Centro di studi muratoriani...Muratori nel Dizionario biografico degli Italiani, recentemente...

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2015 Centro di studi muratoriani ISSN: 2240-2705

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2015 Centro di studi

muratoriani

ISSN: 2240-2705

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Periodico annuale di approfondimenti muratoriani,

edito in Modena dal Centro di studi muratoriani, dicembre 2015

(chiusura dei contributi in data 30 novembre 2015) ISSN: 2240-2705

disponibile gratuitamente in formato pdf all’indirizzo http://www.centrostudimuratoriani.it/strumenti/muratorianaonline

a cura del Centro di studi muratoriani, Modena Aedes Muratoriana, via della Pomposa, 1 – 41121 Modena

con autorizzazione del Tribunale di Modena n. 2036 del 6.06.2011

Direttore responsabile: Fabio Marri

Comitato scientifico: Annalisa Battini, Matteo Al Kalak,

Alfredo Cottignoli, Paola Di Pietro, Patrizia Cremonini, Daniela Gianaroli, Paolo Golinelli, Fabio Marri,

Federica Missere, Angelo Spaggiari

Redazione: Paola Di Pietro, Daniela Gianaroli,

Fabio Marri, Federica Missere

Segreteria di redazione e grafica: Federica Missere

Contatti: [email protected]

I finalini sono tratti dalla decorazione silografica presente nelle edizioni antiche citate nei testi.

Citazione: Mario Rosa, Settecento muratoriano, “Muratoriana online”, 2015, pp. 59-128, in <http://www.centrostudimuratoriani.it/strumenti/mol-2015-tutto/>.

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muratoriani

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di Fabio Marri

di Paola Di Pietro Lombardi

PAOLA DI PIETRO LOMBARDI

L’Archivio di Lodovico Antonio Muratori

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FRANCESCA ZUPPELLI Il carteggio tra Lodovico Antonio Muratori e il

bresciano Giovanni Girolamo Gradenigo

MARIO ROSA

Settecento muratoriano

Introduzione

I. L’“età muratoriana” nell’Italia del ’700

II. Le “vaste ed infeconde memorie

degli eruditi”: momenti della erudizione storica in Italia nella seconda metà del Settecento

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CHIARA CURCI

Sergio Bertelli: il mio professore

VINCENZO LAGIOIA

Sergio Bertelli: oltre l’etichetta

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MARIO ROSA

ettecento muratoriano

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Introduzione

i presentano qui, nel quinto numero 2015, di Muratoriana online, due saggi già pubblicati in sedi e in tempi diversi.

Il primo è apparso una prima volta col titolo Echi dell’erudizione muratoriana nel ’700. Appunti in margine a

un libro recente su Muratori, “Studi medievali”, s. III, IV, 2, 1963, pp. 821-852, quale nota-recensione al volume dell’oggi compianto Sergio

Bertelli, Erudizione e storia in Ludovico Antonio Muratori, Napoli, Nella sede dell’Istituto, 1960. Ritoccato soltanto nella parte iniziale, con

l’eliminazione del paragrafo riguardante la recensione, e trasformato nel titolo L’“età muratoriana” nell’Italia del ’700, è stato ripubblicato

nel volume dello stesso Mario ROSA, Riformatori e ribelli nel ’700

religioso italiano, Bari, Dedalo, 1969 (Saggi; 6), pp. 9-47 e 247-264, nella stesura qui riproposta.

Il secondo saggio, Le “vaste ed infeconde memorie degli eruditi”: momenti della erudizione storica in Italia nella seconda metà del ’700,

è stato occasionato da un convegno di studi sull’erudito veneto Giambattista Verci (23-24 ottobre 1986), nei cui atti, a cura di Piero

Del Negro, Erudizione e storiografia nel Veneto di Giambattista Verci, 1988 (Quaderni dell’Ateneo di Treviso; 4), il saggio appare alle pp. 11-

34, e viene ora ripresentato qui senza alcuna modifica rispetto al testo originale, eccettuati tenui adeguamenti formali e la correzione di pochi

refusi. I due saggi, come appaiono in questa sede, riflettono dunque la

fase degli studi muratoriani quale si configurava agli inizi degli anni ’60 del Novecento, il primo, e nel corso degli anni ’80, il secondo, senza

che siano stati apportati ai testi – né sarebbe stato possibile –

aggiornamenti bibliografici che tenessero conto di quanto è avvenuto nella prospettiva delle ricerche su Muratori e la cultura settecentesca

almeno dal 1972 in poi, a partire dal convegno su Muratori di quell’anno: i cui atti apparsi in tre cospicui volumi nel 1975 - ai quali

va aggiunto, pubblicato a parte nel 1976, l’ampio intervento di Alphonse DUPRONT, L.A. Muratori et la société européenne des

Lumières. Essai d’inventaire et de typologie d’après l’“Epistolario” - hanno costituito, non immediatamente, ma con un’accelerazione in

questi ultimi decenni, l’avvio per un rinnovato interesse nei confronti della figura del grande modenese e un punto di riferimento ineludibile

per una nuova riflessi sull’opera muratoriana nell’Italia e nell’Europa del Settecento.

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Della straordinaria misura di quanto le ricerche su Muratori si

siano moltiplicate, basterà qui fare riferimento alla voce relativa a Muratori nel Dizionario biografico degli Italiani, recentemente apparsa,

a cura di Girolamo Imbruglia, e, dal 2011, a Muratoriana online e al sito del Centro di studi muratoriani; senza tacere dell‘Edizione

Nazionale del Carteggio di Muratori, che dal 1975 a oggi ha pubblicato una ventina di volumi dai quali vengono significative acquisizioni.

Conviene segnalare qui, senza presunzione di dare indicazioni esaustive, altre ricerche specifiche su aspetti del complesso profilo

storico di Muratori, alcune delle quali risultato di indagini anche a partire dalla pubblicazione in atto del carteggio: M. ROSA, Rileggendo

Muratori tra politica e storia, in Politica, vita religiosa, carità. Milano nel primo Settecento, a cura di M. Bona Castellotti, E. Bressan, P. Vismara,

Milano, Jaca Book, 1997, pp. 23-41; C. VIOLA, “Nefarii novatores” e dialogo interconfessionale. Muratori e Maittaire, “Rivista di Storia e

letteratura religiosa”, XLVIII (2012), pp. 423-447; M. IACOVELLA,

“Fabbricatori di ciarle”. La disputa sul “voto sanguinario” attraverso il carteggio muratoriano (1740-1743), ivi, XLIX (2013), pp. 175-199; M.

BRAGAGNOLO, Il Castelvetro di Muratori. Storia, religione e diritto tra le carte dell’Estense, ivi, pp. 351-386; P. VISMARA, Lodovico Antonio

Muratori (1672-1750). Enlightenment in a Tridentine mode, in Enlightenment and Catholicism in Europe. A transnational history, ed.

by J.D. Burson, U.L. Lehner, University of Notre Dame Press, Notre Dame (Indiana), 2014, pp. 249-268.

Si va delineando una nuova riconsiderazione di Muratori e dell’opera sua, i cui contorni appaiono, attraverso queste ed altre

ricerche, già particolarmente promettenti. In questa nuova prospettiva degli studi si pongono questi due saggi sull’erudizione storica

muratoriana e sulla erudizione storica in Italia dopo Muratori, che hanno inteso e intendono richiamare l’attenzione degli studiosi e dei

lettori su un aspetto non irrilevante della cultura italiana settecentesca,

nell’auspicio che, oltre a testimoniare un momento indicativo della storiografia su Muratori, possano provocare ulteriori riflessioni e

contribuire allo sviluppo di questa nuova epoca delle ricerche.

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I. L’“età muratoriana” nell’Italia del ’700

Il significato dell’opera muratoriana

C’è da chiedersi se vi sia stato nella cultura e nella vita religiosa

del ’700 un momento muratoriano paragonabile, sia pure in diversa misura, al momento erasmiano che percorse per breve e intenso tempo

l’Europa cinquecentesca. Certo, un capitolo sulla fortuna del Muratori, che sia dato dal suo incontro e dal suo dialogo con la cultura europea, è

ancora da scrivere,né questo è il nostro scopo qui, troppo immane essendo il compito di ricostruire un tema, per altro affascinante,

attraverso il carteggio muratoriano, edito a suo tempo dal Campori, e attraverso le lettere dei corrispondenti, molto parzialmente note, ma di

cui si spera presto, grazie ad una iniziativa organica in fieri [avviata nel

1975, NdR], la pubblicazione complessiva. Ne scaturirebbe una più approfondita conoscenza dei rapporti del Muratori, oltre che con Leibniz,

di cui già sappiamo, o con altri minori, ma non tanto minori eruditi e uomini di cultura della Germania settecentesca, con eruditi francesi, a

parte quel Thomassin de Mazaugues, che sensibilizzò il Vignolese ai problemi della letteratura italiana delle origini e ai rapporti tra la

letteratura italiana e quella provenzale, o con eruditi e riformatori spagnoli e portoghesi, come il Feijoo e il Mayans e il Verney e altri

ancora1. Ma, tralasciando il carteggio ed anche l’analisi di quanto i

maggiori scrittori e storici del ’700 europeo, da Montesquieu a Voltaire a Robertson a Gibbon in vario modo attinsero da Muratori2, ove si badi

1 Sui rapporti tra Muratori e Leibniz si sofferma lungamente S. BERTELLI, Erudizione e

storia in Ludovico Antonio Muratori, Napoli, Nella sede dell’Istituto [italiano per gli

studi storici], 1960, part. pp. 130-134, 176-237 e passim; la ricerca di Bertelli ha

suscitato varie e interessanti discussioni: cfr. part. G. GIARRIZZO, Alle origini della

medievistica moderna (Vico, Giannone, Muratori), “Bullettino dell’Istituto storico

italiano per il Medio Evo”, LXXIV (1962), pp. 1-43 e G. ROSSETTI, Nuovi contributi alla

storia della storiografia settecentesca, “Nuova Rivista storica”, XLVI (1962), pp. 570-

589. Sui rapporti tra Muratori e Himhof esiste un articolo di T. SORBELLI, Muratori,

Himhof, Leibniz, “Atti e Memorie della Deputazione di Storia patria per le antiche

provincie modenesi”, s. VIII, VI (1954), pp. 191-200; lettere di Muratori a Imhof

sono state pubblicate da A. DUFOUR e G. BUSINO, Quattordici lettere inedite del

Muratori a J.W. Imhof, “Rivista storica italiana”, LXIX (1957), pp. 411-438.

Sull’attenzione posta dal Muratori ai problemi della letteratura italiana delle origini e

alle origini della ritmica romanza v. A. RONCAGLIA, Il Muratori e la “tesi araba” sulle

origini della ritmica romanza, nella Miscellanea di studi muratoriani, Modena, Aedes

Muratoriana, 1951, pp. 300-314. Per i rapporti tra il Muratori, il Mayans, Verney e

altri eruditi stranieri cfr. passim l’edizione antologica Dal Muratori al Cesarotti, I,

Opere di Lodovico Antonio Muratori, a cura di G. Falco e F. Forti (La letteratura

italiana, Storia e Testi, vol. 44, tomo I), Milano-Napoli, R. Ricciardi, 1964, 2 voll.

(utilissimo, anche per le indicazioni bibliografiche). In particolare, sul Verney, F.

VENTURI, Settecento riformatore, Torino, G. Einaudi, 1969-1990, 5 voll., I. Da Muratori

a Beccaria, 1969, p. 534, n. 4. 2 Qualche cenno, con relative indicazioni bibliografiche, in un fine bilancio critico di

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alle traduzioni di molte opere muratoriane – non le traduzioni degli

scritti legati alla polemica su Comacchio, ben comprensibili data la risonanza europea di quella polemica – potremo osservare come i paesi

di lingua tedesca e i paesi iberici siano stati i poli della maggiore eco europea dell’opera muratoriana, eco spesso tardiva, se non addirittura

postuma. Quelle culture ancora statiche, a metà ’700, conservatrici, tradizionaliste, si aprono attraverso mediazioni “moderate” – nel che

consiste l’insostituibile funzione di Muratori – al soffio dei tempi nuovi. Dapprima gli ambienti aulici e universitari, monastici ed ecclesiastici

della monarchia teresiana, i circoli giansenisteggianti austriaci, l’apparato burocratico-amministrativo dell’Impero da Maria Teresa a

Giuseppe II; più tardi, la cultura spagnola, orientata soprattutto in direzione letteraria, apologetica, etico-religiosa, tecnica, il cui clima

ostile e retrivo respingerà in un primo tempo il tentativo di Mayans, compiuto vivente ancora Muratori, di diffusione degli scritti “filosofici”

del Vignolese3. Mentre sul significato dell’opera muratoriana

(soprattutto di quella improntata alle preoccupazioni critiche ed etico-religiose) nei paesi della monarchia asburgica ci danno buone

indicazioni Eduard Winter e Adam Wandruszka, indi Franco Venturi attraverso la ricostruzione della battaglia razionalistica del muratoriano

Tartarotti4, sulla penetrazione del Muratori nella cultura spagnola non un cenno, inspiegabilmente, troviamo in ampie e recentissime indagini

dedicate alla storia della cultura spagnola settecentesca5. Eppure il Della regolata divozione è tradotto in spagnolo nel 1763, e riappare nel

1776 e nel 1790; il Della forza della fantasia umana, nel 1777; i Pregi dell’eloquenza popolare sono tradotti nel 1780; le Riflessioni sopra il

buon gusto tradotte e adattate liberamente nel 1782 ad opera dell’economista Juan Sempere Guarinos che inizia così la sua carriera

di scrittore6; la Pubblica felicità e la Filosofia morale appaiono in spagnolo nel 1790; i Difetti della giurisprudenza chiudono la serie delle

traduzioni delle opere muratoriane nel 1794, provocando interesse e

E.W. COCHRANE, Muratori: the Vocation of an Historian, “The Catholic Historical

Review”, LI (1965), n. 2, p. 156 e n. 8. 3 Cfr. Opere di Lodovico Antonio Muratori, a cura di G. Falco e F. Forti, cit., II, pp.

1945-1948. 4 Cfr. E. WINTER, Der Josefinismus und seine Geschichte. Beiträge zur

Geistesgeschichte Oesterreichs 1740-1848, Brünn-Wien, Roher, 1943 (Prager Studien

und Dokumente zur Geistes- und Gesinnungsgeschichte Ostmitteleuropas; 1), pp.

16ss. e passim; A. WANDRUSZKA, Leopold II. Erzherzog von Österreich, Grossherzog

von Toskana, König von Ungarn und Böhmen, Römischer Kaiser, Wien-München,

Herold, 1963-1965, 2 voll., II, 1780-1792, pp. 11ss. (trad. it., Pietro Leopoldo. Un

grande riformatore, Firenze, Vallecchi, 1968, pp. 421-443, 494-520); VENTURI,

Settecento riformatore …, I. Da Muratori a Beccaria, cit., pp. 355-377. 5 Cfr. J. SARRAILH, L’Espagne éclairée de la seconde moitié du XVIIIe siècle, Paris, C.

Klincksieck, 1954, e R. HERR, The Eighteenth-Century Revolution in Spain, Princeton

(N.J.), Princeton University press, 1958. 6 Cfr. F. VENTURI, Economisti e riformatori spagnoli e italiani del ’700, “Rivista storica

italiana”, LXXIV (1962), pp. 550ss., ma anche VENTURI, Settecento riformatore …, I.

Da Muratori a Beccaria, cit., pp. 637-644.

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discussioni, a giudicare dall’Análisis crítico, di cui ne fa oggetto, nel

1795, Baltasar de Herrera y Molina: momenti di un episodio culturale ancora da studiare nell’ambito dell’illuminismo spagnolo di fine ’700

che offre una singolare voce al riformismo europeo. Potremmo dunque per i paesi asburgici e per la Spagna parlare di

un momento muratoriano, ma solo di un momento. Si tratta, anche per la Spagna, dove la circolazione delle opere muratoriane e degli ideali

muratoriani appare più cospicua fra il 1770 e il 1790, pur sempre di stimoli e di suggestioni esterne, che rispondono a esigenze culturali del

momento, variamente maturate nel crogiolo di dibattiti intellettuali e di aspirazioni di riforma. Diverso è, ci sembra, il discorso per la cultura e

la vita religiosa italiana settecentesca, se Muratori, sia pure lentamente e con difficoltà, giunse a caratterizzare un decennio, quello compreso

fra il 1740 e il 1750, e improntò della sua opera storico-erudita, ma non soltanto di questa, soprattutto gli anni a cavallo del secolo, e, con

incidenza varia, tutto il successivo cinquantennio. E se vogliamo

riprendere il raffronto iniziale tra Muratori ed Erasmo, nei termini, s’intende, puramente indicativi che tale raffronto deve assumere,

potremmo ancora osservare come diversa sia stata la sorte di Muratori da quella di Erasmo, che ebbe maggior fortuna in Europa e fortuna

minore in Italia7, laddove la presenza in Italia del Muratori potrebbe forse indurci a parlare non solo di un momento muratoriano, ma di una

“età muratoriana”, vivace e reattiva per lo meno in taluni settori e per certi livelli della cultura storico-erudita e degli ideali etico-religiosi

dell’Italia settecentesca. Certo, ben diverse la statura e la voce dei due uomini, quella di Erasmo e quella di Muratori, ma analoghe, per tanti

aspetti, pur nella profonda diversità delle età in cui vissero, la loro funzione e la loro lotta e analogo quel loro contrastato assurgere a

simbolo di correnti e moti ideali. Com’è noto, Muratori si impone all’attenzione della cultura e della

politica italiana ed europea attraverso la disputa di Comacchio, la

difesa dei diritti estensi contro Roma e i rapporti che instaura con Leibniz sul piano delle indagini e delle discussioni storico-giuridico-

politiche. Bertelli ha mostrato come i gusti enciclopedici tardosecenteschi del Muratori, i suoi interessi eruditi influenzati dal

Bacchini, dal Magliabechi e dai maurini, nonché dalle giovanili ricerche condotte all’Ambrosiana, siano stati mutati nel profondo da questa

nuova travolgente esperienza. Mutamento che appare chiaro dal differente atteggiarsi della discussione nell’arco che comprende le

7 Si v. D. CANTIMORI, Note su Erasmo e la vita religiosa e morale italiana nel secolo

XVI, in Gedenkeschrift zum 400. Todestage des Erasmus von Rotterdam, Basel,

Braus-Riggenbach, 1936. Il successivo lavoro di A. RENAUDET, Erasme et l’Italie,

Genève, Droz, 1954, interessa più per quanto l’esperienza italiana diede ad Erasmo

che per l’influenza esercitata da Erasmo in Italia. Cfr. ancora R.H. BAINTON, Erasmo e

l’Italia, “Rivista storica italiana”, LXXIX (1967), pp. 944-951. La fortuna europea (non

italiana) di Erasmo nel Settecento è ricostruita con grande penetrazione da W. KAEGI,

Erasmo nel secolo XVIII, ora in ID., Meditazioni storiche, Bari, Laterza, 1960

(Biblioteca di cultura moderna Laterza; 547), pp. 124-154.

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Osservazioni sopra una lettera intitolata “Il dominio temporale della

Sede Apostolica sopra la città di Comacchio” del 1708, in cui Muratori mantiene la polemica contro il Fontanini su un piano teorico-giuridico,

e la Piena esposizione dei diritti imperiali ed estensi sopra la città di Comacchio del 1712, in cui Muratori conduce invece il discorso su un

piano storico-diplomatico ed opera, per suggestione di Leibniz, una storicizzazione del diritto, ovviamente in senso anticuriale8. Importanza

dell’insegnamento leibniziano, si è detto. Eppure è opportuno coglierlo alla luce di quella che era allora l’esperienza storico-erudita del

Muratori, e precisare altre voci, se, come par certo, concorsero al nuovo fermento intellettuale muratoriano: quella ancora presente del

Bacchini9, quella del giurista gallicano Domat, dal quale il Muratori può aver desunto, oltre che da Leibniz, il proprio orientamento teso alla

storicizzazione del diritto, o quella talora avvertibile del Sarpi. Ma – ed è questo il risultato nuovo che ha inteso proporre Bertelli – l’episodio di

Comacchio induce Muratori a superare gli schemi dell’erudizione

ecclesiastica bacchiniana e dell’erudizione devota dei maurini; e a conferma del diverso valore dato dal Muratori, nel corso della polemica

comacchiese e nell’elaborazione delle Antichità estensi, alla ricerca storico-genealogica e ai problemi connessi alla storia dell’età di mezzo,

vista prevalentemente nel rapporto contrastato tra Papato ed Impero e nella rivalutazione dell’elemento barbarico di contro al romanesimo e

all’eroico della cultura barocca (il che, sia detto per inciso, contiene in nuce i motivi salienti della concezione muratoriana del Medio evo),

basterà osservare quanto si distacchi ormai l’opera sua sia dall’aulica difesa di altri trattatisti di parte estense, aduggiata da viete

motivazioni giuridiche, sia dalle genealogie mabilloniane, la Généalogie de la maison de Bourbon e l’Histoire généalogique de la maison

d’Auvergne, così rigidamente legate al dato di fatto documentario e prive di quell’afflato storico cui tendeva Muratori10.

Sulla nuova dimensione acquistata dall’erudito vignolese sarà

utile però fare qualche precisazione che illumini il rapporto con Leibniz e insieme, più concretamente forse, la sostanza di questo passaggio

muratoriano dall’erudizione ecclesiastica alla storia civile. Anche se Muratori assorbì motivi della genealogia leibniziana e lungamente poi

meditò su problemi teorici, filosofici e di metodo e di critica storica, il suo metodo di indagine, cioè l’utilizzazione degli strumenti di ricerca,

ma anche la forma mentis di fronte al documento e ai problemi offerti

8 Cfr. BERTELLI, Erudizione e storia …, cit., pp. 101-104, part. pp. 161-174. 9 A discussioni con il Bacchini sulla genealogia estense fa cenno il Muratori in una

lettera a Leibniz, Modena 19 aprile 1709 (cfr. L.A. MURATORI, Epistolario, a cura di M.

Càmpori, Modena, Società Tipografica Modenese, 1901-1922, 14 voll. [di seguito

Epist.], III, 942). Ripropone una nuova considerazione dei rapporti tra Muratori e

Bacchini in questo periodo A. ANDREOLI, Di alcuni inediti di Benedetto Bacchini, “Atti e

Memorie della Deputazione di Storia patria per le antiche provincie modenesi”, s. IX,

II (1962), pp. 121-144. 10 Sulle ricerche genealogiche del Mabillon v. H. LECLERCQ, Mabillon, Paris, Letouzey &

Ane, 1953-1957, 2 voll., II, 1957, pp. 680-711.

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dall’indagine storica rimasero sostanzialmente il metodo e la forma

mentis dei maurini. All’ampliamento della visione d’insieme, al salto dall’una all’altra esperienza storico-erudita corrispose solo in parte un

approfondimento storico-critico: un piano si sovrappose o si giustappose all’altro, lasciando pressoché immutati gli orientamenti che

Muratori aveva desunto dalla sperimentazione della tematica del Mabillon e del Bacchini. Del che si dovrà tener conto per comprendere

l’intrinseca validità dell’erudizione muratoriana, le sue risultanze e infine le risultanze della tradizione muratoriana e dell’erudizione

medievistica italiana anche oltre la seconda metà del ’700. Precisamente nei rapporti tra Muratori e Leibniz, nell’incontro di due

culture storiche diverse, risaltano – qualora si passi ad un esame più minuto della discussione – i limiti dell’erudizione muratoriana che

faticosamente e incompiutamente si apriva su un panorama europeo. Bertelli ha concluso giustamente sull’incapacità di Muratori di superare

l’empiria antiquaria e sulla difficoltà sua a sollevarsi, come Leibniz,

oltre il documento in una visione unitaria del problema storico11. Le quali conclusioni appaiono certo più nettamente confermate se

consideriamo, nel dialogo impegnato fra Muratori e Leibniz, un aspetto soltanto in apparenza tecnico, laddove ad esempio viene discusso il

diploma di Ottone II del 977, da Muratori ritenuto autentico e da Leibniz, con ragione, “suppositizio”12; o se seguiamo una valutazione

più articolata di problemi storico-genealogici, laddove di fronte alle perplessità del Muratori, Leibniz insiste sulla probabile sutura tra il

ramo estense e gli Adalberti di Toscana, che la critica moderna ha sostanzialmente ribadito13. Maggior capacità dunque, da parte di

Leibniz, nel cogliere la realtà di un documento; maggior intuizione storica nel superare l’impasse del dato di fatto e nel valutare le

complesse trame del Medio evo feudale italiano. Come che sia, l’arricchimento della visione storica del Muratori

non va misurato con metro troppo avaro. La scoperta del Medio evo, la

rivalutazione dell’elemento barbarico – e per esso dei Longobardi – rimangono nel Muratori e nell’erudizione storica italiana un dato

definitivamente acquisito. E nel corso della polemica di Comacchio, il preludio all’opera futura del Muratori e il passaggio dalle genealogie

alle Antichità: i viaggi e le ricerche per una più vasta documentazione, che lo volgono alle cronache, alle monete, ai sigilli14, pongono ad un

11 Cfr. BERTELLI, Erudizione e storia …, cit., pp. 373-374. 12 Si veda il diploma in questione in Monumenta Germaniae Historica. Diplomata

regum et imperatorum, II, I, Hannoverae 1888, pp. 379ss. Sulla discussione tra

Muratori e Leibniz, cfr. BERTELLI, Erudizione e storia …, cit., pp. 195-205. 13 Si v. a questo proposito in Dizionario biografico degli Italiani, I, Roma, Treccani,

1960, pp. 753-758, la voce Alberto Azzo (di M.G. Bertolini), con relativa ampia

bibliografia. Sulla discussione tra Muratori e Leibniz ancora BERTELLI, Erudizione e

storia …, cit., pp. 211-220. 14 Cfr. le lettere di Muratori al Marmi, in Lettere inedite di Lodovico Antonio Muratori

scritte a toscani dal 1695 al 1749, Firenze, F. Le Monnier, 1854, pp. 262-263, 265,

268, 300, 303 [ora in Carteggi con Mansi .… Marmi, a c. di C. Viola, Edizione

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tempo le premesse delle Antichità estensi, dei Rerum e delle

Antiquitates. I Rerum costituiscono, si sa, una storia d’Italia narrata attraverso le fonti, una intrapresa nuova che supera in parte le

preoccupazioni diplomatistiche dei maurini – e che influenzerà i Rerum Gallicarum et Francicarum Scriptores15 - un potenziamento di quella

tendenza unitaria dell’erudizione italiana, nelle voci di innumerevoli corrispondenti e studiosi locali che, già avvertibile nell’età umanistica,

attinge compiutezza (e non fu piccolo merito) attraverso l’opera muratoriana16. Tuttavia le difficoltà tanto intrinseche quanto estriseche

per dare un volto nuovo all’erudizione italiana erano immense: se, negli intenti di Muratori, Leibniz e Mabillon si fondono, e dal primo

Muratori ricava il valore “civile”, laico, dell’opera, dal secondo e dai maurini egli trae una preoccupazione che gioca sottilmente nel

concreto lavoro di editore. Donde la svalutazione delle cronache – valide solo se contemporanee agli avvenimenti narrati – di fronte ai

documenti, atteggiamento che sarà più evidente, come vedremo, fra i

discepoli di Muratori; e i tagli operati sulle parti leggendarie e sulle “minutaglie” delle cronache in rispondenza ad un animus razionalistico

permeato da quelle “moderate” esigenze etico-religiose che furono una costante, e non già un compromesso, dello spirito muratoriano17; e

interventi, correzioni e criteri di edizione già arbitrari a quei tempi, risalenti in parte allo stesso Muratori18, erede in questo di una

tradizione letteraria e umanistico-retorica che lo portava a ritoccare (data anche la concezione maurina di disponibilità della fonte

cronachistica) testi in latino e in volgare19. E, dall’esterno, pur

Nazionale del Carteggio, 28: Firenze, Olschki, 1999, pp. 173-511]. 15 Rerum Gallicarum et Francicarum scriptores. Recueil des historiens des Gaules et

de la France, I-XXIV, Paris, Libraires associés [et al.], 1738-1904. 16 Cfr. E. SESTAN, L’erudizione storica in Italia, in Cinquant’anni di vita intellettuale

italiana, 1896-1946, Scritti in onore di Benedetto Croce …, a cura di C. Antoni e R.

Mattioli, II, Napoli, E.S.I., 1950, p. 427. 17 Cfr. ROSSETTI, Nuovi contributi …, cit., p. 586. 18 Cfr. le lettere di Muratori al Benvoglienti in Lettere inedite di Lodovico Antonio

Muratori …, cit., p. 341 (Modena, 18 luglio 1721): “Quella ortografia muffida di

attaccare insieme le parole non mi dà nel genio; e però, se si levasse, ne avrei gusto.

Ma in ogni caso, in rivedendo io i manoscritti, posso fare questa fatica. Lo stesso dico

di certe minutaglie. Ma di queste desidero d’esser giudice io, perché V.S. Illustrissima

potrebbe sprezzar delle cose che ai Lombardi piacessero. Ho fatto anch’io qualche

mutilazione in una storia di Ferrara …”; pp. 346-347 (Modena 27 novembre 1722):

“Mi son dunque messo ora sotto gli occhi le Storia Sanesi … Per certe minutaglie non

ho ancora presa risoluzione alcuna. Ma per conto dell’ortografia per verità io non son

contento, perché non so che giovi, e temo solo che possa dispiacere quel mettervi

lettere che non vi vanno, come chonsoli e simili; e l’attaccare talvolta sì

sgraziatamente le parole che bisogna far alto per dicifrare il senso. Perciò, se a lei

non dispiacesse, ritoccherei pure volentieri alcune di tali che a me paiono sconciature

e tali parranno molto di più ad altri, con lasciare intatto il dialetto sanese”. [Si veda

poi il vol. 6 dell’Edizione nazionale, Carteggi con Bentivoglio …. Bertacchini, a c. di A.

Calapaj Burlini, Firenze, Olschki, 1983, pp. 131 e 141; NdR]. 19 Per i criteri di edizione settecenteschi e alcune particolari discussioni v. M. ROSA, Per

la storia dell’erudizione toscana del ’700: profilo di Lorenzo Mehus, “Annali della Scuola

speciale per archivisti e bibliotecari dell’Università di Roma”, II (1962), part. pp. 54-57.

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nell’ampia opera di collaborazione e nella suggestione nuova che egli

dava alla cultura italiana, il sussulto di chiuse educazioni provinciali, di campanilismi, di gelosie politiche ed erudite20. Né mancarono falsi nella

raccolta dei Rerum, dovuti tanto all’impossibilità di accertarli con gli strumenti di allora quanto allo zelo interessato di taluni collaboratori,

come il Tafuri e il Ginanni21. Di là da questi limiti che risalgono a precise condizioni della cultura italiana del primo ’700, dovremo però

sottolineare come l’erudizione muratoriana fosse, negli anni di Comacchio, e dopo, cultura d’urto. Il quale carattere Bertelli, volto

soprattutto all’indagine interna della storiografia muratoriana, forse non ha posto nel giusto rilievo. È un moto, questo sollevato da

Muratori, che prende a interessare settori sempre più vasti dell’erudizione italiana. Già intorno alla polemica di Comacchio si

raccoglie una corrente destinata a ingrandirsi. La disputa giurisdizionalistica scuote un’atmosfera torpida e misoneista: il

Muratori non sarà costretto al silenzio né subirà la sorte del Giannone o

le traversie del Bacchini al tempo dell’edizione di Agnello Ravennate, anche se, durante la controversia comacchiese, tra i suoi collaboratori

il ferrarese Baruffaldi verrà esiliato dalla sua città e si vedrà sequestrati libri e manoscritti, e il senese Benvoglienti conoscerà le carceri del S.

Uffizio22. Neppure la minacciata condanna del De ingeniorum 20 Cfr. le lettere di Muratori ad Alessandro Pompeo Berti, in Lettere inedite di Lodovico

Antonio Muratori …, cit., pp. 382-383 (senza data) e a Giovanni Lami, pp. 500-501

(Modena, 16 dicembre 1746). [L’intero carteggio Muratori-Berti è ora nell’Edizione

nazionale, vol. 7, Carteggi con Bertagni …. Bianchini, a c. di E. Ferraglio e F. Marri,

Firenze, Olschki, 2014, pp. 53-120: NdR]. 21 Cfr. BERTELLI, Erudizione e storia …, cit., pp. 356-359. Significativi anche i falsi

dell’abate Guido Grandi, per cui v. G. SCHWARTZ, Die Fälschungen des Abtes Guido

Grandi, “Neues Archiv der Gesellschaft für Ältere Deutsche Geschichtskunde zur

Beförderung einer Gesamtau …”, XL (1915-16), pp. 185-241, e la conferma di G.

TABACCO, La vita di San Bononio di Rotberto monaco e l’abate Guido Grandi (1671-

1742), Torino, Stab. tip. editoriale, 1954. La costruzione di un falso da parte del

Grandi per i Rerum muratoriani, al tempo della polemica tra il Grandi e il Tanucci sul

codice pisano delle Pandette (su cui cfr. N. CARRANZA, Prospero Lambertini e Guido

Grandi, “Bollettino storico pisano”, s. 3, XXIV-XXV [1955-56], in part. pp. 228-231) è

vivacemente ricordata in una lettera di un confratello e discepolo del Grandi, il

Fromond, al Lami [Biblioteca Riccardiana, Firenze (di seguito BRFi), ms. Riccard.

3728, Pisa 17 novembre 1743, c. 199 r.]: “Sul fine della contesa tra il sig.re

marchese Tanucci ed il padre ab. Grandi, questo mi diede a copiare un piccolo mss. di

suo carattere intitolato Chronicon Pisanum ab anno … 4 usque ad annum …

abbracciando lo spazio incirca di anni 80. La dicitura era molto barbara. Per quanto

mi ricordo ogni paragrafo principiava coll’anno scritto con numeri comuni arabici.

Ogni paragrafo conteneva due o tre periodi o poco più. Oltre la metà incirca si faceva

menzione in un paragrafo più lungo del trasporto delle Pandette fatto da’ Pisani.

Questa circostanza in me, cui era nota l’indole del padre ab. Grandi, mi fece

sospettare che dal medesimo fosse stata composta l’operetta per mandarla al

Muratori da inserire nella sua Raccolta degli Autori Italiani e poi citarla contro il

Tanucci. Onde riportando io al padre ab. Grandi il suo col mio mss. volsi tentare di

scoprire il vero dicendogli: L’è riuscito a meraviglia l’immitare la barbara dicitura di

que’ tempi! Al che esso si sciolse in un saporito sorriso, senza nulla rispondermi,

quasi approvando la mia supposizione gustasse la lode che gli davo”. 22 Cfr. A. LAZZARI, Un corrispondente del Muratori: Girolamo Baruffaldi di Ferrara, in

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moderatione, il manifesto della posizione muratoriana che scaturisce

dagli anni di Comacchio23, riuscirà a condizionare l’opera del Muratori e la forza montante della corrente muratoriana tesa ad uno scontro

decisivo nel decennio 1740-50, quello che vede accentuarsi nel Muratori preoccupazioni speculative ed interessi etico-religiosi. Dal

Delle forze della fantasia umana al Della regolata divozione al De superstitione vitanda, e che presenta sul piano erudito una fase di

ripiegamento, o piuttosto ripensamento, e la rielaborazione storiografica degli Annali.

Cultura d’urto, si è detto, quella del Muratori dagli anni di Comacchio alle Riflessioni sopra il buon gusto, così travagliate e

impegnate nel discorso critico24, sino alla scomparsa del grande erudito. Dopo il celebre contrasto con il Fontanini per la questione di

Comacchio, ancora altri contrasti insorgeranno tra il Muratori e l’implacabile polemista curiale25: il che potrebbe suggerire un riesame

complessivo di questo vario contendere che divide il mondo

ecclesiastico ed erudito italiano nei primi decenni del ’700, e che si inserisce nel più vasto urto giurisdizionalistico ed è sintomo di una crisi

diffusa e della frattura tra posizioni muratoriane, ormai cresciute e consolidate, e posizioni per così dire romane, delle quali si fanno

campioni prima il Fontanini e poi, dopo il 1740, con la polemica degli Annali, il Cenni.

Altri urti però, gradualmente sempre più carichi di un significato che sottende un diverso impegno non solo nella ricerca erudita, ma sui

problemi agitanti le coscienze fra il 1740 e il 1750, soprattutto dopo l’apparizione della maffeiana Istoria teologica (1742), pongono accanto

al nome di Muratori quello di Scipione Maffei26. Il divario tra le due massime figure della cultura storico-erudita del primo ’700 italiano fu

chiaro già ai contemporanei, e di un metodo maffeiano come distinto da quello muratoriano, e più ricco di intuizioni geniali ma slegate, si

trova presto notizia27. Una ricerca volta a chiarire i differenti

orientamenti metodici e critici appare opportuna ora che del metodo

Scritti sul Muratori, “Convivium”, nn. 4-5, 1950, pp. 681-709, e B. TALLURI, Il conteso

territorio di Comacchio e l’intervento del Sant’Uffizio contro Uberto Benvoglienti

erudito senese, “Studi senesi”, s. 3, X (1961), pp. 146-156 e 157-172 (docc., tra cui

lettere scambiate tra il Benvoglienti e il Baruffaldi). 23 Vedi la lettera del Muratori al Vallisnieri, Modena 12 luglio 1709, in Epist. III, 978. 24 Cfr. M. FUBINI, Dal Muratori al Baretti. Studi sulla critica e sulla cultura del

Settecento, Bari, Gius. Laterza & Figli, 1954, 2. ed., part. pp. 1-51. 25 Cfr. Opere di Lodovico Antonio Muratori, a cura di G. Falco e F. Forti, cit., I, pp.

630, n. 4, 636, n. 2, 800-804. 26 Cfr. Opere di Lodovico Antonio Muratori, a cura di G. Falco e F. Forti, cit., I, pp.

679-680, 858, n. 1, 897; II, pp. 1943-1944, 1972-1975, per una serie di indicazioni

e di osservazioni. Cfr. anche VENTURI, Settecento riformatore …, I. Da Muratori a

Beccaria, cit., part. p. 155 n. 2, ma il problema dei rapporti tra Muratori e Maffei non

è stato studiato – che io sappia – complessivamente e unitariamente. [Sugli studi più

recenti si veda almeno la rassegna di “Muratoriana online“ 2014, pp. 20-26, NdR]. 27 Si v. la voce Ansaldi, Casto Innocente (di M. Rosa), in Dizionario biografico degli

Italiani, III, Roma, Treccani, 1961, p. 362.

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muratoriano siamo sufficientemente informati, e su quello del Maffei,

con acute osservazioni generali, ci ha richiamati Arnaldo Momigliano28. Ma la battaglia tra Muratori e Maffei non fu solo, come si è accennato,

una sia pur dura e lunga contesa di erudizione e di cultura, sibbene un contrasto di fondo, che coinvolse passione storica e di ricerca e un

modo diverso di intendere la responsabilità della cultura e le scelte pratiche della coscienza religiosa. Contrasto di fondo, in quanto, se tra

il 1740-50 le posizioni del Muratori e del Maffei – divenuto, questi, con straordinaria versatilità paladino dell’antigiansenismo italiano – si

erano avvicinate, e molte attenuazioni “molinistiche” il Muratori, da parte sua, aveva operato sui fervori agostiniani (non giansenistici) dai

tempi della consuetudine milanese con il Cerri risalenti ai primi anni del secolo, una divaricazione si era accentuata sul piano, che più conta,

della politica ecclesiastica. È che Muratori appare, nell’ultimo decennio della sua vita, il

leader di una corrente non soltanto culturale, mobilitata e unificata

dalla immensa collaborazione ai Rerum, e permeata di fermenti di riforma della vita religiosa ed ecclesiastica, in quella prospettiva di

rinnovamento e di equilibrata tolleranza che si apre con il pontificato di Benedetto XIV, ma anche la guida di un movimento italiano e poi, in

parte, europeo, dalle sfumature rigoriste e giansenisteggianti, o comunque antigesuitiche (che voleva dire una opposizione a consolidati

orientamenti di cultura e di vita religiosa e di vita ecclesiastica), laddove il Maffei si configura, ma con più effimera fortuna, quale voce

dell’antigiansenismo e del gesuitismo. Era questo, forse un impadronirsi da parte di contrastanti correnti di due nomi prestigiosi,

finendo col forzare, per il Muratori, una più pacata e moderata vocazione, e col ridurre, in limiti troppo angusti, per il Maffei, una ben

più aperta e coraggiosa volontà di lotta29. Dopo l’incertezza iniziale del giansenista Rotigni che nel Trattato della confidenza cristiana del 1751

attaccherà quale molinista il Muratori30, è estremamente significativo il

peso che la polemica gesuitica antimuratoriana avrà nello spostare e far rileggere con fervore giansenistico la tematica muratoriana del De

ingeniorum moderatione, della Carità cristiana, della Regolata divozione, trasferendola infine tra le componenti della “katholische

Aufklärung” giuseppina e del suo “nuovo sistema di devozione”, del

28 A. MOMIGLIANO, Gli studi classici di Scipione Maffei, ora in Secondo contributo alla

storia degli studi classici, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1960, pp. 255-271; v.

anche per una puntualizzazione di talune polemiche maffeiane, C. GODI, Neutralità

armata: i rapporti tra S. Maffei e A.M. Querini, “Italia medioevale e umanistica”, III

(1960), pp. 353-387. 29 Sul Muratori del decennio 1740-50 e sulle difficoltà che egli incontrò nelle sue

aspirazioni di riforma che coincisero per altro col primo decennio di pontificato di

Benedetto XIV, v. ora VENTURI, Settecento riformatore …, I. Da Muratori a Beccaria,

cit., part. pp. 136-160 e sul Maffei e le polemiche per il Dell’impiego del danaro, cfr.

pp. 118-136. 30 Cfr. A. VECCHI, Correnti religiose nel Sei-Settecento veneto, Venezia, Roma, Istituto

per la collaborazione culturale, 1962, part. p. 367.

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riformismo ecclesiastico ricciano-leopoldino in Toscana e degli ultimi

slanci del giansenismo italiano ed europeo. Il decennio fra il 1740 e il 1750, insomma, assiste a un diversificarsi di posizioni, nonostante le

mediazioni di Benedetto XIV, a una scelta, che si farà netta ed inequivocabile intorno agli anni ’70, con i fervori di riforma del

dispotismo illuminato31.

Un problema aperto: volontà di lotta o voce di “moderazione”?

Posizione d’urto, quella del Muratori, dalle polemiche con il

Fontanini agli scontri col Maffei, alle innumerevoli discussioni suscitate dalle opere critico-letterarie, storico-erudite, alla strumentalizzazione

che del riformismo etico-religioso faranno le forze giansenistiche, oppure voce di “moderazione”? Ma quale significato assumerebbe

allora la “moderazione” del Muratori, su cui si è insistito da parte di

Fiorenzo Forti32, e quale valore la tesi, già variamente discussa, dell’Appolis33, di un “terzo partito” che annovererebbe il Muratori, e col

il Muratori un vasto settore del mondo cattolico settecentesco? Bertelli ha espresso talune perplessità sull’interpretazione del

Muratori proposta dal Forti, ma soprattutto ha visto nella tesi dell’Appolis “l’irriverenza verso l’esattezza storica implicita in quella

trasposizione di termini del dibattito politico dei giorni nostri in un’età che quelle divisioni certo ignorava”34. Ha preferito perciò parlare di una

“crisi della coscienza religiosa europea», nel cui contesto possono comprendersi i movimenti rigoristi cattolici e protestanti, la battaglia

giurisdizionalista e via dicendo, escludendo infine che davvero esistesse una “terza via” del cattolicesimo e notando come quella che

si è soliti definire “moderazione” del Muratori “sembri piuttosto incertezza, insicurezza”35.

31 Cfr. M. ROSA, Tra Muratori, il giansenismo e i “lumi”: profilo di Benedetto XIV e Un

momento del giansenismo italiano: il sinodo di Pistoia del 1786, in ID., Riformatori e

ribelli nel ’700 religioso italiano, Bari, Dedalo, 1969 (Saggi; 6), rispettivamente pp.

49-86 e pp. 215-244. 32 Cfr. Opere di Lodovico Antonio Muratori, a cura di G. Falco e F. Forti, cit., passim;

ma v. del Forti, Ludovico Antonio Muratori fra antichi e moderni, Bologna, C. Zuffi,

1953 (Studi e ricerche; 9). 33 Cfr. É. APPOLIS, Entre jansénistes et zelanti. Le “Tiers parti” catholique au XVIIIe

siècle, Paris, Picard, 1960; importanti osservazioni in merito sono state avanzate da

F. MARGIOTTA BROGLIO, Estremisti e moderati nelle lotte dottrinali e politiche del

Seicento e del Settecento, “Rivista di storia della Chiesa in Italia”, XVI (1962), pp.

275-310. 34 Cfr. la recensione di S. Bertelli all’edizione delle Opere di Lodovico Antonio

Muratori, a cura di Falco e Forti, “Rivista storica italiana”, LXXVII (1965), pp. 221-

226: 225. 35 Ivi, p. 226. Sui temi della crisi culturale e religiosa europea tra la fine del ’600 e gli

inizi del ’700, Bertelli ha insistito in La crisi dello scetticismo e il rapporto erudizione-

scienza agli inizi del secolo XVIII, “Società”, XI (1955), pp. 435-456 poi, e con più

diretto riferimento a Muratori, in Erudizione e crisi religiosa nella coscienza europea

avanti l’opera muratoriana, in Terza miscellanea di studi muratoriani, Modena, Aedes

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Non presumiamo di risolvere qui problemi in realtà assai

complessi e intricati, ma ci sia consentito di dare qualche provvisoria indicazione nel tentativo di disincagliare, si spera, la discussione dalle

secche in cui pare essere incappata. Indubbiamente l’Appolis dissolve in un quadro troppo generico e spesso indistinto qualche non

trascurabile elemento interpretativo; mentre Bertelli appare, a nostro avviso, troppo reciso nella sua valutazione complessiva. Vero è che la

storia del cattolicesimo settecentesco non va avulsa dalla storia religiosa più vasta e dalla crisi della coscienza religiosa del ’600 e

del ’700 europeo e che una “terza via” del cattolicesimo obiettivamente non esisterà per tutto il ’700. Ma la storia del cattolicesimo

settecentesco, che è anche storia di possibilità, di tentativi, di inquietudini e di aspirazioni di riforma, oltre che storia di risultati

acquisiti e di posizioni definite, ci induce ad attribuire alla “moderazione” del Muratori un contenuto storicamente preciso, di là da

una costante abitudine mentale o da un atteggiamento psicologico.

Essa, con i suoi urti, che ci riportano al carattere combattivo dell’opera muratoriana, come nelle sue oscillazioni, che attestano le difficoltà

attraverso cui vanno facendosi strada nuovi atteggiamenti spirituali e nuove tensioni ideali, è lo sforzo che il mondo cattolico, in molti suoi

settori, compie, soprattutto nella prima metà del ’700, appunto durante quella lunga “crisi della coscienza religiosa europea», cui

accenna Bertelli, per riproporre al suo interno, e all’esterno, nei rapporti con il potere civile, una diversa articolazione dei problemi e

delle istanze religioso-politiche. Era un venir fuori dalla Controriforma, lasciar cadere scorie ormai

superate e indicare e tentare di percorrere, con un assai faticoso e difficile procedere, le nuove strade che si intravedevano. Tanto più che,

se il ’600 si era chiuso con la condanna del quietismo – ed il fenomeno era stato assorbito, sia pure dopo una dura battaglia –, il ’700 si era

aperto con una rinnovata condanna del giansenismo attraverso la

Unigenitus, e le posizioni pro e contro si erano violentemente radicalizzate. Ma anche qui, di là dalle radicalizzazioni reali o apparenti

che siano, non dobbiamo trascurare un’altra realtà che la storia di quegli anni ci pone dinanzi agli occhi. È che il concetto di un “terzo

partito”, e la relativa espressione, nel senso di una componente o corrente mediana e mediatrice italiana tra il giansenismo francese,

rinvigorito appunto dalla polemica quesnelliana e dalla condanna fulminata dalla Unigenitus, e le posizioni “zelanti” o curiali o romane –

cioè nel senso della tesi che Appolis ha avuto il torto di privare di una concreta caratterizzazione – sono rintracciabili letteralmente, con ogni

probabilità per la prima volta, in un consulto o parere del giurista fiorentino Antonio Niccolini, una figura di rilievo nell’ambito

dell’illuminismo cattolico e del giansenismo italiano settecentesco: consulto steso intorno al 1718 per Vittorio Amedeo II di Savoia circa

l’opportunità di accordare l’exequatur alla bolla o costituzione Muratoriana, 1963, pp. 35-65.

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Unigenitus negli Stati sabaudi. Scriveva in quell’occasione il Niccolini

definendo gli “schieramenti” formatisi in occasione del recente documento: “Eglino ben possono trattarsi sotto nome d’Italiani se per

la costituzione, e di Francesi se contro d’essa; ma pur ve ne sono di quei, che costituiscono un terzo partito, e sono gli aderenti parte a

gl’Italiani, e parte a’ Francesi”36. “Terzo partito”, che nato con la prospettiva di una “dichiarazione”,

come si disse allora e dopo, cioè di una precisazione e definizione della Unigenitus, andrà acquistando col tempo consistenza e consapevolezza

pur senza mai raggiungere le caratteristiche e i reali collegamenti di un “partito”, ma caratterizzandosi, ben oltre l’iniziale atteggiamento di

politica ecclesiastica tra giansenisti e “zelanti”, soprattutto durante il papato lambertiniano, come tendenza variegata e sfumata, diretta a

rinnovare all’interno il cattolicesimo, a raggiungere una pacificazione sull’ancora aperto problema della Unigenitus e una concordia tra Roma

e la Chiesa utrettina, per sfociare e dissolversi infine in quel

programma di “riforma giansenista” della Chiesa analizzato da Passerin37. Ma già nel 1705, ove si considerino i Prolegomena ad

veritatis et pacis amantes, con i quali Muratori prese posizione, a fianco dell’amico Celso Cerri, con orientamento agostiniano, nelle

tormentose polemiche che riaccendono il non sopito contrasto etico-teologico tra molinisti e giansenisti, l’erudito vignolese si dispone, con

singolare anticipazione – e non era una pura e semplice scelta individuale, la sua – a combattere su due fronti, contro gli addolcimenti

“semipelagiani” del Nodus praedestinationis dello Sfondrati e contro le posizioni giansenistiche; e già affronta, di là dai problemi dottrinali, le

questioni essenziali dell’autorità della Chiesa e della “libertà degli ingegni”, temi che incontreremo presto, approfonditi, nel De

ingeniorum moderatione e poi in altre parti dell’opera sua teorico-filosofica e d’impegno morale e civile.

È naturale che, nel suo evolversi, non sempre tale posizione

muratoriana appaia lineare, incontrando momenti di dubbio e ripensamenti, come quando, dopo il 1726, il Muratori si dedicherà a

letture filosofiche e si imbatterà in Locke, subendone quel travaglio interiore testimoniato e superato dalla celebre lettera al Tartarotti del

1733. E i tentativi di discussione in questo settore costituiscono sì l’aspetto più inquieto e incerto, e non soltanto sul piano della biografia

personale, dell’opera del Muratori, che guarda oltre i confini del

36 Cfr. Archivio di Stato, Torino, Materie eccles., cat. 24, mz. 2, n. 18, c. 8 (il corsivo

è nostro). Sulla questione in generale, P. STELLA, La bolla “Unigenitus” e i nuovi

orientamenti religiosi e politici in Piemonte sotto Vittorio Amedeo II dal 1713 al 1730,

“Rivista di storia della Chiesa in Italia”, XV (1961), pp. 216-276. 37 E. PASSERIN D’ENTRÈVES, La riforma “giansenista” della Chiesa e la lotta anticuriale in

Italia nella seconda metà del Settecento, “Rivista storica italiana”, LXXI (1959), pp.

209-234. Sulla graduale adesione al rigorismo, agostinismo e filogiansenismo italiano

da parte di eruditi muratoriani v. M. ROSA, Atteggiamenti culturali e religiosi di

Giovanni Lami nelle “Novelle letterarie”, “Annali della Scuola Normale Superiore di

Pisa”, s. 2, XXV (1956), in part. pp. 276-295.

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cattolicesimo, al razionalismo, al protestantesimo, all’illuminismo,

sintomo di una preoccupazione, e insieme di una debolezza, che percorrerà il pensiero e gli orientamenti del cattolicesimo per tutto

il ’700. Da tale posizione tuttavia risalta una coerente linea programmatica tanto più penetrante quanto più ferma e costante nella

“moderazione”, se confrontata al momento di vera rottura, rappresentato dalla posizione giannoniana, con tutto quello che essa

implicò, nel quadro culturale, politico e religioso dei primi decenni del ’700.

In sostanza, il significato storico del Muratori, anche con i limiti che gli si devono attribuire, è in quell’aver cercato di segnare una

prospettiva nuova del cattolicesimo settecentesco, guadagnando al centro – ci si consenta, questa volta, l’uso puramente metaforico del

linguaggio politico –, con il superamento dell’erudizione devota dei maurini nel settore degli studi storici, e di qui, sul piano più

generalmente culturale, con l’attenzione rivolta a programmi di riforma

nel contesto politico-ecclesiastico, e a problemi pratici e sociali, quello che la cultura cattolica aveva perduto, da una parte nel settore

dell’esegesi biblica, compromesso per qualche secolo dalla bruciante sconfitta dell’oratoriano Richard Simon ad opera di Bossuet38, e che

andava perdendo, dall’altra, sul piano della speculazione filosofica. Ne risulta quel naturale passaggio, nell’opera muratoriana, dai problemi

storici e politico-ecclesiastici a quelli civili, di impegno pratico di riforma, in quella fase che precede il dispiegarsi dei Lumi, dal Dei

difetti della giurisprudenza (1742) al Della pubblica felicità (1749). Ma quali siano i legami interni tra le diverse opere del Muratori e quale il

loro significato di moderato avvio alle riforme è già stato detto altre volte e anche recentissimamente39: riprendere qui il discorso

significherebbe ripetere cose già note.

Echi dell’erudizione muratoriana

Meglio allora seguire la fortuna di Muratori, soprattutto dopo la sua scomparsa, nel settore degli studi storico-eruditi, che ci sembra un

capitolo della storia di Muratori ancora da ricostruire e degno di una qualche considerazione. E non presumiamo qui naturalmente di

cogliere la capillare influenza di Muratori nelle opere storiche ed erudite della seconda metà del ’700, che, tutte, più o meno, furono debitrici

alle sintesi muratoriane, ma quegli aspetti e quei motivi che da Muratori attingono più diretta ispirazione40. 38 J. STEINMANN, Richard Simon et les origines de l’exegèse biblique, Paris, Desclée de

Brouwer, 1960, part. pp. 124ss. 39 Cfr. VENTURI, Settecento riformatore …, I. Da Muratori a Beccaria, cit., pp. 161-186. 40 Per uno sguardo complessivo sulla metodologia e sugli orientamenti della

medievistica italiana settecentesca (limitato però all’Italia centro-settentrionale), v.

E.W. COCHRANE, The Settecento Medievalists, “Journal of the History of Ideas”, XIX

(1958), pp. 35-61.

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Se è vero, come ci pare vero, che Muratori contribuì a dare alla

cultura settecentesca il senso della storia, e soprattutto della storia dell’età di mezzo, e il senso di una nuova erudizione storica, e acquisì

alla cultura cattolica ufficiale, particolarmente italiana, un campo in cui essa era estremamente carente, la lezione muratoriana era tuttavia

inficiata da un equivoco di fondo. All’indagine storica Muratori fu sì spinto da un impegno politico e politico-ecclesiastico o etico-religioso –

e diciamo tout court da un impegno –, ma la sua visione storica, se mirava a superare il pirronismo e ad attingere criticamente la “verità”,

come più e più volte Muratori stesso ebbe ad affermare, era pur sempre guidata dalla rivelazione cristiana, dalla preoccupazione del

credente, e si arrestava alle soglie di quel “religionis negotium”, che era “Christianae vitae summa”, cui doveva tendere “disciplinarum

omnium postrema linea”41. In altre parole, e in ultima analisi, sul piano dell’indagine

concreta – e meno forse attraverso qualche interessante spunto teorico

che tenta di forzare, alle volte, questa posizione – la storia e la ricerca storica per Muratori rimasero nel fondo legate, come si è accennato,

alla concezione dei maurini e del Bacchini, perché la storia potesse configurarsi come una disciplina indipendente ed autonoma.

Indubbiamente però la conquista operata da Muratori fu enorme, e ne possiamo misurare l’estensione e contrario, una volta che essa perse il

suo lievito animatore e non fu più sostenuta da una personalità d’eccezione: troppo grande fu la presenza di Muratori nel settore degli

studi storico-eruditi settecenteschi, e soprattutto della storia dell’età di mezzo, perché l’erudizione storica italiana della stessa generazione di

Muratori, della generazione successiva e anche oltre, non dovesse, in un modo o nell’altro, continuamente fare i conti con essa. Tuttavia la

lezione muratoriana, per l’intrinseco limite che si è detto, inevitabilmente si ripiegò su se stessa, la storia scadde a erudizione e

assunse quel particolare tono ecclesiastico che caratterizza l’erudizione

italiana della seconda metà del ’700. L’eredità muratoriana si trovò presto, nel moto di cultura del secolo, di fronte ad un bivio: o confluire,

da un lato, nel razionalismo illuministico, fornendo armi e strumenti alla critica storica improntata ai Lumi, o dissolversi, dall’altro, nel già

menzionato fervore di “riforma giansenista” della Chiesa. Ad accentuare temi che pure furono del Muratori, spezzandone

l’equilibrata misura, contribuiscono le Novelle letterarie del Lami, le quali assumono con estrema evidenza la funzione di portavoce dei più

salienti motivi muratoriani degli anni ’40 (e non solo degli orientamenti eruditi del Muratori) e riescono a catalizzare le istanze della corrente

muratoriana sviluppandole alla luce di un più deciso “illuminismo cattolico”42. Hanno insieme fine i grandi contrasti di giurisdizione del

primo ’700, anzi il papato di Benedetto XIV, con le sue tendenze

41 Cfr. i capp. III, IV e soprattutto X del De ingeniorum moderatione, cit. in COCHRANE,

Muratori: the Vocation …, cit., pp. 170-171 e nota 55. 42 Cfr. ROSA, Atteggiamenti culturali …, cit., in part. pp. 276-283.

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concordatarie, segna lo svuotamento della politica romana da

Clemente XI a Clemente XII; ha fine altresì il contrasto erudito, ma non soltanto erudito, che fu vitale per l’erudizione italiana del

primo ’700, tra il Muratori e il Maffei. Sotto il profilo della storia dell’erudizione ha inizio un’età più grigia, in cui il lavoro minuzioso,

spesso pregevole nella verifica puntuale, tecnica, delle grandi linee tracciate dall’indagine muratoriana pare guadagnare in estensione

piuttosto che in profondità e tende a far perdere di vista i grandi motivi della costruzione e dell’interpretazione muratoriana del Medio evo. Dei

temi di fondo rimane soltanto la questione longobarda che giunge sino al Denina e al Fumagalli e, nell’’800, con voce diversa, al Manzoni43; il

tema del rapporto tra Papato e Impero registra le sue ultime battute, ma in senso antimuratoriano, appunto all’inizio del quarto decennio del

secolo, nella recensione che l’abate Cenni dedica agli Annali sul romano Giornale de’ letterati44 e nell’opera di Giuseppe Agostino Orsi45.

La misura più esatta della fortuna del Muratori è data in realtà

dalle ristampe o dalla “continuazione” delle sue opere, soprattutto in Toscana, se è possibile in una cultura erudita ormai unitaria individuare

varianti regionali, e in Toscana una erudizione storica maggiormente improntata al tono moderato muratoriano. Le Opere del proposto

Lodovico Antonio Muratori appaiono ad Arezzo in tredici volumi, nel 1767-73, a cura del vescovo Incontri e presso lo stampatore vescovile

Bellotti: a questa edizione è premessa la Vita del Muratori stesa dal nipote Francesco Soli Muratori, insieme con un elogio del Lami che,

almeno per l’inizio dell’intrapresa, fu tramite tra il Soli Muratori e l’Incontri46. Ancora ad Arezzo, e sempre presso il Bellotti, appaiono tra

il 1773-80 i diciassette volumi delle Antiquitates Italicae Medii aevi. I Rerum sono continuati a Firenze, vivente ancora il Muratori47; e

l’iniziativa ha riscontro a Venezia, a Faenza e persino a Roma, la roccaforte degli antimuratoriani, con gli Italicae Historiae Scriptores del

maronita Giuseppe Simonio Assemani48. 43 Cfr. G. Falco, La questione longobarda e la moderna storiografia italiana, “Rivista

storica italiana”, LXIII (1951), pp. 265-278. 44 La posizione del Cenni è riassunta in “Giornale de’ letterati per gli anni 1758 e

1759”, Roma 1760, pp. 111-139, con rinvio agli articoli apparsi nello stesso Giornale

degli anni 1746-1747 e 1750. 45 G.A. Orsi, Della origine del dominio e della sovranità de’ Romani pontefici sopra gli

stati loro temporalmente soggetti, In Roma, Appresso i fratelli Pagliarini mercanti

librari a Pasquino, 1742; 1754; Per Gioacchino Puccinelli, 1788; Nella Stamperia di

san Michele presso Paolo Giunchi, 1789 (con aggiunte di G. Cenni). 46 Cfr. le lettere dell’Incontri al Lami in BRFi, ms. Riccard. 3734. 47 Rerum Italicarum Scriptores ab anno … millesimo ad annum millesimum

sexcentesimum quorum potissima pars nunc primum in lucem prodit …, I e II, s.l. e

a. [ma Florentiae, In Typographiae Imperiali, 1748-1770]. 48 Ad L.A. Muratori, Rerum Italicarum Scriptorum tomum VIII Appendix seu L. de

Monacis … Chronicon de rebus Venetis ab u.c. ad annum 1354, Venetiis, Ex Typographia

Remondiniana, 1758; G.B. Mittarelli, Ad Scriptores rerum Italicarum cl. Muratorii

accessiones historicae Faventinae …, Venetiis, Apud Modestum Fentium typographum,

1771; Italicae Historiae Scriptores. De rebus Neapolitanis et Siculis ab a. Chr. 500 ad a.

1200 ex Bibl. Vaticanae et aliarum insignium Bibliothecarum mss. Codicibus …, Romae,

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Importante la ristampa di cronache già edite nei Rerum e

reinserite, nel tardo ’700, in collezioni di fonti napoletane e siciliane, siano esse la Raccolta di tutti i più rinomati scrittori del Regno di

Napoli, più nota come raccolta del Gravier, dal nome del libraio editore, o la Raccolta di varie croniche del Pelliccia o la Biblioteca Scriptorum

qui res in Sicilia gestas … retulere del Gregorio49, dove la lezione dei testi appare talvolta migliorata, ma lo spirito muratoriano è assorbito

da altri fermenti intellettuali. Discorso a parte meriterebbero gli Annali, dalle ristampe che

dopo l’edizione milanese apparvero a Roma, a Lucca e a Napoli50 alle “continuazioni” che ne fecero il Mecatti e l’Oggeri Vincenti51, al

Compendio cronologico-storico-profano-ecclesiastico che ne diede il Rigoni52. Analogamente significative, la stampa delle Dissertazioni

sopra le Antichità italiche a cura del Soli Muratori e l’edizione delle stesse con prefazioni e note “opportune” dell’abate Cenni, il duro

avversario curiale del proposto modenese53: imprese che riflettono il

gusto erudito e le esigenze divulgative del secolo inoltrato, ma anche le ultime fiamme di un antico contrasto. Ma basti qui un cenno.

Ex typographia Komarek, apud Angelum Rotilium …, 1751-1753, 4 voll. 49 Raccolta di tutti i più rinomati scrittori dell’Istoria generale del Regno di Napoli,

Napoli, Stamp. di Giovanni Gravier, 1769-1772, 23 voll.; Raccolta di varie croniche,

diarj, ed altri opuscoli così italiani come latini, appartenenti alla storia del Regno di

Napoli, Napoli, Presso Bernardo Perger, 1780-1782, 5 voll.; Bibliotheca Scriptorum

qui res in Sicilia gestas … retulere, Panormi, Ex Regio Typographeo, 1791-1792, 2

voll. 50 Annali d’Italia … colle prefazioni critiche di G. Catalani …, Roma, Nella stamperia

degli eredi Barbiellini …, 1752-1754, 12 tomi in 24 voll.; Annali d’Italia colle

prefazioni critiche di Giuseppe Catalani e col proseguimento di detti Annali sino agli

anni presenti …, Lucca, Per Vincenzo Giuntini, a spese di Giovanni Riccomini, 1762-

1764, 12 voll.; Annali d’Italia …, Napoli, Nella stamp. di Giovanni Gravier, 1773, 13

voll. 51 G.M. MECATTI, Storia cronologica della città di Firenze, o siano Annali della Toscana

che possono servire d’illustrazione e d’aggiunta agli Annali … del signor Proposto L.A.

Muratori, In Napoli, Nella Stamperia Simoniana, 1755, 2 voll.; [G.M. MECATTI?],

Annali d’Italia dall’anno 1750 fino all’anno 1770 per servire di continuazione a quei

del proposto L.A. Muratori. Dati per la prima volta in luce da un Accademico Apatista

e Fiorentino, Napoli, Nella stamperia di Giovanni Gravier, 1771; ibid., In Napoli, Nella

stamperia del Paci, 1788-1789, 2 voll. Sul Mecatti, interessante figura di poligrafo, v.

VENTURI, Settecento riformatore …, I. Da Muratori a Beccaria, cit., part. pp. 64-66,

300-304, 344, 565. Annali d’Italia … Continuati sino ai giorni nostri dall’A … G … O …

V … [avv. Giuseppe Oggeri Vincenti], Roma, Per Antonio Fulgoni, 1789-1790, 3 voll. 52 Compendio cronologico-storico-profano-ecclesiastico, estratto dagli Annali d’Italia

di L.A. Muratori da G. Rigoni, nel quale dà un saggio chiaro di tutti fatti ch’essi

contengono e vi aggiunge varie notizie appartenenti alla storia ecclesiastica, In

Milano, A spese di Simone Occhi stampatore e libraio di Venezia, 1765, 4 voll. 53 Dissertazioni sopra le Antichità italiane, già composte e pubblicate in latino dal

proposto L.A. Muratori e da esso poscia compendiate e trasportate nell’italiana favella.

Opera postuma data in luce dal proposto Gian Francesco Soli Muratori …, In Milano, A

spese di Giambatista Pasquali, 1751, 3 voll. Dissertazioni … seconda edizione

accresciuta di prefazioni e note opportune dall’abate Gaetano Cenni, In Roma, Presso

gli eredi Barbiellini mercanti di libri e stampatori a Pasquino, 1755, 3 voll.

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La fortuna delle “Antiquitates”

Sarà opportuno soffermarci invece, sia pure brevemente, sulla

fortuna che intorno alla metà del ’700 hanno le Antiquitates, il culmine dell’erudizione muratoriana. Diseguale fortuna, s’intende, delle diverse

dissertazioni. Non viene approfondito allora il problema della fine dell’impero romano e delle invasioni barbariche, e se avverrà più tardi

sarà al di fuori delle linee tracciate dal Muratori; non vengono ripresi, se non anche essi oltre i limiti dell’indagine muratoriana, i problemi

concernenti l’età feudale. Senza continuatori è il Muratori per i temi della dissertazione XXII, dove troviamo tracciato un efficace profilo

della storia del diritto italiano, dal medio evo barbarico agli statuti comunali54: mutate le condizioni storiche e spirituali, con l’inizio della

seconda metà del secolo, si delineava allora quella frattura tra storici per così dire di professione e storici del diritto, non ancora colmata

neppure ai nostri giorni. E se sordo si era mostrato il Muratori al Medio

evo artistico, pur celebrandolo e rivalutandolo in linea di principio nella XXIV dissertazione De artibus Italicorum post inclinationem Romani

Imperii, che utilizza soltanto fonti letterarie, mentre più attento del Muratori e primo a tentare l’utilizzazione di fonti iconografiche era stato

il Maffei55; poco sensibili in genere nei riguardi delle arti maggiori e minori medievali appaiono gli eruditi settecenteschi italiani. Qualche

tentativo oltre il Muratori sarà compiuto dal Lami che con una ricerca sull’arte figurativa altomedievale, dove gioca un interesse erudito più

che estetico, si pone idealmente tra il Maffei e le posteriori indagini del Lastri56. Alla difesa dell’architettura “gotica” dalla condanna del

gusto classicista non segue, dopo il Muratori e il Maffei, un approfondimento del problema57: lo scritto del Frisi, Saggio sopra

l’architettura gotica, del 1767, appare ispirato evidentemente da problemi tecnici; l’esaltazione del gotico duomo di Vercelli presente

nell’Elogio del cardinale Guala Bichieri del Denina (1783) è uno

spunto di gusto preromantico. L’erudizione settecentesca italiana ispirata dal Muratori non porrà le basi di una storia dell’arte medievale

o di un’archeologia medievale; l’archeologia settecentesca sarà o

54 Un’eccezione, per l’intonazione muratoriana che lo caratterizza, è il Ragionamento

istorico della giurisprudenza italiana de’ secoli barbari, in due libri, di Girolamo F.

Zanetti, il cui ms. costituisce il Cod. DLXXV della Bibl. del Seminario di Padova. 55 G. PREVITALI, Bottari, Maffei, Muratori e la riscoperta del Medioevo artistico italiano,

“Paragone. Arte”, n. 115, luglio 1959, pp. 3-18. 56 G. LAMI, Dissertazione … relativa ai pittori e scultori italiani che fiorirono dal 1000

al 1300, premessa al Trattato della pittura di Lionardo da Vinci, s.l. e a. [ma Firenze,

Presso Giovacchino Pagani libraio e Iacopo Grazioli stampatore, 1792]. La

Dissertazione però fu scritta nel 1757 (cfr. PREVITALI, Bottari, Maffei, Muratori …, cit.,

p. 17, n. 17. 57 Diversamente da quanto avviene in Francia ed in Inghilterra nella seconda metà

del ’700: cfr. R. LANSON, Le goût du Moyen âge en France au XVIIIe siècle, Paris,

Bruxelles, Van Oest, 1926 (Architecture et arts decoratifs) e P. YVON, Le gothique et

la renaissance gothique en Angleterre (1750-1850), Caen, Paris, Jouan et Bigot, J.

Vrin, 1931.

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classica o cristiana. Nel settore medievale i frutti verranno in ritardo e

da altre vie che non dal Muratori. Scarsa fortuna hanno altresì la dissertazione XXIX, De spectaculis

et ludis publicis Medii aevi, pur ricca di intelligenza metodica e di sparse intuizioni storiche58, e la bella dissertazione XXXII, De origine

linguae Italicae. Nella quale, a parte talune lacune e incertezze e l’importanza esageratamente attribuita al fenomeno del superstrato

germanico, in omaggio al vagheggiamento “barbarico” (mentre anche qui vide con maggiore esattezza il “nazionalista” Maffei), erano state

poste con precisione dal Muratori le basi di uno studio sullo stato della nascente lingua italiana nei secoli che precedettero l’apparizione dei

primi monumenti letterari. Bisognerà attendere addirittura gli anni tra la fine dell’'800 e l’inizio del '900, che videro i maggiori fasti

dell’erudizione neomuratoriana in Italia, per riprendere la strada aperta dal Muratori59. La dissertazione XL, De rhytmica veterum poësi et

origine Italicae poëseos, invece, verrà utilizzata nelle fervide

discussioni sulle origini della poesia rimata che caratterizzano un momento degli interessi letterari dell’ultimo ’700 italiano60.

Poco studiata la vita ecclesiastica e religiosa medievale: la dissertazione LXII, De canonicis, ispirerà solo – che io sappia – le

Memorie istoriche concernenti le due canoniche di S. Maria del Reno e di S. Salvatore di Bologna del Trombelli e le ricerche sulla vita

canonicale tentate dal Garampi61. Niente affatto approfondita, dopo il Muratori, la storia della pietà e dei movimenti religiosi dal Medio evo

alle soglie dell’età moderna: l’accentuarsi del razionalismo illuministico e le tendenze giansenisteggianti di molti eruditi muratoriani provocano,

nella seconda metà del ’700, un clima culturale sfavorevole. È, semmai, un interesse linguistico, cruscante, a volgere il Bottari allo

studio del Cavalca, e il Manni e il Biscioni a quello di Giordano da Rivalto62; l’appartentenza all’Ordine francescano a suggerire all’Affò,

nel 1777, la Dissertazione sopra i Cantici volgari di S. Francesco

d’Assisi, mentre il “patriottismo” cortonese aveva indotto nel 1755 Filippo Venuti a scrivere la Vita di Fra Elia da Cortona e una disputa tra

canonici lateranensi e benedettini aveva provocato, nel 1764, il primo

58 Cfr. De spectaculis et ludis publicis Dissertatio XXIX, a cura di A. Viscardi, Modena,

Aedes Muratoriana, 1962, pp. 7-17 (Introduzione), con cui si è iniziata, sotto gli

auspici del Centro di studi muratoriani, la ristampa delle singole dissertazioni delle

Antiquitates. 59 A. MONTEVERDI, Lodovico Antonio Muratori e gli studi intorno alle origini della lingua

italiana, “Atti e Memorie dell’Arcadia”, s. 3, I (1948), pp. 81-93. A proposito del

contrasto tra il Muratori e il Maffei sulle origini del volgare italiano v. le puntuali

osservazioni di S. TIMPANARO, Carlo Cattaneo e Graziadio Ascoli, “Rivista storica

italiana”, LXXIII (1961), in part. pp. 745-747 e 751-752. 60 A. RONCAGLIA, Il Muratori e la “tesi araba” …, cit., pp. 99-112. 61 G.G. TROMBELLI, Memorie istoriche concernenti le due canoniche di S. Maria di Reno

e di S. Salvatore insieme unite, In Bologna, Per Girolamo Corciolani, ed eredi Colli a

S. Tommaso d’Aquino, 1752. A ricerche sulla vita canonicale fa cenno il Garampi in

una lettera al Lami, Roma 29 aprile 1752 (in BRFi, ms. Riccard. 3729). 62 Per l’edizione di Giordano da Rivalto cfr. “Novelle letterarie”, Firenze 1745, col. 466.

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interesse storico sull’autore del De imitatione Christi63. Colpiti in

breccia saranno la Legenda aurea di Jacopo da Varagine, il profetismo tardomedievale, come vedremo nell’opera del Lami, o il profetismo del

primo ’500, ricostruito dal Pecci con cura muratoriana attraverso la predicazione del senese Brandano64. Anche in questo settore di studi è

stato necessario che una diversa attenzione per i problemi religiosi, maturatasi e rafforzatasi in Italia in tempi a noi più vicini, potesse

modificare le prospettive d’indagine derivate dalla tradizione storico-erudita muratoriana, poi razionalistica e positivistica ed infine etico-

politica. In vario modo riprese e sviluppate le dissertazioni XLV-LI

riguardanti la storia comunale italiana e le origini delle Signorie cittadine: ovviamente in Toscana, percorsa ancora dal ricordo e dalla

presenza di antiche autonomie, attraverso le ricerche di Lorenzo Aulo Cecina sul Comune di Volterra, del Guazzesi sui primordi della vita

comunale a Cortona e sulle lotte tra Cortona ed Arezzo, del Pecci sul

Comune senese65. Espressione, queste indagini, di un fervore locale e provinciale che si oppone, sia pure come ideale ristretto, conservatore

ed aristocratico, alla politica accentratrice e livellatrice, fiorentina, della Reggenza lorenese, oppure, come nelle ricerche del Dal Borgo sulla

repubblica di Pisa66, nonostante l’orgoglio campanilistico, si arricchisce di qualche spunto nuovo confluendo negli orientamenti aperti dal

63 Cfr. “Novelle letterarie”, 1764, sotto la data di Brescia, coll. 165, 199, 237, 267. 64 Sulla Legenda aurea cfr. “Novelle letterarie”, 1749, sotto la data di Venezia, col.

728. Lo scritto del Pecci sul Brandano ebbe due edizioni: Vita di Bartolommeo da

Petrojo, chiamato dal volgo Brandano, ovvero Notizie istoriche raccolte … da fatti

apocrifi e favolosi del medesimo, In Siena, Per Franc. Quinza, ed Agostino Bindi,

1746; Notizie storico-critiche sulla vita e azioni di Bartolomeo da Petrojo, chiamato

Brandano, raccolte, ricorrette ed ampliate, In Lucca, Per Filippo Maria Benedini,

1763; nella seconda il giudizio sul Brandano è modificato in senso illuministico; cfr.

sul Brandano (con qualche riferimento alle ricerche del Pecci) G.P. TOGNETTI, Sul

“romito” e profeta Brandano da Petroio, “Rivista storica italiana”, LXXII (1960), pp.

20-44. 65 L.A. CECINA, Notizie istoriche della città di Volterra, alle quali si aggiunge la serie

de’ podestà e capitani del popolo di essa … Data in luce, illustrata con note ed

accresciuta di altre notizie istoriche del cavaliere Flaminio Dal Borgo, In Pisa, Per Gio.

Paolo Giovannelli, e compagni stampat. dell’Almo Studio Pisano, 1758; L. GUAZZESI,

Dell’antico dominio del vescovo di Arezzo in Cortona …, In Pisa, Per Gio. Paolo

Giovannelli, e compagni stampat. dell'almo studio pisano, 1760; G.A. PECCI, Memorie

storico-critiche della città di Siena, che servono alla vita civile di Pandolfo Petrucci …,

In Siena, Vincenzo Pazzini Carli, 1755-1760 (Siena, Nella stamperia di Agostino

Bindi), 4 voll. Su queste opere e sul carattere dell’erudizione toscana settecentesca v.

E.W. COCHRANE, Tradition and Enlightenment in the Tuscan Academies 1690-1800,

Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1961, pp. 157-205. 66 F. DAL BORGO, Dissertazioni sopra l’Istoria pisana, In Pisa, Per Gio. Paolo

Giovannelli, e compagni stampat. dell'almo studio pisano, 1761-1768, 2 voll. in 4

tomi, I, 1, contenente l’origine della decadenza della Repubblica, 1761; I, 2, 1768;

Raccolta di scelti diplomi pisani … per appendice dell’Istoria dell’origine della

decadenza, e per uso delle sue Dissertazioni sull’Istoria della repubblica pisana, In

Pisa, Appresso Giuseppe Pasqua, 1765.

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dispotismo illuminato67. Mentre dunque il Cecina non si solleva, dopo la

solenne dichiarazione muratoriana iniziale esaltante il “larghissimo campo” aperto alla “nobile erudizione dell’Istoria dei tempi bassi”68,

dalla storia istituzionale del regime podestarile volterrano, annalisticamente condotta in assoluta aderenza ai documenti, e il

Guazzesi compie opera di antiquario e di erudito, e il Pecci, narrando la “vita civile” di Pandolfo Petrucci, cioè le vicende senesi tra il 1480 e il

1559, pare superare la fase muratoriana che caratterizza le sue opere precedenti, ma per attingere la lezione dei grandi storici toscani

cinquecenteschi69, il Dal Borgo innesta su una concezione muratoriana del Medio evo e sullo scrupolo muratoriano della documentazione70

l’ostilità già illuministica, più che muratoriana, per “gli odi, i deliri, le smanie de’ contrari Partiti” dei Guelfi e dei Ghibellini71 e la

preoccupazione, derivata dal Montesquieu delle Considérations sur le causes de la grandeur des Romains et de leur décadence, per “l’origine

della decadenza della Repubblica”.

Sorprende la mancanza, allora e dopo, anche con gli storici dell’età leopoldina che ripercorrono la storia dello Stato non oltre l’età

medicea72, di un interesse preciso per il comune più importante, quello di Firenze, se si eccettuano le sporadiche ricerche del Lami73, qualche

indagine particolare in cui l’erudizione storica è sostegno di preoccupazioni riformatrici74, o la raccolta di cronache del padre

67 Cfr. DAL BORGO, Dissertazioni …, cit., I, 1, pp. XIV-XV della dedicatoria a Francesco

Stefano di Lorena; DAL BORGO, Dissertazioni …, cit., I, 2, p. X della dedicatoria a

Pietro Leopoldo, Pisa 1765. 68 L.A. CECINA, Notizie istoriche della città di Volterra …, cit., pp. VI-VII. 69 Oltre la citata Vita di Bartolommeo da Petrojo, la Storia del vescovado della città di

Siena, unita alla serie cronologica de’ suoi vescovi ed arcivescovi, estratta da scrittori

e antichi documenti in parte non più prodotti alla luce, In Lucca, Per Salvatore, e

Gian-Domenico Marescandoli, 1748. Sul passaggio dall’erudizione muratoriana alla

“storia civile” ispirata ai modelli machiavelliani ed anche guicciardiniani, cfr.

COCHRANE, Muratori: the Vocation …, cit., pp. 170-171 e M. ROSA, Dispotismo e libertà

nel Settecento. Interpretazioni “repubblicane” di Machiavelli, Bari, Dedalo, 1964

(Saggi; 3), part. pp. 27-33 e 75ss. 70 Ma sulle preoccupazioni campanilistiche di glorie cittadine e familiari ecc. che

inficiano talora le ricerche del Dal Borgo cfr. E. CRISTIANI, Osservazioni alla “Raccolta

di scelti diplomi pisani” di Flaminio Dal Borgo, “Bollettino storico pisano”, s. 3, XX-XXI

(1951-1952), pp. 72-83. 71 DAL BORGO, Dissertazioni …, cit., I, 1, p. 172. 72 Cfr. per questo momento della cultura toscana ROSA, Per la storia dell’erudizione

toscana del ’700 …, cit., pp. 79-81, e Dispotismo e libertà nel Settecento …, cit., part.

pp. 27-33 e 75ss. 73 Cfr. “Novelle letterarie”, 1747, coll. 1, 17, 33, 65, 81, 177, 209: Lettera contenente

alcune riflessioni sopra una breve Cronica fiorentina …; e “Novelle letterarie”, 1766,

coll. 545, 561, 577: Lettera da me scritta ad un amico sopra un punto di storia

fiorentina del duodecimo secolo. Alla storia del comune di Pisa il Lami dedicò invece

le Lettere VII su vari punti di storia toscana, “Novelle letterarie”, 1760, coll. 161,

177, 193, 209, 305, 321, 337, 353. 74 G. TARGIONI TOZZETTI, Del fiorino di sigillo, e delle riflessioni sulle cause

dell’accrescimento di valuta del fiorino d’oro della Repubblica fiorentina, “Memorie di

varia erudizione della Società Colombaria”, II, Livorno, 1752, pp. 127-204; [G.F.

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Ildefonso di San Luigi75, dove però il motivo ispiratore, rivolto al Medio

evo comunale toscano e non soltanto fiorentino, è piuttosto linguistico e letterario (come era stato per il Biscioni editore delle Istorie pistolesi

e per il Manni editore delle Cronichette antiche)76 che storico. Presente invece l’interesse per la storia comunale di Milano nelle ricerche del

Giulini77, ispirate dal Muratori e dalle suggestioni del riformismo asburgico, e soprattutto nell’opera “critico-diplomatica” del Fumagalli,

Le vicende di Milano durante la guerra con Federigo I imperadore, che prelude alle Antichità longobardico-milanesi78. Nelle Vicende, che

costituiscono la verifica di una tradizione erudita e il rilancio, sul piano critico-tecnico, degli studi medievistici79, come avviene quasi

contemporaneamente e più drammaticamente nell’ambito della cultura napoletana, di cui diremo, assistiamo alla parabola estrema della

fortuna delle Antiquitates muratoriane. La pur pregevole erudizione “fratesca”, anche perfezionando gli strumenti diplomatistici e

utilizzando nuovo materiale documentario (carte private di vendite,

livelli ecc., che acquistano piena cittadinanza nel settore degli studi di storia medievale) si mostra incapace d dare un’opera storica e si

disperde in una serie di note e di dissertazioni80. Non abbiamo in tutto

PAGNINI], Della decima e di varie altre gravezze imposte dal Comune di Firenze,

Lisbona, e Lucca [i.e. Firenze, Giuseppe Bouchard librajo in Firenze editore], 1765-

1766, 4 voll.; V. FINESCHI, Istoria compendiata di alcune antiche carestie e dovizie di

grano occorse in Firenze, cavata da un diario ms. in cartapecora del sec. XIV, In

Firenze, Nella stamperia di Pietro Gaetano Viviani, 1767. Sul Targioni Tozzetti, v.

VENTURI, Settecento riformatore …, I. Da Muratori a Beccaria, cit., part. pp. 337-343;

sul Pagnini, ibid., part. pp. 479-483. 75 Delizie degli eruditi toscani, Firenze, Nella Stamp. di S.A.R. per Gaet. Cambiagi,

1770-1789, 24 voll. e 1 di Indice. 76 A.M. BISCIONI, Istorie pistolesi ovvero delle cose avvenute in Toscana dall’anno

MCCC al MCCCXLVIII, e Diario del Monaldi, In Firenze, Nella stamperia di sua altezza

reale; Per Gio. Gaetano Tartini, e Santi Franchi, 1733; D.M. MANNI, Cronichette

antiche di varj scrittori del buon secolo della lingua toscana, In Firenze, Appresso

Domenico Maria Manni, 1773. 77 G. GIULINI, Memorie spettanti alla storia, al governo ed alla descrizione della città e

della campagna di Milano ne’ secoli bassi …, In Milano, Nella stamperia di

Giambattista Bianchi, 1760-[1771], 12 voll. La Raccolta di notizie intorno a Chiese, a

monasteri e ad altri benefici ecclesiastici nello stato di Milano fondati o ristorati dai

sovrani del medesimo, e il Delle antiche mura di Milano furono edito soltanto Nel

secondo centenario della nascita del conte Giorgio Giulini, istoriografo milanese, I-II,

a cura del Comune di Milano, [Milano], s.n., 1916. 78 [A. FUMAGALLI], Le vicende di Milano durante la guerra con Federigo I imperadore

illustrate colle pergamente di que’ tempi e con note. Aggiuntavi la topografia antica

della stessa città. Opera critico-diplomatica per servir di saggio d’altra maggiore che

da’ monaci cisterciesi [sic] si sta disponendo, In Milano, Nell’Imperial Monistero di s.

Ambrogio Maggiore per Antonio Agnelli, 1778; [A. FUMAGALLI], Delle antichità

longobardico-milanesi, illustrate con dissertazioni dai monaci della Congregazione

cisterciese di Lombardia …, Milano, Nell'Imperial Monistero di s. Ambrogio Maggiore,

1792-1793, 4 voll. 79 Cfr. N. BARONE, Angelo Fumagalli e la cultura paleografica e diplomatica dei suoi

tempi in Italia, “Atti della Accademia Pontaniana”, XXVI (1906), mem. 2, pp. 1-23. 80 Cfr. ne Le vicende di Milano …, cit. le diverse “Note ragionate”: Nota III, pp. 161-

171, Sopra l’antico Brolo di questa città; Nota V, pp. 177-183, Sopra i campi e le

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il ’700 quella storia comunale lombarda e dei comuni italiani,

zampillante dal “fecondo terreno muratoriano” vagheggiata dal Paradisi su cui ha richiamato la nostra attenzione Venturi81.

Altri tentativi e abbozzi di storia comunale e signorile italiana vengono compiuti in altre direzioni, dal Piemonte aleramico con i

Monumenta Aquensia del Moriondo82 al regime podestarile padovano del Trecento con le Notizie de’ cavalieri Alteniero e Jacopo degli Azzoni

trivigiani di Rambaldo Avogaro degli Azzoni83, alla storia dei Comuni dell’Italia centro-settentrionale con la Storia della Marca Trivigiana e

Veronese di Giambattista Verci, la Istoria de’ cavalieri gaudenti di Domenico Maria Federici84 e gli Annali bolognesi del conte Lodovico

Savioli, il fine poeta degli Amori85. Esempi, tali indagini dell’Avogaro, del Verci e del Savioli, e in certa misura quella, più legata a polemiche

ecclesiastiche, del domenicano Federici, di quel patriottismo provinciale o cittadino e di quelle forze centrifughe ormai evidenti al tramonto

della Serenissima e nella crisi politica dello Stato pontificio. Nulla di

paragonabile però al fervore di studi comunali e alle edizioni di fonti e statuti che, in mutato clima storico, caratterizzano l’ultimo ventennio

dell’'800 e i primi decenni del secolo successivo86. Al centro dell’erudizione medievistica itaiana della seconda metà

del ’700 sono da un lato soprattutto le dissertazioni “tecniche” delle diete di Roncaglia; nota VII, pp. 187-195, Difesa del sistema politico praticato nelle

città italiche e specialmente in Milano nel sec. XII; Nota IX, pp. 200-206, Sopra il

Carroccio; ecc. 81 F. VENTURI, Ritratto di Agostino Paradisi, “Rivista storica italiana”, LXXIV (1962), pp.

724-725. 82 G.B. MORIONDO, Monumenta Aquensia … Adiectae sunt plures Alexandrinae ac

finitimarum Pedemontanae ditionis provinciarum chartae et chronicae …, Taurini, Ex

Typographia Regia, 1789-1790, 2 voll. 83 R. AVOGARO DEGLI AZZONI, Notizie de’ cavalieri Alteniero e Jacopo degli Azzoni

trivigiani, “Nuova raccolta d’opuscoli scientifici e filosofici”, [di A. Calogerà-F.

Mandelli], XXXI, In Venezia, Presso Simone Occhi, 1777. Sulla sparsa attività di

questo erudito locale v. la voce di L. Moretti in Dizionario biografico degli Italiani, IV,

Roma, Treccani, 1962, pp. 711-712. [Poi la lettera a lui diretta da Muratori nel vol. 2

dell’Edizione nazionale, Carteggi con Amenta …. Azzi, a c. di M. G. Di Campli e C.

Forlani, Firenze, Olschki, 1995, pp. 431-434, Avogaro degli Azzoni, NdR]. 84 G.B. VERCI, Storia della Marca Trivigiana e Veronese, In Venezia, Presso Giacomo

Storti, 1786-1791, 19 voll. e 1 di Indice; D.M. FEDERICI, Istoria de’ cavalieri gaudenti

…, In Vinegia, Nella Stamperia Coleti, 1787, 2 voll. L’opera scaturì da una polemica

del Federici; cfr. Istoria …, cit., I, pp. XI-XII. Si v. del Federici le Osservazioni storico-

critiche ossia Emendazioni … alla Lettera … intorno all’Ordine cavalleresco de’ Frati

gaudenti …, “Nuova raccolta d’opuscoli scientifici e filosofici”, [di A. Calogerà-F.

Mandelli], XXXIX, In Venezia, Presso Simone Occhi, 1784, e la Difesa di Carlo Sigonio

contro delle accuse del sig. marchese D.A.L. di Milano intorno all’Ordine cavalleresco

de’ Frati gaudenti …, “Nuova raccolta …”, XL, Venezia 1784, e le risposte dell’anonimo

negli stessi voll. XXXIX e XL della “Nuova raccolta …”. 85 L. SAVIOLI, Annali bolognesi, Bassano, s.n., 1784-1795, 3 voll. in 6 tomi. 86 G. FALCO, L’attività italiana sulle fonti medievali nell’ultimo settantennio, in La

pubblicazione delle Fonti del Medioevo europeo negli ultimi 70 anni (1883-1953).

Relazioni al Convegno di studi delle Fonti del Medioevo europeo in occasione del 70°

della fondazione dell’Istituto Storico Italiano, Roma, Istituto storico italiano per il

medio evo, 1954, pp. 11-25.

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Antiquitates, la XXXIV De diplomatis, la XXXV De Sigillis, la XXVII De

moneta sive jure condendi nummos, la XXVIII De diversis pecuniae generibus quae apud veteres in usu fuere, e dall’altro quelle

riguardanti la storia ecclesiastica dell’età di mezzo, la LVIII De Christianorum veneratione erga sanctos, che adombra il problema della

“regolata devozione”, la LIX De superstitionum semine in obscuris Italiae saeculis, sulla sopravvivenza di culti e feste pagane nell’alveo

delle tradizioni popolari e del culto cristiano, o le dissertazioni LXV-LXXIII sulle istituzioni ecclesiastiche, diocesi e monasteri, proprietà,

immunità e privilegi del clero, per le quali la tematica muratoriana viene assorbita nelle scottanti discussioni sollevate dal riformismo

illuministico. Esito comprensibile dell’eredità muratoriana, ove si consideri l’attenuarsi dell’interesse per l’età medievale nel suo

complesso,come si è accennato, e l’accentuarsi dello studio delle antichità romane, dopo le scoperte di Pompei e di Ercolano, o

preromane87, o la “conversione” dallo studio dell’antichità classica non

più, come era avvenuto per il Muratori, verso il medio evo, ma verso altri orizzonti aperti alla curiosità illuministica88. Rimanevano dunque le

due possibilità di cui si è detto: un affinamento “tecnico” sul piano locale e regionale, e uno scavo più vasto di nuovo materiale sulla base

di talune dissertazioni muratoriane; o una prosecuzione dei temi del riformismo devozionale del Muratori sino ad investire le stesse

istituzioni ecclesiastiche. Alla sfragistica si dedicarono Girolamo Francesco Zanetti, il

Garampi e soprattutto quell’infaticabile e poliforme erudito che fu

87 Si v. in generale, su questi problemi, A. MOMIGLIANO, Ancient History and the

Antiquarian, in Contributo alla storia degli studi classici, Roma, Edizioni di storia e

letteratura, 1955 (Storia e letteratura; 47), pp. 67-106. 88 Una bella testimonianza in questo senso è data da una lettera di Isidoro Bianchi a

Giovanni Cristofano Amaduzzi (v. Biblioteca comunale di Savignano sul Rubicone,

Carteggio Amaduzzi, vol. 7, part. II, cc.n.n., I. Bianchi all’A., Copenhagen 5 dicembre

1775): “Mi rallegro del vostro ritorno costì e de’ viaggi eruditi, che secondo il vostro

solito avete intrapresi nello scorso autunno. Voi mi parlate di antichità greche e

romane, che pure una volta, come sapete, furono la mia delizia. Ma qui io mi veggo

aperto un altro teatro. Gli antichi popoli del Settentrione, le lor gesta ed i loro

costumi debbono interessare tutti i filosofi. Io non mi sazio mai di considerar qui i

monumenti runici. Sì, esistono ancora gran sassi e gran pietre sulle quali sono

marcate le azioni illustri degli antichi eroi del Nord, che un tempo si resero formidabili

in Europa. Le inscrizioni non sono incise, ma scritte con un certo inchiostro indelebile

di pece, col sangue di balena e con altri liquidi, dei quali gli antichi scaldri hanno fatto

uso. Non furono i scaldri che poeti, come sapete, molto stimati dagli antichi re

settentrionali. Qui si veggono ancor gli avanzi superbi de’ Cimbri e de’ Goti, e trovo

che Tacito, parlando degli antichi valorosi Germani, ha inteso parlare ancora di questi

popoli. L’Islanda è l’emporio de’ monumenti. Nell’Edda si ha la storia degli Idoli

danesi. La lor mitologia però pagana e poetica si ricava da mille altre memorie. Il

culto del Toro cimbrico passò dal Polo sino al Mezzogiorno. Non sono stati i Romani

soli che si sono compiaciuti d’una moltiplicità di Dei. Qui ebbero le lor feste

particolari, ed i loro giuochi. Famosa fu qui la festa detta Juel, festa di giubilo

universale, che si celebrò nel mese di febbraio. I Dei Romani non passarono l’Elba, ed

il Baltico non vide mai una poppa romana. Ecco dunque nuovi oggetti per un

antiquario che voglia conoscere sotto i differenti climi il cuore e lo spirito dell’uomo”.

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Domenico Maria Manni. La breve dissertazione XXXV muratoriana si

diffonde ad opera sua nei trenta volumi delle Osservazioni istoriche … sopra i sigilli antichi de’ secoli bassi, la cui stampa copre tutta la

seconda metà del secolo, dagli anni del Muratori alle soglie della Rivoluzione89. Alla diplomatica veneziana, in particolare, si volgerà

Girolamo Francesco Zanetti; a quella pontificia Gaetano Marini, col quale però siamo oltre la lezione muratoriana90. Ma specialmente la

dissertazione De moneta conobbe un successo grandissimo. Una fioritura eccezionale caratterizza il settore degli studi numismatici in

tutta la seconda metà del ’700, sia ispirata direttamente dalla dissertazione muratoriana sia dovuta, come nel Carli, che pure utilizza

il Muratori per la parte storica della sua opera, ai problemi sollevati in campo monetario e finanziario dall’incipiente riformismo91. In questo

che potremmo scherzosamente definire un tintinnar di zecche, come mai s’era udito prima di allora in Italia, giocavano componenti diverse:

in molti storici locali, l’amore del natio loco, volto alla ricerca della

priorità di fondazione della zecca a conferma della raggiunta autonomia cittadina; negli spiriti più aperti al dibattito dei Lumi, quel “disordine

monetario” così sentito durante la seconda metà del secolo nei diversi Stati italiani; nei veri e propri eruditi, piuttosto l’importanza attribuita

al “simbolo figurato”, alla moneta come concreto “monumento” dell’antichità medievale preferito dal contemporaneo gusto antiquario

esaltante l’evidenza non letteraria, e ritenuto insostituibile in mancanza di fonti letterarie e documentarie o nella scarsa utilizzazione di altri

elementi ricavati dall’iconografia e dalle arti minori dell’età di mezzo92.

89 G.F. ZANETTI, Sigillum aereum Alesinae e marchionibus Montisferrati … nunc

primum protulit notisque inlustravit, Venetiis, Excudebat Antonius De Castro, 1751;

G. GARAMPI, Illustrazione di un antico sigillo della Garfagnana, In Roma, Per Niccolò, e

Marco Pagliarini, 1759; D.M. MANNI, Osservazioni istoriche … sopra i sigilli antichi de’

secoli bassi, In Firenze, Nella stamperia d'Anton-Maria Albizzini, 1739-1786, 30 voll.

Sulla svariatissima attività del Manni, di cui diremo ancora, cfr. G.B. TOMITANO, Elogio

di D.M. Manni fiorentino col catalogo delle sue opere, [Venezia, Antonio Zatta e figli],

1789. 90 G.F. ZANETTI, Osservazioni intorno ad un papiro di Ravenna ed ad alcune

antichissime pergamene viniziane ora per la prima volta pubblicate, In Venezia,

Appresso Gasparo Girardi, 1751; G. MARINI, I papiri diplomatici, raccolti ed illustrati

…, In Roma, Nella Stamperia della Sac. Congr. de Prop. Fide, 1805. 91 G.R. CARLI, Dell’origine e del commercio della moneta e dell’instituzione delle

zecche d’Italia dalla decadenza dell’Impero sino al secolo decimosettimo, All’Haja

[i.e. Venezia] 1751; ID., Delle monete e dell’instituzione delle zecche d’Italia …,

All’Haja [i.e. Venezia] 1754-1760, 4 voll. Per l’utilizzazione, da parte del Carli, delle

ricerche muratoriane, cfr. CARLI, Delle monete …, cit., I, pp. 85-451. Sul Carli e sulla

sua opera, cfr. VENTURI, Settecento riformatore …, I. Da Muratori a Beccaria, cit., pp.

456-463; per il “dibattito sulle monete”, ivi, pp. 443-522. 92 Sulla particolare fortuna degli studi numismatici nell’ambito dell’erudizione sei-

settecentesca cfr. MOMIGLIANO, Ancient History and the Antiquarian …, cit., pp. 84-86.

Per l’utilizzazione dei “monumenta” numismatici nell’indagine storica medievistica cfr.

lo scritto del Garampi, De nummo argenteo citato oltre, e l’opera di G. ACAMI,

Dell’origine ed antichità della Zecca pontificia ove con autentici monumenti, e con

nuove osservazioni si conferma l’antichissimo temporale dominio e la sovranità della

Santa Sede ne’ propri Stati …, In Roma, A spese di Venanzio Monaldini …, nella

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Così, l’Abbati Olivieri illustra le monete medievali pesaresi; Rinaldo

Reposati quelle eugubine; Vincenzo Bellini quelle ferraresi; Girolamo Francesco Zanetti quelle veneziane; Francesco Gaetano Battaglini e

Guid’Antonio Zanetti quelle riminesi; il Venuti e il Garampi quelle pontificie; il Targioni Tozzetti il fiorino fiorentino93. Innumerevoli scritti,

note, dissertazioni, spesso di piccola mole, che presto apparve necessario raccogliere in forma unitaria: nelle De monetis Italiae

variorum illustrium virorum dissertationes del muratoriano Argelati, edite dalla stessa tipografia Palatina che aveva stampati i Rerum, e

nella Nuova raccolta delle monete e zecche d’Italia di Guid’Antonio Zanetti94.

L’altra risultanza dell’insegnamento muratoriano riguarda problemi di devozione e di culto, inseriti in un contesto di revisione e di

critica nei settori dell’agiografia e della storia ecclesiastica. La dissertazione LVIII delle Antiquitates, ma anche le enunciazioni

teoriche del De ingeniorum moderatione, del De superstitione vitanda

ecc., sono documenti fondamentali per i muratoriani, specialmente nel decennio 1740-50: si pensi al Lami e alle sue Novelle letterarie o

all’attività meno scopertamente polemica, ma esemplare, di un altro amico e corrispondente del Muratori, il bolognese Trombelli che

stamperia di Angelo Rotilj, e Filippo Bacchelli nel Palazzo de’ Massimi, 1752. 93 A. DEGLI ABBATI OLIVIERI GIORDANI, Della Zecca di Pesaro e delle monete pesaresi dei

secoli bassi, In Bologna, Per Lelio dalla Volpe impressore dell'Istituto delle scienze,

1773 (cfr. per gli studi numismatici dell’A. la voce di I. Zicari in Dizionario biografico

degli Italiani, I, Roma 1960, pp. 32-35); R. REPOSATI, Della zecca di Gubbio e delle

geste de’ conti e duchi di Urbino …, In Bologna, Per Lelio dalla Volpe impressore

dell'Instituto delle Scienze, 1772-1773, 2 voll.; V. BELLINI, Dell’antica lira ferrarese di

marchesini detta volgarmente marchesana …, In Ferrara, Presso Bernardino Pomatelli

stampatore arcivescovile, 1754, e ID., Delle monete di Ferrara …, In Ferrara, Per

Giuseppe Rinaldi, 1761; G.F. ZANETTI, Dell’origine e della antichità della moneta

veneziana. Ragionamento, In Venezia, Nella stamperia Albrizzi, 1750; F.G. Battaglini,

Memorie istoriche di Rimino e de’ suoi signori, artatamente scritte ad illustrare la

zecca e la moneta riminese …, pubblicate e corredate di note da Guid’Ant. Zanetti, In

Bologna, Nella stamperia di Lelio della Volpe, 1789; R. VENUTI, Numismata

Romanorum Pontificum praestantiora a Martino V …, Romae, Ex typographia Jo.

Baptistæ Bernabo, & Josephi Lazzarini, 1744; G. GARAMPI, De nummo argenteo

Benedicti III … dissertatio, in qua plura ad pontificiam historiam illustrandam, et

Joannae papissae fabulam refellendam proferuntur. Accedunt nummi aliquot

Romanorum pontificum …, Romae, Excudebat Nicolaus et Marcus Palearini typographi

et bibliopolae Romani, 1749 (su quest’opera e sull’attività erudita “muratoriana” del

giovanissimo Garampi dà un eccellente profilo A. PETRUCCI, Una “vendemia letteraria”

del Garampi ventiquattrenne, “Annali della Scuola speciale per archivisti e bibliotecari

dell’Università di Roma”, II, 1962, pp. 97-117). Sull’opera del Targioni Tozzetti v.

l’indicazione a n. 74. Queste e altre opere colmano nel corso della seconda metà

del ’700 le lacune lamentate sul piano della “storia monetaria” locale dal CARLI, Delle

monete …, cit., I, p. IX della Introduzione. 94 F. ARGELATI, De monetis Italiae variorum illustrium virorum dissertationes,

Mediolani, Prostant in Regia Curia in Aedibus Palatinis, 1750-1759, 6 voll.; G.A.

ZANETTI, Nuova raccolta delle monete e zecche d’Italia, In Bologna, Per Lelio dalla

Volpe impressore dell'Istituto delle Scienze, 1775-1789, 5 voll. Sulla raccolta

dell’Argelati, VENTURI, Settecento riformatore …, I. Da Muratori a Beccaria, cit., pp.

463-469.

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sviluppa le posizioni muratoriane in un gruppo di opere, dove la

coerenza di una ricerca dalle origini cristiane al tardo medio evo o agli inizi dell’età moderna e l’interesse agiografico danno persuasivamente

la mano alla critica erudita95. I frutti migliori però, in questo campo, sono offerti dalle opere del Garampi sulla beata Chiara da Rimini e dal

Paciaudi sul culto di san Giovanni Battista che tocca, muratorianamente, oltre gli aspetti liturgici, quelli delle tradizioni

popolari96. Leggende, forme di pietà e tradizioni popolari, dunque, credenze

popolari nella magia e nella stregoneria, espressioni di pietà individuale, come le visioni e le apparizioni, contro cui urtava

l’aspirazione muratoriana ad una pietà illuminata, vengono indagate e ridiscusse: dalle pacifiche e accademiche letture del Manni97 a battaglie

in cui l’erudizione si piega a vantaggio di nuovi contenuti ideali. Il problema delle visioni individuali variamente affrontato dal Muratori98

diviene questione europea con le polemiche sulle rivelazioni della

mistica spagnola suor Maria d’Ágreda99; la magia e la stregoneria sono

95 G.G. TROMBELLI, De cultu sanctorum dissertationes decem, quibus accessit

appendix de Cruce …, Bononiae, Ex Typographia Laurentii Martelli, 1740-1743, 2 voll.

in 5 tomi; ID., Mariae sanctissimae vita ac gesta cultusque illi adhibitus per

dissertationes descripta …, Bononiae, Typis Laelii a Vulpe Instituti scientiarum

typographi, 1761-1765, 6 voll.; G.A. FIORAVANTI, Translatio almae domus Lauretanae

cum tabulis, pervetustis monumentis ac notis …, Maceratae, Typis Aloysii Chiappini,

et Antonii Cortesi, 1783; ma ancora G.G. TROMBELLI, Vita e culto di S. Giuseppe, In

Bologna, Nella stamperia del Longhi, 1767; ID., Vita e culto dei SS. genitori di Maria

Vergine Gioachino ed Anna, In Bologna, A S. Tommaso d’Aquino, 1768, ecc. 96 G. GARAMPI, Memorie ecclesiastiche appartenenti all’istoria e al culto della beata

Chiara di Rimini …, In Roma, Appresso Niccolò, e Marco Pagliarini, 1755; P.M.

PACIAUDI, De cultu S. Johannis Baptistae antiquitates christianae; accedit in veterem

eiusdem ordinis [hierosolymitani] liturgiam commentarius, Romae, Excudebant

fratres Palearini ad theatrum Pompeii, 1755 (sull’interesse storico del Paciaudi per le

tradizioni popolari collegate al culto di s. Giovanni Battista v. cenni in V. LANTERNARI,

La politica culturale della Chiesa nelle campagne: la festa di S. Giovanni, “Società”,

XI, 1955, pp. 67, nn. 12 e 13, 68, n. 15, 71, n. 25, 72 e passim). 97 [D.M. MANNI], Il maggio, ragionamento istorico di Tubalco Panichio, In Firenze,

Nella stamperia di Gio. Battista Stecchi, 1746; ID., Istorica notizia dell’origine e del

significato delle befane …, In Lucca, Nella stamperia di Jacopo Giusti, 1766. 98 Cfr. De ingeniorum moderatione in religionis negotio …, Lutetiae Parisiorum, Apud

Carolum Robustel, via Iacobaea, ad insigne arboris palmae, 1714, pp. 140-141; Della

forza della fantasia umana, Bologna, Presso Riccardo Masi nella stamperia di S.

Tommaso d’Aquino da S. Domenico, 1830, pp. 157, 160, 163; lettera ad A.G.

Chiappini del novembre 1747, sulle pretese rivelazioni di suor Maria d’Ágreda, cfr.

Epist. XI, 5496. [Indi il vol. 14 dell’Edizione nazionale, Carteggio con Alessandro

Chiappini, a c. di P. Castignoli, Firenze, Olschki, 1975, p. 369, e ad indicem per le

numerose altre menzioni della questione: NdR]. 99 Una nutrita serie di opere è dedicata alla questione dal p. Eusebio Amort dei

canonici regolari lateranensi: De revelationibus, visionibus et apparitionibus privatis

Regulae tutae, Augustae Vindelicorum, Sumptibus Martini Veith bibliopolae, 1744, e

Venetiis, Apud Joannem Tyberninum sub signo providentiae, 1750; ID., Controversia

de revelationibus Agredanis explicata …, Augustae Vind. & Herbipoli, Sumptibus

Martini Veith bibliopolae, 1749; ID., Nova demonstratio de falsitate revelationum

Agredanarum cum parallelo inter pseudo-evangelia et easdem revelationes …,

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al centro della polemica, tutt’altro che trascurabile quale episodio

culturale, tra il Tartarotti e il Maffei100; le apparizioni e le forze demoniache sono l’argomento dibattuto dal benedettino lorenese

Calmet e dal letterato trentino Baroni Cavalcabò101. Discussioni in parte rimaste limitate all’ambito ecclesiastico, come quelle sulle rivelazioni

individuali o sulle leggende agiografiche particolarmente vive durante il pontificato di Benedetto XIV, quando questi fermenti europei e la

stessa corrente muratoriana giunsero a farsi sentire nel centro del cattolicesimo102; in parte trasferite dalla critica erudita a quella

illuministica (un ponte di passaggio è rappresentato dalle polemiche sulla magia e stregoneria), mentre si fa strada un interesse per le

tradizioni popolari, non ancora intese come disciplina autonoma, ma legate appunto alle particolari polemiche di questa fase intermedia tra

razionalismo e illuminismo, cui l’Europa colta guardava affascinata103. Se questa stagione ancora profondamente muratoriana

dell’erudizione doveva essere sopraffatta di lì a poco dal dispiegarsi dei

Lumi, anche le indagini rivolte alla storia ecclesiastica e in specie monastica (ispirate dalle dissertazioni LXV-LXXIII delle Antiquitates)

dovevano sempre più assumere, procedendo verso lo scorcio del ’700,

Augustae & Herbipoli, Apud Martinum Veith bibliopolam, 1751. [Il consenso gli venne

anche da Muratori, come appare dal carteggio pubblicato nel vol. 2 dell’Edizione

nazionale, Carteggi con Amenta …. Azzi, a c. di M. G. Di Campli e C. Forlani, Firenze,

Olschki, 1995, pp. 61-65; NdR]. 100 G. TARTAROTTI, Del congresso notturno delle Lammie, libri tre …, In Rovereto, A

spese di Giambatista Pasquali, 1749; Apologia del congresso notturno delle Lammie o

sia risposta di Gir. Tartarotti all’arte magica del march. Scipione Maffei …, In Venezia,

Presso Simone Occhi, 1751. Per le ripercussioni della polemica negli ambienti

muratoriani, cfr. E. BENVENUTI, Giovanni Lami e i letterati trentini nel sec. XVIII, “Atti

della I.R. Accademia Roveretana degli Agiati”, s. 4, II (1913), in part. pp. 279-286.

Sul significato europeo della polemica, cfr. VENTURI, Settecento riformatore …, I. Da

Muratori a Beccaria, cit., pp. 355-399. 101 A. CALMET, Dissertations sur les apparitions des anges, des démons et des esprits,

et sur les revenants et vampires de Hongrie, de Bohême, de Moravie et de Silésie …,

A Paris, Chez De Bure l’ainé, quai des Augustins à l’image de S. Paul, 1746; ID.,

Traité sur les apparitions des esprits … Nouvelle édition … avec une lettre de M. le

marquis de Maffei sur la magie, Paris, Chez Debure l’ainé, quai des Augustins, à

l’image S. Paul, 1751, 2 voll.; C. BARONI CAVALCABÒ, L’impotenza del demonio di

trasportare a talento per l’aria da un luogo all’altro i corpi umani …, In Rovereto, Per

il Marchesani, 1753. Ma il Baroni fu il primo a studiare le tradizioni della Val Lagarina:

Idea della storia e delle consuetudini antiche della Valle Lagarina, ed in particolare

del Roveretano, di un socio dell’Imp. Reg. Accad. degli Agiati, [Trento?, s.n., 1776?].

Sul Baroni, la sua varia attività, i suoi rapporti con il Lami, Tartarotti, Pilati, cfr.

BENVENUTI, Giovanni Lami e i letterati trentini …, cit., pp. 287-291. Ancora utile però

C. DE’ ROSMINI, Memorie intorno alla vita e agli scritti di Clemente Baroni Cavalcabò,

Rovereto, Da Luigi Marchesani stamp. imp. reg., 1798. 102 F. CALLAEY, La critique historique et le courant pro-janséniste à Rome au XVIIIe

siècle, in Nuove ricerche storiche sul giansenismo, “Analecta Gregoriana”, LXXI

(1954), pp. 185-194; E.W. COCHRANE, Giovanni Lami e la storia ecclesiastica ai tempi

di Benedetto XIV, “Archivio storico italiano”, CXXIII (1965), pp. 48-73. 103 Sul primo interesse per le tradizioni popolari legato a questo clima culturale v. G.

COCCHIARA, Storia degli studi delle tradizioni popolari in Italia, Palermo, Palumbo,

1947, pp. 31-41.

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un significato lontano dall’opera e dagli ideali del Muratori. Nascono in

Italia le prime raccolte di documenti riguardanti gli Ordini religiosi: e saranno gli Annales Ordinis Praedicatorum del domenicano Mamachi o i

più muratoriani Annales Camaldulenses dei padri Mittarelli e Costadoni o i “monumenta” degli Umiliati raccolti dal Tiraboschi o il Bullarium

Franciscanum dello Sbaraglia104. Il metodo e la tecnica sono muratoriani, e il linguaggio è comune, ma del Medio evo, come inteso

dal Muratori, non rimane che la forma esterna: la storia viene colta settorialmente, episodicamente, all’interno di una istituzione. E difesa

di istituzioni suonano le diverse storie di celebri abbazie o monasteri, in specie benedettini, che di là dalle Antiquitates paiono riallacciarsi al

Bacchini della Istoria del monastero di Polirone105. Se più legate al clima muratoriano erano state le ricerche del Gattola su Montecassino

e dell’Affarosi sul monastero di San Prospero di Reggio, provocate per lo più da problemi giurisdizionali e dalle discussioni sui diritti temporali

degli enti ecclesiastici sono le indagini dello Zaccaria sull’Abbazia di

Leno, del Federici su Pomposa, del Tiraboschi su Nonantola106.

L’erudizione muratoriana in Toscana: la fine di un equilibrio

Gioverà ora, dopo questo excursus parziale e inevitablmente

frettoloso sulla fortuna dell’opera muratoriana, puntualizzarne alcuni particolari momenti sul piano regionale. E inizieremo dalla più

muratoriana delle regioni italiane, la Toscana, e da un erudito, il Lami, nel quale paiono emblematicamente riassumersi le vicende

dell’erudizione storica italiana intorno alla metà del ’700.

104 T.M. MAMACHI, Annalium Ordinis Praedicatorum volumen primum …, Romae, Ex

Typographia Palladis, Excudebant Nicolaus, et Marcus Palearini, 1756; Annales

Camaldulenses Ordinis Sancti Benedicti, quibus plura interseruntur tum ceteras

italico-monasticas res, tum historiam ecclesiasticam remque diplomaticam illustrantia

D. Johanne-Benedicto Mittarelli et D. Anselmo Costadoni … auctoribus … Ad finem

monumentorum et veterum chartarum quae appendicem constituunt, Venetiis, Aere

Monasterii Sancti Michaelis de Muriano, prostant apud Jo. Baptistam Pasquali, 1755-

1773, 9 voll.; G. TIRABOSCHI, Vetera Humiliatorum monumenta annotationibus ac

dissertationibus prodromis illustrata, quibus multa sacrae, civilis, ac literariae medii

aevi historiae capita explicantur …, Mediolani, Excudebat Joseph Galeatius regius

typographus, 1766-1768, 3 voll.; G.G. SBARAGLIA, Bullarium Franciscanum, Romae,

Typis Sacrae Congregationis de Propaganda Fide, 1759-1765, 3 voll. 105 B. BACCHINI, Dell’istoria del monastero di S. Benedetto di Polirone nello stato di

Mantova, In Modona, Per il Capponi, e gli EE. del Pontiroli stamp. vesc., 1696. 106 E. GATTOLA, Historia abbatiae Cassinensis per saeculorum seriem distributa …,

Venetiis, Apud Sebastianum Coleti, 1733, e Ad Historiam Abbatiae Cassinensis

accessiones, Venetiis, Apud Sebastianum Coleti, 1734; C. AFFAROSI, Memorie istoriche

del monastero di S. Prospero di Reggio, In Padova, Per Gio. Battista Conzatti, 1733-

1746, 3 voll.; F.A. ZACCARIA, Dell’antichissima badia di Leno, Venezia, Per Pietro

Marcuzzi, 1767; P. FEDERICI, Rerum Pomposianarum Historia, Romae, Apud Antonium

Fulgonium, 1781; G. TIRABOSCHI, Storia dell’augusta badia di S. Silvestro di

Nonantola, aggiuntovi il codice diplomatico della medesima illustrato con note …, In

Modena, Presso la Società Tipografica, 1784-1785, 2 voll.

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Dell’erudizione toscana settecentesca ha discusso con ampiezza e

novità di risultati Eric W. Cochrane107: basterà perciò ricordare qui come la fortuna del Muratori abbia trovato la sua ragion d’essere e un

terreno fecondo d’inserimento nella tradizione maurina, scaturita dai viaggi e dalla corrispondenza mabilloniani108, nelle prime polemiche del

Capassi109, nella collaborazione e nei rapporti con il Muratori del Magliabechi, del Benvoglienti, del Salvini o del Marmi, di cui resta,

preziosa testimonianza, il carteggio muratoriano. Il superamento della vecchia erudizione, l’impulso dato agli studi storici dall’indagine

muratoriana sono riflessi non solo nel fervore degli studi locali di cui si è parlato, ma in quel nuovo scrupolo di ricerca e di documentazione

che induce a pubblicare o a ripubblicare vecchie opere arricchite di note e di materiale ricavato spesso dalle raccolte muratoriane: come

accade per le già ricordate Notizie istoriche della città di Volterra del Cecina edite dal Dal Borgo, o per la Serie … degli antichi duchi e

marchesi di Toscana di Cosimo della Rena ripresa e proseguita dal

Camici o per le settecentesche Memorie della gran contessa Matilda del Fiorentini riedite criticamente dal Mansi110.

Riassume e conclude le ansie di riforma etico-religiosa e il metodo e il gusto storico-erudito del Muratori, il Lami. Le sue Deliciae

eruditorum dalla storia ecclesiastica bizantina, con cui si era aperto il primo volume del 1736111, si volgono, negli anni ’40, a continuare i

Rerum secondo un piano progettato con il Mecatti112 e mirante a dare inizialmente l’edizione del Chronicon di Leone d’Orvieto e delle

Historiae utriusque Siciliae di Lorenzo Bonincontri113. Di lì a poco l’iniziativa s’interrompe, molto probabilmente per le vicende

massoniche del Mecatti; ma la presenza, nei volumi già pubblicati, di

107 E.W. COCHRANE, Tradition and Enlightenment …, cit., pp. 157-205. 108 H LECLERCQ, Mabillon, I, 1953, in part. pp. 419ss. 109 A.M. DAL PINO, Il padre Gerardo Capassi (1653-1737) e la sua corrispondenza con

Schelstrate, i Bollandisti e i Maurini, “Studi storici dell’Ordine dei Servi di Maria”, VII

(1955-56), pp. 75-126. 110 C. DELLA RENA, Della serie degli antichi duchi e marchesi di Toscana … parte prima,

In Firenze, Per i successori di Niccolò Cocchini, 1690, la seconda parte e i

Supplementi d’istorie toscane furono editi da I. Camici, In Firenze, Nella Stamperia

Albizziniana all’ins. del Sole, 1764-1784, 15 voll. in 5 parti; F.M. FIORENTINI, Memorie

della gran contessa Matilda restituita alla patria lucchese …, 2. ediz. illustrata con

note critiche e con l’aggiunta di molti documenti appartenenti a Matilda e alla di lei

casa da G.D. Mansi, In Lucca, Nella Stamperia di Vincenzo Giuntini …, 1756. 111 Deliciae Eruditorum seu veterum ᾿Aνεκδότων opuscolorum collectanea Jo. Lamius

collegit …, Florentiae, Ex typographio Petr.-Caiet. Vivianii ad insigne D. Thomae

Aquinatis, 1736-1789, 18 voll., I, 1736. 112 Cfr. Deliciae Eruditorum …, cit., I, 1736, p. XIV. Sul Mecatti cfr. quanto indicato a

n. 51; sul Lami, oltre all’articolo di ROSA, Atteggiamenti culturali e religiosi …, cit., cfr.

VENTURI, Settecento riformatore …, I. Da Muratori a Beccaria, cit., part. pp. 331-335,

343-348. 113 Deliciae Eruditorum …, cit., II-III, 1737; V-VI, 1739; VIII, 1740: per questa

iniziativa del Lami tendente a completare l’edizione del Muratori cfr. L.C. BOLLEA, Per

l’edizione delle opere storiche di Lorenzo Bonincontri, “Archivio Muratoriano”, I-XII

(1904-1913), pp. 583-584.

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note e documenti riguardanti la storia medievale toscana prepara il

lamiano Hodoeporicon, impegnato, nonostante la disorganicità delle notizie, nella revisione della storia ecclesiastica del Valdarno

inferiore114. Prima che nel Lami avvenga la frattura tra il lavoro erudito, che si concluderà pesantemente nei Sanctae Ecclesiae Florentinae

Monumenta115, e la partecipazione immediata alle polemiche religioso-ecclesiastiche attraverso le Novelle letterarie, dove la disamina dei

temi maggiori posti dal Muratori e dall’opera dei “muratoriani” viene superata nel clima giansenisteggiante della seconda metà del ’700, è

possibile trovare ancora nelle Lezioni di antichità toscane116 il frutto estremo di un’erudizione storica che nella prima metà del secolo aveva

avuto la sua stagione migliore. Soffermiamoci solo sulle parti dedicate al Medio evo, dove già appaiono quelle incrinature che porteranno alla

dissoluzione della lezione muratoriana. Muratoriano è il vagheggiamento della sanità barbarica al

tramonto del mondo romano, ma più forte risuona la nota rigorista che

aveva toccato il Muratori:

Erano quei barbari feroci, ma casti; erano invasori, ma continenti; erano vincitori delle città, ma insieme della dissolutezza e della libidine. Assediavano dunque, prendevano, saccheggiavano, spopolavano,

devastavano le città, le provincie, i regni; ma insieme colle rovine de’ palazzi, delle basiliche, delle terme, de’ siti, de’ campidogli, delle

muraglie, cadevano a terra gli anfiteatri, i teatri, gl’ippodromi. Ma caso che le barbare nazioni non demolissero gli anfiteatri, i teatri, i circi, coll’impeto subitaneo di guerra, coll’impulso abbattente di macchine,

col disfacimento improvviso degli edifizi, gli facevano cadere a terra lentamente in due altre maniere, e perché erano valorosi, e perché

erano umani e continenti … E generalmente parlando, erano tutti i barbari più pudichi dei Romani … Essendo dunque di tali costumi le genti barbariche, e di maggior pudicizia, e di maggior moderazione, e

di maggior rispetto verso Dio, e verso le sacre persone, e le sacre cirimonie, come fa vedere Salviano, non poterono soffrire le impurità e

le libidini, e le dissolutezze consuete, nelle città e provincie che conquistavano; e quindi ne derivò l’altra cagione per cui l’uso degli spettacoli, degli anfiteatri, de’ teatri, de’ circi fu abolito e dismesso,

essendo considerati come tante officine di vergognose operazioni, e di sfacciate e disoneste rappresentanze. Proibirono dunque l’impurità co’

fatti, e cogli editti e colle leggi …117.

114 Deliciae Eruditorum …, cit., X-XI, XIII, XV, XVII-XVIII, 1741-1755. 115 G. LAMI, Sanctae Ecclesiae Florentinae Monumenta …, Florentiae, Ex typographio

Deiparae ab Angelo Salutatae, 1758, 3 voll. 116 G. LAMI, Lezioni di Antichità toscane e spezialmente della città di Firenze recitate

nell’Accademia della Crusca …, In Firenze, Appresso Andrea Bonducci, 1766 (ma le

Lezioni furono elaborate e lette tra il 1740-50: a ricerche del Lami sul decreto di

Desiderio, di cui si dirà più avanti, accenna una lettera del Muratori al Lami, Modena

21 novembre 1748, in Lettere inedite di L.A. Muratori … cit., pp. 508-509; di indagini

del Lami sul catarismo c’è traccia in qualche articolo delle “Novelle letterarie”, 1747,

coll. 65 e 81. 117 LAMI, Lezioni di Antichità toscane …, cit., pp. 107-108 e 110-111.

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“E in quanto a’ Longobardi – prosegue il Lami – le loro stesse leggi,

che ancora abbiamo, ci manifestano quanto orrore avessero alla licenza sfrenata e alla corruttela impudica”118. Ma sostanzialmente

negativo è il giudizio del Lami sulla dominazione longobarda, eccetto che per i regni dei cattolici Adaloaldo, Ariperto e Grimoaldo, come più

evidente che nel Muratori è l’animus razionalistico “vagando pel labirinto della tenebrosa barbara Istoria”119. Come penetrare nell’alto

Medio evo e ricostruire le vicende della guerra greco-gotica o gli ultimi anni del dominio longobardo in Italia? Muratorianamente intese, e

giudicate sulla base di criteri esterni, le cronache, posteriori agli avvenimenti, sono infide e inaccettabili: “Non mi dà il cuore di riportare

qui le inezie di Giovanni Villani”120, afferma il nostro erudito. E poco oltre: “Pervenne dunque al Villani la giusta e vera notizia della presa di

Firenze fatta dal re goto [Totila], e di qualche danno che portano sempre seco gli assedi e le conquiste violente, ma gli pervenne

accompagnata da tante altre favolose circostanze che il suo racconto

ne divenne quasi incredibile”121. Donde il ricorso, anch’esso muratoriano, a testimonianze coeve: “Molta confusione e molti sbagli e molte novelle

sono dunque ne’ nostri scrittori, quando trattano de’ fatti e de’ tempi e delle cose anteriori al sec. XIII, ed io crederò sempre più a S. Alfo e a

papa Innocenzo II, i quali sono contemporanei a questi avvenimenti, che a Giovanni Villani …”122.

Anche il Lami si affaticò dunque sul problema della certezza storica, teorizzandolo sparsamente in queste sue Lezioni e in qualche

articolo delle Novelle, e oscillò nel dilemma del probabile e del verisimile, che era certo concetto più muratoriano, e del “vero

indubitato” della storia, che adombrava una forma mentis più decisamente illuministica123, soluzione, questa, cui finirà con l’aderire.

Una posizione muratoriana è assunta nelle lezioni IX-XIV dedicate alla discussione del pseudo decreto di Desiderio, la celebre epigrafe

“longobarda” viterbese – falso risalente, certamente, all’età umanistica

e imputabile ad Annio da Viterbo – su cui lungamente si volse la critica storica da Zeno a Muratori a Troya124. Il Lami conviene sostanzialmente

118 Ivi, p. 413. 119 Ivi, p. 413. 120 Ivi, p. 235. 121 Ivi, p. 240. 122 Ivi, p. 292. 123 Sulla metodologia storica e sulla riflessione teorica muratoriana buone

osservazioni ha BERTELLI, Erudizione e storia …, cit., pp. 48-49, 239-240, 267-268,

353-354, ecc., ma sugli orientamenti critici maurino-muratoriani, si v. anche E.

RAIMONDI, I Padri maurini e l’opera del Muratori, “Giornale storico della letteratura

italiana”, CXXVIII (1951), pp. 429-471 e CXXIX (1952), pp. 145-178. Sulla tendenza

a considerare la ricerca erudita sotto il profilo dell’attendibilità delle fonti e a

identificare l’incerto con il falso, v. E.W. COCHRANE, The Settecento Medievalists …,

cit., in part. pp. 47-53. 124 La questione del falso è riassunta, con relative indicazioni bibliografiche, in R.

WEISS, Traccia di una biografia di Annio da Viterbo, “Italia medioevale e umanistica”,

V (1962), pp. 433-434.

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con il Muratori sul carattere apocrifo (“favola”, secondo la definizione

muratoriana) del monumento, ma più che confermarne la falsità (il che farà con buone argomentazioni epigrafiche, linguistiche,

diplomatistiche e storiche nella lezione XIV) preferisce “considerare se in quella parte di questo Decreto (sia genuino o apocrifo, perché

anche ne’ romanzi vi è qualcosa di vero) dove si tratta di alcuni luoghi della nostra Etruria, e spezialmente dell’Annonaria, si dicano cose che

siano concordi colla verace Istoria, oppure a quella non repugnanti o agevolmente con essa conciliabili, prendendo questa occasione per

fare alcune curiose ricerche intorno all’antica nostra Istoria toscana”125.

Ed ecco più precisamente il criterio di ricerca e di confronto:

Conciossiacosaché nell’andare io pesatamente e maturamente esaminando se quello che il Decreto ne porta sia conforme e

conveniente o sivvero discorde e ripugnante all’istoria di quell’età, mi fa di mestiero il diligentemente ricercare antichi e veridici monumenti, i

quali possa con le parole del Decreto paragonare onde la somiglianza o la diversità, l’incongruenza o la probabilità ne ravvisi, e conseguentemente ne vengo o a discuoprire nuovamente o a mettere

in più chiara e luminosa veduta molte memorie che la storia toscana della mezzana età potranno forse in qualche parte illustrare126.

Gli “antichi e veridici monumenti” divenivano così il vero ideale e

il fondamento della medievistica. E come per l’antichità si era ormai sancita la superiorità dell’evidenza non letteraria, ma antiquaria e

archeologica127, così nello studio del Medioevo si andava facendo strada, sino a trionfare, quella dell’evidenza documentaria e

“monumentale”: analogia di linguaggio contro le insidie antiche o rinnovate del pirronismo storico e dello scetticismo illuministico. Era la

linea che doveva portare il Lami ai Sanctae Ecclesiae Florentinae Monumenta, presentati dall’autore nell’introduzione come “Monumenta

seu Memorabilia, non Historiam vel Annales Ecclesiae Florentinae”: il qual orientamento e programma lo stesso Lami, con grande chiarezza,

aveva enunciato anni prima (quasi contemporaneamente alla lettura di

queste sue Lezioni) nelle Novelle letterarie:

Chi non conosce l’utile grande che proviene per l’esattezza e perfezione dell’Istoria dagli atti pubblici o da’ corpi diplomatici, ne’ quali quegli si racchiudono, o non ha gusto di lettere o non sa cosa è Istoria. Gli

storici, sieno eccellenti quanto si vuole, amino infinitamente la verità, sieno contemporanei, e siansi ritrovati presenti a molti fatti che

raccontano; pure essendo uomini e agitati da qualche passione, o bisogna che sbaglino o che manchino a loro molte notizie o che mettano le cose in qualche veduta che non vanno. Gli atti pubblici,

125 LAMI, Lezioni di Antichità toscane …, cit., pp. 300-301. 126 Ivi, p. 323. 127 Cfr. MOMIGLIANO, Ancient History and the Antiquarian …, cit., pp. 84-86.

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come fatti incontrastabili, sono quelli che rettificano la storia, e sopra di essi solamente si può edificare una narrazione che incanti con la

bellezza del suo vero indubitato gli animi de’ leggitori …; … provando intanto una consolazione indicibile di vedermi, senza innanzi saperlo,

concorde con questo illustre autore nel distendere la mia Istoria ecclesiastica Fiorentina, in cui procedo nella stessa maniera, con gli stessi fondamenti, con lo stesso ordine cronologico, digerendo in piè di

pagina distesamente tutti gli antichi monumenti ed atti pubblici, e solamente aggiungendovi un breve contesto di narrazione istorica

continuata e divisa in libri per quei che meno della scienza diplomatica si dilettano128.

Ma questa fiducia e questa sicurezza dovevano presto svelare il

loro carattere illusorio, una volta che la critica illuministica avesse preso a guardare con sospetto alle “incongruenze” dei documenti.

Posta perciò già in dubbio o compromessa la validità delle cronache come fonte o come elemento dell’indagine storica (mentre esse

continueranno ancora ad interessare, e per molto tempo, come testi letterari e linguistici) veniva investito anche l’estremo baluardo,

esterno, del settore medievistico. Il grande edificio eretto dal Muratori, impoveritosi e irrigiditosi, sembrava definitivamente sgretolarsi. La

paziente ricostruzione del campo devastato dell’età di mezzo e la ripresa degli studi medievali dovranno appunto iniziare da una nuova

difesa dell’evidenza documentaria. Ma un altro gruppo di Lezioni ci permette di seguire nel Lami,

insieme con le risultanze metodologiche di cui si è detto, la parabola dei temi etico-religiosi muratoriani. Le lezioni XV-XVII, Della eresia de’

Paterini in Firenze, sul catarismo, sviluppano la LX dissertazione delle

Antiquitates, Quaenam haereses saeculis rudibus Italiam divexarint, e costituiscono, con l’edizione dell’opera dell’inquisitore Moneta, curata

dal Ricchini129, e con qualche ricerca apparsa alla fine del secolo130, gli scarsi contributi dedicati ai problemi dell’eresia medievale dal ’700

128 Cfr. “Novelle letterarie”, 1744, sotto la data di Palermo, col. 151: dalla recensione

del Lami al Codex diplomaticus Siciliae del Di Giovanni, su cui torneremo. 129 MONETA DA CREMONA (fl. 1230), Adversus Catharos et Valdenses libri quinque …

edidit atque illustravit P. Fr. Thomas Augustinus Ricchinius …, Romae, Ex typographia

Palladis, excudebant Nicolaus, et Marcus Palearini, 1743. 130 Ad esempio quella del giansenista G.B. GUADAGNINI, Apologia di Arnaldo da Brescia

… con la vita dello stesso Arnaldo, In Pavia, Per Giuseppe Bolzani impress. della R.

città e della regio-imperiale università, 1790, 2 voll., che è frutto di ricerche, spesso

sulla base di indicazioni del Muratori, ed è ispirata dal patriottismo bresciano e dalla

partecipazione dell’autore al riformismo ecclesiastico asburgico: cfr. Biblioteca

Apostolica Vaticana (di seguito BAV), ms. Vatic. Lat. 10025, parte I, Lettere del sig.

Don Giambatista Guadagnini … a Giambatista Rodella dal 1765 al 1786, c. 201v:

Cividate, 14 marzo 1784; c. 206r: Cividate, 25 aprile 1784; BAV, ms. Vatic. Lat.

10025, parte II, Lettere … dal 1785 al 1793, c. 326r: Cividate, 23 marzo 1787.

Puramente occasionale è invece l’Orazione sopra la sacra lega de’ Valsesiani contro

l’eretico Dulcino e seguaci …, Vercelli, Nelle stampe di Giuseppe Panialis, 1793,

dell’ecclesiastico Filippo da Rimella: cfr. G. MICCOLI, Note sulla fortuna di Fra Dolcino,

“Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa”, s. 2, XXV (1956), p. 253.

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italiano, che, privo dei fermenti delle culture francese e tedesca, non

solo non conobbe opere paragonabili a quelle del Beausobre e del Mosheim, ma, in tanto fervore erudito, neppure raccolte documentarie

avvicinabili alle grandi collezioni del Duplessis d’Argentré o del Baluze o dei padri Martène e Durand131. Le suggestioni muratoriane sono

avvertibili nell’interesse del Lami per gli aspetti dottrinali e rituali, il “consolamento”, dell’eresia catara, nell’inserimento del movimento

ereticale entro le vicende e le condizioni della Chiesa fiorentina del tempo con riferimento ai movimenti ereticali italiani del secolo XI

(donde l’uso improprio del termine “paterino” anche per il fenomeno cataro), nell’accurata ricostruzione dei focolai ereticali in territorio

toscano e dell’attività antiereticale di magistrature ordinarie, e straordinarie quale l’Inquisizione. Sono qui sottesi, nell’implicito ricordo

del non lontano processo inquisitorio contro il poeta Tommaso Crudeli, il problema dei poteri e delle prerogative del tribunale (la cui storia il

Lami traccia sino ai processi cinquecenteschi contro il Carnesecchi e il

Pucci e all’episodio quietistico di Pandolfo Ricasoli) e i temi del De ingeniorum moderatione.

La “regolata divozione” e il problema muratoriano della pietà popolare sono invece il Leitmotiv dell’ultima lezione del Lami, la XVIII,

Della setta de’ flagellanti in Toscana. I temi della LXXV dissertazione delle Antiquitates, De piis laicorum confraternitatibus, earumque

origine, flagellantibus et sacris missionibus, sono dal Lami portati alle ultime conseguenze, facilitato in questo dalla confusione (che è anche

del Muratori) tra flagellanti e Bianchi del 1399132. Laddove il Muratori parla ancora di “gran commozione di popoli”, di “pia novità” e di “atto

molto salutevole di penitenza”, e dei Bianchi come di “divoto movimento” e “utile divozione”, da cui ebbero origine molte

confraternite (per le quali viene suggerito, blandamente, un ritorno allo spirito degli statuti), il Lami, commentando passi dell’allora inedita

Cronaca di Luca di Bartolomeo Dominici133, segue invece quasi in

131 Ch. D. D’ARGENTRÉ, Collectio judiciorum de novis erroribus qui ab initio duodecimi

saeculi usque ad an. 1735 in Ecclesia proscripti sunt et notati, Lutetiae Parisiorum,

Apud Andream Cailleau bibliopola juratum Academiae Parisiensis, in platea

Sorbonica, ad insigne Sancti Andreae, 1724-1736, 3 voll.; E. BALUZE, Miscellanea

novo ordine digesta, Lucae, Apud Vincentium Junctinium, sumptibus Joannis

Riccomini, 1761-1764, 4 voll. (a cura del Mansi); E. MARTÈNE–U. DURAND, Thesaurus

novus anecdotorum, Lutetiae Parisiorum, sumptibus Florentini Delaulne, Hilarii

Foucault, Michaelis Clouzier, Joannis-Gaufridi Nyon, Stephani Ganeau, Nicolai

Gosselin bibliopolarum Parisiensium, 1717, 5 voll., e ID., Veterum Scriptorum et

monumentorum historicorum, dogmaticorum, moralium amplissima collectio, Parisiis,

Apud Montalant, ad Ripam PP. Augustinianorum, prope pontem S. Michaelis, 1724-

1733, 9 voll. 132 Cfr. A. FRUGONI, La devozione dei Bianchi del 1399, in L’attesa dell’età nuova nella

spiritualità della fine del medioevo, Todi, Presso l'Accademia Tudertina, 1962

(Convegni del Centro di studi sulla spiritualità medievale, Università degli studi di

Perugia; 3), p. 232, n. 2. 133 Cfr. Cronache di Ser Luca Dominici, a cura di G.C. Gigliotti, Pistoia, A. Pacinotti,

1933-1937, 2 voll., I, 1933, pp. 3-4, 19, 34.

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controluce le attese escatologiche del tardo Medio evo e il fenomeno

penitenziale collettivo.

In questa moltitudine condotta da F. Manfredi si vede subito la vana credulità della prossima venuta dell’Anticristo, credulità già riprovata nel nostro vescovo Ranieri sino dall’XI secolo … e la vana speranza che

F. Manfredi dovesse essere papa, con una preoccupazione che poteva essere pericolosa alla Chiesa. Si spacciavano visioni e sogni ed altri

effetti superstiziosi del fanatismo … Ma benché tanta pietà e religione apparisca ne’ fatti de’ Bianchi riferiti in quella storia, pure io non mi ritiro dal mio sentimento che questo

affollamento di gente penitente non fosse affatto voto e scevro d’impostura, di frode, di superstizione e di fanatismo.

Ma dalla stessa storia di ser Luca potrebbonsi estrarre prove ed esempi d’inganni e d’imposture che non vanno mai disgiunte da queste immense turbe di uomini trasportati, i quali danno occasione talvolta a

menzogne ed empietà le più detestabili. Io ho tralasciato di descrivere quasi tutti i miracoli che ser Luca dice

essere stati operati da’ Crocifissi de’ Bianchi, perché in leggendoli ho veduto che, o si rifletta alla troppa frequenza, o si osservi la qualità loro, o il ridicolo che si finge in alcuni, o quelli che facilmente

dall’inganno possono essere spacciati, come tanti pianti e lagrime d’immagini, tanti getti di sangue dal corpo de’ Crocifissi, i cangiamenti

di colore ne’ medesimi, le processioni di diavoli in aria, le finzioni di santità di qualche ribaldo, varie apparizioni della Vergine veramente

incredibili, si hanno riscontri chiarissimi della superstizione, del trasporto, e della imprudente credulità134.

La carica illuministica del Lami contro “tal sorta di penitenza inaudita” giustifica con un richiamo al Muratori135 i provvedimenti presi

contro i “battuti” dalle magistrature cittadine; e, insieme, delinea nettamente la contrapposizione del primitivo costume penitenziale

riguardo ad una “mortificazione ignota ne’ primi dieci secoli della

chiesa, disapprovata poi da molti grandi uomini e praticata finalmente per la semplicità de’ secoli posteriori”136: contrapposizione che in

questo clima tra muratoriano e illuministico annunzia la simpatia per l’antica disciplina ecclesiastica e per il mito rigorista e arcaizzante

dell’“aurea antichità” propria dell’atteggiamento del Lami e del filogiansenismo italiano della seconda metà del ’700. Così il “buon

gusto” e la “giusta critica” muratoriana si sfaldano in una nuova temperie culturale e dottrinale; e mentre la tecnica erudita scade dalla

sua forza critica nel lavoro compilatorio e classificatorio, la ricostruzione storico-erudita di intonazione muratoriana tende 134 LAMI, Lezioni di Antichità toscane …, cit., pp. 633, 663-664. 135 Ivi, p. 628: “Molto prudentemente e ragionevolemente fu fatta questa provvisione

dal Comune di Firenze, perché le adunanze e conventicole, benché religiose, possono

essere sospette a chi governa; e spezialmente quando si fanno senza sua saputa e

licenza, sul che si veda l’erudito Muratori nella citata Dissertazione LXXV delle Antich.

Italiche del tempo di mezzo”. 136 Ivi, p. 664.

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anch’essa o a “ecclesiasticizzarsi”137 o a sfociare nella storia “filosofica”,

in cui il dato erudito fosse strumento od occasione di polemiche attuali.

Vittorie e sconfitte in altre regioni d’Italia

Se tali conclusioni sono dovute alle tendenze della cultura e degli

orientamenti religiosi della seconda metà del ’700 e alla loro fermentazione all’interno della lezione muratoriana che in Toscana

aveva compiuto opera di rottura, episodi particolari tuttavia del decennio 1740-50, che vorremmo ricordare seguendo le vicende

dell’erudizione muratoriana in altre zone culturali italiane, dove la lotta fu più dura e l’esito contrastato, condizionano anch’essi la fortuna del

Muratori. Ancora le Novelle letterarie furono il centro propulsore e l’alleato nelle polemiche esplose a Palermo intorno al Codex

diplomaticus Siciliae del Di Giovanni, e, quasi contemporaneamente, a

Trento intorno al Congresso notturno delle Lammie del Tartarotti138. Del Codex apparve soltanto il primo dei cinque volumi progettati139, ma il

Di Giovanni poté ugualmente raccogliere intorno all’opera sua le fila della tradizione maurino-muratoriana e le tendenze culturali del

primo ’700 siciliano e costituire l’anello di passaggio da un “illuminismo cattolico” al giansenismo e al giurisdizionalismo della seconda metà del

secolo140. Più pesante il panorama culturale trentino, che non conosce nel primo ’700 fermenti e figure paragonabili a quelli siciliani; dove il

De Gaspari si vede costretto al silenzio, e postuma appare la sua opera sul vescovado di Salisburgo141; dove il Tartarotti, sostenuto dal Lami 137 Cfr. “Novelle letterarie”, 1751, sotto la data di Venezia, col. 584: “La Storia

ecclesiastica delle città è l’unica che ne possa perfezionare l’Istoria civile, essendo

appunto gli archivi delle Chiese quelli che hanno conservate più memorie di tutti gli

altri. Tutto sta nel sapere scegliere con giudizio, distinguere il vero dal falso, rigettare

le favole, parlare con circospezione nelle cose dubbie, insomma investigare

curiosamente il vero, ma non credere d’averlo sempre trovato”. 138 G. DI GIOVANNI, Codex diplomaticus Siciliae complectens documenta a primo

Christianae religionis saeculo ad nostram usque aetatem …, Panormi, In typographia

Seminarii Archiepiscopalis excudebat Antoninus Gramignani, 1743. Per l’opera del

Tartarotti, v. n. 100 e n. 103. 139 La polemica è attentamente ricostruita da D. SCINÀ, Prospetto della storia

letteraria di Sicilia nel secolo decimottavo, Palermo, L. Dato, 1824, 3 voll., I, pp. 258-

276. Per l’intervento del Lami e delle “Novelle letterarie” a favore del Di Giovanni cfr.

anche ROSA, Atteggiamenti culturali e religiosi …, cit., p. 282. 140 M. CONDORELLI, Note su Stato e Chiesa nel pensiero degli scrittori giansenisti

siciliani del sec. XVIII, “Il diritto ecclesiastico”, LXVIII (1957), pp. 341ss. Ma cfr. ora

G. GIARRIZZO, Appunti per la storia culturale della Sicilia settecentesca, “Rivista

storica italiana”, LXXIX (1967), part. pp. 588-589. 141 G.B. DE GASPARI, Archiepiscoporum Salisburgensium res adusque Westphalicos

conventus in lutheranismum gestae … Accedit eiusdem oratio de optima episcopi

forma, Venetiis, Apud Antonium Zatta, 1779. Sul De Gaspari, cfr. A. Cetto, Uno

storico trentino muratoriano e riformatore di scuole in Austria nel Settecento, G.B. De

Gaspari di Levico (1702-1768), “Studi trentini di Scienze storiche”, XXIX (1950), pp.

32-71, 358-383; XXX (1951), pp. 55-90, 211-240, 374-418. [Ora, anche l’edizione

del carteggio con Muratori nel vol. 19 dell’Edizione Nazionale: Carteggi con Gabriello

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nella polemica contro il Maffei, viene abbandonato nel corso della

polemica con il Bonelli sulle origini della Chiesa di Trento, quando la sua critica assume toni apertamente illuministici142. Ma mentre la

critica erudita muratoriana si chiude, appunto ad opera del Bonelli, nell’attività compilatoria143, dalla lezione muratoriana più genuina si

sviluppa una particolare forma di illuminismo accademico intorno all’Accademia degli Agiati di Rovereto. In essa il Baroni Cavalcabò ci

appare singolarmente diviso tra Muratori e Carl’Antonio Pilati, e da essa – ma non solo da essa – si diffonde, attraverso discussioni e

traduzioni, il riformismo devozionale del Muratori che trova un fautore nell’arcivescovo di Vienna, Migazzi, e grande diffusione nei paesi

asburgici144. Anche a Venezia, o in territorio veneziano, ove si prescinda da

stampe e ristampe di opere muratoriane in un importante centro editoriale quale era allora la capitale della Serenissima, l’erudizione

muratoriana tenta di assumere da un lato carattere di rottura con

l’opera dell’ecclesiastico padovano Brunacci (e l’insuccesso dell’opera sua è sintomo delle preoccupazioni che circondano persino l’attività

erudita, se volta in particolari settori con afflato muratoriano, e riflette precise condizioni spirituali e politiche) o preferisce dall’altro evitare

urti frontali e ripiegare, con il Cornaro, nella meno pericolosa indagine “monumentale”. Mentre il Brunacci, partito da una ricerca ispirata dalla

XXVII dissertazione delle Antiquitates, la De re nummaria Patavinorum145, può pubblicare soltanto la Chartarum coenobii S.

Justinae explicatio, ed è costretto a lasciare manoscritta la sua Istoria della diocesi di Padova146, il Cornaro versa le sue fatiche erudite di

patrizio veneziano nella Creta sacra o nelle Ecclesiae Torcellanae e nelle Ecclesiae Venetae “antiquis monumentis nunc etiam primum

editis illustratae”147.

da S. Fulgenzio …. Gentili, a c. di E. Ferraglio. Firenze, Olschki, 2012, pp. 203-250]. 142 ROSA, Atteggiamenti culturali e religiosi …, cit., pp. 282-283. 143 B. BONELLI, Monumenta Ecclesiae Tridentinae …, in G. TARTAROTTI, Notizie istorico-

critiche intorno al B.M. Adelpreto, vescovo e comprotettore della chiesa de Trento …,

In Trento, Per Gianbattista Monauni stampator vescovile, 1760-1765, 3 voll. in 4

tomi, III. 2, 1765. 144 WINTER, Der Josefinismus und seine Geschichte …, cit., pp. 16ss. e passim. 145 G. BRUNACCI, De re nummaria Patavinorum …, Venetiis, Typis Jo. Baptistae

Pasquali, 1744. Sull’attività e le vicende del Brunacci v. G. BROTTO, L’ab. Giovanni

Brunacci storiografo della Chiesa padovana, Padova, Antoniana, 1927, ma anche le

158 lettere indirizzate al Lami, tra il 1745-69, in BRFi, ms. Riccard. 3712. 146 G. BRUNACCI, Chartarum coenobii S. Justinae explicatio, Patavii, Ex Typographia

Conzatti, 1763. I diversi manoscritti della Istoria sono segnalati dal cit. BROTTO,

L’abate Giovanni Brunacci …, cit., pp. 10ss. 147 F. CORNER, Creta sacra, sive De episcopis utriusque ritus graeci et latini in insula

Cretae …, Venetiis, Typis Jo. Baptistae Pasquali, 1755, 2 voll.; ID., Ecclesiae

Torcellanae antiquis monumentis nunc etiam primum editis illustratae …, Venetiis,

Typis Jo. Baptistae Pasquali, 1749, 3 voll.; ID., Ecclesiae Venetae antiquis monumentis

nunc etiam primum editis illustratae …, Venetiis, Typis Jo. Baptistae Pasquali, 1749, 15

voll. Sul Corner o Cornaro cfr. A. COSTADONI, Memorie della vita di Flaminio Cornaro,

senatore veneziano …, In Bassano, Nella stamperia Remondini, 1780.

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Muratori e la cultura napoletana: verso nuovi orizzonti

Discorso diverso andrà fatto per le vicende dell’erudizione

muratoriana nel Regno di Napoli. Corrispondenti del Muratori avevano collaborato ai Rerum o seguita la sua opera politico-giuridica ed

economica, dall’Antinori al Gattola, dal Tafuri al De Gennaro al Broggia148. Più evidente tuttavia, dopo la morte del Muratori, quel

senso di crisi che attraversò dovunque in Italia le indagini storiche sull’età di mezzo. Limitate suggestioni esercitano le grandi raccolte o le

grandi opere muratoriane: la raccolta Gravier, cui in precendenza si è accennato, rispecchia evidentemente esigenze volte a ripercorrere,

all’inizio del riformismo borbonico degli anni ’70, la storia del Regno, e poco o nulla (seppure utilizza talora materiale pubblicato o indicato dal

Muratori) ha a che vedere con lo spirito animatore della raccolta muratoriana; e mentre la fortuna degli Annali muratoriani è fenomeno

d’importazione nel Regno, da parte del toscano Mecatti, legati

palesemente al pensiero riformatore sono gli Annali del Regno di Napoli di Francesco Antonio Grimaldi e la loro continuazione,

accentuatamente regalistica, del giansenista e giurisdizionalista Cestari149.

Più fruttuoso invece l’insegnamento del Muratori sul piano della storia locale: valga, tra tutti, l’esempio offertoci dalle Memorie storiche,

civili ed ecclesiastiche della città e diocesi di Larino150 di Giovanni Andrea Tria, più noto forse, nella storia della cultura settecentesca, fra

i confutatori del Giannone. Muratoriano è il metodo; visibile la tendenza a proseguire il Muratori quanto a rinvenimento e utilizzazione

di materiale nuovo (sono qui pubblicati, tra l’altro, i primi esempi di diplomatica normanna, dopo quelli editi dall’Ughelli nell’VIII tomo della

Italia sacra) o a verifica dell’antico già noto. La pubblicazione, nell’opera del Tria, di documenti riguardanti l’abbazia di Tremiti, che

dipendeva ecclesiasticamente da Larino (taluni già inseriti dal Muratori

nelle Antiquitates), apre per noi un problema significativo ai fini della ricostruzione degli studi medievistici nell’ambito della cultura meridionale

148 M. SCHIPA, Il Muratori e la coltura napoletana del suo tempo, “Archivio storico per

le provincie napoletane”, XXVI (1901), pp. 553-649. Sul Broggia ora in part. VENTURI,

Settecento riformatore …, I. Da Muratori a Beccaria, cit., pp. 89-98, 483-497. In part.

per l’edizione di fonti napoletane nei Rerum cfr. B. CAPASSO – O. MASTROIANNI, Le fonti

della storia delle provincie napoletane dal 568 al 1500, Napoli, R. Marghieri, 1902,

pp. 1-99, passim e 105, n. 1, 108, 122-124, 125, nn.1 e 3, 129-130, 137-138. 149 F.A. GRIMALDI, Annali del Regno di Napoli, Napoli, Presso Giuseppe-Maria Porcelli

libraio, 1781-1786, 16 voll. continuati dal vol. 13 da G. Cestari. Sul movimento

riformatore napoletano si v., oltre le introduzioni ai singoli autori e le note di F.

VENTURI, in Illuministi italiani, V, Riformatori napoletani, Milano-Napoli, R. Ricciardi,

1962, dello stesso VENTURI, Settecento riformatore …, I. Da Muratori a Beccaria, cit.,

part. pp. 523-644. 150 G.A. TRIA, Memorie storiche, civili ed ecclesiastiche della città e diocesi di Larino …

colla serie de’ propri vescovi: carta topografica della città e sua diocesi … alcune de’

tempi de’ longobardi e normanni non ancora vedute in stampa …, In Roma, Per Gio.

Zempel presso monte Giordano, 1744.

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della seconda metà del ’700. Già il Muratori, che aveva ricevuto i

documenti scorretti nella trascrizione fattane dal padre Alessandro Pompeo Berti, si era mostrato dubbioso nel tentativo di commentarli,

incappando in errori di interpretazione e di identificazione di personaggi e in sviste cronologiche, nella dissertazione LXVII, o mostrando incertezza

nella datazione del documento edito nella dissertazione LXX151. L’età medievale nel Regno appariva ai nostri eruditi – e

maggiormente doveva apparire agli occhi degli illuministi – un ginepraio, per il sovrapporsi o giustapporsi di dominazioni diverse

riflettentisi nei diversi usi diplomatistici e nell’impiego di ere e cronologie diverse, per le vaste lacune documentarie, dovute a vicende

politiche torbide e tumultuose, e per la presenza di numerosi falsi che rendevano da un lato incerta la ricostruzione degli avvenimenti e

dall’altro ardua la possibilità di “ischiarire con i lumi della verità e della Ragione le dense caligini dei secoli tenebrosi”152. Va aggiunto che un

approfondimento metodico della medievistica mancò nel Regno alla

metà del secolo: la ricerca erudita si polarizza nelle indagini antiquarie intorno agli scavi di Ercolano e di Pompei; un vagheggiamento mitico

dell’antichità preromana, entro e fuori i moduli vichiani, permea allora e dopo il pensiero storico dei riformatori. La fortuna del Giannone, che

in qualche modo poteva favorire un interesse per l’età di mezzo, riprende, com’è noto, intorno al 1770. Si ha dunque un periodo di

stasi, in cui però illuministicamente si accentua la battaglia sui documenti, visti nel loro carattere di dato estrinseco o di comparsa

avvocatesca nel fervore dei “bella diplomatica” delle contese giurisdizionalistiche: Troyli e Zavarroni discuteranno sulla validità dei

diplomi concessi alla Chiesa di Tricarico (1749-51); Carlo Franchi difenderà i diritti della città de L’Aquila sui suoi casali (1752); Palmieri

si batterà per il regio patronato di San Benedetto di Conversano (1761). Ma l’elenco dei contrasti grandi e minori sarebbe assai

lungo153. E non c’era apparentemente possibilità di soluzione tra due

estremi: un quasi assoluto scetticismo sull’autenticità di molti documenti, che riduceva da parte illuministica ad esasperata

deformazione la critica maurino-muratoriana, o l’altrettando esasperato

151 Codice diplomatico del monastero benedettino di S. Maria di Tremiti (1005-1237),

a cura di A. Petrucci, parte I, Introduzione, Roma, Nella sede dell’Istituto, 1960 (Fonti

per la storia d’Italia, 98*), pp. CLII, CCVIIIss. 152 Biblioteca Nazionale Centrale, Napoli, ms. XX. 72, Carteggio di Domenico Diodati,

cc. n.n., lettera di Filippo Briganti a Baldassarre Papadia, San Pier in Galatina, s.d.

(ma del 1788 circa, poiché vi si fa menzione dell’opera del Diodati, Illustrazione delle

monete che si nominano nelle costituzioni delle Due Sicilie, Napoli, Presso Donato

Campo stampatore regio, 1788). Per i particolari problemi della diplomatica dell’Italia

meridionale e della Sicilia, cfr. R. POUPARDIN, Étude sur la diplomatique des princes

lombards de Bénévent, Capoue, et Salerne, “Mélanges d’archéologie et d’histoire”,

XXI (1901), pp. 117-180; R. FILANGIERI DI CANDIDA, Appunti di cronologia per l’Italia

meridionale, “Gli Archivi d’Italia”, I (1914), pp. 136-149; P. COLLURA, L’era di Cristo

nella diplomatica dell’Italia meridionale e della Sicilia, Palermo, s.n., 1951. 153 Cfr. B. CAPASSO, Gli Archivi e gli studi paleografici e diplomatici nelle provincie

napolitane fino al 1818, Napoli, Tip. Giannini, 1855, pp. 67ss.

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atteggiamento di indiscriminata difesa, per lo più da parte ecclesiastica.

Era l’impasse di un metodo e di una disciplina, sintetizzata da una “pirronica” opera del Cimaglia, che pare trasferire sul piano

diplomatistico lo scetticismo del padre Hardouin nei riguardi dell’antichità classica154, e dal più celebre degli scontri “diplomatici” del

tempo, la rivendica al regio fisco della certosa calabrese di S. Stefano del Bosco. Contesa che, aperta dall’avvocato fiscale Vargas Macciucca

con un monumentale Esame delle vantate carte …155, dove una citazione muratoriana, “Nos ridemus ineptas et spurias veterum

chartas, ac supposititia Regum diplomata”156, risuona come dichiarazione di guerra, riprende dal Mabillon del De re diplomatica al

Muratori della disputa di Comacchio tutte le armi giuridico-diplomatistiche e storico-erudite tradizionali; mentre la più breve

Risposta157 del certosino Benedetto Tromby appare imperniata sulla vexata quaestio delle incerte cronologie meridionali e delle discordanze

tra dati cronologici e computi indizionali nei documenti e si appella

anch’essa al Muratori (ma ad un Muratori visto nei suoi termini di “moderazione”) in un capitolo o paragrafo che ha per titolo, “Sincerità

del Muratori nel confessare di non saper sempre accordar le date”158. Finta moderazione, quella del Tromby, che di lì a non molto seppelliva

l’incauto avversario sotto i dieci tomi in folio della Storia critico-cronologica diplomatica del patriarca S. Brunone e del suo Ordine

cartusiano159, che fu l’inverosimile e quasi paradossale conclusione di questa tenzone erudita.

Non restava che disincagliare la lezione muratoriana dalle secche in cui si era cacciata, ripercorrendo una strada non dissimile da quella

seguita nel superamento della scepsi postcartesiana. Su questa strada si posero quanti, in quegli anni, attesero a studi di cronologia

ricostruendo serie di vescovi e soprattutto di duchi e principi che regnarono nel Mezzogiorno d’Italia avanti la monarchia: donde

quell’affaccendarsi intorno alla storia delle diocesi e alle serie dei 154 [N.M. CIMAGLIA], Illustrazione di un diploma di Oderisio conte dato alla Badia di S.

Giovanni in Verde nell’anno 1068, Napoli, s.n., 1780: cfr. CAPASSO, Gli Archivi e gli

studi …, cit., p. 68, n. 1. Sull’Hardouin v. G. MARTINI, Le stravaganze critiche di Padre

J. Hardouin, in Scritti di paleografia e diplomatica in onore di Vincenzo Federici,

Firenze, L.S. Olsckhi, 1944, pp. 351-364. 155 Esame delle vantate carte, e diplomi de’ RR. PP. della certosa di S. Stefano del

Bosco in Calabria … intrapreso dal cavaliere d. F. Vargas Macciucca … per dimostrare

come e quanto siesi abusato contra le leggi del regno del nome del lor glorioso

patriarca S. Bruno, in sostegno delle regalie e prerogative giurisdizionali da essi

usurpate, In Napoli, Nella stamperia Simoniana, 1765, LIII, 706 pp. 156 Esame delle vantate carte …, cit., p. 3. 157 [B. TROMBY], Risposta di un anonimo certosino, professo della certosa di S.

Stefano del Bosco, alla scrittura per lo regio fisco data fuori dal signor cavaliere d. F.

Vargas Macciucca … colla quale asserisce falsi quei diplomi della medesima che si

difendono e mostrano veri colla storia critica e diplomatica, In Napoli, Per Vincenzo

Mazzola-Vocola, 1766, p. 627. 158 [TROMBY], Risposta di un anonimo certosino …, cit., pp. CXXXVss. 159 B. TROMBY, Storia critico-cronologica diplomatica del patriarca S. Brunone e del

suo Ordine cartusiano, Napoli, Presso Vincenzo Orsino, 1773-1779, 10 voll.

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vescovi dei “bassi tempi”, una volta superate le preoccupazioni, ancora

vive nell’età muratoriana, circa le origini apostoliche di molte Chiese italiane; donde, e più, l’interesse per la cronologia politica dell’alto

Medio evo meridionale, dalla Series principum qui Langobardorum aetate Salerni imperarunt del benedettino siciliano Salvatore Maria Di

Blasi160 al Degli antichi duchi e consoli o Ipati della città di Gaeta di un altro benedettino, Gian Battista Federici161. E vi si posero anche quanti,

sull’esempio dei maurini, ripresero gli studi diplomatistici e paleografici. Un avvio si era avuto, tra il 1772-73, con la polemica sull’autenticità di

un documento del 1233 riguardante il monastero di San Michele Arcangelo di Montescaglioso: in risposta alle Critiche annotazioni sopra

un istrumento in pergamena del secolo XIII del Sarno, il benedettino Pietro Maria Rosini pubblica, anonimo, uno scritto dal titolo di per sé

rivelatore, Collegio Mabilloniano sostenuto nelle sue vere regole diplomatiche. Nel 1772 Antonio Chiarito, commentando la costituzione

di Federico II, De instrumentis conficiendis, elabora un vero e proprio

trattato di paleografia. Nel 1777 il benedettino Emanuele Caputo occupa la cattedra di critica diplomatica allora istituita nell’Università di

Napoli. Studi di paleografia e diplomatica compiono in quel torno di tempo il Baffi e il Pellicia. Nel 1779 la quarta classe della Reale

Accademia di Napoli si vede attribuito il compito di illustrare i “bassi tempi”162. Nel 1780 appare La diplomatica o sia l’arte di conoscere l’età

e l’autenticità de’ codici latini e italiani del Trombelli, ristampa di un’opera composta più di venti anni prima in clima immediatamente

post-muratoriano163. Finalmente, nel 1789, come ultimo atto di una serie di studi e di discussioni, viene ristampata l’opera De re 160 S.M. DI BLASI, Series principum qui Langobardorum aetate Salerni imperarunt ex

vetustis sacri regii Coenobii Trinitatis Cavae tabularii membranis eruta …, Neapoli, Ex

typographia Raymundiana, 1785. Ad un progetto più ampio accenna il Di Blasi in una

lettera a Domenico Diodati, Palermo, S. Carlo, 30 ottobre 1788, nel cit. ms. XX. 72

della Biblioteca Nazionale Centrale di Napoli, cc. n.n.: “Se non avessi bastanti impicci,

forse continuerei per codesta Reale Accademia la Tavola cronologica de’ principi

normanni e de’ svevi almeno (e potrei farla anche per tutti i seguenti principi di

Napoli) cavata tutta da’ strumenti della Cava. L’avea già pronta e ne avea cominciato

a stendere la Memoria mentre era costì, perché mi fu detto che anche si restava costì

all’oscuro di detta serie sino a’ tempi di Federico Imperatore, di cui vi è solo nella

zecca il registro di uno o due anni, ma dovendo poi ritornarmene in Sicilia

abbandonai l’impresa”. Sui viaggi e le esperienze erudite del Di Blasi v. A. CALDARELLA,

Il viaggio in Italia del padre benedettino don Salvatore Maria Di Blasi nel 1775, in

Miscellanea di studi in onore del prof. Eugenio Di Carlo, Trapani, A. Vento, 1959-

1960, 2 voll., I, 1959, pp. 71-97. 161 G.B. FEDERICI, Degli antichi duchi e consoli o Ipati della città di Gaeta, In Napoli,

Per Vincenzo Flauto, 1791. 162 CAPASSO, Gli Archivi e gli studi …, cit., pp. 69ss. 163 G.G. TROMBELLI, La diplomatica o sia l’arte di conoscere l’età ed autenticità de’ codici

latini e italiani …, Napoli, Presso Giuseppe-Maria Porcelli libraro, 1780. La prima edizione

dell’Arte di conoscere l’età de’ codici latini e italiani era apparsa a Bologna nel 1756; una

ristampa nel 1778; una prima edizione romana dell’Arte “accresciuta d’una lettera del sig.

Girolamo Tartarotti Serbati …” apparirà nel 1838. Su questo aspetto dell’attività del

Trombelli v. N. BARONE, Giovan Crisostomo Trombelli ed il suo lavoro didascalico di

Paleografia, “Atti dell’Accademia Pontaniana”, XXXIX (1909), mem. n. 2, pp. 1-26.

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diplomatica del Mabillon “dissertationibus variorum locupletata

notisque nunc primum inlustrata”164. Questo ritorno al Mabillon comporta un ritorno al Muratori e una

nuova e più feconda ripresa dell’erudizione muratoriana. Ed è un ecclesiastico, Alessandro Di Meo, a chiudere il secolo e ad aprire nuove

prospettive nella storia dell’erudizione medievistica meridionale. Il suo Apparato cronologico agli Annali del Regno di Napoli della mezzana età

e i postumi Annali critico-diplomatici del Regno di Napoli della mezzana età meriterebbero per l’eccezionale qualità tecnica delle indagini

cronologiche e diplomatiche, per l’intelligenza storica volta al Medio evo meridionale e per il vaglio critico di un immenso materiale

cronachistico e documentario, un esame approfondito che non è possibile nei limiti di questa indagine165. Ma riportiamo qualche pagina

dell’Apparato, per sentirne il tono profondamente muratoriano. Ecco la celebrazione degli studi e delle ricerche dedicate all’età di mezzo quale

matrice dell’età moderna:

Ma finalmente quasi esausto l’immenso Erario della greca e romana erudizione, cominciarono i grandi uomini a poco a poco a conoscere

che anzi più utile, interessanti e per molti capi ancora più glorioso e più dilettevole era il conoscere e l’illustrare lo stato de’ nostri popoli,

divenuti miseramente difformi, squallidi, semibarbari per l’inondazione di tanti barbari settentrionali, trovando in quei tempi la nostra madre, la bella Italia, la quale benché sbalzata dal trono e spogliata dell’antica

polizia di costumi e dell’ornamento di letteratura, non perdé tuttavia i naturali suoi pregi, la maestà, la fortezza, gl’ingegni felici. I riti, le

leggi, gli usi, i costumi che son oggi presso di noi, in più gran parte non già da’ Greci o Romani, ma da’ tempi barbarici la loro origine

riconoscono, ed in essi la troviamo. La gloria pertanto e 'l piacere di scoprir cose nuove non può ormai ritrovarsi più grande che nell’osservare que’ tempi, ne’ quali veggiamo come se la passavano e

cosa facessero i nostri maggiori. Più di quella di qualunque altra nazione, è propria ad istruire e a dar piacere la storia de’ tempi oscuri

delle nostre contrade166.

164 Cfr. N. BARONE, L’edizione napolitana dell’opera “De re diplomatica” del Mabillon, in

Atti dell’Accademia Pontaniana, XLI (1911), mem. n. 2, pp. 1-17. 165 A. DI MEO, Apparato cronologico agli Annali del Regno di Napoli della mezzana età

…, Napoli, Nella Stamperia Simoniana, 1785; Annali critico-diplomatici del Regno di

Napoli della mezzana età, In Napoli, Nella Stamperia Simoniana, 1795-1810, 11

voll.+1 vol. (1819) di indici. Sul lavoro critico-erudito del Di Meo, sul suo rapporto

con la contemporanea cultura storica napoletana manca un’indagine puntuale;

qualche cenno esterno in CAPASSO – MATROIANNI, Le fonti della storia …, cit., pp. 26, n.

2, 61, 74, 90. Alcune indicazioni bio-bibliografiche in M. DE MEULEMEESTER,

Bibliographie générale des écrivains rédemptoristes, La Haye, M. Nijhoff; Louvain,

Imprimerie s. Alphonse, 1933-1939, 3 voll., II, Louvain 1935, pp. 125ss. 166 DI MEO, Apparato cronologico …, cit., p. 111. Quasi analoghe le espressioni in L.A.

MURATORI, Dissertazioni sopra le Antichità italiane, In Roma, Presso gli eredi

Barbiellini mercanti di libri e stampatori a Pasquino, 1755, I, 1, pref. p. XXXI:

“Comecché non senza dolor si rammenti che Roma, dopo aver dominato a tante

nazioni, abbia anch’essa imparato a servire; comecché non senza dispetto rimembrisi

la un tempo fioritissima Italia per la trasmigrazione dei Barbari squallida resa e

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O la reazione di fronte allo scetticismo che aveva investito gli

studi diplomatistici, e in generale le indagini sull’età medievale, e che trovava la sua lontana scaturigine anche nell’opera muratoriana:

Quindi è che un immenso numero di preziosissime pergamene è

condannato a finire di consumarsi; e le carte più egregie si dispregiano come false, perché le note non vanno d’accordo coll’epoche che sono in voga; quando da quelle note dovrebbe per lo meno dubitarsi

dell’epoche ricevute. Finora i più accorti, Pagi, Muratori, Assemanno, i conti de’ quali son buonamente seguiti da i nostri, ove incontrano

qualche nostro storico discordante nel tempo, altronde certo, di un fatto, il condannano ingiustamente di errore e ne fan prendere pessimo concetto; e trovandolo poi in altro fatto non contraddetto da altri,

hanno questo registrato sulla di lui autorità in anno non vero167.

O l’elogio del metodo annalistico pronunciato nell’Apparato e ripreso nell’anonima prefazione agli Annali:

Del nostro Regno son forse necessari gli Annali … dovendosi

necessariamente fare il processo ad un gran numero di antichi monumenti e carte; affinché possa giudicare chi legge se giustamente

si assolvano o si condannino d’impostura … Ama chi legge gli Annali di ascoltare il linguaggio, conoscere l’indole e gli usi de’ suoi antenati, locché solo può ottenersi dalle carte scritte da essi antichi, quali non

essendo comuni possono tali rendersi negli Annali …168 L’Istorico nostro, seguendo l’immortal Muratori, si attiene al metodo di notare i

fatti sotto di ciascun anno, come più acconcio, pel suo soggetto, a distinguere i tempi e connettergl’insieme …169.

O infine l’orientamento della “nuova” critica:

Ma in che dunque la critica riponghiamo? Appunto nel pronunziar giudizio delle cose secondo il lor merito, e conoscimento che se ne ha,

dopo matura discussione: dimodoché si enunzi il certo per certo, il dubbioso per dubbioso, il verisimile per verisimile. E qui non lascerò di

avvertire che fa d’uopo distinguer le ragioni che dimostrano la verità di una proposizione con certezza da quelle che ce la mostrano verisimile; e queste seconde dalle ragioni che fanno la proposizione veder

dubbiosa …170.

deforme … E quale di grazia fastidiosaggine e dilicatezza d’uomini è mai cotesta che

l’Italia lor madre soltanto mentre fu felice e signora vogliano intimamente conoscere;

balzata poi dal trono, benché l’antica sua nobiltà e splendore ritenga, a vile la

tengano e sdegnino di vederla?”; pp. XXXIII-XXXIV: “Dunque non solo ad oggetto di

ampliare la erudizione, ma colla speranza ancora di ritrarne piacere, sarà bene

illustrare, per quanto si possa, que’ secoli oscuri, e con ogni accuratezza informarsi di

quel che abbiano fatto i nostri maggiori, per sapere nel tempo stesso, e con diletto, le

fonti e le cause delle cose che oggidì corrono”. 167 DI MEO, Apparato cronologico …, cit., p. VI. 168 Ivi, p. X. 169 DI MEO, Annali critico-diplomatici …, cit., p. XXXIX. 170 Ivi, p. XXXV.

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Che è linguaggio dove tornano la “moderazione” e il “buon gusto”

e una voce che pareva dimenticata. In questo modo dunque, compiendo un lavoro minuzioso e

paziente e risalendo per così dire alle origini, l’insegnamento muratoriano poteva essere reinserito nell’erudizione medievistica del

Regno. Ma questi risultati si affiancano, negli ultimi decenni del secolo, all’apporto del pensiero riformatore. Le discussioni sui documenti, i

bella diplomatica avevano per molte vie indotto a chiarire i periodi di storia longobarda e normanna, sveva e talora angioina (ma era

mancato un approfondimento dell’età durazzesca e del periodo aragonese), particolarmente sotto il profilo della storia delle istituzioni.

Già Gregorio Grimaldi e il suo continuatore Ginesio Grimaldi si erano rifatti, sia pure saltuariamente, al Sigonio e al Muratori degli Annali

nella Istoria delle leggi e magistrati del Regno di Napoli171 offrendo una ricostruzione unitaria delle vicende giuridico-amministrative del Regno

dagli inizi del Medio evo all’età borbonica. Ma è nelle discussioni sul

diritto feudale, particolarmente vive dopo il 1780, che urge soprattutto l’animus dei riformatori. Mentre il Dragonetti nella sua Origine de’ feudi

ne’ Regni di Napoli e Sicilia172 ricorda ancora il Muratori e richiama la XI dissertazione delle Antiquitates, De Allodiis, la raccolta delle leggi

longobarde e varie cronache edite dal Muratori nei Rerum, Filippo Ammirati si rifarà al Robertson riguardo all’origine dei feudi e citerà

prevalentemente prammatiche e costituzioni del Regno ne Il puro gius feodale napoletano173. L’età feudale, come oggetto di polemiche

appassionate, conduceva gli storici e i giuristi napoletani di là dai limiti segnati dal Muratori174. Un altro mito storico, di derivazione

giannoniana e non muratoriana, veniva intanto creando la polemica illuministica meridionale nel ripercorrere l’età di mezzo, quello della

saggezza politica e della grandezza giuridica del governo di Federico II di Svevia, “principe che coltivò le umane lettere in un secolo di

barbarie”, “sovrano amico degli uomini, che ben lungi di essere un

Busiride e un Falaride ebbe un’anima sensibile e un cuor generoso”, come scriveva, con ingenuo calore, un riformatore provinciale, Filippo

Briganti, presentando il proprio eroe nelle vesti del despota illuminato settecentesco175. Ma il mito alimenta le prime indagini storico-erudite

171 G. e G. GRIMALDI, Istoria delle leggi e magistrati del Regno di Napoli, In Napoli, A

spese di Raffaello Gessari, 1749-1774, 12 voll. 172 G. DRAGONETTI, Origine de’ feudi ne’ regni di Napoli e Sicilia, loro usi, e leggi

feudali relative alla Prammatica emanata dall’Augusto Ferdinando IV per la retta

intelligenza del capitolo “Volentes”. Dissertazione …, Napoli, Nella Stamperia Regale,

1787. 173 F. AMMIRATI, Il puro gius feodale napoletano, ossia Raccolta delle leggi feudali del

Regno …, Napoli, Presso Antonio Verriento, 1794, 2 voll. 174 Il dibattito sulla feudalità nel Regno di Napoli nel corso della seconda metà

del ’700 è analizzato da P. VILLANI, Il dibattito sulla feudalità dal Genovesi al Canosa,

in Saggi e ricerche sul Settecento, Napoli, Istituto italiano per gli studi storici, 1968

(Istituto italiano per gli studi storici; 22), pp. 252-331. 175 Cfr. la citata lettera di Filippo Briganti a Baldassarre Papadia nel ms. XX. 72,

Carteggio di Domenico Diodati, della Biblioteca Nazionale Centrale di Napoli. Per il

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sull’età sveva: Antonio Cervone (Cervonius) dà nel 1773 i

Constitutionum Regni Siciliarum libri III; il Carcani, nel 1786, le Constitutiones regum regni utriusque Siciliae mandante Friderico II

imperatore, che costituiscono la più importante fonte settecentesca per la storia della legislazione federiciana. Se non apparve allora un’opera

storica dedicata a Federico II che raccogliesse questo vagheggiamento di un’età aurea del Regno, e le aspirazioni dei giuristi riformatori a una

monarchia centralizzata, retta da leggi giuste e razionali, il secolo si chiude con una ricerca su Manfredi, la prima dedicata ex professo

all’età sveva, del prelato giansenista Forges Davanzati176: ripensamento in sede storica della fine di un’età, quasi simbolico

correre incontro alla fine di quell’età di speranze e di fermenti suscitati dal movimento riformatore.

Mentre dunque in Toscana e in Trentino, a Venezia e in Sicilia l’erudizione muratoriana, nel suo autonomo significato, si era

rapidamente esaurita, soprattutto nel Regno, e in parte a Milano, poté

dare in ritardo, accanto ad altre voci e nel contrasto (che non esclude scambi e contatti) con gli orientamenti illuministici, un contributo più

profondo alla ripresa degli studi storico-eruditi rivolti al Medio evo italiano. Nasceva perciò dal travaglio settecentesco e dalla flessione

attraversata dagli studi medievistici nella seconda metà del secolo un’erudizione che salvava il meglio dell’opera muratoriana, la sua

lezione critico-metodologica, il suo significato di incontro con l’età medievale, e ne doveva riflettere ancora le caratteristiche e le

preferenze. Ma un’insidia era sempre presente, qualora tale erudizione, come ogni altra indagine erudita, dovesse ridursi nuovamente a puro

strumento e a tecnica e curiosità avulsa dai problemi e da forze ideali, come era avvenuto e come doveva avvenire ancora in taluni momenti

della storia della nostra erudizione storica.

giudizio giannoniano su Federico II, cfr. P. GIANNONE, Istoria civile del Regno di Napoli,

in Raccolta di tutti i più rinomati scrittori …, cit., XIII, Napoli, Stamp. di Giovanni

Gravier, 1770, pp. 188ss. Analogo giudizio positivo su Federico II in G.M. GALANTI,

Nuova Descrizione storica e geografica delle Sicilie, Napoli, Nel Gabinetto Letterario,

1786-1789, I, 1787, pp. 126-53. Per il giudizio negativo del Muratori sulla figura di

Federico II, v. invece quanto osserva L. SERRA, L.A. Muratori negli “Annali d’Italia”.

Nota per un’identificazione, in Scritti sul Muratori, “Convivium”, nn. 4-5, 1950, in

part. pp. 580-581. 176 D. FORGES DAVANZATI, Dissertazione sulla seconda moglie del re Manfredi e sui loro

figliuoli, Napoli, Nella stamperia di Filippo Raimondi, 1791. Sul Forges Davanzati v.

l’Introduzione di B. Croce a D. FORGES DAVANZATI, Giovanni Andrea Serrao vescovo di

Potenza e la lotta dello Stato contro la Chiesa in Napoli nella seconda metà del

Settecento, Bari, G. Laterza e Figli, 1937 (Biblioteca di cultura moderna; 307).

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II. Le “vaste ed infeconde memorie degli eruditi”:

momenti della erudizione storica in Italia

nella seconda metà del Settecento

Biblioteche e “classe istorica”

Definire, attraverso un rapido percorso, lo sfondo sul quale collocare l’opera di Giambattista Verci, significa richiamare qui, almeno

nei loro aspetti essenziali, gli orientamenti della produzione storico-erudita italiana della seconda metà del Settecento, dei decenni cioè

che seguirono la grande sintesi muratoriana, le inquiete ricerche antiquarie di Scipione Maffei e le vivaci polemiche degli anni ’50, a

chiusura di una stagione la cui fecondità era stata il segno evidente della prima metà del secolo. E come avvio del nostro itinerario,

potremmo prendere le mosse non già dalla figura del Verci, ma da quella del padre Paolo Paciaudi, bibliotecario – tra gli anni ’60-70 del

Settecento – della Palatina di Parma; e più precisamente da quella

Memoria ed orazione intorno la Biblioteca Parmense, che scritta dal Paciaudi in questo stesso torno di tempo, ma apparsa postuma nel

1815, riflette con felice misura la concezione tardo settecentesca della “classe istorica”: vale a dire di quel settore della cultura che attraverso

la sua espressione storico-erudita da un lato trovava posto allora nella classificazione sistematica del sapere con la Encyclopédie méthodique

del Panckoucke – dopo l’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert – e che dall’altro, più specificamente, con le altre “classi” o partizioni delle

conoscenze umane sovraintendeva ai criteri di organizzazione di molte biblioteche italiane ed europee, pubbliche e private. Che la “classe

istorica”, “interminabile” a dire del Paciaudi, comprendesse quelle discipline che “con metodo si premettono o si accoppiano allo studio

della storia”, come la geografia, la cronologia, la diplomatica, era nella concezione del tempo sin troppo scontato. Mette conto invece di

sottolineare come un dotto teatino, quale fu il Paciaudi, privilegi nella

classe storica la presenza della “storia ecclesiastica generale” e di quella “particolare”, e accanto ad esse individui l’importanza della

“storia civile”, cioè delle “memorie de’ popoli diversi, i quali si sono contesa e divisa la terra”, “lo specchio più fedele delle passioni umane

e della loro violenza” - in nome della diffusa concezione della storia politica quale storia di scontri e di conflitti –; e come, nella “catena”

della classificazione, indichi, le une dopo le altre, le “storie delle città d’Italia”, e poi quelle delle singole nazioni europee, sino allo

straordinario ampliamento conoscitivo rappresentato ai suoi occhi, in riferimento al mondo extraeuropeo, dalla letteratura dei viaggi, non a

caso dal Paciaudi esaltata con un fervore che intreccia all’antica curiosità per le relazioni dei missionari e dei viaggiatori il nuovo, più

corposo cosmopolitismo dei Lumi nella Parma del Du Tillot e del

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Condillac. Il quale ultimo – giova ricordarlo – accanto alle sue

elaborazioni filosofiche approntava, in questi stessi anni, una “arte istorica”, o piuttosto un manuale di storia, per l’educazione dell’Infante

Ferdinando1. L’atteggiamento del Paciaudi è dunque specchio di tutto un clima

culturale che investe largamente, nell’ambito di una prospettiva “enciclopedica”, le ricerche storico-erudite nell’Italia della seconda

metà del Settecento. Esso esprime cioè, da un lato, una spiccata predilezione per l’analisi, che continua senza dubbio a fare i conti, nel

settore dell’indagine storica, con l’erudizione muratoriana, ma che nella verifica puntuale e spesso tecnica delle grandi linee tracciate dall’opera

del Muratori pare guadagnare ora in estensione piuttosto che in profondità e tende a far perdere di vista i grandi motivi della visione e

dell’interpretazione muratoriana del Medioevo. D’altro lato, però, in questa nuova fare culturale, esso trova o incomincia a trovare altri

referenti proprio in quel marcato interesse, dopo Muratori, per la storia

delle città italiane, non a caso sottolineato dal Paciaudi, un interesse che era stato rinvigorito appunto dal gran numero di cronache cittadine

incluse nei Rerum Italicarum Scriptores e stimolato dalle dissertazioni XLV-LI delle Antiquitates, dedicate alla storia comunale italiana e alle

origini delle Signorie.

Tradizione e novità: erudizione e ricerca storica dopo Muratori

È significativo, ad esempio, che in Toscana, mentre le ricerche di

Lorenzo Aulo Cecina sul Comune di Volterra (1758) o quelle del Guazzesi sui primordi della vita comunale a Cortona e sulle lotte tra

Cortona ed Arezzo (1760) si muovono ancora sulla scia dell’insegnamento muratoriano, il Pecci, ripercorrendo di lì a non molto

la “storia civile” di Pandolfo Petrucci, cioè le vicende senesi tra il 1480

e il 1559, sembri superare la fase muratoriana che caratterizza le prime sue opere, per attingere la lezione dei grandi storici toscani

cinquecenteschi. Ed è altrettanto significativo che Flaminio Dal Borgo, nelle sue ricerche di storia pisana (1761 e 1765), innesti su una

concezione muratoriana del Medioevo e sullo scrupolo muratoriano della documentazione – pur contraddetto in lui da accentuate tendenze

campanilistiche e da propensioni falsificatorie – l’ostilità già

1 Cfr. P.M. PACIAUDI, Memoria ed orazione intorno la Biblioteca Parmense, Parma, Co'

tipi bodoniani, 1815; per un profilo del Paciaudi (con bibl.), premesso all’inventario

del suo carteggio, cfr. Paolo Maria Paciaudi e i suoi corrispondenti, a cura di L.

Farinelli, Parma, [La Nazionale], 1985; sull’ambiente riformatore e la cultura

parmense negli anni del Paciaudi cfr. anche L. GUERCI, Condillac storico. Storia e

politica nel “Cours d’études pour l’instruction du prince de Parme”, Milano-Napoli, R.

Ricciardi, 1978, pp. 58-108; per l’Encyclopédie méthodique e per questo tipo di

orientamento culturale nello scorcio del Settecento, cfr. R. DARNTON, The Business of

Enlightenment. A Publishing History of Encyclopédie 1775-1800, Cambridge (Mass.),

London, Belknap press of Harvard University press, 1979, pp. 395-459.

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illuministica “per gli odi, i deliri, le smanie de’ contrari partiti” dei Guelfi

e dei Ghibellini, e la preoccupazione, derivata dal Montesquieu delle Considérations sur les causes de la grandeur des Romains et de leur

décadence, per l’”origine della decadenza della repubblica”. Sono, questi, oltre tutto, gli anni in cui in Toscana le realtà locali, quel “bosco

di repubbliche” come Gian Rinaldo Carli poté definire il Granducato in una famosa Relazione del 1757, di fronte al processo di accentramento

e alle riforme della Reggenza lorenese prima, e poi di Pietro Leopoldo, reagiscono nei loro capillari più sottili, alla ricerca di un passato

glorioso di autonomie, di privilegi e di prestigio storico da tempo ormai posto in discussione, e ora ulteriormente alterato dal corso che andava

prendendo il Settecento riformatore2. Ma sono, questi, altresì gli anni in cui, dopo l’edizione muratoriana delle cronache del Villani e del

Compagni per l’età comunale a Firenze, e dopo i dibattiti sulla “libertà” fiorentina così intensi negli anni ’20 e ’30, al momento della

successione medicea, pur nell’assenza per Firenze di ricerche ad hoc

sul suo passato comunale sino alla crisi della repubblica e oltre, non a caso matura e vede la luce, nel 1758, con Anton Filippo Adami, un

Prospetto di una nuova compilazione della storia fiorentina da’ suoi principj fino alla estinzione della Casa Medici, destinata a preparare

una riflessione della storia toscana non già e non più su basi locali, ma stimolata da una concezione complessiva della realtà statale e delle

nuove esigenze riformatrici, come avverrà, in piena età leopoldina, nel 1781, con la Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della

Casa Medici di Riguccio Galluzzi3. Ancora – per passare ad un’altra area culturale – negli anni del

riformismo teresiano e giuseppino in Lombardia, sarà a Milano che appariranno le erudite Memorie del conte Giulini (1760-71) sulla città e

le campagne milanesi “ne’ secoli bassi”, e l’opera “critico-diplomatica” del Fumagalli (1778) sulle lotte del Comune contro Federico

Barbarossa, seguite più tardi (1792-93) dalle Antichità longobardico-

milanesi che i monaci della Congregazione cistercense lombarda si preoccuperanno di illustrare con particolari dissertazioni4. Ma non a

caso, più che in Toscana, sarà in Lombardia, in consonanza con la maggiore maturità e vivacità del pensiero riformatore, che si farà

strada più presto l’esigenza di rifiutare un vecchio costume erudito e di aprire nuovi spazi agli studi e alla ricerca. Chi in poesia aveva colpito il

costume nobiliare e l’ozio del “giovin signore”, come il Parini, non

2 Cfr. M. ROSA, L’“età muratoriana” nell’Italia del ’700, in Riformatori e ribelli nel ’700

religioso italiano, 1969, pp. 9-47: 22-23 e 26-27; ora parte I di questo saggio. 3 Manca una specifica ricerca sulla riflessione storico-politica nella Toscana leopoldina;

riguardo al dibattito sulla “libertà” fiorentina, e per un ampio quadro delle discussioni

giuridico-politiche sviluppatesi in Toscana tra gli anni ’30 e gli anni ’50 del Settecento,

cfr. M. VERGA, Dai Medici ai Lorena. Aspetti del dibattito politico in Toscana

nell’epistolario del Tanucci, “Società e Storia”, 29 (1985), pp. 547-594, poi in

Bernardo Tanucci e la Toscana. Tre giornate di studio, Pisa-Stia, 28-30 settembre

1983, Firenze, L.S. Olschki, 1986, pp. 171-215. 4 Cfr. ROSA, L’“età muratoriana” nell’Italia del ’700 …, cit., p. 27.

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mancherà di cogliere, con graffiante ironia, in quel suo Discorso che ha

servito d’introduzione all’Accademia sopra le caricature, il gusto stantio della cultura accademica più cristallizzata e la vuota rissosità dei suoi

adepti: “Chi domandasse loro quante paia fanno tre mosche – scriverà il poeta de Il Giorno - tosto avvedrebbesene alle molte paia di tomi che

n’uscerieno in risposta. Un coccio o un torso trovato nella vigna da un nostro contadino diverrebbe nelle lor mani più celebre di Tolomeo o di

Tamerlano”5. Se la figura del vecchio intellettuale antiquario, così cara al Maffei, non trovava perciò più grazia agli occhi del Parini, la sua

polemica non escludeva, d’altro lato, per quel che qui ci riguarda, il richiamo sia pure occasionale, formulato già nel 1766, ad una storia

che facesse discernimento delle cose, ne suscitasse i princípi, ne legasse gli estremi, e facesse scaturire i veri punti, sopra i quali merita d’essere

occupata la lettura e la meditazione degli uomini, ed a’ quali convien richiamare le vaste ed infeconde memorie degli eruditi e dirigere le

riflessioni de’ novelli lettori6.

Sembrerà dar quasi risposta a questa sollecitazione, di lì a poco più di

un quindicennio, nel 1783, con la Storia di Milano, una voce di riformatore come quella di Pietro Verri, che proprio a proposito della

stagione di ricerca che lo aveva preceduto, ma che ancora lo accompagnava per l’impegno di “alcuni pochi eruditi per mestiere, i

quali si appiattano a vivere fra i codici, e le pergamene”, e più in particolare in riferimento alle pur benemerite ricerche del Giulini, utili

“alla curiosa erudizione generalmente”, poteva rivendicare il carattere di novità – almeno nelle intenzioni – dell’opera sua e distinguere a

chiare lettere il lavoro onnivoro, subordinato e classificatorio dell’antiquario e dell’erudito da quello, a suo giudizio, critico e sociale

dello storico:

il primo [che] cerca di sviluppare la verità di tutti gli antichi fatti, e non ne omette alcuno quand’abbia soltanto la probabilità, che debba un

giorno servire anche a una privata famiglia, e dispone in ordine un vastissimo magazzino di memorie; il secondo [che] trasceglie dalla serie

de’ fatti antichi i soli importanti e caratteristici, li collega, e presenta quindi al lettore un seguito di pitture, atti a stamparsi facilmente nella

memoria, dilettevoli ed utili a contemplarsi7.

5 Cfr. G. PARINI, Discorso che ha servito d’introduzione all’Accademia sopra le

caricature, in ID., Prose, a cura di E. Bellorini, Bari, Laterza, 1913 (Scrittori d’Italia;

55), pp. 325-340: 334. 6 Cfr. G. PARINI, Sul “Quadro dell’istoria moderna” del Mehegan, in ID., Prose, cit., pp.

133-146: 134. 7 Cfr. P. VERRI, Storia di Milano, I, In cui si narrano le vicende della città

incominciando dai più rimoti principj sino alla fine del dominio dei Visconti, In Milano,

Nella stamperia di Giuseppe Marelli, 1783, Prefazione, pp. VII-VIII; per una

valutazione complessiva dell’opera cfr. C. MOZZARELLI, Del buon uso della storia. Pietro

Verri e la sua “Storia di Milano”, “Società e Storia”, 37 (1987), pp. 581-605.

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Posizione, questa, con maggiore incisività ribadita poco più avanti, nel

corso dell’opera: “L’erudizione tutto raccoglie – affermerà ancora il Verri – la voce della storia racconta que’ soli fatti, che meritano di

essere conosciuti o per la relazione che ebbero cogli avvenimenti accaduti dappoi, ovvero per l’influenza, che hanno a dimostrarci lo

stato delle cose in que’ tempi” 8 . E non v’e dubbio che con il suo tentativo il Verri intendesse tracciare programmaticamente un netto

discrimine tra chi come “l’instancabile conte Giulini ha dovuto mendicare dalle antiche pergamene, dai diplomi de’ principi, dalle

sentenze de’ giudici, dai testamenti e dai contratti, che tuttora conservansi negli archivi, le notizie isolate di questi tempi [i secoli IX-

X], le quali appartengono per lo più a private persone, alla cronaca di qualche Ordine monastico, alla erudita ricerca su i confini di qualche

giurisdizione o distretto, alla dotazione o erezione di qualche chiesa, ma non possono servire alla storia”; e chi invece, come appunto il Verri

stesso, pur lamentando il vuoto di notizie “sullo stato dell’agricoltura

del Milanese, sulla negoziazione in que’ secoli, sopra i costumi sì religiosi che civili del popolo”, non si era prefisso, per i secoli più oscuri

dell’alto Medioevo giù sino al secolo XIII, “di raccontare tutti gli avvenimenti, ma di trascegliere que’ pochi, i quali o sono capaci di

darci idea de’ costumi e della felicità di que’ tempi, ovvero sono un seme degli avvenimenti importanti accaduti dappoi”9.

V’era dunque nel Verri, in termini limpidi e definiti, la concezione di una storia “filosofica” o comunque illuministicamente sollecitata dai

problemi del presente e dalle riforme. Ma quell’erudizione storica, che il poco compiacente occhio del riformatore e dello storico con animo così

convinto andava svalutando, era di fatto resistentissima. Tanto in Lombardia, quanto, e più ancora in Toscana, per quel che abbiamo

prima ricordato, permaneva con radici ben salde la minuziosa cultura erudita del Giulini e dei “frati” e di un nugolo di studiosi locali e di

raccoglitori di patrie memorie; e si era ancora lontani dal momento in

cui, con altre sollecitazioni politiche e ideali, all’indomani del trauma rivoluzionario e lungo l’agitato periodo napoleonico, tra il 1809 e il ’18,

potrà apparire la Storia delle repubbliche italiane del Sismondi. A ben guardare però v’era, dove più dove meno, una fondata ragione storica

e culturale del perpetuarsi, e spesso del più largo dispiegarsi, di questa frondosa e appuntita erudizione storica e antiquaria. Se in Lombardia e

in Toscana poteva agire in qualche modo, con provocazione indiretta, nel settore delle ricerche storico-erudite l’impatto con il movimento

riformatore, altrove, e soprattutto a Venezia o nello Stato pontificio, le ricerche storico-erudite locali tenderanno sempre più ad esprimere,

nello scorcio del Settecento, all’interno della corrosione delle vecchie strutture statali, la consapevolezza non spenta di antiche frantumazioni

municipali e la vitalità di un policentrismo di culture e di gelose tradizioni cittadine: che qui, come del resto in altre aree della penisola,

8 Cfr. VERRI, Storia di Milano …, cit., p. 188. 9 VERRI, Storia di Milano …, cit., rispettivamente pp. 57-26, 232.

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gli Stati regionali, dalla metà del Cinquecento e lungo l’intero Seicento,

erano stati incapaci di amalgamare totalmente, e che ora riaffiorano con prepotenza come diverse possibilità di scelta nei variegati piccoli

“patriottismi” provinciali e come riaperte competizioni nell’ambito dei sistemi politico-istituzionali vigenti, in un quadro di stanca routine

amministrativa e di decomposizione degli antichi ordinamenti10.

Dalle “piccole patrie” al confronto con i Lumi: un progetto

gesuitico

In questo contesto, per altro, insieme con le voci che potremmo definire “laiche” di questo o quel cultore di storia patria, dal

discendente delle vecchie oligarchie patrizie cittadine, ancora alla guida dei governi locali, al nuovo borghese colto, presto inseritosi

paritariamente nel notabilato di quelle accademie che vanno intanto

moltiplicandosi nei centri anche minori italiani, par di avvertire – né si può respingere l’impressione generale – che, almeno dalla sua matrice

muratoriana, la ricerca storico-erudita si vada, nella seconda metà del secolo, per così dire “ecclesiasticizzando”. E non solo perché coltivata e

rappresentata in buona parte da studiosi ecclesiastici, secolari o regolari, dal dotto canonico di estrazione nobiliare al religioso

benedettino, anch’egli spesso cadetto di nobile famiglia, al frate francescano o al gesuita e poi ex gesuita, non di rado indirizzato

attraverso l’erudizione a più vaste strategie culturali, quanto perché rivolta ora, la ricerca storico-erudita, con impegno particolare, alla

storia ecclesiastica. Anche in questo caso, nel tramonto dell’antico regime, nei mutamenti che bene o male vanno aprendosi nelle pieghe

della società italiana, sono le piccole patrie provinciali a mostrarsi ancora una volta fortemente reattive: in riferimento a primati ancora

disputati, a contrasti di campanile o tra istituzioni religiose, a verifica di

privilegi contesi o di rapporti di giurisdizione mal definiti, mirando a ricercare una loro anche tardiva legittimazione e al tempo stesso a far

tesoro, dopo i fasti mitico-encomiastici dell’erudizione seicentesca, degli apporti di una più recente, sebbene non sempre del tutto

persuasiva, erudizione storica locale 11 . Così, per muoverci in area veneta, a Treviso il nobile canonico Rambaldo Avogaro degli Azzoni,

che può rappresentare per noi l’immagine tipica dell’ecclesiastico settecentesco erudito ed antiquario, non esiterà a scendere in campo,

nel 1769, nel contrasto che opponeva la sua cattedrale alla collegiata di Asolo; e altri anonimi cultori di patrie memorie, probabilmente gli 10 Per le interessanti puntualizzazioni riguardo alla cultura letteraria, ma che possono

essere estese alla cultura storico-erudita cfr. C. DIONISOTTI, Culture regionali e

letteratura nazionale in Italia, “Lettere italiane”, XXII (1970), pp. 132-143: 136ss. 11 Sui caratteri dell’erudizione storica locale seicentesca cfr. M. ROSA, All’ombra del

campanile: l’immagine della città nell’Italia del ’600, Introduzione al volume Paolo

Tronci: storico e erudito pisano, Pisa, Pacini, 1985 (Biblioteca del Bollettino storico

pisano. Collana storica; 29), pp. 7-20.

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stessi canonici capitolari di Belluno, non tralasceranno di difendere, con

pari impegno, di lì a poco, nel 1774, le esenzioni e i privilegi del loro capitolo contro la giurisdizione dell’ordinario diocesano. Così, dopo la

Verona illustrata di Scipione Maffei (1731-32) sarà il ben modesto e meno criticamente provveduto Giambattista Biancolini, un laico e non

già un ecclesiastico, ad occuparsi lungamente, tra il 1745-71, di storia civile ed ecclesiastica veronese, tra l’altro in una controversia che

vedrà animosamente schierati, gli uni contro gli altri, i patriottismi cittadini di Bergamo e di Verona riguardo all’esistenza, nell’una o

nell’altra città, delle reliquie dei santi Fermo, Rustico e Procolo12. Con saggio equilibrio l’erudito giornalista fiorentino Giovanni Lami

aveva ammonito sin dal 1751 i lettori delle “Novelle letterarie”:

La storia ecclesiastica delle città è l’unica che ne possa perfezionare l’istoria civile, essendo appunto gli archivi delle chiese quelli che hanno

conservate più memorie di tutti gli altri. Tutto sta nel sapere scegliere con giudizio, distinguere il vero dal falso, rigettare le favole, parlare con

circospezione nelle cose dubbie, insomma investigare curiosamente il vero, ma non credere d’averlo sempre trovato13.

In realtà, in questi stessi anni, e a maggior ragione nei successivi, presa sempre più debole era destinata ad avere una professione di

fede “moderata” e muratoriana come questa espressa dal Lami, mentre la stessa eredità muratoriana si andava biforcando, da un lato

confluendo nel razionalismo illuministico e finendo col fornire armi e strumenti alla critica storica ispirata dai Lumi, dall’altro arroccandosi

nella difesa della sola evidenza “monumentale e documentaria”. Aspetti, entrambi, trasparenti persino nelle Lezioni di antichità toscane

dello stesso Lami, apparse nel 1766, particolarmente in quelle Della eresia de’ Paterini in Firenze e in quella Della setta de’ flagellanti in

Toscana, dedicate le une alla storia dei movimenti religiosi popolari medievali e l’altra all’origine delle confraternite penitenziali, i cui toni

hanno ormai assunto un sapore illuministico più che muratoriano nella condanna della “superstizione”, e il cui impianto documentario pare

preferire gli “antichi e veridici monumenti” coevi, come dichiarerà

esplicitamente l’autore, in luogo delle cronache, posteriori agli avvenimenti e, a suo giudizio, infide14. Soprattutto, in questo tournant

12 Sull’Avogaro degli Azzoni cfr. la voce di L. Moretti, in Dizionario Biografico degli

Italiani, IV, Roma, Treccani, 1962, pp. 711-712 [e vedi qui la nota 83 alla parte I];

sul Biancolini, la voce di A. Petrucci, ivi, X, Roma 1968, pp. 243-244; per lo scritto

dei canonici bellunesi, cfr. [G.A. COLETI], Catalogo delle storie particolari civili ed

ecclesiastiche delle città e de’ luoghi d’Italia le quali si trovano nella domestica

libreria dei fratelli Coleti in Vinegia, [Venezia], Nella stamperia degli stessi, 1779:

disposto per ordine alfabetico dei luoghi, è strumento prezioso per l’individuazione

delle ricerche, soprattutto settecentesche, di storia locale. 13 Cfr. “Novelle letterarie” di Firenze, 1751, col. 584. 14 Per la posizione del Lami cfr. ROSA, L’“età muratoriana” nell’Italia del ’700 …, cit., in

part. pp. 31-38, ma anche la Nota introduttiva di E. Cochrane alla scelta di testi dello

stesso Lami in Dal Muratori al Cesarotti, V, Politici ed economisti del primo

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della cultura, l’erudizione storica in senso lato, spezzando quel

rapporto organico tra la storia ecclesiastica e la storia civile ipotizzato dal Lami, veniva inglobata in un progetto di storiografia ecclesiastica

che sempre più si rivestiva di tinte apologetiche, a difesa delle istituzioni e delle “ragioni” ecclesiastiche, non tanto contro nemici

antichi – dalla storiografia protestante sulle antichità cristiane al mal digerito Muratori della disputa di Comacchio e degli orientamenti

anticuriali degli Annali – quanto, e insistentemente, contro gli avversari più recenti, portavoce della incredulità dei Lumi.

Protagonista, in questa direzione, è il gesuita poi ex gesuita Francesco Antonio Zaccaria, guarda caso successore del Muratori, nel

1754, nella direzione della Biblioteca Estense di Modena15. Giornalista vivacemente polemico dal 1750 al ’68 con la sua Storia letteraria

d’Italia e con la sua Biblioteca antica e moderna di storia letteraria, autore di opere che in parte si riallacciano al Muratori, come la

Anecdotorum Medii aevi … collectio del 1755, soprattutto impetuoso

sostenitore di orientamenti antigiansenisti, curiali e “romani”, lo Zaccaria in effetti si mostra non solo fortemente impegnato, nel corso

della sua multiforme attività, nel tentativo di fornire i modelli di una storia ecclesiastica più rispondente ai canoni della nuova critica storico-

erudita, quanto rivolto in particolare ad elaborare, sulla soglia degli anni ’80, alcune prese di posizione metodologiche e programmatiche,

che ci fanno cogliere con chiarezza il cammino percorso dagli orientamenti storico-eruditi, nel trentennio successivo alla morte del

Muratori, e uno dei loro punti di arrivo più significativi. Sarà in una dissertazione Sulla scelta delle opinioni in materia di storia sacra, cioè

di storia ecclesiastica, letta nell’Accademia ecclesiastica di Roma il 29 novembre 1779 – e quindi con tutto il senso, per la sede e per la

collocazione culturale di chi la presentò, di un manifesto ufficiale – che lo Zaccaria denunzierà appunto senza mezzi termini i rischi e i danni

che l’arte critica, vale a dire la critica storica, poteva subire ad opera di

una “vana filosofia”, Voltaire in testa, legandone il “doveroso uso” “senza perder mai di mira il rispetto e l’amore che la religione …

domanda ed aspetta”16. Il che, tutto sommato, potrebbe apparirci di

Settecento, a cura di R. Ajello, M. Berengo, A. Caracciolo, E. Cochrane, E. Leso, R.

Paci, G. Ricuperati, S. Rotta, F. Venturi, Milano, Napoli, R. Ricciardi, 1978, pp. 451-

465. 15 Sullo Zaccaria cfr. il profilo tracciatone dal contemporaneo scrittore curiale L.

CUCCAGNI, Elogio storico dell’abate Francescantonio Zaccaria …, Roma, Presso Giovanni

Zempel, 1796; ma anche il contributo di D. SCIOSCIOLI, La vita e le opere di Francesco

Antonio Zaccaria, erudito del secolo XVIII. Studio biografico e critico, Brescia, Giulio

Vannini, [1925] e il più specifico articolo di P. DE LETURIA, Il concetto di nazione italiana

nel grande antigiansenista Francesco Antonio Zaccaria (1714-1795) secondo fonti

dell’Archivio di Loyola, in Nuove ricerche storiche sul giansenismo. Studi presentati

nella Sezione di storia ecclesiastica del Congresso internazionale per il IV centenario

della Pontificia Università Gregoriana, 13-17 ottobre 1953, “Analecta Gregoriana”,

LXXI, Romae, Apud aedes Universitatis Gregorianae, 1954, pp. 231-257. 16 Cfr. F.A. ZACCARIA, Dissertazioni varie italiane a storia ecclesiastica appartenenti …,

In Roma, Nella stamperia Salomoni, 1780, 2 voll., I, Dissertazione III, pp. 56-76.

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interesse relativo e quale semplice suggello di posizioni largamente

diffuse in molti settori ormai irrigiditisi della cultura cattolica tardo settecentesca, se lo stesso Zaccaria non traducesse in positivo le sue

posizioni teoriche in una successiva dissertazione, “in cui si mostra quanto convenevol cosa sarebbe che si compilasse una storia

ecclesiastica dell’Italia, e ’l modo si addita che in essa di potrebbe tenere”; e se non fosse in grado di individuare, con non trascurabile

intuito storico, i grandi temi di una specifica storia della Chiesa in Italia – dalla peculiarità della presenza del papato nella storia italiana al

significato dell’antica tradizione conciliare delle Chiese italiane – senza tacere le difficoltà che, dal suo punto di vista, le progettate ricerche

avrebbero potuto incontrare per le connessioni tra la storia delle Chiese d'Italia e la storia della Chiesa universale17.

Storia ecclesiastica e scoperta del territorio

Di là da fin troppo scoperte finalità apologetiche, e non senza

qualche asprezza polemica, che rappresenta il modo tutto personale degli innumerevoli interventi dello Zaccaria, il progetto del combattivo

ex gesuita va in qualche modo inquadrato nella prospettiva culturale ben più sfumata in cui contemporaneamente prendevano a muoversi

altri ex gesuiti italiani e spagnoli, dei quali diremo, con la preoccupazione, senza dubbio più marcata nello Zaccaria, di

organizzare unitariamente e interpretare, dopo il ventennio 1750-70, caratterizzato da un vero fiume di ricerche particolari, quell’enorme

lavoro settoriale che si era andato intanto sedimentando riguardo alle istituzioni ecclesiastiche. Era difficile ormai trovare un punto di

riferimento tra le numerosissime cronotassi e storie delle Chiese italiane, nate sulla scia dell’Italia sacra dell’Ughelli o realizzate dalle

ricerche di discepoli ideali del Muratori, dal Lami per la Chiesa

fiorentina al Tartarotti per la Chiesa di Trento18. Soprattutto moltissimo lavoro era stato compiuto per quanto riguardava la storia

dell’organizzazione regolare, monastica e degli Ordini mendicanti, e proprio negli anni che precedono la sua grande crisi organizzativa in

conseguenza degli interventi o delle soppressioni da parte del dispotismo illuminato. Anche se non era stato realizzato il progetto di

un Monasticum Italicum, vagheggiato tra il primo e il secondo decennio del Settecento dal benedettino e futuro cardinale Angelo Maria Querini,

l’erudizione monastica e fratesca aveva continuato infatti a dare, nella seconda metà del secolo, risultati cospicui: dai nove volumi degli 17 Cfr. ZACCARIA, Dissertazioni varie italiane…, cit., Dissertazione V, pp. 99-117. 18 Su questi specifici interessi del Lami, oltre ROSA, L’“età muratoriana” nell’Italia

del ’700 …, cit., in part. p. 35 e la già cit. Nota introduttiva di E. Cochrane, cfr. dello

stesso COCHRANE Giovanni Lami e la storia ecclesiastica ai tempi di Benedetto XIV,

“Archivio storico italiano”, CXXIII (1965), pp. 48-73; sul Tartarotti, cfr. M. BERENGO,

Nota introduttiva alla scelta di testi dello stesso Tartarotti in Dal Muratori al

Cesarotti …, cit., V, pp. 317-338.

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Annales Camaldulenses dei padri Mittarelli e Costadoni, apparsi tra il

1755 e il ’73, al solo primo volume, pubblicato nel 1756, degli Annales Ordinis Praedicatorum del padre Tommaso Maria Mamachi, ai tre

volumi del Bullarium Franciscanum dello Sbaraglia, editi tra il 1759 e il ’65, per non citare, di altre iniziative, se non i tre volumi dei Vetera

Humiliatorum Monumenta (1766-68), con i quali il gesuita Girolamo Tiraboschi aveva fornito uno scavo suggestivo in un particolare settore

della storia religiosa e sociale dell’età di mezzo19. La conoscenza della legislazione canonistica, per altro, in specie di quella conciliare, aveva

fatto anch’essa grandi passi in avanti e, al momento in cui lo Zaccaria scriveva, poteva avvalersi di gran parte della monumentale Sacrorum

Conciliorum nova et amplissima collectio, in corso di stampa dal 1759 – e terminata con il suo trentunesimo volume solo nel 1798 – a cura di

Giovan Domenico Mansi dei chierici regolari della Madre di Dio, poi arcivescovo di Lucca, e dei suoi continuatori20. E notevoli progressi si

erano registrati infine, tra scontri e polemiche, a partire dagli anni

muratoriani – sull’onda della pubblicazione degli Acta Sanctorum avviata a metà Seicento dai bollandisti – nel settore dell’agiografia, con

una vera proliferazione di ricerche intorno al culto dei santi antichi o più recenti del calendario romano, dal De cultu S. Johannis Baptistae

antiquitates christianae (1755) del padre Paciaudi, che resta uno dei migliori prodotti dell’erudizione storica settecentesca in questo campo,

a quelle indagini agiografiche di sapore rigorista e giansenista sulle quali ha richiamato la nostra attenzione Pietro Stella21.

Non che, in tutto questo fervore di ricerche, naturalmente non mancassero dei vuoti, e anche rilevanti, o non esistessero spazi ancora

poco o niente affatto dissodati. Non molto, ad esempio, si era fatto per la storia dell’istituzione secolare di base, la parrocchia, sulla quale

evidentemente continuava a gravare pesantemente un’ipoteca controriformistica, e che semmai, già oggetto delle sollecitazioni del

riformismo religioso muratoriano, era destinata ad essere al centro, nel

cuore degli anni ’80 del Settecento, non di ricerche storiche, ma dell’idealizzazione parrochista così come verrà espressa, nel quadro

della riforma “giansenista” della Chiesa, dalle opere del Guadagnini e

19 Cfr. P. SAMBIN, A.M. Querini, la biblioteca di S. Giustina in Padova e il “Monasticum

Italicum”, “Atti e Memorie della Accademia Patavina di storia, lettere ed arti”, Classe

di scienze morali, lettere ed arti, LXXV (1962-63), pp. 387-411, che richiama

l’attenzione su tutto questo versante dell’erudizione storica ecclesiastica

settecentesca, su cui manca tuttavia ancora un lavoro d’insieme. 20 Sull’attività erudita del Mansi, in assenza di un profilo complessivo, orienta

utilmente il catalogo della Mostra delle opere a stampa e degli autografi di mons.

Giovan Domenico Mansi (1692-1769), Lucca, Palazzo Arcivescovile 6 sett.-5 ott.

1969, Pisa, V. Lischi e figli, [1969]; altre indicazioni in M. ROSA, Encyclopédie,

“lumières” et tradition au 18e siècle en Italie, “Dix-huitième siècle”, 4 (1972), pp.

109-168: 129-130. 21 Sull’opera del Paciaudi cfr. ROSA, L’“età muratoriana” nell’Italia del ’700 …, cit., p.

30; per gli interessi agiografici da parte della cultura rigoristico-giansenista, e per le

sue preoccupazioni devozionali, cfr. P. STELLA, Giansenismo e agiografia in Italia

tra ’700 e ’800, “Salesianum”, XLII (1980), pp. 835-853.

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del Tamburini e dal sinodo di Pistoia22. Neppure molto cammino aveva

percorso lo studio della “disciplina economica” della Chiesa, come lo Zaccaria definiva la storia della proprietà ecclesiastica, dopo la

voluminosa opera, controversistica più che storica, del Mamachi, Del diritto libero della Chiesa di acquistare e di possedere beni temporali sì

mobili che stabili, non a caso apparsa tra il 1769-70 in polemica risposta alle leggi di ammortizzazione, sebbene in questo settore non

mancassero, come non mancheranno più tardi, contributi di rilievo in opere singole, quali il Dell’antichissima badia di Leno dello stesso

Zaccaria (1767) o la Storia dell’augusta badia di S. Silvestro di Nonantola (1784-85) del Tiraboschi, volti ad indagare l’evoluzione di

grandi complessi istituzionali ed economici monastici ed abbaziali23. E, infine, neppure si erano raggiunti livelli degni di nota nella storia della

liturgia, rispetto ai ben più autorevoli e importanti modelli proposti dall’erudizione ecclesiastica, dai maurini in poi, e dopo i lavori dei

cardinali Bona e Tomasi, tant’è che non occasionalmente lo stesso

Zaccaria si preoccuperà, tra il 1776 e l’81, proprio negli stessi anni in cui andava abbozzando il suo progetto più ambizioso, di indagare

“sistematicamente” nel settore degli antichi Rituali, pubblicandone con la Bibliotheca ritualis concinnatum opus una sorta di repertorio 24 .

Fossero però limiti interni, vale a dire la radicata tendenza all’analisi, di cui si è detto, con la sua “forma mentis” e le sue preoccupazioni

compilatorie e classificatorie, fosse la congiunta difficoltà da parte degli eruditi, in generale, a proiettarsi verso opere di sintesi, fatto sta che

l’invito dello Zaccaria per un’elaborazione più organica della storia ecclesiastica resterà lettera morta.

Un autunno, dunque, questo dell’erudizione storica italiana tardo settecentesca? Al punto in cui siamo giunti, la risposta potrebbe

apparire persino scontata, se misurassimo la produzione storico-erudita soltanto in riferimento al modello muratoriano e al ricco

interscambio di esperienze che intorno ai nomi di Muratori e di Maffei

connotò la cultura italiana nella prima metà del Settecento. In realtà, tra la prima e la seconda metà del secolo, come erano venute

22 Per un’analisi concreta dei settori in cui operò il riformismo settecentesco ispirato

da una concezione parrochista cfr. C. FANTAPPIÉ, Riforme ecclesiastiche e resistenze

sociali. La sperimentazione istituzionale nella diocesi di Prato alla fine dell’antico

regime, Bologna, Il Mulino, 1986. 23 Per un quadro politico e per la particolare congiuntura polemica, in cui appare

l’opera del Mamachi, cfr. F. VENTURI, Settecento riformatore, cit., II. La Chiesa e la

repubblica dentro i loro limiti 1758-1774, 1976, pp. 185-213; per un esempio di

ricerche storico-erudite provocate da controversie giurisdizionali, come quelle

riguardanti la certosa calabrese di S. Stefano del Bosco, cfr. Rosa, L’“età

muratoriana” nell’Italia del ’700 …, cit., p. 42. 24 Per gli interessi storico-liturgici nell’ambiente maurino, e in particolare per il De

liturgia gallicana (1685) del Mabillon, cfr. H. LECLERCQ, Mabillon, Paris, Letouzey &

Ane, 1953-1957, 2 voll., I, 1953, pp. 288-293; sui rapporti con i maurini e sulle

ricerche liturgiche del cardinale Bona cfr. le indicazioni fornite da L. CEYSSENS, Le

cardinal Jean Bona et le jansénisme. Autour d’une récente étude, “Benedictina”, X

(1956), pp. 79-119 e 267-327.

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maturando, pur in modo esitante, quelle spinte culturali che abbiam

visto operare nel settore delle storie cittadine, così altri stimoli verranno a convergere nella ricerca storico-erudita e ne riplasmeranno

almeno in parte gli orientamenti. Carteggi eruditi e giornali letterari, nei quali si infittiscono ricerche e discussioni, sembrerebbero

confermare a prima vista queste nuove o diverse intenzionalità storico-erudite. Ma sono in larga misura ancora da precisare il carattere e le

qualità delle indagini erudite quali prendono a definirsi “metodicamente”, nei loro rapporti con gli sviluppi della ricerca europea

nel settore storico-filologico e antiquario e con le sollecitazioni della coeva cultura scientifica, attraverso i giornali più diffusi nella penisola

tra gli anni ’70-80: dalle vecchie “Novelle letterarie”, che proseguiranno con nuovo impulso dal 1770, dopo la scomparsa del Lami, sotto la

direzione del Pelli, del Lastri e del Bandini, alla “Nuova raccolta d’opuscoli scientifici e filologici” di Angelo Calogerà e Fortunato

Mandelli, che dal 1755 all’87 continuerà la fortunata e gloriosa

“Raccolta” calogeriana; dalla nuova serie dell’accademico “Giornale de’ letterati” di Pisa, diretto dal 1772 da Angelo Fabbroni, alle “Effemeridi

letterarie” di Roma che a partire dallo stesso anno prenderanno a muoversi in un contesto diviso tra antigesuitismo, rinnovamento

arcadico e neoclassicismo winckelmanniano25. Circolazione di idee attraverso i periodici, ma anche incontri e

circolazione di uomini in quella “cultura dei viaggi” che rappresenta una nota alta tra le esperienze culturali settecentesche26. Studiosi per lo più

da tavolino e sedentari, si sa, i nostri studiosi, ma sollecitati sempre più, nella seconda metà del secolo, ad assumere le vesti di viaggiatori,

a muoversi en plein air, attivi sul campo, alla ricerca diretta di testimonianze del passato, dalle carte d’archivio ai reperti archeologici.

Con particolare intensità riprende ora e si sviluppa, sull’onda di viaggi stagionali, autunnali, la cosiddetta letteratura “odeporica”, un modo di

studio che si svolge per così dire lungo la strada, nei percorsi da città a

città e tra i borghi e le campagne, riallacciandosi ad un costume umanistico, non interrotto nel tempo, certo, ma attenuatosi nel corso

del Seicento e ancora non frequente – l’immagine del Muratori tra i suoi libri è probante – nei primi decenni del Settecento. Una nuova

curiosità e una più evidente socialità sembrano adesso coinvolgere gli studiosi; e non è un caso che il Lami, che aveva aperto le sue Deliciae

eruditorum nel 1736 con la pubblicazione di testi riguardanti la storia ecclesiastica bizantina, e aveva progettato di continuarle negli anni ’40

con una integrazione dei Rerum muratoriani, dedichi poi, tra il 1741 e

25 Per questi e altri giornali coevi cfr. intanto il panorama generale offerto da G.

RICUPERATI, Giornali e società nell’Italia dell’“ancien régime” (1668-1789), in Storia

della stampa italiana, a cura di V. Castronovo e N. Tranfaglia, Roma, Bari, Laterza

1976-1999, 7 voll. (Storia e società), I. La stampa italiana dal Cinquecento

all’Ottocento, 1976, in part. pp. 191ss. 26 Cfr. i numerosi spunti presenti in C. DE SETA, L’Italia nello specchio del “Grand

Tour”, in Storia d’Italia, Annali, Torino, G. Einaudi, 1978-2011, 26 voll., V, Il

paesaggio, a cura di C. DE SETA, 1982, pp. 127-263.

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il ’54 i volumi X-XI, XV e XVII alla descrizione dei suoi viaggi nel

Valdarno inferiore, tutti un susseguirsi di “scoperte” di documenti e monumenti del Medioevo ecclesiastico toscano. Ma, più del Lami, quasi

contemporaneamente è specchio di un gusto e di un clima culturale che va mutando il ben più giovane Giuseppe Garampi, destinato a

grande avvenire come nunzio in Polonia, al momento della prima spartizione, e come nunzio a Vienna negli anni tempestosi del

riformismo giuseppino, per essere rivestito infine della porpora cardinalizia. Dobbiamo ad Armando Petrucci un ritratto affascinante del

ventiquattrenne contino riminese, allora ancora canonico di S. Pietro e coadiutore dell’Archivio Vaticano, di cui sarà più tardi prefetto, sorpreso

con il suo primo, ma già maturo armamentario di ricerca erudita, tra l’estate e l’autunno del 1749, in vari centri delle Marche e dell’Umbria,

soprattutto a Gubbio, “tratto dalla gran fama … sentita di gran quantità di memorie del mezzo tempo che qui si conservano”, nel corso di quello

che lo stesso Garampi definisce con amabile lepidezza “la mia

vendemia letteraria membranacea e lapidaria”. Era un impegno, che il Garampi del resto avrebbe mantenuto a lungo, se venti anni dopo

l’erudito pesarese Annibale degli Abbati Olivieri-Giordani poteva facilmente immaginare che egli fosse andato “non dirò a qualche

amena villeggiatura, ma in qualche erudita peregrinazione, che rifocilli doppiamente l’animo vostro, e con la libertà e la mutazione dell’aria, e

con l’acquisto di antiche notizie”27. Otium non già in villa perciò, o non solo in villa, ma itinerante, questo del Garampi, come di molti altri

eruditi della sua generazione: che guardano dalla città al territorio e infondono agli studi antiquari ed eruditi accanto alla fisionomia

strettamente localistica e cittadina delle ricerche, su cui si è prima e, pensiamo, non senza ragione insistito, anche una ventata di contatti e

di confronti più larghi e, con i viaggi, la “curiosità” tutta settecentesca per una dimensione extracittadina, intraregionale, se non regionale,

che nel caso del Garampi si trasformerà addirittura in esperienza di

cultura europea. E andrà riferito forse anche a questi diversi umori culturali, nel contesto delle forze centrifughe che nella Terraferma

veneta segnano il tramonto della Serenissima, il passaggio operatosi, pur con i suoi limiti, in Giambattista Verci, dopo il Compendio storico

della città di Bassano, del 1770, e dopo il saggio Dello stato di Bassano intorno al Mille, del 1777, verso la Storia degli Ecelini del 1779 e la

Storia della Marca Trivigiana e Veronese, apparsa tra il 1786 e il ’9128.

27 A. PETRUCCI, Una “vendemia letteraria” del Garampi ventiquattrenne, “Annali della

Scuola speciale per archivisti e bibliotecari dell’Università di Roma”, II (1962), pp. 97-

117: 100, n. 14, per il brano della lettera dell’Abbati Olivieri-Giordani del 12 ottobre

1769. 28 Prima delle acquisizioni del presente Convegno [apparse in Erudizione e

storiografia nel Veneto di Giambattista Verci. Convegno di studi 23-24 ottobre 1986,

a cura di P. Del Negro, Treviso, Ateneo di Treviso 1988], cfr. le osservazioni di P.

PRETO, Erudizione municipale e metodo muratoriano in Giambattista Verci, in L.A.

Muratori storiografo. Atti del Convegno internazionale di studi muratoriani. Modena,

1972, Firenze, L.S. Olsckhi, 1975, pp. 437-450.

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Che, d’altro lato, l’antica fede nel metodo storico potesse legarsi

più fortemente all’interesse geografico, nel settore dell’erudizione e soprattutto dell’antiquaria, non era di per sé una novità, a partire

almeno dal modello umanistico del Biondo o dalla Descrittione di tutta Italia di Leandro Alberti. Nuova era invece la convinzione che prende

ad investire tutto quel versante della cultura tardo settecentesca adesso improntato dalla progettazione e dalla pubblicazione di un gran

numero di opere e di dizionari storico-topografici, con un salto di qualità che forse attende di essere più adeguatamente analizzato, e

che non lasciò indifferente, tra gli altri, persino uno studioso come il Tiraboschi, nella cui lunga operosità gli interessi storico-letterari

sembrano prevalere, se le sue Memorie storiche modenesi (1793-95) prevedevano come completamento un Dizionario topografico-storico

degli Stati estensi, edito postumo negli anni ’20 dell’Ottocento29. Va da sé che lo stretto rapporto tra la storia e la geografia del territorio quale

veniva postulato intanto dalla letteratura odeporica o ripreso in questi

repertori, per trovare diritto di cittadinanza nell’erudizione storica, sotto la penna dei nostri eruditi, tutti presi dal fitto e quasi ossessivo

accumulo di dati e di notizie, non indulgerà mai a rousseauiani stati d’animo per la natura e il paesaggio, come avverrà col Viaggio sul Reno

del Bertola, e neppure a quelle distese osservazioni sulla cultura popolare che arricchiscono la curiosità scientifica di Alberto Fortis nel

suo Viaggio in Dalmazia, compiuto nel 1771. Semmai, accanto alle Deliciae del Lami, agli Excursus litterarii per Italiam (1754)

dell’instancabile padre Zaccaria e a cento altri zibaldoni di “cose viste” e annotate, gli interessi storico-eruditi potevano cominciare a collegarsi

più sensibilmente proprio con le preoccupazioni derivanti dalla cultura scientifica per essere presto intesi e tradotti quali tessere concorrenti

nella formazione di un nuovo mosaico di conoscenze. Esemplari in questo senso ci appaiono le Relazioni d’alcuni viaggi fatti in diverse

parti della Toscana per osservare le produzioni naturali e gli antichi

monumenti di essa di Giovanni Targioni Tozzetti, pubblicate a Firenze nel 1751-54, ma riproposte con copiose aggiunte in una seconda

edizione tra il 1768-79: appunto perché col Targioni Tozzetti, bibliotecario della Magliabechiana, ma insieme medico e naturalista,

assistiamo, in un definito quadro culturale, all’apertura irreversibile che

29 Non v’è per l’Italia uno studio complessivo sulla scienza geografica e sui suoi

rapporti con le altre discipline nel Settecento, come osserva L. GAMBI, Una geografia

per la storia, Torino, G. Einaudi, 1973 (Piccola biblioteca Einaudi; 211), pp. 3ss.,

oltre, s’intende, indagini su singoli problemi o singoli autori, su cui cfr. l’articolo di

G.P. ROMAGNANI, Un secolo di progetti e tentativi: il “Dizionario storico-geografico

degli Stati Sardi” da Carena a Casalis (1765-1856), “Rivista storica italiana”, XCV

(1983), pp. 451-502; sulla figura del Tiraboschi cfr. intanto G. CAVAZZUTI, Tra eruditi

giornalisti del sec. XVIII (G. Tiraboschi e il “Nuovo Giornale” dei letterati), “Atti e

Memorie della R. Deputazione di storia patria per le provincie modenesi”, s. 7, III

(1924), pp. 41-134 e C. PRENCIPE DI DONNA, Ricerche sul Tiraboschi, I, L’Enciclopedia

metodica e la collaborazione del Tiraboschi, “Giornale italiano di filosofia”, n.s., II

(1971), pp. 194-209; per altre indicazioni cfr. infra n. 33.

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si viene attuando, nella seconda metà del secolo, dallo studio degli

“antichi monumenti”, caro al Lami, ad un’analisi sempre più accurata dell’ambiente, della morfologia e delle colture del territorio, in un

intreccio che presiede all’avvio del movimento riformatore toscano30. Ed altrettanto, se non più esemplare ci sembra, mutato quel che va

mutato in altro clima politico e culturale, quella Nuova descrizione storico-geografica delle Sicilie (1787-90) di Giuseppe Maria Galanti,

che sviluppa con più diretto impegno riformatore le precedenti esperienze editoriali storico-geografiche, dallo stesso Galanti maturate

nell’ambito della “Società letteraria e tipografica” partendo dalla revisione delle parti, ritenute carenti per l’Italia, di uno dei più divulgati

prodotti della cultura geografica di questi anni, la “Geografia” del tedesco Büsching31. Punto di arrivo, questo del Galanti, di tutta una

serie di dibattiti sulla storia e la geografia del Mezzogiorno, nel quadro della cultura dei Lumi e delle iniziative del riformismo borbonico degli

anni ’80, e di una fase che si concluderà non casualmente con il

Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli di Lorenzo Giustiniani, i cui dieci volumi, apparsi tra il 1797 e il 1805, segnano col

loro impianto compilatorio la cerniera tra l’età delle riforme e quella delle conoscenze tecnico-positive ottocentesche.

Storia letteraria nazionale e “Risorgimento delle lettere”

Parallelamente però all’incontro tra la ricerca storica e la geografia umana, un altro grande filone di interessi storico-eruditi va

sviluppandosi, anch’esso con sempre maggiore intensità ed ampiezza, nella seconda metà del Settecento, venendo a costituire, in questa

stagione culturale, un altro elemento fondante di novità, pur nel forte legame di continuità con una tradizione più lontana e nella conformità

di una cultura letteraria già garantita dall’Arcadia: quello della storia

letteraria, locale e nazionale, italiana. Verso di esso pare convergere con nuova consapevolezza la rete dei rapporti che ancora saldamente

teneva unita la “repubblica delle lettere”, dal singolo autore alle Accademie, come un rinnovato contarsi e ritrovarsi da parte degli

intellettuali italiani, attraverso i molteplici tentativi di tracciare quasi il

30 Sul Targioni Tozzetti cfr. i vecchi lavori di O. MARINELLI, Giovanni Targioni Tozzetti e

la illustrazione geografica della Toscana, “Rivista geografica italiana”, XI (1904), pp.

1-12, 136-145, 226-236, e di R. CONCARI, La geografia umana nei “Viaggi” di

Giovanni Targioni Tozzetti, “ivi”, XXXI (1934), pp. 28-41, nonché il profilo tracciatone

da F. VENTURI, Settecento riformatore, cit., I. Da Muratori a Beccaria, pp. 337-343, cui

va aggiunto dello stesso VENTURI, Scienza e riforma nella Toscana del Settecento.

Targioni Tozzetti, Lapi, Montelatici, Fontana, Pagnini, “Rivista storica italiana”,

LXXXIX (1977), pp. 77-105. 31 Della sua esperienza di lavoro editoriale e dei suoi interessi storico-geografici parla

lo stesso GALANTI, Memorie storiche del mio tempo, in Illuministi italiani, V,

Riformatori napoletani, a cura di F. Venturi, Milano, Napoli, R. Ricciardi, 1962, pp.

987-1020.

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consuntivo di un’intera civiltà letteraria, dall’età di Dante, Petrarca e

Boccaccio sino al Rinascimento e all’Arcadia, e poi allo stesso secolo dei Lumi, con non marginale richiamo, almeno inizialmente, al Muratori dei

Primi disegni della repubblica letteraria d’Italia (1703-04) e della Perfetta poesia italiana (1703-06). Anzi sarà proprio una figura per più

versi legata all’attività del Muratori, quel Filippo Argelati, direttore della Società Palatina cui si deve la stampa dei Rerum Italicarum Scriptores,

ad approntare, nel 1745, la Bibliotheca Scriptorum Mediolanensium, un’opera compilatoria, com’è noto, che precederà tuttavia, tra le

numerosissime apparse nei decenni successivi, il Della letteratura veneziana di Marco Foscarini, del 1752, le Memorie storico-critiche

degli scrittori ravennati del Ginanni, del 1769, le Memorie istoriche di letterati ferraresi del Barotti, del 1777, e poi le Memorie degli scrittori

bolognesi del Fantuzzi, pubblicate tra il 1781 e il ’94, e le Memorie degli scrittori e letterati parmigiani di Ireneo Affò, che chiudono per

così dire la serie tra il 1789-97, accompagnandosi a quella miriade di

biografie che tracciano il profilo o piuttosto l’“elogio” di questo o quell’autore e che, come privilegiato genere letterario, costellano tutto

il Settecento italiano. È che dietro tutti questi Pantheon o Campidogli cittadini vi era,

dopo le esortazioni del Muratori, e dopo l’invito rivolto negli anni ’20 dal conte Giovan Artico di Porcìa “ai letterati viventi d’Italia” - al quale

dobbiamo, com’è noto, l’autobiografia vichiana, apparsa nella “Raccolta” del Calogerà – il progetto ben più carico di ambizioni degli

Scrittori d’Italia di Giovanni Maria Mazzuchelli, una grande impresa collettiva maturata nella Lombardia veneta, a Brescia, nel corso degli

anni ’40, e solo parzialmente realizzata in quei sei volumi che verranno pubblicati tra il 1753 e il ’6332. Ma vi sarà dietro, tra gli anni ’70-80,

qualcosa di ancor più ambizioso, e questa volta di realizzato, la Storia della letteratura italiana di Girolamo Tiraboschi, apparsa tra il 1772 e

l’82, e in una seconda edizione accresciuta tra il 1787 e il ’94. Una

storia non già soltanto della letteratura, ma della cultura italiana nel suo complesso, che si poneva accanto, ma con ben maggiore ricchezza

di documentazione, al pressoché coevo scritto programmatico-interpretativo di un altro ex gesuita, il Bettinelli del Risorgimento

d’Italia negli studi, nelle arti e nei costumi dopo il Mille: una storia della letteratura come poteva nascere dalle ricerche e dalla riflessione

di uno studioso formatosi nell’alveo dell’erudizione storica e dell’“enciclopedismo” gesuitico, attento più agli aspetti del sistema

letterario, al profilo delle istituzioni culturali e ai canali della produzione intellettuale che non ad una “storia dei letterati” alla Mazzuchelli o ad

32 Sul Mazzuchelli e sull’ambiente culturale bresciano cfr. il documentato articolo di C.

GODI, Un equilibrio difficile: l’amicizia tra il Mazzuchelli e il Querini, “Aevum”, XXXVI

(1962), pp. 83-108; sul problema delle biografie e delle autobiografie, come

sull'infittirsi degli “elogi” nel corso del Settecento, cfr. M. GUGLIELMINETTI, Biografia ed

autobiografia, in Letteratura italiana, a cura di A. Asor Rosa, Torino, G. Einaudi,

1982-, V, Le questioni, 1986, pp. 829-886: 872-874.

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una complessiva sistemazione critica, i cui schemi interpretativi e la cui

proposta unitaria però, così efficacemente formulati negli anni conclusivi dell’antico regime, tra l’apogeo dei Lumi e la Rivoluzione,

erano destinati a reggere a lungo nella cultura italiana, tra convinte accettazioni e critiche altrettanto decise, sino al cuore della cultura

ottocentesca33. È che, oltre tutto, proprio per le sue caratteristiche, la sintesi del Tiraboschi non era un prodotto isolato. Essa, con la sua

rielaborazione di tutta una tradizione storico-erudita, si collegava, questa volta in modo organico, diversamente dal tentativo più limitato

e polemico dello Zaccaria per la storia ecclesiastica, allo sforzo che in questi stessi anni andavano compiendo altri ex gesuiti italiani ed ex

gesuiti spagnoli emigrati in Italia con la soppressione della Compagnia, coinvolti ai diversi livelli, con singolare univocità, nella costruzione di

un’omogenea piattaforma culturale, in cui attraverso adattamenti strumentali e sottili dosaggi erano resi operanti i nuovi schemi

concettuali ed i nuovi orizzonti aperti dalla cultura illuministica. Una

piattaforma culturale, nella quale appunto potevano trovar posto ora, insieme alla sistemazione della cultura letteraria nei modi delineati dal

Bettinelli e dal Tiraboschi, quelle indagini complessive sulle diverse culture europee che Juan Andrés presentava, nel 1782, nel Dell’origine,

progressi e stato attuale d’ogni letteratura, quel primo profilo di una storia delle forme musicali e quel primo abbozzo di un’estetica

musicale che le Rivoluzioni del teatro musicale italiano dell’Arteaga proponevano tra l’83 e l’86, quella prima sintesi storica, infine,

provvisoria ma fondamentale, delle arti figurative della penisola che Luigi Lanzi affidava alla sua Storia pittorica della Italia, apparsa tra il

1795-9634. Se la storiografia letteraria e quella artistica sfociavano così in

opere di sintesi, dallo stesso processo rimaneva estranea la ricerca storico-erudita tout court. Anzi, a ben guardare, mentre si prende ora

a parlare sempre più in termini di “civiltà” anche per la storia del

mondo classico e ad utilizzare schemi sempre più larghi e comprensivi

33 Sul carattere dell’opera del Tiraboschi cfr. quanto si osserva nella Presentazione

dell'editore, in Letteratura italiana …, cit., I, Il letterato e le istituzioni, 1982, pp.

XVII-XVIII; sui problemi che il paradigma erudito tiraboschiano pone più in generale

ad una prospettiva storica alla fine del Settecento, cfr. A. BIONDI, Tempi e forme della

storiografia, in Letteratura italiana …, cit., III, Le forme del testo, 2, La prosa, Torino,

G. Einaudi, 1984, in part. pp. 1094-1095; sull’“enciclopedismo” gesuitico, cfr. ROSA,

Encyclopédie, “lumières” et tradition …, cit., pp. 140ss. e 161ss.; sul Bettinelli cfr. B.

GENERO, Ricerche bettinelliane. La riforma dell'insegnamento della storia nelle scuole

dei gesuiti e l'origine del “Risorgimento”, “Giornale storico della letteratura italiana”,

CXXXVIII (1961), pp. 365-401. 34 Sul significato dell'attività culturale degli ex gesuiti di lingua spagnola operanti in

Italia nello scorcio del Settecento cfr. in generale M. BATLLORI, La cultura hispano-

italiana de los jesuitas expulsos. Españoles. Hispanoamericanos. Filipinos. 1767-

1814, Madrid, Ed. Gredos, 1966; più specificamente sul Lanzi, cfr. L. LANZI, Storia

pittorica della Italia dal Risorgimento delle belle arti fin presso al fine del XVIII

secolo, a cura di M. Capucci, Firenze, Sansoni, 1968-1974, 3 voll., III, Appendice,

Nota alla Storia pittorica, 1974, pp. 465-522, e bibl., pp. 523-547.

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anche per l’età medioevale, che sembrano relegare nell’ombra

l’interpretazione muratoriana del Medioevo, tende contemporaneamente ad accentuarsi il divario – non a caso sottolineato proprio in questi anni

dal Verri – tra le esigenze per così dire liberatorie di una storia “filosofica” e il torrentizio, ma disordinato procedere dell’erudizione storica. Non era

tanto adesso la presenza del Voltaire storico, troppo acre e pungente nella sua critica demolitrice perché potesse incontrare consensi in una

cultura moderata come era in prevalenza quella storica italiana, della quale nel corso degli anni ’70 è espressione sintomatica quel Delle

rivoluzioni d’Italia del Denina, dall’impianto assai poco “rivoluzionario” nella ricostruzione dei mutamenti politici susseguitisi lungo la sua

storia35. Era adesso, per l’età tardo antica e per il passaggio dall’età antica al Medioevo, la presenza ingombrante – soprattutto per la

storiografia erudita ecclesiastica – del Gibbon della History of the decline and fall of the Roman Empire, presto tradotta in italiano, ma

altrettanto presto confutata per quei capitoli, divenuti rapidamente

famosi, sulla funzione eversiva assunta dalla diffusione del cristianesimo nella crisi finale dell’impero romano 36 . Era, ancor più

della presenza del Gibbon, riguardo all’età medioevale l’influenza che prende ora ad esercitare in più direzioni il Robertson de A view of the

progress of society in Europe, il vasto affresco della civiltà medioevale dal Robertson premesso, nel 1769, alla sua storia del regno

dell’imperatore Carlo V37. E tracce di una fortuna del Robertson nella cultura storica italiana di fine Settecento – che per altro sarebbe utile

approfondire – sono riscontrabili non solo in qualche occasionale citazione del Verci, ma nelle pagine che un giurista meridionale, Filippo

Ammirati, dedica all’origine dei feudi ne Il puro gius feodale napoletano apparso nel 1794, nel quadro della vivace polemica antifeudale che

caratterizza il riformismo borbonico degli anni ’80-90 e, in forme ancor più trasparenti, nella riconsiderazione complessiva del “Risorgimento

delle lettere” in Italia, agli albori dell’età moderna, cui un erudito

toscano, Lorenzo Mehus, editore di epistolari umanistici e di testi dell’umanesimo italiano, sottopone, nel pieno degli anni ’70, le indagini

filologiche della giovinezza38.

35 Cfr. E. SESTAN, In margine alle “Rivoluzioni d'Italia” di Carlo Denina, in L'età dei

lumi. Studi storici sul Settecento europeo in onore di Franco Venturi, Napoli, Jovene,

1985, 2 voll. (Storia e diritto. Studi; 16), pp. 1045ss. 36 Sul Gibbon cfr. in generale G. GIARRIZZO, Edward Gibbon e la cultura europea del

Settecento, Bari 1954; una traduzione italiana dell'opera del Gibbon a cura di Angelo

Fabbroni, con un Saggio di confutazione approntato da Nicola Spedalieri, apparirà in

9 volumi a Pisa tra il 1779-86; un’edizione a parte della Confutazione dell’esame del

cristianesimo fatto dal signor Eduardo Gibbon nella sua Storia della decadenza

dell'impero romano dello Spedalieri sarà pubblicata a Roma nel 1784; sullo Spedalieri

cfr. M. ROSA, Introduzione all'Aufklärung cattolica in Italia, in Cattolicesimo e lumi nel

Settecento italiano, a cura di M. Rosa, Roma, Herder, 1981 (Italia sacra; 33), in part.

pp. 38ss. 37 Cfr. la Introduzione di G. Falco a W. ROBERTSON, I progressi della società europea

dalla caduta dell'impero romano agli inizi del secolo XVI, Torino, G. Einaudi, 1951. 38 Per le citazioni dal Robertson presenti nell’opera del Verci cfr. PRETO, Erudizione

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Sono, queste, esigenze sparse e tensioni, che nei mutamenti in

atto nella cultura e nella società italiana di fine Settecento attraversano in qualche modo l’erudizione storica, senza tuttavia immetterla nel vivo

di una concezione della storia quale si andava intanto definendo attraverso i maggiori prodotti della cultura storica europea. Si era

giunti in questo modo al momento conclusivo di una parabola. Coglieva davvero nel segno, con l’intelligenza storica e critica che fu sua, il

Foscolo della prolusione pavese del 1809, allorché, sull’onda oratoria che prepara la celebre esortazione agli italiani “alle storie”, poteva

giudicare col distacco di una diversa prospettiva il significato dell’erudizione storica settecentesca e rilevare, non senza polemica, i

limiti di un’intera stagione della cultura italiana:

Volgetevi alle vostre biblioteche. Eccovi annali e commentari e biografi ed elogi accademici, e il Crescimbeni e il Tiraboschi e il Quadrio; ma

dov’è un libro che discerna le vere cause della decadenza dell’utile letteratura, che riponga l’onore italiano più nel merito che nel numero

degli scrittori, che vi nutra di maschia e spregiudicata filosofia, e che col potere dell’eloquenza vi accenda all’emulazione degli uomini grandi? Ah le virtù, le sventure e gl’errori degli uomini grandi non possono scriversi

nelle arcadie e nei chiostri! Eccovi da altra parte e cronache e genealogie e memorie municipali, e le congerie del benemerito Muratori, ed edizioni

obbliate di storici di ciascheduna città d’Italia, ma dov’è una storia d’Italia? E come oserete lodare senza rossore gli esempi di Livio e di Niccolò Machiavelli, se voi potete e non volete seguirli?

Altrove era stato compiuto il salto qualitativo che il poeta oratore

auspicava; e non a caso il Foscolo, in contrapposizione alle ricerche erudite del secolo che si era concluso, poteva richiamare ora quali

modelli della “nuova storia” da lui vagheggiata proprio due recenti prodotti di quella storiografia che aveva continuato a cimentarsi, dopo

il Robertson, sul Rinascimento italiano:

È vero; niuno rammemora senza lagrime le liberalità della famiglia de’ Medici verso le arti belle e le lettere, ma si aspettò che un Inglese,

dissotterrando i tesori de’ nostri archivi, rimeritasse i principi italiani d’un esempio che illuminò la barbarie dell’Europa: si aspettò che la storia de’ secoli di Lorenzo il Magnifico e di Leone X ci venisse di là

dall’oceano. O Italiani, vi esorto alle storie39.

Erano le opere di William Roscoe che, con trasparente allusione e

municipale e metodo muratoriano in Giambattista Verci …, cit., pp. 446-447; per

l'opera dell'Ammirati cfr. ROSA, L’“età muratoriana” nell'Italia del ’700 …, cit., p. 46;

per il rinnovato interesse del Mehus riguardo al “Risorgimento delle lettere” attraverso

il carteggio con il colto uomo politico irlandese Luke Gardiner e le suggestioni della

lettura del Robertson cfr. M. ROSA, Per la storia dell'erudizione toscana del ’700: profilo

di Lorenzo Mehus, cit. in nota 19 della parte I, in part. pp. 81ss. 39 Cfr. U. FOSCOLO, Dell’origine e dell’ufficio della letteratura Orazione, in ID., Lezioni,

articoli di critica e di polemica (1809-1811), edizione critica a cura di E. Santini,

Firenze, Le Monnier, 1972 (Edizione nazionale; VII), pp. 33-34.

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con appassionato vigore, il Foscolo poteva proporre ora appunto

all’attenzione dei suoi ascoltatori come di quanti avessero in animo di guardare con occhi diversi alla storia italiana40. E le parole foscoliane

indubbiamente cadevano in un clima in cui era possibile guardare al passato, ma volgersi all’avvenire. Alla tranquilla Italia degli anni ’70-80

del Settecento era succeduta l'Italia degli anni rivoluzionari, e poi di quelli napoleonici, mentre vicende aspre ne avevano segnati i costumi

e le strutture politiche, e ancora ne avrebbero percorso il tessuto culturale e sociale, dalla Restaurazione ai primi moti unitari. Da queste

premesse, come da futuri scontri e rotture, poteva nascere, come in effetti nascerà, un ripensamento della storia italiana. Ma sebbene la

voce del Foscolo si ponga sul crinale di questa realtà nuova, le tradizioni e le sedimentazioni culturali, le “piccole patrie” di un’Italia

antica e resistentissima erano pur sempre il retaggio delle generazioni ottocentesche. Nonostante tutto, per molto tempo ancora la grande

storiografia continuerà a passare per la Francia e per l’Inghilterra, per

la Germania e la Svizzera, mentre l’Italia, salvo eccezioni, sarebbe rimasta ancora a lungo una provincia, anche se grande, dell’impero

storiografico.

40 Le opere di W. ROSCOE, The Life of Lorenzo de' Medici, called the Magnificent, e The

Life and Pontificate of Leo the Tenth, cui il Foscolo allude, erano apparse a Liverpool

rispettivamente nel 1795 e nel 1805.

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