CATTOLICI IN POLITICA 1. La partecipazione dei cristiani alla vita pubblica in quanto cittadini è...

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CATTOLICIIN

POLITICA

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La partecipazione dei cristiani alla vita pubblica in quanto cittadini è attestata fin dai primi secoli della storia della Chiesa.

La famosa Lettera a Diogneto di un antico autore ecclesiastico, citato dal Catechismo della Chiesa Cattolica, lo testimonia con questa affermazione: «I cristiani… abitano nella propria patria, ma come pellegrini; partecipano alla vita pubblica come cittadini, ma da tutto sono staccati come stranieri… Obbediscono alle leggi vigenti, ma con la loro vita superano le leggi… Così eccelso è il posto loro assegnato da Dio, e non è lecito disertarlo»

(Catechismo della Chiesa Cattolica, 2240)2

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la partecipazione dei cattolici alla vita politica è una modalità dell’impegno del cristiano nel mondo, che «in duemila anni di storia si è espresso seguendo percorsi diversi»

(Congregazione per la dottrina della fede, Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella

vita politica, 24 novembre 2002).

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Nel contesto del nostro tempo e dal punto di vista della Rivelazione ebraico-cristiana,

l’impegno politico dei cattolici va pensato nell’orizzonte della Dottrina Sociale della Chiesa (DSC) che è un sistema di pensiero

sulla vita sociale e pubblica che la Chiesa ha elaborato nel tempo, attingendone il

contenuto da due fonti: la Parola di Dio (fides) e l’esperienza umana (ratio)

(cfr Gaudium et spes, 46).

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Attingendo al dato biblico – che costituisce l’imprescindibile orizzonte del pensare cristiano –

troviamo che Gesù istruisce i suoi discepoli a distinguere, vale a dire a non confondere ma

anche a non separare, il piano della relazione con Dio (religioso) e il piano della relazione con il potere mondano (politico). Inoltre, attraverso

due suggestive immagini, quella del sale e quella della luce, dice loro come deve essere la loro

presenza nel mondo.

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A Cesare quel che è di Cesare,a Dio quel che è di Dio

(Mc 12,13-17)

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Sale della terrae luce del mondo

(Mt 5, 13-14)

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Sullo sfondo di questi due riferimenti biblici,vorrei ora sviluppare la mia riflessione sul tema:

I cattolici in politicaattraverso la presentazione di tre importanti profili

che mi sembra possano caratterizzare benela presenza dei cattolici in politica:

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1.Il profilo identitario

L’identità del cattolico come credente e come cittadino

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Una non adeguata riflessione sull’identità del cattolico in politica è connessa – secondo Giorgio Campanini – con una riflessione sulla sua irrilevanza e dispersione ovunque del voto cattolico, che «non si rivolge più in modo preferenziale alle liste e agli uomini che fanno dichiarata manifestazione di “cattolicesimo”» (Campanini G., Editoriale. Cattolici e politica: quale identità? In Aggiornamenti sociali), e «pare avulso da considerazioni valoriali e pienamente “secolarizzato» (Fedeli A. V. “Cattolici e politica”. Ma… quali cattolici? Per quale politica?, in «Iustitia» 4 [2012] 475).

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Partiamo da una semplice considerazione sull’identità della persona umana. Essa non è univoca ma duale. È allo stesso tempo una identità individuale e una identità comunionale. Tecnicamente si dice che la persona è «in sé» (singolarità) e «per sé» (relazionalità). Semplificando un po’ possiamo dire che l’identità individuale fa emergere soprattutto la dimensione propria dell’uomo (l’io), mentre l’identità comunionale più l’aspetto politico (l’essere con, io-tu).

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Sintetizzando e schematizzando possiamo evidenziare come l’identità del cattolico presenti tre caratteristiche:

è una identità individuale,una identità politico/sociale,

una identità cristiana.

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Per quanto concerne la presenza occorre far notare che quella politico/sociale è di segno diverso delle altre due. Mentre quella politico/sociale è storica e intramondana (ambito dei mezzi), e quindi si svolge sul terreno della negoziazione, della mediazione, del compromesso, ecc., quella individuale e cristiana ha una dimensione trascendente (ambito dei fini). E proprio per questo essa è portatrice di valori fondativi che non possono essere oggetto di contrattazione, perché fondativi, e quindi precedono ogni negoziazione.

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2. Il profilo valoriale

Principi e valoriche ispirano l’azione del cattolico in politica.

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Sono due i fari che la illuminanoe che costituiscono i capisaldi della DSC

1. La centralità della persona;2. Il “bene comune”.

Sulla base di questi due fondamentali riferimenti viene elaborata tutta una serie di principi e valori

che sono chiamati ad orientarel’azione sociale e politica.

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Siamo di fronte oggi ad una vera questione ed emergenza antropologica. C’è che afferma che è in atto un vero e proprio cambiamento del paradigma antropologico che finora ha sostenuto la nostra cultura e la nostra società occidentale. «Di punto in bianco – afferma il sociologo Luc Boltanski – tali cambiamenti si sono ritrovati al centro di grandi dibattiti; è parso infatti, e non senza ragione, che comportassero una riformulazione delle nostre concezioni dell’appartenenza all’umanità, una rimessa in discussione delle dimensioni dell’antropologia prevalente nelle società occidentali, dimensioni che fino a oggi erano date per scontate»

(Boltanski L. La condizione fetale. Una sociologia della generazione e dell’aborto, Feltrinelli, Milano 2007, 3).

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Il Papa faceva notare innanzitutto che dal travaglio profondo che il popolo italiano stava attraversando, insieme ad altre domande, saliva verso la Chiesa anche «quella di non abdicare mai alla difesa dell’uomo». E continuava: «In questo dialogo con l’intero Paese ha un ruolo insostituibile la dottrina sociale cristiana. Essa parla a tutti perché esprime la realtà dell’uomo. In particolare, essa deve costituire il fondamento e l’impulso per l’impegno sociale e politico dei credenti. E concludeva: «La Chiesa non deve e non intende coinvolgersi con alcuna scelta di schieramento politico o di partito, come del resto non esprime preferenze per l’una o per l’altra soluzione istituzionale o costituzionale, che sia rispettosa dell’autentica democrazia (cf. Centesimus Annus, 47).

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Ed ecco il passaggio da evidenziare: «Ma ciò nulla ha a che fare con una “diaspora” culturale dei cattolici, con un loro ritenere ogni idea o visione del mondo compatibile con la fede, o anche con una loro facile adesione a forze politiche e sociali che si oppongano, o non prestino sufficiente attenzione, ai principi della dottrina sociale della Chiesa sulla persona e sul rispetto della vita umana, sulla famiglia, sulla libertà scolastica, la solidarietà, la promozione della giustizia e della pace»

(Discorso 23 novembre 1995).

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3. Il profilo strategico

I cattolici tra“diaspora politica” e “diaspora culturale”.

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Di fronte alle molteplici appartenenze politiche dei cattolici, c’è chi oggi parla di

un pluralismo “diseducato” e “disordinato”.

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Lo ha fatto per primo Benedetto XVI in una sua visita a Cagliari in breve passaggio della sua omelia durante la celebrazione eucaristica sul sagrato del Santuario di Nostra Signora di Bonaria,che non è passato inosservato e ha avviato nei mass-media una articolata discussione in merito. Rivolgendosi a Maria, il papa concludeva dicendo ai presenti, tra cui molti politici:

«Vi renda capaci di evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della politica, che necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile»

(Omelia, 7 settembre 2008).

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L’auspicio è stato poi più volte ripreso dal Presidente della CEI il cardinal Bagnasco. Aprendo i lavori del Consiglio permanente della CEI, così terminava il suo intervento: «Mi avvio alla conclusione, confidando un sogno, di quelli che si fanno ad occhi aperti, e che dicono una direzione verso cui preme andare. Mentre incoraggiamo i cattolici impegnati in politica ad essere sempre coerenti con la fede che include ed eleva ogni istanza e valore veramente umani, vorrei che questa stagione contribuisse a far sorgere una generazione nuova di italiani e di cattolici che, pur nel travaglio della cultura odierna e attrezzandosi a stare sensatamente dentro ad essa, sentono la cosa pubblica come importante e alta, in quanto capace di segnare il destino di tutti, e per essa sono disposti a dare il meglio dei loro pensieri, dei loro progetti, dei loro giorni. Italiani e credenti che avvertono la responsabilità davanti a Dio come decisiva per l’agire politico»

(Prolusione, 20 gennaio 2010).

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il pluralismo dei cattolici ha sempre contraddistinto il loro presenza politica. Anche quando essi agivano in unità partita nel grande area della DC (soprannominata la Balena Bianca) si potevano riconoscere almeno quattro aree culturali:

cattolico democratico,cattolico intransigente,

cattolico liberale,cattolico sociale.

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Oggi si possono individuare nella cultura cattolica almeno tre modalità di pensare la presenza dei laici nella sfera politica:

«una “cultura della presenza”, che parte dall’evento cristiano proponendolo nello spazio politico senza mediazioni e senza

indulgere al dialogo, con strategie mondane di egemonia culturale, e non solo;

una “cultura della mediazione”, che sottolinea invece maggiormente l’esigenza di dialogo, per agire sul piano politico a partire dalla

mediazione dei valori evangelici in valori umani comuni;

una “cultura del paradosso”, che pone anch’essa la centralità dell’evento cristiano, ma riconoscendo il valore del dialogo, in un

orizzonte più escatologico, profetico»

(Fedeli, “Cattolici e politica”. Ma… quali cattolici? Per quale politica?, 475).

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Vorrei concludere riportando un breve passo del discorso che il papa emerito Benedetto XVI ha rivolto il 7 maggio di qualche anno fa (2011) ai rappresentati delle 15 diocesi del Triveneto riuniti in

assemblea per il Secondo convegno di Aquileia, che potrebbe costituire un buon vademecum sia per i cattolici che desiderano

vivere la loro cittadinanza in coerenza con la propria fedesia per coloro che più da vicino vogliono vivere l’avventura

dell’impegno politico diretto:

«Siete chiamati a vivere con quell’atteggiamento carico di fede che viene descritto dalla Lettera a Diogneto: non rinnegate nulla del Vangelo in cui credete, ma state in mezzo agli altri uomini con

simpatia, comunicando nel vostro stesso stile di vita quell’umanesimo che affonda le sue radici nel Cristianesimo, tesi a costruire insieme a tutti gli uomini di buona volontà una “città” più

umana, più giusta e solidale».

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Il 'Decalogo del Buon politico' di don Luigi Sturzo

1.È prima regola dell’attività politica essere sincero e onesto. Prometti poco e realizza quel che hai promesso.2.Se ami troppo il denaro, non fare attività politica.3.Rifiuta ogni proposta che tenda all’inosservanza della legge per un presunto vantaggio politico.4.Non ti circondare di adulatori. L’adulazione fa male all’anima, eccita la vanità e altera la visione della realtà.5.Non pensare di essere l’«uomo indispensabile», perché da quel momento farai molti errori.6.È più facile dal no arrivare al sì che dal sì retrocedere al no. Spesso il no è più utile del sì.7.La pazienza dell’uomo politico deve imitare la pazienza che Dio ha con gli uomini. Non disperare mai.8.Dei tuoi collaboratori al governo fai, se possibile, degli amici, mai dei favoriti.9.Non disdegnare il parere delle donne che si interessano alla politica. Esse vedono le cose da punti di vista concreti, che possono sfuggire agli uomini.10.Fare ogni sera l’esame di coscienza è buona abitudine anche per l’uomo politico.