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Novità su compensi 2019 per i Revisori di Enti Locali Delibera Corte dei conti Sezione Autonomie n. 14 Legge “Concretezzale principali novità di interesse per gli Enti Locali Trasmissione telematica dei corrispettivi fornite indicazioni ai soggetti interessati per gestire i primi mesi di vigenza del nuovo obbligo Revisorenews Centro Studi Enti Locali Rivista mensile di approfondimento per i Revisori degli Enti Locali e delle Società ed Aziende partecipate ISSN 2532-2583 Supplemento ad Entilocalinews n. 28 del 15 luglio 2019 NUMERO 07 Anno XVII 15 luglio 2019

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Novità su compensi 2019 per i Revisori di Enti LocaliDelibera Corte dei conti Sezione Autonomie n. 14

Legge “Concretezza”le principali novità di interesse per gli Enti Locali

Trasmissione telematica dei corrispettivifornite indicazioni ai soggetti interessati per gestire i primi mesi di vigenza del nuovo obbligo

RevisorenewsCentro Studi Enti LocaliRivista mensile di approfondimento per i Revisori degli Enti Locali e delle Società ed Aziende partecipate

ISSN

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Supplemento ad Entilocalinews n. 28 del 15 luglio 2019

NUMERO

07Anno XVII

15 luglio 2019

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SOMMARIORevisorenewsCentro Studi Enti Locali

Revisorenews Centro Studi Enti LocaliRivista mensile di approfondimento per i Revisori degli Enti Locali e delle Società ed Aziende partecipate

COLLABORANO ALLA RIVISTA:Avv. Stefano Ciulli, Avvocato, consulente di Enti Locali e Docente in corsi di formazioneDott. Riccardo Compagnino, Dottore commercialista e Revisore contabile, Esperto di finanza pubblica localeProf. Ciro D’Aries, Dottore Commercialista, Docente e PubblicistaDott. Claudio Galtieri, Magistrato della Corte dei contiDott.ssa Anna Guiducci, Dirigente Servizi Finanziari Comune di ArezzoDott. Pantaleo Isceri, Dirigente Servizi Finanziari Provincia di Lecce, Componente Commissione Finanza Locale dell’Anci, Consulente AncirispondeDott. Gianfranco Ponis, Direttore del Servizio finanza, contabilità e bilanci di un Consorzio di Enti Locali - Editorialista Pubblicista - Revisore LegaleDott. Stefano Quarchioni, Dottore commercialista, Revisore dei Conti, Consulente di Enti PubbliciDott. Fabio Sciuto, Delegato Regione Sicilia Centro Studi Enti Locali

COMITATO DI REDAZIONE:Enrico Ciullo, Calogero Di Liberto, Luca Eller Vainicher, Luciano Fazzi, Federica Giglioli, Alessandro Maestrelli, Alessio Malucchi, Gabriele Nardi, Stefano Paoli, Veronica Potenza, Alessia Rinaldi, Alessio Tavanti, Nicola Tonveronachi, Giuseppe Vanni e Francesco VegniSegreteria di redazione: Francesca CombattiResponsabile: Fabrizio Mandorlini

Editore e proprietario: Centro Studi Enti Locali S.p.a.Via della Costituente, 15 - 56024 San Miniato (PI)Tel. 0571/469222 - 0571/469230 - Fax 0571/469237E-Mail: [email protected] internet: www.entilocali-online.it

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Supplemento ad Entilocalinews, settimanale registrato in data 18 dicembre 2001 al n. 24/01 del Registro della stampa presso il Tribunale di Pisa, iscritto al n. 8581 del Registro degli operatori di comunicazione di cui alla Legge n. 249/97, iscritto all’Unione Stampa Periodici Italiani

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INDICE DEGLI ARGOMENTIWHAT’S NEXT? I PROSSIMI ADEMPIMENTIA fine luglio la presentazione del Dup al Consiglioverifiche di coerenza interna ed esterna, approfondendo i piani inseriti e le correlazioni con le Linee di programma del mandato politicodi Gianfranco Ponis ...................................................................... pag 04

NOTIZIARIO DI SETTORENovità su compensi 2019 per i Revisori di Enti LocaliDelibera Corte dei conti Sezione Autonomie n. 14di Giuseppe Vanni e Nicola Tonveronachi ..................................... pag 08

NOTIZIARIOLegge “Concretezza”le principali novità di interesse per gli Enti Locali .......................... pag 11

“Terzo Settore”pubblicata la Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali su adeguamenti statutari ............................................................... pag 14

NOTIZIARIO FISCALETrasmissione telematica dei corrispettivifornite indicazioni ai soggetti interessati per gestire i primi mesi di vigenza del nuovo obbligo .......................................................................... pag 17

Trasmissione telematica dei corrispettiviper la decorrenza dell’eventuale obbligo rileva il volume d’affari dell’anno precedente .................................................................................... pag 17

“E-fattura” e trasmissione telematica dei corrispettivinuove indicazioni per le deleghe agli Intermediari abilitati ............. pag 18

“E-fatture”in caso di invio a “Sdi” senza l’indicazione del “Rea” non è necessario richiedere note di credito ............................................................... pag 20

Iva su appalto di lavorinei rapporti tra Società costituita a seguito di Ati e consociate vale il man-dato senza rappresentanza ........................................................... pag 20

Ivain caso di transazione “dichiarativa” con sopravvenuto accordo tra le parti lo storno tramite nota di credito può avvenire solo entro l’anno ..... pag 22

Sostituti d’impostase non si riveste detta qualifica nessuna ritenuta sui compensi al Ctu, che non la evidenzierà nella propria fattura .................................. pag 23

Dichiarazioni dei redditi persone fisiche per l’anno 2018pubblicata la consueta Guida dell’Agenzia delle Entrate ............... pag 24

Aliquote Irap e Irpefprevisto aumento in Calabria e Molise per il mancato rispetto degli obiet-tivi del Piano di rientro dal deficit sanitario .................................... pag 25

Imu/Tasidefinite le modalità di invio delle Dichiarazioni degli Enti non commerciali....................................................................................................... pag 25

GLI APPROFONDIMENTIAziende speciali affidatarie dirette di “servizi pubblici locali”gratuità della partecipazione ad Organi amministrativi e decurtazione compensidi Andrea Mazzillo e Nicola Tonveronachi ..................................... pag 26

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I compensi degli Amministratori di Società pubblicheuna storia infinita giunta al capolinea?di Roberto Camporesi ................................................................... pag 36

Società partecipateconcordato preventivo o fallimento rendono libero il “Fondo vincolato” istituito nei bilanci dell’Entedi Giuseppe Girlando .................................................................... pag 43

QUESITIRtise la fattura è emessa dalla sola Impresa mandataria, è necessario sot-toporre alle verifiche Equitalia anche le imprese mandanti ?di Federica Giglioli e Alessia Rinaldi .............................................. pag 46

LA GIURISPRUDENZAApplicabilità dell’Iva sulla “Tia”nuova Pronuncia della Cassazionedi Giovambattista Palumbo ........................................................... pag 48

Responsabilità amministrativacondanna del Tesoriere di un Comune per non aver versato la prevista sponsorizzazione per attività culturali di Antonio Tirelli ............................................................................. pag 50

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WHAT’S NEXT? I PROSSIMI ADEMPIMENTI

Dopo 4 anni di applicazione – sul campo – dei precetti derivanti dall’armonizzazione contabile siamo ormai ben consapevoli, noi Revisori, della “centralità” della pianifica-zione finanziaria sottesa al Documento Unico di Program-mazione (Dup). E’ di stretta attualità la proposta di Dup che la Giunta do-vrà presentare al Consiglio entro il prossimo 31 luglio. Quello che, a nostro giudizio, alcuni uffici finanziari comu-nali non hanno ancora assimilato è la valenza prospettica da riconoscere al Documento unico di programmazione: parliamo di un atto pianificatorio che deve “ispirare” (come recita il 1° comma dell’art 151 del Tuel) la gestione comu-nale al principio della programmazione. Si tratta, quindi, di avere sempre, anche nel “corrente” e nel “contingente”, una modalità operativa orientata, per quanto possibile, ad una dimensione strategica contestualizzata su un orizzon-te temporale almeno triennale. E’ lo stesso Legislatore a disporre esplicitamente che le previsioni di bilancio sia-no “elaborate sulla base delle linee strategiche contenute nel Documento unico di programmazione, osservando i principi contabili generali ed applicati allegati al Dlgs. n. 118/2011”. All’Organo di Revisione, riguardo al passaggio della pre-sentazione dello schema di proposta giuntale, non è ri-chiesta alcuna attivazione adempimentale. Tuttavia, pro-prio per la significatività dei concetti poc’anzi rappresentati è molto importante che i Revisori seguano, dalla nascita, il primo “getto” per le basi della programmazione finanziaria 2020-2022, cercando di analizzare la proposta dell’Orga-no esecutivo nell’ottica dei principi “quadro” che l’art 170 del Tuel delinea per la stesura del Dup. Il Documento unico costituisce la guida strategica ed ope-rativa dell’Ente. In tale prospettiva esso si compone di 2

sezioni: la Sezione strategica e la Sezione operativa. La prima ha un orizzonte temporale di riferimento pari a quello del mandato amministrativo, la seconda conforme a quello del bilancio di previsione. Va elaborato in ottemperanza a quanto disposto dal Principio applicato della programma-zione di cui all’Allegato n. 4/1 al Dlgs. n. 118/2011, anche perché il Dup costituisce atto presupposto indispensabile per l’approvazione del bilancio di previsione. I Comuni con minori dimensioni demografiche hanno la possibilità di predisporre un Documento unico di program-mazione semplificato: il Decreto Mef 18 Maggio 2018 ha aggiornato il principio concernente la programmazio-ne, implementando il Dup semplificato per gli Enti Locali con popolazione fino a 5.000 abitanti nonché il Dup su-per semplificato per gli Enti Locali con popolazione fino a 2.000 abitanti.Nel contesto della presentazione di luglio, prologo del passaggio, sicuramente più pregnante, concernente l’inol-tro, da parte dell’Organo esecutivo al Consiglio, entro il 15 novembre, ai sensi dell’art 174, comma 1, del Tuel, della Nota di aggiornamento al Documento unico di program-mazione, assieme allo Schema di delibera del bilancio di previsione finanziario, una valutazione, che sicuramente il Revisore deve compiere, ha come oggetto il Regolamen-to di contabilità dell’Ente: in particolare, vanno esplicitati i previsti casi di inammissibilità e di improcedibilità per le deliberazioni del Consiglio e della Giunta risultate non co-erenti con le previsioni del Documento unico di program-mazione. È rinviata altresì a quanto stabilito dal Regolamento di contabilità comunale la scadenza temporale per la resa del parere dell’Organo di Revisione sul Dup e, precisa-mente, sulla Nota di aggiornamento al Dup consegnata al

A fine luglio la presentazione del Dup al Consiglioverifiche di coerenza interna ed esterna, approfondendo i piani inseriti e le correlazioni con le Linee di programma del mandato politico

del Dott. Gianfranco Ponis - Direttore del Servizio finanza, contabilità e bilanci di un Consorzio di Enti Locali - Editorialista Pubblicista - Revisore Legale

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Consiglio, unitamente allo schema di bilancio di previsio-ne, venuto meno l’obbligo di acquisire il parere medesimo entro lo stesso termine di presentazione al Consiglio dei documenti programmatori. Su tali aspetti e, quindi, sull’imprescindibilità delle deter-minazioni contenute nel Regolamento riguardo alle ca-denze temporali approvative del Dup, risulta di rilevante interesse la recente Sentenza n. 241/2019 del Tar Puglia. Da essa si evince che il disposto regolamentare adottato dall’Ente detta improrogabilmente i tempi e le fasi per l’ap-provazione del Documento unico di programmazione. La violazione dei suoi precetti può determinare un pregiudizio alle prerogative dei Consiglieri comunali, tale da rendere l’approvazione del conseguente bilancio di previsione an-nullabile, in modo non diverso dalla mancata approvazio-ne del bilancio di previsione nei termini di legge. Il non rispetto dell’iter procedurale previsto dal Regola-mento (provvedimento interno di recepimento delle spe-cifiche del Legislatore sulla cadenza di presentazione del Dup) per l’approvazione del Documento unico di program-mazione (ad esempio, la presentazione in Consiglio del Dup con convocazione di un’ulteriore seduta consiliare, non oltre i 45 giorni successivi alla presentazione, per permettere ai Consiglieri la proposizione di integrazioni e modifiche da sottoporre all’approvazione dell’Organo consiliare), può comportare l’annullamento del Dup quale atto principiale, con un effetto di “traino”, a rimorchio, degli atti “derivati”: il bilancio approvato nonché le conseguenti deliberazioni di assestamento generale e variazioni di bi-lancio. L’annullamento, gravando in via retroattiva sull’ef-ficacia degli atti impugnati, comporta effetti assimilabili a quelli scaturenti dalla mancata approvazione del bilancio di previsione entro i termini di legge, con l’obbligo, in cari-co all’Ente, di ripetere il procedimento di approvazione del bilancio in modo conforme al Regolamento di contabilità.Al di là dei precetti legislativi di principio, già messi in risal-to da una più che cospicua letteratura di settore esistente, è nostro obiettivo, in questa sede, dare spazio di appro-fondimento ad un tema, poco dibattuto sino ad ora, che, ci risulta, foriero di molti dubbi, prodromi di successivi iter approvativi errati: i documenti programmatori di secondo livello annessi (o inseriti) nel Dup, e approvati assieme a quest’ultimo, senza necessità di ulteriori deliberazioni (fat-ti salvi gli specifici termini previsti dalla normativa vigente). In merito segnaliamo che la Faq Arconet 22 ottobre 2015, n. 10, in merito all’assenza di un termine per la delibera-zione concernente il Dup, specifica che detta deliberazio-ne consiliare non è un adempimento facoltativo, anche se non è prevista alcuna sanzione in caso di ritardi.A dare indirizzi sostanziali sulle eventuali problematiche scaturenti dall’inserimento - nel Dup - degli strumenti di

programmazione relativi all’attività istituzionale dell’Ente previsti dal Legislatore e dalla loro connessa approvazio-ne implicita (con il Dup) è intervenuto il Decreto Mef 29 agosto 2018, con un ulteriore ritocco al Principio contabi-le applicato concernente la programmazione. Ne è uscito un nuovo Paragrafo n. 8.4, del Principio Allegato n. 4/1 al Dlgs. n. 118/2011, da cui discendono, per il Revisore, 2 precetti importanti. Innanzi tutto, è necessario verificare che nel Dup siano stati inseriti tutti gli strumenti di programmazione, relativi all’attività istituzionale dell’Ente, previsti dal Legislatore. Parliamo quindi dei seguenti atti complessi di pianificazio-ne: 1. il Programma triennale e l’Elenco annuale dei lavori

pubblici (art. 21 del Dlgs. n. 50/2016), regolamentati dal Decreto Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 16 gennaio 2018 n. 14 che ne definisce le procedure per la redazione e la pubblicazione;

2. il Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari (art. 58, comma 1, del Dl. n. 112/2008);

3. il Programma biennale di forniture e servizi (art. 21, comma 6, del Dlgs. n. 50/2016) disciplinato, per le mo-dalità redazionali e gli obblighi di pubblicità, dal Decreto Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 16 gennaio 2018, n. 14;

4. il Piano triennale di razionalizzazione e riqualifica-zione della spesa (art. 2, comma 594, della Legge n. 244/2007);

5. il (facoltativo) Piano triennale di razionalizzazione e ri-qualificazione della spesa (art. 16, comma 4, del DL. n. 98/2011);

6. la Programmazione triennale del fabbisogno di perso-nale (art. 6, comma 4, del Dlgs. n. 165/2001);

7. altri - eventuali ed ulteriori - documenti di programma-zione predisposti dall’Ente.

Inoltre, qualora:- i termini di legge per l’adozione o l’approvazione dei

singoli documenti di programmazione precedono l’ado-zione o l’approvazione del Dup: i primi devono essere adottati e approvati autonomamente, fermo restando il successivo inserimento nel Dup;

- i termini di legge per l’adozione o l’approvazione dei singoli documenti di programmazione siano successivi a quelli per l’adozione o l’approvazione del Dup: i primi possono essere adottati o approvati autonomamente, fermo restando il successivo inserimento nella Nota di aggiornamento del DUP.

Tra i vari elaborati programmatici sopra citati ci senti-remmo di mettere al primo posto, come valenza strate-gica, nella costruzione (almeno per l’esercizio 2020) del piano delle attività di verifica dell’Organo di Revisione, il

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Programma triennale delle opere pubbliche e il Piano di acquisizione dei beni e servizi (di importo unitario pari o superiore a Euro 40mila). Trattasi delle 2 “manifestazio-ni d’intento” più significative riferite alle future politiche di spesa - corrente ed in conto capitale - dell’Ente, disegnate in una prospettiva obbligatoria, quella dell’art. 21 del Dlgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici), nel rispetto degli altri documenti programmatori, in coerenza con il bilancio, tenuto conto delle norme che disciplinano la programma-zione economico-finanziaria dell’Ente. L’art. 5 del Dm. n. 14/2018 attribuisce alla Giunta, su pro-posta del dirigente responsabile d’area, l’adozione degli schemi relativi al Programma triennale e all’Elenco annua-le su proposta del referente. Dopo la pubblicazione sul sito internet istituzionale, e per un periodo di 30 giorni, l’Ente può ammettere l’inoltro di eventuali osservazioni ai documenti entro trenta giorni dalla pubblicazione. L’ap-provazione perentoria dei 2 atti, integrati da eventuali ag-giornamenti, avviene entro 30 giorni dalla scadenza delle consultazioni oppure, in assenza di queste ultime, nei suc-cessivi 60 giorni dalla pubblicazione. Con la proposta giuntale del Dup 2020-2022, da presen-tare al Consiglio entro il prossimo 31 luglio, prende il via la novità dell’inclusione obbligatoria nel Documento uni-co delle c.d. progettazioni di livello minimo (in conformità al decimo correttivo dell’armonizzazione): pre-requisito necessario per l’inserimento, nel Programma triennale e nell’Elenco annuale, di opere di valore superiore a Euro 100mila. Per i lavori stimati sotto tale soglia, invece, la spesa di progettazione è stanziata in bilancio a prescinde-re dall’inserimento degli interventi nel Programma trienna-le. La menzione in quest’ultimo (quindi nel Dup) degli oneri relativi ad un livello minimo di progettazione connessa ad un’opera di valore stimato superiore a Euro 100mila potrà essere riferita al Titolo II della Spesa (piano finanziario U 2.02.03.05.001, incarichi professionali) prima dell’iscrizio-ne in bilancio dello stanziamento sull’opera, esplicitando però in maniera dettagliata (a prova dell’effettiva volontà dell’ente di concretizzare l’investimento) le opere a cui la progettazione è mirata e la fonte di finanziamento. Segna-liamo al Revisore, riguardo alle spese di progettazione a livello minimo, alcuni aspetti essenziali da verificare nel corso del monitoraggio dell’iter pianificatorio dell’opera correlata:- qualora l’attività progettuale fosse condotta in econo-

mia dall’Ente, la conseguente rilevazione contabile do-vrebbe tener conto della natura economica dei fattori produttivi, allocando i costi per il personale nella spe-sa di parte corrente, mentre l’acquisizione di eventuali cespiti patrimoniali andrebbe riportata fra le spese in conto capitale;

- le citate spese non vanno rilevate nel quadro econo-mico dell’opera, mentre devono essere oggetto di ca-pitalizzazione in contabilità economico-patrimoniale tra le attività patrimoniali, come immobilizzazioni in corso (fino al completamento dell’opera);

- è legittimo accantonare a fine esercizio la copertura fi-nanziaria della progettazione minima per un ammon-tare superiore a Euro 40mila, non ancora impegnata, nel Fondo pluriennale vincolato, purché sia stata for-malmente attivata la procedura di affidamento del servizio tramite la pubblicazione del bando, l’emissio-ne dell’avviso di indizione della gara o di un avviso di pre-informazione ovvero la trasmissione agli operatori economici selezionati dell’invito a presentare le offerte. In assenza di aggiudicazione definitiva entro l’eserci-zio successivo, le risorse convergeranno nel risultato di amministrazione.

In ogni caso, i documenti di programmazione per i quali la legge non prescrive termini di adozione o approvazione devono essere inseriti nel Dup; tra questi abbiamo l’Elen-co degli incarichi conferiti dal Comune. Secondo la Corte dei Conti, Sezione di controllo Emilia Romagna (Delibe-razione n. 144/2018), in quest’ultimo vanno ricompresi anche gli (eventuali) incarichi di patrocinio legale previsti dall’Ente nell’anno di riferimento, dettagliati per tipologia e costi stimati. Preso atto che l’affidamento di incarichi di collaborazione, da parte degli Enti locali, ai sensi dell’art. 3, comma 55, della Legge n. 244/2007 (come modifi-cato dall’art. 46, comma 2, della Legge n. 112/2008), è ammesso unicamente in funzione di attività istituzionali specificatamente individuate dal Legislatore o previste nel programma approvato dal Consiglio Comunale e che, inoltre, il correlato esborso trova, nello stanziamento del bilancio di previsione, il tetto massimo di spesa, pur tut-tavia vi è una discutibile prassi di non comprendere gli incarichi legali tra gli affidamenti assoggettati all’obbligo di programmazione. Le ragioni si circostanziano nella diffici-le previsione di un’eventuale probabilità di necessità - fu-tura - di un accudimento in sede giurisdizionale e, inoltre, nel convincimento che i carichi procedurali (obbligatori) esternalizzati, come la difesa in giudizio degli interessi dell’Ente, rientranti tra le attività istituzionali previste ex lege, siano permessi a prescindere dal loro inserimento o meno nel documento programmatorio pluriennale (an-nuale). Un elenco puntuale degli affidamenti di incarichi legali previsti non rientra tra i contenuti obbligatori del Dup esplicitati nell’Allegato n.4/1 del Dlgs. n. 118/2011. Non di meno però, è convinzione della Sezione Emilia Romagna, la collocazione degli incarichi legali da attribuire - negli atti di programmazione - “risponde ad un criterio di buon andamento e di corretta gestione delle risorse pubbliche,

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anche in funzione di una stima appropriata delle coperture finanziarie”. Considerato che, per natura intrinseca, le aggiudicazioni di incarichi di patrocinio legale hanno, come presupposto, il manifestarsi di contenziosi quasi sempre contraddistinti dalla mancanza di elementi predittivi iniziali rivelatori ov-vero l’assenza di fondamenti che possano far presagire la venuta in essere, diventa veramente difficile una loro previsione. E’ deprecabile però anche l’atteggiamento di certi Enti che, nella consapevolezza di ciò, non tengono conto - a prescindere - nella fase pianificatoria strategica, degli incarichi ai legali. Raccomandiamo perciò al Revisore di vigilare - con atten-zione - su questi aspetti nel contesto ricognitivo inerente i documenti agglomerati al Dup, anche perché la Pronuncia della Corte dei Conti emiliana ha posto particolare enfa-si alla necessità, in capo all’Ente affidante, di prevedere puntualmente i costi di un “potenziale contenzioso”. Atten-zione su questo punto: è in ballo anche il giusto (o accet-tabile) equilibrio tra contenuti adempimentali e contenuti strategici. La preponderanza dei primi sui secondi potreb-be comportare la perdita della significatività programma-toria del Dup.I giorni di fine luglio potrebbero rivelarsi particolarmente “scottanti” per le ragionerie (con effetti a ricaduta sull’Or-gano di Revisione ….) dei Comuni con il Primo Cittadino, neo eletto - ad inizio mandato – dopo l’ultima tornata elet-torale, che non ha ancora adempiuto all’obbligo previsto dall’art. 46, comma 3, del Tuel: “entro il termine fissato dallo statuto, il Sindaco, sentita la Giunta, presenta al Consiglio le Linee programmatiche relative alle azioni e ai progetti da realizzare nel corso del mandato.” La mancata definizione delle Linee programmatiche di mandato non può non avere effetti diretti sul Dup. È il punto 8.1 del Principio contabile applicato concernen-te la programmazione di bilancio (Allegato n. 4/1 al Dlgs. n. 118/2011) ad esplicitarne il rapporto: “la Sezione Stra-tegica sviluppa e concretizza le Linee programmatiche di mandato di cui all’art. 46 comma 3 del Dlgs. n. 267/2000 e individua, in coerenza con il quadro normativo di riferi-mento, gli indirizzi strategici dell’Ente”. Secondo lo stesso Principio, se alla data del 31 luglio, scadenza perentoria per la presentazione giuntale al Consiglio della proposta di Dup, “risulta insediata una nuova amministrazione, e i termini fissati dallo Statuto comportano la presentazione delle Linee programmatiche di mandato oltre il termine previsto per la presentazione del Dup, il Dup e le Linee programmatiche di mandato sono presentate al Consiglio contestualmente”. In una situazione di neo-elezione il Revisore dovrà, innan-

zi tutto, approfondire il dettato statutario: l’indicazione di un termine di 60 giorni dall’insediamento per la presenta-zione delle Linee programmatiche, costringerebbe il Sin-daco ad “accelerare” la predisposizione di queste ultime entro un termine compatibile con un inoltro “contestuale” delle stesse con il Dup, entro il 31 luglio. Inoltre, sussistendo un preciso obbligo – per l’Organo di Revisione – di esprimersi sul Dup: il punto 3.2.1 dei nuovi “Principi di vigilanza e controllo dell’Organo di revisione” del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e de-gli esperti contabili impone ai Revisori la formulazione di un parere sul Documento, che sottenda la verifica della “coerenza interna ed esterna del documento, anche con riferimento al programma di mandato” (sul quale l’Orga-no di Revisione non è tenuto ad uno specifico giudizio), si consiglia al Revisore di approfondire, quanto prima, le connessioni esistenti tra gli indirizzi rilevanti che conno-tano le Linee programmatiche del mandato politico e la Sezione strategica del Dup. In tale contesto va valutato se quest’ultima effettivamente “individua, in coerenza con il quadro normativo di riferimento e con gli obiettivi generali di finanza pubblica, le principali scelte che caratterizzano il programma dell’amministrazione da realizzare nel cor-so del mandato amministrativo e che possono avere un impatto di medio e lungo periodo, le politiche di mandato che l’ente vuole sviluppare nel raggiungimento delle pro-prie finalità istituzionali e nel governo delle proprie funzioni fondamentali e gli indirizzi generali di programmazione ri-feriti al periodo di mandato”. L’attuazione di questa attivi-tà ricognitiva non dovrebbe destare particolari criticità in riferimento ai Comuni con una popolazione sopra i 5.000 abitanti, obbligati alla stesura di un Dup ordinario, dota-to di una Sezione strategica strutturalmente orientata agli obiettivi di lungo periodico. Più arduo potrebbe rivelarsi l’approccio con il Dup semplificato elaborato, da un Comune con meno di 5mila abitanti, in conformità ai crismi di sem-plificazione introdotti dal Dm. 18 maggio 2018. Anche in questo caso, pur mancando la canonica ripar-tizione tra Sezione strategica e Sezione operativa, deve essere sempre attuabile il raffronto con le Linee program-matiche. Il Revisore che si produce in questo accostamento deve riuscire ad individuare la declinazione - nel Dup - delle scelte più pregnanti che contraddistinguono il programma dell’Amministrazione da concretizzare nel corso del man-dato amministrativo, nella coniugazione, per ogni singola missione attivata del bilancio, con gli obiettivi che l’Ente intende raggiungere nella triennalità del bilancio di previ-sione.

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NOTIZIARIO DI SETTORENovità su compensi 2019 per i Revisori di Enti LocaliDelibera Corte dei Conti Sezione Autonomie n. 14

Il Decreto del Ministero dell’Interno 21 dicembre 2018 ha previsto l’aggiornamento dei limiti massimi del compenso base spettante ai Revisori dei conti in relazione alla classe demografica ed alle spese di funzionamento e di investi-mento degli Enti Locali, con un incremento medio di oltre il 20%.Da gennaio scorso molti Enti Locali e Revisori hanno po-sto quesiti in merito alla possibilità e alle modalità di ade-guamento del compenso degli Organi di revisione econo-mico-finanziaria.In proposito, premettiamo che:- l’art. 241, comma 7, del Dlgs. n. 267/2000 (Tuel) preve-

de che “l’Ente Locale stabilisce il compenso spettante ai Revisori con la stessa Delibera di nomina”;

- che il citato Dm. stabilisce che i nuovi “limiti massimi … del compenso base spettante ai componenti degli Organi di revisione economico-finanziaria degli Enti Lo-cali decorrono dal 1° gennaio 2019” e che “l’eventuale adeguamento del compenso deliberato dal Consiglio dell’Ente in relazione ai nuovi limiti massimi fissati …. non ha effetto retroattivo”.

Ovviamente, nella Delibera di nomina dei nuovi Revisori da parte del Consiglio dell’Ente Locale, occorre ora tener conto dei nuovi limiti massimi indicati dal Dm. 21 dicembre 2018. Per i Revisori in carica alla data dal 31 dicembre 2018 risultava dibattuto se il Consiglio dell’Ente sia impossibi-litato o abbia la facoltà o l’obbligo di deliberare l’adegua-mento del compenso dei Revisori tenendo ora conto dei nuovi limiti massimi. Al riguardo, ricordiamo dapprima quanto riportato nel-la Nota dell’Ufficio Consulenza per gli Affari economico-finanziari della Finanza locale 25 gennaio 2019, Prot. n. 5, indirizzata all’Anci, nella quale vengono forniti chiarimenti in merito all’aggiornamento dei limiti del compenso base

dei Revisori, al fine di incentivare comportamenti contabili e gestionali omogeni da parte degli Enti Locali ed inter-pretare l’assetto normativo in presenza di possibili criticità nell’applicazione concreta delle norme. L’Anci aveva posto al Ministero i seguenti 4 quesiti:1. se per gli Enti Locali vi è o meno l’obbligo di aggiornare

i compensi considerato che il Dm. stabilisce solo com-pensi massimi;

2. se ai nuovi limiti massimi devono riferirsi o meno solo agli incarichi deliberati a decorrere dal 1° gennaio 2019;

3. se occorre tener conto di quanto sostenuto nella De-liberazione della Corte dei conti Emilia-Romagna n. 5/2019, la quale stabilisce che per gli incarichi di Revi-sore in essere non è possibile procedere ad un adegua-mento del compenso in relazione ai nuovi limiti massimi ma solo alla riespansione del 10% del compenso, pari al taglio disposto fino al 31 dicembre 2017 dall’art. 6, comma 3, del Dl. n. 78/2010, e solo quando nella De-liberazione di nomina è stata esplicitata la volontà di determinare il compenso nei massimi base stabiliti dal Dm. 20 maggio 2005, decurtato per l’appunto esclusi-vamente della percentuale prevista per legge;

4. se la competenza sulla determinazione e l’eventuale variazione dei compensi è del Consiglio comunale.

La Finanza locale, nella risposta fornita, fece presente che la determinazione del compenso è a discrezione dell’Ente Locale e che l’aggiornamento dei compensi non è un ob-bligo ma una facoltà, e che comunque deve tener conto delle risorse finanziarie di bilancio.La Nota specificava che quanto precisato all’art. 1, com-ma 3, del Dm. 21 dicembre 2018, “lascia intendere la fa-coltatività dell’adeguamento e l’irretroattività degli effetti sui rapporti in essere”.Si segnalava anche che la Magistratura contabile aveva già indicato che, al fine di evitare che il rapporto in corso

del Dott. Giuseppe Vanni - Dottore commercialista e Revisore di Enti Locali del Dott. Nicola Tonveronachi - Dottore commercialista e Revisore Enti pubblici, Consulente e formatore Enti Pubblici e Società partecipate, Professore a contratto di “Ragioneria pubblica” presso il Dipartimento Economia e Management dell’Università degli Studi di Pisa, Pubblicista

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NOTIZIARIO DI SETTORE

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Ente-Revisori potesse subire variazioni incrementali con maggiori oneri per la P.A., è sancita la competenza del Consiglio comunale ed il momento della nomina come quello in cui le parti predeterminano il compenso definen-do i “limiti dell’autonomia negoziale” e la “natura nego-ziale” del rapporto. In conclusione, la Nota della Finanza locale sottolineava l’importanza del momento iniziale di valutazione del Consiglio comunale sui presupposti giu-ridici per la determinazione del compenso nei limiti dell’a-deguatezza e della congruità del corrispettivo per lo svol-gimento delle funzioni di Revisore per i rapporti in itinere al 1° gennaio 2019. Da ciò la Finanza locale ne fa derivare anche che per gli incarichi già in essere costituisce presupposto d’impedi-mento all’aggiornamento del compenso la norma di cui ai citati artt. 234 e 241 del Tuel che fissa quale momento regolatore per il compenso del Revisore la delibera di no-mina, e che l’impianto motivazionale della Delibera consi-liare di nomina “potrà supportare le diverse determinazioni del caso concreto”. In definitiva, la Nota pareva negare la possibilità di ade-guamento del compenso dell’Organo economico-finanzia-rio qualora già in essere al 31 dicembre 2018, salvo poi indicare che sarebbe stato necessario tener conto della volontà dell’Ente manifestata nelle motivazioni della Deli-berazione di nomina del Revisore al fine di supportare le diverse determinazioni del caso concreto.Rispetto alle affermazioni ed alle posizioni assunte dalla Finanza locale con la Nota citata, nei mesi scorsi sono state da più parti sollevate perplessità. Ancorché appaia condivisibile l’affermazione di principio riguardo all’impos-sibilità di adeguamento dei compensi per i Revisori in cor-so di mandato, con riferimento a tale impedimento per i compensi per i Revisori in carica al 31 dicembre 2018, alla luce del sopravvenuto Decreto Ministero dell’Interno 21 dicembre 2018, erano sorti dubbi.La possibilità di adeguamento del compenso, oltre ad esser motivata dalla svalutazione monetaria connessa all’ampio lasso di tempo intercorso dall’emanazione del precedente Dm. che stabiliva i limiti massimi per fascia demografica degli Enti Locali dei compensi dei Revisori (Dm. 20 maggio 2005), risulta espressamente specificata nell’art. 1, comma 3, del Dm. 21 dicembre 2018, dove è disposto che “l’eventuale adeguamento del compenso de-liberato dal Consiglio dell’Ente in relazione ai nuovi limiti massimi non ha effetto retroattivo”. L’interpretazione lette-rale di tale locuzione porta ad affermare che la norma ha chiaramente presupposto la preesistenza di un compenso con riferimento a Revisori già nominati alla data del 31 di-cembre 2018 (il citato “adeguamento del compenso” non

può riferirsi ai Revisori da nominare per l’ovvia assenza di un compenso da adeguare). Per dirimere le incertezze suddette e rilevate con le De-liberazioni n. 38/2019/Qmig e n. 70/2019/Qmig delle Se-zioni regionali di controllo per la Puglia e per il Molise (alle quali era stato chiesto da alcuni Comuni se, a fronte della significativa rivisitazione dei previgenti limiti dei compensi, risultava possibile un loro adeguamento, attesa la preclu-sione posta dall’art. 241, comma 7, del Tuel, a mente del quale “l’Ente Locale stabilisce il compenso spettante ai Revisori con la stessa Delibera di nomina”), la Sezione Autonomie della Corte dei conti ha pubblicato nei giorni scorsi la Deliberazione n. 14/Sezaut/2019/Qmig del 28 maggio scorso, con oggetto “Limiti massimi emolumento ai componenti dell’Organo di revisione economico-finan-ziario degli Enti Locali (art. 241, comma 1, Tuel)”.La Sezione riporta le differenziate posizioni in merito in-dicate nel sopra riportato Orientamento della Direzione centrale della Finanza locale del Ministero dell’Interno e nelle Deliberazioni delle Sezione regionale di controllo per la Liguria n. 20/2019 e per l’Emilia Romagna n. 5/2019.La Corte dei conti in primo luogo rimarca l’onerosità dell’incarico, rileva poi come “il Legislatore abbia inteso ri-conoscere non solo un adeguato corrispettivo per lo svol-gimento delle funzioni di revisione ma perseguire anche finalità di contenimento della spesa” e che per tale ragione è stato prescritto che “l’Ente Locale stabilisce il compenso spettante ai Revisori con la stessa Delibera di nomina”, e richiama il criterio generale di adeguatezza del compenso in base all’importanza dell’opera ed al decoro della profes-sione, da cui l’Ente non dovrebbe prescindere nell’ambito delle valutazioni allo stesso demandate. In conclusione, la Sezione Autonomie dispone che, alla luce dei nuovi limiti massimi e dei nuovi parametri reca-ti dal Dm. 21 dicembre 2018, ferma la previsione di cui all’art. 241, comma 7, del Tuel, è facoltà degli Enti Locali procedere ad un rinnovato giudizio circa l’adeguatezza dei compensi stabiliti anteriormente e, se del caso, provvede-re ad una rideterminazione degli stessi per ricondurli nei limiti di congruità e di adeguatezza, previa attenta verifi-ca della compatibilità finanziaria e della sostenibilità dei nuovi oneri. Viene anche specificato che l’eventuale ade-guamento non ha effetto retroattivo e decorre dalla data di esecutività della Deliberazione di rideterminazione del compenso assunta dall’Organo consiliare.Al riguardo, riteniamo anche che, in alcuni casi, l’Ente Lo-cale non abbia piena discrezionalità nel procedere o meno a deliberare l’adeguamento del compenso per i Revisori in carica al 31 dicembre 2018, ma un obbligo o comunque un impegno/opportunità a procedere in tal senso.

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NOTIZIARIO DI SETTORE

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I casi da prendere in considerazione sono i seguenti: - quanto l’Ente Locale ha precedentemente deliberato per i Revisori in carica al 31 dicembre 2018 un compenso che ora ricade, tenuto conto dei nuovi limiti massimi di cui al Dm. 21 dicembre 2018, al di sotto del limite massi-mo previsto in relazione alla fascia demografica dell’En-te immediatamente inferiore a quella di riferimento;

- quando nella Delibera di nomina dei Revisori in carica al 31 dicembre 2018 è stato indicato o risulti una volontà chiara in tal senso che il compenso deve essere stabilito con riferimento alle fasce demografiche indicate nel Dm. del limite massimo di detti compenso.

Nella prima fattispecie, segnaliamo come da più parti del-la dottrina venga sostenuto, ragionevolmente, che il limite minimo nel compenso del Revisore non possa risultare inferiore al compenso massimo previsto dal Decreto Mi-nistero dell’Interno per i Comuni di classe demografica inferiore a quella di riferimento; anche se tale posizione non risulta condivisa dalla Magistratura contabile (Delibe-razione Corte dei conti Lombardia n. 81/2017 e Delibera-zione Corte di conti Sezioni Autonomie, n. 16/2017), viene da questa sempre precisato che “l’Amministrazione nella determinazione del compenso dovrà tenere conto di criteri generali e dei parametri indicati dall’art. 241, comma 1, del Tuel, nonché prevedere un’adeguata motivazione nel provvedimento di nomina dei Revisori”. Al contrario, l’Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli Enti Locali, Organismo istituito presso il Ministero dell’Interno a cui è stata assegnata la funzione di vigila-re sulla corretta applicazione dei Principi di contabilità fi-nanziaria da parte degli Amministratori locali, con l’Atto di orientamento n. 1 del 13 luglio 2017, ha evidenziato che occorre che il compenso dell’Organo di revisione venga ancorato, sia a un limite massimo (definito espressamente dalla legge) che a un limite minimo (da individuare nel limi-te massimo previsto per i Revisori della fascia demogra-

fica inferiore a quella dell’Ente di appartenenza, secondo la griglia definita dal Dm. 20 maggio 2005). L’Osservatorio afferma, condivisilmente, che è necessario tutelare ade-guatamente l’interesse dell’Ente ad una prestazione qua-lificata e quello dei Revisori ad un compenso adeguato alla propria professionalità e consono al decoro della pro-fessione, che vanno tutelati anche per scongiurare effetti distorsivi nonché potenziali disparità di trattamento. Pertanto, tenuto conto dei nuovi limiti dei compensi per classe demografica degli Enti territoriali, è ns. parere che necessariamente, qualora l’Ente abbia determinato il com-penso del Revisore in carica al 31 dicembre 2018 in mi-sura fissa, occorra verificare se l’importo risulta superiore o meno dell’importo dei nuovi compensi massimi previsti per gli Enti Locali di cui alla fascia demografica immedia-tamente inferiore, e in quest’ultimo caso riteniamo oppor-tuno che il Consiglio comunale proceda all’adeguamento del compenso base ad un importo almeno uguale o supe-riore a quello previsto come massimo per la classe demo-grafica immediatamente inferiore degli Enti territoriali.Per quanto attiene alla seconda fattispecie, reputiamo che risulti doveroso analizzare le indicazioni e le motivazioni riportate nella Delibera di nomina dei Revisori in carica al 31 dicembre 2018 circa la determinazione del loro com-penso. Ove sia stato indicato o risulti inequivocabile la volontà dell’Ente Locale di ancorare il compenso del Re-visore a quanto previsto dal Dm. che ne stabilisce i limiti massimi per fasce demografiche di Enti Locali, riteniamo doveroso per l’Ente valutare l’automatico incremento del compenso.Quanto sopra ora anche alla luce delle Determinazione della Corte dei conti – Sezione Autonomie – n. 14/2019, che richiede un rinnovato giudizio circa l’adeguatezza dei compensi stabiliti anteriormente al 21 dicembre 2018 con possibilità di adeguamento degli stessi ai nuovi limiti, su-perando quanto disposto dall’art. 241 del Tuel.

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NOTIZIARIO

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E’ stata pubblicata in G.U. n. 145 del 22 giugno 2019, la Legge 19 giugno 2019 n. 56, recante “Interventi per la con-cretezza delle azioni delle Pubbliche Amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo” (cd. Legge “Concretezza”), in vigore dal prossimo 7 luglio 2019, che interviene ad in-trodurre novità nell’ambito della P.A perseguendo azioni concrete di miglioramento dell’efficienza amministrativa e agevolando il ricambio generazionale e la mobilità nel “Pubblico Impiego”.Di seguito il commento delle principali novità di interesse per gli Enti Locali.Art. 1 - Istituzione del Nucleo della Concretezza La disposizione in commento ha previsto l’istituzione, presso il Dipartimento della Funzione pubblica della Pre-sidenza del Consiglio dei Ministri, del “Nucleo delle azioni concrete di miglioramento dell’efficienza amministrativa”, denominato “Nucleo della Concretezza”, la cui attività e funzionamento è stato disciplinato attraverso l’introdu-zione dei nuovi artt. da 60-bis a 60-quinquies al Dlgs. n. 165/2001.L’art. 60-bis (“Istituzione e attività del Nucleo della Con-cretezza”) ha disposto che, con Decreto del Ministro per la Pubblica Amministrazione, di concerto con il Ministro dell’Interno, previa Intesa in sede di Conferenza Unificata, è approvato il “Piano triennale delle azioni concrete per l’efficienza delle P.A.”, predisposto annualmente dal Di-partimento della Funzione pubblica. Il “Piano” contiene:a. le azioni dirette a garantire la corretta applicazione delle

disposizioni in materia di organizzazione, funzionamen-to, trasparenza e digitalizzazione delle P.A. e la confor-mità dell’attività amministrativa ai princìpi di imparzialità e buon andamento;

b. le azioni dirette a implementare l’efficienza delle P.A., con indicazione dei tempi per la realizzazione delle azioni correttive;

c. l’indicazione delle modalità di svolgimento delle attività del “Nucleo della Concretezza” nei confronti delle Re-gioni, degli Enti strumentali regionali, degli Enti del Ser-vizio sanitario regionale e degli Enti Locali.

Al fine di assicurare la concreta realizzazione delle misure indicate nel “Piano”, il “Nucleo della Concretezza”, in col-

laborazione con l’Ispettorato per la Funzione pubblica di cui all’art. 60, comma 6, del Dlgs. n. 165/2001, effettuerà sopralluoghi e visite volti a rilevare lo stato di attuazione delle disposizioni da parte delle P.A., nonché le modalità di organizzazione e di gestione dell’attività amministrativa alla luce dei criteri di efficienza, efficacia ed economicità, proponendo eventuali misure correttive. Di ogni sopralluogo e visita è redatto processo verbale, da cui risultano le visite e le rilevazioni eseguite, le richieste avanzate, la documentazione visionata o acquisita, non-ché le risposte e i chiarimenti ricevuti. Il verbale contie-ne anche l’indicazione delle eventuali misure correttive. L’Amministrazione, nei 3 giorni successivi, può formulare osservazioni e fornire ulteriori documenti.I verbali redatti in occasione di sopralluoghi e visite effet-tuati in Comuni o in altri Enti Locali sono trasmessi anche al Prefetto territorialmente competente.Le P.A. provvedono alla comunicazione al “Nucleo della Concretezza” dell’avvenuta attuazione delle misure cor-rettive entro 15 giorni dalla stessa.Entro il 30 giugno di ogni anno, il Dipartimento della Fun-zione pubblica trasmette una relazione sugli esiti dei so-pralluoghi e delle visite, con l’evidenziazione dei casi di mancato adeguamento, al Ministro per la Pubblica Ammi-nistrazione, al Ministro dell’Interno e alla Corte dei conti. Il Ministro per la Pubblica Amministrazione trasmette tale relazione alle Camere, ai fini del deferimento alle compe-tenti Commissioni parlamentari.Il successivo art. 60-ter (“Collaborazione tra il Prefetto e il Nucleo della Concretezza”) ha previsto che lo stesso Pre-fetto possa procedere a segnalare al “Nucleo della Con-cretezza”, eventuali irregolarità dell’azione amministrativa degli Enti Locali e chiederne l’intervento. In tal caso potrà partecipare ai sopralluoghi e alle visite anche personale della Prefettura-Utg richiedente.Infine, l’art. 60-quater (“Personale del Nucleo della Con-cretezza”) e l’art. 60-quinquies (“Applicazione alle Istitu-zioni scolastiche ed educative”) individuano la dotazione di personale del “Nucleo della Concretezza” e l’applica-zione delle disposizioni di cui agli artt. 60-bis e 60-ter alle Istituzioni scolastiche ed educative.Art. 2 - Misure per il contrasto all’assenteismo

Legge “Concretezza”le principali novità di interesse per gli Enti Locali

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Ai fini della verifica dell’osservanza dell’orario di lavoro, le P.A. di cui all’art. 1, comma 2, del Dlgs. n. 165/2001, con esclusione dei dipendenti di cui all’art. 3 e fuori dei casi di “lavoro agile” di cui all’art. 18 della Legge n. 81/2017, nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumenta-li disponibili a legislazione vigente e della dotazione del “Fondo” statale appositamente previsto (comma 5), do-vranno introdurre sistemi di verifica biometrica dell’identità e di videosorveglianza degli accessi, in sostituzione dei di-versi sistemi di rilevazione automatica, attualmente in uso, nel rispetto dei Princìpi di proporzionalità, non eccedenza e gradualità sanciti dall’art. 5, paragrafo 1, lett. c), del Re-golamento (UE) 2016/679 (Gdpr) e del Principio di propor-zionalità previsto dall’art. 52 della “Carta dei diritti fonda-mentali” dell’Unione europea. Con Dpcm., su proposta del Ministro per la Pubblica Amministrazione, previa Intesa in sede di Conferenza Unificata e previo parere del Garante Privacy (ai sensi dell’art. 154 del Dlgs. n. 196/2003) sulle modalità di trattamento dei dati biometrici, sono individua-te le modalità attuative di tali sistemi.Per le finalità sopra descritte, i Sistemi di verifica biome-trica dell’identità e di videosorveglianza troveranno appli-cazione anche nei confronti dei Dirigenti delle P.A interes-sate.Le P.A. che, per espressa previsione normativa, sono tenute ad utilizzare i servizi di pagamento degli stipendi messi a disposizione dal Ministero dell’Economia e delle Finanze provvedono all’attuazione delle misure di cui ai commi 1 e 2 con le risorse umane, strumentali e finanzia-rie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o mag-giori oneri per la finanza pubblica, avvalendosi dei servizi di rilevazione delle presenze forniti dal Sistema “NoiPA” del Mef. Le altre Amministrazioni pubbliche provvedono all’attua-zione delle misure di cui ai commi 1 e 2 con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazio-ne vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, anche avvalendosi dei servizi di rilevazione delle presenze forniti dal Sistema “NoiPA” del Ministero dell’E-conomia e delle Finanze.Il personale docente e educativo degli Istituti e delle Scuo-le di ogni ordine e grado e delle Istituzioni educative è escluso dall’ambito di applicazione del presente art. 2. I Dirigenti dei medesimi Istituti, Scuole e Istituzioni sono soggetti ad accertamento esclusivamente ai fini della ve-rifica dell’accesso.Art. 3 - Misure per accelerare le assunzioni mirate e il ricambio generazionale nella P.A. La disposizione in esame ha previsto, per il triennio 2019-2021, con l’obiettivo di ridurre i tempi di accesso al “Pub-

blico Impiego”, che le procedure concorsuali bandite dalle P.A. di cui all’art. 1, comma 2, del Dlgs. n. 165/2001 e le conseguenti assunzioni possano essere effettuate senza il previo svolgimento delle procedure di mobilità previste dall’art. 30 del medesimo Decreto.La disposizione inoltre ha introdotto modifiche all’art. 34 del Dlgs. n. 165/2001 (“Gestione del personale in disponi-bilità”). In particolare, al comma 4, terzo periodo, ha pre-visto che il rapporto di lavoro del personale in disponibilità deve essere definitivamente risolto anche prima del rag-giungimento del limite massimo di 24 mesi durante il qua-le è garantita l’indennità di disponibilità di cui all’art. 33, comma 8, del Dlgs. n. 165/2001, qualora il dipendente in disponibilità rinunci o non accetti per 2 volte l’assegnazio-ne disposta ai sensi del successivo art. 34-bis nell’ambito della Provincia indicata. Al successivo comma 6, che subordina l’avvio di proce-dure concorsuali e di nuove assunzioni a tempo indeter-minato o determinato per un periodo superiore a 12 mesi all’impossibilità di ricollocare il personale in disponibilità iscritto nell’apposito elenco, ha previsto che tale obbligo non per gli incarichi dirigenziali, gli incarichi dirigenziali, gli incarichi a contratto e gli incarichi per l’espletamento di funzioni di particolare rilevanza e di interesse strategico effettuati mediante la stipula di contratti a tempo determi-nato e con rapporto di lavoro esclusivo. Allo stesso tempo si stabilisce che il personale da ricollocare oltre ad essere iscritto nell’apposito elenco debba essere in possesso del-la qualifica e della categoria di inquadramento occorrenti.

Per il triennio 2019-2021 le procedure concorsuali bandite dalle P.A. possono essere effettuate senza il previo svolgimento delle procedure di mobilità previste dall’art. 30 del Dlgs. n. 165/01

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All’art. 34-bis del Dlgs. n. 165/2001 è stato integrato il com-ma 2 con la previsione secondo cui in caso di eventuale ricollocamento disposto dal Dipartimento della Funzione pubblica, l’Amministrazione destinataria deve comunicare tempestivamente al medesimo Dipartimento e alle strut-ture regionali e provinciali di cui all’art. 34, comma 3, la rinuncia o la mancata accettazione dell’assegnazione da parte del dipendente in disponibilità. Inoltre, al successivo comma 4, è stato ridotto da 2 mesi a 45 il termine decorso il quale, effettuata la richiesta di ricollocamento, l’Ammini-strazione può avviare la procedura concorsuale. All’art. 39 del Dlgs. n. 165/2001, la cui rubrica è stata no-vellata (“Assunzioni obbligatorie e tirocinio delle catego-rie protette”), è maggiormente specificato l’obbligo, per le P.A., di promuovere e proporre programmi di assunzioni delle categorie protette anche per i profili professiona-li delle aree o categorie previste dai contratti collettivi di comparto per i quali non sia previsto il solo requisito della scuola dell’obbligo, nel rispetto dei principi di reclutamento nella P.A., per i soggetti destinati al collocamento obbliga-torio nella P.A.Il comma 11 della disposizione in commento, in merito alla composizione delle Commissioni esaminatrici dei concorsi per il reclutamento del personale ha previsto che il Presi-dente e i membri delle Commissioni esaminatrici potranno essere scelti anche tra il personale in quiescenza da non più di 4 anni alla data di pubblicazione del bando di con-corso, che sia in possesso dei requisiti di cui all’art. 35, comma 3, lett. e), del Dlgs. n. 165/2001. Relativamente a tali incarichi, non trova applicazione la disciplina di cui all’art. 5, comma 9, del Dl. n. 95/2012, re-cante norme in materia di divieto per le P.A. al conferimen-to di consulenze al personale già in pensione e che, ferme restando le altre cause di inconferibilità o di incompatibilità previste dalla legislazione vigente, la risoluzione del rap-porto di lavoro per motivi disciplinari, per ragioni di salute o per decadenza dall’impiego, comunque determinata, è causa di esclusione dalla nomina del dipendente, anche in quiescenza, a presidente o componente di una commis-sione esaminatrice di un concorso pubblico per l’accesso a un “Pubblico Impiego”.I compensi dovuti al personale dirigenziale per l’attività di Presidente o di membro delle suddette Commissioni, fermo restando quanto disposto dall’art. 23-ter del Dl. n. 201/2011 - secondo cui il trattamento retributivo massimo annuo omnicomprensivo fruibile da tutti i soggetti con rap-porti di lavoro subordinato o autonomo con le P.A. - non può superare il trattamento economico del Primo Presi-dente della Corte di Cassazione (fissato in Euro 240.000 annui lordi dall’art. 13 del Dl. n. 66/2014), non si applica

la disciplina sull’onnicomprensività del trattamento econo-mico determinato dai Contratti collettivi per le Aree diri-genziali, di cui all’art. 24, comma 3, del Dlgs. n. 165/2001 (comma 14).Il comma 15 prevede l’istituzione, presso il Dipartimento della Funzione pubblica, dell’Albo nazionale dei compo-nenti delle Commissioni esaminatrici di concorso. L’iscri-zione all’Albo ha durata di 3 anni ed è rinnovabile per una sola volta.Infine, il comma 16 riferisce che, sulla base di convenzio-ne con il Dipartimento della Funzione pubblica della Presi-denza del Consiglio dei Ministri, l’Albo di cui al comma 15 può essere utilizzato per la formazione delle Commissioni esaminatrici dei concorsi pubblici per l’accesso al “Pubbli-co Impiego” svolti secondo modalità diverse da quelle pre-viste dall’art. 4, comma 3-quinquies, del Dl. n. 101/2013, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 125/2013, e dall’art. 35, comma 5, del Dlgs. n. 165/2001.Art. 4 - Disposizioni per la mobilità tra il Settore del lavoro pubblico e quello privato La disposizione dell’art. 4 ha introdotto rilevanti modifiche all’art. 23-bis del Dlgs. n. 165/2001.In particolare, al comma 1 della sopra citata disposizione è stata prevista l’estensione a tutti i dipendenti pubblici della possibilità di essere collocati, salvo motivato diniego dell’Amministrazione di appartenenza in ordine alle proprie preminenti esigenze organizzative, in aspettativa senza assegni, con mantenimento della qualifica posseduta, al fine di poter svolgere attività presso soggetti e Organismi, pubblici o privati, anche operanti in sede internazionale, i quali provvedono al relativo trattamento previdenziale.Al successivo comma 4, relativamente al suddetto periodo di collocamento in aspettativa, per lo svolgimento di attivi-tà presso soggetti diversi dalle Amministrazioni pubbliche, che non può superare i 5 anni, ha introdotto la possibilità di rinnovo, nell’arco del predetto limite temporale, del me-desimo incarico per una sola volta.Al comma 6, di conseguenza, ha esteso a tutti i dipendenti pubblici il divieto, nei 2 anni successivi al termine dell’a-spettativa, di svolgere incarichi o di essere impiegato nel-lo svolgimento di attività che comportino l’esercizio delle funzioni individuate al comma 5, lett. a), nei confronti dei soggetti private presso i quali abbiano prestato attività nel periodo di aspettativa.Infine, la disposizione in esame è intervenuta a modificare l’art. 18 della Legge n. 183/2010, con la previsione che il periodo massimo di 12 mesi di aspettativa non retribuita riconosciuto ai dipendenti pubblici (anche per avviare atti-vità professionali e imprenditoriali) potrà essere rinnovabi-le per una sola volta.

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Art. 5 - Disposizioni in materia di buoni pasto Le P.A. che hanno sottoscritto ordini d’acquisto in attuazio-ne delle Convenzioni per la fornitura del servizio sostituti-vo di mensa mediante buoni pasto - edizione 7 e mediante buoni pasto elettronici - edizione 1, stipulate dalla Consip Spa e dalla stessa successivamente risolte, dovranno ri-chiedere ai propri dipendenti la restituzione dei buoni pa-sto, maturati e non spesi, sostituendoli con altri di valore nominale corrispondente, acquistati con le modalità previ-ste dalla normativa vigente.Nell’ambito delle attività del “Programma di razionalizza-zione degli acquisti nella P.A.”, la Consip Spa è autoriz-zata a gestire centralmente il recupero dei crediti vantati dalle Amministrazioni nei confronti della Società aggiudi-cataria dei lotti oggetto di risoluzione attraverso l’escus-sione unitaria della cauzione definitiva, agendo anche in via giudiziale. Le somme recuperate saranno versate dalla Consip Spa all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate alle P.A. interessate, in misura pari al credito residuo vantato dalle stesse. Qualora le somme recupe-rate risultino inferiori all’importo complessivo dei crediti delle Amministrazioni aderenti, la Consip Spa provvede al versamento delle stesse in favore di ciascuna Ammi-nistrazione in proporzione all’entità del rispettivo credito. Le singole Amministrazioni attivano ulteriori procedimenti per il recupero del credito non soddisfatto e dell’eventuale maggior danno.Relativamente ai servizi di ristorazione, di cui all’art. 144

del Dlgs. n. 50/2016, cd. “Codice Appalti”, la disposizione in commento ha introdotto una modifica al comma 5 per cui gli accordi stipulati tra le Società di emissione di buo-ni pasto e i titolari degli esercizi convenzionabili “devono comunque prevedere una garanzia fideiussoria rilasciata da Imprese bancarie o assicurative che rispondano ai re-quisiti di solvibilità previsti dalla legislazione vigente, che le Società emittenti sono tenute a consegnare agli esercizi convenzionati”.Con Decreto del Ministro dello Sviluppo economico (Mise), di concerto con il Ministro delle Infrastrutture e dei Traspor-ti, sentita l’Anac, saranno apportate al “Regolamento re-cante disposizioni in materia di servizi sostitutivi di mensa, in attuazione dell’art. 144, comma 5, del Decreto legislati-vo 18 aprile 2016, n. 50”, di cui al Dm. Mise n. 122/2017, le modificazioni necessarie ad adeguarlo alla disposizione introdotta dal comma 5 dell’art. 144 sopra citato. Con il medesimo Decreto saranno adottati gli schemi-tipo delle garanzie fideiussorie previste dalla citata disposizione.Art. 6 - Disposizioni finali e clausola di salvaguardia Le Regioni, anche per quanto concerne i propri Enti e le Amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, e gli Enti Locali sono chiamate ad adeguare i propri ordinamenti alle disposizioni della presente Legge n. 56/2019. Le di-sposizioni della presente Legge n. 56/2019 trovano appli-cazione nelle Regioni a Statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi Statuti e le relative norme di attuazione.

È stata pubblicata, sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, la Circolare n. 13 del 31 maggio 2019, re-cante “Adeguamenti statutari degli Enti del Terzo Settore. Ulteriori chiarimenti”, che fa seguito alla Circolare n. 20 del 27 dicembre 2018 in merito agli adeguamenti degli Statuti da parte delle Organizzazioni di volontariato, Associazioni di promozione sociale ed Onlus, iscritte nei relativi Registri previsti dalle normative di Settore.La richiesta di chiarimenti provenienti da alcune ammini-strazioni Regionali verso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali verte sulle modalità di registrazione pre-viste dall’art. 101, comma 2, del “Codice del Terzo Set-tore” (Dlgs. n. 117/2017, attuativo della Legge-delega n.

106/2016 e integrato con il Dlgs. 3 agosto 2018, n. 105) al “Registro unico nazionale del Terzo Settore” (c.d. “Runts”): “Fino all’operatività del ‘Registro unico nazionale del Terzo Settore’, continuano ad applicarsi le norme previgenti ai fini e per gli effetti derivanti dall’iscrizione degli Enti nei Registri Onlus, Organizzazioni di Volontariato, Associazio-ni di promozione sociale e Imprese sociali che si adegua-no alle disposizioni del presente Decreto entro 18 mesi dalla data della sua entrata in vigore. Entro il medesimo termine, esse possono modificare i propri Statuti con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell’Assemblea ordinaria”.Dall’analisi del contenuto dispositivo del comma 2 dell’art.

“Terzo Settore”pubblicata la Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali su adeguamenti statutari

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101 citato, scaturiscono 2 analisi, l’una afferente la de-correnza dei termini per gli adeguamenti statutari e i suoi effetti, l’altra relativa alle modalità e le tempistiche di adempimento da parte di quegli Enti dotati di personalità giuridica di diritto privato. Argomento di notevole interes-se, dato lo scambio reciproco di rapporti tra gli Enti Locali e gli “Enti del Terzo Settore”.La richiesta di conformarsi al “Runts” entro il termine dei 24 mesi dall’entrata in vigore del Decreto, così come mo-dificato dal Dlgs. n. 105/2018 (e non più entro i 18 così come previsto dalla formulazione originaria dell’art. 101 del Dlgs. n. 117/2017) attribuisce ad Odv, Aps ed Onlus (iscritte ai Registri ciascuno per il proprio Settore), la facol-tà di utilizzare entro la medesima data del 3 agosto 2019, per gli adeguamenti statutari alle nuove disposizioni o per l’introduzione di clausole di cui alla Circolare n. 20/2018, il regime c.d. “alleggerito”, ovvero le modalità e le mag-gioranze previste per le Deliberazioni dell’Assemblea or-dinaria. Tale facoltà di poter accedere al regime “alleggeri-to” si estingue allo spirare del termine dei 24 mesi fissato con il Dlgs. n. 105/18, fermo restando che un eventuale adeguamento statutario precedentemente adottato non fa estinguere la potestà di apportare ulteriori modifiche allo Statuto nell’arco temporale sopra considerato, usufruendo di tale regime.Inoltre, per quegli Enti non ancora iscritti nei propri Regi-stri di Settore ma che sono stati costituiti con la normativa previgente al “Codice del Terzo Settore”, per l’allineamen-to statutario alla normativa del “Terzo Settore” occorre se-guire l’iter di modifica contenuto in ciascun proprio Statu-to, ossia maggioranze qualificate o rafforzate. Al Ministero viene richiesto se al mancato adeguamento statutario entro il termine indicato dalla disposizione sopra citata corrisponda il venir meno dell’iscrizione ai suddetti Registri così come la possibilità di beneficiare degli effetti della registrazione stessa.Nella Circolare in commento, l’art. 101, comma 2, del “Codice”, è messo in correlazione con l’istituto della “tra-smigrazione”, contemplato nell’art. 54 che, muovendo dal Principio di identità di qualificazione degli Enti iscritti nei Registri ai sensi degli artt. 6 della Legge n. 266/1991 e 7 della Legge n. 383/2000, prevede la comunicazione al “Runts” dei dati degli Enti contenuti nei Registri di appar-tenenza.Alla trasmissione dei dati segue, da parte dell’Ufficio “Runts” territorialmente competente, entro 180 giorni (art. 54, comma 2) dall’avvenuta comunicazione, l’attività di controllo diretta a verificare la sussistenza dei requisiti sull’Atto costitutivo e sullo Statuto per l’iscrizione stessa. L’ulteriore richiesta di documentazione da parte dell’Uffi-

cio “Runts”, se non rispettata entro 60 giorni fa decadere la facoltà di iscrizione al Registro.La trasmigrazione dunque è un passaggio di dati tra i di-versi sistemi di registrazione, pur tuttavia facendo rimane-re in capo agli Enti preesistenti e registrati il diritto di rima-nere in possesso della qualifica di Odv o di Aps, acquisita per effetto dell’iscrizione negli stessi. Entro il termine di 180 giorni, allo spirare del procedimento di controllo, l’Uf-ficio adotterà il provvedimento di iscrizione al “Runts”, o nel caso di cui al comma 3 dell’art. 54 un provvedimento di diniego di iscrizione: in quest’ultima ipotesi, incidendo negativamente sulla sfera giuridica del destinatario, sarà adottato nel rispetto dei Principi e delle modalità di parte-cipazione procedimentale ex Legge n. 241/1990.Qualora dal procedimento di controllo dovesse scaturire l’esigenza, ai fini della conformità degli Statuti alle prescri-zioni codicistiche regolanti una specifica tipologia di Enti, di ulteriori modifiche statutarie, l’adozione delle stesse po-trà essere effettuata anche dopo la scadenza di cui all’art. 101, comma 2, del “Codice”, ma a questo punto senza più beneficiare delle modalità alleggerite ivi previste, nemme-no se le modifiche dovessero riguardare le c.d. “disposi-zioni inderogabili”.È fatta salva la possibilità, per le Amministrazioni che ge-stiscono i Registri delle Odv e delle Aps (in base alle Leggi n. 266/1991 e n. 383/2000), di procedere alla cancella-zione dai rispettivi Registri nei confronti di Enti per i quali siano state riscontrate situazioni di contrasto rispetto al quadro normativo di riferimento.Per le Onlus invece è fatta salva la possibilità di effettuare le modifiche statutarie necessarie per l’adeguamento alla normativa del “Codice del Terzo Settore”, per cui saranno sottoposte alla nuova normativa di cui al Titolo X solo dal momento che le stesse entrino in vigore in base all’art. 104, comma 2. Pertanto, la disciplina previgente al “Codi-ce” rimarrà valida fino a tale data.Mettendo dunque in esame la disciplina delle tempistiche di registrazione degli Enti dotati di personalità giuridica - ovvero delle Odv e delle Aps da un lato - e l’attuale vigenza della normativa Onlus dall’altro, possiamo affermare che sussiste una potestà approvativa da parte delle PP.AA. sulle modifiche statutarie degli “Enti del Terzo Settore” do-tati di personalità giuridica. Pertanto, occorre precisare se la scadenza del termine di 24 mesi stabilito dall’art. 101, comma 2, del “Codice”, si riferisca alla data entro la quale l’Organo statutariamente competente di ciascun Ente può adottare la Delibera di modifica dello Statuto, oppure a quella entro cui deve intervenire il provvedimento ammini-strativo di approvazione delle modifiche statutarie da par-te della Prefettura competente o dalla Regione o Provincia

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autonoma interessata, ai sensi del Dpr. n. 361/2000.In base all’art. 2, comma 1, del Dpr. sopra menzionato, le modificazioni dello Statuto e dell’Atto costitutivo vengono approvate con le modalità e nei termini previsti per l’ac-quisto della personalità giuridica dall’art. 1 del medesimo Decreto, a differenza dei casi di riconoscimento della per-sonalità giuridica per atto legislativo, con provvedimento del Prefetto (entro 120 giorni dalla richiesta, prorogabili di ulteriori 60 nel caso si ravvisi integrazioni di istruttorie o motivi ostativi). Nei casi in cui il provvedimento sia di com-petenza delle Regioni o Province autonome, i termini pro-cedimentali sono stabili ai sensi della Legge n. 241/1990.Per chiarezza si può pertanto affermare che il Ministero è in linea con la prima interpretazione, secondo cui la sca-denza individuata dalla legge si riferisce alla data entro la quale l’Organo statutario del cosiddetto “Ente del Ter-zo Settore” delibera la modifica statutaria, adeguando lo

Statuto alle previsioni codicistiche. Dunque l’Ente, nono-stante il termine imposto dalla previsione codicistica, può esercitare il proprio potere deliberativo al fine di adeguare il proprio Statuto alla nuova normativa del “Terzo Settore”. Ragion per cui l’interpretazione secondo cui i termini impo-sti dal “Codice” sarebbero una volontà impositiva da parte della P.A. sulle modifiche statutarie degli Enti andrebbe in contrasto con la previsione codicistica secondo cui gli Enti dotati di personalità giuridica e quelli non riconosciuti siano equiparati un uno stesso piano, oltre al fatto che tale interpretazione vedrebbe fortemente compresso il lasso temporale entro cui effettuare tale modifica per quelli do-tati di personalità giuridica, mentre per le Associazioni non riconosciute vi sarebbe di fatto, non essendo annoverate in tale previsione dell’art. 101, comma 2, un periodo mag-giore per attuare le modifiche ai fini dell’adeguamento.

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L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 15/E del 29 giugno 2019, emanata immediatamente dopo la pub-blicazione in G.U. della Legge di conversione del Dl. n. 34/19, ha ricordato in primo luogo che l’art. 12-quinquies di tale Provvedimento, introdotto in sede di conversione, ha previsto che i dati relativi ai corrispettivi giornalieri sono trasmessi telematicamente all’Agenzia delle Entrate entro dodici giorni dall’effettuazione dell’operazione, determina-ta ai sensi dell’art. 6 del Dpr. n. 633/1972 e che restano fermi gli obblighi di memorizzazione giornaliera dei dati re-lativi ai corrispettivi nonché i termini di effettuazione delle liquidazioni periodiche Iva.Inoltre, nel primo semestre di vigenza dell’obbligo - decor-rente dal 1° luglio 2019 per i soggetti con volume di affari superiore ad Euro 400.000 e dal 1° gennaio 2020 per gli altri soggetti - le sanzioni previste non si applicano in caso di trasmissione telematica dei dati relativi ai corrispettivi giornalieri entro il mese successivo a quello di effettuazio-ne dell’operazione, fermi restando i termini di liquidazione dell’Iva. Al riguardo, la Circolare in commento ha precisato che la disposizione in argomento fornisce risposta alle potenziali difficoltà in sede di prima applicazione dell’obbligo di me-morizzazione e trasmissione dei dati dei corrispettivi gior-nalieri. In particolare, al fine di evitare l’applicazione del-le sanzioni, la disposizione consente ai predetti soggetti, qualora non abbiano ancora la disponibilità di un registra-tore telematico, di assolvere all’obbligo di trasmissione dei

dati relativi ai corrispettivi giornalieri entro i più ampi termi-ni previsti dal predetto comma (entro il mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione). A tal fine, saranno individuate modalità telematiche con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate di prossima emanazione. In tale evenienza i soggetti interessati - nel caso degli Enti Locali l’interesse è ad esempio per i corrispettivi delle far-macie comunali - potranno adempiere temporaneamente all’obbligo di memorizzazione giornaliera dei corrispettivi mediante i registratori di cassa già in uso ovvero tramite ricevute fiscali. Tale facoltà è ammessa fino al momento di attivazione del registratore telematico e, in ogni caso, non oltre la sca-denza del primo semestre di vigenza del nuovo obbligo. Resta fermo, in ogni caso, l’obbligo di rilascio al cliente dello scontrino e della ricevuta fiscale e l’obbligo di tenuta del registro dei corrispettivi fino alla messa in uso del regi-stratore telematico. Resta inoltre fermo l’obbligo di liquida-zione dell’Iva periodica nei termini ordinari. Nel primo semestre di applicazione dell’obbligo di memo-rizzazione elettronica e trasmissione telematica dei cor-rispettivi, sono parimenti esclusi dall’applicazione delle sanzioni i soggetti passivi Iva che, pur avendo già tem-pestivamente messo in servizio il registratore telematico, effettuano la trasmissione telematica dei dati dei corrispet-tivi entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.

Trasmissione telematica dei corrispettivifornite indicazioni ai soggetti interessati per gestire i primi mesi di vigenza del nuovo obbligo

L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta all’Istanza di In-terpello n. 209 del 26 giugno 2019, ha fornito un nuovo chiarimento in ordine alla determinazione del volume d’af-fari, al fine di stabilire la decorrenza dell’obbligo - salvo

esoneri soggettivi – di trasmissione telematica dei corri-spettivi, se dal 1° luglio 2019 o se dal 1° gennaio 2020.L’Agenzia ha ricordato che l’art. 2, comma 1, del Dlgs. n. 127/2015, dispone che, “a decorrere dal 1° gennaio 2020

Trasmissione telematica dei corrispettiviper la decorrenza dell’eventuale obbligo rileva il volume d’affari dell’anno precedente

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i soggetti che effettuano le operazioni di cui all’art. 22 del Dpr. n. 633/1972, memorizzano elettronicamente e tra-smettono telematicamente all’Agenzia delle Entrate i dati relativi ai corrispettivi giornalieri. La memorizzazione elet-tronica e la connessa trasmissione dei dati dei corrispettivi sostituiscono gli obblighi di registrazione di cui all’art. 24, comma 1, del suddetto Dpr. n. 633/1972. Le disposizioni di cui ai periodi precedenti si applicano a decorrere dal 1° luglio 2019 ai soggetti con un volume d’affari superiore ad Euro 400.000. Per il periodo d’imposta 2019 restano valide le opzioni per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi esercitate entro il 31 dicembre 2018. Con Decreto del Ministro dell’E-conomia e 3 delle Finanze, possono essere previsti speci-fici esoneri dagli adempimenti di cui al presente comma in ragione della tipologia di attività esercitata”. La decorrenza dell’obbligo di memorizzazione e trasmis-sione telematica dei corrispettivi è quindi subordinata al volume d’affari realizzato nel periodo d’imposta preceden-te. A tal proposito, l’Agenzia ha evidenziato che, nelle more

della presentazione dell’Interpello, il quesito posto dall’i-stante ha trovato soluzione con la Risoluzione n. 47/E dell’8 maggio 2019. Infatti, il Documento di prassi sopra menzionato ha chiarito che, “(…) in assenza di specifiche indicazioni contenute nell’art. 2 del Dlgs n. 127/2015, per ‘volume d’affari non può che intendersi quello di cui all’art. 20 del Decreto Iva, a mente del quale: ‘Per volume d’af-fari del contribuente s’intende l’ammontare complessivo delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi dallo stesso effettuate, registrate o soggette a registrazione con riferimento a un anno solare a norma degli artt. 23 e 24, tenendo conto delle variazioni di cui all’art. 26. […]’. ‘Ne deriva che tale volume è quello complessivo del soggetto passivo d’imposta e non quello relativo a una o più tra le varie attività svolte dallo stesso (come potrebbe avvenire, in ipotesi, per coloro che svolgono sia attività ex art. 22 del Decreto Iva, sia altre attività soggette a fatturazione)”. Nel caso di specie, oggetto dell’istanza, il volume d’affari dichiarato ai fini Iva per il 2018 ammonta a […] Euro e, pertanto, l’obbligo di memorizzazione e trasmissione tele-matica dei corrispettivi decorre dal 1° luglio 2019.

L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 62/E del 26 giugno 2019, ha fornito nuovi chiarimenti in merito alle deleghe agli Intermediari per l’utilizzo dei servizi di fattu-razione elettronica e di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi.Fatturazione elettronicaRicordiamo che con il Provvedimento 21 dicembre 2018 sono state apportate modifiche ai Provvedimenti 30 aprile 2018 e 5 novembre 2018 in materia di fatturazione elet-tronica, al fine di recepire le indicazioni dell’Autorità ga-rante per la protezione dei dati personali. In particolare, è stata prevista l’introduzione di una specifica funzionalità, da rendere disponibile nell’Area riservata del sito internet dell’Agenzia delle Entrate, per consentire all’operatore Iva, o ad un Intermediario appositamente delegato, ovvero al consumatore finale, di aderire espressamente al servizio di “consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche o dei loro duplicati informatici”. Conseguentemente è stato aggiornato il Modulo per il conferimento/revoca delle deleghe agli Intermediari per l’utilizzo dei servizi di fatturazione elettronica, approvato con il citato Provvedimento 5 novembre 2018, con riguar-

“E-fattura” e trasmissione telematica dei corrispettivinuove indicazioni per le deleghe agli Intermediari abilitati

do alla descrizione del suddetto servizio di consultazione che, in ragione della nuova funzionalità prevista, consenti-rà di “gestire il Servizio di consultazione e divisione servizi acquisizione delle fatture elettroniche o dei loro duplicati informatici (adesione al servizio, recesso, ricerca, consul-tazione e acquisizione di tutte le fatture elettroniche emes-se e ricevute attraverso il ‘Sdi’)”. Pertanto, alle funzioni di ricerca, consultazione e acquisizione delle fatture elettro-niche si è aggiunta la possibilità di aderire, anche tramite un intermediario delegato, al servizio di consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche o di recedere dal servizio stesso. Viste le modifiche intervenute con il menzionato Provve-dimento 21 dicembre 2018, le deleghe conferite agli Inter-mediari in un momento antecedente alla predetta data non consentono agli stessi di effettuare l’adesione al Servizio di consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche o dei loro duplicati informatici per conto dei propri clienti; per poter effettuare le suddette operazioni è necessario così che gli Intermediari delegati al Servizio di consultazione prima del 21 dicembre 2018 acquisiscano nuovamente la relativa delega.

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Correlativamente, tenuto conto anche delle richieste per-venute dagli Ordini professionali e dalle Associazioni di categoria, che hanno evidenziato la necessità di disporre di un periodo più ampio per effettuare l’adesione al servi-zio, con il Provvedimento 29 aprile 2019 e, da ultimo, con il Provvedimento 30 maggio 2019, sono stati modificati i termini per effettuare l’adesione. Più nel dettaglio, è stato disposto che la funzionalità per aderire al Servizio sia resa disponibile a decorrere dal 1° luglio 2019 e che sia possibile effettuare l’adesione fino al 31 ottobre 2019. Tutto ciò premesso, l’Agenzia ha sottolineato l’opportunità per gli Intermediari di presentare le deleghe attraverso i servizi resi disponibili dalla stessa con modalità “massiva” o “puntuale”, secondo quanto previsto dal punto 4.3 del richiamato Provvedimento 5 novembre 2018. Tali servizi consentono infatti l’attivazione automatica del-la delega in esito alla positiva verifica degli elementi di riscontro indicati, desumibili dalla Dichiarazione Iva del delegante. Solo nei casi in cui non sia possibile fornire i richiamati elementi di riscontro (ad esempio, perché nell’anno prece-dente non è stata presentata la Dichiarazione Iva), resta ferma la possibilità, per i soggetti che possono autentica-re la sottoscrizione della delega ai sensi dell’art. 63 del Dpr. n. 600/1973, di trasmettere tramite Posta elettronica certificata, per ciascun soggetto delegato, un file firmato digitalmente contenente: - le copie delle deleghe cartacee debitamente compilate e sottoscritte e dei documenti di identità dei deleganti;

- un prospetto contenente gli elementi essenziali delle de-leghe conferite, predisposto secondo lo schema allega-to al Provvedimento 5 novembre 2018;

- una dichiarazione sostitutiva resa ai sensi dell’art. 47 del Dpr. n. 445/2000, con cui l’Intermediario attesta di aver ricevuto specifica procura alla presentazione dei modu-li, la rispondenza di quanto riportato nel file con quanto indicato nei moduli stessi e l’impegno a conservare gli originali dei moduli per 10 anni dalla data della loro sot-toscrizione, al fine di consentire gli opportuni controlli da parte dell’Agenzia.

In caso di utilizzo di tale modalità di trasmissione delle deleghe, che richiama sostanzialmente quanto previsto dal punto 4.8 del menzionato Provvedimento 5 novem-bre 2018 ed è alternativa alle altre modalità previste dal medesimo Provvedimento, il file firmato digitalmente va inviato all’indirizzo di Posta elettronica certificata della Di-

rezione provinciale dell’Agenzia delle Entrate competente in ragione del domicilio fiscale dell’Intermediario. L’Agenzia evidenzia che l’invio della nuova delega pro-duce un automatico aggiornamento dei soli servizi per i quali si comunica la delega stessa, senza la necessità di procedere con preventive revoche. Al riguardo, conside-rato che la durata della delega è stabilita entro il limite di 2 anni dalla data di sottoscrizione del Modulo, nel caso in cui l’intermediario sia stato delegato all’utilizzo di più servizi disponibili nel Portale “Fatture e Corrispettivi” e si renda necessario acquisire nuovamente la delega relativa al servizio di consultazione, può risultare opportuno pre-sentare ex novo anche le deleghe relative agli altri servizi, al fine di evitare scadenze diversificate. Trasmissione telematica dei corrispettiviInfine, l’Agenzia ha ricordato che l’art. 2, comma 1, del Dlgs. n. 127/2015, come modificato dall’art. 17 del Dl. n. 119/2018, ha previsto l’obbligo di memorizzazione elet-tronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri per tutti gli operatori che effettuano attività di cui all’art. 22 del Dpr. n. 633/1972. Tale adempimento, sosti-tutivo della modalità di assolvimento dell’obbligo di certi-ficazione fiscale dei corrispettivi di cui all’art. 12, comma 1, della Legge n. 413/1991, e di cui al Dpr. n. 696/1996, entrerà in vigore dal 1° luglio 2019 per gli operatori con volume d’affari superiore a Euro 400.000, e dal 1° gennaio 2020 per gli altri operatori. Ciò premesso, l’Agenzia ha ricordato che tra i servizi fru-ibili attraverso il Portale “Fatture e Corrispettivi” rientrano anche quelli relativi alla gestione del processo di me-morizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi, anch’essi delegabili agli Intermediari abilitati di cui all’art. 3, comma 3, del Dpr. n. 322/1998, mediante il Modello di delega allegato al Provvedimento 5 novembre 2018. In particolare, conferendo la delega al servizio di “accre-ditamento e censimento dispositivi”, l’Intermediario viene abilitato ad accedere anche all’Area “Corrispettivi” del Portale “Fatture e Corrispettivi” relativa al singolo clien-te, all’interno della quale è possibile usare le funzionalità per accreditarsi e gestire i propri dispositivi (registratori telematici ovvero distributori automatici). Al riguardo, al fine di agevolare l’avvio del processo di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi, l’Agenzia ha evidenziato che dall’11 giugno 2019 è possibile effettuare l’attivazione e la messa in servizio dei registratori telemati-ci indipendentemente dal preventivo accesso e accredita-mento a sistema dell’esercente.

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L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta all’istanza di in-terpello n. 208 del 26 giugno 2019, ha chiarito che in caso di invio al “Sdi” di e-fatture prive dei dati di iscrizione al repertorio delle notizie economiche ed amministrative (“Rea”) non è necessaria la richiesta di emissione di note di credito, non essendo tali dati ricompresi in quelli obbli-gatori di cui all’art. 21 del Dpr. n. 633/1972.L’Agenzia ha ricordato in primo luogo che l’art. 2250, com-ma 1, Cc. prevede che negli atti e nella corrispondenza delle Società soggette all’obbligo dell’iscrizione nel registro delle imprese devono essere indicati, tra gli altri, l’Ufficio del registro delle imprese presso il quale questa è iscritta e il numero d’iscrizione. L’omessa indicazione comporta la sanzione amministrativa pecuniaria individuata nel suc-cessivo art. 2630 Cc. (da Euro 103 a Euro 1.032). La previsione di tale norma è tale per cui negli “atti” non possono che ricomprendersi tutti i documenti prodotti dalle Società soggette all’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese, ivi comprese le fatture. Sulla scorta dell’obbligo civilistico, le istruzioni contenute nell’“Allegato A - Specifi-che tecniche” al Provvedimento Agenzia delle Entrate 30 aprile 2018 prevedono che: “Iscrizione Rea (gli elementi indicati di seguito devono essere obbligatoriamente va-lorizzati nei soli casi di Società soggette al vincolo dell’i-scrizione nel Registro delle imprese ai sensi dell’art. 2250 del Cc.) Ufficio: sigla della Provincia ove ha sede l’Ufficio

del Registro delle Imprese presso il quale è registrata la Società. Numero Rea: numero di repertorio con il quale la Società è iscritta nel Registro delle Imprese”. Sul punto, in sede di incontri con le Associazioni di cate-goria, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che “valgono le regole e le disposizioni già in vigore, non è un elemento introdotto con la ‘FE’. Il numero Rea non è un dato previ-sto dall’art. 21” (così la risposta al quesito n. 1.6 formulato dal Consiglio nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili). Non trattandosi di un elemento richiesto dall’art. 21 del Dpr. n. 633/72 - ovvero da altra norma che riguarda impo-ste, tributi o aspetti fiscali - l’assenza del dato indicato non ha riflessi in termini di documentazione delle operazioni e non obbliga all’emissione di alcuna nota di variazione ex art. 26 del medesimo Decreto. Tale strumento è comunque utilizzabile laddove, nei tempi ed al ricorrere delle ipotesi individuate nell’articolo citato, si debba/voglia operare una variazione dell’imponibile o dell’imposta e, unitamente, far emergere il “numero Rea”. Esclusi riflessi in tema di Iva o di altri tributi amministrati dall’Agenzia, quest’ultima non si è espressa circa la sanzione prevista dal richiamato art. 2630 Cc. e sul comportamento più idoneo ad evitarla o a porvi rimedio, non avendo l’Agenzia delle Entrate compe-tenza al riguardo.

“E-fatture”in caso di invio a “Sdi” senza l’indicazione del “Rea” non è necessario richiedere note di credito

L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 188/E del 12 giugno 2019, ha fornito chiarimenti in ordine all’applicabili-tà della disciplina Iva riferita al mandato senza rappresen-tanza, di cui all’art. 3, comma 3, del Dpr. n. 633/1972, nei rapporti tra una Società costituita a seguito di Ati compo-sta da 3 Società (Consociate), aggiudicatarie di una gara per la rifunzionalizzazione e l’adeguamento delle sezioni di trattamento di un impianto di depurazione.L’Agenzia ha proceduto in primo luogo a verificare se il rapporto giuridico cui imputare le operazioni rese e rice-

vute dalla Società verso le Consociate sia riconducibile ad un rapporto di mandato senza rappresentanza ovvero a una più generica attività di realizzazione di opera. Al riguardo, l’Agenzia ha osservato che, in base alla rico-struzione effettuata dall’istante (la Società), le 3 Conso-ciate – aggiudicatarie dell’appalto e riunite in Ati – hanno costituito una Società, mediante la quale eseguiranno uni-tariamente i lavori e i servizi sopra descritti. Tale organiz-zazione comune – secondo quanto previsto dallo Statuto della Società costituita – è istituita “per conseguire, attra-

Iva su appalto di lavorinei rapporti tra Società costituita a seguito di Ati e consociate vale il mandato senza rappresentanza

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verso l’ottimizzazione delle capacità tecniche, operative, amministrative, generali e finanziarie dei singoli soci con-sorziati, in loro conto e interesse, l’attuazione di tutte le prestazioni, opere, lavorazioni e forniture necessarie alla rifunzionalizzazione ed adeguamento delle sezioni di trat-tamento dell’impianto di depurazione di zzz, nonché l’ese-cuzione di eventuali estensioni o lavori aggiuntivi disposti dalla stazione Appaltante e dell’attività di gestione per tut-to il tempo necessario” (cfr. art. 2.3). In base all’art. 16 del medesimo Statuto la Società, av-valendosi della propria struttura ed eventualmente dei servizi delle Consociate o di terzi, “sempre per conto e nell’interesse dei soci-consorziati”, provvederà, “a titolo esemplificativo: (i) al reperimento dei necessari mezzi finanziari presso gli

istituti di credito; (ii) all’approvvigionamento dei materiali occorrenti per l’e-

secuzione dei lavori e dei servizi; (iii) al conferimento di eventuali incarichi e subappalti a

terzi; (iv) al reclutamento del personale operaio ed impiegatizio,

tecnico ed amministrativo ed alla direzione del mede-simo nel corso dell’esecuzione dei lavori e dei servizi;

(v) al reperimento dei mezzi d’opera, delle attrezzature e dei macchinari”.

Sempre secondo quanto previsto dalle disposizioni statu-tarie, la Società “fatturerà i corrispettivi dell’appalto diret-tamente alla stazione appaltante” (cfr. art. 16.3) e ciascun socio-consorziato si assume l’obbligo di “provvedere (…) al pagamento delle fatture emesse a fronte dei costi relati-vi all’attività della Società consortile rientrante nell’oggetto sociale, (…), e dalla stessa esercitata in nome proprio e per conto dei soci-consorziati, nelle proporzioni indicate ai sensi del precedente art. 16” (cfr. art. 17). Inoltre, l’Agenzia ha osservato che, in base all’art. 3 del Contratto definitivo di appalto, sottoscritto in data 11 di-cembre 2018 tra l’Ati e la Regione e allegato all’Istanza di Interpello in esame, l’accordo ha ad oggetto: “1. la progettazione esecutiva dei lavori di rifunzionalizza-

zione ed adeguamento dell’impianto di depurazione di zzz nonché il coordinamento per la sicurezza in fase di progettazione, sulla base del Progetto definitivo pre-sentato dall’Ati in sede di gara ed approvato con Decre-to Dirigenziale n. 518 del 8/11/2018;

2. l’esecuzione dei lavori di rifunzionalizzazione ed ade-guamento dell’impianto;

3. la gestione dell’impianto e dei collettori comprensoriali (…)”.

Sul punto, l’Agenzia ha evidenzia che, alla luce dell’art. 4 del medesimo Contratto definitivo, relativamente a

tali lavori e servizi, il corrispettivo risulta pari ad Euro 57.849.435,15, di cui: - Euro 22.982.605,57 (…) per lavori a corpo, Iva esclusa; - Euro 321.690,69 (…) per compenso per la progettazione

definitiva (oneri ed Iva esclusa), compresi rilievi, indagi-ni, sondaggi e tutte le altre attività funzionali e propedeu-tiche alla progettazione definitiva;

- Euro 227.979,75 (…) per compenso per la progettazione esecutiva (oneri ed Iva esclusa), compresi rilievi, indagi-ni, sondaggi e tutte le altre attività funzionali e propedeu-tiche alla progettazione esecutiva;

- Euro 88.493,37 (…) per compenso per il coordinatore della sicurezza in fase di progettazione, soggetto a ri-basso (oneri ed Iva esclusa);

- Euro 33.704.345,76 (…) per la gestione quinquennale dell’impianto”.

Ciò posto, alla luce degli elementi desumibili dall’Istanza di Interpello in esame e dai documenti a essa allegati, sem-bra evincersi che il rapporto tra la Società e le Consociate sia riconducibile all’istituto del “mandato senza rappresen-tanza”, con la conseguente applicabilità dell’art. 3, comma 3, ultimo periodo, del Dpr. n. 633/1972, che qualifica come prestazione di servizi della stessa natura l’operazione po-sta in essere dal mandatario senza rappresentanza che rende o riceve servizi per conto del mandante. In particolare, nel caso di specie:- la Società fattura alla stazione appaltante (la Regione) i

corrispettivi previsti dal contratto di appalto in esame, a fronte dei lavori e dei servizi svolti;

- le Consociate a loro volta, secondo le rispettive quote di partecipazione al capitale, emettono fattura nei confronti della Società, per un ammontare globale pari ai corri-spettivi fatturati da quest’ultima alla Stazione appaltante;

- la Società provvede a eseguire le prestazioni rientranti nel proprio oggetto sociale sostenendone i costi, che ri-partisce tra le Consociate in proporzione alle rispettive quote di partecipazione al capitale, attraverso l’emissio-ne di apposite fatture.

Pertanto, le singole Consociate, nelle fatture emesse per il ribaltamento dei compensi percepiti dalla Società, in re-lazione al valore dei lavori e dei servizi effettuati, devono applicare l’Iva con l’aliquota propria delle operazioni rese dalla stessa Società alla Regione. Parimenti, alle somme addebitate dalla Società alle Con-sociate per il ribaltamento dei costi sostenuti per l’effet-tuazione dei lavori e dei servizi in argomento si applica il regime Iva previsto per i servizi acquistati dalla Società, mediante i contratti stipulati dalla stessa con le Consocia-te o con i terzi (vedasi Risoluzioni n. 355/E del 2002 e n. 229/E del 2007).

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Da ultimo, per completezza, l’Agenzia ha fornito precisa-zioni anche in merito all’aliquota Iva applicabile ai lavori e ai servizi descritti dalla Società. La qualificazione dell’opera in questione (rifunzionaliz-zazione e adeguamento delle sezioni di trattamento di un impianto di depurazione) quale opera di urbanizza-zione primaria, spetta in ultima analisi al Comune o al-tro Ente territoriale, in qualità di Organo competente in tema di classificazioni urbanistiche (vedasi Risoluzione n. 561194/1990). Inoltre, ai fini dell’applicazione dell’aliquota Iva del 10% ai sensi del citato n. 127-septies), deve trattarsi della realiz-zazione ex novo delle opere indicate al n. 127-quinquies) e non della semplice sistemazione, miglioria o modifica delle stesse, anche se comportanti un potenziamento delle medesime (vedasi Risoluzioni n. 397666/1985 e n. 202/2008), cui si applicherebbe l’aliquota Iva ordinaria. Relativamente ai servizi di progettazione delle opere so-pra descritte, si fa presente che “le prestazioni di proget-tazione delle opere di urbanizzazione primaria e secon-daria possono essere assoggettate all’aliquota ridotta del

10% nel caso in cui non siano rese autonomamente, ma in dipendenza dell’unico contratto di appalto avente ad oggetto la complessiva realizzazione dell’opera. In caso contrario, alle stesse prestazioni si applica l’Imposta in base all’aliquota ordinaria. In sostanza, tali servizi non sono autonomamente assoggettabili ad Iva con l’aliquota del 10%, salvo che gli stessi siano resi in dipendenza di un ‘unico’ contratto di appalto che, a sua volta, beneficia della aliquota ridotta” (vedasi Risoluzioni n. 52/E del 2008 e n. 168/E del 1999). Con riferimento all’attività di gestione dell’impianto di de-purazione e dei collettori comprensoriali, l’Agenzia ha se-gnalato infine che sono soggette all’aliquota Iva 10% le “prestazioni di gestione, stoccaggio, e deposito tempora-neo, previste dall’art. 6, comma 1, lett. d), l) e m), del Dlgs. n. 22/1997, di rifiuti urbani di cui all’art. 7, comma 2, e di rifiuti speciali di cui all’art. 7, comma 3, lett. g), del mede-simo Decreto, nonché prestazioni di gestione di impianti di fognatura e depurazione” (vedasi n. 127-sexiesdecies) della Tabella A, Parte III, allegata al Dpr. n. 633/1972).

L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta all’Istanza di In-terpello n. 178 del 3 giugno 2019, ha fornito chiarimenti in merito alla corretta emissione di nota di credito a seguito di un accordo transattivo intercorso tra 2 soggetti.L’Agenzia ha ricordato in primo luogo che, ai sensi dell’art. 1965 Cc., “la transazione è il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro. Con le reciproche concessioni, si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazio-ne delle parti”. Funzione della transazione è dunque quella di comporre o prevenire una lite, mediante reciproche concessioni. Gli effetti della transazione possono essere di natura di-chiarativa o innovativa, a seconda della circostanza che dalla transazione non scaturiscano nuovi rapporti tra le parti (concretizzandosi essenzialmente nella reciproca ri-

nuncia o nel contestuale ridimensionamento delle pretese originarie), ovvero si determini la creazione di un nuovo rapporto diretto a costituire, in sostituzione di quello pre-cedente, nuove e autonome situazioni (vedasi: Sentenza Corte di Cassazione n. 27448/2005; Sentenza Corte di Cassazione n. 7830/2003; Sentenza Corte di Cassazione n. 10937/1996). Al fine di stabilire il trattamento fiscale della transazione, è necessario effettuare una valutazione caso per caso per individuare, mediante l’analisi degli elementi sottostanti la vicenda negoziale, la specifica volontà delle parti. In via generale, l’obbligo di abbandonare o rinunciare alla lite si caratterizza quale effetto tipico o naturale dell’accordo di composizione della controversia; nel dettaglio invece occorre distinguere tra transazione “dichiarativa” (o con-servativa), e transazione “novativa”. Nella transazione dichiarativa infatti, non configurandosi un nuovo rapporto giuridico, il trattamento fiscale è stabilito con riferimento

Ivain caso di transazione “dichiarativa” con sopravvenuto accordo tra le parti lo storno tramite nota di credito può avvenire solo entro l’anno

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al rapporto giuridico che ha dato origine alla transazione stessa; al contrario, nella transazione “novativa” le parti assumono una nuova o diversa obbligazione, la cui ricon-ducibilità o meno all’ambito applicativo dell’Iva deve esse-re oggetto di specifica valutazione. L’art. 26, comma 2, del Dpr. n. 633/1972, dispone che, “se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli artt. 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammon-tare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di pro-cedure concorsuali o di procedure esecutive individuali ri-maste infruttuose (…) il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’art. 19 l’Imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’art. 25”. Come già precisato con la Risoluzione n. 85/E del 2009, “… il citato art. 26, comma 2, riferendosi anche alle figure ‘simili’ alle cause ‘di nullità, annullamento, revoca, risolu-zione, rescissione, consente un’accezione ampia delle ra-gioni per le quali un’operazione fatturata può venir meno in tutto o in parte o essere ridotta nel suo ammontare im-ponibile; ciò che conta, difatti, è che la variazione e la sua causa siano registrate a norma degli artt. 23, 24 e 25 del

Dpr. n. 633/1972” (Risoluzione n. 42/E del 2009; Sentenza Corte di Cassazione 6 luglio 2001, n. 9195).Il successivo comma 3 dispone che la disposizione nor-mativa di cui al comma 2 del predetto art. 26 del Dpr. n. 633/1972 “non può essere applicata dopo il decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile qualora gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di soprav-venuto accordo fra le parti”. Lo scopo perseguito da quest’ultima disposizione è evi-dentemente quello di evitare pericolose forme di elusione degli obblighi del contribuente (Risoluzione n. 42/E del 17 febbraio 2009). La stessa trova fondamento nell’art. 90 della Direttiva del Consiglio dell’Unione europea 2006/112/CE del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune Iva, secondo cui, “in caso di annullamento, recesso, risoluzio-ne, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione, la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri”. Tanto premesso, se la transazione tra le parti costituisce un accordo sopravvenuto è applicabile il limite temporale di cui al citato comma 3 dell’art. 26 del Dpr. n. 633/1972, secondo cui la variazione non può essere effettuata dopo il decorso di un anno dal momento di effettuazione delle operazioni originarie di vendita degli autoveicoli.

L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta n. 211 del 27 giu-gno 2019, ha chiarito che sui compensi al Consulente tec-nico d’ufficio (Ctu) non è dovuta la ritenuta Irpef del 20% se la parte soccombente, che dovrà sostenere l’onere, non riveste la qualifica di sostituto d’imposta.Al riguardo, l’Agenzia ha ricordato che con la Risoluzione n. 88/2015 è stato precisato, tra l’altro, che il reddito de-rivante dall’attività di Ctu resa nell’ambito di un giudizio civile, se è svolta con carattere di abitualità da parte del Professionista, dovrà essere assoggettato al regime del reddito di lavoro autonomo, di cui all’art. 53, comma 1, del Tuir. In tali ipotesi, troverà applicazione la disciplina previ-sta dall’art. 54 del Tuir per i redditi di natura professionale che implica, sotto il profilo Iva, non solo il necessario pos-

sesso (o apertura) della Partita Iva, ma anche l’obbligo di fatturazione elettronica (laddove chi eroga i compensi abbia la qualifica soggettiva indicata nella citata Circolare n. 1/DF del 2015), salva le ipotesi in cui forme alternative di documentazione siano legislativamente previste. Con la Circolare 7 maggio 2018, n. 9/E, con la quale sono stati forniti chiarimenti in merito alla disciplina della scis-sione dei pagamenti, è stato precisato che, con riguardo ai compensi e onorari relativi alle prestazioni rese dal Ctu, titolare passivo del rapporto di debito è la parte esposta all’obbligo di sopportare l’onere economico. Tale soggetto è tenuto infatti, in base al Provvedimento del Giudice, al pagamento del compenso per le prestazioni professionali rese a favore dell’Amministrazione della Giustizia, com-

Sostituti d’impostase non si riveste detta qualifica, nessuna ritenuta sui compensi al Ctu, che non la evidenzierà nella propria fattura

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mittente ma non esecutrice del pagamento. Conseguente-mente, il Ctu deve ritenersi obbligato, tra l’altro, ad emet-tere fattura, ai sensi dell’art. 21 del Dpr. n. 633/1972, nei confronti dell’Amministrazione della Giustizia nella quale dovrà essere evidenziato tuttavia che la “solutio” avviene con denaro fornito dalla/e parte/i individuata/e dal Prov-vedimento del Giudice. In tali fattispecie dunque la P.A. (Amministrazione della Giustizia), pur essendo riconduci-bile nell’ambito soggettivo di applicazione della “scissione dei pagamenti”, non effettua alcun pagamento del corri-spettivo nei confronti del Ctu. Infatti, l’applicazione della “scissione dei pagamenti” comporterebbe l’onere, per la parte obbligata al pagamento del compenso del Ctu, di versare a quest’ultimo soltanto l’imponibile, mentre l’Iva relativa alla prestazione del Ctu dovrebbe essere riversa-ta all’Amministrazione della Giustizia affinché quest’ulti-ma, a sua volta, versi tale importo all’Erario, nell’ambito della “scissione dei pagamenti”. Tale doppio versamento costituirebbe un aggravio delle procedure e giustifica la non applicazione della disciplina della “scissione dei pa-gamenti” nel caso in argomento.Ad analoghe conclusioni l’Agenzia ritiene debba giungersi

in relazione al versamento della ritenuta d’acconto Irpef, di cui all’art. 25 del citato Dpr. n. 600/1973, che pertanto dovrà essere versata all’Erario non dall’Amministrazione della Giustizia, ma dalla parte soccombente, titolare pas-sivo del rapporto di debito nei confronti del Consulente ed esposta all’obbligo di sopportare l’onere economico, sempreché quest’ultima sia ricompresa tra i soggetti che rivestono la qualifica di sostituto d’imposta. Solo in tale ipotesi quindi la fattura, che andrà emessa nei confronti dell’Amministrazione della Giustizia, dovrà evidenziare la ritenuta d’acconto Irpef dovuta in caso di corresponsione di compensi costituenti per il percipien-te reddito di lavoro autonomo (art. 25, comma 1, Dpr. n. 600/1973). Laddove invece, come nella fattispecie oggetto della pre-sente Risposta, la parte soccombente, titolare passivo del rapporto di debito esposta all’obbligo di sopportare l’onere economico, non rivestisse la qualifica di sostituto d’impo-sta, la ritenuta d’acconto Irpef non dovrà essere operata e, pertanto, non dovrà essere evidenziata in fattura dal Consulente.

L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 13/E del 31 maggio 2019, ha pubblicato la “Guida alla Dichiarazione dei redditi delle persone fisiche relativa all’anno d’impo-sta 2018”, Documento che costituisce una trattazione sistematica delle disposizioni riguardanti ritenute, one-ri detraibili, deducibili e crediti di imposta, anche sotto il profilo degli obblighi di produzione documentale da parte del contribuente al Caf o al Professionista abilitato e di conservazione da parte di questi ultimi per la successiva produzione all’Amministrazione finanziaria. La Circolare, composta da ben 390 pagine, è il frutto del lavoro svolto da un Tavolo tecnico istituito tra l’Agenzia delle Entrate e la Consulta nazionale dei Caf.Il documento di prassi risulta di particolare interesse per i contribuenti e per gli stessi Caf e Studi commerciali pre-

posti a predisporre le Dichiarazioni dei redditi delle perso-ne fisiche, ma può risultare utile conoscerne i contenuti anche agli Enti Locali, sia nel ruolo di sostituti d’imposta, sia nel ruolo di soggetti erogatori di servizi le cui spese possono essere portate in detrazione da parte degli utenti, anche perché contiene degli elementi innovativi rispetto alle precedenti Guide (oltretutto evidenziati in giallo). Nel rinviare alla lettura del Documento e ad approfondi-menti futuri legati ad eventuali problematiche specifiche che potrebbero essere segnalate, in questa sede ricor-diamo ad esempio il chiarimento fornito a pag. 101 sulle spese per il “Trasporto scolastico”, ammesse adesso alla detrazione ai fini Irpef in conseguenza del fatto che dal 1° gennaio 2018 lo sono anche gli abbonamenti del “Tpl” (e quindi per motivi di uniformità).

Dichiarazioni dei redditi persone fisiche per l’anno 2018pubblicata la consueta Guida dell’Agenzia delle Entrate

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A seguito del monitoraggio sull’attuazione dei Piani di rien-tro dal deficit sanitario, effettuato nelle riunioni del 4 aprile 2019 e dell’11 aprile 2019 del Tavolo Tecnico per la verifi-ca degli adempimenti e il Comitato permanente per la ve-rifica dei Livelli essenziali di assistenza, è emerso che le Regioni Calabria e Molise non hanno raggiunto, nel corso dell’esercizio 2018, gli obiettivi fissati dai rispettivi Piani. Come previsto dall’art. 2, comma 86, della Legge n. 191/2009 (“Legge Finanziaria 2010”), in ragione di quanto sopra, scatta automaticamente per l’anno d’imposta 2019, nelle suddette Regioni, l’applicazione automatica delle maggiorazioni di 0,15% dell’aliquota dell’Irap, oltre che

l’aumento dell’Addizionale regionale Irpef, nella misura di 0,30%, secondo le procedure di cui all’art. 1, comma 174, della Legge n. 311/2004 (“Legge Finanziaria 2005”). A riferirlo è il Ministero dell’Economia e delle Finanze-Di-partimento delle Finanze, con un Comunicato pubblicato il 21 giugno 2019 sul Portale “Federalismo fiscale”.Sarà cura dell’Agenzia delle Entrate comunicare le moda-lità operative per il calcolo dell’acconto Irap da effettuar-si nel 2019 tenuto conto della maggiorazione di aliquota di 0,15 punti percentuali, nonché le modalità di calco-lo dell’incremento di 0,30 punti percentuali dell’aliquota dell’Addizionale regionale Irpef per l’anno d’imposta 2019.

Aliquote Irap e Irpefprevisto aumento in Calabria e Molise per il mancato rispetto degli obiettivi del Piano di rientro dal deficit sanitario

Con una breve Nota pubblicata sul proprio sito web isti-tuzionale, il Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento delle Finanze, ha informato che saranno rilasciate, a partire dal 15 luglio 2019, le nuove versioni dei Moduli di controllo per la trasmissione dei dati della Dichiarazione “Imu-Tasi Enc”. I Moduli in questione fanno riferimento alla versione n. 5

delle specifiche tecniche per le Dichiarazioni “Imu-Tasi Ec/Pf” e alla versione n. 1/2019 delle specifiche tecniche per le Dichiarazioni “Imu-Tasi Enc”.Fino ad allora, restano disponibili esclusivamente i Moduli di controllo che fanno riferimento alle precedenti versioni delle specifiche tecniche.

Imu/Tasidefinite le modalità di invio delle Dichiarazioni degli Enti non commerciali

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GLI APPROFONDIMENTI

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GLI APPROFONDIMENTIAziende speciali affidatarie dirette di “servizi pubblici locali”gratuità della partecipazione a Organi amministrativi e decurtazione compensi

Finalmente una buona notizia per gli Amministratori di Aziende pubbliche, in particolare delle Aziende speciali che hanno ora trovato conforto nella recente pronuncia della Sezione Autonomie che, con la Deliberazione n. 9/SezAut/2019/Qmig, fornisce un orientamento1 positivo alla Sezione di controllo remittente della Regione Lazio circa la possibilità di riconoscere anche agli Amministra-tori dell’Azienda speciale dei rifiuti di un importante Co-mune della Regione2 il compenso per la funzione svolta in deroga alla limitazione prevista all’art. 6, comma 2, del Dl. n. 78/2010, convertito con modificazioni dalla Legge n. 122/2010, consistente nell’obbligo di garantire la gratuità degli incarichi conferiti ai membri degli Organi amministra-tivi di vertice delle Aziende speciali che ricevono contributi dallo Stato.La vicenda trattata dalla Sezione delle Autonomie non è di poco interesse se si immagina che le Aziende specia-

li, ai sensi del art. 114 del Tuel in Italia, sono ancora ol-tre un centinaio e che si occupano di “servizi d’interesse pubblico generale” come la “Distribuzione dei farmaci” o la “Gestione della raccolta e smaltimento dei rifiuti”, fino all’erogazione di numerosi servizi per le fasce più deboli della popolazione3. L’intervento della Sezione Autonomie in argomento pone un definitivo argine a speculazioni di natura politica sull’im-patto delle Aziende speciali nell’ambito della sostenibilità dei conti pubblici. Entità economiche che, oltre ad essere delle Aziende vere e proprie, si vedono annoverate tra gli Organismi partecipati dalla P.A. e al tempo stesso - in qua-lità di Enti pubblici economici - tenuti ad assicurare, in pre-senza di stringenti vincoli pubblicistici, con proprie risorse l’equilibrio economico e la continuità aziendale come av-viene nel Settore privato.Tutto nasce dalla richiesta di parere4 che il Comune laziale

del Dott. Andrea Mazzillo - Dottore commercialista, Collaboratore presso la Sezione Autonomie della Corte dei conti, Professore a contratto in Programmazione e Controllo nelle imprese pubbliche presso Università di Cassino e del Lazio Meridionale e Coordinatore della Commissione Management delle Aziende Partecipate Pubbliche dell’ODCEC di Romadel Dott. Nicola Tonveronachi - Dottore commercialista e Revisore Enti pubblici, Consulente e formatore Enti Pubblici e Società partecipate, Professore a contratto di “Ragioneria pubblica” presso il Dipartimento Economia e Management dell’Università degli Studi di Pisa, Pubblicista

1 Dalla Deliberazione in oggetto si legge che “la Sezione delle autonomie ritiene la sussistenza di elementi per una pronuncia nomofilattica, anche al fine di prevenire possibili contrasti interpretativi tra Sezioni regionali di controllo”.

2 L’Azienda speciale di tale Comune, istituita per la gestione del “Servizio di igiene urbana e raccolta differenziata dei rifiuti” nell’anno 2017, previa apposita Deliberazione del Consiglio comunale, ed affidataria diretta del Servizio, secondo modalità regolate contrattualmente.3 L’adozione del modello societario è quello privilegiato dalla Amministrazioni locali proprio per effetto di vantaggi e riserve di legge che sono proprie delle Società che svolgono servizi d’interesse economico generale e la stessa previsione di incarichi a titolo onorifico hanno scoraggiato il mantenimento della formula dell’Azienda speciale, a tutti gli effetti assimilabile ad un’articolazione della stessa amministrazione locale proprietaria ovvero ad un ente pubblico economico.

4 Con riferimento all’ammissibilità dell’erogazione di compensi agli Amministratori dell’Azienda speciale, stanti le limitazioni poste dall’art. 6, comma 2, Dl. n. 78/2010), il Comune ha precisato che: 1) ai sensi dell’art. 114, comma 6, del Dlgs. n. 267/2000, all’Azienda speciale è stato erogato il capitale di dotazione pari ad Euro 400.000, da non retrocedere; 2) l’Azienda speciale è destinataria del corrispettivo per il Servizio reso; 3) l’Azienda speciale non è beneficiaria di altri contributi pubblici. A conforto della tesi favorevole, cita la Sentenza della Sezione Umbria, 7 luglio 2016, n. 52.

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ha inoltrato lo scorso anno, tramite il Consiglio delle Au-tonomie locali, concernente l’applicabilità delle limitazioni di cui all’art. 6, comma 2, del Dl. n. 78/2010, convertito con modificazioni dalla Legge n. 122/2010, consistenti nell’obbligo di garantire la gratuità degli incarichi confe-riti ai membri degli Organi amministrativi di vertice delle Aziende speciali che ricevono contributi dallo Stato. Presumibilmente, a parere di chi scrive, tale esigenza na-sce dalla necessità del Comune di trovare una soluzio-ne alla complessa crisi che ha interessato la precedente Società di gestione e smaltimento dei rifiuti, …. Ambiente Spa, attualmente in liquidazione fallimentare. Dovendo trovare una collocazione con garanzie pubbliche al perso-nale dell’Azienda - … Ambiente Spa - il Consiglio comu-nale, con Deliberazione consiliare 8 agosto 2017, n. 70, ha ritenuto di mantenere pubblico il “Servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti”, assicurando un capitale iniziale quale Fondo di dotazione pari ad Euro 400.000, e ritenuto comunque compatibile con il Piano finanziario della costi-tuenda Azienda speciale5. In particolare, rispetto ai possibili dubbi interpretativi solle-vati sulla questione dei compensi da parte del Comune, la remittente Sezione regionale ha richiesto una Pronuncia di massima sui seguenti profili:“a) Sulla perdurante inammissibilità, in vigenza dell’art. 6,

comma 2, del Dl. 78/2010 e relativa Legge di conver-sione, dell’erogazione di compensi ai componenti del Consiglio di amministrazione di un’istituenda Azienda speciale affidataria diretta di ‘servizi pubblici locali’ (nella specie, ‘Servizio gestione rifiuti’), alla luce della sopravvenuta disposizione di cui all’art. 1, comma 554, Legge n. 147/2013;

b) Sulla nozione di ‘contribuzione pubblica’ di cui al men-

zionato art. 6, comma 2, con riferimento alle Aziende speciali comunali, ovvero sul se detta nozione possa essere intesa come erogazione di denaro ed altre utili-tà non collegata ad una prestazione corrispettiva, con esclusione del conferimento obbligatorio del Fondo di dotazione iniziale da parte dell’Ente locale di riferimen-to”.

La Sezione delle Autonomie, accogliendo la richiesta di parere della Sezione remittente, ha ritenuto prima di tutto di procedere ad un approfondimento sulla riconducibilità del Fondo di dotazione iniziale di cui all’art. 114 del Tuel alla categoria dei “contributi a carico delle finanze pubbli-che”, così come richiamato dall’art. 6, comma 2, del Dl. n. 78/2010, quale norma di contenimento del costo degli apparati amministrativi in deroga ai principi costituziona-li - che riconoscono ad ogni lavoratore una retribuzione sufficiente e proporzionata alla qualità e alla quantità del lavoro prestato – prevedendo specifiche fattispecie esclu-se e condizioni applicative6. In particolare, sul fronte delle esclusioni, il panorama nor-mativo si è arricchito di nuove disposizioni che, ad esem-pio, hanno tirato fuori dal perimetro della partecipazione onorifica anche i Collegi dei revisori dei conti e sindacali7, fino ad arrivare alle recenti disposizioni che, sempre sul contenimento dei costi degli Organi amministrativi, preve-dono in caso di gestioni in perdita una decurtazione del 30% del compenso ai sensi dell’art. 1, comma 554, della Legge n. 147/20138.Il ragionamento pertanto avanzato, sia dalla Sezione re-mittente, sia dalla Sezione Autonomie, è stata quella di ritenere l’Azienda speciale di cui all’art. 114 del Tuel, non rientrando in alcuna ipotesi di esclusione, astrattamente compresa nel novero degli Enti interessati dalla norma di

5 Senza dilungarci oltre, se interessa nella richiesta di parere acquista dalla Sezione remittente della Regione Lazio con Delibera n.6/2019/Qmig, è stato dettagliatamente precisato l’iter con il quale il Comune ha provveduto a rendere pienamente operativa l’Azienda, ai sensi dall’art. 114 del Tuel, e dell’art. 31 dello Statuto dell’Azienda, a valle dei quali è stato stipulato il contratto di servizio tra il Comune e l’Azienda speciale.

7 Si veda la norma di interpretazione autentica posta dall’art. 35, comma 2-bis, Dl. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni dalla Legge 4 aprile 2012, n. 35

8 A meno di non voler applicare la riduzione del 30% sul solo gettone di presenza di Euro 30 ammesso dal Dl. n. 78/2010.

6 La norma recita che, “a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente Decreto la partecipazione agli Organi collegiali, anche di amministrazione, degli enti, che comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche, nonché la titolarità di Organi dei predetti enti è onorifica; essa può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute ove previsto dalla normativa vigente; qualora siano già previsti i gettoni di presenza non possono superare l’importo di Euro 30 a seduta giornaliera. La violazione di quanto previsto dal presente comma determina responsabilità erariale e gli atti adottati dagli Organi degli enti e degli Organismi pubblici interessati sono nulli. Gli Enti privati che non si adeguano a quanto disposto dal presente comma non possono ricevere, neanche indirettamente, contributi o utilità a carico delle pubbliche finanze, salva l’eventuale devoluzione, in base alla vigente normativa, del 5 per mille del gettito dell’Imposta sul reddito delle persone fisiche. La disposizione del presente comma non si applica agli enti previsti nominativamente dal Dlgs. n. 300/1999 e dal Dlgs. n. 165/2001, e comunque alle Università, Enti e Fondazioni di ricerca e Organismi equiparati, alle camere di commercio, agli enti del Servizio sanitario nazionale, agli Enti indicati nella Tabella C della ‘Legge Finanziaria’ ed agli Enti previdenziali ed assistenziali nazionali, alle Onlus, alle associazioni di promozione sociale, agli Enti pubblici economici individuati con Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze su proposta del Ministero vigilante, nonché alle Società”.

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contenimento e pertanto al catalogo degli “Enti, che co-munque ricevono contributi a carico delle finanze pubbli-che”. La costituzione d’Azienda e il Fondo di dotazione Sino ad oggi infatti la prevalente giurisprudenza in sede di controllo ha considerato l’Azienda speciale, in quanto destinataria del Capitale di dotazione, annoverabile tra gli Enti che ricevono contributi a carico delle finanze pubbli-che e quindi assoggettata alle norme di contenimento in esame. Ma, dall’altro lato viene omesso di considerare che la partecipazione al Fondo di dotazione è elemento costitutivo dell’Azienda speciale che, sebbene assimilabi-le ad una Pubblica Amministrazione, conserva i caratteri distintivi dell’Azienda commerciale e soggetta ai vincoli ci-vilistici oltre che pubblicistici. Ne è la riprova il fatto che l’indicazione statutaria del Ca-pitale di dotazione sia da intendersi, sulla base delle di-sposizioni civilistiche e i principi contabili, “quale garan-zia patrimoniale minima a favore dei creditori aziendali da iscrivere, unitamente alle riserve di legge e statutarie, quale autonoma voce del patrimonio netto nel passivo del-lo stato patrimoniale” (Corte dei conti, Sezione controllo Lombardia, n. 250/2014). Inoltre, va ricordato che “sono iscritte nello stato patrimoniale anche le partecipazioni al Fondo di dotazione di Enti istituiti senza conferire risorse, in quanto la gestione determina necessariamente la for-mazione di un patrimonio netto attivo o passivo”, ai sensi del punto 6.1.3 lett. b), del Principio contabile applicato

contenuto nell’Allegato n. 4/3 al Dlgs. 118/20119.L’applicazione all’Azienda speciale delle regole contabili10

proprie delle Società di capitali risulta ulteriormente av-valorata dalla possibilità, ammessa dalla giurisprudenza contabile, di trasformazione di una Società per azioni de-tenuta dall’Ente Locale in Azienda speciale e dal conse-guente riconoscimento normativo dell’Azienda speciale come modalità alternativa di gestione dei “servizi pubblici di interesse economico generale”, unitamente alla ravvi-sata contiguità normativa tra Azienda speciale e Società. Nel tempo, si è sostanzialmente preso atto del venir meno del divieto alla gestione diretta, o mediante Azienda spe-ciale, dei predetti servizi, nonché dell’evoluzione del qua-dro normativo verso una regolamentazione articolata della materia focalizzata sulle ricadute economiche delle attività esternalizzate sui bilanci degli Enti e non soltanto sulla de-finizione dei modelli organizzativi. In tale prospettiva, tutti gli Organismi partecipati (quale che sia la forma giuridica) sono stati interessati da disposizioni di contenimento della spesa11.Pertanto, alle argomentazioni fondate sulla natura del Fondo di dotazione – che nella disciplina dell’art. 114 del Tuel è elemento costitutivo dell’Azienda e, pertanto, non è assimilabile a un mero contributo pubblico - si aggiun-gono le numerose evidenze sull’omogeneità di disciplina tra Aziende speciali e Società a partecipazione pubbli-ca, quanto a misure di contenimento della spesa, per cui appare scarsamente giustificabile l’opposta disciplina in

9 Si consideri peraltro che anche lo “Schema tipo di bilancio di esercizio delle Aziende di servizi dipendenti dagli Eenti territoriali” approvato dal Ministro del Tesoro con Dm. 26 aprile 1995, ai sensi del Dpr. 4 ottobre 1986, n. 902 (“Approvazione del nuovo Regolamento delle Aziende di servizi dipendenti dagli Enti Locali”), prevedeva, all’art. 44, l’iscrizione del valore del capitale di dotazione dell’Azienda quale componente del patrimonio netto, analogamente a quanto previsto dall’art. 2424 del C.c. per lo stato patrimoniale delle Società per azioni.

10 Si veda la Deliberazione n. 2/Sezaut/2014/Qmig del 21 gennaio 2014, secondo la quale “l’operazione di trasformazione eterogenea di una Società di capitali che gestisce un servizio pubblico a rilevanza economica (nella specie, il ‘Servizio idrico’) in Azienda speciale consortile, è compatibile sia con le norme civilistiche, trattandosi di Organismi entrambi dotati di patrimonio separato, a garanzia dei terzi e dei creditori, e sia con le disposizioni pubblicistiche, intese a ricondurre tali Organismi ad un regime uniforme quanto al rispetto dei vincoli di finanza pubblica”.

11 Di tale rinnovato approccio ne costituisce esempio la richiamata disposizione dell’art. 1, comma 554, Legge n. 147/2013, che, nella formulazione originaria, prevedeva misure restrittive - in tema di compensi agli Organi di amministrazione - di uguale contenuto per Aziende speciali e Società partecipate (“A decorrere dall’esercizio 2015, le Aziende speciali, le Istituzioni [e le Società] a partecipazione di maggioranza, diretta e indiretta, delle Pubbliche Amministrazioni locali titolari di affidamento diretto da parte di soggetti pubblici per una quota superiore all’80% del valore della produzione, che nei 3 esercizi precedenti abbiano conseguito un risultato economico negativo, procedono alla riduzione del 30% del compenso dei componenti degli Organi di amministrazione. Il conseguimento di un risultato economico negativo per 2 anni consecutivi rappresenta giusta causa ai fini della revoca degli Amministratori. Quanto previsto dal presente comma non si applica ai soggetti il cui risultato economico, benché negativo, sia coerente con un Piano di risanamento preventivamente approvato dall’Ente controllante”). Poi, con l’entrata in vigore del Dlgs. 19 agosto 2016, n. 175 (“Testo unico delle Società a partecipazione pubblica”, di seguito, Tusp), ha determinato la modifica del richiamato comma 554, attualmente circoscritto ad Aziende speciali e Istituzioni, mentre l’identico contenuto è stato replicato, per le Società a partecipazione pubblica, nell’art. 21, comma 3, del Tusp (“Le Società a partecipazione di maggioranza, diretta e indiretta, delle Pubbliche Amministrazioni locali titolari di affidamento diretto da parte di soggetti pubblici per una quota superiore all’80% del valore della produzione, che nei 3 esercizi precedenti abbiano conseguito un risultato economico negativo, procedono alla riduzione del 30% del compenso dei componenti degli Organi di amministrazione. Il conseguimento di un risultato economico negativo per due anni consecutivi rappresenta giusta causa ai fini della revoca degli Amministratori. Quanto previsto dal presente comma non si applica ai soggetti il cui risultato economico, benché negativo, sia coerente con un Piano di risanamento preventivamente approvato dall’ente controllante”).

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tema di compensi agli Organi di amministrazione. Cosa si intende per ‘contributo pubblico’ In dottrina, in prassi ed in giurisprudenza (comunitaria e nazionale), ricordiamo che il contributo corrisposto da una Pubblica Amministrazione ad un soggetto beneficiario pre-senta delle caratteristiche peculiari notevolmente difformi da quelle che caratterizzano il corrispettivo. Infatti, al di là dell’utilizzo molto diffuso ed in alcuni casi poco appropria-to del termine “contributo” nell’esercizio dell’attività di ge-stione di un Ente Locale, esso può essere più agevolmen-te definito ed identificato a contraris rispetto al concetto di natura fiscale rappresentato, ai fini dell’Imposta sul valore aggiunto, dal “corrispettivo”.Le caratteristiche tipiche che qualificano il contributo sono completamente antitetiche rispetto agli elementi costi-tuenti il corrispettivo, definito ai fini dell’Imposta sul valore aggiunto come la controprestazione di una cessione di beni o di una prestazione di servizi operata nell’esercizio di un’impresa commerciale o agricola.Di conseguenza, anche ai fini di una più agevole e corret-ta individuazione degli elementi distintivi del contributo, è utile in questo caso fare riferimento alla dicotomia “contri-buto-corrispettivo”, per poi accennare, una volta definiti gli elementi caratterizzanti il contributo “per differenza” con quelli costituenti il corrispettivo, ad analizzare la normativa fiscale che al primo va applicata, sia ai fini dell’Imposta sul valore aggiunto, sia per le Imposte dirette e per l’Irap. Ai fini dell’Imposta sul valore aggiunto, il corrispettivo co-stituisce controprestazione di una prestazione consistente in una cessione di beni o di una prestazioni di servizi effet-tuata da un imprenditore nell’esercizio di un’attività com-merciale o agricola. Nel caso del corrispettivo, l’erogazione di denaro risponde all’adempimento di una obbligazione assunta all’interno di un “rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive”, ca-ratterizzato dal cosiddetto sinallagma, ovvero dal nesso di reciprocità che lega le prestazioni delle due parti, eroga-zione di denaro che acquisisce rilievo ai fini Iva, rispettiva-mente, nel caso di cessioni di beni ai sensi dell’art. 2, del Dpr. n. 633/1972 (cd. “Decreto Iva”), e per le prestazioni di servizi secondo il disposto dell’art. 3, comma 1, dello stesso “Decreto Iva”.Condizioni necessarie ma non sufficienti a qualificare l’e-rogazione di denaro come corrispettivo sono, tra le altre: - l’esistenza a carico del beneficiario di una obbligazione di dare, fare, non fare, permettere;

- una “elencazione specifica degli obblighi del prestatore” ovvero il fatto che la somma di denaro sia erogata sulla base “delle spese e delle entrate effettivamente prodotte dal servizio”;

- l’esistenza negli accordi tra le parti di “clausole risolutive espresse”, applicabili solo ai contratti a prestazioni corri-spettive, e l’obbligo di “risarcimento del danno derivante da inadempimento”12.

A differenza del corrispettivo, il contributo costituisce una erogazione di denaro fine a se stessa, al massimo condi-zionata al verificarsi di determinati eventi nella sfera giuri-dica del beneficiario, ma che comunque non rappresenta mai il pagamento di una cessione di beni o di una presta-zione di servizi e, come tale, qualificato “fuori dal campo di applicazione dell’Iva” ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. a), del Dpr. n. 633/1972.In altre parole, se il corrispettivo rappresenta di fatto il pa-gamento di una cessione di beni o di una prestazione di servizi, il contributo costituisce invece una erogazione di denaro “a fondo perduto”, ovvero in assenza di una qual-sivoglia controprestazione. Se nel “corrispettivo” il denaro rappresenta la contropre-stazione del rapporto obbligatorio a prestazioni corrispet-tive, ovvero lo strumento di pagamento, nella fattispecie di “contributo” il denaro costituisce l’oggetto della presta-zione.In sintesi, al fine di stabilire se il denaro riconosciuto al terzo beneficiario costituisca corrispettivo per cessione di beni o per prestazione di servizi ovvero si configuri come mera elargizione di somme per il perseguimento di obiet-tivi di carattere generale, occorre considerare il “concreto assetto degli interessi delle parti”13, cioè verificare analiti-camente gli atti e la fattispecie oggetto di valutazione.E’ possibile distinguere nella pratica tra 2 categorie di “contributo a fondo perduto”, rappresentate dal cosiddetto “contributo propriamente detto” e dal “contributo condizio-nato”.Della prima tipologia fanno parte le erogazioni di denaro che l’Ente Locale effettuata a favore di soggetti terzi sen-za pretendere alcunché in cambio e senza richiedere il rispetto da parte del beneficiario di alcuna condizione alla quale legarne la corresponsione.Rientrano in tale gruppo, tra gli altri: - i contributi riconosciuti per il conseguimento di finalità istituzionali e statutarie del soggetto beneficiario, consi-stenti nell’attribuzione, in genere con periodicità annua-

12 Risoluzione Agenzia Entrate 6 agosto 2002, n. 268/E.

13 Come sottolineato più volte dall’Agenzia delle Entrate, tra le altre, con RRmm. Agenzia Entrate n. 183/05, n. 21/05, n. 16/06.

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le, di somme destinate a “mantenere in vita” il sogget-to beneficiario ed a consentirgli di raggiungere i propri obiettivi statutari (solo per fare alcuni esempi: i contributi annuali riconosciuti dal Comune ad associazioni, comi-tati, gruppi locali che operano in campo culturale, sporti-vo, musicale, sociale, ecc.);

- le contribuzioni attribuite, spesso con periodicità an-nuale, per permettere il mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario della gestione del soggetto bene-ficiario o comunque per garantirne il funzionamento (ad esempio, le erogazioni ad aziende speciali, istituzioni e società affidatarie di servizi pubblici locali o comunque svolgenti attività dell’Ente, nelle quali la gestione gene-ra strutturalmente o temporaneamente degli squilibri tra ricavi e costi che l’Ente Locale intende preventivamente coprire).

I “contributi condizionati” sono sempre delle erogazioni di denaro a fondo perduto ma la loro attribuzione è condizio-nata al verificarsi di determinati eventi che presuppongo-no azioni da parte del beneficiario.Alcune tipologie di eventi al cui verificarsi può essere con-dizionata l’erogazione del contributo sono: - l’acquisto o la costruzione di particolari tipologie di beni che l’Ente intende agevolare (tra gli altri, i contributi del Comune ai commercianti per l’allestimento delle vetrine del centro storico);

- lo svolgimento di un evento o una iniziativa specifica proposta ed organizzata dal soggetto terzo che l’Ente Locale vuole premiare con una contribuzione specifica atta ad agevolare il sostenimento delle relative spese (contributi per la gara ciclistica o per la sagra paesana);

- l’effettuazione di un determinato investimento in un par-ticolare settore ovvero in una determinata area geogra-fica da rilanciare (contributi per la riqualificazione di par-ticolari aree del territorio).

Elencati appena sopra i caratteri distintivi del corrispettivo rispetto al contributo, va però sottolineato che le difficoltà operative nel distinguere le due fattispecie alternative non sono affatto concluse, atteso che nella pratica sono molto frequenti i casi in cui tra gli operatori degli Uffici comu-nali o provinciali viene fatto un uso distorto del termine “contributo”. Infatti, quasi tutte le erogazioni di denaro che l’Ente effettua a favore di soggetti beneficiari localizzati nel

territorio circostante e spesso facenti parte del cosiddetto “Terzo Settore” o del “Settore non-profit” vengono sempli-cisticamente qualificati col termine di “contributo”, senza in realtà analizzarne con attenzione i caratteri genetici, ov-vero se si tratta veramente di contributo oppure ci si trovi di fronte ad un’erogazione di pubblico denaro definita sì “contributo” ma di fatto espressione del pagamento di una prestazione di servizi nell’ambito di un rapporto obbligato-rio a prestazioni corrispettive.In altre parole, all’interno della qualificazione generica di “contributi”, devono essere individuati quelli “propriamente detti” che incorporano di diritto e di fatto i caratteri dell’e-rogazione di denaro a fondo perduto (al massimo condi-zionata) rispetto ai cosiddetti “contributi-corrispettivi”, che invece rappresentano in tutto e per tutto il pagamento di una controprestazione (e quindi un corrispettivo) ma che sono stati qualificati erroneamente “contributi”. Più nel dettaglio, esistono nella prassi amministrativa nu-merose fattispecie di contributi definiti tali dagli Enti pub-blici erogatori a cui però è stato attribuito un trattamento ai fini Iva differenziato, ovviamente a seconda del fatto che l’Amministrazione finanziaria vi avesse riscontrato i carat-teri del “contributo propriamente detto” - e quindi elargizio-ne di denaro a fondo perduto sebbene in alcuni casi con-dizionata al verificarsi di particolari eventi e quindi “fuori campo Iva” - ovvero quelli del “contributo-corrispettivo” da assoggettare al Iva con aliquota 22%14.Tornando e concludendo su quanto affermato dalla Se-zione Autonomie, al fine di completare il ragionamento sull’effettiva natura della contribuzione pubblica ricevuta dall’Azienda speciale, la Sezione ha opportunamente de-finito l’area dei “contributi a carico delle finanze pubbliche” escludendo che tale qualificazione possa essere ricono-sciuta ai corrispettivi da contratto di servizio. Infatti, viene ricordato che tali somme erogate vengono riconosciute a fronte della copertura di un servizio reso e, quindi, conna-turate alla finalità istituzionale dell’Azienda speciale che costituisce, appunto, una delle modalità di gestione del “servizio di interesse generale”. A supporto della presente formulazione anche la Sezione controllo Umbria, con la Sentenza n. 52/2016, confermata in appello, esclude dalla nozione di “contribuzione pub-blica” sia il conferimento, da parte dell’Ente Locale, del

14 Al fine di determinare un quadro di sintesi il più possibile chiaro della dicotomia “contributo propriamente detto” e “contributo-corrispettivo”, si riportano di seguito le fattispecie di maggior rilievo tratte, sia dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria che dalla dottrina e dalla prassi ministeriale, oltre all’esperienza maturata “sul campo” attraverso la risoluzione di numerosi quesiti.Fattispecie di “contributo propriamente detto”:E dunque, tra le principali fattispecie di “contributo propriamente detto”, sono comprese le seguenti:1. i contributi riconosciuti a comitati ed associazioni per l’organizzazione di manifestazioni culturali, se esclusivamente devoluti per la loro realizzazione

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Fondo di dotazione, sia l’erogazione di somme a titolo di contratto di servizio. Evidentemente resta possibile da parte dell’Azienda di ri-cevere contribuzioni pubbliche al di là del Fondo di dota-zione, per cui la gratuità della partecipazione agli Organi amministrativi è quindi una misura limitata alle Aziende speciali che “vivono” delle risorse dell’Ente Locale titolare. Viceversa, la decurtazione dei compensi è riservata alle Aziende speciali “non contribuite” (che siano affidatarie dirette di servizi ed abbiano riportato perdite nel triennio), nelle quali sia stata remunerata la partecipazione al Con-siglio di amministrazione.

Un plauso quindi alla Sezione remittente e alla Sezione Autonomie per aver fornito definitivamente un orientamen-to chiaro rispetto ai compensi per gli Organi amministrativi delle Aziende speciali che con tutta evidenza, svolgendo “servizi di interesse economico generale”, necessitano di competenze altrettanto Organizzate e adeguatamente re-munerate soprattutto se in presenza di gestioni “autono-me” (che vivono di risorse proprie), con un’esimente altret-tanto importante, ovvero che la previsione statutaria sui compensi preveda comunque un meccanismo di calcolo che tenga conto della compatibilità e della sostenibilità di tali oneri.

sono da ritenere fuori campo di applicazione dell’Iva, così come i contributi e le donazioni ricevute da un comitato per i quali non è prevista la cessione di alcun diritto commerciale o di sponsorizzazione in quanto, a fronte di tali incassi riconducibili all’attività istituzionale del comitato, non si pone in essere alcuna prestazione di servizi;

2. le sovvenzioni ed i finanziamenti a fondo perduto erogati da enti pubblici a favore di aziende che esercitano pubblici servizi quali quello postale, di trasporto, di ricerca scientifica, di addestramento professionale sono irrilevanti ai fini Iva. Tra questi, i contributi a fondo perduto alle ferrovie in concessione per consentire l’equilibrio economico dei bilanci e lo sviluppo tecnico delle strutture, quelli riconosciuti alle aziende private esercenti trasporto in concessione ed anche quelli erogati alle aziende di trasporto ai sensi della Legge n. 211/91 per l’istallazione di sistemi di trasporto rapido di massa per la costruzione di una metropolitana, qualificato come “movimentazione finanziaria, che non si inserisce in un rapporto sinallagmatico, con la conseguenza che la corresponsione del medesimo è esclusa dal campo di applicazione dell’Iva per difetto del presupposto oggettivo”;

3. i contributi pubblici nazionali e comunitari corrisposti a fondo perduto ad un’associazione di categoria per coprire i costi di formazione degli associati non costituiscono corrispettivo nei confronti di un Ente pubblico;

4. i contributi in conto canoni erogati a favore delle aree depresse del Meridione d’Italia fuori dal campo di applicazione del tributo. In particolare, le imprese utilizzatrici di contributi erogati nell’ambito degli interventi agevolativi nelle zone svantaggiate del Mezzogiorno e successivamente versati alle società di leasing non trasferiscono le somme in esame alle società di leasing per adempiere, sia pure parzialmente, l’obbligazione contrattuale inserita nel contratto di leasing bensì, con tale riversamento, provvedono, da un lato, ad adempiere all’obbligazione di restituire somme di denaro a loro non spettanti e dunque acquisite senza titolo (corrispondendo anche i relativi interessi maturati), e dall’altro lato, a sostituirsi all’Ente erogante nel trasferimento dei contributi spettanti alle società di leasing;

5. il contributo a carico del Fondo per l’occupazione per la realizzazione di un programma di alfabetizzazione informatica e della lingua inglese realizzato attraverso convenzioni con il Ministero del Lavoro che prevedono l’erogazione di una somma a copertura di tutte le spese sostenute per l’attuazione del programma presentato, nonché dei costi di funzionamento relativi alla gestione del programma, ha una natura di movimentazione finanziaria e non si pone in un rapporto sinallagmatico con la conseguenza che il medesimo esula dal campo di applicazione dell’Iva per difetto del presupposto oggettivo;

6. i contributi riconosciuti dal Fondo sociale europeo e dal Ministero del Lavoro alla Caritas per la realizzazione di un progetto per l’integrazione socio-culturale degli immigrati non sono da qualificare come corrispettivi e sono quindi da escludere ai fini dell’Iva;

7. i contributi erogati dall’Aima ora Agea a favore dei produttori agricoli per sostenerne la produzione;8. i premi ed i contributi corrisposti dalla CE ai produttori agricoli;9. i contributi del Fondo sociale europeo e del Fondo di rotazione per le politiche comunitarie, erogati nell’ambito dei Programmi operativi nazionali

(Pon), Obiettivi 1 e 3, concernenti “azioni di sistema” finalizzate a migliorare la gestione e l’utilizzo dei Fondi comunitari, non sono da ritenere corrispettivi per le attività realizzate dal beneficiario ma hanno in realtà natura di movimentazioni finanziarie e sono per ciò escluse dal campo di applicazione dell’Iva, così come non è soggetto ad Iva il passaggio di denaro tra capofila e associati, quando il soggetto beneficiario sia un’associazione temporanea di scopo (Ats) o di imprese (Ati);

10. in caso di progetti cofinanziati dalla Unione europea per uno studio di fattibilità, i contributi corrisposti dalla Ce non costituiscono il corrispettivo di una prestazione di servizi non imponibile a norma dell’art. 72, del Dpr. n. 633/72, ma assumono natura di erogazione a fondo perduto e come tali sono posti fuori del campo Iva;

11. contributi pubblici riconosciuti ad un consorzio di imprese per la realizzazione di determinati piani di sviluppo;12. i contributi pagati a copertura delle spese generali e di funzionamento del Consorzio non sono da assoggettare al tributo, mentre sono rilevanti ai

fini Iva quelle somme corrisposte a fronte di specifiche prestazioni rese dal consorzio a favore dei consorziati.Fattispecie di “contributo-corrispettivo”:Invece, tra le fattispecie di “contributo-corrispettivo”, segnaliamo:1. le sovvenzioni corrisposte dallo Stato e dalla Regione a imprese di trasporto quando siano quantificate sulla base delle percorrenze effettuate e a

condizione che siano inerenti un rapporto da cui derivano obblighi, sia per l’impresa che svolge il servizio, sia per l’utente finale, solo da qualificare rilevante ai fini Iva, mentre nel caso di somme riconosciute per finalità di carattere generale ossia a fondo perduto la rilevanza Iva non deve essere riconosciuta;

2. i contributi corrisposti alle aziende esercenti trasporto pubblico locale dalle Regioni e dagli Enti Locali sulla base di contratti di servizio sono da assoggettare ad Iva, mentre per quelle in concessione è stata prevista la non assoggettabilità al tributo;

3. le somme versate da un Ente pubblico ad un operatore economico per lo svolgimento di un servizio di consulenza a specifiche categorie di soggetti

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in quanto rientranti nel corrispettivo della prestazione di servizi, sebbene siano rese a titolo gratuito;4. per i contributi per telerilevamento aereo, se il risultato della attività viene acquisito dall’Ente che eroga il contributo, le somme pagate devono

essere assoggettate ad imposta, manifestandosi un rapporto di sinallagma tra prezzo e prestazione;5. il contributo concesso da una Pubblica Amministrazione ad un imprenditore nell’ambito di un contratto di project financing, relativo alla

progettazione, esecuzione, gestione funzionale ed economica dei lavori pubblici o di pubblica utilità, poiché è da ritenere una controprestazione per l’Amministrazione concedente in cambio dell’obbligo assunto dal Concessionario di praticare prezzi o tariffe amministrate, finalizzate ad integrare i minori ricavi che ne derivano;

6. i contributi corrisposti per la gestione di un consultorio familiare a fronte di specifiche prestazioni assumono natura di corrispettivi e come tali sono da assoggettare ad Iva;

7. il contributo comunale per la costruzione di impianti sportivi è soggetto all’Iva con aliquota 22% se è erogato ad associazioni sportive dilettantistiche alle quali sono affidati, tramite apposite convenzioni, la costruzione, il rifacimento e il completamento di campi di calcio di proprietà dell’Ente Locale, atteso che trattasi non di un contributo a fondo perduto ma di un vero e proprio corrispettivo per un servizio effettuato;

8. i corrispettivi specifici attribuiti dall’UE e dallo Stato italiano ai Gal per l’attività svolta nell’ambito del progetto comunitario per l’incentivazione dello sviluppo agricolo, anche se ricompresi nell’ammontare di un contributo a fondo perduto che, di per sé, sarebbe escluso dalla base imponibile, sono da ritenere rientranti nel campo di applicazione dell’Iva;

9. le somme dovute dalle Pubbliche Amministrazioni ad un’impresa appaltatrice per il “prezzo chiuso” in quanto configurano quale parte del corrispettivo complessivo contrattualmente dovuto per l’esecuzione dell’opera o del servizio.

Il concetto di integrazione di prezzo e di compartecipazione alla spesaAnalizzata dettagliatamente la dicotomia tra “contributo propriamente detto” e “contributo-corrispettivo”, è necessario affrontare anche la questione relativa al fenomeno dell’integrazione di prezzo e della compartecipazione alla spesa, concetti questi in genere molto utilizzati dagli operatori degli Enti Locali.Nell’ambito dell’attività gestoria dei servizi comunali, è prassi abbastanza ricorrente quella di riconoscere a soggetti terzi affidatari di tali servizi integrazioni di prezzo per lo svolgimento degli stessi. Tali integrazioni assumono rilevanza ai fini Iva ai sensi di quanto sancito all’art. 13, comma 1, del Dpr. n. 633/1972, secondo cui “la base imponibile delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi è costituita dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali, compresi gli oneri e le spese inerenti all’esecuzione e i debiti o altri oneri verso terzi accollati al cessionario o al committente, aumentato delle integrazioni direttamente connesse con i corrispettivi dovuti da altri soggetti”.In altre parole, le sovvenzioni ed i contributi che gli Organismi comunitari e la Pubblica Amministrazione in generale e gli Enti Locali in particolare erogano allo scopo di sostenere economicamente particolari settori acquisiscono rilevanza ai fini Iva solo al verificarsi delle seguenti condizioni:-siano direttamente collegate ad un’obbligazione di dare, fare, o non fare posta a carico del percipiente;-siano direttamente connesse con il prezzo dovuto da altri soggetti al cedente i beni e/o al prestatore di servizi. Per qualificare correttamente cosa debba intendersi per “integrazione di prezzo”, è necessario rifarsi a quanto chiarito in tema della Corte di giustizia europea con la Sentenza 22 novembre 2001, n. C-184/00.La Corte ha infatti affermato che “la nozione di ‘sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo’, ai sensi dell’art. 11, Parte A, n. 1, lett. a), della Sesta Direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari · Sistema comune di Imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, dev’essere interpretata nel senso che include unicamente le sovvenzioni che costituiscono il corrispettivo totale o parziale di un’operazione di fornitura di beni o di prestazione di servizi e che sono versate da un terzo al venditore o al prestatore. Spetta al Giudice a quo verificare, sulla base degli elementi di fatto che gli sono sottoposti, se la sovvenzione costituisca o no un corrispettivo del genere”.In altre parole, occorre rilevare che il solo fatto che una sovvenzione possa avere influenza sul prezzo dei beni ceduti o dei servizi forniti dall’Organismo sovvenzionato non è sufficiente a rendere tale sovvenzione imponibile. Perché la sovvenzione sia direttamente connessa con il prezzo di tali operazioni, ai sensi dell’art. 11, Parte A, della VI Direttiva, ora art 73, della Direttiva n. 112/2006, è importante per la Corte di giustizia che essa sia specificatamente versata all’organismo sovvenzionato affinché fornisca un bene o presti un servizio determinato. Solo in questo caso la sovvenzione può essere considerata un corrispettivo della fornitura di un bene o della prestazione di un servizio ed è pertanto imponibile. Spetterà al Giudice accertare l’esistenza di un nesso diretto tra la sovvenzione e il bene o il servizio controverso. Ciò comporta l’esigenza di verificare, in un primo tempo, che gli acquirenti del bene o i destinatari del servizio traggano profitto dalla sovvenzione concessa al beneficiario di quest’ultima. Infatti, è necessario che il prezzo da pagare da parte dell’acquirente o da parte del destinatario sia fissato in modo tale che diminuisca proporzionalmente alla sovvenzione concessa al venditore del bene o al prestatore del servizio, la quale costituisce allora un elemento di determinazione del prezzo richiesto da questi ultimi. Il Giudice dovrà esaminare se, obiettivamente, il fatto che una sovvenzione sia versata al venditore o al prestatore consenta a quest’ultimo di vendere il bene o di fornire il servizio ad un prezzo inferiore a quello che esso dovrebbe richiedere in mancanza di sovvenzione. In altre parole, per verificare se il corrispettivo rappresentato dalla sovvenzione sia determinabile, il Giudice potrà peraltro raffrontare il prezzo al quale i beni controversi sono venduti con il loro costo normale, ovvero cercare di appurare se l’importo della sovvenzione sia stato diminuito in seguito alla mancata produzione dei detti beni. Se gli elementi esaminati sono significativi, si dovrà concludere che la quota della sovvenzione destinata alla produzione e alla vendita del bene costituisce una “sovvenzione direttamente connessa con il prezzo”. A tal proposito, non è necessario per la Corte che l’importo della sovvenzione corrisponda esattamente alla diminuzione del prezzo del bene ceduto, ma è sufficiente che il rapporto tra quest’ultima e la detta sovvenzione, che può avere un carattere forfettario, sia significativo. Il concetto di “compartecipazione alla spesa” è usato con frequenza tra gli uffici degli Enti Locali, in particolare nelle ipotesi in cui il Comune o la provincia partecipi ad una iniziativa organizzata da un soggetto terzo attraverso il riconoscimento allo stesso di una somma di denaro. E’ necessario in tutti i casi stabilire a quale titolo il denaro è stato riconoscimento per decidere di conseguenza in corretto regime Iva da applicare.Provando a schematizzare, possiamo sostenere che: - se la “compartecipazione alla spesa” si sostanzia in un semplice patrocinio all’iniziativa da parte dell’Ente Locale, le somme erogate vanno

qualificate come “contributo a fondo perduto condizionato” e quindi non sono da assoggettare ad imposizione Iva, in carenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive;

- se la “compartecipazione alla spesa” non prevede il patrocinio ma le somme corrisposte sono comunque espressamente destinate a consentire la realizzazione dell’iniziativa in quanto ritenuta dall’Ente meritoria si sostegno, trattasi di “contributo a fondo perduto condizionato” non rilevante ai fini Iva, in assenza di una specifica controprestazione di beni o di servizi a favore del Comune che il denaro riconosciuto dovrebbe servire a saldare ed

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in presenza invece di una sovvenzione condizionata allo svolgimento dell’evento, ovviamente non in nome e per conto dell’Ente bensì proposto ed organizzato dal soggetto terzo. A titolo esemplificativo, l’Amministrazione finanziaria ha confermato che le somme di denaro “erogate dai premiati e da coloro che apprezzano la manifestazione annuale indetta dal suddetto Comitato per dare un simbolico riconoscimento agli imprenditori che hanno aperto alla produzione ed al lavoro italiano i mercati esteri ed hanno contribuito allo sviluppo degli scambi non siano assoggettabili ad Iva qualora i contributi di cui sopra siano destinati esclusivamente alla realizzazione dell’indicata manifestazione, non costituendo il corrispettivo di una prestazione di servizi” in mancanza del presupposto oggettivo. Per inciso e di converso, la realizzazione da parte di un soggetto terzo per conto e su committenza dell’Ente Locale di un’iniziativa per la cui effettuazione si corrisponde del denaro dà luogo, non tanto ad un contributo a fondo perduto condizionato, bensì ad un corrispettivo per il pagamento di prestazioni di servizi svolte e dunque da assoggettare ad Iva 22%;

- se invece tale “compartecipazione” si esplica nel riconoscimento di una somma di denaro specificatamente destinata a consentire all’organizzatore di praticare prezzi al pubblico inferiori rispetto a quelli di mercato, si dovrà parlare di “integrazione di prezzo” e dunque di corrispettivo da assoggettare ad Iva ex art. 13, comma 1, del Dpr. n. 633/1972.

Casistica speciale: i rapporti finanziari tra Comune ed affidatario diretto del servizio secondo il modello dell’in-house provindingLa dicotomia “contributo-corrispettivo” interessa anche una fattispecie molto particolare, ovvero quella inerente i rapporti finanziari intessuti tra Comune titolare di un servizio o un’attività pubblica locale ed il “veicolo” a cui lo stesso ne ha affidato la gestione in via diretta. Il modello gestionale in questione è il cosiddetto “in-house providing” previsto, per i servizi a rilevanza economica, per quelli privi di rilevanza economica, e per i servizi ed attività definite “strumentali”. In altre parole, ai fini di cui consta l’Ente Locale, nell’ambito delle diverse modalità di gestione dei propri servizi pubblici locali a cui può ricorrere in aggiunta a quella diretta o “in economia”, per ragioni strategiche e di convenienza economico-finanziaria individua nella società totalmente pubblica ovvero nell’azienda speciale il “veicolo” o l’Ente strumentale più idoneo al perseguimento dei propri fini, rappresentati dall’erogazioni di servizi ed attività a vantaggio dei cittadini. Tale modello gestionale si avvicina di molto a quella della concessione di pubblico servizio ed è invece alternativo rispetto all’appalto di servizi, giusto perché l’affidamento della gestione del servizio alla società o all’azienda speciale prevede l’attribuzione a questa di tutti gli elementi caratterizzanti la gestione, e quindi i diritti a ricevere le remunerazione dall’utente per le prestazioni svolte, sostenendo i relativi oneri. Di converso, nell’appalto di servizi l’Ente Locale “stazione appaltante” non trasferisce il cosiddetto “rischio d’impresa” ma acquisisce prestazioni di servizio contro pagamento di un prezzo, mantenendo altresì la titolarità del rapporto pecuniario di servizio con l’utente finale. In conseguenza delle ragioni e delle caratterizzazioni di inquadramento giuridico e di modello gestione sopra riportate, ad eccezione della Società o Azienda speciale in-house “strumentale” – che infatti può svolgere servizi solo e soltanto a favore del socio/committente e non anche del mercato, e che per tale ragione la dottrina ed una parte della giurisprudenza hanno ricondotto tale modello a quello dell’appalto in-house di servizi – nelle altre fattispecie di possibile affidamento diretto ad un soggetto “strumentale” rispetto all’affidante (il Comune) e sottoposto al di lui “controllo analogo”, eventuali datio di denaro riconosciute dal Comune alla Società o Azienda speciale solo in via eccezionale possono costituire pagamento di prestazioni (o di cessioni), in quanto i servizi il gestore affidatario diretto le svolge a favore dell’utenza pagante e non invece a favore dell’affidante Ente Locale. Alla luce di tutto ciò, eventuali erogazioni di denaro dal Comune alla Società o Azienda speciale dovrebbero essere configurate, per la “tenuta giuridica” del modello gestionale scelto (affidamento diretto similare alla concessione del servizio e diverso invece dall’appalto), come contributo in conto esercizio e non come corrispettivo di prestazioni di servizio, e nell’ambito della classificazione del “contributo condizionato” illustrato nella prima parte del presente lavoro dovrebbe essere verificato solo e soltanto la sua eventuale attribuzione “in conto prezzo” per doverlo assoggettare ad Iva ex art. 13, del Dpr. n. 633/1972, escludendo così in tutti gli altri casi l’assoggettamento ad Imposta sul valore aggiunto in quanto sovvenzioni escluse Iva ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. a), dello stesso Dpr. n. 633/1972. Sull’argomento, è intervenuta l’Agenzia delle Entrate – Direzione centrale Normativa e Contenzioso, con la Risoluzione 8 marzo 2007, n. 37/E, in risposta ad una istanza di Interpello, confermando che, solo nel caso in cui tra un Comune ed una società “in-house providing” interamente partecipata dall’Ente, intercorra un rapporto sinallagmatico, il corrispettivo versato dal Comune alla società per il servizio prestato è soggetto a Iva. Nel caso di specie, la Società gestiva i servizi informatici e telematici del Comune socio unico, in forza del contratto di servizio stipulato tra le parti. L’Agenzia delle Entrate ricorda in primo luogo che, in merito alla costituzione di Società “in house providing”, la giurisprudenza della Corte di Giustizia Ce, a partire dalla Sentenza 18 novembre 1999, Causa n. C - 107/1998 (Teckal), ha elaborato i criteri, tra essi cumulativi, atti a giustificare la sottrazione di un servizio all’ambito di operatività delle regole dell’evidenza pubblica. In merito al caso di specie, l’Agenzia delle Entrate per prima cosa rileva che, dal punto di vista del presupposto soggettivo Iva, la Società istante, soggetto giuridicamente distinto dall’Ente Locale che la controlla, era stata costituita nella forma giuridica di società a responsabilità limitata, configurandosi conseguentemente agli effetti dell’Iva quale soggetto passivo del tributo ai sensi dell’art. 4, comma 2, n. 1), del Dpr. n. 633/1972. Ne deriva che, a differenza di quanto (peraltro erroneamente) sostenuto dalla stessa Società istante, non può essere esteso alla Società istante la disposizione recata dall’art. 4, comma 4, dello stesso Dpr. n. 633/1972, secondo cui per gli Enti non commerciali, compresi quelli pubblici, si considerano effettuate nell’esercizio di imprese soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese nell’esercizio di attività commerciali. L’Agenzia ha poi ricordato che, relativamente al presupposto oggettivo, l’art. 3, comma 1, del Dpr. n. 633/1972 prevede, tra l’altro, che costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da rapporti contrattuali. Nel caso in esame, “posto che tra le parti intercorre un rapporto giuridico sinallagmatico nel quale il corrispettivo ricevuto dalla società costituisce il compenso per il servizio effettuato”, viene soddisfatto anche il suddetto requisito oggettivo, pertanto “la società, anche se opera nella veste di società comunale ‘in-house’, deve assoggettare ad Iva i proventi ad essa corrisposti dal Comune quale corrispettivo per l’attività di gestione dei servizi informatici e telematici”. In merito alla Risoluzione in oggetto, coerentemente con quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate circa il presupposto soggettivo, occorre rilevare in primo luogo l’errata interpretazione della questione fornita dalla società istante, la quale “ritiene di non possedere una distinta soggettività rispetto all’Ente comunale che l’ha istituita e che la partecipa integralmente, né di svolgere attività di natura commerciale”. Nel dettaglio, “la Società è dell’avviso che, pur essendo stata costituita con la tipologia della Società a responsabilità limitata, essa costituisca un Ente strumentale del Comune, in quanto possiede le caratteristiche di una Società ‘in house’ (…) il proprio capitale sociale è interamente posseduto dall’Ente Locale che l’ha costituita e nei confronti del quale essa svolge, in via esclusiva, la propria attività (…) l’Ente territoriale svolge nei suoi confronti un ‘controllo analogo’ a quello che lo stesso Ente effettua sui propri servizi (…) quindi, essa rientra nel modello organizzativo di gestione dell’attività amministrativa del Comune (…) e fa capo alla predetta Amministrazione quale elemento di sistema (…) [per cui ritiene che] il rapporto instaurato tra essa e l’Amministrazione concedente non sia riconducibile ad un rapporto contrattuale tra due soggetti autonomi e distinti, bensì ad un’ipotesi di delegazione organica, non rilevante ai fini dell’applicazione dell’Iva (…) [e che inoltre] l’attività resa al Comune, che realizza in via surrogatoria compiti istituzionali del medesimo Ente Locale, abbia natura pubblicistico-istituzionale e, quindi, non commerciale”. In effetti, è indubbio che la società istante, seppur società “in-house” costituita ai sensi della normativa e dei principi comunitari abbia una propria personalità giuridica e svolga per presunzione giuridica attività commerciale, trattandosi di una società a responsabilità limitata. Stabilito quanto sopra, l’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate circa la sussistenza del presupposto oggettivo e quindi sul regime Iva ad applicare

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alle somme erogate alla società da parte del Comune unico socio è quanto meno molto discutibile. Sebbene in fatti sia stato stipulato tra il Comune e la società medesima un contratto di servizio, tale condizione non è di per sé sufficiente a considerare le somme percepite dalla società da parte del Comune come corrispettivi per prestazioni di servizio svolte, dal momento che, come noto, condizione necessaria affinché una somma venga qualificata come corrispettivo di una prestazione di servizio soggetta a Iva, è che sussista un rapporto sinallagmatico (do ut des) tra il soggetto che presta il servizio ed il soggetto che eroga in contropartita il corrispettivo. Nel caso di specie, è anche possibile, come chiarito dai tecnici delle Entrate, che la somma erogata dal Comune costituisca effettivamente il corrispettivo di una prestazione di servizio svolta dalla società in base al contratto di servizio in essere, ma sarebbe stato opportuno specificare che ciò non vale nella generalità dei casi di esternalizzazione di servizi mediante costituzione di società “in-house”, bensì solo se sussiste effettivamente il presupposto oggettivo, ovvero un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive. In taluni casi infatti è anche possibile, come sopra dimostrato, che le somme erogate dal Comune alle società “in-house” di cui è socio unico siano configurabili come contributi a fondo perduto (trasferimenti) fuori campo Iva ex art. 2 del Dpr. n. 633/72, soggetti invece all’applicazione della ritenuta Ires del 4% ex art. 28, comma 2, Dpr. n. 600/1973. Nel caso di specie, l’errore evidente compiuto dalla società istante nella proposizione della soluzione è stato quello di ritenere che la presenza dell’obbligo giuridico della dimostrazione del “controllo analogo” e del rapporto di delegazione interorganica e di dipendenza funzionale e gerarchica della società rispetto all’Ente Locale potesse generare una qualificazione della stessa tra gli Enti pubblici non commerciali, alla stregua dell’Ente Locale, qualificato “soggetto istituzionale” non esercente impresa commerciale per le attività svolte in qualità di pubblica autorità o di consumatore finale. In realtà, la presenza dell’obbligo del “controllo analogo” mantiene sì indiscutibilmente la configurazione di soggetto Iva autonomo per la società rispetto al Comune, ma l’eventuale stipula di un contratto di servizio (obbligatoria ai sensi dell’art. 113, del Tuel) senza un corrispettivo a favore, né dell’Ente né della Società in quanto quest’ultima si è assunta il “rischio d’impresa” secondo i canoni della concessione di pubblici servizi (di cui abbiamo dato conto nelle pagine precedenti e nelle relative note in calce), consente all’Ente Locale l’attribuzione eventuale di contribuzioni a fondo perduto a favore della società che non siano “integrazioni di prezzo” da assoggettare ad Iva ex art. 13, Dpr. n. 633/1972, bensì sovvenzioni di denaro fuori campo Iva ex art. 2, comma 3, lett. a), dello stesso Decreto Iva.Della questione si è occupata anche la “Commissione di studio Fiscalità” del Consiglio nazionale Dottori commercialisti ed Esperti contabili nel novembre 2007, la quale, nell’ambito delle entrate acquisibili dalla società/azienda da parte del Comune affidante la gestione del servizio, ha individuato, “avendo riguardo alla natura delle stesse, secondo la seguente articolazione: - natura di integrazione del corrispettivo; - natura contributiva quale:

- controprestazione del servizio (in presenza di sinallagma); - compartecipazione alla spesa meglio nota come copertura dei c.d. ‘costi sociali’ (in presenza di sinallagma); - concorso alla copertura del disavanzo gestionale (in assenza di sinallagma).

1. Natura di integrazione del corrispettivo. Se i ‘contratti di servizio’ prevedono che il Comune corrisponda alle Società/aziende speciali delle somme in denaro, a titolo di integrazione delle tariffe, rette o delle quote dovute dall’utenza, anche per effetto di una diversificazione tariffaria in presenza di particolari condizioni soggettive (economico/sociali) dell’utenza medesima, le stesse si inquadrano nell’ambito dell’art. 13, comma 1, del Dpr. n. 633/72 quali integrazioni del corrispettivo (integrazioni connesse con i corrispettivi dovuti da altri soggetti: gli utenti) […]. Quanto sopra evidenziato viene confermato dall’art. 73 della Direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE che espressamente prevede, ‘per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui agli artt. da 74 a 77, la base imponibile comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni’.

2. Natura contributiva quale controprestazione del servizio (in presenza di sinallagma). Se i ‘contratti di servizio’ prevedono che il Comune si impegni a corrispondere alle Società/Aziende speciali delle somme in denaro a titolo di contributo, ove lo stesso è vincolato ad una controprestazione (come nel caso limite in cui nessuna tariffa e/o retta sia richiesta all’utenza a fronte dell’erogazione del servizio, oppure come nell’ipotesi in cui la prestazione sia fornita ad una particolare tipologia di utenza, ove la stessa retta sia a carico dell’Ente Locale in quanto il beneficiario risulti essere un ‘assistito del Comune’) sussistendo, in tal caso, un rapporto sinallagmatico tra le parti che le vincola a determinate prestazioni e controprestazioni, le somme dovute al gestore assumono le caratteristiche di una integrazione totale (invece che parziale, ma anche in detta ipotesi) del corrispettivo, delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi oggetto del rapporto, che sono da trattare alla stessa stregua e secondo l’aliquota Iva tipicamente ed originariamente applicabile alla prestazione fornita (esenzione, aliquote 4%, 10% o 22%).

3. Natura contributiva quale compartecipazione alla spesa, meglio nota come copertura dei c.d. ‘costi sociali’ (in presenza di sinallagma). Nel caso in cui i ‘contratti di servizio’ prevedano invece che il Comune si impegni a corrispondere alle società/aziende speciali delle somme in denaro a copertura della ‘quota di disavanzo tra uscite (costi) per il costo complessivo del servizio ed entrate (ricavi) derivanti dalle quote e/o rette previste per utenti anche particolareggiati’, tale contribuzione assume il carattere di elemento sinallagmatico accidentale che il Comune corrisponde al concessionario/affidatario del Servizio al solo fine del perseguimento dell’equilibrio economico-finanziario della connessa gestione dei servizi erogati. Tale corresponsione, oltremodo vincolata alla fornitura di una controprestazione, alla quale si collegano effetti sostanziali diversi ed ulteriori, rispetto alla mera copertura dell’eventuale disavanzo finale d’esercizio, essendo pertanto particolarmente connessa ad un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive, è da considerarsi rilevante ai fini Iva e da fatturarsi con l’aliquota afferente il servizio. Ciò in quanto il Comune, per i maggiori oneri subiti dalla società o azienda speciale gestrice a causa di condizioni di favore o di politiche tariffarie speciali o per altri provvedimenti di carattere sociale richieste dal Comune, deve provvedere a riconoscere dei corrispettivi a copertura dei minori ricavi o dei maggiori costi. Si dà evidenza che l’art. 40 del Dpr. n. 902/1986 (‘Approvazione del nuovo Regolamento delle aziende di servizi dipendenti dagli Enti Locali’) espressamente prevede che il bilancio preventivo delle Aziende speciali ‘non potrà chiudersi in deficit, dovrà considerare tra i ricavi i contributi in conto esercizio spettanti all’azienda in base alle leggi statali e regionali ed i corrispettivi a copertura di minori ricavi o di maggiori costi per i servizi richiesti dal Comune all’azienda a condizioni di favore, ovvero dovuti a politiche tariffarie o ad altri provvedimenti disposti dal Comune per ragioni di carattere sociali’. Anche il comma 6 dell’art. 114 del Tuel espressamente prevede che relativamente alle aziende speciali ‘l’Ente Locale conferisce il capitale di dotazione; determina le finalità e gli indirizzi; approva gli atti fondamentali; esercita la vigilanza; verifica i risultati della gestione; provvede alla copertura degli eventuali costi sociali’.

4. Natura contributiva quale concorso alla copertura del disavanzo gestionale (in assenza di sinallagma). Qualora gli Enti Locali provvedano, per loro decisione, a corrispondere alla ‘propria’ Società/Azienda speciale delle somme in denaro a copertura del disavanzo economico prodotto dal gestore, tale erogazione (a copertura di deficit) è di natura eventuale e viene corrisposta a consuntivo. Poiché risulta assente ogni nesso di corrispettività tra la prestazione resa dalla Società/Azienda speciale (anche a soggetti terzi quali gli utenti) ed il contributo ricevuto dal Comune,

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tale corresponsione rimane esclusa dal campo di applicazione dell’Iva”.Riassumendo, alla luce di quanto sopra illustrato, somme di denaro che transitano dal Comune alla Società o Azienda erogatrice del servizio all’utenza non sono automaticamente ed esclusivamente da assoggettare ad Iva, ma ciò deve avvenire solo e soltanto quando costituiscono dichiaratamente e/o evidentemente pagamento di prestazioni di servizio in presenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive (sinallagma) oppure sia contributi riconosciuti “in conto prezzo”. Per converso, nel caso in cui si tratti di veri e propri “contributi in conto esercizio” erogati a titolo di co-finanziamento dell’intera attività aziendale pubblica e di (preventivo) ausilio alla copertura del disavanzo di gestione, completamente scollegato allo svolgimento di servizi a suo favore e quindi costituente contribuzione generica rivolta a sostenere attività connesse ai compiti statutari e pubblico-sociali, le somme di denaro saranno da escludere da Iva in quanto “cessioni di danaro” ex art. 2, comma 3, lett. a), del Dpr. n. 633/1972.Nel qualificare tali “contributi in conto esercizio” come movimentazione finanziaria da escludere dal campo di applicazione dell’Iva, fattispecie similari trattare nei numerosi interventi sul tema operati dall’Agenzia delle Entrate sono le seguenti:- contribuzioni generiche volte a sovvenzionare attività connesse ai compiti d’istituto degli Enti;- contributi concessi, nella forma di contributi alla spesa (e quindi a parziale copertura dei costi del progetto) – per il perseguimento di finalità e obiettivi

di carattere generale, quali sostegno alla ricerca scientifica e tecnologica e delle connesse attività di formazione;- contributi a copertura di tutte le spese sostenute per l’attuazione del programma presentato, nonché dei costi di funzionamento relativi alla gestione

del programma;- somme erogate per programmi sperimentali qualificati come intervento di politica economica, dove il rapporto tra soggetto finanziatore e soggetto

finanziato è di tipo concessorio e non contrattuale, dove altresì la relazione intercorrente tra concessione del denaro e realizzazione del programma è di natura strumentale e non sinallagmatica;

- finanziamenti in conto investimenti e per coprire disavanzi di gestione che si verificheranno, riconosciuti per favorire l’attuazione del progetto di riconversione;

- contributi riconosciuti a comitati ed associazioni per l’organizzazione di manifestazioni culturali, se esclusivamente devoluti per la loro realizzazione;- contributi e donazioni ricevute da un comitato per i quali non è prevista la cessione di alcun diritto commerciale o di sponsorizzazione in quanto;- contributi riconosciuti dal Fondo sociale europeo a dal Ministero del Lavoro alla Caritas per la realizzazione di un progetto per l’integrazione socio-

culturale degli immigrati;- contributi del Fondo sociale europeo e del Fondo di rotazione per le politiche comunitarie, erogati nell’ambito determinati programmi concernenti

“azioni di sistema” finalizzate a migliorare la gestione e l’utilizzo dei finanziamenti comunitari;- contributi pubblici riconosciuti ad un consorzio di imprese per la realizzazione di determinati piani di sviluppo;- i contributi pagati a copertura delle spese generali e di funzionamento del consorzio.La Circolare n. 34/E del 2013: un Documento di prassi chiarificatore ma non esausitivoCon la Circolare 21 novembre 2013, n. 34/E, l’Agenzia ha precisato che, prima di tutto, occorre verificare, ai fini della qualificazione di una somma di denaro quale contributo o corrispettivo, se l’erogazione da parte dell’Ente deriva o meno da una norma di legge (sia specifica che generale) oppure da una norma di rango comunitario.Successivamente l’Agenzia ha individuato alcuni casi “tipici” di fronte ai quali è agevole individuare la corretta natura della prestazione economica effettuata dall’Ente. Di seguito riportiamo prima i casi in cui si manifesta un contributo e, successivamente, quelli in cui siamo di fronte ad un corrispettivo:a. come sopra già richiamato l’Agenzia riconduce alla fattispecie dei contributi le elargizioni di denaro fatte sulla base di norme che prevedono

“l’erogazione di benefici al verificarsi di presupposti definiti”, come ad esempio nel caso di aiuti di Stato automatici oppure a favore di determinate categorie di soggetti. In conseguenza di ciò, qualora una norma individui in modo diretto o indiretto i beneficiari del provvedimento economico siamo di fronte alla fattispecie del “contributo”;

b. l’Agenzia ha riconosciuto come contributi le elargizioni concesse sulla base dell’art. 12, della Legge n. 214/1990, relativa alla disciplina dei provvedimenti amministrativi attributivi di vantaggi economici. Infatti, come ogni procedimento adottato in base al Testo unico degli appalti è finalizzato a costituire un rapporto contrattuale a prestazioni corrispettive, così ogni procedimento avviato a norma del citato art. 12 è preordinato alla erogazione di contributi pubblici. Tale norma, infatti, postula che “la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici di qualsiasi genere avvenga (mediante i criteri di evidenza pubblica) secondo i criteri e le modalità predeterminate, a garanzia di trasparenza ed imparzialità, cui le amministrazioni procedenti devono attenersi secondo le modalità stabilite dalla legge sul procedimento amministrativo”. Ciò avviene sia quando “è approvato un regolamento a contenuto generale in relazione alla concessione dei contributi, sia quando è pubblicato un bando per la presentazione di istanze per la concessione dei medesimi”. Tale norma riconduce, quindi, tra le funzioni amministrative anche quelle relative all’attribuzione di vantaggi economici e dispone che tale funzione sia esercitata nella forma del procedimento amministrativo, come tale, sottoposta a regole di trasparenza e di imparzialità. In base al citato art. 12, pertanto, “le sovvenzioni, i contributi, i sussidi, gli ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici di qualsiasi genere, la cui concessione è subordinata alla predeterminazione e alla pubblicazione dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni procedenti devono attenersi, non assumono la natura di corrispettivo”;

c. altre volte, il procedimento per l’erogazione di somme è definito a livello comunitario ed attuato nell’ordinamento domestico attraverso bandi o delibere di organi pubblici (per es: il Cipe). Anche in questi casi l’erogazione di vantaggi economici in favore dei soggetti individuati dal Regolamento comunitario si inserisce nella funzione amministrativa ed esula dallo schema dei contratti a prestazioni corrispettive. Se il soggetto che riceve il denaro “non è il beneficiario effettivo ma costituisce un mero tramite per il trasferimento delle somme a detto beneficiario attuatore”, le somme da trasferire non si possono configurare quale corrispettivo di servizio per il soggetto-tramite;

d. le somme erogate dai soci – ivi incluso, ovviamente, il socio avente soggettività di diritto pubblico – in base alle norme del Codice civile, quali apporti di capitale, esposti in bilancio all’interno del patrimonio netto, non possono essere considerate corrispettivi di prestazioni di servizi in quanto si inseriscono nell’ambito del rapporto associativo e non sono collegate ad alcuna controprestazione da parte del beneficiario (apporti di capitale e coperture di disavanzi).

Resta in ogni caso salvo il potere di effettuare le attività di controllo sulla natura della erogazione nelle ipotesi in cui emergano vizi o abusi del procedimento amministrativo di cui alla lett. b), ovvero delle ulteriori forme di erogazione di somme di denaro descritte alle lett. c) e d).Corrispettivi (rilevanza Iva dal punto di vista oggettivo):a) le erogazioni conseguenti alla stipula di contratti in base al codice dei contratti pubblici, adottato in recepimento di apposite direttive comunitarie, si

inseriscono all’interno dello schema contrattuale. L’amministrazione, infatti, quando opera in riferimento a tali norme - genericamente accumunate

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nella locuzione di “procedimenti ad evidenza pubblica” - procede all’individuazione del soggetto che fornisce una prestazione a fronte della quale l’Amministrazione stessa si obbliga alla erogazione delle correlate somme;

b) si opera all’interno del medesimo schema (e quindi si è in presenza di una erogazione-corrispettivo a fronte di una prestazione di servizi) anche se i contratti sono stipulati al di fuori o in deroga alle norme del codice dei contratti pubblici: ciò avviene quando il contratto a prestazioni corrispettive regola rapporti per settori esclusi a norma dello stesso codice (per esempio: contratti riguardanti la sicurezza nazionale), ovvero quando i rapporti sono costituiti con soggetti dai particolari requisiti per i quali gli affidamenti sono effettuati al di fuori delle regole del medesimo codice (per es: le società operanti secondo il modello organizzativo dell’in-house providing), con la conseguenza che si rendono applicabili tutte le norme tributarie che regolano tali fattispecie.

Nel caso invece in cui, non essendo sufficienti le disposizioni normative di cui sopra, si debba ricorrere all’utilizzo di criteri suppletivi per individuare se una somma erogata da un Pubblica amministrazione rappresenta un contributo o un corrispettivo rilevante Iva dal punto di vista oggettivo, l’Amministrazione finanziaria ha dettato un preciso ordine sequenziale da seguire. Resta chiaro peraltro – la nostra esperienza diretta ci suggerisce di sottolinearlo - che “sulla carta” il tutto appare chiaro (diremmo quasi scontato …), ma resteranno sempre dubbi sulle singole fattispecie, che potranno essere fugati soltanto leggendo attentamente gli atti e assumendo poi una posizione:a) vantaggio diretto per l’Ente erogante derivante dal comportamento richiesto al beneficiario (“corrispettività tra elargizione di denaro ed attività

finanziata”)L’erogazione in favore di un soggetto privato comporta l’analisi del rapporto instaurato con l’Amministrazione. Qualora sia rinvenibile un rapporto di scambio per cui “alla Pubblica amministrazione deriva un vantaggio diretto ed esclusivo dal comportamento richiesto al privato”, ci si trova innanzi ad una prestazione e controprestazione che non può che essere inquadrata nello schema contrattuale. In particolare, l’Agenzia ritiene che ricorra tale presupposto nelle ipotesi in cui “l’Amministrazione acquisisca la proprietà del bene o comunque si avvalga dei risultati derivanti dalla attività per la quale sono erogate le somme”. L’assenza di un vantaggio diretto per l’Amministrazione erogante, tuttavia, non porta necessariamente ad escludere che le somme abbiano natura di controprestazione, perché può comunque riscontrarsi la sussistenza di un rapporto contrattuale se sussistono i seguenti elementi.b) previsione clausola risolutiva espressa” o “risarcimento del danno da inadempimento”Il vincolo di effettiva corrispettività è riscontrabile in caso di presenza in convenzione - anche tramite norme di rinvio - di “clausole risolutive o di penalità dovute per inadempimento”, in quanto strumenti tipici che regolano, in via concordata, le ipotesi in cui il sinallagma contrattuale non si realizza a causa di uno dei contraenti.c) criterio residuale (“responsabilità contrattuale”)Anche l’assenza delle suddette clausole, tuttavia, non necessariamente comporta che si sia in presenza di una erogazione non corrispettiva, atteso che “l’attività finanziata può comunque concretizzare un’obbligazione il cui inadempimento darebbe luogo ad una responsabilità contrattuale”, per cui occorre verificare in via residuale tale ultimo aspetto.

I compensi degli Amministratori di Società pubblicheuna storia infinita giunta al capolinea ?

Il Ministero delle Finanze ha comunicato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri la bozza del Regolamento (porta-to dal Decreto) sulla determinazione dei limiti dei compen-si massimi previsto dall’art. 11, comma 6, del “Testo unico delle Società a partecipazione pubblica” (Tusp), condiviso con il Dipartimento della Ragioneria dello Stato, affinché venga inserito all’ordine del Giorno della Conferenza per-manente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. La Relazione illustrativa lo definisce “Decreto Fasce”.Qualora la Conferenza unificata approvasse il testo, giun-gerebbe alla fine la storia infinita sui limiti dei compensi degli Amministratori delle Società a controllo pubblico, a

circa 3 anni dalla approvazione del Tusp. Il periodo di vacatio, imposto dall’assenza dal Decreto, ha di fatto consolidato un regime transitorio che, se un effetto sicuramente ha prodotto, è stato quello di depauperare di capacità manageriale le Società pubbliche a causa dei risibili compensi riconoscibili. Ciò non ha fatto certamen-te bene alle Società a partecipazione pubblica e neppure ai soci Pubbliche Amministrazioni; soprattutto questi ul-timi, intenti nei “Piani di razionalizzazione” delle proprie partecipate, sapevano di non potere disporre di manager motivati e disposti ad assumersi le necessarie responsa-bilità, che la carica richiede, nel momento di attivazione di operazioni straordinarie necessarie proprio per attuare i

del Dott. Roberto Camporesi - Dottore Commercialista, Revisore legale, Esperto in società a partecipazione pubblica

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predetti “Piani”.Si ricorda che la disciplina dei compensi degli Amministra-tori delle Società a controllo pubblico è contenuta nelle disposizioni di cui all’art. 11 del Tusp. Disciplina che si caratterizza per una norma a regime ed una a contenuto transitorio: - norma a regime: comma 6, “Con Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze […], previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, per le Società in controllo pubblico sono definiti indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi al fine di individuare fino a cin-que fasce per la classificazione delle suddette Società. Per le Società controllate dalle Regioni o dagli Enti Lo-cali, il Decreto di cui al primo periodo è adottato pre-via Intesa in Conferenza unificata ai sensi dell’art. 9 del Dlgs. n. 281/1997. Per ciascuna fascia è determinato, in proporzione, il limite dei compensi massimi al quale gli organi di dette Società devono fare riferimento, secon-do criteri oggettivi e trasparenti, per la determinazione del trattamento economico annuo omnicomprensivo da corrispondere agli amministratori, ai titolari e componen-ti dell’Organo di controllo, ai Dirigenti e ai dipendenti, che non potrà comunque eccedere il limite massimo di Euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficia-rio, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre Pubbliche Amministrazioni o da altre Società a controllo pubblico. Le stesse Società verificano il rispetto del limi-te massimo del trattamento economico annuo onnicom-prensivo dei propri Amministratori e dipendenti fissato con il suddetto Decreto. Sono in ogni caso fatte salve le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono limiti ai compensi inferiori a quelli previsti dal Decreto di cui al presente comma. Il Decreto stabilisce altresì i criteri di determinazione della parte variabile della re-munerazione, commisurata ai risultati di bilancio rag-giunti dalla Società nel corso dell’esercizio precedente. In caso di risultati negativi attribuibili alla responsabilità dell’Amministratore, la parte variabile non può essere corrisposta”;

- norma transitoria: comma 7, “Fino all’emanazione del Decreto di cui al comma 6 restano in vigore le disposi-zioni di cui all’art. 4, comma 4, secondo periodo, del Dl. n. 95/2012, convertito dalla Legge n. 135/2012, e s.m. e al Dm. dell’Economia n. 166/2013”.

1. Il regime transitorio che cesserà con l’entrata in vi-gore del Decreto

La norma richiamata dal comma 7, contenuta in ciò che residua dell’art. 4, dopo le abrogazioni operate dal Tusp, dispone: 1“a decorrere dal 1º gennaio 2015, il costo an-nuale sostenuto per i compensi degli Amministratori di tali Società, ivi compresa la remunerazione di quelli investiti di particolari cariche, non può superare l’80% del costo com-plessivamente sostenuto nell’anno 2013” (ultimo periodo abrogato dal Dlgs. n. 175/2016). La mancata approvazione del Decreto ha quindi reso ap-plicabile la norma transitoria, che tuttavia non può essere interpretata secondo il proprio tenore letterale perché non è dato sapere, dopo l’abrogazione dei commi precedenti e degli stessi periodi contenuti nel comma 4, quali siano “tali Società”. In tale incertezza, e considerato che si sta trattando di norme eccezionali e derogatorie del Codice civile, ci si è chiesto se si potesse fare ricorso ai Principi generali del Codice, ovvero di quelli del comma 6 dell’art. 11, ai quali si devono informare gli Uffici ministeriali per il relativo Decreto.In tale confusione si sono affacciate più tesi interpretative le quali, chi più chi meno, hanno effettuato esegesi di tipo teleologico. Le Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti si sono più volte pronunciate al riguardo. In ordine di tempo, le ultime Deliberazioni delle Corti re-gionali sono state: 1. Sardegna, con la Deliberazione n. 20/2018/Par - che

conferma le tesi più rigorose e restrittive - e 2. Veneto, con la Deliberazione n. 31/2018/Par, che in-

vece si pone in modo più dialettico sulla relazione fra norme pubblicistiche e quelle codicistiche, quando non vi è il riferimento al costo sostenuto al 2013, introdu-cendo concetti quali verifica della “spesa strettamente necessaria” e “ in ogni caso, del canone guida di ‘utilità e ragionevolezza’ che deve ispirare ogni spesa di Enti statali e locali e dal quale non può esimersi la determi-nazione dei compensi degli Amministratori pagati con risorse pubbliche”.

Gli orientamenti del Giudice contabile si sono basati su questi Principi: - il calcolo del limite dei compensi viene effettuato su ogni singola Società;

- il compenso è onnicomprensivo e comprende anche gli speciali incarichi di cui all’art. 2389 del Cc. (diversamen-te da come si interpreta la norma secondo la giurispru-denza commerciale che considera gli speciali incarichi come attività da remunerare al di fuori del rapporto di

1 Primo periodo abrogato dal Dlgs. n. 175/2016

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Amministratore); - l’indennità di risultato che spetta solo nel caso di pro-duzione di utili e in misura comunque non superiore al doppio del compenso onnicomprensivo di cui al primo periodo.

Seguendo quindi i Principi assunti dalla Corte dei conti emerge che, nel regime transitorio, il soggetto sul quale calcolare il limite è la Società che dà l’incarico di Ammini-stratore o meglio la Società che sostiene il costo; infatti: - va determinato preventivamente il costo complessiva-mente sostenuto nel 2013. Per costo sostenuto deve considerarsi il componente negativo di reddito risultante dal conto economico del bilancio di esercizio 2013 (ma-nifestazione economica) nonché l’effettiva correspon-sione del compenso (manifestazione numeraria). Per quanto attiene la manifestazione numeraria, questa va comunque considerata come condizione che si è avve-rata, anche se verificatasi dopo la chiusura dell’esercizio nel quale è stato imputato il costo; così come spesso accade;

- va assunto il valore per il compenso determinato dall’As-semblea dei soci. Il valore è “onnicomprensivo”. L’o-rientamento della Corte fa riferimento ad ogni voce di compenso (remunerazione per la carica, sia esso fisso o variabile, nella misura in cui può essere determinato un compenso di risultato). L’accezione pubblicistica in-duce a ritenere che esso equivalga al “limite di spesa” sostenibile e quindi debba contenere anche oneri im-pliciti (contributi, ecc.) la cui somma non potrà supera-re detto limite. Sembrerebbero esclusi i rimborsi per le

spese sostenute per l’esercizio della carica. Si dovrebbe trattare di un valore c.d. “lordo”, nel senso che la Società non potrà superare tale valore di spesa a prescindere dal diverso titolo afferente al compenso (in questo senso l’art. 11, comma 6, quando tuttavia fa riferimento al tetto massimo di Euro 240.000,00).

Determinato tale valore “complessivo”, va confrontato con il costo per il compenso dell’Amministratore deliberato dall’Assemblea dei soci, ovvero quell’importo che si è tra-mutato nel costo complessivamente sostenuto nell’eserci-zio per i compensi degli Amministratori. Secondo il canone interpretativo utilizzato emerge che ciò che rileva è il soggetto che sostiene il costo (la Società) e non rilevano, ai fini del calcolo del limite di legge (e non ai fini della corresponsione), profili del soggetto percipiente (l’Amministratore) e ciò in perfetta aderenza al Principio di finanza pubblica: il soggetto che eroga e sostiene il costo è colui che è chiamato a rispettare il limite di legge.2. Il Decreto ex art. 11, comma 6, del TuspIl Regolamento (“Decreto Fasce”) esordisce facendo una rassegna delle disposizioni cui si ispira che si vanno ad aggiungere ai Principi di cui all’art. 11, comma 6: - l’art. 23-bis del Dl. n. 201/2011, convertito con modifiche dalla Legge n. 124/2011, che in parte si sovrappone con il sopracitato comma 11 dell’art. 11 del Tusp, in quanto anch’esso contiene criteri e principi per la determinazio-ne dei compensi e per l’informativa dell’Assemblea dei soci in un’ottica di trasparenza2 e che non è stato abro-gato quindi dal Tusp;

- il Regolamento di cui al Decreto Mef n. 166/2013, che

2 Art. 23-bis. (Compensi per gli Amministratori e per i dipendenti delle Società controllate dalle Pubbliche Amministrazioni). “Fatto salvo quanto previsto dall’art. 19, comma 6, del Dl. n. 78/2009, convertito con modificazioni dalla Legge n. 102/2009, con Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, da emanare entro il 30 aprile 2016, sentita la Conferenza unificata per i profili di competenza, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, per le Società direttamente o indirettamente controllate da Amministrazioni dello Stato e dalle altre Amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del Dlgs. n. 165/2001, e s.m., ad esclusione delle Società emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e loro controllate, sono definiti indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi al fine di individuare fino a 5 Fasce per la classificazione delle suddette Società. Per ciascuna Fascia è determinato, in proporzione, il limite dei compensi massimi al quale i Consigli di amministrazione di dette Società devono fare riferimento, secondo criteri oggettivi e trasparenti, per la determinazione del trattamento economico annuo onnicomprensivo da corrispondere agli Amministratori, ai dirigenti e ai dipendenti, che non potrà comunque eccedere il limite massimo di Euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni. Le Società di cui al primo periodo verificano il rispetto del limite massimo del trattamento economico annuo onnicomprensivo dei propri Amministratori e dipendenti fissato con il Decreto di cui al presente comma. Sono in ogni caso fatte salve le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono limiti ai compensi inferiori a quelli previsti dal Decreto di cui al presente comma. 2. In considerazione di mutamenti di mercato e in relazione al tasso di inflazione programmato, nel rispetto degli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, con Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze si provvede a rideterminare, almeno ogni 3 anni, le fasce di classificazione e l’importo massimo di cui al comma 1. 3. Gli emolumenti determinati ai sensi dell’art. 2389, comma 3, del Cc., possono includere una componente variabile che non può risultare inferiore al 30% della componente fissa e che è corrisposta in misura proporzionale al grado di raggiungimento di obiettivi annuali, oggettivi e specifici, determinati preventivamente dal Consiglio di amministrazione. Il Consiglio di amministrazione riferisce all’assemblea convocata ai sensi dell’art. 2364, comma 2, del Cc., in merito alla politica adottata in materia di retribuzione degli Amministratori con deleghe, anche in termini di conseguimento degli obiettivi agli stessi affidati con riferimento alla parte variabile della stessa retribuzione. 4. Nella determinazione degli emolumenti da corrispondere, ai sensi dell’art. 2389, comma 3, del Cc., i Consigli di amministrazione delle Società non quotate, controllate dalle Società di cui al comma 1 del presente articolo, non possono superare il limite massimo indicato dal Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze di cui al predetto comma 1 per la Società controllante e, comunque, quello di cui al comma 5-bis e devono in ogni caso attenersi ai medesimi Principi di oggettività e trasparenza”.

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ha classato in 3 Fasce di complessità le Società a parte-cipazione statale, che ai sensi dell’art. 11, comma 7, del Tusp, continuerà ad applicarsi fino all’entrata in vigore del presente Regolamento;

- il Dlgs. n. 58/1998, che contiene la disciplina delle So-cietà di gestione collettiva del risparmio;

- il Regolamento Banca Italia e Consob sulla disciplina delle politiche di remunerazione incentivanti degli Ammi-nistratori delle Società che gestiscono fondi investimen-to alternativi;

- l’art. 38 del “Codice dei Contratti”, che qualifica le stazio-ni appaltanti e le centrali di committenza.

Tutto ciò richiamati i precedenti legislativi, nella premessa del Regolamento si è ritenuto necessario tenere presen-te anche i seguenti Principi contenuti nella miglior prassi comune ai mercati finanziari, che prevede che la remune-razione:a. degli Amministratori e dei componenti degli Organi di

controllo è commisurata all’impegno richiesto, alla ri-levanza del ruolo ricoperto, nonché alle caratteristiche dimensionali e settoriali dell’Impresa;

b. degli Amministratori esecutivi e dei Dirigenti e dipen-denti sia definita in modo tale da allineare i loro interes-si con il perseguimento dell’obiettivo della creazione di valore per i soci;

c. sia adeguata e coerente con la struttura organizzativa secondo criteri oggettivi che tengano conto del ruolo e delle funzioni definite all’interno dell’Azienda.

Fa un certo effetto leggere tali Principi, tipici delle miglior prassi che presiedono all’ambito motivazionale del mana-gement e delle migliori politiche di remunerazione della scienza aziendale, dopo che per oltre 2 anni l’unico crite-rio per la definizione del compenso degli Amministratori delle Società pubbliche è stato quello del c.d. “taglio line-are” basato sul limite invalicabile del costo sostenuto al 2013 ridotto del 80%. La struttura del Regolamento si rifà a pochi Principi, di fatto contenuti in 5 articoli.Il primo articolo traccia l’ambito soggettivo e non vi è nul-la di diverso rispetto alle disposizioni contenute dal Tusp. Basti osservare che sono incisi dal Regolamento le Socie-tà a controllo pubblico, con esclusione di quelle quotate e da quelle da queste ultime controllate, ai sensi del Tusp. Non è questa la sede per definire la nozione di “Società a controllo pubblico” prevista dal Tusp, che atteggiandosi a

terzum genus fra controllo ex art. 2359 del Cc. e “controllo analogo congiunto”, vede una recente presa di posizione del Mef 3 che prende atto della Sentenza del Consiglio di Stato Consiglio di Stato, Sezione V, Sentenza 23 gennaio 2019, n. 578, in merito alla necessità di Patti parasociali in forma scritta, affinché sia data prova del controllo, ed il rin-vio alla Sezione delle Autonomie di Roma, da parte della Corte dei conti dell’Umbria,4 che ravvisa divergenze nelle opinioni espresse al riguardo dalla Sezione regionale di controllo. Inoltre, in questa sede occorre osservare che il Regolamento ha effetto anche ai sensi dell’art. 11, ultimo comma, che prevede che “nelle Società a partecipazione pubblica ma non a controllo pubblico, l’Amministrazione pubblica che sia titolare di una partecipazione pubblica superiore al 10% del capitale propone agli Organi societari l’introduzione di misure analoghe a quelle di cui ai commi 6 e 10”. Norma che coinvolge le Società non ha controllo pubblico, sottoponendole a Principi di “moral suasion” at-traverso i quali i soci (Pubbliche Amministrazioni) si de-vono fare carico, laddove detengano una partecipazione superiore al 10%, al fine di applicare il Regolamento in commento. La norma non prevede alcuna sanzione in caso di inos-servanza da parte del socio – che non si è fatto parte dili-gente di prevedere negli atti di governance della Società i Principi di questo Regolamento – ma al contempo non si può escludere una colposa inadempienza del socio – Pubblica Amministrazione locale – che non si è attivato per rispettare tale Principio, ai sensi dell’art. 147-quater del “Testo unico leggi enti locali” (Tuel), approvato con il Dlgs. n. 267/2000.Il secondo articolo definisce le Fasce all’interno delle quali devono essere classificate le Società a controllo pubblico. La Tabella n. 1 individua 5 classi, distinte in base a “valore della produzione”, “totale dell’attivo patrimoniale e fondi gestiti per conto terzi” e “numero dei dipendenti” (unità). Gli Indicatori sono assunti dai relativi valori di bilancio ap-provati sulla base della media aritmetica dell’ultimo trien-nio e, ove sussista il bilancio consolidato, vanno assunti i dati desunti da quest’ultimo. Pertanto, le holding di partecipazione, come previsto dall’art. 4, comma 5, ultimo periodo, del Tusp, prende-ranno a riferimento il bilancio consolidato e non quello di esercizio. Ogni Società a controllo pubblico deve avere almeno 2 requisiti per individuare la propria classe. Così

3 Mef – Dipartimento del Tesoro – Struttura ex art. 15 del Tusp: “Rapporto sugli esiti della revisione straordinaria delle partecipazioni pubbliche (art. 24 del Dlgs. n. 175/2016)”.

4 Corte dei conti Umbria, Deliberazione n. 41/2019/Prsp.

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precisa la Relazione illustrativa: “per considerare una So-cietà appartenente ad una delle Fasce da n. 1 a n. 4 è necessario che la stessa Società rispecchi almeno 2 dei parametri indicati nella stessa Fascia (comma 2)”. È pre-visto un meccanismo di correzione quando la Società, pur ricadendo nelle Fasce sub 3 e sub 4, abbia un patrimonio netto superiore a Euro 100 milioni: in automatico la Socie-tà viene inserita nella classe n. 2. Viene dunque riconosciuto un nesso di causa ed effetto fra valore del patrimonio e compenso: ad un maggior pa-trimonio netto deve corrispondere un maggior compenso, se non altro per le maggior responsabilità che ciò potreb-be comportare. Il Regolamento poi impone alla P.A. che intende costituire una Società ex novo di prevedere nell’atto deliberativo, necessario ai sensi dell’art. 7 del Tusp, di indicare, fra gli elementi essenziali dell’atto costitutivo, la Fascia della Ta-bella n.1 nella quale ricadrà la neocostituita Società.L’art. 3 prevede i limiti massimi dei trattamenti economici, facendo una grande distinzione. Da un lato, vi sono i limiti dei trattamenti economici dell’Or-gano ammnistrativo, di cui rilevano l’Amministratore unico e l’Amministratore delegato5. Si tratta dei c.d. “Amministra-tori executive”, cioè quelli che hanno i poteri di gestione e di rappresentanza. In tale gruppo poi confluiscono anche i Dirigenti ed i dipendenti. Per tutti questi soggetti i limiti massimi dei trattamenti economici annuali sono indicati nella Tabella n. 2 con le seguenti precisazioni: - il trattamento economico previsto in Tabella comprende ogni forma di emolumento, anche in forma non moneta-ria ma suscettibile di valutazione economica, compreso vitto e alloggio per quanto riconducibile a componenti che concorrono alla formazione del reddito imponibile, secondo la normativa e prassi interpretativa vigente: sono in ogni caso escluse le spese di trasferta;

- in ogni caso non può essere superato il tetto massimo di Euro 240.000,00, tenuto conto anche dei compensi corrisposti (i) da altre Pubbliche Amministrazioni ovve-

ro (ii) da altre Società a controllo pubblico. È importo da considerarsi lordo, comprensivo quindi dei contributi previdenziali assistenziali e gli oneri fiscali a carico del beneficiario;

- per gli Amministratori unici ovvero delegati una quota del compenso deve essere determinata in misura va-riabile, non inferiore al 30% della parte fissa. La parte variabile deve essere commisurata al raggiungimento di obiettivi di performance6. L’utilizzo della locuzione “deve” sembrerebbe alludere ad un obbligo: vale a dire, gli Amministratori executive devono essere remunerati, per una quota non inferiore al 30%, su base variabile. La ratio dovrebbe essere quella che afferma che essi sono remunerati in ragione delle performances raggiunte. La Relazione sul punto statuisce che “i commi 2 e 3 preve-dono che la parte variabile del trattamento economico annuo spettante - che non potrà essere inferiore al 30% della componente fissa - dovrà essere commisurata al raggiungimento di obiettivi di performance”. Dal tenore della Relazione si deduce invece che l’ob-bligo risiede unicamente nel quantum (non inferiore al 30%) e non alla necessaria determinazione di tale quota variabile;

- la parte variabile si atteggia quindi a premio di risultato ed è sottoposta alle seguenti condizioni:

1. è determinabile solo in misura non inferiore al 30% del-la parte fissa del trattamento economico;

2. deve essere commisurata ad obiettivi di performance, predeterminabili e “misurabili e collegabili alla creazio-ne di valore per i soci ed al conseguimento di risultati positivi di gestione”. Quindi una finalizzazione che non va solo verso le performance della Società ma anche a beneficio dei soci. Per i soci deve trattarsi di un nesso di causa ed effetto con l’attività dell’amministratore e la creazione di valore nell’interesse dei primi. Va compre-so cosa debba intendersi “creazione di valore” giacché gli amministratori di Società (anche pubbliche) agisco-no nell’interesse dalla Società e non dei soci. Probabil-

5

Fascia Limite al trattamento economico amministratore unico, amministratore delegato, dirigenti e dipendenti (% del limite massimo di Euro 240.000)

1 240.000 (100%)2 216.000 (90%)3 192.000 (80%)4 168.000 (70%)5 120.000 (50%)

6 Il Regolamento riporta a titolo esemplificativo come tali obiettivi possano essere rappresentati dal miglioramento del risultato operativo, efficientamento della struttura organizzativa, e riduzione dei costi di struttura.

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mente la predetta locuzione potrebbe intendersi che a fronte di migliorate performance della Società anche il socio beneficia di un maggior valore conseguito dalla propria partecipata;

3. può essere corrisposta solo in presenza di un margine operativo lordo positivo7.

L’art. 3 del “Decreto Fasce” si occupa anche di definire le determinazioni del trattamento economico nel caso di Amministratore delegato nella persona del Presidente, in quanto il Tusp al riguardo ha previsto una specifica disci-plina in tema di riparto delle deleghe di poteri fra gli Am-ministratori. In particolare, l’art. 11, comma 9, prevede che “gli Statuti delle Società a controllo pubblico prevedono altresì: a) l’attribuzione da parte del Consiglio di ammini-strazione di deleghe di gestione a un solo Amministratore, salva l’attribuzione di deleghe al Presidente ove preventi-vamente autorizzata dall’Assemblea;”. Pertanto, nel caso in cui l’Assemblea autorizzi l’attribuzio-ne delle deleghe di potere anche al Presidente (diverso dall’Amministratore delegato), “il relativo trattamento eco-nomico annuo riconosciuto per il loro esercizio non possa essere superiore al 30% del compenso massimo previsto per l’Amministratore delegato della rispettiva Fascia di ap-partenenza (comma 4)”. 8

La disciplina del cumulo dei trattamenti economici confer-ma i Principi già previsti dal Tusp ma ne introduce anche di nuovi.Il comma 5 dell’art. 3 in commento dispone che i compensi di Presidente e Amministratore delegato non possono es-sere cumulati in capo alla stessa persona.Inoltre, si estende il Principio in base al quale, in presen-za “di un rapporto di lavoro subordinato con la medesima Società presso la quale si svolge l’incarico di Consiglie-re di amministrazione, non vi può essere il cumulo anche parziale dei compensi”. Detto Principio meglio esplicita quello contenuto nell’art. 11, comma 12, del Tusp, secon-do il quale “coloro che hanno un rapporto di lavoro con Società a controllo pubblico e che sono al tempo stesso componenti degli Organi di amministrazione della Società con cui è instaurato il rapporto di lavoro, sono collocati in aspettativa non retribuita e con sospensione della loro

iscrizione ai competenti Istituti di previdenza e di assisten-za, salvo che rinuncino ai compensi dovuti a qualunque titolo agli Amministratori “.Il “Decreto Fasce” traccia la distinzione fra compensi spet-tanti agli Amministratori per le deleghe ricevute e quelli invece stabiliti per l’incarico senza deleghe, come risulta chiaro dalla Relazione illustrativa, ove si afferma, sempre in tema di divieto di cumulo, che “viene previsto che non sia possibile cumulare i trattamenti economici percepiti per le deleghe (art. 2389, comma 3, Cc.) con i compensi assembleari (art. 2389, comma 1, Cc.)”.Si introduce una distinzione che rappresenta una novità rispetto la disciplina codicistica. Nella Società a controllo pubblico i compensi per la carica di Amministratore executive (come determinati secondo il “Decreto fasce”) non possono cumularsi con i compensi che spettano agli Amministratori no executive (determinati in misura diversa come in appresso precisato). La Relazione illustrativa poi precisa che i compensi as-sembleari sono quelli che spettano agli Amministratori non executive ex art. 2389, comma 1, del Cc., mentre i compensi per le deleghe sono quelli stabiliti per gli “Am-ministratori executive” ai sensi dell’art. 2389, comma 3, del Cc. Lettura innovativa dell’art. 2389, comma 3 citato, in quanto la dottrina rileva che trattasi di attività diverse da quelle ricadenti nella carica di Amministratore per le quali “gli Amministratori hanno diritto ad essere pagati a parte per le attività che svolgono a favore della Società e che esulano dal rapporto di amministrazione (C02/2861). Si ritiene però che non esulino dal rapporto di amministra-zione quanto l’Amministratore svolge in funzione della sua carica, anche qualora tale attività comporti una particolare competenza professionale, che anzi può essere stata de-terminante per la fissazione del compenso (C14/22046; C00/11023)”.9

I limiti massimi dei compensi degli Amministratori “non executive” e quegli dell’Organo di controllo – come stabiliti al comma 6 - sono ben diversi rispetto a quelli previsti per gli Amministratori executive, come risulta dalla Tabella (3) che si riporta di seguito.

8 Cfr. Relazione illustrativa.

7 Glossario finanziario - Margine operativo lordo di Borsa Italiana: definizione - Earnings before Interest, Taxes, Depreciation and Amortisation (Ebitda) rappresenta una misura di Margine operativo lordo. E’ una misura ampiamente utilizzata nel calcolo dei flussi di cassa per l’Impresa. Ebitda rappresenta una misura di Margine operativo lordo (Mol). Ebitda consente di verificare se la Società realizza profitti positivi dalla gestione ordinaria. Sommando a Ebit il valore degli Ammortamenti si perviene alla misura di Ebitda. Ebitda si ottiene rielaborando le voci di Conto economico nel seguente modo: Fatturato - Costo del venduto = Ebitda (o Margine operativo lordo). Ebitda è impiegato come misura di risultato operativo nel calcolo dei flussi di cassa da attività operative. Sottraendo da tale misura gli investimenti in capitale fisso (Capex) si ottiene il valore dei Free cash flow (Fcf).

9 In Commentario breve al Diritto delle Società – breviaria juris - Maffei Alberti - IV edizione all’art. 2389 del Cc.

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GLI APPROFONDIMENTI

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In particolare, sono stati ridotti i compensi dell’Organo di controllo rispetto quelli desumibili dal Dm. n. 140/2012.10 In ogni caso alla Società, nei limiti indicati nella Tabella 3 per i compensi c.d. “assembleari annui”11 spettanti agli Amministratori ed ai componenti dell’Organo di controllo, è rimesso un certo grado di autonomia in relazione all’im-pegno richiesto, alla rilevanza del ruolo ricoperto, nonché alle caratteristiche dimensionali e settoriali dell’impresa. Anche per i compensi assembleari annuali trattasi di im-porto al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario.La determinazione di tutti i trattamenti economici di cui all’art. 3 del “Decreto Fasce” deve considerare i divieti di cui al Tusp, ricordati dall’art. 3, come segue:la carica di Vice-Presidente, essendo meramente una funzione vicaria, non può dare luogo a riconoscimento di compenso;sono vietati gettoni di presenza e premi di risultato delibe-rati ex post nonché la previsione di trattamenti di fine man-dato. Per i Dirigenti è previsto il divieto di vedersi ricono-sciute indennità di fine mandato diversi o ulteriori rispetto quelli stabiliti dalla legge o dalla Contrattazione collettiva ovvero stipulare patti o accordi di non concorrenza, anche si sensi dell’art. 2125 del Cc..Infine, va dato atto che per i trattamenti economici discipli-nati per “Amministratori executive” e “no executive”, Diri-genti e dipendenti, entro i limiti previsti dal Decreto, viene riconosciuta alla Società un grado di discrezionalità nella fissazione degli stessi. In particolare, il comma 11 stabili-

sce che “le Società, nell’ambito della autonomia gestiona-le, e nell’ottica di garantire un’adeguata e coerente politica di remunerazione, determinano i trattamenti economici da corrispondere, agli Amministratori, ai Dirigenti e ai dipen-denti, secondo principi oggettivi e trasparenti, tenendo conto dell’ampiezza delle deleghe effettivamente attri-buite, della posizione aziendale ricoperta e dei connessi profili di responsabilità gestionale-organizzativa nonché in considerazione del contributo effettivamente apportato all’interno dell’organizzazione, pesando ciascun ruolo e graduando il connesso livello di remunerazione in funzio-ne delle competenze espresse nel concreto assolvimento dei relativi compiti.Il “Decreto Fasce” disciplina con dovizia di particolari l’at-tività di monitoraggio e verifica della determinazione dei trattamenti economici, chiamando in causa, oltre che lo stesso Organo amministrativo e quello di controllo della Società, anche gli stessi soci.L’Organo amministrativo della Società deve verificare il ri-spetto del limite massimo del trattamento economico om-nicomprensivo degli Amministratori, Dirigenti e dipendenti e deve fornire ai soci pubblici una informativa sulle poli-tiche di remunerazione ed incentivazione messe in atto.L’informativa si sostanzia in una Relazione redatta dall’Or-gano amministrativo, sentito il Collegio sindacale (Organo di controllo) da fornire all’Assemblea dei soci sulla remu-nerazione in merito alla politica adottata in materia di trat-tamento economico annuo onnicomprensivo.La Relazione, che si atteggia a documento a consuntivo

11 Cfr. art. 3, comma 6, del “Decreto Fasce”.

10 Per i Collegi sindacali, stante l’abrogazione delle tariffe professionali, il compenso è liberamente concordabile tra le parti; tuttavia nella libera determinazione del compenso le parti potrebbero trovare un utile riferimento nei parametri individuati dal Dm. 140/2012.

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GLI APPROFONDIMENTI

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e probabilmente da rendere all’Assemblea in sede di ap-provazione del bilancio aggiungendosi – per la Società a controllo pubblico – alla Relazione sul governo societario ex art. 6 del Tusp, dovrà contenere:l’illustrazione “del possesso degli indicatori dimensionali e dei requisiti previsti dall’art. 2 del Decreto, ai fini dell’indi-viduazione della Fascia di appartenenza, e deve illustrare, a titolo esemplificativo, le finalità perseguite con la politica delle remunerazioni, i princìpi che ne sono alla base, i cri-teri adottati con riferimento alle componenti fisse e varia-bili, descrivendo inoltre gli obiettivi di performance, in base ai quali viene corrisposta la parte variabile. La relazione dovrà dare evidenza del trattamento economico annuo

deliberato ed erogato, distinto nelle sue diverse compo-nenti: fissa, variabile ed eventuali benefici non monetari, suscettibili di valutazione economica, nonché spese di vit-to e alloggio diverse da quelle di trasferta.”;una mappatura dell’Organigramma aziendale che eviden-zi le posizioni apicali nonché i criteri utilizzati per la pesa-tura di ciascun ruolo e i corrispondenti livelli retributivi”.Il “Decreto Fasce”, qualora ottenesse il placet della Con-ferenza Stato Regione e Autonomie locali e quindi fosse approvato e poi registrato alla Corte dei conti, si appliche-rà ai contratti stipulati e agli atti emanati successivamente alla data di pubblicazione in G.U..

Società partecipateconcordato preventivo o fallimento rendono libero il “Fondo vincolato istituito nei bilanci dell’Ente”

Il Sindaco di un Comune siciliano ha chiesto alla Corte dei conti Sicilia, che si è espressa con il Parere Delibera n. 119/2019/Par, in ordine alle modalità applicative dell’art. 21 del Dlgs. n. 175/2016 (“Norme finanziarie sulle Società partecipate dalle Amministrazioni locali”), con particolare riferimento alla questione se il “Fondo vincolato” istituito nei bilanci dell’Ente pubblico, pari all’ammontare della per-dita registrata dalla Società partecipata e in misura pro-porzionale alla partecipazione posseduta, debba essere mantenuto, in ipotesi di fallimento o concordato della detta Società partecipata, per la durata del concordato o sino alla chiusura della procedura fallimentare.La Corte dei conti Sicilia, con Deliberazione n. 119/2019/Par, ha affermato che, nelle ipotesi in argomento, il “Fon-do” non debba essere mantenuto fino alla chiusura delle procedure fallimentari, con la conseguenza implicita, di converso, che lo stesso debba essere reso disponibile nei bilanci dell’Ente socio al momento dell’avvio di una delle 2

procedure concorsuali.La decisione è assolutamente condivisibile, pur con le precisazioni in appresso segnalate, nelle conclusioni rag-giunte, ma sconta una tecnica espositiva non pienamente intellegibile che ha messo fuori strada alcuni commen-tatori secondo cui, per la Corte siciliana, il fallimento e il concordato non consentirebbero la liberazione del “Fondo vincolato”1.Motiva la Corte siciliana che all’art. 21 del Dlgs. n. 175/2016 “il Legislatore individua precisamente 3 fattispecie alterna-tive, al verificarsi delle quali l’importo accantonato è reso disponibile in misura proporzionale alla quota di parteci-pazione. E’ di tutta evidenza che tra tali eventi non sia contemplato, né il concordato preventivo, né il fallimento dell’Organismo partecipato, ipotesi quindi per le quali non può ritenersi sussistere l’obbligo di mantenimento dell’ac-cantonamento fino alla chiusura delle relative procedure”.E’ evidente che ove si concludesse, su tale affermazio-

dell’Avv. Giuseppe Girlando - Avvocato, Revisore dei Conti, Esperto di Diritto Commerciale e Consulente di Enti Pubblici in tema di Società partecipate e piani di riequilibrio

1 “Concordato preventivo o fallimento della partecipata non liberano le quote accantonate dall’Ente” in Quotidiano degli Enti locali & P.A. del 20 giugno 2019.

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GLI APPROFONDIMENTI

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ne, l’esame della Delibera, sarebbe forte la convinzione di trovarsi davanti ad un lapsus calami e che la Corte in-tendesse invero sostanzialmente negare la possibilità di liberare il “Fondo vincolato”. Motiva infatti la Corte che, da un punto di vista letterale, sono solo 3 le fattispecie, alternative, che consentono di liberare le quote e che il concordato e il fallimento non rientrano in tale elenco. Conseguenza logica del ragionamento sarebbe quella di ritenere obbligato il mantenimento del “Fondo vincolato”, mentre invece, come segnalato, la conclusione enunciata è di segno contrario.Ma nel paragrafo successivo la Corte, nel dare ulteriore supporto alla propria decisione, conferma le letterali con-clusioni raggiunte (e negando così le premesse), soste-nendo che il vincolo finanziario costituito dal mantenimen-to del “Fondo vincolato” in ipotesi concordato e fallimento “avrebbe dovuto essere oggetto di apposita previsione normativa”, che invece manca nella fattispecie e che non sarebbero comprensibili “le ragioni prudenziali che do-vrebbero condurre ad un’applicazione analogica della di-sposizione in esame a fattispecie non contemplate”.La decisione relativa al caso concreto appare ulteriormen-te agevolata dalla particolare situazione della Società par-tecipata in perdita. Detta Società, per come si precisa nel Parere, era stata già messa in liquidazione e il ricorso alla procedura concorsuale (concordato preventivo o fallimen-to) era un possibile approdo della procedura liquidatoria, da volontaria a giudiziale. Invero, in presenza della intervenuta messa in liquidazio-ne della Società e una volta avverata la condizione lega-le di svincolo del “Fondo perdite partecipate” istituito nel bilancio dell’Ente, non si comprende perché l’eventuale successivo avvio di una procedura concorsuale avrebbe dovuto comportare la riviviscenza del detto “Fondo” non più esistente.Come detto, la decisione della Corte siciliana viene rag-giunta attraverso un percorso motivazionale in parte ostico ed in parte legato ad una lettura eccessivamente formali-stica della disciplina. Alla medesima soluzione si sarebbe potuto pervenire valorizzando maggiormente la ratio della norma in argomento.Il “Fondo vincolato per perdite degli Organismi par-tecipati”Il “Fondo vincolato per perdite degli Organismi partecipati” è stato introdotto dall’art. 1, commi 550, 551 e 552, del-la Legge n. 147/2013 (“Legge di stabilità 2014”), per tutti gli Organismi partecipati dalle Pubbliche Amministrazioni locali indicate nell’Elenco di cui all’art. 1, comma 3, della Legge n. 196/2009. Il citato comma 551 prevedeva che, in presenza di risultato di esercizio negativo, le Pubbli-

che Amministrazioni partecipanti dovessero accantonare nell’anno successivo, in apposito “Fondo vincolato”, un importo pari al risultato negativo non immediatamente ri-pianato, in misura proporzionale alla quota di partecipa-zione.A seguito dell’entrata in vigore del Tusp e dalla conse-guente abrogazione di alcuni periodi dei suindicati commi, quanto originariamente previsto dalla Legge n. 147/2013 è rimasto a disciplinare esclusivamente la categoria delle Aziende speciali e delle Istituzioni partecipate, mentre per le Società di capitali partecipate da Enti Locali, il dato nor-mativo è stato integralmente riproposto dall’art. 21, com-ma 1, del citato Tusp.L’adempimento dell’obbligo di accantonamento di quote di bilancio, in correlazione a risultati gestionali negativi degli Organismi partecipati, “non comporta l’insorgenza a cari-co dell’Ente socio, anche se unico, di un conseguente ob-bligo al ripiano di dette perdite o all’assunzione diretta dei debiti del soggetto partecipato” (Corte dei conti Piemonte, Delibera n. 3/2018).La sterilizzazione, da parte di Ente Locale, di una parte di spesa corrente e la contestuale creazione di un “Fondo vincolato” non è in funzione della costituzione di risorse da destinare ad una futura copertura delle perdite della propria partecipata.La creazione del “Fondo vincolato” e la conseguente con-trazione degli spazi di spesa ha invece lo scopo precipuo di responsabilizzare la P.A., con vincoli immediatamente cogenti, “al perseguimento della sana gestione degli Or-ganismi partecipati e risponde inoltre all’esigenza di con-sentire una costante verifica delle possibili ricadute delle gestioni esternalizzate sui bilanci degli enti locali e si pone quindi nell’ottica della salvaguardia degli equilibri finanzia-ri presenti e futuri degli Enti stessi” (Corte dei conti Liguria - Delibera n. 24/2017/Par).La “Legge di stabilità 2014” e il Tusp hanno previsto un sistema obbligatorio, per la istituzione del “Fondo a co-pertura perdite”, assolutamente svincolato da qualsivoglia valutazione e motivazione collegata all’attività svolta dalla partecipata ed all’interesse o necessità dell’Ente Locale al mantenimento o meno della partecipazione.In tale ottica il “Fondo vincolato”, volto a responsabilizzare la P.A., ha natura di sanzione collegata al mantenimento e continuazione di un’attività aziendale che produce per-dite. Lo stesso infatti viene liberato una volta che l’attività aziendale sia risanata in modo tale da non produrre più perdite o cessi definitivamente, con la messa in liquida-zione della Società o dell’Azienda speciale, ovvero sia di-smessa la Società o la partecipazione nella stessa.Il “divieto di soccorso finanziario”

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GLI APPROFONDIMENTI

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Sul primo aspetto si rileva come la mera copertura delle perdite, tranne alcune ipotesi eccezionali, non sia oramai più consentita in virtù del “divieto di soccorso finanziario”. L’art. 14, comma 5, Dlgs. n. 175/2016 (“Testo unico sul-le Società a partecipazione pubblica”, Tusp), sancisce il Principio generale del c.d. “divieto di soccorso finanziario” da parte degli Enti pubblici partecipanti in favore dell’Or-ganismo societario partecipato che abbia registrato per 3 esercizi consecutivi, ad eccezione comunque per il caso di perdite che erodono il capitale legale minimo (art. 2447 e 2482-ter del Cc.).Il “divieto di soccorso finanziario” costituisce l’espressione della volontà legislativa di abbandono della logica del sal-vataggio “a tutti i costi” degli Organismi a partecipazione pubblica in condizioni di precarietà economico-finanziaria, di dissesto o perdita strutturale (Corte dei conti, Sezione Autonomie, Parere n. 15/2014; Corte dei conti, Sezione controllo Piemonte, Parere n. 61/2010/Par).Per la Corte dei conti Piemonte (Delibera n. 3/2018/Par), “deve ritenersi fortemente limitata per le Amministrazioni locali, considerato l’uso delle risorse della collettività, l’am-missibilità di interventi a sostegno di Organismi partecipati mediante erogazione o comunque dispendio di disponibi-lità finanziarie a fondo perduto, che appaiano privi quan-tomeno di una prospettiva di recupero dell’economicità e dell’efficienza della gestione dei soggetti beneficiari”.Il “soccorso finanziario” è invece ammesso a fronte di con-tratti di convezioni o contratti di servizio, programmi per lo svolgimento di servizi di pubblico interesse o realizzazio-ne investimenti, sulla base di Piano di risanamento che contempli il raggiungimento dell’equilibrio finanziario entro 3 anni, approvato dall’Autorità di regolazione di Settore, se esistente, e comunicato alla Corte dei conti.La cessazione dell’attivitàLa seconda opzione che consente lo svincolo del “Fon-do perdite” è data dalla definitiva separazione dell’Ente Locale dall’attività di impresa in perdita. Allontanamento che dovrà avvenire mediante la messa in liquidazione del-la Società (ovvero la cessione della stessa o della sua partecipazione).

Con la messa in liquidazione le Società “rimangono in vita senza la possibilità di intraprendere nuove operazioni ri-entranti nell’oggetto sociale ma al solo fine di risolvere i rapporti finanziari e patrimoniali pendenti, compresi quelli relativi alla ripartizione proporzionale tra i soci dell’even-tuale patrimonio netto risultante all’esito della procedura” (ex plurimis, Corte dei conti, Sezione controllo Lazio, Pa-rere n. 66/2018/Par; Corte dei conti, Sezione Autonomie, Delibera n. 27/2016/Frg; Corte dei conti, Sezione controllo Liguria, Parere n. 84/208/Par). L’Ente partecipante, per evitare il mantenimento del “Fon-do vincolato”, deve pertanto spogliarsi della partecipazio-ne o chiudere l’attività in perdita, ponendo la Società in liquidazione. Tale risultato si realizza, ancorché non vo-lontariamente, anche con il fallimento2 della Società, che determina ex lege la cessazione dell’attività di impresa.La liquidazione con autorizzazione all’esercizio prov-visorio e il concordato preventivo in continuitàPer quanto fin qui rilevato la liberazione del “Fondo perdi-te” delle Società partecipate è direttamente e necessaria-mente collegata alla cessazione dell’attività di impresa e non alla formale qualificazione di una situazione giuridica (liquidazione, fallimento, concordato). Ne consegue pertanto che, in ipotesi di liquidazione della Società con autorizzazione all’esercizio provvisorio dell’at-tività, non si potrà ritenere verificata la condizione esimen-te prevista dal citato art. 21, e ciò fino a quando non cessi il termine di autorizzazione all’esercizio provvisorio. Del resto, è evidente che una lettura di segno contrario sareb-be foriera di possibili comportamenti elusivi, contrari alle finalità concrete della norma.Allo stesso modo, in ipotesi che la Società partecipata presenti una domanda di concordato preventivo, ai fini dello svincolo del “Fondo perdite” occorrerà verificare se il concordato abbia natura liquidatoria - ed in tal caso si intenderà realizzata la condizione - ovvero se lo stesso preveda la continuità aziendale. In quest’ultimo caso, il “Fondo vincolato” dovrà essere mantenuto fino alla con-clusione della procedura.

2 Si noti peraltro che, a seguito della riforma introdotta dal Dlgs. n. 14/2019, sul nuovo diritto della crisi e dell’insolvenza, il “vecchio” fallimento è ora denominato “liquidazione giudiziale”, con ciò significandosi che la cessazione dell’attività di impresa si pone in essere con la sua liquidazione, che avviene in via volontaria o giudiziale.

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QUESITI

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QUESITIRtise la fattura è emessa dalla sola Impresa mandataria, è necessario sottoporre alle verifiche Equitalia anche le Imprese mandanti ?

“Come comportarsi per la verifica ai sensi dell’art. 48-bis del Dpr. n. 602/1973 in caso di Rti, qualora provveda ad emettere fattura all’Ente la sola mandataria anche per le mandanti ? Per quanto riguarda il Durc, abbiamo acquisito la regolarità contributiva, sia dalla mandataria sia dalle mandanti, e risultano tutti regolari; per quanto riguarda Equitalia, la verifica prevista dall’art. 48-bis viene effettuata sia in capo all’impresa mandataria sia in capo alle imprese mandanti in base alla quota di partecipazione.Da una prima ‘verifica inadempienza’ effettuata sul portale di Equitalia l’Impresa mandataria risulta da sottoporre a verifica.Vorremmo pertanto capire come procedere nel caso in cui l’Impresa mandataria risultasse poi ‘inadempiente’ e le mandanti ‘non inadempienti’. Dobbiamo bloccare l’importo relativo alla quota di partecipazione dell’Impresa mandataria, ma procedere a pagare le quote relative alle mandanti, che però incassa sempre la mandataria essendo l’Impresa che fattura ? Oppure in questo caso dovremmo farci dare il conto corrente delle mandanti e pagare loro direttamente ?Infine, è corretto nel caso di Rti procedere presso Equitalia a fare una ‘verifica inadempienza’ e non una ‘verifica inadempienza per cessione di credito’ sia per la mandataria che per le mandanti ?”

Come chiarito dalla Circolare Mef n. 22/2008 e ripreso dalla Circolare Mef n. 29/2009, “nell’ipotesi di Raggruppa-mento temporaneo di imprese, la verifica prevista dall’art. 48-bis va effettuata, sia in capo all’Impresa mandataria

che nei riguardi dell’Impresa mandante, poiché di rego-la le Imprese raggruppate, nell’esecuzione del contratto, non perdono l’autonomia gestionale nei complessi rappor-ti giuridici posti in essere all’interno del Raggruppamento

della Dott.ssa Federica Giglioli - Consulente di Enti Pubblici, Enti Locali ed Amministrazioni pubbliche, Pubblicistadella Dott.ssa Alessia Rinaldi - Consulente di Enti Pubblici, Enti Locali e Amministrazioni pubbliche, Pubblicista

SÌ NO

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QUESITI

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stesso e nei confronti dei terzi, e pertanto, relativamente ad ognuna di esse, permane, per i lavori di competenza, l’obbligo di fatturazione delle operazioni direttamente alla stazione appaltante. In particolare, la verifica prevista dall’art. 48-bis va effettuata sugli importi di pertinenza di ogni singola Impresa sulla base dei lavori eseguiti da cia-scuna, pure laddove ciò sia avvenuto non in conformità alla quota di partecipazione. Al riguardo va precisato che tale soluzione è valida, sia nel caso in cui il mandato di pa-gamento è intestato alla mandataria che riscuote in nome e per conto della mandante, sia, ovviamente, nel caso in cui è la stessa Impresa mandante a curare direttamente la riscossione del proprio credito. Infatti, anche quando il pagamento è eseguito a favore dell’Impresa mandataria, il mandato conferito da parte della mandante, al fine di provvedere alla sola riscossione del credito vantato nei confronti della Pubblica Amministrazione, non produce il trasferimento della titolarità del diritto di credito che per-mane in capo all’Impresa mandante, nei confronti della quale dovrà quindi essere espletata la verifica ex art. 48-bis per l’intero importo dalla stessa fatturato”. Inoltre, per quanto riguarda la corretta fatturazione in caso di Rti, l’Agenzia delle Entrate, con il Principio di diritto 17 dicembre 2018, n. 17, conferma che, in caso di Raggrup-pamento temporaneo tra Imprese, disciplinato dal “Codice degli Appalti”, la fatturazione nei confronti della stazione appaltante è un obbligo che deve essere assolto da ogni Impresa facente parte del Raggruppamento e non a cari-co esclusivo della mandataria.

Gli obblighi di fatturazione, ai sensi dell’art. 21 Dpr. n. 633/1972, nei confronti della stazione appaltante, sono quindi assolti dalle singole Imprese associate relativa-mente ai lavori di competenza eseguiti da ciascuna. Si riporta il testo integrale del Principio di diritto n. 17: “il rapporto esistente tra le associate e la capogruppo di un Raggruppamento temporaneo di imprese (Rti) - istituito per l’esecuzione di un appalto pubblico - si inquadra, giu-ridicamente, nella figura del mandato collettivo speciale con rappresentanza, che, ai sensi dell’art. 48, comma 16, Dlgs. n. 50/2016 (c.d. ‘Codice Appalti pubblici e Contratti di concessione’) non determina di per sé organizzazione o associazione degli operatori economici riuniti, ognuno dei quali conserva la propria autonomia ai fini della gestione, degli adempimenti fiscali e degli oneri sociali’. Ne deriva che gli obblighi di fatturazione ai sensi dell’art. 21 Dpr. n. 633/1972, nei confronti della stazione appaltante, sono assolti dalle singole Imprese associate relativamente ai lavori di competenza da ciascuna eseguiti”. Con l’Rti non si crea nessun nuovo soggetto giuridico, né sostituzione giuridica e tributaria della Capogruppo man-dataria, la quale è tenuta a fatturare alla stazione appaltan-te soltanto le prestazioni di propria competenza, secondo quanto previsto dal contratto, non anche le prestazioni rese dalle associate. Non rileva il fatto che la Capogruppo abbia ricevuto mandato di incasso da tutte le associate medesime. Pertanto, riteniamo che la verifica ex art. 48-bis debba essere operata per ciascuna Impresa in base agli importi fatturati.

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LA GIURISPRUDENZA

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LA GIURISPRUDENZA

La cosiddetta “Tia 2” ha natura privatistica, ed è pertanto soggetta ad Iva. La relativa disciplina, differenziandosi dal regime della “Tia 1”, da un lato individua il fatto generato-re dell’obbligo del pagamento nella produzione di rifiuti, ancorando dunque il debito all’effettiva fruizione del Servi-zio, nonché parametrando l’entità del dovuto alla quantità e qualità dei rifiuti prodotti, e, dall’altro, afferma in modo netto e innovativo la natura di “corrispettivo” della Tariffa. La natura privatistica della “Tia 2” è stata definitivamente confermata dall’art. 14, comma 33, del Dl. n. 78/2010, che ha previsto che le disposizioni di cui all’art. 238 del Dlgs. n. 152/2006 si interpretano nel senso che la natura della Tariffa ivi prevista non è tributaria.Il casoLa Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 15390 del 6 giugno 2019, è tornata di nuovo sulla questione dell’appli-cabilità dell’Iva sulla “Tia”.Nel caso di specie, la contribuente chiedeva ed otteneva dal Giudice di pace un Decreto ingiuntivo per la restituzio-ne dell’Iva indicata come corrisposta indebitamente sulla “Tariffa di igiene ambientale” di cui all’art. 49 del Dlgs. n. 22/1997 (c.d. “Tia 1”), e sulla “Tariffa integrata ambientale” di cui all’art. 238 del Dlgs. n. 152/2006 (c.d. “Tia 2”), da considerare, a suo avviso, non corrispettivi per prestazioni di servizi, ma Tributi e come tali non assoggettabili alla suddetta Imposta indiretta.Il Giudice di primo grado, pronunciandosi sull’opposizio-ne, la rigettava, con Sentenza confermata dal Tribunale, che riteneva, in merito all’assimilabilità della c.d. “Tia 1” con la c.d. “Tia 2”, il primo pacificamente considerato Tibu-to, la seconda da qualificare tale, nonostante l’indicazione legislativa contraria, presente nell’art. 14, comma 33, del Dl. n. 78/2010, convertito dalla Legge n. 122/2010, alla luce di un’ermeneutica sistematica e teleologica comples-

siva, valorizzando i richiami del menzionato art. 238, per la determinazione dell’importo dovuto, agli indici reddituali ed a voci estranee al singolo Servizio, la natura obbliga-toria della prestazione, tale anche per chi avrebbe potuto non avvantaggiarsi del Servizio, nonché l’omogeneità dei parametri della c.d. “Tia 2” rispetto a quelli della c.d. “Tia 1”, in mancanza di una generale normativa attuativa che li avesse idoneamente distinti.Avverso tale decisione ricorreva per Cassazione la Con-cessionaria del Comune, deducendo la violazione degli artt. 1, 3, 4, commi 2 e 3, del Dpr. n. 633/1972, dell’art. 238 del Dlgs. n. 152/2006, e dell’art. 14, comma 33, del Dl. n. 78/2010 citato, avendo a suo avviso il Giudice di appel-lo errato nell’accomunare la disciplina della c.d. “Tia 1” a quella della c.d. “Tia 2”, e di conseguenza, nell’escludere l’assoggettamento all’Iva delle somme corrisposte in base alla seconda.La decisioneSecondo la Suprema Corte il ricorso era fondato.I Giudici di legittimità richiamano infatti la giurisprudenza della Cassazione (Cassazione, Sentenza 21 giugno 2018, n. 16332), secondo cui “la Tariffa di cui all’art. 238 del Dlgs. n. 152/ 2006, come interpretata dall’art. 14, comma 33, del Dl. n. 78/2010”, quale convertito, “ha natura priva-tistica, ed è pertanto soggetta ad Iva ai sensi degli artt. 1, 3, 4, commi 2 e 3, del Dpr. n. 633/1972”. Evidenzia la Corte che la disciplina della c.d. “Tia 2”, quale delineata nel citato art. 238, differenziandosi dal regime della c.d. “Tia 1”, da un lato individua il fatto generatore dell’obbligo del pagamento nella produzione di rifiuti, an-corando dunque il debito all’effettiva fruizione del Servizio, nonché parametrando l’entità del dovuto alla quantità e qualità dei rifiuti prodotti, e, dall’altro, afferma in modo net-to e innovativo insieme la natura di “corrispettivo” della

dell’Avv. Giovambattista Palumbo - Segreteria tecnica del Ministro Economia e finanze e Direttore dell’Osservatorio Politiche fiscali dell’Eurispes, è stato Capo Team Legale dell’Agenzia delle Entrate

Corte di Cassazione, Ordinanza n. 15390 del 6 giugno 2019

Applicabilità dell’Iva sulla Tianuova Pronuncia della Cassazione

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Tariffa in parola. Né rileva in senso contrario - sottolinea ancora la Cassa-zione - la circostanza che il pagamento della c.d. “Tia 2” (come quello della c.d. “Tia 1”) sia obbligatorio per legge, atteso che l’art. 3 del Dpr. n. 633/1972, prevede che “le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’o-pera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere” costituiscono prestazioni di servizi (ai fini della assoggettabilità all’Iva ex art. 1 del me-desimo Decreto) “quale ne sia la fonte”. La natura privatistica della c.d. “Tia 2”, e dunque la sua portata innovativa e ontologicamente diversa rispetto alla precedente c.d. “Tia 1” - ricordano i Giudici - è stata poi del resto definitivamente confermata dall’art. 14, comma 33, del Dl. n. 78/2010, che ha previsto che “le disposizio-ni di cui al Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, art. 238, si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente Decreto, rientrano nella giurisdizio-ne dell’Autorità giudiziaria ordinaria”, sicché, a fronte del chiaro disposto di tale norma, è evidente che, a seguito della sua emanazione, non è più dato neppure interrogarsi sulla natura di corrispettivo e non di Tributo della c.d. “Tia 2”, e sulla conseguente sua assoggettabilità ad Iva. Nella prospettiva dell’opzione legislativa è cioè chiaro che l’individuazione del costo con componenti predeterminate o accessorie è del tutto compatibile con l’imposizione ad Iva, trattandosi di contratti di massa, nella cornice dei quali trova idonea spiegazione anche la redistribuzione agevo-lativa dei costi con modalità che tengano conto anche di Indici reddituali.OsservazioniSi ricorda che, quanto poi alla questione se sia applicabile alla richiesta di restituzione dell’Iva indebitamente versata il termine di decadenza biennale previsto dall’art. 21, com-ma 2, Dlgs. n. 546/1992, o il termine di prescrizione di cui all’art. 2946 del Cc. previsto in caso di indebito oggettivo, va affermato il principio secondo cui l’indebito tributario è soggetto ai termini di decadenza o prescrizione previsti dalle singole leggi di imposta, qualunque sia la ragione della non debenza, quali l’erronea interpretazione o appli-cazione della legge fiscale, il contrasto con norme di diritto comunitario, ovvero uno jus superveniens con applicabili-tà retroattiva. E a tal riguardo, il diritto al rimborso di un Tributo non do-vuto si qualifica come indebito oggettivo di diritto comune soltanto quando venga espunta dall’ordinamento o non debba essere applicata (per dichiarazione d’incostituzio-

nalità o per contrasto col diritto comunitario) l’intera fatti-specie del Tributo (cfr., Sentenza Corte di Cassazione n. 12269 del 17 maggio 2017). Solo dunque se la fattispecie si qualifica come “indebito oggettivo di diritto comune” si applica il termine prescrizio-nale decennale. Negli altri casi si applica invece il termine biennale.ConclusioniLa Corte di Cassazione torna dunque, con una Sentenza molto chiara, sul tema dell’applicazione dell’Iva sulla “Tia”.A seguito della Sentenza della Corte Costituzionale n. 238/2009 (e dell’Ordinanza n. 64/2010, di analogo tenore) - la quale affermava che la Tariffa in questione non co-stituiva una entrata patrimoniale di diritto privato ma una mera variante della Tarsu, di cui conservava la qualifica di Tributo - si era consolidato il principio secondo il quale la “Tia 1” non era assoggettabile ad Iva, avendo appunto natura tributaria.L’art. 238 del Dlgs. n. 152/2006 ha però poi soppresso la tariffa di cui all’art. 49 del Dlgs. n. 22/1997 (“Tia 1”), sosti-tuendola con la diversa “Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani”, che una disposizione successiva (l’art. 5, comma 2-quater, del Dl. n. 208/2008, convertito con modificazioni dalla Legge n. 13/2009), denominò “Tariffa integrata am-bientale” (c.d. “Tia 2”).Il nuovo dato normativo, come rileva la Corte di Cassa-zione, si differenzia in modo significativo da quello che caratterizzava la “Tia 1”, deponendo in modo chiaro per la natura privatistica della “Tia 2”, con conseguente assog-gettabilità all’Iva ai sensi dell’art. 3 del Dpr. n. 633/1972.La (nuova) Tariffa integrata è dovuta da “chiunque pos-segga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree scoper-te ad uso privato o pubblico, non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, che produca-no rifiuti urbani”, e costituisce “il corrispettivo per lo svol-gimento del ‘Servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani’ e ricomprende anche i costi indicati dall’art. 15 del Dlgs. n. 36/2003” (art. 238, comma 1, Dlgs. n. 152/2006); e la stessa inoltre viene “commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per uni-tà di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di atti-vità svolte, sulla base di parametri [...] che tengano anche conto di Indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali” (comma 2).Tale dato normativo si differenzia quindi in modo significa-tivo da quello che caratterizzava la (soppressa, ancorché con proroghe e disciplina transitoria) Tia 1, in quanto, da una lato, individua il fatto generatore dell’obbligo del pa-gamento nella produzione di rifiuti, legandolo dunque alla

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effettiva fruizione del servizio e commisurando l’entità del dovuto alla quantità e qualità dei rifiuti prodotti, e, dall’al-tro, afferma in modo chiaro (ed innovativo) la natura di “corrispettivo” della tariffa.Tale costruzione legislativa, secondo la Corte, depone dunque per la sua natura privatistica, con conseguente assoggettabilità all’Iva.Né, come visto, rileva in contrario la circostanza che il pagamento della Tia 2 (come quello della Tia 1) sia ob-bligatorio per legge, atteso che il citato art. 3 del Dpr. n. 633/1972 prevede che “le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, manda-

to, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere” costi-tuiscono prestazioni di servizi (ai fini della assoggettabilità all’Iva, ex art. 1 del medesimo Decreto) “quale ne sia la fonte”.E infine, se tutto questo non bastasse, come ancora sot-tolineato anche dalla Sentenza in commento, l’art. 14, comma 33, del Dl. n. 78/2010, convertito in Legge n. 122/2010, con valore di interpretazione autentica, ha pre-visto espressamente che “le disposizioni di cui al Dlgs. n. 152/2006, art. 238, si interpretano nel senso che la natura della Tariffa ivi prevista non è tributaria”.

OggettoCondanna Tesoriere di un Comune per non aver versato nei termini la prevista sponsorizzazione per attività cultu-rali e sociali anno 2014: conferma Sentenza territoriale per l’Umbria n. 25/16.FattoIn sede di giudizio sul conto del Tesoriere per l’esercizio 2014 di un Comune di piccole dimensioni (abitanti 1.500 circa), il Magistrato rileva delle criticità, tra cui l’omessa corresponsione entro il 30 giugno di ogni anno “a titolo di contributo ed a fondo perduto la somma fissa di Euro 3.000, quale sponsorizzazione di attività culturali, sociali e/o ricreative promosse dal Comune”. Il Magistrato rileva che nel conto del Tesoriere relativo all’esercizio 2014 non risulta riscossa detta somma; ciò è confermato dalla di-chiarazione del Responsabile Economico–finanziario del Comune. Il Tesoriere giustifica tale inadempienza dall’avvenuta ri-chiesta (marzo 2012) di modifica del contratto di Tesoreria per effetto del Dl. n. 1 del 24 gennaio 2012, che ha intro-dotto la “Tesoreria unica” per tutti i Comuni, comportando secondo il Tesoriere una modifica effettiva dei ricavi. La

richiesta non ebbe alcuna risposta da parte del Comune, per cui il Tesoriere ha ritenuto di poter procedere a modi-ficare le condizioni previste nel contratto stipulato per il periodo 2010/2014. Viene ricordato che per gli anni 2012 e 2013 questo Tesoriere fu citato in giudizio dalla Procura e condannato con Sentenza n. 83/2015 (Sentenza confer-mata in appello con Sentenza n. 151/2017). La conclusione che anche per l’anno 2014 questo Teso-riere è condannato al rispetto del contratto (Sentenza n. 25/2016). Il Tesoriere presenta ricorso in appello, che viene respinto. Sintesi della SentenzaPreliminarmente la Sezione rileva che alla fattispecie di causa non sono applicabili le disposizioni (artt. 137 e se-guenti) di cui al Dlgs. n. 174/2016 (art. 2, comma 3, delle “norme transitorie e abrogazioni”, di cui all’Allegato 3 del citato Decreto), trattandosi di conto giudiziale del Tesorie-re, pertinente l’esercizio 2014, depositato presso la Corte regionale dell’Umbria il 6 luglio 2015, per ciò prima dell’en-trata in vigore del “Codice di Giustizia contabile”.A tale stregua, il giudizio di conto in questione rinviene compiuta regolamentazione nel pregresso contesto disci-

del Rag. Antonio Tirelli - Consulente e Revisore di Enti Pubblici ed Enti Locali, Ragioniere Commercialista e Revisore Contabile

Corte dei conti – Sezione Terza Giurisdizionale d’Appello, Sentenza n. 168 del 22 maggio 2018

Responsabilità amministrativacondanna del Tesoriere di un Comune per non aver versato la prevista sponsorizzazione per attività culturali

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plinare, siccome costituito dalla Legge e dal Regolamen-to di contabilità generale dello Stato, punto di riferimento dell’intera materia dei conti giudiziali (Rd. n. 2440 del 18 novembre 1923; Rd. n. 827 del 23 maggio 1924).Il rapporto di Tesoreria negli Enti Locali, oltre ad essere regolato da disposizioni di legge primaria (in specie, artt. 208 e seguenti, del Tuel; artt. 630 e seguenti, del Rd. n. 827/1924), rinviene disciplina in un contratto o convenzio-ne statuente in dettaglio gli obblighi delle parti stipulanti.La violazione degli obblighi convenzionali può poi esita-re, a seguito del giudizio di conto, in una vera e propria responsabilità contabile, per avere il Tesoriere svolto in modo non regolare la propria attività di gestione, in viola-zione dei suoi precostituiti obblighi di servizio. In tali eve-nienze, la responsabilità dell’Agente è inquadrata tra le c.d. “obbligazioni restitutorie”, in quanto il danno è causa-to a beni o danaro avuti in carico dall’Amministrazione e non rendicontati o rendicontati in modo tale che non era consentito ricondurre l’atto gestorio ad un’attività utile agli interessi economici della stessa.In tale direzione, l’art. 48 del Rd. n. 1214/1934, ha previsto testualmente che, “ove debba aver luogo il giudizio della Sezione, questa se riconosce che i conti furono saldati o si bilanciano in favore dell’Agente dell’Amministrazione, pronuncia il discarico del medesimo e la liberazione, ove occorra, della cauzione e la cancellazione delle ipoteche. Nel caso opposto liquida il debito dell’Agente, e pronun-cia, ove occorra, la condanna al pagamento e l’alienazio-

ne della cauzione comunque prestata anche da terzi pur-ché citati o intervenuti nel giudizio”.In sostanza, l’art. 35, comma 13, del Dl. n. 1/2012 - sta-tuente che “fermi restando gli ordinari rimedi previsti dal Codice civile, per effetto delle disposizioni di cui ai prece-denti commi, i contratti di Tesoreria e di Cassa degli Enti ed Organismi di cui al comma 8 in essere alla data di en-trata in vigore del presente Decreto possono essere rine-goziati in via diretta tra le parti originarie, ferma restando la durata inizialmente prevista dai contratti stessi. Se le parti non raggiungono l’accordo, gli enti ed organismi han-no diritto di recedere dal contratto” - non ha mai attribuito al Concessionario alcuna potestà o facoltà di modifica uni-laterale della “Convenzione”, prevedendo solamente una possibilità di “rinegoziazione” della stessa, nell’incontro e quindi sintesi della volontà negoziale di ambedue le parti, da esternare in via espressa e non tacitamente. In man-canza di accordo, la suindicata disposizione riconosceva solo agli “Enti ed Organismi pubblici soggetti al regime di ’Tesoreria unica’”, l’opzione del recesso.In conclusione, l’appello è da respingere e le statuizioni della prima Sentenza da confermare.CommentoI Giudici confermano che il contratto di Tesoreria non può essere modificato senza l’accordo tra le parti e che le di-sposizioni legislative citate dal Tesoriere per giustificare il mancato versamento della sponsorizzazione non hanno validità per il caso in esame.

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