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1 “Che bel Natale” …..Forse, alla vostra vicina di casa, alla ragazza del piano di sotto, alla signora che vi sorride sulle scale, potrebbe essere capitata questa strana situazione, in che circostanza questa situazione? …… questa!

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“Che bel Natale”

…..Forse, alla vostra vicina di casa, alla ragazza del piano di sotto, alla signora che vi sorride sulle scale, potrebbe essere capitata questa strana situazione, in che circostanza questa situazione? …… questa!

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Primo e unico capitolo Il ticchettio dell’orologio sembrava che si

allungasse secondo dopo secondo, l’attesa di sei minuti era snervante, dovevo sentire centoottan-ta volt tic e altrettante tac, la gola si stringeva sempre di più e la salivazione era azzerata, guardavo sullo sgabello del bagno quello stru-mento che stava decidendo il mio futuro, quan-to mancava ancora, solo un minuto era passato da quando ho fatto partire il mio orologio.

Il cronometro in mano sembra scottare, fuori la finestra sta nevicando, lentamente e sot-tile, sembra polvere bianca che scende verso la strada, strada che è già bianca.

Solo quattro righe fanno capire che sono passate due automobili, … i minuti di attesa so-no snervanti, sono quasi sul punto di andare a vedere quel marchingegno cosa mi dirà.

Giugno, un mattino soleggiato. Sto rientrando dalla spesa quotidiana e in-

crocio un ragazzo che abita sopra al mio appar-tamento, uno dei tanti ragazzi che sono all’università e affittano questi monolocali per restare in città a studiare, è un ragazzo simpati-co, non ho mai scambiato una parola ma mi è sempre parso educato e attento, rispettoso degli

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altri, per la prima volta noto che mi guarda e mi sorride e capisco che sta per dirmi qualcosa.

Infatti mi ferma e titubante mi chiede scu-sa per i rumori della sera prima, io lo guardo ascolto e cado dalle nuvole, non ho sentito nes-sun rumore che mi abbia infastidita, lui allora sorride felice e mi spiega che la sera prima è ar-rivato un suo amico che si è trasferito dal paese qui in città per finire gli studi e dare la tesi, e es-sendo arrivato con il treno molto tardi sono rientrati in casa dopo le 23, e pensavano di aver disturbato con lo spostamento delle valige e del divano che non era ancora predisposto per la notte e per tempo, lo rassicuro che non mi han-no disturbato e gli sorrido e faccio per andar-mene, mi riferma e mi invita a prendere un caffè da loro dopo cena per presentarci visto che sia-mo coinquilini e che volevano alcune informa-zioni sulle “regole” del condominio, loro sono abituati a vivere in campagna e non hanno pro-blemi evidenti di vicinato.

Accetto con piacere e penso che quattro chiacchiere facciano piacere, sono giovani e educati e il buon vicinato vale oro ai tempi no-stri.

La giornata passa in fretta e solo mentre preparo un paio di toast per cena mi ricordo dell’impegno serale, quasi mi stavo dimenti-cando, poveri ragazzi, beh, mangio e mi sistemo un pochino, ho una tuta grigia, e penso che for-

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se sarebbe il caso di mettermi un po’ meglio, ma poi mi dico che non deve essere una cosa troppo formale e opto per una tuta da casa leggermente elegante, ma sempre tuta resta.

Alle 9 in punto esco di casa e faccio la rampa di scale che mi porta proprio sopra il mio appartamento, suono uno squillo brevissimo e non faccio a tempo a staccare il dito dal campa-nello che mi trovo la porta aperta.

Il sorriso del ragazzo è un invito ad entrare e solo in quel momento ci accorgiamo di non es-serci nemmeno presentati ne di sapere il nostro rispettivo nome.

Una risata simpatica e rumorosa esplode quando l’ultimo arrivato se ne esce con una fra-se che dice quanto sia misteriosa la nostra vici-nanza.

Mi presento dicendo che il mio nome è Lo-rena, ma per gli amici sono Lory, “lo sono Ro-by, lui Carlo”, mi invitano sul divano e mentre Roby fa scendere il caffè Carlo inizia a chieder-mi cose senza importanza.

Le tazze di caffè arrivano profumando l’ambiente, io prendo la mia e mi viene offerto dello zucchero di canna, mentre Roby e Carlo prendono del comunissimo zucchero bianco, il mio sguardo interrogativo non mi permette nemmeno di fare la domanda che ottengo la ri-sposta direttamente da Carlo, l’ultimo arrivato mi dice che sa benissimo che uso solo zucchero

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di canna, e al mio stupore stampato in fronte confessa candidamente che, Roby, gli ha confi-dato tante di quelle cose che nemmeno immagi-no, e poi schivando uno spintone dallo stesso Roby, mi spiattella quanto l’amico sia cotto di me, e, aggiunge sogghignando, che la motiva-zione è più che legittima e condivide con l’amico ora che anche lui mi ha vista.

Mi si apre una situazione nuova, aver ac-cettato questo invito mi permette di conoscere questi ragazzi che non avrei mai visto sotto la luce di corteggiatori che stanno nell’ombra, in-fatti non ne avevo percepito nemmeno l’ombra del loro interesse verso di me, l’episodio mi lu-singa e mette un tarlo nella mia mente, ma più che un tarlo mi si crea una possibilità che non avevo calcolato.

La serata prosegue piacevolmente con i due ragazzi che si dimostrano veramente dei te-sori, sono poco più che ventenni e si conoscono dalla nascita, provengono da un paesino degli Appennini e sono venuti in città per studiare all’università, vogliono che la loro terra sia sempre più protetta e vogliono essere loro i tu-tori di questa protezione, ideali belli e difficili da portare a termine ma certamente da lodare, sono sportivi e non frequentano ambienti equi-vochi, non fumano, non bevono, nemmeno pen-sano alle droghe, insomma sembrano dei santi caduti dalle nuvole, e quando lo faccio presente,

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con una sonora risata mi dicono di essere caduti sul morbido indicando me.

Allora sono io che comincio con le doman-de e le provocazioni chiedendo se le loro ragaz-ze sanno che mi stanno controllando, il silenzio cade quasi immediato, dopo alcuni attimi di imbarazzo da parte loro mi dicono che non hanno nessuna ragazza, e quindi non devono giustificare nulla a nessuna.

Riattacco con più malizia di prima e senza nemmeno dare tempo di riprendersi affondo una richiesta che mai mi sarei permessa di fare, chiedo di descrivermi, visto che sanno tutto di me, cosa avrebbero desiderato da me.

Rispondono quasi insieme tritandomi un sacco di belle frasi, vorrebbero amicizia e confi-denze e soprattutto dialogo fra di noi, vorrebbe-ro discutere su tante cose, viaggi, hobby e tante altre cosette quasi adolescenziali, ma di sesso non ne parlano, ogni tanto mettono sul discorso frasette a doppio senso, ma nulla di coinvolgen-te, capisco che io, trentenne, alta e ben fatta, con un seno che cerco di nascondere perché ritengo troppo apparente, magra, capelli lunghi e lisci, biondi naturali, abbia alzato un pochino la pres-sione a tanti maschi, ma su dei ragazzi non avrei contato…

Carlo si lascia sfuggire cosa farebbe per me Roby, ma poi con una risata quasi isterica capi-sce la gaffe e cerca di rimediare dicendo che, es-

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sendo io troppo attraente, si sono fatti alcuni in-trighi nella loro mente.

Sono sempre io che rompo il muro che si stavano costruendo a difesa, e dico chiaramente che mi piacerebbe sapere cosa potrebbero im-maginare se fossimo in un letto … nudi nudi e pronti a passare una notte insieme.

Silenzio assordante …… il rossore si im-padronisce dei loro visi e si sentono pressati da me, alla fine sono ancora io che sgomitolo la ma-tassa e li libero dal rispondermi.

A quel punto si sbloccano e mi confidano che non hanno mai avuto fra le loro braccia una vera donna, solo ragazzine che non hanno cedu-to più di tanto, bacini e palpeggiamenti, poche intrusioni manuali fra le loro mutandine e sem-pre di sfuggita anche quelle, poi, solo masturba-zione e pensieri sempre più erotici, fantasie che sono impossibili da realizzare e volti di donna che godono per merito loro.

Restano solo fantasie e mi guardano con invidia perché sono donna, una bella donna e che loro farebbero fochi e fiamme per stare con me, vorrebbero essere i miei paggi, capisco dagli occhi e da come si stanno sbilanciando con le lo-ro confidenze più nascoste quanto hanno sogna-to su di me.

Un solo attimo di tristezza nei loro occhi, quando mi dicono che saranno in città fino a novembre, poi la tesi e il ritorno a casa.

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Il gioco che sta nascendo mi piace e li invi-to a continuare a raccontarmi le loro fantasie, mi piace sapere che cosa pensano di me e mi sento adulata sapere che sono desiderata, mi raccon-tano episodi che sono stati frutto di fantasie ero-tiche molto dolci e sensibili.

Sono sempre corretti e carini nelle loro immaginazioni, mai una parola fuori posto, mai una frase scurrile, si capisce che la cultura che hanno incamerato li rende apprezzati anche in discorsi prettamente erotici.

Si è fatto tardi, e senza accorgerci abbiamo bevuto caffè e poi birra tirando un orario abba-stanza inconsueto per noi, guardo l’orologio e mi accorgo che sono ormai le due.

Mi congedo ed entrambi mi accompagna-no alla porta, Roby si offre di scendere la scala con me, ma rifiuto gentilmente, è solo una scala, abbraccio prima lui e poi Carlo baciandoli en-trambi sulle guance, sto scendendo un gradino mi fermo e ritorno sui miei passi, mi avvicino a Roby e gli ridò un bacio ma sulle labbra, così faccio con Carlo e mi congedo definitivamente augurando sogni d’oro ad entrambi.

Da quel giorno gli incontri casuali si fanno

più frequenti, loro studiano e io lavoro, gli orari sono sempre uguali e monotoni, conoscono i miei ritmi e so che mi spiano benevolmente e approfittano per lasciarmi messaggini “anoni-

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mi” nella cassetta delle lettere, ogni volta che “casualmente” incrocio uno dei due, ottengo dei sorrisi che mi fanno vedere la vita in un modo piacevole, siamo arrivati alla fine di settembre, un settembre molto caldo e mentre mi trovo al supermercatino del rione incontro Roby, sta fa-cendo spesa e mi chiede consiglio su come cuci-nare del pesce, non lo ha mai cucinato e vorreb-be provarci, gli do qualche dritta e poi lo saluto e torno a casa.

Passano pochi giorni e vado direttamente a

suonare alla loro porta, mi apre Carlo e sorpreso mi invita ad entrare, resto sulla porta e gli spie-go che sono passata ad invitarli a cena da me sabato sera, lui accetta immediatamente e assi-cura anche la presenza dell’amico, al mio “be-ne!!” e al mio sorriso ironico, mi chiede cosa de-vono portare, vino? dolce? rispondo che non serve nulla, e per nulla intendo proprio nulla.

Sabato, ore 17, sto preparando la cena a

base di pasta fredda con verdure tagliuzzate molto piccole, gamberoni al limone, un budino alla menta, e qualche tartina con maionese e frutti di mare, insalata verde e qualche grissino con salse piccanti, vinello molto fresco e frizzan-te da gustare in bicchieri molto stretti e alti, mi guardo intorno per dove servire gli aperitivi e decido di prepararli all’ultimo in salotto, su un

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tavolino che è completamente in vetro a spec-chio.

Ora devo sistemare me stessa, voglio fare colpo, comincio con un bel bagno caldo che mi toglie stanchezza e mi fa sentire più vivace, un abitino leggero, quasi un grembiulino e devo so-lo decidere quale e cosa mettermi di intimo, ma sono molto indecisa sul da farsi …..

Alle 19 in punto suonano alla porta, apro e

vedo i due ragazzi freschi di doccia e ancora con i capelli quasi bagnati che mi salutano e mi por-gono una confezione di gelato restando con la bocca aperta per la sorpresa di vedermi vestita quasi con un velo, li faccio entrare e richiuden-do la porta, li guardo facendo la rabbiosa perché avevo detto di non portare nulla, pena una … penitenza che avrei descritto loro poco dopo, li bacio come li avevo lasciati qualche mese prima, al bacio questa volta rispondono timidamente, forse non se lo aspettavano e tergiversano fa-cendomi notare il profumo che avevo, dicono anche la marca ma non so se è giusta, il profu-mo è un regalo di una persona speciale.

Mi chiedono se mi sono dimenticata qual-cosa facendomi notare che ho un seno partico-larmente bello, e senza reggiseno …. spiritosa-mente confesso che non ne ho nessuno e che non sento ancora la necessità di sostenerlo, ag-

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giungo che se non ci credono, chiedendolo, po-trebbero anche controllare.

Incassano al battuta e mi seguono mentre faccio strada, li invito a sedersi sul divano men-tre io vado a prendere il vassoio con gli aperiti-vi.

Ritorno e lentamente appoggio sul tavolo

della parte pranzo il vassoio, prendo due bic-chieri e li porgo ai ragazzi poi torno, prendo il mio e mi metto di fronte, fra noi il tavolino a specchio, se i miei calcoli sono esatti nel tavolino dovrei avere riflessa la mia immagine, o meglio la parte della mia persona nascosta dall’abitino semi trasparente e abbastanza corto, infatti, guardo i visi dei ragazzi che non sanno dove orientare gli occhi, imbarazzati cercano di farfu-gliare qualche frase ma nessuna ha senso com-piuto, Roby mi chiede se siamo solo noi tre, e al-la mia risposta affermativa spiega che pensava ci fosse anche il mio uomo, rido e dico che sono single, per una mia precisa scelta ho deciso di esserlo e se ho messo dei dubbi su di me voglio chiarirli subito e commento che la necessità di un uomo in casa non al sento e quando la sento, beh di uomini che posso chiamare ce ne sono e verrebbero, sottolineo verrebbero, ma io prefe-risco scegliere bene chi voglio con me, a quel punto chiedo se il fatto che io non porti bianche-ria intima, cosa che, sottolineo hanno notato, sia

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un problema per loro, se lo fosse di dirlo aper-tamente che rimedio subito.

Ovviamente non ottengo risposta, e tocca ancora a me fare un passo molto devastante per la timidezza dei ragazzi.

Rimarco quello che avevo detto all’invito, di venire a cena con nulla, e per nulla intendevo dire che avrei avuto piacere avere a cena due fantastici ragazzi, entrambi poco segretamente innamorati di me, o meglio dire, attirati dal mio fisico, volevo essere ammirata da entrambi in cambio della possibilità di contemplare a mia volta i loro corpi che, con gli abiti indossati sono di già interessanti, ma nudi li avrei gustati sicu-ramente oltre le aspettative, contemporanea-mente dirigo il mio indice al basso ventre di en-trambi e chiedo cosa è quel gonfiore, che nono-stante si cerchi di nasconderlo con l’avambraccio si nota benissimo, chiedo se è un difetto o un pregio e mentre lo dico slaccio gli spallini e lascio sfilare il vestito lasciandolo ca-dere sul pavimento.

Le bocche aperte dei ragazzi erano la ri-

sposta a quello che volevo, mi avvicinai met-tendomi di fronte, in piedi allargando legger-mente le gambe e passandomi contemporanea-mente le mani nei capelli assumevo la posizione di diva esibizionista, mi mostravo e offrivo la

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visione dei miei seni turgidi e della mia vagina a pochi centimetri dai loro volti stupefatti.

Mi ero depilata con cura e mi era rimasta una strisciolina di pelo che sembrava un ricamo, l’effetto sui ragazzi è stato smantellante, i loro membri sembravano saltare fuori dai jeans e la loro lingua era letteralmente secca.

Pochi minuti dopo erano ancora in trance e solo il contatto con le mie mani sembrava l’unico sistema per svegliarli, poi come automi, ubbidirono al mio ordine perentorio di spogliar-si perché la cena sarebbe stata una cena “da nu-do”.

La prima cosa che si sono tolti è stata la maglietta, seguita da una lenta sbottonatura dei jeans, e una ancor più lenta discesa degli stessi, entrambi avevano una erezione che stentavo a credere, decisi di dare il colpo di grazia a questi ragazzi che stavano crollando sotto la tensione fisica e mentale, mi avvicinai ancora di più infi-lando le mani nei loro boxer diedi una carezza al loro membro costatandone la durezza, poi abbassai un poco i boxer stessi incoraggiando i ragazzi a toglierseli del tutto.

Mi faccio aiutare a portare in tavola la ce-na, questa azione stempera la tensione e, pur nell’imbarazzo più completo, vedo che l’eccitazione va scemando, anche io mi sento meno tesa, non lo davo a vedere ma il mio batti-to cardiaco era arrivato a mille, ora però mi sen-

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tivo bene, nuda in casa con due maschietti, nien-te male, fisico sportivo, curato e che sbavano per me, ci sediamo e invito a servirsi, io ho appetito, stranamente ho fame e il nodo allo stomaco che mi sentivo prima si è sciolto, verso il vino a tutti e tre e invito ad un brindisi.

Invoglio anche il dialogo e chiedo cosa ne pensano del mio fisico, la risposta un fiume in piena, complimenti su complimenti, ma nessuna avance su di me, devo forzare ancora io la ma-no, e brutalmente chiedo di sapere cosa vorreb-bero fare di me se fossi disponibile, oltre a farmi ammirare, a fare del sesso con uno di loro, e po-trei anche decidere di portare fino in fondo la mia proposta se mi incuriosisse la loro.

Voglio mettere in competizione i ragazzi, essere la loro posta, il premio a chi avrà più fan-tasia, ma intendono sicuramente che la mia è una provocazione e si guardano e mi guardano come se il gioco fosse un gioco innocente e nor-male, quasi che fosse l’essere li, seduti a tavola a farsi una spaghettata fra amici, invece che essere nudi, in tensione, fra “quasi” sconosciuti che stanno giocando alla roulette russa con il sesso.

Passano così un paio d’ore e con calma e fra una parola e l’altra abbiamo letteralmente spazzolato ogni cosa che avevo preparato, in-tanto avevamo stabilito che sulle donne del condominio i pensieri più peccaminosi erano stati fatti su di me, avevo colpito nel cuore Roby

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appena arrivato nell’appartamento, e aveva tele-fonato la sera stessa a Carlo dicendogli che si era masturbato vedendomi sul terrazzo, Carlo si era lasciato sfuggire questa confidenza dell’amico e mi sa che lo aveva fatto apposta, in-fatti Roby per ricambiare strombazzò che la sera del caffè, si era fatto una doccia e mentre l’acqua scendeva calda su di lui, aveva dedicato a me, una sega micidiale con orgasmo copioso e deva-stante.

Queste cose mi stavano facendo bagnare e senza farmi notare andai con la mia mano a sen-tire le labbra della vulva che si erano gonfiate, stavo eccitandomi, mentre i ragazzi avevano il membro a riposo, avevano superato quello shock iniziale generato dal mio strip provocato-rio, ora ero io che entravo in crisi ……

Chiesi a Roby di servire lui il gelato, la scusa era che mi sentivo un pochino brilla, mi aspettavo una battuta dai ragazzi ma non certo questa: allora potevano approfittare di me, sola, indifesa e ubriaca e magari anche consenziente, ovviamente assunsi una faccia contrariata e a quel punto Carlo si alzò e venne verso di me chiedendomi scusa e baciandomi delicatamente, non opposi resistenza e lui incoraggiato dal mio modo di fare osò oltre insinuando la sua lingua fra le mie labbra che si schiusero delicatamente, Roby fermo a guardare la scena con la vaschetta del gelato in mano venne vicino a noi due, io

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staccai le mie labbra da Carlo e le offrii a Roby, volevo essere imparziale, lui chiuse gli occhi e assaporò le mie labbra, la vaschetta gelata ap-poggiata per sbaglio alla mia spalla mi fece scat-tare col risultato di trovarmela quasi interamen-te addosso, una risata ruppe quell’atmosfera che stava prendendo una piega troppo interessante per me, recuperando la vaschetta che mi aveva imbrattata feci il gesto di alzarmi per andare a lavarmi, mi fermarono e mi chiesero il permesso di leccarmi via il gelato, per non sprecarlo.

Accettai la sfida e mi sdraiai a terra sul

tappeto in mezzo a loro, notai i loro membri che prendevano vita mentre cominciavano a farmi sentire i brividi con le loro lingue che oltre al ge-lato mi coprivano la pelle di baci, chiusi gli oc-chi e lasciai che gli eventi andassero per la loro strada.

Ogni tanto sentivo le labbra di uno o dall’altro baciarmi con calore sulla bocca, men-tre altre labbra mi leccavano il gelato dai seni, poi dall’ombelico, non c’era molto da leccare, poi un brivido mi percorse la schiena, una bocca si era avvicinata alla mia vagina mentre l’altra si era fermata sul pube, quattro mani mi copriva-no di carezze e mi fecero schiudere le gambe, delicatamente e senza forzare, ero aperta e offer-ta a loro due, gli occhi sempre chiusi non vole-vano dare un volto o un altro a chi stava facen-

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domi impazzire, il clitoride era continuamente colpito da colpetti leggeri e ad ogni colpetto trattenevo a stento dei gemiti di piacere, altre volte erano leccatine, altre volte colpetti, forse si scambiavano fra loro, le mie mani cercavano i loro membri e trovati li accarezzai per poi strin-gerli e cominciare un lento avanti e indietro, mi ritrovai i loro visi vicini al mio, aprii gli occhi e vidi i loro sorrisi felici e goduriosi, mi baciarono insieme quasi a soffocarmi e il mio profumo di donna mi fece capire quanto stavo godendo, in-sieme mi dissero quanto ero bella e si scusarono di aver approfittato del momento per leccarmi tanto piacevolmente, entrambi mi staccarono le mani dal loro membro adducendo che avrebbe-ro combinato un casino se fossi proseguita nella masturbazione …..

Non volete continuare? Non mi lascerete

qui a metà? La mia era una domanda esplosiva, erano sul punto di arrivare all’orgasmo e si sono fermati per non fare la figura degli inesperti, ma penso anche di rispetto verso di me, dovevo proprio essere io a dire che volevo continuare questo gioco, ripresi fra le mani il membro di Roby mentre scivolavo con la mia vagina verso Carlo, con la voce ormai roca e flebile dissi tutto di un fiato che li volevo dentro di me, poi presi a baciare il fallo di Roby mentre capivo che Car-lo sta preparandosi a penetrarmi, sentii che deli-

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catamente mi si era appoggiato alle grandi lab-bra, mi aprii il più possibile e quando capii che stava entrando, con un colpo gli andai incontro vogliosa di sentirmi piena di lui.

Roby stava impazzendo da come gli bacia-vo il glande e da come muovevo la mia bocca sull’asta e più volte mi fermai per non farlo ve-nire subito, mi staccai dal suo membro e venne subito a baciarmi mentre Carlo era sul punto di venire e capii che stava cercando di uscire dal mio corpo, ma con le mie gambe strinsi la sua schiena contro di me e gli urlai “vienimi den-tro”, due parole che fecero crollare all’istante la sua resistenza, subito dopo percepii il caldo del suo sperma che mi inondava di piacere, e in-sieme anche io sprofondai in un orgasmo che mi tolse ogni resistenza, poco dopo sentivo Carlo scivolare fuori di me e accasciarsi al mio fianco, col poco fiato che mi era rimasto guardai Roby e gli dissi che volevo anche lui, volevo che en-trambi godessero del mio corpo e io volevo go-dere del loro.

Roby entrò dentro di me dolcemente e lo sperma dell’amico aveva aumentato la sua deli-catezza, era un piacere avere Roby sopra di me, mi scopava premuroso, stava attento a come mi muovevo, come mi piaceva e come stavo go-dendo, poi mi si avvicino alla bocca e mi baciò chiedendomi se poteva riempirmi anche lui.

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Anche a lui dissi che lo volevo dentro, vo-levo sentire il suo sperma caldo inondare il mio ventre e gli chiesi di venire con me, sono le ul-time parole che dissi prima di urlare al mondo la mia felicità.

Quanti minuti passarono non lo posso di-re, ero stremata dai due orgasmi, e loro lo erano più di me, furono minuti bellissimi, io che ero coccolata e sbaciucchiata da due maschi che avevano tutto per essere perfetti, nei loro occhi c’erano un misto di stupore, paura, esaltazione e incredulità, non capivo quella tenerezza quasi ad evitare che si guastasse qualcosa, ma poi un pensiero mi trafisse e capii che dovevo rimedia-re, mi feci forza e presi entrambi e ci aiutammo ad alzarci, il gelato ormai era diventato una crema sciolta e fortunatamente era un solo gu-sto, quindi versai nei bicchieri il gelato e li offrii per un brindisi diverso dal solito, e mentre i no-stri bicchieri facevano cin cin, alti sul tavolo dis-si loro candidamente che prendevo la pillola, percepii un sospiro e un ritorno al sorriso, avevo capito giusto, quei ragazzi avevano paura di aver combinato un guaio, un rischio stupido nei miei confronti, la mia frase li tranquillizzò e mentre guardavo i loro volti rilassati sentivo il loro sperma che gocciolava dalla mia vagina che si contraeva senza ritegno.

Bevemmo quella brodaglia fresca e … tutto sommato nemmeno male, il gusto di limone

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l’aveva quasi salvata dal lavandino, ma il gelato sprecato su di me ne è valso la pena, dissi ai ra-gazzi che avevo bisogno di una doccia veloce, a malincuore dovevamo toglierci dalla pelle quel profumo di sesso che avevamo mischiato fra noi, un profumo che aveva fatto perdere la testa a tutti e tre, e insieme andammo in bagno, men-tre aspettavo che l’acqua si scaldasse dissi che erano anni che non facevo sesso con un uomo, e quindi era giusto che recuperassi con due e mentre finivo la frase mi inginocchiai e, sor-prendendo ancora una volta i miei amorini, mi presi la soddisfazione di leccare il loro membro per gustarne il loro sapore e il mio mischiati.

Entrai nel box doccia canticchiando e la-sciando i ragazzi a guardarsi intontiti dalle mie iniziative, mi sciacquai velocemente dal gelato e dai nostri umori, percepivo la mia vagina che si contraeva quasi fosse golosa di essere presa an-cora dai due maschi, mi sembrava di sentire in me un cambiamento, il sesso mi aveva messo buon umore e avevo voglia di un gelato vero, non sciolto, e lo dissi ai miei due maschietti mentre uscivo dal box e lasciavo il posto a loro.

Pochi minuti dopo uscivano dal portone di

casa tutti e tre con la mano nella mano, qualche centinaio di metri a piedi e ci troviamo alla gela-teria del corso, aperta nonostante l’ora, è mez-zanotte, prendiamo posto ad un tavolino e Car-

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lo, gentilmente, si offre di andare ad ordinare i gelati, io e Roby restiamo soli, sto per aprire bocca quando Roby si alza e velocemente rag-giunge l’amico nel locale, vedo un veloce scam-bio di parole e ritorna scusandosi per la fuga, faccio cenno che è tutto in ordine e che adesso aspettiamo che ci portino i gelati, Carlo esce dal locale e viene verso di noi lentamente e a un paio di metri mi chiede di chiudere gli occhi, ubbidisco e sento un bacio sulla guancia destra contemporaneamente uno sulla sinistra, apro gli occhi e una favolosa orchidea si trova davanti a me, dimenticavo che la gelateria ha una mac-chinetta distributrice di fiori freschi e loro me lo hanno voluto ricordare, una lacrima di commo-zione mi scende e loro se ne accorgono, prima che facciano domande dico grazie e sorrido.

Gustavo il gelato senza sentirne il sapore, davanti ai miei occhi vedevo quel vasetto di ve-tro con quel fiore che sembrava guardarmi e sembrava volesse essere baciato solo da me, ero felice e non mi aspettavo certo che due ragazzi giovani e arrapati per quello che era successo avessero nella loro mente un gesto così carino, ero felice e non volevo pensare ad altro, non parlai più fino al ritorno, alle loro domande ri-spondevo a gesti o con un semplice si/no, è quasi l’una, l’aria si è rinfrescata parecchio e for-se ci voleva un golfino, sorrido ai miei ragazzi e sottovoce dico che oltre al golf ci sarebbero vo-

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lute anche le mutandine, girava aria sotto il mio straccetto, cominciarono a sprecarsi battute e volevano sapere se potevano fare qualcosa a ri-parare il mio tesoro dal gelo, risposi che se vo-levano fermarsi da me per la notte avrebbero potuto aiutarmi a riscaldarmi.

Feci spiritosamente pesare che la loro pre-stazione, seppur dolce e delicata, era stata al di sotto delle mie aspettative per durata, e se loro avessero voluto dimostrarmi il contrario e vole-vano rifarsi della “figuraccia” potevano fermarsi tutto il week-end.

Chiesero solo il permesso di salire un atti-mo in casa a prendere il pigiama, concesso a patto di non tardare.

Casa mia è sempre stata in ordine, stasera

invece c’è un caos che non mi riconosce, piatti sul tavolo in sala da pranzo, il tappeto del salot-to tutto stropicciato, la cucina con bicchieri mes-si nel lavandino e infine il bagno con asciuga-mani e accappatoi appesi un po’ ovunque, non mi importa del caos e mi accarezzo il ventre sor-ridendo a me stessa, scendo con la mano nelle labbra della mia vagina e sento ancora l’appiccicaticcio dello sperma che ristagna dol-cemente in me, penso sia il risultato della felicità dei due ragazzi che hanno goduto in me e di me, penso, ho ancora qualche ora per godermi questi momenti che io desideravo da molto e

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poi, penso a loro che non avrebbero mai imma-ginato di realizzare le loro fantasie su di me.

Solo una lacrima di gioia scende dai miei occhi, mi sento felice, strana, forse anche un po-chino pazza, non riesco a capacitarmi di come sia riuscita a finire insieme a due maschi e fare sesso senza nemmeno provare un qualcosa di leggermente fastidioso, ero euforica e lo sono tutt’ora, penso a quanto sia felice ora e vorrei dividere la mia felicità con tutti, ma non posso, non capirebbero, sto pensando a … , il campa-nello di casa suona, sono loro, hanno fatto in fretta, sono tornati e con loro si anima la mia pazzia.

E’ quasi mezzogiorno, sto facendomi un

caffè e sono a pezzi, la schiena è come se avessi portato uno zaino pieno di sassi per tutta la not-te, le gambe doloranti e la testa che non so dove sia, bevo il caffè e mi rendo conto che sono nuda come mamma mi ha fatto, mi guardo e mi sor-rido da sola, mi sento figa, molto figa, anche una bella figa, mi avvicino al bagno quasi bar-collando e appena entro mi vedo nello specchio tutta intera, si sono molto carina e dopo queste ore dove mi sono fatta una scorpacciata di sesso sono ancora meglio, striscioline lucide disegna-no ricami sul mio corpo, particolarmente sulle gambe, sul ventre, e mi vedo arrossata sull’inguine e sulle tettine, mi sento coperta di

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profumo di maschio, e anche del mio profumo, non voglio nemmeno farmi una doccia, mi sen-tirei di respingere questi momenti che saranno indimenticabili, l’aria fresca mi obbliga a met-termi qualcosa, una canottiera, sì quella basta, è lunga e mi copre anche il culo, eh sì anche quel-lo lo trovo bello, sodo, disegnato in modo per-fetto, non lo copro, anzi voglio stare senza slip, voglio che la mia figa, la chiamo così da ora, e il mio culo siano protagonisti dei miei passi, ma cosa sto pensando? si sono sempre io la Lory che è sempre controcorrente e che commette er-rori ma sa ammetterlo e riconoscerlo, ma sono anche la Lory che ama la vita e rispetta tutti quelli che vivono con o vicino a lei, ma non vo-glio filosofare oggi, voglio solo vivere.

Lascio la tazzina del caffè in anticamera e mi faccio una smorfia, il giorno prima la tazzina l’avrei portata in cucina, lavata, asciugata e messa al suo posto nell’armadietto, ora no, la-sciala li, guardo sul letto e li vedo, dormono come sassi, teneramente uno addosso all’altro, sono crollati dopo che abbiamo avuto una serie di orgasmi che non ne ricordo nemmeno il nu-mero, sono stata la prima a svegliarmi e a ren-dermi conto che non è stato un sogno, ecco giu-stificato il rossore sul pube e sul seno, e le ossa rotte? quelle sono sintomi molto chiari di quan-to abbiamo scopato, è bastato dire che prendevo la pillola che hanno chiesto il permesso di ve-

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nirmi dentro, e io l’ho preteso, fare sesso e do-ver controllare ogni pensiero e ogni azione si-gnifica fare le macchine da sesso e nessuno di noi tre voleva e doveva essere la macchina da sesso.

Mi avvicino lentamente e mi siedo sul bordo del letto cercando di non fare movimenti bruschi, poi prendo un braccio di Roby e lo stacco da Carlo, ora c’è spazio per me in mezzo a loro, mi intrufolo e tiro il lenzuolo su per co-prirci, qualche movimento si intravede nei due dormiglioni, ora li sveglio io, vado con le mani alla ricerca dei loro membri e li afferro con deci-sione e dolcezza, poi li accarezzo e mi godo il ri-sveglio sia dei ragazzi sia del loro amichetto.

Il mio alito sa di caffè e quando aprono gli occhi e si rendono conto dove si trovano, mi sa-lutano baciandomi sulle guance, una ciascuno e poi insieme, mi sussurrano nell’orecchio “Lory sei il nostro paradiso”, a quel punto li spingo fuori dal letto e tutti e tre, praticamente nudi, andiamo verso la cucina a far colazione all’alba del mezzogiorno inoltrato.

E’ bello essere uno di fronte agli altri senza nulla che ci copra, a parte la mia canottiera che esalta ancora meglio i miei seni, mi guardano e quasi fingendo sorpresa mi fanno segno a quelle gocce secche del loro seme sparso dentro e fuori il mio corpo, mi sorridono teneramente e si

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aspettano da me delle risposte alle loro doman-de delle quali non sanno formularne il concetto.

“Ragazzi, oggi è un giorno speciale per voi e per me, per ore abbiamo fatto l’amore, quello che è vero amore fra persone che non sono in-namorate ma si desiderano, un modo di fare dell’amore sesso puro, quel sesso che tutti vi in-vidierebbero, sicuramente anche tante donne potrebbero invidiare me, ma mi piacerebbe tira-re un po’ le somme e sentire il vostro pensiero”.

Non sono certamente innamorata di nes-suno dei due e se vi ho voluto insieme è perché nemmeno voi dovete prendervi una cotta per me, quello che abbiamo fatto e vissuto insieme è stata una bella esperienza, io ho provato ad es-sere la donna di due maschietti contempora-neamente e voi vi siete divisi la preda, io, in modo equo e onesto, non avete avuto crisi di competizione e gelosia e questo farà sì che il ri-cordo sarà per entrambi una delle cose più belle della vostra permanenza in questa città.

Da domani non vi permetterò più nemme-no di abbracciarmi, ma sì, forse quello sì, ma sa-ranno abbracci affettivi, il mio corpo non sarà più vostro, ma non lo dovete desiderare nem-meno più, siamo stati tutti e tre un bel intervallo nella monotonia della nostra vita, monotonia che non deve essere vista negativamente ma come successione temporale quasi sempre uguale.

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Prende coraggio Roby e dice che gli sem-bra di essersi svegliato da un sogno e ancora non si rende conto di quello che è veramente ac-caduto, guarda l’amico e sorride dicendo che non avrebbe mai pensato di avere Carlo vicino a lui eccitato, con una erezione da maschio arra-pato, erano pensieri che non lo avevano mai sfiorato, Carlo fa cenno che anche lui non aveva mai messo in conto queste situazioni, ma sono entrambi sicuri che queste ore saranno indelebili nella loro testa.

Poi imbarazzati per la loro nudità mi ac-corgo che non sanno cosa fare, mi alzo e vado a togliere dall’armadietto una scatola di dolcetti e li metto in tavola con il caffè e il latte appena scaldato, nel farlo metto in mostra ancora una volta il mio sesso tutto “spettinato”, semi aperto e chiaramente voglioso, poi decido di togliere l’imbarazzo ai due maschietti sottolineando che ho detto e specificato “da domani”……. quindi, colazione e poi una mano a cambiare le lenzuola che erano state ridotte a degli stracci, una siste-mata a casa e poi, se erano d’accordo, un riposo tutti e tre insieme, di nuovo a letto fino a doma-ni.

Che accettassero non avevo dubbi ma che non mi lasciassero finire la frase per dire un sì convinto mi sembrava una mia presunzione, mi sciolsi in un brodo di giuggiole quando Roby, parlando per entrambi, disse che avevo genera-

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to in loro due una serenità che non avrebbero mai pensato esistesse in situazioni tanto piccan-ti, da oggi avrebbero sempre visto il sesso come un punto d’arrivo, un punto d’arrivo dove tutto è bello pulito e dolce, dove la mente deve vede-re e pensare solo in positivo, così dicendo indi-cava se stesso e noi due che eravamo nudi come quando siamo nati e stavamo parlando seria-mente su cose tanto personali senza aver un mi-nimo di imbarazzo, lo fermai con un dito sulle labbra e chiesi solo di starmi vicini ancora una notte.

Non avevo dubbi, dalla nostra avventura

di settembre sono passati quasi due mesi, en-trambi i miei “maschietti” hanno dato la tesi di laurea e hanno ottenuto entrambi un bel 110 e lode, dopo quel week-end di sesso hanno rispet-tato il mio desiderio e non ne abbiamo più par-lato, abbiamo bevuto qualche caffè insieme e abbiamo parlato del futuro, dove loro sperano di riuscire a far diventare realtà quei progetti che hanno in testa, ora siamo in una pizzeria e stiamo festeggiando le loro lauree, ci sono anche amici e amiche dei loro corsi e io sono l’invitata speciale, la vicina di casa che li ha aiutati …., li guardo e sorrido, mi scende una lacrima che na-scondo velocemente, domani partono e tornano a casa, mi mancheranno i loro sorrisi, i loro gesti e il loro calpestio che negli ultimi tempi sentivo

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mentre a voce alta ripassavano le loro tesi, mi mancheranno …

Mi riportano alla realtà le voci festose, si fanno fotografie e vengo presa per mano da Ro-by e Carlo e vengo letteralmente trascinata all’esterno della pizzeria, c’è un bello scorcio e i ragazzi mi abbracciano e ci stringiamo affettuo-samente e mentre entrambi mi baciano sulla guancia un loro amico scatta una serie di foto-grafie, i flash mi svegliano completamente, mi rendo conto che il tempo è passato e io sto com-battendo con me stessa se dire o meno quello che vorrei a questi due bravi ragazzi.

Mi limito a sussurrare che mi spiace per-derli come amici, non voglio parlare di indirizzi e futuri appuntamenti, è il destino che scrive per tutti noi.

Riguardo dalla finestra e ha cominciato a

nevicare abbastanza forte, sbircio l’orologio e manca ancora un minuto, ne sono trascorsi solo cinque, e in quei minuti sono passati veloce-mente gli ultimi mesi della mia vita, ho rivisto il film della mia avventura che fra poco mi dirà se ho fatto bene o se ho sprecato del tempo, no, so-no sicura che tempo non ne ho sprecato, sono sicura che ho reso felici due ragazzi, li ho fatti diventare uomini, ho portato del sorriso vero sui volti di persone vere, qualsiasi sia il risulta-to, guardo le fotografie di quella sera, l’ultima

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sera insieme, in pizzeria, le ho messe nel plexi-glass, le ho di fronte a me, siamo l’immagine di tre persone felici incorniciate e chiuse in un ve-tro, loro ora dove saranno?, staranno cercando di fare l’albero di natale?, ecco il suono del cro-nometro mi riporta verso il bagno, tremo e ho timore di scoprire una realtà che non vorrei, mi avvicino alla sonda e guardo, poi scoppio in un pianto liberatore, sono felice, suona il telefono, rispondo al terzo squillo, “ciao, fra poco sono a casa, esco ora dalla stazione e giusto il tempo di arrivare in taxi, come mai piangi?, è successo qualcosa?, mi fai star male, parlami”.

Finalmente riesco a parlare e rispondo, “sono felice, ti amo, mi manchi, ti aspetto, è un vero Natale anche per noi, avremo un figlio!!!!”

Riattacco subito e metto un giaccone,

scendo nell’atrio e aspetto che arrivi il mio amo-re, sta tornando da una trasferta di lavoro, sta arrivando, è in taxi, sono mesi che non ci ve-diamo, ha terminato il lavoro all’estero e ora sa-rà sempre a casa, le lacrime scendono e non rie-sco a fermarle, sono felice, tanto….

Il taxi si ferma davanti a casa, la neve ha

formato un tappeto bianco e le sole tracce che si formano sono i miei piedi e i suoi, il tassista sca-rica le due valige e le porta nell’atrio, prende i

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soldi della corsa e ringrazia per la mancia, au-gura il buon Natale e riparte.

Abbraccio il mio amore e ci baciamo, non

vorremmo staccarci mai ma dobbiamo salire in casa, fa freddo e lei sarà stanca, non riusciamo a parlare, siamo tutte e due emozionate, entriamo e buttiamo in un angolo le valigie, spogliamo i giacconi e ci abbracciamo con più passione, poi Lavinia mi accarezza il ventre, e anche lei con le lacrime agli occhi mi chiede se è vero, …se sa-remo davvero mamme… se sono felice, … co-me lo chiameremo e mi chiede chi è il padre.

La porto in soggiorno, indico la cornice di plexiglas e dico che il padre di Roberto Carlo, oppure Roberta Carla se sarà femmina, il padre non so chi sarà, ma certamente uno di quei due meravigliosi ragazzi.

Lavinia mi prende per mano, quasi mi tra-

scina in camera da letto e mi spinge dolcemente sulla coperta, mi viene sopra e mi bacia, la sua lingua conquista la mia bocca, mi spoglia piano, mi eccita quando fa così, mi bacia i seni, l’ombelico, mi accarezza tutta e io la stringo a me, delicatamente si ferma sul mio fiore già al-lagato dalla voglia, lo stringe fra le labbra e mi fa sentire in paradiso, mi sconvolge quello che fa, la volevo e mi mancava da tanto, la strappo da li e la bacio sentendo il mio sapore sulle sue

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labbra, lecco il suo corpo per sentire il sapore della sua pelle, rispondo ai suoi baci e mi ri-prendo il suo corpo, a caso, dove capita, mi pia-ce tutto di Lavinia, i suoi capezzoli li succhio come una bambina al seno della mamma, lei ri-prende a baciare il mio sesso e io voglio godere il suo, ha il gusto della donna innamorata, lei prende fiato e cerca di fermarsi, cerca di fermare anche me, sento la sua vagina vibrare sotto le mie labbra, fuori nevica e i soli rumori sono i nostri respiri che si fanno sempre più concitati, con la voce rauca di una donna che cerca di pensare ad altro Lavinia mi propone; “scaldia-moci sotto l’acqua bollente della doccia, poi fac-ciamo l’amore e mi racconti tutto” …… non fi-nisce nemmeno la frase e capisco che è sulla via del non ritorno, lecco il suo clitoride con violen-za e sento che sta venendo, stringe le sue gambe e mi tiene le mani nei capelli, spinge la mia boc-ca sul suo sesso bollente, nemmeno io mi trat-tengo più, i nostri corpi sono percorsi dal piace-re che non si può trattenere e con la fatica di quel momento le nostre bocche si cercano men-tre l’orgasmo è vincitore su di noi.

Le nostre bocche si ritrovano per scam-

biarsi il sapore di quei sessi che aspettavano so-lo questi momenti, le nostre lingue impazzite baciavano e leccavano ogni centimetro di pelle che formava i nostri visi per incontrarsi nelle

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nostre bocche assetate d’amore e di sesso, erano tanti giorno che ci mancavamo, questo orgasmo aveva riacceso con più vigore la nostra voglia di noi, le nostre mani vagavano sui nostri corpi toccandoci dove sapevamo, poi come una tem-pesta la nostra brama di prendere possesso di nuovo della mente dell’altra scatenò di nuovo il desiderio di possesso, Lavinia mi penetrò quasi con violenza con le sue dita, facendomi quasi mancare il respiro per il piacere che solo lei sa-peva darmi, sapeva che io a quel punto non avrei resistito e mi sarei lasciata coinvolgere mettendomi a sua completa disposizione, lei sa-peva come fare di me il suo giocattolo e comin-ciò a stringermi con le labbra i capezzoli, lo fa-ceva quasi al limite del dolore ma sapeva fino a dove il piacere arrivava, capivo che mi stavo bagnando e le sue dita scivolavano avanti e in-dietro lentamente per poi velocizzare questo movimento per portarmi ad un altro orgasmo che avrebbe poi fatto di me una tigre affamata di Lavinia, cominciai a rantolare e a tremare, venivo in continuazione e Lavinia si era abbas-sata per bere i miei umori mentre io non riusci-vo a capire più nemmeno dove ero, mi accorsi solo che non erano più le dita che mi stavano scopando ma la lingua di Lavinia, lingua che mi ritrovai nella mia bocca assetata di sesso e vo-gliosa di ricambiare quei momenti meravigliosi, scivolai fra le sue gambe mentre lei riprese a

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occuparsi della mia vagina, affondai con deside-rio il mio viso fra le labbra profumate del suo sesso e sapevo di perdermici dentro, quante vol-te ho baciato quelle labbra e quante volte hop portato il suo profumo di donna sulla sua bocca dove incontravo il mio aroma, quante volte ci siamo detto che ci amavamo e quante volte ab-biamo pianto di felicità, quante volte….. mentre un ennesimo orgasmo ci prendeva insieme e ci annullava la volontà per il troppo piacere e il troppo amore.

Pochi minuti dopo, forse tanti minuti, non lo so e non voglio saperlo, ci ritroviamo abbrac-ciate, le nostre gambe intrecciate e le nostre va-gine quasi appiccicate dai frutti dei nostri orga-smi, le nostre bocche vicine che si scambiano innocenti bacetti, la stanchezza che si fa sentire e la felicità …… Lavinia scivola con il viso sul mio ventre, quasi volesse sentire un battito leggero che non si sente ancora, appoggia la sua testa leggera e sospira, siamo stanche e felici, una fe-licità che non si riesce nemmeno ad immagina-re, forse si può solo sognare.

Morfeo si prende la rivincita e ci manda un

ristoratore sonno profondo, era tanto tempo che ci mancavamo, la voglia di una dell’altra era cresciuta negli ultimi giorni, non avevo dormito tutta la notte, sapevo che stava volando da me e avevo solo potuto scambiare pochi secondi di

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telefono la sera prima, ora eravamo di nuovo unite.

Tre ore di sonno e un meraviglioso risve-glio, fra le mie braccia lei, Lavinia, uno sbadiglio gigante e una risata festosa, ora ci dobbiamo da-re una mossa, l’ora di pranzo è passata da un po’, ma qualcosa da mangiucchiare c’è sempre, ci facciamo una doccia per svegliarci completa-mente e rientrare nell’orario normale, poi men-tre sgranocchiamo il nostro pranzo/merenda, comincio a raccontare quello che ho sempre ac-cennato durante la sua assenza, Lavinia era sta-ta trasferita per lavoro pochi giorni dopo che ci erano state negate le possibilità di poter usufrui-re della fecondazione assistita, lei era risultata sterile, doppia delusione, avevamo deciso di avere un figlio nostro, la prima che avesse avuto un figlio lo avrebbe concepito per entrambe, il padre non doveva saperlo per evitare problemi futuri, solo noi lo avremmo saputo e tenuto se-greto fino all’impossibile.

L’unica possibile madre restavo io, Lavinia fra le lacrime avrebbe voluto essere con me, e solo dopo le mie assicurazioni che avrei cercato un incontro senza amore la convinse che era so-lo un modo per realizzare il nostro futuro, poi la svolta, due ragazzi, che avevano tutto per essere i padri ideali, dovevo essere io a calcolare tempi e metodi, mi era stato facile farlo, scoprire che i due ragazzi sbavavano per me mi ha agevolato

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il compito, mi è bastato controllare le mie tem-perature e il mio ciclo, poi invitarli a cena e of-frirmi spudoratamente a tutti e due sapevo di correre un rischio, quello di essere tacciata e ri-fiutata come una puttana oppure di fare colpo e ottenere il risultato prefisso, certo non bastava un rapporto solo ma lavorando sulla tenuta fisi-ca di due ventenni e fornendo loro l’occasione di fare un paio di giorni di sesso ininterrotto po-tevo ottenere il risultato che speravo.

Certo sapevo di fare una cattiveria nei loro confronti, se, come è accaduto, avessi avuto quello che cercavo, mi sono posta la domanda se avrei dovuto o meno metterli al corrente del mio progetto, anzi del nostro, ma poi ho preferi-to che questo restasse un segreto fra me e Lavi-nia.

Tutto questo nel Natale del 1988.

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Robertocarlo è emozionato, si sta presen-tando per la sua tesi di laurea, l’università è la stessa dove io e Lavinia, 30 anni prima, ci siamo conosciute e abbiamo dato esami su esami, lui, nostro figlio, ha scelto di essere un agronomo, un segno del destino che ha ricordato a me quali potessero essere i natali del padre, lui di suo padre non ha mai chiesto più di tanto, gli è stato detto che era un uomo eccezionale, del padre volevo che ne avesse una buona visione, un buon ricordo, gli assicurai che era sicuramente onesto, lavoratore e bello, come suo figlio in-somma, come Robertocarlo, di suo padre dove-va sapere la cosa più importante, quella che non sapeva di essere il padre di un ragazzo che ave-va in cambio due madri, ma di suo padre dove-va andarne orgoglioso, quando ci siamo persi di vista io non gli dissi di essere incinta, non lo cercai, ero tornata ai miei veri orientamenti ses-suali, Lavinia era con me da sempre, entrambe un bimbo lo volevamo e lui non era “capitato” era voluto, e poi non tutti hanno due mamme fantastiche, no?,

Eravamo da due ore in attesa di sentire il suo nome, finalmente una persona antipatica, un “bidello” elementare degli anni venti, chia-ma nostro figlio e gli indica la porta, lui ci fa cenno di entrare e lo seguiamo, prendiamo po-sto e ci sediamo poco dietro di lui.

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Finalmente conosceremo il suo relatore, lo aveva seguito dall’inizio, erano entrati in sinto-nia e gli dava tutte le dispense sulle quali dove-va basare la sua tesi, erano stati tante volte a pranzo insieme e si erano scambiati delle confi-denze, lui era rimasto all’università su richiesta del rettore, ma avrebbe voluto fra qualche anno mettersi a salvare qualche albero, aveva avuto una sola storia d’amore finita dolcemente in modo anomalo, sapeva che Robertocarlo il pa-dre non lo conosceva, ma che aveva due mam-me, ovviamente i costumi odierni sono molto più elastici di quando lui è nato più di 23 anni prima, due donne che si amavano e hanno lotta-to contro tutti e tutto per avere un figlio loro, di questo nostro figlio ne andava fiero ……

Un tavolo mastodontico, di quelli che fan-no scena, su un lato una decina di professori, sull’altro il mio cucciolotto, anzi il nostro cuccio-lotto, Lavinia mi stringe la mano mentre Rober-tocarlo parla e snocciola le risposte alle doman-de che il dialogo sulla tesi porta avanti, un dot-tore forestale fa una domanda precisa a nostro figlio, alzo gli occhi perché quella voce è fami-gliare, mi ricorda qualcuno, guardo bene e non posso fermare il colpo al cuore, non è possibile, Roby sta esaminando il mio bimbo, e magari il suo..

Non sento più nulla, Lavinia mi guarda e mi sta per fare una domanda, è troppo intelli-

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gente si ferma e non la fa, ha capito, lei non ave-va mai conosciuto Roby ma gli avevo detto tut-to, una semplice deduzione e i suoi occhi mi di-cono che va tutto bene.

Usciamo, l’attesa del giudizio è un inferno, cosa starà pensando lui, mi avrà riconosciuta?, potevo immaginare che uno dei relatori di mio figlio fosse anche il suo probabile padre natura-le?, Robertocarlo mi vede pallida, do la colpa all’emozione, anche lui è in tensione e ci crede, viene richiamato in sala, devono comunicargli il giudizio in maniera ufficiosa, poi entreremo an-che noi, due minuti in genere, passano lenta-mente, non sono due ma stanno diventando dieci, perché?, ecco ci chiamano, entriamo e at-tendiamo l’ufficialità della valutazione, non sen-to le parole e nemmeno quello che il rettore de-finirebbe un discorso, sento la votazione del massimo con lode, sento gli applausi e vedo lui, sì, Roby che insieme a mio figlio si avvicinano, le gambe mi tremano, sono vicinissimi e mentre Robertocarlo mi abbraccia il dottor “Roby” salu-ta Lavinia e me, rivolto ad entrambe, tenendo sempre una mano sulla spalla di nostro figlio, ci invita al bar dell’università a pochi metri nel corridoio, ci invita a sederci e scambiare quattro parole, sa della nostra situazione famigliare, sa dei buoni risultati di nostro figlio negli anni scorsi, tralascia di parlare degli anni dell’università, ci guarda e con una voce dolce e

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sincera conferma che sicuramente abbiamo un ragazzo che farà molta strada, sottolinea che ha due mamme delle quali deve andarne fiero e con il voto di oggi, suo padre, chiunque sia, si-curamente ha di che esserne orgoglioso.

Un momento di silenzio e poi la richiesta di permettere a Robertocarlo di passare un week-end da lui e dal suo socio in affari, combi-nazione il suo associato si chiama Carlo, ha le stesse specializzazioni per le quali nostro figlio studia, e hanno uno dei più belli dei laboratori per gli studi sulle piante …. io e Lavinia diamo il permesso senza nemmeno battere ciglio.

Si alza e ci abbraccia, quando abbraccia me

mi sussurra all’orecchio quante volte lui e Carlo hanno ricordato una Dea e ora, loro due, sanno che qualcosa di loro, hanno lasciato insieme al cuore, qualcosa di magnifico in quella casa dove si sono sentiti uomini con la U maiuscola insie-me ad una donna che di maiuscolo aveva tutto.

Questo accadeva nelle giornate vicine al Natale 2011.