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1 Cenni storici, artistici e paesaggistici Raccolta di informazioni per uso privato e riservato ai partecipanti della XIX rievocazione della Coppa Toscana

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Cenni storici, artistici e paesaggistici

Raccolta di informazioni per uso privato e riservat o ai partecipanti della XIX rievocazione della Copp a Toscana

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Montaperti

Partiremo dalla zona di Montaperti dove nel 1260 le truppe senesi e quelle fiorentine dettero vita ad una sanguinosa battaglia entrata a far parte delle imprese epiche e ricordata anche da Dante nella sua Divina Commedia . Attraverseremo le Crete Senesi, Asciano, Monte Oliveto e San Giovan d’Asso, poi la Val d’Orcia con Pienza, San Quirico, Montalcino e la Cassia teatro delle mitiche Mille Miglia. Il castello di Montaperti - ora scomparso – è situato a 8-9 km a sud-est di Siena, nella Val d'Arbia, sull'altura che oggi ha nome Montapertaccio nei pressi del quale ebbe luogo il combattimento del 4 settembre 1260 tra i Fiorentini e i Senesi. La battaglia si svolse tra la confluenza dell'Arbia col Malena, la torre di Monselvoli e il castello di Montaperti. Si trovarono di fronte da una parte i Senesi con i fiorentini ghibellini fuorusciti, con a capo Farinata degli Uberti e Guido Novello, e la cavalleria tedesca comandata da Giordano d’Anglan, vicario di Manfredi in Toscana, e con l'aiuto dei ghibellini di Grosseto e di Poggibonsi, dall'altra i Fiorentini, Lucchesi, Perugini e Orvietani. Il combattimento si risolse presto in una disfatta per questi ultimi anche a causa del tradimento di Bocca degli Abati, che spinse alla fuga i cavalieri, guidati poco onorevolmente da Guido Guerra, e costrinse i fanti a un'accanita quanto disperata resistenza.

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Fu un massacro (per il numero dei morti fiorentini nelle cronache contemporanee si oscilla tra i 2.500 e i 10.000); l'umiliazione dei Fiorentini, la strage e le vendette che ne seguirono ebbero enorme risonanza. Furono esiliati, tra gli altri, Brunetto Latini e Ricordano Malispini. L'episodio è presente all'animo e alla fantasia di Dante con intensità drammatica: in gran parte sulla scia di Montaperti, tra l'altro, vanno spiegati l'ostilità e il risentimento di Dante contro i Senesi. La vivida immagine della risposta di Dante a Farinata:

“Lo strazio e 'l grande scempio che fece l'Arbia colorata in rosso”

è tutta dantesca, anche se riprende le parole della cronaca di un Senese che partecipò alla battaglia:

"tutte le strade e i pozzi e ogni rigo d'acqua pareva uno grosso fiume di sangue”

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Crete Senesi

Le Crete senesi sono la zona a sud-est della città di Siena, che include i territori comunali di Asciano, Buonconvento, Monteroni d'Arbia, Rapolano Terme, San Giovanni d'Asso e Trequanda, tutti in provincia di Siena.

Il nome deriva dall'argilla, o creta , presente nel terreno, che dà al paesaggio il caratteristico colore grigio-azzurro e un'apparenza spesso descritta come lunare. Questa argilla caratteristica, mista a salgemma e gesso, detta mattaione, rappresenta i sedimenti del mare del Pliocene che copriva l'area tra 2,5 e 4,5 milioni di anni fa.

Il paesaggio è caratterizzato da colline brulle e dolcemente ondulate, querce e cipressi solitari, i poderi isolati in cima alle alture, tratti di bosco negli avvallamenti, i fontoni che raccolgono l'acqua piovana.

Tipiche conformazioni del terreno sono i calanchi, le balze e le biancane.

All'interno delle crete senesi è presente anche l'area semi-arida conosciuta con il nome di Deserto di Accona dove queste formazioni si presentano con maggiore frequenza.

L'edificio più interessante di quest'area è probabilmente l'Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, fondata per iniziativa di San Bernardo Tolomei nel XIII secolo.

La zona è conosciuta per la produzione del tartufo bianco delle crete ed ospita una sagra ed un museo dedicati al cosiddetto diamante delle Crete.

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Asciano

L'attuale centro storico, di origini medievali, conserva pregevoli monumenti. La parte occidentale e meridionale del territorio comunale si caratterizza per un susseguirsi di biancane e calanchi che formano il suggestivo paesaggio dalle caratteristiche lunari delle crete senesi, conosciuto fin dal Medioevo come Deserto di Accona. Storia naturale

Nel 2008, dagli affioramenti di argille plioceniche situati a pochi km dal centro abitato, sono riemersi i resti fossili di una specie di delfino vissuto nella zona oltre 3 milioni di anni fa, in un periodo in cui gli attuali calanchi erano il fondale del mare tirrenico. Il reperto è stato considerato dagli studiosi di grande valore scientifico perché si tratta di una specie fossile mai studiata in precedenza. Architettura

Collegiata di Sant'Agata è la chiesa principale di Asciano. Sostituì, a partire dal 1029, la vecchia Pieve di Sant'Ippolito. L'attuale edificio risale al XII - XIX secolo ed è composto da una navata con transetto absidato coperto con volte a crociera,

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conclusa da un'abside semicircolare. Un'alta cupola, rivestita da un tiburio ottagonale sormontato da una lanterna in cotto, si imposta su pilastri in corrispondenza del presbiterio. Sul lato sinistro si appoggia la bella torre campanaria di tipo lombardo. La facciata è tripartita da archeggiature gotiche.

All'interno, due affreschi cinquecenteschi, uno del Sodoma, la Madonna col Bambino con Tobiolo e l'angelo, l'arcangelo Michele e il donatore (pubblicato da Franco Moro) e una Pietà, forse del Riccio. Dietro l'altare maggiore è un quattrocentesco Crocifisso ligneo

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San Giovanni d'Asso

Le origini dell'abitato di San Giovanni d'Asso sono antichissime: infatti, recentemente sono state ritrovate in località Pava, lungo la strada che unisce il paese a Lucignano d'Asso e a Torrenieri, dei resti di una pieve, la pieve di Santa Maria di Pava, risalente al V-VI secolo.

Nel Medioevo iniziò a nascere il vero e proprio paese: già nel 714 è documentata l'esistenza della chiesa di San Pietro in Villore e, fino al 1178, il paese fu conteso fra il vescovo di Arezzo e quello di Siena, che poi ebbe la meglio. Inoltre, nel XIII secolo fu costruita la rocca, notevolmente ampliata dai Petroni nel 1313 e poi successivamente trasformata in grancia dallo Spedale di Santa Maria della Scala di Siena, che ne aveva assunto la proprietà. Il 2 giugno 1777 il paese divenne ufficialmente comune dapprima con sole tre frazioni (Lucignano d'Asso, Monterongriffoli e Vergelle), poi anche con quelle di Montisi e Montelifrè che, in origine, erano state assegnate alla più vicina Trequanda.

Il nome "San Giovanni d'Asso" proviene dall'unione di due nomi: quello del santo a cui è dedicata la chiesa parrocchiale, ovvero San Giovanni Battista e quello del Torrente Asso, affluente dell'Ombrone, che scorre alle pendici del colle sul quale si trova il paese.

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Chiesa di San Pietro in Villore La chiesa di San Pietro in Villore, situata nel paese basso nei pressi della Rocca, è la più antica chiesa del paese: infatti è citata già in un documento del 714. Dopo il suo periodo d'oro, durato dal Duecento al Trecento, in cui fu più volte restaurata ed arricchita di altorilievi, ha iniziato la sua lenta decadenza nel 1492, quando fu elevata al rango di pieve San Giovanni Battista, che ha avuto il suo culmine nel 1577, quando il suo fonte battesimale fu trasportato nella nuova chiesa pievana. Sia all'esterno che all'interno la chiesetta è ricca di elementi scultorei interessanti, come altorilievi (da notare quello sul portale) e bassorilievi di varie epoche. Al disotto della seconda campata della corta navata e dell'abside si trova la piccola cripta sorretta da quattro colonnine.

Pieve di San Giovanni Battista La pieve di San Giovanni d'Asso, anche se non è la chiesa più antica del paese, è la parrocchiale di San Giovanni d'Asso. Fu costruita nel Trecento dai Petroni e, tre secoli dopo, fu restaurata internamente dai Pannilini, nuovi patrocinanti della chiesa

Nella semplice facciata a capanna, preceduta da un piccolo sagrato, si aprono il piccolo rosone circolare ed il portale sormontato da una semplice lunetta vuota. All'interno la chiesa è a navata unica ed è dominata dalla seicentesca ancona, all'interno della quale sono custodite le reliquie di vari santi, fra i quali San Pietro apostolo, donate nel Medioevo da Riccardo Petroni

Rocca

Situata al centro del borgo alto, proprio sul punto più alto del colle, attualmente la Rocca è la sede del Museo del Tartufo . Di origine duecentesca, fra il XIII ed il XIsecolo fu notevolmente ampliato, soprattutto dalla famiglia Petroni (Trecento). Attualmente l'edificio consiste in un corpo dalla pianta irregolare con al centro un cortile porticato su un lato. La facciata principale dà su piazza Vittorio Emanuele II ed è preceduta da uno stretto e profondo fossato. Lungo il fianco destro, che costeggia la ripida via Roma, si possono vedere molte finestre quattrocentesche disposte su più piani.

La sala più importante del palazzo, che esternamente appare come una struttura massiccia e compatta, è la Sala del Caminetto: sia lungo le sue pareti che sul soffitto si trovano degli affreschi rinascimentali policromi

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Val d’Orcia

Il magnifico paesaggio della Val d’Orcia, tra le colline toscane, è stato inserito dall’Unesco nella World Heritage List dal 2004. La Val d’Orcia, connubio di arte e paesaggio, spazio geografico ed ecosistema, è l’espressione di meravigliose caratteristiche naturali ma è anche il risultato e la testimonianza della gente che vi ha abitato. Secondo l’Unesco è un eccezionale esempio di come il paesaggio naturale sia stato ridisegnato nel Rinascimento e rispecchia gli ideali del “buon governo” tipici della città-stato, i cui splendidi luoghi sono stati celebrati dai pittori della scuola senese fiorita tra il XIII ed il XV secolo. Dolci colline ricoperte da una fitta vegetazione di vigneti, oliveti, cipressi, faggeti e castagneti, interrotta da antichi abitati di origine medievale, case rurali e rocche con torri impervie che si disperdono nell’isolata e tranquilla natura dei luoghi: è questo lo scenario che si presenta agli occhi del visitatore della Val d’Orcia, scenario suggestivo, proprio come ritratto dai maestri della scuola senese . Cinque milioni di anni di storia geologica hanno lasciato il segno su questo territorio che oggi presenta una peculiare varietà di specie vegetali ed animali. Anche i depositi di lava dei vulcani ormai spenti di Radicofani e dell’Amiata hanno contribuito a definire le forme di quest’area; la lava, induritasi, ha dato vita alle pietre scure conosciute come trachiti . Le rocce lavitiche si susseguono accompagnando il corso del fiume Orcia che taglia la valle e ne esce attraverso una profonda spaccatura.

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La Val d’Orcia ha legato i suoi destini alla via Cassia, la grande strada romana che metteva in comunicazione Roma con il nord Italia e che attraversa l’intera valle. Una strada che, per gran parte del suo percorso, ricalca la storica via Francigena, dove il senso del viaggio ha lo spirito del pellegrinaggio. Il transito continuo di uomini e merci lungo tale fondamentale via di collegamento decretò l’importanza di alcuni centri abitati fino a suscitare l’interesse della Repubblica di Siena nel XV secolo. Inutile, infine, ricordare agli appassionati l’impo rtanza della Cassia per le Mille Miglia !

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PIENZA

Il borgo che vide i natali di Enea Silvio Piccolomini (Papa Pio II, 1405 - 1464) e che doveva sparire non appena sarebbe sorta Pienza, si chiamava Corsignano ed era una roccaforte senese. Alcuni documenti intorno al Mille ci testimoniano la sua storia nelle vicende guerresche delle città maggiori vicine. Nel 1251 il paese fu coinvolto nelle lotte fra Guelfi e Ghibellini e sono del 1269 alcune gravi questioni con un ricco proprietario di nome Bertoldo che aveva tagliato i viveri agli abitanti del borgo. Un documento del 1393 ci assicura come la gabella da pagarsi a Siena fosse cambiata da cera in denaro onde fare un Palio. Di Corsignano restano pochissime tracce sulle mura e nella via Gozzante e una chiesa romanica a tre chilometri da Pienza.

Pienza è l'unica cittadina dei dintorni della quale si possa risalire chiaramente all’origine: fu fatta edificare, su piano regolatore, dal Papa Pio II, Enea Silvio Piccolomini, non appena salì al trono pontificio, nel 1458. Alta sulla valle dell'Orcia, guarda ad oriente il monte si cui sorge Cortona e i tre laghi (Trasimeno, di Chiusi e di Montepulciano), e a sud il Monte Amiata e, circondata dalla Valle dell'Orcia, domina Torrita, Asciano, S.Giovanni d'Asso e i colli del Chianti.

Pienza sorse in poco più di tre anni e prese il nom e da Papa Pio II .

Questo Pontefice volle far sorgere l'elegante cittadina perché fosse luogo di riposo per sé e per la sua corte: egli fu contento dell'opera dell'architetto e non si rammaricò che gli avesse presentato dapprima un preventivo non rispondente al vero ed anzi, compiaciuto, scrivendo al Rossellino, affermava: "alla tua menzogna si deve, Bernardo, se questi nobili palazzi... questa chiesa che tutto il mondo ammira...- continua il Pontefice - hanno potuto avere compimento".

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Pio II voleva anche convogliare le acque del Vivo e scaricarle nell'Orcia per formare un grande lago artificiale - come ci narra il Campano biografo di questo pontefice e scrittore della sua Corte - per creare un vivaio di pesci e per una difesa contro i nemici. Proprio sotto Bagno Vignoni, dove il Papa voleva deviare le acque, già pare che gli Etruschi avessero fatto delle opere di scolo molto sapienti ed opportune. Il lago che Pio II voleva creare, non vide mai la luce. Pienza accolse dunque questa Corte di prelati umanisti e cultori del bello e conserva il riflesso di quella vita rinascimentale che si viveva a Roma.

Per la sua posizione, la cittadina ebbe un ruolo di grande importanza nelle guerre che videro incrociarsi in Toscana e nel senese le armi medicee e quelle imperiali con quelle francesi unite alla repubblica di Siena in Montalcino (1550-60) e fu saccheggiata quindici volte. Passò sotto ai Medici e seguì le sorti della altre città Toscane. Si ricordano inoltre i saccheggi che i tesori di Pienza subirono, sotto il dominio napoleonico.

Architettura

Enea Silvio Piccolomini, salito alla dignità pontificia col nome di Pio II, incaricò Bernardo Rossellino, architetto e scultore fiorentino, discepolo di Leon Battista Alberti, di rinnovare l'urbanistica dell'antico e povero borgo di Corsignano nella rinascimentale cittadina di Pienza.

Pienza è un esempio raro di urbanistica rinascimentale portata a compimento. Definita di volta in volta la 'città ideale', la 'città utopia', essa rappresenta oggi concretamente una delle modalità costruttive attraverso le quali in età rinascimentale si cercò di realizzare un modello di vita e di governo 'ideale' sulla terra, elaborando un'idea di città che fosse in grado di dare risposte concrete al desiderio di convivenza civile pacifica e operosa degli uomini.

Era "l'utopia della civitas" vanamente inseguita dagli uomini dell'antichità.

Cuore dell'abitato è Piazza Pio II, dalla forma trapezoidale, intorno ad essa ruotano il Duomo, il Palazzo Piccolomini, il Palazzo Borgia e il Palazzo dei Priori. Altre case ed altri palazzi furono poi costruiti attorno agli edifici principali e sparsi per le strade di Pienza, fabbricati con gusto e materiale affini alle costruzioni del Rossellino, sotto la sorveglianza dell'architetto Pietro Paolo del Porrina, senese. Le costruzioni hanno uno stile di derivazione albertiana, frammisto a motivi di gusto più antico.

Il Duomo, dedicato alla Madonna dell'Assunta, fu eretto sulle rovine dell'antica chiesa di Santa Maria, costruita dopo la metà del XII secolo.

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Allo scopo di avere un'ampia navata e, contemporaneamente, una piazza abbastanza spaziosa, l'abside fu ancorata al dorso della collina, ma non così saldamente da renderla sicura sul terreno umido e mobile, tanto che lunghissimi e difficili sono stati i lavori di consolidamento dello sperone della fabbrica che guarda la campagna. L'esterno sollecita il ricordo dell'Alberti, filtrato attraverso l'operosa attività del Rossellino, con motivi quattrocenteschi negli arconi classicheggianti. Le colonne poggiano su alti basamenti; un occhio e due edicole timpanate sono iscritte nell'arco e il fastigio triangolare, spartito da ornate lesene, porta al centro lo stemma Piccolomini. L'interno, a tre navate, con motivi gotici negli allungati e snelli pilastri a fascio, sormontati da alti piedritti, sui quali si innestano le volte a crociera. L'abside a raggiera è illuminata dalle finestre ogivali, rabescate da spinosi motivi ornamentali. Il campanile ha pianta ottagonale poggiato sopra l'antica cripta, si staglia sulla sinistra della chiesa e svetta verso il cielo con la sua bella terminazione a cuspide. Sulla sinistra della piazza si trova la Casa dei Canonici, di sobrie linee quattrocentesche, è sede del Museo Comunale . Al suo interno sono stati accolti i numerosi reperti archeologici provenienti dagli scavi effettuati nel circondario e soprattutto l'insieme delle opere pittoriche e scultoree e tutti gli antichi arredi e oggetti facenti parte del patrimonio della Cattedrale.

Accanto alla Casa dei Canonici è il Palazzo Borgia, oggi dell'Episcopato, voluto da Papa Pio II per uno dei prelati del suo seguito, il Cardinale Rodrigo Borgia, che poi fu papa con il nome di Alessandro VI. Gli ordini, divisi dal listello della cornice, più basse nella parte alta del palazzo, lasciando poco respiro alle finestre a croce guelfa dell'ultimo piano. All'interno del palazzo si ammira un elegante cortile scandito da un colonnato sormontato da arcate. Interessanti i capitelli.

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Anche il Palazzo dei Priori o Palazzo Pubblico oscilla tra le forme tradizionali di gusto medievale e la nuova sensibilità quattrocentesca. Sul loggiato a tre arcate è poggiato un ordine che s'apre in allungate e leggere bifore di travertino; al lato destro si alza la Torre Campanaria, con beccatelli e merli guelfi. Sulla piazza, spostato verso il Palazzo Piccolomini, si trova il Pozzo, è un piccolo gioiello dell'arte del Rossellino realizzato nel 1462. Al di sopra di due gradinate circolari si apre una vera da pozzo con la parte superiore elegantemente scanalata e sormontata da due colonne con capitelli corinzi e conclusa da un'altra architrave lavorata.

Sul lato destro della piazza è il Palazzo Piccolomini , eseguito anch'esso del Rossellino, molto vicino per quel che riguarda la facciata, al fiorentino Palazzo Ruccellai dell'architetto Leon Battista Alberti. La facciata è a tre ordini sovrapposti, rivestita in bugnato regolare. Al piano terreno si aprono finestre rettangolari, mentre le superiori si aprono in bifore dai nitidi capitelli ritmando la superficie. nella parte verso la campana, il Palazzo si apre in un triplice ed armonioso ordine di loggiati che guardano sul giardino; è qui un altro pozzo poligonale con racemi e festoni nelle formelle.

L’elegante cortile, sul quale si aprono purissime finestre a croce guelfa, è ritmato da ampie arcate che fioriscono nei capitelli leggiadramente ornati. All'interno, le spaziose e ampie sale, le riquadrature delle porte, i bei soffitti e le trabeazioni dei camini ripetono con decoro motivi ornamentali di sobria eleganza. Particolarmente suggestivi la Sala da Pranzo, il Salotto, la Camera da letto di Pio II. Importante la biblioteca dove sono conservate opere rare, incunaboli e medaglie. Il Palazzo del cardinale Ammannati, oggi Newton, fu fatto costruire dal Cardinale Gerolamo Ammannati di Pavia, prediletto di Pio II. Se ne vede uno scorcio dalla piazza: le superfici lisce sono segnate da cornici sottili e aggettanti; le finestre sono a croce

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guelfa. Imboccata la via sulla quale fa angolo Palazzo Piccolomini, dopo pochi passi si giunge alla Chiesa di San Francesco. La costruzione risale alla fine del XIII secolo, è ad una sola navata e, come nella tradizione delle chiese dell'Ordine francescano, è coperta a cavalletti. nelle pareti del coro è narrata la leggenda francescana; questi affreschi sono stati attribuiti da alcuni studiosi al senese Cristofano di Bindoccio, detto Malabarba, di cui si hanno notizie tra il 1361 e il 1401. Il bel crocefisso dipinto è attribuito ad un maestro affine a Segna di Buonaventura, allievo di Duccio.

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San Quirico d'Orcia

Nel Medioevo la località si trovava sulla direttrice della via Francigena. Sigerico, arcivescovo di Canterbury, nel suo itinerario, compiuto tra il 990 e il 994, cita San Quirico come XII submansio e la definisce Sce Quiric. Ad accrescerne l'importanza contribuiva inoltre l'essere il punto di raccolta dei mercanti umbro-marchigiani diretti a Firenze e Siena dal famoso Guido Morgante, che vi giungevano attraversando la Valle del Chienti, Colfiorito, Foligno e Perugia fino a San Quirico.

San Quirico ha alcune chiese rilevanti dal punto di vista storico-artistico: oltre alla Collegiata di San Quirico (più precisamente Collegiata dei Santi Quirico e Giulitta) e alla Chiesa romanica di San Biagio a Vignoni, vanno segnalate la Chiesa di San Giovanni Battista a Bagno Vignoni, la Chiesa e la Cappella della Madonna di Vitaleta, la Chiesa di Santa Maria Assunta e l'Oratorio della Misericordia.

Collegiata dei Santi Quirico e Giulitta

Era un'antica pieve preceduta da un battistero dell'VIII secolo. L'edificio attuale fu costruito verso la fine del XII secolo o agli inizi del secolo successivo; la parte più antica sembra essere quella corrispondente alla facciata e in particolare al portale maggiore. La parte terminale è stata completamente alterata con l'abbattimento dell'abside originario nel 1653 per costruirvi il coro.

La chiesa è a pianta a croce latina con unica navata e cappelle absidali. Dei tre

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portali, il più significativo è il portale maggiore, di stile lombardo, costituito da un protiro leggermente risaltato ad arco (architettura) a tutto sesto, decorato e sorretto da due coppie di colonnette per lato, in pietra arenaria, annodate al centro e poggianti su leoni stilofori. Sulla cima delle colonnette si imposta l'arco a tutto sesto. All'interno del protiro ci sono cinque colonne a sinistra e cinque a destra con capitelli ornati da animali e foglie d'acanto. Sull'architrave del portale si trovano due coccodrilli affrontati. Nel centro della lunetta è scolpita in altorilievo una figura in trono ritenuta l'effigie di San Damaso, ma in realtà da identificare con la rappresentazione di San Quirico. La decorazione del portale si sviluppa secondo un'iconografia simbolica cristiana che deriva dall'arte lombarda.

Per quel che riguarda gli interni, a sinistra dell'altar maggiore si trova la grande pala d'altare quattrocentesca con la Madonna col Bambino, gli Angeli e i Santi (fra i quali San Quirico) su uno sfondo dorato, attribuita a Sano di Pietro.

Politico di Sano di Pietro

Ospedale di Santa Maria della Scala , edificato nel XIII secolo, offriva cure e assistenze a pellegrini e viandanti che percorrevano la via Francigena; operava sotto la proprietà dell'omonimo ospedale senese, sorto sulla stessa antica via di fronte al Duomo di Siena. Palazzo Chigi Zondadari , edificio storico barocco situato in Piazza Chigi, risale al XVII secolo ed appare come un'imponente struttura di pietra in contrasto con gli edifici circostanti. Palazzo Pretorio , antico edificio storico della comunità situato in via Dante Alighieri, oggi è sede del Centro accoglienza del Parco della Val d'Orcia

Gli Horti Leonini sono un giardino pubblico situato negli antichi baluardi di San Quirico d'Orcia. Sorti intorno al 1581 su un terreno che Francesco I de' Medici aveva donato a Diomede Leoni, prendono il nome dal loro proprietario. Gli Horti hanno mantenuto fino ad oggi la struttura originaria, costituendo un esempio ben conservato di classico giardino all'italiana e un modello di sistemazione a parco ripreso nei secoli successivi.

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Montalcino È una località nota in tutto il mondo per la produzione del vino Brunello . Si colloca nel territorio a nord-ovest del Monte Amiata, alla fine della val d'Orcia, sul confine amministrativo con la provincia di Grosseto.

Veduta dell'abitato di Montalcino La collina su cui si trova Montalcino è stata abitata probabilmente già in epoca etrusca.

Montalcino è menzionato per la prima volta in un documento del 29 dicembre 814, quando l'imperatore Ludovico il Pio concesse il territorio sub monte Lucini all’abate della vicina Abbazia di Sant'Antimo.

Il primo nucleo abitativo si ritiene risalga al X secolo. In questo periodo la popolazione ebbe un notevole incremento demografico quando si trasferirono in città gli abitanti di Roselle. Il nucleo abitativo originario si sarebbe esteso nel corso dei secoli fino a raggiungere, nel XIV secolo, le dimensioni attuali. Grazie alla posizione della città, dominante la cima di una collina, dai suoi viali la vista può spaziare sulle valli dell'Ombrone e dell'Asso.

Nel corso del tardo Medioevo era ancora un comune indipendente di notevole

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importanza grazie della sua posizione sulla vecchia Via Francigena, la strada principale tra la Francia e Roma, ma col tempo Montalcino entrò nell'orbita della potente Siena. Come un satellite di Siena, al momento della Battaglia di Montaperti 1260, Montalcino fu profondamente coinvolto nei conflitti in cui anche Siena era coinvolta.

Dopo la caduta di Siena 1555 i nobili senesi si arroccarono in città per 4 anni con la speranza di poter un giorno ritornare a Siena, dando vita alla Repubblica di Siena riparata in Montalcino. Ma alla fine anche Montalcino entrò a far parte del Granducato di Toscana fino all'Unita d'Italia 1861.

La Chiesa di Sant'Agostino è un edificio sacro che si trova lungo il corso centrale di Montalcino. La costruzione dell'imponente chiesa è riferibile al primo Trecento.

La facciata è divisa in due parti da una lista di pietra: quella inferiore è aperta da un portale cuspidato con pinnacoli laterali e cornice decorata a fogliette stilizzate; quella superiore appare frutto di restauro, con l'inserimento di un grande occhio con rosone. L'interno ripete il consueto schema conventuale, con un'ampia navata conclusa da una cappella quadrangolare con volta a crociera. A sinistra i locali monastici si raccolgono intorno ai due chiostri cinquecenteschi. Le pareti della chiesa sono state affrescate da vari artisti senesi del XIV e del XV secolo, con Scene della Passione di Cristo e Storie della vita di Sant'Antonio Abate. Gli affreschi trecenteschi del coro con Storie di Sant'Agostino, Evangelisti e Dottori della Chiesa sono attribuiti a Bartolo di Fredi.

La Fortezza è stata costruita nel punto più alto della città nel 1361, ha struttura pentagonale ed è stata progettata dagli architetti senesi, Mino Foresi e Domenico di Feo. La fortezza incorpora alcune delle preesistenti strutture tra cui il mastio di Santo Martini, la torre di San Giovanni e un'antica basilica, che ora serve come cappella del castello.

L'edificio adiacente alla chiesa di Sant’Agostino era un tempo un convento, ma è sede del Musei Riuniti, che è sia un museo civico che un museo diocesano. Il museo ospita varie opere, tra cui uno splendido crocifisso ligneo di ignoto artista di scuola senese, due bellissime sculture lignee XV secolo e alcune altre sculture in terracotta che sembrano essere della scuola dei Della Robbia. La collezione comprende anche un San Pietro e San Paolo di Ambrogio Lorenzetti e una Madonna col Bambino di Simone Martini.

Il Duomo (cattedrale), dedicato a San Salvatore, è stato originariamente costruito nel XIV secolo, ma ora ha un aspetto neo classico grazie ai lavori di ristrutturazione che ha subito nei primi anni del XIX secolo sotto la direzione dell'architetto senese Agostino Fantastici.

La piazza principale di Montalcino è Piazza del Popolo. L'edificio principale della piazza è il palazzo comunale, detto anche Palazzo dei Priori (fine XIII secolo inizi del XIV). Il palazzo è adornato con gli stemmi araldici dei numerosi podestà che hanno governato la città nel corso dei secoli. Un'altissima torre medievale è

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incorporata nel palazzo. Vicino al palazzo comunale, si trova una struttura rinascimentale con sei archi a tutto sesto, chiamata La Loggia, che è stata iniziata alla fine del XIV secolo, e finita nei primi anni del XV, ma che ha subito numerosi lavori di restauro nel corso dei secoli successivi.

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Il famoso Brunello di Montalcino Il territorio di produzione del vino Brunello di Montalcino corrisponde all'area del comune di Montalcino in provincia di Siena, ha una superficie complessiva di 243,62 chilometri quadrati, è delimitato dalle valli dei tre fiumi Orcia, Asso e Ombrone ed assume una forma quasi quadrata, i cui lati misurano mediamente 15 chilometri. L'area così definita si sviluppa in altezza dal livello di circa 120 metri sul livello del mare lungo i fiumi, fino a circa 650 metri a ridosso del Poggio Civitella che è il punto più alto del territorio.

La vocazione del territorio di Montalcino a produrre vini di grande qualità è nota da molti secoli. Già nel Medio Evo gli statuti comunali regolamentavano la data d'inizio vendemmia, mentre durante l'assedio del 1553, il vino non mancò mai e Biagio di Monluc, alla difesa delle mura montalcinesi, per dissimulare le sofferenze "si arrubinava il volto con il robusto vino". Secondo il bolognese Leandro Alberti (1550-1631), Montalcino è: "molto nominato per li buoni vini che si cavano da quelli ameni colli". L'auditore granducale Bartolomeo Gherardini nella sua visita a Montalcino del 1676-1677 segnala la produzione di 6050 some di vino descritto come "vino gagliardo, non però in gran quantità". Charles Thompson nel 1744 dice che "Montalcino non è molto famosa eccetto che per la bontà dei suoi vini".

Fino alla seconda metà dell'Ottocento il vino più conosciuto ed apprezzato della zona era un vino bianco dolce, il Moscatello di Montalcino ; fu in quel periodo che Clemente Santi iniziò a studiare le potenzialità di un clone del vitigno Sangiovese, il Sangiovese Grosso, localmente chiamato Brunello a causa del colore particolarmente scuro degli acini.

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In seguito, intorno al 1860, il nipote di Clemente, Ferruccio Biondi-Santi (figlio di Jacopo Biondi e di Caterina Santi) iniziò a produrre un vino rosso che dimostrò subito di possedere eccellenti qualità.

La fama del Brunello inizia nel 1869, quando un Vino Scelto (Brunello) della vendemmia 1865 fu premiato con medaglia d'argento dal Comizio del circondario. Tuttavia il Brunello rimase per molti anni un vino conosciuto ed apprezzato solo nei dintorni della zona di produzione, anche a causa dell'elevato prezzo di vendita.

Le vicissitudini dell'inizio del ‘900 portarono ad un decadimento della produzione vitienologica e pochissimi produttori tennero viva la produzione montalcinese fra le due guerre. Il Brunello di Montalcino fu presentato da alcune aziende alla Mostra dei Vini Tipici Senesi tenutesi a Siena nel 1932, 1933 e 1935.

Dopo la seconda guerra mondiale si iniziò nuovamente a pensare alla produzione vitivinicola e alcuni ebbero la lungimiranza di proiettarsi nel futuro, accordandosi sulle regole di produzione del Brunello di Montalcino. Ma fu dal 1950 che la fama del Brunello di Montalcino cominciò ad estendersi prima in Italia e poi all'estero.

Nel 1966 il "Brunello di Montalcino" ottenne la certificazione DOC e quindi DOCG. Secondo il disciplinare del 1966 , il Brunello deve essere ottenuto esclusivamente dalla fermentazione di uva Sangiovese ed avere queste caratteristiche:

• Zona di produzione: Comune di Montalcino • Vitigno: Sangiovese (denominato, a Montalcino, "Brunello") • Resa massima dell'uva: 80 quintali per ettaro • Resa dell'uva in vino: 68% • Affinamento minimo in legno: 2 anni in rovere • Affinamento minimo in bottiglia: 4 mesi (6 mesi per il tipo Riserva) • Colore: rosso rubino intenso tendente al granato per l'invecchiamento • Odore: profumo caratteristico ed intenso • Sapore: asciutto, caldo, un po' tannico, robusto ed armonico • Gradazione alcolica minima: 12,5% Vol . • Imbottigliamento: può essere effettuato solo nella zona di produzione • Immissione al consumo: dopo 5 anni dall'anno della vendemmia (6 anni

per il tipo Riserva) • Confezionamento: il Brunello di Montalcino può essere posto in commercio

solo se confezionato in bottiglie di forma bordolese. Con dicitura Riserva se immesso al consumo successivamente al 1º gennaio dell'anno successivo al termine di sei anni, calcolati considerando l'annata della vendemmia, fermo restando il minimo di due anni di affinamento in contenitori di rovere, ma di almeno sei mesi in bottiglia. Per maggiori informazioni: www.consorziobrunellodimontalcino.it

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Buonconvento

Il nome deriva dal latino "Bonus Conventus " luogo felice, fortunato.

I primi cenni storici si hanno intorno al 1100, ma sicuramente il fatto di maggior rilievo è avvenuto nel 1313 quando, il 24 agosto vi morì l'imperatore Enrico VII di Lussemburgo, (più conosciuto come Arrigo) che era sceso in Italia per restaurarvi l'autorità imperiale.

La storia narra che l'imperatore, avvelenato durante la comunione da un frate del luogo, sia morto poco dopo lungo la via Cassia, probabilmente presso l'abitato di Serravalle. La costruzione delle mura iniziò nel 1371 e terminò 12 anni dopo, nel 1383. È il centro più importante della Val d'Arbia, testimoniato anche dalla podesteria che comprende 32 località e dal riconoscimento della cittadinanza senese concesso dai governatori della città nel 1480. Con la caduta della Repubblica di Siena, nel 1559 entra a far parte del Granducato di Toscana sotto i Medici.

La Chiesa dei Santi Pietro e Paolo è un edificio sacro che si trova a Buonconvento. L'edificio fu costruito nel XIV secolo e completamente ristrutturato nel 1705. Dell'arredo originario restano oggi nella chiesa poche opere: una tavola con Madonna in trono col Bambino e due angeli, del 1450 circa, di Matteo di Giovanni, e un affresco con l'Incoronazione della Vergine di un ignoto artista senese del primo Quattrocento. Della seconda metà del XV secolo è un'altra tavola con Madonna in trono col Bambino e santi del senese Pietro di Francesco Orioli.

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Il Borgo Trecentesco, perfettamente conservato, ospita lungo la sua via principale il Museo di arte sacra della Val d'Arbia, con opere provenienti dalle chiese della Val d'Arbia di molti dei principali artisti della tradizione pittorica senese come Duccio, Pietro Lorenzetti, Andrea di Bartolo, Matteo di Giovanni, Alessandro Casolani, Simondio Salimbeni e altri.

La "Tinaia del Taja", situata sul perimetro esterno delle mura, ospita inoltre il Museo della Mezzadria, che si propone di raccontare il mondo della mezzadria attraverso foto, oggetti e altro materiale originale. Molto interessanti sono anche i palazzi in stile liberty che si trovano sia all'interno del borgo che fuori.

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Abbazia di Monte Oliveto Maggiore

L'abbazia di Monte Oliveto Maggiore è un complesso monastico all'interno del comune di Asciano, sede dell'abate generale della Congregazione benedettina di Monte Oliveto ed è sede dell'abbazia territoriale di Monte Oliveto Maggiore.

È situata su un'altura a dominio delle Crete senesi all'interno di un bosco di cipressi, querce e pini, è uno dei più importanti monumenti della Toscana sia per l'importanza storico-territoriale che per l'elevato numero di opere d'arte in essa racchiusa.

Ingresso ed esterno

Si accede al monastero tramite un palazzo medievale in mattoni rossi, raggiunto percorrendo un ponte levatoio e sovrastato da una massiccia torre quadrangolare dotata di barbacani e merlature. La costruzione di questo edificio, adibito a porta d'ingresso fortificata del monastero, fu iniziata nel 1393, per terminare nel 1526 ed essere poi seguita da un restauro nel XIX secolo. Sopra l'arcone d'ingresso è posta una terracotta smaltata, raffigurante la Madonna col Bambino circondata da due angeli, attribuita ai Della Robbia; nei pressi è posta un'altra terracotta robbiana, raffigurante San Benedetto benedicente.

Superato il palazzotto si imbocca un lungo e suggestivo viale di cipressi, lungo cui sono posti l'orto botanico della vecchia farmacia, distrutta nel 1896, e una

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peschiera risalente al 1533. In fondo al viale si trova il campanile, di stile romanico-gotico, e l'abside della chiesa che presenta una facciata gotica; nella zona absidale è stata collocata nel 2009 la statua di San Bernardo Tolomei, di Massimo Lippi.

Il Chiostro Grande

Il chiostro grande, il primo dopo l'ingresso, è a pianta rettangolare e venne realizzato tra il 1426 e il 1443. Presenta, al centro, una statua marmorea di San Benedetto e, in un angolo, una vera di pozzo, anch'essa in marmo, costruita nel 1439. Il lato più antico presenta un particolare doppio loggiato in corrispondenza del primo e del secondo piano, con archi a tutto sesto poggianti su colonne in mattoni con capitelli in pietra.

Le pareti delle quattro gallerie al pian terreno sono interamente dipinte con gli affreschi delle Storie di San Benedetto, realizzati da Luca Signorelli e Antonio Bazzi detto Il Sodoma. Si tratta di una delle più importanti testimonianze della pittura italiana dell'epoca rinascimentale.

Gli affreschi del Signorelli sono otto e vennero realizzati nel 1497-98. I restanti sono del Sodoma e vennero realizzati dal 1505 in poi.

La chiesa

Si accede dal chiostro grande attraverso un passaggio sulla cui sinistra è posto l'affresco Gesù che porta la croce, uno dei capolavori del Sodoma. Sempre dello stesso artista sono anche l'affresco posto sulla destra (Gesù alla colonna) e anche San Benedetto che dà la regola ai fondatori di Monte oliveto. Si entra nell'atrio, realizzato sul luogo di un'antica chiesa realizzata nel 1319 alle cui pareti sono posti gli affreschi raffiguranti i Padri eremiti del deserto del 1440 e un altro raffigurante il Miracolo di San Benedetto, tutti realizzati da un ignoto artista di scuola senese. In una nicchia è posto il gruppo scultoreo di fra Giovanni da Verona raffigurante la Madonna col bambino in trono. La chiesa, a una navata a croce latina, presenta un interno molto luminoso. È stata rinnovata in forme barocche nel 1772 da Giovanni Antinori.

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La maggiore opera d'arte presente è il coro ligneo intagliato e intarsiato di fra Giovanni da Verona, realizzato nel 1503-1505. Si tratta di uno dei più importanti esempi di opere di tarsia d'Europa. Altre opere degne di nota sono il leggio di frà Raffaele da Brescia e la tela di Jacopo Ligozzi, raffigurante l' Assunta e sempre dello stesso autore anche la Natività di Maria (1598) posta dietro l'altare maggiore.

Dal transetto si accede alla Cappella del Sacramento che contiene un Crocifisso in legno policromato della prima metà del XIV secolo. Notevole anche la Sagrestia con il soffitto in legno intarsiato realizzato nel 1417.

Chiostro di Mezzo e Refettorio

Si accede al chiostro di mezzo, solo in parte non compreso nel recinto della clausura, attraverso una porta situata sul lato sud del chiostro grande.

Il chiostro di mezzo venne realizzato nel XV secolo ed è circondato da un porticato con archi a tutto sesto poggianti su pilastri ottagonali. Sopra la porta di accesso vi è la tela raffigurante la Madonna col Bambino e angeli dell XV secolo.

Sulla destra dopo aver attraversato un atrio in cui sono posti un lavabo del XVI secolo e sopra l'affresco dell'Annunciazione del Riccio, si accede al Refettorio. Quest'ultimo è costituito da un unico grande ambiente coperto con volta a botte ribassata e lunettata illuminato da grandi finestre rettangolari che si aprono sulla parete sinistra.

Le pareti e la volta sono decorate dagli affreschi di frà Paolo Novelli che li realizzò nel 1670. Sulla parete di fondo è posta la tela raffigurante l'Ultima Cena di Lino Dinetto (1948) in luogo di un antico affresco avente come soggetto lo stesso tema, attualmente in gran parte perduto.

Biblioteca e Farmacia

Dal chiostro di mezzo per una scala si accede al primo piano. Sulla prima rampa è posto l'affresco del Sodoma dell'Incoronazione di Maria; sulla seconda rampa l'affresco di ignoto raffigurante la Deposizione. Nel vestibolo dipinto ad encausto raffigurante Personaggi e fatti della Congregazione Olivetana di Antonio Muller di Danzica risalente al 1631 e un candelabro ligneo del 1502 di fra Giovanni da Verona.

La sala della Biblioteca, voluta dall'abate Francesco Ringhieri nel 1515, venne disegnata da stesso fra Giovanni da Verona, che ne scolpì anche i capitelli e ne intagliò il portone di ingresso. Si tratta di un lungo ambiente diviso in tre navate, quella maggiore con volta a botte, le due laterali con volta a crociera, da un colonnato che sta in piedi nonostante nella stanza sottostante non ci siano colonne (vi è infatti il refettorio), poiché le colonne sono inclinate in modo da scaricare il peso sul muro portante.

Da un grande arco che si apre nella parete di fondo, tramite una doppia scalinata, si accede alla Farmacia, che accoglie in vasi del XVII secolo una ricca collezione di erbe medicinali.

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Accanto è la biblioteca monastica che contiene 40.000 tra opuscoli, volumi e incunaboli, che tuttavia non sono quelli della originaria dotazione, andata dispersa dopo la soppressione dell'Ordine nel 1809, ma provengono dal soppresso monastero olivetano di Santa Maria di Monte Morcino Nuovo, presso Perugia.

Da una parete lungo la navata di destra della biblioteca, si accede al piccolo museo dell'abbazia, con esposti quadri e oggetti liturgici.

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