Chic Style Christmas 2015 | web

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CEDITORE

Associazione ! CHICTestata Registrata pressoil Tribunale di Frosinone.

DIRETTOREClaudio Giuliani

GRAFICA

Advok Studio srl - Grafica & Web

VALENTINA FANFERA

Direttore responsabile and product manager advSALVATORE PIGLIASCO

SS 155 per Fiuggi n 7 03100 FrosinoneTel. 0775 961440

[email protected]

Creative area / Creative coordinatorCHIARA LUCIA GUARINO

In questo numero

FOTOGRAFIASTEFANO ROSSI

RICCARDO LANCIA

MAKEUP & HAIR ARTISTPRESTIGE HAIR

LAURA NARDONE

STYLISTSCHIARA LUCIA GUARINO

CLAUDIA PALOMBI

REDAZIONECapo redattore

CLAUDIA PALOMBICollaboratoriALICE PELATI

CLAUDIA MINNACHIARA LUCIA GUARINO

STEFANY BARBERISVINCENZO TIRITTERA

MODELLEVALDEMARA MORKEV

OLHA PRIRODA

LOCATIONADVENTURE CAMP RESORT MONTI ERNICI

In copertina:MODELLA Valdemara Morkev

FOTOGRAFIA Stefano Rossi

MAKEUP & HAIR Hair Prestige

STYLIST Chiara Lucia Guarino e Claudia Palombi

I partners di questo numero:

APPONI SPACE, CHIARA D., GIANCARLI GIOIELLI, MAD MODA ACCESSORI DESIGN, MEDICI PELLETTERIA, GLI OCCHIALI DI VENERE, PECCATI DI STILE, QUADRIFOGLIO;

CRYSTAL CENTER, NEROLI CENTRO ESTETICO, P&B DIFFUSION, HAIR PRESTIGE, CONAD GRUPPO MAZZOCCHI;

PRINCE, PRASLINE, ADVOK STUDIO COMUNICAZIONE, DOLCEMASCOLO PASTICCERIA, ROSSI IMPIANTI, SEGNERI VIAGGI, PACOPRINT STAMPA, GRUPPO GO! AUTOMOBILI, VERONESE TECNOLOGY, SHOWCLAP, VILLA GALASSI, PASTICCERIA D’AMICO, RISTORANTE TOPOLINO, RISTORANTE ANTICA ROMA, IMMAGINE SPOSA, RADIO DAY, ADVENTURE CAMP RESORT MONTI ERNICI, AMARO GOCCIA D’AMBRA.

I CONTENUTI, LE DESCRIZIONI, LE IMMAGINI E LE COLLABORAZIONI PRESTATE SI INTENDONO ESCLUSIVAMENTE A TITOLO GRATUITO

Prossima uscita Primavera 2016 I Chiuso in stampa il 2 Dicembre 2015 Stampa: Arti Grafiche Agostini | Tiratura: 10.000 copie

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12 ATMOSFERE RUSSE PER L’INVERNO 2016 Apertura inizio area editoriali

15 PAGINA DESIGNER/BRAND Temporary shop

28 IRIS APFEL C’è una triste mancanza di glamour, oggi...

36 SUGGESTIONS OF FASHION Da San Pietroburgo ad Istanbul

40 TESSUTI BROCCATI Oro e argento su tessuti

46 BALLETTI RUSSI Un esplosione di colore

50 IL MISTERO DI UN ACCESSORIO Gioielli da indossare

53 GINA TONDO L’isola che non c’è, nei 7 Moros

54 TERRE LONTANE I trend e le nuance per il make-up dell’inverno

58 IL PROFUMO SENZA ETÀ Chanel n°5

64 L’ESSENZA DI UN SASSO Intervista a Jacopo Cardillo

66 VESTIRSI DI TRADIZIONI Il fascino della divisa

68 MISSONI Stile ed eleganza

70 BEAUTY UOMO Fragranze uomo inverno 2016

72 WEDDING Sposa Araba

75 MATRIMONIO PERFETTO Lusso e ricchezza

82 ETNO FOOD La cultura del mangiare bene

87 LA DOLCEZZA DEL NATALE I dolci natalizi

90 CAPODANNO 2016 Divertimento assicurato

95 SHOWCLAP Il primo e unico e-commerce

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rUSSEper l’inverno 2015

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La moda per trasmettere un messaggio forte! Chic Style ha fatto del multiculturalismo non solo la sua fonte di ispirazione, ma anche il suo personale messaggio sociale: le tradizioni di tutti i popoli anche se lontane possono fondersi in un insieme sofisticato, in modo tale che nessuna cultura possa

sembrare più importante di un’altra. Mobilità di codici, stili, usi e iconografie. La contaminazione culturale, che è una delle chiavi ineludibili dell’oggi, ha portato a creare outfit che vanno oltre i confini geografici per un continuo provare a sperimentarsi. Chic Style per questo rigido inverno riscopre la tradizionale femminilità russa, ed è proprio la bambola-souvenir, la matrioska, ad ispirare il numero del magazine. Una rivisitazione moderna della raffinatezza imperiale della Russia zarista vista in una chiave semplice e minimalista, uno stile volutamente rustico. La matrioska è il simbolo della natura multiforme delle donne, che di volta in volta si apre in qualcosa di nuovo. Chic Style segnala un’evoluzione dello stile russo, meno folkloristico ma con una componente etnica e teatrale. Gli accessori sono ottimi protagonisti natalizi delle sfarzose feste a tema sovietico. Questo il filo conduttore che come un leit motiv lo ritroviamo nella scelta di tessuti preziosi, perle, divise militari ussare ed aromi che ci rimandano a terre oltre i confini occidentali. La moda è da sempre caratterizzata da uno spirito internazionale ed è diventata territorio di sperimentazione per i nuovi talenti che creano uno stile che è molto più di un trend stagionale. Per questo Chic Style è da sempre molto sensibile all’innovazione ed ai nuovi progetti che raccontano la nuova estetica contemporanea in maniera fresca ed entusiasmante. Perciò prosegue con grande successo l’iniziativa del Temporay Shop per un continuo rinnovarsi e reinventarsi. La rivista diventa un grande mezzo di comunicazione per dare visibilità a chi desidera mostrare la propria creatività ed il proprio talento, ed a chi rincorre il sogno di lavorare nella moda ed ha tante nuove idee da proporre. Una missione che si consolida e diventa un appuntamento fisso per ogni stagione in modo tale da far conoscere i designer ed i brand locali ed esterni al territorio ciociaro. Importante è l’introduzione dell’area delle interviste a giovani artisti emergenti e personalità di spicco ed influenti del territorio ciociaro. L’intento è di fornire spunti di riflessione, ma soprattutto fungere da strumento utile per aprire un dialogo con i giovani che innalzano il livello culturale della Provincia di Frosinone.Inseriremo progressivamente i nuovi contributi raccolti in modo da fornire una panoramica il più possibile esaustiva, vi invitiamo quindi a segnalarci le vostre esperienze. Chic style: un progetto di moda per la valorizzazione dei giovani, legando artigianato e cultura, tradizione e innovazione, nazionale ed internazionale!

di Claudia Palombi

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TEMPORARY SHOP

La missione del Temporay Shop si consolida e diventa un appuntamento fisso. Chic Style interpreta gli input che provengo da iniziative internazionali e li traduce in progetti ad alto contenuto creativo. Da sempre sensibile all’innovazione, attraverso i Temporary Shop sa rinnovarsi e reinventarsi continuamente grazie alle numerose collaborazioni con i designers. Priorità assoluta di Chic Style è di valorizzare, promuovere e sostenere i talenti emergenti della classe creativa. E’ importante investire nella valorizzazione dei giovani e legare artigianato e cultura, tradizione e innovazione. La rivista diventa un grande mezzo di comunicazione per dare visibilità a chi desidera mostrare la propria creatività ed il proprio talento, ed a chi rincorre il sogno di lavorare nella moda ed ha tante nuove idee da proporre.

ELENA CASATIIl primo approccio con la moda di Elena Casati avviene nel 2004 quando, conseguito il diploma di geometra, intraprende gli studi di Fashion Designer presso l’istituto Marangoni di Milano, inoltre si specializza nell’accessorio, durante il periodo lavorativo come responsabile di settore per l’Atelier Fix Design. Nel febbraio 2014 la realizzazione della prima linea di borse “handmade in Italy” firmate Elena Casati. Nasce dalla selezione attenta dei materiali: coordina preziosi jacquard con tessuti più grezzi e, ricerca dopo ricerca, abbina passamanerie e metalleria di alta qualità italiana; chiude il cerchio l’ulteriore personalizzazione all’esterno della borsa, tramite la placca cucita a mano con il logo inciso e all’interno il marchio con etichetta tessuta in alta definizione. Seguendo inoltre la filosofia di una moda etica, Elena Casati non utilizza e non utilizzerà mai, capi con pellicce e pelli animali nelle collezioni. Un impegno che ha siglato tramite l’autocertificazione al Fur Free Retailer Program, in collaborazione con LAV (Lega Anti Vivisezione). Si tratta di un programma nato allo scopo di promuovere politiche di commercio che rispettino i diritti degli animali, in primis con l’eliminazione di articoli che contengono pellicce di origine animale. La qualità e particolarità dei materiali, l’artigianalità italiana e lo stile personale rendono la linea Elena Casati fresca e nuova, unica nel suo genere.

ANIMA&MANICREATIONSAnima&Mani Creations è un marchio di bijoux ed accessori handmade nato dalla passione e dalla creatività della sua titolare Simona Petraglia, sociologa in origine e imprenditrice creativa in divenire. Le creazioni, tutte rigorosamente handmade, come suggerisce il nome del marchio, sono pensate per rispondere ai gusti più disparati e per poter essere indossate in ogni occasione, cercando di creare uno stile indipendente che non si adatti alle mode del momento, ma ricerchi la tendenza di stile di ognuno. Per la realizzazione dei prodotti vengono utilizzate tecniche e materiali di vario tipo per poter offrire creazioni dal risultato inatteso e versatile. Tutti i bijoux ed accessori, nascono da un’idea, un’intuizione, dall’osservazione di un gesto involontario o di una suggestione che la designer percepisce durante il giorno ed elabora sotto forma di sogno durante la notte. Ama i contrasti perché ritiene che la diversità sia sempre arricchimento e sperimentazione di nuove miscele, sia da un punto di vista intellettuale che materiale.

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LOOK DOLLBRAND Anima&Mani CreationsABITI Apponi Space

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FOTOGRAFIA Stefano RossiMODELLA Beatrice ValenteSTYLE Chiara Lucia Guarino e Claudia PalombiHAIR & MAKE UP Laura NardoneBRAND Anima&Mani Creations

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FOTOGRAFIA Stefano RossiMODELLA Beatrice ValenteSTYLE Chiara Lucia Guarino e Claudia PalombiHAIR & MAKE UP Laura NardoneBRAND Anima&Mani Creations

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WINTER TALE

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FOTOGRAFIA Riccardo LanciaMODELLA Eleonora MiminiSTYLE Chiara Lucia Guarino e Claudia PalombiHAIR & MAKE UP Laura NardoneBRAND Elena Casati_Limited edition

WINTER TALE

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BRAND Elena Casati_Bags Collection Winter 2015/16ABITI MAD Moda Accessori Design

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C2424FROSINONE Via Tiburtina n. 73, Tel. 0775. 872422

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Cappotto/Piumino, Blusa Stampa,Gonna Plissè in eco pelleby Seventy SergioTegonBorsa oro con frangieby La Nuit Parisienne

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C25Via Maccar i n7 (Sopra i g iard in i d i Largo Tur r i z ian i ) Fros inone I Te l . 0775.960045 I www.madaccessor i . i t

Giacca pallettes, dolcevita,pantalone by ICHICollana by WEAVE Borsa/cartella by Mad

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QUADRIFOGLIO

FROSINONE - Via Aldo Moro n.85, Tel. 0775.824242 - CECCANO - Via Madonna della Pace Tel. 0775.601054 - SORA - Corso dei Volsci n.65Tel. 0776.831775 - ISOLA DEL LIRI - Corso Roma n.23-25, Tel. 0776.807233 - MONTE S.G. CAMPANO - Via Boccafolle n.42, Tel. 0775.891183

Total look by Elisabetta Franchi

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Frosinone, Via Firenze 10 - 0775.854279 - www.chiarad.it

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Giubbino/Pelliccia by Compagnia ItalianaAbito Stampa by BaguttaBorsa/manici by AlmalaCollana + Anello by Antura Accessori

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IRISSe avesse vent’anni oggi, sarebbe senza dubbio la fashion blogger più stimata e desiderata del pianeta. Unica figlia IRIS APFEL, o meglio ancora IRIS BARREL, nasce a New York nel 1921 da una famiglia benestante. Grazie alla madre, la quale possedeva una boutique di moda e grazie anche ai numerosi studi nelle migliori università degli Stati Uniti d’America, eredita la passione e l’amore verso questa eccezionale arte, che, con il trascorrere degli anni, la fa padrona di strabilianti titoli.

E sperta d’arte e interior designer, businesswoman e fashion icon, Iris Barrel è una delle personalità più interessanti che ci siano in circolazione… da oltre 94 anni; è oltretutto doveroso citare che nel 1948, anno importante per la designer, diventa signora Apfel dopo il

matrimonio con Carl Apfel e fonda, con il marito, un marchio specializzato nella riproduzione di tessuti antichi l’Old World Weafers. “Sono una maniaca del tessuto”, questo è ciò che afferma la designer, amante dei tessuti stampati, infatti, assieme al marito cerca nella maniera più precisa e quasi maniacale di ricreare i vecchi e antichi tessuti, spesso arricchiti o stramati secondo l’età e l’importanza delle stoffe pregiate. La Apfel ha, infatti, una spiccata inclinazione per tutto ciò che non è convenzionale, che è esotico e unico, che sia, infatti, un quadro, un abito, un braccialetto, una collana o un pensiero non importa; tutto ha lo stesso peso e valore!Un capitolo della sua vita, molto importante per questa donna, senza età, è il design. Si crea un nome come

“C’è una triste mancanza di glamour, oggi. E una totale assenza di fantasia.”di Claudia Minna

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arredatrice d’interni, in un primo memento è semplicemente una commessa che arreda i più prestigiosi appartamenti newyorkesi, in un secondo, invece, raggiunge l’apice con la Casa Bianca. Ebbene sì, nove presidenti da Truman a Clinton, confidano ed affidano a lei il compito di arredare il simbolo del potere politico americano; diventa una celebrity in patria, sono gli anni duemila a consacrarla icona fashion, nel 2005 le viene dedicata una mostra al Metropolitan Museum intitolata “Rare Bird- the Irriverent Iris Apfel”, nel 2011 partorisce una collezione di gioielli per l’on line shop yoox.com, e infine da vita anche ad una collezione di cosmetici targati Mac, realizzati ispirandosi ai colori brillanti e vivaci che caratterizzano e rendono unici i suoi look.“ Non sto facendo niente di diverso rispetto a quanto ho fatto negli ultimi settanta anni, eppure ora mi trattano tutti come se avessi inventato la penicillina ”. Ha uno stile particolare nella sua estrosità, la Apfel adora, non solo acquistare vistosi e pesanti gioielli ma anche, creare collane, bracciali, anelli e cinture afro dalla grandezza spropositata e dalla fattura etnica. I suoi gioielli sono solamente delle chicche che impreziosiscono i suoi abiti, composti nella maggior parte da casacche o maglie lunghe fin sopra il ginocchio, pantaloni o gonne, capotti lunghi fino a metà coscia e sciarpe in pelliccia. Il suo guardaroba esplode di colori vivaci, forti e determinati che animano l’occhio, senza stancarlo mai anzi, quasi costringono la curiosità ad essere attenta su ogni minimo, piccolo o grande, particolare che ci sia. Lei stessa risponde, ad accuse o polemiche sul suo modo di agghindarsi, sempre con la stessa frase ovvero “Non mi interessa cosa pensa la gente”; questa è, infatti, senza dubbio ciò che la designer sottolinea come “ignoranza nel campo della moda” e soprattutto quello che la Apfel indica con “ mancanza di glamour” e “assenza di fantasia”. La Apfel è, anche, maestra nel mixare e accostare capi di haute couture a capi acquistati nei mercatini delle pulci, è più propensa nell’avere borse grandi perché lei stessa afferma “Ho degli occhiali così grandi che non ci stanno nelle borse piccole”; ha disegnato la sua prima linea di borse stravaganti ed eclettiche, proprio come la sua personalità. Sono lussuose, scenografiche e allo stesso tempo divertenti, sono realizzate in mongolia con capretto e serpente e tengono banco proprio come lei, che a novantaquattro anni suonati è in cima alle classifiche come una canzone rock inedita. Il tessuto mongolia, a lei molto caro, lo scoprì negli anni ‘70, dove se ne innamorò e non lo abbandonò più. Non ha problemi con l’età, anzi alle domande più sfacciate risponde nel dire, che è contenta e molto felice di non dover più fare la prova costume. “Più è più e meno è noia” Risulta impossibile riassumere tutto quello che di più potente e forte emana ed esprime nella sua arte questa piccola, nelle dimensioni, ma grande nel successo, donna. Non la si può imitare, cambiare o sostituire, ma si può solamente imparare ed apprendere tutto quello che lei ci insegna, nell’ambito della moda, dell’arte, del modo di vivere e soprattutto nell’avere la forza di essere noi stessi, come lei sfoggia nella maniera migliore tutto quello che di bello e prezioso racchiude.

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Pagina accantoCappa by Beatrice BMaglioncino by Just for you Pantalone by Aeronautica MilitareCHIARA D Bowling Bag Cognac by La martinaMEDICI PELLETTERIAOcchiali by Gucci GLI OCCHIALI DI VENEREMix BraccialiGIOIELLERIA GIANCARLI

Mammut a righe by Movie’sPECCATI DI STILEAbito/Maglione ¾ by Ichi Collana by IchiMix Bracciali by MadCappello Happy by BartsMAD MODA ACCESSORITracollina pallettes by Caterina LucchiMEDICI PELLETTERIAOcchiale By Marc by Marc JacobsGLI OCCHIALI DI VENERE

Scarponcino biker’s by Tosca BluPECCATI DI STILEIn questa paginaManicotto gioiello by ContessaPECCATI DI STILEMix Collane/Orecchini matrioskaGIOIELLERIA GIANCARLI

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Da sinistraFelpa tessuto scuba con pietre gioiello, Gonna rasone texture rombi, Pellicciotto tortora by LanacaprinaAPPONI SPACE Cappello Gatto by Urbancode LondonPECCATI DI STILEBracciale e anello perlaGIOIELLERIA GIANCARLI

Pochette media by Love Moschino MEDICI PELLETTERIA Lupetto a righe, gonna pieghe by Twin SetPellicciotto smanicato by JijilQUADRIFOGLIOCappello (colbacco) nero by KontessaMammut silver by Movie’sPECCATI DI STILE

Bracciale GIOIELLERIA GIANCARLIBorsa a mano effetto trapuntato by Love MoschinoMEDICI PELLETTERIA

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DA SAN PIETROBURGO AD ISTANBUL

FasHion

di Claudia Palombi

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Qui e ora potrebbe sembrare l’imperativo che lancia la moda. Moda che viaggia nei vari continenti “rubando” suggestioni e modelli di tradizioni diverse. Non si tratta di una mancanza d’ispirazione ma piuttosto una curiosità che diventa stimolo e spinge la moda a dimostrare che è possibile un’unità, che l’uguaglianza tra popoli geograficamente lontani, ma in linea di principio uguali è un fatto. Nell’immaginario

di ciascun designer non è determinante aver conosciuto per esperienza diretta luoghi o persone, perché nella propria immaginazione tutto sembra reale. Fa parte della creatività andare oltre i confini, anche geografici. Per questo i rimandi a paesi o popoli lontani sono delle costanti nella moda. In un abito c’è tutto un viaggio, nelle sue pieghe un altro mondo, ovvero una rete d’itinerari paralleli, incrociati ed anche improbabili, perché a volte i viaggi sono immaginari e le culture sono percorse solo attraverso libri e film. La moda ama visitare terre e società lontane e, a modo di souvenir, impossessarsi con libertà e fantasia di certi loro capi d’abbigliamento. Non si tratta di una passione nuovissima, nata dalla globalizzazione elettronica, anche se la sua istantaneità ci permette di vidimare tutti i guardaroba del pianeta in un batter d’occhio. L’Occidente è fortemente influenzato dalla Russia, per la sua moda, poesia e romanticismo. Una rievocazione di luoghi lontani, tessuti e capi che ci trasportano nelle fredde regioni moscovite. Terre e tradizioni che si mescolano, reinterpretate dai designer, per creare uno stile, un mood, un’ispirazione. “Quando incontri un uomo, lo giudichi dai vestiti; quando te ne separi, lo giudichi dal cuore”, sono i russi a sostenerlo. Rosso, giallo, arancione, verde, turchese; tinte forti abbellite da ricami floreali, decorazioni geometriche e perline colorate. Copricapi a forma di sella, cilindro,

semiluna, decorati con cuciture d’oro, pon pon, fili di perle e strisce di seta impreziosite da penne di pavone. Piume d’oca usate come orecchini e ambra lavorata per farne collane. Tiglio intrecciato e pelle cucita a formare calzature. Un trionfo di colori e grande creatività. Questa era la moda russa di 200 anni fa. L’abbigliamento è un forte segnalatore delle complesse vicende storiche russe. In particolare, quello popolare assume un forte significato simbolico nazionale, diversificandosi in relazione all’età, ai ceti sociali e persino ai valori che chi li indossa ritiene essenziali. Si tratta di abiti ricchi di modelli, caratterizzati dalla vivacità dei colori e la varietà dei motivi decorativi, corredato da copricapi e ornamenti di ogni sorta. Dagli abiti trapelano la fatica del lavoro, la creatività di chi li ha creati, le emozioni delle feste, ma soprattutto l’esigenza di appartenenza, di un orizzonte condiviso. L’abito è il paradigma della ricchezza culturale di un popolo che vuole esprimere l’appartenenza a un`etnia, a un determinato gruppo sociale e a una specifica fascia d’età. Gli elementi essenziali dell’abito tradizionale russo risalgono all’alto medioevo, epoca in

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cui compaiono i primi modelli di camicie, calzoni da uomo, abiti poggiati sui fianchi da donna, copricapi e calzature. Il copricapo era delle più svariate forme e costituito da una rigida struttura di base fatta con tela trapuntata rinforzata con corteccia di legno. Questa struttura poteva essere a forma di corna, di zoccolo di cavallo, di pala e di sella. Ricoperta con tessuto ricamato di tela, seta o velluto, questa costituiva il vero e proprio copricapo. La parte frontale e posteriore era decorata con dei lustrini. Spesso una striscia di stoffa con galloni, cuciture d’oro, perle e perline, era poggiata sulla fronte e, in prossimità delle tempie, lasciava cadere nappe di perline. In alcuni casi, all’altezza delle orecchie erano fissati pon-pon di lana o piume d’oca. Un telo di cotone, in seguito sostituito da uno scialle, veniva poggiato o legato intorno al copricapo. Il berretto invernale russo per eccellenza è il colbacco, infatti, chiunque lo senti nominare non può pensare che alla

Russia e all’arma rossa. Di fatto questo copricapo ne è un simbolo al punto che i russi lo hanno sempre considerato come un elemento identificativo della loro nazionalità. Il colbacco segna anche il costume di altre popolazioni come armeni, turchi e afghani. In Turchia, il copricapo riceve l’influsso dell’Islam fino a divenire un semplice turbante che il suo volume aumenta secondo lo stato sociale dell’individuo. Istanbul, l’antica Costantinopoli, la città che unisce Oriente e Occidente, fondendo passato e futuro, ha conosciuto negli ultimi anni una rapida crescita nell’arte e nell’architettura, nella moda e nel design. E tanto ha fatto che il mondo comincia a guardarla con gran curiosità. Il boom creativo è stato una fonte d’ispirazione per molti designer che si rifanno al costume tradizionale femminile. La Turchia è famosa per i suoi scialli e fazzoletti femminili da portare sul capo: sono molto colorati e i bordi vengono ornati con il merletto. I soggetti richiamano la natura, sono di piccole dimensioni e molto colorati, la ricercatezza nel particolare è minuziosa e di buon gusto. Un capo simbolo della contaminazione tra culture e di come un capo possa essere privato della sua storia e cultura è il pantalone alla turca. Interessante è il suo utilizzo alla fine dell’Ottocento, dal popolo arabo viene utilizzato in Occidente come simbolo di emancipazione. Le donne europee cominciavano a rivendicare il proprio ruolo sociale, il diritto al voto, il desiderio di realizzarsi anche nel lavoro, non solo in famiglia. Durante quegli anni, sembrava che le lunghe gonne delle donne vittoriane non fossero molto pratiche, nacquero dunque i primi pantaloni per signora, che si ispiravano all’abbigliamento tipico delle donne turche. Furono chiamati Bloomers, dal nome dell’attivista e scrittrice Amelia Bloomer. Nel 1851, la signora Bloomer, decise di adottare un abbigliamento più pratico e cominciò ad indossare corti gonnellini con pantaloni alla turca. Tale scelta non suscitò grande entusiasmo: i pantaloni, abbigliamento e simbolo maschile per eccellenza, non erano ancora pronti per fare il loro ingresso nel guardaroba femminile. Nonostante i pantaloni riuscissero ad evitare anche spiacevoli incidenti in semplici attività, come quella di salire in carrozza, furono presto eliminati e Amelia Bloomer tornò alla moda tipica dell’epoca. Qualche anno dopo, nel 1881, l’idea fu ripresa dalla Viscontessa Harberton che fondò in Inghilterra la Rational Dress Society, un movimento che interveniva sull’abito femminile in nome della salute della donna e dell’igiene, proponendo l’uso di pantaloni alla turca o di gonne-pantalone. Un secondo tentativo di rilancio dei pantaloni fu fatto poi nel 1909 dallo stilista Paul Poiret con gli Harem Pants, da indossare sotto una lunga tunica: il nuovo nome non aiutò la rinascita di questo capo. Durante la fine del diciannovesimo secolo, i bloomers divennero calzoncini atletici: larghi pantaloni un po’ al di sotto del ginocchio, indossati durante l’attività sportiva. Erano spesso accompagnati da calze e, dal 1930, i bloomers entrarono gradualmente nel guardaroba femminile tanto che nel 1980, in alcune scuole di New York e Sydney, si introdussero i calzoncini addirittura nelle uniformi scolastiche. Lo spiccato multiculturalismo è, quindi, uno dei tratti salienti della moda. Lo è in ogni senso: per la varietà di voci e la globalità della provenienza geografica dei creatori; per la proposta di una estetica fatta di metissage, incroci ed ibridi. Le uniche diversità sono: gli stili, i colori, le linee, i tessuti, per il resto è un luogo multiculturale, multirazziale, multietnico. Un motivo in più per amare la moda, uno spazio al di sopra di tutto, dove “il diverso” non esiste ma è inteso come fonte d’ispirazione.

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BROCCATITessuti di Alice Pelati

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“Oro e argento su tessuti rigorosamente ricamati per la stagioneinvernale 2016.”

U n tessuto ricco e romantico per l’autunno-inverno 2016. Il broccato fa il suo trionfo in passerella e nelle vetrine di boutique e negozi. E’ un tessuto importante, con elaborati disegni colorati, ottenuti a trame discontinue, che non attraversano

il tessuto in tutta la sua ampiezza. Viene realizzato su telai appositamente predisposti. Nato nel XVI secolo, era un tessuto destinato ai nobili, diventando un po’ più democratico a partire dal XIX secolo. Con origini molto antiche si diffuse, grazie alla sua complessità nella lavorazione, tra nobiltà e clero, e oggi è spesso utilizzato nell’arredamento e nell’abbigliamento. A partire dal XIX secolo viene generalmente tessuto con un telaio Jacquard, precedentemente si impiegava il telaio a tiro. Le trame supplementari si chiamano trame broccate e concorrono a costruire il disegno che si stacca dal fondo di un altro colore. Esse, sul rovescio possono essere fissate al fondo o rimanere libere a formare delle briglie, e quindi non compaiono sul diritto, perché non occorrono per il disegno. Il materiale di cui è fatto, tradizionalmente è la seta, di titolo finissimo con l’aggiunta di trame metalliche preziose in oro e argento. Ma la tecnica si applica anche ad ogni altro tipo di fibra. Un tessuto ricco, elegante e raffinato che è sempre stato utilizzando con grande attenzione da moltissimi stilisti. Miuccia Prada, ad esempio, ha dedicato gran parte delle sue collezioni ad un’attenta lavorazione di tessuti broccati dalle svariate tonalità di colori, inserendolo non solo sui capi ma anche sugli accessori.Anche Dolce&Gabbana non rinuncia a questo tessuto ricco, ricreando giacche, reggiseni e pantaloncini culotte sui toni del rosso e del nero per un richiamo al mondo spagnolo dei costumi tradizionali dei toreri, ma non solo, perché viene anche proposto sui toni dei bianco e rosso con lunghi abiti. I broccati vengono poi riportati anche sugli accessori con borsette clutch e ballerine nelle stesse fantasie degli abiti. Uno stile più bohémien da Dries Van Noten che utilizza una stampa broccata su pantaloni, camicie di seta e leggeri cappotti che riportano a un mondo boho-chic. Look che non risentono affatto della pesantezza di questo materiale, dal momento che morbidamente

accompagnano abiti leggeri, ma anche cappottini, giacche, che si fanno più light grazie all’accostamento con tonalità neutre del guardaroba femminili o materiali effimeri, in grado di rendere il risultato finale estremamente pulito e sottile.Altro importante protagonista è il Paisley che torna a far parlare di sé. Il celebre tessuto con fantasia a goccia, che viene da terre lontane come la Persia e l’India, conquista le grandi maison di moda: da Etro che del Paisley ne ha fatto il suo marchio di fabbrica a Valentino, da Antonio Marras a Kenzo. Quando si parla di Paisley in realtà si fa riferimento alla meglio nota stampa con disegno cachemire. Il nome Paisley viene invece da una città della Scozia, che ha fatto della produzione di questo tessuto la fonte principale del suo guadagno. E’ così che la cultura indiana e quella persiana hanno incontrato il gusto anglosassone di epoca vittoriana dando origine ad un motivo etnico nuovo, nato dal giusto mix di elementi esotici e rigore classico versione british style.

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NATALELOWCOSTCONSIGLI PER GLI ACQUISTI

Elegante, raffinata, dettagliata, ricercata: ecco la moda per il Natale 2016. Le feste sono ormai vicine e non è un caso che il proverbio in proposito reciti che

“Natale con i tuoi”. Più di complean- ni, festività varie e vacanze estive, sono questi i giorni che più di tutti si passano in famiglia o con gli ami-ci più cari. Non si tratta quindi soltan- to di andare a party esclusivi ma di passare intere gior- nate impegnate in lunghi pranzi più o meno formali, o di pomeriggi spesi tra cocktail e visite, tè e lunghe chiacchierate. Quindi, anche se certe occasioni possono apparire meno glamour sono altrettanto importanti e come tali vanno affrontate e studiate le mise da indossare. Il look, anche in queste occasioni, vuole la sua parte. Scegliere quello giusto e più diventare è complicato e dispendioso se non ci si muove con un po’ di anticipo. In questa sezione troverai una serie di consigli per non passare inosservata, una serie di proposte low cost da non perdere assolutamente. Inoltre il countdown per scartare i regali sotto l’albero ormai corre inesorabile ed ecco sugge-rimenti per avere delle idee regalo per non perdere tempo dato che il Natale è dietro l’angolo. Sei in cerca di qualche idea regalo speciale per Natale, qualcosa di origina-le, che non avresti mai pensato di regalare Chic Style sarà la tua salvezza!

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Un’esplosione di coloredi Claudia Palombi

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di Claudia Palombi

Quasi cent’anni fa debuttava a Parigi “La sagra della Primavera”. La mise en scène, audace e d’avanguardia, fu affidata al geniale impresario dei Ballets Russes Sergej Diaghilev. La figura di Sergej Diaghilev fu fondamentale per il passaggio del

balletto romantico nel territorio moderno grazie ad una compagnia di danza che fondò nel 1909, i Ballets Russes, dove la tecnica ed il virtuosismo di talenti moscoviti e sanpietroburghesi (Anna Pavlova, Vaslav Nijinski) si sposavano con lo sperimentalismo delle neo-avanguardie. Ai tutù vaporosi che piroettavano al ritmo di melodie classiche, preferì stridori e dissonanze, sarabande di movimenti provocatori, tunichette asimmetriche e pantaloni all’odalisca. Pirotecnici e sfavillanti, i costumi dei Ballets russes rappresentano ancora oggi un esempio meraviglioso di creatività, capace di dar vita ad un perfetto equilibrio tra forma e colore, influenzando sensibilmente moda, costume e tendenze del primo Novecento. ll genio creativo più grande all’interno dei Balletti Russi fu Leon Bakst che con i suoi costumi riuscì a conferire quella tensione orientaleggiante. I suoi disegni seguivano le linee naturali del corpo, liberandolo dagli orpelli inutili che ne impedivano il movimento, egli cercava di caratterizzare il personaggio e il suo stato d’animo grazie ad accostamenti di colori particolari dalle tonalità accese che insieme agli accessori, creavano un ritmo visivo che si trasformava ed

evolveva con la storia narrata. Balletti come Cléopâtre (1909) e Scheherazade (1910) fecero sognare le donne con turbanti, caftani, piume e perle, mentre L’Après-midi d’un Faune (1912) e Narcisse (1924), portavano reminiscenze del mondo antico insieme alla voglia di tuniche, veli e drappeggi. L’influenza fu così ampia non solo grazie alle loro tournée, che arrivarono persino nel Sud America, ma soprattutto attraverso le riviste che stavano facendo il passaggio dalle illustrazioni alla fotografia; riviste come Comoedia Illustre, La Gazette du Bon Ton, L’Illustration, Vogue e Vanity Fair, pubblicavano interi servizi con i disegni originali realizzati dallo stesso Bakst, oppure con fotografie dei ballerini in costumi di scena. Tutto questo fermento suscitò l’interesse di un grande creatore di moda, Paul Poiret che, anche se non lavorò mai direttamente per i Balletti, creò un rapporto di reciproco profitto dove sia lui che i balletti traevano vantaggio da questo stile e dalla voglia di esotismo. Poiret capì che era arrivato il momento della svolta e iniziò a realizzare capi liberi da ogni

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costrizione, proprio come Bakst, creando così una rivoluzione nell’abbigliamento femminile e aprendo la strada ad una nuova epoca: i corsetti e le crinoline insieme ai suoi colori sbiaditi, furono sostituiti da forme più leggere, comode, piene di colore e di geometrie cariche da tutta le influenze delle avanguardie artistiche. Poiret, concepì tutto uno stile di vita, dall’abbigliamento al profumo, dall’arredamento, alla carta da parati; conducendo per primo uno stile di vita secondo questa nuova estetica. Fu il primo, insieme alla moglie Denis musa ispiratrice e modella, ad intrattenere i loro amici con feste leggendarie (i primi fashion party della storia) nella loro residenza parigina, dove tutti gli invitati erano obbligati a presentarsi vestiti in costumi esotici, pena l’ingresso (dress code); l’eccentricità si rifletteva nell’atmosfera piena di orientalismo, morbidi cuscini al posto delle sedie, cibo speziato, strani liquori; il tutto per presentare le sue nuove collezioni, come quella realizzata nel 1911, intitolata “La 1002 notte”, nella quale fece conoscere ai suoi clienti i pantaloni harem realizzati in chiffon, la jupe-coulotte e i turbanti di foggia orientale. Diversi furono gli artisti e gli stilisti coinvolti nella realizzazione dei costumi per i Balletti Russi e che a loro volta furono inspirazione per altri creatori di moda, è il caso di artisti come: i futuristi Depero (per “la Chant du Rossignol”), e Giorgio de Chirico (per “Le Ball”), il cubista Pablo Picasso (per “Parade”, “Tricorne”e “Pulcinella”), il fauvista Henrri Matisse, Sonia Delaunay (per “Cleopatra”) e perfino Coco Chanel che disegnò i costumi per “Le Train Bleu” nel 1924, dove i ballerini indossavano dei costumi da bagno ed abbigliamento sportivo realizzati in jersey. Nel 1917 l’arte e il teatro si fondono magistralmente. Balla metterà in scena volumi plastici e asimmetrici, creando scenografie e costumi per la partitura musicale di Igor Stravinskij, mentre il coreografo Massine formulerà “Parade”, balletto nato da un’idea di Jean Cocteau e musicato da Satie. Il sipario di Picasso creato appositamente per il balletto, presenta acrobati, musicisti e pagliacci mentre tra i costumi emerge un cavallo dalla chiara stilizzazione cubista. Parade, con il suo spirito innovatore, si districava sinuosamente tra suoni, gesti, grida, rumori, musica, danza, poesia, pittura e multipli decori, in una gioia sensuale e ricca di vitalità. I Ballets Russes diventarono un culto irrinunciabile che affascinò il pubblico fino ad influenzare stilisti del calibro di Yves Saint-Laurent, Jean-Paul Gaultier e Mulberry. Con i Balletti russi, Parigi e il mondo circostante assistettero ad una spirale vorticosa fatta di danza, teatro, musica e moda che ancora oggi non smette di stupire. Bisogna dunque arrivare agli inizi del XX secolo e al genio di Sergej Diaghilev per trovare una manifestazione concreta dei passaggi reciproci tra la moda e la danza scenica che apriranno inevitabilmente la via alle avanguardie storiche

rivoluzionando la storia dell’arte, della fotografia e della moda stessa. I Balletti Russi furono un laboratorio di sperimentazione, il mezzo adatto ad accogliere tutte le nuove tendenze in fatto di musica, arte, danza e moda che a loro volta influenzarono profondamente il loro tempo.

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Il mistero di unACCESSORIO

GIOIELLI DA INDOSSARE, IL PIERCING COME DECORAZIONE CORPOREA

di Alice Pelati

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Piercing o body piercing (dall’inglese to pierce, “perforare”) indica la pratica di forare alcune parti superficiali del corpo allo scopo di introdurre oggetti in me-tallo (talvolta ornati con pietre prezio-se), osso, pietra o altro materiale, come ornamento o pratica rituale. La rinascita

del piercing moderno deve molto a Doug Malloy, Fakir Musafar e Jim Ward. Si deve a loro l’impegno nella diffu-sione della pratica, nella realizzazione della gioielleria per piercing e nella definizione di metodi e tempi di guarigione per ogni singolo piercing. Successivamente, il piercing ha iniziato ad essere praticato dalle sottoculture giovanili: tra i primi ad utilizzare la perforazione di lobi e narici, ci sono stati gli hippy, tra gli anni sessanta e settanta. Negli anni ottanta, la pratica è poi divenuta di uso comune tra punk e goth. Tra la fine degli anni ottanta e gli inizi degli anni novanta, infine, soprattutto nell’area industrial, si sono dif-fusi anche piercing più estremi e intimi. Negli ultimi due decenni il piercing è uscito via via dall’underground per divenire pratica comune anche tra i giovani e tra musicisti, modelle, attori. Sono oggi molto comuni piercing a lobi, sopracciglio, narici, labbro, lingua, ombelico. Ma uno tra i più in voga è sicuramente il septum. Come piercing, quel-lo al setto, è tra i più antichi. Ultimamente, poi, sfoggiare un gioiello al naso è estremamente cool. Merito di Given-chy, che ne ha riempito i nasi delle modelle sulla passerella dell’Autunno-Inverno 2015/16, e di un manipolo di star. Il piercing al setto è passato da essere un vezzo da ribelli a diventare il bijoux più alla moda del momento. Complici celebrità come Rihanna, FKA Twigs e molte altre. Certo, non tutte si sono fatte davvero bucare il setto, tra i piercing più carini in circolazione molti sono finti, si appoggiano solamente e non è necessario avere il buco. Ce ne sono di deliziosi, e anche di preziosissimi, di oro e diamanti, vedi quelli di Ileana Makri, Meadowlark o Delfina Delettrez.

Low cost, li abbiamo trovati invece sugli scaffali virtuali di Claire’s, Amazon e Jewel Cult. Su Instagram, poi, la sep-tum mania conta quasi tre milioni di post e profili vip come quelli di Lady Gaga e perfino Madonna. Jessica Biel, poi, il finto piercing al setto lo indossò su un red carpet, al Met Gala del 2013, il cui tema era per l’appunto il Punk. Tra gli altri gioielli di tendenza troviamo il cosiddetto earcuff, ovvero il mono-orecchino, è in metallo lavorato e arric-chito da applicazioni più o meno preziose. Assume forme geometriche tempestate di cristalli, si copre di punte d’i-spirazione punk, ha le fattezze di animali esotici o fantasti-ci oppure si diverte con gli effetti trompe l’oeil all’insegna del multi-piercing. E poi è oversize e non si accontenta di essere appeso all’orecchio ma lo abbraccia tutto. Insomma, non c’è limite alla fantasia per questo must dei bijoux.

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Esiste una Sardegna fatta di Rosso e Nero e di pochi altri intensi colori e tratti d’artista che si sposano per dare sfondo e vita a personaggi capaci di raccontare la storia di un’Isola che non c’è, ma che vale ancora la pena di sognare. È il mondo fantastico dei Moros nati da poco più di due anni a Macomer, ma già capaci di rappresentare in maniera chiara e riconoscibile il complesso talento immaginifico dell’eclettica artista che li ha creati. Che

si presenti su piccole tele o grandi formati, su formelle di vetro o su pannelli di legno il racconto dei Moros si nutre della nostalgia di un passato sentito come preferibile alle brutture della nostra contemporaneità e della forza dell’utopia che quella contemporaneità vorrebbe cambiarla. Cosa siano i Moros e cosa intendano rappresentare, Gina Tondo lo spiega così: «Sono un popolo dal grande cuore. Hanno disegnato, attraverso la mia mano, la tela bianca con le loro facce buffe, con i loro occhi accattivanti e le loro grandi mani; hanno colorato la tela con il nero ed il rosso, colori forti, contrastanti, che meglio rappresentano la loro indole di popolo sardo e quella della loro terra». Gli antichi mestieri o le professioni, i balli della tradizione o i costumi delle feste antiche sono alcuni dei soggetti che li accompagnano in un contorno ideale che vorrebbe nutrirsi solo di grazia, lontano dalla violenza e dalle miserie del presente.Nel loro percorso di crescita creativa i Moros hanno recentemente trovato anche la parola grazie alla collaborazione della loro creatrice con la poetessa macomerese Salavatora Miscali i cui versi accompagnano sotto forma di didascalia in rima le descrizioni dei singoli personaggi, della loro indole o delle situazioni che vivono e descrivono. L’arguzia del dialetto e la sua espressività aggiungono contenuto alla narrazione per immagini.

L’ISOLA CHE NON C’È, NEI 7 MOROS DELL’ARTISTAGINA TONDO

Il mondo dell’arte con i suoi colori, le sue forme, la sua luce, ha sempre fatto parte della mia vita.Sin da bambina ne ho respirato la bellezza e le sensazioni positive. Il mio primo amore è stata la pittura su vetro, che attraverso l’uso del colore mi ha sempre restituito forti emozioni, dalla realizzazione di grandi vetrate, alle più piccole miniature, con rappresentazioni dei soggetti più vari.Spinta da diversi amici, ho iniziato anche la sperimentazione su tela, attraverso la creazione dei personaggi che hanno dato vita al popolo dei Moros.

di Chiara Lucia GuarinoOmines : Zommaria

Fèminas : Annica

Artes: AnninaArtes : Ricamadora D’oliana Zènte : Pistizoneris

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TERRELONTANE

di Alice Pelati

LInverno è alle porte e, come ad ogni stagione, il make up si trasforma, subendo cambiamenti riguardo a trend e nuances. Quali saranno i colori di tendenza del prossimo inverno? Prepariamoci a dipingere gli occhi con sfumature intense e calde, con

ombretti, matite oppure eyeliner. In questo freddo spigoloso scaldiamoci con tonalità che sembrano rubare al deserto tutta la magia delle sue texture polverose e dei suoi colori. La palette, dall’ambra al terracotta, si illumina di bagliori iridescenti, come un tramonto nel Sahara. Intanto, focalizziamoci su una palette di nuance più classiche.

I TREND E LE NUANCE PER IL MAKE-UP DELL’INVERNO A

VENIRE, ACCOMPAGNATI DA MANI TOTALMENTE DIPINTE E COLORATE.

Beauty

’Marrone e bronzo, una coppia evergreen: parliamo delle tonalità, che non passano mai di moda, come beige e marrone, dei loro derivati e delle numerose sfumature che si possono ottenere mescolandoli. Giochi di ombre: dalle passerelle e dai red carpet dove le star possono osare, prendiamo spunti e consigli per questo tipo di make-up, scoprendo, ad esempio, che il marrone valorizza meglio chi ha i capelli biondi, e che usare il colore beige serve ad alzare lo sguardo. I riflessi delle dune: per chi, invece, vuole colpire con un trucco più originale e vistoso esistono palette più intense e colorate. Gli ombretti esaltano lo sguardo regalando tutto il mistero degli abitanti del deserto, con colori modulabili dal beige al marrone bruciato. I profumi

di Alice Pelati

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emanano aromi speziati, caldi e avvolgenti proprio come la brezza che accarezza le dune. Il risultato? Un trucco sofisticato, perfetto per ogni occasione. Avvicinandoci sempre di più ai colori delle terre lontane, scopriamo che le tendenze tribali hanno conquistato anche il nostro paese occidentale. Non è un caso, che, come avrete già potuto notare, si stiano diffondendo sempre di più i tatuaggi all’hennè. Ma vediamo nel dettaglio di cosa si tratta. Con il suo nome di origine, Mehndi, termine indiano, si indica un tatuaggio temporaneo eseguito con henné naturale rosso (dalla pianta Lawsonia inermis), dipinto su mani e piedi. Usato in Oriente e nell’Africa Mediterranea per decorare mani e piedi durante il rito nuziale, benaugurante e di protezione. Inizialmente riservata a re e sacerdoti del mondo antico, raggiunse molti popoli in età romana, per poi essere condannata dalla chiesa cattolica come pratica pagana se non addirittura considerata demoniaca. L’henné, infatti, presenta proprietà terapeutiche lenitive e antinfiammatorie conosciute fin dai primi secoli, oltre a dare la caratteristica colorazione bruna che tutti conoscono. L’henné non è permanente ed ha una durata variabile da due settimane ad un mese, non è affatto doloroso e lascia sulla pelle un piacevole aroma che si attenua nei primi giorni. Per

la preparazione dell’impasto occorre disporre di foglie di Henné ben essiccate e macinate molto finemente (si possono acquistare in erboristeria già pronte, in polvere e di ottima qualità). La miscela è formata da polvere di henné, impastata con acqua tiepida e un cucchiaio di succo di limone usato per fissare e aumentare la durata della colorazione, accompagnato, a discrezione dell’artista, anche da tè, caffè o oli essenziali. Il composto così ottenuto deve essere pastoso, né troppo liquido, né troppo asciutto perché sarebbe impossibile applicarlo. Per l’applicazione e per ottenere un disegno fine, impiegando metodi igienicamente idonei, si utilizza una siringa apposita con beccuccio fine in plastica. Al termine dell’esecuzione del disegno, una volta essiccato sulla pelle, viene cosparso di una miscela di zucchero e limone e bendato per generare calore, fissare il colore e nutrire la pelle al tempo stesso. Spesso le mani e/o piedi vengono tenuti vicini al fuoco per dare un intenso colore rosso al disegno. Per evitare di disperdere macchie e macchiarsi, è meglio disporre un canovaccio in tessuto sotto la zona da trattare e utilizzare dei guanti. Le macchie possono essere rimosse con un energico candeggiante.

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IL PROFUMO SENZA ETÀ

di Stefany Barberis

Con queste parole, nel 1921, la celebre stilista francese Coco Chanel, si rivolge al profumiere Ernest Beaux (profumiere dello zar esule in Francia). Il carattere avanguardistico e ribelle della stilista, la voglia di innovazione e l’audacia hanno caratterizzato da sempre la maison Chanel. Ed è per questo che Coco volle rivoluzionare ancora una volta le essenze, creando un mito: Chanel N°5. Ottanta sono gli ingredienti contenuti in questo porfumo. Tra quelli che più lo contraddistinguono, vi è la rosa di maggio, colta a mano nelle ore del mattino per circa venti giorni, per essere poi trattata a un’ora dalla raccolta. Al centro dell’attenzione vi è soprattutto la tonalità ambra del profumo e un’etichetta minimal

black&white. Molte sono le leggende che si rincorrono sulla storia di questo prodotto. Prima tra tutte quella che ruota attorno al nome, così particolare ed unico: un numero. Secondo alcuni, la stilista lo scelse dopo averne testati 24 scegliendo la quinta

«Non voglio nessun olezzo di rose o mughetto, voglio un profumo elaborato.» Coco Chanel

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«Cosa indosso a letto? Chanel N 5,ovviamente» Merylyn Monroe (1952)

«Lancio la mia collezione il 5 maggio, il quinto mese dell’anno, lascerò che questo numero gli porti fortuna.»boccetta proposta dal chimico profumiere; secondo altri era considerato il numero preferito. «Lancio la mia collezione il 5 maggio, il quinto mese dell’anno, lascerò che questo numero gli porti fortuna.»A farne la storia però è senza dubbio il suo aroma delicato, deciso e intenso, un po’ come lo era la grandiosa stilista. Passano gli anni e le stelle del cinema Hollywoodiano come ad esempio la diva Marilyn Monroe ne parlano, portandolo al vertice del successo fino a diventare il profumo più venduto dalla storia.Durante un’intervista la celebre diva rivelò appunto che andava a dormire avvolta unicamente da due gocce di Chanel N°5, ed inseguito alla frase divenne immediatamente un simbolo di estrema sensualità. «Cosa indosso a letto? Chanel N°. 5, ovviamente» Merylyn Monroe (1952). Negli anni 80 l’icona della Pop Art Andy Warhol decise di immortalare la boccetta in una famosa serigrafia dal titolo “ADS: CHANEL”, esposta successivamente anche al Moma di New York. Pubblicizzato in mille modi, ancora oggi a più di Novant’anni dalla nascita, con le grandi icone del cinema da Catherine Deneuve fino a Nicole Kidman e Audrey Tatou, che interpretò al cinema Coco Chanel. Ultima novità, apparsa già l’anno scorso fu l’aver scelto per la prima volta Brad Pitt per la campagna pubblicitaria del profumo più ambito del mondo. Recenti le ultime indiscrezioni pubblicate nella biografia scritta da H. Vaughan “Al letto con il nemico - la guerra segreta di Coco Chanel” che porterebbe alla luce il presunto sentimento tra la stilista ed i generali nazisti, dei quali Coco si sarebbe “servita” per allontanare i fratelli Wertheimer dalla società proprietaria di Chanel N°5, per ottenerne il completo controllo. Se l’haute couture è la massima espressione della moda, i profumi couture sono il massimo dell’esperienza odorosa racchiudendo materie purissime. Questo è soprattutto Chanel N°5, l’unico profumo che è diventato un mito.

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Cosa ti ha portato alla scelta di un percorso artistico?

La passione per l’arte è frutto del contesto in cui sono cresciuto, mio padre è architetto e mia madre è insegnante di educazione artistica. Si tratta di una passione che poi ha trovato luogo, si è rafforzata, nella scuola, Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti per un determinato periodo.

Da cosa è nata l’unione di due metodi di operare a primo impatto differenti tra loro, come la scultura e la Mediart.

Noi abbiamo la percezione che siano diverse e che appartengano ad epoche differenti, ma in realtà quand’è che vivono? Quando vedi la Pietà di Michelangelo? Oggi! Quindi è contemporaneo, il tuo rapporto con lei è in questo momento. È più “antica”, ha una storia consolidata, ma non vuol dire che appartenga al passato. Ho sempre desiderato utilizzare determinati materiale, soprattutto quelli lavorati dai grandi maestri della tradizione, di cui sono innamorato. Molto spesso però marmo o il bronzo vengono considerati in “contrasto estetico” con quanto è presente all’interno di una Galleria, poiché generalmente si tratta di opere soft, morbide. Io ho voluto cimentarmi con il marmo, materiale che amo profondamente, declinandolo però in un linguaggio contemporaneo : video, istallazioni, musica.

Parlaci della scultura su Papa Benedetto XVI

Il lavoro inizia nel 2009 ed è ancora in fase di elaborazione. Per una serie di vicissitudini l’opera non è stata consegnata, ma esposta alla Reggia di Caserta ed alla 54° Biennale d’Arte di Venezia, per il Padiglione Italia. Dopo otto mesi di realizzazione, oggi, ho deciso di plasmarla ulteriormente : Questo lavoro continuo ha generato un legame profondo all’opera, una sorta di cordone ombelicale. La creazione continua nel rapporto artista opera, ha rappresentato indubbiamente l’aspetto più interessante. Intervenire sull’opera è intervenire su me stesso, sul mio attaccamento materiale. Quando il Papa si è “spogliato”, ho deciso di spogliarlo per parlare del corpo, dell’uomo dietro

il personaggio. Così lo interpreto, togliendo quella superficie così lucida che avevo realizzato in un momento in cui mi sembrava giusto, oggi mi interessa il “dietro le quinte”, quello che c’è sotto. Il marmo restituisce bene queste sensazioni. Si tratta di un intervento che documento tramite dei video che faranno parte dell’installazione finale. Al centro sarà una scultura centrale ed attorno installazioni che permetteranno di entrare nell’opera e nel processo di decostruzione della stessa.

Incorniciando le tue opere poni lo spettatore all’interno di una dinamica di rinascita, da dove nasce questa volontà?

Tutte le opere nascono con il susseguirsi dell’altra, ognuna genera quelle suggestioni fondamentali che mi permettono di proseguire. La pietra naturale nasce dai luoghi che ho frequentato delle Alpi Apuane, della Toscana e delle cave dove ho scoperto il fiume e cosa succede al marmo. Prima avevo bisogno del marmo come oggetto della scultura, ma, raccogliendo le pietre nel fiume ho conosciuto la storia dietro un sasso, che non è lì per caso. Tutte le cose hanno una storia, ogni materiale ha una poetica di cui non si può non tenere conto. Quando vedo un sasso vedo la storia, che diventa protagonista molto più del mio intervento volto solo ad evidenziare la pietra. Il sasso si trova nel fiume, nel letto del fiume, alveo che vuol dire contenitore, in qualche modo ventre materno, ecco il perché dei feti. Le pietre che utilizzo sono degli scarti che anche il fiume ha decontestualizzato, dando loro nuova dignità naturale. Il primo oggetto di scultura è quello del fiume che ha levigato queste pietre e gli ha dato una nuova identità. Per me è un onore andare lì e cercare quel sasso, facendone un oggetto di scultura attraverso un processo non indirizzato ad elevare me stesso, ma a sottolineare la bellezza in quanto tale, generata dalla natura, dal sasso. La mia soddisfazione è nel mio rapporto nel fare l’opera, nel diventare Uno con l’opera, non sentirmi separato dalle cose, non essere solo uno spettatore della realtà ma farne parte. L’arte in questo senso e la scultura rappresentano un’opportunità per divenire in maniera pragmatica parte delle cose.

L’ESSENZADI UN SASSOIntervista a Jacopo Cardillo di Claudia Palombi

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Quali sono i tuoi progetti futuri e quanto è stato importante per te e per il tuo lavoro il Premio Catel di scultura 2015

Andrò a Cosenza per “The Bocs art” 2015, un’iniziativa di arte e condivisione con altri artisti, un modo per continuare a mettersi in gioco. Questa è una prima cosa, ovviamente andrò avanti con il lavoro, non è solo fare l’arte, ma vivere d’arte, tentare di dargli una funzione. Siamo compenetrati da queste vibrazioni di bellezza, di arte, che devono divenere senso nella vita di tutti i giorni.

Il premio Catel è un’esperienza recente. Invitato dall’Accademia a partecipare a questa biennale di scultura con il tema “L’essenza della forma” ho pensato di presentare un lavoro che si chiama container. Sono dei sassi di fiume che ho modificato nella superficie, aperti e svuotati all’interno. Si tratta di un lavoro per me fondamentale in quanto interattivo, nella misura in cui l’osservatore è spinto ad una riflessione sulla conoscenza che ha di un determinato materiale ed oggetto. Vedendolo aperto, riconosce che non è possibile quella situazione, però allo stesso tempo è portato a riflettere dalla relazione con il sasso in quanto oggetto vero; l’osservatore diviene così parte del processo creativo.

Aprendo un quadrino su di una superficie si dà un suggerimento del possibile contenuto, è come una porta aperta sull’astrazione: l’osservatore stesso crea, ognuno può essere il protagonista perché ognuno immagina a modo suo. Ritornando al lavoro dei container questo era un lavoro essenziale, calzante con il tema della mostra, in quanto cosa c’è di più essenziale di un sasso di fiume che io tento di evidenziare nella sua bellezza naturale con un gesto? Un gesto, un piccolo intervento che però è rilevante e rivoluzionario nella misura in cui l’osservatore è destabilizzato nella percezione dell’oggetto. La parte esterna del sasso mi interessa particolarmente, si chiama “pelle” e come la nostra pelle è soggetta al cambiamento. Inoltre, come noi sotto pelle, il marmo ha le vene, e da lì possono svilupparsi ulteriori riflessioni. La pietra naturale è sempre la protagonista. In linea con questo credo artistico svilupperò nuovi lavori partendo dal pensiero del contenitore-sasso, seppur connesso maggiormente al corpo dell’uomo, al muscolo ed alla carne. Fondamentale è la mia alimentazione, io non mangio carne, uova, pesce; questo è in relazione con il mio lavoro, mi interessa come argomento la mia carne. Di recente ho sviluppato opere fotografiche in cui utilizzo il mio corpo come oggetto della scultura, in riferimento anche a dei termini come corpo statuario, corpo scolpito. Il mio corpo con i suoi desideri, con le sue intenzioni ed in particolare come questo si coniughi con il marmo. L’oggetto vuole rispetto, grazie a lui io posso lavorare e con il senso di gratitudine mi approccio ad esso. Il mio lavoro è lo specchio di quello che sono e mi serve per vedere me stesso.

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TRADIZIONI

di Vincenzo Tirittera

Vestirsi di

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Quante volte avete sentito parlare del fascino della divisa? Quante mamme e quante nonne vi avranno raccontato lucide negli occhi di quando si sono sciolte davanti al loro amato vestito d’ordinanza? Sicuramente siamo

in tanti e seppure sembri un’usanza ormai sbiadita, è innegabile che la divisa apporti a chi la indossa una elevata dose di fascino. La divisa nasce come uniforme militare ma nell’immaginario del ventunesimo secolo viene spesso rivisitata e indossata in chiave “civile” a partire dai personaggi del mondo dello spettacolo, in particolar modo i cantanti. Ad esempio Chris Martin, leader dei Coldplay, che nel 2008 incentra l’intero tour e le riprese dei propri video su una sorta di divisa ussara, guadagnandosi tra l’altro la copertina di Rolling Stone dello stesso anno. E’ proprio la divisa degli ussari napoleonici quella che piace di più, ed è effettivamente molto cool, calcolando che è stata disegnata intorno al 1800. Caratterizzata da un taglio corto che da senso di slancio, il colletto alto e chiuso risulta molto elegante mentre i cordoncini intrecciati sul petto (che in origine servivano ad intimorire il nemico in quanto ricreano la forma delle costole) erigono un effetto ad alto impatto visivo. Ma anche capi d’abbigliamento medio-lunghi come il Montgomery devono la propria fama all’ambiente militare. Questo cappotto infatti fu introdotto dalla Royal Navy e dato in dotazione ai propri marinai in quanto il tessuto estremamente pesante e il cappuccio riparavano dal freddo e dal vento. Deve il suo nome al generale britannico Bernard Law Montgomery che era solito indossarlo sopra la divisa, appunto. Sebbene è utilizzato ampiamente anche con un look casual, a tratti sportivo, questo elemento dona a chi lo indossa un’estrema dose di eleganza. Stesso discorso vale per l’intramontabile Trench, o meglio Trench Coat (cappotto da trincea) l’impermeabile utilizzato dall’esercito inglese che con il passare degli anni e la fine dei conflitti ha assunto ben altro valore e sappiamo bene quale.

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SO NIMIS

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stile ed eleganza

Moda e arte, due mondi affascinanti che colpiscono solo l’attenzione di chi è veramente sensibile. Legati indissolubilmente da attori che ne elevano lo status mediante prodotti rivoluzionari. Per capire come la moda e l’arte risultino un connubio perfetto bisogna necessariamente risalire a quel filo invisibile che le tiene unite, così incappiamo necessariamente in nomi e cognomi di altissimo prestigio, prestigio cui noi italiani siamo da sempre abituati. Uno di questi innovatori porta il nome di Ottavio Missoni. Il signor Missoni inizia la sua carriera nel campo della moda quando insieme alla moglie Rosita Jelmini, a metà degli anni ’50, apre un laboratorio tessile a Sumirago in provincia di Varese, in Lombardia. Nel 1958 presentano le loro prime collezioni alla Rinascente di Milano e sin da subito è tangibile un tocco di eleganza sopraffina e uno stile riconoscibile

solo alla maison in questione che adotterà il nome Missoni, appunto. La caratteristica principale delle loro trame trova il suo

di Vincenzo Tirittera

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massimo nel “put –together” ovvero la libera e apparentemente casuale mescolanza di punti e fantasie, legato alla cultura artistica europea, all’arte astratta e informale ma che non manca di qualche devianza anglosassone. Tra i motivi decorativi più famosi c’è lo zig-zag, ossia l’insieme di linee spezzate che formano una serie continua di angoli accostati l’uno a l’altro in direzione prevalentemente, anche se non sempre, orizzontale. Questa tecnica di cucitura viene adottata dalla maison Missoni in diverse varianti di colore, di materiali e di misure e rimane tutt’oggi il proprio segno distintivo, ciò che lo rende riconoscibile dall’America al Giappone.L’anno della consacrazione definitiva è il 1967, un anno un po’ controverso a dire il vero. La maison si trova al Pitti a Firenze e presenta una collezione da donna. Poco prima della sfilata Rosita cambia idea e fa togliere alle ragazze i reggiseni ritenuti non adatti per colore alla collezione, ma i riflettori puntati su di esse lasciavano in vista i seni nudi creando scompiglio e non pochi dissensi da parte dei mass media. La notizia fece il giro del mondo, i giornali gridavano allo scandalo e mentre l’anno dopo Yves Saint Laurent lancia il suo nude look a Parigi, i Missoni non vengono più invitati a Firenze e presentano a Milano. Tuttavia la famiglia resta molto legata alla cittadina fiorentina. Quando in precedenza abbiamo parlato di moda e arte come concomitanti non lo abbiamo fatto a caso e proseguire il discorso inserendovi i segni propri della produzione Missoni era un obbligo. E così, dopo aver citato lo zig-zag, non possiamo non parlare del “patchwork”. Il patchwork è una tecnica che consiste nel ri-utilizzare ritagli avanzati dalla produzione per creare nuovi tessuti. E’ il 1971 e la signora Jelmini crea una collezione après-ski di 8 completi e commissiona ad Ottavio delle composizioni patchwork. La sfilata si rivelerà un successo tanto che il patchwork si estenderà anche all’universo maschile. Ottavio morirà nel 2013 nella stessa città dove tutto ebbe inizio, Sumirago, entrando di diritto nell’olimpo dell’eccellenza italiana nel mondo, fatta di stile, eleganza e innovazione. Testimone diretto del tanto elogiato Made in Italy.

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di Vincenzo Tirittera

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SPICESFragranze uomo inverno 2015/2016

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Nel variopinto universo delle fragranze da uomo è sempre difficile

eleggere il migliore poiché ognuno ha le proprie preferenze. Così anche per la nuova stagione autunno/inverno 2015/2016 c’è chi preferisce una

fragranza forte, chi una dolce; c’è chi ne ama uno in particolare e chi invece ama spaziare tra i vari marchi. Così se non possiamo eleggerne uno come migliore possiamo

quantomeno conoscere le caratteriste di queste new entry. Partiamo allora con uno dei più recenti: Calvin Klein ci presenta Eternity Now, rivisitazione di un classico con i zenzero, anice e

acqua di cocco, patchouli e vaniglia del Madagascar. Note dolci di cocco ma al contempo accese dal cedro. Police con il suo To Be Camouflage in nesca un’esplosione di sapori con aromi di agrumi e un concentrato di

vaniglia, il tutto contornato da legno e vetiver. Tom Ford si riconferma irresistibile, Men Extreme è forte, deciso. Anche Just Cavalli con Gold For Him e Signature Men di Michael Kors seguono la stessa scia.

Kenzo con la fragranza Homme ci fa viaggiare con l’immaginazione e utilizza l’oceano come punto di riferimento. Il blu, colore prevalente adottato per la confezione, sta ad indicare proprio la

libertà e l’assenza di confini. Legni pregiati, pino, cedro e note di fondo di sandalo e labdano ad ovattare sensualmente questo profumo. Legato a Kenzo è opportuno

citare Antonio Marras, che ne è stato direttore artistico. Marras, stilista italiano (sardo per l’esattezza), si è fatto notare alla scorsa Milano

fashion week con una collezione semplice ma al contempo ricercata. Non una comune sfilata ma un viaggio attraverso

profumi e spezie, colori e luci; quasi a ricreare un set cinematografico in onore del regista armeno

Paradzanov.

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Avendo scelto l’esempio di matrimonio a tema con un ricevimento arabo, è importante descrivere dettagliatamente il percorso della sposa.Narra la tradizione araba, che la fortunata il giorno prima dell’unione si deve decorare con il colore rosso

dell’Henna (una polvere rossa vegetale), mani e piedi con disegni e motivi geometrici e floreali; questa polvere ha doti purificatrici e di buon augurio, il tutto accompagnato da canti e danze che durano all’incirca un’intera giornata.Prima della cerimonia i genitori dello sposo si presentano dalla sposa con una processione musicale portando i doni offerti dal figlio; i regali in questa occasione sono in funzione della situazione sociale e cambiano da regione a regione. Solitamente si tratta di simboli emblematici come lo zucchero, che simboleggia la vita felice, il latte, ovvero la purezza, i datteri, l’Henna, le candele e i fiori.

di Claudia Minna

SPOSAARABA

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Per quanto riguarda l’abito ci sono due direttive, se si rimane nostalgici della tradizione, vi è il classico abito di culto arabo, di solito realizzato con stoffe dai colori caldi, e che per questa occasione vengono usate le migliori stoffe pregiate e preziose. La seconda invece, tratta di un abito che ha le stesse fattezze del primo però realizzato con stoffe chiare, soprattutto l’utilizzo del bianco o della scala dei bianchi; qui si tratta di una novità, in circolo solo da qualche anno, e questo è, appunto, molto più facile da poter usare in un matrimonio a tema così da non abbandonare l’abito in bianco. Non può mancare all’appello il burqa (o anche burkha e burka) che è, appunto, un capo d’abbigliamento tradizionale. Il termine individua ben due differenti vestiti: il primo è un velo fermato al capo che copre l’intera testa, permettendo di vedere solo tramite una finestra all’altezza degli occhi; l’altra forma di burqa o meglio chiamato burqa afghano, è un abito solito di colore blu o nero, ma per il matrimonio è spesso realizzato con una stoffa di colore blu, che copre la testa e il corpo.Questo è un capo molto antico, è stato introdotto nel 1900, precisamente in Afghanistan, durante il regno di Habibullah

Kalakani, che lo impose alle duecento donne che lavoravano nel suo regno, così da non essere guardate quando uscivano dalla residenza reale. Diventò così un capo per le donne di un certo ceto sociale, una sorta di status symbol, che durante gli anni Cinquanta andava diffondendosi. In un matrimonio la donna araba porta un burqa che si posa sulla fronte e lascia la faccia e il collo scoperti. I gioielli di una sposa araba spesso sono incorporati nelle stoffe o nel vestito, ad esempio tutti i burqa per il matrimonio hanno ornamenti cuciti che scendono fin sopra la metà delle arcate sopraciliari; sono presenti anche collier composti da strati di pietre che prendono quasi tutto il collo. La vera ricchezza resterà sempre nell’abito, che è confezionato proprio per l’occasione, dove a fine lavoro il vestito pesa talmente tanto da risultare anche scomodo per la donna che lo indossa. L’insieme di cerimonia, doni, cibo e vestito sono un composto di sfarzo e ricchezza talmente alto da non avere un valore quantitativo in denaro; realizzare e creare un matrimonio a tema arabo è davvero una bella impresa, che se uscita bene è una favola per la vista!

IL COLOREDELLA

FORTUNAÈ ROSSO

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MATRIMONIOPERFETTO

Lusso e ricchezza

di Claudia Minna

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L’importanza del matrimonio, un tempo, si basava solo sul fatto dell’unione o meglio, la felicità stava nell’attendere con ansia quel fatidico giorno e la preparazione ad una vita coniugale insieme al proprio partner. Non erano feste in grande, addobbate o piene di bouffe, ma era

importante unirsi in chiesa e poi tornare a casa. La parte meno piacevole era, invece, quella dove i matrimoni erano combinati dalle famiglie degli sposi, ed a questi ultimi rimaneva solo la consolazione di potersi conoscere qualche giorno prima del fidanzamento. Molti anni fa era difficile essere d’accordo, anche, su un matrimonio multiculturale, molte famiglie non lo capivano, era scettiche o meglio ancora ottuse. Oggi una coppia, che decide di sposarsi, formata da due persone che provengono da due background culturali diversi è un fatto molto più frequente. Sappiamo però che l’unione di due individui di religione differente è impossibile ed è per questo che decidere di affrontare il matrimonio, in questo caso, significa soprattutto fare un passo in più verso il partner o la partner; tenendo conto del paese d’origine, i costumi e la religione. Le nozze, quindi, possono proprio essere l’occasione giusta per avvicinarsi ulteriormente e approfondire questa conoscenza. Fu quindi la “scoperta” di queste unioni a dare libero sfogo alla fantasia, e in che modo vi chiederete? Tutti conosciamo i matrimoni a tema, e fino ad ora di fantasia ne abbiamo vista galoppare; i temi in questione potevano essere dai più semplici ai più bislacchi, dai più complicati ai più stravaganti. Si poteva trovare scritto sulla partecipazione un qualcosa da indossare, oppure un particolare che avesse un colore specifico, altrimenti si passava a situazioni più determinanti, scelte ovviamente dagli sposi, che riguardassero temi di film, colori patriottici, giardini incantati o la scelta di una determinata cultura. Già, perché il grande impegno stava nel trasformare ed amalgamare ogni dettaglio, dall’oggetto più piccolo a quello più grande, in un mix perfetto. Ai tempi d’oggi, l’occhio si è stancato nel vedere solite cerimonie con soliti ornamenti, è passato il tempo del colore ‘verde Tiffany’, dei particolari in rosso, dell’accostamento del bianco al nero e dello stile ‘Shabby Chic’ . Parliamo, quindi, di temi d’ispirazione di altro genere, di matrimoni di diverso culto ed etnia; uno dei più particolari ma allo stesso tempo ambigui è proprio il matrimonio arabo. Per particolare, si intende tutta la bellezza e la ricchezza che esso racchiude, per quanto riguarda l’aggettivo ambiguo, invece, specifica tutta la parte meno bella, e spesso disagiata, che questo tipo di unione “nasconde”. Ora, aprendo una piccola parentesi nel come si svolge davvero un matrimonio arabo, possiamo individuare alcuni punti fondamentali, per poi mettere a paragone quali sono, quelli che vengono presi come ispirazione per i temi delle cerimonie. In tutti i paesi del Maghreb, questo rito, nella forma tradizionale, si svolge in un periodo di circa una settimana e assume forme diverse a seconda che

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si svolga in campagna o in città, in una regione o in un’altra. Il luogo dell’unione è differente dal luogo della cerimonia, infatti, la maggior parte delle cerimonie arabe vengono eseguite nella casa dello sposo e raramente viene affittato un altro posto, in tal caso l’importante è che oltre ad un coperto ci sia un grande giardino o esterno da addobbare nella maniera più ricca. Spesso il luogo coperto è ornato da numerose tende e veli in colori caldi, le quali si incrociano ed intrecciano per poi scendere ai lati, quasi come un gazebo dalle dimensioni, però, enormi. Nel momento in cui la sposa fa l’ingresso tutta l’attenzione viene indirizzata ad essa, la quale nessuno, eccetto ovviamente la sua famiglia, la conosce. Il posto di quest’ultima viene collocato in modo che tutti dentro la sala posso osservarla a 365°. Il menù del matrimonio è il cibo tipico di questi paesi, compreso di torta nuziale; si parla di vassoi con sopra intere bestie come l’agnello, il pollo, il manzo e il cammello, prodotti caseari come yogurt e formaggio bianco, erbe e spezie come menta e timo (che mescolate formano il cosiddetto Za’tar), il sesamo, curry in polvere, lo zafferano, la curcuma, l’aglio e il sammacco. Altro piatto fondamentale è il riso e il pane accostati da lenticchie, fave e ceci. Valore importante hanno i datteri, i fichi ed il melograno con noci, mandorle e pistacchi. I fiori tipici sono le gerbere, le rose e fiori dai toni caldi, che vengono messi freschi sulla torta spesso non inferiore ai cinque piani; mentre come ornamento troviamo lanterne di ogni genere dalle classiche a quelle di carta, candele ed incensi; da creare così un’atmosfera ovattata. Per quanto riguarda le sedute, invece, vengono ricoperte fino a terra da strati di tessuti dai colori caldi, di stoffe antiche, velluti preziosi e veli brillanti sempre in tono omogeneo. Si parla di feste grandiose, ricche, sfarzose, più soldi si investono nel matrimonio, più è sinonimo che i genitori ci tengono alla figlia, oppure che lo sposo può permettere alla neo-moglie una vita privilegiata. I matrimoni fatti a tema arabo, racchiudono quasi tutte le caratteristiche e i particolari citati qui sopra, l’unica differenza è che la sposa non viene portata come un trofeo ma, assieme allo sposo, sono al centro della cerimonia. Anche il cibo viene elaborato e fatto secondo delle ricette tradizionali arabe, con un angolo dedicato a tutte le spezie e gli aromi naturali. Che dire, realizzare un matrimonio a tema è un lavoro molto impegnativo ma alla fine ne viene fuori un concentrato di ricchezza ed un ricevimento mozzafiato!

Si parla di feste grandiose, ricche, sfarzose, più soldi si investono nel matrimonio, più è sinonimo che i genitori ci tengono alla figlia, oppure che lo sposo può permettere alla neo-moglie una vita privilegiata.

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VILLA GALASSI

In uno scenario idilliaco sorge Villa Galassi che, dopo una radicale ristrutturazione è in grado di ospitare serate e ricevimenti esclusivi. Qualunque sia la tipologia di evento, si propone come perfetta scenografia per cene di gala e serate di alto livello. Le sale, tra loro comunicanti, si rendono perfette per l’ottima riuscita dell’evento coinvolgendo in ogni momento tutti gli ospiti presenti. Gli eleganti spazi interni, l’ampio giardino dotato di piscina e i più moderni comfort trasformano la villa in una oasi di pace per chi vuole festeggiare in totale privacy il momento più bello della propria vita come il matrimonio.La location, per le nozze, ospiterà gli invitati in spazi incantevoli: all’interno dispone di due saloni

adiacenti, di cui uno costituito da splendidi soffitti a capriate lignee e da suggestive vetrate. Se invece si desidera una festa all’aria aperta, il giardino e la piscina, con i suoi profumi e colori, è la scenografia ideale. Il personale, altamente qualificato, aiuterà a rendere il giorno perfetto unico e indimenticabile offrendo una cucina di ottima qualità. La cucina di eccellenza , magistralmente gestita in maniera molto innovativa dello chef Danilo Igliozzi, preparerà deliziose prelibatezze culinarie. La posizione strategica in cui è ubicata la location (Ferentino, pochi km da Frosinone) la rende ideale anche per organizzare qualsiasi altro tipo di evento.

Per rendere unico ogni tipo di evento

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ETNOFOODLa cultura nel mangiar bene

di Stefany Barberis

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Se da un lato il consumo di cibo etnico nel nostro Paese cresce sempre più, dall’altro questa nuova tendenza somiglia più ad una moda. C’è comunque chi lo considera una vera e propria passione. Grazie all’Expo abbiamo potuto scoprire quei cibi che mai nella vita saremo riusciti a provare. Dal cibo dell’Africa Orientale dove assieme ai legumi e ai cereali

troviamo l’UGALI, ovvero una sorta di polenta densa che viene preparata con farina di granturco. Nonostante questa ricetta possa apparire molto semplice, la preparazione richiede molta esperienza, al punto che le ricette e i “trucchi” sono custoditi gelosamente dalle famiglie. In Uganda, un ingrediente davvero fondamentale è il matoke, banana verde, ricca di amido che bollita diventa una fonte importante di carboidrati. Ma le banane sono utilizzate anche per la produzione della birra locale, buonissima: il pombe. Un altro piatto molto popolare è mkate mayai, una sottile sfoglia di pasta, riempita con la carne macinata e uova crude. Ripiegata su se stessa, viene fritta e mangiata come snack. In Giappone la perfezione estetica è profondamente radicata nella tradizione e nelle pratiche del quotidiano: lo Zen è ovunque e il piacere è formato da tre componenti: visiva, gustativa e tattile. Ecco quindi il motivo del perchè la presentazione di un piatto giapponese sarà sempre curato nel dettaglio, coniugando l’armonia degli elementi e l’equilibrio degli accostamenti di colore e di gusto. La preparazione del cibo è simile a un rito antico nel quale ogni gesto, compiuto all’infinito e perfezionato, è espressione di un gusto e di una cultura millenaria. Mangiare giapponese è un’esperienza culturale, strettamente collegata alla natura. Gli esempi, in questo senso, non mancano: freschezza e stagionalità dei prodotti, la scelta dell’ingrediente crudo o poco cotto per conservarne le caratteristiche naturali nella forma e nel gusto e le proprietà salutari. Non tutti sanno che il riso è considerato un alimento sacro, per il quale ogni ospite nutre grande rispetto. A dimostrazione di questo gesto c’è la tradizione a fine pasto, che il capofamiglia deve versare dell’acqua all’interno delle scodelline nelle quali viene servito il riso. Da lì ogni ospite deve quindi bere l’acqua assicurandosi di non sprecare nemmeno un chicco. Grazie all’Expo, all’industrializzazione e alle grandi migrazioni siamo riusciti a scoprire molti piatti tipici stranieri. Quelli descritti precedentemente sono solo alcuni di quelli che l’Europa e l’Italia ci offre. Ma è estremamente affascinante scoprire come, ad oggi siano riusciti a mostrarci quanto di loro più sacro. Man mano che scopriremo nuovi cibi se ne vorrà provare altri e così via dicendo senza dimenticare però la nostra cucina, apprezzata dal mondo intero.

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LE DOCEZZEDEL NATALE

di Claudia Palombi

Il torrone è uno dei dolci di Natale più tipici e più diffusi in Italia. Delizioso “peccato di gola”, gioia del palato che vanta una ricca storia che si perde nella notte dei tempi.

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I dolci di Natale sono indispensabili per creare quell’aria magica e incantata! Biscotti, cioccolatini e tante altre leccornie fanno diventare tutti un po’ più buoni: la casa profumerà di Natale e la dolcezza sarà cosparsa ovunque.Il Natale è la più importante festa che si celebra in tutti i paesi di tradizione cristiana, e in particolar modo in quelli di tradizione cattolica. Convenzionalmente il giorno indicato dalla Chiesa è il 25 dicembre, giorno in cui si ricorda la nascita di Gesù, ma le festività natalizie durano un paio di settimane, dalla Vigilia di Natale, fino al 6 gennaio, l’Epifania. Anche durante l’epoca precristiana esistevano feste e celebrazioni che si svolgevano nello stesso periodo, anche se non erano chiamate Natale, iniziavano solitamente il 21

dicembre per celebrare il solstizio d’inverno sapendo che da quel momento in poi le giornate si sarebbero allungate. Erano per lo più chiamate Feste del Sole, Feste del Fuoco o, presso i Romani, Saturnali in onore del dio Saturno, il Dio connesso alla semina e all’agricoltura. Durante le celebrazioni sia pagane sia cristiane il periodo natalizio era onorato come un periodo di pace e rinnovamento, consacrava, infatti, la fine di un ciclo e l’inizio di un nuovo anno, e si aveva l’abitudine di scambiarsi doni e di riunirsi attorno alla tavola imbandita, tradizioni sopravvissute fino ai nostri giorni. I dolci tipici del Natale diffusi in tutto il territorio italiano sono il panettone, il pandoro, il torrone, il tronchetto di Natale (un rotolo di pan di spagna farcito di crema e ricoperto di cioccolato fuso), la frutta secca, la frutta candita, i fichi secchi e i datteri, compresi tutti i dolci che li contengono (torte alle nocciole, biscotti alle mandorle, agrumi

canditi ricoperti di cioccolato, datteri ripieni di noci e mascarpone e così via...). Tutti dolci che sono facilmente reperibili in tutti i supermercati, i negozi “gourmet”, le pasticcerie e i panifici italiani. I re dei dolci natalizi è il panettone. Il panettone, indipendentemente dai gusti personali, è un dolce classico di Natale. Risale al XV secolo e la fantasia popolare ha creato numerose leggende sulla sua origine. La pasta del panettone è fatta lievitare più volte con un procedimento piuttosto laborioso che può durare ben oltre le 72 ore. Gli ingredienti principali sono: acqua, farina (occorre una farina forte), burro, zucchero, lievito naturale, uvetta sultanina, cedro candito, scorze di arancio candite, uova, vaniglia e sale. Una volta veniva preparato solo in casa e prima di infornarlo il capo famiglia lo incideva con un taglio a croce in segno di buon auspicio per il nuovo anno. Anche gli ingredienti avevano

un loro significato: l’uvetta simboleggiava soldi, l’arancia amore e il cedro eternità, ovvero salute. In giro per l’Italia ci sono tante altre prelibatezze tipiche per le feste dalle forme più originali in modo da far divertire grandi e piccini. Il cioccolato è l’ingrediente principale: è buono e tira su il morale, rendendo migliore anche la giornata più storta. Mandorlato, al cacao, tenero, duro, al cioccolato, alle nocciole... il torrone è uno dei dolci di Natale più tipici e più diffusi in Italia. Delizioso “peccato di gola”, gioia del palato che vanta una ricca storia che si perde nella notte dei tempi. Questa “invenzione” gastronomica è il risultato di un sapiente impasto fatto di miele, albume d’uovo, mandorle o nocciole, ingredienti semplici e naturali che caratterizzano la dolce barretta. Le delizie per il palato sono molteplici a Natale e non c’è niente di meglio che regalarsi questo piacevole momento di dolcezza.

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CAPODANNO

2016di Claudia Palombi

Divertimento assicurato

Il Natale ed il Capodanno sono ormai alle porte, le città si vestono a festa e con luminarie di ogni colore e alberi addobbati. I quartieri pullulano di mercatini, feste, cene e iniziative solidali. Le strade del centro sono inondate dalla corsa all’ultimo regalo. Oltre ai buoni propositi, si comincia a sentire il ritmo delle serate e ad immaginare i festeggiamenti nel migliore dei modi per il capodanno con tanta musica e tanto divertimento. Tempo di crisi e di risparmio, ma quando

si tratta di festeggiare il nuovo anno gli italiani confermano una tendenza che già da qualche anno ha preso piede nel nostro Paese: che sia in viaggio, in piazza o

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in un locale con una serata organizzata, gli italiani trascorreranno la sera di Capodanno fuori casa. C’è voglia di divertirsi e di lasciare per qualche ora i problemi a casa, per un veglione di Capodanno all’insegna dell’allegria e della spensieratezza; se da una parte diminuisce il numero di chi sceglie di partire per mete esotiche e lontane, dall’altra cresce il numero di coloro che si riversano nei ristoranti, nelle discoteche e nei locali dove si organizzano i classici veglioni con lenticchie e cotechino o zampone; con l’assicurazione di trascorrere una serata diversa dal solito in compagnia di amici e parenti ma anche da soli, perché c’è sempre la possibilità di stringere amicizia con i commensali del tavolo. C’è poi chi, sfidando il freddo, sceglie di scendere in piazza, dove un po’ in tutte le città sono organizzati concerti con cantanti più o meno importanti, spettacoli di acrobati, per aspettare tutti insieme la mezzanotte per brindare e assistere agli spettacoli pirotecnici che colorano la notte di San Silvestro da Nord a Sud. C’è anche chi sceglie di trascorrere il Capodanno a casa di amici e parenti, organizzando una tavolata allegra dove ognuno porta qualcosa e il costo del cenone viene diviso più o meno equamente tra tutti i partecipanti. Tra le nuove tendenze si afferma l’apericena leggera da consumare nei pub o nei bar dove sempre più spesso vengono organizzate feste e divertimenti. Dopo spumante e panettone una cosa però sembra non cambiare mai, ed è frutto della grande superstizione all’italiana: che sia in casa con amici o parenti, in ristorante o in discoteca, gli italiani a Capodanno difficilmente rinunciano alle lenticchie come augurio per un anno nuovo più ricco e prospero, sperando che questo sia l’anno di svolta.

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Ma che cos’è l’e-commerce? Si tratta di una forma di commercio e vendita di beni o servizi che si compie attraverso Internet. Showclap inizia la sua storia dall’esigenza di professionisti del settore di rendere semplice e accessibile a tutti l’acquisto. Ma cosa si compra nello specifico? Con Showclap non si comprano oggetti ma prestazioni professionali. Basta collegarsi al sito, scor-rere tra gli artisti e selezionare quello giusto. Per la prima volta chiunque può vendere le proprie abilità ed i propri spettacoli a domicilio, rendendo il

mondo dello show business realmente accessibile a tutti in modo pratico e veloce. Che sia un artista, un professionista o un’artista emergente che cerca il momento giusto per mettersi alla prova, l’iscrizione è totalmente gratuita e lo sarà per sempre. I vantaggi sono molteplici. Le agenzie possono pubblicizzare i propri artisti sul tutto il territorio nazionale senza limiti d’iscrizione; i professionisti possono gestire in tempo reale la propria agenda con la garanzia di appuntamenti verificati e pagamenti certi. Gli arti-sti emergenti, invece, hanno la possibilità di trasformare la loro passione in un lavoro vero. Gli utenti

SHOWCLAP L’artista è servito...

di Claudia Palombi

Showclap è il primo e unico e-commerce dedicato al mondo dello show business e dell’intrattenimento nato a Frosinone ma che mantiene il primato anche su scala nazionale.

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possono trovare l’artista giusto per ogni evenien-za acquistando la sua performance come e dove vogliono. A differenza di altri siti web Showclap verifica sempre la qualità degli artisti e tutela gli utenti applicando le formule del diritto di recesso e del soddisfatto o rimborsato. Non si tratta di una semplice vetrina, ma di un vero servizio di bo-oking, l’unico che si assume la responsabilità di fornire delle garanzie sia a chi compra, sia a chi vende. Showclap rivoluziona totalmente il rappor-to tra domanda e offerta creando un cortocircuito tra le agenzie e gli utenti. Con Showclap attori di talento, animatori per bambini, gruppi musicali, attrezzature certificate per qualsiasi tipo di evento sono finalmente a portata di click.

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ma prestazioni professionali. Basta

collegarsi al sito, scorrere tra gli artisti e selezionare quello

giusto.

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Christmas PartyQuattro proposte per il vostro divertimento natalizio

PRINCE CLUBE’ qui la Festa!!! Cenone di Capodanno 2016 con Prince Club! Dal Patricano Hotel Ristorante, Prince Club si prepara in grande stile per la Festa di Capodanno. Un Veglione unico e in totale allegria. Una serata completa per un ultimo dell’anno organizzato nei minimi dettagli: dalla grande cena elegante al dopocena. Una serata costellata da tanto divertimento e buon gusto per vivere una festa indimenticabile. La notte del 31 dicembre avrà un’atmosfera tutta particolare e raffinata, con tavoli apparecchiati in grande stile per il Cenone, pronti ad accogliere la fantastica musica degli After dark live band. Essere presenti a questa grandiosa festa vuol dire scegliere una grandioso Cenone al prezzo di 80 euro tutto compreso, o altrimenti solo la sala ristorante a 65 euro. Prince Club vi permetterà di trasformare la notte di San Silvestro in un evento indimenticabile. Curata in ogni piccolo dettaglio, si potrà ballare fino al mattino al ritmo di musica del dj set a partire dalle ore 00,30; per vivere una serata speciale ed allegra da condividere con i migliori amici. Info & prenotazioni 338 7185790 / 0775 222459

“IMMAGINE SPOSA”Quando i sogni diventano realtàSfilata di modaDomenica 13 Dicembre presso Antica Roma (Via Sterparo Cicori 16/a) ci sarà la romantica sfilata di abiti da sposa collezione 2016 di IMMAGINE SPOSA.

Gusto classico con un tocco moda per abiti meravigliosi di cui le modelle indossatrici saranno acconciate dall’hair-stylist “Lorenzo Acconciature”.

Le fantastiche creazioni saranno fotografate da “PIXEL STUDIO ART”. Un evento dedicato a tutti, grandi e piccini, organizzato da Sara Angelelli.E non solo, a conclusione evento un Buffet Gratuito per deliziare anche il palato oltre allo sguardo.

Info serata 0775 233020 / 339 6691299 / 0775 270325 (Immagine Sposa)

TOPOLINOAlbergo Ristorante dal 1959Cenone di CapodannoMENU: Antipasto pere e speck, ricottine di bufala con puntarelle, bresaola con fiocchi di parmigiano e mele annurche.Trofie con mozzarella di bufala dadolata e pachino su letto di puntarelle. Ravioloni con ragù di faraona e pistacchi in salsa rosa Filetto di manzo dorato in crema di grand marnier con filetti di arance e patate alla salvia. Insalata al taglio agli agrumi. Trionfo di dolci. Dopo la mezzanotte cotechino e lenticchie

MENU BAMBINI (fino a 10 anni): Prosciutto cotto con mozzarella e crocchette di patate. Trofie con pachino. Vitello al forno con patatine fritte. Mini profiterole al limone. Animazione bambini inclusa

Prenotazione obbligatoria - Via Cerquotti, 26 - 03017 Morolo (FR) - Tel. 0775/229012 - Fax 0775/806094 Email: [email protected]

VILLA GALASSIChi ben Comincia è a metà dell’Opera. Se desiderate festeggiare il Capodanno 2015 in una villa con piscina, assaporando piatti che mescolano tradizione e creatività, ricercatezze e sapori di casa, l’ideale è scegliere Villa Galassi. Un modo per iniziare nel migliore dei modi il nuovo anno festeggiando tra amici e parenti in un posto caldo ed accogliente. I sapori della buona cucina uniti all’atmosfera esclusiva renderanno magica la notte di San Silvestro. Danilo Igliozzi (La Ginestra), chef qualificato, con passione ed esperienza vi guiderà in un viaggio emotivo e degustativo con un’ottima cucina, capace di deliziare anche il palato più esigente. Il cenone prevede un ricco menu per adulti ed uno personalizzato per i bambini. Piatti studiati apposta per loro, per rendere piacevole e divertente il cenone del Nuovo Anno anche per i più piccoli! Villa Galassi per rendere ancor più speciale l’ultima notte dell’anno ha pensato davvero a tutto! Cabaret, dj set ed i Turbolenti per scatenarsi al ritmo del rock’n’roll! Una grandiosa festa di fine anno che vi offrirà anche spettacoli di magia! Tutto è al completo per vivere una notte davvero speciale! Info & prenotazioni 392 2209005

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