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Una vita per la libertà Don Roberto Angeli a 100 anni dalla nascita Centro Studi Roberto Angeli Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea Provincia di Livorno Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione

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Una vita per la libertàDon Roberto Angeli

a 100 anni dalla nascita

Centro Studi

Roberto Angeli

Istituto Storico

della Resistenza

e della Società

Contemporanea

Provincia

di Livorno

Ministro per la

Cooperazione

Internazionale

e l’Integrazione

2 100 ANNI don ROBERTO ANGELI

Sommario

Una vita per la libertàdon Roberto Angeli a 100 anni dalla nascita

Pubblicazione a cura del Centro Studi Roberto AngeliProgetto grafico, impaginazione Gianluca della MaggioreIniziativa a cura di:

Centro Studi Roberto Angeli, Istituto Storico della Resistenza e della Societàcontemporanea nella provincia di Livorno, Provincia di Livorno. Col patrocinio del Ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione.

Pubblicazione edita in occasione della giornata intitolata Una vitaper la libertà. Don Roberto Angeli a 100 anni dalla nascita, SalaConsiliare del Palazzo della Provincia di Livorno, 27 settembre2013. Nell’occasione, alla presenza del Presidente della Provinciadi Livorno Giorgio Kutufà, del sindaco Alessandro Cosimi, delPresidente dell’Istoreco Laura Bandini e del direttore del CentroStudi Roberto Angeli Enrica Talà, è stata consegnata unaonoreficenza al Comitato Livornese Assistenza fondato da donRoberto Angeli.

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo (compreso microfilm o copie fotostatiche) sono riservati per tutti i paesi.

Stampa realizzata da: Stamperia provinciale (g.c.)© 2013 Centro Studi Roberto Angeli, Livorno

La foto di copertina è dell’agosto 1965 (Archivio Centro Studi Angeli).

“I cattivi imprigionano

i buoni.

E io non so perchè...”

Guido, 4 anni

Fossoli, giugno 2013

Don Roberto Angeli, una vita per la libertà

di Enrica Talà.................................3

Dall’antifascismo alla ricostruzione, il percorso biografico di don Angeli

di Gianluca della Maggiore.............8

Don Angeli, Viktor E. Frankl,Primo Levi e il senso dell’esperienza del lager

di Novella Domenici.....................15

Nel martirio di Dachau l’aurora di un rinnovato cristianesimo

di Anna Ajello...............................18

Il Comitato Livornese Assistenza per la ricostruzione di Livorno

di Valeria Cresti............................24

Don Angeli 2.0 un testimone perla “net generation”

di Luca Paolini..............................26

Fare storia/fare memoria

di Catia Sonetti.............................28

3100 ANNI don ROBERTO ANGELI

Monsignor Roberto Angeli èindiscutibilmente untestimone della Chiesa

italiana ed in particolare lo è perla Chiesa livornese. La sua forteesperienza di fede parimenti alcoinvolgimento nelle problema-tiche del tempo in cui visse, locolloca accanto alle più notefigure significative delNovecento toscano: La Pira,padre Balducci, don Milani, donFacibeni, don Bensi.Egli fa parte di quella schiera dipersone che captando i segnali

della storia ne hanno compresoin anticipo la direzione prenden-dovi parte come se un imperati-vo morale ne guidasse i passi, lescelte, le parole. La sua figura ela sua opera sono preziosi tas-selli su cui ricalibrare la storia diLivorno all’indomani dell’8 set-tembre, il valore storico (regio-nale, nazionale ed europeo) delcoinvolgimento dei sacerdotinella Resistenza e nel periododella Ricostruzione.Don Angeli nacque il 9 luglio1913, non in terra toscana, stu-diò nel Seminario Minore diLivorno, venne ordinato sacer-dote nel 1936 e nel 1942 divie-

Don Roberto Angeli Una vita per la libertà

Un testimone della Chiesa italiana e tra le figure più significative del Novecento toscano, accanto a La Pira, padre Balducci, don Milani, don Facibeni, don Bensi

ne, su nomina dal VescovoGiovanni Piccioni, parroco dellaPieve di S. Iacopo. È proprio inquesta sede che, attorniato dafolti gruppi di giovani provenien-ti da realtà culturali e socialidiverse, palesò l’opposizione alregime dapprima con la ricercadella verità, la critica delle ideo-logie e lo studio appassionatodella dottrina sociale cristiana.Prese contatti con Giorgio LaPira e Gerardo Bruni per costi-tuire in città il Movimento deiCristiano Sociali; il programmada seguire, allo stesso temposommario ma innovativo,appassionò i giovani a lui affida-ti: instaurazione e difesa di tuttele libertà politiche, limitazionedella proprietà privata, socializ-zazione dei complessi economi-ci, federazione europea.Opuscoli divulgativi, programmie lettere circolari ebbero vastadiffusione. Creò anche un perio-dico: “Rinascita- Foglio toscanodel movimento cristiano-socia-

Introduzione

di Enrica Talà*

17 giugno

1972, don

Angeli ritratto

con Paolo VI in

occasione dello

storica udienza

concessa dal

pontefice ai

sacerdoti italiani

deportati a

Dachau.

(Archivio Centro

Studi Roberto

Angeli)

100 ANNI don ROBERTO ANGELI4

le” che uscì coi primi quattronumeri dattiloscritti e col quintostampato alla macchia presso laLibreria Fiorentina, a Firenze.Con gli universitari cattolicicominciò un serrato e affasci-nante dialogo a partire dalleencicliche e dai discorsi di PioXII, incitando alla resistenza spi-rituale e al coinvolgimento per-sonale.Poi, dopo l’incerta speranza del25 luglio, con il tragico crollodell’8 settem-bre 1943 aldire si unì ilfare: azionidi sabo-taggio, di salvataggio e di assistenza a

favore di militari in fuga; nonsolo i giovani di leva che nonavevano risposto ai bandidi arruolamento maanche un gran numero di“sbandati” dell’esercitoregio appena disciolto.Le azioni più pericolo-se furono riservate atanti ebrei livornesi eprofughi soprattuttofrancesi. Nonostantela vasta area di“zona nera” prati-camente invalicabi-le, vennero loro

garantiti asilo, medi-cinali, vestiti e identi-tà nuove.

Don Angeli si pose dinan-zi al nazismo in un con-trasto assoluto, teoricoed operativo. Per questo,su delazione, fu cattura-to dalla Gestapo e subìtigli interrogatori prelimi-nari e le torture a VillaTriste (Firenze), vennepoi deportato a Fossoli,Gusen, Mauthausen eDachau. Scriverà poi che ildovere della ribellione

era un imperativo di coscienzadal quale non era possibileprescindere: la dignità e lasacralità della persona creatada Dio a sua immagine esomiglianza, non si prestava acompromessi. La fraternità ela solidarietà non erano sven-dibili, specie per un sacerdote.La Statolatria, con l’idolatriadella razza superiore, come ilpeggiore dei paganesimi nonera affatto accettabile e la“ribellione per amore” fu sem-plicemente quanto era neces-sario fare.Per tutto questo, il 22 gennaio1956, nei locali delle ScuoleIsraelitiche in Via Fanciulli, allapresenza del Presidente dellaComunità Ebraica il professorRoberto Menasci, del RabbinoCapo Alberto Toaff e dei mem-bri del Consiglio e dellaComunità, fu donato a donAngeli un attestato di ricono-scenza per l’opera svoltadurante l’epoca delle persecu-zioni razziali a nomedell’Unione delle ComunitàIsraelitiche d’Italia.“Una semplice e commoventecerimonia” titolava Il Tirrenodel 24 gennaio 1956, ma fu

Rinascita del 10

marzo 1944,

l’unica copia

conservata tra

quelle

dattiloscritte

in periodo

clandestino.

Sotto,

don Angeli negli

anni ‘50.

(Archivio Centro

Studi Roberto

Angeli)

Don Angeli si

pose dinanzi

al nazismo in

un contrasto

assoluto,

teorico ed

operativo.

Per questo,

su delazione,

fu catturato

dalla Gestapo

e dopo le

torture a

Villa Triste

(Firenze) fu

deportato a

Fossoli,

Gusen,

Mauthausen

e Dachau

5100 ANNI don ROBERTO ANGELI

imponente per il numero stra-grande delle persone presenti,la maggior parte ebrei. Sul Fidesdel 29 gennaio 1956 (il settima-nale diocesano di cui don Angelifu direttore dal 1946 al 1959)troviamo riportato l’interodiscorso del Rabbino Capo Toaffche in più di un passaggio conriconoscenza e gratitudine pro-fonda si rivolge a don Angelicome “esempio luminoso di fra-terna solidarietà”, di “bontà infi-nita”, “di abnegazione”.Fu rammentato dall’avvocatoGiuseppe Funaro l’episodio deltrasloco dell’Ospedale Israeliticodi via degli Asili in cui don Angeliintervenne in prima persona e ilprofessor Menasci lesse unalettera dell’allora direttricedell’Ospedale ebraico, la mae-stra Fasano–Procaccia, nellaquale erano riportati numerosialtri episodi dell’operato di donAngeli. Di tempo ne è passato,ma se il ricordare oltre ad esse-re atto doveroso è soprattutto

atto di riconoscenza, è sempretempo per dare ossigeno allamemoria. Soprattutto nei con-fronti di chi, assieme ad altri, harappresentato perla comunità eccle-siale e civile unpunto di non ritor-no.Uomo sensibile eroccioso, sacerdotecarismatico e digrande forza spiri-tuale, don Angeli hacombattuto per leproprie idee e perla libertà con audacia. Per com-battere il fascismo ha rischiatola vita ma si è sempre aperta-mente scontrato contro gliinganni dell’ideologia, della poli-tica fine a se stessa e controqualsiasi programma che limi-tasse la libertà personale nelpensare, nel vivere, nell’operarecon coerenza.L’uomo, il partigiano, lo scritto-re, e soprattutto il sacerdote,

fanno di don Roberto Angeli unapersonalità ricca e geniale: cosìpoliedrica e profetica che a nonricordarlo, a cento anni dalla sua

nascita, a non rievo-care la sua figura, anon accostarci alsue esempio persentirci provocati,sarebbe privare lacomunità ecclesialee civile di una dellesue voci più vibrantied incisive. Nei suoi scritti, mol-teplici, nei suoi arti-

coli lucidi e frizzanti, nella suavasta e tenace azione pastoralee sociale, la sua testimonianzadi fede e di cittadinanza attivache fa del sacrificio di sé e del-l’impegno nella storia un coe-rente, non facile programma divita. Vangelo nei lager, un prete nellaResistenza (rieditato nel 2007con il Patrocinio della Provinciadi Livorno ed ora in via di riedi-

Don Angeli a

fianco del

vescovo

Giovanni

Piccioni accol-

gono l’assisten-

te centrale di

Azione

Cattolica,

monsignor

Giovanni Urbani

in occasione

della visita a

Livorno del

1951.

(Archivio Centro

Studi Roberto

Angeli)

A fianco, la

copertina della

riedizione del

Vangelo nei

lager del 1985

curata dal

Comitato

Livornese

Assitenza.

zione perché ormai esaurito) èuno dei più commoventi e sug-gestivi racconti sulla partecipa-zione di un prete che, assiemeai suoi compagni, vive laResistenza fino alla estremaconseguenza della deportazio-ne. La stesura del libro ha unainteressante progressione stori-ca che è indicativa di aspettisignificativi della personalità diAngeli. Cedendo alle insistenzedegli amici e dei collaboratori,tra il 1945 e il 1952, “per ricor-dare a chi cercava di far dimen-ticare e per rincuorare chi cre-deva di aver dimenticato”,comincia a scrivere una serie diarticoli sul settimanale diocesa-no labronico Fides dal titoloEroismi e sofferenze dellaResistenza nei ricordi di unsacerdote. Questi articoli scarni,essenziali, toccanti che risento-no ancora della desolazioneinteriore a seguito della depor-tazione e delle brutalità subitenei campi di con-centramento diM a u t a h u s e n ,Gusen, Dachau,nel 1953 vengonoraccolti da uncoraggioso mapoco conosciutoeditore, l’Alzani diPinerolo, che lipubblica in unvolumetto dal tito-lo un po’ retorico:...e poi l’ Italia èrisorta.Con l’introduzionedi monsignorEmilio Guano eduna prefazione diEnzo EnriquesAgnoletti, nel1964, viene riproposta la stam-pa riveduta ed accresciuta dallo

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stesso autore coltitolo più suggestivodi Vangelo neilager1. Nel 1971viene stampata unaedizione specialeadattata a libro dilettura per i ragazzidelle scuole medie;visto il successoeditoriale2, nel1975, in occasionedella celebrazionedel trentennaledella Resistenza,esce la secondaedizione, arricchitada una appendicedocumentaria. Ognivolta, don Angeli, a

lapis, annota a margine dei testi,le correzioni, le precisazioni;

sfuma le parole, i ricordi, talora,invece, li porta in superficiemodificandone la forma espres-siva, adattandola ai lettori. Nel1985 il libro viene ristampato,postumo alla sua morte, a curadi don Renato Roberti e AlfioSartoni, del C.L.A. (ComitatoLivornese Assistenza) e di tutti isuoi amici e collaboratori.3

Il libro è una delle opere piùsignificative della Resistenzaitaliana. Racconta di “luminosiideali e di inenarrabili miserie”edi come l’antifascismo assiemeall’esperienza resistenziale nonfurono frutto solo di un tempera-mento imprudente, estrema-mente insofferente a qualsiasioppressione ma la logica conse-guenza di istanze morali e teolo-giche approfondite e meditatealla luce del Vangelo.Essere antinazisti ed antifascistifu dunque una esigenza cristia-na: questa è la testimonianzache don Angeli ha lasciato allariflessione storica ed ecclesialeper la comprensione della par-tecipazione alla Resistenza4 dellaicato cattolico ma soprattuttodel clero italiano, e livornese inparticolare. Il Vangelo nei lager è un librocaratterizzato da uno stile limpi-do, immediato, appassionato,essenziale, affascinante; non èun diario o un memoriale, ascri-vibile alle elaborazioni letterarieo alle opere sociologiche della esulla deportazione. È una storiavera, personale e collettiva,scritta “per amore”, nelle cuipieghe vi è, in maniera coesa, lospirito e l’intensità delle pagineevangeliche e la drammaticità diuna delle pagine più scure dellastoria.Si può dire sia, questa narrazio-ne, la più bella avventura cri-

“Bisogna

essere

talmente

generosi da

elevare noi

stessi alla

grandezza e

alla purezza

dell’idea e non

costringere a

rimpicciolire

questa alla

nostra

statura”

Don Angeli e il

vescovo di

Livorno Emilio

Guano nei primi

anni ‘60.

(Archivio Centro

Studi Roberto

Angeli)

Sotto,

un numero di

Fides del 1952.

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NOTE

1 Il libro viene stampato da La NuovaItalia per la collana della rivista fonda-ta da Piero Calamandrei, i Quaderni deIl Ponte che ne cura nel 1965 laristampa.2 Oltre 15.000 le copie vendute nelle

varie edizioni.3 Edizione autorizzata da La NuovaItalia, Editrice, Firenze a cura del C.L.A.e della Stella del Mare, Livorno.4 I sacerdoti livornesi impegnati indiversi modi nella Resistenza sonostati: don Renato Roberti, monsignorAmedeo Tintori, monsignor GiuseppeBardi, monsignor Mario Volpe, donAntonio Vellutini, don Giovanni Cardini,don Aldo Biagioni, don Ezio Giovannini,don Mario Udina, padre GiuseppeMaria Spaggiari. Sono deceduti nell’at-tività resistenziale: don Renzo Gori,ucciso dai tedeschi in Lucchesia, donItalo Gambini, già a capo dellaResistenza cattolica nella zona diCastiglioncello, don Carlo Gradi.

l’avvedutezza, la coerenza, lanobiltà interiore. Ci interroga sull’azione e l’ope-ra. L’azione che intraprende, chescopre, conquista, libera, rinno-va. L’opera che ordina, concre-tizza, attualizza i progetti, isogni, i desideri, le impellenzemorali e religiose. Ci interrogaancora sulla Resistenza non

solo come fattostorico ma comeprocesso tuttorain atto (fuori daschemi rigidi em o n o c a u s a l ispesso ideologicio politici o storicoculturali). Ci spinge più chea una “memoriacondivisa” ad una“memoria dacondividere”; anoi adulti ed edu-

catori ricorda, infine, la cura el’attenzione per la storia localenel suo insieme affinché le gio-vani generazioni non abbiano aperdere alcunché di quello che èstato.

* Direttore Centro Studi RobertoAngeli Livorno

stiana del dopoguerra italiano,utile a far luce sulla dimensioneumana e spirituale di chi ha ser-vito un ideale tra azione e con-templazione. “Bisogna - dicevadon Angeli ai giovani che incon-trava per parlare della sua espe-rienza - essere talmente gene-rosi da elevare noi stessi allagrandezza e alla purezza del-l’idea e non costringere e rim-picciolire questa alla nostra sta-tura”. In un tempo di sfide edu-cative, di questioni vitali e dimutamenti culturali, la sua testi-monianza invita ad immergersinella complessità storica, confatica, con pazienza, con pas-sione, anche nuotando in sensoopposto alle correnti. Ricorda lavia dimenticata della consape-volezza, della responsabilità,dell’impegno, dell’appartenenzaalla Chiesa ma anche alla socie-tà civile.La celebrazionedel Centenariodella sua nascitaci interroga. Ciinterroga sulleidee che donAngeli ha servitoe sui valori da cuisi sentiva obbli-gato. Su quale bilanciasi pesa la vita diun uomo? Sucosa “pesa” ilguadagno e laperdita di una vita ed anche ilsuo senso ultimo? Nell’uomo ilfare e l’essere sono affidati allalibertà; quella libertà che faintraprendere strade giuste estrade errate che accendono,volta volta, le luci di quelle virtùpoco appariscenti ma fonda-mentali: l’onestà, la fedeltà,

Don Angeli rela-

tore al convegno

Il clero toscano

nella Resistenza

organizzato a

Lucca nell’aprile

1975.

(Archivio Centro

Studi Roberto

Angeli)

A fianco, don

Italo Gambini,

ucciso da una

mina mentre

tentava di

salvare alcuni

parrocchiani il 9

luglio 1944.

La figura di don RobertoAngeli (Schio 9 luglio 1913 -Livorno 26 maggio1978) è

nota alla storiografia soprattuttoper la testimonianza resa dellasua esperienza nei lager nazisti1

e per il ruolo avuto nella costitu-zione di quel nucleo cristiano-sociale che rappresentò un’in-dubbia specificità dellaResistenza di ispirazione cattoli-ca nell’area toscana2. Figlio di Emilio, un operaio anti-fascista, Angeli maturò la suavocazione al sacerdozio nel

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seminario di Livorno, dove entrònel 1926. La figura del vescovoGiovanni Piccioni (1876-1959, aLivorno dal 1921 fino alla morte)fu fondamentale nel percorsoformativo del giovane sacerdo-te: esponente del primo movi-mento democratico cristianopistoiese accanto a GiuseppeToniolo, Piccioni indirizzò donAngeli e altri giovani sacerdoti(tra cui don Amedeo Tintori, donGiuseppe Spaggiari e donRenato Roberti) sulla via di unconvinto antifascismo. Ordinato sacerdote nel 1936don Angeli entrò in contatto congli ambienti intellettuali dell’an-tifascismo cattolico nazionale e

internazionale, frequentando laPontificia Università Gregorianaa Roma dove conseguì la licen-za in filosofia nel 1939. Proprioin quell’anno don Angeli comin-ciò la sua attività come assi-stente della Federazione degliuniversitari cattolici (Fuci) livor-nese a fianco di don AmedeoTintori, fornendo ai giovani uni-versitari gli strumenti intellet-tuali per una resistenza cultura-le al fascismo. A partire dal 1940 don Angelicominciò a dedicarsi anche almondo del lavoro coordinandoun’azione di assistenza spiritua-le agli operai. Durante i primimesi del 1943 fu tra i principalianimatori delle più di cento con-ferenze «in preparazione allaPasqua» organizzate in 18 fab-briche cittadine che raggiunserocirca diecimila operai, divenen-do cappellano di fabbrica pressola Motofides, la Metallurgica e laVetreria Italiana.

Biografia1913-1978

Dall’antifascismo alla ricostruzioneil percorso biografico di don Angeli

Dalla giovanile reazione al fascismo, all’impegno diretto nella Resistenzaitaliana. Poi l’arresto, la lunga prigionia nei campi di concentramento inAustria e Germania. Il ritorno e l’impegno per la ricostruzione di Livorno in campo assistenziale, sociale e politico.

La

di Gianluca della Maggiore* 23 luglio 1936,

il convegno a

Montenero degli

ex alunni del

Seminario Gavi

della diocesi di

Livorno e di

quella di Massa

Marittima.

Don Angeli è al

centro della foto,

inginocchiato e

sorridente.

Era stato ordina-

to sacerdote una

decina di giorni

prima, il 12

luglio 1936.

(Archivio

Famiglia Tintori)

9100 ANNI don ROBERTO ANGELI

Tra il 1939 al 1943 don Angeli edon Tintori trasformarono la Fuciin una «scuola pubblica di anti-fascismo»; l’attivazione delCenacolo di Studi Socialidell’Arciconfraternita di SantaGiulia portò a Livorno le grandipersonalità della Chiesa italianache si distinguevano per unatteggiamento critico verso ilregime: Paolo Emilio Taviani,don Emilio Guano, don FrancoCosta, don Sergio Pignedoli, donSandro Gottardi, padreReginaldo Santilli.

Anna Maria Enriques Agnoletti

(1907-1944) ha combattuto nella

Resistenza a fianco di don Angeli e

dei cristiano sociali. Per questo fu

fucilata dai nazisti a Cercina

(Firenze) nel 1944. Pubblichiamo un

ricordo della sua figura scritto da

don Angeli nel 1966.

Qggi, se confrontiamo il mondo incui viviamo, la nostra società con

quella di allora, penso che dobbiamocon sereno ottimismo riconoscereche Anna Maria Enriques Agnoletti egli altri, che poi erano i più generosie che sono morti, non sono mortiinvano. Non sono morti invano, per-ché ci hanno lasciato tanto; a lorodobbiamo la libertà, quella di viverecome quella di pregare e di operaresecondo coscienza, e le speranze diuna società aperta verso il meglio.Ma se confrontiamo i loro ideali conla società odierna, balza evidente unnotevole contrasto. Rimane moltocammino da fare. Essi si impegnaro-no per qualche cosa di più: per unalibertà radicale, per un riconoscimen-to più concreto della dignità dell’uo-mo come figlio di Dio; per una giusti-zia maggiore, perché al lavoro fossefinalmente assicurato il “primato” chegli compete su qualsiasi altro fattoredella produzione; per l’unione fra ipopoli e per una pace effettiva; per ilprimato della coscienza sulle struttu-re e per l’abolizione di ogni discrimi-nazione nell’applicazione di una verafraternità evangelica.E allora io penso che la cosa miglio-re per lodare i fratelli e le sorelle chesono nel nostro cuore, sia quello dicontinuare a camminare sulla stradache ci hanno indicato con la loro vitae la loro morte.

Anna Maria EnriquesAgnoletti

A FIANCO DI DON ANGELI

Il movimento

cristiano-

sociale fu

fondato a

Livorno nel

1942 dopo

l’incontro di

don Angeli

con Gerardo

Bruni

I cinque preti ita-

liani (da sinistra:

Mauro Bonzi,

Roberto Angeli,

Camillo Valota,

Giovanni

Tavasci,

Costante

Berselli) poco

dopo la

liberazione di

Dachau nel

maggio 1945.

Tutti erano affet-

ti da grave

edema. Bonzi si

spense pochi

mesi dopo.

Angeli e Tavasci

riportarono

un’invalidità

permanente.

(Archivio Centro

Studi Angeli)

Il gruppo di di giovani della Fuci di

don Angeli e don Tintori fuori dalla

canonica di S. Jacopo dove veni-

vano effettuate le riunioni.

Al gruppo partecipavano giovani

universitari, allievi dell’Accademia

Navale e operai.

(Archivio Centro Studi Roberto

Angeli)

Don Angeli, a fianco di questepersonalità, sviluppò una criticaserrata alle teorie nazifascistenelle lezioni sulla dottrina socia-le della Chiesa rivolte a un pub-blico di universitari, giovani lau-reati, allievi dell’AccademiaNavale, operai. La redazione ediffusione di una serie di opu-scoli antifascisti scritti insieme edon Tintori contribuì al risvegliopolitico dei cattolici livornesi;gran parte dei fucini andaronoad animare la Resistenza livor-nese e, in seguito, la vita politi-ca del dopoguerra.Sulla base di questa preparazio-ne intellettuale don Angeli detteuna prima struttura politica edorganizzativa al gruppo di gio-vani che si raccoglieva attornoalla Fuci. Prese contatti primacon l’azionista Guido Calogero,poi, attraverso Giorgio La Pira,entrò in contatto con GerardoBruni, funzionario – insieme adAlcide De Gasperi – dellaBiblioteca Vaticana, che nel1941 aveva fondato ilMovimento cristiano-sociale.Il programma politico di questomovimento, innovatore per lasua proposta di un socialismocristiano radicato nella dottrinasociale della Chiesa, riscossel’adesione entusiastica di donAngeli e dei suoi giovani. Sotto

10 100 ANNI don ROBERTO ANGELI

la spinta del sacerdote nel 1942nacque il Movimento cristiano-sociale livornese che entrò subi-to nella Concentrazione antifa-scista livornese, che poi diverràComitato di liberazione naziona-le (Cln). Dopo l’8 settembre 1943 donAngeli e i cristiano-sociali deci-sero di passare all’azione. Ilgruppo livornese si prodigò inaiuto agli ebrei perseguitati,facilitò la fuga dei militari alleatie dell’esercito regio allo sbando,recuperò armi, stabilì contatticon il comando clandestino delCln di Roma e con gli ambientidella Santa Sede. Grazie soprat-tutto al lavoro di don Angeli e di

suo padre Emilio il grupposeppe estendere l’attività diResistenza allezone dellaGarfagnana, delMugello, delpistoiese, delleApuane, delgrossetano edel modene-se.Nella suaa t t i v i t àresisten-ziale donAngeli fumembro del Cln livornese,tenente-cappellano dellaDivisione “Giustizia e Libertà” di

Firenze, addetto al serviziosegreto per la Divisione livorne-se “Lanciotto Gherardi”. Queste

attività partigiane nonsfuggirono allaGestapo che operònumerosi arresti,decimando ilMovimento cristia-no-sociale. DonAngeli venne arrestatoil 17 maggio 1944,mentre si trova aMontenero ospite nellavilla del professor MarioTinti, primario degliSpedali Riuniti di Livorno.

Iniziò così la dolorosa esperien-za della prigionia, che lo vedrà a

MONSIGNOR TINTORI

FEDELE AMICO

“La nostra fu un’amicizia irri-

petibile, fatta di ideali comuni,

comprensione, collaborazione,

rispetto, intuizioni consonanti”.

Così don Amedeo Tintori

(1912-1998), scriveva di don

Angeli: insieme furono le

guide che condussero

i giovani cattolici livornesi

dall’antifascismo alla

Resistenza attiva.

TOGNI E GRONCHI

I “LIVORNESI” DI PONTEDERA

Appartenevano a correnti molto distani della DC, ma oltre alla comune origine

pontederese, Gronchi e Togni furono accomunati da un legame stretto con

Livorno. Don Angeli legò soprattutto con Gronchi, condividendone la linea

politica, ma per le sue opere assistenziali seppe interagire anche con Togni.

LA PONTIFICIA

COMMISSIONE

ASSISTENZA

Creata una sezione locale nel

1945, l’opera assistenziale

pontificia si rivelò essenziale

per portare i primi aiuti alla

popolazione livornese messa

in ginocchio dalla guerra.

Per permettere maggiori finan-

ziamenti statali don Angeli

creò nel 1948 il Comitato

Livornese Assistenza a carat-

tere provinciale.

Erminia

Cremoni (1903-

1956), altra

figura chiave

sulla strada di

don Angeli.

Partigiana della

prima ora, nel

dopoguerra fu

una delle

anime del Cla,

fondatrice del

Centro Italiano

Femminile e

esponente di

spicco della

Democrazia

cristiana.

11100 ANNI don ROBERTO ANGELI

pagine di numerose testate cat-toliche regionali dalla «VoceCattolica» di Palermo al«Corriere della Valtellina» diSondrio. Questo fu possibileanche grazie alla stima e allaprofonda amicizia che legò ilsacerdote al direttore del Centrostampa dell’Azione cattolica donFausto Vallainc, il futuro diretto-re dell’Ufficio stampa delConcilio Vaticano II e della Salastampa della Santa Sede. Nel dicembre 1959, il nuovovescovo di Livorno monsignorAndrea Pangrazio (arrivato nel1955 come vescovo coadiutoredi Piccioni con diritto di succes-sione e che reggerà la diocesifino al 1962), decise la soppres-sione del «Fides» sostituendolo

Durante il periodo del suo inter-namento il Movimento si eraintanto trasformato in Partitocristiano sociale. Tra l’agosto e ilsettembre 1944 era nata una«disputa» tra il Pcs e la nascen-te Democrazia cristiana. Dopo iltentativo di fusione tra i duepartiti, vissuto come «un tra-bocchetto» dal Pcs, i cristiano-sociali tornano ad essere«intransigentemente cristiano-sociali». Don Angeli, che giàprima del suo arresto stavalavorando perché le due corren-ti politiche potessero «intima-mente collaborare nelle que-stioni di fondo», era convintoche in quel momento fossenecessario alzare un arginecomune contro il comunismo,per cui invitò i cattolici dell’unoe dell’altro partito alla «neces-saria collaborazione». Dal 23 settembre 1945 assunsela direzione del settimanale dio-cesano «Fides» che negli annidella guerra fredda, divenneuna bandiera per i cattolicilivornesi. Dalle colonne del suogiornale difese le masse lavora-trici partecipando anche diretta-mente alla vertenza che interes-sò la fabbrica Motofides nel1949. In breve tempo il «Fides»,che mantenne un filo diretto colCentro Stampa della Direzionegenerale dell’Azione cattolica,divenne il giornale di altre dio-cesi toscane (Massa Marittima-Pitigliano, Montalcino, SanMiniato, Pescia, Massa Carrara)arrivando ad una tiratura di 15mila copie. La fama del giornalista donAngeli varcò i confini locali. Isuoi articoli furono più volteripresi dal Servizio informazionesettimanale del Centro cattolicostampa che li fece arrivare sulle

«Villa Triste» a Firenze, quindinel campo di smistamento diFossoli fino ai campi di concen-tramento di Mauthausen, Gusene Dachau. La prigionia dureràesattamente un anno. Gli alleatiliberarono Dachau il 29 aprile1945, ma imposero una quaran-

tena agli internati, per cui solo il18 maggio don Angeli riuscì conuno stratagemma a lasciare ilcampo di sterminio. Nel dopoguerra il vescovoPiccioni investì il «reduce» donAngeli di numerosi incarichi,mettendolo di fatto alla guidadei settori strategici dell’azionepastorale della diocesi: la stam-pa, l’Azione Cattolica, le opereassistenziali.Venti giorni dopo il suo ritornoda Dachau, il 23 giugno 1945, ilsacerdote scrisse una «Letteraaperta agli amici cristianosociali» con cui prese le distan-ze dal gruppo che con lui avevaanimato la Resistenza cattolica.

Dal 23

settembre

1945 don

Angeli

assunse la

direzione del

settimanale

Fides che

negli anni

della guerra

fredda

divenne una

bandiera

per

i cattolici

livornesi

Emilo Angeli

(1887-1954),

il padre di don

Roberto, fu una

figura di assolu-

to rilievo nella

Resistenza

italiana.

Soprannominato

il “nonnino”,

venne catturato

dalla Gestapo e

torturato dal

comandante

della polizia

segreta nazista

Herbert Kappler

che lo credeva

un generale.

Riuscì a fuggire

fortunosamente

nel giorno della

Liberazione di

Roma.

Nella pagina a

fianco, Le basi

di un nuovo

ordinamento

sociale, uno

degli opuscoli

diffusi da don

Angeli nel 1943.

(Archivio Centro

Studi Roberto

Angeli)

col settimanale «La Vita». Era ilsegno della nuova linea pastora-le e politica impressa alla dioce-si dal nuovo vescovo che nonappoggiava gli ideali cristiano-sociali di don Angeli e l’apertoappoggio del settimanale allasinistra democristiana diGiovanni Gronchi: la chiusuradel «Fides» provocò vasta ecosulla stampa cittadina.Dal 1945 al 1957 don Angeli fuanche Delegato vescovile perl’Azione Cattolica. A fianco delpresidente di Ac FrancescoCecioni il sacerdote organizzòcorsi di studio, attività culturali ericreative che polarizzano l’inte-resse cittadino sulla vita cattoli-ca e culminarono con il grandeevento del 30 settembre 1951,in cui trentamila giovani diAzione Cattolica giunsero daogni parte d’Italia sfilando per levie di Livorno a fianco del loropresidente nazionale CarloCarretto. In questi anni donAngeli riprese anche l’insegna-mento della dottrina sociale cri-stiana con una serie di affolla-tissime conversazioni presso ilcinema di Santa Giulia.

12 100 ANNI don ROBERTO ANGELI

Il decennio 1945-1955 è ancheil periodo in cui più aspre furonole battaglie con i comunisti.Oltre che dalle colonne di«Fides» don Angeli ingaggiòconfronti molto tesi con i “rossi”«con scritti, discorsi, contraddit-tori talora dram-matici». Purnella durezzadello scontro furispettato daisuoi avversariche gli ricono-scevano il valoreesemplare dellasua testimonian-za nellaResistenza enell’esperienzadel lager. Nel1953 il sacerdo-te contribuì af o n d a r el’AssociazioneCombattenti Guerra Liberazioneper tentare di spezzare il mono-polio dell’Anpi. Nel 1957 dette lasua adesione al ConsiglioProvinciale della Resistenza. Fu nelle opere assistenziali cat-toliche che don Angeli profuse il

massimo sforzo organizzativo. Il16 giugno 1945, appena unadecina di giorni dopo il suo ritor-no da Dachau, monsignorPiccioni lo nominò presidentedella Sezione diocesana dellaPontificia commissione di assi-stenza (Pca). In questo periododivenne anche consulente delSegretariato diocesano di attivi-tà sociale (Sedas) e dal 30 otto-bre 1945 presiedette l’Istitutoper la educazione religiosa el’assistenza morale alla gioven-tù (Ieramg). La Pca era una commissioneche operava in stretto contattocon la Santa Sede e cercava dirispondere ai problemi socialipiù impellenti dell’immediatodopoguerra. Forniva notizie suprofughi, combattenti, dispersi;sussidi e indicazioni a personedi passaggio e agli internati

usciti dalcampo di con-centramento diColtano; distri-buiva sacchi discarpe, indu-menti, latte inpolvere, quin-tali di pasta em a r g a r i n a .Con la Pca donAngeli portòanche nellaprovincia diLivorno iRefettori delPapa chedistribuivano

ogni giorno pasti caldi agli indi-genti. In questi primi anni deldopoguerra vennero costituiteanche le prime Colonie diurne epermanenti per i bambini adAntignano e al Calambrone. L’8 settembre 1948, con l’ap-

Montenero, 25

aprile 1951.

Sotto il sagrato

del Santuario

posa il gruppo

del Comitato

Civico livorne-

se retto da

Mario Razzauti

(alla sinistra di

don Angeli).

(Archivio

Centro Studi

Roberto

Angeli).

A fianco,

Giovanni

Gronchi (1887-

1978). Amico

personale di

don Angeli, il

Presidente

della

Repubblica fu

fondatore e

alto patrono del

Comitato

Livornese

Assistenza.

13100 ANNI don ROBERTO ANGELI

beneficiando del lavoro, tra per-sonale dipendente e volontario,

di più di duemilapersone. Nel 1961 il Clavenne eretto inEnte morale ma èproprio nel corsodi questo decennioche vide lenta-mente esaurirsi ilsuo ruolo assisten-ziale col ridursidelle emergenzesociali e soprattuttoa causa della ridu-zione dei fondi ero-gati dal Governo.Dopo la chiusura di«Fides» e diminuendoi suoi impegni dicarattere assistenzia-

le e pastorale (nel 1953 lasciò laparrocchia di S. Jacopo e diven-ne canonico della cattedrale)don Angeli si dedicò più intensa-mente all’attività letteraria.L’opera certamente più cono-sciuta di don Angeli restaVangelo nei Lager uscito per laprima volta nel 1964 con la col-lana “Quaderni del Ponte” fon-data da Piero Calamandrei, illibro ebbe numerose recensionisulla stampa nazionale e fuadottato in molte scuole cometesto didattico. Di notevole inte-resse sono anche i suoi scrittisui pionieri del pensiero socialecristiano (nel 1956 esce La dot-trina sociale di G. Toniolo per leedizioni Alzani di Pinerolo; nel1959 per le edizioni CinqueLune di Roma viene pubblicatoPionieri del movimento demo-cratico cristiano). Don Angelirealizzò anche sei biografie disanti tra cui spicca per la vasti-tà della ricostruzione storica il

all’emergenza dell’immediatodopoguerra, imposeroscelte diverse.L’urgenza era oraquella di togliere iragazzi dalla strada,combattere la denu-trizione e le malattie,porre i germi di unaeducazione cristia-na. Il Cla, ispiratoredon Angeli, si carat-terizzò per una for-mula innovativa piùvolte citata dall’al-lora Ministro degliinterni MarioScelba comemodello di asso-ciazione assisten-ziale provinciale:il comitato si costituìcome «organismo laico e privatodi assistenza pubblica» e riunìdiversi enti e associazioni catto-liche (il Centro italiano femmini-le, le ACLI, l’Azione cattolica, laPca) evitando così doppioni,concorrenze e dispersioni dienergie.A Livorno e provincia, fino allepiù sperdute frazioni dell’Isolad’Elba, nacquero così scuolematerne, doposcuola, colonie,refezioni, laboratori, corsi escuole popolari e anche operepiù impegnative come il«Preventorio per minori» diCastelnuovo della Misericordia(nel 1952), la «Casa deiRagazzi» in Borgo S. Jacopo einiziative di istruzione professio-nale come la «Tipografia Stelladel Mare» (nel 1953). Nel 1951vennero ospitati per 5 mesi piùdi 100 bambini profughi per l’al-luvione del Polesine. In circa 10anni il Cla arrivò ad assistere piùdi 100 mila tra adulti e bambini,

provazione del vescovo Piccioni,don Angeli diede vita alComitato livornese di assistenza(Cla). L’onorevole GiovanniGronchi, allora Presidente dellaCamera dei deputati, legato adon Angeli da sentimenti di ami-cizia, ne assunse la presidenzaonoraria divenendone l’autore-vole portavoce presso gli organigovernativi. L’allontanamentodegli americani da Livorno, l’as-sottigliarsi degli aiuti diretti allaPca, la trasformazione dei pro-blemi sociali non più legati

L’opuscolo del-

l’estate del

1944 che

segnò la breve

stagione della

“fusione” tra

Democrazia

Cristiana e

Cristiano-socia-

li livornesi.

A fianco, don

Angeli in posa

in Valtellina,

dove spesso

trascorreva dei

periodi di sog-

giorno per

curarsi dagli

effetti lasciati

dalla lunga

prigionia nei

lager nazisti.

(Archivio

Centro Studi

Roberto Angeli)

libro dedicato a Niels Stensenpubblicato dalla Libreria EditriceFiorentina nel 1968.Per un breve periodo sotto l’epi-scopato di monsignor EmiloGuano (eletto vescovo di Livornonel 1962 fino alla morte nel1970) don Angeli tornò anche adirigere il settimanale cattolico.Fu nominato direttore de «LaSettimana», il giornale voluto daGuano in sostituzione de «LaVita», dal 1966 al 1968.Caporedattore fu il suo storicocompagno di lotta e di azionepastorale don Renato Roberti.Nel 1963 Gianfranco Merli,Commissario nazionale dellaGioventù Italiana, nominò donAngeli assistente ecclesiasticonazionale. Incarico che ricopriràfino al 1973.Nel 1966 il vescovo Guano con-ferì a don Angeli anche il titolo diMonsignore e nel 1972 il nuovovescovo monsignor AlbertoAblondi lo nominò Prepostodella Cattedrale. Il 17 giugno del1972, insieme ad altri dodicisacerdoti superstiti di Dachau,fu ricevuto in speciale udienzada Paolo VI. Don Angeli morì il 26 maggio1978 per un male incurabile.

*Ricercatore Istoreco

14 100 ANNI don ROBERTO ANGELI

NOTE

1 R. Angeli, La Resistenza neicampi di deportazione, in Aspettireligiosi della Resistenza, Atti delConvegno Nazionale (Torino 18-19aprile 1970) a cura del Centro Studisulla Resistenza piemontese«Giorgio Catti», Aiace, Torino 1970;V.E. Giuntella, Il Nazismo e i Lager,Studium, Roma 1979, particolar-mente pp. 41-55 e 105-127; A.Cauvin – G. Grasso, Nacht undNebel (notte e nebbia), uomini danon dimenticare 1943-1945,Marietti, Torino 1981, pp. 199-238;R. Angeli, Vangelo nei lager, unprete nella Resistenza, stampa acura del Comitato LivorneseAssistenza e della «Stella delMare», Livorno 1985 (1ª ed. 1964).2 G. Merli, Don Angeli e i cattolicidemocratici in Toscana, CinqueLune, Roma 1978; F. Malgeri, Lasinistra cristiana (1937-1945),Morcelliana, Brescia 1982; A.

Parisella, Il Partito Cristiano Sociale1939-1948, Biblioteca di StudiCristiano Sociali, Roma 1984;Gerardo Bruni e i Cristiano Sociali,a cura di A. Parisella, EdizioniLavoro, Roma 1984; G. dellaMaggiore, Dio ci ha creati liberi.Don Roberto Angeli, interpreteardito del pensiero sociale cristia-no, un sacerdote livornese traResistenza e Ricostruzione,Editasca, Livorno 2008.

La lettera del Vescovo Piccioni, scintilla per l’impegno di don Angeli nel dopoguerra

“E’ stata per teun’esperienzadi dolori...”Livorno, 24 giugno 1945

Caro Angeli, Grazie degli auguri e delle molteespressioni affettuose colle qualimi ti presenti e che mi hannocommosso. Non temere di avermirecato dispiacere: questo solo, semai, di essere stato in molta pre-occupazione ed angustia per latua sorte, della quale da tantotempo non riuscivo a sapernulla… ma questo non dipendevada te. D'altra parte, quanto già piùpenosa l'incertezza, sento più vivaora la consolazione.È stata per te una esperienza didolori, che in anime volgari puòaccendere o approfondire odio edesiderio di vendetta; ad animepiù delicatamente cristiane comela tua rende più sentita e operosala carità, l'unica cosa di cui ilmondo ha bisogno e che si ostinaa respingere.Dio ti benedica, caro Angeli, comecon un affetto che non può dirsi aparole io ti benedico e ti auguroogni bene.Ora riposati per rimetterti in salute,come ti desiderano tutti quelli - esono tanti - che ti vogliono bene etra i quali, anzi tra i primi, è il Tuo aff.mo+ Giovanni Piccioni

Fine anni ‘40,

davanti alla

chiesa del

Soccorso in

piazza della

Vittoria, don

Angeli celebra

la messa in

occasione del

25 aprile.

Sotto, padre

Giuseppe

Spaggiari

(1917) e don

Renato Roberti

(1921-1997),

amici e

collaboratori di

don Angeli.

Entrambi

ebbero un

ruolo

significativo

nella

Resistenza.

Spaggiari

divenne poi

segretario

personale del

vescovo

Piccioni (dal

1945 al 1959).

Don Roberti fu

una delle

penne più

graffianti del

settimanale

diocesano

Fides.

(Archivio

Centro Studi

Roberto Angeli)

15100 ANNI don ROBERTO ANGELI

Dopo l’8 settembre del 1943,don Roberto Angeli inizia aprodigarsi in azioni di salva-

taggio e assistenza dei profughied ebrei livornesi, procurandoloro rifugi sicuri e documentifalsi. Sono molte le azioni clan-destine che mettono a repenta-glio la sua vita. Troverà nascon-diglio in una villa a Montenerodove però sarà arrestato dallaGestapo il 17 Maggio 1944. Ricorda don Renato Roberti, suointimo amico e collaboratore: «Il21 maggio del 1944 –don Angeli

aveva 31 anni- due tedeschidella Gestapo, le mani sullepistole bussarono alla porta delprof. Tinti a Montenero dove siera rifugiato il capo della resi-stenza cattolica livornese. DonRoberto avrebbe potuto sottrarsialla cattura con una fuga predi-sposta da tempo, ma preferìconsegnarsi ai nazisti piuttostoche mettere in pericolo la vita dichi lo aveva ospitato. Con astutaprontezza riuscì ad evitare laperquisizione della sua cameradove nascondeva documenticompromettenti, fra cui uno chemi riguardava. (Devo alla suapresenza di spirito e al suocoraggio se non sono finito pure

io in un campo di sterminio)».Catturato dunque dalla Gestapo,viene portato a Villa Triste aFirenze per subire i tremendiinterrogatori con le brutali vio-lenze. Poi il viaggio verso ilcampo di smistamento di Fossoliper procedere ad altri campi diconcentramento fino all’approdoal campo di Dachau.In ciascuna delle sue esperienzeconcentrazionarie è possibilescorgere la suggestione che lasofferenza non è terra di nessu-no, inabitata, in cui ogni uomoviene lasciato solo al suo desti-no, ma è una landa in cui all’uo-mo è dato sentire sempre ecomunque il sostegno di Dio.Il lager diviene, secondo donAngeli, «un’enorme patena, piùpreziosa di quelle dorate dellenostre chiese, una patena caricadi tutte le atroci sofferenze delmondo e noi la innalzavamo alCielo implorando perdono epace. Sì, ci voleva in quei posti il

Prigionia

Don Angeli, Viktor E. Frankl, Primo Levie il senso dell’esperienza del lager

La

di Novella Domenici* Ottobre 1954,

don Angeli

torna nei luoghi

della sua prigio-

nia. Il resoconto

del suo viaggio

fu pubblicato in

diversi giornali

d’Italia, tra cui

L’Avvenire

d’Italia, col titolo

Come un

immenso

“museo degli

orrori” il campo

di Mauthausen

il 10 ottobre

1954

(Archivio Centro

Studi Roberto

Angeli)

sacerdote. Egli doveva racco-gliere tutto quell’infinito dolore epresentarlo a Dio. Perché quelmare di dolore umano aveva unvalore immenso e non dovevaandare disperso. Forse era ciòche mancava alla Passione diCristo per la redenzione e la sal-vezza di molti». Viktor E. Frankl, autore del libroUno psicologo nei lager, scrive:«(…) nei lager fu evidente chel’amore è come il fuoco: la tem-pesta spegne la fiamma piccola,mentre alimenta ulteriormentequella grossa. Lo stesso accadenegli amanti: se c’è distanza, ilvero amore diventa semmai piùgrande, mentre quello piccolo sispegne. Parafrasando credo dipoter affermare che nel campodi concentramento la fede debo-le si è estinta, mentre la fedesalda, potremmo dire quellaautentica, è diventata più forte.La fede autentica si è rafforzatamentre quella debole si è spen-ta. (…) Che cos’è, dunque, l’uo-mo? Noi l’abbiamo conosciutocome forse nessun’altra genera-zione precedente; l’abbiamoconosciuto nel campo di con-centramento, in un luogo doveveniva perduto tutto ciò che sipossedeva: denaro, potere,fama, felicità; un luogo doverestava non ciò che l’uomo può“avere”, ma ciò che l’uomo deveessere; un luogo dove restavaunicamente l’uomo nella suaessenza, consumato dal dolore epurificato dalla sofferenza.Cos’è, dunque, l’uomo?Domandiamocelo ancora. È unessere che decide sempre ciòche è». Don Angeli non ha mai sterzatoda questa decisione.Interessante, a riguardo, sarebbepotersi dilungare sull’esperienza

16 100 ANNI don ROBERTO ANGELI

concentrazionaria di don Angelie Primo Levi, proprio a partiredall’arrivo al campo di Fossoli,dove entrambi furono deportati.Scrive Levi: «Come ebreo venniinviato a Fossoli, pressoModena, dove unvasto campo di inter-namento, già desti-nato a prigionieri diguerra inglesi eamericani, andavaraccogliendo gliappartenenti allenumerose categoriedi persone non gra-dite al neonatogoverno fascistarepubblicano. Al momento delmio arrivo, e cioè alla fine delgennaio del 1944, gli ebrei delcampo erano circa centocin-quanta ma entro poche settima-ne il loro numero giunse ad oltreseicento. Si trattava per lo più difamiglie, catturate dai nazisti edai fascisti per loro imprudenzao in seguito a delazione. Alcunipoi si erano consegnati sponta-neamente, o perché ridotti alladisperazione dalla vita randagia,o perché privi di mezzi per nonsepararsi da un congiunto cattu-rato, o anche, assurdamente“per mettersi in pari con lalegge”». Scrive don Roberto Angeli:

«rasati a zero, smistati nellevarie baracche, segnati col trian-golo rosso dei detenuti politici,diventammo un numero nelcampo di Fossoli. Io divenni ilnumero 2188. Fossoli era un

campo di smista-mento e si riempivae si svuotava rapi-damente nel giro dipochi giorni.C’erano uomini edonne da ogniparte d’Italia, madominavano alcunigruppi tipici: gliebrei dislocati inalcune baracche

separate, che avevano pratica-mente in mano l’organizzazionealimentare, la segreteria e l’in-fermeria del campo; i milanesiassai affiatati fra loro che riceve-vano e smistavano generosa-mente viveri e denaro; qualchecentinaio di rastrellati romanistrappati una notte alle lorofamiglie e che un giorno partiro-no (si disse verso la Germania)per lavorare nella Todt; ed infinela nostra piccola congrega di fio-rentini. Allora la vita nel campo cisembrò bestiale, ma poi quellifra noi che furono deportati inGermania dovettero riconoscere,che si trattava in confronto diuna specie di villeggiatura».

Roma, 17 giu-

gno 1972,

i sacerdoti

reduci dal

campo di

Dachau vengo-

no ricevuti in

speciale udien-

za da papa

Paolo VI.

Un incontro

reso possibile

dall’impegno di

don Angeli e di

monsignor

Alberto

Ablondi.

(Archivio

Centro Studi

Roberto Angeli)

A fianco, Primo

Levi.

17100 ANNI don ROBERTO ANGELI

«Pochi minuti dopo quegli uomi-ni [si riferisce agli 800 sacerdotinel campo di Dachau), confusifra le migliaia di infelici, affronta-vano la solita vita intrisa di sten-ti, di lavoro sfibrante, di insulti, dipercosse e di umiliazioni, le piùdegradanti. Ma nel loro cuorecustodivano una fiamma chenessun tormento esterioreavrebbe potuto estinguere.Avevano la fede in Dio, avevanola speranza di cose immortali,avevano la coscienza di conti-nuare, attraverso il dolore, la loromissione santificatrice: avevano,soprattutto, la certezza nellapresenza del Dio Vivente cheabitava nei loro miseri corpi,deformati dalla fame e dalle per-cosse».Don Roberto Angeli e Primo Levi,paradigmi di due esperienzeumane, tra tante, da meditare, dicui fare memoria e su cui conti-nuare a far riflettere le nuovegenerazioni.

*Laureanda Istituto di ScienzeReligiose “Beato Niccolò Stenone”di Pisa

«C’è Auschwitz, quindi non puòesserci Dio» ha detto Primo Levi,negando la speranza di un futu-ro prossimo, la speranza di unaredenzione umana, la speranzadi un senso. «Se questo è un uomo», scriveràinfatti Levi «Voi che vivete sicurinelle vostre tiepide case, voi chetrovate tornando a sera il cibocaldo e visi amici. Consideratese questo è un uomo che lavoranel fango che non conosce paceche lotta per mezzo pane chemuore per un si o per un no.Considerate se questa è unadonna, senza capelli e senzanome senza più forza di ricorda-re vuoti gli occhi e freddo ilgrembo come una rana d’inver-no. Meditate che questo è stato:vi comando queste parole.Scolpitele nel vostro cuore stan-do in casa andando per via, cori-candovi, alzandovi. Ripetetele aivostri figli. O vi si sfaccia la casa,la malattia vi impedisca, i vostrinati torcano il viso da voi».Altro il sentimento che abitava ilcuore di Don Roberto Angeli.

Per tutti e due l’esperienza piùtraumatica tuttavia, per quantodisumana sembrasse la vita nelcampo di Fossoli, doveva ancoraarrivare. Ricorda Primo Levi: «Glisportelli erano stati chiusi subi-to, ma il treno non si mosse chea sera. Avevamo appreso consollievo la nostra destinazione.Auschwitz un nome privo disignificato, allora e per noi, madoveva pur corrispondere a unluogo su questa terra». Il campodi Auschwitz, uno dei più effi-cienti nel progetto di “soluzionefinale del problema ebraico”, eraancora un non-luogo per i dete-nuti che dovevano oltrepassarequel cancello su cui ironicamen-te stava scritto “il lavoro rendeliberi”.Don Roberto, diversamente daPrimo Levi, non fu indirizzatoverso Auschwitz ma aMauthausen «Continuavano daFossoli le partenze e gli arrivi. Eogni partenza di amici era unastretta al cuore (Dove andranno?Li ammazzeranno? Ci rivedremomai più?) ed ogni arrivo segnavaun flusso di notizie ansiosamen-te cercate (Che si dice fuori?Quando finirà la guerra? Credeteche i partigiani verranno a libe-rarci?) (…) Era il 1 agosto, comegià da Firenze, le ultime SS cheabbandonavano il campo, ci tra-scinarono dietro, caricati sucamion chiusi da sbarre, nel lorotrasferimento al campo diBolzano-Gries. (…) Dopo tregiorni – stivati in novanta dentroun carro bestiame sigillato - era-vamo di nuovo in viaggio: e que-sta volta verso il tanto temutocampo di eliminazione diMauthasusen».Diversa la destinazione dei dueprigionieri; diversa l’esperienzaumana nella stessa situazione dideportazione e annientamento.

Il cardinale

Joseph Beran

(al centro) con

don Angeli e

don Berselli.

Beran, primate

di

Cecoslovacchia,

fu compagno di

prigionia del

sacerdote livor-

nese. Nel 1965

Beran fu a

Livorno, qualche

mese prima si

era stabilito a

Roma dopo anni

di persecuzione

comunista.

(Archivio Centro

Studi Roberto

Angeli)

18 100 ANNI don ROBERTO ANGELI

Incontrare don Roberto Angelia tanti anni di distanza dallasua nascita significa confron-

tarsi con una grande figura diuomo e di cristiano. Un cristiano serio, non triste,capace di entusiasmo e di pas-sione, simpatico per la capacitàdi amicizia e prossimità, matu-rata in una tenace costruzioneinteriore.Significa anche considerare laricchezza di una eredità evan-gelica ricevuta dalle mani diuomini e donne che come lui,

quasi a dispetto della loro debo-lezza, sono stati capaci di custo-dirla in tempi e situazioni diffici-lissime, anche a costo della pro-pria vita. Fu Giovanni Paolo II, in prossimi-tà del Giubileo del 2000, arichiamare l’attenzione delmondo su “questa moltitudine dipersone che, nei secoli passati efino ad oggi, hanno sofferto per-secuzione, prigionia e spessoanche la morte nei lager e neitanti luoghi della barbarie nazi-fascista, perchè testimoni delvangelo e confessori della fede,o perchè esercitanti le virtù cri-stiane in situazioni di particolareostilità, di odio verso la fede”.

Nella Chiesa romana di SanBartolomeo all’Isola, oggimemoriale dei martiri del XXsecolo, nei locali che hannoospitato nel 2000 i lavori dellaCommissione Nuovi Martiri, ècustodita una copia di Vangelonei Lager, insieme a migliaia dilettere, appunti, testimonianzegiunte lì da tutte le parti delmondo, su richiesta di PapaWoityla, per documentare larealtà del martirio nella chiesacontemporanea: “queste testi-monianze – è scritto nella TertioMillennio Adveniente – perquanto è possibile non devonoandare perdute nella Chiesa …occorre che le Chiese locali fac-ciano di tutto per non lasciarneperire la memoria”.Il Papa pensava a qualcosa disimile al martirologio dei primisecoli. L’idea nasceva dalla suaesperienza personale, incrocia-tasi e salvatasi miracolosamen-te dalla persecuzione nazista

Nel martirio di Dachaul’aurora di un rinnovato cristianesimo

Il lager come esperienza di riscoperta di Dio. La vita di don Angeli e di tanti suoi compagni di prigionia dice in fondo che non dobbiamo aver paura di una vita impegnata con gli altri e impegnata con i poveri, impegnata ad amare

di Anna Ajello* Ottobre 1954.

Un’altra

immagine di don

Angeli nel suo

viaggio della

memoria a

Mauthausen.

(Archivio Centro

Studi Roberto

Angeli)

Vangelo nei Lager. Un prete nella

Resistenza, nell’edizione rieditata dalla

Diocesi di Livorno, col patrocinio della

Provincia di Livorno nel 2007

19100 ANNI don ROBERTO ANGELI

diando l’esperienza spirituale diuomini e donne santi comeNiccolò Stenone o ElisabettaSeaton: la presenza quasi fisicadi Dio accanto a lui e accanto aloro. Comprende anche il sensodella propria vita e della propriamissione di cristiano e di sacer-dote: invocare ed evocare lapresenza di Dio nei luoghi deldolore. Per questo vorrà che unacappellina, con il SantissimoSacramento, fosse sempre pre-sente nei posti ospiti delle sueopere di carità. “E’ stata per teun’esperienza di dolori – gli

scriverà ilv e s c o v oPiccioni alsuo ritornoa Livorno –che adanime piùd e l i c a t a -mente cri-stiane comela tua rendepiù sensibilee operosa la

carità, l’unica cosa di cui ilmondo ha bisogno e che si osti-na a respingere”.Nella piccola cappella di “NotreDame de Dachau” in mezzo aduna strana “comunità” di 1400sacerdoti di 14 diverse naziona-lità, o nelle sudice brande dell’“infermeria” dove vittima delladissenteria era stato gettato, edove riceve di nascosto alcuneparticole, Angeli comprende che“l’amicizia salva”, l’amicizia diDio e l’amicizia degli uomini.Uomini come il cardinale Berancui rimarrà affezionato per tuttala vita e per cui organizzerà aMontenero, molti anni dopo ilsuo ritorno dal lager, una liturgiaeucaristica con tutti i sacerdotiex-internati che aveva potuto

vivere il Vangelo nel propriotempo, su come custodire unospazio spirituale in un tempomaterialista, convinto che que-sto spazio, nel cuore e nella

società, rappresenti una fonte dilibertà, di resistenza alle forzedistruttive e disumane che agi-tano la storia, di cambiamento edi futuro.Nella piazza dell’appello diDachau, nel luogo in cui Dioveniva negato e in un momentodi profonda difficoltà fisica emorale, Angeli sente quello chepoi comprenderà meglio stu-

della Chiesa in Polonia; ma giàPaolo VI, che tanta parte avevaavuto durante la guerra nell’or-ganizzazione di una “resisten-za” morale e spirituale al nazifa-scismo oltre che dell’aiuto e delsoccorso ai perseguitati, allafine del conflitto pensava a ren-dere nota l’incredibile esperien-za di martirio che aveva soffertola Chiesa in Italia e in tante partidel mondo, sia tra i laici che tragli ecclesiastici. Rappresentavaun grande patrimonio umano espirituale che poteva dare forzaalle Chiese attraverso la memo-ria, un grande patrimonio evan-gelico raccolto nelle vite diuomini e donne come tutti.Don Angeli fu tra questi. Moltodella sua esperienza nei Lager èdescritta – come è noto – nel

libro che ne rievoca i tratti piùterribili e immediati, ma moltoaltro emerge dalla riflessioneche negli anni successiviaccompagnò la vita spirituale epastorale di questa straordinariafigura. Una lunga, dolorosa eincredibile rielaborazione del-l’esperienza concentrazionaria,che tanto aiuto offre a chi, anco-ra oggi, si interroga su come

A Dachau,

nel luogo in

cui Dio

veniva

negato, don

Angeli sente

la presenza

quasi fisica

di Dio

A sinistra, don

Giovanni Fortin,

compagno di

prigionia di don

Angeli.

Sotto a destra, il

libro Il secolo

del martirio di

Andrea Riccardi,

scritto sulla

scorta della

Tertio Millennio

Adveniente di

papa Giovanni

Paolo II in pre-

parazione al

grande Giubileo

del 2000.

A sinistra, una

illustrazione del

libro dell’Abbé

René Fraysse,

compagno

di prigionia di

don Angeli,

usate

dal sacerdote

nel Vangelo

nei lager.

rintracciare.Beran era chiamato “il sole diDachau”, per il sorriso che nonnegava a nessuno, per l’incredi-bile forza d’animo con cui ognisera cercava tutti e impediva,con una chiacchera o un gestodi conforto, che “le tenebre delladesolazione scendessero neicuori fiaccando le forze”. Angeli lavorava con lui nel“plantage”. Era chiamato cosìl’ampio “vivaio” dell’“Istitutosperimentale tedesco – S.p.A.”,una ditta privata di proprietà diHimmler e di cui Goebbels era ilprincipale azionista. Si trattavadi un vasto terreno paludoso, dipiù di 5 ettari, che a prezzo diestenuanti fatiche e di numero-

se vite umane, era stato primadissodato e poi bonificato per lacoltura di fiori e piante officinali,destinati alla produzione dimedicinali alternativi durante ilperiodo bellico. Alla “piantagio-ne” di Dachau lavoravano circa1300 persone durante i mesiprimaverili ed estivi, da 400 ad800 di inverno, soprattutto ebreied ecclesiastici, morendovi amigliaia per le terribili modalità

20 100 ANNI don ROBERTO ANGELI

e condizioni cui si era costretti.Angeli fu aggregato alla squadradi lavoro in cui lavoravano oltrea mons. Beran anche altri pretitra cui due che diventarono suoiamici e grazie ai quali sin dal-l’arrivo a Dachau davvero moltevolte scampò alla morte, donDalmasso e don Fortin.Colpisce infatti, nel sistemanazifascista di eliminazione del-l’altro, dagli Ebrei ai deboli e aivagabondi, a tutti i propri nemi-ci e oppositori, la rilevanza cheha la rottura delle relazioni,l’isolamento progressivo dellevittime, la ghettizzazione cherende più facile la diffamazioneprima e poi la distruzione fisicadell’altro, senza il pericolo che

alcuno vi opponga resistenza.Ecco perchè vivere l’amicizianel lager fu anche, per donAngeli e per molti altri, una scel-ta di “resistenza” all’annienta-mento dell’umanità, dei legamiordinati dal rispetto e dalladignità umana.Un tema antico quello dell’ami-cizia nella riflessione di donRoberto, forse anche per unanaturale inclinazione del carat-

tere, sin da giovane alla scuoladel vescovo Piccioni, un vesco-vo pastorale, simpatico e affet-tuoso, un padre e un amicocapace da sempre e anche alsuo ritorno dal lager, di rispon-dere al bisogno del suo cuore. Tema di riflessione per lui mae-stro e per i suoi giovanidell’Azione Cattolica, un’amici-zia cresciuta intorno ad unaesperienza vera, cementata davalori e ideali comuni, coraggio-si e forti, guascona e piena diardore giovanile. Tema di rifles-sione per tutta la vita e fino allamorte: “io non sono solo - disseormai in agonia a don RenatoRoberti – ho con me il Vangelo, imiei libri e i miei amici”. I librigià, i libri che molto amava per-chè in fondo erano anch’essi“amici”, strumenti per capirequalcosa di più del suo Dioattraverso l’esperienza di altri.Era questo per lui un utile eser-cizio di pietà e di umilità, unesercizio consigliatogli da mon-signor Bardi, con cui condivide-

Beran era

chiamato “il

sole di

Dachau” per

il sorriso

che non

negava a

nessuno.

Don Angeli

lavorò al

suo fianco

nel lager

Il cardinal Beran

e don Angeli a

Roma nel 1965.

(Archivio Centro

Studi Roberto

Angeli)

Sopra, padre

Giuseppe

Girotti. Il 28

marzo 2013

papa Francesco

ne ha autorizza-

to il decreto di

beatificazione.

21100 ANNI don ROBERTO ANGELI

Cauvin, consultandolo per il libroNacht und Nebel che stava scri-vendo, gliele fece vedere. Iltesto parte da Gv. 17,19-21 econtiene solo citazioni dellaBibbia e dei Padri, Ignazio diAntiochia, Ilario di Poitiers,Cirillo d’Alessandria, Cirillo diGerusalemme, Ireneo di Lione,che Girotti doveva ricordare amemoria non avendo evidente-mente disponibili i testi. La pre-dicazione di Girotti offriva trepunti di riflessione: realizzarel’unità è la preghiera del Signoredavanti alla drammaticità deitempi che l’umanità sta vivendo;una chiesa ferita, dilacerata,non può rispondere alle richie-ste di un mondo immerso nelletenebre del male; se la chiesa èuna occorre che la sua azionesia unitaria perché il mondocreda e, credendo, superi lamalvagità che soffre. Si conclu-deva con tre esortazioni: prega-re “per essere liberati, tra l’altro,da quella pericolosissima tenta-zione per cui avviene che quelliche hanno la verità, la verità nonla vivono, quelli che hanno laforma buona e lo spirito vivifi-

interrotte o appena cominciatenel suo convento di Torino: unostudio sul monachesimo orien-tale per il quale affermava diaver raccolto molto materiale,durante i suoi ultimi soggiorni inPalestina, dalla stessa letteratu-

ra copta;un’antologiasui passi piùbelli delTalmud, unmanuale bibli-co “del tuttonuovo ed origi-nale” perchébasato sui piùnuovi criteri esul metodo del-l’esegesi biblica;una vita di sanGiuseppe, di cuiGirotti comeLagrange eradevotissimo.

Una notte di gennaio, moltofredda, Girotti non poteva dor-mire, allora si alzò e scrisse uncommento al vangelo su settepiccole paginette che poi lesseai compagni: è una reliquia –disse Angeli, quando la prof.ssa

va un’indole allegra e socievole,l’amore per le relazioni e lacompagnia degli altri. Fu dallaSeaton che don Roberto appre-se invece un semplice strumen-to per coltivare le amicizie:usare piccoli biglietti, messaggiper esprimere la sua ansiosatenerezza o per fissare appunta-menti, per comunicare i suoistati d’animo o solo i suoi spo-stamenti o per seguire, amiche-volmente, gli spostamenti dellavita dei suoi amici.Un altro tratto di questa sor-prendente “resistenza” all’orro-re dei lager è il parlare di Dio, indue modi: la conversazione e lapredicazione; per l’una e l’altraa Dachau si approfitta dei pochimomenti di riposo, si fannoturni, si lotta contro il sonno e lastanchezza. Angeli ricorda ad esempio padreGirotti, un grandeteologo domenica-no che era statoallievo diLagrange, che erasolito sedere adun angolo dellungo tavolo chedivideva laStube 3 e laStube 4 dovestudiava e scri-veva suGeremia, conun pastoreluterano cheaveva con séuna Bibbia. Ilpastore era il prof. MaxLackamann, docente a Munster;gli altri compagni di studi biblicierano un prete cecoslovacco, talMerell e uno “scritturista deifratelli Moravi”.Con i compagni Girotti parlavaanche di altre opere lasciate

Agosto 1965, a

Montenero, i

sacerdoti depor-

tati a Dachau

posano con il

cardinal Beran

dopo la concele-

brazione al

Santuario. Da

sinistra: don

Aldrighetti, don

Crovetti, don

Vismara, don

Dalmasso,

padre Agosti,

don Bartolai,

Card. Beran,

don Angeli,

mons.

Manziana, don

Fortin, don

Berselli, don

Neviani.

(Archivio Centro

Studi Angeli)

A sinistra, l’opu-

scolo La parola

del Papa diffuso

da don Angeli in

periodo

clandestino.

La meditazione

sui testi pontifici

alimentò tutto il

percorso intellet-

tuale e spirituale

del sacerdote.

cante nella loro vita riescono discandalo a quelli che sono difuori”; poi testimoniare la fedenella croce di Gesù Cristo attra-verso gesti di unità con chi ha lanostra stessa fede ma è da noiseparato; infine lo studio dellateologia e della storia dellachiesa. E poi una citazione diIlario di Poitiers: “Con la pre-ghiera dunque, con una vitasantamente vissuta, con lo stu-dio della verità si compia ilnostro terreno pellegrinaggiosacerdotale”.Angeli ascoltava e annotavanella sua mente, trattenendonel cuore le parole di padreGirotti, già malato e dopo pocoucciso con una iniezione di ben-zina, tanto che una eco di quel-le parole si trova nell’introduzio-ne a Violenza e coscienza. WilliGraf e la Rosa Bianca, Angeli da’ragione di un ecumenismo natonel lager: “nei gruppi di resi-stenza, nelle carceri e nei campidi sterminio, migliaia di uominidi fede di diverse confessionicristiane impararono a cono-scersi, a stimarsi, ad aiutarsicome fratelli, a sacrificarsi gliuni per gli altri, a pregare insie-me, a morire insieme. In molti loabbiamo sperimentato (...)anch’io (…) amavamo ugual-mente Cristo e per esserglifedeli, in suo nome, avevamoaffrontato il nazismo e ora insie-me univamo alle Sue le nostresofferenze (…) imparammo ascoprire l’essenziale che ciuniva e la fragilità delle barriereche ci avevano diviso (…) lalotta comune e la comune soffe-renza di tanti cristiani sono dun-que senza dubbio all’origine diquella splendida fioritura del-l’ecumenismo registrata dallanostra epoca che, sia pure tra

22 100 ANNI don ROBERTO ANGELI

resistenze e stanchezze, apparecome un segno dei tempi e pre-annuncia l’aurora di un rinnova-to cristianesimo”.Si sente una grande esperienzaumana e spirituale die-tro queste

parole. Eccoperché, a tanti anni di

distanza, celebrare questamemoria è come ricevere unaeredità: c’è molto ancora che sipuò ascoltare in don RobertoAngeli, qualcosa di nuovo e diantico, che si può estrarre dalloscrigno di un Vangelo vissuto

nella storia.E allora ci si può chiedere cosavoglia dire accogliere questaeredità? Nell’esperienza diSant’Egidio, dei miei amici edelle mie amiche dellaComunità, non vuol dire farecose eccezionali. Non vuol diresottoporsi a gravi rischi o faregesti eroici. Ma vuol dire prova-re a vivere il Vangelo come unaparola che ha davvero molto dadire e da indicare, come unorientamento per chi sognaancora di cambiare il mondo.Vuol dire non rassegnarsi almale, alla violenza, alla guer-ra. Vuol dire cercare di nonessere complici, attori espettatori del tanto maleche inquina l’aria del

nostro mondo. Vuol dire esse-re amici di tutti e particolarmen-te essere amici dei poveri. La vita di don Angeli e di tantisuoi compagni di prigionia dicein fondo proprio questo: nondobbiamo aver paura di una vitaimpegnata con gli altri e impe-gnata con i poveri, impegnataad amare. Dobbiamo temereuna vita senza amore, che non

Agosto 1965.

Nel suo soggior-

no a Livorno il

cardinal Beran

ebbe modo di

visitare anche le

opere del Cla.

(Archivio Centro

Studi Roberto

Angeli)

Il libro Violenza

e coscienza.

Willi Graf e la

Rosa Bianca.

Don Angeli firmò

l’introduzione,

da molti

considerata una

sorta di suo

testamento

spirituale

23100 ANNI don ROBERTO ANGELI

idee, imparavano a vedere le cosa dapunti di vista inusitati e pur validi.Si esercitavano a cogliere il vero cheè in ogni dottrina e il buono che è inogni uomo; imparavano a distinguereil molto che è caduco, contingente,variabile, sostituibile, da ciò che inve-ce è eterno ed essenziale.Vivendo e soffrendo insieme si arri-schiavano a vicenda comunicandosiesperienze, metodi, nozioni e senti-menti i più disparati. E quasi insensi-bilmente cresceva nel loro cuore, finoa diventare bruciante, il bisogno diuna più profonda comprensione - sulpiano umano come su quello religio-so - l’anelito alla unione...In quel gruppetto di sacerdoti chestavano in tal modo conversandodopo la Messa a Montenero, c’eraanche Mons. Manziana.Annuiva, e poi prese la parola.Portava la sua testimonianza qualifi-cata essendo vescovo e quindi Padre

Conciliare.Diceva che più volte, durante le sedu-te del Concilio Vaticano II, si era com-mosso sentendo ripetere le idee, leproposte, i progetti e soprattutto legrandi speranze di cui parlavano ipreti di Dachau, e che là – nel comu-ne stato di «nudità» e di dolore –erano nate ed erano cominciate agermogliare:- Talvolta, diceva il Vescovo, le hosentite ripetere al concilio quasi conle stesse parole o addirittura dallestesse persone, perché non pochi diquei preti destinati alla morte sonoora vescovi o esperti conciliari…Forse – continuava il Vescovo – dovròproprio scrivere qualcosa sul tema:Dachau e il Concilio Vaticano II.Dachau fu dunque davvero una pre-parazione, una anticipazione, un pre-ludio?Roberto Angeli

Hitler li aveva fatti chiudere là,rastrellandoli da tutti i campi di

sterminio, per impedire che influisse-ro sui detenuti, perché in quei lagernon doveva esistere alcuna sorgentedi speranza o di serena fortezza o difede. Perciò li avevano voluti ancorpiù isolare (...).In questo modo - sussurravano queisacerdoti dopo la Messa - il nazismoaveva, senza accorgersene, dato vitaad una specie di Concilio ecumenico,riunendo insieme sacerdoti di tutte lelingue, di tutte le mentalità, di tutte leconfessioni cristiane.Era stata una anticipazione? unmisterioso “suggerimento” dellaProvvidenza?Quelli di Dachau erano sacerdoti allostato “puro”: senza poteri, né orpelli,né privilegi, né onori umani, ridotti avivere - anzi a morire lentamente,come i più disgraziati e miserabili tratutti gli uomini della terra, rosi dallafame e dal freddo, torturati dai pidoc-chi e dalla paura, mal coperti distracci puzzolenti, senza più nessunadignità oltre quella - soprannaturale einvisibile - del loro sacerdozio.Ma pregavano insieme ed ammini-stravano i sacramenti rischiando latortura; e si amalgamavano senzaalcuna distinzione con tutti gli altriesseri umani, lavorando e penandocome loro e peggio di loro; ed eserci-tavano la carità sopportandosi e aiu-tandosi; e si scambiavano opinioni esentimenti; e riuscivano, infine,anche a svolgere segretamente uncorso di conversazioni ecumeniche...Vedevano le cose con occhi e cuorenuovi, scoprivano orizzonti mai visti.Coglievano la nuda essenza e la veri-tà delle cose - le cose della vita edella fede - così come avviene, forse,davanti alla morte.Mescolavano esperienze e mentalità,confrontavano i loro metodi e le loro

si lascia amare e che non saamare, che per salvare se stes-sa elimina gli altri. Dobbiamotemere un cuore vuoto, rivolto alniente che vive e rende tutto gri-gio e triste. Si potrebbe dire che tutto que-sto è un po’ irenico e comunquesia qualcosa di personale; forseinvece è una risposta a un invitodi don Roberto, il quale unavolta ebbe a dire a proposito delsuccesso incontrato dal suolibro: «In verità io spero soltantoche questo libretto aiuti ancora igiovani che lo avranno in manoa uscire dal loro particolare e adaprirsi ai problemi sempre nuovie spesso drammatici dellasocietà. A meditare su valoriprofondi della loro vita, in rela-zione all’epoca storica e allesituazioni concrete in cui si tro-vano e di cui presto sarannoprotagonisti. A considerarecome da una impostazione erra-ta o anche solo da un atteggia-mento di indifferenza e diassenteismo possono derivarecatastrofi inenarrabili. La libertà,la giustizia, la pace esigono unimpegno continuo, un sacrificioda cui nessuna generazione puòessere esentata. Essi sono valo-ri che vanno difesi e realizzati informe sempre nuove e più con-crete. La Resistenza, nel suoaspetto più alto, quello positivo,più difficile, di lotta per lacostruzione di un mondo miglio-re, più libero e più giusto non èe non sarà mai conclusa. Questoè il messaggio che color chesono morti e coloro che sonosuperstiti rivolgono alle nuovegenerazioni».

*Responsabile Comunità S. Egidiodi Livorno

Dachau, un preludio?

Montenero, agosto 1965. DonAngeli e il cardinale Beran

concelebrano una messa con isacerdoti superstiti dal lager.Pubblichiamo la suggestiva

riflessione di don Angeli:Dachau, anticipazione del

Concilio Vaticano II?

27 agosto 1965,

i 12 sacerdoti ex

deportati a

Dachau si avvia-

no a concelebra-

re la Messa al

santuario.

(Archivio Centro

Studi Roberto

Angeli)

Il testo di don

Angeli è tratto

da Il Ponte,

notiziario

bimestrale del

Comitato

Livornese

Assistenza,

anno 5, n. 3,

settembre 1965.

24 100 ANNI don ROBERTO ANGELI

Il Comitato LivorneseAssistenza nasce nel settem-bre del 1948 come organismo

laico e privato di assistenzapubblica e di organizzazionecivile1 con il precipuo scopo dicontenere compiutamente esistematicamente la situazionedi emergenza in cui si trova lapopolazione della provincia diLivorno nel periodo dellaRicostruzione.Nasce con la disponibilità dialcuni amici che decidono diunire le forze per potenziare

attività di solidarietà sul territo-rio provinciale e per porre alservizio dell’infanzia livornese, enon solo, la loro esperienzaorganizzativa, le competenzeindividuali ed il patrimonio dellevarie associazioni cristiane chea vario titolo frequentano, cono-scono o dirigono. Questo è l’attodi nascita del CLA, “quasi” orga-no caritativo del CIF, della PCAdelle ACLI, della ACI, nato pertogliere i ragazzi dalla strada,combatterne la denutrizione e lemalattie, porre in loro i germi diuna educazione integrale e darenuova consistenza al tessutosociale livornese tra povertà,analfabetismo, disorientamento

post-bellico.Il CLA nasce dalla sensibilità delcuore sacerdotale di donRoberto Angeli, torchiato dai filispinati della prigionia subita aMauthausen, Gusen e Dachau,in un tempo evidentemente disofferenze, di fame, di aberra-zione morale, d’inesistente pro-tezione sociale. Egli ne assumela Presidenza fin dal primomomento e ne sarà anima,guida, infaticabile animatore efautore di ogni iniziativa fino algiorno della sua morte (26 mag-gio 1978). Per don Roberto il primato evan-gelico è credere nell’uomo, ècorrere con audacia ed ingegnoin soccorso di tutti quei livorne-si che con la guerra, perdutotutto, hanno bussato alla suaporta, in cerca sì di beni mate-riali ma anche di affetto e difiducia per ricominciare a viverein un tempo di pace.Asili per bambini dai 3 ai 6 anni,

Opere sociali

Il Comitato Livornese Assistenzaper la ricostruzione di Livorno

Il CLA nasce nel settembre 1948 da un’intuizione di don Angeli, comeorganismo laico e privato di assistenza pubblica e di organizzazione civile. Fu un tassello importante nell’opera di ricostruzione della provincia,arrivando ad assistere in 15 anni circa 100mila persone

Le

di Valeria Cresti* Don Angeli in

mezzo

ai bambini ospiti

delle colonie

del Cla

nell’immediato

dopoguerra.

(Archivio Centro

Studi Roberto

Angeli)

25100 ANNI don ROBERTO ANGELI

doposcuola per bambini dai 6 ai12 anni, ricreatori per ragazzidai 12 ai 16 anni, laboratori perragazze dai 12 ai 20 anni, pre-ventorio antitubercolare perminorenni, scuola tipograficaper la qualificazione professio-nale dei giovani, assistenzasociale per le famiglie bisogno-se e colonie estive per bambinidai 6 ai 12 anni, una Casa deiRagazzi, casa-famiglia ante lit-teram. Tipologie di assistenza esupporto sociale che negli annisono state costantemente ade-guate a necessità sempre mute-voli e che tanto hanno influitosulla realtà sociale livornese dalprimo dopoguerra alla fine deglianni ’70. Sono certamente un atto diamore nei confronti dell’uomo, afavore della sua dignità per unapresa di coscienza sempre piùconsapevole dei propri diritti,dei propri doveri e dei talentispirituali da vivere nella societàcivile.L’Ente si è costantemente ado-perato a dare una risposta allenecessità man mano emergentinel corso del tempo, cercando diandare incontro al maggiornumero di persone possibile.Così le varie iniziative sono sortee cadute col passare degli anni,

col sorgere e il cadere dei biso-gni sempre attentamente stu-diati e vagliati di volta in volta.Grazie a questa strategia attua-tiva, il CLA ha spesso potuto col-mare i vuoti che la società civilepresentava ed ha potuto offriresoluzioni a problemi urgenti cre-ando servizi specifici e benorganizzati, con congruo antici-po rispetto ad altre istituzioni omovimenti.Muovendo da una ispirazionecristiana, l’Ente ha operato nellasocietà civile con uno strumentofondamentalmente religioso, manon ecclesiastico; del CLA,infatti, hanno sempre fatto partesacerdoti e laici, uomini edonne, radunati in associazionecivile ed accomunati da unospiccato senso civico e da unvivo senso della Chiesa piena-mente inserito nello spirito dellacomunità cristiana come testi-moniano i fraterni rapporti conla Diocesi e i Vescovi che neltempo si sono succeduti nellaguida pastorale.Il CLA è stato il primo entemorale in Italia riconosciutocome persona giuridica privataa norma dell’articolo 12 delCodice Civile, eretto con decretodel Presidente della Repubblicadel 3 aprile 1961, il cui Statuto è

stato approvato con la pubblica-zione sulla Gazzetta Ufficiale n.129 del 26 maggio. Nonostante lo scopo assisten-ziale dell’ente, esso non è sog-getto alla vigilanza tutoria degliorgani statali e neppure è giuri-dicamente sottoposto all’autori-tà ecclesiastica. Chi ne fa parteassume la responsabilità el’onere di reggere questaAssociazione in libertà dicoscienza, per il bene dei fratel-li, nell’ambito - naturalmente -delle leggi, dello statuto e dellafedeltà ai propri ideali religiosi:ciò significa, in concreto, fedeltàalla Chiesa ed al Vescovo che larappresenta.A distanza di oltre settanta annidalla sua fondazione, il ComitatoLivornese Assistenza è ancorapresente nella realtà socialelivornese e presta la sua operadi assistenza, in parte a titolovolontario, nei confronti deglianziani, ospitando nella struttu-ra del Pensionato persone soleche, altrimenti, avrebberopochissime possibilità di rela-zioni sociali interpersonali.Garantisce loro una adeguataassistenza religiosa, morale esanitaria in un clima accoglientee familiare. A livello culturale,promuove attraverso il CentroStudi Roberto Angeli una plurali-tà di eventi volti alla valorizza-zione della figura e dell’ operadel suo fondatore.

*Membro del Consiglio Direttivodel C.L.A.

NOTE

1 Lo Stato offre i mezzi materiali sotto-forma di contributi e sussidi; il laicatocattolico mette a disposizione braccia,menti e cuori di centinaia di collabora-tori che, in varie forme, contribuisconoa quella che risulterà essere una gran-diosa opera di elevazione morale emateriale della gioventù livornese.

Novembre 1951.

Il soccorso agli

alluvionati del

Polesine vide pro-

tagonista tutto

l’associazionismo

laico e cattolico

livornese.

Anche il CLA

recitò un ruolo

importante.

(Archivio Centro

Studi Roberto

Angeli)

Muovendo

da una

ispirazione

cristiana, il

Cla ha

operato

nella società

civile con

uno

strumento

religioso,

ma non

ecclesiastico

26 100 ANNI don ROBERTO ANGELI

Cosa unisce il nome di DonAngeli al nuovo corso dellarete che oggi comunemente

viene chiamato 2.0? In realtàsembrerebbero due mondi cosìdistanti e così divergenti l’unodall’altro tanto da essere ovvia-mente incompatibili. Eppure abene vedere anche la figura diDon Angeli può essere letta,vista, analizzata alla luce deinuovi media e delle nuove tec-nologie. Parlare di Don Angeli

alle nuove generazioni, alla “netgeneration” o ai “nativi digitali”,come vogliamo definire i ragazzicresciuti a videogiochi e smar-tphone, è possibile, anzi auspi-cabile. Partiamo dal presuppostoche i nativi digitali passano inetà scolare, circa 15000 oredavanti a televisione, computer,cellulare, contro le 11000 dedi-cate allo studio e alla lettura. Nerisulta che il loro modo diapprendere, di memorizzare, di“vibrare”, passa spesso attra-verso uno schermo, che sia perun film, che sia per un videogio-co, che sia per una bella imma-

gine magari accompagnata dauna bella musica. Perchè dun-que non utilizzare questi stessistrumenti, nuovi, digitali e perquesto all’apparenza freddi, perscaldare il loro cuore su unafigura così vibrante e così fortecome quella di Don Angeli? Nellamia esperienza di questi annilavorare con le nuove generazio-ni ha significato usare una nuovalingua che loro ben conoscono,quella dei social network, quelladelle immagini, dei video e deisuoni, i canali attraverso i qualilo si voglia o no passa gran partedell’educazione informale deiragazzi. E non solo... Gli stru-menti che oggi i ragazzi hanno adisposizione permettono loro diessere attori e non solo spettato-ri del processo di educazione-formazione, per cui il messaggioviene da essi visto, letto, ascol-tato e poi ricompreso e rielabo-rato in un nuovo prodotto, il loro

Futuro

Don Angeli 2.0un testimone per la “net generation”

Parlare di questa figura alle nuove generazioni, ai “nativi digitali”, i ragazzi cresciuti a videogiochi e smartphone, è possibile, anzi auspicabile.Educazione e storia nel tempo dei social network

IL

di Luca Paolini* Il blog “Religione

2.0” di Luca

Paolini, ha

sempre avuto

un‘attenzione

particolare alla

figura di don

Angeli.

27100 ANNI don ROBERTO ANGELI

dentro da comunicare agli altri,lo sanno bene i fotografi profes-sionisti, ma anche i ragazzisanno tirare fuori dai loro smar-tphone immagini che fannoriflettere. Anche durante l’ultimoviaggio a Fossoli, organizzatodall’Ufficio Scuola della diocesidi Livorno e dal “Centro studidon Angeli” in occasione delcentenario della nascita di donAngeli, gli alunni della scuola“Borsi” hanno colto momenti esituazioni di quel percorso dellamemoria e alcuni di loro sonostati premiati con i loro prodotti,semplici ma significativi. In que-sto senso c’è ancora molto dafare e da esplorare e forse valela pena soffermarsi e dare qual-che suggerimento a docenti ed

educatori nel caso volesserocondurre i propri alunni su que-sto terreno nuovo e per certiversi inesplorato. A cominciaredalla realizzazione di una paginadi Wikipedia o Cathopedia, anco-ra appena abbozzate, che rac-colga la storia e il lavoro di donRoberto Angeli. Come ben sap-piamo chiunque può scrivere su

gna mai perdere di vista l’effica-cia della propria azione educati-va quando si utilizzano le nuovetecnologie, anche l’impiego delleimmagini, delle foto, può aiutare

a cogliere momentiimportanti e signifi-cativi, a trattenerlicon se e all’occor-renza a condivi-derli con altri. Loabbiamo visto indiverse occasio-ni, la primanella posa delle

“Pietre d’inciampo”,evento realizzato dalla Comunitàdi S. Egidio a Livorno, sui luoghidelle ultime residenze conosciu-te dei deportati nei campi diconcentramento mai più ritorna-

ti a casa. In quella occasionealcuni ragazzi hanno catturatocon i loro cellulari i momenti piùsignificativi della manifestazio-ne, la posa delle pietre, le rosedeposte, i simboli della religioneebraica, e poi li hanno condivisiin rete con un semplice “click”.Anche per realizzare delle bellefoto bisogna avere qualcosa

questa volta, che contiene nonsolo il messaggio originaleappunto ma anche tutta la lorosensibilità, percezione della real-tà, del loro mondo interioreinsomma. E’ il caso del primovideo che abbiamorealizzato per laintitolazione dellascuola ex Colombodi Livorno, a DonRoberto Angeli. Inquella occasione èstato lanciato un con-corso, vinto da unaragazza di 13 anni cheha realizzato un videoimmaginandosi di essere una diquei deportati che insieme a DonAngeli furono portati via dalleloro case e condotti nei campi dismistamento e poi di sterminio.Un video così toccante, che gra-zie anche alla scelta di musicheadatte alle immagini ha merita-to il primo premio. I ragazzi selasciati liberi di creare, possonotirare fuori dal loro mondo inte-riore cose straordinarie, e que-sto l’autorialità delle nuove tec-nologie lo amplifica a dismisura.Lo stesso discorso si è verifica-to in occasione di un nuovoevento legato a don Angeli, laposa di una formella a lui dedi-cata sempre nella scuola a luiintitolata. Anche in questo caso iragazzi sono stati coinvolti acreare un video in cui loro stes-si ponevano a don Angeli delledomande e lui, interpretato daun ragazzo della scuola, rispon-deva con i suoi scritti e le sueparole quelle vere. Il video èancora oggi visibile sul sito delComune di Livorno che lo hascelto come trailer della“Giornata della Memoria”. Moltopiù semplicemente ma sempreefficacemente, perchè non biso-

Il video

realizzato

dall'Istituto

Comprensivo

“Don Angeli” -

Scuola

Secondaria di I

grado

“Michelangelo”

è pubblicato e

visibile sul sito

del Comune di

Livorno ed è

stato usato

come trailer

della “Giornata

della Memoria”.

queste enciclopedie collaborati-ve allora perchè non fare unlavoro di ricerca seria e appro-fondita sulla figura di don Angelie poi metterla in rete? E ancorasi possono utilizzare gli stru-menti di mappatura per creareuna mappa della città con tutti iluoghi che a Livorno parlano didon Angeli, corredando ogni sin-golo punto con testi, immaginiattuali e d’epoca, che descrivanoil lavoro che don Angeli facevaanche in campo assistenziale.Sarebbe interessante poi creareun profilo Pinterest, dedicato adon Angeli con tutte le foto cheabbiamo a disposizione correda-te da didascalia, in modo daoffrire a tutti un percorso di let-tura della sua vita e del suomessaggio, così come anchecristallizzare i suoi testi, i suoiscritti, in tanti piccoli innumere-voli twitt, che come sappiamosono piccoli messaggi al massi-mo di 140 caratteri. Per i più pic-coli si potrebbero utilizzare inve-ce gli strumenti della rete perrealizzare dei brevi fumetti ani-mati che ripercorrano a grandilinee la figura di don Angeli. Lamia convinzione frutto di anni dilavoro in questo campo, è che ilmessaggio arriva, che i ragazzisi coinvolgono, che il loro cuorepuò ancora vibrare anche seattraverso uno dei media checircondano la loro esistenza.Spesso siamo noi adulti a teme-re che questi strumenti possanoallontanare il senso delle cose,perché siamo cresciuti in unaltro tempo e mi si permetta didire in un altro mondo, che perònon è il loro, e forse solo l’unio-ne e la riappacificazione di que-sti due mondi può portare buonifrutti per il futuro.

*Docente di Media 2.0 Istituto diScienze Religiose “Beato NiccolòStenone” di Pisa

28 100 ANNI don ROBERTO ANGELI

Perché va usato il verbo“fare”? Perché la storia maanche la memoria, sia quel-

la individuale che quella colletti-va sono costruzioni. Sonointrecci che vengono fatti, nelsenso concreto del termine. Chenel farsi, vanno condivisi, vannointrecciati attraverso narrazioniche sono sia legate al singoloindividuo, sia legate ai gruppinei quali questo individuo, insie-me a tutti gli altri, si colloca.Sono cioè sia la storia che lamemoria costruzioni in parte deisingoli e in parte delle collettivi-tà. In questi tempi, nei quali citroviamo a vivere, tutto intorno anoi ci conduce verso una forza-ta smemoratezza. Le cerimoniepubbliche con i loro “discorsi”istituzionali si sono logorate, lenostre esistenze private si con-sumano all’interno di quadri di

riferimento dove alcune parolepaiono aver perso sia senso siadensità. Penso alla parola: anti-fascismo o alla parola impegno,che sono praticamente scom-parse dai nostri dialoghi, eancora di più la parola politica,che negli ultimi anni è stata sot-toposta a un vero e proprio lin-ciaggio mediatico che, anche sein gran parte giustificabile, portasolo ad una deriva populista equalunquista molto pericolosa.Allora come inserirsi dentroquesta situazione, dentro untempo che rispetto alle nostreradici democratiche e culturali èarrivato al 70° dalla data spar-tiacque della nostra storianazionale, quel lontano 8 set-tembre 1943? Proprio agendodentro questo contesto conazioni concrete, con collabora-zioni sempre più estese masempre motivate e scientifica-mente valide, è possibile pren-dere e sostenere iniziative ric-che di senso. Agendo conpazienza, tessendo esperienza,costruendo discussioni condivi-se dando la giusta rilevanza alleparole e soprattutto facendoquesto non da soli ma in buonacompagnia.E con il Centro studi Don Angeli,l’Istituto storico della Resistenzae della società contemporaneadi Livorno, ha stabilito già da

Fare storia

Fare memoria

di Catia Sonetti*

29100 ANNI don ROBERTO ANGELI

più deboli, dei sottomessi, maanche degli ingannati dal regi-me. Una scelta vissuta con ade-sione fino alla deportazione neicampi di concentramento. Unascelta mai venuta meno anchedopo il ritorno dai campi in unarealtà come quella livornesecontraddittoria e complessaoltre che profondamente feritadalla guerra passata, e feritanon solo a livello materiale maanche a livello morale. Una figura quella del sacerdoteeminentemente “politica” per isuoi legami stretti con Roma,con il Vaticano ma anche per lasua scelta a favore dellaDemocrazia Cristiana e lo scio-glimento dell’esperienza dei cri-stiano sociali. Una figura quindiricca, vera nella sua complessi-tà, sulla quale sarà possibilecostruire un dialogo franco elaico che ci arricchisca tutti.

*Direttore Istituto Storico dellaResistenza e della SocietàContemporanea nella Provincia diLivorno

Costituzione e quanto tutto ciòabbia valore e agisca dentroquesto loro e nostro mondo.Occorre però pensare sempre dipiù, perché si fa sempre piùurgente, un intervento di alfabe-tizzazione e rialfabetizzazione

degli adulti che permolti aspetti si tro-vano non solosenza memoriastorica e senzabasi certe di inter-pretazioni storio-grafiche ma, ed èpeggio, spessosono convintidella bontà divulgate deteriori

e fuorvianti, semplificatorie ecorrive.In questa dimensione la figura didon Angeli ci offre numerosegriglie interpretative, quella delclero impegnato contro il fasci-smo e militante fino a fare unascelta partigiana nel senso pro-fondo e alto del termine, cioèuna scelta di parte, la parte dei

alcuni anni una collaborazioneproficua. E’ una collaborazioneche si è strutturata sulla figuradi Don Angeli, sacerdote e anti-fascista di grande rilievo nelpanorama nazionale. Insiemeabbiamo costruito occasioni diconfronto per intrecciare sguar-di differenti su questa figuracapace di produrre confronti cri-tici e ricchi di ipotesi di sviluppo.Tutto questo è stato fatto perchésiamo fermamente convinti chesia necessario agire nel presen-te in cui viviamo sempre con glialtri, mantenendo ciascuno leproprie specificità di interpreta-zione e di intervento ma anchecon la consapevolezza che solocosì facendo, il nostro operatoacquisisca senso.Sono iniziative che vengonopensate con un occhio rivoltonon solo agli addetti ai lavori,agli studiosi cioè, ma anche allescuole e al mondo dei giovaniperché in ultima analisi sonoproprio loro il nostro pubblicopreferito. E lo sono non solo per-ché il futuro è nelle loromani ma ancheperché di tuttele generazioniche si trovano avivere in questitempi, loro sonoquelli che hannopiù di tutti gli altriil diritto di nonsapere. Sonospesso stati cre-sciuti nella smemoratezza piùassoluta, obbligati ad unadimensione spaziale schiacciatasul presente e spesso solo sulloschermo piatto di un computer.Sta a noi raccontare loro cosaera questo paese sotto il fasci-smo, cosa è stata la Resistenza,cosa ha significato la nascitadella Repubblica e della

26 maggio 2008,

premiazione del

concorso “Don

Angeli: un testi-

mone per l’oggi”

nella sala

consiliare della

Provincia, nel

30esimo anni-

versario della

scomparsa del

sacerdote. Una

delle molteplici

iniziative

organizzate in

questi anni dal

Centro Studi

Roberto Angeli

con la collabora-

zione di Istoreco

e Provincia di

Livorno.

(Archivio

Istoreco)

A sinistra, il

depliant delle

iniziative

organizzate

dall’Istoreco

insieme ad altre

istituzioni

cittadine per il

70° anniversario

della

Liberazione.

Don Roberto Angeli

Nessunosu quei treni sapeva dove andavalo capivano forse dall’odoreche stavano andando in paradisoe un cancello creava il biviofra morte e vita. I cuochi di uomininon si fermavano mai: da quei camini uscivanosempre fumi e anime. Un preteper scherzo del destinochiamato Angeliscampò ai forniper narrare la sua storiala storia di un uomo che guardavai fumi dipingere il cielo.

Lorenza Menga Scuola Media Statale “G.Bartolena”Concorso di poesia per il Trentennaledella morte “Don Roberto Angeli (1913-1978), un prete livornese nellaResistenza”, 26 maggio 2008

Preghiere

Nella polverosa e assolata città,già ferita e spezzata dalla guerracontro la folle ideologiacombattemmo con proibite cartee fredde armi tinte di speranza.

Fui catturato sull’ombroso colledove ogni distruzione rimbombavaal passaggio dei grandi bombardieri,ricordo le botte prese a Firenzee i promessi compensi al mio tradirearginati dal mio animo forte

ricordo gli orrori di Mauthausene le nostre preghiere clandestinesussurrate alla gelida luna di Dachau,dopo agonizzanti giorni di schiavitù

ricordo poi il grido di un Campo Libero“Due doveri ed un principio:Amicizia, Fratellanza e non Politica”E le preghiere di una Città unita,dopo i grandi dolori della folle guerra.

Gabriele BacciLiceo Scientifico CecioniSettima edizione del Premio di Poesia“Giancarlo Bolognesi” 2013

1913-2013

Pubblicazione a cura del Centro Studi Roberto Angeli

Stamperia Provincia di Livorno - settembre 2013