Cibo, città, sostenibilità - ASviS

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CIBO, CITTÀ, SOSTENIBILITÀ. Un tema strategico per l’Agenda 2030. SCONFIGGERE LA FAME Position Paper 2020 Gruppo di Lavoro sul Goal 2 2

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CIBO, CITTÀ, SOSTENIBILITÀ.Un tema strategico per l’Agenda 2030.

SCONFIGGERELA FAME

Position Paper 2020Gruppo di Lavoro sul Goal 2

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CIBO, CITTÀ, SOSTENIBILITÀ.Un tema strategico per l’Agenda 2030.

SCONFIGGERELA FAME

Position Paper 2020Gruppo di Lavoro sul Goal 2

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Settembre 2020

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Questo documento è stato realizzato nell'ambito delle iniziative del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 2 “Sconfig-gere la fame”, coordinato da Gian Paolo Cesaretti e Angelo Riccaboni.

Gli autori della pubblicazione sono: Davide Marino (Università del Molise, Lands, Onlus), Giampiero Mazzocchi(Università del Molise, Lands, Onlus), Simona Tarra (Università del Molise, Lands, Onlus), Daniele Fattibene (Fon-dazione Barilla, Istituto Affari Internazionali), Marta Antonelli (Fondazione Barilla), sulla base di una idea di lavorocondivisa con i membri del Gruppo di Lavoro. Si ringraziano Franco Fassio (Università di Scienze Gastronomichedi Pollenzo) e Marco Lucchini (Fondazione Banco Alimentare Onlus) per il loro prezioso contributo su aspetti pun-tuali del Paper.

Data di pubblicazione: Settembre 2020

La pubblicazione è a cura dell'ASviS - Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile:

Responsabile collana: Flavia BelladonnaRevisione editoriale: Elita ViolaProgetto grafico e impaginazione: Cristiana Focone, Knowledge for BusinessSede ASviS: Via Farini 17, 00185 Roma, www.asvis.it

Citazione consigliata: Davide Marino, Marta Antonelli, Daniele Fattibene, Giampiero Mazzocchi, Simona Tarra,(2020), Cibo, Città, Sostenibilità. Un tema strategico per l'Agenda 2030, ASVIS, Roma. ISBN 9788894528015

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Una premessa ineludibile: il COVID-19 e il sistema alimentare 5

PARTE 1. Il framework di riferimento 9

1.1 Introduzione 9

1.2 Cibo & città 10

1.3 Le Urban Food Policy: cosa sono, come lavorano e i risultati raggiunti 14

1.4 Il nostro Paese 15

PARTE 2. Esperienze di buone pratiche 21

2.1 Esempi di Food Policy 21

2.2 Food System di prossimità: esperienze ed opportunità di agricoltura urbana 25

2.3 Urban gardening e nuove forme di agricoltura in città 27

2.4 Ristorazione scolastica e collettiva 29

2.5 L’economia solidale del cibo: dallo spreco alla donazione 34

PARTE 3.

Una politica urbana del cibo per una città sostenibile. Raccomandazioni per il panorama italiano 41

3.1 Urban Food Policy e Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) 41

3.2 Dieci raccomandazioni per i policy maker 44

INDICE

Cibo, città, sostenibilità: un tema strategico per l'Agenda 2030

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La diffusione del COVID-19 pone delle sfide im-portanti per il sistema alimentare nei Paesi delNord e del Sud globale, che riguardano non solole strategie per fronteggiare l’immediata emer-genza sanitaria, ma anche e soprattutto la pro-spettiva di una transizione nel modo in cui ilcibo è prodotto, trasportato, (re)distribuito,consumato e smaltito nelle nostre comunità.

L’attuale pandemia e il sistema alimentare sono

intimamente legati. Un recente studio del WWFmostra come la distruzione degli ecosistemi e ilcommercio illegale di animali selvatici vivi neimercati di molte metropoli asiatiche e africanerischiano di favorire l’emergere di vecchie enuove zoonosi, ovvero di malattie infettive chepossono essere trasmesse dagli animali al-l’uomo, di cui il COVID-19 fa parte.1 È quindi ne-cessario essere consapevoli non solo delleimplicazioni per le nostre comunità, ma anchedell’enorme potenziale di trasformazione del si-stema alimentare che metta al centro il benes-sere complessivo delle persone e del pianeta.

Tanti sono gli impatti che la pandemia sta giàproducendo sull’intera filiera alimentare2, dallamaggiore esposizione all’insicurezza alimentaredelle fasce della popolazione meno abbienti, alblocco delle frontiere tra gli Stati, alle limita-zioni al libero commercio,3 l’aumento dei prezzidelle materie prime, fino alla distribuzione diaiuti umanitari.4 Le città sono particolarmenteesposte a questi shock e devono quindi reagireper tornare a giocare un ruolo centrale nella go-vernance alimentare in un’ottica di maggiore si-curezza all’accesso al cibo sano e sostenibile atutti i cittadini.Si pensi per esempio alle difficoltà di nutrire unamegalopoli di più di 10 milioni di abitanti comeWuhan in una fase di totale lockdown e agli ef-fetti che questo può avere sulla salute pubblicae l’alimentazione. La Cina, primo Paese ad af-frontare la crisi sanitaria, ha preso delle misure

senza precedenti per contenere il diffondersidel virus.5 Il Governo ha lanciato una serie diazioni e politiche volte a mantenere una offertadi cibo adeguata alla popolazione urbana e so-stenere i produttori delle zone peri-urbane e ru-rali. Ciò ha richiesto una grande collaborazionee il coordinamento tra i diversi livelli di governo(municipale, regionale e nazionale) e con unvasto numero di attori. In questo contesto, lenuove tecnologie digitali6 e i servizi di food de-livery7 sono diventati in pochissimo tempo im-portanti canali per promuovere e vendereprodotti alimentari ed assicurare la filiera nel ri-spetto delle direttive sanitarie centrali.8

Nel nostro Paese le necessarie restrizioni sani-tarie rischiano di avere un impatto economicomolto negativo sui piccoli produttori, trasforma-tori e distributori, che hanno nel settore Horeca9

il loro principale mercato, paradossalmente inun momento in cui la domanda di cibo è estre-mamente elevata. Il COVID-19 può produrredelle conseguenze drammatiche in primo luogoper le aziende agricole, in mesi chiave per la se-mina e la raccolta come la stagione primaverileed estiva. La mancanza di manodopera stagio-nale - in particolare straniera - o l’impossibilitàdi garantire standard sanitari o misure come ildistanziamento fisico nella fase di raccolta o instrutture come i macelli può avere delle gravi ri-percussioni non solo per queste aziende maanche per i gradi successivi della filiera alimen-tare.10 Gli effetti previsti includono la maggiorevolatilità dei prezzi, l’interruzione dell’offerta so-prattutto per beni alimentari deperibili (frutta,verdura), maggiori perdite alimentari sul campo.Inoltre, in molti Paesi alcune realtà come i mer-cati rionali o contadini sono stati chiusi perchénon considerati attività economiche essenziali,con gravi danni per numerosi produttori edoperatori economici.

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CIBO, CITTÀ, SOSTENIBILITÀ.UN TEMA STRATEGICO PER L'AGENDA 2030

Una premessa ineludibile: il COVID-19 e il sistema alimentare

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La pandemia di COVID-19 potrebbe avere delleripercussioni importanti per l’intera industria ali-mentare italiana, in particolare per quelle realtàche producono prodotti destinati all’esporta-zione. L'export alimentare (in particolare versoFrancia, Germania, Regno Unito e Usa di pro-dotti di fascia alta o freschi destinati alla risto-razione) gioca un ruolo molto importante per ilnostro Paese, sfiorando nel 2019 un volume diaffari di circa 43 miliardi di euro.11 In tal senso,l’adozione di blocchi, misure di contenimento ol’annullamento delle commesse tra Stati membrio extra Ue può provocare degli effetti negativiper le aziende nazionali. Per questo è stato ne-cessario un maggiore coordinamento a livelloeuropeo, per evitare forme di concorrenzasleale, garantire la libera circolazione dellemerci e sostenere tutti gli attori che operanonella filiera. Per questo sin da marzo la Commis-sione europea ha pubblicato una Comunica-zione12 in cui offriva delle indicazioni su comeimplementare le linee guida13 sul controllo dellefrontiere. La comunicazione è servita a garantirela libera circolazione delle merci nell’Unioneanche durante la pandemia. Agli Stati è statochiesto d’istituire delle vere e proprie greenlanes per l’attraversamento dei confini per far sìche eventuali controlli anche di tipo sanitariosulle merci trasportate - inclusi i prodotti ali-mentari - non durassero più di 15 minuti.

La pandemia espone a gravi forme di insicu-rezza alimentare le categorie più deboli che vi-vono nelle nostre comunità. Nei Paesi del Nordglobale, la chiusura per motivi sanitari di nume-rose strutture come le mense caritatevoli minac-cia coloro che già non hanno accesso a cibosano e che vivono di donazioni di alimenti, inparticolare anziani e persone indigenti. NegliStati Uniti, ad esempio, già prima del COVID-19quasi 3 milioni di nuclei familiari composti dasingoli anziani soffrivano di insicurezza alimen-tare. Questa cifra è destinata ad aumentare neiprossimi mesi con conseguenze potenzialmentedrammatiche per l’equilibrio socio-economicodi molte comunità. È per questo motivo che inmolte città le autorità pubbliche e il terzo set-tore si stanno organizzando per risolvere questiproblemi. È il caso di Milano dove, pur in una si-tuazione di estrema difficoltà, sono stati istituitiin collaborazione con numerosi enti caritatevoli

sette hub temporanei di redistribuzione checonsentono di consegnare ogni giorno circa 1tonnellata di cibo ciascuno.14 La filiera solidale siè mossa anche in altre città come Parma, dovel’associazione Parma Quality Restaurants, cheraccoglie una trentina di ristoratori, e numeroseaziende hanno inviato ogni giorno pasti gratuitial personale medico dell’Ospedale Maggiore diParma.15 Nei Paesi del Sud globale, il COVID-19può rendere ancora più precarie le condizionidelle comunità urbane e rurali. Il rischio di au-mento dei prezzi delle derrate alimentari, ilblocco o la riduzione degli scambi commerciali,la chiusura delle scuole e la difficoltà degli ope-ratori umanitari di raggiungere le aree più re-mote e fragili di tanti Paesi potranno acuirel’insicurezza alimentare di milioni di individui.16

Il COVID-19 può offrire quindi l’opportunità permolte città di ripensare la filiera alimentare perconnettere maggiormente il tessuto urbano conquello peri-urbano e rurale e tutelare gli anellipiù deboli della filiera. In questo senso, al terzosettore e al settore privato deve essere asse-gnato un ruolo primario nell’offrire alle ammini-strazioni locali una maggiore conoscenza sullerealtà dei territori cittadini e potenziali soluzioniagli ostacoli amministrativi che contribuisconoad acuire i problemi per una filiera già dura-mente colpita dalla emergenza sanitaria. Lapandemia ha evidenziato possibili nuove moda-lità di produzione, trasporto, distribuzione, re-

cupero, consumo e smaltimento nelle nostrecittà. Pensiamo all’impatto che le nuove dispo-sizioni sanitarie avranno sulla ristorazione col-lettiva pubblica e privata, sui mercati, sullemense caritatevoli e per tutti quei luoghi dove ilcibo è somministrato, ma anche al ruolo che lenuove tecnologie o il food delivery potranno ri-vestire nell’influenzare tutti i cittadini e non solocoloro che acquistano il cibo ma anche le fascepiù deboli che lo ricevono grazie al sostegno didonatori. Pertanto è fondamentale coglierequeste traiettorie per disegnare delle politicheveramente efficaci per contrastare le sfide at-tuali e future. Il COVID-19 ha infatti consentitodi rilevare le storture dei nostri sistemi alimen-tari e offre pertanto una grande chance per ac-celerare la transizione verso sistemi più giusti,equi e sostenibili.

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NOTE

1 I. Pratesi, “Pandemie: l'effetto boomerang della distruzione degli ecosistemi". https://d24qi7hsckwe9l.cloud-front.net/downloads/biodiversita_e_pandemie_16marzo__1_.pdf

2 D. Fattibene, La filiera alimentare alle prese con il coronavirus, AffarInternazionali, 25 marzo 2020,h t t p s : //w w w. a ff a r i n t e r n a z i o n a l i . i t / 2 0 2 0/0 3 / l a - fi l i e r a - a l i m e n t a r e - a l l a - p r e s e - c o n - i l -coronavirus/?fbclid=IwAR3Kci3mpK4ISyRY6kTS8lLa0E6jCrikwotCOzXd2ce8gED2dsQVUM7cj_g

3 J. Glauber, D. Laborde, W. Martin and R. Vos, COVID-19: Trade restrictions are worst possible response to safe-guard food security March 27, 2020, https://www.ifpri.org/blog/covid-19-trade-restrictions-are-worst-possible-response-safeguard-food-security

4 World Food Programme, COVID-19 - Situation reports, https://www.wfp.org/publications/covid-19-situation-reports

5 S. Fei and J. Ni, Local food systems and COVID-19: A look into China’s responses, www.fao.org/in-action/food-for-cities-programme/news/detail/en/c/1270350/

6 https://www.economist.com/china/2020/04/03/delivery-apps-have-transformed-urban-life-in-china 7 https://www.thestar.com.my/tech/tech-news/2020/04/07/covid-19-how-chinas-army-of-food-delivery-drivers-

helped-keep-country-going-during-outbreak 8 https://www.china-briefing.com/news/how-covid-19-will-transform-china-fresh-food-industry-investment-op-

portunities/9 Hotellerie-Restaurant-Café 10 Committee on World Food Security, Impact of COVID-19 on Food Security and Nutrition (FSN) by the High-

Level Panel of Experts on Food Security and nutrition (HLPE), 24 marzo 2020, www.fao.org/fileadmin/templa-tes/cfs/Docs1920/Chair/CFS_Chair_Statement_HLPE_COVID.pdf

11 ANSA, L'agroalimentare si conferma traino dell'economia italiana, 30 Dicembre 2019, https://www.ansa.it/ca-nale_terraegusto/notizie/business/2019/12/30/filiera-italia-agroalimentare-si-conferma-traino-paese_e8710c5b-ac09-44a5-a9d6-8b118130123f.html

12 https://ec.europa.eu/transport/sites/transport/files/legislation/2020-03-23-communication-green-lanes_en.pdf

13 https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_20_46814 https://www.comune.milano.it/-/coronavirus.-nascono-sette-hub-temporanei-per-la-consegna-della-spesa-a-

domicilio 15 Covid-19: Parma UNESCO Creative City of Gastronomy a fianco dell’Ospedale Maggiore di Parma, Parma Daily,

23 marzo 2020, https://www.parmadaily.it/covid-19-parma-unesco-creative-city-of-gastronomy-a-fianco-del-lospedale-maggiore-di-parma/

16 FSNWG, COVID-19 Food Security and Nutrition Alert (30 March 2020), 30 March 2020, https://reliefweb.int/re-port/world/covid-19-food-security-and-nutrition-alert-30-march-2020

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1.1 Introduzione

L’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibilepromuove e monitora l’impegno del Paese ri-spetto ai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile(SDGs) che l’Italia si e impegnata a raggiungereentro il 2030 in sede ONU.

Il Goal 2 - Sconfiggere la fame, stabilisce Target,corredati da un adeguato set di indicatori, miratial raggiungimento della sicurezza alimentare, almiglioramento della nutrizione e alla promo-zione di metodi di produzione agricola sosteni-bile. Raggiungere i Target fissati per il Goal 2può avere un impatto notevole non solo sul-l’Obiettivo in sé, ma anche e forse soprattuttoper le sinergie con numerosi altri SDGs. Scon-figgere la fame e promuovere sistemi agricoli e

filiere alimentari sostenibili significa infatticombattere la povertà (SDG1), ma anche preser-vare la salute (SDG3), tutelare le risorse naturali(SDG6, SDG12, SDG13, SDG14, SDG15), creare unsistema agricolo innovativo e meno impattantedal punto di vista energetico (SDG7, SDG9), ri-durre le disuguaglianze (SDG5, SDG10), dare atutti la possibilità di avere un grado di istruzionee un’occupazione adeguata (SDG4, SDG8),mantenere la pace e la stabilità politica (SDG16)e garantire uno sviluppo rurale e urbano soste-nibile (SDG11), ad esempio rafforzando le par-tnership a vari livelli (SDG17). Questo PositionPaper, intitolato “Cibo, città, sostenibilità”, ela-bora il tema di lavoro indicato per il 2020 dalGruppo di lavoro (Gdl) del Goal 2 dell’ASviS, esi pone l’obiettivo di fornire un quadro di riferi-mento condiviso sulle relazioni tra cibo e soste-nibilità, nella convinzione che attraversoun’alimentazione sana e sostenibile si possa ge-nerare un impatto positivo sulla riduzione dellafame, il raggiungimento della sicurezza alimen-tare e la promozione di pratiche agricole urbanee peri-urbane più sostenibili.

Il Position Paper propone come ulteriore chiavedi lettura i sistemi urbani. Le città sono infattifondamentali per il raggiungimento degli SDGs

e devono diventare dei laboratori dove promuo-vere uno sviluppo economico e sociale più equoper le nostre comunità. Secondo il SDG Index forEuropean Cities, che ha mappato 45 città euro-pee, nessuna area metropolitana europea è vi-cina al raggiungimento degli SDGs. Nonostantealcune realtà – soprattutto nel Nord Europa (ades. Copenhagen, Helsinki, Oslo e Stoccolma)siano più vicine al raggiungimento di alcuniObiettivi, ad esempio per gli SDG3, SDG6, SDG8e SDG9, tutte presentano ancora performancebasse per quanto riguarda gli SDG12, SDG13 eSDG15. Ciononostante, l’Indice riconosce il ruolochiave delle città nell’implementazione del-l’Agenda 2030, dal momento che due terzi degliSDGs non potrebbero essere pienamente rag-giunti senza il coinvolgimento attivo dei territorie delle comunità locali. Infatti, per affrontare lapovertà, la disoccupazione e le disparità socio-economiche, i modelli insostenibili di consumo edi produzione, i cambiamenti climatici e il de-grado ambientale è indispensabile coinvolgere isindaci e i leader locali.17 Pertanto, questo Posi-tion Paper mostra come sia imprescindibile pro-cedere ad una vera e propria localizzazionedegli SDGs. Questo è tanto più vero per l’SDG2.Le comunità locali sono infatti interamente coin-volte all’interno della filiera alimentare dalcampo allo smaltimento. Ripensare questo mo-dello in un’ottica di circolarità, filiera corta emaggiore connessione tra le aree urbane equelle rurali è essenziale per contrastare gli at-tuali squilibri socio-economici della filiera e pro-muovere modelli di business più sostenibili.

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PARTE 1

Il framework di riferimento

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1.2 Cibo & città

Il sistema alimentare è al crocevia di alcunedelle sfide più importanti del nostro tempo: com-battere i cambiamenti climatici, garantire l’ac-cesso al cibo e la sicurezza alimentare, ridurre glisprechi e le perdite alimentari, arrestare la perditadi biodiversità e sostenere l’occupazione nellearee rurali e urbane sono tutte facce della stessamedaglia. Il sistema industriale alimentare globaleimpiega oltre 1 miliardo di persone (1 lavoratoresu 3)18 e genera circa il 10% del PIL globale paria circa 8 trilioni di dollari.19 Inoltre, se da un lato leemissioni di gas serra rilasciate dal sistema ali-mentare globale rappresentano fino al 37% deltotale delle emissioni umane di gas serra, se-condo le stime dell’ Intergovernmental Panel onClimate Change (IPCC)20, dall’altro lato l'agricol-tura ha il potenziale per compensare e catturarecirca il 20% delle emissioni annuali attraverso mi-gliori tecniche di gestione del suolo. In questocontesto, le città sono spesso state considerateattori marginali del sistema alimentare. Tuttavia,negli ultimi decenni esse hanno riconquistato unruolo primario nella geografia alimentare globale.

Oggi più di metà della popolazione mondialevive in insediamenti urbani più o meno formali equesta percentuale è destinata ad aumentare inmodo vertiginoso nei prossimi decenni. Secondole proiezioni delle Nazioni Unite, nel 2050 duepersone su tre vivranno in insediamenti urbani21

e si prevede che l’80% del cibo sarà consumatonelle città. Ciò pone interrogativi importanti perla sicurezza alimentare e la sostenibilità di un si-stema alimentare che già oggi mostra alcuni pro-fondi paradossi.22 La forte pressione demograficarischia di aumentare in modo esponenziale l’im-pronta ecologica delle nostre comunità, in parti-colare nei Paesi in via di sviluppo. Secondo unrecente studio, il cibo rappresenta la principalefonte di emissioni urbane. Nel 2017, nelle mag-giori città del mondo le emissioni legate alla pro-duzione e al consumo di cibo rappresentavano il13% del totale, con un impatto di 582 milioni ditonnellate equivalenti di CO2 emesse nell’atmo-sfera. Se i trend attuali continuano, nel 2050 que-ste emissioni potranno crescere del 40% circa,con impatti drammatici per la salute dei cittadinie del Pianeta.23 Nei prossimi anni amministratorilocali e nazionali saranno chiamati quindi a lavo-

rare in modo sinergico per combattere questesfide, ad esempio riducendo l’impronta ecolo-gica delle nostre comunità supportando una vi-sione più circolare e sistemica della filiera,contrastando la povertà alimentare e promuo-vendo stili di vita più salubri.24

Le nostre città possono influenzare in modo di-retto o indiretto numerosi settori legati all’ali-mentazione. Una governance di successoconsente di produrre degli impatti positivi sunumerosi attori della filiera all’interno ma ancheall’esterno dei confini di una città. Negli ultimianni molte amministrazioni, spinte anche dallerichieste provenienti dal mondo dell’università,della società civile e del settore produttivo,hanno iniziato a progettare politiche propriecon l’obiettivo di rendere più sostenibili i sistemialimentari urbani e metropolitani. Alcune sisono focalizzate su politiche settoriali, interve-nendo ad esempio sulle mense scolastiche, suimercati rionali o sulla lotta allo spreco alimen-tare. Altre hanno invece realizzato delle politi-che articolate e sistemiche con lo scopo dicoordinare tutte le iniziative in grado di impat-tare il sistema alimentare. Uno sforzo di coordi-namento molto complicato che comporta ilcoinvolgimento di numerosi attori e che ha vistoad esempio la nascita di nuovi assetti istituzio-nali, budget e personale dedicato e struttureinter-dipartimentali in grado di lavorare in modoorizzontale e soprattutto efficace. In quest’ot-tica la nascita di numerosi network internazio-nali come il Milan Urban Food Policy Pact25 èstata molto importante non solo per alimentareil dibattito sulla sostenibilità del cibo, ma so-prattutto per diffondere buone pratiche lanciatein numerose città del mondo e potenzialmentereplicabili in altri contesti.26 L’infografica inbasso consente di avere un’idea sugli strumentia disposizione di una città per impattare il si-stema alimentare in modo sostenibile.

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Ali-mentazione e l'Agricoltura (FAO) ha identificatocinque modi attraverso cui le città possono in-fluenzare i sistemi alimentari.28 In primo luogo,le città possono e devono supportare forme diagricoltura urbana, accorciando le filiere ali-mentari, offrendo accesso ai mercati e nuovepossibilità economiche a piccoli produttori e di-

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stributori supportando l’economia locale, e ri-ducendo al contempo le emissioni prodottedalla logistica alimentare. In secondo luogo, lecittà possono promuovere diete più sostenibili,operando sugli appalti pubblici (per esempio imenu delle mense scolastiche) riducendo lapresenza di cibo ultra-processato, poco salubreo altamente impattante dal punto di vista am-bientale, offrendo incentivi economici e stru-menti di premialità. In terzo luogo, le cittàdevono lanciare dei meccanismi di prevenzionee riduzione dello spreco alimentare, favorendoda un lato la redistribuzione di cibo per queigruppi più vulnerabili e dall’altro introducendomisure per prevenire e ridurre a monte i livelli dispreco nella grande distribuzione, nella ristora-zione e tra i consumatori finali. In quarto luogo,le città devono aumentare le superfici verdi adisposizione dei cittadini per incoraggiare l’at-tività fisica e ridurre i livelli di inquinamento, dimodo che la pianificazione alimentare vada dipari passo con la creazione di ambienti urbanisempre più verdi, e rafforzare la coesione so-ciale delle comunità. Infine, le città devono ri-

connettersi con le aree peri-urbane, metropo-

litane e rurali circostanti. Rafforzare i collega-menti urbano-rurali è essenziale per garantireuna filiera alimentare sana e sostenibile e offrireaccesso ai mercati per i piccoli produttori.

In questo contesto, numerose sono le sfide che lecittà saranno chiamate ad affrontare nei prossimianni. Tra queste alcune delle più rilevanti inclu-dono la lotta allo spreco, la povertà alimentare, ilmiglioramento della salute pubblica. I sindacipossono e devono lanciare politiche in grado dipromuovere diete sostenibili. Secondo il rapportospeciale IPCC (2019)29, dal 1961 ad oggi, l’offertapro-capite di cibo è aumentata del 30%, è rad-doppiato il volume delle risorse idriche utilizzatea scopo irriguo, mentre l’uso di fertilizzanti è cre-sciuto dell’800%. Se i trend demografici conti-nuano, sarà necessario aumentare del 60% laproduzione di cibo e l’uso di acqua per agricol-tura del 40%30, in particolare nel Mediterraneo,che rischia di diventare una delle regioni più col-pite dai cambiamenti climatici. Inoltre, con gli at-tuali trend di consumo, avremmo un aumento del

PARTE 1. Il framework di riferimento

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Figura 1. La “cassetta degli attrezzi” delle Urban Food Policy27

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32% delle emissioni globali di gas serra prodottedal settore agricolo entro il 205031. Per questo, latransizione verso diete più sane e sostenibili,avrebbe un potenziale di mitigazione con una ri-duzione delle emissioni pari a 0,7-0,8 Gt CO2equivalenti all’anno entro il 2050. Creare un’eco-nomia circolare del cibo32 significa ridare valorea ciò che l’economia lineare non considerava nep-pure utile come rifiuto da riciclare e rivoluzionareil modello produttivo a partire da una correttagestione del capitale naturale33 a cui è associatoquello culturale,34 rispettando i limiti planetari35

ed offrendo allo stesso tempo uno spazio equoalla società civile.36

L’economia circolare in particolar modo quandoè applicata al cibo deve essere chiaramente unparadigma economico che si prefigge di essererigenerativo, che ha l’ambizione di riconnetterel’uomo agli equilibri eco-sistemici, ricostruendoquel tessuto ecologico che sostiene la vita sullaTerra e che l’umanità si sta mangiando con in-credibile voracità. Un termine chiave dell’econo-mia circolare è sicuramente “metabolizzazione”.Ogni prodotto immesso nel mercato, nell’am-bito del cibo, sia che si parli di contenuto che dicontenitore, dovrebbe essere progettato perchépossa, a fine vita, essere metabolizzato dal si-stema riducendo a zero la produzione di rifiuti.Le maglie di questo tessuto ecologico sono co-stituite dalla biodiversità, anche quella micro-bica, come quella presente in un suolo fertile.Più attori caratterizzano il sistema, più le magliedel tessuto ecologico sono interconnesse, più èalto il peso che l’ecosistema può sostenere, in-crementando dunque la sua resilienza.

L’intero sistema alimentare dipende da questotessuto, e la crescita economica basata sul mo-dello lineare (produci, consuma, dismetti) ne stariducendo le interconnessioni, ne sta assotti-gliando le maglie, consegnandoci nelle maniomologazione e disuguaglianza.

Dunque, diventa urgente cambiare paradigma,cercando in primis di evitare di compromettere irapporti con il miglior fornitore di materia primache il genere umano conosca, ovvero la natura.Fare economia circolare vuol dire quindi non soloridurre gli sprechi trovando ai residui una nuovadestinazione d’uso. Significa partire dalla terra

per passare da un’economia lineare, che crea inapparenza abbondanza ma servendola in unpiatto alquanto fragile, ad una circolare, rigene-rativa, progettata per dialogare con la Natura.37

Un buon punto di partenza è ovviamente quellodi ridurre la quantità di cibo sprecato. Come ri-corda la FAO, ogni anno un terzo del cibo siperde o è sprecato all’interno della filiera ali-mentare (1,3 miliardi di tonnellate), generandocosti per circa 2.600 miliardi di dollari, di cui700 miliardi di costi ambientali e 900 sociali.38

Sempre secondo l’IPCC, lo spreco alimentarerappresenta l’8-10% delle emissioni totali di gasserra, cioè 3,3 miliardi di tonnellate all’anno. Inquesto contesto, le città sono chiamate a lan-ciare delle politiche di prevenzione e riduzionedegli sprechi innovative. Un recente studio mo-stra che un quarto delle emissioni umane è cau-sato dalla cattiva gestione dei rifiuti organici, iquali invece dovrebbero diventare una fonte disviluppo per le città, attraverso sistemi di rac-colta e riciclo migliori. Si calcola che i rifiuti or-ganici sono destinati ad aumentare di volumenei prossimi 5 anni e che il 70% di questo au-mento si verificherà nelle città dei Paesi in via disviluppo. Una politica di prevenzione e ridu-zione degli sprechi a livello urbano potrebbequindi produrre delle conseguenze estrema-mente positive. Essa comporterebbe una note-vole riduzione delle emissioni (4,3 miliardi ditonnellate di CO2 equivalente, con un potenzialedi mitigazione stimato in 0,8-4,5 Gt CO2 equi-valente all’anno secondo il già citato rapportodell’IPCC), ridurrebbe il degrado dei suoli di 15milioni di ettari di terra coltivabile per anno,consentirebbe un risparmio di 450 trilioni di litridi acqua potabile e ridurrebbe i costi sanitarifino a 550 miliardi di dollari.39

Un’altra grande sfida che le nostre città sarannochiamate ad affrontare è quella relativa alla lottaalla povertà alimentare, la quale rischia di au-mentare in modo esponenziale a seguito dell’in-cremento della popolazione urbana e della crisisanitaria globale. Nei prossimi anni continue-ranno ad espandersi le cosiddette “megalopoli”,ossia città con più di 10 milioni di abitanti. Se nel1975 lo erano solo New York, Tokyo e Città delMessico, oggi nel mondo ce ne sono 33 e nel2030 il numero sarà superiore alle 40 unità. Inmolte di queste, milioni di cittadini vivono in

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condizioni di estrema precarietà e povertà, conservizi scarsi o addirittura inesistenti. Non è uncaso che secondo la FAO, già il 90% delle per-sone che vivono nelle periferie dei grandi agglo-merati urbani dei Paesi in via di sviluppo soffradi insicurezza alimentare.40 In questo contestoaumentano i cosiddetti “deserti alimentari” o le“paludi alimentari”. I primi sono quelle aree ur-bane dove la mancanza di supermercati, negozio mercati limita enormemente la possibilità diacquistare frutta, verdura e altri prodotti alimen-tari freschi, di qualità, a prezzi accessibili. Le pa-ludi alimentari invece quelle aree urbanecaratterizzate da un’elevata concentrazione difast food, che vendono cibi processati e/o alta-mente calorici e junk food, rispetto a negozi epunti vendita di cibo più salutare.

Infine, un sistema alimentare più sostenibile è fon-damentale per tutelare un accesso sicuro, suffi-ciente e nutriente a tutti i cittadini del Pianeta.Attualmente sovrappeso, obesità e le malattienon trasmissibili (ovvero patologie legate allacombinazione di fattori genetici, fisiologici, am-bientali e comportamentali, come le malattie car-diovascolari, il diabete o l’ipertensione), sono inaumento in tutti i Paesi. Le malattie non trasmis-sibili sono responsabili del 60% di tutti i decessia livello globale, e l’80% di questi colpisce i Paesia basso e medio reddito41. La malnutrizione – in-tesa come sottonutrizione o sovranutrizione –gioca purtroppo un ruolo molto importante inquesto fenomeno con conseguenze importantinon solo sulla popolazione adulta, ma anche suibambini. Secondo l’Organizzazione Mondialedella Sanità (OMS), a livello globale, nel 2016, 41milioni di bambini di età inferiore ai cinque annierano in sovrappeso o obesi. Quasi la metà diquesti vive in Asia, mentre in Africa, il loro numeroè aumentato di quasi il 50% dal 200042. Allostesso tempo, se da un lato i bambini e gli adole-scenti tra i 5 e i 19 anni in sovrappeso o obesi nel2016 erano 340 milioni, dall’altro lato nel 2019 463milioni di adulti soffrivano di diabete e nel 2045dovrebbero diventare 700 milioni. Questa cifra èancora più drammatica se pensiamo che si stima1 persona su 2 (232 milioni) non sa di soffrire didiabete43 e che due terzi di queste persone vi-vono in città44. La maggior parte di queste pato-logie sono dovute ad abitudini alimentarisbagliate. Pertanto, le città devono diventare i luo-

ghi in cui consolidare stili di vita più sostenibili,con lo scopo di ridurre il livello di obesità della po-polazione che soffre di diabete, ridurre i livelli dispreco alimentare e cambiare i sistemi di produ-zione del cibo.

La complessità di queste problematiche implicaun cambiamento radicale del sistema alimen-tare, attraverso politiche integrate (le cosid-dette Urban Food Policy, trattate nel paragrafoseguente) che siano in grado non solo di coor-dinare tutti quei settori che in modo diretto oindiretto impattano sull’alimentazione, maanche sviluppando indicatori sempre più accu-rati per monitorare le performance nazionali. Inquesto contesto, le città possono e devono di-ventare il luogo in cui sperimentare politiche in-novative sull’alimentazione, agendo in fortesinergia con i governi nazionali ma soprattuttocon le aree metropolitane e peri-urbane circo-stanti. Numerosi sono i casi in cui i sindaci di nu-merose città del mondo si sono alleati perdiffondere politiche alimentari urbane integrate.Non è un caso che, nell’ottobre 2019, 14 sindacidi grandi città del mondo45 abbiano firmato ladichiarazione “C40 Good Food Cities”. Conquesto documento le città firmatarie si sono im-pegnate a promuovere diete sostenibili nelleloro comunità, dimezzando lo spreco alimentareentro il 2030, ma anche usando gli appalti verdiper incidere su tutte le politiche in grado di dareaccesso a cibo sano, nutriente e sostenibile ailoro 64 milioni di cittadini, con notevoli vantaggiper la salute delle persone e dell’ambiente.46 Inaltre parole, le città devono trasformarsi in dellefood smart cities, ossia in comunità impegnateattivamente ad affrontare la sfida di assicurarecibo sufficiente, sicuro e salutare ai propri citta-dini, salvaguardando l’ambiente e le sue risorse,e in cui tutti gli attori coinvolti nella filiera ali-mentare lavorano per un equo compenso.47

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1.3 Le Urban Food Policy:cosa sono, come lavorano e qualiobiettivi si pongono

Il cibo e le numerose interazioni che compon-gono quello che viene definito Food System(tutte le attività connesse alla produzione, tra-sformazione, distribuzione, consumo e post-consumo di cibo e non solo), per anni non sonostate incluse nelle politiche e nelle strategie dipianificazione urbana. Di contro, per risponderealle sfide ambientali, sociali ed economicheposte dai sistemi agroalimentari, in particolarenel contesto urbano, ed analizzate brevementenelle pagine precedenti, sono nate le politichelocali del cibo (corrispettivo del più diffuso ter-mine anglosassone Urban Food Policy). Questepolitiche hanno come scopo generale di rego-lare le attività legate al sistema alimentare ur-bano in toto, in un’ottica di maggioresostenibilità, salubrità, resilienza e inclusività.Per questi motivi, molto spesso sono sostenuteed avviate da associazioni o membri della so-cietà civile e, in qualche caso, anche da istitu-zioni a vari livelli. “Le Urban Food Policypossono essere intese come decisioni che in-fluenzano i modi in cui le persone in città pro-ducono, acquistano, consumano e smaltisconoil cibo. Fino a poco tempo fa, queste decisioni(quando esistevano) erano tipicamente definitecome politiche isolate e settoriali che non con-sideravano le interdipendenze fra le diverse fasidel sistema alimentare o delle sue più ampieconnessioni con la salute umana e dell'am-biente”.48 Grazie a questo tipo di iniziative, dopomolto tempo, ai temi legati al cibo viene asse-gnata un’importanza crescente che si concre-tizza con una politica dedicata in cui i temi delcibo vengono considerati in un’ottica sistemicaed organica, riconosciuta dai governi locali.49

Il dibattito relativo allo sviluppo di politiche ali-mentari locali è promosso ed alimentato, già datempo, da una serie di iniziative a livello interna-zionale. Gli SDGs e la New Urban Agenda, defi-nita all’interno della Conferenza Habitat III delleNazioni Unite, sono i primi esempi di collega-mento tra lo sviluppo di politiche locali e dibattitidi livello internazionale.50 Anche la FAO ha ini-ziato ad interessarsi a questi nuovi spazi di dibat-tito, circa la relazione tra il cibo e le città, e lo ha

fatto attraverso vari progetti, tra cui l’iniziativaFood For the Cities , che ha dato vita al pro-gramma “City Region Food System”.51 Molte reti,nate per diversi progetti di scambio tra città,hanno ritenuto opportuno articolare una partedei loro progetti ai temi che comprendono il di-battito sui sistemi alimentari. Tra le altre, ilgruppo di lavoro food systems relativo al gruppoC40 cities52 ed il gruppo di lavoro su Food di Eu-rocities53 che costituisce una piattaforma discambio di buone pratiche e soluzioni innovative,relative alla questione del cibo nelle città.

Le politiche alimentari urbane nascono e si svi-luppano soprattutto nel mondo anglosassone: In-ghilterra, Stati Uniti e Canada: Londra, Lewisham,Leeds, Brighton e Hove (2006), Manchester,Newquay, Plymouth e Bristol (2007-2011), Oa-kland e San Francisco (2008), Chicago, New YorkCity, Toronto, Philadelphia, Vancouver e Baltimora(2009-2011).54 In Europa i processi legati alla pia-nificazione alimentare urbana sono ancora oggimolto diversi tra loro e sono ancora pochi gliesempi di istituzionalizzazione di dette politichepoiché la maggior parte si è sviluppata attraversospinte “dal basso”; mentre, nelle realtà cittadinedel Sud del mondo, le politiche alimentari urbanesono declinate principalmente in termini di sicu-rezza alimentare ed agricoltura familiare grazieprincipalmente al lavoro della cooperazione inter-nazionale e delle ONG. “In Italia la necessità, maanche l’opportunità, di una pianificazione inte-grata dei sistemi locali del cibo – che non solo esi-stono, ma che possono contare su un patrimoniodi risorse, materiali e immateriali, di grande valore– non costituisce ancora una percezione real-mente diffusa, soprattutto a livello istituzionale”.55

L’estrema diversità di approcci a questo tipo dipolitiche ne rende difficile una definizione pre-cisa e la misurazione dei reali cambiamenti ap-portati; il loro maggior contributo è quello direndere più sensibili i cittadini a ciò che è soste-nibile ed inclusivo in un territorio, partendodalle tematiche che ruotano intorno al cibo inun’ottica sistemica; tra le altre: l’ambiente, l’edu-cazione, l’agricoltura, le attività produttive non-ché questioni sociali e culturali che investonotutta la filiera agroalimentare coinvolgendo isettori privato e pubblico e la società civile, cer-cando di riconnettere livello urbano e rurale.

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1.4 Il nostro Paese

L’Italia è tra i maggiori produttori agricoli del-l’Unione europea. Tale primato da un lato con-tribuisce al sistema economico ed alla bilanciacommerciale anche grazie alle produzioni diqualità – per le quali vantiamo il maggior nu-mero a livello europeo e mondiale – biologiche,ma dall’altra mostra significativi impatti sull’am-biente. Il degrado dei suoli agricoli risulta tra ipiù preoccupanti in Europa: il contenuto di car-bonio nel suolo è pari solo all’1,1% in peso, al disotto della soglia di 1,5% considerata a rischiodesertificazione. A livello nazionale i prelievi diacqua dolce dovuti all’agricoltura ammontanoal 6,74% delle risorse idriche rinnovabili, ma con-sistenti volumi di “acqua virtuale” vengono con-sumati indirettamente dal nostro Paeseattraverso l’import di cibo. Inoltre, più del 75%delle risorse ittiche è sovra sfruttato o esaurito.Le emissioni annuali di gas serra da parte delsettore agricolo sono dovute per il 64% alla pro-duzione animale e per il 36% alla produzione ve-getale e sono pari a circa 2,3 Gg CO2 equivalentiper ogni ettaro agricolo, inferiori ad altri grandiproduttori agricoli come Francia, Germania ePaesi bassi, ma maggiori rispetto alla Spagna.La mancanza di una strategia politica nazionalelimita le opportunità di investire nell’agricolturasostenibile e mitigare il cambiamento climatico.Infine, i giovani rappresentano solo il 5% degliagricoltori, anche se recenti statistiche dimo-strano un loro riavvicinamento al settore,56 pro-babilmente incentivate anche dalle misure adhoc della Politica Agricola Comune (PAC). Inquesto contesto, tra il 2018 e il 2019 nel nostroPaese si è ridotto l’uso di fertilizzanti in agricol-tura (che passano da 525,6 a 509,8 kg per et-taro) così come l’utilizzo dei prodotti fitosanitari(da 13 kg per ettaro nel 2017 a 12,8 nel 2018).57

In questo senso la legge di bilancio 2020 pre-senta alcuni elementi potenzialmente positiviper il settore primario nazionale, anche se è daverificare la loro capacità di trainare il settoreverso una reale transizione sostenibile. Tra que-ste misure si ricordano alcuni provvedimenti cheagiscono sui livelli di reddito, sul miglioramentodella competitività e del capitale umano, sullatutela del territorio e sull’internazionalizzazionedelle imprese agricole.

Il nostro Paese non può purtroppo considerarsial riparo delle dinamiche osservate in prece-denza, non solo perché il tasso di urbanizza-zione in Italia risulta essere già particolarmenteelevato (68% nel 2013),58 ma anche perché i li-velli di sovrappeso e obesità, causati da unaprofonda transizione nutrizionale in atto, sonoin deciso aumento. Secondo i dati dell’osserva-torio nazionale OKkio alla Salute59, che nel 2017ha condotto un’indagine che ha coinvolto oltre48.400 genitori e 48.900 bambini in oltre 2.600classi di tutto il territorio nazionale, attualmente,il 21,3% dei bambini partecipanti (8-9 anni) è insovrappeso, mentre il 9,3% risulta obeso. As-sieme ad altri Paesi del Sud dell’Europa, comela Spagna, Cipro o Malta, l’Italia ha un grandeproblema di obesità e sovrappeso infantile. Intermini di sovrappeso degli adulti,60 in Italia ar-riviamo al 59%. Inoltre, meno del 60% degli ita-liani raggiunge livelli di attività fisicaraccomandati61 e c’è evidenza di un progressivodistanziamento dalla dieta mediterranea. Perquanto riguarda lo stato della nutrizione dellasua popolazione, secondo il Food SustainabilityIndex (FSI), l’Italia si trova al 20° posto rispettoai 28 Paesi dell’Unione europea.62

Misurare e quantificare lo spreco alimentare

non è semplice. Negli ultimi anni diversi progettisono stati lanciati con l’obiettivo di ottenere unafotografia più o meno completa del fenomeno.Tuttavia, la presenza di diverse metodologie dicalcolo non consente di avere un dato univocoper il nostro Paese. Attualmente si stima che lospreco alimentare in Italia costi oltre 15 miliardidi euro, pari a circa l’1% del PIL63. Da una parteil Food Sustainability Index calcola che lospreco di cibo generato ogni anno a livello pro-capite sia pari a 65kg,64 di cui 27,5 kg sono daattribuire al consumo domestico.65 Si tratta diun livello ancora molto alto rispetto al quadroeuropeo, dove la media è di 58 kg. L’Italia si col-loca infatti al 13° posto su 28 Paesi, piuttosto in-dietro rispetto a realtà come la Spagna o ilRegno Unito, il cui livello si attesta intorno ai 55kg pro capite. Se consideriamo le perdite ali-mentari, l’FSI mostra come l’Italia sia di poco aldi sotto della media europea, con il 2% di ciboperso dalla fase di post-raccolta fino alla tra-sformazione industriale, escludendo la fase agri-cola.66 Dall’altro il progetto REDUCE,67

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realizzato dall’Università di Bologna in collabo-razione con il Ministero dell’Ambiente, stima cheogni anno in Italia vengano “sprecati” circa 2,2milioni di tonnellate di cibo, pari a 37 kg pro ca-

pite.68 I costi di questi sprechi ammonterebberoa 8,5 miliardi di euro (lo 0,6% del PIL), circa 250euro/anno. Tra i cibi più “gettati” c’è la verdura,che subisce uno spreco annuo pro capite dicirca 7,1 kg, pari al 25,6% dello spreco totaleannuo. A seguire, il latte e i latticini con 4,8 kgsprecati all’anno pari al 17,6% dello spreco totaleannuo. Seguono la frutta (4,4 kg/anno) e i pro-dotti da forno (3,2 kg/anno). Tra le principalicause, vi sono il raggiungimento o il supera-mento della data di scadenza o l’essere andatoa male nel 46% dei casi, e l’aver gettato il ciboperché non era piaciuto (26%).

Anche sul tema della povertà alimentare il no-stro Paese è in difficoltà. Nel 2018 secondol’ISTAT in Italia quasi 2 milioni di famiglie e piùdi 5 milioni di cittadini si trovano in una condi-zione di povertà assoluta. Si tratta di una cifrapiù che raddoppiata rispetto a 10 anni prima eche rappresenta l’8% della popolazione delPaese e il 7% del totale delle famiglie italiane,con dati molto preoccupanti nelle regioni meri-dionali.69 Questo ha delle ripercussioni impor-tanti sulla loro salute e alimentazione. SecondoColdiretti ci sono più di 2,7 milioni di personeche hanno bisogno di aiuto per poter accederea cibo sano e in quantità adeguate attraverso leoltre 11mila organizzazioni non profit (di cuicirca un 85% consegnano spese periodiche aempori, mentre il restante 15% sono comunità diaccoglienza) e le mense dei poveri70 e nei pros-simi mesi bisognerà capire quale sarà l’impattodel COVID19 su questo versante.71

In questo contesto, ci sono stati dei primi ten-tativi nel nostro Paese di monitorare le perfor-mance delle città nel raggiungimento degliSDGs. Uno degli strumenti più innovativi lanciatiè l’SDGs city index che ha mostrato il livello diraggiungimento di 39 obiettivi legati a 16 SDGsper 101 capoluoghi di provincia italiani.72 L’Indicemostra notevoli differenze tra le città italiane, inparticolare tra le regioni del Nord e del Sud, coni risultati migliori ottenuti per il Goal 1 (Sconfig-gere la povertà), seguito dal Goal 13 (Lotta con-tro il cambiamento climatico), il Goal 6 (Acqua

pulita e servizi igienico-sanitari), il Goal 3 (Sa-lute e benessere) e il Goal 11 (Città e comunitàsostenibili). I risultati peggiori invece vengonoregistrati per il Goal 7 (Energia pulita e accessi-bile), e per il Goal 9 (Imprese, innovazione e in-frastrutture). Quest’ultimo è trainato verso ilbasso dall’elevato livello di disoccupazionestrutturale nel nostro Paese e l’impatto ancoranon completamente superato della crisi econo-mica. Sul piano della nutrizione, l’Indice moni-tora alcuni aspetti che si legano in particolare aiGoal 2 e 12, tra cui la percentuale di terre abban-donate convertite in agricoltura biologica (inparticolare per la coltivazione di frutta e ver-dura), misurate in metri quadri ogni 100 abitanti;l’Indice di massa corporea misurato come per-centuale dei cittadini obesi sul totale della po-polazione; la percentuale di raccoltadifferenziata di rifiuti e infine la produzione dirifiuti urbani pro/capite misurata in kg per abi-tante per anno.

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NOTE

17 Sustainable Development Solutions Network (SDSN) and the Brabant Center for Sustainable Development -Telos, Tilburg University (2019). The 2019 SDG Index and Dashboards Report for European Cities (prototypeversion) https://sdgindex.org/reports/sdg-index-and-dashboards-report-for-european-cities/com/sustainable-development.report/2019/2019_sdg_index_euro_cities.pdf

18 FAO. http://www.fao.org/3/i2490e/i2490e01b.pdf 19 World Bank, 2019. https://blogs.worldbank.org/voices/do-costs-global-food-system-outweigh-its-monetary-

value 20 IPCC, 2019. https://www.ipcc.ch/srccl/ 21 UN 2018. https://www.un.org/development/desa/en/news/population/2018-world-urbanization-prospects.html 22 BCFN, tre paradossi da risolvere, https://www.barillacfn.com/it/magazine/cibo-per-tutti/tre-paradossi-da-ri-

solvere/ 23 C40, Urup, University of Leeds (2019). Addressing food-related consumption -based emissions in C40 cities.

https://c40-production-images.s3.amazonaws.com/other_ uploads/images/2269_C40_CBE_Food_250719.ori-ginal.pdf?1564075020

24 BCFN, Cibo in città. Guida didattica sulle politiche alimentari urbane per le persone e per il pianetahttps://www.educazionedigitale.it/noiilciboilpianeta/approfondimento-cibo-in-citta/

25 Milan Urban Food Policy Pact, www.milanurbanfoodpolicypact.org26 T. Giordano et al, 2018, The role of cities in the transformation of food systems: sharing lessons from Milan Pact

cities, www.milanurbanfoodpolicypact.org/wp-content/uploads/2018/10/CA0912EN.pdf27 Terra! Onlus, Lands Onlus (2019). Una Food Policy per Roma. Perché alla Capitale d’Italia serve una Politica del

Cibo (https://www.politichelocalicibo.it/wp-content/uploads/2019/10/Una-Food-Policy-per-Roma.pdf)28 FAO, Five ways to make cities healthier and more sustainable, 11 February 2020, www.fao.org/fao-stories/arti-

cle/en/c/1260457/

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29 Arneth, A., F. Denton, F. Agus, A. Elbehri, K. Erb, B. Osman Elasha, M. Rahimi, M. Rounsevell, A. Spence, R. Va-lentini, 2019: Framing and Context. In: Climate Change and Land: an IPCC special report on climate change, de-sertification, land degradation, sustainable land management, food security, and greenhouse gas fluxes interrestrial ecosystems [P.R. Shukla, J. Skea, E. Calvo Buendia, V. Masson-Delmotte, H.-O. Pörtner, D.C. Roberts,P. Zhai, R. Slade, S. Connors, R. van Diemen, M. Ferrat, E. Haughey, S. Luz, S. Neogi, M. Pathak, J. Petzold, J. Por-tugal Pereira, P. Vyas, E. Huntley, K. Kissick, M. Belkacemi, J. Malley, (eds.)]

30 Mesfin M. Mekonnen and Arjen Y. Hoekstra, “Four Billion People Facing Severe Water Scarcity”, in Science Ad-vanced, Vol. 2, No. 2 (12 February 2016), https://doi.org/10.1126/ sciadv.1500323

31 D. Tilman, M. Clark, Global Diets Link Environmental Sustainability and Human Health, in “Nature”, n. 515, 2014,pp. 518-522.

32 Fassio, F.; Tecco, N. Circular Economy for Food: materia, energia e conoscenza in circolo; Edizioni Ambiente:Milano, Italy, 2018.

33 Lovins A., et al., A roadmap for natural capitalism, 1999)34 Bourdieu P., Le capital social,1980 35 Rockström J. Planetary Boundaries: Exploring the Safe Operating Space for Humanity, 200936 K. Raworth, Doughnut economics, 2017.37 Lovins A., et al., A roadmap for natural capitalism, 199938 FAO, 2014. Food Wastage Footprint. http://www.fao.org/3/a-i3991e.pdf 39 Ellen Mac Arthur Foundation, Cities and Circular Economy for Food, https://www.ellenmacarthurfoundation.org/pu-

blications/cities-and-circular-economy-for-food 40 FAO, Our world is urbanizing. Is food on your agenda?, www.fao.org/3/I8568EN/i8568en.pdf 41 Lachat, C., Otchere, S., Roberfroid, D., et al. (2013). Diet and physical activity for the prevention of noncommu-

nicables diseases in low- and middle-income countries: a systematic policy review. PLoS Med. 2013; 10: e1001465 42 Si veda OMS, 2018, https://www.euro.who.int/en/health-topics/disease-prevention/nutrition/news/news/2018/5/la-

test-data-shows-southern-european-countries-have-highest-rate-of-childhood-obesity e anche OMS,https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/obesity-and-overweight

43 https://www.idf.org/aboutdiabetes/what-is-diabetes/facts-figures.html44 http://www.citieschangingdiabetes.com/content/dam/cities-changing-diabetes/magazines/CCD-briefing-

book.PDF45 Barcellona, Copenhagen, Guadalajara, Lima, Londra, Los Angeles, Milano, Oslo, Parigi, Quezon City, Seoul, Stoc-

colma, Tokyo, Toronto46 D. Fattibene e S. Amato, Sfamare i centri urbani in modo sostenibile è una sfida cruciale, Noi il cibo e il nostro

pianeta. Alimentiamo un futuro sostenibile, National Geographic Italia, dicembre 2019 47 Rikolto, EOS Tracé 2020. What will we eat tomorrow?, https://www.rikolto.org/en/what-will-we-eat-tomorrow 48 R. Sonnino, Geografie urbane del cibo nel nord globale, Bollettino della Società Geografica Italiana Roma - Serie

XIII, vol. X (2017)49 A. Toldo, G. Pettenati, Il cibo tra azione locale e sistemi globali, Spunti per una geografia dello sviluppo, Fran-

coangeli 201850 http://societageografica.net/wp/wp-content/uploads/2016/08/BSGI-1-2_BR.pdf#page=5551 http://www.fao.org/3/a-i4789e.pdf52 https://www.c40.org/networks/food_systems53 http://www.eurocities.eu/eurocities/working_groups/Food&tpl=home54 Sonnino, R. 2016. The new geography of food security: exploring the potential of urban food strategies. Geo-

graphical Journal 182(2), pp. 190-20055 E. Dansero, G. Pettenati, A. Toldo, Il Rapporto Fra cibo e città e le politiche urbane del cibo: uno spazio per la

geografia? Bollettino della Società Geografica Italiana Roma - Serie XIII, vol. X (2017)56 BCFN 2019. L’Italia e il cibo. https://www.barillacfn.com/m/publications/l-italia-e-il-cibo.pdf57 ASviS, La Legge di Bilancio 2020 e lo sviluppo sostenibile Esame dei provvedimenti e situazione dell’Italia ri-

spetto ai 17 Obiettivi dell’Agenda 2030, https://asvis.it/public/asvis2/files/Eventi_ASviS/RapportoAnalisiLeg-geBilancio2020_FINAL.pdf

58 Istat, Principali dimensioni geostatistiche e grado di urbanizzazione del Paese, https://www.istat.it/it/archivio/137001 59 OKkio alla Salute (2016). http://www.epicentro.iss.it/okkioallasalute/dati2016.asp 60 Il sovrappeso è definito come indice di massa corporea superiore a 25 Kg/m2 negli adulti.61 Regina, Guthold, et al. 2016, Worldwide trends in insufficient physical activity from 2001 to 2016: a pooled ana-

lysis of 358 population-based surveys with 1.9 million participants.62 BCFN 2019. L’Italia e il cibo. https://www.barillacfn.com/m/publications/l-italia-e-il-cibo.pdf

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63 Spreco alimentare: in Italia vale quasi 16 miliardi, e quasi 12 nelle nostre case. Presentati alla FAO stamane i datiWaste Watcher, in occasione della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, in calendario do-mani, 5 febbraio, https://www.sprecozero.it/2019/02/04/spreco-alimentare-in-italia-vale-quasi-16-miliardi-e-quasi-12-nelle-nostre-case-presentati-alla-fao-stamane-i-dati-waste-watcher-in-occasione-della-giornata-naz-di-prevenzione-dello-spreco-alimen/

64 La metodologia Food Sustainability Index (FSI) si basa su quella elaborata dalla FAO in partnership con lo Swe-dish Institute of Food and Biotechnology (SIK) e ri-adattata usando i Food Balance Sheets della FAO del 2013.L’FSI monitora lo spreco a livello domestico e di distribuzione usando la stessa categorizzazione dei prodottiusata dalla FAO, creando dei fattori di conversione regionali usati per calcolare i livelli di spreco di ogni Paesee messi in rapporto con i dati sulla popolazione del 2013 per ottenere le stime finali pro capite. Si veda in talsenso The Economist Intelligence Unit, Food Sustainability Index Methodology, 2019:https://foodsustainability.eiu.com/wp-content/uploads/sites/34/2019/01/FSI-2018-Methodology-Paper_full_January-2019.pdf

65 FAO, 2015 http://www.fao.org/faostat/en/#data/FS 66 FAO, FAOSTAT, Commodity Balances - Crops Primary Equivalent, http://www.fao.org/faostat/en/#data/BC67 Il progetto REDUCE usa una metodologia di calcolo basata su un’analisi composita dello spreco. Il progetto ha

monitorato lo spreco che avviene in Italia a livello domestico monitorando alcuni campioni di spreco alimentareseparato dai rifiuti residui inviati presso otto impianti di incenerimento di rifiuti tra Emilia Romagna, Lombardiae Piemonte grazie al contributo del Consorzio Nazionale Imballaggi (CONAI). La metodologia consiste nel pe-sare lo spreco alimentare totale, separare ogni componente identificabile per categorizzarlo in materiale edibileo non edibile, separare eventuali imballaggi e pesare la parte non più classificabile. Per una descrizione più det-tagliata si veda Camilla Tua, Mario Grosso, Simone Nessi, The “REDUCE” project: definition of a methodologyfor quantifying food waste by means of targeted waste composition analysis, Rivista di economia agraria, AnnoLXXII, n. 3, 2017: 289-301

68 https://www.sprecozero.it/wp-content/uploads/2018/02/comunicato-1-febbraio-SPRECHIAMO-100-GRAMMI-al-giorno_df.pdf

69 ISTAT, Le statistiche dell'ISTS sulla povertà, giugno 2019, https://www.istat.it/it/files/2019/06/La-povertà-in-Italia-2018.pdf

70 Coldiretti, Consumi, 2,7 mln di italiani costretti alla mensa dei poveri, 7 luglio 2019, https://www.coldiretti.it/eco-nomia/consumi-27-mln-italiani-costretti-alla-mensa-dei-poveri

71 Coldiretti, Consumi, 2,7 mln di italiani costretti alla mensa dei poveri, 7 luglio 2019, https://www.coldiretti.it/eco-nomia/consumi-27-mln-italiani-costretti-alla-mensa-dei-poveri

72 SDSN FEEM, Per un’Italia sostenibile: l’SDSN Italia SDGs City Index 2018, https://www.feem.it/m/projects/2018-cavallifarnia-sdsnitaliasdgscityindex2018.pdf

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2.1 Esempi di Food Policy

“Il quadro delle esperienze internazionali e na-zionali legate alle politiche e alle strategie per ilcibo si articola intorno a percorsi istituzionali enon, riferibili a matrici e tradizioni civico-politi-che differenti, ad oggi non univocamente classi-ficabili né standardizzate.”73 Anche per questo lepolitiche alimentari si sono sviluppate anche at-traverso nuovi strumenti di governance; i più co-nosciuti sono i Consigli del cibo (Food council):organi formati da soggetti che operano con ruolidiversi nella catena alimentare o anche nella so-cietà civile ma che condividono interessi edesperienze a vari livelli e che, in maniera demo-cratica, esprimono pareri o propongono azionied interventi da mettere in atto per una transi-zione ambientale e sociale dei Food System.74

Le prime iniziative di avvio di Consigli del ciborisalgono agli anni 90’ principalmente in NordAmerica e Canada. Tra i primi e più conosciutiesempi c’è sicuramente il Consiglio del cibo diToronto; questo, infatti, nasce nel lontano 1991 esi è evoluto fino ad oggi integrando metodi edevolvendo la sua operatività75 “Il documentoguida della Toronto food policy è la Carta del-l'alimentazione di Toronto, che è stata appro-vata all'unanimità dal Consiglio nel 2001. Il TFPCè stato istituito come sottocommissione delConsiglio di salute (The board of health)76 perfornire consulenza alla città di Toronto su que-stioni di politica alimentare”.77 La città ha av-viato un dibattito su svariati temi legatiall’alimentazione a diversi livelli di governo, conlo scopo di aumentare il grado di integrazionetra questi. L’obiettivo principale della Food Po-licy di Toronto è quello di migliorare la salute deicittadini, garantendo accesso a cibo sano ad unprezzo giusto in tutta la città. Tra le azioni prin-cipali che la città ha messo in campo, possiamocitare la costituzione del primo esempio mon-diale di consiglio del cibo dei giovani, il Toronto

Youth Food Policy Council (TYFPC),78 che cercadi coinvolgere i giovani nei cambiamenti relativial sistema alimentare e lavora per costruire lefuture generazioni di professionisti del cibo.

La città di Quito è la prima in Equador ad aversperimentato un approccio verso una politicaalimentare urbana. L’iniziativa nasce dal coinvol-gimento della città nel progetto realizzato conil supporto della FAO79 e della fondazione RUAFall’interno del progetto “City Region Food Sy-stem”.80 Il progetto è iniziato nel 2015 con l’ana-lisi del sistema alimentare e delle sue diverseinterazioni ed è culminato con l’approvazionedel Patto agroalimentare di Quito nel 2018. IlPatto è frutto del lavoro di diverse tipologie disoggetti tra cui: il mondo della ricerca, la societàcivile, il settore privato e le istituzioni locali chehanno contribuito alla formulazione delle lineeguida confluite nel documento. Il fine principaledel progetto è allineare le iniziative e le proget-tualità già avviate dei vari attori coinvolti con leattività previste dal patto. La città di Quito mira,in primis, ad un maggior grado di sostenibilitàdel sistema agroalimentare in tutte le sue fasi:produzione sostenibile, distribuzione a piùbasso impatto ambientale e consumi responsa-bili; non trascurando gli aspetti relativi alla sferasociale come, ad esempio, la maggiore parteci-pazione delle donne nelle attività sopradette.Infatti, tra gli obiettivi principali possiamo ricor-dare: migliorare l’adattamento agli impatti,quindi la resilienza, in particolare in relazioneagli effetti del cambiamento climatico, la pro-mozione di diete sostenibili ed adeguatamentebilanciate dal punto di vista nutrizionale nonchéla riduzione delle differenze tra aree urbane erurali.81

Prendendo a riferimento l’Europa, le esperienzedi Food Policy sono variegate e più o menostrutturate. La strategia di Parigi per un cibo so-stenibile è stata votata all’unanimità dal Consi-

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PARTE 2

Esperienze di buone pratiche

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glio di Parigi lo scorso 2018. E’ costituita da unquadro di riferimento trasversale a tutte le te-matiche che riguardano la pianificazione urbanadel cibo e stabilisce un’agenda comune per leazioni da mettere in campo. La strategia siesprime attraverso quattro temi principali, di-spiegati in quaranta azioni complessive. Lo svi-luppo di questa strategia si è basato su unaampia serie di consultazioni con la cittadinanzaed i gruppi rappresentativi che operano nel si-stema alimentare della città e della regione.L’obiettivo è quello di lavorare ad ampio spettro,spaziando dal livello metropolitano a quello re-gionale, considerando le relazioni urbano-rurali.Le quattro tematiche principali comprendono:

1. garantire a tutti l’accesso a cibo sostenibilein tutte le sue declinazioni (economica, so-ciale ed ambientale);

2. aumentare l’autonomia locale e la resilienzain relazione al tema dell’alimentazione;

3. prevenire gli sprechi alimentari;

4. fare rete e creare un sistema di partnership:collaborazione regolare con partner e citta-dini, organizzazioni e istituzioni caritative,volontarie ed economiche.

Parigi si impegna, quindi, a tradurre concreta-mente i suoi impegni attraverso una serie diobiettivi prefissati da raggiungere entro il 2030.Tra gli altri: aumentare la quota di terreni agri-coli nella regione di Parigi al 50%, eliminare l’in-sicurezza alimentare, incrementare la quota diproduzione da agricoltura biologica nella re-gione, migliorare l’approccio a diete sostenibilicon minor apporto di proteine animali ed un in-cremento di consumo di frutta e verdura, prin-cipalmente locali.82

A livello italiano, l’esempio più emblematico èsicuramente quello della città di Milano che haospitato, nel 2015, l’Esposizione universale daltema “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Nelluglio 2014, infatti, il Comune di Milano e Fon-dazione Cariplo hanno siglato un protocollod’intesa che ha portato ad adottare "Le linee diindirizzo della Food Policy di Milano 2015-2020"ed in seguito, una serie di misure per l'imple-mentazione della Food policy (delibera diGiunta n. 1041 del 2016). Un percorso che si è ar-ticolato in quattro tappe: l’analisi dei punti di

forza e di debolezza del sistema alimentare mi-lanese, l’elaborazione degli obiettivi della FoodPolicy attraverso una fase di consultazioni pub-bliche, l’adozione della Food Policy da partedelle istituzioni cittadine e, infine, l’elaborazionedi primi progetti pilota.83 Come si evince daimolti documenti pubblicati, la Food Policy diMilano intende raccogliere sotto un unico cap-pello, in un’ottica sistemica, tutti quegli aspettiche influenzano e sono influenzati dalla tema-tica cibo: tutta la catena alimentare, dalla pro-duzione alla valutazione circa il post consumodei prodotti, l’accesso al cibo per la popola-zione più fragile, i processi di recupero di cibo edi riduzione degli sprechi alimentari ma ancheaspetti correlati come l’ambiente, la salute ed ilbenessere, gli stili di vita. Tutti i propositi, le ini-ziative, le progettualità messe in campo, do-vranno essere pensate attraverso questa visionesistemica.84

Per rispettare questa impostazione, sono statedefinite una serie di priorità:

1. “garantire cibo sano e acqua potabile suffi-ciente quale alimento primario per tutti: as-sicurare a tutta la cittadinanza l’accesso a uncibo sano e acqua potabile sufficiente qualealimento primario al fine di tutelare la dignitàdella persona e migliorare la qualità dellavita;

2. promuovere la sostenibilità del sistema ali-mentare: facilitare il consolidamento di tuttele componenti e le attività necessarie all’ar-ticolazione di un sistema alimentare sosteni-bile e promuovere la produzione e ilconsumo locale di cibo fresco, di stagione edi qualità;

3. educare al cibo: promuovere una culturaorientata al consumo consapevole di cibosano, sicuro, culturalmente appropriato, so-stenibile, prodotto e distribuito nel rispettodei diritti umani e dell’ambiente;

4. lottare contro gli sprechi: ridurre le ecce-denze e lo spreco di cibo nelle diverse fasidel ciclo alimentare come strumento di limi-tazione degli impatti ambientali e comeforma di contrasto alle diseguaglianze socialied economiche;

5. sostenere e promuovere la ricerca scienti-fica in campo agroalimentare”.85

Cibo, città, sostenibilità. Un tema strategico per l'Agenda 2030

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Tra i primi esempi di politica alimentare urbanain Italia troviamo il Piano del cibo della Provin-cia di Pisa. Significativo caso a livello provin-ciale, il Piano si prefigge di riportare l’attenzionedei cittadini sull’agricoltura locale, aprendo unvivo dibattito su questi temi attraverso l’intera-zione con numerosi soggetti coinvolti al fine disostenere le produzioni locali, considerate piùsane e sostenibili. A questo scopo, è stato atti-vato un percorso partecipativo che ha coinvoltonumerosi soggetti: enti locali, settore privato,associazioni di categoria, mondo produttivo esociale. Il percorso è terminato con la redazionee l’approvazione di alcuni documenti fondanti.L’atto di indirizzo politico approvato nel mesedi aprile 2010 dal Consiglio provinciale, infatti,ha dato inizio ad un processo che ha portatoalla definizione di alcuni documenti fondamen-tali ed alla definizione delle tappe principali:

1. la redazione della carta del cibo: documentogenerale con indicazione della visione e degliobiettivi principali;

2. la definizione di una strategia per il ciboche identifichi criticità presenti e possibilisoluzioni;

3. la costruzione del piano del cibo: con il fineprincipale di sostenere le produzioni localiponendosi come anello di collegamento tra iproduttori locali e gli enti, le strutture citta-dine come scuole, caserme ed ospedali.86

“Il Piano del cibo dunque non è uno strumentodi pianificazione ma un percorso di crescita cul-turale e istituzionale che persegue gli obiettividi:

1. promozione di una cultura alimentare localebasata sul concetto di dieta sostenibile;

2. diffusione, presso la cittadinanza, di cono-scenze relative ai rapporti tra dieta, salute eambiente;

3. sviluppo di senso civico tra la popolazione,in grado di migliorare le abitudini alimentaried eliminare gli sprechi;

4. rafforzamento della capacità del territorio -e degli agricoltori locali - di fornire cibo so-stenibile a prezzi accessibili;

5. sostegno all’innovazione istituzionale per fa-vorire politiche in grado di perseguire la si-curezza alimentare locale.”87

Ogni obiettivo generale è stato declinato inobiettivi più specifici ai quali vengono collegatedelle azioni da mettere in campo. Ad esempio,tra le azioni individuate al fine di raggiungereobiettivi di equità (il miglioramento di specificiindicatori di accessibilità al consumo di cibo diqualità), troviamo gli interventi di politiche so-ciali per indigenti, ad esempio con la costitu-zione di mense di solidarietà.

La Toscana88 è la protagonista anche di un’altravalida iniziativa di gestione coordinata e parte-cipata delle politiche del cibo, tra i comuni diLucca, Capannori, Altopascio, Porcari e Villa Ba-silica, il Piano intercomunale del cibo Piana diLucca. Appena lo scorso 6 marzo, infatti, il pro-getto è entrato nella fase operativa con la no-mina del presidente dell’Agorà del cibo e delConsiglio del cibo, i due organismi di partecipa-zione del progetto. “Nel 2019 i Consigli comu-nali dei comuni di Lucca, Capannori, Altopascio,Porcari e Villa Basilica hanno approvato il Pianointercomunale del cibo, un documento scrittocon il contributo di numerosi cittadini e porta-tori di interesse, che contiene principi, linee stra-tegiche, azioni da intraprendere perraggiungere il nostro obiettivo, un sistema ali-mentare sostenibile, salutare, buono e giusto. IlPiano del Cibo, inoltre, definisce un sistema digovernance collaborativa costituito, da tre or-ganismi di partecipazione:

1. l’Agorà del cibo

2. il Consiglio del cibo

3. l’Assemblea dei sindaci del cibo”89

Il documento prevede che qualsiasi politica oazione messa in campo debba basarsi su alcuniprincipi fondamentali, ad esempio: il cibo vistocome momento di inclusione; come elementofondamentale per favorire lo scambio culturale,la coesione sociale e quindi uno sviluppo che siasostenibile. Sulla base di questi principi fonda-mentali, tutte le azioni messe in campo devonofavorire la conoscenza del cibo e degli stili divita, ci si prefigge di sostenere i movimenti chesi occupano di assistenza alimentare, conoscereil sistema locale di produzione e consumo, favo-rire l’accesso a questo cibo prodotto localmenteed infine lavorare sul sostegno di forme di agri-coltura locale.

PARTE 2. Esperienze di buone pratiche

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Se quelle descritte sopra sono esperienze chederivano da processi di formalizzazione e istitu-zionalizzazione, bisogna riconoscere che, nell’al-veo delle Urban Food Policy a livello italiano, siriscontrano interessanti iniziative che non sonostate ancora “adottate” dalle amministrazioni oche si trovano a un grado di sviluppo iniziale. Al-cuni esempi sono rappresentanti dagli Atlantidel cibo promossi da Torino e da Matera dietrol’impulso del Politecnico di Torino, da un lato, edell’Università della Basilicata, dall’altro. Si trattadi iniziative di analisi, rappresentazione e comu-nicazione del sistema alimentare urbano metro-politano, con l’obiettivo di mettere in evidenzale opportunità legate all’adozione di una politicadel cibo urbana. Lo stesso spirito ha animato larete di stakeholder composta da rappresentantidel mondo della ricerca, del settore agro-ali-mentare, della società civile, dell’associazioni-smo, dei movimenti del cibo e molto altro, cheha dato vita a un processo dal basso a supportodi una Food Policy comunale a Roma. Grazie auna serie di incontri che hanno avuto luogo apartire da ottobre 2018 e ad un’intensa attivitàdi disseminazione, la rete ha suscitato un cre-scente interesse da parte dei cittadini e anchedell’amministrazione. Infatti, a seguito della pre-sentazione, a ottobre 2019, del rapporto “UnaFood Policy per Roma: perché la capitale d’Italiaha bisogno di una politica del cibo”, la rete, in-formalmente auto-riconosciuta come Consigliodel cibo, ha iniziato uno stretto dialogo conl’amministrazione capitolina che allo stato at-tuale sta portando alla discussione di una deli-bera per l’approvazione di una Food Policy ascala comunale.90

Nel contesto delineato, un’importante azioneculturale e scientifica è svolta dalla Rete italianapolitiche locali del cibo,91 promossa da ungruppo di ricercatrici e ricercatori, universitari enon, di diverse città italiane, variamente impe-gnati in attività di ricerca collegate alle “politi-che locali del cibo”. L’obiettivo della Rete, nonfacile ma necessario nel momento in cui si parladi cibo e sistemi alimentari, è quello di tenereinsieme i diversi approcci di studio e il variegatobackground formativo e professionale cheanima il gruppo di ricercatori ed esperti. Piani-ficatori, geografi, agronomi, economisti, nutri-zionisti, giuristi, sociologi hanno oggi la

possibilità di parlare intorno allo stesso tavolosu un argomento che coinvolge varie sfere del-l’organizzazione della società odierna: le sfidelegate alla sostenibilità dell’agricoltura, i rap-porti all’interno delle filiere del cibo, l’assettodelle aree agricole urbane e periurbane, le con-nessioni fra città e campagna, l’interpretazionedei nuovi modelli di consumo alimentare, la ge-stione delle risorse naturali destinate alla pro-duzione di cibo, i problemi nutrizionali legati alcibo, la gestione dei rifiuti e la prevenzione degliscarti di cibo, la cultura del cibo, i modelli delladistribuzione, la relazione fra le filiere corte e laGrande distribuzione organizzata, il bilancia-mento di prodotti locali con quelli geografica-mente più distanti e altro. La Rete organizzaannualmente un incontro nazionale92 ed è tra isoggetti promotori del Cluster nazionale di ri-cerca applicata sulle città sulle politiche localidel cibo, con l’obiettivo di lavorare su un oriz-zonte temporale di tre anni sulla realizzazionedi alcune attività per il rafforzamento del temadel rapporto fra cibo e città fra le amministra-zioni locali e il mondo produttivo.

Cibo, città, sostenibilità. Un tema strategico per l'Agenda 2030

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2.2 Food System di prossimità:esperienze ed opportunità diagricoltura urbana

L’agricoltura urbana, in Italia così come in moltiPaesi occidentali, assume connotazioni che ladifferenziano notevolmente rispetto alle espe-rienze diffuse nei Paesi del Sud del mondo.Mentre in questi ultimi, essa attiene a funzioniproduttive di effettivo contrasto alla povertà ali-mentare e di migliore accesso al cibo, in Europa,in Nord-America e in contesti economicamentepiù avanzati, dove le filiere alimentari sono piùinterconnesse e globalizzate, l’agricoltura ur-bana assume connotati che potrebbero esseredefiniti multifunzionali con, accanto alla fun-zione produttiva, un maggior peso delle fun-zioni sociali, ricreative e pedagogiche. Esistonoinfatti molteplici forme di agricoltura urbanache si confrontano con i mercati differenti e che,in misura crescente e grazie a innovazioni diprocesso e di prodotto, colgono le opportunitàofferte dalla prossimità con la città. Per cercaredi trarre una sintesi, seppur non esaustiva, delleforme di agricoltura urbana, a vocazione im-prenditoriale o sociale, oggi rilevabili,93 si pos-sono menzionare: parchi urbani collettivicondivisi dalla cittadinanza, orti privati all’in-terno di giardini pubblici, parchi urbani, orti ur-bani in contesti ad alta pressione edilizia, ortipolifunzionali, orti sociali, orti terapeutici, ortiscolastici, aziende agricole in zone urbane mar-ginali, aziende agricole multifunzionali con ven-dita diretta o offerta di servizi aggiuntivi,aziende agricole o biologiche che fanno riferi-mento a filiere convenzionali.

La definizione delle agricolture urbane è quindipiuttosto sfumata, anche in funzione dei critericon i quali si possono analizzare queste espe-rienze che possono, infatti, essere classificate ri-spetto alla prossimità dal nucleo urbano,all’orientamento al mercato, all’organizzazionedei fattori della produzione, ecc. Proprio perquesto motivo, non è semplice operare unamappatura delle agricolture urbane a livello na-zionale in Italia,94 nonostante alcuni studi ab-biano mappato l’agricoltura urbana in alcunecittà.95 Qualche dato ISTAT riesce comunque arendere un’immagine, seppur parziale, del feno-meno dell’agricoltura urbana in Italia. I dati ri-

guardanti l’estensione del verde urbano mo-strano un aumento del 3,7% tra il 2011 e il 2016,all’interno del quale le superfici dedicate a ortiurbani sono decisamente aumentate (+51% dal2011). Nel 2013 Nomisma stimava in circa 2,7 mi-lioni i coltivatori di orti in Italiamentre, secondoColdiretti/CENSIS (2017), sarebbero addirittura20 milioni i cittadini che si prendono cura di orti,giardini e terrazzi in Italia, sia per passione (10%)sia per risparmiare (4,8%), ma soprattutto perla voglia di mangiare prodotti sani e genuini(25,6%).

L’agricoltura urbana di oggi risponde, da unlato, ai cambiamenti della domanda che spin-gono verso il consumo di prodotti locali, dall’al-tro, grazie alla vicinanza al nucleo urbano,esercita, in maniera dichiarata o meno, una seriedi funzioni che vanno dalla fornitura di serviziecosistemici, alla cura del paesaggio, dal con-trasto al consumo di suolo all’offerta di attivitàcomplementari rispetto a quella produttivo-agricola (servizi didattici, agriturismo, venditadiretta, ecc).96 Queste funzioni si inscrivono al-l’interno di una più generale riconsiderazionedei rapporti fra città e campagna, fra rurale eurbano, in un periodo storico in cui la distin-zione fra queste categorie, una volta più netta,diventa sempre più sfumata, dando vita a nuoverelazioni, modelli di business e configurazioniterritoriali.97 Nell’ambito di questa esigenza - ri-considerare i rapporti fra urbano e rurale se-condo nuove prospettive di sviluppo coerenticon gli SDGs - l’agricoltura gioca un ruolo fon-damentale. Si iniziano a delineare, così, forme diagricoltura periurbana, laddove terreni agricoliuna volta in aperta campagna si trovano ora acondividere spazi e infrastrutture con il mosaicourbano in espansione.

Questa prossimità presenta criticità ma ancheopportunità. Tra le prime, possiamo menzionarel’aumento dell’appetibilità dei terreni agricoliper scopi edilizi, soprattutto nei casi di abban-dono dell’attività agricola, con l’effetto dell’au-mento del valore fondiario e della conseguentedifficoltà di insediamento per nuovi e giovaniagricoltori. Esistono anche criticità legate allaconvivenza tra le attività agricole produttive elo svolgersi della vita in città, soprattuttoquando sussistono rischi legati all’uso dei pesti-

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cidi e dei fertilizzanti. A fianco a questi rischi,tuttavia, esistono diversi potenziali benefici le-gati al ruolo dell’agricoltura in città o nei suoidintorni, sia di carattere privato sia collettivo.Infatti, oltre a quelli già citati, è necessario men-zionare i servizi legati all’infrastrutturazioneverde e alla conseguente migliore connettivitàecologica, la possibilità per i cittadini di goderedel verde in città e di potersi rifornire diretta-mente presso le aziende agricole, riconnettendoi rapporti fra consumatori e produttori di ciboche le filiere globalizzate hanno indebolito. Nonsolo, la prossimità rispetto alla città permette aiproduttori di fruire delle infrastrutture fisiche(strade, accessi, mercati urbani), immateriali (vi-cinanza rispetto ai servizi urbani come gli ufficidi assistenza agricola o per le autorizzazioni) edigitali (accesso alla banda larga e crescita dellepotenzialità di sviluppo aziendale), che in altrearee sono meno presenti, oltre a poter intercet-tare in maniera più efficace e diretta le esigenzedei consumatori e i trend nei cambiamenti deiconsumi alimentari.

In questa complessa interrelazione fra agricol-tura e città, nella quale coesistono benefici e ri-schi sia reali che potenziali, le Urban Food Policypotrebbero giocare un ruolo fondamentale perindirizzare e stimolare le relazioni in senso vir-tuoso per l’ambiente e le comunità, in modo daconsiderare i delicati equilibri che vengonocoinvolti nella gestione di un tema che inter-cetta un’ampia sfera di attori e dinamiche.98 Ra-gionare in termini di visione complessiva delsistema alimentare urbano permette, infatti, dipianificare lo sviluppo delle aree agricole ur-bane e periurbane secondo una visione siste-mica, nella quale l’agricoltura è uno dei tasselli(sicuramente uno dei più importanti) di un piùampio discorso sull’alimentazione in città. Untermine che spesso viene utilizzato per definiregli approcci che ragionano sullo sviluppo dellacittà sostenibile considerando l’agricoltura ur-bana è quello di agricivismo, con il quale si in-tende l’utilizzo delle attività agricole in zoneurbane per migliorare la vita civica e la qualitàambientale/paesaggistica.99 Tale approccio sibasa sull’evidenza che lo sviluppo delle città -fisico ma anche culturale - deve integrare l’agri-coltura urbana e periurbana, riconoscendo aivari modelli agricoli la loro capacità di adattarsi

ai diversi contesti urbani e di rispondere a moltedelle sfide legate alla sostenibilità.

Per fare questo, tuttavia, c’è bisogno di metterea sistema e coordinare la moltitudine di politi-che governabili a livello locale che hanno a chefare, di caso in caso, con il settore agricolo, lapianificazione territoriale, l’urbanistica, la sa-lute, la logistica. Pur riconoscendo che il settoreagricolo risponde anche a politiche sovra-co-munali (nazionali, europee) e che l’agricolturaè sottoposta a trend e dinamiche difficilmentegovernabili su scala locale (cambiamento cli-matico, variazioni dei prezzi, cambiamentodelle diete, ecc.), è pur vero che molti sono glistrumenti in mano alle amministrazioni per fa-cilitare lo sviluppo di aree agricole urbane, nellaconsiderazione più complessiva del benesserecollettivo e del sistema alimentare nel suo com-plesso. Ne sono un esempio i parchi agricoli,modelli di parco che intrecciano la salvaguardiae la tutela del territorio con la difesa della fun-zione economica dell’agricoltura. Spesso rica-denti in aree ad alta densità di popolazione,rispondono alla domanda sempre più pressantedella comunità urbana in termini di spazi aperti,fruibili e ricchi di significativi valori culturali e intermini di nuove forme di consumo.100 La capa-cità normativa e politica riguarda anche glistrumenti di assegnazione e l’accompagna-mento verso la gestione delle terre pubbliche,spesso ricadenti in ambiti periurbani, potenzial-mente sede di attività agricole produttive conricadute positive sull’occupazione giovanile inagricoltura, dove uno dei maggiori problemi ri-mane il ricambio generazionale.101 Anche per lefasce di popolazione che vivono al di sottodella soglia di povertà la possibilità di coltivarepiccoli appezzamenti orto-frutticoli permette-rebbe loro, da un lato di accedere ad alimentipreziosi per la loro dieta che diversamente nonpotrebbero acquistare per vincoli economici,dall’altro di partecipare a processi di inclusionesociale nella comunità locale. È fondamentalerimarcare il fatto che tutti i progetti di agricol-tura urbana e periurbana necessitano della col-laborazione fra amministrazioni e società

civile/mondo dell’associazionismo:102 mentre leprime sono gli enti preposti a fornire le condi-zioni per lo sviluppo di forme di agricoltura incittà o nei suoi dintorni (autorizzazioni per l’uti-

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lizzo degli spazi, fornitura delle risorse idriche,assegnazione di terre, ecc.), i cittadini e gli im-prenditori, in forme associate o singolarmente,sono gli attori che animano realmente l’agricol-tura e permettono il miglioramento delle rela-zioni fisiche, sociali, economiche e simboliche fracibo e città.

2.3 Urban gardening e nuove formedi agricoltura in città

Se nel precedente paragrafo abbiamo conside-rato tutte le forme di agricoltura che hanno unarelazione geografica, economica o sociale conla città, comprese le esperienze di agricolturaperiurbana, qui guardiamo a quelle più stretta-mente urbane, le quali si caratterizzano per lastretta relazione con il mosaico urbano e con leinfrastrutture edilizie e viarie della città. Sitratta, per lo più, di agricoltura a piccolissimascala e comprende molte delle forme agricolepiù innovative, spesso risultato di iniziative le-gate al riutilizzo di edifici o recupero di zone ab-bandonate o improduttive all’interno delmosaico urbano in senso stretto. All’interno diquesta categoria si ritrovano esperienze nonprofessionali quali guerrilla gardening, orti pri-vati destinati all’auto-produzione, vertical far-ming e rooftop gardening per produzionidestinate agli abitanti dei condomini sui qualiqueste produzioni sono installate, a supermer-cati o ristoranti interessati a prodotti ultra-fre-schi. Tuttavia, anche iniziative di carattereimprenditoriale iniziano a diffondersi all’internodella città, attraverso tecnologie come l’acqua-ponica. Ma in questa casistica troviamo ancheorti urbani, orti comunitari e fattorie urbane,siano essi a finalità sociali e gestiti collettiva-mente o privati. Queste forme di agricoltura, perle loro qualità spaziali intrinseche, racchiudonouna serie di esperienze che trovano sviluppo euna crescente diffusione all’interno dei mosaiciurbani delle città, andando a coprire spazi verdiinterstiziali – spesso con finalità dimostrative odi sensibilizzazione della comunità - recupe-rando edifici o spazi inutilizzati degli stessi, se-condo modalità innovative che si intreccianocon la ricerca architettonica. Per tali motivi, talesistema agricolo offre ottime opportunità in ter-mini di rigenerazione urbana, di sostenibilitàambientale nei centri urbani grazie soprattuttoall’efficientamento energetico degli edifici, almitigamento delle isole di calore, nonché pergli impatti in termini paesaggistici e di verdeurbano. In ottica di produzione di cibo, i volumiprodotti da sistemi agricoli micro non sono par-ticolarmente rilevanti ai fini della sicurezza ali-mentare della città, contribuendo tuttavia allafornitura di prodotti ultra-freschi e di nicchia per

PARTE 2. Esperienze di buone pratiche

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attività connesse (ristoranti, supermercati, ecc.)In termini sociali, per la prevalente gestione pri-vata che li caratterizza, tali esperienze non ap-paiono rilevanti se non per i diretti utilizzatori eper un rafforzato senso di percezione del verdepubblico in città.

La presenza degli orti urbani nelle città ha se-guito, nel corso dei secoli, fasi alternanti. Tutta-via, da circa un secolo in moltissime città emetropoli del mondo si registra un forte incre-mento del fenomeno dell’orticultura urbana, inrisposta a esigenze reali dei cittadini, che recla-mano il bisogno di riappropriarsi di uno spaziourbano proprio.103 Dal picco minimo di coltiva-zione amatoriale degli orti in città, avvenutadopo il boom economico a cavallo tra gli annisessanta e settanta, si è assistito a un loro incre-mento a partire dagli anni ottanta. Oggi, gli ortiurbani costituiscono una buona pratica semprepiù diffusa nelle grandi città e sono in grado didare spazio a valori quali la sostenibilità am-bientale e il recupero delle tradizioni e dei prin-cipi alla base della vita civile. Il dato sugli ortipubblici in Italia nelle città capoluogo registrauna crescita del 36,4% in cinque anni (dal 2014al 2018), raggiungendo il record di oltre 1,9 mi-lioni di metri quadri di terreno di proprietà co-munale, divisi in piccoli appezzamenti e adibitialla coltivazione familiare.104 È stato riconosciutocome l’orticoltura urbana, come branca del-l’agricoltura urbana, costituisce una possibilitàimportante per un regolare accesso al cibo, unmiglioramento delle condizioni di salute, un fat-tore di sviluppo dell’economia locale, un mezzodi integrazione sociale e una mitigazione del-l’impatto ambientale.105 Gli orti urbani, inoltre,sono considerati una delle vie per rivitalizzaresocialmente le metropoli, far riappropriare i cit-tadini delle aree urbane abbandonate e di-smesse e permettere anche un notevolerisparmio economico sulla spesa alimentare perle famiglie meno abbienti.

Ma il fenomeno si caratterizza soprattutto per isuoi risvolti di carattere sociale: la maggior partedelle persone che si dedica alla coltivazionedegli orti ha un’età piuttosto alta e rientra infasce deboli. È il caso degli anziani, spesso di-menticati ed esclusi dalla vita della metropoli. Gliorti assumono per loro un ruolo di aggregazione

e di confronto, nonché di sensibilizzazione versoi prodotti naturali e di trasmissione del saperealle nuove generazioni. Tuttavia, dal punto divista dell’innovazione sociale, le iniziative di ortiurbani hanno ricadute di scala più ampia ri-spetto agli appezzamenti di terreno che occu-pano. Recentemente, infatti, gli orti urbanistanno diventando arene di confronto nelle qualigli aderenti cominciano a riflettere sui temi dellaqualità del cibo in città, sull’accesso a cibo sanoda parte di tutte le fasce della popolazione, sul-l’utilizzo, la salvaguardia e la buona gestionedelle aree verdi urbane, sulla rivendicazione dispazi di socialità e di sperimentazione civica. Sultema degli orti urbani convergono, infatti, do-mande sociali di varia natura generalmente ri-condotte nell’ambito del giù citato agricivismo.Sicuramente esiste una forte spinta dovuta dai -più o meno consolidati e auto-organizzati -Food Movements, gruppi di cittadini che condi-vidono campagne di sensibilizzazione, attività,eventi e pratiche sociali in risposta ai costi di ca-rattere ambientale, sociale, sanitario e culturaleprodotti dalle conseguenze dell’industrializza-zione del cibo.106 Le rivendicazioni sul riconosci-mento del valore degli orti urbani arrivano anchedai movimenti per i commons, che fanno levasulla capacità dell’orticultura in città di produrrecambiamenti significativi nella capacità di auto-organizzazione della società e di partecipazionealle scelte pubbliche.

Un importante processo di legittimazione e re-golamentazione degli orti urbani nella città diRoma è oggi portato avanti dalla rete OrtiInCo-mune. Animata da appassionati orticoltori e cit-tadini, attraverso un costruttivo e costantedialogo con l’amministrazione capitolina e con irappresentanti dei vari municipi, la rete sta coo-perando nella scrittura e nella facilitazione deiprocessi politici che dovrebbero portare all’im-minente applicazione del regolamento cittadinosugli orti urbani. Inoltre, l’associazione è attivain campagne di sensibilizzazione, giornate diformazione e attività culturali, contribuendo inmaniera sostanziale al dibattito pubblico citta-dino legato ai temi del verde pubblico e delcibo. È importante segnalare come la rete siaanimata e abbia goduto dello slancio innescatoda alcuni progetti di ampia scala sugli orti egiardini urbani (Sidig-Med e Ru:rban), che

Cibo, città, sostenibilità. Un tema strategico per l'Agenda 2030

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hanno permesso un’evoluzione del dibattito,una condivisione con altre esperienze interna-zionali e un impegno attivo da parte di alcuniattori chiave. La rilevanza del finanziamentopubblico nel sostenere questo tipo di associa-zioni è determinante, poiché sono ancora em-brionali le capacità gestionali e le visionassociative orientate al mix di finanziamentopubblico/privato o privato-privato.107 Se mag-giore è la dipendenza dal finanziamento pub-blico, deve aumentare contemporaneamente illivello di expertise richiesto alle associazioni percompetere ai bandi per l’attribuzione di fondi suspecifiche linee di intervento, e questo passag-gio è oggi riscontrabile nella realtà romana, at-traverso l’innalzamento della qualità deldibattito e dell’affinamento degli strumenti nor-mativi e di governance.

Come nel caso dell’agricoltura urbana nel suocomplesso, l’interesse di comuni e amministra-zioni locali per gli orti urbani è in aumento. Lodimostrano i numerosi bandi pubblicati per so-stenere questo tipo di iniziative. A Reggio Emi-lia, per esempio, sta partendo la formazione digraduatorie per l’assegnazione dei terreni co-munali da adibire a orto urbano. E anche Torinosi sta attrezzando con un piano per realizzareorti e frutteti sociali da assegnare in seguito acittadini, associazioni e volontari che sarannochiamati a curare questi spazi pubblici e a man-tenerli produttivi. In Versilia è in dirittura d’arrivoun piano per realizzare 28 nuovi orti urbani, dicui 16 orti terapeutici, ossia dedicati alla coltiva-zione di frutta biologica e verdura come attivitàin grado di aiutare persone in difficoltà.108

A livello nazionale, l’incentivo del cosiddetto“bonus verde” prevede detrazioni ai fini IRPEFdel 36% delle spese per lavori di “sistemazionea verde” di aree scoperte private di edifici esi-stenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni,impianti di irrigazione e realizzazione pozzi non-ché per la realizzazione di coperture a verde edi giardini pensili.

2.4 Ristorazione scolastica ecollettiva

Le diverse forme di ristorazione collettiva109

possono essere uno strumento potente per au-mentare la sostenibilità del Food System ur-bano, soprattutto alla luce del potenzialeimpatto del Green Public Procurement. L’importanza di questo segmento dei consumialimentari è particolarmente rilevante anche allaluce dei profondi cambiamenti che stanno attra-versando gli stili di vita e gli stili alimentari so-prattutto a livello urbano. L’ANGEM110 sottolineache: “La ristorazione collettiva è tra i principalisoggetti responsabili della corretta nutrizione dilarga parte della popolazione: delle circa 11 mi-lioni di persone che mangiano quotidianamentefuori casa, una su due lo fa in una mensa e diqueste la maggior parte appartiene alle fascepiù deboli, come bambini e malati”.

Nel contesto generale della ristorazione collet-tiva un ruolo particolarmente significativo as-sume quella scolastica anche per il ruolonell’accesso al cibo per bambini che vivono infamiglie a basso reddito, e per la valenza edu-cativa soprattutto in ambito scolastico.

La ristorazione pubblica nelle scuole veicolaquotidianamente un elevatissimo numero dipasti che, se gestiti razionalmente, permette-rebbe di indirizzare efficacemente il sistema ali-mentare cittadino verso un percorso disostenibilità.111 Nelle città italiane grandi e pic-cole sono centinaia di migliaia gli studenti cheusufruiscono di questo servizio. Roma ad esem-pio offre ogni giorno il servizio di ristorazionescolastica a circa 148mila bambine e bambini

delle scuole dell'infanzia capitoline e statali,delle scuole primarie e secondarie di primogrado, mentre città come Milano o Parma rag-giungono rispettivamente più di 80mila e25mila studenti al giorno. Se pensiamo alle di-mensioni di questi appalti pubblici (350 milionidi euro in tre anni solo nel caso di Roma), ci ren-diamo conto che plasmando i capitolati d’ap-palto in modo che seguano criteri di filieracorta, sostenibilità e stagionalità si possono ot-tenere importanti ricadute sul tessuto econo-mico urbano, periurbano e rurale, oltre che sulpiano educativo. Creare mense sostenibili signi-

PARTE 2. Esperienze di buone pratiche

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fica poi anche educare alunni, docenti e genitoria ridurre l’impatto ambientale delle stesse, adesempio prevenendo e limitando lo spreco ali-mentare. Numerosi sono i casi di mense di ec-cellenza in Italia tra cui quelli delle città di Fano,Cremona e Bergamo che nel 2019 sono statipremiati dal comitato scientifico di Food Insidercome migliori mense scolastiche italiane.112

Un sistema di refezione scolastica basato sullafiliera corta e sostenibile può produrre un ef-fetto spill-over importante anche a livello regio-nale, favorendo nel lungo periodo la creazionedi capitolati generali di appalto sulla refezioneda applicare a numerose altre realtà come uni-versità e ospedali o mense aziendali anche at-traverso protocolli d’intesa. È il caso peresempio del progetto Su-eatable life, un pro-getto che coinvolge più di 3mila persone ognigiorno in Italia e Regno Unito all’interno di quat-tro aziende e tre università. Il progetto si poneun duplice obiettivo: ridurre le emissioni di CO2eq. e l’impronta idrica legata al consumo di ciboin tre anni, promuovendo nelle mense aziendalie universitarie dei menù sani e sostenibili. Il pro-getto Su-eatable life intende anche migliorarele abitudini alimentari delle persone, e ha per-tanto elaborato otto consigli da applicare quo-tidianamente per migliorare la propria salute e“pesare” meno sul Pianeta, attraverso scelte ali-mentari sane e sostenibili.113

In merito invece al tema degli sprechi alimen-tari nell’ambito della ristorazione collettiva oc-corre precisare che già molte aziende si sonoattivate per recuperare le porzioni non serviteper donarle alle organizzazioni caritatevoli. Inultimo, i media spesso denunciano che il si-stema di ristorazione scolastica sia fonte diquantitativi scandalosi di cibo sprecato. In talsenso, occorre precisare che la possibilità di re-cupero è strettamente correlata alla sicurezzaigienico/sanitaria del cibo offerto. In moltescuole rimane ancora aperta la questione delrecupero di “pasti trasportati”, possibile solo inpresenza di abbattitori, cosa che raramente ac-cade e che quindi obbliga a non poter utilizzareil cibo non servito. Diverso è il caso invece dicibo avanzato nel piatto dell’alunno che nonpuò essere recuperato per essere donato adaltre persone. In questo caso vari sono stati i

tentativi di consentire agli alunni di portare acasa quanto avanzato, ma la gestione non è as-solutamente facile. La soluzione, ad oggi piùvantaggiosa, sembrerebbe la raccolta differen-ziata dei rifiuti organici destinati al compostag-gio. Inoltre una revisione dei quantitativi diciascuna porzione potrebbe aiutare a preveniregli sprechi alimentari. Tali processi, ovviamentenon solo nel settore ristorazione, sono in lineacon quanto previsto dalla Food and drink hie-rarchy, che prevede innanzitutto la preven-zione, il recupero per uso umano e poi animale.In questo contesto, è importante sottolineareche non si debba parlare più di food recoveryma di waste management in quanto l’alimentonon è più commestibile, riducendo al minimo laquantità di alimenti, che pur essendo comme-stibili o gestibili come rifiuti, rischiano di finirein discarica.

Secondo i dati ISTAT114 la spesa media mensiledelle famiglie italiane per l’alimentazione si at-

testa su 462 euro pari al 18% del totale, cui vaaggiunto un ulteriore 5,1% per la voce “servizi ri-cettivi e ristorazione”.115 Secondo le elaborazionidella FIPE (2019)116 i consumi alimentari, in casae fuori casa, pesano per il 22% sul totale, di cui il7,2% per i servizi di ristorazione; i consumi ali-mentari rappresentano quindi la seconda voce dispesa delle famiglie, poco al di sotto delle speseper l’abitazione; i dati FIPE mettono in luce cometra le due componenti della spesa alimentare sisia assistito nell’ultimo decennio ad un vistosoriequilibrio: infatti tra il 2018 e il 2008 a fronte diuna contrazione della spesa domestica per gli ali-menti pari a quasi 7 miliardi di euro, la spesa peri servizi di ristorazione è cresciuta di quasi 5 mi-liardi117 con un incremento del 5,7%.

Secondo l’Osservatorio sui consumi fuori casadel 2019118 l’Indice dei consumi fuori casa(ICEO) è stato pari a 43, con un leggero incre-mento rispetto al 2018 (42,7). L’incidenza degliHeavy consumer - che consumano almeno 4 o5 pasti al mese fuori casa - è pari al 25,9, in leg-gera diminuzione (-0,2%), mentre è in crescitala percentuale degli Average ossia coloro chehanno consumato 2 o 3 pasti fuori casa (+1% ri-spetto al 2018 con un peso finale del 20,4%), edei Low consumer (+0,4%, 33% in totale pari al33%).

Cibo, città, sostenibilità. Un tema strategico per l'Agenda 2030

30

Page 33: Cibo, città, sostenibilità - ASviS

Nel 2018 la spesa delle famiglie per servizi di ri-storazione è stata di 84,291 miliardi di euro conun incremento reale sull’anno precedente pariall’ 1,7%. In totale quasi il 36%dei consumi dellefamiglie per prodotti alimentari avviene fuoricasa. Da notare come questo dato sia in lineacon la media Ue (36.5%), superiore a quella chesi registra ad esempio in Francia (31%) ma moltoal di sotto rispetto al modello inglese (quasi il50%).

Secondo ORICON119 nel 2016 la ristorazione col-lettiva ha cucinato circa 1,5 miliardi di pasti, (-0,9% rispetto al 2015) dei quali la quotamaggiore (587 milioni -0,9% rispetto al 2015)nel settore sanità, 432 milioni nel settore istru-zione (-0,5% sul 2015), e nel settore aziendalecirca 205 milioni (-1,8% sul 2015). I restanti 257milioni di pasti sono attribuibili al settore “altrecollettività”. ANGEM120 mette in luce una dimen-sione economica della ristorazione collettiva

pari a circa 6,2 miliardi di euro; il mercato è ar-

ticolato sul settore sanitario (34%), quello sco-

lastico (30%) e la ristorazione nei punti di

lavoro (36%). L’incidenza degli affidamenti a

società terze è il 96% nel settore lavoro, il 60%

nella sanità ed il 65% nel settore scolastico.

ORICON registra una “spiccata sperequazionenel territorio”. Il mercato della ristorazione col-lettiva, infatti, è fortemente sbilanciato verso leRegioni settentrionali dove si concentra il 57%del fatturato mentre nel Sud Italia si realizzapoco più di un quinto del totale.Ancora l’indagine ORICON evidenzia la crescitadella committenza privata. La quota del mer-cato derivante da appalti della Pubblica ammi-nistrazione ha fatto registrare una “flessioneaccelerata” passando dal 53% del 2015 al 51%del 2016. Il peso del pubblico rispetto al settoreprivato, si riduce in modo particolare nel settoresanità (dal 65% al 57,5%), mentre è ancora mag-gioritaria nella ristorazione scolastica.

Il mercato in appalto nel 2016 ha registrato unfatturato pari a poco più di 4 miliardi di euro ri-sultando stabile rispetto all’anno precedente. Ilnumero di pasti cucinati è stato di circa 851 mi-lioni, in leggera contrazione rispetto al 2015(due decimali di punto in meno).

PARTE 2. Esperienze di buone pratiche

31

Classe di prodotto Var. %

Carni bianche e derivati +8,7%

Carni suone e derivati +8,6%

Oli e condimenti +8,6%

Pane e pasta +8,1%

Latticini e derivati +7,0%

Carni bovine e derivati +5,8%

Cereali e riso +5,6%

Ortaggi e frutta +4,0

Prodotti tipici +2,2%

Tabella 1. Gli acquisti di prodotti biologici

delle aziende aderenti all'indagine ORICON:

variazione percentuale 2015-2016

Page 34: Cibo, città, sostenibilità - ASviS

La sostenibilità nella filiera dellaristorazione collettiva

A livello normativo nei bandi delle gare d'ap-palto per l'affidamento e la gestione dei servizidi refezione scolastica deve essere garantitauna certa quota di prodotti da sistemi di filieracorta e biologica (o a ridotto impatto ambien-tale) e di qualità, nonché l'attribuzione di unpunteggio per le offerte di servizi e forniture ri-spondenti al modello nutrizionale denominato"dieta mediterranea”. Il DM Ambiente del 25 lu-glio 2011 introduce i Criteri Ambientali Minimi(CAM) che sono stati recentemente rimodu-lati.121 Anche se già nella versione precedente iCAM prevedevano una serie di criteri fonda-mentali in direzione di una dieta sana, sosteni-bile e in grado di incidere sulla struttura dellefiliere, i nuovi CAM introducono importanti no-vità che si potrebbero sintetizzare in: “più bio-logico, meno sprechi e simbiosi tra mensa e

territorio”.

In sintesi i punti di maggiore impatto sono:

• l’incremento dal 40% al 50% dei prodottibiologici;

• la premialità per le offerte in cui i prodottibiologici siano anche da filiera corta;

• il rispetto della stagionalità e la flessibilità deimenù in base alla disponibilità di prodottoagricolo locale;

• pietanze e ricette che consentano di ridurregli sprechi, evitando scarti anche in fase dipreparazione e monitorando gli scarti.

Si deve sottolineare che la ristorazione collettivasi è già orientata in questa direzione; infatti, se-condo ORICON nel 2016 si è avuto una “decisaaccelerazione” nell’approvvigionamento di pro-dotti biologici, che hanno raggiunto la quota del14% sul totale, mentre quelli da agricoltura con-venzionale sono scesi sotto l’85%.

In particolare, nel settore istruzione i prodotti dafiliera controllata hanno ormai raggiunto unterzo del totale degli acquisti, mentre anche neicomparti sanità e aziendale si registra una fortecrescita nel corso dell’ultimo anno. Le categoriemerceologiche con il maggiore peso di prodottibio sono ortofrutta (22%), pane e pasta (20%),cereali e riso (18%). In aumento, in linea con lamaggiore richiesta di tali prodotti nei capitolati

di gara, le carni bianche, quelle di suino e loroderivati, l’olio e la pasta, tutti in crescita di al-meno l’8%.

La ristorazione collettiva acquista i suoi beni prin-cipalmente dall’industria alimentare ma non man-cano gli acquisti diretti dal mondo agricolo e dellapesca.122 Un’indagine FIPE mette in luce il ruolo deipiccoli produttori e acquisti diretti dagli agricoltoriche rappresentano poco meno di un terzo del va-lore complessivo degli acquisti della “ristorazionedi qualità”. Secondo questo studio “la filiera cortaha molti vantaggi ma anche qualche criticità”. Trai primi vanno citati elementi oggettivi del pro-dotto come qualità e freschezza e elementi sog-gettivi del produttore, principalmente il rapportofiduciario. Tra le seconde la scarsa reperibilità delprodotto e il basso contenuto di servizio.

Cibo, città, sostenibilità. Un tema strategico per l'Agenda 2030

32

89,2 88,1 84,5

9,8 10,814

1,00 1,10 1,50

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

2014 2015 2016

Prodotti convenzionali

Prodotti biologici

Altri (equo-solidale, DOP, IGP, STG)

40%

42%

44%

46%

48%

50%

52%

54%

56%

2014 2015 2016

Enti pubblici

Enti privati

Figura 2. Le derrate alimentari acquistate dalle

aziende aderenti all’indagine ORICON (%)

Figura 3. La quota di ricavi delle aziende

aderenti all’indagine ORICON derivanti da

appalti con la PA o da contratti con i privati (%)

Page 35: Cibo, città, sostenibilità - ASviS

L’ANGEM ha recentemente sottolineato come laristorazione collettiva, dovendo rispettare il ca-pitolato tecnico del bando di gara, abbia neces-sità di una piattaforma di distribuzione che possagarantire la disponibilità costante delle quantitàdi prodotti richieste, a prezzi di mercato”.

La FIPE ha svolto un’indagine sul tema della so-stenibilità dal punto di vista dei consumatori.Meno del 30% di chi consuma i pasti fuori casaritiene poco importante che i ristoranti operinoin modo sostenibile dal punto di vista sociale eambientale, mentre il restante 70% pensa chesia molto o abbastanza importante. I temi rite-

nuti di maggiore importanza sono lo spreco delcibo, le tecniche produttive, il legame con il ter-ritorio, il tema etico nel lavoro.

Va infine messo in luce come il tema della so-stenibilità, di per sé complesso, sia declinatoanche sotto il profilo etico. Nel 2016, le aziendeoggetto dell’indagine ORICON hanno donatooltre 501mila pasti a persone indigenti.

PARTE 2. Esperienze di buone pratiche

33

Il giudizio

Molto positivo

Positivo

Negativo

Indifferente

Le motivazioni

Più qualità

Più freschezza

Maggiore fiducianel produttore

Rispettodell'ambiente

Prezzi eccessivi

Scarsa reperibilità

Quantità limitate

Basso livello diservizio

%

40,7

46,2

6,2

6,9

%

45,2

66,6

70,9

37,5

37,5

62

37,5

50

Tabella 2. Vantaggi e criticità delle filiere

corte. Indagine FIPE

Priorità

Limitare lo spreco di ciboUtilizzare materie di colture e allevamenti sostenibiliUtilizzare materie prime del territorioLimitare/eliminare l'uso della plasticaOsservare una giusta etica del lavoroUtilizzare apparecchi a basso consumo energeticoServire solo cibo vegetariano

%

37,7

36,7

34,8

33,3

26,6

16,0

7,4

Tabella 3. Priorità espresse dai consumatori

riguardo i sistemi alimentari. Indagine FIPE

Page 36: Cibo, città, sostenibilità - ASviS

2.5 L’economia solidale del cibo:dallo spreco alla donazione

In Italia, 7 cittadini su 10 – erano il 60% a inizio2019 - ammettono di gettare via il cibo.123 Inoltre,nell’ambito del progetto REDUCE, il monitorag-gio sulla grande distribuzione stima che lospreco negli ipermercati pesa 9,5 kg/anno permq di superficie di vendita e 18,8 kg/anno permq nei supermercati. Tradotto per ogni cittadinoitaliano significa una produzione di spreco di2,89 kg/anno pro capite, di cui il 35% potrebbeessere recuperabile per l’alimentazione umana.

Un dato rilevante è quello riguardante la perce-zione dello spreco alimentare: secondo l’inda-gine Waste Watcher 2020, lo spreco effettivosarebbe superiore del 50% rispetto a quello per-cepito, pari a circa 0,6 kg a famiglia per setti-mana, in calo del 25% rispetto al dato 2019.124

Tuttavia, se è ormai assodato che il cibo gettatovia costituisca una vera e propria emergenza, c’èminore consapevolezza sulle strategie utili perevitare questi sprechi. Secondo l’OsservatorioWaste Watcher, 1 italiano su 3 dichiara di nonavere le idee chiare sulle fonti di buone praticheper prevenire gli sprechi alimentari.125

Negli ultimi 15 anni, l’attenzione al tema dellospreco alimentare è cresciuta sia all’interno ditutta la filiera agroalimentare sia tra i consuma-tori, sia ancora a livello scientifico ed istituzio-nale. Inoltre, la filiera ha trovato nelle donazionidi cibo un’alternativa valida alla gestione comerifiuto, di cibo ancora commestibile, o peggioalla sua distruzione. Per quanto riguarda la filieraagroalimentare, un importante aiuto dapprima ègiunto dal contributo che le organizzazioni nonprofit (come la Rete Banco Alimentare) hannodato nel rendere sempre più efficaci ed efficientile procedure di recupero dalle aziende.

Un momento importante per lo sviluppo del re-cupero di alimenti dalla filiera sono stati duestudi pubblicati dal Politecnico di Milano. Nelprimo studio, del 2012, per la prima volta ven-gono proposte due distinte definizioni: ecce-denza e spreco. Infatti, fino ad allora tutto eraconsiderato spreco, che si trattasse di cibo com-mestibile, rifiuto alimentare gestibile oppure no.Oltre a tali definizioni venne posto all’attenzione

il grado di fruibilità che descrive quanto è one-roso recuperare un alimento.126 A partire da que-sti nuovi criteri è stato possibile iniziare amisurare e gestire meglio le donazioni di cibo. Nel 2015, nell’ambito di EXPO 2015 è stato pre-sentato un secondo studio,127 che ha dato im-pulso ad un dialogo intenso e operativo traorganizzazioni non profit e filiera per migliorarei processi decisionali e operativi che spessoerano fattore di impedimento di recupero deglialimenti. Lo studio ha introdotto la relazione tradonazioni di cibo e benefici economici, sociali eambientali. Questi studi hanno preparato il ter-reno su cui si è innestata la legge 166/16 del 19agosto 2016, più nota come legge Gadda dalcognome della sua promotrice, che facilita i pro-cessi operativi per le aziende, definisce ciò cheè eccedenza da ciò che è spreco, chiarisce leprocedure per le agevolazioni fiscali e ribadiscela responsabilità civile e le norme igienico-sani-tarie da applicare, in coerenza con le normativeeuropee. Non è un caso che nelle Key recom-mendations for action of the Eu Platform onFood Losses and Food Waste128 elaborate dallapiattaforma dell'Ue sulle perdite e gli sprechi ali-mentari e pubblicate dalla Commissione il 12 di-cembre 2019 si possono ritrovare molteindicazioni frutto della collaborazione tra im-prese, enti non profit e istituzioni. In tutto que-sto significativo percorso spiace che il mondodei media abbia maggiormente valorizzato leesperienze di altri Paesi che ancora oggi nonsembra diano gli stessi positivi risultati diquanto accade in Italia.

La legge Gadda contiene una serie di disposi-zioni volte a favorire e semplificare le procedureper la donazione di eccedenze alimentari, armo-nizzando le norme già esistenti in tema di age-volazioni fiscali, responsabilità civile eprocedure per la sicurezza igienico-sanitaria.Essa fornisce ai comuni la possibilità di appli-care sconti TARI in proporzione ai beni e ai pro-dotti donati. Tra gli altri punti principali dellalegge vi sono: le definizioni di operatore settorealimentare, soggetti cedenti, eccedenze alimen-tari, spreco alimentare, donazione, termine mi-nimo di conservazione e data di scadenza, ecc.;la possibilità per le autorità di donare gli ali-menti oggetto di confisca alle organizzazioninon profit; le agevolazioni amministrative per i

Cibo, città, sostenibilità. Un tema strategico per l'Agenda 2030

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donatori attraverso la semplificazione delle pro-cedure di donazione rispetto alla distruzione;l’incentivazione del valore prioritario del recu-pero di alimenti per il consumo umano per evi-tare la distruzione (qualora non possibilel'utilizzo umano è valorizzato il recupero per usozootecnico o energetico); il riconoscimento deltavolo coordinamento del MIPAAF per la con-sultazione di tutti i soggetti coinvolti nella lottaallo spreco e alla povertà alimentare; l’aumentodi due milioni di euro della dotazione 2016 delFondo nazionale per la distribuzione di derratealimentari alle persone indigenti; la programma-zione di campagne di comunicazione sui canaliRAI per favorire le donazioni da parte delleaziende e sensibilizzare i consumatori sul temadello spreco; l’incoraggiamento dei rapporti conil mondo agricolo per la raccolta in campo.129

Tralasciando l’analisi sull’efficacia della leggeGadda sul tema dello spreco alimentare, cheesula dagli obiettivi del presente contributo, ciinteressa qui osservare quali buone pratichesiano state incentivate dalla stessa legge e dal-l’incremento dell’interesse intorno al tema, siadal punto di vista dei cittadini, sia del settore pri-vato. Volendo cercare di tracciare il panoramadelle buone pratiche sullo spreco alimentare, èpossibile individuare quattro macroinsiemi130:

• Terzo settore e imprese: progetti di coope-razione fra mondo del terzo settore (associa-zioni, enti di carità, organizzazioni nongovernative) e imprese private. Fra questepratiche, rientrano le attività di enti caritate-voli che si occupano di recupero e redistri-buzione di eccedenze alimentari prelevatepresso esercizi commerciali o mense. Lastima di quanto queste organizzazioni recu-perano ogni anno si aggira intorno alle600mila tonnellate, ad esempio la sola ReteBanco Alimentare131 recupera circa 50milatonnellate l’anno, aiutando più di 7mila asso-ciazioni che a loro volta accolgono 1,5 milionidi persone in povertà materiale, per le qualiil cibo rappresenta la principale necessità. Unaltro esempio che si è molto sviluppato inquesti ultimi anni sono gli empori promossidalle Caritas diocesane, che hanno non soloil compito di sfamare gli indigenti ma anchequello di accompagnare le famiglie biso-gnose in un percorso di inclusione veicolato

attraverso un’educazione all’economia do-mestica. Anche nel settore della distribu-zione negli ultimi quattro anni è cresciuta ladisponibilità a donare eccedenze. La ReteBanco Alimentare tra il 2016 e il 2019 ha re-gistrato un aumento di più del 30% di ali-menti recuperati da questo settore dellafiliera agroalimentare. Megamark, un’aziendache si occupa di distribuzione, nel 2016 hadonato più di 34 tonnellate di cibo per un va-lore totale di 100mila euro.132 A partire dal2003, grazie alla legge 155/03 o legge delBuon samaritano133 è iniziato un lento pro-cesso di recupero nel settore del freschis-simo e del cibo cotto. Nel novembre 2003,nacque il programma “Siticibo”, promossodalla Rete Banco Alimentare, e che è stato ilprimo programma di recupero di cibo cotto.Il nome prese spunto da un’attività già in es-sere a New York intitolata City Harvest. OggiSiticibo recupera più di un milione di porzioniall’anno dalla ristorazione collettiva, cateringcongressuale/eventi e prodotti freschissimidalla grande distribuzione. Dal 2017 la colla-borazione tra Costa Crociere e la Rete BancoAlimentare ha permesso anche il recuperodalla ristorazione sulle navi crociera.

Uno degli esempi più recenti di recupero èrappresentato dalla ONLUS Equoevento134,che ha dato vita ad un sistema di recupero edonazione delle eccedenze alimentari pro-dotte durante gli eventi agli enti caritatevoliche operano nelle prossimità dell’evento.

• Progetti universitari: l’università e, più in ge-nerale, il mondo della ricerca, stanno svol-gendo un ruolo centrale nell’organizzazionee stimolo di esperienze di contrasto siste-mico allo spreco alimentare.135 Il progetto Nu-trire Trento, che affronta la complessità delcibo secondo l’approccio delle Urban FoodPolicy, dalle filiere corte alle piattaforme discambio tra produttori e consumatori, poneil tema della riduzione dello spreco alimen-tare tra i suoi obiettivi. Uno dei risultati piùrecenti riguarda la donazione di quasi 900kg di alimenti freschi (latticini, frutta, ver-dura, carne e uova), originariamente desti-nati alla preparazione dei pasti per i bambinidegli asili – temporaneamente chiusi causadiffusione del COVID-19 a Trentinosolidale,che ne ha curato la distribuzione capillare ai

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soggetti bisognosi attraverso i consueti ca-nali.136 La Rete delle Università Sostenibili(RUS), che ha tra i propri Gruppi di lavorouno dedicato al cibo,137 sostiene e promuovenumerosi progetti, iniziative ed eventi legatiallo spreco alimentare all’interno e all’esternodei poli universitari, tra i quali la piattaformaSprecoZero,138 alla quale la RUS contribuisceorganizzando eventi e stimolando le inizia-tive nelle università aderenti.

• Mercati: in crescente diffusione sono le pra-tiche e le esperienze legate al recupero delleeccedenze alimentari direttamente dai com-mercianti all’interno dei mercati, spesso tra-mite il coinvolgimento di soggetti insituazioni di vulnerabilità, in un’ottica di in-clusione sociale e lavorativa. È il caso, adesempio, del progetto ReFoodGees,139 cheopera nei mercati rionali dell’Alberone e delNuovo mercato Esquilino (Roma) e di Re-Popp,140 un progetto di economia circolareurbana della città di Torino che mira a con-trastare gli sprechi alimentari, educando alriuso e al recupero del cibo destinato a es-sere buttato.141

• Consumatore-produttore: in grande fer-mento anche le iniziative for profit di privati,spesso appoggiate ad app per smartphone,che connettono i produttori alle prese coneccedenze di cibo di fine giornata con i con-sumatori intenzionati ad acquistare cibo,spesso a scatola chiuso e a prezzi ribassati,che altrimenti andrebbe gettato. È il caso,solo per fare qualche esempio, di Too GoodTo Go,142 Last Minute Sotto Casa143 e Take-Stock144 oppure di MyFoody,145 un’app chepermette di conoscere in tempo reale qualisiano i cibi in scadenza nei supermercatiaderenti vicini al consumatore, ai quali vieneapplicato uno sconto per incentivarne l'ac-quisto, o ReGusto,146 un’app e una piatta-forma per la prevenzione e riduzione deglisprechi alimentari impiegabile nel settore ri-storativo e nelle amministrazioni comunali.

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NOTE

73 Wiskerke s.C., viljoen a. (2012), Sustainable food planning: evolving theory and practice, Wageningen AcademicPublisher, Wageningen

74 http://www.comune.torino.it/cooperazioneinternazionale/pdf/CIBO_CITTADINI_E_SPAZI_URBANI.pdf75 Calori A., Magarini A., Food and the Cities, politiche del cibo per città sostenibili, Està- economia e sostenibilità,

Edizioni Ambiente 2015.76 https://www.toronto.ca/311/knowledgebase/kb/docs/articles/city-clerks-office/secretariat/toronto-board-of-

health.html77 Marino D. e Mazzocchi G. (2019). La pianificazione alimentare: casi studio. Rete Rurale Nazionale 2014-

2020.https://www.reterurale.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/2000178 RUAF (2019). Urban Agriculture Magazine no. 36 – Food Policy Councils (pp. 13-14)79 http://www.fao.org/home/en/80 http://www.fao.org/in-action/food-for-cities-programme/approach-old/crfs/en/81 Marino D. e Mazzocchi G. (2019). La pianificazione alimentare: casi studio. Rete Rurale Nazionale 2014-2020.

https://www.reterurale.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/2000182 https://www.api-site.paris.fr/paris/public/2018%2F9%2FENG_Abrege_StratAlim.pdf83 http://www.foodpolicymilano.org/84 http://www.foodpolicymilano.org/wp-content/uploads/2015/04/10-Questioni-Food-Policy-Milano.pdf 85 http://www.foodpolicymilano.org/wp-content/uploads/2019/03/FoodPolicyMilano.pdf86 http://www.provincia.pisa.it/it/provincia/49111/Il-Piano-del-Cibo-della-Provincia-di-Pisa.html87 Butelli E. Pianificazione ambientale autosostenibile e alimentazione: il Piano del cibo della Provincia di Pisa,

Scienze del territorio. ISSN 2284-242X. n. 3 Ricostruire la città,2015 pp. 125-130, 88 Oltre a quelle qui citate in Toscana si annoverano altre significative esperienze che non è possibile citare per li-

miti di spazio, tra cui la Politica del cibo di Livorno. 89 https://pianadelcibo.it/come-funziona/90 https://www.politichelocalicibo.it/2019/10/18/una-food-policy-per-roma/91 http://www.politichelocalicibo.it

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92 Report dell’incontro 2020 disponibile al link https://www.politichelocalicibo.it/wp-content/uploads/2020/02/Re-port-Incontro-Napoli-compressed.pdf

93 Per l’analisi più approfondita delle forme di agricoltura in città si rimanda al capitolo di questo rapporto: “4.Urban gardening e nuove forme di agricoltura in città”.

94 Un progetto coordinato dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA) hasviluppato una metodologia per la mappatura spaziale dell’agricoltura urbana nelle città di Milano e Roma, uti-lizzando dati telerilevati e strumenti di web-mapping. (https://www.researchgate.net/profile/Flavio_Lupia/pu-blication/286935278_La_nuova_mappatura_spaziale_dell'agricoltura_urbana_realizzata_dal_Crea/links/567259d308aeb8b21c70bc8c/La-nuova-mappatura-spaziale-dellagricoltura-urbana-realizzata-dal-Crea.pdf).

95 Lupia F. (a cura di) (2014). Mappatura spaziale dell’agricoltura urbana. Analisi di alcune esperienze realizzate construmenti di web-mapping. https://agri-madre.net/wp-content/uploads/2018/04/Mappatura_spaziale_Lupia.pdf

96 Marino D. (a cura di) (20162014). Agricoltura urbana e filiere corte. Un quadro della realtà italiana. EdizioniFranco Angeli. https://www.francoangeli.it/Ricerca/scheda_libro.aspx?Id=23736

97 UN-Habitat (2019). Urban-Rural Linkages: Guiding Principles. Framework for Action to Advance Integrated Ter-ritorial Development. https://urbanrurallinkages.files.wordpress.com/2019/09/url-gp-1.pdf

Songyang Consensus (2019). The First International Forum on Urban-Rural Linkages. http://urbanpolicyplat-form.org/wp-content/uploads/2020/01/SongYang-Consensus-EN.pdf

98 Marino D., Mazzocchi G. (2017). Il cibo e le politiche urbane. In: Verso la pianificazione agricola e alimentare(2017). A cura di Aurora Cavallo, Davide Marino, Benedetta Di Donato, Ilaria Corchia. https://www.francoan-geli.it/ricerca/scheda_libro.aspx?CodiceLibro=365.1155Marino D. e Mazzocchi G. (2019). La pianificazione alimentare: concetti e modelli. Rete Rurale Nazionale 2014-2020. https://www.reterurale.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/20001

99 Ingersoll R. (2004). Sprawltown, Roma, Meltemi. 100 Magnaghi A., Fanfani D. (a cura di) (2009). Patto città-campagna. Un progetto di bioregione urbana per la bio-

regione policentrica della Toscana centrale. Alinea, Firenze. https://flore.unifi.it/retrieve/handle/2158/608730/42041/Patto+cop_web.pdfGalli M., Bonari E., (2009). Brevi riflessioni sull’agricoltura periurbana. Dal progetto agro-urbano al parco agri-colo. Locus, ETS, Pisa, pp.83-89.

101 Il 16,7% dei capi azienda ha oltre i 75 anni, mentre il 50% ne ha più di 60 (Censimento dell’agricoltura ISTAT 2010)102 Per l’analisi del caso della proposta di una Food Policy per la città di Roma, si veda Mazzocchi G. e Marino D.

(2020). Rome, a policy without politics: the participatory process for a metropolitan scale Food Policy. Inter-national Journal of Environmental Research and Public Health. https://www.mdpi.com/1660-4601/17/2/479/htm

103 Sachero, A., Fassi, D. (2012). Tesi di laurea in “Prove botaniche di sopravvivenza urbana” Politecnico di MilanoScuola del Design Corso L.M in Design degli Interni

104 https://www.coldiretti.it/economia/67599105 Gianquinto, G., Tei, F. (2010). Orticoltura urbana nei Paesi in Via di Sviluppo: ruolo multifunzionale, sistemi col-

turali e prospettive future. Review n. 12 - Italus Hortus 17 (4), 2010: 71-97106 Pollan, M. (2010). The Food Movement, Rising. The New YorkrReview of Books, May 20, 2010107 Lucciarini, S. (2016). Frammentazione urbana e esperienze associative: il caso di Roma. Working papers. Rivista

online di Urban@it - 2/2016. ISSN 2465-2059108 https://www.biorfarm.com/orti-urbani/109 Secondo ANGEM “per ristorazione collettiva si intende un servizio di ristorazione fuori casa, definito da un con-

tratto tra committente e fornitore che si rivolge a comunità delimitate e definite”. Particolare importanza nelcontesto di questo Paper è la ristorazione collettiva istituzionale “regolata da un contratto in cui il committente,che ne determina i requisiti, è rappresentato dall'amministrazione pubblica ed i clienti utenti del servizio sonoscuole, ospedali o carceri”.

110 Audizione 3 ottobre 2018, XIII Commissione Agricoltura Camera dei Deputati Norme per la valorizzazione e lapromozione dei prodotti agroalimentari provenienti da filiera corta, a chilometro zero o utile e di qualità. Lecriticità per il settore della ristorazione collettiva.

111 K. Morgan e R. Sonnino. The School Food Revolution: Public Food and the Challenge of Sustainable Develop-ment. Abingdon: Earthscan from Routledge, 2008

112 4° Rating dei menù sostenibili 2018/19, Foodinsider, www.foodinsider.it/classifica-menu-mense-scolastiche/4-rating-dei-menu-sostenibili/

113 https://www.sueatablelife.eu/it/ 114 www.istat.it, Report La spese per consumi delle famiglie. Anno 2018.115 Ai fini del presente lavoro è utile sottolineare che, secondo l’ISTAT, la spesa per beni alimentari è funzione anche

della tipologia dei comuni di residenza delle famiglie: nelle grandi città d si registra la quota minore (15% contro19,1% dei comuni periferici e fino a 50mila abitanti). Nelle grandi città le spese più. elevate sono destinate al-l’abitazione, alle utenze e ai servizi ricettivi e ristorazione e quindi ai consumi alimentari fuori casa.

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PARTE 2. Esperienze di buone pratiche

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116 FIPE, Rapporto annuale ristorazione, 2019. 117 Va sottolineato che questa dinamica avviene in un quadro recessivo: i consumi delle famiglie dal 2016 appaiono

in lieve ripresa ma, secondo FIPE (2019) in dieci anni la contrazione dei consumi è stata par a circa 8 miliardi dieuro a prezzi costanti. In questo quadro i consumi alimentari fanno osservare insieme ai trasporti la contrazionepiù rilevante.

118 EBNT, l’Osservatorio sui consumi fuori casa, edizione 2019.119 Fonte: In Fieri”- pubblicazione periodica di ORICON – Osservatorio sulla ristorazione collettiva e nutrizione.120 http://www.angem.it/it/chi-siamo/ristorazione-collettiva-in-sintesi.html121 Il DM del 10 marzo 2020 che definisce i nuovi Criteri Ambientali Minimi (CAM il servizio di ristorazione collettiva

e fornitura di derrate alimentari che fa riferimento alla ristorazione scolastica, per gli uffici, università e caserme,strutture ospedaliere, assistenziali, socio-sanitarie e detentive.

122 La ristorazione collettiva acquista in media venti miliardi di euro di prodotti agroalimentari. 123 Dati dell’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market/SWG.124 Lo spreco di cibo per la prima volta in calo nelle case degli italiani, 5 febbraio 2020,

https://www.sprecozero.it/2020/02/04/lo-spreco-di-cibo-per-la-prima-volta-in-calo-nelle-case-degli-italiani-gettiamo-49-e-a-settimana-nella-spazzatura-ma-erano-66-nel-2019-in-poco-piu-di-un-anno-litalia-risparmia/

125 https://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/spreco-cibo-italia-vale-15-miliardi-euro126 https://re.public.polimi.it/handle/11311/660220?mode=full.14#.XvJU7CgzbIV127 https://www.bancoalimentare.it/sites/bancoalimentare.it/files/executive_summary_surplus_food_mana-

gemnt_against_food_waste.pdf 128 https://ec.europa.eu/food/sites/food/files/safety/docs/fs_eu-actions_action_platform_key-

recs_en.pdf?wtclear=laco 129 https://www.bancoalimentare.it/it/punti-principali-legge-gadda130 La classificazione non pretende di essere esaustiva. Al suo interno sono riportate alcune esperienze a cono-

scenza degli autori del contributo. Tuttavia, molte altre potrebbero non essere presenti, considerata anche l’at-tuale dinamicità e il proliferarsi delle iniziative legate allo spreco alimentare oggi in Italia.

131 https://www.bancoalimentare.it/it/cosa-facciamo132 Fattibene D. e Bianchi M. (2017). Fighting against Food Losses and Waste: an Eu agenda. IAI Working Papers.

http://www.iai.it/sites/default/files/iaiwp1725.pdf133 https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2003/07/01/003G0174/sg 134 https://www.equoevento.org/135 http://www.europeanconsumers.it/wp-content/uploads/2018/07/Spreco-alimentare.-Approccio-sistemico-e-

prevenzione-strutturale.pdf136 https://webmagazine.unitn.it/news/ateneo/76764/nutrire-trento-per-ridurre-lo-spreco-alimentare-donati-900-

kg-di-alimenti-freschi?fbclid=IwAR2gXZVWbYD4qSlZrCVmzqz9mdvBe4AdgwVi7zwEan9P66P8wGS1TH05I_E137 https://sites.google.com/unive.it/rus/gruppi-di-lavoro/cibo?authuser=0138 https://www.sprecozero.it/139 https://www.facebook.com/pg/RomaSalvacibo/about/?ref=page_internal140 Fassio F., Minotti B. (2019), Circular Economy for Food Policy: the case of RePoPP project in the City of Turin

(Italy), in Sustainability, Special issue: Circular Economy and Sustainable Strategies, ISSN 2071-1050.141 http://www.torinoggi.it/2020/02/05/leggi-notizia/argomenti/attualita-8/articolo/progetto-repopp-lo-chef-

scabin-offre-la-zuppa-prodotta-con-gli-avanti-alimentari-del-mercato.html142 https://toogoodtogo.it/it143 https://www.lastminutesottocasa.it/144 https://takestock.com/145 https://myfoody.it/146 https://regusto.eu/

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3.1 Urban Food Policy e Obiettivi disviluppo sostenibile (SDGs)

Come si è mostrato nel paragrafo 1.1, se lavorareal raggiungimento dei target relativi al Goal 2contribuisce in modo sinergico a una serie diSDGs non direttamente legati al cibo, è anchevero che oggi i sistemi alimentari sono sottostretta osservazione per gli impatti che produ-cono. Una delle evidenze più rilevanti riguardala quota attribuita al cibo nella produzione deigas serra, pari al 37% delle emissioni totali diCO2.147 I tassi di utilizzo delle risorse naturali,l’impatto dei modelli di agricoltura e di alleva-mento intensivi, gli sprechi alimentari lungo lefiliere, il rispetto dei diritti della manodopera inagricoltura e molte altre questioni stanno ali-mentando il dibattito sui sistemi alimentari esulla loro sostenibilità. Molti dei nodi relativi aqueste sfide e problematiche si manifestanonelle città che, per la loro densità e per la lorocapacità trasformativa, orientano i modellisocio-economici che sono alla base dell’attualestruttura delle filiere alimentari. Questa partico-lare relazione si evidenzia, da un lato, attraversola variazione dei modelli di consumo alimentare,dall’altro sull’attenzione che le amministrazionicittadine rivolgono al tema del cibo, sempre piùconsiderato come lente privilegiata attraversola quale interpretare le trasformazioni in atto alivello ambientale, sociale ed economico. In que-sto contesto, le Urban Food Policy nelle loromolteplici forme e contenuti, e secondo varimodelli di governance, ricevono un interessecrescente da parte delle città. Programmare i si-stemi alimentari urbani, avere contezza delle di-namiche che riguardano la produzione, lamovimentazione, i modelli di consumo e le fasidi smaltimento o redistribuzione delle ecce-denze e molto altro, permette di intervenire alcontempo su problematiche ambientali, socialied economiche, fornendo al tempo stesso op-portunità di riorganizzazione, sistematizzazione

e riordinamento normativo relative alle filieredel cibo. Per questi motivi è ormai riconosciutocome tutti gli SDGs siano direttamente o indi-rettamente connessi all’obiettivo di ottenerecibo sufficiente, sostenibile e salutare pertutti.148 Si potrebbe affermare che tale afferma-zione possa essere valida per tutti gli SDGs, cioèche sia possibile identificare le sinergie incro-ciate fra tutti i Goal delle Nazioni Unite. Tuttavia,vari studi hanno confermato che questa com-plessa e affascinante interrelazione è particolar-mente valida quando si tratta di cibo e obiettividi sostenibilità. Analogamente, è stato eviden-ziato che gli obiettivi perseguiti dalle UrbanFood Policy, nella loro multidimensionalità epluridisciplinarietà, contribuiscono al raggiungi-mento di molti – se non tutti – gli SDGs. Uno stu-dio149 ha posto a confronto gli obiettiviperseguiti dalle Urban Food Policy e i 169 Targetrelativi agli SDGs, evidenziando il notevole con-tributo delle politiche urbane del cibo al Goal

8 (Lavoro dignitoso e crescita economica) e alGoal 12 (Consumo e produzione responsabili),oltre che al più evidente Goal 2 (Figura 2). Ingenerale, viene evidenziato come le politicheurbane del cibo, attraverso una complessa retedi azioni, possano facilitare il raggiungimentodegli SDGs, garantendo una funzione di coordi-namento rispetto a politiche e progetti appar-tenenti tradizionalmente ad aree tematichedifferenti, spesso pianificati e attuati indipen-dentemente gli uni dagli altri.

Le Urban Food Policy sono oggi in una fase cru-ciale per la loro diffusione e integrazione all’in-terno delle agende urbane. Molte delleesperienze a livello nazionale (Figura 4) sononate da istanze della società civile o dietro laspinta di gruppi promotori misti (ricerca, asso-ciazionismo, agricoltori, cittadini, ecc.), mentresono ancora poche quelle che possono vantareun riconoscimento istituzionale e l’appoggio daparte delle amministrazioni e ancora meno sono

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PARTE 3

Una politica urbana del cibo per una città sostenibile.Raccomandazioni per il panorama italiano

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quelle che hanno a disposizione linee di bilan-cio, finanziamenti e risorse dedicate. Tuttavia,l’accrescimento della cultura amministrativa in-torno all’importanza del cibo come leva per ilraggiungimento di molteplici obiettivi, sta au-mentando la consapevolezza rispetto alla ca-pacità delle politiche urbane del cibo diriorganizzazione dei sistemi alimentari e dicreazione di un ambiente socio-economico più

vibrante, nonché di aumento della qualità dellediete e della conseguente riduzione dei costisanitari connessi.

L’analisi svolta nella parte 2 del presente docu-mento ha permesso di mettere in luce alcunebuone pratiche che, anche se non sempre diret-tamente ascrivibili a politiche locali del cibo mapiuttosto elementi costituitivi delle stesse, met-tono in evidenza un’attenzione che le ammini-strazioni, così come la società civile e il settoreprivato, stanno ponendo sul tema della sosteni-bilità dei sistemi alimentari e dell’accesso a cibosano e nutriente:

• l’agricoltura urbana, con la sua varietà diesperienze, intercetta fabbisogni sociali, ri-creativi e pedagogici attivando, al tempo

Cibo, città, sostenibilità. Un tema strategico per l'Agenda 2030

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Figura 2. Connessioni fra obiettivi di Urban Food Policy (UFP) e Sustainable Development Goals

(SDGs). Il numero di connessioni è stato identificato mettendo a confronto 54 sotto-obiettivi di UFP

e i 169 Target degli SDGs.150

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stesso, economie di prossimità e svolgendoun fondamentale ruolo di infrastrutturazioneverde delle città;

• la ristorazione scolastica e collettiva e, più ingenerale, le leve del Green Public Procure-ment svolgono un fondamentale ruolo per lacorretta nutrizione di una quota considere-vole della popolazione, implementandoanche, attraverso i CAM, obiettivi di sosteni-bilità nelle filiere collegate;

• le esperienze legate all’ampio tema dellospreco alimentare riescono oggi a interveniresulle varie fasi delle filiere, dalla produzionein campo alla redistribuzione degli avanzi,contribuendo a mitigare una delle distorsionipiù evidenti e drammatiche degli odierni si-stemi alimentari;

L’analisi della buone pratiche mostrate mette inevidenza un fattore cruciale: nonostante il fon-damentale ruolo da parte del terzo settore, delsettore privato, dei volontari e dei cittadini co-muni, alcuni obiettivi sono raggiungibili sola-

mente tramite il coinvolgimento delle ammini-strazioni, in particolare quelle comunali. La for-nitura di piattaforme logistiche e digitali, dirisorse umane e finanziarie, il raccordo con altrepolitiche, la messa in piedi di un sistema di co-municazione istituzionale, sono tutti elementiimprescindibili sui quali le amministrazioni pos-sono oggi lavorare per aumentare la portatadelle buone pratiche e incardinare le stesse al-l’interno di strategie integrate sui sistemi ali-mentari locali.

PARTE 3. Una politica urbana del cibo per una città sostenibile. Raccomandazioni per il panorama italiano

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Figura 4. Le politiche urbane del cibo in Italia.151

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3.2 Dieci raccomandazioni per ipolicy maker

1. Pianificare una strategia e politica sulcibo a livello urbano

Indipendentemente, ma anche alla luce dellapandemia del COVID-19, il cibo si dimostracome un elemento fondamentale per la vitanelle città. Secondo le Nazioni Unite e i più im-portanti centri di analisi e ricerca (tra cui loStockholm Resilience Centre) il cibo è connessodirettamente o indirettamente con la maggiorparte o con tutti gli SDGs. Il modo in cui le poli-tiche affrontano le questioni relative alla produ-zione, distribuzione, consumo e post-consumodel cibo, può contribuire in modo determinanteal raggiungimento degli Obiettivi dell’Agenda2030. In questo contesto le città, dove vive laquota maggiore di popolazione mondiale edove viene quindi consumata la maggior partedi cibo, rivestono un ruolo fondamentale perchécostituiscono un nodo essenziale del metaboli-smo del cibo, sia attraverso i flussi in entrata chequelli in uscita. Questa considerazione do-vrebbe portare le città stesse a pianificare unapropria strategia e politica locale sul cibo coe-rente con gli Obiettivi dell’Agenda 2030.

2. Tutelare le fasce più deboli e ridurre lediseguaglianze

Il punto di partenza nelle politiche del cibo deveessere il ruolo del cibo come bisogno primario esoprattutto come diritto, per la popolazione ur-bana; da qui scaturisce l’esigenza che il settorepubblico assicuri alla popolazione cittadina unadieta equilibrata, sana, sostenibile e accessibile

sotto tutti punti di vista, in primo luogo quelloeconomico, ma anche fisico, evitando la forma-zione di “deserti alimentari”. Secondo il GlobalNutrition Report a livello planetario una personasu tre soffre di una qualche forma di malnutri-zione e due miliardi circa non hanno accesso aduna dieta sana. Il rapporto sottolinea inoltre chele cause sono soprattutto legate alle inegua-glianze sociali che ostacolano l’accesso al cibo,alla salute, alla protezione sociale. A sua volta lamalnutrizione contribuisce a ridurre l’accesso adaltri servizi primari come ad esempio l’istruzionee il miglioramento delle condizioni sociali edeconomiche per le future generazioni, con una

spirale decisamente non sostenibile. È necessa-rio quindi investire in una infrastruttura in gradodi assicurare questo bisogno primario. Tenendoconto dell’alto numero - in progressivo aumento– di soggetti affetti da malattie croniche non tra-smissibili (MCNT), che in larga parte sono ricon-ducibili alla dieta e che sono responsabili di circail 70% dei decessi globali, l’investimento pub-blico in questa direzione si tradurrebbe in un im-patto positivo su molti SDGs come ad esempiol’1, il 2, il 3, ecc. Trattandosi di investimenti pub-blici, tale politica avrebbe un impatto notevolein termini economici e sociali per la futura mi-nore incidenza delle patologie ricordate. Un altrovantaggio di una tale politica risiede senza dub-bio nella possibilità che le persone che appar-tengono a ceti sociali meno favoriti possanoconseguire uno sviluppo fisico e mentale armo-nico e quindi contribuire a una crescita generaledella società. La recente strategia Farm to Forkpubblicata dalla Commissione europea ha ricor-dato non solo la centralità della sicurezza ali-mentare nei piani di recupero post-pandemia,ma anche come 33 milioni di persone nell’Uesoffrano di insicurezza alimentare, rendendo es-senziale che la transizione del sistema alimen-tare sia giusta ed equa.

3. Progettare e dare vita ad un sistema dimense scolastiche e pubbliche sostenibili

I dati pre-COVID-19 ci dicono che circa un terzodei consumi alimentari finali delle famiglie av-vengono fuori casa. Tale dato assume partico-lare peso in ambito urbano dove il sistema dellemense pubbliche (scuole, ospedali, uffici pub-blici, ecc.) e del settore privato nutre una quotaconsiderevole della popolazione. Spesso sitratta – come ricordato sopra – di fasce socialideboli quindi anche in questo caso la progetta-zione di mense sostenibili avrebbe un impattonon solo sull’ambiente ma soprattutto a livellosociale ed economico. Attraverso il sistema deibandi, coerentemente con i CAM, le amministra-zioni pubbliche possono realizzare un sistemainnovativo di mense che, anche nell’ottica del-l’economia circolare, riduca o elimini i rifiuti e lospreco, alimenti le filiere corte e di prossimità,sostenga la transizione a tecniche di coltiva-zione biologiche e di qualità e assicuri l’accessoad una dieta sana per tutti impattando positiva-

Cibo, città, sostenibilità. Un tema strategico per l'Agenda 2030

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mente sul sistema sanitario e sul sistema eco-nomico locale. Una attenzione particolare an-drebbe riservata alle mense scolastiche dove laprogettazione di un sistema alimentare sosteni-bile può risultare un ottimo supporto anche allepolitiche educative in tema di ambiente ed ali-mentazione, coerentemente con i programmieducativi sulla sostenibilità recentemente intro-dotti nell’ordinamento formativo.

4. Costruire una cultura del cibo fondatasul concetto di una dieta varia e sana efavorirne l’adozione

La promozione di una dieta che includa piùfrutta, verdura, semi, frutta secca, pesce e ce-reali integrali, può portare a riduzioni sostanzialinelle malattie legate all'alimentazione, tra cuimalattie cardiache, cancro, diabete e ictus,molte delle quali peraltro aumentano il rischiodi incidenza e di impatto da COVID-19. Dietesane e accessibili a tutti sono anche general-mente più sostenibili dal punto di vista ambien-tale, come ad esempio la dieta mediterranea. Avolte, per motivi economici ma anche culturali,gli alimenti alla base di una dieta sana e soste-nibile, come frutta, verdure, legumi e pesce pos-sono essere poco accessibili. Costruire sistemialimentari che rendano possibili scelte alimen-tari sane e sostenibili per le persone e l’am-

biente deve essere quindi un obiettivoprioritario, da perseguire anche rendendolemaggiormente accessibili, anche attraverso am-bienti alimentari che facilitino queste scelte. Unapolitica urbana del cibo deve pertanto partiredalle esperienze positive su scala locale e nazio-nale e promuovere un processo di educazionealimentare a lungo termine indirizzato alla so-cietà civile e agli attori del sistema agroalimen-tare, compresa la ristorazione.

5. Promuovere l’innovazione di prodottoe di processo

La sostenibilità dei sistemi alimentari passaanche attraverso l’innovazione scientifica e tec-nologica. L’attuazione di una politica urbana delcibo richiede quindi la capacità di intercettarela conoscenza e di indirizzarla verso l’applica-zione nei sistemi alimentari urbani. Le innova-zioni riguardano tanto i processi, siano essiproduttivi o di governance, quanto i prodotti

stessi. Ricadono all’interno delle prime due ca-tegorie le innovazioni tecnologico-produttiveper il miglioramento dell’efficienza nell’uso dellerisorse o per la riduzione delle emissioni, i mo-delli di governance alimentare basati su pro-cessi innovativi di partecipazionemulti-stakeholder, le piattaforme per l’organiz-zazione logistica, anche nell’ottica di una di-mensione solidale (così come espressa nelpunto 8). Le innovazioni di prodotto nel settorealimentare riguardano invece le caratteristicheintrinseche dei singoli beni, ai quali sarà in mi-sura crescente richiesto di rispondere a unaserie di caratteristiche qualitative e di sosteni-bilità. Questo deve avvenire nel rispetto dellepratiche tradizionali di produzione e trasforma-zione agro-alimentare, mantenendo il caratteredi originalità e i valori di natura simbolica e cul-turale incorporati nel cibo. In questo contesto,l’adozione, in modo sapiente e ragionato, di ap-plicazioni digitali nel settore alimentare può for-nire un contributo rilevante.

6. Rafforzare le connessioni positive tracibo e ambiente anche attraverso lamultifunzionalità dell’agricoltura urbana eperiurbana

Il sistema di produzione del cibo determina nonsolo la qualità ambientale degli agroecosistemi,ma incide significativamente sulla salute del pia-neta intero. I sistemi alimentari del futuro do-vranno essere fondati sulle interazioni positive tracibo, salute umana e salute degli ecosistemi. Èpossibile pensare ai sistemi agricoli, soprattuttoin ambito urbano e periurbano, come a elementidi un sistema ambientale più vasto che può con-tribuire a sostenere la biodiversità, ridurre l’im-patto del cambiamento climatico, ridurre ilconsumo delle risorse. In questo senso ci si puòanche ricollegare alle strategie internazionalidell’Unione europea che, nell’ambito del GreenDeal, ha varato la nuova strategia per la Biodiver-sità e la strategia Farm to Fork in cui il nesso cibo,agricoltura e ambiente è particolarmente evi-dente. Da sottolineare anche che nel 2021 la co-munità globale svilupperà il nuovo quadrod'azione per la Convenzione delle Nazioni Unitesulla diversità biologica e si svolgerà il verticeONU sui sistemi alimentari. I sistemi alimentaripossono contribuire positivamente anche attra-verso quella che potremmo chiamare la “filiera

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della multifunzionalità”. Nelle aree metropolitanespesso si sono sviluppate aziende agricole multi-funzionali che, oltre alla mera produzione di cibo,offrono servizi sia ambientali di grande rilevanzaper il metabolismo urbano e la resilienza dellecittà, sia sociali che possono contribuire positiva-mente alla qualità della vita delle persone; met-tere in rete queste esperienze in una prospettivadi sistema pianificando l’offerta di servizi a livelloterritoriale è un obiettivo da perseguire.

7. Rendere i sistemi alimentari urbani piùresilienti

La crisi da COVID-19 è stato uno "stress test"per i nostri sistemi alimentari sia su scala glo-bale che locale. Per alcuni versi è possibile affer-mare che le filiere produttive e delladistribuzione hanno retto ma si è assistito anchea impatti diversificati sulle varie filiere (ad esem-pio si è avuta una sofferenza per quelle dipen-denti dalla manodopera stagionale, o per alcunelegate a consumi stagionali come il florovivai-smo o strettamente connesse con l’export) e aduna ridistribuzione delle quote di mercato tra gliattori del sistema. Allo stesso tempo altri seg-menti, primi fra tutti la ristorazione e il turismo,sono stati duramente colpiti. Accanto a questifenomeni si sono evidenziati fenomeni innova-tivi di distribuzione, legati anche al digitale, e diorganizzazione spontanea delle filiere di pros-simità. Alcune analisi, partendo da questa crisi,stanno ponendo interrogativi su come ridurre irischi e la vulnerabilità da improvvisi shock eso-geni futuri. In un certo senso il COVID-19 ha resoevidente la potenziale fragilità del sistema ali-mentare e la necessità di rendere più forte e re-siliente il sistema alimentare a livello urbano,aumentando i livelli di sicurezza e abbassandoil livello di dipendenza geopolitica. Inoltre, lacrisi ha dimostrato che quelle realtà urbane cheavevano già avviato una gestione integrata alcibo hanno reagito in modo più rapido ed effi-cace agli effetti della pandemia. In questo con-testo una direzione in cui lavorare è ilrafforzamento dell'agricoltura urbana e periur-

bana come dispositivo per aumentare la sicu-

rezza alimentare urbana in tempi di crisi, maanche per contribuire alla sostenibilità del si-stema attraverso le politiche viste in prece-denza, anche qui in linea con gli obiettivi dellastrategia Farm to Fork.

8. Disegnare le filiere della solidarietà

La crisi del Covid-19 ha sottolineato l’impor-tanza delle attività di aiuto alimentare alle fascepiù deboli. Da un lato il numero delle personeche ha richiesto l’accesso a questo tipo di aiutoè aumentato notevolmente, dall’altro la stessaorganizzazione degli aiuti si è dovuta adattarealle nuove situazioni sia in termini di approvvi-gionamento che di domanda. È necessario per-tanto pensare ad un intervento pubblicostrutturato per quella che possiamo chiamare la“filiera della solidarietà”. Le donazioni e il recu-pero delle eccedenze rappresentano un primotassello, seguito dagli intermediari, come adesempio le food banks e poi dalla “distribuzioneal dettaglio” che siano di tipo caritatevole o ditipo sociale. C’è poi l’intervento di tipo pubblico,i cui utenti finali sono rappresentati dalle fami-glie, i poveri, i senza tetto, gli immigrati, e in ge-nere le persone in difficoltà. Questa filiera simuove oggi sulla base soprattutto di un inter-vento non programmato da parte sia dei dona-tori sia delle food banks. Occorre quindi unanuova governance che sia in grado di mettere asistema, anche su base territoriale, le esperienzesia pubbliche che private. Per mettere in attouna politica pubblica adeguata è necessariopartire da una mappatura attenta della filiera.Ciò presuppone un importante investimentoeconomico ma anche in risorse umane per il di-segno della filiera mettendo in luce il chi(opera), il dove (distribuisce), il cosa (anche in-cludendo i valori nutrizionali) e il quanto (ciboviene distribuito e con che frequenza), comple-tando il tutto da chi sono i beneficiari delle di-stribuzioni. Su questa base, avvalendosi anchedi esperienze in ambito internazionale, sarà pos-sibile mettere a punto un sistema di governanceche preveda anche un monitoraggio accuratodelle performance.

9. Rafforzare, democratizzare elocalizzare la pianificazione dei sistemialimentari

Anche prima, ma a maggior ragione dopo lacrisi del COVID-19, l’analisi dei dati sia a livelloglobale, ma anche - seppur con molti gradi didiversificazione - locale, sembra mostrare conevidenza la necessità di una trasformazione deisistemi alimentari invertendo, in senso positivo,

Cibo, città, sostenibilità. Un tema strategico per l'Agenda 2030

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il loro impatto ambientale e sociale. Per affron-tare la trasformazione dei sistemi alimentari ètuttavia necessario democratizzare la pianifica-zione dei sistemi stessi garantendo la parteci-pazione di tutti gli attori – agricoltori, impresedi trasformazione e distribuzione, organizza-zioni sociali e ambientali, operatori sanitari, con-sumatori, ricercatori ed amministratori - chelavorano all'interno del sistema del cibo. La po-litica può fornire un quadro strategico, interdi-sciplinare e tran-scalare, mentre gli attori localidevono essere in grado di modellare il proprioruolo nei sistemi alimentari in modo che questiriflettano i valori delle comunità e tutelino le ri-sorse ambientali e le conoscenze locali, miglio-rando il benessere della popolazione.

10. Mappare i sistemi locali del cibo

Un obiettivo trasversale e strumentale a tutti ipunti richiamati in precedenza è quello della rac-colta e disponibilità di dati e informazioni perindirizzare le politiche riguardanti i sistemi ali-mentari. Nella società dell’informazione diffusa,nella quale la raccolta di dati e l’aggiornamentodegli stessi possono essere guidati attraversometodologie innovative e partecipative, è cru-ciale avere a disposizione la base informativa ne-cessaria per indirizzare le scelte politiche eadeguarle al mutare del contesto di riferimento.

Questo richiede uno sforzo di collaborazionefra amministrazioni, ricerca e i nuclei operativi

dei sistemi alimentari (ad esempio centri logi-stici e vendita al dettaglio), affinché siano mo-nitorati i flussi di materie prime e di cibo inentrata nelle città e i materiali in uscita, in un’ot-tica di metabolismo urbano. Questo deve ri-guardare tanto la grande distribuzione quantole filiere corte, al fine di tracciare e mappare iltipo di cibo che nutre le città e i percorsi cheesso svolge al suo interno. Inoltre, il processodeve essere garantito nella trasparenza e nel ri-spetto di forme “alternative” di produzione dicibo (orti comunitari, orti urbani), coinvolgendogli attori territoriali impegnati.

PARTE 3. Una politica urbana del cibo per una città sostenibile. Raccomandazioni per il panorama italiano

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NOTE

147 IPCC, 2019. https://www.ipcc.ch/srccl/ 148 https://www.stockholmresilience.org/research/research-news/2016-06-14-how-food-connects-all-the-

sdgs.html149 Mazzocchi G., Marino D. (2018). Linking Food Policies and Sustainable Development Goals. In: Proceeding of

the international scientific event Connections and Missing Links within Urban Agriculture, Food and Food Sy-stems. 26-27 aprile, Lisbona, Portogallo. ISBN: 978-989-99782-4-9

150 Fonte: adattamento grafico da Mazzocchi G., Marino D. (2018). Linking Food Policies and Sustainable Develop-ment Goals. In: Proceeding of the international scientific event Connections and Missing Links within UrbanAgriculture, Food and Food Systems. 26-27 aprile, Lisbona, Portogallo. ISBN: 978-989-99782-4-9

151 Adattamento e aggiornamento da Marino D. e Mazzocchi G. (2019). La pianificazione alimentare: concetti emodelli. Rete Rurale Nazionale 2014-2020. (https://www.reterurale.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/ID-Pagina/20001)

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Finito di stampare nel mese di settembre 2020

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NOWLEDGE USINESS

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L’ASviS è nata il 3 febbraio del 2016 su iniziativa della Fondazione Unipolis e dell’Università di Roma “Tor Vergata” ed è impegnata a diffondere la cultura della sostenibilità a tutti i livelli e a far crescere nella società italiana, nei soggetti economici e nelle istituzioni la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. L’ASviS è la più grande rete di organizzazioni della società civile mai creata in Italia ed è rapidamente divenuta un punto di riferimento istituzionale e un’autorevole fonte di informazione sui temi dello sviluppo sostenibile, diffusa attraverso il portale www.asvis.it e i social media.