Cenni E Storia Di Pietrabbondante

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Come Arrivare a Pietrabbondante Pietrabbondante.....un ridente paesino dell'Alto Molise, situato a 1027 metri sul livello del mare, addossato con le sue casette alla nuda roccia, sormontato da imperiose "Morge" che si stagliano perfette in contrasto con il cielo, sovrastato dalla cupola verdeggiante e selvosa del monte Caraceno e protetto dall'impavido guerriero sannita che troneggia sulla piazza. Tutt'intorno è un tripudio di natura incontaminata e silente, monti dietro monti, vallate immense, paesi sparpagliati qua e là, campi straripanti di fiori variopinti. Al di sotto del nucleo abitato, all'altezza di mille metri, magicamente adagiato nel prato, si trova il teatro dei Sanniti che rappresenta un connubbio perfetto tra archeologia e natura. Pietrabbondante, dunque, e una meta da raggiungere per chi ha voglia di fare un tuffo nel passato, per chi vuole riassaporare i profumi e i sapori antichi, per chi ha voglia di natura, arte, archeologia, storia e tradizione. Da Roma In macchina Autostrada A1 (Direzione Napoli) – Uscita S. Vittore (FR) – Venafro – Isernia (Fondovalle Trigno) – Pescolanciano – Pietrabbondante In Treno Roma "Termini" – Isernia (con possibilità di arrivo in Treno a Pescolanciano) – Arrivo a Pietrabbondante mediante Autobus di linea In Autobus Stazione Tiburtina – Isernia – Pietrabbondante Da Napoli In macchina Autostrada A1 (Direzione Roma) – Uscita Vairano – Caianello (CE) – Venafro – Isernia (Superstrada Trignina) – Pescolanciano – Pietrabbondante In Treno Napoli "Centrale" – Isernia (con possibilità di arrivo in Treno a Pescolanciano) – Arrivo a Pietrabbondante mediante Autobus di linea In Autobus Piazza Garibaldi – Isernia – Pietrabbondante Da Vasto (CH) In macchina Fondovalle Trigno (Direzione Isernia) – Uscita Pietrabbondante (C.da Arco)

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Come Arrivare a Pietrabbondante

Pietrabbondante.....un ridente paesino dell'Alto Molise, situato a

1027 metri sul livello del mare, addossato con le sue casette alla nuda roccia, sormontato da imperiose "Morge" che si stagliano perfette in contrasto con il cielo, sovrastato dalla cupola verdeggiante e selvosa del monte Caraceno e protetto dall'impavido guerriero sannita che troneggia sulla piazza. Tutt'intorno è un tripudio di natura incontaminata e silente, monti dietro monti, vallate immense, paesi sparpagliati qua e là, campi straripanti di fiori variopinti. Al di sotto del nucleo abitato, all'altezza di mille metri, magicamente adagiato nel prato, si trova il teatro dei Sanniti che rappresenta un connubbio perfetto tra archeologia e natura. Pietrabbondante, dunque, e una meta da raggiungere per chi ha voglia di fare un tuffo nel passato, per chi vuole riassaporare i profumi e i sapori antichi, per chi ha voglia di natura, arte, archeologia, storia e tradizione.

Da Roma In macchina Autostrada A1 (Direzione Napoli) – Uscita S. Vittore (FR) – Venafro – Isernia (Fondovalle Trigno) – Pescolanciano – Pietrabbondante

In Treno Roma "Termini" – Isernia (con possibilità di arrivo in Treno a Pescolanciano) – Arrivo a Pietrabbondante mediante Autobus di linea

In Autobus Stazione Tiburtina – Isernia – Pietrabbondante

Da Napoli In macchina Autostrada A1 (Direzione Roma) – Uscita Vairano – Caianello (CE) – Venafro – Isernia (Superstrada Trignina) – Pescolanciano – Pietrabbondante

In Treno Napoli "Centrale" – Isernia (con possibilità di arrivo in Treno a Pescolanciano) – Arrivo a Pietrabbondante mediante Autobus di linea

In Autobus Piazza Garibaldi – Isernia – Pietrabbondante

Da Vasto (CH)

In macchina Fondovalle Trigno (Direzione Isernia) – Uscita Pietrabbondante (C.da Arco)

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Le origini di Pietrabbondante sono antichissime, forse

appartengono addirittura alla preistoria, ed i primi abitanti, tuttora sconosciuti, furono sottomessi ne VI secolo a.C. dal popolo guerriero dei Sanniti. Inizio quindi in queste zona la storia di uno dei popoli più potenti dell'Italia centrale che fù fiaccato solo dalla grande espansione romana. Proprio i Sanniti chiamarono la località "Bovianum", ma questo non durò per pochi secoli, infatti, dopo le sconfitte nelle guerre sannitiche e la definitiva distruzione del luogo ad opera di Silla (89 a.C.), Pietrabbondante divenne parte della colonia romana situata nel Sannio e di cui rimangono le documentazioni grazie a Plinio il Vecchio. I Romani chiamarono la cittadina "Bovianum Vetus", e solo dopo la denominazione longobarda del VIII secolo si arrivò al nome Petra Habundante. L'attuale ubicazione della cittadina si fa risalire al periodo romano; in ogni modo, poco distanti sono tuttora conservati i resti di una città sannitica. Molti storici ritengono che quest'ultima sia stata sede delle Assemblee del governo federale dei Sanniti. L'attuale nome è relativamente recente ed è etimologicamente giustificato dal fatto che la zona è ricca di pietre e detriti calcarei. Riguardo al ruolo di "Bovianum Vetus" si sa poco, come detto era sede delle assemblee sannite, ma senza dubbio era anche un centro di vitale importanza ed anche quando i Sanniti vennero sottomessi ai Romani, Pietrabbondante divenne un luogo di riferimento per il controllo dell'Alto Molise. La città sannitica si estendeva per poco più di seicento metri, nonostante ciò, la zona rimane tuttora ricca di reperti archeologici rilevanti. Gli scavi iniziati intorno al 1840 portarono alla luce tronchi di statue marmoree, utensili di creta, monete, armi ecc.. Molto importante è il tempio costruito in poligoni di pietra calcarea e l'anfiteatro che è l'unico esempio di teatro in Italia, escludendo la Magna Grecia, che, pur conservando una struttura greca era stato edificato dai Romani. Nel 957 la città era capoluogo di una delle trentaquattro contee in cui venne diviso il ducato di Benevento; i primi conti di cui si ha notizia ernao i Borrello. Con il tempo si intrecciarono e si susseguirono al potere un miriade di famiglie: i Cantelmo, i Carafa, i Marchesano, i D'Andrea ed infine ai D'Alessandro. Attualmente la cittadina di Pietrabbondante rimane una delle sedi più ambite del turismo Molisano. La zona può essere ritenuta interessante non solo per la sua storia, ma anche perché è situata in un luogo incantevole e caratteristico ai piedi di imponenti rocce chiamate "Morge" e alle falde del monte Caraceno sulle cui pendici sono stati rinvenuti importanti resti megalitici. La località è, inoltre, ricca di flora essendoci nei luoghi limitrofi ampie distese di conifere e di latifoglie. Accanto al teatro si possono ammirare la chiesa di Santa Maria Assunta, fondata nel 1666 e costruita si antichi luoghi sacri e la chiesa dedicata a San Vincenzo Ferreri.

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DA VISITARE IL TETRO-TEMPIO DI PIETRABBONDANTE

Sul pendio di Monte Saraceno, i Sanniti edificarono un maestoso complesso di culto costituito da un teatro, un tempio e due edifici porticati ai lati di quest'ultimo. I lavori iniziarono alla fine del II secolo a. C. e terminarono nel 95 a. C. L'edificio, così articolato, era destinato sia al culto che alle attività istituzionale, perché, se nel grande tempio si svolgevano riti religiosi, nel tetro si riuniva il senato per adottare deliberazioni importanti nell'interesse dello Stato.

Pietrabbondante (Is) Assonometria generale del complesso monumentale Teatro-Tempio (fine II sec.

a.C.)con proporzioni e volumi originali scaturiti dallo studio delle strutture e degli elementi

rinvenuti.

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Progetto ricostruttivo:Fronte scena

DATI TECNICI

Il complesso teatro-tempio, ridotto a resti di mura imponenti fuori terra, si trova alla periferia di Pietrabbondante, a 966 metri sul livello del mare, a fianco ad un altro tempietto con botteghe porticate di epoca precedente ( inizio II sec. a.C. ). Per costruirlo, i Sanniti ricavarono due terrazzi lungo il fianco del monte, a livelli diversi ma su un unico asse. Quello in alto ospitò il tempio e i due edifici porticati laterali; quello in basso, il teatro. Dimensioni complessive dell'area: 55 x 90. Al complesso culturale si accedeva non dall'attuale strada provinciale, bensì dalla via a valle, poco distante dal fronte del teatro. Il prospetto non era allineato sulla strada, come avviene in genere oggi, ma sul corso del sole. L'intero santuario è così orientato ad est/sud-est, in modo da poter osservare dal suo fronte la nascita del sole ogni giorno dell'anno. Rientrava ciò nei principi della disciplina augurale.

Progetto ricostruttivo:Prospetto Teatro-Tempio

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Progetto ricostruttivo: Prospetto laterale del Tempio

Il teatro si compone di due elementi: la càvea e l'edificio scenico, legati tra loro da due archi di pietra posti alle estremità dell'iposcenio. La càvea contiene 2500 spettatori. L'acustica è perfetta. Arrivando dalla strada principale, ci si imbatteva nell'alta facciata dell'edificio scenico lungo m. 37,30 e alto circa 7, con ai due lati gli ingressi a cielo aperto e alle estremità i magazzini. Coloro che entravano, superato il cancello, passavano sotto l'arco dell'iposcenio e prendevano posto sui sedili di pietra. Una volta seduti avevano avevano di fronte il palcoscenico dominato dal prospetto dell'edificio scenico con tre porte che immettevano ai camerini degli attori. Le attuali emergenze a terra rappresentano la parte sottostante adibita probabilmente a magazzini. Infatti, sul muro frontale del palcoscenico, alto m 1,89, tutto di grandi blocchi squadrati e messi in opera a secco, si aprivano ben 5 porte fiancheggiate da semicolonne scalanate ioniche con cornici, come nel proscenico ellenistico di Epidauro. Il piano di calpestìo del palcoscenico era di tavole, largo m3,50, con fori sul lato posteriore per consentire la posa di aste di legno che al di sotto andavano a fissarsi in blocchi squadrati semincassati ( tuttora visibili ) e in alto si alzavano per reggere scenari mobili dipinti ( come nel proscenio di Priene, in Asia minore ). Ogni sedile di pietra proviene da un solo blocco ed è un pezzo unico spalliera-piede, con il dorsale elegantemente sagomato e rigettato all'indietro; alle due estremità di ogni fila figurano braccioli a zampa di grifo in segno di riguardo alle autorità cui erano riservate le tre file: magistrati, sacerdoti, eccetera. Ai due lati dell'orchestra, i muri di sostegno del terrapieno ( analèmmata ) terminano con atlanti scolpiti nella pietra ( come nell'Odeon di Pompei, dove però il materiale è costituito da tufo tenero). Tutto il terrapieno è sorretto da un grande muro semicircolare a secco, detto

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poligonale per via dei blocchi lavorati senza taglio regolare dei contorni. Gli ingressi: due sul fronte; uno laterale, verso nord, per l'acceso della gente comune alla parte alta della càvea adattata con sedili smontabili, probabilmente in legno; l'altro sulla curva posteriore con piccola porta di collegamento col tempio. Il teatro insiste sul sito ove nel III secolo a.C. si trovava un tempio ionico porticato, distrutto da Annibale nel 217 a. C. Il tempio, di m 22 x 35, sorge alle spalle del tetro. Ciò che si vede oggi è solo il basamento ( podio ), sul quale si alzavano, nella parte anteriore, otto colonne sormontate da capitelli corinzi con epistilio ligneo rivestito di terrecotte decorate e, nella parte posteriore, tre celle ( cappelle ) pavimentate con finissimo mosaico bianco e dedicate a divinità diverse. Il tetto era costruito con cura: capriate, traverse, tavole, lamine di piombo, tegole ( provenienti da Venafro e ciascuna del peso di 52 chili ). Celle e colonne avevano fondazioni proprie, per cui il possente muro perimetrale del podio fungeva da semplice rivestimento decorativo. Le tre are ( due sole ritrovate e prive delle cornici di coronamento ) allineate tra teatro e tempio erano dedicate ad altrettante divinità, una delle quali doveva essere Vittoria, nome inciso su una lastrina di bronzo venuta alla luce durante gli scavi. Le are erano sormontate da elaborate cornici decorate con motivi floreali e teste di ariete. I conci scuri sono in genere quelli originali, come i gradini scuri della scala incassata. Sul lato sinistro una scritta in lingua osca ricorda Stazio Claro, personaggio importante che fece costruire a sue spese metà del podio. Sul lato posteriore del tempio, nel muro di contenimento del terreno ( lato nord ), un simbolo fallico è scolpito su un blocco con funzione magica di protezione dalle sventure. Ai lati del podio, i due porticati con resti di edifici adibiti a botteghe e servizi vari completano l'armonico complesso.

LA SCOPERTA

Il monumento nel II secolo d. C. risultava abbandonato e completamente sepolto da detriti alluvionali. Gli scavi furono condotti in diverse fasi: nel 1857 e 1858, ad opera dei Borboni; nel 1871 - 72, per interesse della Provincia; nel 1959 e negli anni successivi per intervento della Soprintendenza Archeologica del Molise.

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Progetto ricostruttivo: Fronte del Tempio

LO STILE Si tratta di un originale organismo architettonico in cui confluiscono elementi italici, ellenistico-campani e latini ( tempio a tre celle, modello del comizio ). L'archeologo Amedeo Maiuri lo definisce " il più felice connubio tra struttura italica e archeologia greca ". Si tratta di un originale organismo architettonico in cui confluiscono elementi italici, ellenistico-campani e latini ( tempio a tre celle, modello del comizio ). L'archeologo Amedeo Maiuri lo definisce " il più felice connubio tra struttura italica e archeologia greca ".

PROGETTO RICOSTRUTTIVO

L'Istituto Regionale per gli Studi Storici del Molise " V. Cuoco" ha curato il progetto ricostruttivo del complesso culturale, affidato a Benito di Marco, dal quale sono stati tratti i disegni riprodotti in questo sito.

IL MONUMENTO AI CADUTI

La statua raffigura l'antico milite sannita così come lo avevano voluto gli ideatori per rappresentare al meglio il sacrificio dei caduti pietrabbondantesi nella prima guerra mondiale, quella del 1915-11918. La storia di questo sannita è legata fortemente al sentimento di patria che avevano i nostri antenati. soprattutto gli emigranti legati più che mai alla loro terra. infatti il 26 luglio 191 9 sorse proprio in America un comitato, presieduto da Di Tullio Alessandro, che raccoglieva fondi per ricordare dignitosamente i nostri morti. Successivamente, nel febbraio 1920 la Giunta Comunale di Pietrabbondante procedette alla nomina di un comitato locale che si occupasse di questa iniziativa.

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Ne facevano parte l'allora Parroco Vassolo Don Michele. l'Avv. Di Tullio Giovanni. il Cav. Carosella Gennaro. il Sig. Di Iorio Alessandro. il Sig. Nerone Vittorio Vincenzo ed il Dott. Di Salvo Manlio. Appena raggiunta la somma di lire 30.000 (trentamila) si decise di contattare l'artista che avrebbe dovuto realizzare il lavoro. Fu chiamato lo Scultore Comm. Giuseppe GUASTALLA, Professore del Regio Istituto Superiore di Belle Arti di Roma che,. dopo aver visitato il Paese, indicati come luogo ideale per la collocazione del Monumento il pianale situato in Aia di piano (l'attuale Piazza Vittorio Veneto). E' il 1 aprile 1921 e nell'accordo fu deciso che la somma da corrispondere, fino alla consegna dell'opera, fosse di lire 40.000 (quarantamila) che poi per le modifiche. richieste dal comitato al progetto iniziale salì a lire 48.000 (quarantottomila). Ad incrementare il fondo pro-monumento, oltre alle offerte che continuavano a giungere dalle Americhe, contribuirono anche alcune simpatiche iniziative. Come quella degli studenti di Pietrabbondante che nel luglio 1921 costituirono una Compagnia Teatrale che recitò per tutte le vacanze consegnando il ricavato ai comitato. Ne facevano parte: Caranci Bice Edelina. Carosella Clotilde, Ines e Maria, Diana Grazietta, Di Iorio Elisa, Di Iorio Maurina, Di Salvo Maria, Bianca e Delia, Mastronardi Ester,, Nerone Laurina,1 Nerone Maria,, Carosella Rinaldo, Carosella Ruggiero, De Geronimo Nino, Di Iorio Crispino, D'Onofrio Clemente e Rodolfo, Fabrizio Nino e Mario, Nerone Giovannino, Nerone Giuseppe e Dante, Santangelo Raffaele e Vincenzino, Vassolo Antonino. Tutto il bronzo occorrente per la struttura, quasi 8 quintali, fu concesso dal Ministero della Guerra, per interessamento dell'Onorevole Pietravalle, in parte gratuitamente ed in parte a prezzo di favore. L'altezza totale del Monumento è di mt. 7,00 di cui mt. 4,00 del basamento e mt. 3,00 del fante. Sui lati del basamento furono scritti. con lettere fuse nel bronzo. i nomi dei 23 caduti:

Bartolomeo Cavino Cirulli Giuseppe

Di Carlo Vincenzo Ruggiero Di Iorio Arturo Di Iorio Vincenzo D'Onofrio Romolo Di Pasquo Antonio Di Pinto Antonio Di Pinto Giovanni Di Salvo Arcangelo Iacovone Giovanni Iacovone Sabatino

Nerone Fiore Peluso Vincenzo Pesa Domenico

Santangelo Federico Tesone Romolo Vassolo Arnaldo Vitagliano Nicola Vitullo Sestino

Zarlenga Gennaro Zarlenga Giovanni Zarlenga Guido

sulla faccia anteriore del basamento venne scritta l'epigrafe, dettata dal Prof. Francesco D'Ovidio: "Da queste balze di Boviano l’antico scendeva il guerriero impavido alla difesa

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del Sannio, da queste discesero con egual virtù i figli di Pietrabbondante a morire per l’Italia".

INNAUGURAZIONE MONUMENTO (2 OTTOBRE 1922)

Il Monumento venne inaugurato il 2 ottobre 1922 con l'orazione commemorativa del Prof. Grande ufficiale Vittorio Spinazzola -Sopraintendente degli Scavi e dei Musei di Napoli – Durante la Cerimonia vennero distribuite le decorazioni alle famiglie dei caduti. Da qualche anno sono stati scritti, a cura dell'Amministrazione Comunale, anche i nomi dei caduti della 2^ guerra mondiale

Antenucci Antonio Celli Amalio

Di Carlo Giuseppe Di Iorio Alfredo Di Salvo Giulio Di Tata Alberino

Di Tata Giovannino Di Tullio Renato

Gasparro Gioacchini Labate Alfredo Mancini Nello

Marchesani Gino Martella Domenico Pilla Vincenzo Ricci Giuseppe Ricci Vincenzo

Santangelo Pasqualino Santini Davide Tesone Antonio Vitullo Claudino Vitullo Michele Zarlenga Enrico

I resti di quest’ultimo, caduto nel fronte russo, sono stati riportati a Pietrabbondante da qualche anno, accolti dalla cittadinanza con grande commozione .

Vitagliano Mariclara

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LA CHIESA DI PIETRABBONDANTE

La chiesa di Pietrabbondante è dedicata a Santa Maria Assunta in cielo, è perciò molto sentita la sua festa, che ricorre il 15 Agosto, da tutto il paese che la festeggia come la tradizione vuole, con una processione portata però in spalla da sole donne. La chiesa sorge su una sommità dalla quale si può godere un magico e spettacolare panorama costituito da monti, boschi, paesi e vallate. Essa si staglia perfettamente contro la nuda roccia nella "Morgia della Croce" troneggia nella sua semplicità al di sopra del paese, sfidando i venti e le intemperie, richiama con il suono delle campane, che riecheggiano lontane gli abitanti di Pietrabbondante. Salendo la lunga scalinata ci si trova davanti alla facciata anteriore, si presenta lineare, sulla sinistra il campanile con tre celle campanarie incassate in una caratteristica muratura in pietra sulla cui cima svetta la croce, al centro un ricco e sontuoso portale in stile barocco ornato di motivi floreali e comprendente una piccola nicchia nella quale si trova una scultura arcaica raffigurante, forse, S. Maria Assunta. Al di sopra del portale vi è un finestrone anch’esso in stile barocco, a destra un portale secondario. Il muro perimetrale di destra poggia su una poderosa struttura di sostengo, a sinistra, invece, è costruito con enormi blocchi calcarei provenienti dalla vicina zona archeologica. Entrando, dal portale centrale, ci si trova in un ambiente suggestivo e luminoso, l’occhio corre dall’altare maggiore, sovrastato dall’organo a canne e dal grande crocifisso, opera di Padre Angelico, al soffitto, che si presenta che il caratteristico solaio a botte. Attorno al perimetro della navata centrale vi sono finestroni dai quali si intravedono pezzi di cielo e filtrano raggi di sole che danno alla Chiesa una luce particolare. La fotografia interna ha subito nel corso dei secoli numerose trasformazioni e l’attuale aspetto, riferimento al secondo barocco, è successivo al 1696 ed è realizzato a forma di croce latina, divisa in tre navate delimitate da grossi pilastri quadrangolari intonacati, che sorreggono le arcate a tutto sesto. Nella navata di destra si nota un sarcofago rinvenuto nel corso dei lavori di ristrutturazione post- terremoto (1990) al disotto del pavimento, poi le statue di S. Nicola di Bari, S. Francesco di Paola (1867) e S. Rocco Confessore. Nel transetto di destra è situata la tela a olio di Padre Angelico Zarlenga O.P. dedicata al nostro protettore S. Vincenzo Ferreri, che ricorda la mancata distruzione dell’abitato da parte delle truppe naziste in ritirata nel 1943 ed il ritorno dei numerosi prigionieri dai campi di concentramento, come simboleggia la catena spezzata ai piedi del Santo. Nella parte frontale dello stesso transetto, vi è il fonte battesimale realizzato in marmo pregiato.

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Nella navata sinistra vi sono le statue lignee del Sacro Cuore e di S. Antonio, in fine il quadro rappresentante S.Randisio Borrello (opera di Domenico Cirulli 1994).

LA CHIESA DI SAN VINCENZO FERRERI PATRONO DI PIETRABBONDANTE

....Speranza nostra ...

La vita di San Vincenzo Ferreri, nostro protettore, trova la sua giusta dimensione di eccezionalità e prodigiosità se inserita nella particolare epoca in cui visse. Egli si trovò ad operare negli anni compresi tra la fine del medio evo e gli inizi

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dell'umanesimo. Un periodo, questo, travagliato per le rivalità tra impero e papato, scosso dalla divisione dei cattolici, che provocò il grande scisma d'occidente con la Chiesa divisa tra papa e antipapa. Proprio in questo contesto si inserisce l'intensa opera di predicazione e di riconciliazione realizzata da San Vincenzo e culminata nel 1416 con un grande contributo alla soluzione del grave problema dello scisma. Egli nacque il 23 gennaio 1350 a Valenza in Spagna da don Guglielmo Ferreri e da donna Costanza Miguel. Fu chiamato Vincenzo in onore di S. Vincenzo Martire (alcune sue reliquie sono custodite in una piccola urna nella nostra Chiesa di Santa Maria Assunta) festeggiato a Valenza proprio il 22 gennaio giorno del suo martirio. Manifestò subito una forte propensione per la preghiera e la mortificazione. Dotato di straordinaria intelligenza, compì rapidamente e con grande profitto gli studi. A diciotto anni decise di abbracciare la vita religiosa e scelse l'ordine dei Domenicani, detti frati predicatori, per realizzare al meglio il suo ideale apostolico: predicare la parola di Dio in ogni angolo della terra. Entrò a far parte dell'ordine il 6 febbraio 1368 e indossò l'abito che lo ritrae nelle immagini più conosciute: tonaca e scapolare bianchi, cappa e cappuccio neri. Trascorse la sua vita passando di terra in terra, predicando nelle piazze, nelle Chiese e nei campi davanti a plebei, semplici, nobili e scienziati e ricorrendo a miracoli per convertire i peccatori, salvare dai pericoli, risuscitare i morti, comandare la natura e guarire gli ammalati. Nel 1395 dopo la visione in sogno di Gesù Cristo accompagnato da una schiera di Angeli improntò la sua predicazione sulla dottrina che riguarda il destino umano: cioè la morte, il giudizio individuale e quello universale. Attività questa che gli guadagnò il nome di angelo dell'apocalisse. Morì all'età di settanta anni il 5 aprile 1419 a Vannes (Francia), nella cui Cattedrale sono conservate alcune reliquie, altre furono portate a Valenza città in cui era nato. Non si conosce con esattezza il periodo in cui S. Vincenzo Ferreri venne proclamato Patrono di Pietrabbondante. La tradizione popolare fa risalire le origini della cappella dedicata a San Vincenzo Ferreri in località "Raguso" in un’epoca compresa tra la fine del 1600 e già gli inizio del 1700, in quel periodo, nella zona suddetta furono costruite numerose abitazione, per cui molti allevatori di buoi si trasferirono in quei posti. Ci si accorse che un bue invece di seguire gli altri se ne stava solo, sotto l’ombra di una quercia secolare. Fu legato ad una catena per restare insieme agli altri, ma il bue la spezzo e tornò sotto la quercia. Il bovaro lo seguì e guardando tra i rami notò un quadro raffigurante San Vincenzo Ferreri. Si gridò al miracolo e il quadro fu portato in solenne processione nella Chiesa madre di Pietrabbondante. Qualche settima dopo, però, il quadro venne ritrovato di nuovo appeso ad un

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ramo della stessa quercia. Fu deciso allora di abbattere la quercia e costruire una piccola cappella nella quale venne posta una statua raffigurante San Vincenzo Ferreri che che però fu distrutta nel corso dell'incendio dei 1858. La testa di questa statua è conservata nella Chiesa parrocchiale. Quella che noi attualmente veneriamo è una imitazione della prima, fatta in legno di sorbo da autore ignoto, scolpita quasi certamente nella seconda metà dei secolo scorso. E’ alta 2 metri e con il basamento pesa più di due quintali. A poche decine di metri sorgeva l’abitazione degli eremiti di San Vincenzo. Questi si occupavano dei beni posseduti posseduti dalla cappella e donati dai fedeli. L’amore della nostra gente per San Vincenzo Ferreri è sconfinato, basta guardare i volti e ascoltare le voci dei pietrabbondantesi quando accompagnano la statua del Santo Protettore nella solenne processione del 4 agosto. E’ il più grande atto di devozione che cerchiamo di offrire al nostro san Vincenzo.La statua, illuminata, viene portata a spalla della cappella fino al paese seguita da numerosi fedeli che offrono al Santo la loro fatica.All’imbrunire la statua raggiunge il paese dove trova una moltitudine di gente che la accoglie tra il bagliore di tante fiaccolate. La processione dopo aver attraversato il paese giunge in Chiesa dove la statua, deposta su un piano, viene salutata da uno scrosciante applauso e dalle note del caro "San Vincenzo Speranza nostra". La seconda domenica di ottobre è usanza del paese riportare il santo patrono San Vincenzo Ferreri nell’omonima chiesa di campagna dopo due mesi trascorsi nella chiesa di Santa Maria Assunta in Pietrabbondante. E’ tradizione riportare il santo a spalla con una "processione" di "devoti" preceduta da una banda musicale. La strada percorsa è la stessa del 4 agosto.

LE PROCESSIONI DI UNA VOLTA

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Fuochi pirotecnici in onore di San Vincenzo ai tempi della ferrovia

Esterno della chiesetta di San Vincenzo in località di Racuso.

Interno della chiesetta di San Vincenzo in località di Racuso.

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Il Tratturo che passa nel territorio di Pietrabbondante

Dov'è: nel Molise tra il Parco Nazionale d'Abruzzo e il Parco Nazionale del Gargano (Puglia).

Quando è nato: Legge regionale istitutiva n. 9 dell'11 aprile 1997

Superficie: 4086 ha. Ambiente Fisico: lunghe piste erbose in un

paesaggio di montagne, colline, valli, intercalate da fiumi e laghi.

Sviluppo complessivo: 454 Km Flora: boschi di faggio, abete bianco, cerro e zone

prato. Riserve Naturali (MAB) con essenze autoctone dove l'UNESCO conduce ricerche per salvaguardare

l'ecosistema. Fauna: cinghiale. lepre, tasso, donnola, faina, volpe,

poiana, gufo, barbagianni, civetta, colombaccio, scoiattolo, ghiro, passeracei.

Comuni interessati: circa 77, dalla costa adriatica alle propaggini del Matese, compresi i più grandi:

Campobasso, Isernia, Bojano.

IL TRATTURELLO CASTEL DEL GIUDICE-SPRONDASINO-PESCOLANCIANO

A circa un chilometro dal nucleo di Pietrabbondante si trova il tratturello Castel Del Giudice-Sprondasino-Pescolanciano che è lungo 40 km e largo 18,5 m. La parte che attraversa il territorio di Pietrabbondante parte dalla località Sprondasino. Lungo di esso è posta la zona archeologica con gli scavi del tempio-teatro più alto d’Italia, per tale motivo viene chiamato anche il tratturo del tempio. Attraversando la provinciale Pietrabbondante-Pescolanciano in località Sant’Andrea verso nord il tratturo prosegue in direzione del Monte Saraceno. Di qui prosegue per 2-3 km fino ad arrivare alla strada provinciale S. Mauro- Pietrabbondante che si è sovrapposta al tratturo. Sulla sinistra di esso iniziala riserva di Collemeluccio alla sua destra c’è il bosco ceduo detto della posta o di S. Lucia dal nome della chiesetta privata dedicata alla Santa.

I TRATTURI I tratturi già in epoca protostorica erano lunghe vie battute dagli armenti e dalle greggi, ma le loro radici affondano nelle tracce millenarie che antichissime genti ricalcarono nelle loro migrazioni seguendo sia l’istinto proprio sia il moto delle stelle, i corsi dei fiumi oppure i colori dell’orizzonte. Prima della costruzione delle antiche strade Romane lungo i tratturi si svolgevano intensi traffici commerciali. Il nome Tratturo comparve per la prima volta durante gli ultimi secoli

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dell’Impero romano, il termine latino trattoria designava il privilegio dell’uso gratuito del suolo di proprietà dello Stato, di cui beneficiavano i pubblici funzionari e che venne esteso anche ai pastori della transumanza per l’uso delle vie pubbliche. Guglielmo I il Malo nel 1155, li dichiarò beni demaniali successivamente sotto la dominazione aragonese vennero ridisegnati i tracciati, stabiliti i limiti e codificati gli usi, in seguito sostenuti anche dai Borboni. Nel periodo di massimo sviluppo la rete viaria tratturale si estendeva da L’Aquila a Taranto, dalla costa adriatica alle falde del Matese, con uno sviluppo complessivo che superava i 3000km. I Tratturi furono strade particolari e, sotto molti aspetti, irripetibili. Disposti come i meridiani (tratturi) e i paralleli (tratturelli e bracci), essi formarono una rete viaria che copriva in modo uniforme tutto il territorio e dettarono in tutto il Mezzogiorno orientale la legge del movimento e dell’insediamento. Furono non solo strade ma anche pascoli per le greggi in transito. Lungo tali assi viari, che potremmo definire autostrade d’altri tempi, sorsero opifici, chiese, taverne e fiorenti centri abitati. Oggi i tratturi non sono più utilizzati come vie di comunicazione di persone, animali e merci, ma sono diventati dei grandi musei all’aperto che costituiscono delle preziose testimonianze storiche e culturali, pronti ad accogliere l’uomo tecnologico alla ricerca di se stesso in sella ad un cavallo, a piedi in bicicletta o sul carro di un tempo. Il decreto ministeriale del1976, ha definito i tratturi beni di notevole interesse per l’archeologia, per la storia politica, militare economica, sociale e culturale sottoponendoli alla stessa disciplina che tutela le opere d’arte d’Italia.

LA TRANSUMANZA La Transumanza vuol dire pastorizia trasmigrante. La parola è composta da trans (di la da) e da humus (terra). Essa si basa su quattro capisaldi: il cambio tra due sedi note in determinati periodi dell’anno, la proprietà del gregge, lo sfruttamento diretto dello stesso; l’orientamento presso l’economia di mercato. Sicuramente la transumanza era tra le attività fondamentali dei Sanniti, favorita dall’esenzione da imposte sia sul bestiame, sia sui pascoli e sulle strade di collegamento. La donna sannita aveva sempre in casa la conocchia per filare la lana e un telaio per tesserla e farne capi di abbigliamento e coperte. Gli uomini sanniti invece, oltre alla cura delle greggi, si impegnavano in varie attività tra cui quelle relative agli scambi commerciali e ai servizi di accoglienza e di trattenimento. Nel periodo romano la pastorizia venne considerata l’attività tra le più nobili e redditizie e ne fecero un settore importante per la loro economia. La realizzazione di opere pubbliche e di grandi manifestazioni con spettacoli furono realizzate con il ricavato delle multe imposte ai proprietari di pecore. Nel 290 a.C. i Romani disciplinarono la transumanza con leggi importanti e la sottoposero al controllo pubblico e al prelievo fiscale.In alcuni punti di attraversamento obbligato veniva esatta la Scrittura che era la tassa pagata sugli animali iscritti nei registri degli appaltatori d’imposta. Dopo la caduta dell’Impero Romano la pastorizia trasmigrante scomparve quasi del tutto a causa dell’assenza di un potere politico. Durante l’XI secolo venne riscoperta e tutelata nella Costituzione Normanna, che impose contro i

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trasgressori la confisca dei beni e addirittura la pena di morte. I pastori però dovevano pagare il pedaggio sulle vie tutelate. Successivamente con Federico II la transumanza fu ulteriormente agevolata e facilitata nei grandi circuiti commerciali. Con gli Angioini (XIII secolo) la pastorizia andò in crisi perché venne dato più spazio alle coltivazioni agricole. Giovanna II successivamente richiamò in vita la Costituzione Normanna istituendo il foro speciale per gli operatori della transumanza.Per gli Aragonesi la transumanza fu il settore trainante dell’economia. Essi istituirono un apposito ufficio per la gestione chiamato Regia Dogana della Mena delle pecore in Puglia che era diretto dal Doganiere, un alto funzionario governativo.La transumanza è stata per secoli un fenomeno oltre che economico e pastorale anche politico, sociale e culturale che ha segnato in modo indelebile le regioni interessate da essa.

TRADIZIONI

La fiera della Madonna del Rosario nel nostro paese

Un serpentone di macchine al margine della strada ed un viavai di persone: è la Madonna del Rosario. A Pietrabbondante la ricorrenza di questa festa cade nella prima domenica d'ottobre. Molto probabilmente le sue origini sono assai antiche: nel 1571 avvenne la storica battaglia di Lepanto contro i turchi e l'invocazione alla Madonna del Rosario come "salus populi" determinò, secondo il popolo, la sconfitta del nemico e il ripristino della pace, In occasione di tale ricorrenza in paese si rinnova da sempre una fiera-mercato ben allestita che. in parte, si protrae al giorno successivo. Lo svolgimento della fiera è decisamente cambiato nel tempo e mutato è anche il significato e lo scopo della fiera stessa. Da alcuni decenni la fiera della Madonna del Rosario investe poche strade del paese: Corso Sannitico, via Mercato e via Roma. Diversi anni fa, invece, la fiera veniva allestita in maniera molto più ampia: da Salita Caraceno fino alle "croci" ; dalla "stazione" fino al campo sportivo, da piazza Monumento a via Roma, al Corso Sannitico, a via S. Agostino, a via Umberto I a via Bovianum Vetus. Sulla piazza c'è un trepidio di colori, di suoni, di voci. La folla si accalca, si pigia, si arresta si muove lentamente tra le bancarelle. Qualcuno procede a slalom. altri si aprono un varco tra i vestiti, che penzolano dai tendoni. bi tanto in tanto ci si ferma a salutare parenti e amici tornati in paese per la festa. I bambini attaccati ai vestiti delle madri piagnucolano, protestano e supplicano. Le bancarelle dei giocattoli e dei dolciumi è la loro meta. I venditori ambulanti con frasi colorite invitano la gente a comprare la loro mercanzia. Alla sera la gente rincasa e per le strade rimangono solo cartacce e scatoloni stoppati e agitate di qua e di là dal freddo vento autunnale.

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LE “NDOCCE”

I giorni che precedono l'arrivo del Natale sono senza dubbio i più belli dell'anno. L'atmosfera è ovunque festosa e nelle strade è tutto uno sfavillio di luci e di colori. "Pretavnnient" è veramente bella e suggestiva la vigilia di Natale! Sin dalle prime ore del mattino, in paese, si sente un’aria di festa. Nel pomeriggio, cominciano i preparativi per la "ndocciata" che dovrà accendersi al primo rintocco di campane, nell’ora dell’ Ave Maria. Quasi dinanzi ad ogni casa, maestosi e ben composti, si ergono i fasci di ginestre, che scoppietteranno insieme allo sparo di mortaletti, appena le campane daranno il segnale per l’accensione. I ragazzi aiutano i loro papà nella preparazione della ndoccia e appaiono tutti felici e festanti, quando è pronta. Sono impazienti nell’attendere l’ora dell’accensione e, nel frattempo, giocano e si rincorrono intorno al fascio di ginestre. Le prime ore della sera calano e, dal campanile, si odono i primi rintocchi dei bronzi sacri! I falò cominciano ad ardere e tutto il paese sembra in fiamme! Spari di mortaletti, girandole, zolfanelli ed altro allietano gli istanti e meraviglioso è lo spettacolo. I vecchi, gli uomini, le donne, i bambini sono tutti intorno alla ndoccia e con i pali rimuovono la brace del falò. Per l’arteria principale del paese, Corso Sannitico, c’è un via vai ragazzi, di giovani, di signorine ed anche di persone anziane, che passeggiano e si gustano lo spettacolo meraviglioso e più bello della vigilia di Natale; l’accensione dei falò, che in dialetto si chiamano "ndocce". Quando i fuochi sono spenti, ognuno rientra nelle proprie case dove sovrano aleggia il fumo profumato del capitone e delle anguille, che si stanno arrostendo.

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IL CORPUS DOMINI

Nel Giorno di CORPUS DOMINI, in attrattiva principale era ed è la processione, nel corso della quale un tempo si usava ornare balconi e finestre con coperte di seta. L'ornamento non veniva fatto solo per onorare il Corpo del Signore, ma anche, perché si credeva che le stoffe benedette dal passaggio del Santissimo, non fossero intaccate da tarli. Lungo il passaggio della processione, venivano allestiti numerosi e caratteristici altarini.