Celi Gruppo 2003 Insieme Per La Ricerca Milano 21 Settembre

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BRAIN-GAIN: RUOLO DEI RICERCATORI ITALIANI IN USA Roberto Celi Professor Department of Aerospace Engineering University of Maryland, College Park, USA Università Luigi Bocconi, Milano, 21 Settembre 2009

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Roberto Celi. Brain-gain: ruolo dei ricercatori italiani in USA

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BRAIN-GAIN:

RUOLO DEI RICERCATORI ITALIANI IN USA

Roberto CeliProfessor

Department of Aerospace EngineeringUniversity of Maryland, College Park, USA

Università Luigi Bocconi, Milano, 21 Settembre 2009

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Alcune cifre del brain-gain USA

• Il numero di italiani con elevata qualificazione professionale residenti negli USA non è noto con alcuna precisione: valutazioni oscillano da alcune centinaia in totale a 6000 l’anno (fonti immigrazione USA). Quantificare con precisione il brain-gain è molto difficile, se non con cifre di larga massima.

• Ad esempio, ipotizzando 1000 ricercatori (o individui altamente qualificati) l’anno:

– Età media alla partenza 25 anni – Costo annuo $20.000– Età media alla partenza 25 anni – Costo annuo $20.000

1000 x 25 x $20.000 = $ 500.000.000 dalla culla al volo per gli USA persi dall’Italia

– Stipendio annuo $50-100,000 – carriera: 30 anni – Produttività 2x-4x

1000 x 50-100,000 x 30 x 2-4 = $ 6.000.000.000 prodotti negli USA

– Benefici indiretti: mantenimento di un sistema R&D avanzato

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• Situazione a somma zero: non ci sono 1000 ricercatori USA l’anno che emigrano per stabilirsi in Italia — Brain-gain USA uguale perdita secca per l’Italia

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Perchè vengono a lavorare negli USA?

• La risposta è diversa per ciascuno

Desiderio di avventura, passione per la ricerca, accettazione di sfide imprenditoriali, consapevolezza “che non gli faranno il concorso”, fuga dai baroni, tante altre…

• Tutti o quasi cercano meritocrazia

Cioè la ragionevole certezza che con impegno, capacità, risultati, troverannosoddisfazioni di carriera, finanziarie, di status.

• Sono migliori di chi rimane in Italia?

Non necessariamente: tantissimi altrettanto bravi restano.

Però chi parte ha sempre qualcosa in più della media: intraprendenza, passione, sensodell’avventura, a volte rabbia, delusione.

I “bamboccioni” non rinunciano alla vita in Italia per venire negli USA e restarci.

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Il sistema ricerca USA(esempio: le “research universities”)

• I budget di ateneo e di dipartimento dipendono fortemente (fino al 30-40% e oltre) da contratti diricerca: senza contratti un dipartimento potrebbe essere chiuso o assorbito da altri, un ateneodovrebbe tagliare drasticamente programmi e ridurre il personale

• Importantissimo creare e mantenere team di docenti e ricercatori che abbiano successo nel vincerecontratti di ricerca (di base, applicata precompetitiva, industriale, etc.)

– Massima autonomia locale in assunzioni, avanzamenti di carriera, e progressioni stipendiali. Interventi di altreuniversità in tali scelte sono considerati ingerenze inaccettabili. Nepotismo reale o accademico è tatticaprofessionalmente suicida.professionalmente suicida.

– I “concorsi” non esistono, nè per assunzioni, nè per avanzamenti di carriera.

• Nessun ostacolo per spostarsi da un’università all’altra, soprattutto per I migliori

– I fondi di ricerca di regola seguono il ricercatore.

– L’effettiva possibilità di “votare con i piedi” è protezione molto efficace contro eventuali “baroni”.

• Nessun concorso per dottorandi o post-doc

Prevale la stessa logica di team che per docenti e ricercatori

• La cultura della valutazione permea l’intero sistema. Per ciascun contratto di ricerca:

– Competizione iniziale basata su peer review, a volte con più di una fase preliminare

– Spesso un “kick-off meeting”, cioè una verifica dei programmi ad inizio contratto da parte dello sponsor

– Dettagliata verifica annuale dei risultati, a volte anche semestrale. Nei contratti pluriennali i fondi per gli annisuccessivi sono spesso vincolati a risultati positivi di queste verifiche intermedie.

• Competizione e valutazione alla base di tutto il sistema ricerca USA, non solo quello delle “research universities”

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“Rientro cervelli”?

• Non esistono stime attendibili su quale percentuale dei ricercatori italiani in USA sia interessata a ritornare permanentemente in Italia. Ragionevole ritenere sia molto ridotta, nelle condizioni attuali.

• Misure “rientro cervelli” nell’università (sgravi fiscali, contratti speciali, cofinanziamento, etc.) positive ma molto marginali, in assenza di una cultura della competizione e valutazione.

• Rientro spontaneo di ricercatori, e non solo italiani, dagli USA rappresenterebbe chiaro indice di successo di eventuali iniziative italiane per incentivare competizione, valutazione, trasparenza, successo di eventuali iniziative italiane per incentivare competizione, valutazione, trasparenza, eccellenza, sia nell’università che nell’industria.

• Proposte recenti su meritocrazia nell’università (commissioni concorsi, parametri numerici per produttività, collegamento di parte dei fondi a obiettivi quantitativi, etc.) positive ma largamente insufficienti se viste con ottica USA: collegamento fra risultati e finanziamenti molto più debole che negli USA, incentivi alla mobilità volontaria molto minori, centralizzazione delle decisioni molto più elevata, competizione fra università trascurabile, inbreedingmolto più alto.

• Ricercatori italiani in USA sanno come far funzionare e prosperare un sistema ricerca basato su competizione e valutazione, fattore importantissimo di brain-gain da parte USA, ma perdita netta per l’Italia vista la mancanza di un corrispondente flusso dagli USA.

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Brain-gain da parte degli USA – Conclusioni

• Due tipi fondamentali di brain gain da parte degli USA con i ricercatori italiani

– uno tangibile, finanziario, evidente, dato dalle risorse spese “dalla culla all’aereo per gli USA”, e dalla produttività durante una carriera in professioni ad alta specializzazione.

– uno intangibile, ma strategico, di contributo al mantenimento di un sistema avanzato di ricerca e sviluppo, nel quale i ricercatori italiani sono perfettamente inseriti a tutti I di ricerca e sviluppo, nel quale i ricercatori italiani sono perfettamente inseriti a tutti I livelli.

• Data la mancanza di un corrispondente flusso di ricercatori USA verso l’Italia, e dato il disinteresse dell’Italia nelle esperienze e nel rientro dei ricercatori italiani, la situazione è a somma zero, e il “brain-gain” degli USA si traduce in una perdita secca per l’Italia