Centri culturali monastici nellItalia Altomedievale La fine dellimpero romano doccidente (476 d.C.),...

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Centri culturali monastici nell’Italia Altomedievale La fine dell’impero romano d’occidente (476 d.C.), destabilizzando la società tardo antica, trasforma l’omogenea civiltà latina e crea nel contempo i presupposti per i rivolgimenti politici, sociali , religiosi e culturali che marcheranno inevitabilmente la fisionomia dell ’Europa precarolina. D’altra parte, però, la fisiologica estinzione dell’impero non comporta certo la fine della millenaria civiltà classica che anzi, se pure ormai fiacca e corrosa, all’interno di un tessuto storico oggettivamente squallido e barbarizzato, riesce comunque a consegnare ai secoli successivi , la propria “civilisation “ che rimane per la nuova civiltà cristiana, un riferimento perenne, sebbene gli intellettuali organici alla Chiesa, i clerici , si dispongano,

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Centri culturali monastici nell’Italia Altomedievale

La fine dell’impero romano d’occidente (476 d.C.),

destabilizzando la società tardo antica, trasforma

l’omogenea civiltà latina e crea nel contempo i

presupposti per i rivolgimenti politici, sociali , religiosi e

culturali che marcheranno inevitabilmente la fisionomia

dell ’Europa precarolina. D’altra parte, però, la

fisiologica estinzione dell’impero non comporta certo la

fine della millenaria civiltà classica che anzi, se pure

ormai fiacca e corrosa, all’interno di un tessuto storico

oggettivamente squallido e barbarizzato, riesce

comunque a consegnare ai secoli successivi , la propria

“civilisation “ che rimane per la nuova civiltà cristiana,

un riferimento perenne, sebbene gli intellettuali organici

alla Chiesa, i clerici , si dispongano,

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verso il mondo antico, con atteggiamento contrastante, sentendosi contemporaneamente “ cristiani “ e “ ciceroniani “, secondo una celebre affermazione di Gerolamo, apologeti o intolleranti. Le devastazioni e le distruzioni che la società tardo antica e altomedievale ha subito verranno, tuttavia, risarcite dagli interventi in profondità operati dalla chiesa , attraverso l’opera dei centri monastici che rappresenteranno così, nell’Occidente europeo sconvolto, microstrutture fortemente radicate in un contesto antropico segnato tutt’intorno dalla disomogeneità sociale e civile. Perciò la “ricomposizione” e la riaggregazione del tessuto sociale altomedievale nell’Europa cristiana e barbarica, nonché la continuità culturale con il passato , costituiranno i punti programmatici del modus operandi cui si ispirerà la politica socio- culturale e religiosa dei monasteri altomedievali . Adeguatamente il benedettino “ Ora et labora “ compendia ,difatti, la dimensione entro cui si snoda l’esistenza del monaco: la preghiera, attuata attraverso il silenzio che conduce alla scoperta di Dio, e il lavoro nelle sue tipologie, perché lavoro è la coltivazione dei campi, così come la trascrizione dei codici :

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in sostanza nella Regula troviamo il superamento del monachesimo orientale, della rinuncia e ascetico , mentre si esalta l’operosità dei monaci sia all’interno dei monasteri sia nel contatto quotidiano con la realtà del mondo. L’aspetto prioritario delle attività culturali del monastero è soprattutto il lavoro di recupero, di filtrazione e di copiatura dei testi classici, oltre che naturalmente di elaborazione di un prodotto intellettuale originale. Gli scriptoria, luoghi del monastero adibiti allo studio e alla trascrizione dei testi antichi, funzionano a pieno ritmo, preservando così dalla sicura distruzione intere opere di autori latini e greci. La passione dei monaci copisti e la certezza di compiere un’opera meritoria che garantiva quotidianamente porzioni di salvezza eterna, hanno consentito la conservazione di un patrimonio librario, che va al di là del puro recupero materiale e meccanico del codex, poiché determina il passaggio, nel sistema culturale –valoriale cristiano, di gran parte della Weltanschauung della tradizione latina, seppure sotto forma di allegoria e riadattata alla nuova res publica christianorum .

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La geografia degli insediamenti monastici nella Penisola permette di tracciare una mappatura degli scriptoria più importanti, che tra i secoli VI e IX, prima della rinascenza carolingia, hanno conservato la maggior parte della cultura latina e greca che noi oggi possediamo (ma se si pensa alle ricche biblioteche della Roma augustea o alla Bibliotheca Ulpia, fondata da Traiano, si deve ritenere che molte opere, rispetto a quelle a noi giunte, durante i secoli bui siano andate certo distrutte). Sotto il profilo diacronico la progenitura della creazione di una struttura monastica cenobitica prebenedettina , in Italia, deve essere attribuita al Vivarium di Cassiodoro, fondato nelle terre di Squillace intorno al 540. Primo esempio di continuità culturale con la tradizione antica e di tolleranza

ideologica, segna anche la nascita del clericus engagé,

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l’amanuense appunto, al quale lo stesso Cassiodoro riconosce“ felix inventio, laudanda sedulitas, “ che dedica il proprio tempo allo studio, all’interpretazione e alla trascrizione dei testi pagani latini e greci e alla sacra scrittura. Il Vivarium cassiodoreo si pone così come laboratorio intellettuale, crogiolo di esperienze e di proposte culturali di lunga durata ( si pensi alla teoria degli Stili formulata da Cassiodoro ) che contribuirà alla formazione – ricreazione di un habitus mentale che rivalorizza gli studia, in un contesto storico tardo antico devastato e privo di significativi riferimenti politico – istituzionali e culturali. Da Vivarium sono transitati i volumina dei classici latini e tardo latini tra cui: Cicerone, Seneca, Quintiliano, Apuleio, Columella, Fortunaziano

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Morto Cassiodoro (575) ,però, Vivarium non gli sopravviverà. Altri centri monastici, nel gran deserto della Penisola, sono già preparati a raccoglierne l’eredità: la stessa Regula di S. Benedetto fissava quotidianamente uno spazio temporale per la lettura e lo studio degli auctores ( cristiani e pagani ).

La fondazione di Montecassino ( 529 ) , di Bobbio (612 ), di Nonantola ( VIII sec ), di Pomposa ( VIII sec.) e di altri centri culturali contribuisce a salvare il patrimonio librario dell’età classica. Silenziosi amanuensi alla fioca luce che rischiarava umidi e freddi scriptoria , nel medioevo barbarico, trascrivendo su pergamena spesso riutilizzata, conservavano ai posteri le radici della nostra civiltà.