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Louis Gosselin

CHE FAREQUANDO TUTTO VA MALE?

Come uscire dalle situazioni difficili della vita

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INDICE

Prefazione 9

Capitolo 1. Perché tutto inizia ad andare male? 11I doveri 11Le preoccupazioni 12Il piacere 14L’influenza dei media 15Troppo severi nei confronti di noi stessi 17La fatica 20Una società di performance 21Noi e gli altri 25

Capitolo 2. I momenti cupi: nulla di più normale! 29I propositi 30Questa stanchezza che non finisce mai! 32Il mondo delle emozioni 34Le tappe normali della vita 36La menopausa 39L’ansia 41

Capitolo 3. La discesa 43Il nodo allo stomaco 44La depressione 46L’insoddisfazione 50“Perché proprio a me”? 51Il burnout 53Il suicidio 54

Capitolo 4. Soluzioni psicologiche 59Delimitare il problema 60Non siete soli 62Ritrovare se stessi 62

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Affrontare le situazioni in modo meno drammatico 64Lasciare la presa 65La percezione della realtà 67Il nostro ego è molto esigente 69Obiettivi realistici 71Anche i bambini sono depressi 72

Capitolo 5. Soluzioni fisiche 75Il movimento, un antidepressivo 76Il tai chi 78Lo yoga 78Altri piccoli semplici trucchi 79E facciamo l’amore allora! 81La terapia con gli animali 82La musicoterapia 83L’aromaterapia 84Le terapie alternative 86L’alimentazione 88I farmaci 90

Capitolo 6. Altre soluzioni 93I motivatori professionali 94I consulenti finanziari 95Le psicoterapie 97Gli psicologi dello sport 100Le uscite 101Il potere dei colori 103I talismani 105La magia 106Le pietre 107I rituali 108Gli astrologi, i veggenti e i medium 110L’autoipnosi 112Il relooking 112Barare un po’ 113Cambiare vita 114

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Capitolo 7. Scegliere il proprio modo di vivere 117La felicità e il piacere 119Il denaro e la felicità 121Imparare a essere positivi 123Vivere in armonia 125I buoni amici 127Evitare l’agitazione 128Riprogrammarsi 129La parola giusta 132L’ormone della felicità 134Dopo la crisi 135

E voi, cosa fate quando tutto va male? 137

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CAPITOLO PRIMO

Perché tutto inizia ad andare male?

to e di piacere. Queste tre sempli-ci parole (dovere, preoccupazionee piacere) comprendono d’altraparte centinaia, se non migliaia, diattività che necessitano diun’enorme quantità di tempo.

Ogni nostra attività quotidianapassa prima attraverso la nostramente. Prima di svolgere un com-pito, ci pensiamo e il modo in cuivalutiamo questa azione, deter-minerà se essa costituirà una fa-tica oppure no. Dobbiamo quin-di imparare a divenire padroni deinostri pensieri e delle nostre per-cezioni.

Dividerò la nostra vita in tre gran-di attività: i doveri, le preoccupa-zioni e i piaceri. Che siamo gio-vani o vecchi, sposati o single, gayo eterosessuali, credenti prati-canti oppure no, la nostra vitaquotidiana è composta da que-ste tre categorie.

In una giornata di ventiquat-tr’ore ci sforziamo di portare a ter-mine certi compiti, pensiamo co-stantemente a una grande quan-tità di cose che dovremmo o vor-remmo fare e, infine, se rimane unpo’ di tempo, approfittiamo diqualche momento di rilassamen-

I doveri

In generale, non ci piace sentirciobbligati a fare questo o quello.Preferiamo certamente avere l’im-pressione di dirigere la nostra vitasecondo i nostri gusti e i nostri

desideri del momento. Ci piace, ilpiù delle volte, avere il controllodelle nostre attività. Nei fatti, larealtà è completamente diversa.

Quando ci alziamo dal letto, lo

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facciamo spesso in modo brutale.La sveglia interrompe il nostrosonno e, immediatamente, unaquantità di pensieri si affolla nellanostra mente. Bisogna svegliare ibambini, preparare la colazioneper tutti, fare una doccia, sceglie-re i propri abiti, vestire i più pic-coli, prevedere il pranzo e le me-rende così come la cena, andare aprendere i bambini all’asilo, nondimenticarsi di passare dal denti-sta, dall’idraulico, dal meccanicoe altri, a seconda dei giorni. Biso-gna anche trovare il tempo per farequalche lavoretto di casa e, natu-ralmente, per svolgere il proprio la-voro in piena efficienza. Ah si!Questa sera, riunione dei genitori.Ecco alcuni dei doveri che costi-tuiscono la base di una sola gior-

nata della nostra vita.Bisogna anche aggiungere gli

altri doveri che imponiamo a noistessi, come lavorare qualche orasupplementare per guadagnare unpo’ più di denaro o semplicemen-te fare degli esercizi per avere unaspetto migliore. Quante ore algiorno sono necessarie per tuttiquesti doveri?

Il peggio è che siamo senzadubbio d’accordo nel farci caricodi tutti questi doveri, perché quelloche ne ricaviamo ci sembra neces-sario: più denaro, soddisfazioneper il lavoro ben fatto, senso deldovere e della responsabilità neiconfronti dei propri figli o l’impres-sione di essere attivi e ‘vivi’. Maecco, la nostra giornata di venti-quattr’ore non si ferma qui.

Le preoccupazioni

Oltre ai nostri doveri, abbiamo an-che delle preoccupazioni, cioè af-fanni che riguardano situazioni acui non dobbiamo necessariamen-te far fronte subito, ma che frulla-no costantemente nella nostratesta. Quindi, mentre adempiamoai nostri doveri, pensiamo anche

a quelli che verranno prima o poi.Per esempio, il denaro è una pre-

occupazione quotidiana per lamaggior parte di noi, sia per paurache venga a mancare, sia per i bi-sogni immediati o futuri. Il denaroè una realtà inevitabile. D’altra par-te, i media ci bombardano di stra-

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tegie per preparare la nostra vec-chiaia e i governi ci incoraggiano arisparmiare il più possibile... così cidaranno il meno possibile il giornoin cui andremo in pensione!

Il denaro è dunque diventato unargomento di conversazione quo-tidiana e una delle nostre princi-pali preoccupazioni. Ecco unesempio. Quando l’inverno si av-vicina, pensiamo al fatto che i no-stri figli hanno bisogno di stivalinuovi. A questo stadio, siamo difronte a una delle nostre preoc-cupazioni. Poi, la preoccupazionediventa obbligo: la prima neve ècaduta e dobbiamo andare allasvelta nel negozio di scarpe, unacommissione che consuma parec-chi minuti della nostra giornata.Per di più, il fatto di spendere cipreoccupa e ci ricorda come è dif-ficile guadagnare il denaro e pro-curarsi i prodotti di cui si ha biso-gno e che costano sempre di più.Se, sfortunatamente, siamo disoc-cupati e non abbiamo al momen-to disponibilità economica, il pul-sante “panico” si aziona automa-ticamente. Risultato di questaazione: un aumento improvviso distress. Ammetterete che gli esem-pi di questo genere sono molto

numerosi in un anno e il loro ac-cumularsi contribuisce senza dub-bio a renderci la vita difficile.

Le preoccupazioni quotidianepossono assumere differenti for-me. Per alcuni, sarà un semplicepensiero che ritorna spesso a ri-guardo del proprio aspetto fisico:rughe e spossatezza per i più an-ziani, pancia, calvizie, naso enor-me, seni cadenti per gli altri. Nulladi veramente grave in sé, ma unpiccolo pensiero che viene a infa-stidirci in momenti inaspettati del-la giornata e che ci ricorda quan-to sarebbe importante fare eser-cizio, iscriversi in una palestra,andare a correre o a ballare una odue volte alla settimana.

Se non ci riusciamo, proviamoun senso di colpa, la sensazionedi non riuscire a essere disciplina-ti. In seguito ci rendiamo conto diessere sopraffatti dagli eventi eche la vita non ha alcun senso. Ilprocesso di svalutazione di noistessi così cominciato è spessol’inizio di una serie di disagi, checi danno l’impressione che tuttovada male.

Altri esempi di preoccupazioniche possono sorgere in ogni mo-mento sono: la paura di invecchia-

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re, un lavoro che non ci soddisfapiù, l’inquietudine causata dai pic-coli problemi dei figli, i debiti accu-mulati dei quali non riusciamo piùa liberarci. Ci accade anche di sen-tirci preoccupati per il nostro futu-ro, per il fatto che abbiamo pochiamici in confronto ad altre perso-ne del nostro entourage o perché inostri vecchi genitori richiedonomolte più cure da parte nostra.

In una sola piccola giornata,possiamo anche sentirci depressiper qualche istante perché ci sem-bra che non abbiamo abbastanzatempo per iniziare un progettonuovo, perché soffriamo di solitu-dine, perché vorremmo iscrivercia qualche corso, ecc. Talvolta, pas-siamo lunghi minuti a rimuginare

pensieri negativi riguardo ai dispia-ceri e alle disillusioni che abbia-mo avuto nella nostra vita. A vol-te siamo inchiodati al letto per unabrutta influenza o per un mal dischiena; oppure succede che iltempo ci disturbi per il freddo, lapioggia o la mancanza di luce. Tut-te queste preoccupazioni, che siaggiungono ai nostri doveri quoti-diani, fanno sì che le nostre gior-nate siano un pesante fardello sulpiano mentale.

Poiché possiamo pensare soloa una cosa alla volta, se questa èstressante, diventiamo stressati. Ese siamo stressati parecchie orein una stessa giornata, non devestupire che le cose comincino adandare male sul serio.

Il piacere

Fortunatamente e per compensar-ci, l’ultima categoria di attività allaquale possiamo dedicare un po’di tempo si chiama “relax e piace-re”! È probabilmente la più inte-ressante ma anche, sfortunata-mente, la più difficile da metterein pratica quotidianamente. Anda-re al cinema, al ristorante, suona-

re o ascoltare della musica, dipin-gere, fare jogging, dei cruciverba,dei puzzle, giocare a bocce, fareuna passeggiata nel bosco, faresport, guardare le vetrine dei ne-gozi, fare del bricolage o prendereun caffè con gli amici, anche tuttequeste azioni richiedono del tem-po. Poiché la giornata ha solo ven-

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tiquattr’ore ed è suddivisa tra ob-blighi e preoccupazioni, il piacereviene spesso penalizzato. Neusciamo davvero vincenti?

Provare piacere, fare piacere ase stessi, attirare il piacere sononozioni conosciute e frasi fatte,ma come è difficile applicarle nel-la vita quotidiana! D’altra parte, è

la prima cosa da fare per uscire dauna situazione difficile.

Quando tutto va male,

bisogna fermarsi per

prendersi cura di se stessi.

L’influenza dei media

Già da qualche decennio, la socie-tà moderna ci ha fornito dei note-voli strumenti per farci evolverema, nello stesso tempo, nascon-de una trappola. Malgrado tutta lanostra buona volontà, ci lasciamoafferrare dal ritmo sfrenato delconsumismo. Naturalmente, mol-te persone lavorano molte ore per-cependo stipendi bassi, solo persoddisfare i loro bisogni basilari,ma ognuno deve comunque pren-dere coscienza degli sforzi richie-sti per essere all’altezza dei mo-delli proposti.

Ogni giorno la pubblicità ci of-fre immagini di performance, di ra-pidità, di efficacia. Ognuno siaspetta di essere altrettanto effi-ciente nella propria vita familiare,

professionale e anche sessuale ri-spetto ai modelli presentati. Chici sta intorno si aspetta questo danoi... e noi speriamo di essere al-l’altezza delle aspettative.

Ci sarebbe così tanto da dire sulpotere della televisione sulla no-stra vita da quando è stata inven-tata! All’inizio, negli anni Cinquan-ta, la televisione doveva essere unmezzo d’informazione e di diver-timento. Le poche ore di diffusio-ne quotidiana in diretta sono di-ventate ventiquattr’ore al giornodi trasmissioni di ogni genere, cheprovengono da tutti i Paesi.

In breve tempo la televisione èdiventata onnipresente nella nostravita. Per molte persone ha anchesostituito l’ascolto della radio del

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mattino. Oggi, in molte case, il pri-mo gesto del mattino consiste nel-l’accendere la televisione. Gli ide-atori sono riusciti a convincerci cheè molto più semplice e piacevoleguardare delle immagini preconfe-zionate piuttosto che immaginaregli avvenimenti a partire da unavoce radiofonica.

Giorno dopo giorno la televisio-ne con le sue trasmissioni e i suoifilm ci propone dei modelli da se-guire. Siamo sempre liberi d’iden-tificarci oppure no con questi per-sonaggi, ma una cosa è certa: ve-diamo quasi sempre quello chedovremmo o potremmo essere, sefossimo in grado di essere qual-cun altro.

I media ci informano sulle con-dizioni del nostro mondo, ma nonseguono alcuna regola o quasi.Prima di tutto è lo spettacolo checonta e non lo spettatore o i fat-ti. Riceviamo un mucchio di infor-mazioni da ogni luogo, vere o fal-se, che trattano differenti argo-menti e dobbiamo noi stessi se-lezionarle per farci un’idea di co-m’è veramente il mondo. In real-tà, la percezione delle cose e de-gli avvenimenti può variare mol-tissimo da un individuo all’altro.

Un reportage su una tragediaumana o un dramma familiarepuò, nello stesso tempo, rattrista-re profondamente una persona eprovocare un’aggressività estre-ma in un’altra, ma i media non sioccupano delle conseguenze ditutte queste informazioni diffuseovunque sul pianeta.

Non si tratta di ritornare indie-tro di cinquant’anni e di augurarsiche la televisione e i media

scompaiano. D’altra parte, laprudenza e la discriminazione siimpongono. Non vi siete mai chie-sti fino a che punto la vostra opi-nione era dettata da ciò che ve-devate o ascoltavate dai media?Apprezzate davvero le nuovemode, i nuovi film o siete influen-zati da quello che la massa sem-bra pensare? Qual è veramente lavostra opinione su un conflitto tradue paesi, ad esempio quello cheoppone Israele e la Palestina? Sie-te sufficientemente informati perelaborare un’opinione personale ovi fidate solamente delle scarsenotizie e analisi che avete ascol-tato una sera?

Le informazioni che riceviamo inuna sola giornata esercitano un’in-fluenza diretta sul nostro umore e

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sulla nostra personalità. È un altrodramma della nostra epoca: ades-so dobbiamo farci rapidamenteun’opinione su ogni argomento e,per di più, quest’opinione deve es-sere chiara. D’altra parte siamoportati a giudicare severamente lepersone che non hanno veramen-te un’opinione sugli avvenimentiche accadono. Passano per super-ficiali. Allora, perché imporre a noistessi questa velocità? Perché nonseguire il nostro ritmo personale,quello che ci conviene e che ci la-scia in uno stato d’animo più cal-mo, poco importa quello che pen-seranno gli altri? Facile a dirsi, manon a farsi. Ci sono comunque de-gli esercizi pratici, che verrannopresentati nei prossimi capitoli e

che vi aiuteranno a familiarizzarecon i vostri ritmi.

Parlando di ritmo frenetico, tuttisono d’accordo nel dire che i gior-nali esagerano quando pubbliciz-zano l’inizio della scuola in pienaestate, quando ci preparano allafesta di Natale già da metà otto-bre o quando i saldi di fine stagio-ne iniziano tre giorni dopo l’iniziodella stagione! Influenzati dai me-dia, ci lasciamo coinvolgere nelgioco e, malgrado qualche timidacritica, accettiamo la situazione.

La società consumistica ci ha in-segnato a giocare in anticipo. Tut-to va di fretta, troppo di fretta, maci rendiamo veramente conto deireali effetti di questo ritmo freneti-co sulla nostra vita quotidiana?

Troppo severi nei confronti di noi stessi

Ognuno di noi ricerca la felicità.Troppo spesso, però, tendiamo apensare, a torto, che questa con-sista nel trovare un impiego me-glio retribuito, nel possedere dueautomobili, un cellulare, un cerca-persone, una casa grande e lus-suosa, un nome conosciuto nellapropria comunità (e possibilmen-

te nel mondo intero), una casa perle vacanze, un cane e una barca.Non c’è nulla di male ad accumu-lare ricchezze e a migliorare il pro-prio stile di vita. Tuttavia, bisognaessere abbastanza onesti da rico-noscere che tutta quest’ambizio-ne ha un prezzo.

L’altro lato della medaglia signi-

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fica spesso più di sessanta ore dilavoro alla settimana, un enormestress, poco tempo per dialogarecon il proprio coniuge e i proprifigli e, in certi casi, una salute zop-picante. Siamo coscienti del fattoche barattiamo del tempo e unacerta qualità di vita con dei benimateriali? Ne vale davvero la pena?Forse sì per alcuni, ma per altriquesto rappresenta una via sicuraverso la depressione.

Possiamo eccedere sempre eriuscire in ogni cosa? Invece di vi-vere secondo il nostro ritmo, cisiamo lasciati imporre quello del-l’immagine. Sia che siamo impie-gati, operai, professionisti, dirigen-ti o artigiani, domandiamo a noistessi davvero troppo.

Attualmente la società dei

consumi nella quale vivia-

mo ci spinge a prefissarci

degli obiettivi soprattutto

economici spesso a scapito

di valori più umani.

Esistiamo per andare a scuola, perscegliere un mestiere o una pro-

fessione che ci farà guadagnare deldenaro e ci permetterà di acqui-stare una casa e certe comodità,per avere promozioni, per nutrireil nostro fondo pensioni che ci as-sicurerà una vecchiaia dorata. Poi,moriamo senza portare nulla connoi. Bel programma!

Lungo questo impegnativocammino, ci saranno fortunata-mente dei veri momenti di felici-tà. Saranno quelli a cui pensere-mo sul nostro letto di morte. Unbell’incontro, la nascita di un fi-glio o una grande emozione reste-ranno incisi nella nostra memoriacome degli istanti felici, molto piùdel colore della barca che abbia-mo avuto all’età di quarant’anni.

La nostra società è molto cam-biata nel corso degli ultimi decen-ni e le fonti di problemi si sonougualmente moltiplicate. Nella pri-ma metà del XX secolo, l’obbligoprincipale (e la preoccupazione)delle persone consisteva nell’ave-re un tetto e nutrirsi. Tutte le ener-gie di una giornata venivano as-servite al bisogno di sopravvivere.Nel corso degli anni, i governi e lecomunità hanno creato dei pro-grammi sociali con lo scopo di aiu-tare i più bisognosi, di assicurare

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loro un tetto, anche temporaneo.Bisogna ammettere che oggi laqualità della vita in Occidente èsuperiore a quella dei secoli pas-sati. Anche se resta molto da fareper colmare quello che manca allediverse persone, dormire e nutrir-si non rappresentano problemiquotidiani per la maggior parte deicittadini.

Risolto in gran parte il proble-ma della sopravvivenza, siamo riu-sciti a sostituirlo con molti altri. Laviolenza, l’alcolismo, le tossicodi-pendenze, l’abbandono dellascuola, le innumerevoli malattiementali, lo stress, il consumismosono altrettanti nuovi problemidella società contemporanea chedobbiamo affrontare.

Anche la solitudine e l’isola-mento costituiscono delle situa-zioni nuove, che colpiscono lanostra società da qualche decen-nio. In un articolo apparso recen-temente sul giornale di MontrealLa Presse, Céline Poissant espone irisultati di una ricerca del 1999 cheriguarda le famiglie canadesi all’av-vicinarsi dell’anno 2000. Si puòleggere, tra l’altro, che tra il 1971e il 1991 la percentuale delle don-ne di età compresa tra i venticin-

que e i ventinove anni che vivonosole è passata dal 10% al 18%,mentre per gli uomini della stessaetà, il tasso è passato dal 16% al27%. Nel gruppo di età compresatra i trenta e i trentaquattro anni,le percentuali sono raddoppiate inquesto periodo, arrivando fino al20% per gli uomini.

“La propensione a vivere soli siè sviluppata soprattutto a causadell’arricchimento della società edell’aumento delle risorse indivi-duali, che hanno reso le donne piùautonome. Sono infatti semprepiù numerose le donne autosuffi-cienti e che scelgono questomodo di vivere”, precisa uno spe-cialista in demografia.

Questo significa che l’aumen-to dei redditi individuali e il pro-gresso tecnologico spingono lepersone a isolarsi. Abitare soli,spiega la signora Poissant, èun’opzione seducente ai nostrigiorni perché gli affitti adatti aisingle sono diventati più acces-sibili. Le donne hanno messo daparte il loro grembiule, trovatolavoro e acquisito una grande in-dipendenza finanziaria. I giovaniadulti e le persone anziane han-no ora i mezzi per pagare i costi

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relativi all’alloggio e alle altre ne-cessità della vita quotidiana.

La Poissant dice anche che, alivello psicologico, la valorizzazio-ne dell’autonomia individuale e laricerca dell’intimità hanno senz’al-

tro giocato un ruolo in queste nuo-ve scelte di vita. In breve, la soli-tudine guadagna terreno, secon-do le statistiche. Quello che peròle cifre non citano, sono le conse-guenze di questa vita solitaria.

La fatica

Il fatto che le cose comincino im-provvisamente ad andare malenella nostra vita dipende da varifattori. Come abbiamo appena vi-sto, il ritmo sfrenato della vitaquotidiana non ci aiuta affatto.Scatena anzi una grande fatica,che si manifesta in modo diversoa seconda degli individui. Alcunisono nervosi o suscettibili, nonsono più disposti ad accettareneppure un’osservazione, anchese costruttiva. Altri hanno l’im-pressione di essere schiacciati.Trascinano il loro corpo pesantetutto il giorno, mancano di con-centrazione, non hanno la forzad’intraprendere nulla e soprattut-to non hanno voglia di fare pro-getti. Altri ancora si sentono par-ticolarmente vulnerabili, rimet-tendo così in questione la loro

percezione di se stessi.Un recente sondaggio realizza-

to in Francia rivela che numerosepersone affermano di essere piùstanche il lunedì e il venerdì. Ineffetti, quasi il 18% dei francesidichiara di essere più stanco il lu-nedì e questo si manifesta concattivo umore o con un calo di mo-tivazione, mentre il 30% degli in-tervistati dice di sentire di più que-sta fatica, che comporta spossa-tezza, calo della concentrazione edella memoria, il venerdì. Pochis-sime persone hanno indicatocome giorno più “difficile” il mar-tedì, il mercoledì e il giovedì, comese in questi giorni avessero ormaipreso il ritmo della settimana sen-za preoccuparsi veramente diquello che provavano. Quando ènecessario, è necessario!

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Quando tutto comincia ad

andare male, significa che

esiste uno squilibrio nella

nostra vita, che può essere

affettivo o fisico.

Tutti insieme gli effetti della faticahanno evidentemente un ruolosull’autostima.

L’autostima è influenzata daparecchi fattori, compreso ciò chegli altri pensano di noi e ci mani-festano (simpatia, ammirazione,amicizia o amore) e i nostri suc-cessi personali. In certi periodidella nostra vita, può crearsi unosquilibrio, che comporta il rimet-tere in questione uno o l’altro diquesti fattori.

È molto difficile definire davve-ro la propria immagine, ma in re-

altà questa è riassunta dall’amo-re. Amo me stesso per quello chesono attualmente? E gli altri miamano? Quando possiamo ri-spondere affermativamente aqueste due domande, i problemidella vita quotidiana sono menopesanti. D’altra parte, se la rispo-sta a una di queste due domandeè no, è normale che si crei un vuo-to, che prima o poi dovremo col-mare e che comporterà delle scel-te che, sfortunatamente, non sa-ranno sempre a nostro vantaggio.La prova, è che quando attraver-siamo un periodo in cui le cosenon vanno come vorremmo, ac-cade frequentemente che faccia-mo una cattiva scelta che, a suavolta, conduce a una situazionepeggiore. Da qui, l’impressione diaffondare sempre di più manmano che i giorni passano.

Una società di performance

La società di performance nellaquale viviamo ci sottopone a co-stanti pressioni, qualunque sia ilnostro lavoro. Lo sapete, adessosiamo obbligati ad avere succes-so in tutto. Per fare “bella figura”

è importante avere successo (nonnecessariamente in questo ordine)nel matrimonio, nella carriera, nel-l’educazione dei figli, nella vitasessuale e persino nelle vacanze.In effetti, può esservi accaduto di

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essere arrabbiati con voi stessi peril fallimento delle vostre vacanze.Una sola piccola settimana da pia-nificare poi, di colpo, il brutto tem-po che si mette di mezzo, un luo-go che doveva essere un paradisodiventa un disastro, un figlio siammala, un imprevisto soprag-giunge; alla fine si rientra al lavoroin uno stato depressivo. Il peggioè che dovremo raccontare la no-stra settimana mancata a tutti icolleghi! Si prende coscienza delfallimento e diminuisce l’autosti-ma. Uno psicologo recentementeaffermava a ragione “che imboc-chiamo il sentiero sbagliato, quan-do miriamo a ciò che la società va-lorizza per trovare la felicità”.

In questi anni, molte personehanno la deprecabile mania di di-sprezzare se stesse o di denigrar-si. Quante persone intorno a voihanno difficoltà ad accettare uncomplimento così banale comequello che riguarda, per esempio,la loro nuova pettinatura. Subitorispondono che era tempo di cam-biare, che i loro capelli erano rovi-nati, che forse il colore non è quel-lo giusto. In breve, si direbbe cheè necessario rifiutare i fiori che civengono offerti, per paura che il

vaso arrivi rapidamente a colpirci.Ritorneremo più in dettaglio in

un prossimo capitolo sull’autosti-ma e sui mezzi per riuscire ad au-mentarla. L’importante, a questopunto, è rendersi conto di tutti glisforzi che dobbiamo fare solo peressere all’altezza dei modelli checi vengono proposti dai media.Quando non riusciamo a stare alpasso, ci procuriamo un supple-mento di stress.

C’è lo stress buono e c’è quel-lo cattivo. In generale, lo stress èuna reazione violenta dell’organi-smo, che deve essere abbastanzaforte da ritrovare il proprio equili-brio in un lasso di tempo ragione-vole. D’altra parte, se lo stress ègestito male o è troppo elevato,diventa nocivo e può avere con-seguenze di rilievo sul nostro sta-to fisico e mentale. “Essere stres-sati”, “essere tesi”, “avere l’impres-sione di essere in trappola”, sonoalcune espressioni usate di fre-quente per spiegare lo stato in cuici troviamo quando tutto va male.Si tratta di un’emozione intensa,che è importante verbalizzare. Lostress può manifestarsi in moltimodi come lo scoraggiamento, lacollera, la delusione, la frustrazio-

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ne o l’inquietudine. Per poter su-perare queste sgradevoli emozio-ni, occorre, prima di tutto, esserein grado di riconoscerle.

Una percentuale altissima dipersone consulta gli psicologi perproblemi di autostima. La societàesige un tale rendimento che ri-sulta spesso difficile accontentar-si delle proprie capacità e, quan-do non riusciamo a soddisfare leaspettative, il nostro primo rifles-so è di proteggerci. La nostra pri-ma reazione consiste spesso neldisprezzare noi stessi. È importan-te prendere coscienza che nessu-no (compresi noi stessi) può ec-cellere in tutti i campi. Riconoscerele proprie debolezze è una buonacosa, ma esserne ossessionati no.Prefissarsi degli obiettivi e affron-tare delle sfide è giusto, ma oc-corre che questi siano realistici.

D’altra parte, questa tendenzaa disprezzare se stessi può avereeffetti concreti sui nostri gesti quo-tidiani. La paura del fallimento odella critica può portarci a rifiuta-re progetti o promozioni. Si puòanche evitare l’amore, per pauradi soffrire. Questa scelta, che com-piamo in accordo con la nostrascarsa autostima, ci rende infelici

e perciò abbiamo l’impressioneche tutto vada male.

Oltre alla fatica, l’autostima e lostress, anche molti altri sentimentied emozioni possono intervenirenella nostra percezione degli even-ti e farci sentire nullità. Il fatto diconfrontarci continuamente congli altri a livello di qualità, di atti-tudini o di capacità, danneggia lapercezione che abbiamo di noistessi e ci impedisce di valutarcicosì come siamo realmente, conle nostre forze e le nostre debo-lezze. Ci sono anche dei momentiin cui lo sconforto ci spinge a con-siderare delle soluzioni drastiche.Il fatto di essere costantementenon apprezzati al lavoro può pro-vocare un sentimento di sconfor-to che può portarci a scegliere illicenziamento. La disoccupazioneche dura troppo tempo può an-che spingerci a compiere gestisconsiderati.

Lo sconforto è la sensazione diaverne abbastanza, ma nello stes-so tempo una sensazione di man-canza. È come se tutto fosse in-stabile. È la rabbia nei confrontidi una situazione vissuta, ma an-che una profonda tristezza nelconstatare che questa sembra

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senza uscita. Nella maggior partedei casi, lo sconforto sopraggiun-ge dopo un lungo periodo di tol-leranza e di accettazione. È comese, di colpo, dicessimo a noi stes-si che non ne possiamo più.

Gli specialisti affermano che losconforto arriva dopo che abbia-mo investito molte energie per rag-giungere un obiettivo, ma di col-po tutto è crollato e non ci siamoriusciti. Proviamo un senso di fal-limento, ma anche di rabbia per-ché qualcuno o qualcosa ci hacostantemente messo i bastoni trale ruote. Alla fine, l’impotenza difronte a questa situazione provo-ca, a sua volta, molte altre emo-zioni con l’impressione di fondoche tutto vada male.

Tutti noi abbiamo delle riserveal nostro interno: riserve di ener-gia e riserve di pazienza. Quandosono esaurite, lo sconforto ha lameglio. Di fronte a questa inten-sa emozione, le reazioni posso-no essere numerose e varie. Al-cuni agiranno in modo precipito-so, con molto rumore per tenta-re di cambiare le cose, poco im-porta quali saranno le conseguen-ze, che siano dimissioni, una se-parazione, un divorzio o un atto

di violenza, tutto deve avvenirerapidamente. Altri, al contrario,sono più portati a immusonirsi, acriticare, a parlar male degli altri,a dire cattiverie, a vendicarsi, aessere sempre arrabbiati. Infine,qualcuno, forse anche molti, sa-ranno portati a isolarsi comple-tamente. Vedremo come questaattitudine può portare alla de-pressione.

Qualunque sia il nostro mododi reagire, si tratta di un meccani-smo di difesa che ci spinge a voleruscire da questo brutto periodo.Quando tutto va male, soffriamoe cerchiamo con ogni mezzo, sfor-tunatamente non sempre con imigliori, di cambiare le cose.

È molto importante, in ogniprocesso, voler conoscere megliose stessi. La voglia di far baccanoperché tutto va male può nascon-dere molte cose. Si tratta di unbisogno di cambiamento superfi-ciale o profondo? L’io può appa-rentemente desiderare di cambia-re casa o lavoro, ma esiste un latoprofondo di noi stessi che può ri-chiedere a sua volta un cambia-mento interiore. Quando tutto vamale, bisogna chiedersi quali sonoi veri motivi che si celano dietro il

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desiderio di cambiamento.D’altra parte, molte persone si

presentano a uno psicoterapeutacon l’intenzione di cambiare lapropria vita. Da qualche mese han-no l’impressione di ricevere sullatesta una bastonata dietro l’altrae che i problemi si accumulino. Sedovessero riassumere la situazio-ne, direbbero che non riesconopiù a controllare la loro vita. Tuttosembra accadere troppo rapida-mente, senza che esse possanodecidere nulla. Subiscono le lorogiornate, piuttosto che orientarnela direzione.

Prima di procedere verso cam-

biamenti importanti nella nostravita, dobbiamo determinare diquale genere di cambiamento ab-biamo bisogno. Quanti tra di noisi sono augurati, un giorno o l’al-tro, di andare a vivere all’estero ericominciare la loro vita da zero!Qualcuno ha tentato l’esperienzacon più o meno successo. Dopoun certo lasso di tempo, si è resoconto che questo non aveva cam-biato nulla nel profondo di sé.Quando tutto va male nella nostravita, dobbiamo essere onesti ver-so noi stessi e tentare davvero discoprire l’essenza del conflitto cherisiede all’interno di noi.

Noi e gli altri

Certe persone parlano in modomolto cattivo degli altri. Non esi-tano mai a sottolineare un difet-to, una debolezza, una mancanzae lo fanno notare con un evidentepiacere. Dicendo queste scioc-chezze, fanno finta di non accor-gersi che le loro parole feriscono.Tentano di convincersi che la per-sona che le riceve debba esserein grado di accettare la critica. Co-munque, se mai qualcuno facesse

loro notare che le loro parole sonomolto severe, potrebbero sempredire che non credevano di fare delmale e che l’ultima cosa che si au-guravano era evidentemente diferire. Bugie!

Certe persone amano ferire elo fanno deliberatamente. Fa par-te del loro carattere. Quandomeno ce lo aspettiamo, spesso inpubblico, sganciano un direttoche raggiunge il bersaglio di col-

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po, perché sanno riconoscere ipunti deboli degli altri. In generese la prendono con quello che èpiù evidente, come l’aspetto fisi-co. Come un caricaturista sannoaccentuare in ciascuno un nasolungo, una vita larga, una calvizieprecoce, un’apparenza di celluli-te, un’età che si cerca di dimen-ticare, una statura bassa in unuomo o un’assenza di seno in unadonna.

A prima vista, queste osserva-zioni possono sembrare innocue,ma provocano spesso un males-sere. Non siamo protetti contro gliinsulti e ne dobbiamo subire le im-mediate conseguenze, come unpugile che riceve un colpo seccoal mento. Quando sarete la vitti-ma la prossima volta, cercate didimenticare la bruciante ferita chequesto provoca in voi e guardatefreddamente la persona negli oc-chi, dicendo a voi stessi che deveessere infelice per volere schiac-ciarvi in questo modo. Probabil-mente questo non vi leverà la vo-glia di saltarle addosso ma, alme-no, potrete capire fino a che pun-to si può arrivare quando le cosenon funzionano come dovrebbe-ro. Una tale persona possiede abi-

tualmente una debole autostimaper arrivare a umiliare così gli altri.Probabilmente ha bisogno di aiu-to. Quando l’infelicità o la penavogliono esprimersi, è difficile trat-tenerli.

Fin dagli anni Sessanta, la vitae la società occidentale ci hannoinsegnato a pensare prima di tut-to a noi stessi, sia dal punto di vi-sta materiale che psicologico. Sulpiano materiale, malgrado tutte leinformazioni che circolano sullapovertà nei nostri Paesi e malgra-do le immagini che ci raggiungo-no ogni giorno dal resto del pia-neta, le cose non cambiano. I no-stri bisogni sono grandi e quelloche abbiamo ci sembra sempre in-sufficiente. Vedremo nel corso deiprossimi decenni se le future ge-nerazioni sapranno fare di meglio.

A livello psicologico, ci sentia-mo ripetere incessantemente dipensare a noi stessi per prima cosae in ogni circostanza. C’è sicura-mente qualcosa di buono in que-sta affermazione, tenendo contodel genere di vita che conducia-mo. Subiamo così tanti stress eprove, che dobbiamo imparare adavere cura di noi stessi, altrimentinon lo farà nessun altro. Bisogna

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anche crearsi delle occasioni perriuscire a sopravvivere. Vedremopiù avanti in questo libro fino a chepunto è importante ottenere pia-cere per se stessi per raggiungereun certo equilibrio.

Nonostante questo, ci saràsempre la presenza degli altri in-torno a noi. L’essere umano devevivere in società e adattarsi co-stantemente a coloro che lo cir-condano. Bisogna dunque impa-rare a mediare con i problemi dicoloro che ci sono vicini e a veni-

re loro in aiuto per il nostro stes-so equilibrio. Questa ricerca di ar-monia, compiuta in modo spessoinconsapevole, è comunque mol-to presente nella nostra vita di tuttii giorni. Il punto di equilibrio, tral’occuparsi adeguatamente di sestessi e l’aver cura degli altri sen-za perdere di vista il proprio be-nessere e farsi sfruttare, è estre-mamente fragile. Quando vi è squi-librio, tutto comincia ad andaremale e questo può portare moltolontano.