Cibo ed eros

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Cibo ed Eros

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Nella danza della seduzione il cibo e l’eros vanno a braccetto. Fin dai tempi più antichi infatti, l’uomo si è lasciato trasportare dal gusto di alcuni cibi che provocavano in lui il desiderio sessuale. Popoli,culture e civiltà diverse,hanno inventato “pozioni e filtri d’amore” per sedurre, incantare l’altro sesso e per migliorare le proprie prestazioni sessuali.

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Nella Bibbia si parla dei poteri della radice di mandragola, nella civiltà greca e romana tutti i più grandi poeti di quel periodo cantarono le lodi ora di questo ora di quell’alimento, ritenuto capace di esaltare le virtù amorose.

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Fu quindi il nome della dea dell’amore (Afrodite) che venne coniato il termine “Afrodisiaco”.

Alcuni letterati latini fecero riferimento allo stretto collegamento tra cibo ed eros. I medici greci e romani tendevano a suggerire come afrodisiaci principi blandi e naturali. Lo stesso Ovidio, nell’Ars amatoria,respinge gli afrodisiaci pesanti.

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Nell’antica Roma la sessualità, a differenza del mondo moderno, in cui la volgarità e l’eccesso prevalgono nella rappresentazione della nudità dell’uomo e della donna, vi era un intento principalmente educativo oltre che propiziatorio alla fertilità.

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Nell’impero romano l’Eros era prima di tutto un dio che si identificava con il nome di Priapo, al quale venivano esaltati i particolari anatomici dell’uomo. Il dio dell’amore era visto come concessore di vita e rapporti sociali. Già dal I secolo alcuni poeti composero diversi Carmina dedicati appunto all’eros. Uno fra questi fu Orazio il quale per mezzo di questi componimenti esprime la vera passionalità allo scopo di un gioco puramente letterario.

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Importante è la presenza del cibo e l’uso che ne viene fatto, infatti da sempre è considerato l’elemento più associabile e paragonabile al sesso in quanto sono entrambi simboli di socialità e di piaceri intensi e appaganti. Nei famosi Epodi del poeta latino gli argomenti trattati sono accentuati da una forte invettiva, ed è forte il tema sentimentale.

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III 12, a Neobùle

Che infelicitàNon potersi concedere ai giochi dell’amore,

Al piacere del vino in cui si perdono gli affanni

E dover morire di pauraAlle parole sferzanti di un parenteIl figlio alato di Afrodite Ti ruba, Neobùle, il cesto da lavoroE la luce isolana di EbroTi distoglie dall’opera di tessitura A cui si dedica Minerva,Quando con le spalle lucide d’olioS’immerge nelle acque del Tevere O quando meglio Bellerofronte cavalca:

Nessuno nel pugilato o nella corsa Può vincerlo in agilitàE nessuno è così abile a colpire con le

frecce I cervi, che in aperta campagnaFuggono sbandati,O così pronto ad affrontare il cinghiale Che si nasconde nell’intrico della

macchia.

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Quinto Orazio Flacco è uno tra i tanti importanti poeti dell’ antica Roma che grazie alle sue opere espresse il legame tra il cibo e il sentimento: in particolare nelle sue opere emerge l’ importanza che egli attribuisce al vino, fonte di svago, spensieratezza e consolazione dalla sofferenza umana.

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Tra le Odi dell’ autore (3 libri pubblicati nel 23 a.C. e 1 nel 13 a.C.), molte sono interessanti per comprendere meglio questa connessione.

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I, 37 Per la sconfitta di CleopatraOra si deve bere, ora la terra va battutacon il piede libero,ora è tempo di ornare il letto degli deicon mense saliarie (degne dei Salii), o compagni.prima di questo non era lecitoversare il Cecubo dalle antiche cantinefin tanto che una regina folle preparavaper il campidogliorovine e lutto con il potere, con il greggecontaminato dalla malattia di uominivergognosi frenata quanto si vuole tantoda sperare qualsiasi cosaed ebbra della dolce fortunaSpense la sua euforia una nave astento salvata dalle fiammeriportò alla sua mente ottenebratadal Mareotico verso le vere paure

Cesare che si affrettava con i remidall'Italia verso lei che fuggiva comelo sparviero verso le dolci colombeo il veloce cacciatore verso la leprenei campi dell‘ Emonie nivali (coperte di neve)per incatenare qual mostro fatale.che chiedendo di morire non comeuna donnicciola né temette la spadané riparò in nascoste terre con laveloce flottaosando guardare la reggia distruttalo sguardo impassibile e trattare conanimo forte anche i serpenti squamosiper il corpo con l'oscuro velenopiù fiera nella scelta consapevole di morire.sottraendo alle crudeli Libarne chiaramentedi essere portata come una donnaqualsiasi lei una donna tutt'altro chedi basse origini in un trionfo superbo.

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In questa Ode, Orazio esprime la gioia per la morte di Cleopatra, evento che rappresenta la speranza in un futuro di pace per la repubblica. Per festeggiare, il poeta prende il vino buono esultando per lo scampato pericolo pubblico.

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II, 11 A Quinzio Irpino

Non chiedere cosa ci preparino ora,Quinzio Irpino, i guerrieri cantabrio gli sciti: da loro ci divideil mare; e non temere gli impaccicosì modesti della vita. Nel tempola grazia fresca della giovinezzasi allontana e la vecchiaia arida ci nega il gusto dell’ amore, il sonno sereno.nemmeno nei fiori si conserva intattol’ incanto della primavera o un fuocodi splendore nella luna e tu forzii tuoi limiti a misurarsi con l’ infinito?

ma perché sdraiati così sotto un platanoo sotto questo pino, i capelli bianchiintrisi di profumi orientalie incoronati di rose, non beviamo in pacefinché è possibile? Nel vino si annebbianole nostre inquietudini. Ma chi di voi,ragazzi, saprà per primo diluirnel’ ardore con l’ acqua che scorre accanto?Chi trarrà di casa una sgualdrina scontrosacome Lide? Ditele che qui si affretticon quella sua lira d’ avorio, i capelliraccolti in un semplice nodo spartano.

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Il motivo di questa Ode è quello del godimento dell’ attimo fuggente, del carpe diem, il consumo delle gioie della giovinezza anche attraverso il vino.

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Tutta l'idea del mangiare ha delle connotazioni sessuali; i collegamenti tra i due tipi di appetito, quello del cibo e quello del sesso avvolgono gran parte della letteratura classica, soprattutto la poesia di Catullo.

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Anche nel Medio Evo il piacere del cibo e il piacere sessuale sono collegati fra loro, ma, per pudore, i vari autori non affrontano direttamente il tema del sesso, ma lo fanno in termini metaforici, parlando dei piaceri del cibo che diventa immagine e metafora di qualcosa che non si può dire.

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Il sesso in relazione al cibo è uno dei principali fattori che determinano la costruzione, la produzione, la distribuzione e la ricezione del testo.

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Tutti i testi riguardanti il cibo non hanno a che fare con questioni sessuali, tuttavia il sesso, anche quando sembra assente è presente intenzionalmente o inconsciamente. Alcuni esempi di poesie che riprendono queste due tematiche sono quelle composte da Catullo.

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XIII

Cenabis bene, mi Fabulle, apud me A cena, da qui a poco, dio t'assista, mio

Paucis, si tibi di favent, diebus Fabullo, sarai ospite al mio desco,

si tecum attuleris bonam atque magnam lautamente imbandito dal tuo prodigo

Cenam, non sine candida puella apporto, non senza un pizzico di bimba,

Et vino et sale et omnibus cachinnis. assieme a vino, sale e Sghignazzo.

Haec si, inquam, attuleris, venuste noster, Solo a queste condizioni, bello mio,

Cenabis bene; nam tui Catulli sarà lauta la mia cena: fior di ragno

Plenus sacculus est aranearum. è la tela della borsa di Catullo.

Sed contra accipies meros amores T'inonderò di schietto affetto, del migliore,

Seu quid suavius elegantiusve est; e d'ogni sorte di finezze stemperate,

Nam unguentum dabo, quod meae puellae libandoti un unguento profumato, raro

Donarunt <veneres Cupidinesque, dono di Venere e Cupido alla mia donna,

Quod tu cum olfacies, deos rogabis, che gli dei scongiurerai ad annusarlo

Totum ut te faciant, Fabulle, nasum. che ti facciano, Fabullo, tutto naso.

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XVIIIO colonia, quae cupis ponte ludere longo, O Colonia, che spasimi far festa in Ponte LungoEt salire paratum habes, sed vereris inepta e sei già lì per disfrenartici, ma temiCrura ponticuli axuleis stantis in redivivis, i suoi rachitici puntelli rabberciatine supinus eat cavaque in palude recumbat; che si pieghino dal peso in fondo al fango,Sic tibi bonus ex tua pons libidine fiat, ti auguro stia saldo il tuo bel ponte,In quo vel Salisubsilis sacra suscipiantur; adatto a farci ammodo il "Salisùbsili",Munus hoc mihi maximi da, colonia, risus. ma tu in cambio fammi ridere a spanciarmici:Quendam municip em meum de tuo volo ponte che mi voli, capo e piedi, dal suoIre praecipitem in lutum per caputque pedesque, sommo, nella mota, doveVerum totius ut lacus putidaeque paludis fedita e profonda è più palude,Lividissima maximeque est profunda vorago. quel certo mio concittadino, il piùInsulsissimus est homo, nec sapit pueri instar stolido fra gli uomini, più ottusoBimuli tremula patris dormientis in ulna. di un bambino di due anni in braccio al padre,Quoi cum sit viridissimo nupta flore puella che a quel fior di ragazza, a quel boccone (et puella tenellulo delicatior haedo, prelibato più di un tenero capretto,Adservanda nigerrimis diligentius uvis), da curare più dell'uva più matura,Ludere hanc sinit ut lubet, nec pili facit uni, lui permette di spassarsela, incurantenec se sublevat ex sua parte, sed velus alnus del suo rango di marito, nè si ...inalbera,in fossa Liguri iacet suppernata securi, come un ontano schiantato da un'accetta nel burrone,tantudem omnia sentiens quam si nulla sit usquam, tant'accorto quasi quella non ci fosse:Talis iste meus stupor nil videt, nihil audit, nulla vede, nulla sente e manco saIpse qui sit, utrum sit an non sit, id quoque nescit. se sia lui o forse un altro, un tanto gnocco!Nunc eum volo de tuo ponte mittere pronum, E' lui che voglio a fondo, dal tuo ponte,Si pote stolidum repente excitare veternum così magari potrà scuotersi dal sonnoEt supinum animum in gravi derelinquere caeno, e svestirsi del torpore in fondo al fango,Ferream ut soleam tenaci in voragine mula. come una mula dei suoi ferri in un pantano.

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Nel medioevo erano ritenuti dei veri e propri eccitanti i cibi caldi e duri da digerire; estremamente efficace era giudicato il cervello e i genitali di qualunque animale, si credeva infatti che assumendo genitali si potesse assorbire un’alta quantità di testosterone. Senza dubbio tali credenze appartengono a situazioni di basso livello culturale, ma conoscerle e approfondirle ci permette di capire come l’uomo abbia cercato da sempre dei rimedi per perfezionare il proprio piacere sessuale.

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A tale scopo i Greci consigliavano tartufi, miele, cipolle, uova, pesci e crostacei (questi ultimi in modo particolare proprio perché provenivano dal mare dove nacque la bella Afrodite). Inoltre consideravano afrodisiaci alcuni cibi basandosi perlopiù sulla loro forma o colore; ad esempio gli asparagi erano considerati l’afrodisiaco per le donne, che ne mangiavano solo le punte, mentre il fico, con il suo colore rosaceo all’interno, era molto consumato dagli uomini poiché in esso vi intravedevano una sorta di miniatura dell’organo genitale femminile.

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Lo chef più famoso dell’antica Roma, Marco Gavio Apicio, ci ha lasciato, tra le molte, una curiosa ricetta. “Per coloro che cercano le gioie di Venere – spiegava nel suo “De re coquinaria” - lessare i lampascioni in acqua, poi, come si fa anche per le nozze, servirli con i pinoli, il succo estratto dalla ruchetta e pepe”. Nonostante i “cipolloni” fossero cattivi come il fiele, c’era chi ne faceva un uso smodato. Come un povero vecchio, messo alla berlina dal linguacciuto Marziale, per essere stato “beccato” proprio mentre ne divorava, speranzoso, diversi. “Dato che tua moglie è vecchia – sentenziava il poeta - e le tue membra sono morte i lampascioni potranno soltanto riempirti lo stomaco”.

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Va considerato, poi, che la ricetta di Apicio doveva proprio essere una “bomba” afrodisiaca: pure i pinoli e la rucola avevano infatti la fama di inestimabili amici dei grandi amatori. Secondo Plinio il Vecchio, i primi “spengono la sete, calmano i bruciori dello stomaco e vincono la debolezza delle parti virili”, mentre per i secondi la garanzia d’efficacia veniva direttamente dal dio della fertilità Priapo. L’erbetta aromatica cresceva spontanea proprio intorno alle sue immagini sacre, caratterizzate da un inequivocabile, enorme fallo.

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Un piatto di lampascioni con pinoli, succo di ruchetta e pepe non poteva mai mancare durante il banchetto di nozze. Gli sposi dovevano assolutamente mangiarlo prima di andare al letto. Era l’augurio, o meglio, l’impegno per una focosa notte d’amore. I romani non furono gli unici ad apprezzare le qualità afrodisiache di determinati cibi. Già i Greci, allo stesso scopo, consumavano cipolle, carote, tartufi, miele, uova, storione e diverse qualità di pesce e crostacei. Quest’ultimi, del resto, arrivavano direttamente dal mare, da dove trionfante era sorta la bella Venere.

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Il sesso nell’antichità

Al di là della normale funzione riproduttiva, o del puro piacere carnale, nelle civiltà classiche la sessualità era vettore di precise funzioni educative, anche strettamente legate a relazioni tra membri di uno stesso sesso. Pratiche ampiamente diffuse, con l’eccezione dell’ambiente etrusco in cui gli appartenenti ai due diversi sessi vivevano esistenze nettamente distinte tra loro.

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Non si può dimenticare tiaso di Saffo, una sorta di comunità di tipo religioso fondata dalla poetessa nell’isola di Lesbo, in onore della dea Afrodite. Il tiaso della celebre poetessa era allora assai rinomato nell’educazione delle fanciulle di buona famiglia e faceva da pendant alle associazioni maschili nelle quali i fanciulli venivano istruiti alla poesia, alla musica ma anche all’atletica ed alle arti militari. La permanenza all’interno di tali comunità era una sorta di iniziazione alla vita adulta: l’educazione delle fanciulle nel tiaso era finalizzata al matrimonio, insieme al canto venivano insegnate loro la danza, la ricerca del bello, la raffinatezza e anche l’amore.

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Quelle fanciulle praticavano tra loro e con la stessa Saffo, l’omoerotismo e, oggi, conserviamo altissimi esempi di poesia da lei ispirati all’amore per una fanciulla di nome Attis. Come s’è detto, era un rapporto accettato serenamente e, anzi, oggetto d’incoraggiamento poiché benedetto dalle divinità e considerato come una fase propedeutica all’amore eterosessuale del matrimonio. L’omoerotismo, praticato anche nelle analoghe congregazioni di genere maschile, anche in questo caso era pienamente approvato.

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Grazie dell’attenzione!

Giuliana Asero

Maria Antonietta Buccheri

Martina Coco

Carla Fortunato

Silvia Forzese

Enrica La Manna