Cibo Come Cambiamento Sociale
-
Upload
mribeirovieiralima4270 -
Category
Documents
-
view
40 -
download
0
description
Transcript of Cibo Come Cambiamento Sociale
1
Dottorato di ricerca in Antropologia della contemporaneità:
etnografia delle diversità e delle convergenze culturali (Ciclo XXVIII)
Seminario di ricerca 2013 ANTROPOLOGIA DELL’ALIMENTAZIONE
Professoressa Marinella Carosso
IL CIBO COME CAMBIAMENTO SOCIALE
“Comida e Antropologia: uma breve revisão” di Sidney W. Mintz in Revista Brasileira de
Ciências Sociais - Vol. 16 nº. 47, p.31-41, 2001.
Sidney W. Mintz è stato per 25 anni professore di Antropologia alla Yale University e dal
1975 fa parte del dipartimento di Antropologia della John Hopkins University che ha aiutato a
creare. Ha insegnato nei più prestigiosi atenei in tutto il mondo come riconosciuto studioso
dell’area caraibica (Porto Rico, Haiti, Giamaica). Il suo libro Sweetness and Power (1985) è stato
tradotto in diversi paesi (in Italia, Storia dello zucchero, per l’Einaudi, 1997). Da più di venti anni,
Sidney Mintz, il cui padre era cuoco e ristoratore, ha trasferito i suoi interessi di ricerca verso
l’Anthropology of Food e ha pubblicato due libri sull’argomento - Tasting Food, Tasting Freedom:
Excursions into Eating, Culture, and the Past, Boston: Beacon Press (1996) e The World of Soy
(2008, co-edited with Christine Dubois and Chee-beng Tan), Urbana: University of Illinois Press -
oltre numerosi articoli.
Qui viene recensito l’articolo, Comida e Antropologia: uma breve revisão, che è stato
pubblicato nel 2001, in Brasile. Si tratta di una breve revisione della ricerca antropologica nel
campo del cibo e dell’alimentazione fino a quello momento, 2001, con indicazioni finali sulle nuove
tendenze e sfide dell’antropologia dell’alimentazione, che esamineremo per punti.
1. Mintz enfatizza come i comportamenti relativi al cibo si collegano direttamente al senso
dell’esistenza umana e alle nostre identità sociali. Assumendo in toto le affermazioni di Audrey
Richards (1939) “che la nutrizione come processo biologico è più fondamentale che il sesso” e che
“l’individuo può sopravvivere senza gratificazione sessuale ma muore inevitabilmente senza cibo”
(trad. mia), Mintz constata che nessun altro comportamento è così vitale alla nostra sopravvivenza.
L’alimentazione avrebbe, inoltre, un aspetto centrale nel nostro apprenditasto sociale, in quanto
inserito fortemente in un corpo sostantivo di materiali culturali e storici, essendo una delle sfere in
cui l’essere umano impara a organizzare le proprie scelte e dove il legame tra il mondo dell’idee e
delle cose si manifesta attraverso atti e attività pratiche concrete.
2. Mintz passa velocemente in rassegna la letteratura antropologica sull’alimentazione
partendo dalle riflessioni di Robertson Smith (1889) su sacrificio e cibo , toccando alle esaustive
descrizioni analitiche di Malinowski (1922, 1935) sull’importanza della coltivazione dell’igname
nella società trobriandese. L’autore risalta l’importanza del libro di Audrey Richards, allieva di
Malinowski, - Land, labour and diet in Nothern Rodhesia (1939) - secondo lui, fino ad oggi, una
2
delle migliore monografie scritte sull’argomento - nelle cui pagine il rapporto tra alimentazione,
cibo, e le funzioni sociali hanno ricevuto un trattamento etnografico speciale.
Molto centrato sulla produzione anglosassone, Mintz ignora completamente i testi di Lévi-
Strauss: cap 5 della raccolta Antropologia strutturale (1958), il breve articolo Il triangolo culinario
(1965), senza dimenticare che i tre primi volumi della monumentale Mitologiche hanno come titoli
Il crudo e il cotto (1964), Dal miele alle cenere (1967), L’origine delle buone maniere a tavola
(1968). L’antropologo nordamericano, invece, accoglie come importante la pubblicazione del libro
Cooking, cuisine and class (1982) di Jack Goody, collegandolo all’emergere di un potente mercato
alimentare mondiale. Il lavoro di Goody è nato della constatazione dell’ampio contrasto tra le
economie domestiche dell’Europa e Asia da una parte e dall’Africa dall’altra. “Perché le culture
tradizionali africane mancano di una cuisine differenziata, compreso nei grandi Stati con strutture
polítiche differenziate? Quale sono le condizioni per l’emergere di una cucina alta o bassa?”
(Goody, 1982, trad. mia), sono le domande principali poste da Goody. Il suo scopo è stato lo studio
comparato dei sistemi socioculturali, come risalta nell’introduzione del libro: “Nottingham era tanto
rilevante come i Nuer” (ibidem, trad. mia).
3. Mintz ricorda che la globalizzazione di certi alimenti sia successa già prima del 1500: la
diffusione del mais, del pomodoro, del peperone nel Mediterraneo; l’introduzione delle coltivazioni
delle patate nella Europa Centrale, dall’Irlanda alla Siberia; il rapido successo del pepe in
Szechwan, Africa Occidentale e India; la popolarizzazione del tè, caffè, zucchero e cioccolato per
tutta l’Europa (solo il cioccolato è nativo dal Nuovo Mondo) sono alcuni degli aspetti fondamentali
della trasformazione rivoluzionaria delle abitudini alimentari, a Est e a Ovest cinque secoli fa. La
canna da zucchero, le distillerie di rum, il caffè, il tabacco, sulla scia del tè cinese, secondo Mintz,
scioglieranno i confini tra cibo e droga, stimolando gli appetiti dei nuovi proletari nel nascente
industrialismo europeo. Il cibo, quindi, sarebbe stato un capitolo centrale nella storia del
capitalismo moderno molto prima dei giorni attuali: nutrire le persone e come farlo guadagnando
denaro è stato uno tra i suoi principali motori.
4. Nonostante già d’allora la crescente interconnessione economica planetaria rendesse
l’analisi di questi fenomeni sempre più complessa, Mintz afferma che la diffusione senza
precedenti di nuovi alimenti, dei nuovi sistemi di distribuzione delle merci negli ultimi decenni ha
alterato ulteriormente il quadro alimentare in tutto mondo. L’espansione dei fast food nell’Asia e
inversamente la grande e veloce propagazione dei ristoranti familiari orientali negli USA sono
simboli di tale grande cambiamento. La circolazione massiccia delle merci fa emergere nuove
questioni sul cibo e l’etnicità. Nello stesso spazio identitario diventa congruente tanto la capacità di
sperimentazione culinaria e quanto la difesa delle produzioni locali. Mintz cita diversi studi
etnografici su questo fenomeno in Giappone (Ohnuki, 1993), in Corea (Bak, 1997), in Canada
(Penfold,s/d), in Vietnan (Truong s/d.), in Messico (Pilcher 1998), in Cina (Jing, 2000). In
particolare, indica il libro di Caroline Lentz Changing Food habits (1999) che mostra come le
3
abitudini alimentari si stiano modificando in Africa, in Europa, in America del Sud. Il cibo come
indicatore di cambiamento sociale è messo in relazione con i diversi fenomeni elencati dall’articolo.
5. In conclusione alla sua analisi, Mintz lancia un sguardo agli sviluppi futuri della disciplina
- da lui chiamata Anthropology of Food - di fronte alla complessità delle questioni messe dalla
contemporaneità: il dislocamento delle persone e degli alimenti; la separazione tra produttori e
consumatori; la disposizione crescente di consumare di cibi già preparati; il declino dell’abilità
culinaria nelle classe media; e, fondamentalmente, tutti i problemi relazionati al costante aumento
della popolazione mondiale. Sarà possibile, fra 50 anni, alimentare una popolazione di 8 miliardi di
persone? Sarà possibile farlo in modo adeguato, a differenza di oggi? E’ sostenibile l’aumento del
consumo dei cereali e di proteine nel sud del mondo in detrimento alle diete tradizionali? Sono
riproducibili al sud del mondo le alterazioni ambientali già prodotte dalla industrializzazione nelle
principali nazioni dell’emisfero nord? Sono tutte questioni rilevanti alle quali Mintz, nel contesto
specifico dell’articolo analizzato, non risponde esaustivamente, ma sicuramente centrali per
sviluppare un ragionamento più approfondito e che si rapporta non solo a una definizione
epistemologica della disciplina, ma soprattutto alla sopravvivenza della specie umana.
x.x.x.x.x.x.x.x.x.x
Parte della bibliografia citata da Mintz e ripresa nella recensione.
BAK, Sangmee (1997), “McDonald’s in Seoul”, in WATSON, James L. (org.), Golden arches East, Stanford, Stanford University Press.
GOODY, Jack (1982), Cooking, cuisine and class. Cambridge, Cambridge University Press. JING, Jun (org.) (2000), Feeding China’s little emperors. Stanford, Stanford University Press. LENTZ, Carola (org.) (1999), Changing food habits. Amsterdam, Harwood Academic Publishers. MALINOWSKI, Bronislaw (1922), Argonauts of the Western Pacific. Nova York, Dutton. __________. (1965 [1935]), Coral gardens and their Magic. Bloomington, Indiana University Press, 2
vols. MINTZ, Sidney W. (1985), Sweetness and power. Nova York, Viking-Penguin. ______________ (1996) Tasting Food, Tasting Freedom: Excursions into Eating, Culture, and the
Past, Boston: Beacon Press. __________. (1997), “Afterword”, in WATSON, James L. (org.), Golden arches East, Stanford,
Stanford University Press. __________. (1998), “The old and New World exchange”. Nutrition Today, 33 (2): 1-5. __________. (s/d.), Food and history: how many globalizations. MINTZ, Sidney e TAN, Chee Beng (2001), “Bean-curd consumption in Hong Kong”. Ethnology 40
(2): 113-28. MINTZ, Sidney W. e DU BOIS, Christine (s/d.), Plants, nutrition and big business: the soybean case. MINTZ, Sidney W., DU BOIS, Christine e TAN, Chee Beng, (2008) The World of Soy, Urbana:
University of Illinois Press. OHNUKI, Ehmiko (1993), Rice as self: japanese identities through time. Princeton, Princeton
University Press. PENFOLD, Steve (s/d) “Eddie Shack was no Tim Horton: donuts and the folklore of mass culture in
Canada”, in BELASCO, W. e SCRANTON, P. (orgs.), Food nations, Nova York, Routledge. PILCHER, Jeffrey (1998), Que vivan los tamales! Albuquerque, University of New Mexico Press. RICHARDS, Audrey (1935), Hunger and work in a savage tribe. Glencoe, Illinois, Free Press. __________. (1939), Land, labour and diet in Northern Rodhesia. Londres, Oxford University Press. SMITH, William Robertson (1956 [1889]), The religion of the Semites. Nova York, Meridian Books,
World Publishing. TRUONG, Thach Giao (s/d.), Beyond matters of taste: pho bo and the people of Viet Nam.
Marco Antonio Ribeiro Vieira Lima matricola 061250