C'era una volta...il potere della fantasia rende la vita pensata una favola

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La pubblicazione, la prima della collana “Quaderni del volontariato 2011” è il risultato di un percorso terapeutico iniziato tre anni fa e non ancora concluso seguito dalla Dott.ssa Simonetta Regni, medico psichiatra che collabora con l’Aucc. Si tratta di una raccolta di fiabe, scritte da pazienti oncologiche. Nell’ambito dell’iniziativa, sei malate, fra i trentacinque e i quarantotto anni, hanno scritto ciascuna una fiaba. I racconti sono poi stati letti pubblicamente in gruppo e ciascuna di loro, compresa l’autrice, ha elaborato un finale diverso. L’idea, spiega la psiconcologa, era di utilizzare il linguaggio delle fiabe, che si presta a molteplici livelli di lettura, per esorcizzare la paura della malattia e per continuare a credere nella possibilità di avere un lieto fine.

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Quaderni del Volontariato

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Edizione 2011

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C’era una volta...

Il potere della fantasia

rende la vita pensata

una favola

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Cesvol

Centro Servizi Volontariato

della Provicia di Perugia

Via Sandro Penna 104/106

Sant’Andrea delle Fratte

06132 Perugia

tel. 075.5271976

fax. 075.5287998

Sito Internet: www.pgcesvol.net

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Con il Patrocinio della Regione Umbria

Edizione: Marzo 2011

Progetto grafico e videoimpaginazione: Chiara Gagliano

I disegni sia di copertina che all’interno della seguente

pubblicazione sono stati realizzati dalle autrici

Tutti i diritti sono riservati

Ogni riproduzione, anche parziale è vietata

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I QUADERNI DEL VOLONTARIATO,

UN VIAGGIO ATTRAVERSO UN LIBRO NEL MONDO DEL SOCIALE

Il CESVOL, centro servizi volontariato per la Provincia di Pe-rugia, nell’ambito delle proprie attività istituzionali, ha definitoun piano specifico nell’area della pubblicistica del volonta-riato.

L’obiettivo è quello di fornire proposte ed idee coerenti ri-spetto ai temi di interesse e di competenza del settore, di va-lorizzare il patrimonio di esperienze e di contenuti già esistentinell’ambito del volontariato organizzato ed inoltre di favoriree promuovere la circolazione e diffusione di argomenti e que-stioni che possono ritenersi coerenti rispetto a quelli presential centro della riflessione regionale o nazionale sulle temati-che sociali.

La collana I quaderni del volontariato presenta una serie diproduzioni pubblicistiche selezionate attraverso un invito pe-riodico rivolto alle associazioni, al fine di realizzare con iltempo una vera e propria collana editoriale dedicata alle te-matiche sociali, ma anche ai contenuti ed alle azioni portateavanti dall’associazionismo provinciale.

I Quaderni del volontariato, inoltre, rappresentano un utilesupporto per chiunque volesse approfondire i temi inerentiil sociale per motivi di studio ed approfondimento.

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Le favole dove stanno?

Ce n’è una in ogni cosa:

nel legno, nel tavolino,

nel bicchiere, nella rosa.

La favola sta lì dentro

da tanto tempo e non parla:

è una bella addormentata

e bisogna svegliarla.

Ma se un principe, o un poeta,

a baciarla non verrà

un bimbo la sua favola

invano aspetterà.

Gianni Rodari

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Un plauso all’associazione A.u.c.c che inventa nuovi modi disostegno psicologico agli affetti della grave malattia cui è in-dirizzata la sua azione di volontariato: le favole sono fruttocertamente di quel mondo fantastico che appartiene a cia-scuno di noi, fantastico ma non irreale in quanto più volte vaincontro alle aspirazioni nascoste: la solidarietà, una ricercadi senso, il superamento del dolore. L’A.u.c.c e i suoi volon-tari in questo caso hanno inventato una nuova metodologiadi auto mutuo aiuto che utilizza strumenti di “fantasia” o diuna possibile realtà. All’orco subentra il principe azzurro,alla sofferenza sopravviene la gioia.Ciascuno di noi sa cheil dolore individuale, il male specifico possono attenuarsi ein alcuni casi scomparire nella relazione con l’altro.

Questo è il fine che ciascun volontario vuole perseguire, lefavole di questo libro vogliono dimostrare che c’è sempre unbarlume di luce per tutti quelli che soffrono e questo barlumepuò essere scoperto con l’aiuto di altri…volontari.

Avv. Luigi Lanna

Presidente Cesvol Perugia

Marc Chagall “Volare”

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Il volontariato è un po’come le terapie non convenzionali

(T.N.C.), cioè un insieme di metodiche e tecniche complemen-

tari o alternative a qualcosa di codificato da una certa so-

cietà ed usato per promuovere il benessere di chi vive in

condizioni di disagio. Il Cesvol da anni, grazie al servizio for-

mazione, ha accolto nei suoi percorsi diverse forme di T.N.C.

per offrire maggiori strumenti alle associazioni di volonta-

riato e per migliorare il proprio modo di “prestare aiuto”.

Le T.N.C., forse ancora un po’ troppo discusse da chi vede

la medicina come unico strumento per migliorare la qualità

di vita , non vanno a sostituire ciò che ormai la scienza da

tempo ha dimostrato efficace ma vanno a lavorare soprat-

tutto su quello che c’è dentro ad ognuno di noi. Il migliorare

la propria condizione di dolore, fisico, psichico può avvenire

anche tramite il colore, la musica, il racconto, il rilassamento,

gli odori, la compagnia di un cane, la scrittura, il sorriso, il

condividere la stessa esperienza e questo è possibile solo

grazie a tutti i professionisti medici e non che realizzano in-

sieme a noi laboratori formativi dedicati ai malati, percorsi

specifici per i volontari, iniziative per persone con disabilità.

Dedicarsi ai volontari e al loro operato è l’obiettivo del ser-

vizio formazione del Cesvol che grazie alla loro presenza e

voglia di crescere e formarsi riesce a contare ogni anno un

numero di partecipanti che supera le 450 unità. Infatti l’inno-

vazione di ognuno di noi parte dalla formazione che viene ri-

tenuto da sempre “quel processo di apprendimento messo in

atto nell’intero arco della vita di una persona, che le consente

di accrescere le proprie competenze professionali, aumen-

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tandone le opportunità lavorative ed in senso lato il proprio

patrimonio personale di esperienze e cultura”. Nel mondo del

volontariato la formazione significa acquisire nuovi stru-

menti di conoscenza, di affetto, di guida, di compagnia, di

ascolto, di quotidianità, di familiarità verso coloro che hanno

bisogno di stringere una mano amicale arricchendone anche

il bagaglio culturale ed esperienziale di ognuno di noi.

Il volontariato è una cultura e come tale va valorizzata, col-

tivata, aiutata a crescere.

Responsabile Dr.ssa Elisabetta Berellini

Servizio formazione Cesvol

Via Sandro Penna 104-106 Loc. Sant’Andrea delle Fratte

Tel. 075.527.19.76

Fax. 075.528.79.98

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La psicanalisi fu creata per consentire all’uomo di accettare

la natura problematica della vita senza esserne sconfitto o

cercare di evadere dalla realtà. Proprio questo è il messaggio

che le fiabe comunicano in forme molteplici. Ogni fiaba è uno

specchio magico che riflette alcuni aspetti del nostro mondo

interiore e i passi necessari per la nostra evoluzione dall’im-

maturità alla maturità.

Bruno Bettelheim “Il mondo incantato” sono questi i principi

che hanno ispirato il nostro lavoro e il nostro incontrarci nel

regno delle fiabe. Ognuna ha scritto la favola della propria

vita esprimendo attraverso le figure simboliche tutte le pro-

fondità del mondo interiore.

Ed è proprio il linguaggio simbolico che ci ha permesso di

lavorare su tematiche altrimenti difficilmente raggiungibili.

Ogni favola è stata oggetto di elaborazione comune nel senso

che ciascuna di noi ha scritto un proprio finale; ciò ha permesso

di aprire un ventaglio di possibili soluzioni al “problema” rap-

presentato dalla stessa. Nelle fiabe sono rappresentate le nostre

tempeste interiori, le nostre angosce, le nostre paure ma anche

e soprattutto le nostre infinite potenzialità, la nostra forza.

Uccidendo orchi, streghe si acquista la consapevolezza che

tutto ciò che di brutto può accadere può essere superato con

il coraggio, l’aiuto degli altri, la speranza.

È stato bellissimo vedere come inizialmente timorose, scetti-

che, imbarazzate, si sono avvicinate a questa modalità e poi

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gradatamente si sono tuffate in questo mondo fiabesco con

allegria, intelligenza, libertà e una sempre maggiore consa-

pevolezza di se stesse e del fatto che come in tutte le favole

il lieto fine è possibile.

Questo libro nasce dall’esperienza di un gruppo di giovani

donne profondamente molto diverse tra loro; ciascuna con

un proprio vissuto, una propria personalità, con propri de-

sideri e sentimenti ma tutte amanti della vita, dedite alla fa-

miglia e orgogliose del proprio lavoro. Una grande forza

avevano in comune...la volontà per affrontare la malattia an-

cora oggi tanto temuta. Tale potenzialità tutti noi la posse-

diamo e si manifesta con grande incisività al momento del

bisogno permettendoti di vedere la vita con occhi diversi. In

gruppo abbiamo iniziato un cammino che ci ha fatto sentire

uguali tra disuguali. Attraverso la condivisione delle nostre

personali esperienze siamo riuscite ad esternare gioie,

paure, desideri, sensazioni... .

La favola è stata uno strumento di notevole valenza catartica

in quanto ci ha permesso di vivere avventure esaltanti vo-

lando sui sentieri della fantasia e soprattutto ci ha offerto

esempi di soluzione alle difficoltà.

Le fiabe ci permettono di credere (e sperare), che nella vita

esista il lieto fine, e che, con un po’ di coraggio e di arguzia,

e soprattutto di buona volontà, anche i grandi ostacoli si pos-

sono superare.

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Così la fiaba ci infonde quel coraggio di cui abbiamo bisogno

per non restare ancorati al passato e andare incontro ad un

futuro pieno di speranza e allegria.

La sana fantasia aiuta ad interagire con la realtà e a sfruttare

nel modo migliore le risorse che si hanno a disposizione.

Identificandoci in diversi personaggi ci siamo imparate a co-

noscere e a conoscersi.

È stata un’esperienza determinante ed interessante.

Il libro che starete per leggere contiene una raccolta di favole

che parlano della nostra vita e leggendole con attenzione ca-

pirete che nel corso di questa anche se si incontrano orchi,

streghe, mostri e lupi cattivi poi c’è sempre un lieto fine.

Dott.ssa Simonetta Regni

Psiconcologa

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Yamaia

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C’era una volta il regno di Yamaya... . Uno splendido

posto in fondo al mare tra le barriere coralline. Ya-

maya regnava su quel mondo sommerso fatto di pesci

coloratissimi, cavallucci marini, conchiglie gigantesche, da

poco tempo. Era una regina dolce, comprensiva, desiderosa

di fare il meglio per il suo popolo, ma anche un po’ ingenua

ed inesperta. Tutto sembrava scorrere in modo tranquillo e

sereno e tutti erano felici.

Ma al di là della barriera corallina, che delimitava il regno di

Yamaya, viveva, insieme ad alcuni seguaci Granchius uno

squalo gigantesco, feroce ed ambizioso che mirava ad im-

possessarsi del regno di Yamaya, prendere il potere ed avere

per sé tutte le ricchezze.

Granchius era astuto e subdolo e sapeva che non sarebbe

riuscito con la forza nel suo intento perché l’esercito di Ya-

maya era molto numeroso e potente.

Decise quindi di agire a tradimento: sapeva che la regina Ya-

maya era molto giovane e un po’ ingenua e così pensò di cor-

teggiarla, farla innamorare di sé, magari spassarsela un po’

con lei e poi ucciderla nel sonno così che non potesse difen-

dersi. Granchius mise in atto il suo piano e cominciò a cor-

teggiare la bella regina, si mostrò dolce, affettuoso e gentile

e lei si innamorò perdutamente e nonostante tutti gli avverti-

menti che i vecchi Saggi le davano, decise di vivere questa

storia d’amore che lei credeva bellissima e duratura.

Tutto sembrava andare per il meglio e Granchius stringeva

sempre più il cerchio e aspettava il momento propizio per uc-

cidere Yamaya.

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Una notte la regina sognò suo padre, che era stato un Re

saggio e giusto, che la mise in guardia da Granchius e le ri-

velò il suo losco e truce progetto. Yamaya si svegliò in preda

all’angoscia e al dolore combattuta tra l’amore per Granchius

e quello per il padre e il suo popolo.

Era sola e disperata e non sapeva che cosa fare e pianse tutte

le sue lacrime. Le sue lacrime furono viste e raccolte da un

giovane scudiero, uno splendido tonno semplice e leale, con

cui Yamaya si confidò disperata.

Arcius, così si chiamava il tonno, la consolò, la accarezzò a

lungo finchè sul viso di lei non tornò il sorriso.

Poi, di nascosto da tutti, una notte si infilò nella camera di

Granchius e lo uccise nel sonno.

Yamaya ritrovò piano, piano la serenità ed il sorriso accanto

ad Arcius e così la vita nel regno riprese più bella di prima

perché Yamaya sapeva di avere vicino un compagno forte e

fedele che l’avrebbe sempre difesa.

S. R.

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Primo Finale

Yamaya era molto triste, ferita nel suo amore e non sapeva

che cosa fare. L’unica cosa di cui era certa era che suo padre

aveva ragione e che lei doveva fare qualcosa.

Decise, dopo tanto riflettere, che proprio perché lui era stato

subdolo, meschino, falso lei doveva smascherarlo.

Allora una sera che cenavano insieme fu molto carina con

lui e cominciò a farlo bere,avendo però prima dato ordine ai

suoi fedeli sudditi di stare nelle stanze attigue e di essere

pronti ad intervenire.

Granchius, vedendo lei così carina con lui, pensò che era ve-

nuto il momento di ucciderla e realizzare il suo sogno.

E proprio mentre stava tirando fuori il pugnale, Yamaya

chiamò i suoi scudieri che subito lo imprigionarono e lo mi-

sero a marcire da solo, per il resto della sua vita, in una cella

buia e fredda.

La vita nel regno riprese felice Yamaya ogni tanto pensava a

lui, sapeva che c’era, ma non le faceva più paura.

S. R.

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Secondo Finale

La regina Yamaya dopo aver sognato suo padre e aver

ascoltato i suoi avvertimenti decise di continuare la sua re-

lazione con il perfido e crudele Granchius.

Astuta e accorta nei confronti del compagno si dimostrò

amorevole e servizievole tanto da suscitare in lui sentimenti

ed emozioni che non aveva mai provato.

Yamaya continuò a vivere nel regno per molto tempo fin-

gendo di essere innamorata di Granchius il quale, anche se

il suo obiettivo principale era quello di impadronirsi del

regno, era rimasto molto affascinato e ammirato dalla bel-

lezza e dalla semplicità della regina.

Ma, durante una terribile tempesta Yamaya, con l’aiuto di un

branco di pesci, tirò un tranello al codardo Granchius il

quale per scappare si intrappolò in un cimelio negli abissi

del mare.

Da quel giorno Granchius rimase imprigionato in quella

parte del mare dove non c’era né luce né vita sperando che

qualche pesciolino che capitava da quelle parti si ricordasse

di lui.

La regina Yamaya tornò nel suo regno e grazie alla libertà e

alla spensieratezza ritrovata ricominciò a vivere come sem-

pre aveva vissuto prima dell’arrivo del terribile e orrido

Granchius. Lo squalo rimase in vita per poco tempo! Morì di

stenti e con il cuore infranto.

P. C.

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Terzo Finale

La regina degli abissi in seguito alla rivelazione del padre

avuta nel sogno, improvvisamente ebbe un forte impeto d’ira

e così studiò accuratamente un piano.

Con l’aiuto della sua ancella Jamila si travestì da bella zin-

gara e si recò presso il regno di Granchius.

Si portò così davanti al suo castello e qui impiantò una tenda

nella quale attirava l’attenzione della gente fingendo di es-

sere una maga capace di predire il futuro.

Una mattina vide Granchius uscire dalle porte del suo ca-

stello e lo attirò a sé dicendogli di avere degli amuleti che gli

avrebbero portato fortuna.

Così Granchius un po’ diffidente, ma incuriosito vi andò.

La zingara chiuse la tenda e dapprima, con le sue grazie e la

sua bellezza, lo sedusse del resto conosceva il suo debole

per le belle donne, poi gli offrì una pozione avvelenata in un

bellissimo calice d’oro e così brindarono.

Il perfido Granchius cadde a terra in preda ad una crisi epi-

lettica e poi morì. Così la nostra Yamaya potè tornare a re-

gnare serenamente nel suo regno.

Da quel momento decise di fortificare il suo territorio, innal-

zando una cinta di mura che ne delimitavano i confini e mo-

bilitando un plotone di tonni armati che piantonavano tutti

gli ingressi e le torri di controllo.

S. D.

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Quarto Finale

La mattina la giovane regina Yamaya si svegliò e ancora le

ronzavano in testa le parole che le aveva detto il suo caro

papà perché lei non riusciva a credere che il suo grande

amore Granchius la volesse solo ingannare.

Ma mentre passavano le ore nel cuore della regina al posto

dell’ amore per Granchius si faceva avanti la voglia di vendi-

carsi e così iniziò a pensare ad una vendetta.

Chiamò nelle sue camere Algas, Persia, Stella le sue dame

più fidate ed insieme organizzarono una vendetta.

Dopo molto pensare decisero di chiedere l’aiuto di Marcus,

il grande stregone e dei suoi filtri magici che avrebbero reso

Granchius innamorato pazzo di Yamaya ed avrebbe dimen-

ticato il vero motivo dell’inizio del corteggiamento.

Poi con un altro filtro avrebbero fatto diventare Granchius

da prepotente squalo a docile pesce gatto tanto che tutti gli

abitanti lo iniziarono a prendere in giro così tanto che una

notte decise di fuggire da lì.

Così non solo non si impadronì del regno di Yamaya, ma ab-

bandonò anche il suo.

V. P.

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Quinto Finale

Yamaya dopo l’illuminazione avuta nel sogno tramite le

sagge rivelazioni del padre, sentì come se un pezzo del suo

cuore si spezzasse a terra tanto era lo stupore, lo spavento

e la delusione per un progetto così malvagio ideato da Gran-

chius che si era dichiarato innamorato di lei e che lei ricam-

biava con tutto l’amore di cui era capace.

Che astuzia, che malvagità!

Yamaya dopo tutto si sentì anche fortunata e benché molto

dispiaciuta decise di andarsene non lasciando traccia di sé,

senza spiegazioni, senza ripensamenti.

Chiese l’aiuto di un amico, di un vero amico che conosceva

dall’infanzia e si fece trasportare oltre i confini del regno che

finora aveva conosciuto ed amato.

Forse scappare non sarebbe servito Granchius avrebbe fatto

altre vittime, ma sentiva che allontanandosi da lui, avrebbe sug-

gerito degli interrogativi ai quali da solo dare risposta,senza

il perdono e la comprensione di Yamaya, rendendo la sua vita

interiore un autentico tormento.

Yamaya era libera senza un regno, sentiva crescere la curio-

sità di esplorare nuove dimensioni perciò chiese al padre di

esaudire un suo desiderio: permetterle di acquisire sem-

bianze umane e vivere nel mondo terreno.

Il padre esaudì il suo desiderio e Yamaya si chiamò Jolanda.

P. R

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Tazza

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C’era una volta un piccolo gattino che viveva felice con

la sua mamma e papà gatto in una bella casa, era cir-

condato da tanto amore anche dalla famiglia di umani.

Quando un giorno arrivò una brutta notizia: la famiglia di

umani doveva lasciare la bella casa dove abitava e chiara-

mente i problemi arrivarono anche alla piccola famiglia di

gatti perché non potevano più rimanere uniti.

Il piccolo gattino che si chiamava Tazza era molto sveglio e

intraprendente così iniziò a cercare una soluzione per poter

rimanere unito ai genitori e anche alla famiglia di umani.

Così gli venne la bella idea di giocare al super enalotto.

La fortuna lo aiutò: fece sei e i soldi vinti li diede agli umani

che, contenti, acquistarono la casa bellissima dove abitavano

da tanti anni.

Così finalmente ritornò la pace e la tranquillità per tutti e così

vissero tutti felici e contenti.

S. D.

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Primo Finale

Il piccolo Tazza chiese aiuto ai suoi amici e tutti insieme si

misero alla ricerca di avvisi di case che erano da affittare e

cerca, cerca, gira, gira passarono giorni e giorni senza tro-

vare niente.

Stanchi e dispiaciuti si rimisero in cammino verso una zona

di campagna. Videro un casolare bellissimo con tanto spazio

verde e fortuna! proprio appeso al cancello c’era un bel car-

tello “affittasi”.

Tazza felice tornò a casa e avvisò subito la famiglia di umani

e così nel giro di poche settimane tutti si trasferirono in que-

sto casolare bellissimo.

S. D.

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Secondo Finale

La notte successiva alla brutta notizia Tazza rimase sveglio

per cercare la soluzione migliore e dopo aver studiato il

caso, si alzò dal suo lettino e piano, piano senza far rumore,

uscì di casa e si recò ad una stazione televisiva dove rac-

contò la sua storia.

Vedendo con quanto orgoglio il piccolo gattino parlava della

sua famiglia di umani, i signori Fiori, il direttore della televi-

sione capì che sicuramente il capo famiglia, il signor Fiori

Luigi, non era il responsabile di tutto ciò di cui era stato ac-

cusato e volle aiutare a trovare la verità.

La cosa fu raccontata in un servizio della rete e molti tele-

spettatori chiamarono ed aiutarono il piccolo gattino a tro-

vare la verità e poter tirar fuori il suo padrone da tutti i guai.

Così la tranquillità tornò in casa.

V. P.

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Terzo Finale

In una bella notte stellata,Tazza si recò in un grande prato

vicino ad un laghetto. Sapeva che lì viveva Fata Felina, la fata

protettrice dei gatti.

Iniziò a miagolare fino a quando, dal tronco di un magnifico

salice, si sprigionò una luce calda e rassicurante.

Fra mille stelline scintillanti e petali colorati apparve Fata

Felina. “Mi cercavi Tazza?” “Si fatina ho un problema con i

miei padroni.

La casa in cui vivono e in cui io sono cresciuto è stata messa

in vendita e loro non possono comprarla. Io vorrei tanto aiu-

tarli, ma non so come fare”

“Non devi aver paura Tazza! Anche se la casa sarà venduta

e voi dovrete lasciarla ci sarà un altro luogo accogliente per

voi. La cosa importante è che restiate sempre uniti e conti-

nuate ad amarvi come avete fatto fino ad oggi. È l’amore,

Tazza, che unisce e dà serenità non una casa!”

“Grazie fatina!” Tazza tornò sereno alla sua casa.

Qualche tempo dopo si trasferirono tutti in una casetta un

po’ fuori mano, ma vicino al prato fatato e così la serenità

tornò a regnare e gatti ed umani vissero per sempre felici e

contenti, sicuri che nessuno li avrebbe cacciati dalla loro ca-

setta piccola, ma accogliente.

E a vegliare su di loro il sorriso benevolo di Fata Felina.

R. R.

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Quarto Finale

Passarono molti giorni e il piccolo gatto Tazza, passeg-

giando pensieroso per le vie del paese, incontrò una genti-

lissima vecchietta che, seduta su una panchina ad ammirare

il tramonto, lo chiamò e lo strinse a sé.

Tazza, se inizialmente era un po’ impaurito, dopo quell’ab-

braccio caloroso e coinvolgente della vecchietta, cominciò a

percepire le stesse emozioni che aveva provato in passato.

Rimase insieme alla vecchietta per un po’ di tempo finchè

quest’ultima, riprendendo il suo bastone, si alzò e accarezzò

il piccolo gattino.

Tazza, triste e sconsolato, guardò la vecchietta allontanarsi

pian piano.

Mentre la donna si dirigeva verso casa si voltò per vedere

che strada aveva preso il gatto; indovinate! Tazza la stava se-

guendo e fu così che la vecchietta lo riprese tra le sue braccia

dandogli il nome Disperato.

P. C.

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Quinto Finale

Un giorno Tazza incontra un anziano signore molto ricco che

viveva in un bellissimo castello, circondato da servitù, con

un immenso giardino e con tutti gli agi possibili, ma comple-

tamente solo perché era burbero, austero ed egoista.

Egli nella vita aveva sempre pensato a se stesso soltanto e

ad accumulare ricchezze anche a costo di calpestare la feli-

cità degli altri. Non aveva parenti perché tutti lo avevano al-

lontanato per la sua perfidia e cattiveria.

Ebbene Tazza con la sua tenerezza e simpatia riuscì a con-

quistare l’anziano signore che, addolcito dall’amore per il

gattino, invitò tutta la sua famiglia di gatti e di umani a vivere

con lui nel meraviglioso castello e così vissero tutti insieme

ancora più felici e contenti.

S. D.

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Sesto Finale

Tazza pensava, pensava, ma non riusciva a trovare una so-

luzione e in alcuni momenti si sentiva proprio triste e scon-

solato.

Ma lui non voleva proprio lasciare quella casa e i suoi amici

umani.

Il tempo passava e cominciarono ad arrivare i primi compra-

tori.

Tazza era disperato...ma un giorno, a forza di pensare,pen-

sare...gli venne un idea: avrebbe fatto credere ai compratori

che nella casa c’erano i fantasmi così nessuno l’avrebbe

comprata!

Sì era proprio una bella idea!

Chiese aiuto ai suoi amici gattini Piattino, Cucchiaino, Zuc-

chero, Miele e Marmellata e prepararono un piano per spa-

ventare i compratori.

La cosa gli riuscì così bene che tutti fuggivano a gambe le-

vate, inoltre lui e i suoi amici si divertivano un mondo.

Era un vero spasso! Così piano, piano la voce si sparse e

nessuno voleva più comprare quella casa e il prezzo scese e

scese così tanto che alla fine la famiglia di Tazza riuscì a

comprarla e tutti rimasero lì per sempre.

S. R

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Il Principe

Azzurro

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C’era una volta una bambina che aveva grandi sogni

per il suo futuro, ma non successo, fama o ricchezza,

soltanto sogni di una vita serena, meglio felice. Un

giorno, diventata ormai grande, incontrò il suo “principe az-

zurro”, perché in ogni favola che si rispetti DEVE esserci un

principe azzurro.

Per un po’ il suo sogno di felicità sembrò potersi realizzare,

ma...in tutte le favole c’è un ma, il personaggio cattivo, la ma-

trigna, l’orco, il lupo...in questa c’è un qualcosa che porta nu-

vole di incomprensione, rancori, dolore che lavorano per

rovinare la serenità dei protagonisti e poi c’è l’abisso di una

malattia dal nome tremendo, uno spauracchio gigantesco.

In poco tempo tutto precipita e la nostra protagonista sembra

avvicinarsi alla fine, lei ha perso ogni speranza, la gioia di

vivere e comincia a pensare solo come sarà poi per i suoi

figli, se arriverà una matrigna cattiva a maltrattarli, a farli sof-

frire...no!

Lei non può permetterlo e allora cerca in ogni modo di farsi

forza, di reagire di trovare in sé quella grinta che non ha mai

saputo di avere, perché nessuno l’ha mai fatta sentire forte,

ma anche senza l’aiuto di una fata madrina, o forse grazie a

tante fate madrine che però non le sono mai apparse con ali

scintillanti e bacchette magiche, inizia a risalire l’abisso e a

tornare piano piano a vivere.

Sembra avvicinarsi il lieto fine ma...nel frattempo il principe

azzurro, forse stanco da tanto dolore e sofferenza, ha iniziato

a selezionare la sua nuova regina, la matrigna per i suoi figli

e la nostra protagonista ne soffre terribilmente, una nuova

batosta per lei,che si credeva così fragile e debole.

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C’era una volta...

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Ma in una favola non ci può essere solo dolore e quindi la

nostra protagonista prova a dare una scrollata a tutta la sua

vita e si dice – “Comunque ci sono ed ho l’amore dei miei figli

e il dovere di essere forte per loro”– .

Riprende la vita di tutti i giorni, non caccia il principe, ma di

certo ormai lo vede molto meno azzurro e nessuno le può ga-

rantire che nella favola non ci saranno più brutti momenti,

orchi o matrigne...ma ora sa che può affrontarli anche senza

un forte appoggio esterno, o forse ha ancora bisogno di

tanto aiuto e tanto appoggio da tutti, e...e...vissero tutti felici

e contenti?

R. R.

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C’era una volta...

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Primo Finale

E finalmente arrivarono giorni felici per la nostra protago-

nista ed i suoi figli. Ha sempre in fondo agli occhi un’ombra

di malinconia e una cicatrice sull’anima, ma si sente serena

e in pace con se stessa.

Arriva la primavera nella nostra favola e con essa un bel sole

che rende tutto più brillante e più bello e chissà che non sia

in grado di riaccendere un po’ di quell’azzurro che sembrava

aver abbandonato il principe.

L’allegria contagiosa dei bambini che giocano all’aperto non

può non arrivare anche agli adulti e così la nostra protago-

nista inizia a prendere la vita con più leggerezza e con il sor-

riso.

E tutto questo senza bisogno di amuleti o di pozioni magiche,

ma solo scavando dentro di se e trovando la forza che tutti

noi abbiamo in un angolino nascosto e che ci permette di af-

frontare le prove più tremende e rimanere a galla, anche se il

nostro scoglio vacilla, perché forse lo scoglio più forte e più

sicuro siamo proprio noi anche se tutti ci hanno fatto sentire

barche alla deriva.

Ora per il più classico dei lieto fine manca solo un bell’arco-

baleno e la nostra protagonista, i suoi figli e perchè no anche

il principe azzurro un po’ sbiadito hanno diritto di averlo.

Il loro splendido arcobaleno.

E vissero tutti felici, o almeno sereni fino alla prossima bur-

rasca. R. R.

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Secondo Finale

La fanciulla presa dall’amore per i suoi figli si dedicò com-

pletamente a loro dimenticando il bellissimo principe ma

anche l’amore verso se stessa.

Tutto le sembrava scorrere normalmente finchè un giorno,

mentre la fanciulla era sola soletta nella sua casa, le apparve

la streghetta Teodora rinomata per i suoi filtri magici e le sue

pozioni.

Dopo aver ascoltato la fanciulla Teodora iniziò ad aprire il

suo librone magico: doveva assolutamente trovare il filtro

che avrebbe aiutato la fanciulla a capire quanto è importante

nella vita apprezzarsi per quello che si è avendo la fiducia in

se stessi.

Quello che mancava alla bellissima fanciulla era proprio l’au-

tostima perché nessuno, tantomeno il principe azzurro, erano

mai riusciti a farla sentire bella e capace.

Ma… “bidibi bodibi bu” la streghetta Teodora estrapola una

pozione magica.

Dopo averla bevuta la fanciulla sente dentro di sé una gran

forza, un gran coraggio che le permette di affrontare le di-

verse esperienze con una determinazione ed una sicurezza

che finora non aveva mai avuto.

Passarono molti giorni e casualmente passeggiando lungo

la riva di un fiume la fanciulla incontra il principe azzurro

che subito nota questo suo modo di essere: la vede cambiata,

più bella, più indipendente, più amabile tanto da innamorarsi

di nuovo di lei.

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C’era una volta...

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Il povero principe dopo tanti tentativi non riesce a riconqui-

stare la fanciulla la quale ormai decisa e sicura di sé decide

di intraprendere una nuova relazione ricca di sorprese e

soddisfazioni.

Volete sapere il destino del principe?

Vive il resto della sua vita da solo senza amarsi ed essere

amato da nessuno.

P. C.

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C’era una volta...

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Terzo Finale

La nostra ragazza in un bel giorno di primavera capisce che

ognuno di noi è una ricchezza e possiede tante risorse e

tante energie per se e per le persone a cui tiene di più.

Ognuno di noi è una creatura preziosa e bella così com’è e

le circostanze esteriori non devono turbare questa bellezza,

ma devono far sì che essa venga fuori e si mostri a coloro

che lo meritano, perché solo a questi deve essere indirizzata

l’energia che si propaga dal nostro essere, dalla nostra bel-

lezza interiore.

La nostra ragazza percepisce che ha ricevuto tre doni mera-

vigliosi,questi doni sono la propria vita e quella dei due stu-

pendi bambini che ha fatto venire alla luce.

Da quel giorno consapevole di essere in possesso di queste

tre enormi fortune decide che non doveva far passare più ne-

anche un secondo senza apprezzarlo e goderne a pieno,

senza farlo scivolare come se fosse.

Carta straccia da buttare nel cestino, lei oggi aveva capito di

essere una donna ricca e ogni mattina si svegliava sapendo

di dover far cento cose per far gioire le persone amate e di

conseguenza se stessa in ogni istante sì perché la vita è fatta

di questo, di piccoli momenti da assaporare come cioccola-

tini.

Dalla vita non bisogna aspettarsi grandi cose, la vita è fatta

di piccole gioie che a volte bisogna imparare a riconoscere

altrimenti passano e ci sfuggono senza che noi le vediamo

neanche.

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C’era una volta...

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Con questa consapevolezza la nostra protagonista decide di

buttarsi alle spalle le spiacevoli esperienze vissute e di an-

dare incontro al futuro fiera delle proprie ricchezze e sa-

pendo che se ci sono i dolori ci sono anche tantissime

piccole gioie.

S. D.

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C’era una volta...

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Quarto Finale

In un bel giorno di sole la mamma si alzò presto, preparò un

buonissimo pranzo al sacco e chiamò i suoi bambini ed in-

sieme partirono per passare una giornata da soli lontano da

tutti e da tutto.

Arrivarono in un bellissimo luogo incantato dove tutto sem-

brava magico e i bambini iniziarono a correre beati in quel

bel prato pieno di fiori tutti colorati mentre la mamma seduta

li guardava felice di vederli contenti e non più con quelle fac-

cine tristi e pensierose e mentre stava lì seduta a godersi quei

momenti le si posa sul palmo della mano una coccinella e in

quello stesso attimo sente una vocina che le chiede. Da

quanto non vedevi i tuoi ragazzi così e da quanto la tua mente

non era così spensierata?”.

La giovane madre rispose che era da tanto, perché la vita

aveva messo alla prova lei e i suoi bambini, ma ora aveva de-

ciso che doveva cambiare, ma non sapeva come.

La coccinella le disse allora che era molto più semplice di

come sembrava, doveva godersi quella giornata tutta per sé

perché questo forse l’avrebbe aiutata.

Arrivò l’ora di tornare a casa e per la strada del ritorno la

mamma parlò con i ragazzi e chiese loro come erano stati e

se gli sarebbe piaciuto vivere così loro tre spensierati e felici.

La risposta dei bambini fu positiva così la mamma cambiò

strada, non tornò a casa ma si rifece una vita con i suoi bam-

bini e forse un giorno...chissà che non ritrovi anche un

amore. V. P.

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Quinto Finale

La nostra dolce ragazza un giorno, mentre si trovava al su-

permercato per fare la solita spesa giornaliera, si accorse

che il suo carrello era stato erroneamente scambiato, iniziò

a guardarsi intorno e finalmente vide che il carrello era stato

preso da due ragazze che stavano parlando tra di loro e,

molto distratte, non si erano accorte minimamente dell’acca-

duto.

Le raggiunse e dopo tante scuse per l’accaduto fecero ami-

cizia e si scambiarono i numeri di telefono.

Nei giorni successivi quelle due nuove amiche la chiamarono

e la invitarono fuori a pranzo, lei accettò e così ebbe inizio

una bellissima amicizia, erano veramente delle ragazze spe-

ciali, allegre e simpatiche, spensierate e piene d’iniziative pia-

cevoli che fecero completamente cambiare la nostra dolce

ragazza, la tristezza e la malinconia non c’erano più adesso

c’è soltanto tanta voglia di vivere!

S. D.

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Sesto Finale

La nostra protagonista è piena di coraggio, il dolore per

tante vicissitudini l’ha forgiata a dovere e questo, si dice, le

dovrà servire.

Sente dentro di sé una grande energia, ma non sa precisa-

mente cosa può fare per rinascere!

Un giorno, mentre si trovava da sola a passeggiare in cam-

pagna, incontra una anziana signora piccola e fragile all’ap-

parenza, che le chiede un favore: “Senti mi puoi aiutare ad

infilare la manica destra di questa maglia? Ho freddo, ma

sono in difficoltà, ho un problema alla spalla e non riesco a

fare alcuni movimenti!”

Felice di esser d’aiuto all’anziana signora con un gesto di

cortesia, la saluta poco dopo.

Qualcosa dentro di lei comincia a muoversi per la rinascita,

l’emozione di soddisfazione e la successiva serenità dopo

aver incontrato l’anziana signora le fanno improvvisamente

capire che è bello aiutare chi ha bisogno, ed è altrettanto

bello chiedere di essere aiutati quando si ha bisogno.

Si può aver bisogno di una guida per ristabilire un equilibrio

interiore, pensa la nostra protagonista, cosicché decide di

consultare una psicologa che l’aiuti a trovare il bandolo della

matassa, smarrito nel lungo periodo di sofferenza.

P. R.

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Settimo Finale

La principessa aveva intenzione di far tornare la sua vita allo

splendore di prima e così il suo regno che aveva trascurato

e abbandonato per tutto il dolore che l’aveva travolta.

Per prima cosa prese il suo cavallo preferito, un bel puledro

bianco e ispezionò tutto il regno cercando di vedere i disastri

causati dallo stato di abbandono, i danni apportati da per-

sone senza scrupoli che avevano approfittato della sua as-

senza e decidere cosa fare per risolverli.

In ognuna delle sette città più importanti del regno conobbe

sette contessine con le quali divenne amica e con le quali si

confidò e fu confortata.

Finito il giro d’ispezione la principessa decise che per ripren-

dere le redini del suo regno doveva eliminare i nemici,ma

anche ritrovare l’amore per se stessa e per il popolo.

Intanto dette un grande ballo dove furono invitati tutti gli abi-

tanti del regno, ma proprio tutti, smascherò pubblicamente i

malfattori che si erano approfittati del popolo rubandogli il

denaro e li costrinse a rendere il maltolto promettendo che

ciò non sarebbe accaduto mai più perché d’ora in poi

avrebbe vigilato molto attentamente!

Il popolo accolse questa decisione con immensa gioia e feli-

cità per la principessa ritrovata.

Durante la festa accadde una specie di miracolo:i capelli

della principessa che erano grigi e spenti tornarono a splen-

dere come grano al sole, gli occhi cupi e tristi tornarono ad

essere pezzi di laghi azzurri.

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Tutti i nobili del reame si innamorarono di lei e facevano del

tutto per ballare con lei.

E il principe azzurro? È lì che aspetta di saper se la princi-

pessa lo vuole ancora o no.

S. R.

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La Fanciulla e gli

gnomi

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C’era una volta, in un piccolo paese di montagna, una

bellissima fanciulla che passava abitualmente le sue

giornate sola soletta ad accudire la sua casa. Non

aveva nessuno con cui parlare, con cui scambiare le sue idee,

condividere le sue emozioni, ma, durante una giornata di pri-

mavera, mentre la fanciulla era intenta nel coltivare il suo or-

ticello, le apparve un piccolo gnomo che la invitò a seguirlo.

Dopo un lungo cammino, tra boschi e sentieri,arrivarono in

un bellissimo paesaggio, lì tutto era meraviglioso,tutto era

vivace tanto da catturare l’attenzione della fanciulla.

Lo gnomo la prese per mano e la portò nel suo piccolo rifu-

gio dove c’erano tanti altri gnomi che, insieme ad un bellis-

simo ragazzo, stavano organizzando una festa.

La fanciulla esterrefatta da tanta allegria e briosità, con fa-

tica, cercò di rendersi utile e collaborativa.

Tutti parteciparono alla festa durante la quale la fanciulla

ebbe modo di conoscere il bellissimo ragazzo che, come lei,

era abituato a vivere in solitudine.

Scambiarono tra loro tante parole, si raccontarono le diverse

esperienze tanto da accorgersi che avevano un desiderio in

comune: quello di passare il resto delle loro giornate in com-

pagnia, con gli amici in allegria.

Solo così sarebbero potuti uscire da quella loro solitudine

che fino ad allora aveva caratterizzato la loro vita.

E così decisero di rimanere nel rifugio degli gnomi dove

qualsiasi giornata,qualsiasi emozione era vissuta con lo spi-

rito di gruppo. P. C.

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Primo Finale

I due ragazzi passarono una bellissima serata insieme, ma

era arrivato ormai il momento di tornare a casa e di salutare

e ringraziare gli gnomi.

La fanciulla, triste nel pensare di ritornare sola soletta nella

sua dimora, chiese allo gnomo Jimmy di poter rimanere in-

sieme a loro, ma lo gnomo le disse che non sarebbe stato

possibile. Allora la fanciulla si avvicinò al ragazzo che aveva

conosciuto e gli confidò le sue sensazioni e le sue idee di-

cendogli”. Io ho bisogno di passare le mie giornate in com-

pagnia, ma lì dove abito non riesco ad aprirmi con la gente

sono schiva e silenziosa e nessuno mi cerca”.

Il ragazzo nel sentire queste parole le chiese di andare a vi-

vere con lui.

La fanciulla accettò l’invito nonostante le dispiacesse di ab-

bandonare il suo paesino, le sue abitudini.

Dopo un lungo viaggio finalmente i due ragazzi arrivarono a

destinazione: la fanciulla non credeva ai suoi occhi, quel ra-

gazzo viveva nel suo stesso paese.

Aveva una piccola casetta poco distante da dove lei aveva

sempre abitato.

Così decisero di tornare ad abitare ognuno nella propria

casa promettendosi di frequentarsi e di aprirsi agli altri.

Fu così che i due ragazzi iniziarono una nuova vita: le gior-

nate passate sempre in solitudine diventarono giornate ric-

che di impegni, ma soprattutto passate in compagnia.

P. C.

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Secondo Finale

La bellissima fanciulla e il bellissimo ragazzo scoprirono di

avere tante cose in comune, questo era stato veramente un

incontro che aveva fatto scattare il colpo di fulmine.

Il giorno dopo si incontrarono e decisero che la vita di en-

trambi doveva cambiare, troppa solitudine, quei simpatici

gnomi non bastavano per vivere una vita completa, così in-

sieme iniziarono a viaggiare per scoprire e conoscere posti

e culture nuove.

Ancora oggi dopo tanti anni stanno ancora insieme e condi-

vidono tutte le emozioni belle e meno belle che la vita (ci) ri-

serva.

S.D.

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Terzo Finale

La ragazza e il giovane si guardarono intorno ammirando i

piccoli gnomi che ballavano, mangiavano, parlavano con uno

sguardo che esprimeva tutta la loro gioia e decisero di non

voler più tornare nel loro mondo di solitudine.

Finita la festa il capo gnomo chiese ai giovano come fossero

stati e loro risposero che erano stati benissimo, che avreb-

bero voluto vivere sempre così ed anzi chiedevano un loro

aiuto per realizzare quel sogno.

Il capo gnomo chiamò in riunione tutta la sua tribù e chiese

loro di aiutare i due giovani, così gli gnomi si misero subito

al lavoro dividendosi i compiti: un gruppo iniziò a costruire

un nuovo villaggio ed invece un altro gruppo, convinto che

nel mondo tanti altri giovani erano scontenti della vita che

conducevano, andò a cercarli per invitarli in questo nuovo

villaggio dove le giornate sarebbero passate serenamente in

allegria e spensieratezza.

Dopo pochissimo il villaggio fu pronto e i due giovani ci si

trasferirono subito, ma rimasero da soli per poco perché la

ricerca degli gnomi di altri ragazzi fu veramente ricca tanto

da riempire tutto il villaggio.

Ora i giovani erano felici e piano piano dimenticarono gli

anni passati in solitudine e tristezza.

V. P.

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Quarto Finale

La festa fu un vero successo e il bel ragazzo e la fanciulla

capirono di non poter più vivere lontani l’uno dall’altro e in

solitudine. Iniziarono a frequentarsi e poco dopo decisero di

andare a vivere insieme nella casetta della fanciulla.

Per un po’ vissero la loro favola lontani da tutti, solo lui, sola

lei, due metà di una sola mela e tutto era magico e meravi-

glioso.

Ma un bel giorno si resero conto che così la loro vita non era

cambiata poi tanto, era una sorta di solitudine in due, lontano

dal resto del mondo.

Cominciarono a provare il desiderio di incontrare altre per-

sone, di confrontarsi ed aprirsi al mondo.

Decisero così di invitare nella loro casa gli gnomi e tutti gli

abitanti del villaggio vicino e cominciarono a stringere ami-

cizia con alcuni di essi.

Tra loro c’era una ragazza molto bella, allegra e civettuola

che finì per invaghirsi del bel ragazzo.

Lui non aveva mai conosciuto una ragazza così spiritosa e

spigliata e si lasciò catturare da lei, senza pensare alla sua

fanciulla e al male che le avrebbe fatto.

Per un po’ la fanciulla tornò ad una vita di solitudine sof-

frendo tanto per il suo amore perduto.

Ma i nuovi amici la aiutarono a venir fuori da questa brutta

situazione e quasi senza accorgersene la fanciulla si ritrovò

piano piano vicino ad un altro ragazzo che l’amava e la fa-

ceva sentire serena e felice.

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Trascorso un po’ di tempo il primo ragazzo tornò a farsi vivo

con lei perché era stato scaricato dalla sua nuova fiamma,

ma era ormai troppo tardi e la fanciulla aveva finalmente tro-

vato il suo vero amore che viveva con lei non in una solitu-

dine dorata, ma condividendo gioie e dolori con tanti amici

sinceri.

Il primo ragazzo tornò invece a vivere da solo e da solo ri-

mase per il resto della sua vita,diventando sempre più brusco

e scontroso,portando sempre nel cuore il ricordo di un

amore gettato al vento per inseguire la bellezza e la legge-

rezza, piacevole e inebriante, ma vuota ed arida.

R. R.

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Quinto Finale

Che meravigliosa opportunità le aveva dato lo gnomo, pensò

la fanciulla! proprio una magia...un bellissimo ragazzo soli-

tario tutto da scoprire.

Si sentì così felice nel profondo di se stessa, che dimenticò

di essere stata sempre da sola a pensare alle sue cose!

Sentiva il desiderio di condividere la sua vita con il ragazzo,

anche se non aveva la più pallida idea di come, oltre al fatto

di essere accomunati dalla stessa esperienza di solitudine,

si sarebbero potuti trovare a vivere insieme con abitudini ra-

dicate da molto tempo, certamente ci sarebbero stati ostacoli

da superare.

Improvvisamente la sua mente si illuminò!

Lo gnomo aveva dato ad entrambi questa possibilità di co-

noscersi perché insieme potevano finalmente innamorarsi e

contagiare con l’amore tutte le persone che incontravano.

Non due persone socievoli, ma chiuse a se stesse! Lo gnomo

doveva avere molta fede in Dio per operare un miracolo così

grande.

P. R.

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Sesto Finale

I due ballarono tutta la notte e si divertirono un mondo e tra

loro fu amore a prima vista.

Decisero così che si sarebbero sposati di lì a tre giorni, giu-

sto il tempo di compiere tutti i preparativi necessari.

Il Grande Gnomo avrebbe celebrato il matrimonio, gli altri

avrebbero organizzato la festa, canti, balli e tante leccornie.

Le gnome si dettero da fare per cucire ad Arabella, questo

era il nome della fanciulla, uno splendido abito da sposa

tutto di seta e diamanti.

E venne finalmente il giorno del matrimonio, Arabella era bel-

lissima!

E quando Lucindoro la vide si senti l’uomo più fortunato del

mondo.

Si celebrò il matrimonio e si fece festa tutta la notte.

Alla fine il Grande Gnomo regalò un cavallo bianco ad Ara-

bella ed uno nero a Lucindoro “Ora siete pronti per andare “

“Ma no possiamo restare con voi, noi stiamo bene qui”

“No – disse lo gnomo – il nostro mondo appartiene a noi e

voi dovete tornare nel vostro,ma saremo sempre amici e ci

potremo vedere per la festa della grande luna ogni prima-

vera!”

I due partirono sui loro cavalli alla ricerca di un posto dove

andare e lungo il cammino trovarono diversi ostacoli :dovet-

tero attraversare un torrente in piena, affrontare un branco

di lupi affamati, attraversare una pietraia piena di serpenti e

scorpioni. Ma la forza del loro amore era tale da superare

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tutte le difficoltà e poi il Grande Gnomo aveva dato loro una

scatola magica che li avrebbe sempre protetti! E così fu, tro-

varono un bel paesino, ridente e tranquillo dove vivere e dove

si fecero tanti amici nuovi senza mai dimenticare i vecchi.

Quando giunse il periodo della festa della grande luna tor-

narono dagli gnomi.

Grandissima fu la gioia nel rivedersi e stare di nuovo insieme

era meraviglioso.

Lucindoro ringraziò il Grande Gnomo per i saggi consigli che

gli aveva dato e che gli erano stati molto utili e per la scatola

magica che li aveva protetti dai pericoli e gli chiese che cosa

ci fosse dentro “C’è tutto quello che sei che puoi e potrai es-

sere solo che tu lo voglia”

Durante la festa della grande luna Arabella scopri di aspet-

tare un bambino e fu felicissima di questa fortunata coinci-

denza e decise che se fosse stata una bambina l’avrebbe

chiamata Luna e se invece fosse stato un maschio lo avreb-

bero chiamato come il Grande Gnomo, Elio e così i due mondi

sarebbero stati più vicini.

S. R.

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Autobiografia

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La vita scorreva con i soliti piccoli problemi quotidiani

per una piccola famiglia, quando un brutto giorno

viene diagnosticata una malattia ad uno dei compo-

nenti. La mamma aveva un cancro alla mammella, ma con la

sua volontà di guarire e con l’aiuto delle medicine tutto si ri-

solse per il meglio.

Rimane dentro di lei una gran rabbia perché forse una pic-

cola percentuale di tutta questa sofferenza era stata causata

dal tipo di lavoro che svolgeva, infatti per dieci anni è stata

in una sala operatoria con il rischio di radiazioni e se anche

lei chiedeva ripetutamente di avere dei controlli come li ave-

vano i suoi colleghi, questi le venivano sempre rifiutati con

motivazioni banali come per esempio si è persa la domanda

o ora deve essere rivisto tutto l’organico... .

La rabbia aumenta sempre di più quando si accorge che

anche dopo tutto quello che è successo, il direttore e i re-

sponsabili del suo servizio seguitano a dire falsità perché lei

non abbia la tanto desiderata giustizia.

Ma per fortuna la mamma frequenta un gruppo di donne che

come lei hanno dovuto lottare con la stessa malattia e queste

insieme alla psiconcologa le hanno dato la forza di seguitare

la sua battaglia per lei e per tutte quelle persone che lavo-

rano in posti rischiosi per la saluta senza avere un minimo

di protezione e in più sono presi in giro dai datori di lavoro.

La lotta durò per molti anni, ma poi la giustizia arrivò.

V. P.

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Primo Finale

Una mattina mentre la mamma era da sola in casa sentì bus-

sare alla porta, andò ad aprire e si trovò di fronte un uomo

con una grossa valigia.

La mamma, convinta che l’uomo le volesse vendere qualche

cosa lo anticipò dicendo che non le serviva nulla, ma lui le

disse se poteva entrare che le avrebbe fatto vedere una cosa

molto bella.

La mamma sentì dentro di lei come una vocina che le diceva

di farlo entrare, così lo fece accomodare e l’uomo,una volta

entrato, aprì la valigia e tirò fuori un macchinario lo accese

ed invitò la mamma a guardare.

La mamma da un piccolo schermo, come per magia, potè ve-

dere tutti i pensieri belli e brutti che passavano nella mente

dei suoi cari in quel momento e uno in particolare la colpì: si

vedevano i suoi figli insieme a lei felici e gioiosi perché erano

scomparsi dal mondo malattie ed ingiustizie.

La mamma si girò verso l’uomo per dirgli che questo era solo

un sogno, ma come per magia non c’era più né l’uomo né lo

strano macchinario.

V. P.

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Secondo Finale

C’era una volta una ragazza, Gioia, che viveva in un paese

come tanti, con una vita come tante altre e amici e conoscenti

intorno a lei.

Una persona anonima e senza ambizioni?

No solo una ragazza che non aspirava a chissà quali tra-

guardi, ma sognava da sempre una vita serena con forti punti

di riferimento e certezze che niente e nessuno avrebbe potuto

scalfire. Ma Gioia, a dispetto del suo nome, non riusciva a vi-

vere una vita serena a causa di diversi ostacoli e problemi.

Decise allora di farsi aiutare da un gruppo di nuove amiche

che nella vita avevano dovuto affrontare le sue stesse diffi-

coltà. Parlando con loro e tirando fuori i suoi problemi riuscì

in parte ad elaborare il tutto e piano piano a ritrovare un po’

di serenità. Ma a differenza delle sue nuove amiche Gioia do-

veva affrontare anche altri ostacoli, l’indifferenza del ragazzo

che aveva sposato e che da sempre era stato la sua roccia, il

pilastro a cui appoggiarsi.

Piano piano però riuscì a riconquistare l’affetto e la stima

del suo amore, dimostrando di essere in grado di muovere

piccoli passi da sola.

La speranza più forte nel cuore di Gioia ora è tornare ad

avere una vita serena con suo marito e passo dopo passo

scoprire l’amore forte e totalitario che li aveva legati quando

erano ancora ragazzini e li aveva fatti crescere insieme, ma

che poi le vicende della vita e le tentazioni facili e allettanti

avevano offuscato. R. R.

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C’era una volta...

59

Terzo Finale

La famiglia era contenta perché nonostante tutto vedeva una

luce di speranza alla risoluzione del problema burocratico

che avrebbe messo fine alla dolorosa vicenda.

Soprattutto i ragazzi, vedendo più spesso la mamma, ave-

vano modo di costatare lo spessore e la forza della donna

che aveva dato loro la vita e che affrontava con coraggio,

non solo il male che l’aveva colpita, ma difendeva i suoi diritti

sapendo le strade giuste da percorrere e affidandosi al con-

forto di persone che, come lei, avevano conosciuto e lottato

lo stesso male.

Quante cose stava insegnando ai suoi figli senza volerlo, le

circostanze della vita avevano deciso per lei ed erano emersi

vari pregi della donna che mai sarebbero stati scoperti senza

questa esperienza dolorosa.

Finalmente e prima del previsto si ebbero notizie dall’avvo-

cato che aveva in carico la causa della mamma e nel giro di

qualche settimana si concluse la vicenda come meglio non si

poteva.

Tutti insieme decisero di fare un viaggio, sempre rimandato

per un motivo o per un altro, si imbarcarono in una nave

della MSC crociere per fare il giro del Mediterraneo, dieci

giorni di evasione da godersi fino in fondo!

P. R.

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C’era una volta...

60

Quarto Finale

Una notte di luna piena il cielo era pieno di piccole e visibili

stelline luminose, una di queste era molto curiosa e guardava

sempre tutti i movimenti degli esseri viventi sulla terra, già in

altre notti come questa aveva tentato di trasformarsi in un

uccello e precisamente un falco e quella notte, chissà come

il suo desiderio venne avverato.

Inizia a volteggiare e volare verso la terra, trascorsa la notte

arriva finalmente la luce del giorno che lei non aveva mai

visto, era felicissima gli sembrava tutto così bello, molto più

bello di quando stava in cielo, ma con il passare dei giorni si

accorse che la vita da falco non era così facile, doveva pro-

curarsi il cibo e aveva visto gli altri falchi che per vivere uc-

cidevano altri esseri viventi e a lei questa cosa non piaceva

per niente, però qualcosa doveva mangiare, così si mise a

beccare piccoli semi su un campo, ma gli altri falchi la pren-

devano in giro e le dicevano – “Ma che razza di rapace sei,

da dove ne vieni?”– .

Era così scoraggiata da questi compagni che una notte di

luna piena inizia a guardare il cielo, esprime alla luna il de-

siderio di ritornare stella, anche per questa volta la sua ri-

chiesta venne avverata.

Chissà forse in un’altra notte di luna piena questa stellina ri-

tornerà ad esprimere qualche altro desiderio, questa volta

magari di trasformarsi in ragazza!

S. D.

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C’era una volta...

61

Quinto Finale

La nostra protagonista Gina, turbata da mille angosce, una

mattina si svegliò e si accorse che tutto quello che aveva vis-

suto era stato solo un brutto sogno, all’improvviso si sentì

liberare da tutte le paure, le ansie e soprattutto da quella rab-

bia furibonda che le avvelenava la vita.

Da quel momento si era riconciliata con il mondo esterno,

era una splendida giornata di sole e il sole splendeva anche

dentro di lei, provava un senso di pace interiore, di serenità.

Era cordiale con tutti ed aveva perdonato tutti, ma in fondo

in fondo alla sua anima quel brutto sogno le aveva lasciato

un senso di amarezza, aveva, seppure nel sogno, provato la

sofferenza ed aveva imparato che la vita a volta e per alcuni

è una lotta e si chiese perché fosse così,per lungo tempo

cercò una risposta alle sue domande ed infine la trovò nella

fede.

S. D.

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C’era una volta...

62

Sesto Finale

C’era una volta, in un paese molto molto lontano, una princi-

pessa. Quest’ultima sin da piccola aveva vissuto in uno

splendido castello insieme alla sua famiglia e tanta servitù.

Passava abitualmente le sue giornate aiutando i genitori a

gestire il reame, ma tutte le sere abitualmente si allontanava

con il suo cavallo Righetto, verso il paese.

Domitilla, la principessa, aveva un piccolo segreto che sin

da tempo si teneva dentro di sé.

In una piccolissima casetta vicino alla chiesa del paesino ci

viveva una bambina Frasia, che a causa di un brutto inci-

dente aveva perso entrambi i genitori.

Frasia da allora non uscì più di casa e passava le sue gior-

nate insieme al suo gatto Birba.

Domitilla, sensibile e preoccupata per la povera bambina, sa-

pendo di non poter accoglierla a palazzo reale tutte le sere

passava con lei un po’ di tempo portandole cibo e bevande.

Il re e la regina non avrebbero mai ospitato la piccola Frasia

perché figlia di mendicanti.

Domitilla, conoscendo il parere dei genitori, ritenne oppor-

tuno tenere nascosto questo legame. Ma più passava il tempo

e più la principessa desiderava portare Frasia al castello.

Un giorno ideò un piano: fece indossare alla piccola fanciulla

una straordinaria parrucca grazie alla quale nessuno la po-

teva riconoscere.

Frasia riuscì ad entrare a far parte del reame senza che nes-

suno la riconoscesse. Ma come poteva vivere, secondo voi,

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C’era una volta...

63

tutti i santi giorni indossando quel “gattaccio” che nascon-

deva la sua vera identità?

P. C.

Settimo Finale

C’era una volta, tanto tempo fa in un paese lontano, lontano

una ragazza che non poteva sopportare le ingiustizie che ve-

nivano puntualmente commesse dai notabili della città che

avevano tutto il potere e facevano il bello e cattivo tempo.

La ragazza, che si chiamava Maria Stella, non era vista di

buon occhio perché era sempre lì a protestare, a difendere i

deboli, a denunciare soprusi e malefatte. Era conosciuta da

tutti ed alcune ragazze la guardarono con ammirazione e ri-

spetto. Lei se ne accorse e ciò le fece immensamente piacere

perché non era più sola.

All’inizio erano tutte un po’ guardinghe poi sempre più fidu-

ciose fintanto che finalmente riuscirono ad incontrarsi, di na-

scosto da tutti, in una vecchia capanna nel bosco.

Ognuna aveva storie di soprusi e di ingiustizie da raccon-

tare.

Decisero così che dovevano fare qualcosa per liberarsi dagli

odiati tiranni. Si procurarono delle spade e delle armature

luccicanti. Una notte in cui non c’era la luna penetrarono nel

castello quatte quatte e uccisero i loro notabili e i loro sca-

gnozzi.

Così giustizia era fatta e il paese tornò ad essere un paese

libero e felice. S. R.

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C’era una volta...

64

La bambina

scomparsa

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C’era una volta...

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C’era una volta una bambina molto amata dai genitori

che l’avevano tanto attesa e desiderata! Era la gioia

di qualsiasi persona si mettesse in contatto con lei; le

persone adulte ne apprezzavano la simpatia e i modi educati,

i più piccoli coetanei erano felici di stare in sua compagnia

perché sapeva inventare sempre giochi curiosi che coinvol-

gevano tutti.

La mamma le raccontava spesso delle favole prima di andare

a letto, ma la piccola Maria era più felice di sentire le storie

antiche che le raccontava la nonna paterna che viveva in

casa con loro, insieme al nonno con il quale a volte usciva

per delle lunghe passeggiate.

Era una bambina serena...ma un giorno persone che sembra-

vano amiche le tesero un tranello, mentre era a passeggio

con il nonno,la presero e la portarono via .

Il nonno gridava disperato e la bambina urlava e piangeva,

ma quelle persone malvagie non ebbero alcuna pietà... .

Maria era come sparita nel nulla e a nulla servirono le ricer-

che accurate per ritrovarla e ancora dopo tanti anni molti si

chiedono dove sarà?

P. R.

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C’era una volta...

66

Primo Finale

Ho conosciuto Maria, era una mia compagna di giochi e in

questi anni ho sempre un po’ pensato a lei.

Siamo cresciute in modi diversi, mi piace pensare che in qual-

che parte dell’universo abbia realizzato la sua vita come de-

siderava.

Mi piacerebbe incontrarla, per raccontarle le mie esperienze

e confrontarmi con lei, ma poi penso che se dopo tutti questi

anni non ha dato notizie di sé può desiderare di essere di-

menticata.

Mi piace immaginarla viva, anche se avendo conosciuto le

persone che le hanno rubato l’infanzia apparentemente se-

rena, ammetto che è difficile credere che l’abbiano rispar-

miata.

Queste persone sono rimaste impunite, perché con gli ap-

poggi influenti di cui disponevano sono risultate insospetta-

bili e le colpe sono ricadute su ignoti.

Allora inseguendo questi pensieri immagino Maria in altra

dimensione che non è quella terrena,dove veramente c’è pace

insieme ad altre persone scomparse e riceve amore senza

paura di essere rapita.

P R.

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C’era una volta...

67

Secondo Finale

Dopo un lungo e faticoso cammino la piccola Maria fu por-

tata dai malviventi in un campo rom e fu costretta a chiedere

l’elemosina. La povera bambina, ormai lontana dal suo pae-

sino e dai suoi affetti, cercò di adeguarsi e di adattarsi alla

nuova vita e grazie alle sue capacità organizzative e alla sua

simpatia divenne amica di tutti i bambini del campo rom.

Le giornate trascorrevano e Maria, insieme ad alcuni bam-

bini, un giorno decisero di allontanarsi verso il boschetto che

costeggiava la baraccopoli.

Cammina, cammina i fanciulli, come per magia, si ritrovarono

in una verdeggiante ed incantevole foresta abitata da gigan-

teschi gorilla.

Maria, Lussy e Serafino, impauriti nel vedere questi animali,

decisero di costruirsi un rifugio sul tronco di un grande al-

bero dalla cima del quale era possibile osservare il giaciglio

dei gorilla.

Passarono alcuni giorni e Maria stupita e meravigliata dal

gruppo dei gorilla decide di scendere dall’albero e di pren-

dere confidenza con questi meravigliosi animali.

Non appena poggia i piedi per terra le si avvicina Marella una

gorilla che, a causa di un fulmine aveva perso il suo cucciolo.

Maria un po’ impaurita rimane immobile, ma Marella inizia ad

annusarla e a stringerla a sé, da lì Maria prova una fortissima

emozione e decide di passare il resto della sua vita tra tanto

calore,amore e soprattutto tra tanta natura e lontana dalla

malvagità degli uomini. P. C.

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C’era una volta...

68

Terzo Finale

Erano passati tanti anni da quel brutto giorno e la piccola

Maria era cresciuta ed era diventata una bellissima ragazza,

viveva in un circo, era diventata una bravissima trapezista, gi-

rava da una città all’altra, gli spettacoli erano frequenti.

Maria aveva ogni tanto dei ricordi di quando era piccola e

anche di quel brutto momento quando era stata portata via

dai suoi cari, ma tutto sommato non gli era andata così male.

La gente del circo le aveva voluto bene e lì aveva trovato una

grande famiglia e allora perché ricercare il passato!

Forse un giorno chissà andrà alla ricerca dei suoi genitori,

ma per il momento le piace la vita che fa.

S. D.

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C’era una volta...

69

Quarto Finale

La nostra Maria venne portata via da uomini incappucciati e

venne condotta in un bosco dentro ad un vecchio castello

freddo e lussuoso. Il bosco si trovava in Transilvania.

In questo luogo Maria fu tenuta prigioniera per tre mesi, la

sua vita dentro il castello era agiata non le mancavano gli

alimenti e neanche i giochi ed era circondata dalla servitù

che la riempiva di attenzioni. In realtà era ostaggio di un

conte, personaggio losco e malvagio che si era arricchito con

il commercio dei bambini, perciò Maria era lì in attesa di es-

sere venduta a quella famiglia desiderosa di bambini,che

avrebbe pagato il prezzo più alto,pur di soddisfare la propria

mancanza.

Il nonno di Maria era disperato, passarono giorni e giorni

senza aver notizie e non sapeva più che cosa fare.

Egli era stato da giovane un cacciatore ed aveva ancora oggi

alcuni amici che coltivavano questo hobby.

Un bel giorno un gruppo di cacciatori suoi amici lo invitò,

per farlo distrarre un po’, a partecipare ad una partita di cac-

cia in Romania. Egli decise di andare e così partirono e si

trovarono proprio in quel bosco della Transilvania dove

c’era quel castello bellissimo. Bussarono incuriositi ,venne

ad aprire una domestica e mentre erano sull’uscio della

porta, il nonno vede saltellare dietro le spalle della domestica

proprio Maria.

Così chiamò subito la polizia, denunciò l’accaduto e potè fi-

nalmente riabbracciare la sua adorata nipotina. S. D.

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C’era una volta...

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Quinto Finale

Tutta la famiglia aiutata da parenti, amici e da tante persone

che si presero a cuore la storia, iniziarono a cercarla per

lungo e per largo.

Passarono i giorni, i mesi, gli anni ma della piccola Maria

nessuna traccia.

Molti anni erano passati da quel brutto giorno e la famiglia

non riusciva a dimenticare, ma un giorno, precisamente la do-

menica di Pasqua, mentre tutta la famiglia era a pranzo,

suonarono alla porta.

La mamma andò ad aprire, ma non c’era nessuno, vide solo

un grandissimo uovo ben incartato con un bellissimo fiocco

e un biglietto per il nonno con scritto: “Scusa, so che hai sof-

ferto, perdonami.”

La mamma chiamò subito il nonno che, stupito, non aspettò

neppure di portare l’uovo in casa e iniziò a scartarlo e non

aveva neanche finito quando uscì fuori la sua cara nipotina.

La gioia fu tanta e riaverla in famiglia era tutto e nessuno mai

le chiese dove era stata e cosa le era successo.

V. P.

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C’era una volta...

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Sesto Finale

Gli uomini che l’avevano rapita la portarono in una grotta

ben nascosta in un grande e folto bosco di castagni, erano

dei briganti e l’avevano portata con loro perché avevano bi-

sogno di qualcuno che cucinasse per loro, lavasse i loro ve-

stiti.

Per Maria iniziò una vita molto dura e faticosa, era costretta

ad alzarsi molto presto al mattino per preparare la colazione

ai briganti e il resto della giornata lo passava a sfacchinare

per loro.

La trattavano come una serva, erano bruschi e violenti, se

provava a ribellarsi la picchiavano selvaggiamente.

Era disperata e passava la notte a piangere abbracciata a

Veleno, il cane dei briganti che, contrariamente al nome, era

dolcissimo e quando piangeva le asciugava le lacrime con la

linguetta.

Era il suo unico amico e la sua unica gioia.

Un pomeriggio dovette andare nel bosco a raccogliere le fra-

gole perché i briganti le avevano ordinato di fare una torta.

Mentre era intenta a cogliere le fragole, Veleno, che era an-

dato con lei, si allontanò, lei lo seguì.

Veleno gironzolò un po’ poi si fermò vicino ad un cespuglio

di bacche velenose, Maria, che conosceva la pianta, gridò:

“Fermo non mangiarle altrimenti muori”.

Di colpo capì che Veleno le aveva indicato la strada che forse

poteva salvarla! Colse le bacche poi a casa le mischiò con le

fragole e fece una bella torta.

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C’era una volta...

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I briganti la mangiarono tutta e dopo un po’, senza quasi ac-

corgersene, morirono tutti. Allora Maria e Veleno scappa-

rono. Maria però ogni tanto lasciava dei segnali.

Camminarono tutta la notte e alle prime luci dell’alba arriva-

rono in paese dove incontrarono una guardia notturna che

tornava a casa.

Maria gli raccontò tutto e lui l’accompagnò alla polizia che

immediatamente avvisò la sua famiglia.

Finalmente, dopo tanti anni, Maria potè tornare nella sua ca-

setta circondata dall’amore dei suoi e con in più un grande

amico “Dolce Veleno” come si chiamò da quel giorno in poi

il cagnolino.

S. R.

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C’era una volta...

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Il Barbone

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Un giorno, mentre camminavo per la città, mi soffermai

ad osservare le persone e notai che tutta questa

gente era diretta verso determinate mete, era indaffa-

rata e presa da mille impegni e tra queste c’ero anch’io per-

fettamente integrata nel contesto.

Ad un certo punto fui attratta da un a barbone che, in con-

trasto con tutto il mondo, era fermo, adagiato su una pan-

china e assorto nel contemplare il mondo.

Gli chiesi che cosa facesse e quale fosse il motivo della sua

condizione d’indigenza, lui mi disse che la sua vita era frutto

di scelte e che lui in origine era una persona benestante,

ricca di averi e conduceva una vita irrequieta e non s’era mai

soffermato sul senso di essa. Quando un giorno decise di

cambiare e si disse che si sarebbe dovuto fermare. Così mi

invitò a fare un viaggio nel suo mondo ed io, molto titubante

ed incerta, andai.

Mi condusse in tanti luoghi, mi fece ammirare paesaggi dalle

campagne ai mari ed insieme conoscemmo anche gli abitanti

dei vari paesi, dei vari posti con le loro lingue, le loro tradi-

zioni ed usanze e dal confronto con questi soggetti dalle più

disparate origini imparai molte cose.

Poi tornammo a casa ed ognuno riprese la sua strada, io ero

diventata un’altra persona ed avevo imparato tanto da quell’

esperienza e precisamente che il mio essere finora aveva vis-

suto in uno stato molto limitativo e nell’illusione del benessere

e che occorreva guardare il mondo con gli occhi del barbone

per poterla godere fino in fondo senza pregiudizi o condizio-

namenti di qualsiasi sorta. S. D.

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C’era una volta...

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Primo Finale

Tornati dal viaggio, arricchita dall’esperienza vissuta, decisi

che la mia vita doveva cambiare e non poteva riprendere il

suo corso come se nulla fosse accaduto.

Il viaggio mi aveva fatto capire che non bisogna farsi sfuggire

niente, che occorre gustare e vivere coscientemente ogni mo-

mento e anche ogni luogo di questo mondo.

Per questo decisi di fare la pittrice.

Da ora in poi il mio compito principale doveva essere di fare

ogni anno un viaggio e poi tornare a casa e riprodurre, at-

traverso bei quadri, ciò che avevo ammirato, in maniera da

rendere tutti partecipi delle sensazioni e delle emozioni che

nei percorsi avevo provato.

S.D.

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76

Secondo Finale

La nostra cara Simona era rimasta veramente estasiata da

questa bellissima esperienza anche perché fino al giorno in

cui aveva incontrato quel personaggio strano che noi soli-

tamente chiamiamo barbone, conduceva una vita impegna-

tissima e stressante.

Il lavoro la impegnava tutta la giornata.

Da questa esperienza imparò tantissime cose, specialmente

iniziò a ritagliarsi spazi di tempo libero che dedicava solo

per se a fare tante cose belle.

La sua vita cambiò e la nostra Simona era finalmente serena

e felice.

S.D.

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77

Terzo Finale

Mi sentivo felice come non ero mai stata, i giorni passavano

veloci ed io, anche se ero sempre in movimento girando da

una città all’altra, non ero mai stanca e il desiderio di cono-

scere nuova gente e nuovi posti visti con questi nuovi occhi

mi dava tanta forza.

Il viaggio era quasi arrivato alla fine così una sera il barbone

mi chiese come era stata questa esperienza e se avrei segui-

tato quella vita o sarei tornata a quella caotica.

Io risposi che quell’esperienza era stata bellissima, che avevo

imparato che nella vita ci sono cose molto più importanti da

raggiungere, che non serve a nulla correre tanto per raggiun-

gere degli obiettivi futili se nel frattempo perdi i sentimenti

più importanti come l’amore, la famiglia e la gioia di vivere.

Così tornai a casa e la mia vita cambiò totalmente, mi sem-

brava di viverla al rallentatore, gustandomi attimo dopo at-

timo ed ora i barboni erano i miei migliori amici che giorno

dopo giorno seguitavano ad insegnarmi le cose migliori della

vita.

V. P.

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78

Quarto Finale

Non potevo più essere la stessa persona, lo sentivo in pro-

fondità. Questa esperienza insieme al barbone mi aveva dato

l’opportunità di vedere nuovi luoghi ma anche di sondare con

più consapevolezza la mia interiorità e l’importanza che ha

per me l’assenza della casa.

Avevo per tanto tempo creduto di poter accettare, anzi di

dover accettare, le situazioni altrui solo per il beneficio al-

trui.

Ebbene dopo questa avventura capii che mi sbagliavo, che

non potevo ribellarmi a ciò che la vita aveva in serbo per me,

ma riservare uno sguardo più attento ai miei desideri, ai miei

sogni con la speranza di realizzarli.

Una sera in tutta tranquillità decisi di cambiare vita! Era

giunto il momento di cambiare aria, quindi volevo andarmene

per raggiungere un luogo meraviglioso: Cefalù che tanto mi

aveva affascinato andando in viaggio con il barbone.

Forse sarei tornata, forse no, l’importante era trovare l’amore

per me stessa.

P. R.

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Quinto Finale

Dopo tutto questo viaggiare il barbone mi disse “Ora ti farò

vedere un posto meraviglioso che nessuno ha mai visto!”

Ci incamminammo così verso una montagna, attraversammo

boschi, ruscelli, radure e più salivamo e più mi sembrava ir-

raggiungibile la meta.

Ma avevo fiducia nel barbone che mi aveva insegnato tante

cose e quindi continuavo a salire curiosa ed impaziente.

Dopo giorni e giorni di lungo cammino finalmente arrivammo

in cima alla montagna.

Da lassù il paesaggio era splendido, ma un po’ delusa chiesi

“É per vedere questo che abbiamo fatto tutta questa strada?

Si è bellissimo, ma cos’ha di speciale?” “Oh – rispose il bar-

bone – il paesaggio niente, ma il viaggio che tu hai fatto e che

ti ha portato ad incontrare te stessa che è speciale e il luogo

meraviglioso di cui ti parlavo altro non sei che te!”

S. R.

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Vita da Rondine

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C’era una volta...tutte le favole cominciano, di solito,

così. Anche la mia, parte da questa frase. Dunque di-

cevo: c’era una volta uno stormo di rondini che fe-

stose ripresero i propri nidi dopo aver trascorso il periodo

più freddo in luoghi tiepidi.

Ciascuna ritrovò il proprio tetto ed una lo ritrovò sopra un

balcone vicino al fiume, con tante verdeggianti siepi e flut-

tuanti pioppi e betulle.

Aria pulita, tersa, trasparente ed un continuo va e vieni dal

nido con voli ampi e volteggianti sempre più alti nel cielo

sconfinato.

La rondine sembrava padrona del mondo e libera di muo-

versi ad ali spiegate.

Un giorno però si accorse che il nido era solitario e strinse

amicizia con un rondinotto con cui condivise il suo nido.

A breve tempo nacquero dei piccoli rondinini e il loro pigolio

si udiva da fuori del nido quando la coppia si alternava con

voli rapidi e sicuri per catturare cibo da portare agli affamati

pigolanti.

Passò l’estate il sole caldo illuminava il tramonto su cui si

scagliava il profilo delle ali dei giovani uccelli ormai sicuri

nel volo come i loro genitori.

Tutto appariva lieto e sereno finchè un giorno un rondinotto

sbagliò rotta e anziché rientrare nel nido, sbattè contro il pa-

rapetto di un balcone e ci cadde dentro.

Pronto, nascosto tra un vaso di fiori, un gatto, che felino si

fionda sul fragile uccellino incapace di difendersi. Attirato

dai lamenti, la mano di un bambino libera il rondinotto dagli

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C’era una volta...

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artigli del micio, e lo rende con un lancio incoraggiante a li-

berarsi nell’aria. I genitori del piccolo volteggiano per con-

solarlo e fortificarlo. Tutto ritorna lieto e sereno.

All’arrivo dell’autunno si riformano gli stormi di tutte le ami-

che e amici che festosi e cinguettanti in lunghe linee, come

pentagrammi, attraverso le nuvole rosse, ripartono per zone

calde ed accoglienti.

D. M.

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C’era una volta...

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Primo Finale

Il povero volatile si dibatteva cercando di riprendere il volo

ma era troppo incerto e non sapeva ancora spiegare le ali

per mantenere una rotta.

Poco alla volta però, saltellando come un passerotto, salì sul

vaso di fiori, poi sulla piantina di rosmarino, infine sul da-

vanzale del balcone.

Da lì, con un ultimo balzo, si planò nell’aria dove la coppia

di rondini lo attendevano per confortarlo e continuare a in-

segnargli a volare.

D. M.

Secondo Finale

Il piccolo rondinotto riesce piano piano a scivolare dalla ter-

razza e cade sul giardino sottostante, disperato e spaventato

chiama il papà e la mamma, ma purtroppo non riescono a

sentirlo perché lo stanno cercando nel posto sbagliato.

Il rondinotto piange piange ma ancora non riesce a volare

perché ancora troppo piccolo e poi le rondini riprendono il

volo solo su punti molto alti.

Attirata da questi pianti si avvicina una signora che raccoglie

il piccolo e lo porta dove vengono raccolti e curati tutti i vo-

latili. Il rondinotto verrà curato e appena riuscirà a volare si

metterà alla ricerca dei suoi cari.

S. D.

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Terzo finale

Il povero rondinotto Geremia spaventato e addolorato provò

a spiccare il volo per tornare nel suo caldo ed accogliente

nido ma, a causa della brutta caduta, si era ferito ad un’ala e

non aveva più la forza per volare.

Geremia con fatica si avvicinò al finestrone e all’interno vide

un grosso gatto nero che ronfava davanti al focolare acceso.

Il rondinotto pensò: “se questo gatto uscirà sicuramente mi

mangerà! Devo escogitare un nascondiglio che mi faccia sen-

tire al sicuro”. Nonostante aveva poche forze Geremia si na-

scose svolazzando tra le foglie di un bellissimo glicine e

rimase lì per tutta la giornata.

Ad un certo punto, prima che il cielo si oscurò, sentì il fine-

strone aprirsi e vide uscire quatto quatto il gatto Tobia che,

come tutte le sere, aveva l’abitudine di recarsi fuori nel bal-

cone.

Il rondinotto vedendo Tobia rimase immobile tra le folte foglie

in modo tale da non farsi vedere ma, il gattone grazie al suo

fiuto felino balzò sulla pianta del glicine facendo cadere giù

il rondinotto.

Il piccolo Geremia straziato ed impaurito si accasciò a terra

fingendosi quasi morto.

Tobia prima lo osservò e poi si avvicinò e con la sua zam-

petta teneramente iniziò a sfiorarlo e si prese così tanto cura

di lui che lo leccò finchè Geremia non aprì i suoi occhietti e

spiegò le sue aluccie. Il gatto iniziò a miagolare a lungo fin-

chè, Clarissa, la sua straordinaria padroncina uscì fuori nel

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C’era una volta...

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balcone e vedendo stramazzato a terra il povero rondinotto

lo prese con sé e lo curò tenendolo al calduccio nella sua

casa. Tobia e Geremia divennero ottimi amici e da allora il

rondinotto capì che, un brutto incontro/incidente spesso

porta a cambiare la vita ed il modo di vedere le cose.

P. C.

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C’era una volta...

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Quarto Finale

Spaventato il rondinotto cominciò a guardarsi intorno in

cerca di una via di fuga o almeno dell’aiuto di mamma e papà.

Ma il gatto era sempre più vicino e per il povero rondinotto

sembrava non esserci più scampo.

Gli vennero in mente tutti i momenti più importanti della sua

vita, i giorni felici nel nido con la sua famiglia, i primi timidi

voli...quando tutto sembrava ormai perso, sopra il balcone

iniziò a volteggiare mamma rondine.

Teneva stretti nel becco dei sassolini da scagliare contro il

gatto, che così distolse l’attenzione dal rondinotto per cer-

care di ripararsi e di catturare mamma rondine.

Il giovane uccellino, temendo che il gatto facesse del male

alla sua mamma, chiamò a raccolta tutte le sue forze e nono-

stante il dolore causato dalla brutta caduta e la paura del

gatto, riuscì ad alzarsi in volo e a raggiungere mamma ron-

dine.

I due volarono sempre più in alto, fino al punto in cui il gatto

non sarebbe mai potuto arrivare e una volta in volo, si guar-

darono negli occhi scoppiando in un pianto liberatorio.

Con l’aiuto della mamma il rondinotto riuscì a tornare al nido,

dove la rondine lo abbracciò e curò le sue ferite.

Alcuni giorni più tardi l’uccellino decise che era ormai giunto

il momento di riprovare a volare con le sue ali, sicuro che

ovunque si sarebbe trovato, avrebbe avuto sempre il soste-

gno della madre, pronta a rischiare anche la vita per il bene

dei suoi rondinotti.

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C’era una volta...

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E papà rondine? Vi chiederete.

Lui si è occupato dei rondinotti solo nei loro primi giorni di

vita e poi, lasciando tutto sulle ali di mamma rondine ha co-

minciato a volteggiare verso nidi sempre più lontani, posan-

dosi di tanto in tanto su nidi che non erano suoi, ma che gli

sembravano molto più caldi, comodi ed accoglienti del suo

nido affollato di rondinotti.

Ma un brutto giorno un cacciatore maldestro...

R. R.

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C’era una volta...

88

Quinto Finale

Il rondinotto non aveva mai visto un gatto e incuriosito si av-

vicinò e lo guardò con i suoi occhietti dolci e furbi e cinguettò

allegramente.

Il gatto rimase stupito da questo comportamento che non sa-

peva se definire coraggioso o incosciente.

“Chi sei e cos’hai da cinguettare?” gli disse burbero “mi

chiamo Teo e questo posto mi sembra molto bello e anche tu

sei bello anche se non so che animale sei.

“Cinguetto perché così i miei mi sentono e mi ritrovano… sai

mi sono perso” per un attimo il gatto rimase affascinato da

tanta grazia, ma poi pensò “ora lo mangio” Ma Teo incurante

del pericolo cominciò ad esplorare il balcone emettendo cin-

guettii di allegria e saltellando in modo così buffo che il gatto

non poteva fare a meno di ridere.

“Che bello, guarda qui. Oh come mi piace questo posto. Po-

trei venire a vivere qui con la mia famiglia...ti terremo com-

pagnia e canteremo per te. Oh ti prego. Ti prego.”

Il gatto completamente affascinato da questo nuovo amico

pensò: “ma perché anche se io sono un gatto e lui un uccel-

lino non possiamo essere amici? Ma si! Chi se ne importa! “in

fondo siamo animali tutti e due” e disse a Teo “va bene venite

pure”.

Così Teo chiamò a gran voce i suoi familiari, costruirono un

bel nido e vissero tutti felici e contenti.

S.R.

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C’era una volta...

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Sesto Finale

Il piccolo rondinotto iniziò a chiedere aiuto cinguettando

sempre più forte finchè fu sentito dai suoi genitori che cor-

sero in suo aiuto.

Dopo essergli stati vicino per consolarlo e rassicurarlo ini-

ziarono a convincerlo a riprendere il volo e tornare nel loro

nido.

Il rondinotto però aveva molta paura e non riusciva neanche

ad aprire le ali ma poi con la vicinanza della mamma che gli

sussurrava cose dolci e rassicuranti riuscì a riprendere il

volo e tornare nella sua casa insieme ai suoi genitori e fratelli

dove in breve tempo riuscì a dimenticare questa brutta av-

ventura.

V. P.

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C’era una volta...

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Settimo Finale

Il rondinotto caduto a terra, rimase lì, agonizzante, per di-

verse ore perché nella casa non c’era nessuno, i proprietari

erano partiti per le vacanze.

Ad un certo punto mamma rondine che cercava disperata-

mente il rondinotto si accorse che il suo piccolo era finito in

quell’angusto terrazzo ma non riusciva a portarlo in salvo,

non sapeva come fare.

Intanto passavano ore preziose per la vita del rondinino.

Ad un tratto alla madre venne in mente di chiedere aiuto agli

amici uccelli.

Questi si passarono parola l’uno con l’altro e così si mobili-

tarono tutti: i passeri, le quaglie, le cornacchie, i piccioni, i

gabbiani, i merli, ecc... .

Tutti si disposero a gruppi e formarono nel cielo un grande

stormo variopinto che si posizionò proprio in corrispon-

denza del balcone.

Da quella posizione iniziarono tutti a cinguettare e richiama-

rono così l’attenzione degli uomini che attratti da questo me-

raviglioso stormo tutto colorato furono incuriositi e

chiamarono i vigili del fuoco che con le loro attrezzature por-

tarono in salvo il rondinotto.

S. D.

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C’era una volta...

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Ottavo Finale

Spaventato e disorientato, lì per lì, Carletto non sapeva cosa

fare se nascondersi dietro l’annaffiatoio che sembrava abba-

stanza grande da poterlo riparare.

Si sentiva indifeso senza l’appoggio dei suoi genitori per

quanto ormai abbastanza grande, nella loro famiglia erano

molto uniti e in caso di difficoltà si venivano in aiuto.

Provò ad emettere un suono che fosse di richiamo ma non fu

udito come sperava dai suoi simili.

Il terrazzo era molto grande girava tutto intorno alla casa e

Carletto intravide quella che sembrava essere una gabbia.

Zoppicando la raggiunse e vide che era abitata da due pap-

pagalli gialli molto vivaci che stavano conversando animo-

samente.

Si interruppero quando videro lo sguardo stupito di Carletto

che non capiva i loro discorsi.

Si scusarono con lui iniziando a parlare il linguaggio univer-

sale di tutti i volatili manifestando interesse e affetto per

quanto gli era accaduto e accogliendolo in gabbia in attesa

di essere di nuovo in forma.

Carletto si sentì di nuovo protetto e accettò l’invito dei nuovi

amici.

P. R.

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C’era una volta...

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Le mucche pazze

alla riscossa

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C’era una volta...

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C’era una volta una bellissima mucca bianca a chiazze

nere, che aveva un brutto destino. Doveva essere ma-

cellata per farci le bistecche. Viaggiava su un camion

per il trasporto degli animali tutta pressata, triste, sapeva

ormai il suo destino. S. D.

Il conducente del camion che portava le mucche al macello,

nel percorso ebbe un incidente: il camion si rovesciò e il por-

tellone si aprì facendo uscire tutte le mucche che erano de-

stinate alla macellazione. La mucca Milly cominciò a correre

seguita da tutte le altre mucche che erano nel camion. Andò

in un bellissimo prato fiorito dove c’erano dei profumatissimi

fiori viola. Questo prato era un prato dove c’erano sempre

fiori fioriti e uno splendido sole. P. C.

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C’era una volta...

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Improvvisamente Milly vide arrivare di grande fuga un toro.

Il toro rimase molto sorpreso nel vedere questa mucca per-

ché non se l’aspettava proprio, perché quello era un prato

dove lui era abituato ad andare, ma era in solitudine, un

posto così bello era frequentato e conosciuto soltanto da lui.

Si innamorò subito della mucca Milly e cercava in tutti i modi

di attirare la sua attenzione. Fu amore a prima vista.

P. R

Ma la mucca Milly non era ancora pronta per una storia

d’amore, era ancora troppo spaventata dalla recente espe-

rienza, dall’idea che doveva finire al macello e quindi prese

tempo dicendo a Fernando che dovevano conoscersi meglio

e che non se la sentiva di stringere un rapporto con lui.

R. R

.

Milly si allontana e incontra le altre amiche mucche ed in-

sieme decidono di trovare un posto altrettanto bello dove

poter stare libere e nello stesso tempo insieme e dove poter

fare tante belle cose.

S. D.

Tutte insieme le mucche si allontanano da quel bel prato sem-

pre fiorito con quel sole caldo che le riscaldava e cammi-

nando incontrano un lungo viale alberato. Non è bello come

il prato, lì non c’è sempre il sole, il tempo varia, lì si vede che

è autunno, tutte le foglie in terra, gli alberi quasi tutti spogli,

ma seguitano a camminare perché quel luogo gli dà tanta

pace e serenità. V. P.

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C’era una volta...

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Percorrendo questo bosco autunnale, con tanti bei colori:

rosso, giallo, verde avvistano una casina e decidono, la

mucca Milly e le sue amiche, di entrare e di esplorare questa

casina dove trovano un camino acceso e decidono di pas-

sare la notte lì e di ripartire il giorno dopo e continuare que-

sto viaggio di esplorazione del mondo per gustare questa

libertà riconquistata. S. D.

La mucca Milly chiede alle altre mucche del branco se sono

d’accordo nel rimanere durante la notte in questa casetta no-

nostante non sapessero di chi fosse. Allora interviene la

mucca Casimira e dice alla mucca Milly che, prima di entrare

nella casa, dovevano aspettare che rientrasse il proprietario.

Passarono il pomeriggio nel giardino che circonda la casetta

e lì incontrarono la coccinella Fufetta.

P. C.

La coccinella Fufetta aveva un messaggio da parte di Fer-

nando, che non si rassegnava assolutamente al fatto che

Milly non avesse accettato la sua corte, perché lui era rima-

sto fulminato dalla bellezza di Milly. Nel suo messaggio pre-

gava Milly e le sue amiche di raggiungerlo al prato fiorito

perché lui ha un suggerimento per farle iniziare una nuova

vita.

P. R.

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C’era una volta...

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Milly parla con le amiche mucche, chiede consiglio anche a

loro e insieme decidono di accettare l’invito del toro Fer-

nando e di tornare al prato fiorito. Qui Fernando le stava

aspettando con trepidazione e come vide arrivare il gruppo

di mucche con a capo Milly tornò ad essere felice e si fece

subito verso di loro per accoglierle e dare loro questo sug-

gerimento. R. R

.

Fernando le presenta altri tori così fanno amicizia e organiz-

zano una festa, una cena. S. D.

La festa si svolge nella fattoria dove abitava Fernando e lì le

mucche si trovavano bene, avevano trovato tanti nuovi amici,

gli altri tori e tutti gli animaletti che c’erano nella fattoria. Sta-

vano veramente bene e quando si fece buio ed era ora di tro-

vare una sistemazione per passare la notte, le mucche si

radunarono tutte insieme per decidere cosa fare se allonta-

narsi e tornare alla casa dove avevano trovato il camino ac-

ceso o rimanere lì con Fernando e tutti gli amici. V. P.

Alla fine decidono di andare via perché Casimira dice ”Io

devo tornare perché non ve l’ho detto, ma io ho dei vitellini

che mi aspettano e devo assolutamente tornare a casa da

dove mi hanno rapito per la macellazione per dare il latte ai

miei vitellini. Tu Milly che fai vieni con me o rimani qui? Io ti

direi di venire con me.” Milly decide di seguire Casimira però

dice a Fernando “Guarda io ti do l’indirizzo della fattoria di

Casimira quindi se tu mi ami davvero domani mattina fatti tro-

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C’era una volta...

97

vare davanti alla porta della fattoria di Casimira e potremo

parlare del nostro futuro. S. D.

La mandria di mucche prende la strada che le conduce alla

fattoria di Casimira, ma, lungo il percorso, incontrano il ca-

mion con l’autista che le stava portando al macello. Milly av-

verte le mucche, ma non sanno come nascondersi. Il

conducente si ferma e cerca di caricarle nel camion per por-

tarle dove erano inizialmente destinate. P. C.

Purtroppo soltanto Milly riesce a scappare via mentre le altre

rientrano dentro il camion dirette alla macellazione. Milly di-

sperata per avere perso le amiche con cui si era intrattenuta

in quei giorni, ritorna da Fernando. Così iniziano una nuova

vita insieme nella fattoria di Fernando che ha molto lavoro e

può ospitare anche Milly. P. R.

Le povere mucche disperate dirette ormai al macello non ve-

devano più una soluzione a questa situazione, si vedevano

ormai spacciate. Una volta giunte al macello l’autista scende

per aprire il portellone e fa scendere le mucche. Quando tutte

le mucche erano ormai a terra si avviano al cancello e ve-

dono un grande cartello con su scritto: “Oggi sciopero”

R. R

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C’era una volta...

98

Nel frattempo arriva Fernando con Milly e tutti gli amici che

gli avevano presentato e così liberano di nuovo le mucche e

ripartono tutti insieme per una nuova vita. S. D.

La mucca Casimira felicissima di vivere questa nuova vita in-

sieme alle sue vecchie amiche e ai suoi nuovi amici. Però le

mancano i suoi vitellini. Così parla con loro e la sera dopo

l’aiutano a tornare alla sua vecchia fattoria, prendere i suoi

vitellini e tutti insieme ora veramente passano una vita felice.

V. P.

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C’era una volta...

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C’era una volta...

100

SERVIZIO SALUTE IN…FORMA

Ce.S.Vol. Perugia

“La rivoluzione scientifica e tecnologica che ha caratterizzato questi ul-

timi cento anni ha permesso a larghissima parte della popolazione di mi-

gliorare la qualità della propria vita e di allungarne la durata. Lo

strumento principale che ha contribuito alla diffusione dei progressi

scientifici è stato essenzialmente il sistema dell’INFORMAZIONE E

DELLA COMUNICAZIONE.

La conoscenza e la possibilità di interagire in tempo reale per rapidi e

fruttuosi interscambi costituisce certamente il presupposto indispensa-

bile per lo sviluppo della ricerca scientifica.

E specialmente nel campo della SALUTE si rivela essenziale “IL CONO-

SCERE” per un corretto approccio partecipativo del malato, che tanta

importanza ha dimostrato di avere nella risoluzione della malattia.

Dove cercare e a chi rivolgersi per ottenere risposte sui temi legati alla

salute (conoscere la malattia di cui si è portatori, come la si è contratta,

che danni comporta al momento attuale e quali comporterà prevedibil-

mente in futuro, quali speranze ci sono che possa o meno risolversi, co-

noscere con chiarezza e con onestà quali sono i percorsi diagnostici e

terapeutici che si dovranno affrontare per ottenere i migliori risultati che

lo stato delle conoscenze attuali consentono): è questo il progetto SA-

LUTE IN …..FORMA, uno strumento di facile consultazione per chiunque

(singoli ed associazioni, medici e pazienti), ed è sulla collaborazione di

tutti che contiamo per crescere e migliorare”

Internet è attualmente, e lo sarà sempre più diffusamente in futuro, una

fondamentale fonte di comunicazioni, un inesauribile dizionario enciclo-

pedico e uno “sportello” accessibile e sollecito per una grande quantità

di utenti.

Questo crescente ricorso alle informazioni sanitarie disponibili sulla rete

internet da parte di persone che non svolgono la professione medica, e

che quindi fruiscono del web come di un vero e proprio consulente me-

dico e sanitario, costituisce un fenomeno certamente ampio, anche per

la trasformazione del rapporto medico paziente che può configurare.

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C’era una volta...

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La rete si presenta dunque come uno strumento estremamente adatto a

fornire informazioni che, per la loro complessità, risultano invece pena-

lizzate da media più limitati sotto il profilo dei tempi e degli spazi di co-

municazione; e se da una parte questo fenomeno configura il rischio di

una diffusione non controllata di saperi approssimativi, con il pericolo

conseguente di comportamenti impropri, d’altra parte la capillarità e la

continua disponibilità del web costituiscono un’enorme potenzialità per-

ché i cittadini possano costruire con le istituzioni sanitarie, con il perso-

nale medico un nuovo genere di rapporto, caratterizzato da una

continuità e da una accessibilità inedite.

Con queste premesse è chiaro che i rischi di un’informazione non ade-

guata sono concreti. La genericità, ed in parte anche la modalità di trat-

tare le patologie, evidenziano il fatto che sussiste un certo numero di siti

che forniscono informazioni poco approfondite, senza alcun riferimento

a fonti autorevoli, che non esplicitano le loro titolarità e finalità, o non

garantiscono agli utenti la tutela della privacy. Si possono riscontrare

diversi casi di siti che contengono nella migliore delle ipotesi pubblicità

commerciale, sino ad arrivare a siti che offrono rimedi senza nessun fon-

damento scientifico per risolvere anche gravi patologie.

Obiettivi del Servizio

Da alcuni anni il Cesvol di Perugia è impegnato in una serie di azioni ed

iniziative sul versante della salute in sinergia con le associazioni di vo-

lontariato e di promozione sociale del territorio.

Il Servizio “Salute In…Forma” è nato nel 2005 su iniziativa del Cesvol Pe-

rugia ed è ancora oggi in fase di sviluppo e continuo rinnovamento. Col-

laborano al funzionamento Emanuele Costantini e Laura Cibeca e si

configura principalmente come luogo (fisico e virtuale) di incontro e con-

fronto tra le associazioni della provincia di Perugia impegnate nel settore

della SALUTE.

In questi anni sono state avviate collaborazioni sui temi della salute, con

le istituzioni pubbliche ed in particolare con le associazioni di volonta-

riato che sono attive su questo tema e che quotidianamente si impegnano

per promuovere e favorire la tutela dei diritti del cittadino e la promozione

della partecipazione.

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Una delle finalità cardine che muove l’attività del CeSVol è appunto quella

di favorire la rappresentanza e la partecipazione attiva delle Associazioni

di Volontariato alla costruzione di percorsi integrati in materia di salute.

Si è quindi costituita una Piattaforma Salute In…Forma al fine di avviare

un percorso di condivisione confronto e di dialogo continuativo tra le

associazioni e di successivo confronto con i rappresentanti della Sanità

Regionale.

La proposta prende spunto dai “Piani per la Salute”, strumento con cui

realizzare quel “Patto di solidarietà per la salute” che lo stesso Piano

Sanitario Nazionale propone ai tanti soggetti (Enti locali, professionisti

della salute, imprese, volontariato, media, cittadini) che hanno interesse

e possono incidere nella promozione e tutela della salute, nella consa-

pevolezza che per difendere questo bene, non basta rendere disponibili

buoni servizi sanitari e socio-sanitari.

In sintesi, si tratta di realizzare un momento di democrazia nelle scelte

che, forse per tutti, sono le più importanti, quelle della salute.

Nello specifico il Servizio si focalizza l’attenzione su quattro ambiti:

• Documentazione: intesa come raccolta di dati relativi a tutte le attività,

le iniziative ed i progetti realizzati;

• Informazione: intesa come attività di continuo scambio e collaborazione

con le risorse esistenti sul territorio che avviene sia attraverso contatti

con gli enti locali, le associazioni, le famiglie, le scuole e quanti operano

nel settore della salute, dando vita ad una banca dati omogenea e di-

namica per contenuto e forma e sia attraverso strumenti che possano

illustrare le azioni del CDS, delle scuole, delle Associazioni e dei Centri

Servizi.

• Formazione: attraverso seminari, workshop, convegni e corsi di aggior-

namento rivolti ad insegnanti, famiglie, operatori, volontari.

• Consulenza: espletata da alcune figure di esperti del settore, è rivolta

alle famiglie, agli insegnanti, agli operatori e a tutti coloro che hanno

necessità di reperire materiale informativo su problematiche specifi-

che.

Inserito all’interno di una rete allargata, il Servizio Salute In…Forma si

propone di essere:

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C’era una volta...

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C’era una volta...

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• luogo di incontro tra associazioni e persone con bisogni, competenze

e professionalità diverse in cui favorire lo scambio, il confronto e la

collaborazione

• punto di riferimento per una pratica di informazione permanente rea-

lizzata in collaborazione con tutte le associazioni, i soggetti e le agenzie

che intervengono in questo settore

• una struttura ricca di patrimonio documentario caratterizzato da di-

verse tipologie di materiale, che oltre ad essere disponibile per le sin-

gole persone verrà circuitato nella rete territoriale delle associazioni,

dei medici di famiglia e delle scuole, per facilitare al massimo il con-

tatto tra utente e informazione

• un servizio di informazione e dì collegamento tra persone e associa-

zioni coinvolte sul tema dell’integrazione per la conoscenza delle realtà

presenti sul territorio, per elaborare percorsi innovativi, per promuo-

vere ricerche, per sviluppare progetti.

Per contatti:

Servizio e Piattaforma Salute In… Forma

Via S. Penna 104/106 (c/o Cesvol Perugia) - 06074 - Sant’Andrea delle

Fratte (PG)

Tel 075 52 71 976 - Fax 075 52 87 998

[email protected] - www.saluteinforma.org

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C’era una volta...

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“Le favole non insegnano ai bambini che i draghi esistono (i

bambini lo sanno benissimo), ma insegnano loro che i draghi

si possono sconfiggere”.

Gilbert Keith Chesterton (1874)