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59 FORMAZIONE CONTINUA S/rubriche Sviluppo motorio ed un corretto allenamento della forza in età evolutiva Ancona, 5 ottobre 2013 Relazioni: • Lo sviluppo delle abilità motorie, Franco Merni • La pedagogia dell’addestramen- to: come motivare l’allenamento nei giovani atleti preservandoli dagli infortuni, Andrea Ceciliani • Come allenare la forza nei più gio- vani, Andrea Umili • Dal 1980 ad oggi cosa è cam- biato nella prestazione m motoria dei giovani, Franco Merni Organizzazione: Comitato Regionale CONI Marche Scuola Regionale dello Sport delle Marche L’importanza della tecnica Livorno, 19 ottobre 2013 Relatore: Roberto Pericoli Organizzazione: Centro Culturale Studi atletica Li- vorno, CR FIDAL Toscano, in col- laborazione con il Centro Studi & Ri- cerche FIDAL. Convegno: “L’endurance: metodologie di allenamento, aspetti patologici e preventivi” Palermo, 20 ottobre 2013 Relazioni: • Problemi cardiologici dell’attività sportiva ad alta intensità, Mar- cello Traina • Traumatologia dello sport in attività di endurance, Silvano Maggio • Il sovraccarico funzionale nelle attività di endurance: Il ruolo del- la diagnostica per immagini, An- gelo Iovane • Metodologia dell’ allenamento nelle specialità del mezzofondo prolungato dell’Atletica Leggera, Gaspare Polizzi • Esercizio muscolare in ambiente ipossico: adattamenti biomole- colari e genomici, Marcello Giac- cone • Metodologia dell’ allenamento in altitudine, Gaspare Polizzi • Preparazione integrale alla gara di maratona: corsa, corsa… ma an- che altro per essere atleticamen- te pronti, Ugo Ranzetti Organizzazione: FIDAL Sicilia, Centro Studi FIDAL Sicilia atleticastudi 3-4/2013 Convegni, seminari, workshop Attività svolte in collaborazione con: Centro Studi & Ricerche

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FORMAZIONE CONTINUAS/rubriche

Sviluppo motorio ed un correttoallenamento della forza in etàevolutivaAncona, 5 ottobre 2013

Relazioni:• Lo sviluppo delle abilità motorie,Franco Merni

• La pedagogia dell’addestramen-to: come motivare l’allenamentonei giovani atleti preservandolidagli infortuni, Andrea Ceciliani

• Come allenare la forza nei più gio-vani, Andrea Umili

• Dal 1980 ad oggi cosa è cam-biato nella prestazione m motoriadei giovani, Franco Merni

Organizzazione:Comitato Regionale CONI MarcheScuola Regionale dello Sport delleMarche

L’importanza della tecnicaLivorno, 19 ottobre 2013

Relatore: Roberto Pericoli

Organizzazione:Centro Culturale Studi atletica Li-vorno, CR FIDAL Toscano, in col-laborazione con il Centro Studi & Ri-cerche FIDAL.

Convegno: “L’endurance:metodologie di allenamento,aspetti patologici e preventivi”Palermo, 20 ottobre 2013

Relazioni:• Problemi cardiologici dell’attività

sportiva ad alta intensità, Mar-cello Traina

• Traumatologia dello sport in attivitàdi endurance, Silvano Maggio

• Il sovraccarico funzionale nelleattività di endurance: Il ruolo del-la diagnostica per immagini, An-gelo Iovane

• Metodologia dell’ allenamentonelle specialità del mezzofondoprolungato dell’Atletica Leggera,Gaspare Polizzi

• Esercizio muscolare in ambienteipossico: adattamenti biomole-colari e genomici,Marcello Giac-cone

• Metodologia dell’ allenamento inaltitudine, Gaspare Polizzi

• Preparazione integrale alla gara dimaratona: corsa, corsa… ma an-che altro per essere atleticamen-te pronti, Ugo Ranzetti

Organizzazione:FIDAL Sicilia, Centro Studi FIDALSicilia

atleticastudi 3-4/2013

Convegni, seminari, workshop

Attività svolte in collaborazione con:

Centro Studi & Ricerche

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La preparazione muscolare,presupposto essenziale peruno sviluppo fisico integraleSchio, 26 ottobre 2013

Relatori: Enzo Agostini,MicheleRossi, Adriano Benedetti

Relazione fondamentale:Analisi della metodologia dell’alle-namento per lo sviluppo della for-za nelle specialità dell’atletica leg-gera, dal generale allo specifico,Roberto Bonomi

Organizzazione:Comitato Regionale FIDAL Puglia

Clinic residenzialeSchio, 1-2-3 novembre 2013

Relazioni:• Getto del peso, Sergio Previtali• Salto in alto, Claudio Botton

Organizzazione:Associazione Officina Atletica, in col-laborazione con Settore TecnicoNazionale FIDAL

Workshop: “Fisiologia,biomeccanica, allenamentodella corsa veloce”Casalmaggiore, 2 novembre 2013

Relazioni:• La capacità di adattamento del-

l’organismo e la sua allenabilitànell’età prepuberale

• Sviluppo della forza veloce• La vibrazione nelle esercitazioni di

forza con sovraccarico• La ritmica di corsa ed il modello

ritmico• Il controllo dell’allenamento

Relatore: Roberto Bonomi

Organizzazione:Associazione Officina Atletica, Atle-tica Interflumina

Seminario:“Giovani mezzofondisti,alcune considerazioni inrelazione alla stesuradi un programma di lavoro”Firenze, 2 novembre 2013

Relatori: Antonio Dotti, ClaudioPannozzo

Organizzazione:CR FIDAL Toscana

Seminario:“Princìpi fondamentalidell’allenamento: giovanile,di élite e dell’età adulta”Napoli, 16 novembre 2013

Relazioni:• Princìpi fondamentali dell’allena-

mento giovanile,AntonioAndreozzi• La strategia e la pianificazione del-

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l’allenamento dell’atleta di eleva-ta qualificazione, Furio Barba

• L’allenamento del master oggi. Ilsemplice e l’essenziale, Gianlu-ca De Luca

Organizzazione:CR FIDAL Campania

Da Baldini a Straneola scuola italiana di maratonafra tradizione e innovazioneTorino, 16 novembre 2013

Relazioni:• 30anni passati ad allenare la ma-

ratona, Lucio Gigliotti• Da Alessandria a Mosca con Va-

leria Straneo, Beatrice Brossa

Organizzazione:Comitato Fidal Piemonte, in colla-borazione con Turin Marathon

“La scuola italiana e svedesedi atletica leggera a confronto”Celle Ligure (SV),16 novembre 2013

Relazioni:• Promozione e sviluppo dell’atle-

tica nelle categorie giovanili (so-cietà sportive e scuole), l’espe-rienza Italiana e Svedese, AndersRydén, Claudio Mazzaufo,Stefano Baldini

• Salti parte teorica: Metodologiedell’allenamento nel passaggiodalle categorie giovanili a quelleassolute (Alto e Triplo),Oliver Al-leny, Claudio Mazzaufo

• Lanci parte pratica: esercitazionie tecnica nei lanci (Martello eGiavellotto), Valter Superina,Bertil Lundquist

• Lanci parte teorica: Metodologiedell’allenamento nel passaggiodalle categorie giovanili a quelleassolute, Valter Superina

• Le tappe del processo di svilup-po in funzione dell’evoluzionedell’atleta: dal criterium cadettealle Olimpiadi. Esperienza di lavorocon Silvia Salis,Bertil Lundquist

• Salti parte pratica: Esercitazioni etecnica nei salti (Alto e Triplo),Oli-ver Alleny, Claudio Mazzaufo

• Evoluzione dalla categoria cadet-ti alla medaglia d’oro, StefanoBaldini

Organizzazione:Atletica Arcobaleno, Centro Studi eRicerche FIDAL

“Principi di basedell’allenamento giovanileRocca di Papa (RM),23 novembre 2013

Relatore: Giorgio Carbonaro• I giovani e l’attività sportiva• Un limite nello sport: l’abbando-

no precoce• Un modello di intervento per lo svi-

luppo motorio• La metodologia della valutazione

motoria• Il modello di prestazione• Dal comportamento motorio alla

tecnica• I giovani talenti e la competizione

Organizzazione:CP Fidal Roma Sud, CR Fidal Lazio

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Formazione continua dei tecniciDonnas – Pont Saint Martin,20 ottobre -23 novembre 2013

Relazioni:• Il lancio del giavellotto nelle cate-

gorie giovanili – Proposte didatti-che Massimo Morello

• La mia esperienza nel salto in lun-go con atleti dio interesse nazio-nale, Davide Di Chiara

Organizzazione:CR FIDAL Valle d’Aosta – Settoretecnico

La programmazionedella forza esplosiva

Milano, 17 novembre 2013

Relatore: Maurizio Garufi• Le definizioni di base e i pilastri

della forza esplosiva:

• I mezzi d’allenamento della forzaesplosiva:

• Un esempio di programmazioneseguendo le informazioni attual-mente disponibili dalla Fisiologia

Organizzazione:Comitato Fidal Lombardia

Convegno: Moderne strategieper l’atletica dei giovaniBolzano, 23 novembre 2013

Relazioni:• Ai bambini piace competere,

competizioni per bambini, BrunoCappello

• Vi racconto cosa ho fatto: dal-l’atletica giocata fino a quella dialto livello, Ruggero Grassi

• L’allenamento, processo peda-gogico-educativo a lunga sca-denza,Wolfgang Killing (GER)

• Evidenze scientifiche e tecnicheper arrivare lontano, JürgenWei-neck (GER)

• Atletica, giovani e competizioni: ri-pensare le metodologie di alle-namento dei giovani? Antonio LaTorre

Organizzazione:Comitato Fidal Bolzano

Convegno sul salto in altoModena, 24 novembre 2013

Relazioni:• Organizzazione dell’allenamento

per il salto in alto nell’attività gio-vanile, Gian Franco Chessa

• Organizzazione dell’allenamentoper il salto in alto ne Organizza-zione nel settore assoluto, Or-lando Motta

• Esercitazioni pratiche per la co-struzione delle capacità condi-zionali in un saltatore in alto (es. perpiede, caviglia, andature, lavorocon gli hs, dal carico naturale al so-vraccaric), Giuliano Corradi

Organizzazione:Comitato Fidal Emilia Romagna

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Tecnica e metodologiadell’allenamento del saltoin lungo e del salto con l’astaPadova, 30 novembre 2013

Relazioni:• Tecnica e metodologia dell’alle-

namento del salto in lungo, Ste-fano Serranò

• tecnica e didattica del salto conl’asta, Riccardo Balloni

Organizzazione:Comitato Fidal Veneto

Attività motoria e sportivagiovanile: tutela della salutee adozione di stili di vita attiviChieti, 30 novembre 2013

Relazioni:• Introduzione al seminario, Claudio

Robazza• Il ruolo degli adulti nella pratica

sportiva giovanile, Attilio Carraro• Applicazioni del modello TAR-

GET nel calcio giovanile, FrancoMerni

• Percezione di autoefficacia e gra-dimento dell’attività nelle propo-ste sportive a scuola, AndreaCeciliani

• Motivazioni e abbandono nellosport giovanile, Laura Bortoli

Organizzazione:Scuola Regionale dello Sport Abruz-zo, Università degli Studi “G. D’An-nunzio”

Programmazione della forza –La forza a sostegnodella tecnicaFirenze, 24 novembre 2013

Relazioni:• La programmazione della forza,Claudio Pannozzo

• La forza a sostegno della tecnica,Claudio Pannozzo, MaurizioCito

Organizzazione:Comitato Fidal Toscana

Lo sviluppodelle capacità condizionalinelle tappe giovaniliModena, 1 dicembre 2013

Relazioni:• Indicazioni metodologiche e pro-

grammatiche per definire i correttiorientamenti a partire dalle capa-cità di base (tutela delle necessi-tà formative) fino allo sviluppodelle capacità energetiche e di-namiche a sostegno della pro-gressione condizionale dei giovaninelle successive fasce di qualifi-cazione (relatori vari)

Organizzazione:Comitato Fidal Emilia Romagna

Convegno mezzofondoGorizia, 8 dicembre 2013

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Relazioni:• La dinamica dei mezzi nell’alle-

namento del giovane mezzofon-dista, Lucio Gigliotti

• Le esercitazioni muscolari e tec-niche nell’allenamento del Mez-zofondo, Pierino Endrizzi

Organizzazione:Comitato Fidal Friuli Venezia Giulia

Seminario:“Dall’analisi biomeccanica dellacorsa alla pratica sul campo”Roma, 14 dicembre 2013

Relazioni:• Biomeccanica della corsa ( di

velocità e di resistenza, sul pianoe con gli ostacoli)” parte teorica,Vincenzo De Luca

• Applicazioni pratiche del model-lo biomeccanico, Vincenzo DeLuca

Organizzazione:Comitato Fidal Lazio

Convegno tecnico:“Atletica e futuro.Pospettive per i giovani”Borgaretto (TO), 15 dicembre 2013

Relazioni:• L’allenamento della forza nel mez-

zofondo veloce, Claudio Pan-nozzo

• L’allenamento delle categorie gio-vanili, Antonio Dotti

• L’allenamento delle prove multiplegiovanili, Luciano Mazzon

Organizzazione:Comitato Fidal Piemonte

110 hs e 100 hs - Quali sono glierrori gravi nel passaggio del-l’ostacolo e quali le esercitazionitecniche per correggerli.Roberto Bedini

La corretta tecnicadel passaggio degli ostacolinei 110 hs e 100 hs erelative esercitazioni

Vorrei che si tenesse a mente chestiamo parlando di tecnica giusta enon di tempi che ci possono sod-disfare, non sono i record personalio nazionali che definiscono chi èbravo tecnicamente. A livello mon-diale se esamino la tecnica dei pri-mi 30 ostacolisti al mondo di tutti itempi sia maschi che femmine qua-si tutti sono anche i migliori tecni-camente e quindi è ad essi chedevo rapportare le considerazioni suquella che deve essere considera-ta la tecnica giusta.Quella che considero la corretta tec-nica del passaggio dell’ostacolo, sianella gara maschile dei 110 hs chein quella femminile dei 100 hs, è sta-ta desunta dallo studio di filmati digara ed allenamento sia di grandicampioni che di atleti delle catego-rie giovanili oltre a filmati avuti dal-la IAAF e dalla RAI. Essenziali sonostati quelli da me ripresi sia con i mieiatleti: squadra cadetti campioni ita-liani di specialità ostacoli MariniMarco, Conforti Riccardo, Verone-si Alfredo, Guarguaglini Francesco(13”8, 13”8, 14”0, 14”2), Bastiani-ni Manrico campione italiano allie-vi 110 hs 14”9; Pantani Andrea at-tuale primatista italiano junior 50 mhs 6”7, campione italiano allievi14”3 hs a 1,00 m e juniores 110 hs

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Articoli di tecnici:opinioni e discussione

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14”37 con hs a 1.06 m, 13”8 e14”09 in assoluto, ha partecipato aiCampionati Europei Juniores; Vol-turara Dario campione italiano junior,3° ai Campionati Europei Juniores,miglior risultato di sempre con hs a1,06 m di un ostacolista italiano, hapartecipato alla Coppa Europa perNazioni, 7”74 60 hs, 13”69 w.110hs e 13”74; Bertocchi Luigi 7”80 60hs; 13”69 110 hs; Sandro Giomi14”4 110 hs 52”38 400 hs; ConfortiRiccardo 14”8 110, hs che la tec-nica degli atleti da me filmati nei ra-duni delle nazionali di cui sono sta-to responsabile: Frigerio 13”64, Re13”66, Todeschini 13”81, Ottoz13”42 e tanti altri. Inoltre per lo stu-dio della tecnica dei 110 hs e 100hs sono stati importantissimi i filmatidi gare internazionali che mi hannoinviato la IAAF e la RAI.È stato inoltre indispensabile con-frontarsi con quello che veniva fat-to all’estero dai tecnici della nazio-ni delle scuole più evolute nelle cor-se ad ostacoli quali DDR, FRANCIA;GRAN BRETAGNA; USA; URSS;CANADA; POLONIA ecc. utilizzan-do la SNAL di Formia come centrodi raccolta di tutte le pubblicazioniestere. Lo studio è tuttora in corso.Pubblicare le proprie metodologie diallenamento è il modo migliore perconfrontarsi con gli altri tecniciistaurando un rapporto di rielabo-razione reciproca delle esperienzedi campo.In tutti i campi della ricerca scienti-fica e tecnica sono le pubblicazio-ni ed i risultati ottenuti con molti atle-ti che qualificano il grado di com-petenza del ricercatore o del tecni-co e non avere il primo ostacolistain regione o in Italia che alle volte puòessere anche frutto del caso. Megliostudiare cosa fanno i primi 30 o 40nel mondo! Un’analisi statistica deidati ha senso solo se si consideraun numero significativo di atleti.

Attacco dell’hs

Tutto il corpo viene proiettato ver-so l’hs con le braccia semipiegate,raccolte ed indirizzate avanti-alto.La gamba di propulsione, di ri-chiamo, si distende completamen-te verso l’hs portando il bacino araggiungere il massimo della suaparabola prima dell’arrivo sulla stec-ca dell’hs.Il piede della gamba di attacco si tro-va sotto il ginocchio e non si muo-verà verso la stecca finché il piededella gamba di propulsione non sisarà staccato dal terreno (Fig.1).Così facendo l’atleta sta attaccan-do l’ostacolo facendo guidare imovimenti dal ginocchio della gam-ba di attacco e non dal piede. Conquesta esecuzione il tempo di volosarà il più breve possibile, il bacinoraggiungerà il massimo della suaparabola di volo prima della steccaed il piede di attacco appena su-perata la stessa sarà già indirizza-to a terra.È evidente che le posture assunteal momento dell’attacco influenze-ranno tutti i movimenti successivi

sopra l’ostacolo, nell’atterraggio enella ripresa della corsa.Se invece l’ostacolista farà guidarel’azione di attacco dal piede che vie-ne calciato verso l’hs il bacino re-sterà più basso ed aumenterà iltempo di volo e l’atterraggio sarà piùlontano dall’hs.Il passaggio dell’hs e la corsa tra diessi sono un continuum di fasi mo-torie concatenate sia nel tempo chenello spazio pertanto è indispensa-bile, con adeguate esercitazioni,insistere con i nostri atleti affinchéassumano le posture richieste, siaper gli arti inferiori che superiori.Sono difettose, secondo me, alcu-ne azioni di attacco e passaggio del-l’ostacolo di alcune delle nostremigliori (cronometricamente) osta-coliste, seppur riscontrabili anche inatlete di valore internazionale, seconfrontate con quelle delle mi-gliori ostacoliste del mondo (tecni-camente ed anche cronometrica-mente), così come in alcuni osta-colisti maschi giovani e meno gio-vani.È evidente che è molto difficile cor-reggere errori tecnici di base in

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Fig. 1 - Campionati Mondiali Juniores: ottime azioni di attacco della barrierada parte della giamaicana (5)e della statunitense (4). Ottime anche le postu-re di braccia e gambe della norvegese (3) e della tedesca (6) sopra l’hs.

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atleti evoluti che hanno ormai ap-portato molto spesso correttivi aderrori con la mediazione motoria au-tomatica che l’atleta, anche incon-sciamente, effettua per diminuirel’impatto negativo dell’errore stes-so nell’azione di corsa.Questo ci fa capire quanto sia es-senziali correggerli in età giovanileperché una volta assimilati comegiusti sarà molto difficile corregger-li. Errori nelle fasi di attacco sono ri-scontrabili anche in nostri giovani seraffrontati con atleti stranieri di parietà (Fig. 2, 3, 4, 5).L’azione di attacco appare moltobuona nell’ ostacolista Abate, con-frontata anche con le azioni di at-tacco dei migliori al mondo (Fig.6,7) mentre appare difettosa nel-l’atleta Tedesco e in molte delle no-

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Fig.2 - Errore comune nelle nostreostacoliste giovani e non è quello diportare il braccio, lato gamba di at-tacco, indietro durante l’attacco dellabarriera, come questa ostacolista ita-liana ai Campionati Mondiali Juniores.

Fig.3 - Ottima azione della giovanetedesca ai Mondiali Juniores.

Fig.4 - Azione molto scomposta siadi braccia che di gambe nell’attaccodell’hs ai Mondiali Juniores.

Fig.5 - Ottima azione del russo Shuben-kov ai Campionati Europei Under 23.

Fig.6 - Ottima azione di attacco e pas-saggio della barriera da parte di Abate.

Fig.7 - Attacco perfetto da parte delcubano Robles

Fig.8 - Errore del braccio che vieneportato indietro all’attacco dell’hs daparte del nostro Tedesco ai Campio-nati Europei Indoor.

stre migliori, cronometricamenteparlando, atlete (Fig.8).Se osserviamo attentamente l’azio-ne della gamba di attacco di Cat-taneo e Caravelli, immagini tratte dasequenze complete di passaggiodell’hs, si nota che la gamba dellaCaravelli è inclinata rispetto alla di-rettrice bacino stecca dell’hs e conil piede che tende ad attaccare l’hsrivolto all’interno (invece che al-l’esterno) avvolgendo la stecca dal-l’esterno all’interno, tutte poi hannoil braccio lato gamba di attacco pro-teso all’indietro (Fig. 9, 10, 11).È evidentissima la differenza con unapostura corretta che prevede che tut-te e due la mani, e quindi le braccia,siano indirizzate in avanti basso conil braccio, lato gamba di attacco, pie-gato ma con la mano indirizzata in

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avanti sia nei maschi, come abbia-mo visto, che nelle femmine (Fig.12).Bisogna notare che alcuni ostaco-listi/e, anche di valore internazionale,presentano personalizzazioni po-sturali o interpretazioni personali delpassaggio dell’hs per ovviare a ca-renze tecniche.

Esercitazioni perl’apprendimento tecnicodell’attacco dell’hs

Abbiamo già detto che ogni azionedel passaggio di un hs è il risultatodi movimenti coordinati e in suc-cessione temporale correlati l’uno al-l’altro. Questo ci fa dire che sareb-

be meglio imparare le fasi tecnichecon un normale passaggio di hs.Ritengo invece, specie per i princi-pianti, che scomponendo il pas-saggio in esercitazioni che possanofar concentrare più facilmente l’atle-ta sull’esatta esecuzione di una par-te di esso sia la soluzione migliore:esercizi di gamba di attacco, gam-ba di richiamo ed esercizi di pas-saggio centrale sono tessere di unpuzzle che poi ricuciremo per avereil miglior risultato tecnico possibile.

Esercizi segmentari di gambadi attaccoLe distanze tra gli hs debbono es-sere calibrate dal tecnico a secon-

da delle possibilità dell’atleta te-nendo comunque conto che lagamba di propulsione (di richiamo)deve avere lo spazio per distendersicompletamente verso l’hs mentrel’angolo al ginocchio di quello d’at-tacco della gamba di attacco deveessere chiuso e il piede sotto la per-pendicolare ginocchio-terra.La gamba di richiamo passa al-l’esterno dell’hs dopo aver com-pletato la spinta di attacco e passaper sotto-in alto (Fig.13).La distanza tra gli hs non deve es-sere inferiore a 3,50 m nei cadetti,3,80 m negli atleti allievi e 4,00 mnelle categorie superiori con hs a1,00 o 1,06. Nelle categorie fem-minili si possono usare le stesse di-stanze nelle categorie giovanili e dai3,80 m nelle categorie junior-senior.Abbiamo osservato, filmando gliatleti/e, che distanze minori com-portano una incompleta distensio-ne dell’arto di propulsione, un’in-sufficiente applicazione di forza nel-la spinta sul terreno e conseguen-te raggiungimento dell’apice dellaparabola sull’hs e non prima (datoche gli ostacoli sono vicini). La di-stanza che scegliamo per il nostroatleta sarà quella giusta quando lagamba di propulsione sarà com-pletamente distesa nell’attaccare

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Fig. 9, 10, 11 – Errore tutto italiano quello del braccio indietro nell’attaccare l’hs sia da parte della Borsi, della Cara-velli e della Cattaneo.

Fig.12 - Ottimo attacco dell’hs daparte della svedese Kallur.

Fig.13 - Esecuzione di esercizio digamba di attacco, Giomi Sandro (110hs: 14’’5; 400 hs: 52’’38)

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l’ostacolo e quella di attacco saràpiegata al ginocchio al distacco daterra del piede di propulsione. Perpoter valutare con certezza la di-stanza giusta di attacco dell’hs delnostro atleta basta disporre primae dopo l’hs delle strisce di cartaadesiva sulla pista a distanze co-nosciute e rilevare l’impronta deichiodi in attacco e discesa filman-do il tutto (Fig.14).Ritengo infatti molto difficile (im-possibile) vedere a occhio nudocosa succede nel passaggio dell’hsdel nostro atleta. Il filmato (come pertutte le altre esercitazioni) sarà poiimportantissimo per studiare insie-me al nostro atleta gli errori e il dafare per correggerli.

Esercizio per la gambadi richiamoFondamentalmente l’azione di pas-saggio dell’hs necessita della stes-sa intensità di impulso sul terrenodell’esercizio per la gamba di at-tacco con la differenza che questavolta è la gamba di attacco che pas-sa all’esterno dell’hs con la gambapiegata al ginocchio per guada-gnare rapidamente terra vicino al-l’hs. Le braccia sono portate inavanti-basso al passaggio dell’hs.Le distanze ed altezze sono lestesse dell’esercizio di 1° gamba edanche in questo caso l’attenzionedell’allenatore deve focalizzarsi so-prattutto sull’impulso a terra dellagamba di richiamo e all’atterraggiovicino all’hs della gamba di attacco.Durante un raduno degli ostacolistidella nazionale a Formia si mise afare le esercitazioni descritte ancheil grande Rod Milburn, ex-oro olim-pico e primatista del mondo dei 110hs. Aveva ormai 35 anni ma corre-va ancora intorno ai 13”50! Curavasoprattutto la posizione delle brac-cia indirizzate verso il basso già so-pra l’hs (Fig.15)

Questa necessità me la fece nota-re anche Greg Foster ai mondiali diRoma da lui vinti, facendo passag-gi centrali, durante il riscaldamentopre-gara come “richiamo al cervel-lo” sul da farsi nell’attaccare e pas-sare l’hs (Fig.16).

Esercizi:• Cadetti, 14-15 anni: correre su 6/7

ostacoli alti 84 cm posizionati da3,50 a 3,80 m di distanza. 3/5 ri-petizioni.

• Cadette, 14-15 anni: correre su6/7 ostacoli alti 76 cm posiziona-ti da 3,50 a 3,80 m di 5distanza.3/5 ripetizioni.

• Allievi, 16-17 anni: correre su 6/8ostacoli alti 91 cm posizionati da3,80 a 4,00 m di distanza. 3/5 ri-petizioni.

• Allieve, 16-17 anni: correre su 6/8ostacoli alti 84 cm posizionati da3,50 a 3,80 m di distanza. 3/5 ri-petizioni.

• Ostacolisti uomini junior, 18-19anni: correre su 8/10 ostacoli alti1,00 m posizionati da 4,00 a 4,20m di distanza. 5/6 ripetizioni.

• Ostacoliste donne junior, 18-19anni: correre su 8/10 ostacoli alti84 cm posizionati da 3,80 a 4,00m di distanza. 5/6 ripetizioni.

• Ostacolisti uomini esperti: 8/10ostacoli alti 1,06 m posizionati da4,00 a 4,20 m di distanza. 5/6 ri-petizioni.

• Ostacoliste donne esperte: 8/10ostacoli alti 84 cm posizionati da3,80 a 4,00 m di distanza. 5/6 ri-petizioni.

Le distanze vanno comunque cali-brate a seconda dell’abilità e ne-cessità dei nostri atleti tenendo diconto che l’imperativo categorico ènon attaccare l’ostacolo da vicinocon conseguente volo verso l’alto,come fa invece la cadetta delle foto(Fig. 17).

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Fig.14 - Esercitazione con strisce aterra per misurare le distanze di at-tacco e discesa dall’hs di BertocchiLuigi (110 hs: 13’’69)

Fig.15 - Rod Milburn a Formia ese-gue esercizi di gamba di richiamo.

Fig.16 - Greg Foster durante il riscal-damento ai Mondiali di Roma e in gara.

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Passaggio centralecon un passo tra gli hsSi mettono insieme le abilità tecnicheraggiunte per la gamba di attacco erichiamo oltre alla rapidità delle brac-cia nell’assecondare quella dellagambe. Un’esercitazione fonda-mentale per sensibilizzare l’abilità del-l’atleta nella continuità della ripresadella corsa dopo il passaggio dell’hs.Con atleti evoluti, nella stessa sedutadi allenamento tecnico, si possonoutilizzare passaggi di hs inizialmen-te più bassi per passare a quelli piùalti e tipo gara (Fig.18).

ESERCIZI:• Cadetti 14-15 anni: correre su 6/7

ostacoli alti 84 cm posizionati da3,50 a 3,80 m di distanza; 2/3 ri-petizioni.

• Cadette 14-15 anni: correre su6/7 ostacoli alti 76 cm posizionatida 3,50 m a 3,80 m di distanza;2/3 ripetizioni.

• Allievi 16-17 anni: correre su 6/7ostacoli alti 91 cm posizionati a3,80/4,00 m di distanza; 2/3 ri-petizioni.

• Allieve 16-17 anni: correre su6/7 ostacoli alti 76 cm posizionatida 3,50 a 3,80 m di distanza; 2/3ripetizioni.

• Juniores M 18-19 anni: correre su8/10 ostacoli alti 100 cm posi-zionati da 3,80 a 4,00 m di di-stanza; 2 ripetizioni.

• Juniores F 18-19 anni: correre su8/10 ostacoli alti 84 cm posizio-nati da 3,80 a 4,00 m di distan-za; 2/3 ripetizioni.

• Ostacolisti uomini esperti: corre-re su 8/10 ostacoli alti 106 cm po-sizionati da 4,00 m a 4,20 m di di-stanza; 2 ripetizioni.

• Ostacoliste donne esperte: cor-rere su 8/10 ostacoli alti 84 cmposizionati da 3,80 a 4,00 m di di-stanza; 2 ripetizioni.

Posizione degli artisopra la barrieraNel passaggio della barriera lebraccia sono indirizzate avanti-inbasso, il busto è inclinato in avan-ti e la gamba di attacco è semi pie-gata con la pianta del piede già in-dirizzata verso il terreno. Gli occhistanno già guardando l’ostacolosuccessivo. È sicuramente un erroretecnico che ritengo estrema-mente grave avere un braccio inavanti ed uno indietro comespesso in alcuni atleti giovani ed an-che in alcuni di valore assolutoche abbiamo visto precedente-

mente (Fig. 2, 4, 8, 9, 10 e 11) men-tre sono da imitare le azioni sopral’hs degli ostacolisti delle foto 1, 3,5, 6, 7, 12).

Esercitazione con distanzecrescenti per passaggidi gamba di attacco,di richiamo, centraliSpesso la ripetitività motoria diuna esercitazione comporta unascarsa presenza mentale dell’atle-ta, specie nei giovani, a ciò che fa.Basta guardare come viene af-frontato l’ultimo hs di ogni ripeti-zione di una esercitazione. Ho tro-vato grande aiuto nel pretendere lamassima concentrazione ed at-tenzione a quel che si fa utilizzan-do, per tutte le esercitazioni sopradescritte, la metodologia delle di-stanze crescenti tra gli hs. L’impe-gno richiesto non permette distra-zioni o esecuzioni superficiali. L’atle-ta sa che le distanze tra gli hs (7/8)crescono e si impegna a mantenerepotenti gli impulsi a terra per effet-tuare il volo.

Esempio di esercitazione

Atleti evoluti: 3,80 m 1°→2° / 3,90m 2°→3° / 4,00 m 3°→4° / 4,10 m4°→5° / 4,20 m 5°→6° e dopo il 6°sempre 4,20 m.

Atterraggio dopo l’hs

La fase e la azioni biomeccaniche diatterraggio dopo l’hs precedono econdizionano la ripresa della corsae la ritmica dei 3 passi.Il piede della gamba di attacco at-terra dietro la perpendicolare trac-ciata dal bacino a terra cercando dimantenere il tallone distante dal suo-lo con la gamba ben tesa. Il bustoè inclinato in avanti e le braccia sonoraccolte in una postura che benesprime un’azione dinamica coor-

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Fig.17 - Cadetta: Arianna Lazzeri(80hs: 12’’2)

Fig.18 - Esercitazione con passaggicentrali ad 1 passo con ostacoli a cm91 e a 1,06 m. Dario Volturara (110hs: 13’’74).

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dinata con i movimenti degli arti in-feriori (Fig.19, 20).La gamba di richiamo riprenderàcontatto con il terreno sotto il bacinocompletando il primo passo dopol’hs. Quanto più l’atleta riuscirà a te-nere alto il tallone del piede di con-tatto nell’atterraggio tanto più bre-ve sarà la durata del tempo di ri-presa della corsa. Tenuta eccezio-nale nel contatto con il terrenodopo l’hs era anche quella di EddyOttoz anche se l’azione del braccioche “scappa” indietro è errata edera un’azione che veniva comeconseguenza ad attaccare con unbraccio avanti alto e la mano del-l’altro dietro il busto come abbiamoosservato anche negli atleti/e di oggi(Fig.21, 22).

Esercitazione:1) Andatura di atterraggio-spinta

della gamba di attacco e richia-mo-spinta della gamba di richia-mo senza ostacoli; 8-10 passisuccessivi. Curare le spinte po-tenti a terra e la tenuta del piedein atterraggio della gamba di at-tacco. Se l’esercizio è ben fattol’atleta si sentirà (e l’allenatore ve-drà) proiettato in avanti-alto ed ilpiede che ha spinto atterrerà 80cm – 1 m dopo il punto di con-tatto con l terreno. La durata del-la fase aerea è direttamente pro-porzionale all’intensità dell’im-pulso.

2) Andature con hs a 91 cm per imaschi e 76 cm per le femminecon un passo tra gli ostacoli. At-terrare con il tallone che tocca labase dell’hs, la gamba di richia-mo guadagna rapidamente ter-ra sotto il bacino e proietta l’atle-ta verso l’ostacolo successivo.

Esercitazione: 8-10 ostacoli per 3volte; curare l’atterraggio vicino allabase dell’hs.

I tre passi tra gli ostacoli:esercitazioni di ritmicaUna della maggiori difficoltà nellecorse ad ostacoli veloci 100 hs e110 hs è la ritmica dei tre passi e ilcontenimento della lunghezza deglistessi per attaccare l’hs da una di-stanza sufficiente a permettere ilcompletamento della spinta dellagamba di propulsione (o gamba dirichiamo). Le moderne piste di ma-teriale sempre più elastico facilita-no l’ampiezza del passo di corsa manegli ostacoli veloci ormai le di-stanze, che sono rimaste le stessedai tempi delle piste in terra rossa,sono “strette” per ostacolisti maschida 10”20 sui 100 m ed alti oltre 1,85m e donne che corrono i 100 m in11”10/11”20 alte oltre 1,75 m. Nel-le donne c’è da aggiungere, a mioparere, l’irrisoria altezza degli osta-coli che da 84 cm dovrebbero es-sere portati, sempre a mio parere,a 91 cm. Pertanto è importante nel-le esercitazioni di ritmica dei 3 pas-si sensibilizzare gli atleti al conteni-mento degli stessi senza però stra-volgere la biomeccanica dei movi-

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Fig.19-20 - Atterraggio perfetto, do-po aver passato l’hs, e ripresa dellacorsa in Greg Foster (USA) e AnnelieHerardt (DDR)

Fig.21-22 - Due immagini tratte da filmati dei Campionati Europei di Budapested Atene vinti entrambi da Eddy Ottoz, il più grande ostacolista italiano di tutti itempi. Si può notare che la tecnica non era perfetta e Ottoz nell’atterraggio do-po l’hs “perdeva” il braccio indietro facendo ruotare le spalle aumentando il tem-po di appoggio. Senza questo errore, che va moltiplicato per 10 ostacoli, sonosicuro che Ottoz avrebbe potuto correre i 110 hs intorno ai 13”35 (nel 1968!)

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menti. Per questo motivo sono as-solutamente contrario all’illusione diessere rapidi facendo 5 passi tra gliostacoli messi a 9,14 per i maschio a 8,50 per le donne. Ancorapeggio ho visto fare esercitazionicon 3 passi tra hs messi a 3 m unodall’altro! È evidente che con un altonumero di passi tra gli ostacoliesageratamente vicini l’ostacolistaporterà le ginocchia verso l’altoeseguendo azioni simili allo skip cheniente hanno a che vedere con leposture dei 3 passi in gara dove,esatto contrario, le ginocchia ven-gono tenute in basso per non au-mentare l’ampiezza degli stessi(Bedini, New Studies in Athletics,1.2.2012). Il concetto fondamentaleper le esercitazioni tecniche è cheseppur con movimenti facilitati o resipiù difficili, dobbiamo conservare ilmodello di quello che è tecnica-mente paragonabile alla sequenzabiomeccanica delle posture tecni-che delle gare per cui stiamo effet-tuando l’esercitazione. Anche quan-do guardiamo le esercitazioni negliallenamenti di campioni, per esem-pio in internet, dobbiamo capire edistinguere tra quello che fannocome abilità motoria generale equello che fanno come abilità mo-toria specifica. Se guardo Roblesche si mette di fianco all’hs può dar-si che stia facendo riscaldamentogiocando con l’hs e non facendo unesercizio tecnico. Non è copiandoquello che fa quando gioca che farò12”87!! Quando si parla di tecnicagiusta del passaggio dell’ostacolonon si possono considerare né i re-cords personali ritenuti di valorecome avallo a quello che si fa sulcampo né essere tra i primi o il pri-mo/a in campo nazionale. Nel no-stro caso abbiamo, a mio parere econfrontando la tecnica con i primi30 ostacolisti al mondo di tutti i tem-pi, due ottimi ostacolisti, tecnica-

mente parlando, che sono Ema-nuele Abate sicuramente migliore diDal Molin che pure è arrivato 2° aiCampionati Europei Indoor facen-do il primato nazionale ed il giova-ne Perini. In passato abbiamo avu-to un’altra medaglia di argento agliEuroindoor con Daniele Fontec-chio, ma anche Daniele aveva gros-se carenze tecniche. Molto peggioreè la situazione tecnica delle osta-coliste italiane di massimo livello. Ilsettore femminile merita una rifles-sione a parte.Se si osservano le posizioni dibraccia a mani delle nostre osta-coliste migliori di tutti i tempi parequasi che gli errori si siano tra-mandati di generazione in genera-zione e c’è un motivo. Quello di at-taccare l’hs con un braccio avantied uno indietro, come nelle foto, eraquello che ci veniva insegnato a tut-ti i livelli che ha fatto fare gli stessimovimenti a Mazza, Ottoz, Liani,Fontecchio, Ongar, Lombardo, Tuz-zi, e oggi a Dal Molin, Tedesco, Ca-ravelli, Borsi, Doveri e Cattaneo. Siè sempre sottovalutato l’importan-za della postura degli arti superio-ri nel passaggio dell’hs prendendocome tecnicamente giusto quelloche facevano i numeri uno italiani neimaschi e nelle femmine tanto checi venivano insegnate esercitazioniche prevedevano il passaggio del-l’ostacolo con le braccia tese inavanti per allenare ad essere “indi-pendente” la parte superiore delcorpo da quello che faceva la par-te inferiore (Fig.23).La coordinazione motoria innata nel-l’uomo ci insegna, al contrario, chequello che fa la parte superiore in-fluenza INEVITABILMENTE quelloche fa la parte inferiore e che quin-di le azioni delle due parti sonocomplementari e coordinate neltempo. C’è bisogno di un dialogoe confronto tra i tecnici più accre-

ditati dai risultati ottenuti per trova-re la giusta strada per l’insegna-mento della giusta tecnica di pas-saggio dell’hs sia per i maschi cheper le femmine. Questo credo sia ilcompito prioritario di chi vuol far pro-gredire il settore e tornare ad oc-cupare il posto che ci compete a li-vello internazionale. Accontentarsidi quello che abbiamo non è nellanostra tradizione di ostacolisti.Altro esercizio che facevamo eraquello dell’attacco dell’ostacolo conil cosiddetto “anticipo”. Consistevanell’accentuare l’accorciamento del-l’ultimo passo in preparazione del-l’attacco dell’ostacolo. Ottoz Lau-rent, nella foto (Fig.24), lo eseguiva

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Fig.23 - Laurent Ottoz a Formia men-tre esegue esercizi di passaggio del-l’hs con le braccia tese in avanti

Fig.24 - Esercizio di “anticipo” del-l’attacco dell’ostacolo eseguito daLaurent Ottoz.

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perfettamente con potente spintadella gamba di propulsione e gran-de avanzamento delle anche versol’ostacolo. A mio parere era unesercizio tecnicamente errato perquanto concerne il passaggio del-l’ostacolo in quanto per eseguirlo bi-sogna avvicinarsi molto all’ostaco-lo ed il bacino, nel passaggio, rag-giunge l’apice della parabola soprala stecca e non prima come do-vrebbe. Inoltre il braccio guida ten-de ad essere portato verso l’alto enon verso il basso nel passaggio.È da tener presente che comunqueil miglior allenatore di un atleta èquello che lui “sente” di quello chefa. L’atleta abile a livello motoriospesso compensa da solo quelloche non è tecnicamente valido cor-reggendo le posture errate allena-mento dopo allenamento. Mi per-metto di presentare tre immaginiche mi riguardano. La prima garadella mia vita, campionati studen-teschi, attaccavo l’ostacolo con lagamba destra e braccio verso l’al-to (hs 91 cm) (Fig. 25).Nella seconda ho 18 anni, attaccocon la sinistra e mi alleno su una pi-sta di terra (non rossa) con ostacolia 1,06 m. Il passaggio è molto mi-gliore ma la mano del braccio gui-da è rivolta indietro e comporteràuna rotazione del busto e spalle inatterraggio (Fig.26).Nella terza sono in una gara indo-

or di 50 ys hs a 27 anni dove hostabilito il record regionale in 6”4. Lebraccia e le mani sono finalmentenella posizione giusta (Fig.27).Pur non essendo stato un grandeostacolista ho imparato la tecnicaallenandomi sempre da solo senzamai aver avuto un tecnico specia-lizzato nelle corse ad ostacoli chemi seguisse a parte il Prof. Placa-nica (non specialista di ostacoli) l’an-no che ho vissuto a Formia comestudente-atleta e Danilo Pacchini aPisa nel periodo dell’Università.

Esercitazioni da non eseguiresotto la voce tecniche:1) Partenza 1° ostacolo (esercita-

zione per concentrarsi nell’at-tacco della 1° barriera) con 1solo ostacolo. L’atleta atterre-rà più lontano di quanto non fac-cia in gara perché dopo il primoostacolo ha la pista libera. Pereseguire correttamente questaesercitazione bisogna almenomettere anche il “2° ostacolo checostringerà l’atleta ad un’azionecorretta di discesa a terra.

2) Cercare di velocizzare la fre-quenza dei 3 passi tra gli ostacolifacendo eseguire 5 passi tra gliostacoli messi a distanza gara oaccorciando drasticamente ledistanze tra di essi. Abbiamo det-to in precedenza che le eserci-tazioni tecniche possono essere

facilitate o difficoltate ma nonSTRAVOLTE TECNICAMENTE.Con 5 passi il 3° più corto in garadi preparazione all’attacco saràtotalmente diverso in ampiezza ediversa l’inclinazione del corpo(non c’è l’ostacolo). Oltretuttol’atleta eseguirà i 5 passi con leginocchia altissime (passi estre-mamente corti) rispetto a quelloche dovrà fare in gara. Stesso di-scorso per distanze diminuitedrasticamente.

3) Ripetizioni di prove tipo gara con4-5 ostacoli. Anche se eseguomolte ripetizioni non otterrò lostesso risultato che avrò con 8-9-10 ostacoli. È noto che c’è uncedimento della velocità negliultimi intervalli che non si può mi-gliorare correndo con 5 ostacoliseppur corsi molte volte. La par-te finale di gara richiede risorseenergetiche non messe in cam-po con soli 4 intervalli. Una del-le maggiori differenze che si no-tano tra gli ostacolisti, sia maschiche femmine, è proprio la “tenu-ta” della velocità negli ultimi in-tervalli tra gli ostacoli in gara.

4) Con le mani in appoggio farscorrere il piede della gamba dirichiamo sulla stecca di un osta-colo! Se guardo al rallentatore ilpassaggio di un ostacolo noteròche il piede della gamba di ri-chiamo , da quando si stacca dal

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Fig.25 Fig.26 Fig.27

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terreno nell’azione di attaccodella barriera a quando viene ri-chiamato davanti al corpo nel-l’atterraggio dopo l’ostacolo ,esegue una traiettoria curvilinea,non rettilinea, oltretutto con ilpiede che arriva a passare lastecca in discesa e non in salitaper cui farlo scorrere sopra unastecca e portarlo avanti al corponon ha senso tecnico specifico.

Le posizioni occupate dai nostriostacolisti a livello internazionale:

Per le donne:• ALLIEVE: nelle prime 37 al mon-

do nessuna italiana. Rimanendoin Europa 5 francesi, 3 finlande-si, 2 belghe, 1 olandese, 1 sviz-zera, 1 norvegese, 2 tedesche, 1polacca, 1 portoghese, 1 bielo-russia, 1 ungherese e 1 svedese.La 48° ha 13”44. La primatista ita-liana Veronica Borsi 13”56.

• JUNIORES: nessuna italiana nel-le prime 27. La 27° è Heike Tillak(DDR) con 13”10, la migliore ita-liana è Antonella Bellutti con13”46 fatto nel 1985!! Rimanen-do in Europa ci sono 1 spagno-la, 4 tedesche, 1 svedese, 1ucraina, 1 bulgara.

• SENIORES: nelle prime 105 nes-suna italiana. La 105° è HyleasFountain USA con 13”70, la pri-ma italiana è Veronica Borsi con12”76 (oltre il 110° posto). Rima-nendo in Europa: 13 Russia +URSS, 10 Germania + DDR, 2Svezia, 1 Bielorussia, 3 Kazaki-stan, 4 Polonia, 5 Francia, 3 Spa-gna, 1 Irlanda, 1 Turchia, 2 Ucrai-na, 1 Slovenia, 1 Svizzera, 1 Gre-cia, 1 Romania, 2 Gran Bretagnae 3 Bulgaria.

Per gli uomini• ALLIEVI (hs 91,4 cm) il primo nei

primi 43 è Lorenzo Perini, 37° con13”44. Rimanendo in Europa: 4

Francia, 1 Grecia, 2 Gran Breta-gna, 1 Svizzera, 1 Spagna

• JUNIORES (hs 100 cm) nei primi70 atleti Lorenzo Perini è 15°con 13’’30. Rimanendo in Euro-pa: 2 Polonia, 5 Regno Unito, 7Francia, 3 Germania, 1 Belgio, 1Grecia, 1 Bielorussia, 1 Norvegia,1 Svezia, 1 Russia

• SENIOR: nei primi 100 abbiamoEmanuele Abate all’99° posto. Ri-manendo in Europa: 7 Francia, 4Gran Bretagna, 3 Germania, 2Lettonia, 4 URSS, 1 Slovacchia,1 Ucraina, 1 Ungheria, 1 Italia, 2Polonia, 1 Belgio, 1 RepubblicaCeca, 1 Olanda

Ottoz era tra i primi 5 al mondo aitempi di Città del Messico ’68 e ilmigliore in Europa!Tra il 13”33 di Davemport e il 13”46di Ottoz 13”.Tra il 12”80 di Merritt e il 13”28 diAbate 48”.Daucouré ha 7”42 nei 60 hs e12”97 nei 110 hs con un record di10”52 mei 100 m, stesso tempo diAbate.

I nostri atleti, esclusi Abate e Peri-ni, non si trovano nelle prime 50, avolte 100, posizioni delle rispettivegraduatorie internazionali di cate-goria. La situazione femminile èpeggiore di quella maschile. È tem-po di cambiare l’insegnamento tec-nico a cominciare dai giovani

Le basi biologichedell’apprendimento tecnico

I movimenti complessi sono sottoil controllo del Sistema NervosoCentrale (SNC) e questo è il moti-vo che rende necessario che du-rante le esercitazioni tecniche l’atle-ta sia particolarmente “presente” aciò che fa con la mente. Sotto la re-gia del SNC l’esecuzione dei mo-

vimenti si affina e la ripetitività de-gli stessi, esercitazione dopo eser-citazione, li renderà stereotipati epiano piano “naturali” pur nella loroinnaturalità. Il processo di appren-dimento porta a livelli e stadi da cuiè difficile tornare indietro per cui l’at-tenzione del tecnico all’esecuzionedel proprio atleta deve essere co-stante. Ritengo che sia pratica-mente impossibile vedere ad occhionudo errori posturali di segmenticorporei impegnati in esecuzionimotorie veloci e coordinate percui, cosa che ho sempre fatto siacon i miei atleti che con quelli cheseguivo durante i raduni delle na-zionali, credo che sia indispensabilefilmare i propri atleti per valutare conloro la qualità dell’esecuzione e glieventuali errori esaminando le im-magini in successione. Da che etàè importante far eseguire esercita-zioni tecniche mirate correttamen-te al passaggio dell’ostacolo? In-torno ai 12-13 anni si ha la pienapadronanza della lateralizzazionecorporea e questo si può notarespecialmente in discipline sportivedove, a questa età, si eseguonoesercitazioni tecniche molto com-plesse e specifiche (es. ginnasticaartistica). Questo vuol dire che aquesta età si ha già una notevolecapacità da parte del SNC di rea-gire a stimoli diversi e complessi perla codificazione e catalogazione dimovimenti tecnici specifici. Il SNCscheda, con l’atto motorio annes-so, l’esecuzione dell’esercizio. Que-sto non vuol dire che in età giova-nile si debbano portare avanti, inatletica, specializzazioni precociche sarebbero negative per il rag-giungimento del miglioramento del-le qualità motorie generali che sa-ranno necessarie nei programmi diallenamento futuri. Il bagaglio del-le abilità motorie generali deve es-sere costantemente implementato

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per la specializzazione tecnica fu-tura. Questo non vuol dire, però,che quando si fa un’esercitazionedi passaggio dell’ostacolo (se sivuol poi gareggiare) il tecnico nonsi debba preoccupare che l’ese-cuzione segua quello che la spe-cificità tecnica richiede. L’esecu-zione errata ripetuta ad ogni pas-saggio di ostacolo sarà schedatadal SNC come quello che si devefare e quando il ragazzo si troveràdavanti la stecca bianca e nera del-l’ostacolo il SNC comanderà l’ese-cuzione di quello che è stato ap-preso. Qualsiasi esercitazione diabilità motoria va più che bene, maquando si esegue un passaggio diostacolo è il ginocchio che “attac-ca” l’ostacolo e non il piede sia chel’esecutore abbia 13 anni o ne ab-bia 30! Le posture giuste debbonoessere proposte ed assimilate findall’inizio delle sedute di tecnica ese il tecnico non le vede o pensa dipoterle correggere in futuro com-mette un errore gravissimo.L’errore è di per sé importante neldarci il motivo, e la necessità, di in-dividuare esercitazioni adatte a cor-reggerlo aumentando di conse-guenza il nostro bagaglio tecnico.Possiamo considerare l’errore comela radice dell’apprendimento. Pen-so sia molto adatta a far compren-dere il senso di questa affermazio-ne la metafora di Einstein e l’ame-ba. Einstein e l’ameba procedonoinizialmente alla stessa maniera,per prove ed errori, ma sono guidatinelle loro azioni da una diversa lo-gica: Einstein cerca i propri errori,impara dalla loro scoperta e li eli-mina. Procede cioè sul piano dellaconoscenza, in particolare di quel-la scientifica, (come quella tecnica)sorretto da un atteggiamento cri-tico che gli permette di individua-re le SOLUZIONI FALSE, cogliere edeliminare gli errori all’interno delle

sue congetture, di sostituirle con al-tre, nuove e migliori di quelle con-futate come errate. L’ameba muo-re continuando a ripetere le sue so-luzioni sbagliate (Popper, 1972).Con il dovuto rispetto per il gran-dissimo scienziato è la sua la stra-da da percorrere nell’apprendi-mento tecnico. Appare più cheevidente che se non sappiamo in-dividuare gli errori non sapremo maineppure quali correzione apporta-re per eliminarli. Come possiamo al-lora valutare se quello che fa il no-stro atleta è errato? Consiglierei dicominciare a studiare le posture deimigliori atleti del mondo, sia maschiche femmine, e confrontarle conquelle dei nostri atleti nelle varie fasidel passaggio dell’ostacolo come ri-portato ad esempio in questo la-voro. L’analisi statistica dei dati ri-cavati dai records personali nellegare di velocità ed ostacoli dei pri-mi 30 al mondo e dei nostri miglio-ri darà un quadro inconfutabilmen-te scientifico delle carenze del lavoro(tanto) da fare per migliorare le no-stre prestazioni in special modo nelcampo femminile. Non è la tecnicadella prima in Italia ma quella delleprime 30 nel mondo che deve ser-vire da esempio.

e-mail: [email protected]. 0565225196 I.B.E.M.

Contattabile per programmi di alle-namento, stage, con atleti ed alle-natori con proiezioni di esercitazio-ni tecniche e filmati di gare e provepratiche in pista.

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The importance of correct hur-dling technique in 100 hs women.Bedini, Roberto. IAAF New Studiesin Atlethics, under revision.

RingraziamentiSi ringrazia per le fotodi questo articolo:FOTO FIDAL COLOMBO/FIDAL.La SNAL di Formia per avere forni-to gli articoli tecnici stranieri sullecorse a ostacoli.RAI TECHE per la fornitura dei videodi atletica leggera.La IAAF per aver fornito filmati e fotodi gare internazionaliE il Prof. Elio Locatelli

di Alfio Cazzetta

Introduzione

Dopo le ultime disastrose prove in-ternazionali, si tirano le somme diun’attività che vede gli atleti africa-ni, come al solito, davanti a tutti, nel-le prestazioni di resistenza, di mediae lunga distanza, dell’atletica leggera.Nell’ultimo ventennio vi è stato un ri-baltamento progressivo fra europeied africani ed in special modo, diEtiopi e keniani; oggi questo distaccofra le due razze è diventato notevo-le, tanto da spingere diversi studio-si a cercare di comprendere dove stala causa di questo problema.

Fig 1 e 2 (da SdS n 67/2005)

Alcuni anni fa (2005) la rivista SDSha pubblicato il lavoro di un validogruppo di tecnici (1), in cui sono sta-ti esaminati i diversi fattori (intrinse-ci ed estrinseci), sulla base dei ri-sultati di una ricerca, effettuata daeminenti studiosi (13), circa eventualidifferenze genetiche fra i mezzo-fondisti africani e quelli europei. Laconclusione ha evidenziato che,dal punto di vista genetico, nonsembrano esserci differenze signi-ficative che possano giustificaretale supremazia.

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Gli acciacchidel mezzofondoeuropeo (e italiano)

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Mezzofondo africanoed europeo

Secondo i risultati della ricerca,sembrerebbe che non vi sia nem-meno una maggiore allenabilitàdell’etnia africana rispetto a quellaeuropea; ma ciò sarebbe ancora dadimostrare. In realtà, è stata ri-scontrata una maggiore densitàcapillare nei giovani africani, spe-cialmente Keniani ed etiopi, la qualcosa, in parte, potrebbe spiegareperché questi possono tenere un’in-tensità del 92,2% (sul tapis rou-lante) per 4’ in più, rispetto ai bian-chi (come dire che vi è una mag-giore capacità della MPA). Ciò com-porterebbe un maggiore adatta-mento delle fibre 2A, capaci di uti-lizzare il meccanismo glicolitico,con la resintesi aerobica, meglio del-le fibre di tipo 1.La maggiore densità capillare ri-scontrata, potrebbe derivare:• dal fatto che i giovani keniani vi-

vono in altitudine, cosa che sen-z’altro tende ad influire positiva-mente su un adattamento fisiolo-gico che porta ad un migliore uti-lizzo dell’O2;

• dal molto lavoro di corsa continuadi base, sin dalla giovane età, dagenerazioni;

• da una probabile maggiore con-centrazione di mioglobina neimuscoli;

• da una probabile trasmissione abase ereditaria.

Non si può disconoscere che, ne-gli anni, adattamenti particolari, do-vuti agli incroci etnici, abbiano datovita a tipologie di atleti con carat-teristiche particolari: i keniani e glietiopi nelle lunghe distanze, i neriamericani ed i caraibici, nella velo-cità; è quindi chiaro che vi sianoadattamenti genetici in determina-te etnie, anche se non vi sonochiare spiegazioni in merito; ciò

dovuto anche al fatto che è più fa-cile effettuare studi sugli animali o sulmuscolo umano in vitro, diversa-mente che sull’uomo.Nel veder correre un nero africano,si ha una sensazione di scorrevo-lezza e di leggerezza; questa faci-lità di corsa è senza dubbio una del-le differenze sostanziali tra gli africanie gli europei. Una grande elasticitàmuscolare, dimensioni general-mente più ridotte (maggiore forza re-lativa), oltre agli adattamenti fisio-logici, secondo il mio punto di vista,sono le cause che permettono dicorrere a percentuali più elevate diVO2 max (correre più a lungo o piùforte, con lo stesso livello di lattatoprodotto, ossia capacità e potenza).Maggiore economia o maggiorerendimento; in sostanza, ciò che ri-sulta evidente, è che essi hanno unaVamax (o VAM) superiore.Ammesso che vi siano differenze dinatura genetica che ancora nonsono state evidenziate, è invecechiaro che vi sono problemi socia-li, organizzativi e metodologici nel-la odierna società europea chehanno, in questi anni, influito acreare il divario fra il mezzofondoafricano ed europeo: la metodolo-gia dell’allenamento, la struttura-zione tecnica, la strutturazione or-ganizzativa, l’ambiente e la societàin cui viviamo, con le diverse sfac-cettature dovute alle diverse realtàdelle varie nazioni.Certamente i ragazzi keniani, etio-pi, marocchini (africani in genera-le), per il tenore di vita che condu-cono, sono abituati e predispostialla fatica. La dura vita cui sonosottoposti, lo spostarsi da un po-sto all’altro per lunghe distanze, apiedi, camminando o correndo, haadattato le generazioni che orapossono sfruttare queste capaci-tà, per emergere in campo inter-nazionale con molta prepotenza; a

ciò, bisogna aggiungere, per con-tro, le risorse di metodologia di al-lenamento che prima non era inloro possesso e di cui adessohanno molta disponibilità. Per con-tro, i nostri giovani si sono semprepiù impigriti da alcune generazio-ni, per cui il distacco comincia a di-ventare sempre più vistoso: giovanisempre più sedentari che non ac-cettano lavori faticosi e per di più,programmati nel tempo lungo. Bi-sognerà lavorare sulla motivazionee sulla mentalità dei nostri giovani,se si vuole riconquistare il terrenoperso (ma personalmente nonsono ottimista).

Il mezzofondo italiano:un malato cronico

Il malessere è comune in campo eu-ropeo, pur con delle differenze so-stanziali fra le varie regioni europee,che influiscono in modo differentesulle prestazioni. Uno dei più mala-ti appare però il mezzofondo italia-no, mentre, se pur con le dovutecautele, francesi, inglesi e spagno-li, sembrano in lieve miglioramento.Il problema, oltre agli aspetti pura-mente metodologici, si deve esa-minare su due direzioni:1) Problemi generali comuni alle

varie regioni europee.2) Problemi specifici inerenti le va-

rie regioni europee:2) - ambientali2) - sociali2) - culturali2) - storici2) - familiariAll’interno di ogni nazione, vi sonodiverse situazioni locali che vengo-no a delineare un mondo molto va-riegato che, nella sua complessaproblematica, porta ad un unicoaspetto: un calo prestativo gene-ralizzato, nelle attività di resistenzamedia e prolungata.

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Il lavoro prodotto da Arcelli e colle-ghi, ha affrontato finalmente, un pro-blema che, da molti anni, è latentema palpabile. Si evidenzia un ma-lessere che coinvolge i diversi aspet-ti sociali, ambientali e metodologi-ci, ma in particolare, sono due i pun-ti che danno spunto ad una pro-blematica molto profonda e cherappresenta il fulcro non solo delmezzofondo in generale, ma inparticolare del settore mezzofondoveloce e dei suoi collegamenti conle distanze attigue e delle disciplinecon lavoro intermittente: la corsacontinua aerobica e le sue possibiliapplicazioni nelle varie disciplinedi corsa (aspetti fisiologici e psico-logici) e molti altri sport in cui la re-sistenza aerobica non è fonda-mentale, ma da supporto (mezzo-fondo veloce e giochi sportivi, indi-viduali e di squadra).

Problematichemetodologiche

Un errore che comunemente vie-ne fatto nel campo del mezzofon-do breve e lungo (e anche nelle at-tività di squadra), è quello di nonfare più la corsa di base (capaci-tà aerobica), ma di fare solo lavo-ri sulla MPA e oltre (con lavori mol-to frazionati), con la giustificazio-ne che la corsa lunga e lenta nonserva alla prestazione. Mi limito adosservare che la capacità aerobi-ca sta alla base di qualsiasi attivi-tà di resistenza. Essa migliora gliapparati: cardio-circolatorio, re-spiratorio e le grandi funzioni or-ganiche a volumi più o menograndi di lavoro (80% circa) dellamassima potenza aerobica. Lapotenza aerobica, poggia sullacapacità aerobica e rappresenta lastruttura portante (nel concetto ge-nerale della resistenza aerobica),per la resistenza lattacida.

Sono molte le divergenze che datempo vengono a causare dibatti-ti, circa l’utilizzo o no della resistenzaaerobica, nei confronti del mezzo-fondo veloce e dei giochi sportivi,seguendo le teorie provenienti da“studi” delle problematiche fisiolo-giche: qualità e quantità dei mec-canismi energetici, qualità delle fi-bre, ecc. Ora, mentre si cerca dioperare per migliorare la presta-zione, non solo si possono crearei presupposti per una carriera bre-ve e probabilmente non di alto livelloe precoce, ma si potrebbero in-staurare processi fisiologici che,nella maturità, potrebbero portare aregressi del funzionamento cardia-co (aritmie, cardiopatie) e processidegenerativi a livello strutturale (in-fiammazioni, sfaldamento delle car-tilagini di scorrimento, artropatie).Non dovrebbe essere difficile foca-lizzare gli obbiettivi fondamentali cheogni tecnico dovrebbe porsi sem-pre davanti: la ricerca della massi-ma prestazione (nei tempi che la si-tuazione richiede), lo sviluppo del-l’allenamento a lungo termine (cioèla possibilità incrementale nel tem-po) e la salute psico-fisica del-l’atleta (punto più importante), spe-cie se di giovane età. Ci si deve ren-dere conto, che il carattere generaledel lavoro, specie in età giovanile,deve avere un ampio spazio appli-cativo, in maniera decrescente,dalla fase giovanile alla fase di altaspecializzazione, ma mai abban-donata del tutto. (5/10)Chi va affermando che il fondolento non serva al miglioramentodella prestazione, dice la verità,però dovrebbe aggiungere la parola“direttamente”. Tale affermazione haprocurato lo sviluppo di metodolo-gie di lavoro, che hanno danneg-giato non poco il settore del mez-zofondo, non tanto dal punto di vi-sta prestativo, quanto della carrie-

ra sportiva ed influenzato notevol-mente e negativamente, la prepa-razione nei giochi sportivi.Basterebbe avere razionalità, ancheperché determinate metodologieche possono ad alcuni sembrare er-rate, in effetti si sono adattate allaperfezione, ai soggetti ai quali sonostate applicate (individualità). Nonallenare l’atleta alla specialità,ma nella specialità!Spesso la voglia del cambiamen-to a tutti i costi, porta a dimenticareo addirittura a disconoscere legrandi imprese effettuate nel set-tore mezzofondo, da grandissimiallenatori che hanno fatto scuola ele cui metodologie potrebbero be-nissimo sussistere ancora oggi,rivisitandole in parte, ma senzastravolgerle a tutti i costi, come siè fatto. Oggi non abbiano più igrandi personaggi che hanno stra-biliato, in passato, con le loro in-tuizioni; i bei discorsi servono apoco se non si traduce il tutto nel-la pratica di campo. Il segreto de-gli ultimi anni nel mezzofondo, sedi segreto si può parlare, non stain una particolare metodologia del-l’allenamento, ma su due fatti: il pri-mo è basato sull’applicazione di unlavoro precoce, uguale per tutti,duro e selettivo (chi regge è ilcampione, chi non regge, va but-tato); il secondo è che parecchi frai grandi risultati del mezzofondo eu-ropeo di oltre un ventennio passa-to, sono sospettati di doping, piùo meno palese.Trapela con una certa evidenzache il problema è un’unione di pro-blemi, una sindrome di mali, che ri-chiederà parecchi anni di lavoro pri-ma di poter colmare il “gap”, se nonci si vuole affidare solo sul campio-ne occasionale. (8)Bisogna riconquistare la mentalitàche si è persa negli anni, anche sesu ciò nutro parecchie perplessità.

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Le problematichedel mezzofondo

Sono tanti i problemi che creano ildivario di cui sopra:01. La diversità genetica fra i popoli

africani e l’etnia bianca.02. L’emancipazione metodologica

della popolazione africana, ri-spetto al passato.

03. Gli aspetti sociali e ambientalidei popoli africani (che ricorda-no il nostro popolo di oltre 50anni fa).

04. La presa di distanza dei giova-ni europei dalla fatica che l’al-lenamento di resistenza pro-lungata, richiede.

05. La presa di distanza, dei gio-vani, nei confronti di impegni si-stematici e a lungo termine.

06. Poca attenzione dei mass me-dia, nei confronti delle attivitàminori.

07. La difficoltà di scelta dei giova-ni fra le attività sportive.

08. La ricerca affannosa del talen-to: vano lavoro nella fascia gio-vanile.

09. Non si lavora sulla massa deigiovani (i pochi elementi che pre-sentano buone capacità, sonocontesi dalle diverse discipline eil più delle volte sono costretti indiscipline non molto congenialialle proprie capacità).

10. L’eventuale talento (ammessoche possa essere identificato), vie-ne prematuramente impegnato,con risultati effimeri e precoci.

11. I giovanissimi seguono le diret-tive imposte dai genitori, o sonoinfluenzati dalla propagandadei mass media.

12. Ragazzi che affrontano il per-corso sportivo, senza alcunaformazione precedente.

13. La difficile scalata a prestazio-ni che sono diventate irrag-giungibili.

14. La carenza di motivazioni ade-guate, nello scegliere un’attivi-tà dura e faticosa da sostene-re, rispetto alle attività di squa-dra, dove il successo è condi-viso, ma dove anche le fatiche,notevolmente inferiori, sono an-ch’esse condivise.

15. Crollo verticale dell’attività spor-tiva scolastica (specie nelle di-scipline individuali, rispetto aquelle di squadra).

16. Mancanza di accordi fra la Scuo-la e la Federazione di atletica leg-gera (come lo era in passato).

17. Presidi e/o ambiente scolastico,poco propensi all’attività spor-tiva.

18. Scarsa cultura tecnico-metodo-logica (in parecchi casi) o indif-ferenza degli insegnanti di edu-cazione fisica; a volte poco pre-parati, o poco interessati, o pocovolenterosi, o poco stimolati.

19. Scarso indirizzo verso l’aspettotecnico-pratico, in generale, delpiano di studi delle facoltà diScienze motorie, rispetto a quel-lo medico e pedagogico (ribal-tamento rispetto ai vecchi Isef).

20. Netto calo del numero dei fre-quentanti, rispetto al passato.

21. Scarsissima capacità della Fidal,nel mantenere nell’organico ipropri tecnici (mancanza di in-centivi).

22. Un improprio utilizzo del setto-re tecnico nazionale.

23. Distacco fra i tecnici del setto-re nazionale con i tecnici peri-ferici.

24. Una deviazione puramente me-todologica del settore.

25. Mancanza di interrelazione fra ivari settori dell’atletica e frasettore giovanile e settore as-soluto.

26. Troppa precocità nella sommi-nistrazione degli allenamenti edelle gare.

27. Erroneo utilizzo dei modelli diprestazione.

28. I modelli fisiologici spesso sonosolo teorici (troppo distacco fraconcetti teorici e attività pratica).

29. Ambizione dei tecnici.30. Troppa pressione da parte de-

gli sponsor.31. Un più severo controllo antido-

ping.32. L’équipe tecnica esiste solo

nell’alto livello.33. In sede europea, con la cadu-

ta dei governi totalitari, viene amancare la “scuola” di duro la-voro (e altro?) che veniva im-partita ai giovanissimi dei Pae-si dell’Est (9).

È il coinvolgimento di parecchi diquesti fattori che ha portato pian pia-no, nel corso degli ultimi anni, gli atle-ti europei a non riuscire a tenere ilpasso degli atleti africani e degli ita-liani nei confronti del resto d’Euro-pa. Nel nostro Paese la vittoria delsingolo, non ha fatto altro che coprirele carenze: la medaglia ottenuta èstata più negativa che positiva.La mia intenzione è di dare uncontributo sui punti che sono statievidenziati, vista la mia lunga eproficua esperienza nel settore e peravere già preannunciato, nei mieiprecedenti lavori, ciò che oggi vie-ne messo in evidenza. (8)

Il nostro passato

La vita odierna del giovane africa-no, si discosta notevolmente daquella del giovane europeo; egli miricorda il ragazzino del primo do-poguerra che, appena varcaval’uscio di casa, aveva a disposizio-ne una palestra naturale e svolge-va la sua attività in modo vario, mul-tilaterale e polivalente. Si imparavadi tutto, senza avere timore di farsimale; allora vigeva un motto: lotta

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o scappa! La supremazia nel grup-po e fra i gruppi che si formavanonel quartiere e fra i vari quartieri,dava vita a continui confronti più omeno amichevoli. I giochi di “stra-da” erano il più alto contenuto di for-mazione e sviluppo delle capacitàmotorie, che oggi i nostri più bravidocenti, si sforzano di insegnare:eravamo preparati in tutto enelle varie direzioni motorie.Le parrocchie e gli oratori brulica-vano di giovani in attività ed eranovere fucine di campioni in erba. Siandava a piedi senza avere nessuntimore dei chilometri che si dove-vano percorrere, sia per andare ascuola, anche abbastanza distan-te, sia per andare a cinema o perfarsi una passeggiata con la fami-glia o con i compagni; non c’eranessun problema se si facevanomolti chilometri a piedi camminan-do o correndo.L’attività sportiva scolastica, inizia-va a diciassette anni, ma il tecnicolavorava su giovani forti, pronti epreparati in tutte le direzioni e sen-za la paura di faticare. Ricordo chea sedici anni (1956), per partecipareal campionato provinciale studen-tesco di campestre, ci volle il per-messo del Ministero della PubblicaIstruzione.Oggi il giovane atleta africano, puòvantare un tipo di vita simile a quel-la dei ragazzi del dopoguerra, ma inmodo ancora più selvaggio: vive in-curante della fatica ed è motivatodalla possibilità di miglioramentoche può ricavare dall’attività spor-tiva. Ma il giovane africano odierno,al contrario dei ragazzi del nostrodopoguerra, ha a disposizione an-che le conoscenze metodologichee scientifiche, le attrezzature e la di-sponibilità dell’ambiente.La fatica non era un problema peril giovane del passato, come non loè per l’africano di oggi. Il giovane

europeo di oggi non vuole faticareperché non ne ha l’abitudine né lamotivazione, inoltre se si avvia al-l’attività sportiva, è costretto ad al-lenarsi quasi tutti i giorni con volu-mi ed intensità che spesso non è ingrado di sostenere, perché im-provvisamente viene proiettato dalconfortevole appartamento, ad unlivello motorio stressante fisica-mente e mentalmente: lavori già al-tamente specialistici su individuinon preparati. Il probabile talento,spesso si è già consumato nel-l’inattività degli anni. Il giovane ten-de ad evitare un impegno siste-matico, anche in attività che di so-lito fa con piacere. Un’isola felice èrappresentata solo dal calcio (inparte anche la pallacanestro e lapallavolo) che accoglie moltissimigiovani, anche perchè sollecitati daigenitori, con la speranza di diven-tare campioni ed avere congruiguadagni futuri. Nel tennis, chepure ha subito in questi ultimi anni,un notevole calo, vi è adesso unacerta ripresa, ma tutto si ferma infase giovanile, perché i costi chedeve sostenere la famiglia e le oredi allenamento per l’atleta, diven-tano man mano proibitivi.Una buona parte di colpa bisognaaccreditarla ai mass media che, perquestione di guadagno (pubblicitào sponsor), spingono i nostri giovaniverso una direzione sportiva, disin-teressandosi del resto; viene cosìannullata la possibilità di scelta.Per i nostri giornali e per la nostraTV, non vi è altro che calcio; l’atle-tica leggera, come tutti gli sport mi-nori, sono pochissimo o per nien-te rappresentati; di conseguenza sicrea un circolo vizioso che allonta-na sempre più i nostri giovani da al-tri sport, in cui potrebbero emer-gere. Fra computer, telefonino e playstation, essi sono sempre più indottiall’inattività.

La scoperta del talento

“Le fasi progettuali dovrebbero es-sere, la promozione, il preleva-mento ed il mantenimento degliatleti; io direi che spesso, l’appari-zione di nuovi campioni, si basi sul-la casualità più che su un’organiz-zazione capillare atta ad avvicinaremolti giovani all’atletica. Oggi, incampo nazionale, al di là delle me-daglie, vedo un futuro molto buio,specie nelle discipline che hanno bi-sogno di parecchio lavoro e parec-chia fatica, prima che l’atleta possaesprimersi ad alto livello”. (6 - 7 - 8)La ricerca del talento e l’utilizzo im-proprio dei modelli di prestazione, infase giovanile, sono punti focali diun’errata metodologia di allenamento.È sulla massa e sulla mentalità chebisogna ricostruire ciò che si è di-strutto in questi ultimi anni. È anchevero che parecchi risultati degli eu-ropei, nel recente passato (Viren, Va-aatainen e parecchi ex campioni dicasa nostra) non sono limpidi, maoscurati dal doping; infatti, uno deifattori della limitata crescita odiernadei risultati, potrebbe essere adde-bitata ai più severi controlli antido-ping che vengono effettuati e percerti versi, alla caduta del “muro”.Fra i tanti giovani che circolano perle strade, potrebbe esserci il cam-pione. Il talento oggi ha un proble-ma: avere la fortuna di essere sco-perto, di trovare la specialità piùadatta e di incontrare un tecnico ditalento, che possa trasformare il ta-lento in potenza, in talento in atto.È stata data troppa enfasi alla ricer-ca del sistema di individuazione del ta-lento in giovanissima età e di test pre-dittivi sulle possibilità di sviluppo. Michiedo se è mai possibile individua-re il talento sulla base di test, più omeno attendibili, in individui in fase disviluppo così variabile, a volte rapi-dissimo, a volte lento. La predizione

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del talento, da circa un ventennio, haportato a clamorosi errori di inter-pretazione; infatti spesso il bambinoprecoce è stato scambiato per ta-lento, lasciando per la propria stradaa “morire” atleticamente, quelli che sa-rebbero stati dei veri talenti, ma tar-divi nella crescita. Il tecnico non creaniente, ma può, invece, distruggereciò che vi è potenzialmente. La veri-tà sta anche nella capacità di valu-tazione dei dati, di osservazione delgiovane in attività e in un altro ele-mento che ormai tende ad essere di-menticato: la capacità di intuito cheun talento tecnico deve avere.Sono diversi i fattori su cui opera-re, oltre alla eventuale scopertadel talento:a. Trovare la specialità più consona

alle possibilità di sviluppo futuro delgiovane (sono molti i giovani, “co-stretti” in discipline non adatte elanguire fino alla fine della carrie-ra, sia per una vera lotta di acca-parramento fra le varie disciplinesportive, sia nello stesso sport, frauna disciplina e l’altra, a causa dimancanza di interscambio fra isettori: settori chiusi). (9)

b. Lavorare in modo altrettantobuono anche con tutti gli ele-menti disponibili, fra i quali po-trebbe “nascondersi” il vero ta-lento, lento nello sviluppo.

c. Aprire un dialogo fra la strutturatecnica nazionale ed i tecniciperiferici, che allenano i “proba-bili” talenti, perché vi sia un pro-getto di crescita, nel lungo pe-riodo. Parecchi anni fa la Fidalaveva organizzato il Club Italia,proprio per questo problema,ma la “politica sportiva” lo ha eli-minato: non sempre le buoneidee vengono proseguite.

d. Creare, nella fase di ricerca e svi-luppo dei talenti, una struttura tec-nica del settore giovanile, di altolivello (come in medicina il pedia-

tra o nella scuola, il maestro), sen-za che il tecnico giovanile, abbiacome obiettivo, quello di diventaretecnico della categoria assoluta,poiché nel fare ciò, egli tende asfruttare (in modo conscio o in-conscio) i propri giovani atleti.

La selezione a livello giovanissimi, èsempre pericolosa e incerta; si ri-schia di lasciare una scia di “mor-ti” fra i quali potrebbero esserci pa-recchi potenziali talenti, non anco-ra espressi. Spesso il talento non siesprime subito, a volte progrediscelentamente, a volte esplode quasiimprovvisamente, quando scattanoi principi essenziali della maturazionepsico-fisica, specie nelle disciplinedi corsa medio-lunga.“Il possesso di doti elevate, è sem-pre legato ad un determinato pe-riodo dello sviluppo biologico che ècronologicamente limitato, per cuisi può parlare di una finestra tem-porale che resta aperta solo aper-ta solo per pochi anni, per poichiudersi definitivamente”. (11)Cogli il tempo, ma devi sapere quan-do operare. Attraverso una grandeconoscenza dell’atleta, uno schemaoggettivo di verifiche, la loro analisi,il confronto con parametri generali,un’osservazione tecnica metodica, sipuò avere una giusta valutazione del-le sue possibilità. I test (mezzi di ve-rifica) possono servire nell’individua-zione del talento, solo se questipossono dare lo “schema di lettura”dei bisogni dell’atleta, dei suoi pun-ti deboli e dei suoi punti forti, ma sen-za ricercare forzature, aspettando chela natura faccia il suo corso. Ogni gio-vane ha ritmi diversi, sia nell’ap-prendimento motorio (tecniche), sianell’evoluzione bio-fisiologica; il tec-nico, al giovanissimo atleta, deve darel’imput, buttare il “seme” e poi aspet-tare che questo maturi e poi esplo-da, con i suoi ritmi.

Cosa fare?

È necessaria una buona organiz-zazione, in modo da superare glieventuali problemi che possonoessere d’ostacolo allo svolgimentodel programma di allenamento del-l’atleta. Potrebbe verificarsi, peresempio che questi abbia una sedefamiliare molto decentrata rispettoal luogo di allenamento e che ciòprovochi notevoli difficoltà. È im-portante anche il tutoraggio perseguire il giovane nell’attività sco-lastica, sociale e medica.Non credo che la problematica siadipendente da un calo delle nasci-te; la realtà è che non vi è una buo-na organizzazione, né mentalità, névoglia di “rimboccandosi le mani-che”. Si potrebbe pensare che le at-tività di durata, nei confronti deglisport di squadra, siano meno ac-cattivanti per i giovani, ma è anchevero che ciò, può essere superabi-le con soluzioni di varia natura, in-centivando, propagandando, orga-nizzando in tutti i quartieri della cit-tà, gare giocose, in cui fare interve-nire un campione e sollecitando lapresenza di Stampa e TV. I ragazzivi sono, ma sono tantissimi coloroche non partecipano ad alcuna at-tività sportiva; basterebbe coinvol-gere questo grande numero, per po-ter avere atleti per le varie discipline,senza più avere la necessità di do-versi “sbranare” per accaparrarsiquei pochi circolanti nello sport.Volgersi indietro ogni tanto non fa-rebbe male, per rendersi conto chei primi campioni di cross eranoatleti che militavano nelle squadrepolisportive. Nel 1908, vi fu l’inte-razione fra società di atletica e di cal-cio; Pericle Pagliani (Lazio) fu cam-pione italiano di corsa campestre;nel 1915 Lussona (Mantovana Cal-cio) fu secondo. Questa potrebbeessere un’ipotesi che avevo pro-

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posto al dirigente della mia squadradi atletica, più di venti anni fa,quando già si faceva più difficile l’av-viamento dei giovani all’atletica. Lasocietà polisportiva per bambini egiovani, potrebbe essere una delletante soluzioni, per avviare primaallo sport e poi alla disciplina adognuno più confacente. Molti annifa ebbi a dire che i Centri di avvia-mento (CAS), non avrebbero dovutoessere organizzati da una discipli-na sportiva, ma direttamente dalConi, in modo da operare per tuttii bambini con un’attività di base, perpoi avviarli nelle varie attività spor-tive, cercando di appagare sia i de-sideri del giovanissimo che delle sueattitudini: un grande contenitoreda dove poi smistare i giovani allevarie attività. Operare con attivitàmultilaterali e polivalenti. Con ciònon si deve intendere solo giochi egiochetti da fare a tappeto, ma ope-rare con razionalità e adattando il la-voro al progresso del giovane; quin-di lavoro di formazione, senza per-dere di vista l’obbiettivo. I miei gio-vanissimi mezzofondisti, venivanoallenati agli ostacoli, per un even-tuale futuro verso le siepi, ma mol-to lavoro veniva svolto anche conesercitazioni di salto, in lungo ed inalto; nei periodi di transizione, chepotevano essere motivo di allonta-namento, organizzavo una serie digare completamente inventate, conpunteggi e premi finali e un torneodi pallacanestro fra i vari settori.

La cultura sportiva

Non si deve cancellare il passato, dacui invece, si può trarre molto più diquanto non si creda. Oggi, si con-sidera un ottimo tecnico, colui cheparla in modo altamente scientifico,che usa fare i test con attrezzi so-fisticati e che usa diagrammi com-plicati e colorati. Ma quanti fra

questi, sono realmente tecnici dicampo, lavorando con pochi mez-zi, con grandi difficoltà logistiche,sotto le intemperie? È di questi tec-nici, che il mezzofondo italianoavrebbe bisogno.Cultura sportiva, pratica sportiva,sport per tutti quindi: dalla massa eda un lavoro razionale e a misurad’uomo (nel rispetto delle fasi di cre-scita), prima o poi verranno i cam-pioni (senza ombra di dubbio).Nel processo di formazione deltecnico, si attua immediatamente ilsistema settoriale, mentre invece,come nel passato, bisognerebbedare una formazione multisettoria-le, per poi tendere alla specializza-zione. La conoscenza dei diversisettori dell’atletica, fa sì che si mi-gliori la conoscenza del propriosettore, come la conoscenza poli-sportiva, tende a far capire e risol-vere meglio, i problemi della propriaspecializzazione.L’ideale, ad alto livello, è che si ab-bia un’équipe tecnica ben organiz-zata: “Che il tecnico dell’alto livello,non debba più apprendere o spe-rimentare, poiché ha già una gran-de esperienza acquisita con altriatleti di livello mondiale” (Schmidt,13). Se è vero che l’atleta di talen-to debba essere seguito da un

tecnico di talento, è anche vero chel’allenatore esperto, debba averequella capacità di intuito, che hacontraddistinto i grandi del passa-to, anche propenso a “sperimen-tare” nuove possibili soluzioni daadattare alle caratteristiche del-l’atleta; quindi non uno standard, siapure di altissimo livello, ma un alle-namento sempre più oculato e per-sonalizzato a “quel tipo di atleta”.Ciò potrebbe portare ad indirizzareverso distanze diverse (in genere piùlunghe), se non si vedono possibilisoluzioni di incremento; ma perpoter farlo, è necessario che da gio-vanissimo, l’atleta abbia svolto un al-lenamento multilaterale (compresela tecnica degli ostacoli e della rivieradelle siepi) e una buona resistenzaaerobica.A livello giovanissimi, si possono farconvivere nello stesso gruppo, ra-gazzi di diversa tendenza, senzanessun problema. Ciò perché il fu-turo deve essere aperto per tutti i ra-gazzi e non già disegnato fin dallagiovane età.“Può necessitare un cambiamentodella pianificazione dell’allenamen-to e delle gare, tentando, di vede-re se esistono maggiori probabilitàdi successo nelle distanze di fondoo nelle siepi” (P. Schmidt, 11).

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Veloci - Sviluppo futuro = Impararead avere capacità di sostenere, al-meno dal punto di vista psicologico,un lavoro più quantitativo (mentali-tà), nell’eventuale passaggio ad at-tività più di durata.

Resistenti - Sviluppo futuro = Man-tenimento, con lavori più brillanti,della rapidità di movimento (qualitàdelle fibre).

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L’aspetto multilaterale dell’allena-mento, è un fattore fondamentaledella preparazione giovanile e ilgiovane mezzofondista non puòné deve sfuggire a tale bisogno.Qualcuno ha affermato che la mul-tilateralità non ha dato risultati, main effetti, quanti tecnici italiani, spe-cie nel settore mezzofondo, hannofatto fare multilateralità ai proprigiovani atleti? La multilateralità puòdare la possibilità di far cambiare lagara o addirittura disciplina sporti-va o trovare altre soluzioni tecniche.La multilateralità è esistita solo inteoria, ma da pochi è stata messain atto. La multilateralità, se non ad-dirittura la polisportività, è alla basedi questo processo.

Il tecnico el’organizzazionesportiva

Per un migliore riuscita nel lavoro,sarebbe auspicabile una suddivi-sione in settori di competenza, purcon le dovute collaborazioni ed in-terrelazioni fra settore assoluto e gio-vanile ed un vero settore didatticoautonomo. La specializzazione ditecnici nella fascia giovanile, in tut-ti i suoi aspetti, porterebbe allosport una nuova spinta sia tecnica,sia culturale, sia organizzativa econtemporaneamente si eviterebbeil rischio che l’istruttore giovanile, nel-la voglia di far carriera, usi i suoi gio-vani atleti come trampolino di lancio.L’istruttore che si dedica alla for-mazione di base, il più delle volte èconsiderato (o si considera), untecnico di “secondo piano” rispet-to a coloro che si dedicano all’atti-vità assoluta o per di più a quella dialto vertice delle squadre naziona-li. Questo “senso di inferiorità” (in re-altà ingiustificato), mette a disagiol’istruttore giovanile che quindi aspi-ra al passaggio tecnico della cate-

goria superiore. Egli ricerca il “suc-cesso” e non si rende conto (peg-gio ancora se lo fa con cognizionedi causa), che utilizza i propri atletiper scopi personali, con lavorouguale e duro per tutti i giovani: chiregge, fa il risultato, chi non reggecade nel dimenticatoio.In ciò l’istruttore giovanile è spessostimolato dalla stessa impostazionedella Federazione che orienta le gra-tificazioni secondo il successo del-l’atleta. A questo punto l’istruttoreambizioso, per mantenersi in evi-denza, non bada a nulla, pur di ot-tenere continui successi con qualcheatleta ed avere, di conseguenza, con-tinue gratificazioni. Spesso questesono elargite con provvisori incarichidi prestigio nell’ambito federale, an-che se non veramente meritati; ve-nendo a mancare la continuità nei ri-sultati dell’atleta, normalmente vienea mancare anche la continuità di que-sto tipo di rapporto con la federa-zione di appartenenza. Ciò stimola iltecnico ad una ricerca affannosa e adun’esasperazione dei carichi, pur ditrovare un nuovo atleta che lo “ten-ga” ancorato al proprio incarico. Maormai in Europa in generale ed in par-ticolare in Italia, il coperchio è statotolto e adesso bisognerà correre airipari, superando grandi difficoltà,come sta già facendo da alcuni annila Spagna ed i risultati cominciano adessere palesi.Basterebbe “setacciare” il nostroterritorio e propagandare con più ef-ficacia lo sport, dando spinta ad unamentalità che tende sempre più adegenerare. (6)Il rapporto società sportiva-istruttore,spesso acuisce tale degenerazionedi obbiettivi. Credo che sia inutile an-dare troppo lontano con lo sguardo,per focalizzare problemi che, pur es-sendo importanti, tendono a non fo-calizzare problemi più vicini al nostrosguardo; è come la messa a fuoco

di un obiettivo, che se per lunga di-stanza, non mette in risalto le im-magini che sono più vicine. La so-luzione dei problemi non si trova solonell’esporre metodologie fanta-scientifiche, ma con problematichemolto più semplici; anzi, oserei direche queste non fanno altro checreare un’ulteriore scollatura fra lateoria e la pratica di campo.Ritengo sia importantissimo “spe-cializzare” il proprio lavoro in una solafascia per una migliore efficaciatecnica e didattica, essendo com-pletamente diversi sia gli obbiettiviche i principi metodologici (cosìcome si fa in ambito medico dove ilpediatra è solo un medico per la fa-scia giovanile. In questa presa di co-scienza, la Federazione dovrebbegratificare i tecnici del settore gio-vanile, non per il risultato del singo-lo atleta, ma per il lavoro realmentesvolto nel promuovere, formare edavviare i giovani. Bisognerebbe fareun cambiamento programmatico estrutturale di tutta la politica riguar-dante l’attività giovanile, sia comesocietà che come metodologia di al-lenamento, fissando obbiettivi etappe programmatiche, onde evitareche dietro il campione vi sia il nulla.Bisogna che la struttura tecnica ab-bia impegni differenziati, compitiben definiti, gratificando anche i tec-nici che formano gli atleti e non solocoloro che da anni allenano unsolo atleta.Il sistema sportivo deve chiarire, unavolta per tutte, che cosa vuole ot-tenere attraverso la formazione deitecnici: “selezionatore” o “formato-re”. In questo drammatico dualismo,a mio parere, non vi è alcun dubbioche il ruolo dell’istruttore della fasciagiovanile, debba essere unicamen-te quello del formatore, nella pie-nezza del suo concetto. “Il tecnicoè come un artigiano: un falegnamedeve essere capace di costruire a

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regola d’arte un mobile. A pre-scindere dalla qualità del legno,buono o cattivo, avremo sempre unmobile di buona fattura”.Sugli abbandoni facili e di massa, èfacile intravedere che, in parte, ciòdipende dalla stessa organizzazio-ne, che sfugge ai propri principi. Lamoltitudine di società esclusiva-mente giovanili, non hanno alcun in-teresse a proiettare nel futuro ipropri tesserati, somministrano al-lenamenti duri e intensi; di questi ra-gazzini solo una piccolissima parteprosegue, e il resto…Oggi nello sport vi è una corsa al-l’accaparramento senza badarealle reali possibilità future del sog-getto che probabilmente, dopoqualche anno, verrà abbandonatoa se stesso o lasciato languire in unadisciplina non propria. Quanto spre-co di possibili talenti!La possibilità di un interscambio inatletica (o fra sport diversi), dareb-be senz’altro una spinta positiva allamedia dei talenti e ridurrebbe la pia-ga dell’abbandono precoce.

Modelli di prestazione

Uno dei problemi che influenza ne-gativamente il mezzofondo italiano(ma, allargando il discorso, anche lealtre discipline, anche quelle di squa-dra), è l’uso improprio dei modelli diprestazione. Questi vengono usaticon troppa enfasi e spesso sono lacausa di errori di interpretazionenella metodologia dell’allenamento.I modelli di prestazione, riguardanolo studio dell’alta prestazione, manon si può lavorare, in fase giova-nile, riferendosi a tali modelli, cheportano direttamente alla precoci-tà dell’allenamento. Questi, chedovrebbero essere il punto di arri-vo della preparazione a lungo ter-mine, sono usati a breve e brevis-simo termine e sono la causa di car-

riere fulminee e di basso livello, ditraumi, di abbandono precoce. Ilmodello di prestazione in un deter-minato sport, deve essere inter-pretato e adattato ai singoli soggetti,anche nelle attività di squadra. Sipuò verificare che, per l’individua-lità dei soggetti, si potranno richie-dere dei trattamenti diversi, purmilitando nella stessa disciplina.I modelli di prestazione sono solo lapunta dell’iceberg, mentre i modellidi allenamento (la struttura dell’al-lenamento), rappresentano tutta laparte sommersa dello stesso. Idue modelli potrebbero, apparen-temente, differirsi fra di loro, ma am-bedue concorrono a far sì che il ri-sultato in gara, tenda a migliorare.Quando noi assistiamo ad unascena teatrale, non ci rendiamoconto di quanto lavoro gli attori han-no dovuto fare: ore ed ore passa-te a provare anche le più piccolesfumature, sudore e fatica, per poiin scena (la gara per un atleta), rap-presentare solo la sintesi del tutto,ma che non lascia apparire ciòche è successo dietro le quinte.Per quanto riguarda il settore mez-zofondo, finalmente qualcuno co-mincia ad affermare che ci si è sba-gliati nel dire che la corsa continuanon si doveva fare. La resistenza ae-robica, è fondamentale nei suoiaspetti di capacità e potenza; daparecchi anni, specialmente per ledistanze brevi e medie, è stata fat-ta una campagna contraria allacorsa continua, ma ciò nel tempoha fatto sì che le prestazioni dei no-stri atleti, siano andate calando.

Federazione e Scuola

Per riportare a livelli soddisfacenti ilmezzofondo italiano, è necessarioun nuovo rapporto con la scuola,che rimane il più grande serbatoioper tutto lo sport.

In realtà l’ultimo protocollo d’intesa trail MPI ed il CONI (1997), nei riguardidello sport scolastico, apriva nuoveprospettive consentendo ad ogniIstituto di sviluppare propri pro-grammi e di appoggiarsi alle realtà as-sociative presenti sul territorio (lascuola apre alla collaborazione conEnti ed Organismi del mondo dellosport ed in base alle esigenze terri-torio). Ciò richiedeva anche l’aggior-namento da parte degli insegnanti dieducazione fisica, da troppo temposentito come una necessità.Lo sport, inteso non come ricercaossessiva della massima presta-zione, ma ricerca educativa attra-verso di esso, è sempre il problemache affligge la Scuola e la pone inperenne conflitto con gli Enti pre-posti allo sport, piuttosto che favo-rire una fattiva collaborazione, cheridurrebbe il conflitto.Comunque, nella situazione in cui cistiamo trovando, il docente di edu-cazione fisica, dopo aver fatto unesame di coscienza, dovrebbe pro-prio fare un “mea culpa”. Moltissimodipende proprio dall’insegnante ilquale può realmente ottenere pa-recchio nell’avviamento allo sport deipropri ragazzi. Organizzare diver-samente e più attivamente l’attivitàscolastica, potrebbe significare, nonsolo avere un grande serbatoio peril mezzofondo, ma per tutto lo sport.Una volta l’atletica, ritenuta alla basedi ogni sport, era obbligatoria nellascuola, per avere diritto all’attivitàsportiva. Lo sport studentesco, era se-guito dalla stampa ed era seguito, nelsuo svolgimento, da tutti gli alunni.

Sport e ambiente

Oggi vi è un prolificare di gare sustrada, che dovrebbero essere unmomento di propaganda per legare medio-lunghe; purtroppo essesi risolvono con la partecipazione di

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alcuni elementi ingaggiati per faredello spettacolo, e pochi atleti localie molti amatori paganti.Gli Enti locali, in collaborazione congli organi periferici della Fidal, do-vrebbero sfruttare tali momenti, peresaltare l’atletica locale, con dellegare per i due sessi e per diverse fa-sce di età, da abbinare alla garaprincipale.Una buona idea potrebbe esserequella di organizzare delle gare dicorsa (ma anche di altre specialitàche si possono svolgere in piazza,esempio il salto in alto e la veloci-tà) fra i quartieri della città, con unafinale festosa con premi per tutti ibambini; poi coinvolgere in unagrande finalissima anche i ragazzidell’interland provinciale; una verafesta della corsa per tutte le fascedi età: è la mentalità che bisogna ri-conquistare; inculcare la bellezzadella corsa, della gioia di correre, delgusto della competizione.

Alfio CazzettaDocente di metodologia pressol’università di CataniaDocente della Scuola dello Sportdella SiciliaAllenatore e tecnico specialista dimezzofondo della Fidal

BIBLIOGRAFIA01) Arcelli, Dotti, Impellizzeri, La Tor-

re – La leggenda del corridoreafricano – SDS n. 67, 2005

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03) A. Cazzetta - Formazione eavviamento nel mezzofondo –Liberosport n. 2 1991

04) A. Cazzetta - Rapporto tra psi-che e fisico nella prestazione,ovvero l’influenza della sferapsichica sul rendimento – Atle-ticastudi n.26 1995

05) A. Cazzetta - L’organizzazionedell’allenamento giovanile –Atletica leggera n. 453 – 1999

06) A. Cazzetta - “Traumi e Riedu-cazione Funzionale”, Ed. Coo-perativa Dante, Vigevano, mar-zo 2000

07) A. Cazzetta - Correre o non cor-rere a lungo – Atletica leggeran. 455 – 2000

08) A. Cazzetta - Causalità o ca-sualità? – Atletica leggera n.464– 2000

09) D. Harre – Teoria dell’allena-mento – SSS Roma

10) V. Platonov – L’organizzazionedell’allenamento e dell’attività digara – Calzetti-Mariucci, Peru-gia, 2004

11) P. Schmidt - Anforderungs-und Leistungssport 6, 2005,34-38. (Traduzione di M. Guli-nelli)

12) Weston, Mambo, Myburgh –Running economyof Africanand Caucasian distance run-ners – Med. Sci Sports Exerci-ces - 2000

13) W. Starosta – Il sistema mo-derno di ricerca del talento nel-lo sport competitivo – SDS n.62/63, 2004

Il tempo di contatto comeun indicatore del costometabolico nei mezzofondisti efondisti di élite.(Ground Contact Time as an Indi-cator of Metabolic Cost in Elite Di-stance Runners)

Chapman R.F., Laymon A.S.,Wilhite D.P., McKenzie J.M., Tan-ner D.A., Stager J.M. Harold H.Morris Human Perfomance Labo-ratory, Department of Kinesiology,Indiana University, Bloomington, IN

Medicine & Sciencein Sport and Exercise, 2012,44, n.5, pp. 917-925

Obiettivo: Questo studio ha esa-minato se esistono differenze neltempo di contatto ed altre variabilicinematiche tra podisti uomini edonne, così come tra specialisti dimezzofondo e fondo.Metodi: Dodici uomini e 6 donne spe-cialisti di élite nella corsa di distanzahanno completato prove multiple di30sec. su un nastro trasportatore a ve-locità normali di competizione. Sonostati applicati alle scarpe accelerometri“wireless triaxial 10-g” (1024 Hz).Sono stati determinati i valori deltempo di contatto, tempo di volo, lun-ghezza del passo e frequenza del pas-so, ottenuti da un minimo di 20 pas-si consecutivi di ogni piede. La stimaproporzionale del costo metabolico èstata determinata usando la frazione‘1/tempo di contatto’.Risultati: le donne hanno ottenutopasso, tempo di volo e lunghezza delpasso minori con frequenze maggioriin confronto agli uomini alle velocitàcomuni; tuttavia, queste differenzeerano largamente annullate norma-lizzando alla statura. Questi valori mi-nori nelle donne indicano un incre-mento nel costo metabolico, in sin-tonia con i dati dell’assunzione di os-sigeno. Gli specialisti nelle distanzedi mezzofondo hanno effettuato piùpiccoli incrementi nelcosto metabo-lico all’incremento della velocità, ri-spetto agli specialisti del fondo.Conclusioni: le misurazioni deltempo di contatto di corridori di éli-te suggeriscono che le diverse an-

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Dalla letteraturainternazionale –Sintesi di articoliscientifici

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dature sono dovute alle differenzenell’economia della corsa tra sessoe tipologia della specialità.

Parole-chiave: meccanica dellacorsa, economia della corsa, pre-stazione nella corsa, lunghezza delpasso, frequenza del passo

BIOMECCANICA,BIOLOGIA E ALLENAMENTO

Segnaliamo dapprima un interven-to di John Kiely di portata genera-le sull’inesauribile questione dellaperiodizzazione e pianificazionedell’allenamento (tratto dal suo libro“Performance psychology for phy-sical environments: a practitioner’sguide” del 2011), che fa una rifles-sione sulla procedura da utilizzareriferita all’atletica leggera, conside-rando alcuni aspetti epistemologi-ci (Kiely J – Periodizzazione, pia-nificazione, previsione – SDS Rivi-sta di cultura sportiva, 33, 100, 11-18). Anche la rivista AEFA presen-ta un numero speciale sulla pro-grammazione ( N.213), che partedalla storia della programmazione,per passare poi all’analisi del pianodella carriera, i principi, la model-lizzazione, gli aspetti pratici, la se-duta, presentando alla fine espe-rienze e lavori in corso.Un dibattito sotto forma di forum traMerni, Bartolomei e Ciacci discute,più specificamente, dei modelli diperiodizzazione per l’allenamento diforza. (Merni F, Bartolomei S,Ciacci S - Modelli di periodizza-zione dell’allenamento di forza. Dal-l’approccio “tradizionale” alla “dai-

ly undulating periodization”- Medi-cina dello Sport, 67,3, 513-426)

Non riferita ad una disciplina speci-fica, la review effettuata da Holfeldere Bubbeck sul lattato, illustra la lorointerpretazione di questo indice peril controllo dell’allenamento e ilsuo rapporto non sempre chiaro conil tipo di fibre muscolare. (HolfelderB., Bubeck D. – Lattato, fibre mu-scolari e controllo dell’allenamento –SDS Rivista di cultura sportiva, 33,100, 25-31). Sempre in tema, nellarivista NSA si descrive un nuovo me-todo per effettuare il controllo del ca-rico di allenamento nell’esercitazio-ne di sprint intervallati, confrontan-do i dati ottenuti da singoli sprint divarie intensità, eseguiti in giorni diversida 8 atleti. Questo indice si va ad ag-giungere agli altri già utilizzati per ave-re un quadro più chiaro del proces-so di allenamento (Nummela A. –Monitoring training loads in sprint in-terval training –Monitoraggio dei ca-richi di allenamento nell’allenamen-to di sprint intervallato - NSA, 29,1,19-30). Sempre sul controllo del-l’allenamento segnaliamo un altro ar-ticolo della rivista IJSPP della HumanKinetics, che ha analizzato gli effet-ti della gare di alto livello sul cortisolosalivare, il countermovement jump eil tasso di fatica percepita, per valu-tare le correlazioni tra questi indica-tori di fatica in un gruppo di mezzo-fondisti e fondisti (Balsalobre-Fér-nandezC, Tejero-GonzàlezC, delCampo-Vecino J. - Hormonal andNeuromuscular Responses to High-Level Middle- and Long-DistanceCompetition – Risposte ormonali eneuromuscolari alle gare di alto livellodi mezzofondo e fondo, Internatio-nal Journal of Sport Physiology andPerformance, 9,5, 841-846). Sullastessa rivista viene proposto unnuovo test per valutare le qualità diforza degli arti superiori, attraverso

un bench press isometrico esegui-to a quattro angolature del gomito eun bench press con lancio balisticodalla panca. (Young K, Haff G,NewtonR.U, Sheppard J.M. - Re-liability of a Novel Testing Protocol toAssess Upper-Body Strength Qua-lities in Elite Athletes – Affidabilità diun nuovo protocollo di test per va-lutare le qualità di forza degli arti su-periori in atleti di elite - InternationalJournal of Sport Physiology andPerformance, 9,5, 875-879)Nella rivista “Scienza & Sport” sianalizzano le proposte dei vari au-tori sull’intervento dei tre meccani-smi energetici nella gare di corsa dai100 fino alla maratona, rilevandocome spesso vi siano discordanze.Il prof. Arcelli sostiene che per que-sta valutazione bisogna anche tenerconto del tempo impiegato a per-correre la distanza. (Arcelli E - In-tervento dei tre meccanismi ener-getici nella gare di corsa – Scienza& Sport – 22, 36-41)Il francese Yann Le Meur offre unospunto di riflessione sul concetto di“allenamento polarizzato” per le di-scipline di fondo, in cui si prevedel’associazione di un grande volumedi allenamento di scarsa intensità conun lavoro di intensità elevata nell’al-lenamento degli sport di endurance(Le Meur Y. – L’allenamento pola-rizzato – SDS Rvista di cultura spor-tiva, 33, 101, 35-41).Sempre sulle di-scipline di resistenza può essere in-teressante l’articolo sul confrontotra corsa lenta e allenamento inter-mittente, in cui si giunge alla con-clusione che l’allenamento aerobicocon brevi intervalli con fasi di 10s dilavoro alternate a 20s di riposo pas-sivo e con una velocità vicina alVO2max, fornisce una profilo siste-mico aerobico metabolico simile allacorsa lenta continua. (WallnerD.,SimiH., Gerhard Tschakert G., Hof-mann P - Acute Physiological Re-

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Rassegna bibliografica

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sponse to Aerobic Short-IntervalTraining in Trained Runners (Rispo-sta fisiologica acuta all’allenamentoaerobico con intervalli brevi in corri-dori allenati – International Journal ofSport Physiology and Performance,9,4, 661-666).Nella rivista “Medicina dello Sport” siè voluta analizzare l’influenza reci-proca dei vari sistemi energetici. Lecorrelazioni negative osservate traVO2max e parametri anaerobicisupportano la teoria della conver-sione delle fibre. Sembra in definiti-va che per gli atleti allenati alla resi-stenza di alto livello, l’aumentato po-tenziale ossidativo dei muscoli sia ot-tenuto a spese del potenziale glico-litico (Ionescu A, Apostol A, Vasi-lescuM - Impatto dell’allenamentodella resistenza di alto livello sulla ca-pacità di sforzo anaerobico - Medi-cina dello Sport, 67, 2, 205-17).Sempre nel campo nella resistenza,ma nella disciplina specifica delle cor-se campestri viene presentato unostudio sull’andatura tenuta dal mi-gliori corridori di cross degli ultimi 10anni, effettuato attraverso l’analisi de-gli ultimi sei campionati mondiali dicross, in cui si evidenzia come i pri-mi arrivati in genere mostrino un’an-datura più omogenea rispetto agli al-tri. (Esteve-Lanao L, Larumbe-Zabala E., Dabab A., Alcocer-Gamboa A, Ahumada F - RunningWorld Cross-Country Champion-ships: A Unique Model for Pacing –Campionati mondiali di campestre:un modello unico di andatura - In-ternational Journal of Sport Physio-logy and Performance, 9,5, 1000-1005). Brian Hanley propone un al-tro studio delle andature nelle corsecampestri riguardante però solo lecorse maschili (HanleyB – Profili diandatura senior maschili ai Cam-pionati Mondiali IAAF di CrossCountr y- Journal of sport sciences,volume32, 11, 1060-1065.)

La rivista NSA propone uno studiodella Federazione Tedesca di atleti-ca leggera per la definizione della mi-gliore metodologia di allenamentonegli ultimi 10 giorni prima dellacompetizione importante, compre-se le modalità di riscaldamento da ef-fettuare prima della gara (KillingWet al – Final preparations for peakcompetitions: observations from the2009 IAAFWorld Championships inAtletics – Preparazione finale per lecompetizioni di picco: osservazionidai Campionati Mondiali IAAF diAtletica - New Studies in Athletics,29, 1, 13-35). Sempre riguardo al ri-scaldamento la stessa rivista pro-pone un nuovo metodo di riscalda-mento chiamato “condizionamentopreischemico” per le discipline di re-sistenza, come anche un’interes-sante bibliografia sul riscaldamento,per chi volesse approfondire la te-matica. (Thijssen D.H.J. et al. –Blow up during warm-up: introduc-tion of a novel method to improveathletic performance – “Blow up” du-rante il riscaldamento: introduzionedi un nuovo metodo per migliorarela prestazione atletica; Schiffer J. –n.00 Warm-up - nr.00 Riscalda-mento - NewStudies in Athletics, 29,1, 37-52; p.91-125). Un altro inter-vento, riguardante il riscaldamentosull’irrisolta questione della validitàdell’uso dello stretching prima dicompetizioni di tipo esplosivo, evi-denzia come la facilitazione neuro-muscolare propriocettiva più stret-ching statico faccia calare la pre-stazione, mentre lo stretching bali-stico sembra risultare il migliore.(Kirmizigil B, Ozcaldiran B, Co-lakoglu M. - Effects of Three Diffe-rent Stretching Techniques on Ver-tical Jumping Performance – Effettidi tre differenti tecniche di stretchingsulla prestazione di salto verticale -Journal of Strength & ConditioningResearch, 28, 4 - 902-908). Ed in-

fine uno studio che evidenzia risul-tati positivi della tecnica di riscalda-mento che prevede di eseguire tredrop jumps prima di una prova di20m di velocità. (Byrne P, Kenny J,O’ Rourke B - Acute PotentiatingEffect of Depth Jumps on Sprint Per-formance – Effetto acuto di poten-ziamento dei drop jump sulla pre-stazione di sprint, Strength & Con-ditioning Journal, 36, 5, 1–9)

Per quanto riguarda le gare di ve-locità, la rivista Americana di bio-meccanica propone uno studio sul-l’analisi dell’applicazione delle forzeal suolo nella partenza dai blocchi ei primi due appoggi in atleti ben al-lenati, poco allenati e non allenati (Ot-sukaM, Kun Shim J, Kurihara T.,Yoshioka S., Nokata N., Isaka T- Effect of Expertise on 3D Force Ap-plication During the Starting BlockPhase and Subsequent Steps inSprint Running – Effetto della mae-stria sull’applicazione delle forza 3Ddurante la fase di partenza dai bloc-chi e appoggi successivi nella par-tenza della velocità – Journal of Ap-plied biomechanics – 30,3, 390-400)Per migliorare invece la fase di ac-celerazione si consiglia l’allenamen-to pliometrico, testato in uno studiopubblicato sul “Journal of Strength& Conditioning Research” (Lockie R,Murphy A, Callaghan S, JeffriessM - Effects of Sprint and PlyometricsTraining on Field Sport AccelerationTechnique – Effetti di un allenamen-to di velocità e pliometria sulla tec-nica sportiva di accelerazione sulcampo, Journal of Strength & Con-ditioning Research, 28, 7, 1858-1866). Sempre sulla stessa rivista,ma nel nr. 8, ci si interroga sulla mag-giore efficacia dell’allenamento plio-metrico con carico aggiuntivo.(Aboodarda S, Byrne J, SamsonM,Wilson B,Mokhtar A, BehmD- Does Performing Drop Jumps

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With Additional Eccentric LoadingImprove Jump Performance? –L’esecuzione di drop jump con ca-rico eccentrico aggiuntivo migliora laprestazione di salto? - Journal ofStrength & Conditioning Research,28, 8, 2366-2371)

PSICOLOGIA DELLO SPORT

Nella rivista dell’Assital si trova un in-teressante inserto sulla preparazionementale, che offre una panoramicagenerale sull’argomento (Debois N– La componente mentale: dall’al-lenamento alla competizione – Uni-verso Atletica – 52, I-XXVII)La rivista americana “The sportpsychologist” evidenzia il rapportotra auto-efficacia e prestazione nel-la maratona (Samson A. - Sourcesof Self-Efficacy During MarathonTraining: A Qualitative, LongitudinalInvestigation – Fonti di autoefficaciadurante l’allenamento di maratona:uno studio originale longitudinale –The Sport Psychologist, 28, 2, 164– 175)

MEDICINA DELLO SPORT

Il “functional Movement Scree” vie-ne illustrato come mezzo per evi-denziare deficit di mobilità, equilibrio,asimmetria durante l’esecuzionedi gesti dinamici, che possonocausare un calo di prestazione o unelevato rischio di infortunio. (Fran-zetti M., Chaulan M. – Il Functio-nal Movement Screen – (Scienza &Sport – 222-23, 60-65)Uno studio spagnolo si occupadel’uso dell’elettrostimolazione con

un protocollo volto a prevenire,trattare e riabilitare il “ginocchiodel saltatore”. (Basas A. et al. –Exercise protocol and electricalmuscle stimulation in the prevention,treatment and readaptation of jum-per’s knee – Protocollo di esercizioe elettrostimolazione muscolarenella prevenzione, trattamento eriadattamento del ginocchio delsaltatore - NSA, 2, 41-51).Nella rivista Int. Journal of SportsMedicine vengono riportate le lineeguida del 2014 sulle procedure daseguire nelle tendinopatie (CasselM, Hotzkow K, Mayer F - FIMSPosition Statement 2014: Tendi-nopathies in athletes - Posizionedella FIMS 2014: Tendinopatie ne-gli atleti - Int Journal of Sports Me-dicine, 15,3)Sempre sulle tendinopatie segna-liamo uno studio che, confrontan-do l’utilizzo degli ultrasuoni, delladiatermia e dei corticosteroidi, con-ferma la validità della diatermia.(Szlosek P., Taggart P., Cavalla-rio J, Hoch J. Effectiveness of Dia-thermy in Comparison With Ultra-sound or Corticosteroids in Pa-tients With Tendinopathy: A CriticallyAppraised Topic – Efficacia della dia-termia rispetto agli ultrasuoni ocorticosteroidi nelle tendinopatie:una questione valutata criticamen-te - Journal of sport Rehabilitation- 23, 4, 370 – 375).Infine il nr.5 del 2014 del “Fisiote-rapista” è dedicato integralmente aivari aspetti della lombalgia (cronica,instabilità funzionale, terapia ma-nuale, educazione alla neurofisio-logia del dolore).

TECNICA E DIDATTICADELLE SPECIALITÀ

Si enfatizza l’importanza nell’usodel piede e della caviglia nella cor-sa in due studi: il primo evidenza ilcontributo della caviglia per la ge-nerazione di energia (Bezodis N.,Tapio SaloA, TrewarthaG- Lowerlimb joint kinetics during the firststance phase in athletics sprinting:three elite athlete case studies –Journal of sport sciences, vol… , 8,738-746). Il secondo sottolineacome il piede sia la parte finale delcorpo che trasferisce le forze al suo-lo (Mahoney, A - Footstrike inSprinting. – Modern Athlete coach,52, 1, 14-19.)

ALLENAMENTO GIOVANILE

Segnaliamo un articolo del coordi-natore nazionale francese delle pro-ve multiple, che offre delle linee gui-da per l’approccio alle prove multi-ple nelle categorie giovanili Co-chand J.Y. – Come affrontare leprove multiple nelle categorie gio-vanili – Universo Atletica , 52, 22-28)

MANAGEMENT DELLO SPORT

Infine chiudiamo con un articolo cheanalizza un’importante risorsa del-lo sport italiano “il volontario spor-tivo”, per fare un profilo delle com-petenze e definire le caratteristichedei processi formativi di questa fi-gura (Cevoli M. – Competenza eprocesso formativo del volontariosportivo – SDS Rivista di culturasportiva , 33, 102, 43-47)

atleticastudi 3-4/2013