stretta. Occorre cioè fare di questo pezzo di terra una comunità che cammi-na. E una comunità cammina quando crede nella missione di Cristo. Ciascuno deve sentirsi impegnato a contribuire con il proprio personale contributo a partire dalla parrocchia che gli dà forza, stimolo, spinta, appoggio, speranza per un cammino di corre-sponsabilità secondo le proprie capacità con una fede illuminata e convinta”. La parrocchia ha bisogno dell’opera di tutti, ap-poggia la sua fiducia su quelli della prima ora e la sua speranza su quelli dell’ultima ora. In questi giorni, l’11 e 12 febbraio, celebriamo il 50esimo di fondazione della nostra parrocchia degli Angeli Custodi, occasione per risvegliare in noi la consapevolezza di sentirci Chiesa inseriti nella sua missione. La memoria di 50 anni di storia, ci porta a vivere il presente con rinnovato entusiasmo che lasci l’impronta di una comunità viva all’insegna del-l’impegno missionario. Deve rinascere l’entusiasmo degli inizi con i mezzi di oggi, si tratta di far vedere che anche oggi è possibile costruire una nuova chiesa, se noi viviamo il nostro tempo come testimoni di pace, di gioia evangelica, di fiducia è possibile an-che in una città come Milano.

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Francesca Sali

“Te Deum” 2011

Alla messa di ringraziamento dell’ultimo giorno del 2011 i fedeli, numerosi come ogni anno a questa celebrazione, hanno risposto coralmente e devota-mente alle strofe del Te Deum. Sono momenti di emozione che si ripetono e che accomunano i puri di cuore che lodano Dio e lo ringraziano per i beni ricevuti, per l’aiuto nei momenti difficili con l’auspi-cio che apre alla speranza di un anno nuovo mi-gliore. Un momento speciale di spiritualità reso più particolare in questo 31 dicembre 2011 perché l’indomani un folto gruppo, costituito da parroc-chiani pellegrini, prenderà il volo per Gerusalem-me. Al termine della santa messa don Guido ha convo-cato il gruppo per gli ultimi dettagli per la parten-za. Ho assistito ad un’esplosione di entusiasmi fre-netici, oserei dire incontrollabili dai quali, senza riluttanza è stata coinvolta Luigia elargendo racco-mandazioni, sorrisetti, ammiccamenti, infine il tut-to si è spostato intorno alla sua persona quasi per chiedere una benedizione speciale per il viaggio, o vuoi perché quando si ha una gioia la si vuole co-municare nell’immediato alla persona più cara. Mentre tentavo di prestare il mio aiuto a Luigia, contagiata anch’io da questa effervescenza, no so come, ho fatto un salto nel tempo, ovvero poco più di cinquant’anni orsono: come accadeva di fre-quente allora incontrai Orsolina in via Colletta, una deliziosa vispa personcina dai capelli bianco latte… Ricordo che indossava un cappotto blu te-nuto con cura che emanava un lieve profumo di naftalina ed una sciarpa bianca come i suoi capelli. Tempi addietro, faccio conto nella prima decade del ’900, Orsolina fu la catechista di mio padre e per la quale anche mia madre nutriva un particola-re rispettoso affetto com’è giusto che si debba a una persona che ha percorso la vita offrendo a Dio le prime ore della giornata «le primizie» come di-ceva lei. Orsolina aveva affrontato i disagi e le con-seguenti vicissitudini delle due grandi guerre, di tanto in tanto si apriva a narrarmi di episodi e mo-menti più o meno lieti condivisi con entrambe le mie nonne in quei tempi lontani. Mi unii al suo passo, tornava dalla messa mattutina presso la chiesa di sant’Andrea e tra una chiacchie-

ra e l’altra mi disse: «Te sétt? Chi – indicandomi la tintoria Banfi ormai in disarmo – i faran sü una gesa nœva!»… Ero un po’ incredula, ma mi resi conto a breve che tutto sarebbe corrisposto a verità. Con Orsolina partecipai a molte celebrazioni dal lontano 11 febbraio 1962 nella nostra chiesa. Mi rendo conto che il mio percorso di vita è stato spesso affiancato da figure femminili di un certo carisma, specie di angeli-guida che mi hanno of-ferto le loro esperienze come un valore aggiunto alla mia crescita di donna. Orsolina riuscì a conoscere anche mio marito e il mio primo figlio Emanuele e di lei conservo un dolcissimo ricordo legato anche alla nascita della mia parrocchia, ma ora atterro di nuovo in sa-crestia e vedo Luigia che ha conosciuto in questi cinquant’anni un susseguirsi di persone: bimbi che son divenuti padri, i loro figli che a loro volta sono cresciuti, senza mai perderli nella memoria e ai quali non esita di dimostrargli la gioia nel rivederli quando s’affacciano in sacrestia per un saluto. Ha assistito all’avvicendarsi di tre parroci offrendo con umile competenza il suo servizio per sostenerli nel loro ministero con la cura at-tenta per ogni dettaglio, perché tutto fosse ese-guito al meglio. … L’ultimo pellegrino, lo chiamo ancora Giacomi-no ma è già un bel giovanotto universitario, indu-gia in sacrestia con Luigia, cerca ancora un po’ di coccole, le è particolarmente affezionato e tenta anche di discorrere con lei in milanese. Ora la saluta definitivamente e se ne va. È tornato il si-lenzio, terminiamo il nostro piccolo servizio se-rale, abbassiamo le tapparelle: si chiude. Sono di nuovo in via Colletta, non più con Orso-lina, ma con Luigia. Due chiacchiere e raggiungia-mo l’incrocio con via Friuli, ci congediamo con il solito rituale saluto: «bene, arrivederci France-sca, fa frecc, se sta mei a cà!». I suoi occhi mi dicono tanto affetto. «Buona serata Luigia, ci ve-diamo domani». «Sì domani!» accompagnando il saluto con il cenno di una mano.

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La storia della parrocchia degli Angeli Custodi si in-treccia in modo significativo con la storia della mia famiglia. E, mentre riflettevo su qualche spunto da offrire, mi sono soffermata a pensare a quel lontano 8 gennaio del 1962. Mai avrei immaginato che da quel momento la mia vita e quella della mia famiglia sarebbero radicalmen-te cambiate. Ero da poco rientrata a Milano dalla Brianza, dove abitavo con la mia famiglia, e mi trova-vo presso l’Istituto delle Suore Mantellate di via Va-sari che mi ospitavano per il pranzo, durante l’inter-vallo dal lavoro. Vidi arrivare don Peppino, accompa-gnato dalla zia Maria, e mi spaventai non poco. Pen-sai subito a casa, ma don Peppino mi rassicurò. Mi chiese semplicemente di accompagnarlo lungo alcune vie del quartiere in cui ci trovavamo. Arrivati in via Colletta 21, si fermò davanti al cancel-lo chiuso di uno stabile dismesso, e, non senza un filo di preoccupazione mi disse: “Qui nascerà una nuova Parrocchia”. Aveva da poco risposto positivamente all’invito dell’-Arcivescovo di Milano di far nascere nel quartiere di Porta Romana una nuova comunità parrocchiale. Seguirono giorni di grande fermento e, verso la fine di gennaio, una bella squadra di persone, tra parenti e amici provenienti da Varedo e dalla Brianza, inizia-rono a ripulire i locali fatiscenti della ex tintoria Ban-fi, al fine di rendere agibile una piccola porzione dello stabile. Fu un lavoro intenso e faticoso, sorretto pe-rò da un grande entusiasmo per la nuova avventura. Soprattutto era necessario preparare un ambiente adeguato dove celebrare la prima Messa. Notte tem-po fu allestito un altare nel locale della ex portineria e la domenica mattina 11 febbraio 1962 fu celebrata la prima S. Messa. Il resto è storia nota. Poiché si rendeva necessaria una presenza continua-tiva a supporto delle varie e molteplici attività, su invito di don Peppino e senza troppa esitazione, do-po pochi giorni, la mia famiglia si trasferì a Milano. Diventammo la sua famiglia di riferimento e iniziò così la nostra avventura. Ci siamo messi a disposizione tutti, collaborando con disponibilità totale in quanto a tempo, orari e attività di vario genere, sia per la casa che per la chiesa. Mentre mamma Ester e papà Paolino con Carla e

Peppo erano impegnati a tempo pieno, io potevo dedicare solo il tempo libero dal mio lavoro. Man mano che le costruzioni progredivano, si tra-slocava da una parte all’altra, adattandoci con mol-ta semplicità. Era tale la gioia di poter essere utili, che nulla ci ha mai fatto rimpiangere quella deci-sione. Abbiamo imparato via via a conoscere le persone e la vita del quartiere: un contesto sociale diverso da quello di provenienza. I miei genitori hanno saputo coltivare delle belle relazioni con tutta la comunità: ce ne siamo accorti proprio quando hanno terminato la loro vita terrena. Quei primi anni non furono facili: grande era la quantità di fermenti da cui poi scaturirono nume-rose trasformazioni, sia nella società civile che nel-la comunità cristiana. Il Concilio Ecumenico: che ha molto cambiato la vita della Chiesa e delle comunità cristiane…. La contestazione giovanile e studentesca del ’68 che, con tutte le numerose manifestazioni e i vari contrasti, ha profondamente inciso nell’intero tes-suto sociale… e altro, altro ancora… Anche noi giovani abbiamo respirato questo clima. Ma la partecipazione attiva alla vita parrocchiale – oratorio, catechesi, gruppi giovanili etc. −, ha aiu-tato la crescita e la formazione personale di cia-scuno, stimolandoci ad essere comunità e soprat-tutto ad aprire qualche finestra sul mondo. Lo spirito missionario, ben radicato nella vita co-munitaria degli Angeli (una parrocchia non è tale se non è missionaria) ha stimolato molte attività finalizzate ad aiutare chi aveva più bisogno di noi, sia vicini che lontani… e dire che noi avevamo una chiesa in costruzione…!!! Sono nate sincere amicizie e sono fiorite anche delle belle vocazioni. Mio fratello Peppo ne ha fat-to poi una scelta di vita. Ed ora si trova missiona-rio in Sud Sudan. Abbiamo attraversato mezzo secolo, ci siamo visti trasformare il mondo intorno senza che neanche ce ne potessimo accorgere. Quante cose sono cambiate! Ma ciò che è rimane immutato in noi della prima ora e nei miei fratelli, è l’amore per questa nostra comunità degli Angeli che, pur nel nostro piccolo, abbiamo aiutato a cre-scere.

Angela Redaelli

Cinquant’anni agli Angeli Custodi: una storia inedita

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Tempo fa mi è stato ricordato di essere uno dei pochi, che ancora frequentano la parrocchia, che ha visto costruire la nostra chiesa fin dall’inizio e di essere stato tra i primi a frequentare l’oratorio di allora. Mi è stato poi chiesto per quale motivo la stanza “17” fosse stata chiamata così; purtroppo non ho saputo dare una spiegazione perché all’ini-zio l’oratorio non comprendeva ancora questo lo-cale, anzi l’oratorio era nei locali della vecchia tin-toria che davano direttamente sulla strada. Allora io ero poco più che quindicenne, ricordo che il primo coadiutore, don Egidio, aveva formato un gruppo numeroso di ragazzi e di giovani, ma l’oratorio maschile e quello femminile, che si trova-va in via Vasari presso le suore Mantellate, erano ancora divisi. Quando don Egidio venne trasferito in un’altra par-rocchia, la maggior parte dei giovani si disperse e con l’arrivo del secondo coadiutore, don Giovanni, ci ritrovammo in pochi a continuare le attività dell’-oratorio, con un numero di ragazzi sempre più nu-meroso. In seguito, i giovani del mio gruppo hanno preso diverse “strade vocazionali”: io mi sono spo-sato, Fiorenzo Gandini è diventato laico consacra-to, Luciano De Nadal e Luciano Marzi sono stati ordinati sacerdoti e Peppo è partito per il Sudan come missionario. Nel frattempo, i vecchi locali della tintoria erano stati demoliti, la nostra chiesa veniva costruita e quasi contemporaneamente venivano ultimati an-che i locali dell’oratorio, che sono quelli tuttora usati, compresa la palestra e la “17” (non si chia-mava ancora così) che era il luogo dei nostri incon-tri: una stanza fredda, senza riscaldamento di alcun genere, finalmente però avevamo un luogo nostro dove trovarci, fare gli incontri, cantare, organizzare i giochi e le attività dell’oratorio. Ricordo di quel periodo soprattutto la gioia, l’entu-siasmo e la voglia di fare; il sabato sera ci si trovava per preparare i giochi della domenica per i ragazzi, intanto il gruppo giovani andava ricostituendosi. Ricordo anche alcune occasioni di incontro con le ragazze dell’oratorio femminile: le gite (quanto si

cantava!), le opere caritative (allora c’era il grup-po dell’opera S. Vincenzo e si portavano i pacchi di viveri alle persone anziane) e le attività sociali che consistevano nell’andare “in bassa”, come si diceva allora, che poi comprendeva la zona di Poasco o le case popolari di via Mincio, dove fa-cevamo giocare i ragazzi e animavamo la Messa domenicale. Come dimenticare, poi, i campeggi fatti con l’o-ratorio, prima in tenda a St. Jacques in Valle d’A-osta e in seguito nella Casa della Gioventù di Au-ronzo; penso che tutti i ragazzi che hanno parte-cipato ad una vacanza dell’oratorio, anche in anni successivi, non possono che averne un buon ri-cordo. Quello che mi è rimasto particolarmente im-presso di quegli anni sono i momenti di preghie-ra: la domenica sera, quando, dopo la Messa, si chiudeva l’oratorio e la sera dei giorni feriali quando si recitava la compieta. Questo era un momento sempre atteso dopo una giornata di studio o di lavoro, era occasione d’incontro tra noi, davanti alla nostra chiesa, e soprattutto un pretesto per accompagnare a casa le ragazze; io ero particolarmente interessato a quest’ultimo aspetto perché tra loro c’era la ragazza che poi avrei sposato, ma allora ancora non lo sapevo. Erano momenti di felicità, vissuti con entusiasmo, con la gioia di sentirci uniti, e, anche se poi la vita ha condotto ognuno di noi su strade diverse, questi ricordi ci accompagneranno sempre. Frequentare l’oratorio mi ha dato la possibilità di conoscere persone care come il nostro primo parroco, don Peppino, Marcello Candia e don Angelo Biffi che, dopo la morte di mio padre, è stato per me una guida illuminante e uno stimolo continuo. Ma anche se poi, crescendo, il corso della vita (la morte del papà quando ancora ero giovane, l’uni-versità, il servizio militare, il matrimonio e i figli) mi ha allontanato dall’impegno costante in orato-rio, non posso dimenticare gli altri coadiutori

Roberto Perego

Oratorio Angeli Custodi

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che si sono succeduti: il gioioso don Vanni, il sem-pre un po’ stanco don Giuseppe, il serioso don Er-minio e infine don Ambrogio sempre disponibile. A distanza di tanti anni, il ricordo che ho dell’ora-torio, e delle persone che ho avuto occasione di

incontrare e conoscere, è sempre bello; ma an-cor più bello è vedere che l’oratorio ancora oggi è luogo di incontro e di interesse per molti gio-vani che si inseriscono in questo cammino edu-cativo.

50 ANNI ANGELI CUSTODI... “Hai 20 anni e vai ancora all’oratorio?” Ebbene sì. Molti di noi frequentano l’oratorio fin da quando erano piccoli e qui hanno trovato persone con le quali hanno instaurato amicizie e profondi legami, che durano ancora oggi. E questo non è certamente l’unico motivo per cui cerchiamo di coinvolge-re sempre bambini e ragazzi, perché, per noi, l’oratorio significa molto: è un luogo di accoglienza e di crescita, dove i giovani possono conoscersi, mettendosi in gioco e confrontandosi tra di loro, sotto la guida di figure più adulte, tra cui noi educatori. Siamo, infatti, impegnati in vari campi della vita dell’oratorio, dal catechismo all’oratorio estivo, sem-pre per dare ai ragazzi tempi e spazi in cui possano esprimersi e crescere come persone; il nostro compito è anche quello di organizzare diverse attività durante l’anno, come i musical, i giochi, le fe-ste. Per noi educatori, non solo è bello condividere questi momenti con bambini e ragazzi, ma rite-niamo, inoltre, che sia fondamentale accompagnare durante il percorso di crescita quelli che saran-no gli adulti di domani; e ciò che rende speciale la nostra esperienza in oratorio, è legato tanto a ciò che insegniamo, quanto a ciò che impariamo da loro. “Insegnare è imparare due volte” (Joseph Joubert)

Educatori Gruppo Preadolescenti L’oratorio visto dai Preadolescenti…. Per noi l’oratorio è un punto d’incontro dove si fanno nuove amicizie e ci si diverte molto. Qui si può passare del tempo con i propri amici ed educatori e spesso si possono vedere persone diverse da noi ma ci divertiamo lo stesso. Ed è molto economico perchè ci sono le cicche che costano 10 cent!! L’oratorio per me è un luogo che ti fa diventare felice quando hai preso una brutta piega L’oratorio è un luogo speciale in cui si possono conoscere delle persone altrettanto speciali. All’oratorio puoi incontrare le persone che ti vogliono bene, ma solo quelle vere.

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Quando ho ricevuto la telefonata di Fabrizio non è stato facile per me ricordare come fosse venuta in mente l’idea del Palio degli Angeli e soprattutto la ragione del nome delle contrade. Questo ricordo è stato ancora più difficile vista la mia età, conside-rando che la nostra amata Parrocchia celebra me-no dei miei anni e considerando che Alberto, cioè la somma memoria storica della nostra generazio-ne, non lo rammentava. Ovviamente non ricordo a chi scoccò la scintilla, stiamo pur sempre parlando del 1978, ma ricordo abbastanza bene che da un po’ di tempo nelle riu-nioni si cercava di trovare una formula che potesse ripetersi ed avere una storia, e devo dire che il tut-to è davvero ben riuscito, per l’inaugurazione dell’-anno oratoriano della prima domenica del mese di ottobre. Ebbene, come si direbbe ora, il gruppo dei saggi (immaginate i geni), dopo approfondite riflessioni (ginger – spuma nera e pizzette al bar dell’orato-rio) e dopo l’esame delle varie ipotesi prospettate (mezza o forse migliaia del tutto irrealizzabili), tro-vò la soluzione ideale. Devo ricordare anche, con un pizzico di emozione, la serietà e la passione con la quale si ragionava per costruire qualcosa assieme di divertente e di sano. Al riguardo non posso dimenticare di dire, quanto-meno per quel che concerne la generazione alla quale appartengo, quanto sia stata fondamentale la presenza di don Giuseppe prima e di don Vanni in seguito che, con tratti e modi tanto diversi tra lo-ro, hanno rappresentato, e credo rappresentino tutt’ora per molti di noi, figure fondamentali e di riferimento nel nostro essere passati anche in que-gl’anni da semplici fruitori di un servizio ad anima-tori, organizzatori ed educatori, così, quasi senza accorgercene! Ora per tornare al nostro argomento, si può dire che venne fuori l’idea di trasferire il concetto, tan-to legato a Siena e ad altre manifestazioni medioe-vali, del contendersi un Palio, con conseguente stendardo o insegna da creare. Ovviamente non

essendo la Parrocchia divisa in contrade come Siena, Asti o altre città, immediatamente dopo sorse il problema di come organicamente e ra-gionevolmente dividere la nostra zona, sia per creare una giusta rivalità territoriale sia per pen-sare ad una suddivisione anche di numero di per-sone e non ultimo come dare un nome alle con-trade stesse. In un sol dire la Parrocchia è stata divisa in sei zone dagli esperti di demografia e toponomasti-ca. Nelle nostre menti “malate”, l’idea fu quella di identificare sei vie che in qualche modo potes-sero essere ricollegate ad arti e/o professioni, eccezion fatta per i “Collettori” (contrada senza arte e/o professione, ma nata per dare importan-za a Via Colletta, sede della nostra parrocchia). Così, quasi per miracolo nacquero le sei contra-de: COLLETTORI – GIULLARI – VASAI – BO-SCAIOLI – UMBRELLAI – MURATORI. Ovviamente la decisione e l’idea fu resa bella, colorata e divertente dal nostro “Direttore Arti-stico” del tempo Pierluigi Beretta che con il soli-to spiritoso ingegno ideò e decorò gli stemmi che per lungo tempo hanno resistito sul muro della nostra “Piazza del Campo”. Durante la do-menica del Palio, la “Piazza” si trasformava dav-vero nel centro gioioso della parrocchia per poi far esplodere per tutte le vie del quartiere la gioia, le urla ed il caos in genere del gioco finale, talmente felice e caotico al tempo stesso che nel quartiere, nonostante la fine degli anni settanta fossero davvero difficili per il clima sociale pe-sante, restava ben impresso sia il colore che il rumore! Questa in breve la storia di com’è nata l’idea del palio e delle contrade, storia che da qual mo-mento è stata sempre più riempita da tante vite, tante gioie e tanta passione che ancora oggi voi portate avanti in nome di un’unica lunga storia dei 50 anni della nostra Parrocchia. Un saluto a tutti e tanti tanti auguri cara vecchia, ma sempre viva e giovane, PAC!

Marino Busnelli

1978, nacque il “Palio degli Angeli”

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Manuela Agosti

Immagini di Terra Santa

Frammenti di storia e frammenti del credo mio e di tutti i cristiani che si ricompongono pezzo dopo pezzo in un quadro di luce… Queste le sensazioni che mi porto a casa dalla Terra Santa: è ora, al ritorno, che comincia il cam-mino… Non appena atterrata a Milano l’angoscia di non poter riunire la mia vita di tutti i giorni con le sen-sazioni provate nella Terra di Gesù. Ma qualche giorno dopo, mi rendo conto che quello che là mi ha scavato sta già portando frutti, il primo di tutti la testimonianza verso coloro che non hanno vis-suto questo viaggio insieme a me, ma che mi os-servano mi parlano, e mi trovano in qualche modo diversa da prima. Quello che mi è rimasto nel cuore: La basilica dell’annunciazione, dove “hic verbum caro factum est” e proprio da lì siamo partiti per ripercorrere le orme di Gesù dalla Galilea alla Giu-dea. Il Monte delle Beatitudini, dove il vento soffiava fresco su di noi e soffiava via l’angoscia dai nostri cuori: “Beati gli afflitti, perché saranno consolati”. Il Giordano, oasi di pace dopo un posto di blocco, dove a gran voce abbiamo detto di nuovo “Sì!” al Signore. Il muro, che si staglia improvvisamente davanti agli occhi e divide due mondi così prossimi ma così distanti. Il campo dei pastori, dove nella grotta, come è ac-caduto a loro, abbiamo ricevuto l’annuncio di “…

una grande gioia che sarà per tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato a voi un salva-tore, che è il Messia, il Signore” e l’abbiamo sen-tito proprio nostro. Il muro del pianto, davanti al quale abbiamo pre-gato insieme ebrei e cristiani sotto la cupola del-la moschea, ognuno con le sue parole, ognuno con il suo dolore e le sue speranze… e se tutti preghiamo un Dio che è uno… lì davanti a quella pietra sembra così immediato pensare che sia il Dio di tutti… perché allora non c’è pace? L’inizio dello “shabbat” e le soldatesse in cerchio che cantavano “Evenu Shalom” con il mitra sotto il braccio. Il Golgota all’alba. Dove in silenzio ci siamo ingi-nocchiati toccando quella pietra che accolse tut-ta la violenza della crocifissione. Prima rumore, poi silenzio, poi speranza. Il “nostro” attimo nel Getsemani, dove la forza della preghiera del canto ha messo a tacere il rumore intorno a noi. Dove, mai come in quel momento… prima eravamo “a chiederci tristi perché si era lasciato morire così..” ma poi “comprendemmo che forza di Dio è solo quella che dona la vita”. Il Santo Sepolcro, per qualche secondo, inginoc-chiati su quella lastra di pietra che porta in sé la vittoria della luce sulle tenebre.

Torno serena, soddisfatta per essere ripartita all’inizio del 2012 dalla terra di Gesù e piena di forza e di speranza per proseguire nel cammino che mi attende, forte della sua presenza e con il desiderio di testimoniare questo dono ricevuto.

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Fabrizio Favero

L’anno prossimo a Gerusalemme

L’anno prossimo a“ − השנה הבאה בירושלים Gerusalemme” è la promessa che ci si scambia du-rante la Pasqua ebraica e l’anno prossimo, ovvero i primi giorni di questo 2012, un gruppo di parroc-chiani è partito per un pellegrinaggio in Terra San-ta. Un pellegrinaggio sulle orme di Gesù, dal Nord (Galilea) ci siamo spostati al centro di Israele (Giudea): Nazareth, Cana, Cafarnao, Betlemme, Gerusalemme sono solo alcune delle tappe di que-sto nostro pellegrinaggio. A qualche giorno di distanza dal rientro le emozio-ni e le sensazioni sono tante e non ancora ben de-finite. Ci vorrà un po’ di tempo, ne sono sicuro, per far sedimentare e metabolizzare tutto ciò che ho visto e incontrato in questi giorni. La voglia di parlare di questo pellegrinaggio con famigliari, ami-ci, colleghi e gli stessi compagni di viaggio è tanta; rivedo le foto e rileggo alcuni appunti presi duran-te qualche incontro e testimonianza e mentre si è occupati nella propria quotidianità ecco che a sor-presa la mente torna in Terra Santa come se si fosse steso un piccolo filo tra me e quei luoghi. E sì la mente torna alla grotta dell’Annunciazione, al Caritas Baby Hospital, allo spintone di un ebreo ortodosso che di corsa si reca alla preghiera, alla Grotta dei Pastori di Betlemme, al muro del pianto nel giorno dello Shabbat, a padre Raef che raccon-ta come rendere un po’ più “umano” un soldato israeliano che chiede a un palestinese il passaporto prima di attraversare il muro per Israele. Il mio pensiero torna ancora al Santo Sepolcro, all’invito alla preghiera del Muezzin mentre si è raccolti in preghiera in una chiesa, al monte degli Ulivi, ai frati francescani e alle comunità cristiane che prestano il loro servizio di missionarietà, al sole che tra-monta su Gerusalemme, a… Un viaggio che nei primi giorni, ammetto, mi ha lasciato un po’ di “amaro in bocca” e delusione poiché era tanta la convinzione in me che andando

là in qualche modo riuscissi a credere di più e meglio come se le pietre, i monti, le chiese tra-sudassero di “fede” e invece, come c’era da a-spettarsi, le pietre, i monti e le chiese non trasu-dano per nulla, anche se sono in Terra Santa! Però le pietre, i monti e le chiese di Terra Santa hanno la capacità di farti domandare, chiedere, capire, innescare in te un processo e un deside-rio di ricerca, insomma di metterti in cammino. Paradossalmente mi sento di dire che il pellegri-naggio incomincia qui, una volta rientrato in casa mia, nella mia città. Infatti è stato per me molto significativo il brano di vangelo che venerdì 6 gennaio abbiamo letto nei pressi di Betlemme, nella Grotta dei Pastori, in cui essi, avvertiti della nascita del Salvatore, si misero subito in cammi-no verso di Lui. E questo pellegrinaggio si rinnoverà ogni dome-nica, perché vedendo e toccando con mano i luoghi della cristianità appaiono anche meno lon-tane e “incomprensibili” le letture e le parabole delle Sacre Scritture: tanti modi di dire, espres-sioni e riferimenti geografici ora prendono forma e consistenza, non più luoghi immaginati, ma rea-li ed esistenti, così che Gerusalemme diventa un piccolo ponte tra noi e Gesù, un modo per sen-tirlo “meno distante” e più uomo. Anche Lui ha camminato per quei monti, per quei vicoli a Ge-rusalemme ha percorso la sua via crucis (noi spinti e stretti in mezzo ai bazar e Lui spinto e stretto dalla folla), ha visto lo stesso cielo dal monte delle beatitudini, ha sentito su di sé lo stesso vento sul lago di Tiberiade e ha ammirato i colori e le forme degli altopiani che abbiamo potuto apprezzare in questi giorni. Concludo semplicemente con un piccolo augurio di buon viaggio a tutti gli “angeli” pellegrini, sia-mo partiti da dove tutto ha avuto inizio, il seme è stato gettato e ora non ci resta che avere cura di questo seme e farlo germogliare!

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Susanna Catenacci

Incontrare “Angeli” in Terra Santa

Vi è mai capitato di fare un viaggio partendo consa-pevoli di non conoscere nessuno degli altri parteci-panti, fidandovi solo delle parole di una persona a voi molto cara − nonché vostra guida spirituale − e del vostro istinto che, forse, in questo caso era più la voce di Gesù che inconsciamente diceva “vieni a trovarmi e a vedere quale è stata la mia vita”. Ecco quando sono partita per il pellegrinaggio in Terra Santa non conoscevo nessuno, tranne don Guido, e non sapevo cosa aspettarmi da una Terra tanto lontana e diversa dalla nostra. Eppure come leggi la scritta “Welcome to Israel” capisci che sta per accadere qualcosa di unico e irri-petibile. Inizi così un percorso che più di un pellegrinaggio nelle Terre di Cristo è la via del tuo profondo senti-re! Capisci ogni giorno cosa nella tua vita è in continua evoluzione e allora… Provi timore nella grotta di Elia e impari che a tavola gli si deve lasciare un posto libero per quando ritor-nerà! Senti tua madre vicino che ti accarezza quando chiu-di gli occhi e preghi nella grotta dell’Annunciazione ma, poi, subito ti risvegli con le parole “inginocchiatevi, pregate, un minuto e lasciate spa-zio!” Capisci cosa vuole dire essere beati guardando sor-gere il giorno nel Monte delle Beatitudini e obbedi-sci a don Guido quando nell’omelia ti invita a ricor-dare tutti i motivi per cui devi essere beato, primo fra tutti la nostra fede di amore e speranza che ti insegna anche e soprattutto a sognare! Provi un sussulto bagnando le mani nel Giordano pensando che quelle acque hanno bagnato anche Lui. Ridi ancora a crepapelle pensando a cosa avrebbe detto Nostro Signore se avesse incontrato il “capo” del Kibbutz, il padre salesiano o magari il palestinese che ci riceve nel rifugio antiatomico. Ma capisci anche che sarebbe stato orgoglioso di don Paolo, di suor Lucia e del giornalista che un po’

come i suoi Apostoli documenta i fatti della Sua Terra di Gerusalemme… E così siamo arrivati alla nostra Epifania, la festa della famiglia appena nata e costituita e noi erava-mo proprio dove nostro Signore è nato e io ero circondata dall’amore splendido delle famiglie co-nosciute in questo viaggio che col loro amore non mi hanno fatto mancare la mia in questi gior-ni di festa! E dopo la sua nascita vivi con lui la Sua passione ed è camminando nel profumo dei suoi ulivi e provando le sue paure nel Getsemani che piangi con lui lacrime che ti liberano della paura della vita. Nella Sua Croce e nel Suo Sepolcro, quello che vivi alle 5 di mattina, capisci la Sua profonda uma-nità e il senso di speranza e salvezza che ci ha vo-luto portare. Allora ti guardi intorno e capisci l’immensa forza che ti dona ogni giorno per vive-re e affrontare la quotidianità, la stessa che pro-prio lì in Terra Santa Lui ha vissuto per te. Ed è a questo punto che alzi la testa e ti accorgi di essere circondata da “Angeli”, che non cono-scevi e neppure sapevi che esistessero ma che hanno incrociato la tua strada e hanno reso indi-menticabile ogni tuo giorno. Lui li ha scelti ad uno ad uno per essere al mio fianco in questa esperienza. Vorrei scrivere i no-mi di ognuno dei miei compagni di viaggio per dire la loro singola “specialità” ma sarebbe trop-po lungo questo appello e non servirebbe ad e-sprimere l’immensa gratitudine che provo verso ciascuno dei miei angeli per ogni gesto fatto nei miei confronti indimenticabile, speciale ed emo-zionante! Quella domenica 8 gennaio ero pronta a riparti-re, a tornare a casa mia, nella nostra parrocchia, dalla mia famiglia che avrei voluto con me − con noi − dal mio amore appena nato e dai miei amici pronti a sentire i miei racconti. Quella domenica ero pronta ad iniziare una nuo-va parte della mia vita “D. P.”: dopo pellegrinag-gio!

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Il mio cuore è pieno di gioia e col pensiero sono ancora nella terra di Gesù. Ho varcato il confine del mondo un’altra volta, portando sulle spalle le intenzioni di preghiera mie e degli amici più cari. Mentre salgo a piedi il monte Tabor, sento che la fatica fisica aumenta e il peso di quelle “intenzioni” si fa sempre più grande, allo-ra decido guardando la splendida vallata di conti-nuare la salita, parlando con Dio. Grido la mia preghiera con tutta la forza e il fiato che ho in gola, pronuncio il nome di ogni amico e mi pare di sentire un’eco... Il peso improvvisamen-te non c’è più, Egli mi ha ascoltato, ne sono certa e si è fatto carico di ogni pensiero. Il dono più grande che ho ricevuto nella mia vita è quello della Fede. Sapevo che mi sarei sentita così vicina a Lui, qui in Terra Santa. Le emozioni si rin-corrono, Cafarnao, Betlemme, Nazareth, il Gior-dano, Emmaus… Non saprei dire cosa mi colpisce di più. È la terra dove Gesù è nato, dove è cresciu-to, dove è morto e risorto. Sono queste le strade che ha percorso, è questo il paesaggio che ha guar-dato, è qui che è stato versato il suo sangue ed è qui che è risorto. Provo tenerezza e commozione davanti al bellissi-mo giardino del Getsemani, Lo immagino seduto sotto questi alberi, come l’ultima notte. Soffro co-me mi accade ad ogni Pasqua ma è in Gerusalem-me, la mia piccola unica cittadella, che non riesco a trattenere le lacrime. È come se Gesù fosse qui ad aspettarmi. Lui è in ogni luogo, è nel mio cuore sempre, ma qui è in ogni pietra, nel colore del cie-lo, nel vento che mi asciuga le lacrime. Mi sento così fiera di essere cristiana, sono ammirata e mol-to rispettosa di tutto ciò che vedo. Mi fermo al Santo Sepolcro a lungo e prego per la pace di que-sti luoghi. Ci sono diverse funzioni religiose, c’è la processione dei francescani e c’è la funzione degli armeni, chiudo gli occhi e ascolto questa moltitudi-

ne di voci, seduta accanto all’altare delle Pie donne... Qui convivono copti, drusi, cristiani, ebrei, musulmani.... Un microcosmo in cui mi sembra sia più facile tollerarsi, che non nel resto del mondo. C’è l’orrore di un muro che divide due stati, (uno dei quali però… non esiste) e ci sono uo-mini semplici, appartenenti alle diverse religioni, uniti dal dolore per la perdita di un familiare, durante l’entifada e gli attacchi terroristici. Sento parlare innumerevoli lingue, la forma dia-lettale dell’arabo libanese o forse siriano, il ru-meno, l’hiddish, incontro ebrei hassidim, cristiani ortodossi, preti della custodia. Anche le basiliche si trovano poco più in là della moschea e poco più in qua della sinagoga. È bellissimo tutto que-sto e allo stesso tempo incredibile!!! Vedo mille diversi colori, osservo il tramonto, è appena terminata la preghiera sulla spianata della moschea e inizia lo shabbat con la prima stella, subito dopo ci sarà la festa cristiana. Gerusalemme è come se fosse proprio un mon-do a parte, è di una bellezza senza confini e sen-za tempo. Tutto Israele è un cuore pulsante e mi fa molto dispiacere pensare ai conflitti che in esso si svolgono. Chiudo gli occhi e rivedo ogni angolo di questo paradiso, là dove ho lasciato il mio cuore pieno di gioia... E racconto a Dio di ciò che sento pregando per la pace di questi po-poli. Sono solo una voce ma ho molta fiducia, Egli ri-scalderà il giorno con la luce del sole, illuminerà la notte con le stelle e abbatterà ogni muro, l’uomo traccia i confini, la Fede li cancella. Ecco cosa andavo cercando sulla strada di Em-maus... me stessa, perche Dio l’ho avuto sempre al mio fianco!!

Elena Cabrini

Sulla strada di Emmaus

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Roberta Marsiglia

La nostalgia della tua casa...

“La nostalgia della tua casa non mi lascia mai!” Così, 41 Angeli pellegrini hanno cantato nella loro prima Messa celebrata in Terra Santa, sul Monte Tabor. E così mi sono sentita io, nei due anni che sono trascorsi tra il mio primo pellegrinaggio in quei luoghi e questo appena concluso. Non è facile da spiegare: non si viaggia solamente in un posto, si viaggia dentro sé stessi. Un’infinita serie di domande sorge spontanea. E mi piace. Mi piace questa curiosità nei confronti di Gesù. L’im-provvisa consapevolezza di quanto la sua vita parli ancora alla nostra. Ascoltare le Beatitudini sul monte dove sono state pronunciate… Guardarsi intorno… Rendersi con-to di quanto un luogo possa riflettere le parole… Cantare di un cuore puro… Rovesciare la nostra logica… Come volare sopra il mondo… E com-prendere – finalmente! – cosa rende davvero libe-ri. Incontrare a Nazareth padre Paolo dei Piccoli Fra-telli di Charles de Foucauld e sentirlo parlare di questa scelta “strana”… di vivere il Vangelo sem-plicemente nella quotidianità… senza particolari opere o organizzazioni ecclesiastiche ma vivendo, cristianamente, in un contesto dove i cristiani non raggiungono il 2%... Una testimonianza silenziosa ma presente… così simile ai 30 anni in cui il Signo-re è vissuto quasi “nascosto” proprio qui, a Naza-reth… Questi 30 anni di cui non sappiamo quasi niente… cosa ci dicono? Noi, milanesi, abituati a misurare il risultato e a eliminare tutto ciò che non porta a un risultato… abbiamo fatto fatica a capire bene quel che Padre Paolo ci raccontava… Perché abbiamo fatto così fatica? Che sia la parte che ci manca? Arrivare a Cafarnao, la città di Gesù e dei suoi pri-mi amici e sentire i nostri ragazzi chiedersi: “ma perché se diceva seguimi gli altri lo seguivano Che carisma aveva?”; oppure: “ma forse pensavano di stare via solo qualche giorno… non che non sa-

rebbero più tornati…” Le domande… Non dare la storia per scontata solo perché l’abbiamo sempre sentita… le domande… la curiosità… farsi prendere… affascinare… Cogliere la straordinaria coincidenza di arrivare al Muro Occidentale nel momento in cui inizia lo shabbat: trovarsi immersi in tutta questa gente… tutta vestita di nero… tutti apparentemente u-guali… e tutti diversi nella loro preghiera: chi ondeggia avanti e indietro… Chi silenziosamente affonda il viso nel libro… Chi insiste a cercare la fessura per mettere il suo bigliettino tra una pie-tra e l’altra… Chi appoggia la mano sul Muro e non la stacca più… Chi piange con gli occhi chiu-si… Chi canta a squarciagola canzoni di pace in-dossando una divisa e un mitra… saltellando in un girotondo che intralcia il passaggio della già piccola parte femminile del Muro (certo… rigo-rosamente divisi gli uomini dalle donne!)… Chi spinge travolgendo tutti senza pensarci due vol-te… Chi neanche se ne accorge e si lascia spin-gere… e noi – piccola avanguardia cristiana – in mezzo a un mare di ebrei… e tutto questo sotto due moschee. Non credo esista un altro posto al mondo dove sia così evidente che Dio sia Uno… “e non sia né tuo, né mio… ma solo Dio” (come cantava il nostro coro dell’oratorio, qualche an-no fa…). Decidere di alzarsi all’alba nell’ostinazione di vo-ler trovare un momento tranquillo per sostare – senza ressa − nella Basilica della Natività a Bet-lemme… pur col dubbio che non ci facessero entrare perché era il giorno dell’Epifania… e ri-trovarsi a partecipare a una Messa – noi 8 Angeli Custodi e pochi altri – nella cripta, a due metri dalla Stella che ricorda la Nascita di Gesù. Men-tre sopra di noi, nella Basilica, due gruppi orto-dossi – russi e armeni – si sfidavano a chi cantava più forte… Ritrovarsi, in nove amici, nella confusione del Getsemani e ignorare i pur assordanti clacson e ogni altro rumore, per chiedere al Signore di “perdonare il nostro cuore insicuro”. Decidere in-sieme di leggere i passi del Vangelo che ci rac-

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contano di questo luogo e insieme cantare… e sostenere, con un abbraccio, chi a cantare non ce la fa… Celebrare la Messa di Resurrezione in una cappel-la interna al Santo Sepolcro… insieme ad altre persone che si sono unite a noi… chissà chi era-no… che lingua parlavano… alcune venivano da Paesi molto lontani dal nostro… casuali compagni di un’ora… mi piace pensare che in un posto sco-nosciuto e lontano qualcuno abbia portato i nostri stessi ricordi… figli di Dio nel mondo… Infine visitare, a poche ore dal ritorno, un villaggio dove famiglie israeliane e palestinesi tentano di

vivere insieme. In questo Paese di forti convinzio-ni e contraddizioni… dove ci si scanna per una pietra e per tutte le pietre… qui, dove tutto è cominciato… qui, dove è cambiato il pensiero del mondo… in questa terra grande quanto la Lom-bardia ma a cui tutto il mondo sempre guarda… A chi di noi chiedeva perché non si desse più pe-so politico a questa e alle altre iniziative per la pace (siamo sempre noi… i milanesi che cercano il prodotto e misurano il risultato…) un ometto palestinese ha risposto: “Non esiste una strada per la pace… la pace È la strada!”

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Giulia Traverso Longoni

Terra Santa nel cuore

Milano, 1 gennaio 2012, eravamo sull’aereo che ci portava in Terra Santa, destinazione Tel Aviv, alcu-ni come me, per la prima volta. Accompagnati da don Guido e da Anna, la guida dell’agenzia viaggi. Per un cristiano è un desiderio andare in Terra Santa, almeno una volta. Per me era il secondo pellegrinaggio che intraprendevo, dopo Lourdes. Ora andavo nella terra delle nostre origini cristia-ne, la terra di Gesù, andavo con la convinzione più profonda di poter pregare tranquillamente e poter riconquistare la serenità perduta, senza subire im-patti scioccanti a contatto con altre religioni e mo-di di pregare diversi. Terra Santa: crocevia di tante religioni e usanze. È molto curioso che nella terra di Gesù, i cristiani siano una piccola minoranza. Siamo atterrati a Tel Aviv, disbrigate le procedure aeroportuali, con il pullman “ANGELI CUSTODI”, ci siamo trasferiti, a Nazareth. Il cuore di tutta Nazareth è la Grotta dell’Annun-ciazione, la quale si raggiunge attraverso un suk dentro la parte vecchia della città araba popolata da 25 mila cristiani. Nazareth è attraversata dalla via Paolo VI a Lui de-dicata. Abbiamo percorso le colline che si trovano ad est fino al monte Tabor e di nostra volontà, abbiamo raggiunto la cima a piedi, con alternanza di pallido sole, nuvole e pioggia. Lo spettacolo mentre salivamo era emozionante, si scorgevano le colline attorno e tagli di luci e om-bre che rendevano suggestivo tutto il paesaggio. Il monte Tabor, era tutto coperto di verde ed in cima vi era la Basilica che volgeva a Oriente. Questo monte, viene identificato come il monte della “Trasfigurazione”. Ogni nostro passo, era sempre più sofferto consi-derando anche la nostra non tenera età, ma ogni passo, ci avvicinava alla cima tanto desiderata. Fradici di sudore e bagnati dalla pioggia, abbiamo

guadagnato la vetta varcando, la “Porta dei Ven-ti”, forse per ultimi, poiché i giovani ci avevano bagnato il naso ed erano già arrivati da tempo. Siamo entrati in uno spiazzo che fu Monastero Benedettino, dove al centro dominava la grande Basilica, con facciata a tre cappelle. Scavi archeo-logici hanno portato alla luce abside e altare Bi-zantino, contornato da mosaici dell’epoca di in-superabile bellezza, don Guido ha poi celebrato la Santa Messa. Con tutto il gruppo, siamo stati ricevuti dall’as-sociazione “Mondo x” e abbiamo pranzato alla loro mensa, gustando prodotti genuini coltivati dalla comunità. Mentre i giovani scendevano a piedi alle pendici del Tabor, noi questa volta, siamo tornati a valle con un pulmino. La giornata non era ancora finita; prima che le ombre diventassero lunghe all’orizzonte ci siamo trasferiti nella Galilea occidentale, e siamo saliti sul monte Carmelo, naturalmente con il pullman, perché in quella giornata io e Roberto, avevamo già dato tanto. Per raggiungere il monte Carmelo si attraversa la città di Haifa situata su di un promontorio da-vanti al mare e si arriva sulla cima del monte, dove è situato il convento di Stella Maris con la chiesa della Madonna del Carmelo e la grotta del profeta Elia. Il crepuscolo sul Carmelo ha un sapore partico-lare, intanto, si gode un paesaggio incredibile di vallate, colline verdeggianti, tanti gruppi di case bianche e coste bagnate dal nostro bel mar Me-diterraneo. Tornati a Nazareth siamo riusciti a vedere l’An-nunciazione illuminata, preludio a una visita più completa alla mattina seguente. La Basilica dell’Annunciazione nella sua bellezza architettonica ed emotiva, mi ha lasciato un ri-cordo indelebile, pensando alla Santa Messa e

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alla Comunione celebrata da don Guido, davanti alla grotta dove l’Angelo ha incontrato Maria, an-nunciandoLe la prossima maternità. Noi pellegrini degli Angeli Custodi, ci siamo recati agli scavi dell’antico villaggio dove è cresciuto Gesù e alla chiesa di San Giuseppe “della Nutrizione”. Attraversato il suk, abbiamo raggiunto la sinagoga vicina alla casa dove viveva Maria e dove Gesù gio-vinetto parlava ai profeti, infatti dagli scavi archeo-logici, sono venuti alla luce dei grafiti su colonne con la scritta “Kaire Maria” che significa Ave Ma-ria, delle anfore, capitelli crociati e stampe di Na-zareth antica. In questo museo Francescano, mi sono commossa, ed ho fotografato tutto, tutto quello che potevo, per poter far mio, un piccolo documento di questa grande e affascinante storia che ci coinvolge tutti. Scusate, se mi sono commossa davanti ad un grafi-to che risale all’epoca di Gesù. Intanto il mio pensiero correva lontano nei secoli, e fantasticando su quel grafito pensavo che era sta-to scritto da un parente di Gesù o forse dallo stes-so Giuseppe; comunque, ora era lì, lo potevo ve-dere, lo potevo fotografare. La lettura di Shalom, che a casa trovavo un po’ ir-reale e incredibile, si trasformava in realtà davanti a quel pezzo di storia custodito gelosamente dai Francescani. Nel pomeriggio ci siamo recati a Cana in Galilea, dove Gesù compì il suo primo miracolo. Nella Basilica, durante la Santa Messa, don Guido, ha rinnovato le promesse matrimoniali. Quale grande emozione, per noi coppia sposata da tanti anni, rivivere le stesse sensazioni di 35 anni fa: la grande chiesa, i certificati di nozze, le fotogra-fie rituali, mancavano solo i fiori e i confetti. Abbiamo varcato l’ingresso di una chiesa ortodos-sa e ci siamo bagnati alla fontana di Maria. “Fontana di Maria” era anche il ristorante che ha placato la nostra fame all’ora del pranzo, quale più bella similitudine in Terra Santa. È stata ancora più emozionante la visita alla com-munità dei Piccoli Fratelli di Gesù che vivono nella testimonianza del beato Carlo de Foucauld, e se-guendo l’insegnamento del Beato che da una vita

dissipata si converte e predica imitando Gesù tra i più poveri e abbandonati. 4 Gennaio 2012, dopo la prima colazione al Ri-monim di Nazareth, partiamo per il monte delle Beatitudini. Il monte dove Gesù pregò tutta la notte e scelse i suoi discepoli, chiamandoli “Apostoli”. Che bello arrivare sul monte, quando il sole fa capolino all’orizzonte sul lago di Tiberiade; per-ché è proprio così che si vive quel paesaggio. Lago di Galilea, detto Tiberiade, che prende il nome dalla città omonima che si trova sulla co-sta ovest dello specchio d’acqua, costruita da Erode in onore dell’imperatore romano, Tiberio. Mi pareva di vivere in una fiaba incantata, sentivo la brezza mattutina, gli uccelli che cinguettavano tra le fronde dei pini e dei ficus altissimi. Tutto mi appariva come in un sogno, le ombre lunghe dell’alba svanivano man mano che il sole sorgeva, e tutto si faceva reale. La Chiesa-Monastero si trovava al centro di que-sto giardino sul promontorio del monte che do-minava il lago, ed era tenuta dalle suore France-scane. L’edificio di fattura ottagonale ricorda le 8 Beatitudini ed esistente come grotta già nel V secolo. Io e Roberto guadagnavamo i posti a sedere, nel-le panche attorno ad un altare all’aperto vista lago Tiberiade. Don Guido “appariva”, vestito coi paramenti seguito da un pellegrino che por-tava il cero, e su quell’altare celebrava la Santa Messa e dispensava la Comunione. I nostri canti echeggiavano, si intrecciavano con quelli di altri pellegrini e si disperdevano alla fine della Messa. Ora potevamo continuare la visita da soli e sco-privamo che attorno alla Basilica vi erano piante coltivate di notevole interesse. Certamente è stato per me, uno dei momenti più suggestivi del viaggio. Dopo questo momento di un forte impatto e-motivo, anche ricordando il discorso della mon-tagna che Gesù fece agli Apostoli, siamo scesi a Cafarnao, città che Gesù scelse come sua par-rocchia e anche come suo primo ministero, dove si può visitare la casa di Pietro e la Sinagoga. Abbiamo proseguito il nostro pellegrinaggio arri-vando alla città di Tabha, dove vi è l’attuale chie-

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sa costruita negli anni ’80 sul perimetro di una Ba-silica Bizantina, dove Gesù, moltiplicò i pani e i pe-sci, prodigio narrato per ben 6 volte nel Vangelo. Vi è anche un piccolo santuario, sulla scogliera det-ta “Mensa Christi”, e proprio in questo luogo Ge-sù diede il primato a Pietro. Dietro la Basilica si scende al lago, spettacolo e-mozionante per una cristiana, perché si rivive il discorso che fece Gesù agli Apostoli e alla folla, seduto sulla barca di Simone. Lì, ho raccolto della sabbia piena di conchiglie mol-to piccole, ho toccato l’acqua e devo ammettere che ne ho raccolto un po’ in una bottiglia. Nel pomeriggio abbiamo attraversato in battello il lago di Tiberiade, l’imbarcazione era tutta di legno e riproduceva le barche dell’epoca di Gesù, ritro-vate in fondo al lago. Durante la traversata osservando l’orizzonte, mi accorgevo che l’acqua argentea si confondeva col colore del cielo, offrendo uno spettacolo mai im-maginato. Stuoli di uccelli ci accompagnavano sorvolando le nostre teste insistentemente fino alla riva opposta, sembrava che un “Disegno Divino” li avesse man-dati lì, proprio per noi. Ho vissuto un grande momento, di un impatto e-motivo, incredibile!!! Un po’ meno emozionante ma ugualmente interes-sante, è stata la visita alla comunità nel Kibbuz di Lavi, e il colloquio con il loro rappresentante; que-sto incontro ci ha dato la possibilità di capire come funziona la vita nelle comunità ebraiche, ma devo ammettere che ci ha rubato un tramonto mozza-fiato sul lago di Tiberiade. 5 Gennaio 2012, partenza di buona mattina per Taybe villaggio abitato da Palestinesi Cristiani. Du-rante il viaggio abbiamo raggiunto Gerico, adagiata nella valle del Giordano; peccato che non avevamo programmato di visitarla, ma sono comunque riu-scita a fotografare il monte della “Quarantena”, con il suo monastero a forma di trenino custodito da Monaci Ortodossi. “Questo luogo, ricorda Ge-sù che fu condotto dallo Spirito nel deserto e fu tentato dal diavolo” (lettura di Shalom pag.199). A Taybe, dopo la celebrazione della Santa Messa ci siamo incontrati con padre Raef, sacerdote di grande simpatia e carisma. La mia attenzione si era rivolta in particolare en-

trando in una casa-grotta dell’epoca di Gesù e il mio pensiero era scivolato con un paragone for-se anche scontato ma reale, rivolto alla vita che conduciamo oggi nelle nostre città, molto diver-sa da quella di allora e per forzatura anche meno contemplativa, che ci porta a essere superficiali e fatui. Là, dove il lago finisce e dove il fiume Giordano percorre la sua corsa verso il Mar Morto, abbia-mo fatto sosta e il nostro parroco ha letto un brano del vangelo, il gruppo commosso si è riu-nito vicino all’acqua ricordando il battesimo di Gesù avvenuto in Betania al di là del Giordano dove Giovanni Battista battezzava. Ma voglio ricordare che il 5 gennaio, era giorna-ta di trasferimento e i pellegrini degli Angeli, ave-vano caricato armi e bagagli per raggiungere Bet-lemme. Armi, ne abbiamo viste tante e militari in tuta mimetica anche, ma in particolare li abbiamo incontrati ai posti di blocco che dovevamo attra-versare per raggiungere le nostre mete. Devo dire che mi sentivo abbastanza tranquilla, ma na-turalmente non ho gradito che nella Terra Santa, si debba convivere costantemente con una realtà di tensione e di guerra. Eravamo ancora in clima di feste natalizie, men-tre osservavo il paesaggio che ci conduceva a Betlemme, il mio pensiero volava a Milano e ri-cordavo il presepio nella mia parrocchia degli Angeli Custodi allestito da mani sapienti. In quel presepe non mancava nulla, si scorgeva oltre alla grotta, un agglomerato di case scolpite nel legno di grande bellezza, lavoro paziente di un parrocchiano, e poi le pecore, i campi arati, le case sperdute dei contadini, con gli utensili in vista. Mentre si faceva sera, rivedevo lo stesso paesaggio guardando attraverso il finestrino del nostro automezzo, vedevo, le stesse case illumi-nate e greggi di pecore che pascolavano tranquil-lamente sui pendii, tutto questo paesaggio che scorreva velocemente ricordava un vero e pro-prio grande presepe. Grande emozione quando siamo entrati nella Basilica della Natività, la grotta era lì, ma per ve-derla e venerarla abbiamo dovuto fare una lunga fila tra gente di ogni religione e di ogni nazione. Pazientemente ci siamo incanalati verso la porti-cina bassa che conduceva alla grotta, una stella

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d’argento a 14 punte, stava a indicare il posto dove il Bambino Gesù venne deposto dopo la nascita. Devo dire che la commozione era forte, ero pro-prio lì, dove il figlio di Dio si fece uomo, non mi sembrava vero, peccato che il momento è stato fulmineo, per intenderci, non si poteva sostare, più che pochi istanti. Quando le ultime luci della sera si accendevano, abbiamo raggiunto il Caritas Baby Hospital gestito da delle suore, le quali lavorano senza sosta con l’aiuto di contribuzioni volontarie per gestire, sfa-mare e curare, piccoli bimbi malati e denutriti. 6 Gennaio 2012, dopo la prima colazione all’Hotel Holy Family, siamo partiti con destinazione Ain Karem, per visitare la Basilica della “Visitazione” custodita da frati Francescani. Di fianco alla Basili-ca, vi è un cortiletto adiacente a cielo aperto, ove sono custodite delle maioliche colorate, che tra-scrivono il Magnificat in trenta lingue. Quella mattina prima di raggiungere la Basilica del-la Visitazione, don Guido, ha celebrato la S. Messa in una grotta, nel campo dei pastori; ai tempi tale grotta, era utilizzata dai pastori come rifugio per la notte, lo testimoniano anche gli scavi delle case accanto e i cunicoli che abbiamo percorso sotto terra. Il nostro viaggio ci conduceva inevitabilmente a Gerusalemme. Mi avevano tanto parlato di questa città, avevo an-che letto molto su di essa, ma mai e poi mai, mi sarei aspettata di emozionarmi tanto, quando l’a-vrei vista per la prima volta. Gerusalemme, meta ambita di tante religioni, cro-cevia di popoli, punta di diamante del nostro “Credo Cristiano”. Lì, si sente di avvicinarsi a Dio Nostro Padre più che in ogni altro posto. Gerusalemme, è la città delle nostre origini, rac-contata e attesa, la trovo meravigliosa con le sue 8 porte e le sue possenti mura, città che ospita il Golgota, il Sacro Sepolcro, la via Dolorosa, il Ce-nacolo. Per vedere bene Gerusalemme si doveva andare su un’altura. Da lassù si vedeva la spianata delle moschee con la celeberrima Cupola della Roccia, la quale si distingueva perfettamente rispetto alle altre, anche perché era la più grande e rivestita tutta d’oro.

L’occhio coglieva a perdifiato, Gerusalemme ada-giata nella valle del Cedron, torrente che scorre fino al Mar Morto, si vedeva il Monte degli Ulivi e il Getsemani, la chiesa russa di Santa Maria Maddalena con le sue cupole dorate. Con il gruppo dei pellegrini capitanati da don Guido, e accompagnati dalle spiegazioni di Anna, abbiamo raggiunto il Muro del Pianto. Era vener-dì 6 gennaio, proprio il giorno dei festeggiamenti degli Ebrei; vi era una ressa incredibile, i giovani e meno giovani di religione ebraica, erano vestiti in un modo molto singolare, con grandi colbac-chi di pelliccia e le basette tanto lunghe da farne boccoli, la loro religione consente anche copri-capi di diverse fatture, camminavano a passo spedito e pregavano dondolandosi appoggiando la fronte al muro ripetutamente. La tradizione dice: uomini da una parte e donne dall’altra, no-tare che la parte delle donne, era molto più ri-stretta rispetto alla parte degli uomini… alla fac-cia della parcondicio! Con il gruppo delle pellegrine degli Angeli sono arrivata ad un metro dal famoso Muro, finalmen-te l’ho toccato ho anche lasciato un mio pensie-ro, ma non sono riuscita ad indietreggiare senza voltare le spalle come è nella tradizione, perché la ressa era tanta e avevo timore di perdermi. Dentro le fessure del Muro del Pianto, vi erano tutte le intenzioni dei pellegrini di ogni religione che erano venuti a visitare Gerusalemme. Ricor-do che anche il Papa Giovanni Paolo II, lasciò le sue preghiere. Devo essere sincera che questa esperienza non mi ha emozionato positivamente, ho solo preso atto di una realtà forse più grande e incompren-sibile di me. L’amore per l’arte che mi accompagna da tutta una vita, mi consente di provare delle emozioni a volte irripetibili, come per esempio la visita al Cenacolo. Situato sul colle di Sion, il Cenacolo è un luogo di forte impatto emotivo anche perché in me rievoca, “l’Ultima Cena di Gesù e il tradimento di Giuda”, dipinti con grande maestria nel famo-so capolavoro di Leonardo Da Vinci custodito a Milano in Santa Maria della Grazie. Del Cenacolo Cristiano, è rimasto solo un capi-tello crociato, che rappresenta un pellicano sim-

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bolo Cristiano, per indicare il sacrificio di Gesù, e null’altro. Nella sala si vede un “mihrab” che indica la mecca, in quanto nella notte dei tempi venne moschea. La giornata era ancora giovane e non doveva man-care la Visita alla Dormizione della Vergine e a San Pietro in Gallicantu. La mattina del 7 gennaio ci siamo alzati alle 4 del mattino per essere nella Basilica del Santo Sepol-cro per primi. Ho provato una grande emozione arrivare all’alba sul Golgota, dove Gesù fu crocifis-so. Ho posato la mano e lungo la fessura ho tocca-to la nuda roccia che ospitava la croce. Questo luogo, è un insieme di stili che può scon-certare, ma poi ci si accorge che è veramente il punto principale della nostra religione. La Basilica ospita il luogo della Morte e quello della Resurre-zione del nostro Signore Gesù; ci si rende conto non subito di questo, ma quando si ritorna a casa e si elabora tutto quel vissuto; solo allora, si capisce che il posto, anche se così confuso, complicato e ricco di realtà diverse, è veramente il punto di par-tenza di tante religioni che congiunge e unisce tut-ti. Siamo tornati nel tardo pomeriggio a visitare il Santo Sepolcro, perché di mattino non era possibi-le. Questo luogo, era la grotta che ospitava Gesù dopo la morte e che aveva vissuto la Sua Risurre-zione; si trattava di due camere, nella prima si ve-deva una pietra dentro un’urna e nella seconda la lastra di marmo dove Gesù fu deposto. Nella grot-ta, si poteva sostare solo pochi secondi, giusto per fare il segno della croce. Posata davanti all’entrata all’interno della Basilica, vi era la “lastra marmorea” sulla quale fu posato Gesù appena deposto dalla croce. In quel luogo tutte le religioni si univano e pregavano. I pellegrini di ogni fede, davanti a quella “pietra” si esprimeva-no in ogni maniera diversa secondo la propria reli-gione ed alcuni emulavano le pie donne, che unge-vano Gesù deposto. Molti la toccavano, altri la ba-

ciavano o strofinavano i loro fazzoletti sulla pie-tra tra pianti e urla. Anche in questo luogo ho percepito la multietni-cità della Fede. È stata una vera emozione ricevere la Comunio-ne e sentire la Messa nella cappella vicino all’edi-cola del Santo Sepolcro, abbellita da sculture a parer mio, di grande interesse artistico e simbo-lico. Nel primo pomeriggio ci siamo recati sul Monte degli Ulivi, la grotta del Padre Nostro, Dominus Flevit, Getsemani e Tomba di Maria. Ai piedi del Monte degli Ulivi si trova il Getse-mani, ove si ricorda la sofferenza di Gesù nel sapere che di lì a poco, l’apostolo Giuda lo a-vrebbe consegnato nelle mani dei suoi assassini. Rivivere e passare nello stesso luogo dove Gesù fu tradito, ci si sente colpevoli, come disse Papa Giovanni Paolo II, “siamo colpevoli di un delit-to”. Non ho provato nessuna emozione particolare percorrendo la via Dolorosa dell’arco dell’Ecce Homo fino al Sacro Sepolcro, trasformata in un mercato a cielo aperto, purtroppo la via era po-polata da tanti negozi di ogni mercanzia tipico dei suk. La visita finale è stata al Convento Francescano che racchiudeva la chiesa dei Discepoli di “Emmaus”. Luogo che ricorda il primo pellegri-naggio italiano in Terra Santa (1902). 8 Gennaio 2012, siamo partiti con i bagagli per-ché ultimo giorno di permanenza in Terra Santa, durante il viaggio ci siamo fermati in una comuni-tà di pace, abitata da famiglie Palestinesi e Israe-liane, fondata da Hussar e dopo aver pranzato nell’Hotel che batteva bandiera del Vaticano, ab-biamo salutato la terra di Gesù, solo con una promessa, quella di ritornare.

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Altri pensieri, racconti, emozioni… di Terra Santa

Voglio tornare là dove tutto ebbe inizio Voglio tornare là con il nostro gruppo unico e raro Voglio tornare là a quel momento sul Getzemani Voglio tornare là e prima o poi ci ritorno

Ilaria Sambi

Il pellegrinaggio in Terra Santa è stato un’esperienza significativa, di cui rendere grazie a chi l’ha reso possibile. Confesso che prima della partenza la tentazione forte era quella di visitare i luoghi della nascita, vita e passione di Gesù Cristo per toccare con mano qualcosa che attestasse la sua effettiva venuta tra di noi: magari la grotta di Betlemme dov’è nato, la casa di Cafarnao in cui è vissuto, le strade che ha percorso in Palestina andando incontro al suo destino e così via. Sicuramente ciò che abbiamo visitato sono luoghi, dove si fa “memoria” di quanto è accaduto duemila anni fa. Tuttavia − e qui sta la bellezza dell’esperienza vissuta in Terra Santa che ha ribaltato ogni aspettativa − noi abbiamo effettivamente contemplato delle pietre “vive”, cioè persone che testimoniano la verità del vangelo di Cristo ogni giorno, condividendo la vita della gente senza chiedere nazionalità o religione, camminando insieme a loro, soprattutto i più poveri e bisognosi. Penso a suor Lucia del Caritas Baby Hospital di Betlemme, a padre Raef del villaggio di Taybeh, a frate Paolo della comunità Piccoli Fratelli di Nazareth, agli operatori di Mondo X sul Monte Tabor: tutti e-sprimono la loro piena umanità nel desiderio di farsi compagni di strada del prossimo e attraverso i ge-sti della loro vita quotidiana “gridano” il vangelo!

Antonella Sanavio Tornata ormai da più di una settimana sono ancora confusa! Ma quante cose abbiamo visto, quante emozioni che faccio fatica a descrivere perché mi hanno coinvol-ta a 360°. In Terra Santa con la mia famiglia e la mia Parrocchia, la famiglia con la famiglia; un regalo, un dono. Abbiamo percorso le strade di Gesù nella pesante realtà odierna, ripercorso la Sua vita dall’Annuncia-zione all’Ascensione in una moltitudine di visi, lingue, colori, profumi, tra il fragore della vita quotidiana e il silenzio della preghiera, tra i canti dei nostri ragazzi in pullman e quelli di tutti noi pellegrini, noi An-geli Custodi, noi Angeli canterini. Tante le emozioni che affiorano durante il cammino, ma quel cielo di Gerusalemme, l’alba con i suoi colori, i suoi profumi mi hanno suggerito parole del nostro caro don Peppino ai tempi del mio catechi-smo (ho 45 anni, fate i conti). Quelle parole che allora mi sembravano forti come un “dictat” ora risuo-nano dolcissime. Caro don Peppino, ci ho messo circa 35 anni e l’esperienza in Terra Santa per capire il valore delle tue parole riaffiorate davanti al Golgota. Grazie, ancora oggi colgo i frutti di quello che hai seminato tanti anni fa.

Elena Beneventi

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Ripensando al pellegrinaggio in Terra Santa e riguardando le moltissime fotografie scattate in quei po-sti suggestivi mi sono chiesto se avevo partecipato più come turista o come pellegrino... Come turista, direi di sì perché i luoghi erano incantevoli e considerata la mia fede in Gesù, anche molto significativi... Lui lì ha vissuto, ha calpestato quei terreni e predicato la sua parola proprio in quella terra. Come pellegrino... anche, anzi SOPRATTUTTO. Mi è servito per “riscoprire una fede nuova, più profonda”. Mi sono immerso nel “Vecchio Testamento” salendo sul Monte Tabor, ho rinnovato la promessa ma-trimoniale celebrando i 40 anni insieme a mia moglie nella Basilica a Cana, mi sono emozionato sul Monte delle Beatitudini, ho riflettuto e mi sono persino chiesto se nel mio piccolo potrò mai essere un povero di spirito, affamato, mite, misericordioso, puro di cuore... e avvicinarmi così “beatamente” al Signore... Mi sono meravigliato davanti al Muro del Pianto, ammirando gli ebrei che accalcati e in mezzo a tanta confusione pregavano e cantavano in un modo tanto diverso dal nostro e infine ho visi-tato il Santo Sepolcro. Qui è successo un fatto che ha riportato la mia mente indietro di 2000 anni: quando al mattino presto siamo giunti in quel luogo tanto atteso, con rammarico lo abbiamo trovato chiuso, ma quando siamo tornati nel pomeriggio il passaggio era accessibile, e non avevamo visto nessuno che lo stesse apren-do... come successe ai discepoli. Questo viaggio mi ha aiutato a focalizzare la mia fede: credo nel Gesù uomo, morto e risorto per noi e come i discepoli di Emmaus proverò a percorrere questo cammino cristiano, alla ricerca di “quella Parola” che scalda il cuore. Un ringraziamento va in primis a don Guido e poi a tutti i partecipanti per la loro allegria e per aver camminato insieme a me in questo percorso di fede.

Doriano Pedrazzini Quante emozioni ho vissuto in una settimana! Il giorno in cui siamo partiti, solo pochi di noi (chi ci era già stato) sapevano cosa aspettarsi veramente da un pellegrinaggio in Terra Santa... Un’esperienza come questa infatti è senza dubbio del tutto parti-colare e ricca di emozioni che riescono a colpirti davvero nel profondo! Ripensando al nostro pellegrinaggio in Terra Santa ho ancora il cuore pieno di gioia, la stessa gioia che i discepoli di Emmaus hanno provato mentre Gesù camminava e parlava con loro. Impresso nel mio cuore rimarranno le emozioni e le sensazioni vissute al monte delle Beatitudini, al Golgota, al Santo Sepolcro e in quell’attimo di preghiera insieme che abbiamo fatto al Getzemani… Per tutto questo devo ringraziare tutti gli “Angeli” presenti perché è stato bello condividere con tutti questa esperienza alla scoperta dei luoghi della nostra fede. E poi è proprio vero… quando rientri dal pellegrinaggio in Terra Santa si ritorna alla quotidianità più sereni, con il proposito di condividere questa gioia con tutti coloro che ci camminano accanto.

Alberto Vitaloni

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DI RITORNO DALLA TERRA SANTA Siamo di nuovo a Milano… Oramai sono trascorse quasi due settimane dal rientro dalla Terra Santa. Eppure il ricordo è vivissimo: continuiamo a parlarne e a ricordare i momenti più emozionanti, più spi-rituali (diversi per ognuno di noi quattro), ed anche quelli più simpatici che ci hanno accompagnato in questo viaggio. È difficile trovare le parole per descrivere i sentimenti, la pace interiore e la gioia che abbiamo provato e che tutt’ora proviamo. L’aver incontrato tante persone diverse, in luoghi e situazioni così peculiari ci ha sicuramente arricchito ed ha suscitato in noi anche tanti dubbi ed interrogativi, ma questa è proprio una delle caratteristiche della Terra Santa, di Israele e della Palestina. Un ringraziamento di cuore va ai nostri compagni di pellegrinaggio: alcuni erano già amici di vecchia da-ta, altri si conoscevano quasi solo di vista, ma che questo viaggio assieme ci ha dato l’opportunità di scoprire ed apprezzare. E un grazie sincero va a te, don Guido, che hai permesso anche a noi genitori di partecipare assieme ai nostri figli. Infine, grazie anche per la simpatia e benevolenza con cui ci hai accompagnato in questo pel-legrinaggio!

Alberto, Daniela, Federica e Roberto Favero Dopo tanta attesa, finalmente la Terra Santa! Appare dal finestrino dell’aereo un brandello di terra tra straccetti di nuvole: stiamo atterrando a Tel Aviv. Come moderni Magi ci siamo messi ad inseguire qualcosa: un desiderio, una speranza. Cosa posso essere venuto a cercare io se non l’origine della mia fede? Parlo di origine, non di radici. Le radici vanno cercate nella mia storia personale e nei miei convin-cimenti. Andare all’origine significa andare là dove tutto è nato, è cominciato: è come una purificazione dello Spirito. Significa educarsi a vivere e guardare con gli occhi di chi quella Buona Novella l’ha vista predicare per la prima volta. Dei moderni Magi, degli eterni sognatori. Noi ti possiamo incontrare, Si-gnore, non attraverso la bianca pietra delle tue chiese, ma attraverso la tua terra, l’ADAMA’, la stessa che ti piaceva guardare dalla cima delle tue verdi colline di Galilea. I Magi non sapevano con esattezza che cosa stavano cercando, né dove. Così, anche noi non sapevamo con esattezza dove e come ti a-vremmo incontrato in questo nostro pellegrinaggio. Nel mio caso questo incontro è avvenuto in almeno due momenti ben precisi. Un mix di inadeguatezza e commozione provocati dall’estrema semplicità dei fatti e dei luoghi che si scontrano con la grandezza di Dio. Inutile insistere: non dirò che cosa è successo né dove: non ho avuto (fortunatamente!) né illu-minazioni dall’alto né folgorazioni particolari. Ho solamente sentito nella carne ciò che ho fin da bambi-no sentito con le orecchie infinite volte, ho toccato con mano la concretezza della nostra fede fino ad ora supposta od immaginata. Ed è stato bello.

Giacomo Perego IL MIO PRIMO PELLEGRINAGGIO IN TERRA SANTA Nei momenti di meditazione, durante il frenetico percorrere le strade calpestate dal Gesù, mi si affac-ciava sempre alla mente, una domanda: “Perché mai la recita del rosario come è sempre accaduto du-rante i precedenti pellegrinaggi a cui avevo partecipato?”. La folgorazione un mattino sulla via… metro-politana 3: il rosario è stato il viaggio!

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Dove i grani siamo stati noi partecipanti: dai ragazzi, con il loro “sono qui”, agli adulti, con le proprie attese, ad Anna, la guida logistica, a Salman, la guida motorizzata, a don Guido, la nostra guida spiri-tuale. La preghiera continua era il viaggio alle sorgenti della nostra Fede. Nazareth città dell’annuncio, Betlemme dove Gesù nacque, le grotte dove visse. Le strade percorse durante la vita pubblica, i luoghi della sua manifestazione, l’incontro con gli Apostoli, i miracoli, la pre-dicazione alle genti. Le chiese costruite sui luoghi dove Lui passò, l’aria da Lui respirata, la vertigine del deserto dove si ritirò; la Santa Messa giornaliera con le riflessioni di don Guido. La solitudine del Getzemani, il Calvario dove tutto si è compiuto, la meditazione notturna al Santo Sepolcro e l’aurora con il Sole che sorge. Ed infine la città di Gerusalemme: “costruita come una città unita e compatta”, ma che ai nostri occhi appare ancora, purtroppo, divisa a causa delle differenze religiose. Spero che i piccoli semi che si so-no visti seminare possano un giorno trasformarsi in una pianta di senape. Vorrei ringraziare di cuore tutti quelli che hanno svolto questo viaggio e, in particolare, i miei angeli custodi: Elena e don Guido. Ritornerò, ma questo primo viaggio in Terra Santa rimarrà sempre custodito nel mio cuore.

Camilla Carla Cattaneo

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Accoglienza Battesimale

Da più di dieci anni nella nostra parrocchia la cele-brazione del Battesimo avviene la domenica prima della S. Messa delle ore 11, per sottolineare e vive-re il carattere ecclesiale e fraterno del Battesimo, con la comunità tutta che accoglie i battezzati. Da altrettanti anni è attiva l’Accoglienza Battesimale, composta da quattro laici che insieme al Parroco preparano i genitori al sacramento del Battesimo. Il percorso inizia con un primo incontro con il par-roco, che spiega alla coppia l’impegno ed il cammi-no che caratterizzano la richiesta del Battesimo per i propri figli. A questo segue l’incontro con l’Accoglienza Batte-simale: due laici, come membri rappresentanti del-la comunità parrocchiale, visitano la famiglia a casa per accogliere la nascita di un nuovo cristiano e, in modo semplice ed amichevole, si dialoga sulla scel-ta del Battesimo, del nome del bimbo, e della scel-ta del padrino e della madrina. Segue infine un terzo incontro in chiesa con il par-roco ed i laici dell’Accoglienza Battesimale il saba-to precedente il battesimo, per la catechesi in pre-parazione del sacramento e del rito. Per accompagnare e sostenere i genitori nel per-corso di educazione cristiana dei propri figli, la proposta parrocchiale per il post-battesimo, in col-laborazione con il Consultorio Kolbe, prevede cin-que incontri distribuiti durante l’anno e caratteriz-zati diversamente, come illustrato in un volantino dedicato a tutte le coppie con figli piccoli. Si tratta di tre incontri che, per favorire la comunicazione tra famiglie, prevedono la preghiera insieme in Chiesa e poi merenda e giochi per i bimbi. Allo scopo di favorire e stimolare riflessione, con-

divisione e dialogo tra le famiglie presenti sono invece dedicati due incontri che si tengono in una sala della parrocchia, dove un esperto del Consultorio Kolbe propone riflessioni e conside-razioni di tipo psicologico e pedagogico sui temi della coppia, della famiglia, dei bimbi da zero a quattro anni, mentre i bambini sono vigilati ed intrattenuti in una sala accanto da nonni ed altri adulti. Nel 2011 ci sono stati diversi incontri a livello decanale per confrontare e condividere pro-grammi ed iniziative delle singole parrocchie, al-cuni riservati esclusivamente ai loro rappresen-tanti, ed altri estesi a tutti i componenti dell’Ac-coglienza Battesimale. È emerso che per tutte le attività delle quali si è parlato, la più grande diffi-coltà incontrata dalle famiglie è la mancanza di tempo per potervi partecipare, considerato co-me oggi non sia facile per genitori entrambi lavo-ratori organizzare la famiglia soprattutto con figli piccoli. A tal proposito, il decano don Maurizio Pezzoni ha ritenuto di programmare già un in-contro per il prossimo 15 aprile 2012 dedicato a tutte le famiglie con bambini di età 0-6 anni, con lo scopo di favorirne la conoscenza reciproca e trascorrere un pomeriggio di festa insieme. Sulla base di tutte queste esperienze, l’Accoglienza Battesimale si propone di coinvolgere nella vita parrocchiale le famiglie dei piccoli battezzati e ancora di più di non disperdere quelle famiglie che proprio con il battesimo dei propri figli han-no avuto l’occasione di riavvicinarsi alla Chiesa.

Gruppo “accoglienza Battesimale”

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QUARESIMALI 2012

TRA VOI NON SIA COSI’

− Chiesa parrocchiale h. 21.00 −

Venerdì 2 marzo

Essere Chiesa negli Atti degli Apostoli

Ernesto Borghi - Università Pontificia Salesiana di Torino

Venerdì 9 marzo

La Chiesa di Filippi

Don Roberto Vignolo - Facoltà teologica di Milano

Venerdì 16 marzo

La Chiesa nel mondo, per il mondo e anche contro

Mons. Giuseppe Angelini - Facoltà teologica di Milano

Venerdì 23 marzo

La profezia di Charles de Foucald

Mons. Pierangelo Sequeri - Commissione teologica internazionale

Venerdì 30 marzo

L’albero della vita. La famiglia contempla la croce

Don Pierantonio Tremolada (in S. M. del Suffragio)

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TORNEO DI CARTE - 2011

Nella serata di sabato 3 dicembre 2011 sono stati festeggiati tutti i partecipanti ai dei due tornei

di carte: scopa d’assi e scala quaranta.

Durante la festa sono stati premiati i primi classificati.

Scopa d’assi

1. Giuseppe Pisano e Franco (falegname)

2. Bruno Caimi e Michele Calicchio

3. Otello Beneventi e Franco Esposito

Scala Quaranta

1. Piero De Vecchi

2. Cesarina Spoldi

Dopo sei magnifiche serata vissute in amichevole compagnia, si è voluto chiudere questa espe-

rienza con un’elegante cenetta, accompagnata da tanta bella musica.

Ringraziamo le valenti cuoche Angela, Silvana, Mina e Fausta, i due sempre presenti con il loro

servizio Gianni e Roberto e i cantanti e musicisti della serata Franco, Gino, Angelo, Paolo e

Gianni.

Sperando che in avvenire si possa ripeter questa bella manifestazione, ringraziamo don Guido e

tutta la comunità che, con tanto affetto, ci sono stati vicini.

Gli amici dell’oratorio

P.S. Il ricavato di questa iniziativa è stato devoluto ai bisognosi del nostro oratorio

INCONTRI PARROCCHIALI 2012 - Sala don Peppino ore 21.00 -

LUNEDI’ 27 FEBBRAIO

Moni Ovadia - artista -

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CENTRO AMBROSIANO AIUTO ALLA VITA

DOMENICA 26 FEBBRAIO

− durante le SS. Messe − Come consuetudine, per aderire alla richiesta del Centro Ambrosiano di Aiuto Alla Vita, verrà effettuata una raccolta di alimenti per la prima infanzia (omogeneizzati. creme di riso, biscot-ti,...) e pannolini.

*****

Milano, 21 Dicembre 2011

Gentilissimo don Guido,

è con immenso piacere che Vi inviamo i nostri più sentiti ringraziamenti, per quanto è stato or-

ganizzato domenica 18/12 presso la Vs. parrocchia: una raccolta di giochi per i bimbi seguiti dal

Centro Ambrosiano di Aiuto alla Vita.

È un bel segno soprattutto per i bambini che, in questo momento particolare dell’anno, ha fatto

pensare a loro che esistono bambini meno fortunati; ogni dono, di qualunque genere, piccolo o

grande che sia ci permette di dare un segno di vicinanza da parte di altre persone alle mamme

ed ai loro bambini seguiti dal nostro Centro e accolti nelle nostre comunità.

Ed è quindi anche a nome loro che Vi ringraziamo e Vi inviamo i nostri più sinceri Auguri di

Buon Natale e sereno Anno Nuovo con la preghiera di estendere i nostri più cari auguri anche a

tutti i parrocchiani che insieme ai loro piccoli hanno aderito con gioia all’iniziativa.

Cordiali saluti.

Il Presidente

Dott. Ing. Giulio Boati

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Gli Angeli raccontano…

L’ANGELO RAFFAELE

Quella mattina non era una mattina come tutte le altre, per l’angelo Raffaele, per gli amici

Raffy. Era stato mandato in missione e quindi poteva tornare a girare per le strade di una

grande città che non visitava da molti anni: Milano.

Atterrò in una piazza con un ultimo battito d’ali, che poi nascose sotto a un giubbotto per

non farle vedere: era in incognito!!

Camminò per dieci minuti fino a giungere alla sua meta. Un grosso edificio di mattoni rossi

su cui si vedeva una bella scritta che diceva “PARROCCHIA ANGELI CUSTODI”.

Era passato così tanto tempo da quando aveva visto nascere quella chiesa… anzi, proprio lui

aveva dato una mano a costruirla, travestito da operaio, esattamente 50 anni prima.

50 anni erano tanti, anche per un angelo. Proprio per questo era stato mandato sulla Terra,

quel giorno: per festeggiare!

Percorse gli scalini che portavano all’entrata con molta emozione. Era ansioso di vedere se

l’interno era come se lo ricordava.

Una volta varcata la porta restò a bocca aperta: negli anni erano state aggiunte tante cose

ed era diventata bellissima!

Mentre girava, ammirando prima le vetrate e poi l’organo, sentì un rumore. Proveniva da

una finestra in fondo alla chiesa, che era stata lasciata aperta.

Raffy si affacciò e vide la fonte del rumore: dei bambini stavano giocando all’oratorio, anch’-

esso cambiato tanto negli anni.

“Wow, guarda come si divertono” mormorò tra sé e sé. Raffy non seppe resistere e uscì da

quel bellissimo posto per raggiungere i bambini.

Salutò tutti, piccoli e grandi, con uno dei suoi sorrisi e senza vergogna chiese se poteva u-

nirsi alla partita di pallone.

Fu accolto con calore e iniziò a divertirsi con gli altri. La partita era avvincente e quando il

punteggio era di 3 a 3 riuscì a segnare un goal!

Proprio in quel momento però Diego, il bambino che faceva l’attaccante della squadra av-

versaria, scivolò, facendosi un grosso taglio sulla gamba.

Tutti accorsero attorno a lui e un signore portò Diego su una panchina e subito si allontanò

per poter andare a prendere la cassetta del pronto soccorso, per medicarlo.

Diego era molto spaventato, Raffy lo vedeva… per questo decise di aiutarlo.

Gli altri bambini erano tornati a giocare, tutti tranne Andrea, che era il miglior amico di Die-

go e che era rimasto accanto a lui.

Senza dire nulla Raffy si avvicinò a loro, con il suo bel sorriso sul volto e con un dito toccò la

ferita di Diego che… guarì.

I due bambini rimasero a bocca aperta, guardando la ferita che si chiudeva… rimasero anco-

ra più sorpresi quando videro che Raffy non c'era più!!

L'angelo infatti aveva approfittato di un momento in cui nessuno lo guardava per volare via.

Quello era un giorno speciale e lui voleva aiutare tanta altra gente.

Roberto Ascari

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Anagrafe parrocchiale - Anno 2011

Riccardo Giovanni Lenzi Andrea Lerario Ludovica Lunich Noto Kolanovich Cale Joenes Malit Fabiana Manenti Lorenzo Matera Sofia Matozzo Luca Mazzariello Ludovico Armando Melchioni Gabriel Vincenzo Montanarella Elena Moscadelli Luca Moscadelli Martina Muci Federico Nuti Simone Polselli Giovanni Federico Pozzi

BATTESIMI

Alessandro Beggiato Jaden Bellay Andrea Biagio Cantalice Giorgio Canzi Emma Carboni Simone Antonio Pietro Casucci Matilde Maria Ciparchia Elsa Corrado Riccardo Valentino Di Fine Stefano Luigi Di Girolamo Lorenzo Fanzini Mattia Gipponi Vittoria Graziani Manjola Rosa Lato

Edoardo Repetto Alessandro Enrico Resegotti Chiara Maria Ricciuti Giacomo Romeo Viola Carola Russo Agnese Salvia Milena Scatola Sofia Scognamiglio Matteo Spennacchio Eleonora Terranova Giorgio Tonali Gabriel Vaia Alice Vignelli Pietro Maria Zangrandi

DEFUNTI

Mariangela Amoruso Clementina Antonia Andena Agnese Birelli Mario Bragalini Maria Antonietta Brambilla Antonio Campana Sergio Casentini Ida Cavalli Angela Confalonieri Pasqualino Cornalba Antonino Edoardo De Bono Antonietta Del Carro Daniela Farina Stefano Fontanelli Giannina Forchetta

Corrado Gazzè Delfina Guarnieri Bruna Lorandi Pietro Angelo Maestri Anna Maria Marchi Aldo Mauri Milvia Mombelli Vittoria Morando Maurizio Moretti Rosita Roselli Lanfranco Rossi Piera Rovida Luigia Sali Annamaria Soppelsa Egle Svardi Maria Alda Tumaini Caterina Zilioli

MATRIMONI

Mahmoud Abdalla Othman Raafat Emanuela Caiazzo Vittorio De Lucia Lorenza Maltese Giovanni Bachisio Sanna Vita Maria Addamiano

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Hanno collaborato a questo numero: Roberto Ascari, Ugo Basso, Carlo Favero, Fabrizio Favero, Roberta Marsiglia, don Guido Nava, Elisabetta Perego I numeri precedenti sono raccolti nella sezione “La Parrocchia” del sito internet parrocchiale www.parrocchie.it/milano/angelicustodi

Sacerdoti Parroco Don Guido Nava tel. e fax. 0255011912 Residente Don Roberto Davanzo Direttore della Caritas Ambrosiana

Ss. Messe festive: 9.00 - 11.00 - 18.00 vigilia: 18.00 feriale: 8.15 - 18.00 Segreteria tel. 0255011625 Lun. - Ven. 9.30 - 12.00 / 17.00 - 18.00 Lun. - Mer. - Ven. 16.00 - 17.00 (Centro di ascolto)

Chiara Magnoni Alessandro Massari Riccardo Pietro Livio Mazzarello Francesca Mercuri Giorgio Rodrigo Marcos Molla Marco Oggioni Riccardo Maria Pizzorni Sania Scellato Denis Nunzio Sciacca

COMUNIONI

Pietro Maria Ottavio Alfonsi Arianna Carotenuto Simone Castellucchio Angel Damace Tommaso Galindo Pacheco Giorgia Lamonarca Manjola Rosa Lato Erik Marcel Lichardo Chavez

Manjola Rosa Lato Maria Sol Lecce Sofia Lopresti Gabriele Mattioli Sophie Emily Mencacci Jill Corinne Miguel Giorgio Montemurro Lorenzo Nave Luigi Ossola Alessio Pasetti Lorenzo Giuseppe Agostino Pianazza Davide Pozzi Luigi Scipioni Michelangelo Tomassini Caterina Torelli Lorenzo Tulino Anna Maria Venzin Dayana Michelle Wila Angulo

CRESIME

Gianni Andrè Beltran Bocanegra

Carlotta Bocchi

Francesca Ilaria Buono Elisa Carbonaro Anna Coppola Jay Ar Damace Ginevra D'apice Alessandro Dejando Francis Ray Dejando Lucia Lourdes Di Savino Francesco Paris Federici Giorgia Ferrari Veronica Fersula Emma Rosa Fifield Fabio Gallotta Veronica Grasso Jaena Latag

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CALENDARIO PARROCCHIALE FEBBRAIO 2012 MER 1 GIO 2 Presentazione del Signore

VEN 3 S. Biagio– Primo Venerdì 17. 00: Adorazione eucaristica 18. 00: Messa per l’Oratorio - Giovani

SAB 4 S. Agata 15. 00: Incontro Chierichetti 15. 30: Incontro per i Battesimi

DOM 5

V dopo l’Epifania Giornata della Vita Prima Domenica

10. 30: Battesimi Vendita Primule 16. 30: Incontro postbattesimo

LUN 6 21. 00: Incontro catechisti a S. Silvestro MAR 7 Ss. Perpetua e Felicita MER 8 S. Girolamo GIO 9 21. 00: Esercizi spirituali – don Davide Caldirola

VEN 10 S. Scolastica 18, 00: Messa per l’Oratorio 21. 00: Esercizi spirituali – don Davide Caldirola

SAB 11

DOM 12 50°DI FONDAZIONE DELLA PARROCCHIA

18.00: S. MESSA SOLENNE PRESIEDUTA DAL CARDINALE ANGELO SCOLA

LUN 13 18. 00: ADO 21. 00: Incontro catechisti a S. Silvestro

MAR 14 Ss. Cirillo e Metodio MER 15 GIO 16 21. 00: Redazione…tra le case

VEN 17 18. 00: Messa per l’Oratorio - PREADO 21. 00: Commissione liturgica

SAB 18

DOM 19 Ultima dopo l’Epifania

“del perdono”

LUN 20 21. 00: Consiglio pastorale – rendiconto parrocchaile MAR 21 S. Pier Damiani 21. 00: Gruppi ascolto MER 22 GIO 23 S. Policarpo VEN 24 18. 00: Messa per l’Oratorio - Giovani

SAB 25 15. 30: Catechismo I – II elementare 16. 00: Carnevale in Oratorio

DOM 26 I di Quaresima 10.30: Battesimi Presentazione Consiglio Pastorale Decanale

LUN 27 18. 00: ADO 21. 00: Incontro con Moni Ovadia

MAR 28 21. 00: Incontro giovani coppie MER 29 16. 45: IV elementare – Colloquio col Parroco

CALENDARIO PARROCCHIALE MARZO 2012 GIO 1 16. 45: I media – Colloquio col Parroco

VEN 2 18. 30: PREADO 21. 00: Quaresimale parrocchiale

SAB 3 15. 00: Incontro Chierichetti

DOM 4

II di Quaresima “della Samaritana”

Prima Domenica

10. 15: Catechismo adulti 11. 00: V elementare 15. 30: Ritiro spirituale educatori