Cina, da pedone a re Ma gli Usa non giocano in difesa

46
Cina, da pedone a re Ma gli Usa non giocano in difesa La tua guida alle decisioni di investimento Gennaio/Febbraio 2012 Usa e Cina, la partita dell’anno

Transcript of Cina, da pedone a re Ma gli Usa non giocano in difesa

Cina, da pedone a re Ma gli Usa non giocano in difesa

La tua guida alle decisioni di investimento Gennaio/Febbraio 2012 — Usa e Cina, la partita dell’anno

Società del Gruppo

Scopri il meglio del private banking su www.bancafi deuram.it e www.sanpaoloinvest.it

4.700 promotori fi nanziari Banca Fideuram e Sanpaolo Invest, un’offerta bancaria completa e 100 sportelli su tutto il territorio.

Dati al 30 giugno 2011

[email protected] 1 09/01/12 11.08

3

Gennaio/Febbraio 2012

Attualità

Società del Gruppo

Scopri il meglio del private banking su www.bancafi deuram.it e www.sanpaoloinvest.it

4.700 promotori fi nanziari Banca Fideuram e Sanpaolo Invest, un’offerta bancaria completa e 100 sportelli su tutto il territorio.

Dati al 30 giugno 2011

[email protected] 1 09/01/12 11.08

L’Intervista

21 5 domande a Pierpaolo Benigno (economista)

Valerio Baselli

Scenari

Gli Usa non fanno marcia indietroLa crescita economica non si fermerà. L’incognita è l’Europa.Paul Cloonan

La Cina ha molte carte da giocareLa crescita rimarrà sostenuta e l’inflazione fa meno paura.Anthony Bolton

In Primo Piano

14 Cosa manca a Shanghai per essere Wall Street

Marco Caprotti

16 Gli americani rivalutano il risparmio, i cinesi provano a ridurlo Azzurra Zaglio

18 Imprese di stato, è tempo di cambiare Zhao Hu

20 Compro la Cina da Milano Giuseppina Parini

4

Gennaio/Febbraio 2012

Rubriche

6 Hanno scritto per noi

7 L’Editoriale Sara Silano

8 Per cominciare Valerio Baselli

Asset Allocation

22 Rischio super-potenze, strategie di copertura

Cosa fare in caso di hard landing cinese. Come tutelarsi dalla tagliola delle agenzie di rating negli Stati Uniti. Marco Frittajon

Analisi Morningstar

26 Cina e Usa, motori difettosi?

Alcuni gestori trovano meno opportunità di investimen-to in queste due economie. Vediamo perché. Dario Portioli

34 Usa e Cina negli Etf La gamma sul mercato

americano è più vasta di quella sull’Asia. Ma le differenze non finiscono qui. Azzurra Zaglio

40 Gli affari d’oro di New York a Pechino

Morningstar ha selezionato le aziende Usa avvantaggiate dalla crescita cinese e quelle asiatiche protette dalle barriere alla libera concorrenza. Francesco Lavecchia

Gli Strumenti Morningstar

40 Cina e Usa sono big anche nei fondi

Gli azionari specializzati nei due paesi sono i maggiori per dimensione. Prediligono le large cap e le aziende con forte vantaggio competitivo. Alice Bravi

“ Ci prendiamo cura del tuo investimento.

E di tutto il suo valore.”

Z Platform per la tua pianificazione finanziariae assicurativa. Coltivare un valore importante e al tempo stesso proteggerlo è possibile.

Con un’unica soluzione: Z Platform.

Z Platform è un’innovativa polizza finanziaria assicurativa di tipo unit linked* a vita

intera, emessa da Zurich Life Assurance plc Rappresentanza Generale per l’Italia.

Z Platform permette di scegliere fra un’ampia gamma di proposte di investimento

per tutte le condizioni di mercato. Con Z Platform è possibile adeguare la strategia

di investimento e protezione al variare delle proprie esigenze, lungo l’arco della vita.

Il tutto all’interno di una polizza assicurativa che offre notevoli vantaggi di ottimizzazione

fiscale e di gestione efficiente del passaggio generazionale del patrimonio.

Risparmio, investimento e protezione in un unico prodotto: una soluzione davvero unica.

www.zurich-zla.it

Prima della sottoscrizione leggere attentamente il Prospetto d’offertadisponibile presso i collocatori e sul sito www.zurich-zla.it.*La società non garantisce un rendimento minimo degli investimenti finanziari effettuati.

Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 20126

Hanno scritto per noi

Direttore editoriale: Davide Pelusi

Direttore responsabile: Sara Silano

Editor & Analyst team: Valerio Baselli, Alice Bravi, Marco Caprotti,

Marco Frittajon, Francesco Lavecchia, Dario Portioli, Azzurra Zaglio

Senior contributor: Anthony Bolton, Paul Cloonan, Zhao Hu,

Giuseppina Parini.

Progettazione editoriale: Sghermersino Romano e Sara Silano

Progetto grafico: Renée Benz

Grafica: Adnan Alicusic

Production designer: Daniela Johns

Illustrazioni: Michael Pettit

Web developer: Fabio Gilardoni

Responsabile pubblicità: Emanuela Bassi

Responsabile marketing e sales: Corrado Cassar Scalia

Per informazioni pubblicitarie: [email protected]

Morningstar Investor N. 5/2012

Registrazione Tribunale di Milano n. 234 del 3 maggio 2011

Morningstar Italy

Via Pergolesi, 25

20124 Milano

Tel. 02 30301295

www.morningstar.it

Morningstar Investor appartiene a Morningstar, che conserva l’intera proprietà intellettuale dei

documenti contenuti così come l’esclusività dei diritti di riproduzione, traduzione e presentazione

degli stessi. La diffusione delle informazioni contenute in questo documento e la

loro riproduzione anche parziale e in qualsiasi modalità senza l’autorizzazione preventiva di

Morningstar è vietata.

Attenzione, le informazioni sono unicamente indicative. Esse non hanno nessun valore contrattuale

e non possono essere considerate come esaustive o esenti da errori accidentali. Morningstar

declina ogni responsabilità relativa ai risultati d’investimento realizzati sulla base delle

informazioni e delle opinioni presentate all’interno di questa pubblicazione. Esse sono infatti

soggette a evoluzioni in ogni momento e senza preavviso, specialmente in funzione delle condizioni

del mercato.

Non si tratta in nessun caso di una proposta o di un consiglio di investimento. Il magazine non può

in nessun caso essere utilizzato per sottoscrivere o vendere i prodotti menzionati nello stesso. Gli

investitori sono invitati a verificare se le strategie presentate o discusse corrispondono ai loro

obiettivi d’investimento e a consultare i prospetti e tutti gli altri documenti regolamentati relativi ai

prodotti. I rendimenti passati non sono per forza dei buoni indicatori delle performance future.

Anthony Bolton è President di Fidelity Worldwide Investment. Dall’aprile 2010 fa parte del team di investimento di Hong Kong, in qualità di gestore di Fidelity China Special Solution Plc, il più grande nuovo fondo d’investimento lanciato nel Regno Unito negli ultimi 16 anni. Bolton è in Fidelity da trent’anni. Dal dicembre 1979 fino alla fine del 2007, ha gestito il fondo Fidelity Special Situations, best performer tra i fondi retail inglesi per oltre 28 anni. Bolton si è occupato anche di formare i giovani fund manager e gli analisti finanziari e supervisionare il processo di investment management di Fidelity.

Anthony Bolton

Paul Cloonan è il responsabile della ricerca azionaria Usa di Pioneer Investments ed è anche responsabile della gestione di alcuni fondi azionari. Cloonan è entrato in Pioneer Investments nel 1997 come analista sui mercati emergenti. Successivamente si è occupato di ricerca per diversi settori nell’ambito del mercato azionario americano, in particolare quello delle telecomunicazioni, dei semiconduttori e dei media. Prima di entrare in Pioneer Investments, Paul era manager nel Financial Advisory Services Group di Ernst & Young, LLP, dove si occupava di analisi e ricerca su società e settori. Ha conseguito un MBA al Babson College ed è CFA dal 1998.

Paul Cloonan

Zhao Hu è analista azionario di Morningstar China e segue le società industriali e di materie prime. Prima di entrare a far parte di Morningstar nel dicembre 2009, Hu è stato analista finanziario e gestore presso Hni Corporation per due anni. Hu ha conseguito una laurea in finanza e sistemi di gestione delle informazioni al College of Business dell’Iowa State University, dove ha ottenuto una borsa di studio internazionale. Attualmente, Hu sta studiando per ottenere il CFA.

Zhao Hu

Giuseppina Parini è responsabile azionario di Aletti Gestielle Sgr e gestore del fondo Gestielle obiettivo Cina, unico fondo di diritto italiano con prevalente investimento nei titoli cinesi per la parte azionaria. Parini è laureata in Lingue e letterature straniere all’università Ca’ Foscari di Venezia. Grazie a una borsa di studio del Ministero della pubblica istruzione giapponese ha frequentato un Master alla facoltà di sociologia dell’università di Hitotsubashi a Tokyo. Ha lavorato alla Daiwa Securities e alla Lehman Brothers come broker sui mercati giapponesi e asiatici, prima di entrare in Aletti Gestielle.

Giuseppina Parini

Morningstar.it 7

L’Editoriale

Nel 1913, Srinivas Ram Wagel pubblicava a Shanghai un libro intitolato Finance in China, nel quale prevedeva che l’ex celeste impero avrebbe superato economicamente l’occidente, perché aveva una popolazione molto più numerosa dell’insieme dei paesi dell’ovest e un costo del lavoro più basso. Siamo appena dopo la fine della dinastia Qing (268 anni di regno), l’ultima prima della trasformazione del paese in Repubblica popolare.

Il sorpasso non è ancora avvenuto, nonostante sia passato quasi un secolo. Era dunque sbagliata la previsione? Non proprio, secondo Zhiwu Chen, professore all’università di Yale e uno dei massimi esperti al mondo sulla Cina, che è stato recentemente intervistato da Morningstar. Il punto è che la storia, dopo il 1913, è andata in un’altra direzione: è scoppiata la prima guerra mondiale, il paese è stato invaso dal Giappone, poi è stata la volta della seconda guerra mondiale, di quella civile e, infine, della rivoluzione culturale.

Oggi, l’ex celeste impero è secondo solo agli Stati Uniti in termini di prodotto interno lordo, ben distaccato dal Giappone. Le previsioni parlano di un sorpasso nei prossimi anni (secondo le stime del Fondo monetario internazionale avverrà nel 2016), ma esse sono basate sul presupposto che i tassi di crescita rimangano quelli degli ultimi 30 anni, ossia intorno al 10%. In realtà, il paese si trova davanti a grandi sfide per non rimanere vittima del suo passato. La prima è il passaggio da un’economia basata sulle esportazioni a una più orientata ai consumi privati. La seconda riguarda l’indebitamento: la spesa pubblica è lievitata nel 2008 per contrastare la crisi finanziaria internazionale, così come i prestiti erogati alle amministra-

zioni locali. Inoltre, i privati hanno beneficiato delle politiche monetarie espansive. Il rischio è che molti debiti diventino insolvibili. Altre sfide dovranno essere affrontate sul fronte delle privatizzazioni e della valuta.

Viste da New York, le debolezze di Pechino rappresentano un’opportunità per riaffermare il primato mondiale. L’economia americana ha molti acciacchi, tra cui gli squilibri di bilancio, i postumi della crisi finanziaria. Tuttavia, è molto meno dipendente dall’estero della Cina, in particolare dalla malata Europa. Inoltre, un rallentamento dell’ex celeste impero ridurrebbe la pressione sui prezzi delle materie prime, a beneficio dei consumatori americani. D’altro canto, lo sviluppo della classe media cinese (che è considerato un trend di lungo periodo) è un boccone ghiotto per le multinazionali e per i marchi del lusso. Infine, l’economia statunitense dà segnali incoraggianti, soprattutto nella componente dei consumi privati, che rappresenta la fetta più importante del Pil.

Gran parte degli analisti ragionano sulle conseguenze negative della crisi europea e del raffreddamento asiatico, pochi osano previsioni su quali effetti positivi potrebbe produrre il miglior posizionamento dell’economia americana rispetto a quella del resto del mondo. Il punto è chi darà scacco matto nella complessa scacchiera planetaria: la Cina è data per favorita, ma gli Usa potrebbero fare la mossa che non ti aspetti.

Sara Silano, Direttore di Morningstar [email protected]

Partita aperta

Sara Silano è direttore di Morningstar Investor

Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 20128

Per Cominciare

Potenze a confronto

Il dollaro è la carta vincente degli Stati Uniti sul piano internazionale. Lo sviluppo economico rende forte la Cina.

Di Valerio Baselli

Usa appesantiti dai debitiGià molto grande e sviluppata sul finire dell’Ottocento, l’economia Usa ha cominciato a decollare davvero solo dopo la seconda guerra mondiale. Cresciuta a grandi passi negli anni ‘50 e ’60, oggi gli Stati Uniti d’America sono la più grande economia del mondo, con un Pil di circa 14.300 miliardi di dollari. Ma per quanto? Secondo l’analisi del Fondo monetario internazionale, gli Usa hanno chiuso il 2011 con una crescita del 2,8% (leggermente sopra al 2,3% stimato in autunno), risultato che dovrebbero replicare anche quest’anno (previsioni del 2,9%). Per quanto riguarda il mercato del lavoro, l’Fmi ipotizza un miglioramento nel tasso di disoccupazione, che potrebbe scendere dall’8,5 al 7,8% nel corso del 2012. Tuttavia, la creazione di nuovi posti di lavoro rimane deludente se si considera il tracollo avuto dopo il fallimento della banca Lehman Brothers.

I problemi principali, comunque, restano legati al debito pubblico (ha raggiunto nel 2010 i 14,46 mila miliardi di dollari, circa il 100% del Pil, quasi triplicando rispetto al 2000, quando era inferiore ai 5.500 miliardi) e al disavanzo delle partite correnti, in pratica i conti con l’estero. Infatti, gli Usa presentano, a partire dal 1981, uno squilibrio che si è andato approfondendo e che, secondo l’Fmi, andrà peggiorando anche in futuro. In particolare, tale deficit è dovuto ad un forte disavanzo commerciale. Tra le cause principali di questo trentennale disavanzo ci sono i bassi livelli di risparmio delle famiglie, ai quali corrispon-dono consumi altissimi (intorno al 70% del Pil).

L’importanza di chiamarsi dollaroUno dei punti di forza degli Usa è rappresen-tato dalla moneta: il dollaro statunitense è la valuta di riferimento a livello mondiale, con cui sono quotate le materie prime ed alcuni paesi adottano il biglietto verde come divisa nazionale. Questo vuol dire che gli Stati Uniti possono emettere più moneta di quella necessaria per soddisfare il bisogno nazionale, con conseguente aumento del signoraggio incamerato dalla banca centrale. Il vero vantaggio consiste nell’avere una maggiore libertà di usare gli strumenti di politica monetaria per la stabilizzazione interna.

Il Dragone frena ma non si fermaL’economia cinese si affaccia al nuovo millennio come una delle più potenti sul piano internazionale, l’unica in grado di soffiare agli Usa lo scettro di “economia più forte al mondo”. Lo sviluppo economico della Cina è cominciato in particolare sul finire degli anni

’70, quando lo Stato comunista della Repub-blica popolare cinese decise di porre fine a decenni di chiusura al mercato (nel 1979 il governo abolisce le restrizioni sul commercio estero). Da allora, l’ex celeste impero ne ha fatta di strada, fino ad arrivare ad essere la seconda economia mondiale subito dopo gli Usa. Dal 2003 al 2011, infatti, la crescita economica non è mai scesa sotto l’8% annuo, arrivando anche al 12% nel 2008.

La più grande risorsa dell’economia cinese è sicuramente la manodopera, numerosa e a basso costo, ma anche con segmenti altamente specializzati. La Cina, non a caso, ha basato le proprie fortune sulle esportazioni.

E per il 2012? Secondo quanto reso noto dal Libro blu dell’economia, pubblicato lo scorso 7 dicembre dall’Accademia delle scienze sociali cinese, per il 2012 è previsto un progressivo rallentamento della crescita economica. Si prevede che il tasso di crescita del Pil per il 2012 raggiungerà l’8,9%, mentre il Cpi arriverà a quota 4,6%.

Sempre lo scorso dicembre la banca d’investimento Barclays Capital ha pubblicato un rapporto, nel quale si osserva che, influenzate dall’ammorbidirsi della recessione economica dell’Eurozona e dall’ulteriore bilanciamento del mercato immobiliare cinese, le previsioni della crescita economica cinese per il 2012 sono ribassate dall’8,4% all’8,1%. Inoltre, si prevede che, alla fine del 2012, la banca centrale cinese possa ribassare di almeno quattro volte il tasso dei depositi di riserva, facendo sì che il deficit finanziario occupi il 2,2% del Pil. Il giorno 6 dicembre l’agenzia Standard & Poor’s ha confermato il rating del credito sovrano a lungo termine della Cina come “AA-” con outlook stabile. K

Valerio Baselli è editor di Morningstar Italy

Glossario

Pil = Prodotto interno lordoFmi = Fondo monetario internazionaleCpi = Consumer price index (Indice dei

prezzi al consumo)

“ Black Swan” financial events really aren’t so rare—it seems like they turn up every few years. Yet traditional mean-variance optimization, the standard for more than half a century, doesn’t accommodate these extreme outcomes. Beyond Normal DistributionsMorningstar Direct’s new asset allocation functionality lets you choose from risk and return assumptions that include normal distributions, as well as “fat-tailed” and skewed distributions. You can also generate efficient frontiers that better incor- porate tail risk by using measures such as

Conditional Value at Risk (CVaR) instead of standard deviation. These features and other new statistical technologies allow you to create strategies that better account for the volatility of the real world. An All-in-One Solution Morningstar Direct is an investment analysis platform that integrates global data with productivity-enhancing analytics and powerful communications tools. It consolidates multiple tools and provides everything you need to simplify your processes, enhance productivity, and save money.

For more information or to arrange a product demonstration: Call +44 203 107 0125Email [email protected] Global.morningstar.com/DirectFatTails

19871985

19881986

19891990

200119961997

19981999

2000

20082005

20042006

20072009

©2011 M

orningstar. All rights reserved. Product specifications are subject to change without notice.

Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 201210

Scenari

Sta diventando sempre più chiaro che la scorsa estate ha rappresentato solo un momento di rallentamento per l’economia americana e non una fase di stallo che poteva portare ad un ritorno alla recessione.

Per il 2012, la nostra aspettativa è per un altro anno di crescita, ancorché modesta, dell’economia d’oltreoceano, con i consumi che rappresentano ancora una componente importante del Pil, mentre sul fronte governa-tivo l’austerità farà da zavorra alla crescita. Comunque il miglioramento congiunturale continuerà e, nelle nostre previsioni, non vediamo scenari recessivi per gli Stati Uniti. Questa previsione è, tuttavia, soggetta a determinate condizioni. I rischi maggiori vengono da fattori esterni come la crisi del debito in Europa o un possibile hard landing dell’economia cinese. Ma se non ci saranno shock esterni la crescita americana ha i mezzi per poter continuare.

Sulla strada della crescitaNello scenario che si sta delineando mancano quegli eccessi che di solito caratterizzano la fine di un ciclo economico: bassi tassi di disoccupazione che fanno aumentare il costo del lavoro, investimenti eccessivi e improdut-tivi, magazzini pieni. Quelli della grande distribuzione, ad esempio, sono quasi vuoti per cui un rallentamento nell’andamento della spesa non dovrebbe punire eccessivamente i

negozi e i produttori. I consumi, la voce principale del Pil americano, ha sorpreso favorevolmente nella seconda metà del 2011, grazie al buon andamento delle vendite al dettaglio e agli acquisti di auto. Le spese, tuttavia, sono state sostenute in parte da una riduzione dei risparmi e dai tagli delle tasse sugli stipendi. I secondi, in particolare, potrebbero non essere riproposti, per cui il quadro dei consumi nel 2012 sarà ostaggio dell’andamento del mercato del lavoro.

Fortunatamente il quadro del settore occupazionale è abbastanza incoraggiante, visto che praticamente tutti gli indici del lavoro mostrano qualche segnale di migliora-mento. Le assunzioni nel settore privato stanno crescendo, mentre i licenziamenti e le richieste di sussidi di disoccupazione stanno scendendo. A questo va aggiunto che molti lavoratori stanno lasciando volontariamente il proprio posto: segno che, presumibilmente, ne hanno trovato uno migliore. Nel frattempo ci attendiamo un proseguimento del trend visto nel 2011 sul fronte della crescita degli investimenti aziendali, anche se saranno eliminati gli incentivi fiscali.

Anche sull’attività manifatturiera domestica ci attendiamo una crescita grazie a condizioni più favorevoli sul fronte dei costi energetici e del lavoro e grazie a richieste più regolari di pezzi di ricambio per i macchinari dal Giappone. Le

Corporation hanno liquidità da investire grazie a buoni flussi di cassa, introiti vicini ai livelli record e un indebitamento sotto controllo. Il contante è disponibile grazie ai prestiti concessi dalle banche e a un mercato obbligazionario che continua ad accogliere bene le nuove emissioni.

Le esportazioni sono una fonte di forza per l’economia americana. Si tratta di un settore sensibile all’andamento della crescita globale che, grazie alle richieste che arriveranno dai paesi sviluppati e da quelli emergenti (sia per quanto riguarda le materie prime, sia per i prodotti finiti), continuerà a contribuire al rafforzamento della congiuntura. A meno che, si intende, non si assista ad un forte rallenta-mento economico a livello globale. Ma, mentre l’Europa potrebbe entrare in una fase recessiva nella prima parte del 2012 (sempre che non lo sia già), i paesi in via di sviluppo potrebbero registrare una nuova fase di accelerazione grazie alle politiche monetarie meno restrittive inaugurate ad agosto 2011.

L’attività di costruzione immobiliare ha subito un periodo di stallo dopo gli anni della bolla immobiliare. Adesso, tuttavia, i rischi di un calo sembrano limitati, anche alla luce dei livelli depressi che stiamo vedendo in questo periodo. Qualche segnale di speranza non manca: i prezzi degli affitti, ad esempio, stanno registrando un risveglio.

Gli Usa non fanno marcia indietroDi Paul Cloonan

Consumi, lavoro e attività manifatturiera indicano che la crescita economica non si fermerà. L’incognita è l’Europa.

Morningstar.it 11

Il settore governativo potrebbe rappresentare un freno alla crescita complessiva in Usa. Non si tratterà di un’austerità sul modello di quella che verrà portata avanti in alcuni stati europei. Tuttavia, si faranno passi avanti sul fronte dei tagli ai budget federali, mentre non ci saranno nuovi stimoli fiscali. Nel frattempo si verificherà un aumento delle tasse sugli stipendi mentre a partire dal 2013 ci sarà un nuovo regime fiscale per le entrate.

Rischio EuropaIl rischio maggiore per questo scenario è rappresentato dalla crisi del debito in Europa. Mentre gli istituti centrali hanno dato liquidità al sistema bancario, il grado di solvibilità degli stati (e di chi detiene bond governativi) sono elementi di forte preoccupazione. La nostra idea è che lo scenario peggiore sia stato evitato: nessuno dei paesi membri abbando-nerà Eurolandia, i governi svilupperanno le riforme strutturali che servono a migliorare la competitività, ad accelerare la crescita economica e a ribilanciare le loro finanze, risolvendo in questo modo i dubbi dei mercati. Gli stati dell’Eurozona, inoltre, creeranno una sorta di meccanismo di finanziamento del debito e delle banche, affrontando il problema della liquidità. Ovviamente non c’è garanzia che tutto questo accada senza incidenti e ci rendiamo conto dei rischi.

La Cina fa meno pauraPer quanto riguarda la Cina, la possibilità di un hard landing, scatenato da un calo delle esportazioni verso l’Europa, da una discesa dei prezzi delle case o da un problema derivante dai prestiti concessi alle imprese di stato, rappresenta un altro rischio per le nostre previsioni. Tuttavia si tratta di pericoli meno probabili se confrontati con quelli rappresen-tati dall’Europa. Un rallentamento delle esportazioni verso la Cina maggiore di quello verso il Vecchio continente e una frenata del Paese del Drago farebbero comunque abbassare i prezzi delle materie prime dando un po’ di ossigeno ai consumatori americani.

Meglio le azioniCon la Federal Reserve impegnata a tenere bassi i tassi di interesse per un altro anno o due, con una crescita economica modesta e con un’alta avversione al rischio, i rendimenti dei bond americani dovrebbero restare bassi ancora per qualche tempo, mostrando poco valore (i rendimenti sono inferiori all’inflazione su quasi tutta la curva). Anche se la curva degli yield resta ripida, preferiamo puntare sul rischio di credito piuttosto che sulla duration all’interno dei nostri portafogli obbligazionari.

Per quanto riguarda le obbligazioni corporate le valutazioni sono attraenti se rapportate alle probabilità di bancarotta scontate dal mercato, specialmente alla luce di uno scenario di crescita. Dal punto di vista delle valutazioni le azioni Usa sono ancora più interessanti dei bond: i dividend yield delle azioni quotate sull’indice S&P500 sono più alti dei rendimenti offerti dai bond decennali, mentre il rapporto fra prezzo e utili è ai livelli più bassi degli ultimi 20 anni. La direzione che prenderanno i titoli azionari e obbligazionari nel 2012, in ogni caso, dipenderà più dalle decisioni che saranno prese a livello politico che da considerazioni puramente fondamentali. K

Paul Cloonan è responsabile della ricerca azionaria

Usa di Pioneer Investments

Glossario

Hard landing: il termine indica la fase in cui l’economia passa direttamente da uno stato di espansione a uno di recessione.Yield: termine inglese che indica rendimento. In questo caso ci si riferisce al rendimento dei titoli di stato. Quando si parla di dividend yield, invece, si indica il rapporto tra dividendo e prezzo di un titolo azionario.

Gennaio/Febbraio: Usa vs Cina, partita aperta

La Cina ha ancora molte carte da giocare, ma l’America non lascerà facilmente il podio di super potenza. Cosa manca a Shanghai per essere come Wall Street. Come coprirsi dal rischio hard landing nell’ex celeste impero e dalla tagliola delle agenzie di rating sul debito Usa.

Nel prossimo numero, Markowitz 2.0 e le frontiere dell’asset allocation per il 21° secolo.

Nelle edizioni successive si parlerà di previdenza, mercati di frontiera, politiche monetarie e commodity. Per informazioni sulla pubblicità contattare [email protected]

Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 201212

Scenari

I prossimi 12 mesi saranno probabilmente decisivi per il mercato cinese poiché gli investitori si renderanno conto che l’economia non si trova in una fase di brusca caduta e l’inasprimento della politica monetaria sarà concluso. L’ultimo anno è stato caratterizzato da una volatilità straordinaria, ma ritengo che non appena si saranno calmate le acque gli investitori si concentreranno sui tassi di crescita relativi che le diverse regioni del mondo possono offrire. Credo fermamente che, alla luce di queste nuove considerazioni, i flussi di denaro si sposteranno progressiva-mente dai mercati sviluppati, alcuni dei quali presentano gravi problemi di debito pubblico e prospettive di crescita limitate nei prossimi anni, per affluire verso i mercati emergenti, come la Cina, dove la crescita è più sostenuta.

Economia in espansioneCon questo non intendo dire che la Cina sia immune dal rallentamento che sta attana-gliando i mercati sviluppati. Il suo tasso di crescita sarà ovviamente meno brillante, ma l’economia continuerà ad espandersi, con un ritmo compreso fra il 7,5% e l’8%, il che appare molto allettante rispetto al resto del mondo. L’inflazione, pur avendo svolto un ruolo di primo piano nel 2011, ha iniziato a ridimensionarsi. Il rallentamento ha consentito alle autorità cinesi di mettere fine alla politica di inasprimento monetario e questa circostan-za dovrebbe favorire i mercati. La rapidità e le

forme con cui verranno attuate le nuove misure di allentamento dipenderanno in parte dall’evoluzione che seguirà l’economia interna nel prossimo futuro e dall’eventualità che il mondo sviluppato ricada in recessione. Fra i temi all’ordine del giorno, gli investitori attivi in Cina guardano con apprensione al problema dei crediti bancari inesigibili e alla flessione dei prezzi degli immobili residenziali.

Sul versante dei crediti bancari potenzial-mente inesigibili, gli ostacoli non mancano, tuttavia il governo dispone delle risorse finanziarie necessarie per far fronte alla situazione. Un’attenzione particolare andrà inoltre dedicata all’analisi dei cambiamenti politici che avverranno nei prossimi 18 mesi e che potrebbero indurre le autorità a imboccare una direzione nuova in termini di politica economica.

Bene consumi e serviziPer quanto riguarda la strategia di portafoglio, continuo a credere che i settori dei consumi e dei servizi andranno molto bene. Mantengo invece un posizionamento di sottopeso sui settori che fanno capo a banche, export, materie prime, infrastrutture e immobili. Consumi e servizi sono sensibili ad un rallentamento dell’economia cinese, tuttavia li ritengo i settori con le prospettive migliori a lungo termine. Anche se la crescita del Pil dovesse decelerare, prevedo che questi

segmenti metteranno a segno performance superiori a quelle dell’economia nel suo complesso. Se le mie previsioni si rivelassero inesatte e ci fosse davvero una nuova recessione che costringerebbe la Cina a varare ulteriori manovre di incentivazione, consumi e servizi ne sarebbero probabilmente i diretti beneficiari. La mia indole contrarian mi spinge ad essere ottimista riguardo alle prospettive dei mercati azionari. Le valutazioni restano molto interessanti rispetto ai dati storici e gli acquisti di azioni da parte dei manager di aziende a Hong Kong non sono mai stati così sostenuti da 11 anni a questa parte, 2008 escluso. L’avversione al rischio regna sovrana e, di solito, l’andamento dei mercati dà torto alla maggioranza. Ritengo quindi probabile una forte ripresa nei prossimi mesi.

Un mondo che procede a due velocità Molti osservatori stanno cercando di tracciare un parallelismo tra la situazione odierna sui mercati globali e quella successiva al crollo di Lehman. Tuttavia, per quanto anch’io ritenga che alcune somiglianze ci siano, le differenze esistono. Dopo il fallimento di Lehman, l’attività industriale è praticamente crollata. Oggi, invece, i mercati sono in calo in previsione di contraccolpi sull’attività e di una nuova recessione in Occidente. Non è del tutto escluso che il pessimismo dei mercati finanziari finisca davvero per generare una fase recessiva, ma non credo che sarà così.

La Cina ha molte carte da giocareDi Anthony Bolton

La crescita rimarrà sostenuta e l’inflazione fa meno paura. Ci sono le condizioni per il rally delle azioni.

Morningstar.it 13

Innanzitutto, nella maggior parte dei casi le recessioni fanno seguito a periodi in cui l’attività supera il tasso tendenziale e nel ciclo attuale non si è verificato niente del genere. In secondo luogo, i dati economici che arrivano dagli Stati Uniti sono contrastanti e, tutto considerato, i fattori positivi prevalgono su quelli negativi. Infine, a giudicare dal modo in cui viene attualmente gestita l’economia statunitense, penso che le autorità faranno tutto il possibile per evitare una recessione a breve termine. Trovo interessante il contrasto che c’è tra le modalità di reazione alla crisi attuale manifestate dagli investitori e quelle che credo metteranno in campo le aziende. Con lo scenario post-Lehman del 2008 ancora vivo nei loro ricordi, gli investitori stanno riducendo le esposizioni. Le aziende, invece, potrebbero assumere un atteggiamento diverso. Nel 2008, molte società hanno contratto gli investimenti, il capitale circolante e l’organico per poi essere costrette a fare marcia indietro solo un anno più tardi. Questa volta, potrebbero trattenersi dal reagire così repentinamente.

Cina ed Europa legate a doppio filoVeniamo ora all’Europa, che è di fatto l’epicentro della crisi attuale. La situazione è stata inquadrata perfettamente nel corso del mio incontro, alcune settimane fa, con uno dei migliori strategist sell-side in Cina il quale, partendo dalla convinzione che il futuro della Cina sia legato a doppio filo con quello dell’Europa, ha parlato di Europa in circa metà della sua presentazione.

Per quanto concerne la situazione dell’Euro, i policy maker dovranno decidere se rompere l’Unione monetaria o procedere all’integrazione politica, ma credo che la resa dei conti non avverrà prima di qualche anno. A breve termine, resta da vedere se l’ultimo piano varato si dimostrerà sufficiente a placare i mercati. Detto questo, anche se le nubi si addensano all’orizzonte dell’Europa, non significa che una recessione grave sia inevitabile. Anzi, ritengo errata l’idea che sia imminente. Le tempistiche degli investitori e quelle del mondo reale sono

spesso sfasate. Gli investitori, infatti, si aspettano che gli eventi abbiano conseguenze dirette sull’attività, ma spesso questo processo richiede mesi per concretizzarsi. Molti paragonano la situazione attuale degli istituti bancari europei con quella delle banche d’investimento all’indomani della crisi dei mutui subprime. A mio parere, invece, il paragone non regge.

Allora si trattava principalmente di banche d’investimento, oggi ad essere coinvolte sono le banche commerciali. La crisi del 2008 è stata provocata dai mutui subprime e dalle obbligazioni di debito garantito, mentre la situazione odierna vede concentrarsi il rischio sul debito pubblico dei paesi europei periferici.

Sono due cose molto diverse. Anche la reazione delle autorità sarà differente. A mio

avviso, le principali banche europee che necessitano di capitale, garanzie e liquidità troveranno il sostegno dei rispettivi governi, che potrebbero essere più generosi nei confronti degli azionisti dato che la crisi attuale non è imputabile principalmente alla cattiva gestione delle banche stesse, come è successo nel caso precedente.

Credo che nessun paese lascerà fallire una delle sue banche più importanti, anche se ciò dovesse comportare un declassamento del rating creditizio nazionale. Sono convinto che, in un contesto in cui l’Europa potrebbe manifestare una crescita debole per alcuni anni, gli investitori della regione guarderanno altrove per trovare opportunità di crescita. K

Anthony Bolton è gestore del Fidelity China

special situations

0

-2

10

20

30

40

2

4

6

8

% %

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Indice Prezzi al Consumo Offerta moneta – M1

L’inflazione in Cina

20

20

20

20

20

20

20

20

1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014

% Annua Crescita (%)Crescita obiettivo (%)

La crescita cinese

Fonte: Elaborazione dati Fidelity

14

In Primo Piano

Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012

Cosa manca a Shanghai per essere Wall StreetDi Marco Caprotti

Più consumi interni e apertura agli stranieri hanno trasformato la Borsa americana nella più grande piazza finanziaria mondiale. La Cina sta imparando la lezione.

Una Borsa aperta alle società straniere e una domanda interna forte. Sono questi i due elementi che mancano, almeno dal punto di vista finanziario, alla Cina per assomigliare sempre di più a un paese capitalista evoluto. Sviluppare questi due fattori, tra l’altro, porterà a pratiche di corporate governance sempre più evolute e a sistemi di lavoro maggiormente sostenibili. Se non per volontà del governo, almeno per la pressione che arriverà dagli investitori internazionali. Il modello di riferimento è l’America che, nonostante la crisi dei subprime scoppiata nel

2007 e la fatica a ripartire evidenziata anche l’anno scorso, resta il primo mercato azionario del mondo e la locomotiva della congiuntura mondiale. Per quanto riguarda i mercati regolamentati la differenza la fanno i numeri e l’organizzazione.

Wall Street vs Shanghai e ShenzhenIl New York stock exchange (Nyse), sopran-nominato Big Board, è la più grande Borsa del mondo per volume di scambi e la seconda per numero di società. La capitalizzazione totale è di 21mila miliardi di dollari, di cui oltre 7mila

miliardi di aziende non americane. Il suo orizzonte geografico si è ulteriormente ampliato da quando si è sposato con Euronext, entrando nelle contrattazioni effettuate nel Vecchio continente.

Nelle Borse cinesi (principalmente Shanghai e Shenzhen) vengono trattati due tipi di azioni: le A e le B. Le azioni A sono titoli di aziende cinesi disponibili agli investitori locali (privati ed istituzionali) e agli operatori esteri (banche commerciali, merchant bank, compagnie di assicurazione e fondi di investimento), che

Morningstar.it 15

sono riusciti ad ottenere dal governo di Pechino lo status di Qualified foreign institutional investors (Qfii). Nel dettaglio, tale status è assegnato dalla China securities regu-lation commission, mentre la Safe (State administration of foreign exchange) si occupa di regolare la quota di investimento che un investitore estero può collocare nel mercato cinese. Altra caratteristica fondamentale delle azioni A è che sono trattate nella valuta locale (renminbi-yuan). Le azioni B sono, invece, titoli di aziende cinesi contrattati in dollari statunitensi a Shanghai e in dollari di Hong Kong a Shenzhen.

Dal 1992 al 2001 tali azioni sono state negoziate solamente da operatori stranieri. Dal febbraio 2001 il mercato delle azioni B è stato aperto anche agli investitori nazionali. I cinesi, tuttavia, stanno guardando alle opportunità che possono dare le quotazioni di aziende straniere. Si parla di un progetto dello Shanghai stock exchange di lanciare un segmento ad hoc. Un’idea che ha già scatenato l’appetito di colossi come Coca Cola, Hsbc, Unilever e Standard Chartered interessati ad aumentare la presenza in un paese con grandi opportunità di business.

Lo sviluppo passa dai consumiNonostante il paese asiatico nell’ultimo decennio abbia segnato tassi di crescita economica superiori al 10%, i consumi interni non si sono mossi di conseguenza. I cinesi rappresentano il 20% della popolazione globale, ma contribuiscono al 6% dei consumi mondiali. Questa differenza è un effetto della strada seguita dalla Cina per diventare una potenza economica mondiale. Fino alla metà degli anni ’80 del secolo scorso i consumi delle famiglie cinesi rappresentavano il 50% del Pil (Prodotto interno lordo). Durante il boom legato alle esportazioni degli ultimi 20 anni la popolazione ha preferito dirottare i suoi soldi su forme stabili di risparmio (come gli immobili), riducendo in questo modo l’acquisto di beni deperibili. Oggi i consumi delle famiglie rappresentano il 35% del Pil, il livello più basso di sempre.

Per sviluppare questo aspetto il paese dovrà seguire la strada segnata dagli americani. Sono tre i fattori chiave. Primo: studiare un sistema di aumento dei salari che tenga conto dell’inflazione (un elemento che, peraltro, potrebbe dare il via alla privatizzazione delle aziende controllate dallo stato dove le buste paga non sono determinate dal mercato). Secondo: continuare a creare posti di lavoro per le persone che si spostano dalle aree rurali. Terzo: sviluppare le infrastrutture, le reti di sicurezza sociale e, soprattutto, il segmento del credito al consumo.

Gli Usa hanno dimostrato come quest’ultima, in particolare, sia la strada per far aumentare i consumi. Fra il 1950 e il 1960-70 le spese degli americani sono cresciute proporzional-mente al reddito (4,15% annualizzato), segnando delle frenate nei momenti in cui gli stipendi diminuivano. Il cambio di passo si è

avuto all’inizio degli anni ’80 con la liberaliz-zazione dei servizi finanziari che ha permesso di sganciare la capacità di spesa dalla busta paga. Gli economisti ancora dibattono se la deregulation del credito al consumo abbia fatto il bene della nazione, ma non ci sono dubbi che ha fatto da volano alla crescita delle spese. La necessità di aumentare la domanda interna nasce anche dal bisogno di far fronte alle crisi internazionali. La recessione del 2008, in particolare, ha fatto affiorare i punti deboli della Cina, che dipende in buona misura dalle esportazioni. Sviluppare i consumi interni dovrebbe consentire una crescita più sostenibile e dovrebbe dare una mano a isolare la Cina da shock esterni. Due elementi di stabilità che gli investitori di tutto il mondo apprezzano. K

Marco Caprotti è editor&analyst di Morningstar Italy

6

9

14

19

25

30

K

2003 2005 2007 2009 2011

MSCI China EUR (Rendimento di Mercato, EUR, Pre-Tasse) Valore= 16,52K

4,8

5,6

6,7

7,9

9,3

11

K

2003 2005 2007 2009 2011

MSCI USA EUR (Rendimento di Mercato, EUR, Pre-Tasse) Valore= 6,63K

L’andamento del mercato cinese

... E quello statunitense

Fonte: Morningstar Direct

Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 201216

In Primo Piano

I cinesi sono grandi risparmiatori. Gli americani hanno vissuto un decennio a leva e ora sono tornati a risparmiare, complice la grave crisi finanziaria. Entrambi prediligono il mercato domestico rispetto a quello estero. Lo si vede anche dai portafogli dei fondi distribuiti nei due paesi. Morningstar ha svolto un’analisi comparata delle due super-potenze dal punto di vista del risparmio, degli investimenti e delle scelte dei gestori.

La Cina che risparmiaLa popolazione cinese è pari a 1,3 miliardi di persone e la forza lavoro è di 776 milioni. Il 50% di essa lavora nel settore agricolo e il 30% nei servizi. Il tasso urbano di risparmio delle famiglie è passato nel giro di pochi anni dal 10% del Pil al 25%. Questo incremento si è verificato in un periodo in cui l’economia cinese ha registrato tassi di crescita a doppia cifra e si sono diffuse aspettative di livelli qualitativi di vita migliori, guadagni più elevati e maggiore prosperità in generale. I cinesi, tuttavia, sono rimasti grandi risparmiatori, tanto che, di fronte alla crisi dilagante nel resto del mondo, il governo ha incluso nella sua politica misure che inducano le famiglie a spendere di più.

Le stime del Fondo monetario internazionale suggeriscono che i tassi di risparmio delle famiglie rispondono con forza a un cambia-mento del tasso d’interesse reale. Un punto

percentuale in meno del rendimento reale dei depositi bancari (attualmente sono il veicolo primario di risparmio a disposizione delle famiglie cinesi) abbassa il tasso di risparmio delle famiglie di 0,6 punti percentuali.

I cinesi sono così parsimoniosi non solo per un retaggio culturale di una civiltà contadina, ma anche per motivi del tutto moderni e razionali, poiché sanno di essere vulnerabili a causa dell’invecchiamento demografico (accentuato ancora di più dalla politica del figlio unico) e non hanno un sistema previdenziale che garantisca loro pensioni adeguate. Inoltre, vi è l’aumento di spese fondamentali una volta coperte dalla collettività: dalla casa, all’assistenza sanitaria, alle coperture assicurative, all’istruzione. Ciò è ancora più evidente per il fatto che il sistema cinese ha strumenti finanziari di diversificazione degli investimenti e dei rischi ancora limitati e non in grado di competere con i depositi bancari o con la liquidità.

La raccolta va sui monetariAndando ad analizzare il mercato dei fondi, si nota anzitutto come i prodotti vendibili sul mercato cinese sono poco più di 1.200, che comparati a quelli americani che ammontano a quasi 26.000, ci fanno capire come per i cinesi la scelta sia ancora limitata. Dai dati di Morningstar Direct sui flussi dei fondi (gli ultimi disponibili sono al 30 settembre 2011)

emerge come i cinesi abbiano la tendenza a disinvestire le loro quote in fondi. La categoria che più soffre è quella obbligazionaria che registra una perdita di 26 miliardi circa in yuan cinesi. Sono negativi anche i dati degli azionari. Ad oggi gli unici positivi sono i monetari con più di 7 miliardi di flussi. L’analisi dei portafogli obbligazionari mostra una buona quota di convertibili (43,50%), corporate (52,22%) e governativi non Usa (56,28%).

Non c’è esposizione al debito governativo americano, ma piuttosto alle banche americane con rating tripla A. Per quanto riguarda la componente azionaria, che insieme a quella obbligazionaria è la più rappresentativa in termini di fund size, i settori che predominano sono le materie prime (19%), l’industria (16%) e il finanziario (15%), seguiti dai consumi ciclici con il 13%. Qui, si preferisce puntare soprat-tutto sulle large cap (66%), privilegiando uno stile growth (57%). A livello geografico, ben il 94,08% è investito esclusivamente in Cina.

Usa più parsimoniosiLa popolazione statunitense è di quasi 309 milioni di persone, secondo i dati del Census 2010, collocandosi al terzo posto, dopo Cina e India.

Caratterizzata da alta produttività, alimentata da abbondanti risorse naturali e da una sviluppata rete di infrastrutture, secondo il

Gli americani rivalutano il risparmio, i cinesi provano a ridurloDi Azzurra Zaglio

Come cambiano i comportamenti della popolazione e cosa c’è nei portafogli dei fondi.

Morningstar.it 17

Fondo monetario internazionale, l’economia degli Stati Uniti genera un Pil annuo di 14.300 miliardi di dollari, che costituisce il 23% del Prodotto interno lordo mondiale ai prezzi di mercato e quasi il 21% del Prodotto mondiale lordo a parità di potere d’acquisto (PPA).

Prima della crisi, gli americani sono stati indotti a risparmiare poco dalla crescita del valore della loro ricchezza reale (finanziaria e immobiliare): perché risparmiare, cioè evitare di consumare il reddito corrente, quando si diventa sempre più ricchi grazie alla rivaluta-zione del proprio patrimonio? In effetti, negli anni antecedenti la crisi, il tasso di risparmio delle famiglie americane è diminuito di pari

passo con l’aumento di valore dell’insieme della ricchezza finanziaria e immobiliare e con la crescita del livello di indebitamento. Oggi, l’elevata disoccupazione e la fase di deleve-raging rendono gli americani più parsimoniosi.

Un portafoglio domesticoAnalizzando i flussi netti di investimento nei fondi, gli americani da inizio anno a settembre 2011 hanno disinvestito dai fondi domestici, che sono passati da una raccolta di 27 miliardi e mezzo di dollari a marzo a meno 44 miliardi a settembre. I flussi, seppur ridotti, rimangono concentrati nelle categorie degli alternativi, delle commodity e dei fondi bilanciati. A differenza dei cinesi, i prodotti monetari stanno soffrendo per i riscatti.

Uno sguardo ai portafogli dei fondi azionari mostra una prevalenza dei settori tecnologici (15,44%), industriali (13,68%) e finanziari (12,65%). Prevalgono le large cap (54,88%),

con tutti gli stili (value, core e growth) ben rappresentati. In termini di aree geogra-fiche, l’asset allocation è incentrata sui titoli americani (quasi il 70%), seguiti da quelli del Regno Unito e del Giappone.

Guardando ai portafogli obbligazionari, si nota come, rispetto a quelli cinesi, non predominino i titoli convertibili (solo lo 0,6%), ma corporate (29%) e treasury (11,22%). Complessivamente i bond domestici rappresentano l’81%. K

Azzurra Zaglio è editor di Morningstar in Italy

Fonte: Morningstar Direct

-200

-250

-150

-100

-50

0

50

100

150

03-2009 03-2010 03-2011

(mld)

Allocation Alternative Equity Fixed Income Money Market

-100

-200

-300

0

100

200

03-2009 03-2010 03-2011

(mld)

U.S. StockTaxible BondMunicipal BondMoney Market

Alternative Commodities International StockBalances

Flussi netti nei fondi americani in dollari statunitensi (dati trimestrali)

Average of Asset Average of Asset Average of Asset Average of Asset

Classes Allocation Cash % Allocation Equity % Allocation Bond % Allocation Other %

Allocation 20 70 4 7

Alternative 10 70 12 7

Commodities 35 6 6 53

Equity 13 84 0 2

Fixed Income 14 7 24 54

Grand Total 14,41 63,67 7,4 14,52

Average of Asset Average of Asset Average of Asset Average of Asset

Classes Allocation Cash % Allocation Equity % Allocation Bond % Allocation Other %

Allocation 11,52 53,89 30,24 4,36

Alternative 74,42 12,50 6.17 6,91

Commodities 46,78 10,94 29,79 12,49

Equity 3,96 94,23 0,68 1,12

Fixed Income 10,37 0,54 86,23 2,86

Convertibles -0,90 5,35 11,15 84,40

Tax preferred 3,44 0,01 96,32 0,23

Grand Total 8,76 61,13 27,83 2,29

Il portafoglio dei fondi cinesi

Il portafoglio dei fondi Usa

Flussi netti nei fondi cinesi in yuan (dati trimestrali)

Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 201218

In Primo Piano

Qualcosa potrebbe cambiare nelle aziende di stato cinesi. Il calo dei profitti e l’aumento dei rischi legati all’azionario europeo e americano, sta spingendo sempre più operatori a cercare la sicurezza dei monopoli del colosso asiatico. Le aziende controllate dal governo (definite dagli analisti Soe, acronimo inglese di State owned enterprises) nel 2010 hanno visto i loro profitti aumentare mediamente quasi il 38%, mentre i guadagni del settore finanziario, di quello delle risorse e di quello dei trasporti sono più che raddoppiati.

Il risultato è che le imprese di stato oggi rappresentato il 30% del Pil (prodotto interno lordo) cinese. Nonostante un Roe (Return on equity) più basso della media, un investimento in questo tipo di asset è sempre stato considerato sicuro. Tuttavia, con il cambio alla leadership di governo previsto per il 2012, qualcosa potrebbe mutare. La preoccupazione di Pechino è che il cattivo utilizzo dei profitti e la crescita delle spese che si registrano nelle Soe possa ritardare il ribilanciamento dell’economia del paese.

La lobby delle SoeSpinte dallo stato, che negli ultimi cinque anni ha cercato di creare dei “campioni nazionali”, nel corso del tempo sono diventate una potente gruppo di pressione la cui crescita spesso è stata portata avanti a discapito delle aziende private e di quelle straniere. A causa

dello scarso sviluppo del mercato azionario e di quello obbligazionario, più dell’80% dei capitali passa dalle banche controllate dal governo. Queste ultime preferiscono impiegare il denaro nelle Soe, data la difficoltà nell’ottenere informazioni credibili sullo stato patrimoniale delle piccole e medie imprese. A questo va aggiunto che le aziende controllate dallo stato (e chi in queste investe) godono di un regime fiscale più favorevole rispetto alle società private e straniere.

Un altro problema è rappresentato dai dividendi. Fino al 2007 le Soe non avevano l’obbligo di pagare la cedola agli azionisti. Ora che lo fanno, non tutti i soldi finiscono nei bilanci dello stato. Una situazione del genere ha portato la Cina a una condizione di eccessiva crescita (guidata proprio dai suoi campioni a cui praticamente è stato lasciato campo libero) e di forte dipendenza dagli investimenti altrui. Fra il 1981 e il 1999 per produrre uno yuan di Pil era necessario un investimento di 0,05 yuan.

Negli ultimi 10 anni per creare lo stesso ammontare di Prodotto interno lordo ce ne sono voluti 1,7. Allo stesso tempo il Roe medio delle Soe è stato dell’8,6% contro il 12,9% delle aziende private. Nel frattempo le aziende governative si sono guadagnate una pessima fama sui media.

Spese faraonicheSpesso a ragione e non solo per motivi legati ai rendimenti (celebri in Cina sono le spese faraoniche di Sinopec per i liquori o i cattivi investimenti immobiliari all’estero fatti da Crcc). Tuttavia le pressioni da parte delle aziende locali e straniere per eliminare gli eccessivi privilegi di queste società non sono serviti a molto. Nonostante gli sforzi fatti dal governo in diversi campi (dalla creazione di posti di lavoro ai tentativi di avere un modello di crescita più sostenibile) poco o niente è stato messo in campo per contenere lo strapotere delle Soe.

Tuttavia, la comprensione delle inefficienze di queste società da parte della politica è un passo importante nel processo di trasferi-mento della ricchezza che permetterà di far crescere i consumi privati e ridurre la dipendenza dagli investimenti stranieri. Qualche passo in questa direzione, in realtà, è stato fatto. Alcune tasse sono state alzate per compensare i costi bassi che queste aziende incontrano in determinati settori, per risarcire i danni all’ambiente e per offrire una copertura sanitaria ai dipendenti.

Le Soe, inoltre, oggi sono obbligate a versare il 45% dei loro guadagni allo stato: un notevole aumento rispetto al 5-10% di prima. Progressi in queste direzioni permetteranno un miglior utilizzo dei capitali. Soprattutto per

Imprese di stato, è tempo di cambiareDi Zhao Hu

Sono potenti e spesso spendaccione. Ma fanno gola. E il cambio alla guardia del partito nel 2012 potrebbe mutare il loro destino.

Morningstar.it 19

quanto riguarda la sicurezza sociale. Un elemento quest’ultimo, che potrebbe permettere alle famiglie cinesi di aumentare la propensione al risparmio.

Il ruolo della politicaCon il cambio alla guida del partito comunista nel 2012 potrebbero arrivare profonde e veloci trasformazioni nel modo di operare delle Soe che avranno pesanti implicazioni nelle scelte degli investitori. Gli operatori potrebbero trovare più remunerativo puntare sulle aziende private. Questo costringerebbe le statali, soprattutto in assenza di sussidi pubblici, a migliorare la produttività dando una ulteriore spinta alla crescita economica della Cina.

Le tre svolteQuesta rivoluzione potrebbe portare almeno tre cambiamenti.

Primo: un consolidamento nel comparto delle costruzioni. L’urbanizzazione, infatti, resterà uno dei punti di forza della crescita del paese. Ma investimenti più razionali porteranno a minori spese per le materie prime con conseguenti minori introiti per le aziende del settore. Questo renderà necessario fare fusioni e acquisizioni. Una strategia nella quale potrebbero giocare un ruolo importante le Soe.

Secondo: una crescita del settore finanziario, soprattutto per quanto riguarda le banche medie e piccole che saranno in grado di competere ad armi pari con quelle più grandi. Terzo: una maggiore capacità di rsiparmio da parte delle famiglie porterà a un migliore sviluppo del comparto del risparmio gestito che, a sua volta, renderà i cinesi ancora più ricchi. Questo si trasformerà in maggiori consumi, soprattutto per quanto riguarda il lusso, i beni di consumo e i divertimenti. K

Zhao Hu è analista azionario di Morningstar in Cina

Organigramma delle relazioni tra le imprese pubbliche e gli organi ufficiali governativi

Valore lordo della produzione industriale per tipologia di imprese, 2009

State Council of the National Peoples’ Congress

Misnistries SASAC Local Governments

Local SASACs

Local SOEsCentral SOEs

Subsidiaries or Departments

Subsidiaries or Departments

Legend

SOE: State owned enterprise

SASAC: State owned assets supervision and administration commission of the state council

Share-holding Corporations Limited 13%

State-owned Enterprises 11%

Collective-owned Enterprises 2%

Private Enterprises 41%

Limited Liability Corporations 31%

Other 2%Corporative Enterprises 1%Other Enterprises 1%Joint Ownership Enterprises 0,3%

Fonte: National Bureau of Statistics of China

Fonte: Deng, Morck e Wu

20 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012

In Primo Piano

Per investire in Cina non si può prescindere da considerazioni di carattere macro-economico. L’andamento globale ha dei riflessi non trascurabili sul ciclo del paese, come ha mostrato la crisi europea. Per quanto la Cina abbia dimostrato di avere un’esposizione contenuta al debito sovrano europeo, l’aumento dell’avversione al rischio degli investitori ha avuto ripercussioni anche sui suoi asset finanziari. Difficile, quindi, parlare di decoupling in senso lato, quando le economie sono strettamente connesse le une alle altre. Rimane tuttavia una sostanziale differenza dei trend di crescita. Questo significa che è ragionevole supporre che le economie emergenti continueranno ad essere superiori a quelle sviluppate.

Titoli cinesi per stranieriPer investire in Cina, la valutazione delle politiche governative sono fattori importanti. Non si può prescindere dalle decisioni degli organi di Governo per ponderare le aspettative legate al mercato borsistico locale. E’ fondamentale, quindi, avere più fonti di informazione, avendo cura di non perdere di vista il quadro generale. Spesso le singole notizie sono decontestualizzate o assunte come principio guida di tutto il mercato. La Cina è un Paese grande e il singolo evento è come la tessera di un puzzle che assume un significato solo se riconosciuta come parte di un disegno più grande. Chi guida il mercato

è il Partito, con le sue decisioni, espresse nei vari piani quinquennali o durante i singoli congressi. E’ in queste occasioni che si decide il futuro del Paese e della sua industria.

Gli investitori stranieri possono comperare i titoli cinesi quotati sui mercati internazionali, tranne quelli espressi in renminbi, listati sulla borsa locale (a meno di essere investitori qualificati). E’ possibile comperare anche titoli domestici espressi in dollari statunitensi o di Hong Kong quotati a Shanghai o Shenzhen.

A tu per tu con le aziendeL’incontro con il management, prima di decidere l’acquisto di singoli titoli non è una pregiudiziale. E’ prassi, tuttavia, creare l’occasione perché ciò avvenga in Italia o direttamente in Cina. L’incontro con l’azienda è sempre un momento importante per co-noscerne sia il business model sia l’approccio generale nei confronti dell’investitore.

In oltre dieci anni ho riscontrato un migliora-mento del livello di trasparenza e comunicazi-one. E’ pur vero che non sempre è facile reperire le notizie e, soprattutto, verificarne la fondatezza. Le fonti di informazioni sono diverse e vanno dalla stampa, a Internet, a centri studi indipendenti o di banche di investimento. Le difficoltà nell’investire in azioni cinesi sono diverse, ma soprattutto circoscrivibili alla conoscenza del modello di

sviluppo dell’azienda e al management, senza sottostimare l’importanza del contesto.Non va poi dimenticata l’importanza dei flussi di investimento che possono significativa-mente influenzare l’andamento dei mercati.La differenza di quotazione che a volte sussiste tra titoli domestici e omologhi quotati sui mercati locali è un altro aspetto da indagare, perché la tipologia di investitori è diversa.

Gli scherzi del fuso orarioInvestire in Cina, di fatto, non è molto dissimile dall’operare su altre Borse. La giornata inizia alle 7.30, quando il mercato è ancora aperto. Le notizie si rincorrono, poi, nell’arco della giornata in attesa della chiusura di Wall Street. Chi investe in Asia, però, deve maturare le proprie decisioni anzitempo.

Il fuso orario impone di operare senza conoscere ciò che determinerà l’andamento del mercato il giorno successivo. Forse è meglio così, l’andamento dei prezzi non influenza psicologicamente il gestore e si va a dormire con un filo di tensione su come andrà il mercato che si stempera solo la mattina successiva, sempre che non si venga svegliati nel mezzo della notte da una telefonata che, di solito, non è mai foriera di buone notizie. K

Giuseppina Parini è responsabile azionario di Aletti

Gestielle e gestore del fondo Gestielle obiettivo Cina

Compro la Cina da MilanoDi Giuseppina Parini

Pubblichiamo la testimonianza dell’unico gestore di un fondo di diritto italiano che investe prevalentemente in azioni dell’ex celeste impero.

L’Intervista

Morningstar.it 21

La Cina e gli Stati Uniti si contendono la supremazia economica nel nuovo millenio, ma nonostante questa rivalità i loro destini dipendono l’uno dall’altro. Non è infatti un caso che l’ex celeste impero sia oggi il più grande finanziatore del debito pubblico americano (e non solo). Ma quali sono le conseguenze di questa situazione? Abbiamo rivolto la domanda a Pierpaolo Benigno, docente di Economia presso l’Università Luiss Guido Carli di Roma.

Valerio Baselli (VB): Negli ultimi anni la Cina si è contraddistinta per l’attività di finanziamento verso i paesi occidentali, in particolare gli Stati Uniti, tanto da arrivare a possedere circa il 15% del suo debito pubblico. Quando è cominciato questo trend?

Pierpaolo Benigno (PB): L’accumulazione di riserve da parte della Cina è iniziata attorno al 2000 e in maniera significativa dal 2003, come riflesso di un modello di crescita guidato dalle esportazioni. L’afflusso di capitali, come contropartita del saldo positivo della bilancia commerciale è stato abilmente “sterilizzato” portando all’ingente accumulo di riserve, senza che si alimentasse troppo la base monetaria. Questo modello di sviluppo è risultato congeniale e speculare a quello degli Stati Uniti che invece crescevano consumando al di sopra delle proprie possibilità, grazie al finanziamento proveniente dalla Cina stessa.

VB: Questa situazione è sostenbibile?

PB: Non è un modello che si può riproporre nel futuro. Innanzitutto, la crisi finanziaria sta profondamente cambiando le abitudini degli americani e ha già portato ad un processo di

riduzione dei debiti privati. Per la Cina diventa sempre più necessario passare ad un modello di sviluppo centrato sui consumi interni e sulla produzione di servizi. Ma queste transizioni richiedono tempo. Nel frattempo il modello scricchiola. Sia la crisi americana che quella europea hanno suonato il campanello d’allarme per la Cina sulla solidità di un modello basato solo sulle esportazioni. D’altra parte il costo del lavoro si sta alzando e la Cina stessa inizia a delocalizzare. Inoltre è sempre più difficile mantenere il cambio sottovalutato senza creare pressioni inflazionistiche, che mettono a rischio la coesione sociale cinese.

VB: Quali sono le conseguenze del fatto che la Cina sia un forte creditore degli Usa?

PB: È un fattore di instabilità per entrambi i paesi. Per la Cina, perché senza una buona diversificazione delle proprie riserve, potrebbe andare incontro a forti perdite nel caso in cui il dollaro si svalutasse nei confronti del renminbi e la solvibilità americana cominciasse a perico-lare. Per gli Usa, perché corrono il rischio che un cambio di portafoglio repentino di un creditore così importante possa creare problemi di finanziamento e una crisi di fiducia. C’è quindi un problema di dipendenza, sulla quale la Cina gioca in maniera strategica per mantenere il modello del passato e non rivalutare la propria moneta.

VB: Qual è la posizione dell’Europa?

PB: L’Europa avrebbe potuto offrire una valuta di riserva solida e alternativa, ma ora che la crisi la colpisce in pieno ha un disperato bisogno di finanziamento per i suoi debiti sovrani e bussa alle porte dei cinesi.

Data l’incertezza sul futuro dell’euro, sarà difficile che la Cina si prenda il rischio di finanziare gli stati europei, se non con forti contropartite commerciali.

VB: Circa un anno fa è scoppiata tra Cina e Usa la “guerra delle monete”. Come si è evoluta la situazione?

PB: Per ridurre gli squilibri, gli Usa hanno bisogno di stimolare le esportazioni (dollaro debole). D’altra parte la Cina non è ancora pronta per abbandonare un modello basato sulle esportazioni e resiste ad apprezzare la valuta. Se le divise non si muovono nella giusta direzione, gli aggiustamenti si scaricano sui prezzi. Movimenti dei tassi di cambio sono quindi necessari per un aggiustamento, ma possono infliggere costi importanti per chi detiene debito. Un dollaro fortemente deprezzato potrebbe scatenare una crisi di fiducia anche sul debito americano. K

Pierpaolo Benigno è docente di Economia presso

l’Università Luiss Guido Carli di Roma. È anche

ricercatore associato per il Cepr (Centre for economic

policy research), l’Eief (Einaudi institute for economics

and finance) e il Nber (National bureau of economics

research). In precedenza ha insegnato alla Columbia

University e alla New York University. Le aree di

interesse di Benigno sono in particolare la macroeco-

nomia e l’economia monetaria.

Valerio Baselli è editor di Morningstar Italy

5 domane a Pierpaolo Benigno (economista)

Di Valerio Baselli

22

Asset Allocation

Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012

Rischio super-potenze, strategie di coperturaDi Marco Frittajon

Cosa fare in caso di hard landing cinese. Come tutelarsi dalla tagliola delle agenzie di rating negli Stati Uniti

Quando si parla di mercati finanziari ormai l’orizzonte è necessariamente quello internazionale. Le maggiori economie nel mondo sono sotto un eccezionale periodo di stress e l’incertezza è il sentiment che accomuna un po’ tutti, dal risparmiatore all’investitore, dal politico all’imprenditore, sia ad est sia ad ovest. Il destino dell’Europa è tutt’altro che roseo, la politica fiscale statunitense deve rimettere mano al debito pubblico e alle riforme al più presto, la Cina del premier Wen Jiabao richiede interventi strutturali che adeguino un modello economi-

co che egli stesso descrive come “poco stabile, sbilanciato, scoordinato e in ultima analisi insostenibile”. America e Cina però hanno l’incognita delle elezioni, quindi si dovrà attendere. In tutto questo, chi si trova a gestire un capitale finanziario non dorme sonni tranquilli e ha da tempo spostato energie e competenze dal perseguimento di un rendimento alla gestione del rischio.

Cina, una copertura dall’hard landingA seguito della storica visita di Deng Xiaoping nella Cina del Sud nel 1992 e il conseguente

processo di modernizzazione del socialismo e di apertura economica, la Cina è diventata sempre più integrata nell’economia mondiale. Il persistente e ampio “surplus gemello” (nelle partite correnti e in conto capitale) rappre-senta uno dei punti più discussi tra i politici e gli economisti negli ultimi dieci anni.

Prima fra le maggiori potenze economiche a superare la grande crisi finanziaria del 2007-2009, ci si domanda se sia da consi-derare come un nuovo modello da imitare oppure se le tensioni degli ultimi mesi siano il

Morningstar.it 23

preludio per quello che viene chiamato dall’economista Nouriel Roubini un hard landing, ossia la fine della crescita economica.

Dal punto di vista di un gestore attivo, ci si pone il quesito di come affrontare il rischio che deriverebbe da uno scenario pessimista sul futuro dell’economia cinese. Una strategia di investimento di tipo market neutral, per esempio, mira a coprirsi dal rischio di crollo dei mercati su cui il portafoglio è investito. Tale strategia si applica attraverso posizioni lunghe coperte da posizioni corte sul medesimo settore o area geografica. Una possibile soluzione viene da un nuovo metodo di ottimizzazione di portafoglio chiamato

“particle swarm optimization” (Kennedy-Heber-hart, 1995) che ha il fine di selezionare un numero ristretto di titoli quotati sulla borsa cinese presenti nell’indice Hushen 300 (indice che rappresenta la borsa di Shanghai e di Shenzhen, per un valore di mercato comples-sivo del 60% del mercato cinese).

La strategia market neutral si mette in pratica acquistando titoli che sovraperformano il mercato e contemporaneamente avendo una posizione corta sul future dell’indice di riferimento. La motivazione per questo tipo di strategia è quella di coprirsi dal rischio sistematico pur mantenendo in portafoglio i titoli delle società su cui il gestore attivo ha una forte convinzione. Se il processo di selezione è quantitativo, la scelta dei titoli può avvenire in base a due criteri: il maggiore livello di contribuzione nell’indice di mercato e la diversificazione settoriale. Il vincolo di downside viene imposto attraverso la misura di tracking error (TE) del portafoglio rispetto all’indice. In pratica la funzione obiettivo è la minimizzazione del TE con i seguenti vincoli:

dove w sono i pesi da assegnare ai titoli, wl e wu sono i vincoli di posizionamento (minimo e massimo). La minimizzazione è di tipo quadratico. Questa tecnica euristica deriva dalla scienza che studia i fenomeni evolutivi. La sua originalità sta nel metodo di selezione del portafoglio ottimale. Un primo gruppo di portafogli viene generato in modo casuale, poi viene testato il candidato migliore in base alla performance ottenuta nel periodo di test secondo i principi del comportamento collet-tivo (quello che viene osservato è l’evoluzione nel tempo delle singole particelle, ossia dei singoli portafogli).

Studi empirici fatti dalla University of Science and Technology of China, nel periodo 2009-2010, dimostrano che questo tipo di ottimizza-zione permette di implementare una strategia di investimento che, valutata ex-post (fuori dal periodo di campionamento), sovraperforma il mercato e mantiene controllato il livello di rischio del portafoglio.

Forme alternative di copertura del rischio di rallentamento economico, quindi di effetti de-pressivi sulle posizioni in portafoglio, possono essere implementate attraverso delle posizioni direzionali, che in gergo tecnico vengono chia-mate put, su alcuni temi di investimento tipo valute, materie prime e titoli azionari esposti sulla Cina. Un esempio è il cambio dollaro/yuan e il cambio dollaro statunitense/dollaro taiwanese. Il grafico mostra la profittabilità in senso di rischio-rendimento e sul lato dei costi di alcune asset class.

Dal grafico emerge che le coperture in valuta sono le più efficienti in termini di costi e risul-tati. Da notare la copertura sul cambio dollaro/yuan che ha il maggior beneficio potenziale ma che tuttavia potrebbe rivelarsi meno realizza-bile a causa delle restrizioni imposte ai flussi di capitale dalle autorità cinesi. Al secondo posto c’è la copertura sul dollaro taiwanese.

Debito sovrano cineseUn numero sempre maggiore di investitori da

3

5

7

9

11

13

Risk Reward (x)

5000 15000 25000 35000 45000 55000

Equities

More Efficient Tail Hedges

Rates FX Commodities Credit

USDCNY (FX)

USDTWD (FX)

USDKRW (FX)

Korea Sov 5yr CDSNZDUSD (FX)

China Sov 5yr CDSKRW (Rates)

AUD-USD (FX)KOSPI2 (Equity)

Australia Sov 5yr CDSHSCEI (Equity)

HSI (Equity) AUD (Rates)

Confronto fra strategie di copertura dal rischio Cina in caso di scenario negativo

∑ w = 1,

wl < w < w

u’

A

w

A

w

Max numero titoli = K

Min Prob (TE < 0)

{

I costi sono misurati in USD e si riferiscono all’acquisto di una strategia che paga 100 milioni USD all’avverarsi dello scenario negativo; il ratio rischio/rendimento è misurato come rapporto fra massimo rendimento e massima perdita attesa (fonte Morgan Stanley)

24

Asset Allocation

Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012

inizio 2010 ha accumulato Cds (Credit default swap) sul rischio di default del debito cinese. Potrebbe essere uno strumento imper-fetto per coprirsi da una recessione, però c’è un’evidente carenza di strumenti per tutelarsi dai rischi sulla Cina. Il numero dei volumi in Cds sulla Cina è raddoppiato da inizio 2010 fino ad un valore di 9,2 milioni di dollari. Lo spread a cinque anni è triplicato. E’ un chiaro segnale di apprensione, ma dal punto di vista dell’analisi fondamentale, questa tensione non è giustificata visto che il paese ha un rapporto debito/Pil del 30% (stima del 2011) e riserve di capitale per oltre 3 miliardi di dollari.

E’ pur vero che l’espansione creditizia degli ultimi anni e lo stimolo da parte del governo centrale a seguito della grande crisi finanziaria, sta facendo temere il peggio. L’aumento del livello di indebitamento delle amministrazioni locali, attraverso il sistema bancario, sta peggiorando i bilanci delle istituzioni emittenti ed è probabile che il governo debba interve-nire. Alcuni stimano che il rapporto debito/Pil potrebbe lievitare fino al 75%, livello che non è tipico di un paese in via di sviluppo.

I paesi satellite, o comunque legati all’economia cinese, come l’Australia potrebbero diventare oggetto dell’ingegneria finanziaria da parte degli operatori che scom-mettendo al ribasso, potrebbero trarre profitto dagli effetti di trasmissione nei canali produt-tivi. L’Australia è fortemente legata alle risorse naturali e minerarie e alla forte domanda della Cina, che se venisse meno farebbe crollare il corso dei titoli australiani. Altri paesi sotto la lente sono Taiwan e Corea del Sud.

Usa, il rischio che non si vuol prendereGli Stati Uniti sono sotto la tagliola delle agenzie di rating, con un outlook negativo per il 2012, una politica fiscale restrittiva e l’incognita del mercato del lavoro e della stabilità bancaria dovuta agli stress di Eurolandia. In caso di recessione, come per la Cina, l’investitore deve avere un piano di salvataggio.

I temi di investimento possono essere molti, dipende dal tipo di esposizione che l’investitore ha nei confronti del mercato americano e dalla volontà o meno di volersi assumere un certo livello di rischio. Andiamo a vedere punto per punto cosa è possibile fare per proteggere il proprio portafoglio.

Il mercato dei bond. Dagli anni Ottanta le emissioni del Tesoro a stelle e strisce sono state le più sicure al mondo e finora hanno vissuto un periodo di mercato Toro molto lungo. La perdita dello status di tripla A del debito statunitense mette qualsiasi investitore in un territorio nuovo in cui le regole non sono scritte. La riduzione della scadenza media dei titoli in portafoglio potrebbe essere un modo per difendersi dalle oscillazioni di tasso. Inoltre è possibile implementare una strategia attiva sulla maturity.

Sul mercato ci sono strumenti come gli Etf (Exchange traded fund) strutturati che permet-tono strategie short, leverage e protective put (strategia che consiste nell’adottare una posizione lunga sull’indice di riferimento e nell’acquistare un’opzione put out of the money sullo stesso sottostante per immunizzarsi da improvvisi ribassi). Un esempio è il Direxion Daily 20+ Year Treasury Bear 1X, Etf domiciliato in America a replica sintetica che guadagna quando l’indice di riferimento perde (quest’ultimo è il Nyse 20+ Year Treasury Bond).

La valuta. Scommettere sulla direzione della valuta dollaro o sull’euro è un esercizio da trader o analista tecnico. Certamente si tratta di un mercato super dinamico che poco si adatta a chi ha un approccio buy-and-hold. Una soluzione è quella di proteggere una parte del portafoglio attraverso azioni o obbligazioni di paesi tradizionalmente più difensivi come la Svizzera, il Canada o l’Australia.

Di nuovo, esiste la possibilità di esporsi at-traverso gli Etf, che sono strumenti accessibili ad ogni livello di investitore. La società Cur-rencyShares è specializzata sull’investimento

nelle principali valute mondiali. Il Curren-cyShares Swiss Franc Trust ha come obiettivo quello di ottenere gli interessi pagati sui de-positi in franchi svizzeri. Altro candidato è l’Etf di Credit Suisse su cui è possibile orientarsi su tre segmenti, a breve, medio e lungo termine.

Dividendi. Puntare sulle multinazionali americane che pagano dividendi può essere un modo alternativo di proteggersi in momenti di crisi. Sono le candidate migliori perché possono trarre profitti dai rami di business dislocati in tutto il mondo. Un indice che fa al caso nostro è l’S&P High Yield Dividend Ari-stocrats e viene attualmente replicato dall’Etf americano SPDR S&P Dividend e da quello disponibile per l’investitore europeo SPDR S&P US Dividend Aristocrats Etf, emesso da State Street Global Advisors.

Mercati emergenti. Diversificare con i mercati emergenti, sia in bond sia in equity, per cogliere opportunità in termini di premio al rischio potrebbe essere un elemento positivo per il portafoglio. Nonostante il generale livello di merito creditizio e di solidità patrimoniale sia inferiore a quello dei paesi sviluppati, e considerando i limiti tecnici e i prodotti finanziari disponibili agli investitori internazionali, attraverso adeguate strategie di investimento per depurare dai co-movimenti rispetto al mercato americano, è possibile ottenere uno yield interessante.

I principali emittenti di Etf posseggono un fondo che investe in questi mercati. Inoltre è bene tenere presente altre forme di investi-mento, come ad esempio i future o le opzioni su indici.

Mercato immobiliare globale. Spostare parte dell’investimento immobiliare dall’America verso opportunità di investimento più globali, potrebbe risultare più efficiente che non rimanere inerme rispetto all’incerta situazione attuale. L’Etf emesso da Lyxor sull’Msci World Real Estate ha una compo-sizione del 40% sull’America e il resto fra Asia (50%) ed Europa (10%). Per chi investe

Morningstar.it 25

attraverso veicoli domiciliati negli Stati Uniti, allora un candidato può essere un emittente sull’indice Dow Jones Global Real Estate, ma in questo caso la componente non americana è inferiore al 40%.

Materie prime. I paesi emergenti come Brasile, India e Cina hanno un’elevata doman-da di materie prime. Nonostante la possibilità che la Cina possa ridurre il fabbisogno estero per concentrarsi piuttosto sulla domanda in-terna, la necessità di ampliare le infrastrutture è e continuerà ad essere un punto critico nel processo di sviluppo economico e industriale. Investire in società del settore delle materie prime dei paesi emergenti potrebbe voler dire arricchire il portafoglio di titoli con buoni fondamentali e aspettative di crescita futura sostenute, slegati dal ciclo economico degli Usa. La scelta di questo tipo di investimento

può cadere sia a livello di singolo paese, op-pure su indici ad ampio spettro geografico che eliminano la componente di rischio paese.

Un ulteriore elemento di attenzione va posto quando si investe su singoli paesi emergenti, poiché la relazione fra crescita economica e performance della borsa non sono necessaria-mente correlate.

Questi sono i principali canali di investimento che possono interessare chi ha un portafoglio esposto sul mercato americano. Ovviamente come strategia di ultima istanza si può sceg-liere di parcheggiare la liquidità sui titoli del Tesoro americano di breve periodo oppure sui Tips, titoli legati all’inflazione.

Treasury, un porto sicuroUna nota sui Treasury americani. Nei periodi

di crisi dei mercati azionari, negli ultimi 20 anni, i fondi che investono nei titoli del Tesoro americano a media e lunga scadenza hanno fatto registrare i risultati migliori. Si pensi al periodo che va da agosto 1987 a dicembre 1987, l’indice S&P 500 ha perso il 33% mentre un portafoglio gestito con maturity media di 10 anni ha guadagnato l’8% e quello a 30 anni ha guadagnato l’11%.

Da ottobre 2007 fino a marzo 2009, l’S&P 500 ha perso oltre il 56%, mentre un portafoglio in bond a media scadenza ha fatto +19% e quello in bond a lunga scadenza ha registrato un +22%. Di questi esempi ce ne sono moltissimi.

Si potrebbe parlare quindi di porto sicuro. Gli unici periodi in cui questi tipi di strumenti hanno registrato pessimi risultati sono quando, in concomitanza di mercati azionari negativi c’è stato anche un aumento dell’inflazione. Nel 2011, l’andamento è stato molto altalenante: prima in crescita (gennaio-settembre), poi in rallentamento. Un investitore in Treasury non può non tenerne conto. K

Marco Frittajon è research analyst, consulente di

Morningstar Italy

60

80

100

120

140

160

180

2008 2009 2010 2011

USTREAS T-Bill Cnst Mate Rate 10YrS&P 500 NR USDRendimenti cumulati in US Dollari (base 100) USTREAS T-Bill Cnst Mat Rate 30Yr

Confronto fra Treasury e S&P 500 (2007-2011)

Rendimenti a confronto

Indice Total Return Total Return Total Return

1 Anno % 5 Anni (ann.) % 10 Anni (ann.) %

S&P 500 NR USD 1.47 -0.89 2.30

USTREAS T-Bill Cnst Mat Rate 10 Yr 16.11 8.39 6.62

USTREAS T-Bill Cnst Mat Rate 30 Yr 36.63 11.05 9.23

Fonte: Morningstar Direct

26 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012

Analisi Morningstar

É difficile mettere in discussione l’importanza di Cina e Stati Uniti ai fini della crescita economica mondiale. Il semplice esame della bilancia commerciale mette in evidenza il peso degli scambi originati da questi due paesi con il resto del mondo. Secondo i dati del Fondo monetario internazionale, nel 2010, le esportazioni cinesi sono state pari a 1.578 miliardi di dollari, mentre le importazioni hanno raggiunto 1.396 miliardi (con un bilancio positivo, dunque, per le esportazioni nette).

Nello stesso periodo, in Usa l’export ha toccato 1.277 miliardi di dollari, e l’import 1.968 miliardi (a conferma del fatto che l’economia statunitense acquista più beni dal resto del mondo rispetto a quanti ne riesce a vendere). Si tratta di numeri impressionanti, che testimoniano come l’economia mondiale sia influenzata da quanto accade all’interno di questi stessi paesi, ovvero dalla forte crescita dell’economia cinese e dalla capacità di innovazione dell’economia statunitense.

Dal punto di vista degli investimenti finanziari, però, non è sufficiente prendere in esame queste grandezze macroeconomiche. La scelta di investire in un particolare strumento finanziario, infatti, richiede anche un’analisi del grado di tutela legale, dei livelli di valutazione, della struttura dei mercati e delle opportunità di diversificazione. Sulla base di queste variabili, il giudizio finale

sull’opportunità di investire in un particolare mercato può cambiare. Questo è il caso, ad esempio, della Cina, secondo alcuni gestori.

Poca CinaVontobel Emerging Markets Equity (Morning-star Analyst Rating “Silver”) è un fondo dedicato alle azioni dei mercati emergenti, che ha avuto un buon grado di successo sin da quando l’attuale gestore, Rajiv Jain, ne è il responsabile, ovvero dal 1997. Da allora a fine ottobre 2011, il rendimento realizzato è stato del 9,4%, ovvero 270 punti base in più della media di categoria Morningstar azionari mercati emergenti. Il gestore investe tra le 70 e le 90 azioni, con un chiaro focus sulle capitalizzazioni più grandi, orientate alla crescita, come suggerito anche dalla Morning-star Style Box.

In particolare, Jain preferisce le società che registrano la gran parte del loro business all’interno degli stessi paesi emergenti (e così dipendono meno dalla crescita globale). Pur trovando diverse società cinesi con tali caratteristiche, il gestore ha deciso di sottopesare le azioni di questo paese in quanto non è pienamente soddisfatto dalla qualità della corporate governance, ovvero dal trattamento talvolta riservato agli azionisti di minoranza. In particolare, Jain ritiene che le possibili influenze del governo cinese nelle imprese private possano rappresentare un

limite ai fini dell’investimento. Per tali ragioni, predilige invece gli investimenti in India, dove trova analoghe opportunità di crescita, ma spesso con un miglior sistema di corporate governance.

Leggeri su Wall StreetAnche per gli Stati Uniti abbiamo gestori che non sono del tutto convinti sull’effettiva bontà delle opportunità di investimento presenti. Ad esempio, Aberdeen World Equity (Morningstar Analyst Rating “Silver”), gestito da un team di 12 analisti coordinati da Stephen Docherty, mantiene da lungo tempo un sottopeso nei confronti dell’economia statunitense. Infatti, un tradizionale indice azionario internazionale, come l’Msci World, ha un’esposizione verso gli Stati Uniti di circa il 50%.

Invece, Aberdeen World Equity mantiene una percentuale di gran lunga più bassa, pari a circa il 24% (a novembre 2011). Il principale motivo attiene alle valutazioni: il team ritiene che le azioni americane in numerosi casi siano care rispetto alle effettive prospettive di crescita e, così, pensano di poter trovare alter-native più convenienti in altri paesi del mondo, come l’Asia, l’America latina e l’Europa. Non si può dire che queste scelte abbiano penalizzato il fondo, in quanto la performance a cinque e dieci anni è di gran lunga superiore alla media, come segnalato anche dal Morningstar Rating di quattro stelle.

Cina e Usa: motori difettosi?

Alcuni gestori trovano meno opportunità di investimento in queste due economie. Vediamo il perché.

Di Dario Portioli

Morningstar.it 27

Molteplici lettureDi esempi su gestori che hanno opinioni diverse dal “consensus” di mercato potremmo farne molti, partendo dagli oltre 3.000 fondi analizzati da Morningstar a livello globale. Infatti, ci sono investitori professionali che non ritengono convenienti i prezzi azionari di alcune economie a forte crescita, che non credono fortemente in alcuni processi di ricambio tecnologico, che non sono soddisfatti del grado di tutela legale degli investimenti o che non trovano un sufficiente grado di diversificazione in alcuni paesi in particolare. In realtà, quello che ci preme sottolineare è che le chiavi di lettura dell’economia e dello stato di salute delle singole imprese, incluse quelle cinesi e statunitensi, possono essere molteplici.

E da ciò scaturiscono i diversi posizionamenti di portafoglio dei fondi a gestione attiva. Il compito del gestore è quello di individuare la chiave di lettura più aderente ai successivi sviluppi del mercato. Il compito dell’investitore, invece, oltre a selezionare una particolare asset allocation (ad esempio, il peso da assegnare in portafoglio ai “paesi emergenti” o alle “azioni internazionali”), è quello di trovare il gestore più abile tra quelli con uno stile di investimento coerente con le proprie preferenze di investimento. Per fare ciò, non basta prendere in esame le performance passate, ma è opportuno svolgere delle analisi con l’aiuto del proprio consulente finanziario e con gli strumenti messi a disposizione dalle società di ricerca sugli investimenti. K

Dario Portioli è fund analyst di Morningstar

10

15

20

25

30

35

2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Fondo Benchmark Categoria

10

15

20

2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Fondo Benchmark Categoria

L’andamento del mercato cinese

Fonte: Morningstar Direct

Aberdeen World equity Acc A

Il Morningstar Analyst Rating

La scala di giudizio utilizzata dal team di analisti sui fondi di Morningstar è la seguente:

Gold: è un giudizio assegnato al miglior fondo, che si distingue per tutti i fattori analizzati (persone, società, processo, performance e prezzo) e, pertanto, gode della più alta valutazione da parte degli analisti;Silver: è un fondo con numerosi punti di forza, ma non per tutti i fattori presi in esame;Bronze: riceve questo rating un fondo che ha un numero di punti di forza che superano i punti di debolezza, consentendo così agli analisti di esprimere un giudizio complessivamente positivo;Neutral: è un fondo che, sulla base dei fattori presi in esame, non mostra né grandi probabilità di sovraperformare, né di sottoperformare la media di categoria;Negative: questo rating viene assegnato nei confronti di un fondo che possiede almeno un elemento negativo che, secondo gli analisti, condurrà a risultati inferiori alla media.

28

Analisi Morningstar

Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012

Nome Fondo Società Categoria Morningstar Morningstar TER Rendimento Rendimento Deviazione Deviazione Morningstar

Analyst Rating 1 anno 3 anni ann. to standard 1 anno standard 3 anni Rating

Schroder ISF US Smaller Comp A Acc Schroder Investment Management Lux S.A. US Small-Cap Equity Gold 2.00 -4.39 12.53 14.86 19.08 4

Schroder ISF US Sm & MdCp Eq A EUR Schroder Investment Management Lux S.A. US Mid-Cap Equity Gold 1.99 -1.38 13.34 14.33 16.81 4

Cap Int US Growth and Income C Capital International US Large-Cap Blend Equity Gold 0.15 -0.54 13.20 11.87 15.12 5

First State Greater China Growth A € First State Investments (UK) Ltd Greater China Equity Gold 1.82 -12.87 22.67 15.53 17.03 5

Franklin Mutual Beacon A Acc € Franklin Templeton Investment Fds US Large-Cap Value Equity Silver 1.86 -1.61 9.39 12.27 15.23 3

Perkins US Strategic Value A EUR Acc Janus Capital Funds Plc US Large-Cap Value Equity Silver 2.47 -0.15 10.72 17.62 17.83 4

Pictet-US Equity Value Selection-P USD Pictet Funds (Europe) S.A. US Large-Cap Value Equity Silver 1.57 0.81 14.41

Robeco US Premium Equities D USD Robeco Luxembourg S.A. US Large-Cap Value Equity Silver 1.69 -0.08 11.75 16.19 17.53 5

BNPP L1 Opportunities USA N BNP Paribas Investment Partners Lux US Large-Cap Growth Equity Silver 2.52 -10.81 9.87 13.03 17.23 3

Threadneedle Amer Sel Ret Net EUR Acc Threadneedle Investment Services Ltd. US Large-Cap Growth Equity Silver 1.68 1.07 13.42 12.29 15.96 3

Investec GSF American Eq A Acc Grs USD Investec Asset Management Luxembourg US Large-Cap Blend Equity Silver 1.96 -9.38 8.78 19.42 18.99 2

BGF US Small & MidCap Opps E2 EUR Blackrock (Luxembourg) S.A. US Mid-Cap Equity Bronze 2.32 -9.01 14.75 15.82 19.55 3

BGF US Basic Value E2 EUR Blackrock (Luxembourg) S.A. US Large-Cap Value Equity Bronze 2.33 -3.15 9.28 13.30 15.97 3

GS US Equity Portfolio Base Acc Goldman Sachs Asset Mngmt Intl US Large-Cap Growth Equity Bronze 1.90 -4.00 9.79 12.55 14.76 3

Allianz RCM US Equity IT USD Allianz Global Investors Ireland Ltd US Large-Cap Blend Equity Bronze 0.95 -4.44 12.54 14.38 17.49 5

BGF US Flexible Equity E2 EUR Blackrock (Luxembourg) S.A. US Large-Cap Blend Equity Bronze 2.32 -0.91 7.70 14.25 16.42 2

Fidelity American Growth A-Acc-EUR Fidelity (FIL (Luxembourg) S.A.) US Large-Cap Blend Equity Bronze 1.95 -2.14 8.23 14.33 15.34 2

Pioneer Fds US Pioneer E EUR HND Pioneer Asset Management S.A. US Large-Cap Blend Equity Bronze 1.65 -0.51 8.71 19.65 18.73 1

SSgA US Index Equity Fund I USD State Street Global Advisors France US Large-Cap Blend Equity Bronze 0.32 3.38 11.26 11.75 14.78 4

Comgest Growth Greater China Comgest Asset Management International L Greater China Equity Bronze 1.75 -26.67 12.26 18.89 17.77 4

ING (L) Invest Greater China X USD Acc ING Investment Management Luxembourg Greater China Equity Bronze 2.37 -18.37 15.20 19.76 19.04 4

Schroder ISF Greater China A Acc Schroder Investment Management Lux S.A. Greater China Equity Bronze 2.02 -22.23 16.58 17.51 18.88 4

Fidelity China Focus A-Acc-EUR Fidelity (FIL (Luxembourg) S.A.) China Equity Bronze 1.95 -20.96 15.40 16.14 17.28 4

Schroder ISF China Opportunities A Acc Schroder Investment Management Lux S.A. China Equity Bronze 2.02 -26.34 11.01 16.70 17.68 4

ING (L) Invest US High Dividend X EUR ING Investment Management Luxembourg US Large-Cap Value Equity Neutral 2.45 1.21 15.42

BGF US Growth E2 EUR Blackrock (Luxembourg) S.A. US Large-Cap Growth Equity Neutral 2.32 -8.67 10.30 11.96 16.62 2

ING (L) Invest US Growth X EUR ING Investment Management Luxembourg US Large-Cap Growth Equity Neutral 2.38 2.16 7.81 11.47 15.45 2

UBAM Calamos US Equity Growth A Union Bancaire Privée (Luxembourg) S.A. US Large-Cap Growth Equity Neutral 2.11 -1.80 18.88 15.01 17.72 2

Fidelity America A-Acc-EUR Fidelity (FIL (Luxembourg) S.A.) US Large-Cap Blend Equity Neutral 1.92 -0.34 13.58 13.26 16.11 4

ING (L) Invest US Research Advtg X EUR ING Investment Management Luxembourg US Large-Cap Blend Equity Neutral 2.34 -0.32 7.35 13.78 14.84 2

LM Capital Mgmt Value A Acc € Legg Mason Global Funds Plc (Dublin) US Large-Cap Blend Equity Neutral 1.85 -6.10 9.71 13.03 17.45 2

Pioneer Fds US Research E EUR ND Pioneer Asset Management S.A. US Large-Cap Blend Equity Neutral 1.69 2.31 11.60 12.19 14.63 4

BGF China E2 EUR Hdg Blackrock (Luxembourg) S.A. China Equity Neutral 2.35 -21.41 17.48 27.19 26.07 3

Robeco Chinese Equities D USD Robeco Luxembourg S.A. China Equity Neutral 1.73 -15.80 17.38 28.13 23.85 3

Fonte: Morningstar Direct, dati % in euro a fine novembre 2011

Fondi azionari Usa e Cina

I comparti con il rating qualitativo Morningstar da Gold (massima valutazione) a Neutral

Morningstar.it 29

Nome Fondo Società Categoria Morningstar Morningstar TER Rendimento Rendimento Deviazione Deviazione Morningstar

Analyst Rating 1 anno 3 anni ann. to standard 1 anno standard 3 anni Rating

Schroder ISF US Smaller Comp A Acc Schroder Investment Management Lux S.A. US Small-Cap Equity Gold 2.00 -4.39 12.53 14.86 19.08 4

Schroder ISF US Sm & MdCp Eq A EUR Schroder Investment Management Lux S.A. US Mid-Cap Equity Gold 1.99 -1.38 13.34 14.33 16.81 4

Cap Int US Growth and Income C Capital International US Large-Cap Blend Equity Gold 0.15 -0.54 13.20 11.87 15.12 5

First State Greater China Growth A € First State Investments (UK) Ltd Greater China Equity Gold 1.82 -12.87 22.67 15.53 17.03 5

Franklin Mutual Beacon A Acc € Franklin Templeton Investment Fds US Large-Cap Value Equity Silver 1.86 -1.61 9.39 12.27 15.23 3

Perkins US Strategic Value A EUR Acc Janus Capital Funds Plc US Large-Cap Value Equity Silver 2.47 -0.15 10.72 17.62 17.83 4

Pictet-US Equity Value Selection-P USD Pictet Funds (Europe) S.A. US Large-Cap Value Equity Silver 1.57 0.81 14.41

Robeco US Premium Equities D USD Robeco Luxembourg S.A. US Large-Cap Value Equity Silver 1.69 -0.08 11.75 16.19 17.53 5

BNPP L1 Opportunities USA N BNP Paribas Investment Partners Lux US Large-Cap Growth Equity Silver 2.52 -10.81 9.87 13.03 17.23 3

Threadneedle Amer Sel Ret Net EUR Acc Threadneedle Investment Services Ltd. US Large-Cap Growth Equity Silver 1.68 1.07 13.42 12.29 15.96 3

Investec GSF American Eq A Acc Grs USD Investec Asset Management Luxembourg US Large-Cap Blend Equity Silver 1.96 -9.38 8.78 19.42 18.99 2

BGF US Small & MidCap Opps E2 EUR Blackrock (Luxembourg) S.A. US Mid-Cap Equity Bronze 2.32 -9.01 14.75 15.82 19.55 3

BGF US Basic Value E2 EUR Blackrock (Luxembourg) S.A. US Large-Cap Value Equity Bronze 2.33 -3.15 9.28 13.30 15.97 3

GS US Equity Portfolio Base Acc Goldman Sachs Asset Mngmt Intl US Large-Cap Growth Equity Bronze 1.90 -4.00 9.79 12.55 14.76 3

Allianz RCM US Equity IT USD Allianz Global Investors Ireland Ltd US Large-Cap Blend Equity Bronze 0.95 -4.44 12.54 14.38 17.49 5

BGF US Flexible Equity E2 EUR Blackrock (Luxembourg) S.A. US Large-Cap Blend Equity Bronze 2.32 -0.91 7.70 14.25 16.42 2

Fidelity American Growth A-Acc-EUR Fidelity (FIL (Luxembourg) S.A.) US Large-Cap Blend Equity Bronze 1.95 -2.14 8.23 14.33 15.34 2

Pioneer Fds US Pioneer E EUR HND Pioneer Asset Management S.A. US Large-Cap Blend Equity Bronze 1.65 -0.51 8.71 19.65 18.73 1

SSgA US Index Equity Fund I USD State Street Global Advisors France US Large-Cap Blend Equity Bronze 0.32 3.38 11.26 11.75 14.78 4

Comgest Growth Greater China Comgest Asset Management International L Greater China Equity Bronze 1.75 -26.67 12.26 18.89 17.77 4

ING (L) Invest Greater China X USD Acc ING Investment Management Luxembourg Greater China Equity Bronze 2.37 -18.37 15.20 19.76 19.04 4

Schroder ISF Greater China A Acc Schroder Investment Management Lux S.A. Greater China Equity Bronze 2.02 -22.23 16.58 17.51 18.88 4

Fidelity China Focus A-Acc-EUR Fidelity (FIL (Luxembourg) S.A.) China Equity Bronze 1.95 -20.96 15.40 16.14 17.28 4

Schroder ISF China Opportunities A Acc Schroder Investment Management Lux S.A. China Equity Bronze 2.02 -26.34 11.01 16.70 17.68 4

ING (L) Invest US High Dividend X EUR ING Investment Management Luxembourg US Large-Cap Value Equity Neutral 2.45 1.21 15.42

BGF US Growth E2 EUR Blackrock (Luxembourg) S.A. US Large-Cap Growth Equity Neutral 2.32 -8.67 10.30 11.96 16.62 2

ING (L) Invest US Growth X EUR ING Investment Management Luxembourg US Large-Cap Growth Equity Neutral 2.38 2.16 7.81 11.47 15.45 2

UBAM Calamos US Equity Growth A Union Bancaire Privée (Luxembourg) S.A. US Large-Cap Growth Equity Neutral 2.11 -1.80 18.88 15.01 17.72 2

Fidelity America A-Acc-EUR Fidelity (FIL (Luxembourg) S.A.) US Large-Cap Blend Equity Neutral 1.92 -0.34 13.58 13.26 16.11 4

ING (L) Invest US Research Advtg X EUR ING Investment Management Luxembourg US Large-Cap Blend Equity Neutral 2.34 -0.32 7.35 13.78 14.84 2

LM Capital Mgmt Value A Acc € Legg Mason Global Funds Plc (Dublin) US Large-Cap Blend Equity Neutral 1.85 -6.10 9.71 13.03 17.45 2

Pioneer Fds US Research E EUR ND Pioneer Asset Management S.A. US Large-Cap Blend Equity Neutral 1.69 2.31 11.60 12.19 14.63 4

BGF China E2 EUR Hdg Blackrock (Luxembourg) S.A. China Equity Neutral 2.35 -21.41 17.48 27.19 26.07 3

Robeco Chinese Equities D USD Robeco Luxembourg S.A. China Equity Neutral 1.73 -15.80 17.38 28.13 23.85 3

Fonte: Morningstar Direct, dati % in euro a fine novembre 2011

Analisi Morningstar

Pagina 1 di 4 | Morningstar® Research Report

Franklin Mutual Global Discovery A Acc $ Indice della categoria Morningstar

MSCI World Free Value NR USD

Morningstar Analyst Rating™

Thomas Lancereau, CFAAnalista di Morningstar

Sintesi

Persone: Langerman, Brugère-Telat eRankin sono molto esperti e applicano bene lafilosofia d’investimento della società.

Società: Franklin Templeton è tra le maggioricase di gestione al mondo. Complessivamente,riteniamo che agisca nell'interesse deisottoscrittori.

Processo: L'approccio si basa sulla selezionedi titoli ed è molto sensibile alle valutazioni,senza allinearsi all’indice.

Performance: Il fondo ha realizzato unasolida performance, superiore a quella dellasua categoria.

Prezzo: Il TER è superiore alla mediana dellacategoria, cosa che appare deludente date ledimensioni degli attivi gestiti dalla società.

Per chi è adatto: Può essere utilizzato peraumentare la diversificazione azionaria alivello internazionale per gli investitori europei.

Morningstar Style Box®: Ownership Zone

Deep Val Core Val Blend Core Grth High Grth

Giant

Large

Mid

Small

Micro

Centroide: media ponderata dei titoli del fondoArea: 75% dei titoli del fondo

(Dati al 30/09/11)

7.0

8.0

9.0

10.0

11.0

12.0

13.0

14.0 Crescita di 10.000 (EUR)

Fondo

Benchmark

Categoria

2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 YTD Performance 30/11/11

- - - - ) * & ) ( * Cat Perf Quartile

- - - - 6.10 0.06 -22.13 16.15 16.73 -6.68 Rendimento tot

- - - - -5.79 6.80 15.17 -6.58 0.14 0.21 +/- Indice Cat

- - - - -4.89 3.17 15.65 -10.91 1.28 1.23 +/- Categoria

- - - - 88 44 4 91 57 41 % Percentile categoria

L' Opinione di Morningstar4 lug 2011 | Questo fondo resta a nostro avviso di buon livello, in

particolare per gli investitori più prudenti.

Peter Langerman e Philippe Brugère-Telat hanno ripreso le redini

del fondo nel dicembre 2009 a seguito del passaggio a PIMCO

dei precedenti co-gestori Anne Gudefin e Charles Lahr.

Langerman è CEO e CIO della gamma Mutual Series, nonché uno

dei membri più anziani del team, e insieme a Brugère-Telat

gestisce con successo il fondo Mutual European (Rating

Morningstar “Gold”) dal 2005. Dalla fine del 2010 sono stati

inoltre affiancati da Timothy Rankin, un gestore esperto che

dispone soprattutto di solide competenze nel segmento delle

piccole e medie capitalizzazioni americane. Questo trio continua

peraltro a godere del supporto del resto del team che conta altri

14 gestori/analisti.

Tutti i membri del team perseguono lo stesso approccio, da cui

deriva una grande coerenza degli investimenti all’interno dei vari

fondi della gamma. Con un chiaro orientamento “value”, questo

approccio ha dato prova delle proprie capacità. La costruzione del

portafoglio si basa sulla selezione di titoli che si scambiano al di

sotto del loro valore intrinseco come calcolato dal team. I gestori

esaminano i “cash flows” scontati ed eseguono un’analisi della

somma delle parti per identificare le azioni sottovalutate. Essi

valutano anche la qualità dei dirigenti e la loro considerazione

per gli interessi degli azionisti. Il fondo non replica alcun

benchmark e la sua allocazione differisce molto dall’indice MSCI

World e dai fondi concorrenti. Così a fine marzo 2011, il 18,9%

del portafoglio era investito nel settore del consumo difensivo,

ossia 1,68 volte la media della categoria. Al contrario,

l’esposizione al Giappone (0,8%) era molto inferiore alla media

(8,9%) poiché i gestori considerano che la cultura d’impresa non

sia molto favorevole agli investitori.

L’importanza delle valutazioni nella selezione di titoli dei gestori

si ritrova anche nella loro disciplina di vendita. Ad esempio hanno

preso una parte dei loro profitti su titoli che avevano raggiunto i

loro obiettivi di quotazione nel primo trimestre del 2011, come

Pernod Ricard e Carlsberg. Hanno utilizzato queste cessioni per

far rientrare nuove società in portafoglio, in particolare nel settore

health care (Roche, Merck) che presenta secondo loro delle

valutazioni molto attraenti. Al contrario, in mancanza di

opportunità, i gestori non esitano a lasciar aumentare la liquidità.

La performance storica del fondo è coerente con lo stile di

gestione. Il fondo, per esempio, ha protetto meglio gli investitori

rispetto al resto della categoria durante la correzione del

2007-2008, anche se ha dovuto cedere il passo nel 2009. Sul lungo

periodo, gli investitori sono largamente vincenti. Il fondo si

classifica nel primo quartile su cinque anni a fine giugno 2011,

per una volatilità di circa due terzi rispetto alla categoria. La

solidità del team e il mantenimento di un approccio sensato,

chiaramente orientato verso l’interesse degli investitori sul lungo

termine, ci fanno pensare che questi buoni risultati dovrebbero

perdurare. Il fondo mantiene quindi un rating “Silver”.

Categoria Morningstar Azionari Internazionali Large CapValue

Benchmark del fondo 100% MSCI World GR USDData di Partenza 25/10/2005Dividendo a 12 mesi % 0.00

ISIN LU0211331839Domicilio LUSSEMBURGOStato legale SICAVValuta di base USDAttivo netto totale USD 1039.10 Mil

Copyright © 2011 Morningstar. Tutti i diritti riservati. Le informazioni, i dati e le opinioni (“Informazioni”) contenute nel presente modulo: (1) sono confidenziali e di proprietà di Morningstar; (2) non costituiscono consiglio diinvestimento; (3) non possono essere copiate o distribuite senza espressa autorizzazione di Morningstar; (4) infine, sono ritenute attendibili da Morningstar, tuttavia l’accuratezza e la completezza delle stesse non può essere innessun modo garantita. Morningstar si riserva il diritto di esigere un compenso per l’utilizzo dei Rating o di altre Informazioni qui contenute. Morningstar non sarà responsabile per danni o perdite derivanti dall'utilizzo dei Ratingo delle altre Informazioni contenute nel presente modulo.

ß®

Franklin Mutual Global Discovery A Acc $

Pagina 2 di 4 | Morningstar® Research Report

Franklin Mutual Global Discovery A Acc $ Indice della categoria Morningstar

MSCI World Free Value NR USD

Gestore Peter Langerman,Philippe Brugere-Trelat, TimothyRankin

Data Inizio Gestione 07/12/09Anni di esperienza nelfondo (media)

1.66

Anni di esperienzacomplessiva

20

Anni di esperienza nelfondo (max)

2.02

Altri fondi gestitiP. Langerman (Franklin Mutual Beacon)P. Brugère Trélat (Franklin Mutual European,Mutual Euroland)

Numero di Analisti 17

PersonePeter Langerman e Philippe Brugère-Telat hanno ripresole redini del fondo nel dicembre 2009 a seguito delpassaggio a PIMCO dei precedenti cogestori Anne Gudefine Charles Lahr. Benché l’uscita improvvisa dei gestori siararamente una buona notizia per gli investitori, nonriteniamo che ci sia motivo di preoccuparsiparticolarmente. Langerman è CEO e CIO della gammaMutual Series e uno dei membri più anziani del team,come Brugère-Telat che gestisce con successo il fondoMutual European (rating Eccellente) dal 2005. Dalla finedel 2010, sono stati raggiunti da Timothy Rankin, chevanta 17 anni di esperienza e ha costruito una notevolecompetenza nel segmento delle piccole e mediecapitalizzazioni americane. Non ci sono ancora

investimenti a titolo personale nel fondo ma Langermane Brugère-Trélat hanno investimenti sostanziali nellaversione domiciliata negli Stati Uniti: oltre un milione didollari per il primo e tra 500.000 e 1 milione di dollari peril secondo. Inoltre questo trio sperimentato gode delsupporto di altri 14 gestori e analisti che compongono ilteam e condividono la stessa visione “value”. Pertanto cisono molte somiglianze tra i portafogli dei vari fondi dellagamma, cosa che permette di attenuare l’impattodell’eventuale uscita di un membro dal team.

Società di gestioneFranklin Templeton Investment Fds

Totale attivi gestiti USD 703,5 MdsTotale attivi nellastrategia

USD 10 Mds

SocietàFranklin Templeton ha sviluppato nel tempo una culturache combina autonomia, efficienza e uno stile diinvestimento prudente. La società ha attratto un notevolenumero di gestori di fondi e ha costituito in modoaggressivo un robusto team di analisti interni. Questo hacontribuito a formare un’offerta di fondi azionari eobbligazionari di buon livello. Con riferimento ai team digestione, Franklin ha stimolato la creazione di un ambientedove le persone tendono a legarsi all'organizzazione;questo è il risultato di una positiva cultura collaborativa.Apprezziamo la struttura dei compensi ai manager, che haalla base principalmente le performance dei fondi controbenchmark e categoria su orizzonti di uno, tre e cinqueanni. I bonus vengono pagati in tre modalità: cash, azioni

di Franklin Templeton e quote dei fondi gestiti. Gli ultimidue pagamenti si perfezionano dopo un certo periodo ditempo. Questo schema offre un buon mix di compensiimmediati e incentivi a continuare la collaborazione conla società; inoltre, incoraggia i gestori ad agirenell’interesse dei sottoscrittori nel lungo termine. I costiapplicati ai fondi offerti sono in media ragionevoli negliUS, ma più cari nelle altre aree geografiche. Il gruppo èstato coinvolto nel biennio 2003-04 in uno scandalo in USsul trading improprio di quote. Sebbene questo eventoabbia impattato sulla reputazione della società, da allorasono stati compiuti importanti passi in avanti perscoraggiare tali pratiche in futuro.

Num. Holdings 100+Concentrazione Max 4%Track Error atteso Nessun targetTurnover atteso 25%Concentrazionesettoriale

Non previsti

Concentrazionegeografica

Non previsti

Utilizzo tattico di Cash SiHedging Parzialmente

CopertoBenchmark del fondo 100% MSCI World

GR USD

Processo: Strategia diInvestimentoIl fondo segue lo stile tipico della gamma Mutual Series:una selezione di titoli con chiaro orientamento “value”.Con l’aiuto degli analisti, i gestori puntano ad azioni chesi scambiano al di sotto del loro valore intrinseco. Essiesaminano i “cash flows” scontati ed eseguono un’analisi“somma delle parti” ma valutano anche attentamente iteam dirigenti. Il portafoglio è costruito senza riferimentoalla struttura geografica o settoriale dell’indice MSCIWorld. I gestori possono anche acquistare debito“distressed” (prossimo al fallimento) e realizzare strategiedi arbitraggio in fusioni-acquisizioni. I prodotti derivati

sono utilizzati in maniera opportunista per assicurare lacopertura o raccogliere premi. L’orizzonte d’investimentoè lungo, per cui si ha un debole tasso di rotazione (25% inmedia l’anno) che riduce i costi di transazione. Nellospirito prudente dei gestori, le posizioni sono costruite inmaniera graduale, dallo 0,5% al 2%, con un massimo del4% previa valutazione. La diversificazione è quindiadeguata (oltre 100 righe) pur evitando di diluire troppo lescommesse migliori. Peraltro i gestori non esitano aprendere i loro profitti e vendono spesso in una sola volta.Lasciano crescere la liquidità in assenza di opportunità.La maggior parte del portafoglio è coperta nella valuta diriferimento dei gestori, il dollaro americano.

Copyright © 2011 Morningstar. Tutti i diritti riservati. Le informazioni, i dati e le opinioni (“Informazioni”) contenute nel presente modulo: (1) sono confidenziali e di proprietà di Morningstar; (2) non costituiscono consiglio diinvestimento; (3) non possono essere copiate o distribuite senza espressa autorizzazione di Morningstar; (4) infine, sono ritenute attendibili da Morningstar, tuttavia l’accuratezza e la completezza delle stesse non può essere innessun modo garantita. Morningstar si riserva il diritto di esigere un compenso per l’utilizzo dei Rating o di altre Informazioni qui contenute. Morningstar non sarà responsabile per danni o perdite derivanti dall'utilizzo dei Ratingo delle altre Informazioni contenute nel presente modulo.

ß®

Analisi Morningstar

Pagina 1 di 4 | Morningstar® Research Report

Aberdeen Global Emerging Markets Equity A2 Indice della categoria Morningstar

MSCI EM NR USD

Morningstar Analyst Rating™

Amaya AssanAnalista di Morningstar

Sintesi

Persone: Il robusto team di gestionerappresenta un punto di forza per il fondo intermini di ricerca.

Società: Acquisizioni strategiche hannoampliato la gamma di fondi, ma Asia & Em.Mkts. restano centrali.

Processo: Aberdeen applica un approcciobottom-up paziente, concentrato sul valore.

Performance: Risultati brillanti a lungotermine, ma a breve sono possibili picchi disottoperformance.

Prezzo: Il fondo è leggermente più carorispetto al valore mediano della categoria.

Per chi è adatto: Strumento di nicchia –come tutte le offerte finanziarie incentrate suimercati emergenti, la volatilità del fondo ètroppo grande perché possa rappresentare unruolo centrale del portafoglio.

Morningstar Style Box®: Ownership Zone

Deep Val Core Val Blend Core Grth High Grth

Giant

Large

Mid

Small

Micro

Centroide: media ponderata dei titoli del fondoArea: 75% dei titoli del fondo

(Dati al 30/11/11)

10.0

20.0

30.0

40.0

50.0

60.0 Crescita di 10.000(USD)

Fondo

Benchmark

Categoria

2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 YTD Performance 30/11/11

- - * ( * ) & * & & Cat Perf Quartile

- - 24.06 30.67 33.49 32.91 -43.90 79.91 25.64 -13.40 Rendimento tot

- - -1.49 -3.33 1.32 -6.48 9.44 1.41 6.76 4.03 +/- Indice Cat

- - 1.62 -0.11 1.30 -5.21 10.80 4.63 7.62 5.93 +/- Categoria

- - 30 57 33 76 8 29 10 8 % Percentile categoria

L' Opinione di Morningstar10 nov 2011 | Aberdeen Global Emerging Markets Equityè una solida scelta per l'esposizione azionaria ai mercatiemergenti.

L’area Asia Pacifico ex-Giappone del fondo è gestita daSingapore mentre il team di Londra, guidato da DevanKaloo, si occupa del resto della regione. La filosofia delfondo risale al 1992, quando Hugh Young e Peter Hamessi trasferirono a Singapore creando un processo moltosolido e un team dotato di grandi risorse. A giugno 2010Hames è andato in pensione. Nonostante questa perdita,il passaggio di consegne è riuscito bene e oggi il teammercati emergenti globali conta oltre 30 membri di variaesperienza. I senior manager sono però in Aberdeen daoltre 10 anni.

Elemento di spicco del fondo è il processo, applicatocoerentemente fin dal suo lancio, che rispecchia la grandeimportanza data alla qualità e alle società in crescitadotate di un management in grado di gestirla. Il teamseleziona aziende di qualità con modelli di businesssostenibili e competitivi, solidi bilanci, elevati rendimentisu attivi e capitale e corporate governance. Per esempio,

il team ritiene che le aziende cinesi non semprerispecchino il loro macroambiente e solo poche possanovantare risultati comprovati e buoni standard di contabilitàe trasparenza. Per questo il team preferisce esporsi allaCina tramite società rinomate domiciliate ad Hong Kongche fanno affari in Cina.

Il team mira a investire sul lungo periodo. Pertanto, larotazione è generalmente inferiore alla media dellacategoria. Inoltre, il fondo è gestito con grandeconvinzione e scarso riferimento al benchmark. Questoaspetto, unito al focus su qualità e investimenti a lungotermine, può portare a periodi di relativasottoperformance, in particolare sui mercati trainati dalmomentum. Detto ciò, il fondo gode dell’approcciocoerente e sensato attuato da un team stabile ed esperto,che ha dato solidi risultati su uno, tre e cinque anni.

Riteniamo che questo fondo sia ancora una valida sceltaper gli investitori alla ricerca di un’esposizionediversificata nella regione e merita quindi il nostro ratingmassimo: Gold.

Categoria Morningstar Azionari Paesi EmergentiBenchmark del fondo 100% MSCI EM NR USDData di Partenza 15/08/2001Dividendo a 12 mesi % 0.00

ISIN LU0132412106Domicilio LUSSEMBURGOStato legale SICAVValuta di base USDAttivo netto totale USD 10830.97 Mil

Copyright © 2011 Morningstar. Tutti i diritti riservati. Le informazioni, i dati e le opinioni (“Informazioni”) contenute nel presente modulo: (1) sono confidenziali e di proprietà di Morningstar; (2) non costituiscono consiglio diinvestimento; (3) non possono essere copiate o distribuite senza espressa autorizzazione di Morningstar; (4) infine, sono ritenute attendibili da Morningstar, tuttavia l’accuratezza e la completezza delle stesse non può essere innessun modo garantita. Morningstar si riserva il diritto di esigere un compenso per l’utilizzo dei Rating o di altre Informazioni qui contenute. Morningstar non sarà responsabile per danni o perdite derivanti dall'utilizzo dei Ratingo delle altre Informazioni contenute nel presente modulo.

ß®

Aberdeen Global Emerging Markets Equity A2

Pagina 2 di 4 | Morningstar® Research Report

Aberdeen Global Emerging Markets Equity A2 Indice della categoria Morningstar

MSCI EM NR USD

Gestore Management TeamData Inizio Gestione 01/07/05Anni di esperienza nelfondo (media)

6.46

Anni di esperienza nelfondo (max)

6.46

Altri fondi gestitiAberdeen Asia Pacific & Japan, Aberdeen AsiaPacific

Numero di Analisti Oltre 30

PersoneUno dei punti di forza di questo fondo è rappresentatodalle grandi risorse analitiche. L’area Asia Pacifico ex-Giappone è gestita da Singapore, il fulcro di Aberdeen inAsia, mentre il team di Londra si occupa del resto dellaregione. Attualmente il team mercati emergenti, guidatoda Devan Kaloo, è costituito da oltre 30 professionisti.Kaloo ha incominciato la sua carriera presso Martin Currienel desk nord-americano, dopodiché ha lavorato per treanni come analista degli azionari asiatici. Si è unito adAberdeen attraverso l’acquisizione di Murray Johnstonenel luglio 2000 ed è stato promosso a gestore senior nel2003, prima di passare alla direzione del desk nel 2005.Riteniamo che il team possieda il giusto mix di esperienzae gioventù. Il team suddivide la copertura azionaria per

regioni e fa leva sulle restanti risorse dell’area AsiaPacifico. Gli analisti di ricerca sono assunti presto a iniziocarriera e vengono ampiamente formati sull’approccio delgruppo, contribuendo a rafforzare la coerenza del processodi investimento. I membri senior del team rivedono i giudizidegli analisti e prendono le decisioni relative allacostruzione del portafoglio. La partenza di Peter Hamesnel 2010, codirettore degli azionari asiatici a Singapore,è senza dubbio una perdita. Tuttavia, sotto la guida diHugh Young, sia il team che il processo sono benconsolidati.

Società di gestioneAberdeen Asset Managers Limited (Lux)

Totale attivi gestiti GBP180 mld 30/9/11Totale attivi nellastrategia

GBP25.7 mld 30/9/11

SocietàPartendo proprio dalle basi, Aberdeen Asset Managementnacque con il lancio di un fondo comune di investimentoda GBP 50 milioni nell’omonima città scozzese nel 1983.La società oggi è un gestore patrimoniale globale, con sediin Europa, Asia e USA e un patrimonio gestito di oltre GBP175 miliardi a settembre 2011. Il fondo è cresciuto siaorganicamente che tramite acquisizioni, tra cui i recentiacquisti di fondi immobiliari. Con acquisizioni strategichee oculate la base di investimento di Aberdeen è statadiversificata e oggi è composta al 15% da immobiliari, al30% da reddito fisso e per la parte restante da prodottiazionari. Aberdeen è particolarmente importante in Asia,dove è investita gran parte della sua esposizioneazionaria. Inoltre, il processo di investimento sviluppato

dal team asiatico di Hugh Young è stato adottato a livelloaziendale nel 2002. Le decisioni di portafoglio sonoadottate collegialmente e Aberdeen evita perlopiù di farcrescere dei gestori “star”, a differenza di alcuni suoi pari.La remunerazione dei gestori è in un certo senso unica,poiché include un elemento molto soggettivo. Anche segli interessi dei sottoscrittori sarebbero allineati in modopiù diretto ai gestori del fondo se la loro retribuzione fosselegata alla performance, da ormai 30 anni la struttura diincentivi di Aberdeen e l'approccio generale diinvestimento trattano bene gli investitori.

Num. Holdings 40-70Concentrazione Max +/-5%Turnover atteso Tipicamente 15-25%Concentrazionesettoriale

Max settore MSCI+/-20%

Concentrazionegeografica

Max per Paese 20%

Utilizzo tattico di Cash NoHedging Non CopertoBenchmark del fondo 100% MSCI EM NR

USD

Processo: Strategia diInvestimentoIl fondo segue il comprovato processo di investimentoglobale di Aberdeen creato nel 1985 da Young e Hames.Il team investe sulla premessa che il prezzo delle azioninel lungo periodo rifletta i fondamentali aziendalisottostanti, perciò investe esclusivamente in titoli chesuperano con successo le barriere qualitative del gruppoe che ne soddisfano i criteri valutativi. Il gruppo valuta laqualità in base alla chiarezza della strategia aziendale edella sua esecuzione attraverso un management esperto.La forza del bilancio, la trasparenza dei proventi (in modoparticolare la crescita del flusso di cassa libero

dall’attività sottostante, escluse poste straordinarie) e unimpegno al valore per i sottoscrittori sono ulteriori trattiche il team ricerca. Le società sono considerate allettantiin termini di valore se appaiono essere negoziate a buonprezzo rispetto a società similari. Per questa attenzionealla qualità e alla valutazione il team è poco propenso apagare troppo per la crescita o per inseguire il momentum,mentre è incline ad andare controcorrente e comprare insettori o società sfavorite. Quando il team trova societàche lo soddisfano, tende a mantenerle, salvo cambiamentisignificativi nei fondamentali sottostanti. Questoapproccio di lungo termine porta ad un basso indice dirotazione, che dovrebbe contribuire a contenere i costi dinegoziazione.

Copyright © 2011 Morningstar. Tutti i diritti riservati. Le informazioni, i dati e le opinioni (“Informazioni”) contenute nel presente modulo: (1) sono confidenziali e di proprietà di Morningstar; (2) non costituiscono consiglio diinvestimento; (3) non possono essere copiate o distribuite senza espressa autorizzazione di Morningstar; (4) infine, sono ritenute attendibili da Morningstar, tuttavia l’accuratezza e la completezza delle stesse non può essere innessun modo garantita. Morningstar si riserva il diritto di esigere un compenso per l’utilizzo dei Rating o di altre Informazioni qui contenute. Morningstar non sarà responsabile per danni o perdite derivanti dall'utilizzo dei Ratingo delle altre Informazioni contenute nel presente modulo.

ß®

34 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012

Analisi Morningstar

Sono cinque gli Etf quotati in Borsa italiana che investono in indici del mercato cinese. Pochi se si confrontano con la trentina di replicanti di Wall Street. La differenza è dovuta a molteplici fattori, tra cui la diversa liquidità delle due piazze finanziarie, il numero di benchmark disponibili, il grado di apertura agli investitori internazionali e le tipologie di azioni disponibili.

I benchmarkPer quanto riguarda gli Stati Uniti, gli indici più comuni sono l’S&P 500, il Dow Jones e il Nasdaq, ma esistono anche altri benchmark tra cui i Russell 1000 e 2000 che colgono i diversi segmenti del mercato, i Ftse Rafi (basati su una metodologia fondamentale e non a capitalizzazione) e l’Msci Usa. Ci sono poi indici paricolari, i cui panieri sono composti dai titoli più liquidi in modo da minimizzare la volatilità.

Per quanto riguarda la Cina, invece, le dif-ferenze sono legate alle tipologie di azioni del mercato, a secondo che i titoli siano sulla piazza di Shanghai o di Hong Kong e che siano acquistabili solo dai cinesi o anche dagli investitori esteri. La gamma di Etf sugli Stati Uniti è vasta, in quanto tutti gli emit-tenti hanno generalmente almeno un fondo specializzato su questo mercato, mentre sulla Cina sono presenti solo le più grandi case di gestione, come iShares, Lyxor, db x-trackers, Amundi e Credit Suisse.

La liquiditàI livelli di liquidità variano in funzione della classe di attivo sottostante (quella delle azioni

americane è generalmente superiore alle ci-nesi). Dal punto di vista dell’investitore essi si traducono in uno spread (differenza tra prezzo di acquisto e di vendita) più o meno ampio. Sul circuito EtfPlus di Borsa italiana, la liquidità è assicurata da uno specialista (intermediario abilitato) che si assume degli obblighi sia in termini di quantità minima da esporre in acquisto e vendita, sia di massima differenza tra i prezzi di acquisto e di vendita. Lo spread rappresenta un costo per l’investitore.

Gli Etf più scambiatiNelle pagine seguenti, proponiamo l’esame dei due Etf, specializzati rispettivamente sugli Stati Uniti e sulla Cina, che sono tra i più

scambiati sul mercato italiano (dati di Borsa italiana a ottobre 2011). Il criterio di selezione è stato il volume di transazioni nell’ultimo anno sia per numero di contratti che per controvalore nel segmento EtfPlus. Si tratta di iShares S&P 500 e Lyxor Etf China Enterprise.I report, realizzati dal team di Etf analyst di Morningstar, analizzano ciascun strumento tenendo conto di sei pilastri fondamentali: il profilo generale, l’outlook fondamentale dell’economia e del mercato di riferimento, la struttura dell’indice, la struttura del prodotto, le commissioni e le alternative. K

Azzurra Zaglio è editor di Morningstar Italy

Usa e Cina negli EtfDi Azzurra Zaglio

La gamma sul mercato americano è più vasta rispetto a quella sulla piazza asiatica. Ma le differenze non finiscono qui.

I cinque pilastri dell’Etf Report

ProfiloGli analisti considerano la situazione economica e finanziaria che può influenzare l’andamento dell’Etp, in modo da delineare il miglior uso all’interno di un portafoglio di investimento. FondamentaliMorningstar analizza la situazione macroeconomica che può influenzare la performance del prodotto. In particolare traccia il quadro congiunturale e di mercato. Offre anche un’indicazione delle valutazioni dell’indice sottostante (a premio o a sconto). Struttura dell’indiceL’analisi approfondisce le metodologie di ponderazione, i limiti nella concentrazione dell’indice su singoli titoli, gli aggiustamenti del flottante, i periodi di revisione e di ribilanciamento, il trattamento dei dividendi, ecc.Struttura del prodottoMorningstar analizza come il prodotto è costruito per replicare o simulare la performance dell’indice o delle materie prime di riferimento. In particolare, vengono considerati i metodi di replica (fisica o sintetica), la tipologia di prodotto (fondo comune o altro), gli eventuali rischi di controparte, le misure impiegate per ridurli, le politiche di distribuzione dei dividendi, il ricorso al prestito titoli, e così via.CommissioniIl total expense ratio (Ter) dell’Etf, che è un indicatore sintetico della spesa totale, viene confrontato con quello dei concorrenti.AlternativeGli analisti collocano il prodotto nel contesto più ampio dell’offerta di Etf o prodotti simili, per mettere in luce i punti di forza e debolezza.

Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 201236

ETF Analysis

ProfiloiShares S&P 500 è un Etf azionario adatto ad avere un ruolo core in portafoglio, indipen-dentemente da dove si trova l’investitore. E’ un’ottima opportunità per ottenere un’esposizione sul mercato azionario statunitense (il più grande al mondo e che rappresenta un terzo della capitalizzazione totale del mercato mondiale), dato che segue l’indice più ampiamente replicato sulla terra, l’S&P500. Alcune caratteristiche come un costo relativamente basso (rispetto ai fondi tradizionali) e una liquidità molto alta lo rendono una delle vie migliori per puntare sugli Stati Uniti.

Nonostante sia composto maggiormente da società ad alta capitalizzazione, l’indice ha mostrato virtualmente una correlazione del 100% con l’Msci US Broad Market Index, che rappresenta più fedelmente il mercato azionario statunitense e che rappresenta il 99,5% della capitalizzazione dei titoli scambiati sul mercato Usa. Nel 2010, l’S&P 500 ha sottoperformato l’Msci US di circa il 2%, dal 13% al 15%.

Questo Etf può inoltre essere utilizzato per finalità tattiche, per esempio come scom-messa speculativa sul mercato azionario degli Stati Uniti o per coprire una posizione già esistente. L’elevata liquidità lo rende uno strumento ideale per fare operazioni a breve

termine che, in altro modo avrebbero costi di transazione più alti. Questo è vero soprattutto per gli investitori istituzionali che muovono rapidamente grosse somme di denaro e quindi cercano di minimizzare i costi.

Dato l’elevato numero di imprese multinazio-nali, l’indice offre un’esposizione agli andamenti macroeconomici mondiali e non solo ai consumi interni degli Stati Uniti. Circa il 45% del fatturato dei titoli compresi nell’indice non proviene dagli Usa, per cui l’Etf fornisce un’ampia diversificazione geografica.

FondamentaliIl decennio 2000-2010 è stato uno dei peggiori per l’S&P 500 dalle sue origini nel 1957. E’ iniziato con la bolla tecnologica e terminato con la crisi finanziaria. La performance aggregata (dal 2000 al 2009) è stata negativa per il 10%. Il risultato sarebbe stato peggiore se non ci fosse stato il rally del 2009. Nel 2010 l’indice ha continuato a crescere, aumentando del 14% in dollari. Alla data di stesura del report (31 marzo 2011) gli analisti finanziari di Morningstar credono che l’indice stia trattando a sconto rispetto al suo fair value stimato.

L’indice, inoltre, sembra trattare a sconto anche sulla base della media sui 10 anni di alcuni parametri di valutazione come il rapporto prezzo/utili, il rapporto prezzo/valore

contabile, il rapporto prezzo/cash flow e il rapporto prezzo/vendite. Tuttavia questi valori dovrebbero essere considerati all’interno di un contesto più ampio. I profitti aziendali delle aziende che compongono l’S&P 500 sono vicini ai massimi storici in percentuale sul Pil (Prodotto interno lordo) per cui un’ulteriore espansione appare improbabile senza una crescita significativa dell’economia. In effetti un qualsiasi declino nei margini potrebbe essere accompagnato da una compressione del rapporto prezzo/utili.

Mentre la valorizzazione dell’indice appare equa al momento, ci sono molti rischi nell’economia degli Stati Uniti che devono essere presi in considerazione. La crisi del 2007-2009 è ufficialmente terminata e la crescita del Pil è in ripresa. Il mercato immobiliare, il catalizzatore iniziale della crisi, è tuttora estremamente debole. I prezzi delle case hanno smesso di scendere rapidamente, ma i numeri delle vendite e delle costruzioni di abitazioni sono ancora molto deboli. Gli interventi governativi nel mercato sotto forma di sussidi per l’acquisto di case e rimodula-zione dei mutui pare non abbiano incoraggiato un rimbalzo sostenibile nella domanda del mercato privato.

Alla debolezza del settore immobiliare si è affiancata quella del mercato del lavoro. I tassi di disoccupazione sono cresciuti

iShares S&P 500Di Alan Rambaldini - Aggiornato al 31 marzo 2011

E’ uno dei migliori strumenti per esporsi al mercato americano. Grazie a bassi costi ed elevata liquidità .

Morningstar.it 37Morningstar.it 37

vertiginosamente dato che pochi settori economici erano in grado di assorbire i lavoratori edili lasciati a casa o altre vittime della diminuzione della domanda immobiliare interna. I disoccupati di lungo termine finiscono per esaurire i risparmi e le indennità, e quindi riducono i consumi, ponendo un limite alla crescita della domanda interna a breve termine. Il protrarsi di tale problema può trasformare una crisi ciclica in strutturale.

La situazione delle grandi imprese è migliore per effetto delle ristrutturazioni aziendali. Con il taglio della forza lavoro, le società sono riuscite a proteggere i loro margini di profitto ma, rischiano di compromottere lo sviluppo. Con prospettive di crescita dei salari limitate e la paura che la perdita di un lavoro porti alla disoccupazione a lungo termine, il consuma-tore americano, responsabile di più dei due terzi del Pil, difficilmente potrà riuscire a portare la nazione fuori dalla recessione.

Le migliori opportunità per le grandi multina-zionali sono fuori dagli Stati Uniti, soprattutto nei mercati emergenti. Il dollaro americano debole ha aiutato la redditività di certe aziende ma ha determinato prezzi più alti per le commodity.

Struttura dell’indiceL’S&P 500 TR USD Index è composto dalle azioni delle 500 maggiori società che hanno la sede centrale negli Stati Uniti (solo un gruppo ridotto non lo è). Una apposita commissione seleziona i componenti dell’indice dall’universo dei titoli ad alta capitalizzazione. I fattori più importanti esaminati per determi-nare se includere una società sono le dimensioni, la liquidità e una bilanciata rappresentatività dei settori (basata sul principio “società leader nei settori leader”). Le società, per essere incluse, devono inoltre registrare quattro trimestri consecutivi di utili.

Le ponderazioni sono basate sulla capitaliz-zazione corretta per il flottante. Questi aggiustamenti servono ad assicurare che la liquidità sottostante dei titoli sia superiore

rispetto a una ponderazione basata sulla pura capitalizzazione di mercato. Dal momento che comprende 500 delle maggiori società quotate sulla Borsa degli Stati Uniti, l’indice rappre-senta il 75% dell’intera capitalizzazione di mercato del paese. Ciò lo rende un ottimo strumento per accedere a tutto il mercato azionario statunitense. Il settore più ampio, l’informatica, rappresenta il 19% dell’indice.

Struttura del prodottoiShares S&P 500 ETF utilizza la tecnica “fisica” per replicare la performance dell’S&P 500. Il fondo detiene tutti i componenti dell’indice. iShares può prestare titoli del portafoglio per un importo fino al 95% del Nav (Net asset value) per generare reddito aggiuntivo. Blackrock, la controllante di iShares, gestisce il processo di prestito dei titoli. Il fondo condivide il 60% del reddito generato mediante il prestito di titoli con i detentori del fondo. Questa pratica introduce un rischio di controparte visto che la parte a cui vengono prestati i titoli può essere inadempiente. Per minimizzare il rischio ai prestatori è richiesta una garanzia collaterale che ammonta tra 102,5% e 112% del valore del prestito. Gli sforzi intrapresi per ridurre il rischio includono un controllo regolare della stabilità finanziaria delle controparti, la segregazione del collaterale in un conto vincolato di terze parti e la rivalutazione giornaliera del valore del collaterale in base ai dati di mercato. Il reddito

aggiuntivo generato mediante il prestito di titoli può aiutare a ridurre la differenza tra fondo e benchmark. L’Etf distribuisce dividendi trimestralmente. Gli scostamenti dal benchmark nel periodo che va da quando il fondo riceve dividendi a quando li distribuisce possono essere fonte di tracking error. La differenza tra le ritenute fiscali addebitate dagli Stati Uniti sui dividendi pagati agli investitori esteri e le ritenute fiscali dell’indice (che è un Net Total Return Index) è un’altra fonte di potenziali problemi di replica. L’Etf è domiciliato in Irlanda e scambia in dollari americani, sterline britanniche ed euro.

CommissioniIl fondo ha un Ter dello 0,40%, più alto di quello della gran parte dei prodotti concorrenti.

AlternativeDa quando l’accordo di licenza esclusiva di iShares con Standard & Poor per l’S&P 500 Index in Europa è scaduto, a metà del 2010, tutti i maggiori emittenti hanno proposto un Etf che replica l’indice. Gli investitori possono scegliere tra replica swap based e fisica. Molti concorrenti hanno Ter più bassi, ma l’Etf iShares è il più liquido. Un fattore che gli investitori devono considerare nella scelta tra i diversi prodotti. K

Alan Rambaldini è analista europeo sugli Etf

di Morningstar

8

9

10

11

K

03/2011 06/2011 09/2011 12/2011

iShares S&P 500 USD (IE)

iShares S&P 500

Fonte:Morningstar Direct

Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 201238

ETF Analysis

Profilo Il Lyxor Hang Seng China Enterprise Index (Hscei) Etf è un fondo-paese che è più adatto per essere usato come strumento tattico. È importante notare che la gamma dei fondi relativi ai mercati emergenti tendono ad avere una forte esposizione sulle azioni cinesi, per cui gli investitori che già hanno in portafoglio queste aree devono fare attenzione a non avere troppa Cina in portafoglio.

Fondamentali La Cina ha sorpassato il Giappone come seconda economia del mondo in termini di Prodotto interno lordo (Pil). Sulla base del Pil pro-capite, però, la Cina è ancora in ritardo rispetto ai Paesi sviluppati. La crescita è avvenuta nell’arco di 30 anni, da quando lo stato è passato a un’economia maggiormente basata sul mercato. Il governo centrale è stato responsabile nel coordinamento di gran parte di questa crescita e continuerà a giocare un ruolo chiave nella guida dell’economia.

Le esportazioni rappresentano una gran porzione del Pil cinese – più del 20% secondo i dati del National Bureau of Statistics. La grande riserva di lavoro a basso costo è un vantaggio per l’export.

Come altre grandi economie dell’Asia, in particolare Giappone e Corea del Sud, la Cina si è sviluppata soprattutto attraverso

l’industria manifatturiera a discapito di una crescita più equilibrata. Per contro, i consumi privati sono contenuti.

Lo Stato è presente nell’azionariato di molte società quotate, con il rischio di interferenze a discapito della creazione di valore per tutti gli azionisti. Per esempio, China Mobile che è per il 70% di proprietà statale sta implementando i servizi 3G (comunicazioni di terza genera-zione) utilizzando una tecnologia cinese (nota come TD-SCMA), al posto di quelle più avanzate, a disposizione dei concorrenti locali, come China Unicom e China Telecom. A preoccupare sono anche le similitudini con ciò che ha causato la crisi finanziaria americana, in particolare l’allentamento degli standard creditizi e il rischio di una bolla immobiliare.

Struttura dell’indiceL’Hscei è un buon benchmark per gli investitori internazionali in azioni cinesi. Poiché il governo cinese limita la proprietà straniera di azioni, l’indice include soltanto società cinesi quotate sulla Borsa di Hong Kong. Le aziende costituite in Cina quotate sullo Sehk sono note come ‘Azioni H’, mentre quelle costituite fuori dalla Cina, ma la cui prevalenza del business avviene in Cina e hanno almeno il 30% delle loro azioni detenute da soggetti situati sul territorio cinese, sono conosciute come ‘Red Chips’. Molte delle società H hanno anche una classe di azioni separata disponibile su

territorio cinese per investitori locali e ci può essere un’ampia discrepanza di prezzo tra le due classi azionarie.

Ad oggi, l’indice include 42 azioni, ponderate per il flottante di mercato così che l’indice rifletta la disponibilità effettiva di azioni dei costituenti. L’Hscei è un indice di prezzo, denominato in dollari di Hong Kong. Le società di servizi finanziari costituiscono più della metà del paniere (57%) e le società energe-tiche rappresentano il 22%. Ciò rende l’indice meno diversificato rispetto al Ftse China 25, nel quale le società finanziarie coprono solo il 46%.

Struttura del prodottoL’Etf utilizza una replica swap-based per riprodurre la performance dell’indice. Invece di tenere i titoli effettivi del paniere di riferi-mento, come un Etf a replica fisica, il fondo ha un basket sostitutivo composto da azioni europee. La replica, infatti, è assicurata dallo swap Otc (over-the-counter), stipulato da Lyxor, che scambia la performance del paniere con il rendimento del benchmark.

Nella maggior parte dei casi la controparte dello swap è Société Générale, casa madre di Lyxor. Nei casi in cui Lyxor impegna una terza parte, Société Générale garantisce lo scambio, fornendo un’ulteriore protezione agli investitori.

Lyxor Etf China EnterpriseDi Alan Rambaldini - Aggiornato al 31 marzo 2011

Espone alle azioni cinesi quotate ad Hong Kong. Adotta il metodo di replica sintetico.

Morningstar.it 39Morningstar.it 39

La normativa Ucits prevede che l’esposizione individuale alla controparte sia limitata al 10% del Nav (Net asset value), ma Lyxor tipica-mente rivede lo swap quando l’esposizione raggiunge un livello compreso tra il 5 e il 7% del Nav del fondo o quando scatta il meccanismo di creazione/riscatto quote.

Lyxor non effettua prestito titoli con i suoi Etf. Il fondo distribuisce i dividendi annualmente. E’ possibile che si verifichi il fenomeno del cash drag, da quando Lyxor riceve i dividendi a quando li distribuisce, con possibilità che il tracking error aumenti. L’Etf è domiciliato in Francia ed è quotato in euro su Deutsche Borse, Euronext Paris, Bolsa de Madrid e Borsa Italiana.

CommissioniIl Lyxor Etf China Enterprise Hscei ha un Ter (total expense ratio) di 0,65%. Ci sono Etf azionari cinesi con Ter minori, tra cui ComStage’s Hscei con un Ter di 0,55%. Tuttavia, il costo totale della detenzione dell’Etf di Lyxor potrà risultare minore per gli investitori, considerata la maggiore liquidità di questo strumento.

AlternativeLyxor offre un Etf che replica l’Hscei sulla Borsa di Londra che scambia in sterline. Ha una media di volumi scambiati molto

più bassa rispetto al Lyxor Etf Hscei in valuta europea. Come emittenti concorrenti, ComStage è il solo a offrire un Etf Hscei. È disponibile con un Ter di 0,55% sia su Deutsche Borse sia su Six Swiss Exchange.

Altre opzioni per un’esposizione azionaria sul mercato cinese sono gli Etf che replicano l’indice Ftse China 25, emessi da iShares, db x-trackers e EasyEtf. Pur avendo solo 25 azioni, il tetto massimo del 10% su ogni singolo componente rende l’indice più diversificato per settori e meno concentrato nelle prime dieci società (circa il 63% del valore dell’indice).

Per chi predilige la replica fisica, il prodotto di iShares ha un Ter di 0,74%, mentre gli investitori che cercano minori costi totali possono optare per quello di db x-trackers che ha un Ter dello 0,60%.

Infine, per coloro che preferiscono gli indici Msci, Amundi propone due alternative, una in euro e l’altra in dollari americani, entrambe disponibili su Euronext Paris con un Ter dell’0,55% annuo. Con 49 società (ad oggi), l’Msci China ha un profilo molto simile al Ftse China in termini di settori e di concentra-zione nelle prime dieci società. K

Alan Rambaldini è analista europeo sugli Etf

di Morningstar

7

8

9

10

11

K

03/2011 06/2011 09/2011 12/2011

Lyxor ETF China Enterprise

Lyxor ETF China Enterprise

Fonte:Morningstar Direct

Glossario

Hscei: è l’acronimo di Hang Seng China enterprise index e comprende le azioni cinesi quotate sulla Borsa di Hong Kong.Azioni H: sono emesse da imprese registrate nella Repubblica popolare cinese che hanno ottenuto dagli organi di controllo locali l’autorizzazione alla quotazione alla borsa di Hong Kong. Differiscono dalle azioni A, che sono denominate nella valuta locale (il renminbi o yuan) e quotate sulle piazze borsistiche di Shanghai e Shenzhen. Solo agli investitori indigeni e ai cosiddetti investitori istituzionali stranieri qualificati (Qfii) ne è consentito l’acquisto. Un’altra tipologia è rappresentata dalle azioni B, anch’esse quotati a Shanghai e Shenzhen ma denominate rispettivamente in dollari statunitensi (Shanghai) e dollari di Hong Kong (Shenzhen). Possono essere acquistate dagli investitori privati esteri, ma siccome talvolta sono poco liquidi.Red Chip: sono titoli di imprese a larga capitalizzazione, il cui azionariato è sotto influsso cinese per almeno il 30% e il cui azionista principale deve essere di nazionalità cinese. Sono quotati a Hong Kong, denominati nel rispettivo dollaro, e la loro compravendita è consentita in ogni momento anche agli investitori stranieri.

40

Analisi Morningstar

Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012

Uno dei primi insegnamenti dei manuali di tattica militare spiega come le battaglie si possano vincere imponendo la propria forza o, in alternativa, cercando di sfruttare le caratteristiche dell’avversario. E gli Stati Uniti, che di strategie militari se ne intendono, sembrano voler far leva sulle recenti difficoltà dell’economia cinese per riaffermare la loro superiorità nello speciale duello per la conquista del primato tra le economie mondiali. I dati relativi ai tassi di crescita della produzione industriale, dei consumi, ma soprattutto quelli riguardanti le esportazioni mostrano come Pechino stia rialzando il piede dall’acceleratore.

Il progresso delle vendite all’estero è sceso dal +25%, riportato a settembre, al +15% di novembre, e questo ha prodotto una contra-zione della bilancia commerciale (differenza tra importazioni ed esportazioni) del 37% su base annua. Washington, al contrario, esporta una parte molto minore della sua ricchezza prodotta, pari al 14%, e può contare sulla solidità dei consumi interni, che rappresen-tano il 60% del Pil americano.

Gli Usa benedicono la mid-class cineseAnalizzando le possibili evoluzioni dei singoli comparti economici si scopre come una fetta importante dell’economia a stelle e strisce farà affari d’oro grazie allo sviluppo sociale ed economico di Pechino. Il boom economico ha fatto nascere, ed è destinata a far prosperare nel futuro, la “middle class”. Per questo motivo le grandi multinazionali del consumo stanno investendo per posizionarsi adeguata-mente sul mercato cinese. Yum Brands, leader

nella ristorazione fast-food grazie alle catene di ristoranti KFC, Pizza Hut e Taco Bell, è una di queste. Il gruppo americano ricava già il 40% del suo reddito operativo dalle attività nella Repubblica popolare e i nostri analisti prevedono che la società possa ulteriormente espandersi in questa regione raggiungendo quota 25 mila ristoranti nei prossimi 10 anni. Questo avrebbe un positivo impatto sia sulla crescita del fatturato (+8% annuo per i prossimi 10 anni) che sul margine operativo, che salirebbe dal 15% al 19%, e motiverebbe la valutazione del prezzo obiettivo del titolo data dagli analisti di Morningstar pari a 63 dollari per azione.

Discorso analogo per Nike, il primo produttore mondiale di abbigliamento sportivo, per il quale gli analisti prevedono che il fatturato generato dalla regione cresca nei prossimi anni ad un ritmo del 10% annuo, raggiun-gendo quota 2,6 miliardi di dollari nel 2013. L’esplosione della classe media cinese sarà un toccasana anche per l’industria automobilis-tica. Pechino rappresenta il primo mercato mondiale di veicoli per passeggeri e piccoli veicoli commerciali e le principali case automobilistiche straniere hanno cannibaliz-zato l’offerta locale.

Abitudini più occidentali Chi ha già seminato e può raccogliere i frutti, sono le società attive nel comparto del lusso come Tiffany&Co e Coach. Nel 2011 il consumo di beni di fascia alta in Cina ha registrato un progresso superiore al 30% e ora questo mercato rappresenta circa il 20% del totale. Per avere un’idea dell’enorme

potenziale di crescita del comparto nella Repubblica popolare basti pensare che i maggiori consumatori di beni di lusso in Cina sono nella fascia d’età tra i 20 e 30, quindi con molti anni ancora davanti a loro, e, cultural-mente molto ben disposti a spendere cifre elevate per prodotti di qualità. Oltre all’abbigliamento e a tutto ciò che è attinente al lusso, i cinesi hanno iniziato a spendere molto anche in alcolici e nel gioco d’azzardo.

La Kweichow Moutai, società leader nella produzione di alcolici di fascia alta, ha visto crescere considerevolmente negli ultimi quattro anni sia il suo giro d’affari che gli utili e gli analisti di Morningstar prevedono per lei un incremento del fatturato del 45% per l’anno in corso e del 25% nel 2012, mentre l’utile per azione tra il 2013 e il 2015 promette di crescere complessivamente del 20%. L’americana Las Vegas Sands, invece, il più grande gestore al mondo di strutture integrate di resort e casinò, produce oltre il 60% del suo fatturato in Cina.

Le ragioni dell’elevata valutazione degli analisti Morningstar, pari a 74 dollari per azione, risiedono nella scarsa concorrenza nel mercato cinese del gioco, considerato il numero ancora molto limitato di licenze concesse dal Governo, e dalle sue enormi potenzialità di espansione. La crescita del benessere contribuirà a cambiare anche le abitudini alimentari dei cinesi e questo, indirettamente, avrà effetti positivi sul settore chimico (e quindi su società come Monsanto).

Gli affari d’oro di New York a PechinoDi Francesco Lavecchia

Morningstar ha selezionato le aziende Usa avvantaggiate dalla crescita cinese e quelle asiatiche protette dalle barriere alla libera concorrenza.

Morningstar.it 41

La mano “visibile” di PechinoNon sempre però le grandi multinazionali straniere riescono a posizionarsi sul mercato cinese e a sfruttare le sue enormi potenzialità di crescita. Il governo cinese controlla diret-tamente una fetta importante dell’economia del paese e non lascia libero spazio alla concorrenza. E’ questo, ad esempio, il caso del comparto assicurativo, ancora abbastanza chiuso all’ingresso di player esteri che ora rappresentano circa il 5% del mercato.

Il mercato assicurativo ha registrato tassi di crescita importanti negli ultimi anni, solo tra il 2005 e il 2010 c’è stato un progresso del 24%, ma il grado di adesione a sistemi assicurativi è ancora basso. In un’ottica di medio-lungo periodo, quindi, questo business promette di garantire elevati rendimenti ed è per questo che gli analisti di Morningstar individuano nella Ping An Insurance una delle migliori idee di investimento del settore. Essa, infatti, è il più grande conglomerato finanziario del paese e potrà far leva sulla sua grande rete distributiva e sulle potenzialità generate

dal cross-selling per sfruttare al meglio la crescente domanda di copertura assicurativa.

Il peso dello stato si sente forte anche nel settore delle costruzioni. Questo comparto ha vissuto recentemente un periodo di grande euforia borsistica grazie al processo di urbanizzazione di massa che ha vissuto il paese, ma adesso le preoccupazioni di un rallentamento dell’economia del Dragone hanno allontanato gli investitori. Gli analisti di Morningstar sono convinti che nel breve periodo il business delle costruzioni possa soffrire, ma in un orizzonte temporale più largo è ragionevole aspettarsi che il Governo riprenda a spendere. Ed è per queste ragioni che Morningstar individua nella cinese XCMG Construction Machinery una delle migliori opportunità di investimento del settore. I suoi prezzi molto competitivi e la rete distributiva le hanno permesso di guadagnarsi una fetta importante del mercato. Inoltre, essendo una società a partecipazione statale non ha difficoltà a finanziare i propri investimenti e acquisizioni attraverso l’emissione di prestiti.

Il Governo di Pechino è molto attivo anche nel comparto energetico e in particolare in quello del carbone, che rappresenta la fonte energetica principale del paese. Sotto il controllo statale il comparto sta vivendo un forte processo di consolidamento. Tra le società del settore, gli analisti di Mornigstar giudicano la China Shenhua come quella meglio posizionata. A motivare la valutazione è un portafoglio integrato che comprende le miniere di carbone, gli impianti energetici e una vasta rete di trasporti di proprietà.

Tra i settori che trarranno vantaggio dalla mano non proprio invisibile dello stato c’è quello dei trasporti, dove la preferenza va al Shanghai International Port, il primo porto al mondo per traffico di container, che beneficerà degli investimenti promessi dal governo per promuovere il commercio sul fiume Yangzi. Inoltre, la collocazione in Shanghai lo distingue dai concorrenti. K

Francesco Lavecchia è stock analyst di Morningstar

I vincitori della sfida Usa-Cina Le società che usciranno più forti dalla prossima congiuntura economica

USA Winners

Nome Settore Industria Market Cap (Mld) Prezzo Obiettivo Prezzo/Prezzo Obiettivo Star Rating

Yum Brands Consumer Cyclical 26.89 63 0.926825397 3

Las Vegas Sands Consumer Cyclical Traverl&Leisure 31.32 74 0.577702703 4

Nike Consumer Cyclical Manufacturing - Apparel & Furniture 43.97 90 1.053555556 3

Monsanto Basic Materials Agricuture 37.82 80 0.882875 4

General Motors Consumer Cyclical Auots 32.39 48 0.43125 5

Chinese Winners

Nome Settore Industria Market Cap (Mld) Prezzo Obiettivo Prezzo/Prezzo Obiettivo Star Rating

YChina Shenhua Energy Basic Materials Coal 489.09 32 0.778125 4

Wuliangye Yibin Consumer Defensive Beverages-Alcoholic 129.06 38 0.898684211 4

Shanghai International Port Industrial Transportation&Logistic 59.62 4 0.655 5

Ping An Insurance Financial Services Insurance-life 269.07 66 0.515 5

XCMG Construction Industrial Farm & Construction Machinery 28.48 - - - Machinery

Fonte dati: Morningstar Select, dati al 23 Dicembre. Valori in valuta USD per le società americane e CNY per le società cinesi

42

Gli Strumenti Morningstar

Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012

In un periodo storico in cui l’equilibro finanziario internazionale si trova più che mai sotto la lente di analisti ed esperti, l’attenzione verso i principali protagonisti dell’economia mondiale diventa sempre più accesa. Analogamente, anche l’investitore si rivela più attento a comprendere le implicazioni di una scelta di investimento orientata verso un determinato mercato o una particolare area di interesse, special-mente se questa è rivolta verso gli attori più importanti, quelli le cui scelte di politica economica e commerciale sono in grado di influenzare le dinamiche globali.

Non è dunque un caso che l’attenzione si rivolga al mercato americano e a quello cinese: se da un lato l’economia mondiale ha riportato nel corso degli ultimi decenni una correlazione molto forte con quella americana, più recentemente la Cina ha rappresentato un’alternativa interessante per gli elevati tassi di crescita riportati fino ad oggi.

Occhio alla diversificazioneLa scelta di orientarsi verso una particolare economia porta con sé delle implicazioni in termini di asset allocation di portafoglio: aggiungere al proprio ventaglio di opportunità di investimento uno strumento specializzato in un determinato paese può apportare benefici di diversificazione sotto alcuni aspetti, ma anche di concentrazione del rischio sotto altri.

Una scelta accurata dell’investimento e del paese su cui puntare passa attraverso un esame dei fattori che caratterizzano non solo l’economia interessata, ma anche gli strumenti di investimento ai quali è collegata. In questo senso l’esame dei fondi che hanno il focus sugli Stati Uniti e la Cina lascia trasparire alcune affinità tra questi due tipi di strumenti, ma anche molte differenze in termini di stile, capitalizzazione delle società ed esposizione settoriale.

Grandi patrimoniL’investitore italiano che desidera investire

negli Stati Uniti e in Cina può contare sul fatto che sono tra i fondi azionari specializzati su singoli paesi con le maggiori masse gestite. In particolare quelli americani sono primi, mentre i cinesi ricoprono la terza posizione, dopo il Giappone. I primi fondi sulla Cina disponibili per l’investitore italiano sono approdati nel 2005, per poi riscontrare un crescente successo negli anni successivi (Figura 1).

Lo scoppio della recente crisi finanziaria sembra aver raffreddato gli entusiasmi per l’investimento sui mercati in generale e il posizionamento dimensionale sia dei

Cina e Usa sono big anche nei fondi

Di Alice Bravi

Gli azionari specializzati nei due paesi sono tra i maggiori per dimensione. Prediligono le large cap e le aziende con forte vantaggio competitivo. Ma differiscono nei settori e nel grado di rischio.

CinaUSA

2

4

6

8

10

12

14

jan ‘01 nov ‘01 sep ‘02 jul ‘03 may ‘04 mar ‘05 jan ‘06 nov ‘06 sep ‘07 jul ‘08 may ‘09 mar ‘10 jan ‘11

Fig. 1 Dimensione dei fondi investiti in Cina e Stati Uniti in rapporto a quella totale dei fondi azionari vendibili in Italia espressa in termini di TNA (total net asset)

Morningstar.it 43

fondi cinesi che di quelli americani ne ha lievemente risentito.

Quando lo stile fa la differenzaAnche se i gestori hanno cominciato a con-centrarsi sulla Cina solo in questi ultimi anni, il focus sulla tipologia di investimento è ben definita: puntare su società a larga capitaliz-zazione e con un ampio vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza. Le large cap cinesi sono infatti presenti nel portafoglio dei fondi per ben l’85%, contro il 55% dei fondi ameri-cani (Figura 2). La differenza in termini di stile di gestione lascia trasparire nei fondi cinesi una leggera inclinazione alle società value (che rappresentano circa il 40%).

La scelta di privilegiare realtà consolidate per l’investimento in Cina appare esattamente speculare a quella espressa dal gestore che investe negli Stati Uniti, più attratto da società che esprimono maggiore orientamento alla crescita. Se a questo dato si aggiunge l’esame dell’Economic moat delle società interessate, ovvero il vantaggio competitivo, emerge come gli asset manager che investono sul mer-cato cinese siano concentrati unicamente su società in grado di mantenersi ad una buona distanza dai concorrenti.

E’ analoga la tendenza dei fund manager a Wall Street: prevalgono le società altamente competitive, ma il portafoglio è

distribuito anche su altri livelli concorrenziali, spesso inferiori.

Stati Uniti e Cina diversi anche per esposizione settorialeSe i fondi che investono negli Stati Uniti e in Cina restano comunque orientati principal-mente verso società a larga capitalizzazione, l’esposizione settoriale evidenzia differenze marcate. Puntare su una determinata econo-mia implica scelte di esposizione che sappiano valorizzare il portafoglio cogliendo i punti di forza di quel particolare mercato. Ne è un esempio la differenza tra le scelte di investimento effettuate dai gestori di fondi che investono in queste due nazioni (Figura 5).

Da un’analisi dei macrosettori dell’economia emerge come i fondi yankee tendano a privi-legiare i settori definiti ”Sensibili” (energia, tecnologia, beni industriali, comunicazione) rispetto a quanto preferito dai fondi cinesi, ovvero settori maggiormente legati al ciclo dell’economia, spesso supportati dagli elevati tassi di crescita della Cina.

Nel dettaglio, in America la tecnologia pesa per circa il 19% e i beni industriali per il 13%. In Cina, il comparto più rappresentato è quello finanziario che da solo copre il 28% del portafoglio dei fondi. Seguono poi i settori legati all’energia (12%) alle materie prime

Fig. 4 Vantaggio competitivo delle società presenti nei fondi che investono in Usa e Cina Economic Moat USA (%) Cina (%)

Minimo 5 0

Moderato 32 0

Buono 59 100

Ampio 3 0

Totale 100 100

20

40

60

80

100

%USA Cina

Large Value

Large Growth

Large Core

20

40

60

80

100

%USA Cina

Ciclici

Difensivi

Sensibili

Fig. 3 Presenza nei fondi Usa e Cina di titoli con differente orientamento alla crescita

Fig. 5 Esposizione settoriale per macrosettori (%)

Large Cap 55%

USA Cina

Mid Cap 18%

Small Cap 27%

Large Cap 85%

Mid Cap 12%

Small Cap 3%

Fig. 2 Presenza nel portafoglio di fondi investiti in Stati Uniti e Cina di titoli di società a grande, media e piccola capitalizzazione

44

Gli Strumenti Morningstar

Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012

(10%), ai beni di consumo ciclici (10%) e ai servizi di comunicazione (10%). Un occhio ai risultatiDifferenti strategie di asset allocation, sia in termini di stile sia di esposizione setto-riale, hanno consentito ad entrambe queste categorie di fondi di conseguire performance positive nel corso degli ultimi 3 anni. I recenti sviluppi legati alla crisi economica nel 2010 hanno generalmente pesato sulle performance dei fondi, compresi quelli che investono in America e in Cina (Figura 7).

Il rendimento di questi ultimi, riflesso di un mercato particolarmente legato alle esporta-zioni e all’andamento dell’economia americana ed europea, ha subito nel corso dell’ultimo anno una particolare contrazione, ritornando sui valori dell’estate 2009. Questo ha reso i fondi che investono in Cina mediamente più volatili rispetto ai fondi concentrati sul mer-cato americano (unica eccezione rappresentata dalle Small Cap statunitensi). K

Alice Bravi è research analyst di Morningstar Italy

EnergiaSensibili

Difensivi

Ciclici

0Cina 10 20 30 40 50

Tecnologia

Beni industriali

Servizi alla comunicazione

Totale Sensibili

Utilità

Salute

Beni di consumo difensivi

Totale Difensivi

Immobiliare

Finanza

USA

Beni di consumo ciclici

Materie Prime

Totale Ciclici

100

120

139

159

179

mar ’09 sep ‘09 mar ‘10 sep ‘10 mar ‘11 sep ‘11

EU OE US Large-Cap Value Equity

EU OE US Large-Cap Growth Equity

EU OE China Equity

EU OE US Mid-Cap Equity

EU OE US Small-Cap Equity

EU OE US Large-Cap Blend Equity

Fig. 6 Esposizione settoriale (%)

Fig. 7 Rendimento a 3 anni (in euro, base 100)

Grafici e tabelle sono realizzati con Morningstar Direct.

Glossario

TNA (Total Net Asset): esprime la dimensione del fondo in termini di massa gestitaLarge / Mid / Small – Cap: Società a grande / media / piccola capitalizzazioneValue / Growth: Azioni sottovalutate dal mercato / Azioni con alto potenziale di crescitaEconomic Moat: indicatore che misura il vantaggio competitivo delle società, basandosi non solo sulle performance storiche della società, ma anche sul verificarsi di alcuni presupposti che permettono alla società di mantenere più a lungo il distacco dalla concorrenza (ampia quota di mercato, bassi costi di produzione, presenza di brevetti e licenze, presenza di una filosofia aziendale, alti costi di switch a carico del cliente nel passaggio ad un competitor, effetto network).

generali brignone 70x100 ridotto.indd 1 05/01/12 12:49

Morningstar.it PremiumPrendi il meglio dai tuoi investimenti

Morningstar.it Premium

Scopri i nuovi strumenti le informazioni più complete con Morningstar.it Premium. Il nuovo servizio creato per gli investitori più esigenti che fornisce dati approfonditi, strumenti di selezione potenti ma di facile utilizzo e analisi indipendenti per aiutarti nelle scelte di portafoglio, migliorando la tua conoscenza sugli investimenti. Ricerca indipendente

Per aiutarti a mantenere costantemente sotto controllo il tuo portafoglio, Morningstar ti mette a disposizione il lavoro quotidiano di oltre

200 analisti. Puoi facilmente accedere alle loro valutazioni su oltre 1000 strumenti tra azioni, fondi comuni e Etf. Con Morningstar.it. Premium potrai analizzare velocemente e in profondita’ i diversi trend economici e finanziari grazie ad analisi pratiche di semplice comprensione con l’indicazione dei migliori prodotti e dei rischi da evitare, per investire in ogni condizione di mercato. Tieni sotto controllo il tuo portafoglio

Costruisci e monitora i tuoi investimenti con Portfolio Manager, gestisci gli alerts sul tuo porta- foglio o su una lista di prodotti preferiti. Analizza ai raggi X i tuoi investimenti per verificare le

aree di opportunita’ e quelle di potenziali rischi, assicurando un adeguato grado di diversificazione al tuo portafoglio. Prova gratuita e Offerta Summer

Visita www.morningstar.it ed entra nella sezione Premium oppure chiama lo 02 30 30 12 90 e potrai iniziare subito la tua prova gratuita per due settimane.

©20

11 M

orni

ngst

ar, I

nc. A

ll rig

hts

rese

rved

. The

Mor

ning

star

nam

e an

d lo

go a

re re

gist

ered

mar

ks o

f Mor

ning

star

. Mar

ks u

sed

in c

onju

nctio

n w

ith M

orni

ngst

ar p

rodu

cts

or s

ervi

ces

are

the

prop

erty

of M

orni

ngst

ar o

r its

sub

sidi

arie

s.