C.G.S. Don Bosco Villa Ranchibile - Cineclub 2014 -2015 · Per la prima volta si documentava la...

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11/12 Novembre

UN FANTASTICO VIA VAI Genere: Commedia

Regia: Leonardo Pieraccioni

Interpreti: Leonardo Pieraccioni, Serena Autieri, Maurizio Battista, Marco

Mazzocca, Marianna Di Martino, Chiara Mastalli (Anna), Giuseppe Maggio,

David Sef, Alice Bellagamba, Massimo Ceccherini, Giorgio Panariello,

Alessandro Benvenuti, Enzo Iacchetti.

Nazionalità: Italia Distribuzione: 01 Distribution

Anno di uscita: 2013 Origine: Italia (2013)

Soggetto e sceneggiatura: Leonardo Pieraccioni, Paolo Genovese

Fotografia (Scope/a colori): Fabrizio Lucci Musiche: Gianluca Sibaldi

Montaggio: Conuelo Catucci Durata: 95'

Produzione: Levante e RAI Cinema. Giudizio: Consigliabile/brillante.

Tematiche: Aborto; Amicizia; Giovani; Matrimonio - coppia; Razzismo;

Soggetto

Arnaldo, 45enne, vive in provincia, lavora in banca, è sposato con Anita e la coppia ha due figlie gemelle,

Martina e Federica. Nel tempo libero, Arnaldo esce con due colleghi, Giovannelli ed Esposito, per andare

a cena e in qualche locale. Proprio all'indomani di una serata a teatro, Anita scopre nella sacca della moto

un indumento intimo femminile compromettente. Dopo inutili tentativi per discolparsi, Arnaldo viene

cacciato di casa. Vede allora un cartello, si presenta all'indirizzo e prende in affitto una camera in un

grande appartamento dove vivono quattro studenti: due ragazzi, Marco e Edoardo, e due ragazze, Camilla

e Anna. La vita in comune prende il via tra impacci e imbarazzi. Soprattutto Camilla, incinta di otto mesi,

crea qualche apprensione. Si innesca una girandola di equivoci alimentata da situazioni e personaggi di

contorno. Alla fine però Arnaldo riesce a dipanare la matassa e a rimettere le cose nel giusto binario. E

anche lui trova il coraggio per ripresentarsi a casa e riprendere la vita con la famiglia.

Valutazione Pastorale

La cornice ambientale trova una ulteriore conferma: siamo nella provincia toscana, fatta di antiche

bellezze architettoniche, armonie urbanistiche, incroci di sapori e stili. Respirando in mezzo a stradine,

vicoli, parchi e boschi, il copione racconta cose altrettanto leggere, autentiche, semplici. A dir la verità, le

scansioni narrative dipanano le scintille dell'inevitabile incontro/scontro tra generazioni, incrociano nello

sguardo dei giovani e degli adulti alcune serie difficoltà: Camilla rimasta incinta con un uomo che è

scappato; Clelia in grave difficoltà perché innamorata di un ragazzo di colore, di cui il padre non sopporta

la presenza. E poi, a disegnare la dimensione del tempo, c'è la routine della cittadina, quella noia

quotidiana che fa smuovere la fantasia e sognare evasioni in mari lontani. I graffi della realtà assumono i

toni della favola moderna, prendono colori morbidi e piacevoli. La musa di Pieraccioni si adagia nei

ricordi del passato (la citazione da "I laureati"), riflette con un sorriso sul passare degi anni, verifica le

distanze verso le abitudini giovanili. La fuga sulla caravella inquadra l'inizio e la fine del racconto.

Arnaldo torna a casa, il suo futuro in fondo è lì. Forse quegli studenti faranno fatica a trovare lavoro (in

banca, come lui?), forse non tutti i genitori sono così comprensivi verso una anonima maternità della

figlia. Ma non importa. La fiaba è bella anche per questo. Il Pieraccioni regista resta ancorato ad un

cinema un po' superato ma ostinatamente gentile e scanzonato. E il film, dal punto di vista pastorale, è da

valutare come consigliabile e nell'insieme brillante.

Utilizzazione

il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in successive occasioni come prodotto gradevole e di

semplice consumo.

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18/19 Novembre

12 ANNI SCHIAVO Genere: Drammatico

Regia: Steve McQueen

Interpreti: Chiwetel Ejiofor, Michael Fassbender, Benedict

Cumberbatch, Paul Dano, Paul Giamatti, Lupita Nyong'O, S. Paulson,

Brad Pitt.

Nazionalità: Stati Uniti

Distribuzione: BIM Distribuzione Anno di uscita: 2014

Origine: Stati Uniti (2013)

Soggetto: dall'autobiografia di Solomon Northrup.

Sceneggiatura: John Ridley

Fotografia (Scope/a colori): Sean Bobbitt Musiche: Hans Zimmer

Montaggio: Joe Walker Durata: 133'

Produzione: B. Pitt, D. Gardner, J. Kleiner, B. Pohlad, S. McQueen, A.

Milchan, A. Katagas. Giudizio: Consigliabile/problematico/dibattiti.

Tematiche: Bibbia; Famiglia; Giustizia; Libertà; Razzismo; Storia;

Soggetto Stati Uniti, 1841. Solomon, un nero nato libero, vive con la propria famiglia nel nord dello stato di New York.

Musicista provetto, viene avvicinato da alcuni finti impresari che lo convincono a seguirlo per partecipare ad

alcune esibizioni. In realtà Solomon viene rapito, venduto come schiavo e condotto nelle piantagioni di cotone in

Louisiana. Resta per dodici anni sottoposto insieme ad altri al duro lavoro, alle sevizie, alle frustate del suo

'padrone' Edwin Epps e di altri proprietari terrieri. Quando conosce Bass, un abolizionista canadese, per Solomon si

apre lo spiraglio che lo riporterà alla libertà e alla famiglia.

Valutazione Pastorale Pubblicato nel 1853, "12 Years A Slave" è il libro in cui Solomon Northup racconta a Davis Wilson i dodici anni

trascorsi in schiavitù in diverse piantagioni della Louisiana. L'impatto di quelle pagine sull'opinione pubblica

americana fu notevole. Per la prima volta si documentava la vita quotidiana degli schiavi. In particolare l'attenzione

era concentrata su due aspetti: cosa significava essere di "proprietà" di qualcuno; quale era il quadro dell'impatto

morale, emotivo, spirituale che la schiavitù esercitava sulle persone coinvolte. La schiavitù e gli Stati Uniti, la

schiavitù e il cinema: i due argomenti non hanno tardato ad incontrarsi, almeno dai tempi di "Intolerance" (1916),

fondamentale opera di Griffith del periodo muto. Sono tappe piccole/grandi che punteggiano la storia della settima

arte e costeggiano quella americana. Passando da Spielberg e da Spike Lee, ci si potrebbe riferire al recente "The

Butler", che comincia con una violenza efferata su una donna da parte del padrone bianco e ripercorre 80 anni di

vicende USA. Inglese di nascita, Steve McQueen si è imposto con due titoli aspri, duri, certamente spiazzanti

(Hunger, 2008; Shame, 2011), nel secondo dei quali tuttavia già faceva capolino la propensione per un certo

compiacimento formale. Qualcosa c'è anche qui, perché al netto di quella fascia di irrecuperabili razzisti che

vogliono restare indifferenti, la vicenda di Solomon è paradigmatica, chiede coinvolgimento, suscita pietà e

indignazione, mette in moto (se vogliamo) qualche meccanismo metaforico su analoghe situazioni di oggi, lancia

campanelli d'allarme sulla necessità del rispetto dei diritti umani, ma non riesce ad essere secca, asciutta, incisiva.

Sbrigativo l'incontro con l'abolizionista bianco, fin troppo mieloso il finale rientro in famiglia. Sotto il profilo

strettamente linguistico sappiamo da tempo che non c'è bisogno di "far vedere" 50 frustate o aumentare il tasso di

sangue che scorre, per dare la dimensione dell'orrore compiuto. L'impressione è che la regia cada in qualche

sovrastruttura espressiva e che l'intenzione di 'lavare le colpe della storia' tolga efficacia al racconto. Resta

indubitabile il valore dell'operazione e, dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile,

problematico e adatto per dibattiti.

Utilizzazione Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in successive occasioni come affresco storico e avvio alla

riflessione sul tema centrale del razzismo nella storia e nel cinema. Qualche attenzione è da tenere per minori e

piccoli in vista di passaggi televisivi o di uso di dvd e di altri supporti tecnici.

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25/26 Novembre

YVES SAINT LAURENT Genere: Drammatico

Regia: Jalil Lespert

Interpreti: Guillaume Gallienne, Charlotte Lebon, Laura Smet, Marie de

Villepin.

Distribuzione: Lucky Red

Anno di uscita: 2014

Origine: USA (2014)

Durata: 100'

Soggetto

Film biografico che racconta la vita e la creatività di un instancabile innovatore, senza eccedere nella

beatificazione o nel gossip del defunto Christian Dior nella cui maison ha già avuto modo di dar prova

delle proprie qualità. Lo attende la prima collezione totalmente affidata alla sua creatività. Il successo

ottenuto lo proietta ai più alti livelli della moda parigina imponendogli al contempo una continua

pressione. Il ricovero per una sindrome maniaco-depressiva, in occasione della sua chiamata alle armi per

la guerra in Algeria, fa sì che venga licenziato. Grazie al sostegno di Pierre Bergé, che ne diverrà il

compagno e il factotum, lo stilista apre una propria casa di haute couture e YSL diverrà un marchio

simbolo di eleganza e innovazione.

Jalil Lespert si inserisce con questo film nell'ambito del film biografico stando attento a non eccedere

nella beatificazione del protagonista ed evitando anche di cadere nel gossip per immagini. Sono due rischi

che chi decide di affrontare una personalità complessa come quella di Yves Mathieu Saint Laurent non

può sottovalutare. Il film non ci propone solo il progredire della creatività di un artista in continua ed

obbligata evoluzione (a un certo punto gli verrà fatto rilevare che è felice solo due volte l'anno: in

primavera e in autunno quando presenta le nuove collezioni) ma va oltre. Ce lo contestualizza, ad

esempio, nella lacerante situazione di chi ha lasciato la natia Algeria (da cui anche il regista proviene) e

sente il peso di dover rispondere ad interrogativi socio-politici a cui si vorrebbe che prestasse attenzione.

La sua vita invece sta in quelle matite che muove con la rapidità di un pittore e da cui nascono abiti che

sanno valorizzare le donne rimanendo al passo coi tempi e spesso anticipandoli.

Come Valentino Garavani con Giancarlo Gemmetti così per Yves è determinante l'incontro con Pierre

Bergé. È il compagno a cui può appoggiarsi quando la sua forza creativa si muta in fragilità emotiva, è

l'organizzatore e il manager. È colui che sa dare un valore commerciale alle sue creazioni mentre Yves

acquista una preziosa e antica statua di Buddha senza saperne neppure il prezzo. È a lui (interpretato da

un partecipe Guillaume Gallienne) che Lespert affida la narrazione ed è il vero Bergé che ha consentito di

esplorare il lato nascosto alle cronache di una relazione durata tutta una vita. Un rapporto in cui non sono

mancati i tradimenti e che, per un periodo non breve, ha finito con il ruotare intorno a una donna. La

modella Victoire diviene per entrambi un oggetto del desiderio e della gelosia che non li spinge mai a

rinnegare od occultare la loro omosessualità ma li mette a confronto con quel mondo femminile per il

quale entrambi ogni giorno elaborano e promuovono quegli altri oggetti del desiderio che hanno il nome

di abiti di alta moda.

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09/10 Dicembre

LA MAFIA UCCIDE SOLO

D'ESTATE

Genere: Commedia

Regia: Piefrancesco Diliberto 'Pif '

Interpreti: Pierfrancesco Diliberto "Pif " (Arturo), Cristiana

Capotondi (Flora), Ginevra Antona (Flora bambina), Alex

Bisconti (Arturo bambino), Claudio Gioè (Francesco), Ninni

Bruschetta (fra' Giacinto), Barbara Tabita (Maria Pia, madre di

Artuto), Rosario Lisma (Lorenzo, padre di Arturo), Antonio

Alveario (Totò Riina), Maurizio Marchetti (Jean Pierre).

Nazionalità: Italia

Distribuzione: 01 DistributionAnno di uscita: 2013

Origine: Italia (2013) Soggetto e sceneggiatura: Michele

Astori, Pierfrancesco Diliberto, Marco Martani

Fotografia (Panoramica/a colori): Roberto Forza

Musiche: Santi Pulvirenti

Montaggio: Cristiano Travaglioli Durata: 90'

Produzione: Mario Gianani, Lorenzo Mieli per Wildside con RAI Cinema.

Giudizio: Consigliabile/problematico/dibattiti * *

Tematiche: Adolescenza; Famiglia - genitori figli; Gangster; Giustizia; Mafia; Politica-Società; Potere;

Storia; Terrorismo;

Soggetto

Nato nel giorno in cui proprio nel suo palazzo si compie un attentato, Arturo cresce a Palermo e attraversa

i decenni dei Settanta e degli Ottanta quando la città è funestata da un serie infinità di delitti di mafia.

Arturo però è tutto preso dall'amore per Flora, conosciuta alle elementari e che non ha mai avuto il

coraggio di avvicinare. Lui intanto vuole fare il giornalista e succede che, dopo alcuni anni, ritrova Flora,

entrata nella segreteria dell'on Lima candidato alle elezioni politiche. Ci sono screzi tra i due ma infine

l'amore si manifesta. Ecco infine Artuto e Flora sposati. Arturo accompagna il figlio piccolo a vedere tutte

le lapidi che ricordano i numerosi delitti di mafia accaduti nella città siciliana.

Valutazione Pastorale

Da un lato la storia (triste, dolorosa, spietata) che per lunghi anni ha infestato la vita sociale di Palermo.

Dall'altra la cornice inventata ma mai così giusta e opportuna. Volto televisivo, Pierfrancesco Diliberto

esordisce con un copione che, ad un primo impatto, sembra sancire un ritorno importante: quello della

commedia che non ha timore di essere brillante, spiritosa, svagata e insieme di mettere lo spettatore di

fronte a fatti sui quali c'è ben poco da ridere. Così è stata molta commedia italiana anni '50 e '60; così qui,

grazie ad un racconto che si snoda tra realtà e finzione con un equilibrio notevole e la capacità di

denunciare quell'atteggiamento di rifiuto della realtà che è stato tra le prime cause del prosperare della

malavita. I due ragazzi crescono con tutte le vicende che riguardano la loro età, felici e divertiti, fino a

quando arriverà il momento di confrontarsi con ciò che li circonda. Ed è una conoscenza che si fa eredità

civile da trasmettere al figlio, ossia alle nuove generazioni. Ben diretto, realizzato con cura il film, dal

punto di vista pastorale, è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.

Utilizzazione

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in successive occasioni come prodotto italiano in

grado di portare con leggerezza e serietà alla riflessione su un periodo tragico della storia siciliana, e non

solo.

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16/17 Dicembre

VIAGGIO SOLA

Genere: Commedia

Regia: Maria Sole Tognazzi

Interpreti: Margherita Buy (Irene), Stefano Accorsi (Andrea),

Fabrizia Sacchi (Silvia), Gian Marco Tognazzi (Tommaso), Alessia

Barela (Fabiana), Lesley Manville (Kate Sherman), Carolina Signore

(Eleonora), Diletta Gradia (Claudia).

Nazionalità: Italia

Distribuzione: Teodora Film. Anno di uscita: 2013

Origine: Italia (2013)

Soggetto e sceneggiatura: Ivan Cotroneo, Francesca Marciano, Maria

Sole Tognazzi

Fotografia (Scope/a colori): Arnaldo Catinari

Musiche: Gabriele Roberto Montaggio: Walter Fasano

Durata: 85'

Produzione: Donatella Botti per Bianca Film in coproduzione con RAI Cinema.

Giudizio: Consigliabile/problematico/dibattiti

Tematiche: Donna; Famiglia; Lavoro; Libertà; Sessualità;

Soggetto

A Roma oggi. Irene, quarantenne, vive con tranquillità la propria situazione di single, totalmente

impegnata nel lavoro: il suo lavoro consiste nel fare l'"ospite a sorpresa", ossia la persona che in incognito

arriva in un albergo, e vi si trattiene il tempo per verificare e annotare gli standard di quelli che sono nella

categoria degli "alberghi di lusso". Irene quindi è quasi sempre in viaggio, frequenta solo Andrea, ex

fidanzato, con il quale si confida e nella cui vita si intromette anche quando lui aspetta un figlio da

un'altra donna. Anche con la sorella Silvia e con la famiglia di lei, Irene prova ad avere scambi di affetto

ma i tentativi non sempre vanno a buon fine. C'è un momento in cui Irene avverte la solitudine della

propria esistenza. Ma è solo un momento...

Valutazione Pastorale

Su un copione ben scritto (dialoghi appropriati, svolte dialettiche non banali), Maria Sole Tognazzi

interviene con una messa in scena lucida, scorrevole, ricca di squarci emotivi. Vi fanno capolino tanti,

pertinenti accenni al disamore contemporaneo: l'inesorabile resa dei conti con le finte certezze, i troppi

dubbi, la perenne insoddisfazione che corrode la società contemporanea. Per questo sguardo critico,

tutt'altro che compiaciuto con cui la regista avvolge i proprio personaggi, il film, dal punto di vista

pastorale, è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.

Utilizzazione

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in successive occasioni come ritratto capace di

trasmettere i chiaroscuri dell'Italia contemporanea. Attenzione è da tenere per minori e piccoli in vista di

passaggi televisivi o di uso di dvd e di altri supporti tecnici.

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13/14 Gennaio

UNA CANZONE PER MARION

Genere: Drammatico

Regia: Paul Andrew Williams.

Interpreti: Terence Stamp (Arthur), Vanessa Redgrave (Marion),

Gemma Arterton (Elizabeth), Christopher Eccleston (James), Orla Hill

(Jennifer), Anne Reid (Brenda), Bill Thomas (Bill).

Nazionalità: Gran Bretagna Distribuzione: Lucky Red Distribuzione.

Anno di uscita: 2013. Origine: Gran Bretagna (2012).

Soggetto e sceneggiatura: Paul Andrew Williams.

Fotografia (Scope/a colori): Carlos Catalan. Musiche: Laura Rossi

Montaggio: Dan Farrell Durata: 93' Produzione: Ken Marshall, Philip

Moross. Giudizio: Consigliabile/problematico/dibattiti

Tematiche: Anziani; Famiglia; Famiglia - genitori figli; Malattia;

Matrimonio - coppia; Musica: Solidarietà-Amore;

Soggetto

Alla periferia di Londra, Marion fa parte da tempo di un coro amatoriale insieme ad anziani del quartiere.

Arthur, il marito, l'accompagna ad ogni prova e aspetta fuori per riportarla a casa. Marion infatti si muove

con la sedia a rotelle, non sempre ma con frequenza. La malattia che la sta consumando la obbliga ad una

assistenza continua. Scontroso di carattere, Arthur si dedica completamente alla moglie, serio, riservato e

in realtà innamoratissimo. Quando Marion muore, l'uomo cade in un profondo dolore. Dal quale riesce a

sollevarsi solo in seguito alla decisione di avvicinarsi all'attività del coro e a sostuirsi all'amata Marion. A

sostenerlo c'è Elizabeth, la direttrice, ragazza piena di entusiasmo, che lo convince a partecipare ad un

competizione con altri cori della Regione. Nel frattempo, Arthur riesce con grande fatica e superando non

pochi pudori a riavvicinarsi al figlio James, con cui i rapporti sono da sempre difficili e ostili, e alla

nipotina Brenda.

Valutazione Pastorale

"In parte il copione -dice Paul Andrew Williams- fa riferimento al rapporto tra mio nonno e mia nonna,

all' amore e al senso del dovere che la loro generazione esprimeva(...). Quando mia nonna si è ammalata

di cancro, lui l'ha curata, le è stato accanto, l'ha sostenuta in tutti i modi possibili (...)". Proprio lungo

questa linea si muove il racconto, che con encomiabile coraggio entra subito nell'argomento (la malattia

terminale) e vi si muove con tipico spirito anglosassone: quell'atteggiamento fatto di dolore contenuto, e

di capacità di reazione di fronte alla bellezza delle cose da fare, dell'amicizia, di una spinta a reagire, a

creare, a costruire ancora futuro. Per quasi tutto il percorso il regista ha il merito di osservare quasi con

pudore i fatti e di farci assistere alla dolce/amara commistione tra felicità e tristezza, tra pieno e vuoto, tra

slanci di vita e brividi di morte. Sempre con una misura e una verità se non autentici di certo commoventi.

Solo il finale con il successo del gruppo al concorso teatrale e con la riconciliazione tra padre e figlio

indulge un po' troppo verso l'edulcorato e il consolatorio. Ma il film resta valido, vivace, denso di

sensazioni pulsanti, emozionanti, e, dal punto di vista pastorale, è da valutare come consigliabile,

problematico e adatto per dibattiti.

Utilizzazione

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in successive occasioni come spettacolo ben

confezionato su argomenti di stretta attualità. Da proporre anche in situazioni scolastiche e didattiche.

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20/21 Gennaio

ALLACCIATE LE CINTURE

Genere: Drammatico

Regia: Ferzan Ozpetek

Interpreti: Kasia Smutniak, Francesco Arca, Filippo Scicchitano,

Carolina Crescentini, Francesco Scianna, Elena Sofia Ricci, Carla

Signoris, Paola Minaccioni, Giulia Michielini, Luisa Ranieri.

Nazionalità: Italia. Origine: Italia(2014)

Distribuzione: 01 Distribution. Anno di uscita: 2014.

Soggetto e sceneggiatura: Gianni Romoli e Ferzan Ozpetek

Fotografia (Scope/a colori): Gian Filippo Corticelli.

Musiche: Pasquale Catalano Montaggio: Patrizio Marone

Durata: 110' Produzione: Tilde Corsi e Gianni Romoli per R&C

Prod., Faros Film con RAI Cinema.

Giudizio: Complesso/problematico. Tematiche: Famiglia - genitori

figli; Omosessualità;

Soggetto

In una città della Puglia, Elena sta con Giorgio mentre Antonio è il nuovo ragazzo della sua migliore

amica Silvia. Elena e Antonio si conoscono e si evitano accuratamente, sicuri di essere del tutto lontani

per carattere e indole. Contro ogni aspettativa invece nasce tra loro un'attrazione bruciante, quasi

irrazionale. Passano tredici anni. Elena è sposata con Antonio, ha due figli e nel frattempo ha realizzato

insieme all'amico Fabio il sogno di aprire un locale che ha incontrato molto successo in città. Con grande

imbarazzo la donna un giorno rivela di avere una grave malattia. Il tumore al seno la costringe al ricovero

in ospedale, e obbliga tutti ad affrontare una situazione delicata e imprevista. Elena e i suoi familiari

rivedono allora tutta la propria vita, preparandosi a fare i conti con la realtà, con i sogni, con la dura

quotidianità degli affetti.

Valutazione Pastorale

"Ho sentito l'esigenza -chiarisce Ozpetek- di raccontare una storia d'amore potente, la passione e le

frustrazioni sentimentali, il bisogno a volte inespresso di tenerezza e l'elemento perturbante che sconvolge

le vite dei protagonisti, mettendoli di fronte a scelte che cambiano il loro destino e quello di chi li

circonda.(...)". All'interno di questa dichiarazione (precisa, nitida, corretta) va collocata la nuova prova

del regista italo-turco, incentrata con fermezza sulla nascita di sentimenti amorosi e sull'impossibilità di

opporsi agli effetti imprevisti che provocano. Ma se da un lato l'amore è vita, ecco la faccia opposta, la

malattia, l'idea della morte che arrivano con altrettanto slancio devastante a chiedere il conto delle nostre

azioni. Ozpetek non cambia atteggiamento. Il suo scenario è la vita nelle mille sfaccettature misteriose e

imprevedbili, nella gioia e nella tristezza, nella voglia di fare e nella capacità di reagire. Il fatto è che lo

sguardo del regista anche stavolta resta attratto dalle suggestioni del melò, nel quale cala a poco a poco

ma con decisione al momento di far incontrare amore e morte. La descrizione di entrambi deflagra

quando Antonio e Elena hanno un rapporto sul letto d'ospedale di lei: il diapason di una rappresentazione

marcata e un po' decadente, efficace e insieme eccessiva, sovraccarica di didascalismo. La regia spinge

sul tasto dei sentimenti impossibili da governare in un turbinio di contraddizioni che affascinano e

respingono per un certo kitsch sempre in agguato dietro l'angolo. Nella bellissima luce degli esterni tra

Lecce e il mare della Puglia scorre il buio di una danza disperata tra i volti inafferrabili dell'esistenza. Un

film dalle belle immagini e dall'andamento altalenante che, dal punto di vista pastorale è da valutare come

complesso e nell'insieme problematico.

Utilizzazione

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria, tenendo conto che alcuni temi significativi sono ben

presenti: la famiglia, i figli, il lavoro. Attenzione è comunque da tenere, a motivo del particolare tono

narrativo, nei confronti di minori e piccoli anche in vista di passaggi televisivi e di uso di dvd e di altri

supporti tecnici.

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27/28 Gennaio

THE BUTLER

Genere: Drammatico

Regia: Lee Daniels

Interpreti: Forest Whitaker (Cecil Gaines), Oprah Winfrey (Gloria

Gaines), Cuba Gooding jr. (Carter Wilson), Terrence Howard

(Howard), Lenny Kravitz (James Holloway), David Ovelowo (Louis

Gaines), Vanessa Redgrave (Annabeth Westfall), Alex Pettyfer

(Thomas Westfall), Mariah Carey (Hattie Pearl), Robin Williams

(Dwight D. Eisenhower), James Marsden (John F. Kennedy), Liev

Schreiber (Lyndon B. Johnson), John Cusack (Richard Nixon), Alan

Rickman (Ronald Regan), Jane Fonda (Nancy Regan).

Nazionalità: Stati UnitiDistribuzione: Videa Anno di uscita: 2014

Origine: Stati Uniti (2013).

Soggetto: dall'articolo "A Butler Well Served by This Election" di

Will Haygood pubblicato sul Washington Post il 7 novembre 2008

Sceneggiatura: Danny Strongò. Fotografia (Panoramica/a colori): Andrew Dunn

Musiche: Rodrigo Leao Montaggio: Joe Klotz Durata: 132'

Produzione: Lee Daniels, Pamela Oas Williams, Laura Ziskin, Buddy Patrick, Cassian Elwes.

Giudizio: Consigliabile/problematico/dibattiti

Tematiche: Famiglia; Famiglia - genitori figli; Libertà; Politica-Società; Potere; Razzismo; Storia;

Soggetto

Negli anni '30 il piccolo Cecil Games, afroamericano di modesta famiglia, vede il proprietario terriero che

si apparta con la mamma per violentarla e quindi assiste all'uccisione del padre. Dopo la guerra ha

l'occasione di essere assunto come lavapiatti nel personale della Casa Binca. Diventato maggiordomo,

resta in quell'ufficio dal 1958 al 1986 al servizio di sette presidenti degli Stati Uniti. Ormai pensionato,

viene chiamato a partecipare alla festa indetta da Barack Obama, dopo la sua elezione.

Valutazione Pastorale

Il punto di partenza è un articolo pubblicato sul Washington Post nel 2008, anno dell'elezione di Obama,

dedicato a Eugene Allen, maggiordomo di origini afroamericane in servizio alla Casa Bianca dal 1958 al

1986. La scoperta suscita curiosità e interesse, ma il copione è inferiore alle attese. Oltre mezzo secolo di

storia americana (dal piccolo Cecil che assiste impotente alla violenza 'bianca' sui genitori alla presidenza

Obama), il racconto si snoda lungo avvenimenti in genere molto noti e non sempre rinvigorii, anzi un po'

adagiati sul prevedibile. Qualche stanchezza, un po' di buonismo e un certo melò tolgono freschezza alle

oltre due ore di storia. Resta il personaggio principale, specchio quasi involontario ma preciso di tante fasi

delicate di storia americana, e non solo. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come

consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.

Utilizzazione

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria, soprattutto come occasione per avviare una riflessione

sul ruolo dei presidenti degli Stati Uniti soprattutto nei confronti della figura "unica" del maggiordomo.

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03/04 Febbraio

LEI

Genere: Drammatico

Regia: Spike Jonze

Interpreti: Joaquin Phoenix (Theodore), Samantha/lei (voce nella

versione originale: Scarlet Johansson; nella versione italiana:

Micaela Ramazzotti), Amy Adams (Amy), Rooney Mara

(Catherine), Olivia Wilde (ragazza dell'appuntamento al buio).

Nazionalità: Stati Uniti

Distribuzione: BIM Distribuzione. Anno di uscita: 2014

Origine: Stati Uniti (2013) Soggetto e sceneggiatura: S. Jonze

Fotografia (Scope/a colori): Hoyte Van Hoytema

Musiche: Arcade Fire con brani musicali di Owen Pallett

Montaggio: Jeff Buchanan. Durata: 126'

Produzione: Megan Ellison, Spike Jonze, Vincent Landay.

Giudizio: Consigliabile/problematico/dibattiti.

Tematiche: Internet; Nuove tecnologie;

Soggetto

A Los Angeles Theodore, uomo sensibile e colto, di professione scrive lettere per altre persone. Mentre

sta vivendo la parte conclusiva del matrimonio con Catherine, l'uomo resta affascinato da un nuovo,

sofidticaro sistema operativo, che promette di essere uno strumento unico ad altissime prestazioni. Attiva

il contatto e gli risponde una voce che dice di chiamarsi Samantha, dolce e spiritosa. E' l'inizio di

un'amicizia che diventa sempre più profonda, fino a trasformarsi in vero e prorpio amore. Ma quale

sviluppo può avere la storia tra un uomo e uno strumento tecnico?

Valutazione Pastorale

Spike Jonze è un artista americano che, oltre al cinema, si è misurato su alti fronti, dai video musicali ai

documentari. Sul tema della contaminazione delle immagini vanno icordati "Essere John Malkovich", "Il

ladro di orchidee", "Nel paese delle creature selvagge". "L'idea attuale -spiega- è nata da un'idea che ho

letto su internet una decina di anni fa. Raccontava di un servizio di messaggistica istantanea che

consentiva di chattare con un'intelligenza artificiale. Ho pensato ad un uomo che incontra un'identità

simile dotata di una coscienza e ho provato ad immaginare una storia d'amore tra loro". L'obiettivo va al

fondo del nostro presente che, più è tecnologico, più si fa incerto e confuso. Il dilemma ritorna:l'uomo

resterà padrone del proprio destino? Saremo in grado di controllare le nostre emozioni, o forse la

macchina prenderà il sopravvento? Non è certo secondario il fatto che la vicenda si svolga in una Los

Angeles luogo di una modernità inquieta e insieme terribilmente affascinante: dove il futuro è ora e non

domani. Il racconto emoziona pe la capacità di disegnare il duro contrasto tra l'eternità dei sentimenti e il

loro restare in affanno di fronte alla algida neutralità del istema. Una parabola sofferta e poetica, un

campanello d'allarme di fronte all'illusione di scambiare il vero con il virtuale. Dal punto di vista

pastorale, il film è da valutare come consigliabile, probòematico e adatto per dibattii.

Utilizzazione

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e da riprendere per avviare riflessioni sul tema, oggi

centrale, del rapporto tra le nuove tecnologie e la vita quotidiana. Un argomento nel quale coinvolgere

anche giovani e ragazzi, forse i più sottoposti alle insidie di un uso sregolato dei nuovi 'oggetti' che

regalano l'illusione di risolvere ogni problema pratico.

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10/11 Febbraio

GRACE DI MONACO

Genere: Drammatico

Regia: Oliver Dahan

Interpreti: Nicole Kidman (Grace), Tim Roth (Principe Ranieri di Monaco),

Frank Langella (Francis Tucker), Paz Vega (Maria Callas), Parker Posey

(Madge), Milo Ventimiglia (Rupert Allan), Geraldine Sommerbille

(Principessa Antoinette), Nicholas Farrell (Jean Charles Rey), Robert Lindasy

(Aristotele Onassis), Sir Derek Jacobi (Conte Fernando D'Aillieres).

Nazionalità: Francia/Italia Distribuzione: Lucky Red Anno di uscita: 2014

Origine: Francia/Italia (2013) Soggetto e sceneggiatura: Arash Amel

Fotografia (Scope/a colori): Eric Gautier.

Musiche: Christopher Gunning (musiche ag. composte da Guillaume Roussel).

Montaggio: Olivier Gajan Durata: 103'

Produzione: Pierre Ange Le Pogam (Francia), Andrea Occhipinti (Italia).

Giudizio: Consigliabile/problematico.

Tematiche: Cinema nel cinema; Donna; Famiglia; Matrimonio - coppia;

Politica-Società; Potere; Storia;

Soggetto Principato di Monaco, 1962. Ormai da sei anni Grace Kelly, una delle dive più ricercate del panorama hollywoodiano, si è

sposata con il Principe Ranieri, diventando la principessa Grace di Monaco. Nel grande palazzo reale, Grace si dibatte tra

passato e presente, tra il desiderio di tornare su grande schermo e il nuovo ruolo di madre di due bambini, oltre ai doveri legati

al ruolo di moglie regnante. Hitchcock arriva di persona a Monaco e le lascia il copione di "Marnie", di cui vorrebe che lei

fosse la protagonista. D'istinto Grace è portata ad accettare; ma quello si dimostra un anno veramente cruciale. Molte nubi

comiciano ad agitarsi nel rapporto tra il piccolo Principato e la Francia. Motivo del contendere è soprattutto la fuga di troppi

industriali che stabiliscono lì la propria residenza per evitare le tasse. Inoltre la guerra in corso tra Francia e Algeria procura

apprensione a De Gualle che minaccia drastiche misure di invasione militare del Principato. Accanto a questi avvenimenti di

taglio 'europeo', lavita interna del Principato è scossa da rivalità familiari e venti di congiura. Grace capisce che è il momento

di riassumere pienamente il proprio ruolo di regina. Coordina in prima persona la festa di ricevimento della Croce Rossa

Internazionale, e, nella serata inaugurale, rivolge ai presenti (regnanti e capi di Stato di tutto il mondo)un discorso nel quale

riafferma la solidità del legame familiare e l'intenzione di lavorare per il bene e l'immagine del Principato.

Valutazione Pastorale

Grace Kelly nasce a Philadelpia nel 1929. Al cinema si impone nel 1952 con "Mezzogiorno di fuoco" di Fred Zinneman con

Gary Cooper, lavora poi in altri nove film (tre con Alfred Hitchcock). Sposa Ranieri di Monaco nell'aprile 1956, muore in un

incidente d'auto sulle strade della costa monegasca nel settembre 1982. Dice Olivier Dahan, già autore del biopic su Edith Piaf:

"Ho voluto filmare una realtà trasposta per rivelare ì dettagli un po' alla volta, non solo attraverso le inquadrature e le

scenografie ma attraverso la cronologia della narrazione, in modo che lo spettatore arrivi a leggere attraverso gli occhi di Grace

quell'epoca e gli eventi da lei vissuti". Rispetto a questo punto di partenza, l'impressione è che le idee di Dahan siano rimaste

alquanto confuse, o almeno legate ad un taglio che ha voluto rischiare poco sul piano espressivo e di contenuti. Forse con

qualche ragione la famiglia Ranieri si è risentita per alcuni risvolti della sceneggiatura, e si tratta di aspetti che appartengono ad

un privato difficile da interpretare. Con più ragione si potrebbe obiettare circa lo sguardo confuso dei troppi registri narrativi.

Dramma storico, sentimentale, spy story, commedia degli equivoci, o forse solo inguaribile facciata di romanticismo indeciso

tra suggestioni del passato e seduzioni del presente? Se,come è giusto, Grace si prende tutta la scena in modo sempre più

prepotente (la Kidman ha qualche merito), restano perplessità sia sulla scelta degli altri attori sia sulle deboli psicologie che li

caratterizzano (Tim Roth un Ranieri approssimativo, al pari di altri comprimari). Quando si prepara la grande festa finale, e

Grace pronuncia il discorso di 'pacificazione' della Corona, il vento del melò ha preso ormai il largo e vince alla grande.

Ancora una volta le famiglie regali non vanno bene al cinema (cfr. il recente "Diana") e tuutavia piacciono nei risvolti di favola

e di sogno. Del resto grace Kelly nasce come attrice, e a continuato ad interpreta il suo ruolo forse più difficile. Dal punto di

vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile e nell'insieme problematico.

Utilizzazione

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e i successive occasione come esempio dell'incontro cinema/storia.

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24/25 Febbraio

I SOGNI SEGRETI DI

W. MITTY

Genere: Commedia

Regia: Ben Stiller

Interpreti: Ben Stiller (Walter Mitty), Kristen Wiig (Cheryl

Meihoff), Shirley MacLaine (Edna Mitty), Adam Scott (Ted

Hendricks), Kathryn Hahn (Odessa Mitty), Sean Penn (Sean

O'Connell), Patton Oswalt (Todd Mahar), Jonathan C. Daly (Tim

Naughton), Paul Fitzgerald (Don Proctor).

Nazionalità: Stati Uniti Distribuzione: 20th Century Fox Italia

Anno di uscita: 2013 Origine: Stati Uniti (2013).

Soggetto: tratto dal racconto "The Segret Life of Walter Mitty"

di James Thurber.

Sceneggiatura: Steve Conrad

Fotografia (Scope/a colori): Stuart Dryburg

Musiche: Theodore Shapiro

Montaggio: Greg Hayden Durata: 116'

Produzione: Stuart Cornfeld, Samuel Goldwyn jr.,John Goldwin, Ben Stiller.

Giudizio: Consigliabile/problematico/dibattiti. Tematiche: Ecologia; Lavoro; Libertà;

Soggetto

Mentre lavora all'archivio fotografico della rivista Life, Walter Mitty sogna un mondo diverso, dove lui

compie grandi imprese e riesce a conquistare l'attenzione di Cheryl, la colega di cui è innamorato in

silenzio. A richiamarlo alla realtà è la notizia che la prestigiosa testata chiuderà le versione cartacea per

restare solo on line. Il che implica una inevitabile diminuzione dell'organico e una diversa professionalità.

Nel predisporre il materiale per l'ultimo numero della rivista, Walter si accorge che non è arrivata la

diapositiva con la foto per la copertina. Recuperarla, anche rintracciando l'autore, il famoso fotografo

Sean O'Connell, diventa per Mitty un punto d'orgoglio...

Valutazione Pastorale

Si può ricordare che il 18 marzo 1939 sul settimanale New Yorker viene pubblicato per la prima volta il

breve racconto di James Thurber dal titolo "La vita segreta di Walter Mitty". Da quel testo deriva un

adattamento abbastanza libero che diventa il film musicale omonimo diretto da Norman Taurog e

interpretato da Danny Kaye nel 1947. Film dalla bella inventiva e dalla sbrigliata fantasia, entrato da

allora nella cultura popolare americana. Dopo molti tentativi non concretizzati, Ben Stiller ha preso in

mano il pacchetto completo e, partendo da un copione di Steve Conrad, si è assunto onore e onere di

essere protagonista e regista. Il punto principale è l'attualizzazione del testo. Siamo nell'America di oggi:

crisi economica, licenziamenti, conversione verso le nuove tecnologie. Mentre sogna di conquistare

Cheryl, Mitty parte per viaggi lontanissimi alla ricerca del fotografo. Dov'è la realtà? dov'è la fantasia?

Mentre costruisce la psicologia del Mitty del terzo millennio, il racconto ambisce a mettere insieme

concretezza e paradosso, a fare denuncia e a restare con i piedi per terra. Come una metafora della

confusa America contemporanea, ma usando i toni della timidezza, della malinconia, senza gridare o

imporsi. Quasi a dire che anche sognare oggi deve fare i conti con l'incombere della vitualità, e che (lo

afferma il fotografo) l'originale è unico e irripetibile. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare

come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.

Utilizzazione

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in seguito come proposta di commedia dal tono

simpatico e coinvolgente, specchio di una Nazione in una fase di passaggio.

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03/04 Marzo

STORIA DI UNA

LADRA DI LIBRI

Genere: Drammatico

Regia: Brian Percival

Interpreti: Sophie Nelisse (Liesel Meminger), Geoffrey Rush

(Hans Hubermann), Emily Watson (Rosa Hubermann), Ben

Schnetzer (Max), Nico Liersch (Rudy).

Nazionalità: Stati Uniti

Distribuzione: 20th Century Fox. Anno di uscita: 2014

Origine: Stati Uniti (2013).

Soggetto: tratto dal romanzo "La bambina che salvava i libri"

di Markus Zusak.

Sceneggiatura: Michael Petroni.

Fotografia (Scope/a colori): Florian Ballhaus.

Musiche: John Williams. Montaggio: John Wilson

Durata: 131' Produzione: Karen Rosenfelt, Ken Blancato.

Giudizio: Consigliabile/semplice

Tematiche: Adolescenza; Educazione; Genitori/figli; Guerra; Letteratura; Storia;

Soggetto

Germania, seconda guerra mondiale. La madre affida la figlia Liesel, vivace e coraggiosa ragazzina, alla

coppia formata da Hans Hubermann e da sua moglie Rosa. I primi tempi nella nuova casa e nella nuova

scuola sono molto difficili, ma poi Liesel trova conforto nel papà adottivo che le insegna a leggere il suo

primo libro. L¿amore per la lettura e per la nuova famiglia si rafforzano grazie all¿amicizia con Max, un

giovane ebreo che i genitori nascondono nello scantinato. Questa amicizia e quella con Rudy, un vicino di

casa innamorato di lei, permettono a Liesel di superare le terribili prove che la guerra obbliga ad

affrontare.

Valutazione Pastorale

Avendo come punto di partenza l'omonimo bestseller di Markus Zusak, il copione comincia con una voce

maschile fuori campo che si rivela essere la morte: la quale in flashback comincia a raccontare la storia di

Liesel, abbandonata dalla madre e affidata ad una nuova famiglia proprio mentre la guerra incrudelisce

nella Germania. Da una situazione fatta di disagio, difficoltà e privazioni, Liesel esce a poco a poco

grazie a un incrollabile voglia di non arrendersi e di tenere sveglio il proprio interesse per la lettura, i libri

come finestra aperta verso gli altri, il mondo, la vita. Nello sfacelo della guerra e della distruzione, la

ragazza diventa il prototipo dell'essere umano che non si arrende al peggio e guarda al futuro. Per qualche

tratto un po' prevedibile e qua e là alquanto disadcalico, il racconto costeggia una bella voglia di riscatto e

di uscita dal buio, disegna personaggi segnati da ottimismo e positività e offre il ritratto di una donna

insieme gracile, forte e mei doma. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile e

nell'insieme del tutto semplice.

Utilizzazione

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in successive occasioni come proposta per ragazzi,

anche a livello scolastico e didattico.

10/11 Marzo

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10/11 Marzo

GRAND BUDAPEST HOTEL

Genere: Drammatico

Regia: Wes Anderson

Interpreti: Ralph Fiennes (Gustave H), Tony Revolori (Zero),

F.Murray Abraham (Mr. Moustafa), Jude Law (giovane scrittore),

Adrien Brody (Dmitri), Mathieu Amalric (Serge X), Willem Dafoe

(Jopling), Jeff Goldblum (deputato Kovacs), Harvey Keitel (Ludwig),

Bill Murray (M.Ivan).

Nazionalità: Gran Bretagna/Germania

Distribuzione: 20th Century Fox Italia

Anno di uscita: 2014

Origine: Gran Bretagna/Germania (2014)

Soggetto: Wes Anderson, Hugo Guinness ispirato ai racconti di

Stefan Zweig

Sceneggiatura: Wes Anderson

Fotografia (Panoramica/Scope/Normale/a colori): Robert D.

Yeoman. Musiche: Alexandre Desplat. Montaggio: Barney Pilling

Durata: 100' Produzione: Wes Anderson, Scott Rudin, Steven

Rales, Jeremy Dawson. Giudizio: Consigliabile/problematico

Tematiche: Avventura; Guerra; Metafore del nostro tempo; Storia;

Soggetto

Primi anni del Novecento, nell¿immaginario stato europeo di Zubrowka, Un giovane scrittore si fa

raccontare la storia del Grand Budapest Hotel, attraverso le peripezie del concierge Gustave H. e del suo

aiutante il fattorino Zero. Al centro ci sono il furto di un prezioso quadro e l'avvelenamento della

facoltosa Madame D.

Valutazione Pastorale

Chi non conosce altro di Anderson e vede questo come primo film, magari resta incerto e perplesso. E

non è detto che sia un male; se è vero infatti che i suoi titoli (da "I Tenenbaum", 2001; a "Le avventure

acquatiche di Steve Zissou", 2006; da "Il treno per Darjeeling", 2007; a "Fantastic Mr. Fox", 2009"; a

"Moonrise Kingdom", 2012) raccontano il viaggio lungo e inesausto di un osservatore disincantato nei

luoghi e nelle epoche, questo di ora ne rappresenta un nuovo capitolo, ma può anche essere visto (e

apprezzato da solo). Anzi qui il gusto per la fantasia e l'acume per la parabola morale compongono un

ritratto di nitida e tranquilla cattiveria, rilanciano gli affondo verso le beffe della storia e l'inutile perdita

di tempo nella ricerca di razionalità. Anderson accumula luoghi, colori, fatti, su scenari del tutto inventati:

al centro uomini e donne come pedine di un girotondo inafferrabile. In realtà poi anche dietro Zubrowka,

Stato immaginario, c è uno spicchio di palpitante, multiforme verità, ci sono guai, problemi, equivoci, c'è

un cinema che getta lo sguardo al di là della fotografia patinata. Tanti segnali per un film ricco di oggetti,

caratteri, attori. E che, dal punto di vista pastorale, è da valutare coe consigliabile e nell'insieme

problematico.

Utilizzazione

Il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria e in successive occasioni come proposta di un

cinema di ricerca, con molte suggestioni narrative. Qualche attenzione è da tenere per minori e piccoli in

vista di passaggi televisivi o di uso di dvd di altri supporti tecnici.

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5

17/18 Marzo

A ROYAL WEEK-END

Genere: Commedia

Regia: Roger Michell

Interpreti: Bill Murray (Franklin Delano Roosevelt), Laura

Linney (Daisy), Samuel West (Berthe), Olivia Colman (Elizabeth),

Elizabeth Marvel (Missy), Elizabeth Wilson (sig.ra Roosevelt),

Eleanor Bron (zia di Daisy), Olivia Williams (Eleanor Rossevelt),

Martin McDougall (Tommy), Andrew Havill (Cameron).

Nazionalità: Gran Bretagna

Distribuzione: BIM Distribuzione

Anno di uscita: 2013

Origine: Gran Bretagna (2012)

Soggetto e scenegg.: Richard Nelson

Fotografia (Scope/a colori): Lol Crawley

Musiche: Jeremy Sams.

Montaggio: Nicolas Gaster.

Durata: 94'

Produzione: Roger Michell, Kevin Loader, David Aukin.

Giudizio: Consigliabile/semplice

Tematiche: Matrimonio - coppia; Politica-Società; Potere; Storia;

Soggetto

Giugno, 1939. Si sta per celebrare un avvenimento importante. Il Presidente USA Franklin Delano

Roosevelt sta per ricevere nella casa a Hyde Park on Hudson (nello Stato di New York) il Re e la Regina

d'Inghilterra. E' una visita breve ma densa di significato: serve soprattutto a creare tra i rappresentanti dei

due Paesi quell'unità di intenti necessaria ad affrontare l'ormai imminente inizio della guerra scatenata in

Europa da Hitler.

Valutazione Pastorale

La frase non può che essere quella ormai fin troppo usata: 'ispirato ad una storia vera'. Vero l'evento, veri

i luoghi, vere le date e quindi la loro importanza per l'imminente storia mondiale. Su tutto il resto, il vero

si mescola col verosimile; le testimonianze scolorano nelle libertà dell'invenzione narrativa. Il risultato è

comunque un bel ritratto d'epoca, , al centro del quale si colloca l'incontro/scontro tra America e Europa,

ossia tra sentimenti e tradizione, tra frecciatine velenose e voglia di amicizia. La precisione della regia

non evita qualche caduta nella calligrafia, e c'è qualche ripetizione nel profilo psicologico dei

protagonisti. Ma il piccolo affresco resta suggestivo, con azioni,profumi e sapori che, mentre avvengono,

sembranoi già appartenere al passato. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile

e nell'insieme semplice.

Utilizzazione

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in successive occasioini come prodotto ben fatto e di

interesse, anche a livello didattico e scolastico.

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24/25 Marzo

DALLAS BUYERS CLUB

Genere: Drammatico

Regia: Jean Marc Vallée

Interpreti: Matthew McConaughey (Ron Woodroof), Jennifer

Garner (dott.ssa Eve Saks), Jared Leto (Rayon), Steve Zahn

(Tucker), Denis O'Hare (dott. Sevard), Michael O'Neill (Richard

Barkley), Griffin Dunne (dott. Vass), Dallas Roberts (David

Wayne), Jane McNeill (Francine Suskind).

Nazionalità: Stati UnitiDistribuzione: Good Films

Anno di uscita: 2014. Origine: Stati Uniti (2013).

Soggetto e sceneggiatura: Craig Borten, Melisa Wallack.

Fotografia (Scope/a colori): Yves Bélanger.

Musiche: brani di autori vari.

Montaggio: John Mac McMurphy, Martin Pensa.

Durata: 117' Produzione: Robbie Brenner, Rachel Winter.

Giudizio: Complesso/problematico/dibattiti

Tematiche: Aids; Alcolismo; Droga; Malattia; Medicina; Politica-

Società; Sessualità; Storia;

Soggetto

Texas, prima metà degli anni Ottanta. Elettricista di mestiere, Ron Woodroof passa in realtà la giornata

tra gare di rodeo, alcool, droga, sesso. Del tutto inattesa gli arriva la notizia di essere affetto dalla

sindrome di immunodeficienza acquisita e di avere solo trenta giorni di vita. Dapprima incredulo, Ron

apprende che per la sua malattia non ci sono medicine ufficiali. Reagisce tuttavia con rabbia, si

documenta e capisce che esistono cure alternative ma fuori del Paese in quanto non approvate dal

ministero americano. Va allora in Messico, parla con dottori locali, si fa dare farmaci particolari, che fa

entrare negli USA. Alleatosi poi con il giovane Rayon, un transessuale malato di AIDS, attiva con lui un

"buyers club", una sorta di punto vendita dove altri sieropositivi possono rivolgersi e, pagando una quotia

di iscrizione, avere i farmaci non autorizzati. Quando l'attività cresce, ben presto finisce nell'occhio della

polizia e Ron viene arrestato. In tribunale la sua strenua battaglia ottiene però la vittoria. I medicinali per

la cura dell'AIDS vengono dichiarati legali.

Valutazione Pastorale

Premettere che "la storia è ispirata a fatti realmente accaduti" è certamente corretto: il personaggio Ron è

esistito e, soprattutto, sono nella cronaca quegli anni di smarrimento e di angoscia durante i quali l'AIDS

esplose in modo deciso, mettendo a nudo da un lato l'impreparazione degli States a fronteggiarlo,

dall'altro il potere economico delle case farmaceutiche. Ed è questa la parte incalzante del copione, quella

che più coinvolge per la tematica "Aids" raccontata in un contesto in cui molti medici si dimostrano

incapaci di reagire e c'è una sorta di tendenza a tenere nascosto l'argomento: facendo emergere resistenze

politiche e paura di intaccare il potere di certe lobby. Con altrettanta obiettività si può dire che tutta questa

materia di riflessione è proposta lungo un racconto dai toni eccessivi e spesso sopra le righe. Intorno al

personaggio Ron si snoda un quadro che concede ampio spazio al suo vivere tra alcool, droga, festini e

amplessi di gruppo. Una cornice nella quale la malattia e la condanna a morte appaiono come una

punizione e il reagire un doveroso atto di ritorno alla vita. Il ritmo frenetico, nervoso, sovraesposto

avrebbe potuto avere aspetti meno esibizionistici e magari raggiungere gli stessi effetti di denuncia. Un

film dunque a doppia faccia che, dal punto di vista pastorale, è da valutare come complesso, problematico

e adatto per dibattiti.

Utilizzazione

Il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria, essendo opportuno prevedere un pubblico

adulto per ben distinguere la parte propositiva da quella meno sorvegliata. Molta attenzione dunque è da

tenere per minori e piccoli in vista di passaggi televisivi e di uso di dvd e di altri supporti tecnici.

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07/08 Aprile

SOLE A CATINELLE Genere: Commedia

Regia: Gennaro Nunziante

Interpreti: Checco Zalone (Checco), Aurore Erguy (Zoe Marin), Miriam

Dalmazio (Daniela), Robert Dancs (Nicolò), Ruben Aprea (Lorenzo Marin),

Valeria Cavalli (Juliette Marin), Orsetta De Rossi (Domiziana), Matilde Caterina

(zia Ritella), Stefano Sabelli (Onofrio), Daniela Piperno (Giovanna), Lydia

Biondi (Carolina), Augusto Zucchi (Piergiorgio Bollini), Marco Paolini (Vittorio

Marin).

Nazionalità: Italia Distribuzione: Medusa Film Anno di uscita: 2013

Origine: Italia (2013).

Soggetto e sceneggiatura: Luca Medici, Gennaro Nunziante.

Fotografia (Scope/a colori): Agostino Castiglioni

Musiche: Luca Medici

Montaggio: Pietro Morana Durata: 90'

Produzione: Pietro Valsecchi per Taodue.

Giudizio: Consigliabile/brillante

Tematiche: Anziani; Denaro, avidità; Famiglia; Famiglia - genitori figli; Il

comico; Lavoro; Matrimonio - coppia; Scuola;

Soggetto

Checco promette al figlio Niccolò, dieci anni, che se sarà promosso con tutti dieci, gli regalerà una

vacanza da sogno. La pagella richiesta arriva ma a quel punto a Checco, in crisi sia nel lavoro di venditore

di aspirapolveri sia con la moglie dalla quale sta per separarsi, non resta che portare Niccolò dai parenti

nel Molise. L'obiettivo è non spendere niente e cercare di rifilare qualche aspirapolvere ai parenti. Il posto

è però invivibile e di affari non se ne parla proprio. Girando in macchina, quasi per caso Checco si ritrova

a casa di Zoe, erede di una ricca famiglia e con un figlio coetaneo di Niccolò. Mentre i due adolescenti

fanno amicizia, Zoe introduce Checco nel mondo dell'alta società: cene esclusive, piscine, yacht, campi

da golf. L'incontro con due esponenti della grande finanza permette a Checco di arrivare a proporsi come

un manager in grado di coagulare capitali. Ben presto però ingenuità e sincerità riportano tutto nelle

giuste dimensioni. Fortemente intenzionato a tornare quello che era, Checco aiuta la moglie (che con le

colleghe ha perso il lavoro) e ne riconquista l'affetto. Tutti insieme tornano nella casa di campagna della

zia Ritella in Molise.

Valutazione Pastorale

"Cado dalle nubi" (2009) incassa 15 milioni, "Che bella giornata" (2011) arriva a 45 milioni. Checco

Zalone torna con una certa 'ansia da prestazione'. "Sono diventato papà anche nella vita, e insieme al

regista Nunziante siamo rimasti due anni fermi a pensare. (...)Far ridere con la crisi è difficile, ma a noi

piaceva l'idea di quest'uomo completamente refrattario alla crisi stessa, che predica ottimismo sempre e

comunque". Il motore della vicenda è tutto qui: lo scompiglio che la sfrenata voglia di reagire di Checco

porta in ogni ambiente che frequenta. Certo l'incontro con il bel mondo dei ricchi può apparire un po'

costruito, creato apposta per suscitare maggiore stridore e stupore. Ma il meccanismo funziona e sul

rischio di qualche accenno di 'buonismo' Zalone fa calare la consueta ma irrresistibile valanga del

politicamente scorretto: una comicità che prende tutti nel mirino, non fa sconti a nessuno, mette in gioco

se stesso prima degli altri, arriva sul filo del rasoio della beffa ma non diventa mai offensiva nè volgare.

Sorretto da una regia scorrevole e senza fronzoli, il copione si piega all'istrionismo del protagonista e

invita all'ottimismo della concretezza e della serietà, senza voler essere pedagogico né invadente. Dal

punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile e brillante quanto all'andamento generale.

Utilizzazione

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in successive occasioni come prodotto italiano

simpatico, gradevole, di immediata fruizione, nel solco della più tradizionale commedia italiana.

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14/15 Aprile

IL GRANDE GATSBY Genere: Drammatico

Regia: Baz Luhrmann

Interpreti: Leonardo Di Caprio (Jay Gatsby), Tobey Maguire (Nick Carraway),

Carey Mulligan (Daisy Buchanan), Joel Edgerton (Tom Buchanan), Isla Fischer

(Myrtle Wilson), Jason Clarke (George Wilson), Elizabeth Debicki (Jordan Baker),

Amitabh Bachchan (Meyer Wolfsheim), Kate Mulvany (sig.ra McKeee), Brendan

Maclean (Ewing Klipspringer), Felix Williamson (Henry), Stephen James King

(Nelson), Adelaide Clements (Catherine), Alison Benstead (Anita Loos).

Nazionalità: Stati Uniti/Australia

Distribuzione: Warner Bros Pictures Italia Anno di uscita: 2013 Origine: Stati

Uniti/Australia (2013)

Soggetto: tratto dal romanzo omonimo di Francis Scott Fitgerald

Sceneggiatura: Baz Luhrmann & Craig Pearce.

Fotografia (Scope/a colori): Simon Duggan Musiche: Craig Armstrong

Montaggio: Matt Villa, Jason Ballantine, Jonathan Redmond Durata: 142'

Produzione: Baz Luhrmann, Catherine Martin, Douglas Wick, Lucy Fisher,

Catherine Knapman

Giudizio: Consigliabile/problematico Tematiche: Cinema nel cinema; Denaro,

avidità; Letteratura; Musica; Politica-Società; Storia;

Soggetto

New York, primavera 1922. Aspirante scrittore ma attualmente impiegato come agente di cambio nell'iperattivismo

di Wall Street, il giovane Nick Carraway ha trovato casa nel West Egg di Long Island. Suo vicino di casa è Jay

Gatsby, un misterioso milionario grande organizzatore di feste. Dalla parte opposta della baia vive la cugina di

Nick, Daisy, sposata con il donnaiolo di sangue blu Tom Buchanan. Ben presto Nick, invitato ad una serata dal

vicino, entra nel mondo dei ricchi, dei loro diventimenti sfrenati e senza fine. Mentre cerca di saperne di più sul suo

generoso amico, Nick apprende che Gatsby è da sempre invaghito di Daisy, conosciuta cinque anni prima, poi

persa di vista e che ora però vuole con ardore riconquistare. Il mondo degli affari, leciti e illeciti, che alimenta la

ricchezza di Jay passa quasi in secondo piano rispetto al forte sentimento che guida ogni azione di Gatsby. Quello

che per lui è stato sempre facile da ottenere, ora invece diventa difficilissimo. L'ostacolo rappresentato dal marito

Tom appare non superabile. Anzi, alla fine di uno scontro duro, Jay e Daisy partono sulla potente macchina di lui.

C'è Daisy alla guida, quando in un incidente viene investita e muore Myrtle, moglie del meccanico George e già

amante di Tom. L'uomo non sopporta l'affronto. Arriva alla villa di Gatsby e, ritenendolo colpevole, lo uccide.

Nick racconta queste vicende al proprio medico, le scrive, e ora può mettere la parole fine sulla vicenda del Grande

Gatsby.

Valutazione Pastorale

Il romanzo "Il grande Gatsby" è stato scritto da Francis Scott Fitgerald tra Long Island, New York e St. Raphael in

Francia (a poca distanza da Cannes) tra il 1923 e il 1924, pubblicato nel 1925. Da quel momento è cominciato il

successo del testo in tutto il mondo. L'ultimo esempio al cinema era quello del 1974, con Robert Refdord nel ruolo

del titolo. Quasi quaranta anni dopo, il libro passa nelle mani di Baz Luhrmann, regista australiano impostosi

all'attenzione internazionale con "Ballroom - Scuola di ballo" (1992), "Romeo & Giulietta" (1996), "Moulin

Rouge" (2008), "Australia" (2008). Chi ha visto questi titoli ne ricorda certamente l'abbondanza della messa in

scena, l'esagerazione nella costruzione di luoghi, ambienti, situazioni. E' un marchio espressivo dal quale

Luhrmann non si allontana. La presenza della villa di Gatsby come luogo di divertimenti sfrenati e libertari, di

eccessi incontrollabili è apparsa una ghiotta, irrinunciabile occasione. E' proprio lì infatti che la regia si produce nel

meglio di una visionarietà spettacolare, e nel peggio di una meccanismo che inghiotte nell'estetismo tutte le

opportunità per 'dire' qualcos'altro, di più profondo e coinvolgente. Il copione resta aderente ad un' esposizione

magniloquente e sovrabbondante, supportata da una colonna sonora che contamina varie epoche (anche quella

contemporanea) e insieme confonde alquanto il crearsi di una atmosfera compatta. Ne deriva un melodramma

sontuoso e manierato, con poca verità e scarsa poesia. A meno che non sia proprio questa enfasi fintamente retrò e

molto post moderna l'obiettivo autentico di Luhrmann, il suo modo di disegnare un universo malato, in preda ai

cisnismo e privo di etica. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigiabile e nell'insieme

problematico.

Utilizzazione

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria come proposta di ampia spettacolarità. Certamente molta

attenzione è da tenere per minori e piccoli anche in succesive occasioni, in vista di passaggi televisivi o di uso di

dvd e di altri strumenti tecnici.

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21/22 Aprile

LE MERAVIGLIE Genere: Drammatico

Regia: Alice Rohrwacher

Interpreti: Maria Alexandra Lungu (Gelsomina), Sam Louwyck (Wolfgang), Alba

Rohrwacher (Angelica), Sabine Timoteo (Cocò), Agnese Graziani (Marinella),

Monica Bellucci (Milly Catena). Nazionalità: Italia

Distribuzione: BIM Distribuzione Anno di uscita: 2014. Origine: Italia (2014).

Soggetto e sceneggiatura: Alice Rohrwacher.

Fotografia (Panoramica/a colori): Hélène Louvart.

Musiche: Piero Crucitti.

Montaggio: Marco Spoletini Durata: 111'

Produzione: Carlo Cresto Dina, Karl "Baumi" Baumgartner, Tiziana Soudani,

Michael Weber.

Giudizio: Consigliabile/problematico/dibattiti

Tematiche: Adolescenza; Animali; Cibo; Ecologia; Famiglia; Libertà; Metafore del

nostro tempo;

Soggetto

Un'estate in un grande terreno agricolo al confine tra Umbria e Lazio. Quattro sorelle capeggiate da Gelsomina, la

primogenita di 12 anni, alla quale il padre Wolfgang ha assegnato il ruolo di capo famiglia. Gelsomina deve

coordinare e organizzare con le tre sorelle (Marinella, Caterina e Luna) la raccolta del miele e degli altri prodotti

della terra. Per far funzionare tutto, bisogna che le regole funzionino. Qualcosa però arriva ad allentare gli equilibri:

la presenza in casa di Martin, adolescente tedesco in programma di rieducazione, e la troupe televisiva di un

concorso a premi chiamato "Il paese delle Meraviglie". Gelsomina vorrebbe partecipare ma Wolfgang è nettamente

contrario. Approfittando di un momento di assenza del genitore, la ragazza si iscrive, arriva la serata televisiva e il

premio va ad un'altra famiglia. Gelsomina è delusa e pentita. Ma proprio mentre le difficoltà di gestione della

fattoria si fanno più acute, la famiglia ritrova l'unità e la voglia di andare avanti.

Valutazione Pastorale

Conviene partire da quello che suggerisce la regista nel pressbook: "... é un film che racconta della campagna,

dell'amore un po' bizzarro tra un padre e le sue figlie, di figli maschi mancati, di animali e fate che abitano nella

televisione. E' un film che è accaduto dopo il Sessantotto. E' un film dove si parla in viterbese ma quando ci si

arrabbia si risponde in francese e tedesco. E' anche una fiaba". E'una sintesi che si può definire esaustiva, che aiuta

in buona parte a chiarire, ma poi le immagini appaiono meno nette, e qualche intoppo subentra. L'impressione è che

la Rohrwacher scrittrice abbia scritto il copione con i temi che il dibattito contemporaneo rimanda come i più

urgenti, incalzanti e insieme i più vicini all'omologazione culturale. La necessità di ascoltare la campagna, i

prodotti della terra, di tornare a far parlare (e non soffocare) la Natura; l'incombere della televisione come luogo

dell'abbassamento della fantasia e minaccia per il pensiero libero; l'affetto per la famiglia da parte del padre in

forme sgraziate e in modi irruenti; il ruolo di saggia mediazione della mamma. E poi l'idea della fine del mondo: la

sensazione che tutto quello che viene coltivato con cura sia comunque destinato a scomparire. Cosa fare? Forse

chiudersi in un recinto rivoluzionario e romantico, gettare sull'ambiente uno sguardo dolce e compassionevole dove

riso e pianto non possano fare altro che convivere, dove l'infanzia riesca almeno a vivere il bello di quei momenti

rubati e preziosi. Dove la realtà possa chiedere l'ultimo aiuto alla favola. Vera, però. Se no, perché quel cammello

che gira nei campi? perché la primogenita si chiama Gelsomina? Perchè, se non per riandare a quei tempi (prima

del sessantotto, appunto) quando famiglia e ambiente respiravano a pieni polmoni, e la Gelsomina felliniana era

simbolo di una condizione femminile subalterna ma carica di spiritualità. Rohrwacher regista lascia il periodare

sciolto della sua opera prima ("Corpo celeste") per una messa in scena più difficile, non sempre comprensibile,

talvolta enigmatica e cerebrale. Affascinante tuttavia perché corre sulla soglia di domande difficili (dove nasce il

disagio contemporaneo?) e sa di non avere una risposta definitiva. Lo dimostrano quel finale sospeso, quel letto

all'aperto ormai vuoto, quelle tende su stanze abbandonate. Ma allora qual è la vera meraviglia? Dal punto di vista

pastorale, il film è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.

Utilizzazione

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in successive occasioni per avviare riflessioni sui molti

argomenti che suggerisce.

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28/29 Aprile

TUTTA COLPA DI

FREUD Genere: Commedia

Regia: Paolo Genovese

Interpreti: Marco Giallini (Francesco), Vittoria Puccini

(Marta), Anna Foglietta (Sara), Vinicio Marchioni (Fabio),

Laura Adriani (Emma), Alessandro Gassmann (Alessandro),

Claudia Gerini (Gerini), Daniele Liotti (Luca), Paolo

Calabresi (Enrico il poeta), Antonio Manzini (Marco

Patassini), Edoardo Leo (Roberto il belloccio), Maurizio

Mattioli (portiere), Francesco Apolloni (cameriere al bar del

Fico), Gianmarco Tognazzi (Andrea il geometra), Giulia

Bevilacqua (Barbara), Dodi Conti, Alessia Barela.

Nazionalità: Italia Distribuzione: Medusa Distribuzione.

Anno di uscita: 2014 Origine: Italia (2013).

Soggetto: P. Genovese, L. Pieraccioni, P. Mammini.

Sceneggiatura: Paolo Genovese.

Fotografia (Scope/a colori): Fabrizio Lucci. Musiche: Maurizio Filardo (la canzone "Tutta colpa di

Freud" è scritta e interpretata da Daniele Silvestri). Montaggio: Consuelo Catucci. Durata: 120'

Produzione: Medusa Film realizzata da Marco Belardi per Lotus Production.

Giudizio: Consigliabile/superficialità. Tematiche: Donna; Famiglia - fratelli sorelle; Famiglia - genitori

figli; Handicap; Matrimonio - coppia; Omosessualità;

Soggetto

A Roma oggi l'analista Francesco, all'interno della normale attività, deve seguire tre casi molto particolari

riguardanti le sue tre figlie: Sara, una gay che, tornata dagli USA dopo una delusione, ha deciso di

diventare etero ed è alla ricerca dell'uomo ideale; Marta, una libraia che si innamora di un ladruncolo di

libri, il quale poi risulta sordomuto; Emma, diciottenne impegnata nella maturità, che si innamora di un

architetto cinquantenne, a sua volta sposato con Claudia, di cui Francesco è innamorato in silenzio.

L'analista fa mille sforzi per ripianare le situazioni e riportare la felicità tra le figlie.

Valutazione Pastorale

Regista di "Immaturi"(2011), "Immaturi - Il viaggio" (2012), e di "Una famiglia perfetta" (2012), Paolo

Genovese dice di aver voluto realizzare una "commedia con la capacità di affrontare con leggerezza ma

senza superficialità alcune realtà per farle arrivare dritte al cuore dello spettatore(...)". Sono i punti fermi

sui quali da sempre la commedia gioca le carte di un immediato coinvolgimento del pubblico. Qui gli

elementi sono giusti, la dialettica tra i personaggi è svelta, il dialogo vivace, gli attori disponibili. Il

copione fugge via spedito, anche troppo. Insomma il tono è brillante, capace di usare argomenti di

opportuno buonismo (la 'diversità' sessuale, l'handicap...) senza farne puntelli ideologici. Tutto sembra

filare dritto. Perché allora resta una sensazione di incompiuto, di leggerino, di vacuo? Dal punto di vista

pastorale, il film è da valutare come consigliabile, e nell'insieme segnato da superficialità.

Utilizzazione

Il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria, e in successive occasioni come esempio della

nuova commedia italiana contemporanea. Qualche attenzione è da tenere per minori e piccoli in vista di

passaggi televisivi e di uso di dvd di altri supporti tecnici.

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05/06 Maggio

PHILOMENA Genere: Drammatico

Regia: Stephen Frears

Interpreti: Judi Dench (Philomena Lee), Steve Coogan (Martin

Sixsmith), Sophie Kennedy Clark (Philomena giovane), Anna

Maxwell Martin (Jane), Ruth McCabe (Mother Barbara), Barbara

Jefford (sorella Hildegarde), Kate Fleetwood (sorella Hildegarde

giovane), Peter Herman (Pete Olsson), Mare Winningham (Mary),

Michelle Fairley (Sally Mitchell).

Nazionalità: Gran Bretagna

Distribuzione: BIM Distribuzione. Anno di uscita: 2013. Origine:

Gran Bretagna (2013).

Soggetto: basato sul libro "The Lost Child of Philomena Lee" di

Martin Sixsmith.

Sceneggiatura: Steve Coogan, Jeff Pope.

Fotografia (Panoramica/a colori): Robbie Ryan

Musiche: Alexandre Desplat Montagg.: Valerio Bonelli Durata: 94'

Produzione: Gabrielle Tana, Steve Coogan, Tracey Seaward.

Giudizio: Consigliabile/problematico/dibattiti * *

Tematiche: Donna; Famiglia - genitori figli; Libertà; Omosessualità; Solidarietà-Amore; Storia;

Tematiche religiose;

Soggetto

Irlanda 1952. Rimasta incinta, la minorenne Philomena viene mandata in convento dove, dopo il parto,

vive separata dal neonato che vede raramente. Inutilmente prova ad opporsi quando il bambino viene dato

in adozione ad una famiglia benestante di Washington. Cinquanta anni dopo, Philomena, sposata, madre e

ora vedova, incontra casualmente il giornalista Martin Sixsmith. Costui, incuriosito dalla storia, accetta,

dopo qualche incertezza di occuparsene e di scriverne un libro. Comincia allora una ricerca che porta i

due negli Stati Uniti, fino alla ricostruzione della verità, al ritorno in Patria e ad un confronto finale con le

suore dello stesso convento, in particolare con quella, vivente, che si era occupata a suo tempo

dell'affidamento del piccolo.

Valutazione Pastorale

In concorso a Venezia 70, il film è stato a lungo in lizza per i premi più importanti, ottenendo alla fine

solo il Leone per la migliore sceneggiatura. Ha fatto invece incetta di molti premi 'collaterali', primo tra i

quali il Premio SIGNIS, il più antico tra i riconoscimenti attribuiti al Lido (in precedenza era il Premio

OCIC). La giuria internazionale ha assegnato il premio al film: "Perchè offre un intenso e sorprendente

ritratto di una donna resa libera dalla Fede. Nella sua ricerca della verità, sarà sollevata dal peso di un'

ingiustizia subita grazie alla sua capacità di perdonare". Verità e perdono sono certamente i due elementi

dentro i quali è racchiusa la parabola di Philomena, che da giovanissima subisce una violenza impossibile

da dimenticare, che infatti per mezzo secolo non dimentica e che pure, ricostruiti i fatti, non alimenta in

lei istinti di vendetta o di rivincita. Al giornalista che si meraviglia di tale generosità, la donna, anziana

ma lucida, offre una lezione di civiltà e umanità, derivata da una fede che non è dogma ma intelligenza,

tesoro di spirito e di preghiera, apertura verso l'altro. Giustamente premiato per la scrittura incalzante,

serrata, stringata del copione, il film offre molti altri temi sottotraccia, sguardi non convenzionali sulla

società inglese e americana, sulla religione, sulla famiglia. La regia di Frears miscela come sempre al

meglio serenità, furbizia, attualità. E Judi Dench avrebbe meritato la coppa Volpi a Venezia come

migliore attrice. Resta un film di notevole impatto drammatico che, dal punto di vista pastorale, è da

valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.

Utilizzazione

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in molte occasioni successive dove sia possibile

avviare riflessioni sui molti argomenti che la storia propone.