Catia Trevisani - Curarsi Con Il Cibo

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Catia Trevisani

Curarsi con il cibo

Come prevenire e contrastare i più comuni disturbi con l'alimentazione

Editrice Aam Terra Nuova

Direzione editoriale: Mimmo Tringale

Autore: Catia Trevisani

Editing: Valerio Pignatta e Cristina Michieli

Impaginazione: Daniela Annetta

Illustrazione di copertina: Silvia Coppetti

©2006, Editrice Aam Terra Nuova, via Ponte di Mezzo 1 50127 Firenze tel 055 321 5729 - fax 055 321 5793 [email protected] - www.aamterranuova.it

I edizione novembre 2006, II edizione giugno 2007

ISBN 888881910X

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Stampa: Lineagrafica, Città di Castello (Pg)

Introduzione

Da sempre il cibo è nutrimento e cura, oltre che piacere e socialità. Fin dai tempi più remoti, ortaggi, erbe, alimenti, bevande e infusi sono stati utilizzati per tonificare, depurare e disintossicare, per sedare il sistema nervoso o come afrodisiaci. Le proprietà dei cibi sono così varie che, in caso di indisposizione, non c'è che l'imbarazzo della scelta e le ricerche scientifiche dei tempi moderni ne hanno giustificato l'utilizzo per diverse patologie. Infatti, ciò che per i vecchi era esperienza tramandata e da tramandare, oggi trova riscontro nelle ricerche scientifiche: le intuizioni delle antiche medicine energetiche, che tanta importanza davano al cibo, sono oggi confermate dalla scienza. Un esempio? La cipolla: antidiabetica, diure­tica, stimolante generale, vermifuga, antisclerotica e indicata nella cura di alcune malattie cardiovascolari, come confermano alcuni studiosi inglesi, consumata e utilizzata da sempre, anche prima di conoscere queste nozioni. Questo libro nasce con l'intenzione di stimolare nelle persone la consa­pevolezza del "potere del cibo". Ogni giorno introduciamo sostanze e bevande che possono far ammalare o risanare. Sedersi a tavola è diven­tato un gesto tanto quotidiano e naturale, un'abitudine, spesso facen­doci dimenticare che, proprio lì, si gioca la partita del nostro benesse­re. Il tempo del pasto non è solo un evento affettivo e sociale che ci per­mette di dialogare con i figli e le persone che amiamo, di decidere le sorti di un'azienda, o semplicemente di trascorrere una serata con gli amici; non si tratta solo di un piacevole momento di approvvigiona­mento di carboidrati, proteine, grassi, vitamine e nutrienti per il nostro organismo, ma è anche un momento fondamentale di "costruzione"

del nostro stato di salute, di prevenzione delle malattie, e se si è mala­ti, di possibile cura. Nel nostro paese la fantasia popolare ha saputo valorizzare i cibi sem­plici ideando moltissime ricette sane ed equilibrate, talvolta attingendo anche da tradizioni culinarie lontane con la capacità di far proprio il meglio di altre culture. La Cina, ad esempio, vanta un'esperienza mille­naria sugli aspetti energetici e curativi degli alimenti che ci permette di riscoprire aspetti e dettagli a cui solitamente non diamo attenzione. Oltre a ciò va poi considerato come oggi entrino in gioco anche altri fattori: la qualità degli alimenti, spesso dubbia, l'utilizzo di sostanze nocive in agricoltura, il problema degli organismi geneticamente modi­ficati, l'abuso di conservanti e coloranti, e l'inquinamento. Tutti questi fattori rischiano di compromettere la qualità energetica e nutrizionale del cibo, comunque già più povera rispetto al passato. Un tempo esistevano due cucine: quella dei poveri e quella dei ricchi. I ricchi disponevano di cibo in abbondanza, mentre i poveri dovevano sopperire alla penuria in cui si trovavano con la fantasia: erbe selvatiche hanno creato ricette straordinarie. Inoltre non esistevano malattie come l'anoressia e la bulimia che oggi sono il segno di una società che a poco a poco sta perdendo la saggezza della tavola. Oggi si arriva a spende­re cifre maggiori per dimagrire piuttosto che per mangiare; la gestione omologata del tempo va spesso a scapito della salute: pacchetti di calo­rie, che ormai hanno solo sapori artificiali, pappette già pronte per i bambini, piatti surgelati che i ragazzi infilano nel microonde al ritorno da scuola perché a casa non c'è nessuno. La pubblicità fa la sua parte e tutto sembra buono e perfetto. Si è perso il gusto di cucinare, di pre­parare con le proprie mani il cibo che nutre noi stessi, i nostri figli e le persone a cui vogliamo bene. Sicuramente ci sono più soldi da spende­re, non combattiamo più con le malattie infettive, ma le lotte di oggi sono più subdole e pericolose.

Soffermarsi un po' e riflettere, assaggiare un cibo e cercare di sentirne il sapore vero, lentamente... sulla lingua e sul palato, osservarne la forma, il colore, percepirne il profumo. In ogni alimento c'è qualcosa che attira o che respinge e il nostro istinto è in grado di permetterci di distinguere ciò di cui abbiamo bisogno da ciò che ci "avvelena". Sapori e odori sono elementi impalpabili, ma ci parlano delle proprietà nasco­ste nell'alimento, sono l'energia che si libera dalla forma. Oggi la nostra cultura occidentale studia la materia e affronta i cibi nelle diverse parti che li costituiscono, perdendo la visione d'insieme. Si esaminano la struttura chimica e le molecole, giungendo alla semplice

conclusione che con l'alimentazione non si faccia altro che apportare sostanze all'organismo: la dietetica poi si preoccupa di comporre le diete in base ad un equilibrio tra i costituenti biochimici e le calorie. Solo le medicine olistiche studiano anche gli aspetti energetici del cibo e l'impatto di questi sull'organismo. Il colorito del viso, il modo di muo­versi, l'odore tipico di una persona sono la sua emanazione energetica; allo stesso modo l'energia di un cibo traspare dal suo odore, aroma o profumo, dal suo sapore, dalla forma, dal colore e dalla sua consisten­za. Siamo in qualche modo quello che mangiamo e un cambio alimen­tare modifica fortemente la nostra energia e quindi anche il nostro modo di essere. Di qui la fondamentale importanza del momento in cui ci sediamo a tavola. Lì possiamo costruire i nostri equilibri e disequili­bri, il nostro benessere o la nostra stanchezza, l'armonia o meno del nostro stato fisico e psichico. Un lavoro di paziente e attenta osservazione e catalogazione ha per­messo, nel tempo, la verifica di azioni, reazioni e cambiamenti, che gli alimenti riescono a determinare nell'impatto con l'organismo; sono stati scoperti così alimenti in grado di tonificare l'energia quando è carente, rimuoverla dove non scorre, nutrire il sangue e dinamizzarlo quando serve, riscaldare se c'è freddo o raffreddare se c'è troppo calo­re, dirigersi verso un organo particolare che ne ha bisogno, ripristinare l'equilibrio e l'armonia dell'individuo. Il nostro corpo conosce perfettamente tutte queste leggi di natura e istintivamente ricerca cibi, sapori e colori di cui necessita. È importante tornare ad imparare a sentire i nostri veri bisogni, troppo spesso sopraf­fatti da mode e messaggi pubblicitari. La natura, con la sua saggezza, ci sostiene e ci cura. Questo libro è un invito a riavvicinarci a noi stessi e alla tavola con l'en­tusiasmo e la sorpresa di scoprire, dietro a gesti quotidiani, come quel­lo di nutrirsi, i segreti del benessere e di una nuova qualità di vita.

dott. ssa Catia Trevisani novembre 2006

ALLERGIA

Ci sono le allergie stagionali, quelle alimentari e quelle che invece sono causate da prodotti chimici, polvere, acari o altre sostanze. Fatto sta che sono sempre più numerose le persone, e soprattutto i bambini che ne soffrono. L'allergia non è altro che una reazione di ipersensibilità nei confronti di una o più sostanze normalmente innocue. Quando questo accade, il sistema immunitario rilascia una sostanza vaso-attiva, l'istamina, la cui funzione è quella di neutralizzare quello che l'organismo percepisce come un agente "invasore". Ed è proprio l'istamina a causare tutta quella serie di disturbi (congestione nasale, edemi, aumento della pro­duzione di muco ecc.) con cui si manifesta l'allergia o l'ipersensibilità. Due sinonimi usati comunemente per indicare una risposta esagerata all'antigene che porta a vari tipi di danni ai tessuti corporei.

Le allergie più comuni Le malattie allergiche più comuni sono: la febbre da fieno (rinite aller­gica stagionale), l'asma infantile, l'eczema infantile e alcuni casi di orti­caria e di reazioni agli alimenti. Tutti i soggetti in cui si manifestano tali disturbi hanno in comune una predisposizione ereditaria a sviluppare ipersensibilità nei confronti di sostanze (dette allergeni) ambientali che sono innocue per l'80% della popolazione. Come si fa a individuare la sostanza scatenante e il tipo di allergia? Per arrivare a una diagnosi corretta è molto importante l'anamnesi, il col­loquio attraverso il quale è possibile verificare la relazione dei sintomi con l'ambiente, le variazioni stagionali dei disturbi e l'eventuale contat­to con animali, fieno o polveri. Tale colloquio ha sicuramente maggior valore dei test che possono essere utili solo come conferma delle even­tuali allergie individuate. Un altro elemento importante per la diagnosi

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è l'individuazione dell'esordio della malattia. Un esempio fra tanti: l'a­sma infantile è molto più probabilmente allergica di un'asma che insor­ge dopo i trent'anni.

La rinite allergica Vediamo ora come si può affrontare la febbre da fieno, forma acuta stagionale della rinite allergica, indotta in genere da pollini aerei. Il tipo primaverile è dovuto a pollini di alberi (per esempio quercia, olmo, acero, ontano, betulla, pioppo nero), il tipo estivo a pollini di piante erbacee coltivate o selvatiche (per esempio graminacee, erbe infestan­ti), mentre il tipo autunnale a pollini di erbe selvatiche. In alcuni casi, la febbre da fieno è dovuta soprattutto a spore fungine trasportate nell'aria. I sintomi della rinite allergica sono molto fastidiosi: il naso, la volta della bocca, la gola e gli occhi iniziano a dare prurito gradualmente o improvvisamente dopo l'inizio della stagione dei pollini. Lacrimazione, starnuti, secrezione nasale liquida ed acquosa accompagnano o seguono di poco il prurito. Possono comparire anche cefalee frontali, irritabilità, insonnia, depressione. La congiuntiva degli occhi è molto arrossata e le mucose nasali sono di colore rosso bluastro. Infine, si possono manifestare tosse e affanno asmatico man mano che la sta­gione avanza. Al contrario della febbre da fieno, la rinite allergica perenne dura tutto l'anno. La congiuntivite è rara, ma è caratteristica un'ostruzione nasale cronica che può estendersi alle tube di Eustachio (orecchie) dando difetti dell'udito molto frequenti nei bambini.

Orticaria L'orticaria è un disturbo relativamente comune. Si calcola che il 15-20% della popolazione globale ne abbia sofferto in qualche periodo. Può colpire persone di ogni età, ma è più facile che ne soffrano i giovani adulti, dalla fine dell'adolescenza fino alla trentina. Si tratta di una rea­zione allergica caratterizzata da gonfiore e arrossamento locale a livel­lo cutaneo e può essere dovuta ad allergia a farmaci, punture o morsi d'insetti, iniezioni desensibilizzanti o ingestione di alcuni cibi, special­mente uova, crostacei, noci o alcuni tipi di frutta. Negli adulti la causa principale di orticaria sono i medicinali. Nei bam­bini gli alimenti. Alcune reazioni agli alimenti si verificano dopo inge­stione di quantitativi anche minimi. Altre (come nel caso delle fragole) possono verificarsi solo dopo un eccesso alimentare.

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Il prurito è generalmente il primo sintomo ed è seguito dopo breve tempo dalla comparsa di rigonfiamenti che possono rimanere piccoli o ingrandirsi. La manifestazione in genere scompare nell'arco di uno­sette giorni.

Eliminare i cibi con additivi Per i soggetti allergici è importante un'alimentazione a basso contenu­to di sostanze allergizzanti e di amine vasoattive: in particolare additivi alimentari. È importante anche ridurre il consumo di latte e derivati, uova, noci, molluschi, salumi, bibite alcooliche, cioccolato e alcuni frut­ti come kiwi, fragole, arance. Per i soggetti che soffrono di asma o rinite allergica e che quindi hanno più difficoltà di altri ad eliminare le tossine e che sono anche costitu­zionalmente più fragili a livello respiratorio, diventa di primaria impor­tanza l'eliminazione di latte e derivati, poiché tali alimenti provocano un'iperproduzione di muco. Anche l'eliminazione degli alimenti contenenti additivi alimentari è di primaria importanza. Additivi come la tartrazina (responsabile del colo­re giallo) e i benzoati (conservanti diffusissimi) stimolano la produzione di un composto che aumenta il numero delle mastcellule nell'organi­smo, coinvolte nella produzione dell'istamina e di altri composti che provocano la reazione allergica. E una persona con un numero elevato di mastcellule è più esposta alle allergie, come dimostra l'esame di sog­getti che soffrono di orticaria, il 95% dei quali presenta un incremento nel numero di mastcellule. Anche gli aromatizzanti (salicilati, aspartame), i nitriti, l'acido sorbico, gli antiossidanti (idrossitoluene, solfito, gallato) e gli emulsionanti/sta­bilizzatori (polisorbati) hanno tutti dimostrato di produrre orticaria in soggetti sensibili.

Rischio antibiotici Gli antibiotici, compresa la penicillina, e i composti analoghi sono la causa più comune di orticaria indotta da farmaci. La penicillina non viene distrutta dalla cottura pertanto i cibi che la contengono (latte, carne, surgelati e perfino bibite gassate) potrebbero contribuire alle reazioni allergiche dell'orticaria. In realtà, l'allergia non va vista come una malattia, ma come il segnale di un sovraccarico organico (e spesso anche psichico) che ha ormai superato i limiti delle capacità di compensazione dell'organismo. Spesso il soggetto allergico ha il fegato in sovraccarico. Anche per que-

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sto è bene che eviti i latticini, le proteine animali in eccesso, ma anche le Solanacee (in particolare pomodori, peperoni e melanzane), le ara­chidi e le noci. Trarrà invece grande giovamento da cibi biologici: cereali integrali, ortaggi, legumi, una piccola quantità di alghe (ricche di minerali e vita­mine) e miso (alimento fermentato a base di soia).

Il ruolo della psiche In uno studio condotto su 236 casi di soggetti con orticaria cronica è stato riportato che i fattori psicologici erano una causa molto frequen­te. Sembra che lo stress abbia un ruolo importante perché aumenta la sensibilità individuale all'allergia. Tecniche di rilassamento ed ipnosi hanno portato in molti soggetti un forte miglioramento. D'altra parte sappiamo tutti che si è allergici al polline, agli acari, alla polvere, ma anche a persone e situazioni sgradite. La reazione che si manifesta sul piano immunitario è paragonabile ad analoghe insoffe­renze a livello psichico o emotivo. La nuova scienza della psiconeuroendocrinoimmunologia insegna che il nostro sistema immunitario è paragonabile ad un organo supplemen­tare di percezione-relazione con il mondo circostante, una sorta di "sesto senso". L'individuo può rispondere all'ambiente che lo circonda con moti di aggressività che lo coinvolgono simultaneamente sul piano immunita­rio, nervoso ed endocrino. In questa luce l'allergico ricerca qualcosa contro cui volgere la propria aggressività (tossina psichica che ben si accorda con la concezione del fegato in medicina cinese) repressa o dis­simulata e a questo punto si perde la corretta percezione dei ruoli e non è più chiaro chi sia l'aggredito e chi l'aggressore. In definitiva, le allergie richiamano la nostra attenzione a più fattori: la predisposizione costituzionale, le abitudini alimentari, la capacità di detossificare (a livello fisico e psichico), l'aspetto legato alla psicoso­matica e infine l'ambiente in cui si vive. Pertanto l'approccio alle aller­gie deve essere necessariamente olistico, altrimenti occorrerà accon­tentarsi di soffocare l'ennesima reazione infiammatoria autoprovocata senza comprendere e quindi guarire alla radice la problematica che lo ha causato. Ecco perché, l'alimentazione rappresenta un approccio fondamentale in quanto è in grado di correggere le tendenze costituzionali, apporta­re elementi vitali e disintossicanti, influenzare la psiche.

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Il ruolo dell'alimentazione Dal punto di vista energetico, secondo la Medicina Tradizionale Cinese, nei soggetti allergici è fondamentale riequilibrare reni, fegato e milza,' inoltre spesso vi è un eccesso di calore nel corpo. Le alghe tonificano i reni e rinfrescano, per il fegato si eliminano i cibi acidi e le Solanacee e si consuma il miso. Per alleggerire l'eccesso di umidità dovuto al deficit della milza si eliminano i latticini. Le carni e le uova aumentano il calo­re interno per cui vanno ridotte, mentre il pesce è più adatto. Cereali, legumi verdure e ortaggi sono riequilibranti generali.

Alimenti Sì Alghe (in piccola quantità) Legumi Cereali integrali Miso (in piccola quantità) Frutta (esclusi kiwi, fraqole e arance) Ortaggi (escluse le Solanacee)

Alimenti No Additivi (in generale tutti gli alimenti che Kiwi li contengono) Latte e derivati Arance Molluschi Bibite alcooliche Semi oleosi (come noci e arachidi) Carni Solanacee (in particolare pomodori, Cioccolato peperoni e melanzane) Fragole Uova

ANEMIA

Bambini e donne in gravidanza sono i soggetti più esposti, ma spesso l'anemia è causata da una dieta scorretta e povera di principi nutritivi. Un errore, molto comune anche tra vegan e vegetariani. Le anemie sono una patologia del sangue, ed il sangue è simbolo di energia vitale, è il fluido vitale. Basti pensare alle numerose funzioni a cui adempie, grazie alle quali siamo vivi. Fondamentale è la funzione respiratoria, il sangue trasporta ossigeno ai tessuti tramite i globuli rossi e asporta l'anidride carbonica; nutre le cellule facendo circolare tutti i nutrienti assorbiti dalla mucosa intestinale, rimuove dai tessuti i prodot­ti di rifiuto del metabolismo convogliandoli negli organi che provvedo­no ad eliminarli come reni, cute, polmoni, intestino depurando l'intero organismo.

Interfaccia chimica Inoltre il sangue svolge un ruolo di interconnessione chimica attraverso gli ormoni che fanno da messaggeri e vengono veicolati agli organi ber­saglio, ha una funzione di difesa attraverso i globuli bianchi e alcune proteine del plasma, le gammaglobuline che hanno un ruolo fonda­mentale nelle reazioni di difesa ed immunitarie, conserva l'equilibrio idrico-salino dell'organismo, mantiene la temperatura corporea unifor­me in tutto il corpo, regola il pH dei tessuti grazie alle sostanze che con­tiene, infine regola la pressione arteriosa attraverso le modificazioni del suo volume. Dunque il sangue asporta le sostanze tossiche e trasporta nutrimento e ossigeno alle cellule. Ma non entra direttamente in contatto con esse, alle cellule giunge attraverso i capillari o meglio ancora le cellule sono in contatto con il liquido interstiziale che è un prodotto di trasudazio­ne del sangue. L'eccesso di questo liquido è drenato dalla linfa. Quindi

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il sangue costituisce, con il liquido interstiziale e la linfa, l'ambiente interno in cui sono immerse le cellule. È interessante notare come, nonostante i costituenti del sangue si rin­novino continuamente, la sua composizione rimane rigorosamente costante. Si tratta di un fenomeno importantissimo che assicura l'o­meostasi, una sorta di equilibrio dinamico che consente la vita. Ma da cosa è costituito il sangue? In esso troviamo una parte liquida, il pla­sma, ed una parte corpuscolata, le cellule che si distinguono in globu­li rossi, globuli bianchi e piastrine. Il ruolo primario dei globuli rossi è il trasporto di ossigeno dai polmoni ai tessuti ed il trasporto di anidride carbonica nella direzione opposta, entrambe queste funzioni sono svolte dall'emoglobina, una proteina contenuta nei globuli rossi che lega il ferro.

Le diverse anemie Il termine anemia deriva dal greco anaimia, letteralmente mancanza di sangue. Si tratta di una condizione patologica caratterizzata da dimi­nuzione del numero dei globuli rossi e/o diminuzione del contenuto in emoglobina (Hb). I sintomi dell'anemia rappresentano le risposte com­pensatone dell'organismo ed in particolare dell'apparato respiratorio e cardiovascolare alla fame di ossigeno delle cellule (ipossia tessutale). Una lieve anemia può essere spesso nascosta, si lamenta un po' di stan­chezza e un certo affaticamento dopo l'esercizio fisico, un leggero affanno del respiro e qualche palpitazione, irritabilità e nervosismo. Un'anemia importante invece presenta sintomi anche a riposo, forte stanchezza, tachicardia (aumento della frequenza cardiaca), ipersensi­bilità al freddo, cefalea, vertigini, ronzii, irritabilità, sonnolenza. Qui ci occuperemo soprattutto dell'anemia da carenza di ferro (anemia side-ropenica) e dell'anemia da carenza di vitamina Bl2, due forme che inte­ressano particolarmente coloro che seguono una dieta vegetariana o vegan. Vediamo perché.

Il ruolo del ferro Il ferro è un elemento essenziale per la vita, è un costituente dell'emo­globina e consente la fissazione dell'ossigeno atmosferico da parte del sangue nei polmoni. Nell'antichità il ferro non era estratto ma si raccoglieva dalle meteoriti precipitate, di qui il termine sideros, da sidus che significa stella. Fin dai tempi più remoti gli si attribuì grande importanza per la salute in gene­rale e in particolare per la forza fisica. L'alchimia medievale unisce Marte

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al ferro raccogliendone l'elemento virile-guerriero. L'Ayurveda insegna che il ferro è antianemico e unisce cielo e terra, come il sangue unisce la modalità sottile a quella corporea. Il nostro organismo contiene circa 3,5-5 g di ferro, la maggior parte del quale si trova nei globuli rossi, più precisamente nell'emoglobina, altro ferro è contenuto nella mioglobina, la proteina dei muscoli e in diversi enzimi. Altre modeste riserve si trovano nel fegato e nella milza dove il ferro è legato ad una proteina, la ferritina. Nel sangue circolante, questo metallo, è invece veicolato dalla transferrina.

Un milligrammo al dì Normalmente, un adulto assume circa 1 mg di ferro al dì; le necessità sono maggiori nel bambino per via della crescita e nella donna che perde una parte di ferro con le mestruazioni. Il succo gastrico favorisce l'assorbimento del ferro che è regolato dalla quantità di ferritina pre­sente nel sangue, poiché il metallo si lega alla transferrina che poi lo veicola agli organi ematopoietici (che producono le cellule del sangue). La carenza di ferro può manifestarsi anche in assenza di anemia certa. Infatti, in caso di carenza, l'organismo preleva il ferro in primo luogo dai depositi (ferritina), poi dalla proteina che lo veicola (transferrina), infine dagli enzimi che lo contengono e solo quando queste sottrazio­ni risultano insufficienti, l'organismo fa mancare il ferro per la sintesi di emoglobina manifestando i tipici sintomi dell'anemia sideropenica. In questi casi, i test di laboratorio possono essere utili per una mag­gior comprensione dei meccanismi dell'anemia. Anche l'osservazione dei globuli rossi circolanti può essere d'aiuto per stabilire il tipo di ane­mia presente. Globuli rossi piccoli e pallidi attestano un difetto di pro­duzione che può derivare da carenza di ferro; mentre globuli rossi grandi suggeriscono un difetto nella sintesi di Dna che dipendono per lo più da carenza di vitamina B12 o di folati.

Carenza di ferro L'anemia da carenza di ferro (anemia sideropenica), si riconosce per la riduzione del numero dei globuli rossi che diventano piccoli e pallidi. Vi è impoverimento dei depositi di ferro nell'organismo, quindi una riduzione della ferritina ed un aumento della transferrina in quanto il ferro dei depo­siti si mobilita verso il sangue, riduzione del ferro nel sangue (sideremia). L'anemia da carenza di ferro può verificarsi per cause diverse: carenza dietetica, eccessive perdite mestruali, emorragia cronica, difettoso

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assorbimento di ferro in seguito a interventi chirurgici (asportazione dello stomaco o di parte di esso), malassorbimento del primo tratto dell'intestino tenue. È inoltre una patologia molto frequente in gravi­danza.

I sintomi II primo stadio di carenza è caratterizzato dalla riduzione del contenu­to di ferro, i depositi dell'organismo vengono eccessivamente impove­riti, mentre l'emoglobina e il ferro plasmatico restano normali. Via via che i depositi si riducono, si assiste ad un progressivo aumento nell'as­sorbimento del ferro dietetico e nella concentrazione della transferrina. Quando i depositi organici di ferro sono ormai esauriti, il livello plasma­tico di transferrina aumenta, la sideremia (concentrazione sierica di ferro) scende portando ad una progressiva riduzione del ferro disponi­bile per la formazione dei globuli rossi. In seguito, i globuli rossi diventano piccoli e pallidi (microcitosi e ipo­cromia), infine compaiono i tipici sintomi ed i segni della carenza tes­sutale. Nella carenza di ferro cronica la persona può avere desiderio di man­giare terra, vernici o ghiaccio. Segni di anemia molto protratta sono le spaccature sulla superficie della lingua e agli angoli delle labbra (glos­site e cheilosi). I sintomi più comuni dell'anemia da carenza di ferro sono: pallore, affa­ticamento, debolezza generale, ipotensione, svogliatezza, scarsa resi­stenza al freddo, unghie fragili, caduta dei capelli con radici atrofiche fino a ronzio auricolare, vertigini, svenimenti, palpitazioni, tachicardia, difficoltà intellettuali, prurito e atrofia vulvare, perdita di coscienza.

Prevenzione La prevenzione più efficace contro l'anemia da carenza di ferro e le ane­mie più in generale è l'alimentazione equilibrata. Una dieta valida deve assicurare all'organismo una sufficiente quantità di ferro e tutti i fatto­ri che consentono il suo assorbimento. I famosi spinaci di Braccio di Ferro che gli conferiscono energia ed una grandissima forza fisica ricordano, anche se in maniera enfatica, il ruolo importante svolto dalla clorofilla nell'alimentazione. In realtà tutte le verdure e gli ortaggi di colore verde scuro contengono ferro in buona quantità e possono fornire all'organismo questo prezioso minerale. La clorofilla può essere considerata il "sangue delle piante", la sua molecola è curiosamente molto simile a quella dell'emoglobina, con

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l'unica differenza di contenere magnesio al posto del ferro. Per una particolare forma di trasmutazione, nel nostro organismo, il magnesio si converte in ferro e "fa sangue".

La carne rossa non fa buon sangue Nonostante il luogo comune che vede nell'assunzione di carne, la solu­zione alle carenze di ferro, non sempre la carne rossa risolve le anemie che si protraggono nel tempo. E, come è noto, un'alimentazione ricca di proteine animali oltre ad acidificare il sangue (vedi la voce Ipoglicemia) può determinare altri inconvenienti. Al contrario, la cloro­filla è immediatamente riconosciuta ed assimilata nei suoi costituenti così ben "sinergizzati" da madre natura, porta energia, vitalità, forza, calore e tutti gli elementi marziali di cui ha bisogno l'anemico sidero-penico. Allora via libera ai vegetali verdi: bietole, coste, spinaci, broccoli verdi, ma anche a rape, carote, cipolle, lenticchie, ceci e legumi in generale, cereali integrali e tra la frutta ciliegie e more (quando è stagione), dat­teri, fichi secchi, prugne secche, uva passa, mandorle e cocco, da non dimenticare neanche i pinoli. La vitamina C migliora l'assorbimento di ferro, quindi può essere utile assumere un po' di limone o di rosa canina. Le alghe sono un concen­trato di minerali, e contengono clorofilla e ferro. Anch'esse possono essere un validissimo aiuto per la risoluzione di un'anemia. Anche l'or­tica, una pianta ingiustamente ignorata, oltre ad essere ottima in cuci­na e famosa per le sue virtù terapeutiche è un eccellente antianemico.

Anemia da carenza di vitamina B12

La vitamina B12 è indispensabile per una normale sintesi del Dna, per la formazione dei globuli rossi e per l'integrità delle guaine mieliniche ner­vose. Questa vitamina la si trova nella carne e in altri alimenti di origi­ne animale, ma anche nei cibi fermentati. In ogni caso, una sana flora batterica intestinale è in grado di sintetizzarla a seconda delle necessità. La vitamina B12 è inoltre presente in tracce nelle alghe, in particolare le nori, nel lievito di birra, nei semi di girasole, nel tempeh. Anche il lievi­to di birra in scaglie è un valido aiuto nell'integrazione alimentare di vitamine del gruppo B, inoltre insaporisce molto bene zuppe e pietan­ze, ottimo anche per i bambini, si può utilizzare al posto del formaggio di grana (in particolare per gli intolleranti ai latticini), aggiunto ai cerea­li o alle verdure. Unico accorgimento: non deve essere consumato in eccesso da chi soffre di gonfiori intestinali e presenta un colon dilatato

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a causa della sua natura espansiva, yin. In ogni caso l'assorbimento di vitamina B,2 richiede la presenza di una sostanza secreta dalla mucosa dello stomaco, il cosiddetto fattore intrinseco che è indispensabile per il trasporto della vitamina attraverso la mucosa intestinale. Quando il fattore intrinseco è presente e la dieta equilibrata, la B12 si accumula nel fegato in quantità sufficiente a soste­nere il fabbisogno fisiologico di un individuo per tre-cinque anni.

Più rischi per i vegetariani La causa più frequente dell'anemia da carenza di vitamina B12 è una forma particolare di gastrite (atrofica) per cui non viene secreto il fat­tore intrinseco e quindi la vitamina non può essere assorbita dagli ali­menti. Anche una dieta strettamente vegetariana o vegan (che esclude qual­siasi cibo di origine animale) non corretta può portare a carenze di que­sta vitamina. Questo tipo di anemia si sviluppa in modo insidioso e pro­gressivo quando i considerevoli depositi epatici vengono esauriti. Un bruciore alla lingua (glossite) può essere un sintomo precoce, inoltre possono essere presenti manifestazioni a carico del sistema gastrointe­stinale, tra cui: inappetenza, stitichezza alternata a diarrea, dolore addominale diffuso. Inoltre vi può essere un interessamento dei nervi periferici (neurite) fino ad un possibile danno midollare con perdita della sensibilità, debolezza nello svolgere i movimenti più piccoli, intol­leranza al rumore e alla luce. Pertanto, il vegetariano stretto, che non consuma alcun alimento di ori­gine animale (vegan) dovrebbe aver cura di integrare la propria dieta con cibi ricchi di vitamina B12 e mantenere in buono stato la flora inte­stinale, avendo cura di consumare in maniera regolare cereali integrali.

Corretta informazione Vegetariano non è di per sé uguale a salute. Chi decide di eliminare dalla propria dieta la carne o più in generale qualsiasi alimento di ori­gine animale per convinzione o semplicemente per stare meglio, ha bisogno di una corretta informazione per non incorrere in carenze. Nel breve periodo si sta certamente meglio, quando si modifica il pro­prio regime alimentare, ma nel tempo, parlo di anni, un regime alimen­tare vegetariano o vegan, troppo povero dei nutrienti essenziali, può far ammalare tanto quanto un regime alimentare troppo ricco. Attenzione a chi consuma troppi cibi raffinati, zuccheri, latticini, si può aprire la strada all'anemia. E purtroppo devo dire che ho riscontrato

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diversi casi di anemia da ferro o da B12 in vegetariani convinti che però <(esumavano molti cibi raffinati, senza preoccuparsi di integrare ade­quatamele la propria dieta.

Alimenti Sì Alghe (in particolare nori) Bietole

Limone Mandorle

Broccoli verdi Carote Ciliegie .

More Ortiche Pinoli

( ipolle Cocco Coste Datteri

Prugne secche Rape

Fichi secchi Legumi (in particolare lenticchie e ceci) Lievito di birra in scaglie .

Rosa canina Semi di girasole Spinaci Tempeh Uva passa

Alimenti No

Cibi raffinati Latticini

Proteine animali (eccessive) Zuccheri

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DISTURBI DELL'APPARATO DIGERENTE

Si sa che la salute si costruisce a tavola. Comporre i pasti con gusto e fantasia, tenendo conto degli effetti di una scorretta combinazione ali­mentare sulla salute può essere più semplice se si è a conoscenza di alcu­ne elementari nozioni della fisiologia digestiva. Sono numerosi i nutrizio­nisti che hanno visto sparire patologie piccole e grandi, grazie ad un'a­limentazione sana e al corretto uso delle associazioni alimentari. Quando l'apparato digerente, per qualche motivo, non è nelle condi­zioni di funzionare al meglio, la digestione incompleta produce sostan­ze tossiche e causa alterazioni della flora intestinale che a sua volta dà luogo ad altre tossine: putrescina, scatolo, indolo, creosolo ecc. In genere, l'organismo tenta di espellere tali tossine, ma a lungo anda­re, se intervengono fattori che peggiorano ulteriormente la situazione, come per esempio stress e disordini alimentari d'ogni genere, la capa­cità di reazione si riduce, l'adattamento diventa sempre più difficile, vi è un esaurimento dell'energia vitale che in questi casi si avverte come stanchezza continua. Lo stato di tossicità generale aumenta finché invade le cellule stesse producendo gravi patologie.

Aiutare gli enzimi Per evitare tali disturbi e ottimizzare la funzione digestiva è importante il modo in cui i cibi vengono combinati nei pasti, così che i succhi dige­stivi, contenenti gli enzimi, possano agire efficacemente. Questo per­ché ogni gruppo d'alimenti (amidi, proteine, grassi ecc.) è sottoposto all'azione di enzimi specifici che per svolgere il loro compito in manie­ra ottimale richiedono condizioni (in particolare temperatura e acidità, misurata come pH) determinate. Alcuni alimenti richiedono una digestione lunga e complessa, altri ven­gono assimilati rapidamente; cibi differenti richiedono enzimi diversi e

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condizioni particolari per la digestione. La specificità dei succhi digesti­vi è davvero notevole ed essi, col variare del cibo, variano la propria composizione. Questo perché l'organismo cerca, volta per volta, di creare all'interno del tubo digestivo un ambiente ottimale per l'assimi­lazione degli alimenti. Che cosa accade quando nel tubo digerente sono presenti contempo­raneamente alimenti molto differenti, che necessitano di condizioni molto diverse per essere assimilati? In queste condizioni, l'apparato digerente non riesce a far niente di meglio che creare condizioni inter­medie e per questo lontane da quelle ottimali necessarie per assimilare il singolo alimento. Ne deriva una digestione laboriosa e imperfetta. Ecco perché le mesco­lanze di cibi di natura diversa sono mal assimilate e affaticano inutil­mente l'apparato digerente oltre a produrre scorie tossiche. Vediamo in dettaglio quali sono dunque le combinazioni alimentari più corrette e quelle da evitare ad ogni costo.

Amidi + proteine: no Quando ingeriamo un alimento a base di amido (cereali, pasta, patate, castagne) insieme a delle proteine (latticini, formaggi, uova, carne, noci ecc.) come per esempio nel classico spuntino con un panino (amido) farcito con salumi o formaggi (proteine), gli amidi iniziano ad essere digeriti nella bocca ad opera dell'amilasi salivare (ptialina), un enzima attivo in ambiente neutro, o lievemente acido (pH 7-6,9). L'azione della ptialina inizia nella bocca e in assenza di ostacoli dovrebbe continuare nello stomaco che non secerne enzimi specifici per la digestione degli amidi. Se nello stomaco sono presenti solo amidi, o alimenti con essi compatibili, il pH si mantiene dunque entro valori che permettono l'at­tività della ptialina. La digestione delle proteine inizia invece nello stomaco, grazie all'azio­ne di un enzima proteolitico, il pepsinogeno che deve essere attivato dall'acido cloridrico, secreto anch'esso dalla mucosa gastrica, che lo trasforma in pepsina. La digestione delle proteine, quindi, necessita di un ambiente acido, tanto più acido quanto più è concentrata la protei­na. È evidente che le condizioni necessarie per la digestione ottimale delle proteine, sono diametralmente opposte a quelle richieste per la digestione degli amidi. Ora, quando s'ingerisce un pasto composto da amidi e proteine, quello che accade è che lo stomaco raggiunge rapidamente un'acidità che arresta o riduce la digestione degli amidi. A loro volta, la massa di amidi

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frena la secrezione di acido cloridrico in modo da rendere meno rapida l'inattivazione della ptialina, con la conseguenza di rallentare o addirit­tura interrompere la digestione delle proteine. A questa situazione di impasse, lo stomaco reagisce producendo un'ul­teriore quantità di succo gastrico, fortemente acido, per completare la digestione delle proteine. Una reazione che può essere avvertita come "acidità di stomaco". Per aiutare l'organismo nel processo digestivo degli amidi e delle proteine, interviene anche il pancreas secernendo enzimi proteolitici e amilasi. Ma anche in questi casi occorre un pH ade­guato, che è in rapporto anche alla qualità della bile prodotta dalla cistifellea. Se il tutto non avviene in modo soddisfacente a causa della scorretta combinazione alimentare, s'innescano processi di fermentazione (a carico degli amidi) e putrefazione (a carico delle proteine). La fermen­tazione produce acido acetico, alcool etilico, anidride carbonica, pro­ducendo iperacidità e gonfiori; mentre la putrefazione a livello intesti­nale porta a produzione di fenolo, indolo, scatolo, putrescina e idroge­no solforato. Queste tossine vengono in parte assorbite dall'organismo e in parte inattivate ed eliminate. Se per qualche ragione non c'è suffi­ciente energia per la loro eliminazione, il carico tossico dell'organismo aumenta.

È dunque sconsigliabile combinare insieme amidi e proteine, in quanto i primi necessitano di un ambiente alcalino e i secondi di un ambiente acido. Se proprio risulta difficile separare all'interno dello stesso pasto questi due gruppi di alimenti, quanto meno si consiglia di consumare prima le proteine e dopo l'amido. Questo perché mentre nell'estremità inferiore dello stomaco avviene la funzione motoria (il cibo viene mescolato al succo gastrico); nella parte alta dello stomaco il cibo rima­ne in riposo, sotto l'influenza della saliva.

Amidi + alimenti acidi: no Quando ingeriamo un alimento a base di amido (cereali in chicchi, pane, pasta, pizza ecc.) e sostanze acide (pomodoro, agrumi ecc.), la ptialina è rapidamente distrutta dagli acidi (anche quelli deboli) e quin­di si "salta" la tappa digestiva che inizia in bocca grazie all'azione della ptialina. In questo caso, tutta la digestione è affidata all'amilasi, con grande affaticamento del pancreas che produce tale enzima. Gli acidi contenuti nei pomodori, nelle arance, nei pompelmi, nei limo­ni, negli ananas e in genere nella frutta acida inibiscono la digestione degli amidi. Se poi a questo piatto se ne aggiunge un secondo a base

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di carne, neppure la digestione attraverso l'amilasi pancreatica ha la possibilità di essere completata efficacemente. L'abitudine di bere succo d'arancia a colazione, accompagnato subito dopo dal consumo di cereali nel latte non è dunque corretta, come non lo è la combinazione pasta e pomodoro. Gli agrumi interi, o in succo, sono invece molto salutari quando vengo­no consumati da quindici a trenta minuti prima dei pasti.

Proteine + sostanze acide: no Anche la combinazione: "proteine + alimenti acidi" non è positiva. Questo perché, la digestione delle proteine che, come abbiamo visto avviene nello stomaco per opera della pepsina, può essere ostacolata dalla presenza di altre sostanze acide, a causa della riduzione della secrezione di acido cloridrico. Pertanto attenzione all'eccessivo consumo di alimenti acidi (pomodoro, succo di agrumi, ananas) in abbinamento con le proteine.

Proteine + grassi: no Amido + grassi: sì I grassi rallentano notevolmente la secrezione di succhi gastrici e quin­di se consumati in combinazione con le proteine, ne ostacolano la dige­stione. Mentre è consigliabile la combinazione con gli amidi. L'effetto inibitorio del grasso può inoltre essere neutralizzato consumando insie­me molta verdura, soprattutto cruda.

Frutta: meglio da sola La frutta è fino al 90% composta di acqua, per il resto contiene zucche­ri semplici, vitamine, sali minerali, e solo in qualche caso piccole quan­tità di grassi e proteine. Dunque non necessita di digestione gastrica, ma passa rapidamente nell'intestino, dove viene assorbita. Quando è ingerita insieme, o subi­to dopo alimenti che richiedono una lunga digestione, come i cibi ric­chi di amidi o proteine, viene "intrappolata" rimanendo a lungo nel tratto digerente. In questi casi, gli zuccheri vanno incontro a fermen­tazione con sviluppo di gas e sostanze acide. Inoltre la frutta, blocca­ta nello stomaco, interferisce negativamente anche con la digestione gastrica di amidi e proteine perché con l'acqua contenuta diluisce i succhi digestivi. Per tutti questi motivi è consigliabile consumare la frutta almeno mezz'ora prima, o meglio ancora, lontano dai pasti. Ma attenzione, è

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bene non mescolare nello stesso momento frutta acida (agrumi, ana­nas, fragola, ribes) con frutta dolce (uva, pera, prugna, melone, angu­ria, fichi, datteri, albicocca, banana, ciliegia, pesca, mela).

Amido + amido o proteina + proteina La combinazione di alimenti diversi a base di amido (per esempio pasta e patate) è corretta, ma sconsigliabile perché può indurre ad un ecces­sivo consumo di amidi. Meglio che non diventi un'abitudine. Anche l'associazione di alimenti proteici diversi (per esempio carne e formaggi) non è incompatibile, ma è sconsigliabile perché può portare ad un eccessivo consumo di proteine.

Zuccheri semplici Sono da consumarsi in piccole quantità e sempre lontano dai pasti, evi­tando la combinazione con qualsiasi altro alimento. Lo zucchero bian­co e i dolci industriali sono da evitare. Per lo stesso motivo il consumo del dolce subito dopo il pasto non è una buona abitudine a livello dige­stivo.

Le combinazioni corrette In conclusione, per attuare le combinazioni alimentari corrette, si con­siglia un menu che prevede: • frutta lontano dai pasti (o almeno mezz'ora prima), meglio se a cola­

zione e/o merenda. • verdure crude a inizio pasto, seguite da cibi prevalentemente a base

di carboidrati, accompagnati da verdure cotte. • verdure crude, a inizio pasto, seguite da cibi prevalentemente protei­

ci, accompagnati da verdure cotte. Nella stagione fredda è consigliabile ridurre il consumo di verdure crude e introdurre zuppe vegetali. Per quanto riguarda le proteine è bene ricordare che mentre quelle d'o­rigine animale sono quelle che meno si abbinano ai carboidrati per la grande differenza del pH digestivo, le proteine d'origine vegetale richie­dono un pH meno acido è pertanto sono più compatibili con i carboi­drati. Il consumo di proteine vegetali evita il rischio di processi di putrefazio­ne, ma non i fenomeni fermentativi (come ben sanno i grandi consu­matori di legumi). Per ridurre tali inconvenienti può essere di grande aiuto, l'aggiunta di un pezzettino di alga kombu nell'acqua di cottura. Inoltre è bene ricordare che i legumi si digeriscono e si assimilano molto

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bene se preceduti da insalate crude e accompagnati da verdure verdi cotte a vapore o scottate; mentre va evitata la combinazione legumi + carboidrati (cereali, pasta ecc.), soprattutto in chi soffre di gonfiori addominali. I legumi sono tanto più digeribili quanto più sono yang, quindi di pic­cole dimensioni (lenticchie, azuki, piccoli fagioli); quelli molto grandi, tipo i "fagioli di Spagna" danno reazioni yin, quindi maggior fermenta­zione e dilatazione intestinale. Per i soggetti più delicati è consigliabile il consumo di lenticchie rosse decorticate o di creme di legumi. Eliminando la buccia, si rimuovono, infatti, tutti i problemi di fermen­tazione e gonfiore. Con le proteine vegetali (seitan, tofu o tempeh) il problema non si pone. Il seitan è composto da glutine, la proteina del grano e con i cereali si abbina bene, tofu e tempeh sono derivati dalla lavorazione della soia, questi alimenti nella preparazione subiscono delle trasformazioni che li rendono molto ben digeribili.

Quando è d'obbligo Conoscere meglio i meccanismi digestivi e adattare le abitudini alimen­tari in modo da associare gli alimenti in combinazioni corrette, evitan­do ogni eccessiva rigidità, è sicuramente salutare; ma una corretta associazione alimentare diventa d'obbligo nei casi di malattia; disturbi digestivi caratterizzati da acidità di stomaco, rigurgiti acidi, digestioni difficili e prolungate, flatulenza, stitichezza, coliti, infiammazioni inte­stinali. O quando si vuole dimagrire o disintossicare l'organismo. In particolare, la dieta dissociata consente di perdere naturalmente e senza fatica i chili di troppo, se non ci sono a monte patologie o bloc­chi psicologici importanti che generano il sovrappeso. Funziona per la maggior parte delle persone; evita l'ipernutrizione, causa della gran parte delle malattie dei paesi occidentali ed è facile da attuare; infine richiede poco tempo per acquisire le nuove abitudini alimentari. Migliorando la digestione, migliora lo stato di salute generale, si ridu­ce il grado di intossicazione dell'organismo, anche il sistema nervoso acquisisce una maggior lucidità, scompare la sonnolenza post-prandia-le, e le attività mentali sono più pronte. Oltre alla mente, anche il fisico acquisisce energia e dinamismo per il minor impegno necessario per la digestione e l'eliminazione delle tos­sine.

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ARTRITE

Un'alimentazione corretta ed equilibrata è un'arma in più contro i disturbi articolari.

L'artrite, prima causa di mobilità limitata nel mondo occidentale, si manifesta in diverse forme, ma i sintomi finali sono sempre gli stessi: infiammazione, dolore, rigidità, gonfiore arrossamento, calore e limi­tazione dei movimenti, inoltre può essere presente un versamento arti­colare.

I sintomi Le artriti sono numerose e comprendono vari disturbi che vanno dalle infezioni alle malattie metaboliche e del sistema immunitario. L'interessamento di una o più articolazioni può far parte di una malat­tia sistemica (dell'intero organismo) o riguardare solamente le articola­zioni.

Diversa è l'artrosi, malattia degenerativa caratterizzata da una perdita della cartilagine articolare e da ipertrofia (ingrossamento) dell'osso, in cui manca la componente infiammatoria e pertanto le articolazioni non presentano l'arrossamento cutaneo e il calore tipico delle artriti. L'artrosi è frequente negli anziani, ma può colpire anche i giovani se la cartilagine è stata danneggiata da lesioni traumatiche, infezioni o deformazioni congenite. I processi di logorio hanno una notevole importanza nella comparsa di questa patologia: l'abrasione e la perdi­ta della cartilagine possono portare alla sua scomparsa totale. L'osso ai margini dell'articolazione risponde al danno cartilagineo con la forma­zione di osteofiti: questi sono come dei becchi che originano dai mar­gini articolari lungo il contorno dell'articolazione. La forma primaria di artrosi, quella non causata né da traumi, né da infezioni, è legata alla costituzione e quindi al metabolismo del sogget-

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10 II sintomo fondamentale è il dolore a livello delle articolazioni inte­ressate, soprattutto con la stazione eretta e il movimento. Quasi sem­pre si accusa anche rigidità che compare dopo il riposo (tipica la rigi-dità mattutina che dura pochi minuti) per poi scomparire dopo pochi minuti dalla ripresa del movimento.

L'artrite reumatoide Qui affronteremo in maniera particolare l'artrite reumatoide, una forma cronica dell'artrite che colpisce l'intero organismo e in particola­re le articolazioni periferiche: mani, piedi, caviglie, ginocchia, di solito a distribuzione simmetrica. Colpisce dall' 1 al 3% della popolazione, le donne tre volte più degli uomini. In generale, l'inizio della malattia è tra i venti e i quarant'anni, anche se può manifestarsi a qualsiasi età. All'origine della patologia vi sono meccanismi immunologici: è infatti una malattia autoimmune, essendo causata da un errato attacco da parte del sistema immunitario. La causa della reazione autoimmune è sconosciuta. Si pensa ad una predisposizione genetica, un'anomala permeabilità intestinale, fattori nutrizionali, allergie alimentari e stile di vita. Le parti più colpite sono in genere le articolazioni di mani, piedi, polsi, caviglie e ginocchia. 11 meccanismo alla base di questa patologia è relativamente semplice: nel liquido sinoviale delle articolazioni1 e nel sangue sono presenti i fat­tori reumatoidi, che non sono altro che autoanticorpi. Questi anticorpi, che in condizioni normali difendono l'organismo dall'aggressione di agenti esterni, nel caso dell'artrite reumatoide si rivolgono invece con­tro sostanze prodotte dal corpo stesso, nel caso specifico contro i com­ponenti del tessuto articolare. In genere, l'inizio della malattia si annuncia gradualmente, ma talvolta può essere anche improvviso. Affaticamento, debolezza, febbricola, perdita di peso, rigidità articolare e vago dolore articolare possono pre­cedere di parecchie settimane la comparsa dei dolori forti e del gonfio­re. Man mano che l'artrite avanza si sviluppano deformità alle articola­zioni di mani e piedi; mentre le contratture in flessione delle ginocchia e delle anche compromettono notevolmente la deambulazione. Il decorso della patologia è variabile e imprevedibile, e sono molto fre­quenti le remissioni spontanee, soprattutto nella fase iniziale o nelle

1. Il liquido sinoviale è contenuto nella cavità articolare all'interno della capsula artico­lare, una sorta di manicotto fibroso che avvolge i due capi articolari.

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forme lievi, così come le esacerbazioni. Secondo le statistiche mediche, il 10% dei soggetti colpiti arriva a una forma grave che li costringe sulla sedia a rotelle o a letto; mentre la maggior parte è costretta a vivere una forma di gravità intermedia tra questi due estremi.

Terapia vegetariana L'alimentazione è già da molti anni considerata molto importante nella cura delle artriti. Si è visto che tali patologie e in particolare l'artrite reu­matoide non si riscontrano nelle popolazioni che seguono una dieta naturale, mentre sono molto frequenti nel mondo occidentale. Dal punto di vista dietetico è dunque consigliabile seguire un'alimenta­zione ricca di alimenti integri e biologici, ricca di cereali e verdure (quin­di di fibre) e povera di zuccheri, carni, carboidrati raffinati e grassi satu­ri di derivazione animale, latticini compresi. Tra i vegetali sono da evita­re le Solanacee (pomodori, peperoni, melanzane e patate) che tendo­no ad acidificare.

In ogni caso è sempre utile controllare le intolleranze alimentari per evi­tare gli alimenti che recano disturbo. In Norvegia, presso l'Oslo Rheumatism Hospital, è stato eseguito uno studio di tredici mesi su pazienti affetti da artrite reumatoide. Il grup­po in trattamento seguiva una dieta terapeutica, mentre il gruppo di controllo mangiava liberamente. La dieta terapeutica è iniziata con un digiuno di sette-dieci giorni durante i quali erano ammessi solo tisane, brodo vegetale, aglio, decotti di patate e prezzemolo, succhi di carote, barbabietole e sedano; mentre non erano consentiti i succhi di frutta. Dopo il digiuno i pazienti riprendevano un cibo "nuovo" ogni due gior­ni e se provocava peggioramento dei dolori articolari con gonfiore e rigidità, quel cibo era tolto dalla dieta per almeno sette giorni; se una volta reintrodotto ricomparivano i sintomi veniva eliminato dalla dieta in modo permanente. I risultati dello studio hanno indicato che il breve digiuno, seguito da una dieta vegetariana, provocava, in molti pazienti, una sostanziale riduzione della patologia.

Meno grassi, più antiossidanti Nelle patologie infiammatorie è molto importante ridurre i grassi ani­mali, in quanto diminuiscono la quantità di acido arachidonico dispo­nibile per la conversione in leucotrieni e prostaglandine infiammatorie. Invece il consumo di pesce dei mari freddi (sgombri, salmone, sardine, aringhe) è molto utile in quanto fornisce acidi grassi insaturi antinfiam-

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matori. In questi casi si può assumere anche olio di fegato di merluzzo, oppure olio di lino spremuto a freddo. Inoltre sono significative le sostanze antiossidanti come selenio, vitami­na E, vitamina C, manganese, zinco, di cui sono molto ricchi i vegetali freschi, verdure, succhi e alghe marine. Per contrastare le artriti sono molto importanti anche i bioflavonoidi contenuti negli agrumi, nelle ciliegie e nei frutti di bosco. Può essere molto utile anche il succo di ribes spremuto a freddo. Anche l'ananas, grazie al contenuto di bromelina (enzima antinfiam­matorio) e lo zenzero inibiscono la produzione di composti infiamma­tori. Già 5 g di zenzero fresco al dì o in alternativa 0,1-1 g di zenzero in polvere producono miglioramento dei sintomi con riduzione del dolore, diminuzione del gonfiore e della rigidità mattutina, aumento della mobilità articolare. Con il succo di zenzero fresco e di ananas fresco si può preparare un'ot­tima bevanda benefica per tutte le persone che soffrono di artrite.

Curcuma, miso e verdure Un altro rimedio molto efficace è la curcuma, una spezia indiana di colore giallo e dal sapore delicato, particolarmente ricca di curcumina caratterizzata da un elevato effetto antiossidante e antinfiammatorio. Tale sostanza stimola infatti il rilascio di corticosteroidi del surrene (cor­tisone interno), determina l'attivazione dei recettori del cortisone potenziandone l'attività, previene la degradazione del cortisone. La spezia può essere aggiunta al condimento di cereali o verdure. L'effetto è potenziato se si miscela la curcuma all'olio di lino, assunta fino a tre volte al dì lontano dai pasti. Anche il miso, prodotto fermentato della soia con cui si preparano zuppe vegetali, è un ottimo antiartritico, oltre a svolgere numerose altre funzioni positive come alcalinizzante, regolatore della flora intestinale e depuratore del fegato. Si usa stemperato nel brodo a fine cottura. Infine tra le verdure si raccomandano: porro, sedano, carote, cipolle, cavolo e barbabietola rossa. Particolarmente adatta a chi soffre di artrite reumatoide è anche la bal­neoterapia. Si tratta dell'utilizzo terapeutico di bagni minerali (sulfurei e nelle acque del Mar Morto) e impacchi di fango e zolfo. Una manie­ra piacevole ed efficace nella cura di questo disturbo così insidioso e diffuso.

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Alimenti Sì Aglio Agrumi Alghe Ananas Aringhe Barbabietole rosse Carote Cavolo Gli -g'e Cipolle Curcuma Frutti di bosco

Carboidrati raffinati Carne

Miso Olio di fegato di merluzzo Olio di lino Porro Prezzemolo Ribes, succo Salmone Sardine Sedano Sgombri Verdure fresche Zenzero

Alimenti No Latticini

Frutta, succhi Grassi saturi di derivazione animale

Solanacee (pomodori, peperoni, patate)

melanzane,

ASMA ALLERGICO

In caso di asma allergico, oggi sempre più diffuso, un ruolo importan­te di contenimento può essere svolto dalla dieta. Negli ultimi anni è aumentata notevolmente la diffusione di questa patologia. Qual è la sua origine? Numerosi studi epidemiologici hanno oramai dimostrato che accanto alla componente genetica ereditaria (per fortuna in un'elevata percentuale di casi, l'asma infantile tende a regredire completamente) un ruolo di grande importanza è svolto da fattori ambientali. In pratica, come si è già detto nel paragrafo sulle allergie, queste pos­sono essere interpretate come una sorta di iperattività, una reazione esagerata da parte del sistema immunitario nei confronti di sostanze disperse nell'ambiente (pollini, polvere, peli di gatto ecc.), normalmen­te innocue per la maggior parte delle persone, ma che negli individui predisposti fanno scattare la reazione allergica. L'allergia prevede sempre due momenti distinti: una prima fase detta di "sensibilizzazione", in cui il soggetto viene a contatto con la sostanza scatenante (antigene), dopo di che il sistema immunitario reagisce pro­ducendo anticorpi specifici (IgE) che si legano a cellule del tessuto con­nettivo (mastociti) e cellule del sangue (basofili). In un secondo tempo, in seguito ad una nuova esposizione alla stessa sostanza, l'antigene si lega a due IgE adiacenti, creando in questo modo dei "ponti", fenome­no che stimola la degranulazione di mastociti e basofili e la sintesi ex novo di mediatori infiammatori i quali, una volta liberati, provocano vasodilatazione, aumento della permeabilità dei vasi e delle secrezioni ghiandolari. Nell'asma i mediatori chimici, liberati a livello bronchiale, determinano la contrazione della muscolatura liscia dei bronchi, causando un'ostru­zione bronchiale che^determina una difficoltà respiratoria (dispnea),

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accompagnata durante l'espirazione da caratteristici sibili. Il soggetto assume spontaneamente una posizione per cui gli è più facile respira­re, seduto con i gomiti appoggiati al tavolo. Molto spesso la crisi asma­tica è accompagnata o è seguita da una tosse con espettorazione di muco scarso e molto viscoso.

A tavola In genere, per i soggetti allergici è importante seguire un'alimentazio­ne a basso contenuto di sostanze allergizzanti e amine vasoattive; in particolare, vanno eliminati dalla dieta: latte e derivati, uova, noci, mol­luschi, salumi, bibite alcooliche, cioccolato e alcuni frutti come kiwi, fragole, arance e più in generale alimenti, bevande e farmaci trattati con additivi (coloranti e conservanti). Il latte e i suoi derivati sono da evitare soprattutto per coloro che sof­frono di asma e/o rinite allergica, questo perché tali alimenti provoca­no un'ipersecrezione di muco in soggetti che hanno una funzione emuntoriale costituzionalmente ridotta, quindi una minor capacità di eliminare le tossine, la cui azione si ripercuote in particolare a livello respiratorio. In particolare, additivi come la tartrazina e i benzoati stimolano la pro­duzione di un composto che aumenta il numero delle cellule mastoci-te nell'organismo. Queste, come abbiamo sopra menzionato, sono coinvolte nella produzione dell'istamina e di altri mediatori che provo­cano la reazione allergica. Una persona in cui i mastociti sono numero­si sarà in genere più esposta alle allergie.

Attenzione al fegato La reazione allergica è un momento in cui, attraverso lo scatenarsi del processo infiammatorio, l'organismo pone le condizioni per eliminare il sovraccarico di tossine che non riesce in altro modo a liberare. Normalmente gli organi emuntori (pelle, reni, intestino, polmoni) prov­vedono a purificare l'organismo e a liberarlo dal carico tossico accumu­lato quotidianamente. Accumulo che può essere sia fisico che psichico. Lo stress di per sé, indebolisce la capacità di eliminazione degli organi emuntori, superata una determinata soglia scatta l'allarme ed intervie­ne il processo infiammatorio. Spesso il soggetto allergico ha il fegato in sovraccarico, anche per que­sto è bene che eviti latticini, proteine animali in eccesso, ma anche le Solanacee (in particolare pomodori, peperoni e melanzane), arachidi e noci. Trae invece grande giovamento dagli alimenti di provenienza bio-

Asma allergico

logica come: cereali integrali, verdura, frutta, legumi, pesce, alghe, miso, oli spremuti a freddo, alcuni semi oleosi (fatta eccezione di ara­chidi e noci). Esistono diversi studi epidemiologici che hanno rilevato importanti miglioramenti nei soggetti sofferenti di asma allergico in seguito al cambiamento del regime alimentare. In particolare, una prova di lunga durata su un gruppo di asmatici passati alla dieta vegetariana, con l'e­liminazione di tutti i prodotti animali, ha mostrato un significativo miglioramento già dopo quattro mesi di adozione della nuova dieta nel 71% dei casi, e nel 92% dei soggetti dopo un anno. Analogamente, di grande aiuto può risultare al soggetto allergico anche la rilevazione delle intolleranze alimentari, in modo da poter eli­minare quegli alimenti che stimolano l'ipersensibilità del sistema immu­nitario.

Caffè contro l'asma Concludiamo questo paragrafo suggerendo un semplice, quanto effi­cace rimedio contro l'asma. Nei periodi in cui le crisi d'asma si intensi­ficano, può risultare molto utile, ma solo per gli adulti, un enteroclisma al caffè, preparato con due litri d'acqua e sei cucchiai rasi di caffè. Portare a ebollizione per una decina di minuti, lasciare intiepidire e fil­trare. Dopo avere effettuato l'enteroclisma con il caffé, si ripete il lavag­gio, ma solo con acqua tiepida in modo da eliminare i residui di caffè. L'enteroclisma al caffè provoca, per via riflessa, lo svuotamento della cistifellea, eliminando la bile che ristagna, con un immediato sollievo dello spasmo respiratorio. Unica controindicazione: il diabete. A livello energetico l'effetto positivo si spiega con l'implicazione del "fegato" nei disturbi allergici delle vie respiratorie. È controindicato nei soggetti diabetici e nei bambini.

Curarsi con il cibo

Alimenti Sì Alghe Pesce (da preferire alla carne per il suo Cereali integrali contenuto in acidi grassi insaturi; gli Frutta (esclusi kiwi, fraqole e arance) omega-3 riducono la sintesi dei leuco-Legumi trieni, sostanze altamente infiammatorie) Miso Semi e olio di lino spremuto a freddo Ortaggi (escluse le Solanacee) (ricchi di omega-3, un cucchiaino di olio

di lino o di semi di lino macinati al dì).

Alimenti No Additivi (in generale tutti gli alimenti che Latte e derivati li contengono) Molluschi Arachidi Noci Arance Salumi Bibite alcooliche Semi oleosi (solo noci e arachidi) Carni Solanacee (in particolare pomodori, Cioccolato peperoni e melanzane) Fragole Uova Kiwi

Prodotti per la pulizia e asma infantile

I prodotti per la pulizia della casa sembrano aumentare il rischio di asma nei bambi­ni. E quanto emerge da uno studio realizzato a Perth, in Australia, dalla Curtin University of Technology. La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica britannica Thorax, indica che i bimbi esposti ai vapori dei prodotti comunemente utilizzati per la pulizia della casa, come detergenti e lucidi per mobili, sono quattro volte più a rischio di contrarre l'asma rispetto ai loro coetanei non esposti alle stesse sostanze. I ricercatori hanno esaminato i livelli dei composti chimici presenti nelle abitazioni di 88 bambini affetti da asma e di 104 bambini sani ed hanno scoperto che nelle case dei bambini con l'asma i livelli di questi composti erano notevolmente più elevati rispetto alle abitazioni dell'altro gruppo di bimbi. Tra gli altri fattori che aumentano il rischio di asma vi sono anche moquette, aria condizionata, divani e il riscaldamento autonomo negli appartamenti.

CALCOLI BILIARI

I calcoli biliari sono più diffusi di quanto si crede. A soffrirne è il 10% della popolazione statunitense; il 20% se si considerano i soggetti di età superiore ai quarant'anni. In Italia, la situazione non è certo miglio­re: interessa circa il 15% degli ultraquarantenni e colpisce prevalente­mente le donne che ne sono affette in misura quattro volte superiore rispetto agli uomini, come del resto succede nelle altre nazioni europee. La malattia è più frequente nelle donne, probabilmente in seguito alle gravidanze che predispongono ad una ipercolesterolemia e a disturbi di svuotamento della cistifellea. Ma cosa sono i calcoli biliari e perché si formano nell'organismo? In condizioni normali la bile è composta da acidi biliari e fosfolipidi che mantengono in soluzione il colesterolo. Quando questo equilibrio si altera il colesterolo, ma anche i sali biliari o entrambe queste sostanze insieme, precipitano e si aggregano tra loro, originando formazioni cri­stalline che aumentando gradualmente di dimensioni, si depositano all'interno dei dotti biliari e della cistifellea, una piccola borsa ovoidale situata sulla superficie inferiore del fegato, dove si raccoglie la bile. Questa è un liquido viscoso, filante, di color giallo-bruno o verde, alca­lino che viene continuamente secreto dal fegato, la cui funzione è quel­la di facilitare l'assorbimento dei grassi e rinforzare l'azione dei fermen­ti pancreatici, due azioni indispensabili per una digestione ottimale e completa.

Le cause In particolare, in assenza di cibo nello stomaco e nel duodeno, la bile si accumula in un dotto biliare (coledoco) a causa della chiusura dello sfintere di Oddi (localizzato sul duodeno), quando la pressione rag­giunge un valore critico la bile riempie la cistifellea.

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Quando il cibo entra nel duodeno lo sfintere di Oddi si rilassa, la cisti­fellea si contrae, la bile entra nel duodeno e la cistifellea si svuota len­tamente. A stimolare l'emissione di bile nel duodeno sono i costituenti del cibo: in primo luogo i grassi e poi le proteine. I carboidrati (zucche­ri) non svolgono alcun effetto sulla cistifellea o hanno un'influenza di tipo inibitorio. Il rilascio di bile da parte della cistifellea è mediato da un ormone, la colecistochinina, liberato dalla mucosa intestinale quando entrano nel duodeno alimenti grassi come per esempio il tuorlo d'uo­vo o la panna. La principale causa di formazione di calcoli biliari è l'aumento di con­centrazione di alcuni componenti della bile. Per esempio, un aumento del livello di colesterolo o di bilirubina (pigmento derivante dalla distru­zione dei globuli rossi) nel siero può portare ad un incremento del loro contenuto nella bile; di conseguenza si può avere una loro precipitazio­ne che dà origine poi alla formazione di calcoli. I calcoli di colesterolo sono duri, giallo-grigiastri, con superficie granulosa, i calcoli di coleste­rolo puri sono rari, più spesso vi è una commistione di bilirubina o bili-rubinato di calcio. In caso di anemie emolitiche prolungate invece si possono riscontrare calcoli puri di bilirubina. Un altro fattore scatenante la formazione di calcoli è il ristagno di bile che può essere dovuto ad un difettoso svuotamento della cistifellea o a un'ostruzione organica dei dotti biliari che determinano un'elevata concentrazione di colesterolo e di pigmenti biliari a causa dell'eccessi­vo riassorbimento di acqua e sali facilmente solubili. In queste circo­stanze si formano i calcoli misti che sono i più comuni. Infine la terza causa importante nella formazione di calcoli è un'infiam­mazione della cistifellea o dei condotti biliari provocata da infezioni di natura batterica che possono portare ad un'alterazione nella composi­zione della bile. Nella maggior parte dei casi la calcolosi biliare è asintomatica: non pro­voca disturbi particolari e viene scoperta casualmente nel corso di altre indagini. Più della metà dei soggetti sofferenti non svilupperà sintomi o complicazioni nemmeno nel corso degli anni. Negli altri casi com­paiono sintomi generici quali malessere ai quadranti superiori dell'ad­dome, meteorismo (gas), eruttazioni. Non tutti, però, sono così fortu­nati: alcuni pazienti possono lamentare disturbi digestivi, nausea, vomi­to e dolore viscerale. Nella peggiore delle ipotesi poi, quando i calcoli si muovono lungo le pareti della cistifellea, si hanno episodi acuti e molto dolorosi, cioè le coliche biliari, caratterizzate da un forte dolore addominale che tende a irradiarsi anche alla schiena. Probabilmente l'u-

Calcoli biliari 35

nico sintomo inequivocabile è l'ittero, cioè la colorazione giallastra della cute dovuta all'entrata in circolo della bile che non può più compiere il suo percorso fisiologico a causa dell'ostruzione del coledoco, causata da uno o più calcoli. In ogni caso, i sintomi dipendono da dimensioni, numero e sede dei calcoli. Piccoli calcoli multipli spesso causano episo­di intermittenti di dolore intenso e improvviso in coincidenza del pas­saggio di un piccolo calcolo nel dotto biliare comune. L'attacco con il ben noto "piegarsi in due" del soggetto cessa solo quando lo spasmo si allevia. I calcoli grandi invece possono causare dolore per ostruzione intermittente al deflusso della bile dalla cistifellea. Nei casi più gravi si possono avere complicanze sottoforma di colecisti­te (infiammazione della cistifellea) acuta o cronica, pancreatite, infiam­mazione dei dotti, calcolosi del coledoco, fistole biliari interne. Oltre il 60% dei soggetti affetti da calcoli biliari va incontro ad una sola colica o a nessuna, la maggior parte dei rimanenti avrà solo dolore epi­sodico. Occorre pertanto valutare i singoli casi per decidere se rimuove­re la cistifellea per evitare le complicanze o intervenire con l'alimenta­zione e la fitoterapia ed evitare l'intervento chirurgico.

La carenza di fibre La tesi che la causa principale dei calcoli biliari, in soggetti costituzio­nalmente predisposti, sia il consumo di alimenti poveri di fibre, trova ormai numerose conferme scientifiche. La dieta occidentale ricca di car­boidrati e grassi, povera di fibre, riduce la sintesi di acidi biliari da parte del fegato e quindi la concentrazione di acidi biliari nella cistifellea. Lè fibre, e in particolare quelle capaci di legarsi all'acido desossicolico come quelle idrosolubili che si trovano nella verdura, nella frutta, la pectina, la crusca d'avena e la gomma di guar, sono estremamente importanti per prevenire ed eliminare la maggior parte dei calcoli bilia­ri. Le proteine animali ed in particolare la caseina dei latticini hanno dimostrato di favorire la formazione di calcoli, mentre le proteine vege­tali, come la soia, ne contrastano la formazione. L'obesità provoca un aumento nella sintesi di colesterolo ed è spesso associata a calcolosi biliare. La riduzione del peso attraverso un'alimenta­zione corretta accompagnata da un esercizio fisico adeguato porterà dunque benefici anche a livello biliare. A questo proposito è importante ricordare che durante una fase attiva di dimagrimento la percentuale relativa del colesterolo biliare all'inizio aumenta, questo perché, anche se durante il calo ponderale la secrezione di tutti i componenti biliari decre­sce, quella degli acidi biliari diminuisce più di quella del colesterolo.

Curarsi con il cibo

Pertanto chi segue un programma di dimagrimento ha bisogno di cibi ricchi di fibra e grande abbondanza di liquidi per mantenere la giusta proporzione d'acqua nella bile. In questi casi, i liquidi più indicati sono l'acqua e i succhi freschi di verdura e frutta. Una volta stabilizzato il peso la secrezione di acidi biliari si normalizza mentre il colesterolo rimane basso. L'effetto finale del dimagrimento è una riduzione significativa nella percentuale relativa del colesterolo biliare.

Gli alimenti consigliati Una dieta a base di cereali integrali, frutta e verdura di stagione risulta in molti casi efficace per prevenire tale disturbo e risolvere le situazioni meno gravi. Saranno dunque da sostituirsi gli alimenti raffinati con cereali integrali ricchi di fibre e i grassi d'origine animale (in particolare latticini, uova e insaccati) con proteine vegetali e in particolare legumi e soia (tofu e tempeh, panna vegetale ecc.), il tutto accompagnato da frutta di sta­gione, verdure in abbondanza e ogni tanto pesce. Un'azione importante nelle calcolosi è svolto dalle allergie alimentari. Alcuni studi confermano l'asintomaticità dei pazienti che avevano eli­minato i cibi ai quali erano allergici; mentre l'aggiunta di uova alla dieta provocava attacchi nel 93% dei soggetti. Questo perché sembra che l'ingestione di sostanze allergeniche provochi il rigonfiamento dei dotti biliari, ostacolando l'uscita della bile dalla cistifellea.

Colina e inositolo Di grande interesse è infine il ruolo svolto dagli alimenti ricchi di fatto­ri lipotropi (stimolano il flusso di grasso verso e dal fegato e aumenta­no la solubilità della bile) come la colina e l'inositolo. Si tratta di sostan­ze vitamino-simili, caratterizzate da un'azione analoga alle vitamine nel catalizzare le reazioni chimiche nell'organismo, ma non essenziali in quanto possono essere prodotte dall'organismo a partire da altri com­ponenti presenti negli alimenti. La colina ha la funzione vitale di produrre i principali componenti delle membrane cellulari, inoltre è necessaria per il corretto metabolismo dei grassi. Il nostro organismo può produrla a partire da due diversi ami­noacidi (metionina o serina), si trova nei cereali e nei legumi in forma di fosfatidilcolina, oppure è disponibile in forma libera nelle verdure, in particolare nel cavolfiore e nella lattuga. L'inositolo agisce in stretta relazione con la colina, buone fonti vegeta­li sono agrumi, cereali integrali, semi oleosi e leguminose.

Calcoli biliari 37

In conclusione, si può affermare che esiste certamente una tendenza costituzionale che può portare alla formazione di calcoli biliari, ma è altrettanto vero che un'alimentazione corretta è un'ottima prevenzio­ne; se i calcoli sono già presenti è possibile evitare che se ne formino litri, talora è possibile scioglierli (dipende dalla loro composizione) ed in molti casi (da valutare singolarmente) è possibile evitare l'intervento chirurgico.

I fattori che favoriscono la calcolosi biliare

1,1 gravidanza e il dimagrimento troppo rapido. Il sesso femminile, l'uso di anticoncezionali orali, le terapie estrogeniche sostitu-tive per la menopausa. La familiarità in linea femminile, da madre a figlia si trasmette la predisposizione. Il diabete. Llevati livelli di trigliceridi nel sangue. L'obesità La razza, i nativi americani e gli scandinavi sono geneticamente più soggetti alla colelitiasi. Un'età superiore ai quarantanni. Dieta ipercalorica o troppo ricca di grassi. Assunzione di farmaci ipolipemizzanti della famiglia dei fibrati. • • • • • • • • • • • • • • H H M n M n n M H n n M ^

Alimenti Sì Cereali integrali Semi oleosi

Frutta di stagione Soia Legumi Tempeh

Panna vegetale Tofu

Pesce (sporadicamente) Verdure di stagione

Alimenti No Carni Pane bianco

Insaccati Pasta bianca Latticini Uova Olio di semi industriale

CALCOLI URINARI

I calcoli urinari sono una patologia antica quanto l'uomo, di sicuro affliggono il genere umano da almeno sei o sette millenni, come prova il calcolo ritrovato nelle vie urinarie di una mummia egizia risalente al 4.800 a.C. L'analisi del calcolo ritrovato nella mummia ha rivelato la presenza di un nucleo di acido urico circondato da strati di fosfato di calcio, carbonato di calcio e fosfato di ammonio e magnesio. Ancora oggi, nonostante i progressi della medicina, i calcoli urinari rap­presentano un problema rilevante. Mediamente, negli Usa, circa un adulto su 1000 viene ospedalizzato per calcolosi urinaria e calcoli uri-nari si riscontrano nell'1% di tutte le autopsie. L'età in cui l'incidenza di questa patologia è massima, è tra i venti e i cinquantacinque anni.

Alle origini dei calcoli Non è ancora stata definita con certezza la causa dei calcoli urinari. Gli studiosi sono comunque concordi nell'individuare una correlazione con i fattori che aumentano la concentrazione di cristalloidi nell'urina (disi­dratazione) o con un'eccessiva escrezione di costituenti calcolosi (cal­cio, ossalato, urato, cistina, xantina, talora, ma più raramente, fosfato). Inoltre sono state identificate aree geografiche dove l'incidenza dei cal­coli urinari è particolarmente elevata; è noto per esempio che i climi caldi favoriscono la comparsa di calcoli e ciò vale soprattutto per le per­sone che vengono esposte per la prima volta ad un ambiente in cui la perdita insensibile di acqua è elevata. In questi casi il flusso urinario si riduce per la disidratazione in atto, l'urina pertanto è più concentrata ed è più probabile la precipitazione dei sali che vi sono disciolti. La maggior parte dei calcoli originano nel rene e sono composti da una matrice organica che, nella maggioranza dei casi, contiene un miscu­glio vario di ossalato di calcio, fosfato di calcio e fosfato di ammonio e

Calcoli urinari 39

magnesio. Talvolta i calcoli contengono acido urico o cistina. Esistono malattie metaboliche associate alla formazione di un partico­lare tipo di calcoli, tra queste la più comune è l'iperparatiroidismo. Anche la presenza di infezioni alle vie urinarie è un fattore che contri­buisce alla formazione di calcoli, così come la stasi urinaria, di conver­so un calcolo può provocare ostruzione e stasi urinaria che a sua volta predispone a un'infezione che favorisce la formazione di altri calcoli. In generale comunque un'adeguata idratazione è in grado di diluire qualsiasi sostanza che tende a precipitare rendendo così più improba­bile la formazione di calcoli.

Ce ne sono di vario tipo I calcoli urinari possono essere solitari o multipli, rimanere all'interno del rene o trasferirsi nell'uretere. Un calcolo grosso può danneggiare il rene per la sua dimensione che può comprimere il tessuto renale e pro­vocare ostruzione al flusso di urina. I sintomi possono essere del tutto assenti o si può avere la tipica "colica renale". Il dolore è intermittente, lancinante, origina solitamente al fian­co o in regione renale e si irradia attraverso l'addome lungo il decorso dell'uretere, frequentemente nella regione dei genitali e nel lato interno della coscia. I sintomi gastrointestinali (nausea, vomito, distensione addominale) possono camuffare l'origine urinaria. Brividi, febbre, ema­turia (sangue nelle urine) e pollachiuria (minzione frequente) sono fre­quenti, particolarmente quando un calcolo scende nell'uretere.

Le abitudini alimentari L'alta percentuale di calcoli a base di calcio che si riscontra nella popo­lazione dei paesi industrializzati è associata direttamente alle abitudini alimentari: carboidrati poveri di fibra e molto raffinati, alcool, proteine animali in quantità, cibo ricco di grassi e di calcio, sale in abbondanza, cibo arricchito da vitamina D a forti dosi. Va anche detto che l'eccessivo consumo di proteine, tipico della dieta occidentale è una della cause principali di tante malattie legate al meta­bolismo del calcio, tra cui l'osteoporosi e i calcoli urinari. In particolare, un eccessivo consumo di proteine animali favorisce l'eliminazione del calcio con le urine, aumentando i rischi di calcoli. Ecco perché, la sem­plice modificazione della dieta attraverso un maggior consumo di frut­ta e verdura, meno zucchero, pane integrale invece di quello raffinato, è in grado di prevenire, nella maggior parte dei casi, la manifestazione o la ricorrenza di calcoli renali.

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Attenzione al sovrappeso Anche il peso eccessivo ed un cattivo metabolismo dei carboidrati sono fattori ad alto rischio per la formazione di calcoli, perché portano entrambi ad aumento nell'escrezione del calcio con le urine. Numerosi studi clinici dimostrano infatti che dopo l'ingestione di zucchero, si registra un aumento del contenuto di calcio nelle urine, cosa che non avviene con il consumo di cereali integrali, legumi e verdure. Il magnesio è invece un elemento fondamentale per la prevenzione dei calcoli, in quanto aumenta la solubilità dell'ossalato di calcio e inibisce la precipitazione sia del fosfato che dell'ossalato di calcio. L'effetto è ancora più spiccato quando il magnesio è combinato con la vitamina B6 o piridossina. I cibi che li contengono sono: orzo, crusca, grano saraceno, segale, avena, riso, soia, mais, fagioli, patate, avocado.

No ai latticini Attenzione anche al consumo di latticini, in modo particolare se asso­ciati ad antiacidi, e agli alimenti (latte compreso) addizionati con vita­mina D. La ragione è molto semplice: così come aumenta l'assorbimen­to di calcio da parte dell'organismo, la vitamina D determina anche un innalzamento della concentrazione di calcio nelle urine, aumentando così il rischio di calcoli. Inoltre, il latte addizionato con vitamina D abbassa il magnesio organico che svolge un ruolo positivo nella preven­zione dei calcoli.

Le proprietà dei mirtilli Per tutti i tipi di calcoli è assolutamente vitale aumentare la quantità di urina in modo da diluirla. È bene dunque assumere molti liquidi, di pre­ferenza acqua a bassissimo contenuto di sali, il cui valore è indicato in etichetta sotto la voce: Residuo fisso a 180 °C. Il residuo fisso è quello che rimane, dopo aver fatto evaporare l'acqua a 180 °C. Quanto più alto è, tanto maggiore sarà il contenuto di sali minerali. Per il consumo quotidiano è consigliabile bere un'acqua con residuo fisso inferiore a 30 mg/l, oppure succhi freschi di frutta o verdura a sufficienza per pro­durre un volume giornaliero di urina di almeno un litro e mezzo. Per quanto riguarda i succhi è bene evitare quelli di spinaci che sono ricchi di calcio e di ossalato; in ogni caso è preferibile consumare suc­chi di diverso tipo. Si è visto per esempio che il succo di mirtilli è in grado di ridurre del 50% il calcio in forma ionica presente nell'urina dei pazienti con calcoli renali recidivanti. Purtroppo, la maggior parte dei succhi in commercio sono composti per un terzo di succo di mirtilli

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mescolato con acqua e zucchero; meglio consumare il succo puro, magari diluito con acqua o con del succo di mele se lo si desidera più dolce.

Il succo di agrumi Anche i succhi di agrumi possono offrire un certo grado di protezione contro i calcoli urinari, perché forniscono acido citrico. Studi clinici hanno evidenziato un calo del contenuto di citrato urinario nel 20-60% dei soggetti con calcoli renali. La ragione risiederebbe nella capacità del citrato di ridurre la saturazione urinaria di sali di calcio, responsabili della formazione di calcoli. Quando il livello dei citrati è basso, l'azione inibitrice del citrato non si verifica ed è più probabile che ne segua la formazione di calcoli. Sempre a fini preventivi, risulta molto efficace il consumo di verdure a foglia verde, lattuga, cavolo, prezzemolo, che tra l'altro sono anche una buona fonte di vitamina K naturale. Un'ultima nota riguarda i metalli pesanti come piombo, mercurio, allu­minio, uranio e cadmio che oltre a essere tossici per i reni, possono pro­vocare calcoli. Attraverso alcuni test, tra cui il mineralogramma, è pos­sibile individuare un'eventuale accumulo di metalli pesanti ed attuare un adeguato programma di disintossicazione.

Alimenti Si Agrumi, succo Grano saraceno Prezzemolo Avena Lattuga Riso Avocado Mais Segale Cavolo Mirtilli, succo Soia Crusca Orzo Verdure a foglia verde Fagioli Pane integrale Frutta Patate

Alimenti No Alcool Pane bianco Sale (eccessivo) Cereali raffinati Proteine animali (eccessi­ Spinaci Latticini ve) Zucchero

CANDIDOSI

Stanchezza, irritabilità, depressione, gonfiore, disturbi intestinali e digestivi, sono i sintomi più comuni della candida intestinale, una pato­logia molto diffusa, contro la quale, la migliore medicina rimane una dieta adeguata. L'essere umano vive in continua simbiosi con numerosi microrganismi onnipresenti nell'ambiente e parte integrante della nostra vita. Nell'intestino di un individuo sano se ne contano oltre 400 specie e il loro peso complessivo raggiunge in media il chilogrammo. La maggior parte di questi nostri ospiti riveste un ruolo importante in un gran numero di processi fisiologici: degradano i pigmenti biliari, sintetizzano le vitamine (K, B1( B6) e frenano la proliferazione dei microrganismi patogeni, diventando così parte integrante del nostro sistema immuni­tario. Tra i numerosi virus, batteri e funghi microscopici che colonizza­no il nostro organismo vi è anche la Candida albicans, un lievito beni­gno che s'instaura nell'intestino di tutti gli esseri umani, in genere poco dopo la nascita, e vi rimane sempre presente. In condizioni normali, la candida è benefica e svolge un ruolo impor­tante nella digestione degli zuccheri. La sua presenza diventa patologi­ca solo quando, in seguito ad un indebolimento del sistema immunita­rio, comincia a moltiplicarsi a dismisura all'interno del corpo umano. Una volta attraversata la mucosa intestinale, arriva nel flusso sangui­gno, dove libera le proprie tossine che vengono assorbite dall'organi­smo, dando luogo ai tipici sintomi della "sindrome da lievito": stan­chezza, irritabilità, alterazioni dell'umore, depressione, allergie, distur­bi intestinali, rallentamento della digestione, intolleranze alimentari, aria nell'intestino, gonfiori ecc. Inoltre, la candida interferisce con l'assorbimento ed il metabolismo dei nutrienti essenziali: vitamine, minerali e aminoacidi; indebolendo ulte-

Candidosi 43

riormente l'intero organismo. Si viene così a creare un circolo vizioso con il rischio della cronicizzazione di questa sindrome, con la quale, spesso, si finisce per convivere per anni sottovalutandone la gravità e subendo un progressivo indebolimento di tutto l'organismo, fino ad arrivare ad uno stato di stanchezza permanente che diventa anch'essa cronica. Questa sindrome colpisce tutto l'organismo ed in particolare l'apparato gastrointestinale, quello urogenitale, il sistema nervoso e il sistema immunitario; ed è più presente nelle donne, la cui predisposi­zione è otto volte maggiore rispetto agli uomini.

Come si cura La candidosi cronica è una malattia di tipo multifattoriale, pertanto la sua risoluzione è possibile solo con un approccio globale. La semplice assunzione di farmaci antifungini non è sufficiente, anzi predispone a recidive. Per ottenere risultati efficienti è pertanto importante individua­re e correggere i fattori che predispongono alla proliferazione della candida, tra cui l'assunzione prolungata di antibiotici che, alterando la flora intestinale e distruggendo i batteri simbionti (buoni), favoriscono la crescita del fungo. Proprio l'abuso dilagante di questi farmaci è rite­nuto il primo fattore di problematiche gravi come lo sviluppo di micror­ganismi sempre più resistenti, l'indebolimento della flora intestinale e lo sviluppo d'infezioni silenti, quali appunto la "sindrome da lievito", oggi molto frequente, ma raramente riconosciuta nell'ambito della medicina convenzionale a causa della sintomatologia molto ampia e variabile. Oltre ad intervenire sui fattori predisponenti è altresì importante rie­quilibrare il "terreno di base" (cioè le condizioni generali di salute) e creare le condizioni per cui la candida non possa più proliferare. Per questo motivo è fondamentale sia rafforzare il sistema immunitario, sia la flora intestinale, entrambi impoveriti da un'alimentazione scor­retta e squilibrata.

Gli alimenti da evitare Quali sono le basi di una dieta anticandida? La candida vive di zucche­ro e pertanto la prima correzione da fare è l'eliminazione degli zucche­ri semplici (zucchero, miele) per almeno due o quattro mesi, a seconda della gravità della sindrome, dopodiché si può ritornare gradualmente ad utilizzarli, evitando però accuratamente tutti gli zuccheri raffinati. In genere non è un divieto facile da rispettare perché chi soffre di candi­dosi cronica sente un grande desiderio di assumere zuccheri; bisogno

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indotto dal lievito stesso che spinge così l'organismo ad assumere l'ali­mento che gli permette di svilupparsi. Da evitare, sono anche il latte e i latticini, il cui elevato contenuto di lat­tosio favorisce la proliferazione del fungo. Oltre ad essere uno dei più comuni allergeni, il latte può talvolta contenere anche tracce di antibio­tici che a loro volta possono danneggiare ulteriormente la flora batte­rica intestinale. Altri alimenti da non consumare sono quelli contenenti lieviti e muffe: formaggi, bevande alcooliche (birra compresa), cereali lievitati (pane, pizza, brioche) e frutta secca. Infine bisogna evitare i cibi a cui si è intol­leranti o allergici, per individuare i quali possono essere molto d'aiuto il test d'intolleranza alimentare (Citotest o test kinesiologici).

...e quelli consigliati Tra gli alimenti consigliati vi sono l'aceto di mele e le verdure come cico­ria, carciofo e tarassaco, che stimolano la funzionalità epatica. Diversi studi hanno infatti evidenziato l'importanza del miglioramento delle funzioni digestive e del ripristino delle normali secrezioni digestive e in particolare della produzione di acido cloridrico, degli enzimi pancreati­ci e della bile nell'inibizione della proliferazione di candida. In definiti­va, l'alimentazione dovrebbe essere ricca di ortaggi, frutta, cereali inte­grali (ma senza eccedere), legumi, pesce, semi, oli di semi (particolar­mente consigliato è l'assunzione di un cucchiaino di olio di lino al dì) e di oliva spremuti a freddo. Di grande importanza sono anche le fibre (di cui sono particolarmente ricchi legumi e cereali integrali) che oltre all'azione positiva sulla flora intestinale, evitano i ristagni intestinali e i fenomeni di fermentazione e putrefazione ad essi collegati. Inoltre nella dieta non devono mancare zinco, magnesio, vitamina C (si trovano soprattutto in ortaggi, agrumi e semi oleosi). Un alimento particolarmente indicato nei casi di candi-dosi è l'aglio (uno spicchio al dì), dotato di un'eccellente azione anti-fungina. Se da un lato, dunque, la cura anticandida deve partire da una revisio­ne dell'alimentazione quotidiana, dall'altro è fondamentale porre attenzione a tutto ciò che indebolisce il sistema immunitario: antibioti­ci, cortisone, farmaci immunosoppressori, amalgame dentali, vaccini e pillola anticoncezionale. L'uso e l'abuso sempre più dilagante di antibiotici è pericoloso in quan­to favorisce lo sviluppo di germi resistenti agli antibiotici attualmente disponibili. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) in

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questo modo ci si sta avvicinando al reale pericolo di non avere più antibiotici efficaci e molte malattie infettive non si potranno più tratta­re. La resistenza agli antibiotici è molto più diffusa nei casi in cui que­sti ultimi sono utilizzati con maggior frequenza e sta diventando un problema anche nelle strutture ospedaliere. Per questo l'Oms consiglia di limitare l'uso degli antibiotici e frenarne l'uso improprio al fine di arrestare la tendenza alla resistenza antibiotica da parte dei batteri. La prescrizione o addirittura l'autoprescrizione di antibiotici non è la sola preoccupazione in quanto a partire dagli anni Cinquanta, questi farmaci sono aggiunti ai mangimi per gli animali, pertanto chi si nutre delle loro carni assorbe anche i farmaci che in esse residuano. Inoltre è da considerare il fatto che possono trascorrere molti anni prima che si venga a conoscenza dell'effetto reale che questi cibi inquinati possono avere sull'organismo umano. Inutile ricordare che anche lo stress indebolisce il sistema immunitario. Pertanto, per essere efficace una terapia anticandida comporta spesso un adeguato cambiamento dello stile di vita, la pratica di qualche atti­vità fisica e l'adozione di ritmi che consentano il recupero delle energie consumate e un adeguato riposo. Massaggi, esercizi di respirazione, rilassamento, visualizzazioni, stimo­lano la secrezione di endorfine e quindi migliorano la risposta dell'inte­ro organismo agli inevitabili fattori stressanti che s'incontrano nel quo­tidiano. Buona abitudine è quella di dedicare almeno un giorno alla set­timana a se stessi. Non è così difficile, basta spegnere la tv e creare spazi per stimolare una comunicazione più profonda con il proprio partner, i figli o gli amici; per esempio scambiando semplici massaggi con oli essenziali ai piedi o sulla schiena (di solito il profumo che si pre­ferisce è quello di cui si ha bisogno). Ovviamente si tratta solo di un suggerimento, la cosa essenziale è comprendere l'importanza di pren­dersi cura di sé. La ragione è molto semplice, la candida ha un grande nemico: la gioia e la serenità interiore.

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Profilo tipico da candidosi cronica

Sintomi generali

Stanchezza cronica; calo di energie; malessere generale.

Sintomi gastrointestinali

Gonfiore; crampi intestinali; funzioni intestinali alterate.

Disturbi dell'apparato urogenitale

Infezioni vaginali da candida; minore libido; prurito anale; frequenti infezioni alla vescica. Disturbi del sistema endocrino Disturbi legati al ciclo mestruale; irritabilità.

Disturbi del sistema nervoso Depressione; difficoltà di concentrazione.

Altro Forte desiderio per cibi lievitati o ricchi di zucchero.

Anamnesi: infezioni ai genitali croniche da candida; assunzione frequente di antibiotici per infezioni o acne; assunzione di pillola anticoncezionale; assunzione orale di ormoni steroidei (cortisone ecc.). Condizioni associate: sindrome premestruale; sensibilità ad alimenti, sostanze chimiche o altri allergeni; disturbi ormonali; eczemi; psoriasi; sindrome dell'intestino irritabile.

Alimenti Sì Aceto di mele Oli di semi (lino) e di oliva spremuti a Aglio freddo Carciofi Ortaggi freschi Cereali integrali non lievitati Pesce Frutta fresca Semi oleosi Legumi

Alimenti No Bevande alcooliche (birra compresa) Formaggi Cereali lievitati (pane, pizza, brioche) Frutta secca Dolci e dolcificanti (zucchero, miele) Latte e latticini

CATARATTA

Gli antichi Greci pensavano che la cataratta fosse dovuta ad un umore opaco che dal cervello scendeva giù nell'occhio, da qui il termine catarrégnumi, che significa appunto «scendere giù». Solo nel Quattrocento, Gentile da Foligno ipotizzò che si trattava di un'altera­zione del cristallino, così come trecento anni più tardi fu dimostrato da Michele Birsenau. Oggi, con il nome di cataratta, si indicano i disturbi di opacità del cristallino che possono avere origini e motivi diversi.

Le cause La cataratta può essere causata da un'alterazione nel metabolismo degli zuccheri (diabete e galattosemia) oppure è correlata all'età (cata­ratta senile). Produce graduale riduzione della vista fino a cecità. È stata recentemente correlata all'incapacità del cristallino, la "lente" del siste­ma ottico, di mantenere una normale concentrazione di ioni, sodio, potassio e calcio al suo interno per riduzione dell'attività di un enzima (Na-K ATPasi), difetto dovuto ai radicali liberi. Il cristallino, come molti altri tessuti del nostro organismo, dispone nor­malmente di livelli adeguati di sostanze antiossidanti che gli consento­no di mantenere la sua trasparenza, ma dal momento in cui queste sono carenti si opacizza. In sintesi, nei soggetti che soffrono di catarat­ta i normali meccanismi protettivi del cristallino non sono in grado di prevenire il danno da radicali liberi.

"Spazzini" di radicali liberi La vitamina C, importante antiossidante, arresta la progressione della cataratta e in alcuni casi può migliorare la vista. Studi recenti hanno dimostrato che il contenuto di selenio del cristallino nei soggetti che soffrono di cataratta corrisponde al 1 5% dei livelli normali; il suo con-

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tenuto è molto ridotto anche nell'umor acqueo oculare dei soggetti con questa patologia. Anche un deficit di riboflavina e zinco aumenta la formazione della cataratta, mentre il beta-carotene agisce come un filtro, proteggendo contro i danni provocati dalla luce al cristallino: quest'ultimo è un importante "spazzino" del radicale libero ossigeno, così come la melatonina. Altro fattore importante è la presenza di un'eccessiva concentrazione di metalli pesanti, in particolare cadmio, bromo, cobalto e nichel, nel cristallino dei soggetti anziani che soffro­no di questa patologia.

Meno grassi, più verdure Molte ricerche dimostrano l'importanza dell'alimentazione rispetto all'invecchiamento del cristallino. La cataratta è più frequente nei sog­getti la cui dieta comprende un elevato apporto di grassi e sale, men­tre i vegetali hanno un'azione protettiva. Dunque occorre evitare o ridurre il consumo di latte vaccino, formaggi, creme, burro, carni gras­se e insaccati. È fondamentale l'apporto di sostanze antiossidanti, vita­mine e minerali contenute in verdura, frutta, semi, una piccola quan­tità di alghe oltre a legumi e cereali integrali biologici. In particolare centrifughe di carote biologiche possono assicurare un buon apporto di beta-carotene. Gli agrumi e i kiwi offrono un buon apporto di vita­mina C, i semi contengono zinco; il lievito di birra, l'aglio, la cipolla e i cereali integrali selenio. Di grande interesse è anche la vitamina E, pro­prio per la capacità di potenziare l'azione del selenio: ne è particolar­mente ricco l'olio di germe di grano; mentre i mirtilli, come frutto o succo concentrato, grazie all'elevato contenuto di flavonoidi, svolgono un efficace effetto protettivo sul cristallino.

Attenzione a reni e fegato Per la Medicina Tradizionale Cinese i tessuti duri, come il cristallino e le ossa, sono correlati ai reni e gli occhi risentono particolarmente della condizione del fegato. La cataratta è dovuta per lo più ad un deficit di yin di rene, tipico dell'anziano. I sintomi che l'accompagnano sono occhi secchi, dolore o pesantezza lombare, stanchezza, bocca secca soprattutto la notte, talora sudorazione notturna, insonnia, stitichezza. Quando si abbina un deficit di yin di fegato si aggiungono formicolìi agli arti, unghie fragili, talora capogiri. A volte il deficit di yin riguarda anche il cuore e allora si abbinano palpitazioni e ansia. Per il deficit di yin di rene si consiglia il sesamo non tostato, almeno un cucchiaio raso al giorno e il frutto del liei (frutto cinese), particolarmente efficace sui

Cataratta 49

disturbi oculari (una volta sbucciato ha un aspetto che per analogia ricorda l'occhio). Vanno evitati gli zuccheri in eccesso, soprattutto se raf­finati, il caffè e l'alcool se non in forma occasionale. La curcuma ha un ottimo effetto sul fegato e di conseguenza sulla vista, mentre l'olio di germe di grano agisce particolarmente sul cuore. Meno frequentemen­te alla base della cataratta vi è un deficit di stomaco e di milza. In que­sto caso la patologia si accompagna ad appetito scarso, stanchezza, gonfiore addominale, feci molli. Si consigliano allora il mochi, panetto di riso dolce che tonifica la milza e verdure cotte in maggiore quantità rispetto a quelle crude. In questi casi, è bene eliminare anche i cibi trop­po freddi e umidi (latte vaccino e derivati, gelati) e gli zuccheri raffinati; si consiglia la barbabietola rossa e si raccomandano i cereali.

Importante la prevenzione Nel caso di una significativa riduzione della vista, la rimozione della cataratta e l'impianto del cristallino è, ad oggi, la migliore soluzione, ma l'alimentazione è fondamentale per la prevenzione e per arrestare il progredire della patologia in fase iniziale. In tutti i fenomeni relativi all'invecchiamento, un'alimentazione corretta ed equilibrata può modi­ficare radicalmente lo stato di salute, salvaguardando l'età biologica dell'organismo.

Alimenti Sì Aglio Curcuma Mochi Agrumi Frutta Olio di germe di grano Alghe Kiwi Semi Barbabietola rossa Legumi Sesamo Carote, centrifughe Liei (frutto cinese) Verdure cotte e crude Cereali integrali Lievito di birra Cipolla Mirtilli (frutto, succo)

Alimenti No Alcool (eccessivo) Creme Latte vaccino Burro Formaggi Zuccheri (eccessivi) Caffè (eccessivo) Gelati Carni grasse Insaccati

CEFALEA

Fugace fastidio o pesante fardello che si trascina per anni, il mal di testa colpisce senza distinzione uomini e donne e perfino parecchi bambini, tanto da essere ritenuto una sorta di epidemia invisibile, di cui soffre circa l'80% della popolazione mondiale per almeno una volta all'anno. Le cause scatenanti e le forme che assume sono molteplici e comples­se, ma in linea di massima si possono distinguere due tipi: l'emicrania e il mal di testa (o cefalea) di origine psicologica e da tensione musco­lare. La prima è un disturbo dovuto ad un'alterazione funzionale della circolazione cranica e colpisce il 1 5-20% degli uomini e il 25-30% delle donne tra i venti e i quarant'anni (si aggrava nel periodo mestruale, mentre i sintomi scompaiono nel corso della gravidanza e della meno­pausa). Alcune cefalee sono invece spia di una patologia più o meno grave, come per numerose malattie che colpiscono occhi, naso, gola, orecchie, denti, infezioni acute, traumi cranici, tumori cerebrali ecc. ed è frequente nei soggetti che soffrono di ipertensione. In altri casi, per nostra fortuna la maggioranza, l'insorgere dei dolori non è legato a specifiche patologie, ma sono solo il sintomo di particolari condizioni di stress.

Riconoscere l'emicrania Generalmente, l'emicrania colpisce la fronte, le tempie, l'orbita; il dolore è forte e pulsante su uno o entrambi i lati della testa e fre­quentemente è preceduto da segnali di avvertimento, la cosiddetta "aura", che si manifesta prima dell'attacco come annebbiamento della visione o punti luminosi davanti agli occhi, ansia, stanchezza, pensiero disturbato, intorpidimento o formicolio ad un lato del corpo. Il dolore è associato a nausea, fotofobia (fastidio per la luce), lacrimazione. Le estremità spesso sono fredde ed il soggetto di solito

Cefalea 51

è irritabile, cerca di stare isolato. La durata di un attacco varia da alcune ore a parecchi giorni e può ripe­tersi molte volte al mese o poche volte all'anno. I sintomi iniziali come i disturbi visivi e le parestesie (formicolìi ecc.), sono dovuti ad una vasocostrizione dei vasi cerebrali, il dolore è invece causato dalla dilatazione delle stesse arterie. Si è osservato che nei soggetti depressi e sotto stress si assiste a una riduzione dell'attività elettrica della corteccia cerebrale, inoltre alcuni mediatori chimici, attivi a livello cerebrale (come la serotonina) posso­no determinare, in particolari condizioni, massicce crisi vasomotorie che possono portare al mal di testa. Se queste sono le origini e le cause del mal di testa in che modo si può curare, o meglio ancora prevenire, senza fare ricorso ai soliti farmaci di sintesi che nel migliore dei casi riescono solo a tamponare o alleviare il dolore? Partendo dalla constatazione della stretta correlazione esisten­te tra alimentazione ed emicrania, nella medicina naturale si preferisce affrontare il mal di testa a livello preventivo. In pratica si tratta di rive­dere il proprio regime alimentare individuando i cibi o le combinazioni che ne possono favorire l'insorgenza.

Attenzione a vino e formaggio È per esempio risaputo che in molti soggetti, alimenti come cioccolato, formaggio, birra e vino scatenano attacchi di emicrania. A soffrirne sono soprattutto coloro che presentano livelli particolarmente bassi di un enzima piastrinico (fenolsulfotransferase) che normalmente scinde alcuni composti (amine vasoattive) contenuti in questi alimenti. Il vino rosso contiene sostanze che sono potenti inibitori di tale enzima, quin­di negli individui più esposti, può scatenare emicranie soprattutto se viene consumato insieme ad alimenti ricchi di amine vasoattive, come i formaggi. Inoltre, recenti ricerche hanno evidenziato il ruolo delle intolleranze ali­mentari nell'insorgenza di numerose forme di emicrania. Gli alimenti più frequentemente chiamati in causa sono il latte vaccino e derivati (60-65% dei casi), il frumento (soprattutto il glutine), il cioccolato, le uova, gli agrumi, i pomodori, i cibi preparati con additivi alimentari e talora il pesce. In particolare sono stati collegati al mal di testa i seguen­ti additivi alimentari: E102 (tartrazina), E281 (Sodium propionate), E282 {Calcium propionate), 621 (Sodium hidrogen L glutamate - MSG), 622 (Monopotassium glutamate) e 623 (Calcium glutamate) presenti in un gran numero di prodotti vegetali e animali conservati.

Curarsi con il cibo

Pertanto un'alimentazione sana a base di alimenti naturali e biologici, ricca in verdure crude e cotte, cereali integrali, frutta e proteine vege­tali (e in minima parte di proteine di origine animale, per chi lo deside­ra) insieme all'esclusione degli alimenti allergenici o non tollerati pos­sono eliminare del tutto o ridurre drasticamente i sintomi dell'emicra­nia nella maggior parte dei soggetti. Come individuare gli alimenti aller­genici?

Allergie e intolleranze Innanzitutto va fatta un'importante distinzione tra allergia e intolleran­za alimentare. L'allergia alimentare è la reazione dell'organismo con effetti immediatamente verificabili, per esempio l'ingestione di fragole causa l'orticaria ecc. ed è evidenziabile con diversi sistemi tra cui il Rast test, all'ingestione di un alimento o di un additivo. A differenza dell'allergia, l'intolleranza alimentare si manifesta invece con effetti subdoli, tardivi, insidiosi, come una specie di veleno che si accumula, provocando sintomi non immediatamente riferibili alle sostanze responsabili. In definitiva, l'intolleranza svolge un'azione di disturbo sul sistema immunitario con la conseguente caduta delle capa­cità difensive dell'organismo. Si ha una drastica riduzione delle IgA (gli anticorpi interessati dal processo) in circolo, in conseguenza della quale il soggetto può ammalarsi alle vie respiratorie o al sistema gastrointe­stinale o soffrire dei disturbi più atipici, compresa l'emicrania.

Intolleranza e dipendenza In molti casi, le cose si complicano a causa della dipendenza psichica che si instaura spesso nei confronti dell'alimento responsabile dell'intolleran­za. Fenomeno questo, molto più diffuso di quello che si pensa, tanto da far registrare nei casi più gravi (se l'alimento manca dalla nostra tavola per più di tre giorni) sintomi fisici e psichici molto simili ad una crisi d'a­stinenza. Questo accade per via della liberazione di neurotrasmettitori specifici, indotti dalla reazione immunitaria scatenata dall'intolleranza, i quali procurano un immediato senso di benessere in grado di masche­rare inizialmente gli effetti negativi della reazione stessa. Il meccanismo d'azione capace di spiegare una così ampia varietà di sintomi può essere il cosiddetto malassorbimento alla rovescia, cioè il passaggio di macromolecole allergizzanti attraverso la barriera intesti­nale dovuto alla riduzione delle IgA (gli anticorpi interessati dal proces­so) impregnate dalla sostanza allergizzante e all'aumentata permeabi­lità della barriera intestinale.

Cefalea 53

Per evidenziare le intolleranze alimentari si possono utilizzare diversi metodi, tra cui il test citotossico (si effettua mettendo direttamente a contatto l'alimento o la sostanza sospetta con i globuli bianchi del sog­getto), oppure metodiche bioelettroniche (Vega test, Voli, Mora ecc.) o kinesiologiche.

La diffusione delle intolleranze In realtà, sempre più persone soffrono di intolleranze alimentari a causa dell'aumento dello stress cui è sottoposto il sistema immunitario per l'inquinamento chimico dell'aria, dell'acqua, del cibo, per lo svezza­mento anticipato e quindi l'introduzione precoce di alimenti solidi nella prima infanzia, per la manipolazione genetica che dà origine a cibi ad elevata potenzialità allergizzante, per la tendenza crescente a consuma­re una varietà di alimenti sempre minore. In definitiva, la forma più efficace per prevenire il mal di testa è quella di rivedere il proprio stile alimentare, in particolare in caso di emicrania occorre individuare eventuali allergie e intolleranze, e in quest'ultimo caso, una volta individuato l'alimento responsabile del disturbo, sospendere la sua assunzione per almeno quattro mesi, per poi reintro­durlo in maniera graduale. Una persona fortemente intollerante ad un alimento dovrebbe tenere in considerazione anche la famiglia botanica d'appartenenza, in quan­to gli alimenti di una famiglia possono reagire in modo incrociato con alimenti allergizzanti. Un elevato consumo di cibi tutti appartenenti alla stessa famiglia può provocare allergie, quindi si raccomanda di variare la dieta e di non consumare cibi della stessa famiglia per molti giorni consecutivi. D'altra parte, una buona rotazione dei vari alimenti è utile non solo per evitare l'insorgere di intolleranze, ma anche per assicurare all'organi­smo una grande varietà di sostanze e "informazioni" . Dal mal di testa, dunque si può guarire individuando le intolleranze ali­mentari, ma per ottenere un buon risultato è necessario ricostituire una buona flora intestinale e ripristinare una normale permeabilità della membrana intestinale, riequilibrare l'apparato digerente e il fegato, eli­minare le cause di eccessivo stress ed intervenire sull'asse neuroendo­crino; questo è possibile assumendo rimedi naturali, abbinando tecni­che terapeutiche di riequilibrio, curando la propria alimentazione. Avere a disposizione una buona varietà di ricette e metterle in pratica può essere di grande aiuto, conoscere alimenti nuovi e nuovi modi di cucinarli non solo rende varia la tavola, ma fa bene alla salute!

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Le principali famiglie di vegetali

Agrumi: arancia, mandarino, pompelmo, limone. Brassicacee: broccoli, cavolfiore, cavolini di Bruxelles, cavolo verza, cavolo cap-puccio, crescione, rape, ravanelli. Chenopodiacee: barbabietola, bietole, spinaci. Composite: carciofi, girasole, lattuga. Cucurbitacee: melone, cetriolo, zucca, zucchina. Graminacee: avena, frumento, mais, orzo, riso, segale. Leguminose: arachidi, cacao, fagioli, soia, fave, lenticchie, liquirizia, piselli. Liliacee: aglio, asparagi, cipolle, erba cipollina, porri. Ombrellifere: anice, carote, carvi, coriandolo, cumino, prezzemolo, sedano. Rosacee: albicocca, cachi, ciliegia, fragola, lampone, mandorla, mela, mora, pera, pesca, prugna. Solanacee: melanzane, patate, pomodori, peperoni.

Alimenti Sì Cereali integrali Frutta

Proteine vegetali Verdure cotte e crude

Alimenti No (o a rischio allergia)

Agrumi Bibite alla cola 5irra

Cibi con additivi alimentari Cioccolato Formaggio

Frumento e soprattutto glutine Latte vaccino e derivati Pesce (in alcuni casi) Pomodori Uova Vino

CELLULITE

Tv e giornali femminili propongono quotidianamente i più svariati rime­di contro la cellulite, ma più che con creme e belletti miracolosi, è bene intervenire con un'alimentazione adeguata e l'attività fisica. A provocare questo caratteristico inestetismo, oramai comunissimo tra le donne europee e americane, è un'alterazione dello strato più profon­do della cute (ipoderma o sottocutaneo) contenente tessuto adiposo. Oltre al tanto temuto effetto "buccia d'arancia" che si evidenzia facil­mente "pizzicando" la cute, i sintomi tipici della cellulite comprendono anche un senso di tensione e pesantezza alle gambe. Praticamente tutte le donne in sovrappeso soffrono di cellulite, ma anche tra le donne in regola con il peso, questo disturbo colpisce il 30% delle ragazze, il 40% di donne mature e il 60-70% di donne in età post-menopausa. Infatti, anche se l'età media di insorgenza della cellulite è attorno ai 31 anni, questo disturbo si può manifestare anche in età molto precoce, tanto che il 70% dei casi interessa le donne tra gli 11 e i 25 anni. Inoltre è stata evidenziata una correlazione diretta tra cellulite e utilizzo di con­traccettivi orali (85% dei casi), carenza di pratica sportiva (93%), malat­tie circolatorie (64%), ritenzione idrica e dolori mestruali (85%).

Perché nelle donne Molti si chiederanno come mai la cellulite sia una problematica tipica delle donne. La risposta va ricercata soprattutto nelle differenze anato­miche della cute tra i due sessi. Il tessuto sottocutaneo delle cosce, in particolare, presenta nei due sessi una struttura di base molto differen­te. Nelle donne, l'epidermide è più sottile rispetto a quella degli uomi­ni, la parte superficiale del sottocutaneo è più spessa, le cellule adipo­se sono più grandi e con setti di tessuto connettivo che decorrono in modo radiale (mentre negli uomini le cellule adipose sono intervallate

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da setti incrociati di tessuto connettivo). Inoltre, nelle donne il corium, connettivo che separa derma e sottocutaneo, è più sottile e con l'avan­zare dell'età si assottiglia ulteriormente e perde consistenza. Questo permette la protrusione delle cellule adipose nel derma. Anche i tralci connettivali che delimitano le aree contenenti le cellule adipose, diven­tano più sottili determinandone l'allargamento. La rottura o l'assottigliamento del connettivo è un fattore molto impor­tante nello sviluppo della cellulite ed è responsabile della caratteristica "granulosità". Il fenomeno della "buccia d'arancia" è dovuto proprio a questo alternarsi di depressioni e protrusioni nello strato superficiale del tessuto adiposo. A seconda del tipo di manifestazione che accompagna il disturbo, si distinguono tre forme diverse di cellulite: compatta (risulta dolorosa al tatto ed è localizzata più frequentemente nella metà inferiore del corpo), molle (non è dolorosa, il tessuto è molle e si localizza per lo più nella faccia antero-mediale di braccia e cosce, possono essere presenti smagliature) ed edematosa (consistenza pastosa, è dolorosa al tatto e spontaneamente, si localizza a livello di cosce, ginocchia, gambe, pol­pacci e caviglie. Inoltre, sono presenti segni di insufficienza venosa e linfatica agli arti inferiori).

Le cause Alla base della cellulite sembra vi sia un'alterazione di cellule bersaglio degli estrogeni, prova ne è che la cellulite non si manifesta mai prima della pubertà. La sindrome premestruale (un insieme di disturbi quali stanchezza, irritabilità, sensazione di gonfiore che anticipa le mestrua­zioni) pare essere frequentemente il segnale di una particolare predi­sposizione costituzionale ad uno stato di intossicazione generale che ha come sintomo principe la cellulite. In realtà, le cause della cellulite sono ancora oggetto di studio e di ricer­ca, ma appare evidente che alla base di questa manifestazione vi siano fattori tossici. Questi, agendo per vie diverse, portano all'alterazione del ricambio a livello dei tessuti, dando inizio a quel processo degenerati­vo che modifica progressivamente la struttura e la funzione del tessuto adiposo. Da questo punto di vista, la cellulite può essere considerata il sintomo di uno stato di intossicazione generale. Quindi un corretto trattamento terapeutico deve intervenire non solo a livello sintomatico, come ad esempio con il sostegno e il drenaggio del microcircolo e con un'azione di normalizzazione sul tessuto connettivo, ma occorre anche valutare ed eventualmente correggere un ventaglio

Cellulite 57

di fattori, solo apparentemente connessi tra loro, come disturbi della funzionalità dell'apparato digerente; possibili squilibri ormonali a livel­lo di tiroide, pancreas, ovaie; situazioni di ansia-depressione ecc.

Abitudini alimentari Tra i diversi fattori che inducono stasi linfatica agli arti inferiori e di con­seguenza cellulite, alcuni possono essere identificati nelle scorrette abi­tudini alimentari e nella mancanza di movimento fisico. Ciò si ripercuote sulla circolazione e sulla funzionalità intestinale con effetti che si accumulano nel tempo: ad esempio un quadro di frequen­te riscontro è quello in cui convergono disturbi come stipsi, emorroidi e pesantezza alle gambe. A livello alimentare le controindicazioni riguardano soprattutto il con­sumo eccessivo di zuccheri semplici: farinacei raffinati, dolci e alcool. Un'alimentazione che contenga fibre in abbondanza è molto importan­te perché migliora la funzione intestinale e riduce la pressione endo-addominale che si oppone al ritorno venoso e linfatico, facilitando il ristagno dei liquidi negli arti inferiori. Da correggere è anche l'abuso di grassi saturi: carni, burro, insaccati, latte e derivati. Tutti alimenti da sostituire con cibi contenenti grassi insaturi (proteine vegetali, oli di semi spremuti a freddo, pesce azzurro ecc.). Latticini e farina bianca in particolare rallentano il circolo linfati­co portando nel tempo a stasi dei liquidi e cellulite. Tra i vasoprotettori naturali è importante considerare la vitamina C, i flavonoidi (vitamina P) molecole fortemente antiossidanti presenti nella buccia della frutta e nelle verdure.

Frutti di bosco A questo riguardo, risultano particolarmente utili i frutti di bosco, soprattutto il mirtillo nero, grazie all'elevato contenuto in antociani, pigmenti dal caratteristico colore rosso-viola, in grado di aumentare la resistenza dei piccoli vasi, di contrastare la permeabilità capillare e le reazioni infiammatorie a danno del tessuto connettivo. Ugualmente utile è il ribes nero, per le proprietà diuretiche, depurative, vitaminiz­zanti (vitamina C e caroteni) e protettive nei confronti dei vasi. Altri frutti indicati sono gli agrumi, ricchi di rutina e derivati, sostanze presenti anche nel polline e nel grano saraceno. Da consigliare è anche l'ortica per le proprietà depurative, mineralizzanti e dietetiche, grazie al ricco contenuto in aminoacidi e vitamine, in particolare carotene e può essere utilizzata nelle zuppe o per preparare polpettine e ripieni. Le

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alghe, introdotte nell'alimentazione giornaliera, possono concorrere a riequilibrare il metabolismo oltre a svolgere un'azione depurativa. Allo stesso scopo è utile bere acqua lontano dai pasti per diluire le tossine ed eliminarle attraverso i reni. Altrettanto importante per contrastare la cellulite è il controllo del peso e l'attività fisica. Tutte le donne in sovrappeso soffrono di cellulite per­tanto è importante affiancare una dieta ipocalorica ben equilibrata che consenta una perdita di peso controllata e graduale. Specialmente nelle donne di età superiore ai quarant'anni, una perdita di peso improvvisa, soprattutto in soggetti con pelle e connettivo non più giovani, può ren­dere il fenomeno della "buccia d'arancia" ancora più evidente. Camminare, andare in bicicletta o fare jogging è particolarmente utile per la riduzione del peso ed in particolare per mantenere uno strato adiposo sottocutaneo di dimensioni ridotte; inoltre la contrazione dei muscoli delle gambe e le respirazioni profonde favoriscono il ritorno del sangue venoso e della linfa dalle estremità risolvendo i ristagni. Infine il movimento fisico è un'ottima forma di scarico dello stress e attraverso una miglior ossigenazione del sangue e l'eliminazione delle tossine restituisce energia e vitalità.

Alimenti Sì

Acqua Oli di semi spremuti a freddo

Agrumi Ortica Alghe Pesce azzurro

Cereali integrali Polline Frutta di stagione Proteine vegetali (legumi, derivati della Frutti di bosco (in particolare mirtillo soia ecc.)

nero e ribes nero) Verdura di stagione

Grano saraceno

Alimenti No Alcool Farinacei raffinati

Burro Insaccati

Carne Latte e derivati Dolci Zuccheri

CISTITE

Almeno il 10-20% delle donne, ha sofferto di cistite nell'ultimo anno; il 37,5% che non ha mai avuto questo tipo d'infezione l'avrà entro i prossimi dieci anni e persino il 2-4% delle donne, apparentemente in salute, presenta elevati livelli d'infezione nelle urine. La cistite è un'infiammazione della vescica, in genere d'origine batteri­ca, tipicamente femminile, ma molto rara tra gli uomini, eccettuati i bambini, in cui indica generalmente un'anomalia anatomica. Ne esiste anche una forma cronica, la "cistite interstiziale", non legata a fattori infettivi. Si tratta di una patologia, molto più rara, in cui l'in­fiammazione colpisce l'interstizio circostante la parete vescicale. In ogni caso, le infezioni delle vie urinarie non vanno mai sottovalutate poiché nel 55% dei casi possono arrivare fino ai reni, causando pielonefriti che possono determinare danni progressivi a carico degli organi escretori.

L'ingresso dell'infezione In che modo si diffonde la cistite? L'urina è un liquido sterile, almeno sino a quando non raggiunge l'uretra; da questa poi, raggiunge l'orifi­zio uretrale esterno. I batteri, responsabili dell'infezione possono rag­giungere il tratto urinario risalendo dall'uretra (per lo più dalle feci, e nelle donne, anche dalle secrezioni vaginali) e più raramente, attraver­so il sangue. A favorire la cistite sono tutte le condizioni che determi­nano ristagno d'urina; al contrario, il flusso libero e un elevato volume urinario, lo svuotamento completo della vescica, un'ottimale funzione intestinale e del sistema immunitario contribuiscono ad evitare la cro­nicizzazione dell'infezione. Questo perché il flusso urinario allontana eventuali batteri presenti. Anche la superficie della vescica, così come il pH delle urine contribuisce a inibire la crescita dei batteri; mentre negli uomini è la prostata a svol-

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gere un'azione antimicrobica. Ad aumentare i fattori di rischio di cistite sono inoltre: gravidanza, rapporti sessuali, in particolare alcune pratiche omosessuali (ma questo solo tra gli uomini) e soprattutto anomalie strutturali del tratto urinario che bloccano il libero flusso dell'urina. In genere, la cistite acuta si manifesta con bruciore e minzione urgen­te, dolorosa e frequente; dolori nella zona sovrapubica e spesso anche nel fondo schiena; minzioni anche notturne. Nelle donne si può avere anche presenza di sangue nelle urine. Il dolore che sale nella regione lombare e si diffonde verso l'alto nella schiena, i brividi, la febbre e talo­ra anche la comparsa di nausea e vomito indicano l'estensione dell'in­fezione a livello del rene.

Bere di più Normalmente, la medicina allopatica, cura le infezioni urinarie con gli antibiotici, senza considerare che tali farmaci, alterando ulteriormente la flora intestinale, portano ad un indebolimento generale dell'organi­smo con la conseguenza di rendere cronica la cistite. La medicina naturale invece, tratta le cistiti d'origine infettiva stimolan­do le normali capacità difensive dell'organismo nei confronti delle infe­zioni. In particolare, si consiglia di aumentare il flusso urinario bevendo molto, ripristinare un corretto pH per inibire la crescita dei microrgani­smi e prevenire l'adesione dei batteri alle pareti della vescica. Il flusso di urina può essere facilmente incrementato, aumentando l'in­gestione di liquidi, soprattutto sotto forma d'acqua pura, tisane, frutta fresca e succhi di frutta (diluiti al 50% con acqua). Bisognerebbe bere almeno due litri d'acqua al giorno, evitando bevande gassate, caffè, alcool e succhi di frutta concentrati. Nel trattamento delle infezioni delle vie urinarie, risulta particolarmen­te efficace il consumo di mirtilli rossi, sotto forma di frutto o succo. In uno studio clinico, la somministrazione di mezzo litro di succo di mir­tillo rosso al giorno, ha mostrato effetti benefici nel 73% dei soggetti (44 uomini e 16 donne) che soffrivano di cistite, mentre la sospensio­ne del succo in coloro che ne avevano avuto giovamento ha determi­nato la ricomparsa dell'infezione nel 6 1 % dei casi. Fino a poco tempo fa si pensava che l'azione del succo di mirtillo fosse legata al potere di acidificare le urine e agli effetti antibatterici dell'aci­do ippurico in esso contenuto. Studi più recenti hanno confermato l'ef­ficacia del mirtillo, anche se il meccanismo d'azione nei confronti della cistite pare essere molto più complesso di quello ipotizzato in passato. Purtroppo, il succo di mirtillo che si trova sul mercato è in genere diluì-

Cistite 61

to con acqua e zucchero, dolcificante che come sappiamo svolge un effetto deleterio sul sistema immunitario. A questi sono preferibili i suc­chi dolcificati con succo di mela o d'uva. Un altro modo per contrastrare la cistite è l'assunzione di alimenti e rimedi in grado di alcalinizzare le urine. A questo proposito risulta molto efficace l'ingestione di uva ursina e sigillo d'oro (Hydrastis canadensis). Entrambi contengono componenti antibatterici che sono maggiormen­te efficaci in ambiente alcalino. Anche aglio e cipolla, consumati in abbondanza sono utili per le loro proprietà antimicrobiche ed immuno-stimolanti.

Cistite e allergie Nei casi di cistite interstiziale cronica pare vi sia un'associazione dell'in­fezione con alcune allergie alimentari e ciò spiegherebbe la persistenza della malattia anche in assenza di un'infezione. In tal caso la terapia consiste nell'eliminazione degli alimenti responsabili dell'allergia e nel-l'utilizzo di centella, una pianta che è in grado di migliorare l'integrità del tessuto connettivo interstiziale e di promuovere la guarigione delle ulcere vescicali. In caso di cistite acuta sarà bene effettuare anche una pulizia intestinale attraverso un enteroclisma, utilizzando due litri di semplice acqua tiepida. A parte questi specifici consigli alimentari e fitoterapici per una preven­zione ottimale della cistite, è fondamentale seguire un regime alimen­tare sano ed equilibrato, inteso in particolar modo a mantenere una regolare funzione intestinale. Dunque è necessario insistere sul consu­mo di alimenti ricchi di fibre (cereali integrali, verdura e frutta) e nella progressiva riduzione degli alimenti che infiammano il colon e ne alte­rano la flora (insaccati, carni, formaggi stagionati ecc.). In particolar modo è consigliato il consumo frequente di piccole quantità di miso (soia fermentata ricca di enzimi e fermenti, ottimo condimento per zuppe e stufati di verdure che normalizza la flora intestinale). Rafforzare il sistema immunitario, ripulire e regolarizzare l'intestino, mediante un regime alimentare sano e uno stile di vita in cui ci sia poco posto per lo stress che com'è noto influisce negativamente sul sistema immunitario. Programmare momenti di "stacco" dalla routine quotidiana per riposa­re, ricaricarsi e mantenere sempre a livelli adeguati il proprio livello di energia, rappresenta una norma d'igiene e profilassi sempre efficace e valida, in tutte le situazioni.

Curarsi con il cibo

Mirtillo rosso e nero

Il mirtillo rappresenta da secoli un alimento e un medicamento prezioso, tanto che già nel I sec. d.C, Dioscoride lo consigliava per curare la dissenteria. Cresce spontaneo nelle zone submontane e montane dell'Italia settentrionale e centra­le, fino all'Abruzzo, e si spinge anche nei pascoli alpini. Il mirtillo nero, (Vaccinium myrtillius), il classico mirtillo dei boschi, è diffusissimo allo stato spontaneo, per 10 più ad altitudini superiori a 1000 metri, fin oltre il limite della vegetazione arborea, nel sottobosco chiaro di conifere e allo scoperto, in zone di brughie­ra, ma sempre sui terreni silicei o comunque acidi molto umiferi e piuttosto fre­schi. I suoi frutti sono di 4-5 mm di diametro quasi tondeggianti o appena schiac­ciati all'apice, dove è presente una caratteristica cicatrice a forma di anello.

Si distingue con difficoltà dal mirtillo uliginoso o mirtillo blu (Vaccinium uliginosum) che cresce nel medesimo habitat e che ha rametti cilindrici, foglie a margine intero e frutti tondeggianti o leggermente ovoidali di colore nettamente blua­stro. Il mirtillo rosso (Vaccinium vitis-idaea), invece si differenzia dal mirtillo nero non solo per il colore dei frutti e il loro sapore, ma anche per la consistenza delle foglie, coriacee, lucenti e persistenti. Il mirtillo rosso è abbastanza diffuso in Italia, nelle località collinari e montane, sulle Alpi e sugli Appennini settentrio­nali, soprattutto nel sottobosco rado, nei prati o nelle brugherie in posizioni soleggiate o parzialmente ombrose, sempre su terreni umiferi. I frutti sono saporiti, piuttosto aciduli o anche amarognoli, sentono per marmellate ed hanno ottime proprietà aperitive.

I frutti hanno proprietà rinfrescanti, astringenti, toniche, diuretiche. Contengono numerosi principi attivi, fra cui le vitamine A e C, l'acido citrico e quello malico, la mirtillina, fosforo, calcio, manganese, la cui azione si esplica principalmente a livello dei capillari le cui parti vengono protette e rinforzate. Proprio per questa ragione nella couperose possono essere d'aiuto le creme a base di mirtillo. L'azione astringente si esplica invece attraverso l'eliminazione dei liquidi in ecces­so a livello degli spazi interstiziali dei tessuti, con conseguente riduzione dell'ede­ma. Per l'industria farmaceutica moderna, le bacche di mirtillo si sono rivelate utili in preparati contro le forme diarroiche e come componenti di antibiotici. Larbutina presente nelle bacche dei mirtilli svolge un'azione diuretica e disinfet­tante in tutte le infezioni delle vie urinarie (cistiti, uretriti ecc.). Essa, metabolizza­ta ed eliminata dai reni libera idrochinone, che esercita una spiccata attività disin­fettante e astringente.

Inoltre, i principi attivi del frutto svolgono un'azione antiradicalica, regolatrice della pressione arteriosa e antinfiammatoria; inibiscono la lipoperossidazione, rigene­rano la porpora retinica, proteggono il microcircolo. 11 mirtillo rosso risulta inoltre utile come coadiuvante in caso di diarrea, nelle sti-

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tichezze, negli inestetismi causati dall'arrossamento della pelle, nelle situazioni di colon irritabile, e per le emorroidi.

Le foglie di mirtillo rosso sono dotate di attività antisettica a livello delle vie uri­nane e di blanda attività ipoglicemizzante nel diabete senile. Le gemme possie­dono una notevole attività a livello intestinale. L'azione può essere tonica e sti­molante ma anche antispastica e sedativa. L'uso del gemmoderivato risulta inte­ressante nelle stipsi, nelle coliti.

Alimenti Sì Acqua Miso Aglio Cereali integrali

Succhi di frutta (diluiti al 50% con acqua)

Cipolla Tisane Frutta fresca Verdura fresca Mirtilli rossi (frutto e succo)

Alimenti No Alcool Formaggi stagionati Bevande gassate Insaccati Caffè Succhi di frutta concentrati Carni

COLESTEROLO E MALATTIE VASCOLARI

Se ne parla sempre in maniera negativa, ma in realtà il colesterolo è uno dei grassi più importanti del nostro organismo. Viene introdotto con gli alimenti, anche se il principale quantitativo è sintetizzato diret­tamente dal fegato. Il suo livello nel sangue non è costante: in genere cresce con il progre­dire dell'età (di più nell'uomo, meno nella donna) ed è influenzato direttamente dal regime alimentare e dallo stile di vita. Secondo le ulti­me osservazioni, i livelli raccomandati per il colesterolo ematico sono meno di 200 mg/dl per il colesterolo totale; meno di 130 mg/dl per il colesterolo LDL {Low Density Lipoproteins, è il colesterolo legato alle lipoproteine a bassa densità, considerato il "colesterolo cattivo"); più di 35 mg/dl per il colesterolo HDL {High Density Lipoproteins, è il coleste­rolo legato alle lipoproteine ad alta densità, considerato il "colesterolo buono"). Questo perché il colesterolo LDL aumenta il rischio di malat­tie cardiache, ictus e ipertensione, mentre il colesterolo HDL protegge dalle malattie cardiache.

Patologie da colesterolo Le malattie cardiovascolari legate ad un eccesso di colesterolo nel san­gue sono principalmente le patologie delle coronarie che sono i vasi che riforniscono il cuore di ossigeno ed elementi nutritivi. Se il flusso di san­gue attraverso queste arterie è limitato o bloccato può verificarsi l'infar­to, un grave danno del muscolo cardiaco. Nella maggior parte dei casi la condizione che blocca il rifornimento di sangue e ossigeno è l'aterosclerosi. Si tratta di un indurimento e restrin­gimento delle arterie a causa dell'accumulo di una placca di colestero­lo, sostanze grasse e detriti cellulari che prende il nome di ateroma. L'aterosclerosi si manifesta principalmente nelle arterie coronariche e

Colesterolo e malattie vascolari 65

cerebrali e le complicanze di questa malattia costituiscono le più impor­tanti cause di morte nei paesi industrializzati. Ecco perché conoscere le forme di accumulo del colesterolo nel sangue costituisce una delle solu­zioni più efficaci di prevenzione e di tutela per la salute dell'organismo.

I grassi nel corpo II colesterolo è uno dei più importanti lipidi (grassi) contenuti nel san­gue insieme ai trigliceridi; i grassi non sono solubili nel plasma pertan­to non circolano liberi, ma sono legati a proteine che li trasportano e che prendono il nome di lipoproteine. Una volta assunto con gli ali­menti, nell'intestino il colesterolo viene a far parte dei chilomicroni (lipoproteine) per essere assorbito e portato al fegato; qui, insieme a tri­gliceridi, lecitina e proteine forma le VLDL {Very Low Density Lipoproteins), le quali hanno il compito principale di fornire energia al fegato; queste stesse sostanze trasportano anche il 5% di colesterolo e degli acidi grassi alle cellule e il grasso in eccesso ai tessuti adiposi. Le LDL {Low Density Lipoproteins) sono lipoproteine derivate dalle VLDL, composte di trigliceridi, 46% di colesterolo, proteine e fosfolipi­di e trasportano colesterolo e trigliceridi alle singole cellule, ai tessuti endocrini per la formazione di ormoni, alla pelle per la sintesi della vita­mina D, al tessuto nervoso per la formazione delle guaine mieliniche, all'intestino per la formazione di chilomicroni; inoltre trasportano anche molte tossine liposolubili e sostanze cancerogene, colesterolo ed acidi grassi ossidati. Dopo aver rilasciato il colesterolo necessario, le LDL tornano al fegato, dove vengono modificate per diventare HDL {High Density Lipoproteins). Le HDL hanno il compito di trasportare il colesterolo dalla periferia verso il fegato, raccogliendo sia il colesterolo in eccesso sia, in caso di necessità, dai tessuti adiposi. Infine, le HDL, con il colesterolo in eccesso e le tossine liposolubili, vanno a formare la bile, la cui doppia funzione è quella di digestione dei grassi e di eliminazione, attraverso le feci, delle sostanze nocive.

Quando l'arteria si indurisce Com'è noto esiste un legame diretto tra elevato tasso di colesterolo nel sangue (ipercolesterolemia) e insorgenza di malattie cardiovascolari; infatti, il colesterolo in eccesso si deposita all'interno dei vasi sanguigni dando origine a placche (ateromi) che possono causare l'indurimento delle arterie. La teoria più accettata della genesi dell'aterosclerosi è l'ipotesi di una

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reazione ad una lesione. Secondo questa teoria l'ateroma ha inizio come risposta ad una lesione delle cellule che tappezzano l'arteria (endotelio arterioso). Inizialmente vi è un danno provocato all'endotelio dai radicali liberi; fat­tori immunologici, fisici, meccanici, virali, chimici e farmacologici produ­cono all'endotelio danni che possono portare allo sviluppo della placca. Danneggiato l'endotelio i siti della lesione diventano più permeabili ai costituenti del plasma e soprattutto alle lipoproteine che si legano ai gli— cosaminoglicani rompendo l'integrità strutturale della membrana basa­le e provocando un aumento dell'affinità con il colesterolo. Quando il danno è significativo i monociti (grossi globuli bianchi) e le piastrine iniziano ad aderire all'area lesionata, emettono fattori di cre­scita e stimolano le cellule della muscolatura liscia a migrare dalla media all'intima e moltiplicarsi in quella sede. I depositi di grasso e colesterolo si accumulano. La placca continua a crescere fino a blocca­re l'arteria. In genere il blocco arriva al 90% prima che i sintomi dell'a­terosclerosi si manifestino.

Eliminare il colesterolo in eccesso Per eliminare il colesterolo in eccesso sono necessari due elementi: i macrofagi (globuli bianchi), che inglobano soprattutto il colesterolo in eccesso che si trova tra i tessuti epiteliali dei vasi sanguigni, e le HDL che invece contribuiscono a portare via il colesterolo in eccesso che si depo­sita sulla superficie dei vasi sanguigni. Nell'inglobare il colesterolo in eccesso i macrofagi producono radicali liberi; ossia ossidano il colesterolo trasformandolo in una sostanza "schiumosa" che fa letteralmente "lievitare" e rigonfiare l'epitelio dei vasi, restringendoli. Inoltre le HDL, non essendo in grado di raccogliere e di disporre del colesterolo quando esso è ossidato, non possono in alcun modo essere di aiuto ai macrofagi. I grassi più facilmente ossidabili sono quelli saturi: in quanto presenta­no tutti i legami chimici già occupati e quindi non sono in grado di subire "trasformazioni", si spezzano, si irrancidiscono e basta. Per evitare l'ossidazione del colesterolo, in modo tale da mantenerlo disponibile sia ai macrofagi che alle HDL, è quindi necessario assumere con il cibo un'adeguata quantità di anti-ossidanti come le vitamine C, A, E e minerali come selenio e germanio. La formazione di HDL dipende essenzialmente dalla quantità di LDL pre­sente: contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l'abbondanza di LDL inibisce la formazione di HDL. Uno dei principali fattori che determi-

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na la super produzione di LDL è infatti un insufficiente scarico di bile e quindi di colesterolo in eccesso, il quale viene riproposto alle cellule. Questo può provocare: aumento della pressione sanguigna, occlusione parziale o totale del vaso e quindi fenomeni di angina, claudicazione e infarti, oppure può dare origine a trombi, nel caso in cui le suddette placche si dovessero staccare e circolare all'interno di vasi troppo pic­coli per le loro dimensioni, bloccandoli.

Gli alimenti consigliati Per molto tempo si è ritenuto che per poter ovviare ai problemi deriva­ti da un eccesso di colesterolo bastasse evitare o limitare il consumo di cibi che ne contengono molto, come uova, caviale, gamberi e crostacei in genere. In realtà per prevenire o correggere l'eccesso di grassi nel sangue con l'alimentazione occorre una strategia globale che tocchi tutti i fattori coinvolti nella genesi e nello sviluppo di questa patologia. In particolare la colesterolemia si abbassa sostituendo gran parte degli acidi grassi saturi con acidi grassi insaturi (acido linoleico, linolenico, arachidonico) e assumendo alimenti ricchi di antiossidanti come la vita­mina C, il beta-carotene, il selenio e la vitamina E. È fondamentale dunque da una parte optare per una dieta ricca di cereali integrali, leguminose, verdura, frutta fresca e secca, semi, una piccola quantità di alghe, e dall'altra eliminare o quanto meno ridurre i grassi saturi, sostituendo il cibo di origine animale con vegetali e pesce, alimenti ricchi di acidi grassi insaturi. In particolare gli acidi gras­si omega-3 e omega-6, di cui sono molto ricchi pesci e semi oleosi, hanno la proprietà di abbassare il tasso di colesterolo e trigliceridi e ridurre l'aggregazione piastrinica. Inoltre, i pesci dei mari freddi come salmone, sgombro e aringa forniscono acido eicosapentenoico (EPA) molto efficace nella riduzione dei livelli di colesterolo; per i vegetariani è sufficiente integrare con un cucchiaino di olio di lino al dì. Azione egualmente positiva è svolta dagli alimenti vegetali per l'apporto di fibra e di elementi antiossidanti (fra i minerali sono importanti potassio e magnesio).

Tra le piante che riducono l'aggregazione piastrinica in particolare si ricordano: cipolla, aglio, zenzero e curcuma, questi alimenti inoltre riducono le LDL e innalzano il livello di HDL. Oltre all'eliminazione del colesterolo, un'altra strategia di prevenzione molto efficace per la ridu­zione della colesterolomia è il rafforzamento della parete dell'arteria, in questo senso diventa molto importante l'assunzione di alimenti ricchi di flavonoidi, di cui sono molto ricchi frutta e verdura. In un esperimen-

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to effettuato su animali nutriti con estratti ricchi di flavonoidi si è veri­ficata una riduzione delle placche aterosclerotiche e un calo del coleste­rolo serico. Tra gli elementi più importanti per mantenere l'integrità della parete dell'arteria ci sono la vitamina C, la vitamina B6, il rame, il calcio e il magnesio.

Esercizio fisico e niente fumo Per ridurre i fattori di rischio è molto importante smettere di fumare, fare esercizio fisico e ridurre lo stress. Vi è un'impressionante quantità di ricerche che dimostrano il legame diretto tra stress e colesterolemia. Secondo questi studi, l'eccesso di noradrenalina, indotto dallo stress, riduce il numero div recettori presenti nel fegato deputati alla cattura e al trasporto nel tessuto epatico del colesterolo e di conseguenza si pro­duce un incremento della colesterolemia. Inoltre gli ormoni prodotti in situazioni di stress (adrenalina, noradre­nalina e cortisolo) aumentano la lipolisi e la mobilizzazione dei grassi dal tessuto adiposo, aumentano quindi i grassi circolanti e diminuisce la capacità del fegato di metabolizzarli. In conclusione la "pillola magica" che risolve il problema senza un impegno personale, può certamente portare ad un miglioramento dei valori relativi ai grassi nel sangue, ma non può agire in senso globale e senza effetti collaterali. Correggere lo stile di vita e le proprie abitudini alimentari è certamente la carta vincente nella prevenzione delle malat­tie cardiovascolari di origine metabolica, prevenzione che può essere ulteriormente potenziata dall'impiego di preparati fitoterapici o inte­gratori alimentari, consigliati da un esperto.

Curcuma - (Curcuma xanthorriza)

Noto ingrediente del curry, la curcuma è uno degli alimenti più utilizzati dall'in­dustria alimentare per colorare naturalmente dolciumi, creme liofilizzate e ali­menti per l'infanzia. Il suo sapore leggermente pungente ne fa una delle spezie più comuni della cucina orientale adoperata per profumare risotti, stufati e minestre. Antibatterico contro colibacilli, bacilli del tifo, stafilococchi e strepto­cocchi, la curcuma è raccomandata come antinfiammatorio, per curare nume­rose patologie come flatulenza, itterizia, difficoltà mestruali, emorragie, mal di denti, convulsioni, dolori al petto e coliche. Insieme a cipolla, aglio e zenzero, la curcuma è una degli alimenti più efficaci nella riduzione del colesterolo "catti­vo" (LDL) e dell'aggregazione piastrinica. In cucina, la curcuma si utilizza, aggiun­gendola nell'olio poco prima di soffriggere la cipolla o l'aglio.

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Alimenti Sì Aglio Pesce dei mari freddi: sgombro, sal­Agrumi mone, aringa Caffè d'orzo Sale marino Cereali integrali Seitan Frutta Sesamo Legumi Soia, derivati Lievito di birra in scaglie Succhi vegetali e tisane Oli vegetali ed in particolare olio di Verdure cotte e crude lino spremuto a freddo Zenzero

Alimenti No Alcool Lardo Alimenti fritti Latte e derivati Alimenti molto salati Margarine Bibite gassate Oli di semi industriali Caffè Sale ad alto livello di sodio Carni rosse Spuntini grassi Cereali raffinati Uova Hamburger

COLON IRRITABILE

"Sindrome del colon irritabile", "colon spastico", "nevrosi colica": sono i termini che la medicina usa per denominare alcuni fra i più classici disturbi della motilità intestinale che, pur in assenza di alterazioni di tipo organico, arrecano sofferenza e disagio. Queste sindromi rappresentano la causa di circa la metà delle visite spe­cialistiche presso i medici gastroenterologi, o dei disturbi intestinali ini­ziali che giungono all'osservazione dei medici ambulatoriali. Le donne ne soffrono più comunemente degli uomini, con una percentuale supe­riore al 30%. Sono casi in cui non è riscontrabile alcuna causa organica; quello che è certo è che i fattori emozionali, la dieta, i farmaci o gli ormoni posso­no aggravare uno stato di ipersensibilità del grosso intestino nella sua motilità.

I sintomi I sintomi si presentano sotto forma di fastidio addominale, di un'erra­ta frequenza dell'attività intestinale e di una modificazione della consi­stenza delle feci. Le spiacevoli sensazioni addominali possono anche essere associate a sintomi non specifici: gonfiore addominale, meteori­smo (sensazione di gas), flatulenza, nausea, cefalea, affaticamento. Sono comunemente riconosciuti due tipi di sindrome del colon irritabi­le. Caratteristica del primo tipo è l'alternanza di periodi di stipsi a perio­di di diarrea, accompagnati dalla presenza di dolori addominali che non sono molto forti né continui, ma possono durare a lungo e creare un evidente senso di disagio. Non si manifestano mai di notte e non impediscono lo svolgimento di una vita normale, ma la persona si sente irritata e sconvolta da un disagio che può limitare anche sensibilmente il suo quotidiano,

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soprattutto perché genera ansia. Generalmente i sintomi insorgono dopo i pasti, anche se non a causa di un tipo particolare di cibo. I dolori cessano o si attenuano con la defecazione o l'emissione di gas. Si verifica frequentemente la presen­za di muco nelle feci; mentre manifestazioni comuni associate sono stanchezza, depressione e difficoltà di concentrazione mentale. Il secondo tipo di sindrome è dato da una diarrea senza dolore, precipi­tosa, urgente, che si verifica tipicamente durante o appena dopo un pasto. I soggetti non presentano alcuna patologia organica, soltanto la palpazione dell'addome rivela una certa dolorabilità in particolare nel quadrante addominale inferiore sinistro associata ad un colon contratto.

L'origine psicosomatica La sindrome del colon irritabile merita la giusta attenzione, poiché può precorrere la malattia diverticolare, con la formazione di piccole sacche nella parete muscolare del colon. L'origine del problema è certamente psicosomatica, probabilmente scaturita da un conflitto interiore tra aggressività e repressione. Considerati gli estesi collegamenti corticali con l'ipotalamo ed i suoi centri, da cui originano e in cui terminano le vie connesse con le atti­vità dei visceri, è semplice comprendere come i fattori psichici possano produrre un'iperfunzione o un'ipofunzione dell'apparato digerente. Tensioni emozionali sollecitate da ansietà, senso di colpa, umiliazione, risentimento, conflittualità e situazioni che creano la sensazione di sopraffazione, producono un aumento delle secrezioni della mucosa intestinale, maggiori contrazioni muscolari, maggiore fragilità della mucosa rispetto ad agenti aggressivi e un'intensificazione dei riflessi viscerali. Al contrario, situazioni che danno sensazione di depressione, insoddi­sfazione, abbattimento, paura o insuccesso reagiscono con un rilassa­mento muscolare, una riduzione delle secrezioni, un minor flusso san­guigno alla mucosa, un rilassamento del colon ed una riduzione dei riflessi. Lo stato iperdinamico, quando è notevole e ad intervalli ricorrenti, pro­duce diarrea, lo stato ipodinamico la stipsi. La diagnosi è in gran parte basata sul riscontro di uno stretto collega­mento tra la sofferenza di disturbi emozionali, discordie matrimoniali, ansie legate ai figli o preoccupazioni ossessionanti sui problemi di ogni giorno, e l'insorgere dei sintomi. Generalmente uno stato di ansietà precede gli attacchi, mentre un sol-

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lievo segue ad un cambiamento di ambiente, ad una vacanza, ad esem­pio, lontani dalle preoccupazioni quotidiane. In termini pratici la cura migliore è proprio frutto di un salutare stile di vita, con sane abitudini alimentari, e corretto uso delle terapie farma­cologiche, soprattutto rispetto all'abuso di lassativi.

Curarsi a tavola Ancora una volta, è l'alimentazione a svolgere un ruolo di primaria importanza, anche nella prevenzione e nella cura del colon irritabile. Naturalmente è fondamentale l'attenzione ad evitare l'assunzione di cibi che infiammino ulteriormente la mucosa o accrescano la secrezio­ne di muco. Anche l'eccesso di gas, provocando l'iperdistensione del colon, può innescare o peggiorare la sintomatologia. È necessario pertanto elimi­nare i cibi che riscaldano, che aumentano la temperatura intestinale come carni, salumi, formaggi, uova. In generale il cibo di origine animale ha bisogno di un tempo di dige­stione superiore a quello di origine vegetale; inoltre richiama un flusso maggiore di sangue facilitando processi infiammatori. Unico alimento

- non vegetale consigliabile è il pesce, già meno irritante; in particolare il pesce azzurro, grazie ai suoi contenuti in grassi insaturi utili alla salute della mucosa intestinale. Da evitare i legumi che producono fermentazione in soggetti già iper­sensibili, in particolare nei periodi di fase acuta. In fase di miglioramen­to è possibile consumare lenticchie rosse decorticate o legumi passati, privi di buccia. Regola vincente è quella di cuocere sempre i legumi insieme all'alga kombu, che oltre a ridurre i processi di fermentazione, contiene mucillagini e nutrimenti utili alla mucosa del colon. Sono assolutamente da evitare latte vaccino e derivati, che infiammano l'intestino ed aumentano la secrezione di muco. Tra le verdure è bene evitare, nei periodi critici, cavoli, cavoletti e cipolle cotte. Tra la frutta sono sconsigliate albicocche, uva, banane e frutta secca. Tra gli integratori, meglio evitare il lievito di birra, a cui è preferibile il germe di grano. Tra le spezie sono sconsigliate quelle più piccanti.

Gli alimenti amici L'alimentazione corretta consiste nel consumo di cereali integrali, ver­dure, pesce, proteine vegetali quali tofu e tempeh (prodotti ottenuti dalla lavorazione della soia), seitan (glutine di grano) in minor quantità, poca frutta, una piccola quantità di alghe, di semi oleosi (sesamo),

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zuppe di miso (prodotto fermentato derivato dalla soia). Nei periodi in cui i sintomi sono più acuti è meglio consumare cibi semintegrali, creme di cereali, zuppe di miso, verdure tollerabili. Per quanto riguarda il bere, preferire acqua minerale naturale, tè ban-cha; divieto assoluto alle bibite gassate e al vino.

L'equilibrio che risana Abbiamo visto come la sintomatologia del colon irritabile sia estrema­mente alternante: si va dalla stipsi alla diarrea. È segno di quanto sia fondamentale ricercare una sorta di equilibrio tra tendenze opposte: trattenere e scaricare. Se questo è vero a livello simbolico e psicologico è altrettanto vero anche a livello alimentare, in cui gli eccessi in un senso o nell'altro sono deleteri. Nella sindrome del colon irritabile più che mai l'alimentazione deve essere bilanciata. Occorre trovare un giusto equilibrio tra cibi e sapori, che non diano né troppo fuoco né troppo freddo, che non siano estre­mamente salati o piccanti o dolci o amari od aspri. Anche il tipo di cottura degli alimenti è importantissimo e dovrà essere non troppo yang né estremamente yin. Cotture dall'estremo yang all'e­stremo yin sono: il fritto, la piastra, il forno, il saltato, lo scottato, lo stu­fato, il bollito. È evidente che i fritti, per questo tipo di patologia, rap­presentano un vero veleno, ma lo stesso vale per la verdura bollita. Saranno certamente da preferire verdure appena scottate (tuffate a pezzetti nell'acqua salata che bolle e tolte appena l'acqua ricomincia a bollire) o saltate in padella con un pizzico di sale e subito dopo l'ag­giunta di poco olio. Più raramente le verdure cotte al forno. Una cucina equilibrata produrrà effetti benefici non solo a livello intesti­nale, ma anche nella psiche. L'equilibrio curativo sul corpo si rigenererà conseguentemente in equilibrio psichico; l'ansia diminuirà e sarà psico­logicamente più facile poter osservare con maggior distacco e lucidità le problematiche quotidiane e i disagi interiori non ancora risolti. In particolare è consigliabile introdurre nella propria dieta alimenti come il kuzu e il miso, cibi che sono vere e proprie "medicine" per il colon.

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Il kuzu in cucina

Il kuzu è una fecola (amido) ricavato dalla radice di "pueraria", una pianta selva­tica rampicante. E utilizzato come addensante per zuppe, verdure, dolci, budi­ni. A differenza di tutti gli altri amidi che sono acidi, il kuzu presenta una reazio­ne alcalina e inoltre svolge un'azione tonica curativa per tutto l'intestino, molto utile nei disturbi del colon. Si prepara diluendone un cucchiaino circa in un quar­to di litro di acqua fredda. Si porta sul fuoco e si fa bollire lentamente finché diventa una gelatina. Ottimo aggiunto al succo di mirtillo per preparare una bilanciatissima gelatina alla frutta. Oppure lo si può aggiungere, sempre diluito in poca acqua fredda, ad uno stufato, farà da addensante e renderà lo stufato più bilanciato.

Alimenti Sì Alghe Miso Cereali integrali o semintegrali Pesce (in particolare pesce azzurro) Frutta Seitan Germe di grano Semi oleosi (in particolare di sesamo) Kuzu Tè bancha Legumi passati e con aggiunta di alga Tempeh kombu Tofu Lenticchie rosse decorticate Verdure

Alimenti No Albicocche Latte vaccino e derivati Banane Legumi con la buccia Bibite gassate Lievito di birra Carni Salumi Cavoli Spezie piccanti Cipolle cotte Uova Formaggi Uva Frutta secca Vino

DENTI

Si nasce senza denti, il neonato non può mangiare, né mordere per difendersi, solo lo stretto vincolo al seno materno gli fornisce l'alimen­to per la crescita. L'acquisizione progressiva dell'autonomia procede per gradi e la comparsa dei denti segna una tappa saliente in questo per­corso. L'apparizione della seconda dentizione è l'altra tappa importante del processo di sviluppo del futuro individuo. Con l'avanzare dell'età, la dentatura e in generale il cavo orale cominciano a manifestare delle problematiche, si perde qualche dente, e si prova il timore di tornare fragili e indifesi come i neonati.

La carie La salute del cavo orale merita tutta la nostra attenzione per diverse ragioni, e non solo per una questione estetica. Innanzitutto le sue pato­logie sono manifestazioni che andrebbero lette non solo a livello loca­le, ma come segnali dello stato di salute generale dell'intero organi­smo; c'è poi da considerare che una dentatura sana e quindi anche delle gengive sane consentono una masticazione ottimale, base indi­spensabile per una buona digestione ed assimilazione degli alimenti che a loro volta assicurano un ottimale "rifornimento di energia" per l'intero organismo. Per non parlare poi di eventuali sostanze tossiche, come quelle liberate dalle otturazioni in amalgama, che possono avve­lenare l'intero organismo dando i sintomi più disparati. Infine molti studi hanno confermato la relazione tra denti e struttura, colonna vertebrale e postura, ed anche questo non è certamente un aspetto trascurabile. La carie è sicuramente la patologia più nota. Così come è nota la sua origine: la presenza nel cavo orale di batteri che, per la propria azione

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patogena, necessitano in particolare di zuccheri semplici. Per questa ragione gli alimenti a base di zuccheri raffinati (dolci, caramelle, bevan­de zuccherate e gassate) andrebbero eliminati per il loro potente effet­to cariogeno.

Piorrea o patologia periodontale Accanto alle carie, la piorrea è oggi una patologia assai diffusa. La sua prevalenza aumenta direttamente con l'età. La frequenza è di circa il 15% a dieci anni, 38% a vent'anni, 46% a trentacinque anni, 54% a cinquant'anni. Tra gli uomini si registra una prevalenza più elevata e una gravità maggiore della patologia periodontale rispetto alle donne. Vediamo meglio di capire come si sviluppa questa patologia, per meglio prevenirla e curarla. Ogni dente poggia la sua stabilità sul parodonto (termine greco che significa intorno al dente). Questo sostegno include la gengiva, il lega­mento periodontale, il cemento radicolare e l'osso alveolare e assicura un solido ancoraggio ai denti ad esso strettamente connessi sul piano anatomico e funzionale. La salute di queste strutture dipende da molteplici fattori alcuni dei quali sono strettamente individuali e riguardano la costituzione del soggetto (allineamento dei denti e resistenza dello smalto), il suo asset­to neuroendocrino e immunitario (stress, diabete ecc.), le abitudini acquisite (scelte alimentari, tabagismo, igiene orale) ed infine possibili microtraumi. La bocca è esposta al costante contatto con l'esterno attraverso cibi e bevande, è un ambiente complesso e in equilibrio dinamico, habitat ideale per diversi microrganismi. Alcuni tipi di batteri interagiscono nel cavo orale con effetti patogeni, dalla loro trasformazione di residui ali­mentari derivano acidi che attaccano lo smalto dentale; tali lesioni superficiali aprono varchi ad altri microrganismi che corrodono pro­gressivamente il dente spingendosi in profondità.

Le funzioni della saliva La saliva agisce come tampone chimico, neutralizzando l'acidità del cavo orale, deterge la dentatura, allontana le particelle di cibo e con­trolla la composizione della flora del cavo orale, ma nonostante questo non si può prescindere da una buona igiene orale. La placca dentale è una patina viscosa formata da glicoproteine della saliva e stratificazioni di colonie batteriche. La placca dentale non allon­tanata, entro le 24 ore inizia a mineralizzare formando il tartaro, la cui

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rimozione non è più possibile con il comune spazzolino da denti. Se non si ripara a tali condizioni le mucose vanno incontro a infiammazio­ni croniche che a volte solo la chirurgia può arginare. Sanguinamento, alitosi, sensazioni dolorose a contatto con cibi e bevande sono gli effetti di microrganismi aggressivi che rilasciano tos­sine, aggirano le difese immunitarie e producono enzimi che distruggo­no il tessuto connettivo, finché la gengiva, scollandosi dal dente, forma tasche profonde. Da qui il quadro della gengivite evolve in parodonto-si, caratterizzata da un'evoluzione lenta e irreversibile, che mina la sal­dezza dei denti, erodendo le loro basi di impianto, fino a provocarne la caduta. Sebbene l'igiene orale sia di fondamentale importanza nel trattamento e nella prevenzione della patologia periodontale non è sufficiente in molti casi. Per controllare lo sviluppo e la progressione della malattia è necessario normalizzare le difese del soggetto. Dunque un'alimentazio­ne sana ed il miglioramento dello stile di vita sono indispensabili. I batteri sono agenti fondamentali, ma di per sé insufficienti, devono essere coinvolti fattori dell'ospite perché la patologia si sviluppi e pro­gredisca. Inoltre sono da considerare alterati trattamenti di ortodonzia e protesi che sono causa frequente di infiammazioni gengivali e di distruzione periodontale. I margini sporgenti offrono un'ideale sede di accumulo della placca e di moltiplicazione batterica. Se il trattamento viene eseguito con un composto di amalgama d'argento il coinvolgi­mento può essere addirittura maggiore a causa della diminuita attività degli enzimi antiossidanti, in quanto l'accumulo di mercurio determina una depressione degli enzimi che combattono i radicali liberi. II consumo di tabacco è associato ad un'aumentata suscettibilità a gravi patologie periodontali e alla perdita dei denti. Molti degli effetti nega­tivi del fumo sono dovuti al danno dei radicali liberi. Inoltre il fumo riduce il livelli di acido ascorbico (vitamina C), potenziando i suoi effet­ti dannosi.

Salute dei denti e alimentazione In particolare in riferimento alla patologia periodontale, gli obiettivi terapeutici dal punto di vista nutrizionale sono: ridurre il tempo di gua­rigione delle ferite; migliorare l'integrità del collagene; diminuire il danno dell'infiammazione e dei radicali liberi; migliorare lo stato immu­nitario. A questo scopo sono ritenute di particolare importanza le vita­mine C, A, ed E, i flavonoidi, l'acido folico, il selenio e lo zinco. L'importanza della vitamina C per la salute del cavo orale è da tempo

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dimostrata, basti pensare che un sintomo importante dello scorbuto, la malattia da carenza di questa vitamina, è la gengivite. Infatti, un defi­cit di vitamina C si associa ad una difettosa formazione e ad un altera­to mantenimento del collagene della sostanza basale e del cemento intercellulare; gli effetti del deficit sull'osso comprendono il ritardo o l'interruzione della formazione di tessuto osteoide, l'alterata attività degli osteoclasti e l'osteoporosi. Deficit subclinici di vitamina C svolgo­no un ruolo significativo nella patologia periodontale attraverso questi effetti e il loro ruolo nel ritardare la guarigione delle ferite. . Inoltre il deficit di vitamina C è associato ad un'aumentata permeabilità della mucosa orale alle endotossine e ai prodotti batterici, come ad un'alterata funzione dei globuli bianchi. Infine la vitamina C possiede proprietà antiossidanti e antinfiammatorie e diminuisce il tempo di guarigione delle ferite. La vitamina A è necessaria per la sintesi di collagene, per il manteni­mento dell'integrità delle superfici epiteliali e delle mucose, per il miglioramento delle funzioni immunitarie. In particolare può essere utile il betacarotene anche per le sue proprietà antiossidanti. Un deficit di vitamina A è associato a formazione di tasche periodontali, calcoli gengivali, aumentata suscettibilità alle infezioni, anomala formazione dell'osso alveolare, alterazioni della mucosa gengivale.

Selenio e vitamina E La vitamina E ed il selenio agiscono sinergicamente con attività antios­sidante. La vitamina E è particolarmente importante se sono presenti otturazioni in amalgama d'argento. Inoltre l'effetto antiossidante è fondamentale per impedire la patologia periodontale dal momento che i radicali liberi danneggiano seriamente i proteoglicani e i glicosamino-glicani gengivali. I flavonoidi sono importantissimi per la salute del cavo orale in quanto agiscono sul collagene in vari modi: diminuiscono la permeabilità di membrana e l'infiammazione; inoltre, grazie all'azione antiossidante prevengono i danni da radicali liberi. Anche l'acido folico ha la sua importanza, in particolare è stato dimostrato che un suo deficit, in seguito a influenze ormonali da gravidanza o da utilizzo di contraccet­tivi orali, può portare a gengivite fino a periodontiti di un certo rilievo. Le funzioni dello zinco sono sinergiche a quelle della vitamina A in molti processi metabolici, in particolare sul periodonto sono molteplici: atti­vità antiossidante; inibizione della crescita della placca; azione antin­fiammatoria; miglioramento dell'attività immunitaria; partecipazione in

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almeno quaranta enzimi compresi quelli per la sintesi del collagene; riduzione del tempo di guarigione delle ferite.

Frutta e verdura cruda Data l'importanza di questi nutrienti un buon apporto di verdura, in buona parte cruda, e frutta è indispensabile nella dieta quotidiana per salvaguardare la salute del cavo orale. Di grande utilità sono gli agrumi e il ribes nero per l'elevato contenuto di vitamina C. Per mantenere in buone condizioni i denti è inoltre utile la masticazio­ne di alimenti duri, la frutta secca ha anche questo pregio, oltre a con­tenere proteine, oli, vitamine e oligoelementi, in particolare calcio. I semi oleosi invece sono da consumare per la presenza di oli insaturi e zinco; mentre il fluoro è contenuto particolarmente nel pane di segale, nei pistacchi e nell'uva. Anche il pesce presenta valori interessanti di fluoro e fosforo. Infine i mirtilli freschi, o il loro succo concentrato; forniscono un ottimo apporto di flavonoidi. Come bevanda si consiglia il tè verde. Un'ultima considerazione: un'alimentazione a base di alimenti ricchi di fibre (cereali integrali, legumi, semi oleosi, frutta e verdura), oltre ad assicurare un elevato apporto di principi nutritivi di elevato valore bio­logico svolge anche un effetto preventivo, in quanto stimola la secre­zione salivare che ha un'azione detergente e protettiva sulla mucosa del cavo orale. In definitiva, con opportune scelte alimentari è possibile non solo salva­guardare la salute dei denti e del cavo orale, ma anche prevenire, o quanto meno ridurre la diffusione delle principali patologie.

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situazione esterna (depressione reattiva), come una forma di nevrosi (nevrosi depressiva, che è una forma cronica) o come una psicosi.

Uni- o bipolare Spesso la depressione è preceduta da un lungo periodo di nervosismo ed ansia, che sfocia poi in un quadro depressivo. La definizione ufficia­le di depressione, secondo il Diagnostic and Statistica! Manual of Meritai Disorders, è basata su otto criteri primari: • inappetenza con perdita di peso oppure aumento dell'appetito e

incremento ponderale • insonnia o ipersonnia • inattività o iperattività fisica • perdita di interesse o piacere per le attività usuali • perdita del desiderio sessuale • scarsa stima di sé, sensi di colpa immotivati • diminuita capacità di pensare o di concentrazione • pensieri ricorrenti di morte o suicidio. La presenza, almeno da un mese, di cinque di questi otto criteri, deter­mina la diagnosi di depressione. Da una parte c'è la depressione mag­giore o "unipolare" che si tratta di un disturbo depressivo episodico. Dall'altra c'è la depressione "bipolare" (maniaco-depressiva), caratteriz­zata •dall'alternarsi di periodi di depressione maggiore alternati a perio­di di elevazione eccessiva del tono dell'umore.

Le cause La psichiatria moderna dà una maggiore importanza, nella terapia della depressione, al controllo degli squilibri dei neurotrasmettitori, piuttosto che all'individuazione dei fattori psicologici che sono la causa dell'in­sorgenza di squilibri tra serotonina, dopamina, GABA e altri neurotra­smettitori. D'altra parte, la depressione spesso può essere legata a fattori patolo­gici, come: diabete, patologie cardiache, patologie polmonari, flogosi cronica, dolore cronico, cancro, epatopatie, sclerosi multipla; all'assun­zione di farmaci (antipertensivi, antinfiammatori, contraccettivi, anti­staminici, corticosteroidi, tranquillanti e sedativi) oppure a sindrome premestruale, stress, ridotta funzionalità surrenalica, metalli pesanti, allergie alimentari, ipotiroidismo, ipoglicemia, carenze nutrizionali, disturbi del sonno. È fondamentale quindi constatare se nella genesi della malattia sono coinvolte cause nutrizionali, ambientali, sociali e psicologiche. Nel trat-

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tamento della depressione, infatti, sono molto importanti una dieta e uno stile di vita che promuova la salute. In primo luogo, attenzione a fumo, alcool e caffè. Il fumo di sigaretta è un fattore importante nella genesi della depres­sione, agendo sulla stimolazione della produzione di ormoni surrenali-ci, tra cui il cortisolo. L'elevato livello di cortisolo è una caratteristica ben nota della depressione: l'effetto chiave del cortisolo e dello stress sul tono dell'umore, si esplica attraverso l'attivazione dell'enzima triptofa-no-ossigenasi, che comporta una riduzione della quantità di triptofano presente a livello cerebrale. Dal momento che il livello di serotonina nel cervello è dipendente dalla quantità di triptofano, il cortisolo riduce drammaticamente i livelli di serotonina e melatonina. Inoltre, il cortiso­lo riduce anche i recettori serotoninergici cerebrali, rendendo il cervello meno sensibile all'azione della serotonina. Il fumo di sigaretta porta anche ad una carenza relativa di vitamina C, utilizzata per eliminare i radicali liberi. Bassi livelli di vitamina C nel sistema nervoso centrale pos­sono comportare depressione. L'alcool è un depressore del sistema nervoso centrale che aumenta il rilascio di ormoni surrenalici, interferisce con molti processi cerebrali e altera i normali cicli del sonno. Inoltre induce l'ipoglicemia che deter­mina un fortissimo desiderio di zuccheri, ma il consumo di zucchero tende ad aggravare ulteriormente l'ipoglicemia che a sua volta peggio­ra i problemi mentali del soggetto. Sebbene la caffeina sia uno stimolante, molti dei suoi effetti si fanno sentire particolarmente sui soggetti che tendono all'ansia e alla depres­sione. Alcuni studi hanno verificato che i consumatori di moderate/alte quantità di caffè generalmente sono più depressi di coloro che ne con­sumano basse quantità. Inoltre, i pazienti depressi ricercano il caffè e tendono a consumarne molto; la combinazione con lo zucchero raffi­nato peggiora ulteriormente la situazione. Anche la carenza di alcuni nutrienti può alterare la funzione cerebrale e condurre a depressione, ansietà e altri disordini mentali. Ciò di cui ci nutriamo può influenzare potentemente le percezioni, le sensazioni, il comportamento. Nei depressi è comune una carenza di un buon nume­ro di nutrienti, soprattutto vitamine. Inoltre, il cervello richiede un apporto costante di zucchero; è importante però evitare l'ipoglicemia, i cui sintomi sono diversi a seconda della gravità, e comprendono depres­sione, ansietà, irritabilità, astenia, cefalea, visione offuscata, eccessiva sudorazione, confusione mentale, comportamento bizzarro, convulsio­ni. Diversi studi hanno mostrato che l'ipoglicemia è molto comune nei

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depressi: in qualche caso semplicemente eliminando gli zuccheri raffina­ti dalla dieta si possono avere miglioramenti o remissioni.

Consigli nutrizionali I consigli nutrizionali per la depressione sono quelli di un'alimentazio­ne sana, costituita da cibi naturali, non conservati, non elaborati: ver­dura, cereali, legumi, semi, frutta, pesce azzurro; è bene evitare caffè ed alcool. In questo modo è assicurato il necessario apporto di vitami­ne e sali minerali. Le fibre poi consentono di mantenere costante il livel­lo di glicemia per più tempo, senza gli sbalzi glicemici che producono gli zuccheri a rapido assorbimento. Tra i nutrienti è particolarmente importante l'acido folico, contenuto nei vegetali a foglia verde. In studi su pazienti depressi, il 31-35% ha mostrato di essere carente in acido folico; negli anziani queste percen­tuali possono essere anche più elevate. A seguire, in ordine di impor­tanza, la vitamina B12, ma la carenza di questa vitamina è molto meno frequente. I livelli di vitamina B6 sono abbastanza bassi nei soggetti depressi, specialmente nelle donne che assumono contraccettivi orali. Le vitamine del gruppo B si trovano nei cereali integrali e nel lievito di birra, anche in quello alimentare a scaglie. Anche una carenza di acidi grassi omega-3 è stata correlata alla depres­sione. Questo potrebbe essere legato al loro ruolo nella composizione delle membrane delle cellule nervose. La carenza di queste sostanze e l'assunzione eccessiva di grassi saturi, in genere di origine animale, porta alla formazione di membrane cellulari molto più rigide del nor­male. Dal momento che una corretta funzione cellulare dipende dalla fluidità di membrana, questo tipo di alterazione a livello cerebrale può indurre alterazioni del comportamento, del tono dell'umore e della capacità mentale. Alcuni studi hanno dimostrato che le proprietà biofi­siche delle cellule cerebrali, tra cui la fluidità di membrana, influenzano direttamente la sintesi e il legame dei neurotrasmettitori, la trasmissio­ne di segnali, l'assorbimento della serotonina come quello di altri neu­rotrasmettitori e l'attività delle monoaminossidasi. Tutte queste funzio­ni sono implicate nella genesi della depressione e in altri disturbi psico­logici. I ricercatori hanno concluso che gli acidi grassi omega-3 sono efficaci nel ridurre il rischio coronarico e nel prevenire l'insorgenza della depressione. Infine, la depressione e l'astenia (stanchezza patologica) sono state cor­relate anche alle allergie alimentari. Dunque può essere importante individuare allergie o intolleranze per particolari alimenti.

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È consigliata l'integrazione di acidi grassi insaturi tramite un cucchiaio al giorno di olio di semi di lino e uno di olio di germe di grano, semi di sesamo e girasole.

Il vuoto energetico Per l'energetica cinese, la depressione è una patologia da vuoto. Normalmente un individuo produce energia tramite il cibo, le bevande, la respirazione, il riposo. Quest'energia viene poi consumata per man­tenersi in vita, lavorare, pensare, creare e ricrearsi, nel senso più ampio. Si parla di "vuoto" quando il bilancio tra le energie in entrata e quelle in uscita è deficitario. In genere, questo accade quando vi è un ecces­so di "consumo". Eccesso che può essere di natura fisica o, come acca­de più spesso, nella nostra società di tipo mentale e psichico. Vi è spes­so una fase di "pieno": tanti eventi stressanti, tanto lavoro, dispiaceri, impegni, responsabilità eccetera, seguito dal "vuoto", che porta con sé i sintomi depressivi. È dunque fondamentale rigenerare l'energia consumata attraverso una sana alimentazione che tonifichi i reni, la nostra "batteria" naturale. Gli alimenti più indicati sono: pesce, legumi, alimenti di colore nero come alghe e fagioli neri, riso nero ecc. e tutto ciò che può "nutrire" il san­gue come: azuki rossi, barbabietola rossa e più in generale gli alimenti ricchi di clorofilla. Per la medicina cinese, la milza "genera il sangue" e si tonifica con cereali integrali, miele e carote. Le verdure verdi e i frut­ti aspri (agrumi) tonificano invece il fegato che ha la funzione di accu­mulare il sangue e far fluire l'energia in tutti gli organi. Un grande aiuto può venire dall'esercizio fisico (almeno trenta minuti per tre volte alla settimana) e dalle tecniche di rilassamento (meditazio­ne, visualizzazione creativa ecc.), così come efficaci sono le terapie con il colore, grazie alle quali si possono manifestare i sentimenti repressi: bastano un foglio di carta, un pennello e dei colori a tempera per lasciar uscire "quel pieno che continuamente ricrea il vuoto". Molti soggetti sono predisposti alla depressione per costituzione ed ereditarietà, altri invece si ammalano perché abusano delle proprie energie. Prevenire la depressione è in entrambi i casi possibile con un buon stile di vita. Per chi è già ammalato, ristabilire gradualmente delle sane abitudini può contribuire notevolmente alla guarigione.

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Alimenti Si Agrumi Lievito di birra Alghe Miele Azuki rossi Olio di germe di grano Barbabietola rossa Olio di semi di lino Carote Pesce azzurro Cereali integrali Riso nero Fagioli neri Semi di girasole Frutta Semi di sesamo Legumi Verdura a foglia verde

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Alimenti No Alcool Grassi animali Caffè Zucchero

DIABETE

Il diabete, forse più di qualsiasi altra malattia, è strettamente associato alla cultura e all'alimentazione occidentale, prova n'è la sua completa assenza tra le popolazioni caratterizzate da una dieta a base di alimen­ti naturali e cibi non trattati. Man mano che dai cibi naturali si passa a un'alimentazione a base di alimenti trattati e d'origine industriale, il tasso di diabete aumenta, fino a fare registrare, come accade nei paesi cosiddetti "sviluppati", un incremento annuo pari al 6%. In pratica, ogni quindici anni il numero totale dei diabetici raddoppia. Dal punto di vista medico, il diabete si può definire uno squilibrio cro­nico del metabolismo dei carboidrati (zuccheri), che di conseguenza va poi ad alterare anche il processo di assimilazione dei lipidi (grassi) e delle proteine.

Gli zuccheri nel corpo Quello degli zuccheri è un processo di assimilazione assai sofisticato (la cosiddetta omeostasi glucidica) che consente all'organismo di fornire la quantità di glucosio sufficiente per il buon funzionamento del tessuto nervoso, questo in qualsiasi condizione, anche per esempio durante un prolungato digiuno. Lo stesso meccanismo consente di immagazzinare gli zuccheri assunti in eccedenza con il cibo, impedendo un eccessivo aumento della glicemia (zucchero nel sangue) che potrebbe essere nociva per la salute. In una notte di digiuno, per esempio, il glucosio presente nel sangue viene utilizzato per la maggior parte dal cervello che ne è il più grande consumatore. In queste condizioni, il fegato rilascia glucosio dalle riser­ve e questo è per lo più ossidato dal cervello che lo utilizza come fonte di energia per tutti i suoi processi. Anche il pancreas svolge un ruolo fondamentale nel metabolismo dello zucchero, attraverso due ormoni:

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insulina e glucagone che regolano la produzione di zucchero (glucosio) da parte del fegato a partire dalle riserve accumulate dall'organismo.

Insulina e glucagone Il ruolo dell'insulina è quello di facilitare la penetrazione del glucosio all'interno delle cellule, dove viene utilizzato come fonte di energia. Inoltre inibisce la formazione di glucosio, riduce il rilascio di glucosio da parte del fegato, consente agli aminoacidi derivati dalle proteine di entrare all'interno dei muscoli e agli zuccheri e agli acidi grassi di pene­trare nelle cellule del tessuto adiposo per essere immagazzinate come riserve di grasso, previene la scissione dei grassi e delle proteine nei loro componenti elementari. In parole povere, l'insulina permette l'imma­gazzinamento delle sostanze nutrienti nei diversi organi1.

La carenza d'insulina Quando nell'organismo vi è una carenza d'insulina, il fegato scinde le riserve di zuccheri (glicogeno) in glucosio che va quindi ad aumentare il livello della glicemia del sangue. Si manifesta così il diabete, definito genericamente come "un'alterazione metabolica dipendente da una diminuzione dell'attività dell'insulina dovuta a ridotta disponibilità della stessa, o ad un impedimento della sua normale azione". La mancanza di insulina determina due alterazioni fondamentali: la diminuzione del­l'assunzione di glucosio da parte di molti tessuti e anche una sua minor utilizzazione, e l'aumento della liberazione in circolo di glucosio da parte del fegato. In poche parole le cellule contengono poco glucosio anche se sono immerse in un liquido che ne è ricco; muoiono di fame perché non possono nutrirsi del cibo che necessitano e di cui sono cir­condate. Caratteristica tipica del diabete, infatti, è l'iperglicemia (elevato tenore di zucchero nel sangue) alla quale, col passare del tempo, si associano alterazioni a livello circolatorio (a carico dei reni e della retina) e del sistema nervoso (danni di tipo motorio e sensitivo, ma spesso anche con disturbi sessuali e intestinali). Inoltre i diabetici sviluppano facilmente ulcere agli arti inferiori che cica­trizzano con difficoltà a causa dei danni vascolari e del sistema nervo­so periferico.

1. Accanto e in equilibrio col sistema insulina-glucagone, esiste poi il sistema rappre­sentato da ipofisi e surrene, che interviene costantemente in tutte le situazioni di stress e tende a far aumentare nel sangue il livello di glucosio a disposizione delle cellule. Gli ormoni che intervengono sono il Gh, l'Acth, il cortisolo e le catecolamine (adrenalina).

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Glicemia e diabete Generalmente si parla di glicemia normale, quando a digiuno i valori della glicemia sono compresi tra 75 e 105 mg/dl, di diabete quando la glicemia a digiuno è uguale o maggiore a 140. Quando la glicemia supera il valore di 160-180 mg/dl, il glucosio non riassorbito comincia a comparire nelle urine (glicosuria) e non essendo assorbito a livello renale, richiama acqua provocando l'emissione di molta urina e perdita di sali, con conseguente disidratazione e aumen­to della sete. Non potendo utilizzare il glucosio, vi è un aumento dello stimolo della fame e questo fa accrescere ulteriormente la glicemia e la glicosuria, creando così un circolo vizioso. In queste condizioni, la produzione calorica avviene attraverso la sola demolizione di riserve energetiche (grassi e proteine dei tessuti) con conseguente perdita di peso. A loro volta, la demolizione dei grassi causa la formazione di corpi chetonici (particolari sostanze che si accu­mulano nel sangue) originando la chetoacidosi diabetica che può por­tare al coma.

La diagnosi Oggi per diagnosticare il diabete si utilizza il test della curva di carico di glucosio per via orale: si somministra una quantità di glucosio piutto­sto elevata per bocca e in tempi successivi, 2-3 ore, si determina la gli­cemia. Nel soggetto sano l'iperglicemia da carico è modesta e torna normale in circa due ore, nel diabetico è molto maggiore e resta eleva­ta per lungo tempo. Il diabete si dice primario, quando si verifica indipendentemente da altre malattie o dall'assunzione di farmaci. Può essere della forma insu-lino-dipendente (tipo I) e della forma non insulino-dipendente (tipo II). E sono solo i soggetti con diabete insulino-dipendente che in carenza di insulina hanno tendenza a sviluppare chetoacidosi.

Diabete tipo I Nel diabete di tipo I si ha una riduzione assoluta della produzione di insulina. Esiste una predisposizione genetica, infatti, si verifica prevalen­temente in giovane età o addirittura nell'infanzia in soggetti costituzio­nalmente magri. La sua insorgenza sembra sia causata dalla presenza di anticorpi che distruggono le cellule del pancreas deputate alla pro­duzione di insulina. In questi casi si registra un'iperglicemia (livelli ele­vati di glucosio nel sangue) a digiuno e soprattutto dopo i pasti, una

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rilevante presenza di glucosio nelle urine. I sintomi più comuni sono: aumento della quantità di urine emesse nelle ventiquattro ore, incremento della sete e dell'introduzione di liqui­di, aumento dell'appetito e dell'assunzione di alimenti che non si accompagna ad accrescimento di peso ma a dimagrimento. In alcuni casi i primi sintomi sono quelli tipici della chetoacidosi (nau­sea, vomito, talora dolori addominali, fame d'aria, respiro con odore di acetone o frutta, secchezza delle mucose fino allo stato confusionale). Spesso si manifesta dopo un intervento chirurgico o un'infezione, quin­di situazioni di forte stress.

Diabete di tipo II II diabete di tipo II interessa il 90% dei casi e si verifica prevalentemen­te nell'età matura (frequentemente in soggetti in sovrappeso), c'è un'alterata tolleranza al glucosio per una predisposizione genetica e non si giunge mai alla chetoacidosi. Questo tipo di diabete viene spesso diagnosticato casualmente nel corso di esami di laboratorio eseguiti per altri motivi in soggetti appa­rentemente privi di sintomi. In effetti, questo tipo di disturbo si instau­ra molto lentamente e occorre molto tempo prima che i sintomi si ren­dano manifesti. In molti casi il diabete resta lieve e i sintomi non si manifestano mai.

Curarsi con l'alimentazione Per curare il diabete è fondamentale la terapia dietetica. Una dieta ricca di fibre e carboidrati complessi, povera di grassi e prodotti animali spes­so ha più successo dei farmaci o di vecchi schemi dietetici raccomandati in passato e basati sull'assunzione di pochi carboidrati e tante proteine. L'alimentazione più adatta al diabetico deve quindi prevedere un apporto calorico così articolato: per il 70-75% da carboidrati comples­si (essenzialmente cereali integrali); per il 15-20% da proteine (di pre­ferenza leguminose o comunque proteine di origine vegetale quali soia o glutine); per il restante 5-10% da grassi vegetali. Fondamentale è l'apporto di fibra grezza, contenuta nei cereali integrali, ma anche nei legumi, nella frutta e nella verdura. Numerosi studi hanno dimostrato che una dieta così articolata è in grado di permettere l'interruzione della somministrazione di insulina in circa il 60% dei pazienti sofferenti di diabete di tipo II e di ridurne le dosi in modo significativo nel restante 40%. Di grande importanza è anche il controllo del peso corporeo e l'eserci-

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zio fisico. In particolare, il peso corporeo è un indice molto importante nel controllo della glicemia. Anche in condizioni normali, gli obesi fanno registrare un'insensibilità all'insulina nei tessuti del grasso e del muscolo, e si pensa che proprio la graduale insensibilità all'insulina sia all'origine del diabete di tipo II. In questi casi, il graduale dimagrimen­to può correggere l'anomalia. Per quanto riguarda l'attività fisica è opportuno un programma di eser­cizi che innalzino le pulsazioni ad almeno il 60% della frequenza mas­simo 2 o 3 volte la settimana, almeno per mezz'ora. Ottimi risultati sono stati ottenuti con il nuoto.

Alimenti consigliati Tra gli alimenti particolarmente benefici per il diabetico ricordiamo i cereali integrali in chicchi, in particolare riso, miglio e grano saraceno. Tra le verdure sono particolarmente indicate: zucca, cipolle, aglio, caro­te, rape, porri, cavolfiori, verza, carciofi, topinambur. Aglio: per le sorprendenti proprietà medicinali è particolarmente adat­to ai soggetti con colesterolo alto, malattie cardiocircolatorie, diabete, ipertensione. Carciofi: nei carciofi la maggior parte dei carboidrati è presente sotto forma di inulina, un amido che l'organismo metabolizza in modo diver­so dagli altri zuccheri. Questo rende il carciofo molto salutare per i dia­betici in quanto l'inulina migliora il controllo dello zucchero ematico, i carciofi però devono essere freschi. Cipolla: in grado di abbassare lo zucchero ematico la cipolla contie­ne un principio attivo, l'allil-propil-disolfuro (APDS), responsabile di questo effetto anti-zucchero. L'APDS concretamente allunga la vita dell'insulina. Topinambur: una delle fonti più abbondanti di inulina. Oltre a tenere bassa la glicemia, il topinambur stimola a livello intestinale i bifidobat-teri essenziali per mantenere l'equilibrio della flora intestinale, perché inibiscono la crescita di molti batteri nocivi, per le loro proprietà antitu­morali, inoltre riducono il colesterolo e forniscono una certa quantità di vitamine del gruppo B. Legumi: nella famiglia delle Leguminose vanno segnate le lenticchie, i fagioli e in particolare gli azuki, tutti alimenti molto utilizzati nella cuci­na macrobiotica. Gli effetti positivi dei legumi sono dovuti soprattutto ai loro componenti fibrosi idrosolubili e gelificanti, effetti molto simili a quelli della gomma di guar e della pectina per la loro azione di control­lo dello zucchero ematico.

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Mirtilli: sono particolarmente degni di nota in quanto, oltre a contene­re cromo, sono degli ottimi antiossidanti. Il succo di mirtillo spremuto a freddo oltre che a ridurre la glicemia è ottimo per tutti i problemi di circolazione ed in particolare ha un'azione benefica sui capillari dei glo-meruli renali. Semi oleosi: in particolare i semi di sesamo e zucca. Altri alimenti: sono anche consigliate una piccola quantità di alghe ed eventualmente un po' di pesce.

Alimenti da evitare Alimenti decisamente da evitare sono i cereali raffinati (e i prodotti deri­vati), latte e derivati, zuccheri semplici, alcoolici e caffè che attraverso la produzione di adrenalina favoriscono l'aumento della glicemia, poi occorre fare attenzione a non eccedere con la frutta, a parte i mirtilli, le arance e le mele.

Alimenti Sì Aglio Mirtilli Alghe Pesce Arance Porri Azuki ' Rape Carciofi Riso Carote Seitan Cavolfiori Semi di sesamo Cereali integrali Semi di zucca Cipolle Soia Grano saraceno Topinambur Legumi Verza Mele Zucca Miglio

Alimenti No Alcoolici Frutta (eccessiva) Caffè Latte e derivati Cereali raffinati e prodotti derivati Zuccheri semplici

DISINTOSSICAZIONE ESTIVA

Specie d'estate si ha un'ottima occasione per fermarsi e guardare la nostra vita, le vecchie abitudini, il modo come ci alimentiamo, le cose di tutti i giorni e per portare una ventata di novità e di nuove possibi­lità per una rigenerazione fisica, emotiva e perché no? ... spirituale. Arriva la pausa delle ferie, la tanto attesa vacanza, si rallenta il turbinio degli impegni e finalmente diventa possibile riscoprire il proprio ritmo personale, quello che ognuno di noi ha da sempre, in qualche angolo di sé, ma che spesso viene tradito nella corsa quotidiana fatta di fretta ed efficienza. Arriva la pausa, accompagnata dal sole, dalla possibilità di stare all'a­perto, più tempo per stare con la famiglia, con gli amici, con le perso­ne che si amano. Arriva il tempo in cui è possibile ascoltare meglio il corpo e lo spirito per dedicare a se stessi un po' delle proprie energie. È un momento incredibilmente favorevole anche per rinnovare la dieta, depurare l'organismo, rimettersi in forma. Calma interiore, salute fisica, serenità spirituale sono tre ingredienti straordinari, le fondamenta di un reale benessere che poi può essere mantenuto lungo tutto l'anno, anche nei momenti più impegnativi e difficili. È come ricaricare le batterie e mettersi in forma per il lungo viaggio che poi ci attenderà per un intero anno lavorativo. Alimentazione corretta, pace e gioia, sono le migliori medicine. Il corpo e la psiche hanno una straordinaria capacità di autoguarigione: basta metterli nelle condizioni di farlo. Quando questo accade, la malattia non ha più ragione d'essere; nel momento in cui si trovano gli spazi personali per ascoltare se stessi il corpo non ha più bisogno di urlare, attraverso la malattia, il suo messaggio. L'alimentazione è un grandissimo aiuto per la rigenerazione ed il riequili­brio generale, e l'estate in questo ci è amica per l'abbondanza di frutti e

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ortaggi che offre, trattandosi di alimenti utilissimi per purificare l'organi­smo e il connettivo, il tessuto che più degli altri raccoglie le tossine.

Il ruolo del connettivo L'organismo è costituito da settantacinque trilioni di cellule connesse tra loro da un tessuto chiamato connettivo che svolge un ruolo fonda­mentale nel mantenimento dell'equilibrio interno. Non solo connette e in qualche modo "tiene insieme" tutte le parti dell'organismo, ma gra­zie ai vasi, ai nervi e alle cellule spazzine e di difesa che contiene, forni­sce preziosi nutrienti. Inoltre, è anche il luogo in cui le cellule espellono tutte le scorie del metabolismo che poi vengono eliminate grazie al sistema linfatico e alle cellule di difesa. Quando il sistema cellulare di difesa e di "ripulitura" è sovraccarico o rallentato, il connettivo diventa un vero e proprio teatro di patologie infiammatorie e degenerative: si alterano gli scambi nutrizionali, le cel­lule sono poco nutrite e scarsamente ossigenate e si trovano immerse in un ambiente intossicato. L'infiammazione a questo punto assume il significato di un'intensa rea­zione biologica mirata all'eliminazione delle tossine, fenomeno che tende a sviluppare nel focolaio dell'infiammazione un maggior tasso di acidità e quindi una diminuzione del pH. Uno dei primi risultati dell'infiammazione è l'isolamento dei tessuti cir­costanti la zona più intossicata, in modo da ritardare la diffusione di eventuali batteri e sostanze tossiche. L'intensità del processo infiamma­torio di solito è proporzionale all'entità del danno arrecato al tessuto dalle tossine. Un'alimentazione eccessiva e squilibrata, così come un elevato stress nervoso sono condizioni predisponenti l'intossicazione che a sua volta genera processi infiammatori che non sono altro che tentativi del corpo di purificarsi. Quando il corpo non riesce in questo intento perché magari si è bloccato il processo con un farmaco antin­fiammatorio, o perché il carico tossinico è eccessivo, le tossine si accu­mulano e migrano in tessuti più profondi con il rischio di provocare malattie degenerative. In questi casi, occorre aiutare il processo di auto­guarigione dell'organismo con rimedi naturali ed alimenti in grado di favorire la disintossicazione ed il drenaggio a livello linfatico, intestina­le, renale ed epatico. A questo scopo risultano di grande giovamento anche la vita all'aria aperta e l'attività fisica. Quando il mezzo interno è in salute, le cellule, gli organi, i sistemi e gli apparati, l'intero organismo, l'intera persona vive una condizione di benessere e salute.

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Attenzione all'acido Per comprendere meglio l'interazione tra salute e alimentazione è bene ricordare che i fluidi interni richiedono un ambiente alcalino, mentre il metabolismo cellulare produce in continuazione sostanze acide che necessitano quindi di essere eliminate. Alcuni cibi, in particolare la carne e le proteine d'origine animale in generale, aumentano il carico acido dell'organismo. Per alcune persone è importante anche porre attenzione ad un'alimentazione eccessivamente ricca di carboidrati, soprattutto se in forma di farine, graminacee, alimenti raffinati e pro­cessati in genere, in quanto anch'essi rilasciano, una volta metabolizza­ti all'interno del corpo umano, un residuo acido. È stato già detto che il metabolismo cellulare genera normalmente come residuo sostanze acide, ma esiste una netta differenza tra gli acidi così prodotti e quelli che si originano da una dieta eccessivamente ricca di alimenti che rilasciano ceneri acide. Nel primo caso l'acido fisiologi­co è più debole e non richiede di essere metabolizzato da minerali vita­li prima di essere espulso dall'organismo. Questi minerali vitali sono particolarmente contenuti in ortaggi, legumi e frutta. Le ceneri lasciate dalla maggior parte della frutta (gli stessi agrumi producono acidi deboli che sono facilmente eliminabili) e verdura non sono acide, anzi contengono minerali alcalinizzanti. Lo stesso limone che a prima vista si considererebbe acido, è invece molto indicato per corregge l'acidosi, in quanto è molto ricco di acido citrico che viene rapidamente metabo­lizzato, attraverso la mucosa dei bronchi, sotto forma di acido carboni­co. E quindi quello che rimane nell'organismo sono i sali minerali che svolgono un'azione alcalinizzante. Oltre all'alimentazione vi sono altri fattori che possono alterare l'equi­libro chimico dell'organismo come l'inquinamento ambientale, il fumo, i conservanti e i coloranti presenti in numerosi alimenti, gli antiparassi­tari. Tutti questi fattori costituiscono veri e propri veleni che aumenta­no la produzione di radicali liberi nell'organismo, causano un precoce invecchiamento e facilitano l'insorgere di malattie. Di segno opposto è l'effetto di frutta e verdura, offerti in abbondanza dalla natura nella sta­gione estiva, che invece svolgono un effetto altamente depurativo, rivi­talizzante, rigenerante e alcalinizzante.

Quant'è acida la tua urina? A questo proposito, può essere interessante, per conoscersi meglio, provare a valutare il pH delle proprie urine. Un test che si può fare da

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soli utilizzando una semplice cartina tornasole, in vendita in farmacia. Si inumidisce la cartina con una goccia di urina prelevata al mattino, dopo l'eliminazione del primo getto urinario. Il colore assunto dalla car­tina tornasole indica il valore del pH e quindi il grado di acidità dell'u­rina. Il giallo corrisponde ad un valore acido (pH 5 o anche inferiore); il verde indica un ambiente neutro (pH circa 7); quando la cartina torna­sole vira verso il blu è segno che l'ambiente interno dell'organismo è alcalino (pH 8 o 9). Generalmente, un individuo sano, con un'alimentazione equilibrata, che assume quindi una giusta quantità di verdure e frutta e non ecce­de nei cibi proteici, presenta l'urina con un pH di circa 7-7,5. La misu­razione del pH delle urine consente quindi di valutare se nell'organismo è presente una sufficiente riserva di minerali alcalini in grado di neutra­lizzare gli acidi forti contenuti negli alimenti proteici e raffinati; mentre i sali minerali che contribuiscono ad alimentare la riserva alcalina sono sodio, calcio, magnesio, ferro e potassio. In definitiva, controllare il pH delle urine migliora la consapevolezza del proprio corpo e può essere un modo efficace per motivarsi ad un'ali­mentazione sana.

Una dieta per l'estate La dieta estiva suggerisce di ridurre il più possibile gli alimenti d'origine animale, abbondare in verdura e frutta, assumere piccole porzioni di cereali integrali, aggiungere sempre semi oleosi come quelli di sesamo, girasole, lino e zucca; mentre il consumo di mandorle e frutta secca, in generale, va ridotto. L'ideale sarebbe consumare di prima mattina una ricca colazione a base di frutta. Volendo, si può aggiungere dello yogurt, meglio se di soia, per non introdurre in eccesso latticini a cui, tra l'altro, una larga fetta della popolazione è intollerante. Lo yogurt di soia si può acquistare già pronto per l'uso o preparare in casa. È sufficiente disporre di una yogurtiera (per mantenere una temperatura costante) e aggiungere al latte di soia i fermenti specifici. Si possono aggiungere anche un cuc­chiaino di un cereale integrale e biologico macinato di fresco (basta disporre di un macinino da caffè), un cucchiaino o due di semi macina­ti, il succo di mezzo limone e un cucchiaino o due di olio di lino o di germe di grano o di semi di girasole spremuto a freddo. In questo caso la colazione è molto sostanziosa e permette di arrivare all'ora del pran­zo senza bisogno di spuntini intermedi. Per gli altri due pasti è consigliabile preferire una buona quantità di ver-

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dure. Si possono preparare delle splendide insalate miste da consuma­re come pasto unico, con l'aggiunta di germogli, semi, mandorle, lievi­to di birra in scaglie, o piccole quantità di mais, o pesce (sgombro, tonno, gamberetti per esempio). Se non sono abbastanza ricche per sostituire un pasto completo, le insalate possono essere seguite da un piatto a base di una piccola quantità di cereale (riso, pasta, quinoa, miglio, farro ecc.) oppure pos­sono accompagnare una piccola quantità di legumi, meglio se freschi, o altre proteine vegetali come derivati della soia: tofu o tempeh, seitan o, più raramente pesce, uova o carni bianche. È importante introdurre quotidianamente una buona quantità di verdu­re a foglia verde, e non dimenticarsi di carote, sedano, zucchine, fagio­lini. Il cereale o le proteine, da dividere in pasti diversi, si accompagna­no bene a verdure scottate, saltate in padella o cotte alla piastra. Vanno molto bene anche le zuppe (da consumare tiepide), i passati e le creme di verdura a cui si può aggiungere un filo di panna vegetale. Molto con­sigliati per arricchire la dieta estiva sono anche i centrifugati di frutta e ortaggi per la loro preziosa azione antiossidante.

Alimenti Sì Carote Ortaggi (in particolare fagiolini, insalata, Centrifugati di ortaggi e frutta mais, sedano, verdure a foglia verde, Cereali integrali (pochi e in particolare: zucchine) riso, pasta, miglio, quinoa, farro) Seitan Frutta (melone) Semi di girasole, lino, sesamo, zucca Gamberetti Sgombro Germogli Tempeh Legumi Tofu Lievito di birra Tonno Limone Uova Olio di germe di grano Yogurt (meglio di soia)

Alimenti No Alimenti raffinati Frutta secca (eccessiva) Carne rossa Graminacee (eccessive) Cibi con additivi alimentari Latticini Farine (eccessive) Proteine d'origine animale (eccessive)

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Viva i centrifugati

I centrifugati di frutta e ortaggi dovrebbero essere consumati quotidianamente durante i mesi estivi, in quanto costituiscono una riserva preziosa per l'organi­smo di vitamine e sali minerali caratterizzati da una spiccata azione antiossidan­te, il cui effetto è decisamente più efficace di compresse e pasticche. Per i bimbi i centrifugati si possono dolcificare con un cucchiaino di malto di riso o succo di mela.

Particolarmente consigliati sono i centrifugati di carote (a cui si può aggiungere mele o sedano) ottimi consumati prima dei pasti, diminuiscono il senso di fame, sono disintossicanti e riducono l'eccesso di peso. Infine, stimolano l'abbrozzan-tura e contribuiscono alla protezione della pelle, grazie al contenuto in betaca-rotene. Un chilogrammo di carote centrifugate produce circa 250 ce di succo puro che va consumato subito dopo la preparazione. È scontato ricordare che le carote, così come tutti i vegetali utilizzati nella preparazione dei centrifugati, devono essere biologiche, perché così come concentra i principi nutritivi, la centrifugazione concentra anche i pesticidi eventualmente presenti nella frutta o negli ortaggi.

Si possono preparare i centrifugati più vari con le verdure e la frutta che la natu­ra ci mette a disposizione nella stagione estiva, basta un po' di fantasia e la voglia di sperimentare. Un altro buon abbinamento sono spinaci e pere, alle verdure si possono abbinare i germogli di crescione e alfa alfa, la mela può aiutare a dol­cificare oltre a fornire benefici per le sue innumerevoli proprietà.

ECZEMI E DERMATITI

L'eczema è la più comune delle malattie della pelle. Rappresenta una particolare reazione infiammatoria della cute rispetto a vari fattori inter­ni ed esterni e comprende numerose alterazioni, le più comuni delle quali sono la dermatite da contatto, la dermatite atopica e la dermati­te seborroica. La dermatite da contatto è una malattia professionale scatenata da sostanze specifiche, tipica di fotografi, parrucchieri, estetiste, vernicia­tori, muratori, pulitori, personale sanitario e altri lavoratori che si trova­no a maneggiare prodotti chimici particolarmente aggressivi. Si ricono­sce per una prima fase di sensibilizzazione, a cui segue la reazione cuta­nea in seguito al ripetersi del contatto con la sostanza responsabile della dermatite. Inizialmente la malattia si localizza nella zona della cute dove è avvenu­to il contatto per poi svilupparsi in diverse fasi: inizia con un arrossa­mento cutaneo (fase eritematosa), poi sulle chiazze compaiono delle vescicole, quindi, per rottura delle vescicole, vi è fuoriuscita dell'essuda­to sieroso, l'essudato si rapprende in croste ed infine, quando la lesio­ne si avvia verso la guarigione, vi è un processo di cheratinizzazione con la formazione di squame. Se il processo si cronicizza per il persistere del contatto con la sostanza, la cute si ispessisce e in seguito può estender­si in altre parti della pelle, anche lontane dalla primitiva localizzazione.

Dermatiti e allergie La dermatite atopica è una forma cronica di tipo allergico che produce risposte abnormi rispetto a normali stimoli ambientali. Si associa spes­so alla rinite e all'asma. Le lesioni sono più frequentemente localizzate sul viso, in prossimità delle pieghe di polsi, gomiti e ginocchia. Può manifestarsi a qualsiasi età, è molto comune nei bambini e in metà dei

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casi sparisce entro i 18 mesi di età. La dermatite seborroica è caratterizzata da un'alterazione della compo­sizione del sebo che risulta più ricco di colesterolo, trigliceridi e paraffi­ne. Nel lattante è anche detta crosta lattea e colpisce il cuoio capellu­to; si manifesta con un arrossamento e chiazze grasse, squamose, gial­lastre, talora si forma una spessa calotta che ricopre il capo. In ogni caso, vi è assenza di prurito. L'eczema, in particolare la forma allergica, colpisce dal 2,4 al 7% della popolazione. In due terzi dei soggetti interessati si ha un'anamnesi fami­liare positiva e sono moltissimi i casi di miglioramento in seguito a cam­biamenti nell'alimentazione. Molti studi hanno documentato il ruolo fondamentale delle allergie alimentari in questi disturbi, così come l'al­lattamento al seno è risultato fondamentale per la prevenzione. E quando l'eczema compare, nonostante l'allattamento al seno, è per­ché c'è stato un passaggio di allergeni attraverso il latte materno. In questi casi occorre richiedere alle madri di evitare di consumare gli ali­menti a cui sono allergiche. Spesso i responsabili dell'allergia sono latte e derivati, uova, arachidi e in misura minore cioccolato, frumento e agrumi. Nella maggior parte dei casi, eliminando le cause dell'allergia la guarigione è completa. In uno studio questi tre cibi erano alla base dell'81% dei casi di ecze­ma, mentre un altro 60% dei bambini con grave dermatite atopica aveva un test alimentare positivo per uova, latte di mucca, arachidi, fru­mento, pesce e soia. Teoricamente qualsiasi cibo può essere causa di allergia per cui è bene verificare quale sia l'alimento che disturba attraverso test allergologici o kinesiologici oppure una dieta di eliminazione. Una semplice elimina­zione di latte e derivati, uova, arachidi, pomodori, coloranti artificiali e conservanti determina una remissione almeno nel 75% dei casi.

Pesce azzurro e mirtilli Nei soggetti che soffrono di dermatite atopica la mucosa intestinale è particolarmente permeabile per cui si ha un maggior carico antigenico sul sistema immunitario che è iperstimolato e questo porta al rischio di sviluppare ulteriori allergie o intolleranze alimentari. Un altro fattore importante sembra essere un'eccessiva proliferazione della Candida albicans (un fungo) nell'intestino. In questi casi, rimedi come l'estratto di semi di pompelmo, in grado di eliminare la candida intestinale, possono migliorare molte forme di eczema. Spesso, i sog­getti che soffrono di eczema sono costituzionalmente più portati a sof-

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frire di un'alterazione del metabolismo degli acidi grassi essenziali e delle prostaglandine, pertanto si consiglia l'assunzione di alimenti ric­chi di omega-3 come l'olio di pesce, o più semplicemente il consumo di pesce azzurro (sgombro, salmone, aringa), o di olio di lino spremu­to a freddo. Altri alimenti curativi sono quelli ricchi in flavonoidi come il mirtillo (in frutti o come succo spremuto a freddo) e il tè verde. Anche lo zinco è un elemento importante nel metabolismo degli acidi grassi essenziali, bassi livelli di questo minerale sono comuni nei soggetti che soffrono di eczema, pertanto si consiglia il consumo di semi oleosi (sesamo, gira­sole, zucca ecc.) che ne sono particolarmente ricchi. Molto utile, in que­sti casi è anche l'integrazione con vitamina E ed A di cui sono molto ric­chi l'olio di germe di grano, la frutta e la verdura di colore arancione.

Evitare latticini e salumi Il fattore di maggior disturbo nell'eczema è il prurito, ma grattarsi è molto nocivo perché determina lesioni e taglietti nella cute che facilita­no l'ingresso di batteri, inoltre aggrava la lichenificazione, cioè la com­parsa di strati cornei e secchi sulla zona. Anche la tensione emotiva può provocare e aggravare il prurito in questi soggetti che in genere presen­tano livelli superiori di ansietà, ostilità e nevrosi rispetto a soggetti di controllo. In Medicina Tradizionale Cinese l'eczema è considerato una patologia da umidità e calore, vi è una componente "vento" e talora un deficit di sangue. Anche se l'eczema è secco alla base vi è uno squilibrio di milza con accumulo di umidità che non riesce a raggiungere la superficie cutanea. Il calore è visibile nel rossore delle lesioni cutanee, nell'infiam­mazione, e il vento nel prurito. Quando prevale il calore le lesioni sono nella parte alta del corpo (il calore va in alto), quando prevale l'umidità il prurito è minore e lesioni sono maggiormente localizzate nella parte bassa del corpo, sotto l'ombelico (l'umidità va in basso). Per quanto riguarda l'alimentazione, sono quindi da evitare i cibi che producono umidità: latticini, frutta succosa (evitare le arance, meglio le mele), eccessive quantità di verdura cruda e farine, è meglio consumare verdure cotte e cereali integrali in chicchi. Contro l'eccesso di calore occorre evitare salumi, cibi stagionati, spezie piccanti, cipolla, aglio, cozze, gamberetti, fritti e cotture alla griglia. Il calore in eccesso si tra­sforma in fuoco che genera il vento che può dare il sintomo del prurito (quando un bosco si incendia, il fuoco scalda l'aria che diventando più leggera si muove e si crea vento), oltre che dal calore il vento può esse-

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re prodotto da vuoto di sangue o da salita dello yang per vuoto di rene. In questi casi è necessario nutrire il sangue tonificando la milza che lo produce grazie alla trasformazione degli alimenti, e il rene che lo gene­ra nutrendo il midollo osseo. Per tonificare la milza e il sangue si con­sigliano cereali integrali in chicchi, il mochi (panetto di riso dolce) e la barbabietola rossa. Il rene può essere tonificato con gomasio, alghe e fagioli azuki cotti con alga kombu. Il calore può derivare da una stasi del Qi di fegato da cause emoziona­li: insoddisfazione, frustrazioni, rabbia repressa e vi può essere un'irri­tabilità ed un'ansietà di base. Per riequilibrare il fegato è bene preferi­re zuppe di miso (pàté a base di un cereale e soia fermentata da aggiungere a fine cottura), tarassaco, verdure a foglie verdi. Inoltre si consiglia di non indossare vestiti ruvidi e di lavarli con saponi delicati risciacquati ripetutamente, di evitare l'esposizione a irritanti chi­mici, che possono provocare irritazione cutanea, e un esercizio fisico eccessivo che comporta sudorazione. Sono invece consigliate passeg­giate nel verde.

Alimenti Sì Alghe Olio di germe di grano

Barbabietola rossa Olio di lino spremuto a freddo

Cereali in chicchi Pesce azzurro

Fagioli azuki Semi oleosi (sesamo, girasole, zucca)

Frutta e verdura di colore arancione Tarassaco

Mele Tè verde

Miso Verdure a foglie verdi

Mirtilli Zuppe di miso

Mochi

Alimenti No Aglio Gamberi

Arance Latticini

Cipolle Salumi

Cozze Spezie piccanti

Farine Verdura cruda (limitare il consumo)

Fritti e cotture alla griglia

EMORROIDI

Non è certo un argomento di cui si parla, ma le emorroidi nei paesi industrializzati sono purtroppo una patologia sempre più diffusa. A soffrirne è un terzo della popolazione e circa il 50% degli ultracinquan­tenni. Tecnicamente esse sono causate dalla dilatazione delle vene del plesso emorroidario e in base alla localizzazione e alla gravità, si possono clas­sificare in esterne (localizzate sotto la cute, sotto la linea ano-rettale, il punto in cui la mucosa diventa cute), interne (si sviluppano al di sopra della linea ano-rettale, sotto la mucosa; talvolta questo tipo di emorroi­di s'ingrandisce e prolassa fuori dello sfintere anale) e interne-esterne (combinazione di entrambe). Le cause di questo particolare disturbo sono le stesse delle vene varico­se: debolezza venosa di origine genetica e fattori che aumentano la pressione intraddominale (gravidanza, tosse, sollevamento di grossi pesi, lunghi periodi di permanenza in piedi, defecazione difficoltosa, ipertensione portale da cirrosi epatica). L'aumento della pressione intraddominale provoca congestione venosa perianale e quindi dilatazione e gonfiore dei plessi emorroidari.

Attenzione alla stitichezza Un sanguinamento rettale rosso vivo, non misto alle feci, solitamente rappresenta il sintomo iniziale delle emorroidi. Il prolasso si verifica dapprima solamente con la defecazione e si riduce poi spontaneamen­te. Un persistente prurito anale non è sintomo di emorroidi. Il dolore si verifica solamente quando si ha un attacco acuto di un prolasso con infiammazione e edema, o quando è presente una concomitante lesio­ne dolorosa, come una ragade. Le emorroidi prolassate possono trom­bizzarsi con rottura spontanea della vena e fuoriuscita del trombo, in

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questo caso il dolore è intenso e la perdita di sangue più abbondante. Numerose osservazioni testimoniano il legame diretto tra dieta ed emorroidi. Raramente, infatti, questa patologia si riscontra in paesi in cui la dieta è ricca di fibre e povera di alimenti raffinati. Una compo­nente importante delle emorroidi è la stitichezza, a causa del maggior sforzo richiesto dalla defecazione che aumenta la pressione intraddo-minale e ostacola il ritorno venoso. Inoltre, la maggiore pressione aumentando la congestione pelvica può indebolire la parete venosa, facilitando la formazione di emorroidi.

Meglio le fibre In definitiva, un'alimentazione ricca di fibre è il modo più efficace per prevenire le emorroidi. Cereali integrali, verdura, legumi e frutta pro­muovono la peristalsi intestinale, molti componenti delle fibre richia­mano acqua e le feci diventano soffici e corpose, facili al passaggio. Inoltre verdura e frutta contengono molti nutrienti che aumentano l'in­tegrità della parete venosa, in particolare sono importanti i bioflavonoi-di, le vitamine A, C, E, il complesso B e lo zinco. Mirtilli, ciliegie e more sono particolarmente ricchi di bioflavonoidi; albicocche, meloni, zucche, carote e di nuovo mirtilli contengono vita­mina A; agrumi, fragole, ribes, broccoli, cavolini di Bruxelles, cime di rapa, prezzemolo, crescione e spinaci contengono vitamina C; cereali integrali e il lievito di birra in scaglie le vitamine del complesso B; men­tre lo zinco è presente in semi oleosi, avena, grano, grano saraceno, mandorle, nocciole, piselli, rape, prezzemolo, aglio, carote. In caso di emorroidi, oltre all'intestino occorre riequilibrare sempre anche fegato e milza, due organi che contribuiscono alla salute delle vene e quindi anche dei plessi emorroidari. Se l'energia della milza è debole, essa non riesce a nutrire sufficientemente il tessuto connettivo e di conseguenza, le pareti dei vasi si sfiancano più facilmente. Pertanto è importante evitare, oltre ai cibi raffinati, lo zucchero (la milza infatti soffre per l'eccesso di zucchero, mentre è nutrita e riequilibrata dal consumo di cereali), gli alimenti grassi e quelli che scaldano ecces­sivamente, come latte, formaggi, insaccati, carni rosse, cioccolato e caffè. È bene ridurre il consumo di carne, eventualmente sostituendo le rosse con le carni bianche o meglio ancora dando la preferenza a pesce e legumi come fonte proteica. Sempre per evitare di appesantire il fega­to è bene preferire le verdure verdi e ridurre il consumo di Solanacee, in particolare pomodori, peperoni e melanzane.

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Miso, alghe e mochi Alcuni alimenti, proposti dalla macrobiotica, possono svolgere un ruolo molto efficace nella cura e nella prevenzione delle emorroidi. In parti­colare, un cibo particolarmente curativo per le vene è il miso, ottenuto dalla fermentazione di soia e orzo, riso o grano. Il miso, dal sapore molto salato, è utilizzato come condimento soprattutto per le zuppe. Oltre a depurare il fegato e migliorare la circolazione venosa, ristabili­sce la flora batterica intestinale, ed è indicato per stitichezze e flatulen­ze. Grazie alle proprietà di alimento alcalinizzante, è indicato nelle patologie da accumulo di acidi, tra cui le artriti; infine tonifica l'energia renale e quindi migliora il tono generale. Anche le alghe sono un ottimo alimento nella cura delle emorroidi. Aggiunte all'acqua di cottura di legumi e cereali, eliminano il calore interno che peggiora le emorroidi e migliorano la peristalsi intestinale, grazie alle mucillagini che richiamano acqua e accarezzano la mucosa intestinale. In particolare l'alga kombu è ottima per l'intestino; mentre la wakame è più indicata per il fegato. La prima si aggiunge alla cottu­ra dei legumi, la seconda nelle minestre. Un altro alimento molto adatto per fortificare la milza (e oltrettutto buon ricostituente) è il mochi. Si tratta di piccoli panetti di riso dolce che si possono scaldare a fiamma bassa. Si gonfiano e possono essere consumati come un dolcetto se si spalmano di miele, marmellata o crema di nocciole.

Impacchi di ricotta e bagni freddi Altri rimedi efficaci contro le emorroidi sono gli impacchi locali di ricot­ta e i semicupi freddi; in caso di prolasso delle emorroidi è meglio uti­lizzare prima acqua tiepida per ammorbidirle e poterle riposizionare all'interno del retto con una leggera pressione, infine acqua fredda per tonificare, disinfiammare e provocare vasocostrizione. In ogni caso è bene evitare la vita sedentaria e lo stare in piedi fermi troppo a lungo. È invece utilissimo camminare, fare delle belle passeg­giate e respirare profondamente, poiché il movimento del diaframma facilita la risalita del sangue venoso. Come sempre uno stile di vita sano è la migliore prevenzione ed il massimo complemento di ogni cura.

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Alimenti Sì Aglio Lievito di birra Agrumi Mandorle Albicocche Meloni Alghe Mirtilli Avena Miso Broccoli Mochi Carote More Cavolini di Bruxelles Nocciole Cereali integrali Pesce Ciliegie Piselli Cime di rapa Prezzemolo Crescione Rape Fragole Ribes Grano Semi oleosi Grano saraceno Spinaci Legumi Zucche

Alimenti No Caffè Latte Carni rosse Peperoncino (eccessivo) Cibi raffinati Solanacee (in particolare pomodori, Cioccolato peperoni, melanzane) (eccessive) Formaggi Zucchero Insaccati

CARENZA DI FIBRE

Una dieta ricca di fibra alimentare proveniente da cereali integrali, ver­dura e frutta, rappresenta non solamente un'efficace forma di preven­zione nei confronti di numerose patologie moderne, ma anche un ele­mento fondamentale per il miglior funzionamento dell'intestino. Le fibre alimentari possono essere definite residui delle cellule vegetali resistenti all'idrolisi operata dagli enzimi intestinali dell'uomo; sono in concreto un gruppo di sostanze che transitano nell'intestino tenue e giungono al colon praticamente invariate, qui vengono solo parzial­mente idrolizzate dai batteri del colon.

Fibre di tutti i tipi In base alla loro solubilità in acqua, le fibre alimentari, sono classifica­te in due grandi gruppi: insolubili (cellulosa, emicellulose e lignina) e idrosolubili (pectine, gomme e mucillagini). Le prime rallentano lo svuo­tamento gastrico per cui mantengono più a lungo il senso di sazietà, stimolano la motilità intestinale e rallentano il tempo di assorbimento degli zuccheri. Le seconde hanno la caratteristica di formare sostanze gelatinose, rallentare lo svuotamento gastrico (per cui mantengono più a lungo il senso di sazietà), regolarizzare il transito intestinale (questo perché accelerano i transiti troppo lenti e rallentano quelli eccessiva­mente veloci, correggendo il tipico alvo alterno dei soggetti che soffro­no di colon irritabile e/o diverticolosi), inoltre riducono il grado di assor­bimento dei nutrienti e la concentrazione dei lipidi ed in particolare del colesterolo nel sangue.

Effetti fisiologici delle fibre Le fibre alimentari, a seconda delle loro caratteristiche chimico-fisiche, influiscono sulla funzionalità di tutto l'apparato digerente, dalla bocca

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al retto, esplicando azioni sia di carattere fisiologico, sia di carattere metabolico. In particolare, nella bocca, gli alimenti ricchi di fibra, richie­dendo un tempo di masticazione prolungato, determinano un aumen­to del flusso di saliva nella bocca e quindi il cibo raggiunge lo stomaco meglio preparato e miscelato con una maggior quantità di ptialina (enzima che digerisce gli zuccheri), inducendo così uno stimolo mag­giore alla secrezione gastrica. A livello dello stomaco, l'ingestione di alimenti ricchi di fibre, ritarda lo svuotamento gastrico, inoltre le fibre riducono la secrezione acida e quindi anche il valore del pH risulta modificato. Di conseguenza aumenta il senso di replezione gastrica senza incide­re sull'apporto calorico e dà anticipatamente senso di sazietà. Infine, rallentando lo svuotamento gastrico, le fibre riducono l'insuli-nemia (livello di insulina nel sangue che è sempre troppo alto negli obesi). A livello dell'intestino tenue, grazie alla ritardata liberazione dei secreti gastrici e alla variazione del pH, le fibre modificano le risposte della secretina (ormone intestinale che stimola la secrezione di acqua e bicarbonato da parte del pancreas) e della colecistochinina (ormo­ne intestinale che stimola la contrazione e lo svuotamento della cisti­fellea), regolarizzando le secrezioni biliari e pancreatiche. Nell'intestino tenue, le fibre idrosolubili, essendo molto viscose, eser­citano un effetto barriera riducèndo l'assorbimento dei nutrienti; mentre a livello più profondo, le fibre rallentano l'assorbimento del glucosio aumentando la sensibilità cellulare alla presenza di insulina. Nel colon, invece, le fibre alimentari, ed in particolare quelle insolubi­li, fanno aumentare il volume della massa fecale e conferiscono una consistenza più omogenea e morbida; riducendo di conseguenza la pressione all'interno del colon che peggiora quando il contenuto fecale è asciutto, a causa del riassorbimento di acqua che si verifica in seguito al ristagno delle feci. Stimolando la naturale motilità dell'intestino, le fibre normalizzano il tempo di transito intestinale, curano la stitichezza cronica e svolgono un'azione fondamentale nella prevenzione di diverticoli ed emorroidi. Le fibre riducono il tempo di contatto dei sali biliari con la flora bat­terica intestinale che, in caso di ristagno fecale, potrebbero trasfor­marsi in potenziali agenti cancerogeni, prevenendo il tumore al colon. La lignina, in particolare, lega i sali biliari e ne aumenta l'escre­zione fecale.

Carenza di fibre 109

Trasformare le fibre La fermentazione delle fibre da parte della flora intestinale dà tre pro­dotti fondamentali: acidi grassi a catena corta, vari tipi di gas ed ener­gia. Gli acidi grassi a catena corta (acido acetico, propionico e butirri­co) svolgono numerose funzioni fisiologiche di grande importanza. Propinato e acetato vengono trasportati direttamente al fegato e lì uti­lizzati per la produzione di energia; mentre il butirrato rappresenta la fonte energetica d'elezione per il metabolismo del colon. Inoltre, il butirrato svolge anche un'interessante attività anticancro. Nel colon, le fibre svolgono un ruolo di grande rilievo per il mantenimento di un'ef­ficiente flora batterica intestinale, contribuendo in particolare alla cre­scita dei batteri acidofili. Il ruolo di questo importante gruppo di sostanze non si ferma qui. Grazie alle loro particolari caratteristiche chimico-fisiche, le fibre con­corrono vantaggiosamente alla sintesi delle lipoproteine a livello epati­co ed intestinale, contribuendo alla riduzione del colesterolo "cattivo" (il colesterolo-LDL e VLDL), senza intaccare il colesterolo "buono" o "protettivo" (HDL); analogamente l'azione di riduzione sul grado di saturazione di colesterolo della bile, contribuisce al contenimento della quota di acido desossicolico, prevenendo così i calcoli biliari.

Come si assumono Viste le molteplici e interessanti proprietà delle fibre, qual è il miglior modo per la loro assunzione? Una corretta integrazione può essere ottenuta assicurando un equilibrato rapporto tra le fibre insolubili (cereali integrali) e quelle solubili (legumi e frutta). Le prime sono par­ticolarmente indicate nel trattamento della stipsi cronica e nelle pato­logie ad essa correlate; mentre le seconde esplicano una funzione molto importante nei soggetti con alterazioni del metabolismo degli zuccheri e dei grassi. Idealmente dovremmo assicurare al nostro orga­nismo un'assunzione giornaliera di fibra pari a 0,5 grammi per ogni chilo di peso corporeo. In pratica 30-40 g di fibra al giorno (conside­rando un peso corporeo tra i 60 e gli 80 chili) delle quali il 45% prove­niente da verdure, il 35% da cereali integrali e legumi, e il restante 20% da frutta. Alcuni fautori dell'alimentazione a base di alimenti raffinati considerano gli alimenti integrali, ed in particolare quelli contenenti crusca di grano, "antinutrienti" a causa della presenza di fitati. La ragione è molto sem­plice: il fitato (inositolo esafosfato) presente nella crusca di grano in quantità di 40-60 micromoli/grammo, può legarsi a ferro, zinco, calcio.

112 Curarsi con il cibo

Fonti alimentari delle fibre In generale verdure (45%), cereali integrali e legumi (35%), frutta (20%)

Fibre insolubili Cellulosa: cereali integrali, crusca di grano, verdure. Emicellulosa: cereali integrali, crusca d'avena, verdure. Lignina: cereali integrali, verdure legnose.

Fibre solubili Pectine: frutta, in particolare nella buccia di mele e agrumi, verdure. Gomme: legumi, avena. Mucillagini: legumi, avena, semi (nello strato più interno, l'endosperma). Polisaccaridi algali: alghe, agar-agar.

CONTENUTO DI FIBRA TOTALE IN ALCUNI ALIMENTI Fibra totale (g/100 g di prodotto edibile)

Fagioli borlotti secchi cotti 6,9 Farina di mais 3,1 Farro 6,8 Miglio decorticato 3,1 Pane di tipo integrale 6,5 Pasta di semola integrale 3,0 Pasta di semola integrale 6,4 Radicchio rosso 3,0 Muesli 6,4 Farina di frumento tipo 0 2,9 Noci secche 6,2 Porri cotti 2,9 Grano saraceno 6,0 Pizza con pomodoro 2,7 Biscotti integrali 6,0 Mele fresche con buccia 2,6 Fave fresche cotte 5,9 Finocchi crudi 2,2 Ceci secchi cotti 5,8 Broccoletti di rapa cotti 2,2 Carciofi crudi 5,5 Kiwi 2,2 Fagioli borlotti in scatola 5,5 Farina di frumento tipo 00 2,2 Castagne bollite 5,4 Spinaci cotti 2,1 Fette biscottate integrali 5,4 Pomodori maturi 2,0 Piselli in scatola 5,l Riso integrale crudo 1,9 Cavolini di Bruxelles cotti 5,l Mandarini 1,7 Funghi coltivati pleurotes cotti 5,0 Uva nera 1.6 Pane di segale 4,6 Arance 1,6 Lenticchie in scatola 4,2 Pasta di semola cotta 1,5 Pane di tipo 0 3,8 Albicocche 1,5 Pere fresche 3,8 Zucchine cotte 1,3 Pane di tipo 00 3,2 Ravanelli 1,3 Carote 3,l Riso brillato crudo 1,0 Cavolo broccolo verde ramoso cotto 3,1 (Fonte: Inran)

GASTRITE E ULCERA

La gastrite e l'ulcera sono due disturbi molto diffusi della parete inter­na dello stomaco e del tratto iniziale dell'intestino. La principale diffe­renza tra queste due patologie, che in ogni caso presentano molti ele­menti in comune, è che nella gastrite acuta, a differenza dell'ulcera, le erosioni sono più superficiali e quindi non intaccano lo strato muscola­re della parete dello stomaco. Le gastriti croniche sono meno frequenti e non saranno trattate in que­st'ambito. A provocare la gastrite, facilmente riconoscibile per i dolori allo stoma­co che insorgono specialmente lontano dai pasti, può essere l'assunzio­ne prolungata di farmaci antinfiammatori non steroidei, acido acetilsa­licilico (aspirina), alcool (esercita un'azione erosiva diretta sulla muco­sa), caffè (incrementa la produzione di acido da parte della mucosa), fumo di sigaretta (la nicotina esercita un'azione lesiva sull'epitelio); ma anche gravi malattie polmonari, renali, epatiche, ustioni, shock, sepsi. Una volta che viene a mancare la causa scatenante, le erosioni si rimar­ginano completamente e il disturbo scompare; mentre se la causa per­siste, la gastrite si può evolvere in ulcera.

C'è ulcera e ulcera Nella forma acuta, le ulcere sono assimilabili alle gastriti acute erosive, si formano rapidamente in coincidenza con l'evento scatenante e vanno incontro a guarigione rapidamente. Più pericolose e diffuse sono le ulcere croniche, specialmente quelle che interessano stomaco o duo­deno. L'età più colpita è quella compresa tra i venti e i cinquantanni, con una punta massima tra i trentacinque e i quarantacinque. L'ulcera si manifesta quando viene alterato l'equilibrio tra fattori aggressivi (secrezione cloridro-peptica prodotta dall'organismo per

114 Curarsi con il cibo

favorire la digestione) e fattori protettivi (capacità di difesa della muco­sa) che regolano il funzionamento dell'apparato digerente con una pre­valenza dell'azione aggressiva dell'acido e della pepsina sulla capacità di resistenza della mucosa gastrica e duodenale. Il dolore dell'ulcera, sotto forma di crampi, ha un andamento tipica­mente ciclico e peggiora in primavera e autunno. Nell'ulcera gastrica aumenta durante l'assunzione dei pasti, a causa dell'incremento di secrezione acida, mentre in quella duodenale gli spasmi diventano più forti tre-quattro ore dopo il pasto, quando lo stomaco si svuota. Nel caso di ulcera gastrica, quindi, i soggetti tendono a mangiare meno e a dimagrire; in quella duodenale invece, tendono a mangiare di più e ad ingrassare. A scatenare l'ulcera sono una pluralità di fattori che provocano lesioni su un terreno già costituzionalmente predisposto e in un quadro di ten­sioni psichiche e fattori stressanti. Per esempio, una tensione emotiva continua incrementa oltre misura la secrezione acida, e se a questa si aggiungono poi stili di vita e abitudini alimentari scorrette, si creano le condizioni favorevoli per l'insorgere della malattia.

Cattive abitudini Tra le abitudini da modificare troviamo innanzitutto il fumo. La nicoti­na inibisce la produzione di secretina, un ormone che stimola la secre­zione di bicarbonati nel duodeno, la cui funzione è quella di neutraliz­zare l'acidità del chimo che giunge dallo stomaco. In pratica, nell'inte­stino di un fumatore gli alimenti giungono con una carica acida più ele­vata causando a lungo andare lesioni alla mucosa del duodeno. Da evitare è anche il caffé, in quanto la caffeina stimola la secrezione acida gastrica; così come le spezie molto piccanti e gli alcoolici. Altri fattori da considerare sono i farmaci allopatici, in particolare acido ace­tilsalicilico (aspirina), antinfiammatori non steroidei, cortisonici, alcuni antibiotici.

Il ruolo dell'alimentazione In passato si è data grande importanza alla secrezione acida dello sto­maco come causa scatenante l'ulcera peptica, oggi è stato riconosciu­to un ruolo centrale anche al batterio Helycobacter pilori, la cui prolifi­cazione sembra correlata ad alterazioni della flora gastrointestinale e ad un basso contenuto di antiossidanti nella mucosa. Per tutte queste ragioni un'alimentazione sana ed equilibrata è fondamentale come forma di prevenzione e cura nelle patologie dello stomaco.

Gastrite e ulcera 115

Prove cliniche e sperimentali considerano di primaria importanza, rispetto all'ulcera peptica, le allergie alimentari. In un recente studio è stato evidenziato che il'98% dei pazienti con un'evidenza radiologica di ulcera peptica soffriva al tempo stesso di una patologia respiratoria di tipo allergico. Dal punto di vista clinico, l'eliminazione dei cibi a cui i soggetti erano allergici è stata utilizzata con successo nel trattamento e nella prevenzione di ulcere ricorrenti. Molte persone che soffrono di gastrite o di ulcera hanno l'abitudine di assumere latte per ridurre l'effetto dell'acidità in eccesso. In realtà, il latte è un alimento altamente allergenico che pertanto va evitato in tutti i soggetti che soffrono di ulcera peptica. Alcuni studi mostrano che quanto più elevato è il consumo di latte, tanto maggiore è la pro­babilità di ulcera, in quanto il latte aumenta significativamente la pro­duzione acida gastrica. E bene anche evitare il consumo di pomodoro, in quanto determina un'acidificazione della bile che quindi non riesce più a neutralizzare suf­ficientemente l'ambiente acido del duodeno. Di contro, le fibre, ritar­dando lo svuotamento gastrico, riducono le ulcere peptiche nei sogget­ti da poco guariti da ulcera duodenale, dimezzando le recidive. Per tutti questi motivi è utile che una quota importante della razione alimenta­re sia costituita da prodotti vegetali e in primo luogo da cereali integra­li o semintegrali e verdure. In particolare, grazie all'elevato contenuto di glutamina, il succo di cavolo crudo risulta molto utile nel trattamento dell'ulcera peptica. Già negli anni Cinquanta, il dottor Garnett Cheney, della Stanford University, evidenziò risultati molto positivi solo dopo dieci giorni di cura a base di succo fresco di cavolo. Sempre secondo il dottor Cheney, un'altra ricetta molto efficace è il succo fresco centrifugato preparato con una tazza di cavolo verde (è il migliore, ma va bene anche quello rosso), quattro coste di sedano e due carote. Gli alimenti freschi sono importanti anche per il ricco contenuto di vita­mine, sali minerali e per il ricco apporto d'energia vitale. Le vitamine A (cavolo, carote, broccoli, zucca, melone, albicocche) ed E (germe di grano) inibiscono lo sviluppo delle ulcere da stress e sono importanti per mantenere l'integrità della barriera mucosa; inoltre, grazie all'azio­ne antiossidante, prevengono l'attecchimento di germi patogeni. Lo zinco, di cui sono molto ricchi i semi oleosi (sesamo, girasole, nocciole ecc.), invece, incrementa la produzione di mucina. È invece bene limitare l'apporto di proteine, in particolare d'origine ani­male, poiché oltre a stimolare eccessivamente la secrezione gastrica,

116 Curarsi con il cibo

questo gruppo di alimenti richiede per la digestione un pH più acido. Per ristabilire l'equilibrio della flora gastrointestinale è molto utile anche il miso (alimento curativo, leggermente salato, a base di soia e un cereale fermentato), ottimo condimento per zuppe e minestre. Altri rimedi molto efficaci sono propoli (agisce da cicatrizzante), altea e fiori di malva in forma di tisane, estratti di camomilla, melissa, passiflora, fico in macerato glicerico ecc. In ogni caso, in presenza di ulcera peptica è bene farsi seguire da un esperto di terapie naturali per la scelta dei rimedi più adatti e sottopor­si periodicamente ad un controllo medico per verificare l'efficacia della cura seguita. Così com'è indispensabile porre attenzione allo stile di vita e alle abitudini alimentari per mantenere nel tempo lo stato di benes­sere e salute che i rimedi naturali aiutano ad acquisire.

Al iment i S ì

Albicocche Miso Broccoli Nocciole Carote Sedano Cavolo crudo, succo Semi di girasole Cavolo verde e rosso Semi di sesamo Cereali integrali Tisane (altea, malva, camomilla,melissa, Germe di grano passiflora) Melone Zucca

Al iment i No

Alcoolici Pomodoro Caffè Proteine d'origine animale (eccessive) Latte Spezie piccanti

GLAUCOMA

Il glaucoma è una patologia dell'occhio caratterizzata da un aumento della pressione intraoculare per uno squilibrio tra produzione e riassor­bimento di un liquido in esso contenuto: l'umore acqueo. La forma cro­nica, che è la più diffusa ed è generalmente familiare, porta ad una per­dita lenta e progressiva della visione periferica e, se non controllata, anche della visione centrale e infine può produrre cecità. Il glaucoma va sospettato nei soggetti, specialmente al di sopra dei quarantanni, che cambiano spesso le lenti degli occhiali, soffrono di non chiari disturbi visivi: vedono aloni colorati attorno alle lampade elettriche accese, hanno un diminuito adattamento all'oscurità e possono soffrire di mal di testa. Si tratta di una malattia molto insidiosa perché può essere anche totalmente asintomatica, soprattutto in fase iniziale.

Una malattia insidiosa L'aumento di pressione intraoculare porta nel tempo all'escavazione dei dischi ottici che è caratteristica del glaucoma, anche se la sua assenza non esclude la patologia poiché la lesione del nervo ottico si sviluppa insidiosamente e, in alcuni casi, tardivamente nel corso della malattia. Le prime alterazioni del campo visivo sono la comparsa di una macchia scura e di piccoli scotomi (macchie) sopra o sotto rispetto al punto di fissazione, con campo visivo a tunnel, cioè piccolo e con margini con­fusi. L'occhio esternamente appare normale. Sembra che alla base vi .sia un'alterazione della struttura del collagene, una proteina presente in grande quantità nel nostro organismo in quanto fa parte del tessuto connettivo; in particolare nell'occhio fornisce la forza di tensione e l'in­tegrità di tessuti come la cornea, la sclera, il corpo vitreo, la lamina cri­brosa del disco ottico che è costituita da un intreccio di fibre tra le cui maglie passano il nervo ottico e i vasi sanguigni. Nella maggior parte

118 Curarsi con il cibo

dei casi il glaucoma è tenuto sotto controllo semplicemente con l'uso di colliri che riducono la pressione interna dell'occhio, ma occorrerebbe intervenire anche in modo da migliorare il metabolismo del collagene. Possono essere presenti nel soggetto segni periferici di problematiche al collagene come artrite reumatoide, arteriosclerosi, disordini periodonta-li (piorrea ecc.); il cortisone porta danni al collagene per cui ai soggetti con glaucoma questo tipo di terapia sarebbe da sconsigliare.

Vitamina C e magnesio La nutrizione è un fattore molto importante per la salute dell'organi­smo ed in particolare per il connettivo e i tessuti oculari. Adeguati livel­li di vitamina C sono fondamentali per il collagene, che svolge un'azio­ne ipotonica sull'occhio, riducendone la pressione intraoculare; così i bioflavonoidi, in particolare gli antocianosidi che sono il pigmento blu contenuto nelle bacche, per cui si consigliano i mirtilli in varie forme, anche in succo puro. Il magnesio e il cromo sono altri elementi fonda­mentali. Il primo è contenuto nei vegetali a foglia verde, nelle mandor­le, nelle alghe, nel germe di grano; il secondo nel lievito di birra. È meglio utilizzare quello in scaglie nell'alimentazione quotidiana in modo che l'apporto sia costante. Gli oli insaturi sono di aiuto, si consi­gliano dunque 1 o 2 cucchiaini di olio di lino o di girasole spremuto a freddo al dì e il consumo di semi di girasole e di sesamo. Dal punto di vista della Medicina Tradizionale Cinese, le patologie degli occhi sono da attribuirsi ad uno squilibrio energetico del fegato ed in particolare ad una stasi o allo sviluppo di calore che dal fegato tende verso l'alto e arriva agli occhi.

Stress emozionali La stasi è generata da problemi emozionali e stress che bloccano l'ener­gia epatica, che invece deve diffondersi; la compressione che ne deriva crea calore. L'eccesso di calore epatico può essere dovuto anche ad ali­menti che scaldano troppo il fegato come eccessivo consumo di carni, insaccati, caffè, alcool, spezie piccanti. Inutile dire che questi alimenti vanno ridotti o evitati ed è bene raffreddare il sistema consumando ver­dure crude e un po' di frutta. Un'altra possibilità è lo sviluppo di calo­re a causa di un «vuoto» dell'energia renale. In questo caso giocano la costituzione, l'età che avanza, la carenza di alcune sostanze. È bene integrare con sesamo, fagioli azuki, particolarmente adatti per i reni, una piccola quantità di alghe ed un po' di rape rosse per tonificare il sangue del fegato. In genere si consigliano verdure verdi e zuppe di

Glaucoma 119

miso che riequilibrano il fegato. Il miso è un alimento fermentato a base di soia e di un cereale che si utilizza come condimento per le zuppe, se ne aggiunge la punta di un cucchiaino a testa all'ultimo minuto, non si fa bollire. Il connettivo è invece correlato energetica­mente alla milza. Talora, oltre alla lesione di questo tessuto, negli occhi possono essere presenti anche delle piccole cisti che creano ostruzioni. Anche queste sono da riferirsi ad un vuoto dell'energia della milza e all'accumulo di umidità a livello oculare. Questo suggerisce la riduzio­ne o l'eliminazione di latte vaccino e derivati, alimenti troppo freddi (gelato). Si consigliano verdure cotte, meglio se saltate in padella, o cotte in forno, eventualmente a vapore o scottate, ma non bollite.

Le virtù della curcuma La curcuma è una buona spezia che fa da drenante biliare, specie in situazione di stasi energetica del fegato, che è «l'anticamera» di un eccessivo sviluppo di calore. Da non dimenticare che aiuta a realizzare i sogni e i desideri... è l'aspetto sottile di questa sostanza dorata e pro­fumata, che può essere aggiunta ai primi e alle verdure per insaporirli. Le corrette abitudini alimentari, agendo sui fattori che portano alla manifestazione della malattia, soprattutto in fase iniziale, possono riportare alla normalità la pressione intraoculare e per chi è già in fase cronica sono un grande aiuto per non peggiorare o per migliorare la propria salute oculare e generale. Secondo la medicina olistica, i distur­bi localizzati, come in questo caso il glaucoma, non possono essere considerati come qualcosa da curare in modo settoriale. In genere, la malattia è espressione di uno squilibrio che riguarda l'intero organi­smo. Pertanto è responsabilità di ognuno riconquistare la massima con­dizione di salute possibile attraverso un'adeguata correzione del pro­prio stile di vita.

120 Curarsi con il cibo

Al iment i Si

Alghe Miso Curcuma Olio di girasole spremuto a freddo Fagioli azuki Olio di lino spremuto a freddo Frutta Rape rosse Germe di grano Semi di girasole Lievito di birra Semi di sesamo Mandorle Vegetali a foglia verde Mirtilli (frutto e succo) Verdure crude

Al iment i No

Alcool Insaccati Alimenti freddi (in particolare gelato) Latte vaccino e derivati Caffè Spezie piccanti Carni

HERPES

È come una zanzara in camera da letto: sai che ti pungerà, ma non sai quando o dove; una piccola tortura mentale. Con l'herpes è inutile gira­re per la stanza con una ciabatta in mano, ma il gioco psicologico è analogo: per questo il miglior modo per difendersi è di conoscerlo meglio e, come al solito, conoscere meglio se stessi. Le due forme più comuni di patologie erpetiche sono I''Herpes simplex, o "febbre labiale" e l'Herpes zoster o "fuoco di sant'Antonio". Entrambi hanno un'origine virale, ma si differenziano per quanto riguarda l'agente eziologico, il decorso e la localizzazione delle lesioni.

Labbra in calore L'agente virale del simplex è l'Herpes virus hominis, che prevede due varietà di virus: il primo tipo causa lesioni che si localizzano nelle lab­bra e nella mucosa orale; il secondo dà più facilmente lesioni alle muco­se genitali. In entrambi i casi, le lesioni sono simili, costituite da vesci­cole su cute o mucosa. Queste dapprima contengono un siero chiaro, in seguito si rompono, dopo essere diventate purulenti, e si formano delle crosticine. La penetrazione più frequente del virus nell'organismo è quella aerea, ma è possibile anche il contagio sessuale o la trasmissione del virus durante il parto dalla madre infettata al nascituro. La fase più contagio­sa è quella dell'eruzione vescicolosa. Nella maggior parte dei casi il primo contatto col virus è asintomatico e solo in un piccolo numero di individui può causare una gengivite con associata stomatite, oppure una manifestazione vescicolare a livello dei genitali. Caratteristica è la possibilità di dare luogo ad episodi recidivanti, che possono essere scatenati da vari fattori. Infatti il virus, una volta pene­trato nell'organismo, può annidarsi in certe strutture nervose, i gangli

122 Curarsi con il cibo

situati vicino alla colonna vertebrale, e lì può rimanere silente, come in letargo, finché non si determinano le condizioni che ne favoriscono la manifestazione. I fattori scatenanti sono molteplici: concomitanti infezioni febbrili, stress emotivi e psichici, disturbi digestivi, ciclo mestruale. Si tratta di fattori aspecifici che innescano la problematica e non sono la causa, dunque è importante considerare la condizione generale del­l'individuo ed il suo "terreno".

II fuoco di sant'Antonio Questa forma di herpes ha delle somiglianze con il quadro dell'Herpes simplex, ma anche delle differenze, quali l'agente virale, il decorso acuto e una diversa localizzazione delle lesioni. Inoltre è una malattia ad andamento stagionale, si presenta soprattutto ai cambi di stagione. Il virus che produce questa malattia è l'Herpes zoster, che penetra nel­l'organismo attraverso le vie respiratorie. Se colpisce un bambino per là prima volta, si manifesta in forma di varicella che in genere determina un'immunità permanente, cioè la creazione di anticorpi specifici per cui non si ha una seconda infezione. Il virus, latente nei gangli nervosi, col crearsi di condizioni favorevoli può riattivarsi e dare origine ad un'eruzione cutanea. Questa può esse­re preceduta da un periodo in cui dominano stanchezza e un malesse­re generale, talora può essere presente una febbricola. Prima della com­parsa delle vescicole, simili a quelle dell'Herpes simplex, compaiono sulla cute delle chiazze rossastre rilevate, accompagnate da una lanci­nante sensazione di bruciore o dolore di tipo nevralgico, che può dura­re a lungo anche una volta che siano regredite le vescicole. La localiz­zazione delle lesioni cutanee e del dolore è caratteristica, colpisce solo un lato del corpo e ha "distribuzione metamerica", cioè la lesione cuta­nea segue il decorso di un nervo, quasi lo disegnasse sulla pelle. Il fuoco di sant'Antonio si manifesta quando vi è un abbassamento delle difese immunitarie, è più frequente nei soggetti anziani o immu-nodepressi. Le patologie erpetiche interessano cute, mucose e sistema nervoso, di qui una lettura psicosomatica che richiama una conflittualità con l'am­biente, aspetti affettivo-emotivi, stati di stress cronico. La pelle funge da confine tra mondo interno (self) e mondo esterno (non self), quando si ammala rivela un disagio di relazione. A lungo andare vi è una sorta di consumo e una riduzione dell'energia vitale del soggetto, si creano le condizioni per cui il virus da "assopito"

Herpes 123

diventa invece virulento.

Zinco e lisina Lo stile di vita ed una sana alimentazione sono molto importanti per prevenire l'instaurarsi di condizioni di debolezza che stanno alla base della manifestazione di queste patologie; debolezza più marcata in caso del fuoco di sant'Antonio, caratterizzato da astenia e tendenza depressiva del tono dell'umore. Un'alimentazione sana a base di alimenti biologici, cereali integrali, ver­dure cotte e crude, frutta, legumi e, per chi non è vegetariano, una pic­cola quantità di pesce, mantiene l'organismo nelle condizioni ottimali, evitando inutili intossicazioni e mantenendo viva l'energia vitale. Vi sono poi delle sostanze particolarmente utili come lo zinco, che è contenuto abbondantemente nei semi; si consiglia dunque una picco­la dose quotidiana di semi a scelta tra sesamo, girasole, zucca, lino. Una dieta ricca di lisina e povera di arginina può essere utile per chi sof­fre di frequenti recidive. Questa strategia nasce da ricerche secondo cui la lisina ha proprietà antivirali in vitro, grazie al proprio antagonismo con il metabolismo dell'arginina. I cibi con il peggiore rapporto di lisi— na/arginina sono il cioccolato, le arachidi e le mandorle. Il lievito di birra in scaglie invece ha un buon rapporto lisina/arginina.

Eccesso di calore e umidità Carni rosse e insaccati producono un eccesso di calore e tendono ad intossicare l'organismo, soprattutto in condizioni di stress, quando gli organi emuntori , deputati alla disintossicazione, sono più affaticati. Inoltre, secondo la Medicina Tradizionale Cinese, le patologie erpetiche sono un eccesso di calore-umidità, quindi andrebbero evitati o ridotti i cibi che producono troppo calore, come i cibi animali e quelli che pro­ducono umidità, in particolare i latticini. Le verdure e la frutta rinfresca­no e depurano il sangue, pertanto sono da preferirsi nella fase acuta della malattia. Il miso, prodotto fermentato che contiene soia e un cereale, è un otti­mo alimento per rinforzare l'organismo in situazioni di stress e nei cambi stagionali: tonifica i reni, depura il fegato, migliora la flora inte­stinale e quindi lo stato generale del sistema immunitario. Si aggiunge alle zuppe all'ultimo momento, fa da condimento e dà un sapore gra­devole. La vitamina C infine è fondamentale, come i bioflavonoidi. Si consiglia­no dunque kiwi, agrumi, aceraia {Malpiglia glabra), cavoli, cime di rapa

124 Curarsi con il cibo

e prezzemolo. Nelle persone facilmente soggette a infezioni erpetiche ricorrenti, è consigliabile il consumo regolare di tè di radici di liquirizia: l'acido gli-cirretinico, infatti, inibisce la crescita dell'Herpes simplex e i suoi effetti dannosi sulle cellule. In caso di fuoco di sant'Antonio può essere utile applicare sulle zone dolenti delle foglie di verza da rinnovare 3-4 volte ogni 24 ore. Un altro rimedio utile a livello topico sia per il simplex che per lo zoster è l'applicazione di una crema alla melissa.

La forza dell'armonia La natura mette a nostra disposizione un'infinità di presidi che posso­no alleviare i più vari disturbi, resta poi la responsabilità di ognuno di noi di creare le condizioni migliori per una vita sana e serena, partendo dall'alimentazione, per arrivare ad un ascolto dei bisogni propri e di chi ci vive accanto, per costruire relazioni armoniose e gioiose. L'eccessivo stress, i pensieri e le emozioni negative abbattono il nostro sistema immunitario e gettano le basi delle malattie; l'ottimismo e il non giudizio delle sane relazioni umane sono il nutrimento quotidiano di cui le nostre cellule hanno assolutamente bisogno per essere sane.

Al iment i Sì

Aceraia Miso Agrumi Pesce Cavoli Prezzemolo Cereali integrali Semi di girasole Cime di rapa Semi di lino Frutta Semi di sesamo Kiwi Semi di zucca Legumi Tè di radici di liquirizia Lievito di birra Verdure cotte e crude

Al iment i No

Arachidi Insaccati Carni rosse Latticini Cioccolato Mandorle

INSONNIA

L'insonnia è un disturbo molto diffuso. Circa il 14% della popolazione lamenta un qualche disturbo del sonno ed è insoddisfatta del proprio dormire. La percentuale sale man mano che si va avanti con l'età. Dopo i sessanta-sessantacinque anni, arriva al 33%. Valori ancora maggiori si registrano tra le donne. Ogni anno, solo negli Stati Uniti sono almeno quattro-sei milioni le persone a cui vengono prescritti sedativi ipnotici, i farmaci più utilizzati contro i disturbi del sonno. Perché tanta difficoltà per un bisogno così fondamentale per l'uomo? E cosa vuol dire dormire in maniera corretta? Prima di parlare dell'in­sonnia è dunque importante conoscere il ruolo del sonno nell'econo­mia psicofisica del corpo umano. Il sonno è indispensabile per la salute dell'uomo, un sonno alterato o la sua privazione porta a disfunzioni fisiche e mentali. Il ciclo sonno-veglia dell'adulto si ripete durante le ventiquattro ore, di cui il sonno rappresenta circa un terzo, ma il numero di ore necessarie varia a seconda delle necessità individuali e tende a diminuire con l'età. Un bimbo di un anno ha bisogno di almeno 14 ore di sonno, a cinque anni il fabbisogno di ore di sonno scende a 12, per un adulto sono sufficien­ti dalle 6 alle 8 ore di sonno. Gli anziani tendono a dormire meno di notte, ma di più durante il giorno rispetto ai giovani. Il ritmo è le caratteristiche del sonno non sono sempre uguali. Il sonno si compone di quattro fasi che si ripetono varie volte durante la notte: due sono caratterizzate da un sonno leggero; le altre da un sonno più profondo ed è soprattutto da queste ultime che dipende la qualità del dormire; vi è poi una quinta fase molto importante chiamata "fase REM" (Rapid Eyes Movement, movimenti oculari rapidi), caratterizzata da rapidi movimenti degli occhi, è ritenuta il sonno vero e proprio. Durante questa fase le informazioni, le impressioni, gli avvenimenti del

126 Curarsi con il cibo

giorno precedente vengono ricapitolati, raccolti e ordinati dal cervello. Si tratta dunque di una fase del sonno in cui si memorizza, si ordina e addirittura s'impara selezionando le esperienze del giorno, immagazzi­nando le più importanti ed eliminando le altre.

Quante ore bisogna dormire? Nell'adulto, il primo ciclo di sonno REM inizia circa 90 minuti dopo l'i­nizio del sonno e dura dai 5 ai 10 minuti. In seguito, l'attività delle onde cerebrali torna ad essere quella del sonno non-REM per altri 90 minuti. Ogni notte, un adulto fa registrare circa quattro-cinque cicli di sonno completo. I periodi di sonno REM diventano progressivamente più lunghi col proseguire del sonno e l'ultimo ciclo di sonno REM può durare anche un'ora. L'ultimo ciclo di non-REM, invece, dura il 50% dei 90 minuti iniziali nei bimbi e l'80% negli adulti. A differenziare gli anziani, è oltre alla minore durata del sonno REM, la tendenza a svegliarsi nel passaggio tra sonno REM e non-REM. Un certo numero di ore di sonno sono necessarie per la salute fisica a lungo termine e per la rigenerazione. Questo perché durante il sonno avvengono molti processi fisiologici, tra cui i più importanti sono la secrezione dell'ormone della crescita e la neutralizzazione dei radicali liberi a livello del cervello. Tutto il metabolismo (soprattutto nella fase REM) aumenta, aiutando così l'organismo a immagazzinare energia: l'apparato renale e il fega­to eliminano le tossine più efficacemente di quando si è svegli; il siste­ma immunitario produce più anticorpi; il midollo osseo "fabbrica" glo­buli rossi in gran numero; l'ormone somatotropo (quello della crescita) viene prodotto in quantità considerevoli. Molti degli effetti benefici del sonno sono mediati dall'ormone della crescita (GH) per il suo effetto anabolico. Dopo le ultime ricerche il GH è stato chiamato anche "l'ormone antinvecchiamento", visti i suoi effetti ringiovanenti (quando è iniettato). Il GH, infatti, stimola i mecca­nismi di rigenerazione tessutale, epatica, muscolare, lo scioglimento dei depositi di grasso, la regolazione della glicemia, in poche parole "aiuta a convertire i grassi in muscoli". Durante la giornata vengono secrete piccole quantità di questo ormone, invece durante la notte viene libe­rato continuamente. Di notte, il sonno consente anche la funzione antiossidante cerebrale dopo l'accumulo di radicali liberi nel cervello avvenuto durante il giorno. La pri­vazione cronica di sonno infatti accelera l'invecchiamento del cervello.

Insonnia

Le cause Le cause dell'insonnia possono essere molto diverse: ansietà e tensione, cambiamenti ambientali, preoccupazioni emotive, paure, fobia del sonno, depressione, dolore o sconforto, ipoglicemia, carenza di calcio 0 magnesio, caffeina, alcool, farmaci. 1 fattori psicologici sono molto importanti, l'insonnia è spesso associa­ta a disordini affettivi. L'ansia induce difficoltà a prender sonno, men­tre la depressione più facilmente porta ad un risveglio precoce mattu­tino, talora può essere un sintomo di altre patologie, oppure può esse­re dovuta a fattori farmacologi o alimentari. Una corretta alimentazione è un fattore importante. La riduzione o l'e­liminazione di sostanze stimolanti e di nutrienti che possono interferire con il sonno può essere di grande aiuto così come l'integrazione con alcuni alimenti e nutrienti. Le sostanze stimolanti o che comunque pos­sono interferire con il sonno sono: caffè, tè, cioccolato, alcool, prepa­rati tiroidei, contraccettivi orali, beta-bloccanti, erbe stimolanti (gua­ranà, efedra ecc.). Un'altra importante causa di insonnia è la carenza di zucchero, soprat­tutto quando si registrano bassi livelli di glucosio nel sangue durante la notte. Il cervello è altamente dipendente dal glucosio come fonte di energia ed una caduta della glicemia promuove il risveglio a causa della liberazione di ormoni regolatori del glucosio: l'adrenalina, il glucagone, il cortisolo. A volte, alla base dei disturbi del sonno c'è una forma non manifesta di ipoglicemia. In questi casi, per vincere l'insonnia è necessario guarire l'i-poglicemia. I metodi standard di diagnosi si basano sulla misurazione dei livelli di glucosio nel sangue (il livello normale è tra i 70 e i 105 mg/di; livelli inferiori a 50 mg/dl sono indice di ipoglicemia), ma il metodo più efficace rimangono comunque i sintomi (quando per esempio, i disturbi compaiono 3-4 ore dopo i pasti e scompaiono con l'assunzione di cibo). Il questionario pubblicato a pagina 132, se atten­tamente compilato, è un buon metodo di screening per evidenziare uno stato di ipoglicemia.

Attenzione agii zuccheri Spesso, l'ipoglicemia si manifesta con sintomi di natura nervosa, in molti casi ricollegabili all'insonnia. Numerose organizzazioni mediche e autorità istituzionali raccomandano di non assumere più del 10% del­l'apporto calorico totale da zuccheri raffinati aggiunti ai cibi, ma si stima che normalmente tali zuccheri siano circa il 30% delle calorie

128 Curarsi con il cibo

totali consumate. I carboidrati semplici (o zuccheri), essendo assorbiti rapidamente dal corpo, determinano un aumento della glicemia e quindi stimolano un incremento dei livelli di insulina, influenzando negativamente il sistema nervoso. Inoltre per il loro metabolismo, l'organismo consuma sali minerali (calcio e cromo) e vitamine (gruppo B, vitamina PP e acido pantotenico). Del tutto differente è quello che accade agli zuccheri con­tenuti in frutta, verdura e nei cibi integrali e non trattati. Tali carboidra­ti vengono assorbiti lentamente dall'organismo, inoltre essendo asso­ciati alle fibre alimentari contribuiscono a regolarizzare la glicemia, aumentando il tempo di assorbimento degli zuccheri e impedendo i picchi di insulina che producono bruschi cali della glicemia. Un altro vantaggio degli zuccheri contenuti in frutta e verdura è l'apporto di una vasta gamma di altri nutrienti che aiutano l'utilizzazione dello zucche­ro senza depauperare l'organismo di vitamine e minerali. Le abitudini alimentari si riflettono direttamente sulla predisposizione al sonno, poiché un buon equilibrio del sistema nervoso facilita il sonno ed un buon sonno rigenera il sistema nervoso interrompendo così il cir­colo vizioso.

Anche per contrastare i disturbi del sonno è consigliabile evitare i car­boidrati (zuccheri) semplici, raffinati e concentrati e aumentare il con­sumo di zuccheri complessi assieme agli alimenti ricchi di fibre. I cerea­li biologici integrali sono alla base di un'.alimentazione sana, così come i legumi che dovrebbero essere consumati con una certa regolarità. Sempre ai fini di stabilizzare la glicemia, e quindi ridurre i picchi del sistema nervoso, è importante consumare pasti frequenti e poco abbondanti e fare attenzione all'alcool che causa ipoglicemia. Un particolare disturbo del sonno è la cosiddetta sindrome "da gambe senza riposo" ed è caratterizzata dalla necessità di muovere le gambe durante i risvegli notturni. La causa può essere una carenza di acido folico o ferro (con o senza anemia). In tal caso oltre all'integrazione ini­ziale di tali sostanze, è consigliabile aumentare il consumo di verdure a foglia verde.

Insonnia da minerali La carenza di minerali può essere all'origine di due tipi di insonnia. La carenza di calcio è caratterizzata dall'incapacità di addormentarsi (pos­sono essere necessarie anche ore prima di prender sonno) ed è associa­ta ad un'aumentata richiesta di calcio da parte dell'organismo come risultato di un'iperfunzione delle ghiandole surrenali e della tiroide. Si

Insonnia 129

tratta spesso di soggetti particolarmente stressati a causa di qualche conflitto non risolto che provoca uno stato d'ansia continuo. Da un punto di vista biochimico questa forma di stress provoca una carenza di calcio. Uno dei primi sintomi è un leggero mal di schiena a livello lombare che provoca disturbo nella posizione seduta impeden­do, all'individuo di mantenere a lungo la stessa posizione. Questo tipo di carenza disturba anche gli occhi che risultano eccessivamente sensi­bili alla luce e presentano una costante sensazione di bruciore. In alcu­ni casi, si può manifestare anche la presenza di una sostanza mucosa ai margini dell'occhio che provoca irritazione. Tali sintomi si aggravano con l'assunzione di caffè a causa dell'elevato contenuto di potassio che svolge un'azione stimolante e antagonista del calcio. Contro questo tipo di insonnia sono molto indicati gli integratori a base di calcio e gli alimenti particolarmente ricchi di questo minerale come (in quantità decrescente): alga kelp, farina di carrube, alga dulse, cavo­lo, cime di rapa, mandorle, lievito di birra, prezzemolo, crescione, latte di capra, tofu (formaggio di soia), fichi secchi, semi di girasole, latte vaccino, semi di sesamo, olive, broccoli, noci, fagioli di soia cotti, germe di grano, arachidi, lattuga romana, miso, albicocche secche, uvetta, mirtilli, datteri, fagiolini, carciofi, prugne secche, semi di zucca, germo­gli di soia, sedano, segale in chicchi, carote, orzo, riso integrale. Ancora più efficace risulta associare il calcio alla vitamina B6 e al rame, in quanto quest'ultimo, oltre ad aumentare l'effetto sedativo del calcio, ne facilita l'accumulo a livello corporeo. Di vitamina B6 sono particolar­mente ricchi (in quantità decrescente): lievito di birra, semi di girasole, farina di soia, noci, lenticchie secche, farina di grano saraceno, fagioli dell'occhio secchi, riso integrale, ceci, nocciole, avocado, farina di grano integrale, castagne fresche, cavolo, farina di segale, spinaci, cime di rapa, prugne secche, uvette, orzo, cavolfiori. Importanti per il conte­nuto di rame sono (in quantità decrescente): noci, mandorle, nocciole, piselli secchi, arachidi, grano saraceno, olio di girasole, orzo, segale in chicchi, aglio, carote, cocco, olio di oliva, grano integrale, miglio, olio di mais, rape, zenzero, mela, piselli freschi.

L'insonnia può essere causata anche da una carenza tessutale di magnesio. In questi casi, il soggetto si addormenta senza difficoltà ma si risveglia varie volte durante la notte. In genere tale tipo d'insonnia deriva da stress fisico, provocato da lavoro eccessivo o pesante. Questo tipo di insonnia è aggravata dall'assunzione di alcoolici poiché ne pro­vocano una carenza ulteriore, mentre non risente dell'assunzione di caffè. L'insonnia da carenza di magnesio può peggiorare dopo una

130 Curarsi con il cibo

cena a base di cibi molto salati o bevande contenenti sale (bibite). Tale fenomeno è provocato dall'effetto antagonista che svolge il sodio nei confronti del magnesio, peggiorando lo stato di carenza. È inutile dire che questi soggetti hanno bisogno di ridurre il sale nella dieta.

Sonno e serotina La serotonina è un mediatore chimico cerebrale fondamentale per il sonno, la sua produzione da parte del sistema nervoso centrale dipen­de dalla disponibilità di uno specifico aminoacido, il triptofano, presen­te in quantità variabili in numerosi alimenti. In realtà, il consumo di cibi ricchi di triptofano durante il giorno contribuisce alla sonnolenza diur­na, mentre una cena a base di cibi ricchi di triptofano promuove il sonno, o meglio ancora induce il sonno ma non ha effetto sul sonno leggero e i continui risvegli notturni. Cofattori della sintesi di serotonina sono la vitamina B6, la niacina (o vitamina B3) e il magnesio che devono essere assunti con il triptofano per assicurare la conversione dell'aminoacido in serotonina. La niacina, 0 vitamina B3, è interessante anche per l'effetto sedativo svolto a van­taggio dell'organismo. Alimenti particolarmente ricchi di niacina sono: lievito di birra, crusca di riso e di grano, acciuga, fegato di bue, sgom­bro, riso selvatico, semi di girasole, semi di sesamo, riso integrale, pino­li, grano saraceno integrale, peperoncini rossi piccanti, farina di grano integrale, germe di grano, orzo, mandorle, piselli secchi, arachidi. Gli stessi alimenti risultano particolarmente ricchi di triptofano. Ma atten­zione a consumare altre proteine animali insieme a questi alimenti: si può innescare una competizione con il triptofano che ne annulla i benefici. Un ruolo molto importante è svolto anche dalla melatonina, ma a dif­ferenza della serotonina, la melatonina produce effetti sedativi solo se 1 suoi livelli nell'organismo sono bassi, cosa che succede con più fre­quenza negli anziani. Per regolarizzare il sonno è molto importante anche l'esercizio fisico, che quando è praticato con regolarità, migliora lo stato generale e la qualità del sonno. L'esercizio dovrebbe essere di moderata intensità. Venti minuti di esercizio aerobico al giorno sono sufficienti. Molto efficaci risultano anche alcune piante officinali sedative: la camo­milla è indicata nei casi di sonno leggero, l'escolzia per chi ha difficoltà a prender sonno, il biancospino per il risveglio precoce, la valeriana e la passiflora per il risveglio tardivo.

Insonnia

Alimenti Sì Acciuga Farina di grano saraceno Peperoncini rossi Aglio Farina di segale piccanti Albicocche secche Farina di soia Pinoli Alga dulse Fichi secchi Piselli Alga kelp Germe di grano Prezzemolo Arachidi Germogli di soia Prughe secche Avocado Grano integrale Rape Broccoli Grano saraceno Riso integrale Carciofi Latte di capra Riso selvatico Carote Lattuga romana Sedano Castagne fresche Lenticchie secche Segale in chicchi Cavolfiori Lievito di birra Semi di girasole Cavolo Mandorle Semi di sesamo Ceci Mela Semi di zucca Cime di rapa Miglio Sgombro Cocco Mirtilli Spinaci Crescione Miso Tisane (camomilla, escol-Crusca Nocciole zia, biancospino, valeria­Datteri Noci na, passiflora) Fagioli dell'occhio secchi Olio di girasole Tofu Fagioli di soia cotti Olio di mais Uvetta Fagiolini Olio di oliva Verdure a foglia verde Farina di carrube Olive Zenzero Farina di grano integrale Orzo

Alcool Alimenti No

Cioccolato Tè Bibite Guaranà Caffè Sale (eccessivo)

Zuccheri raffinati

132 Curarsi con il cibo

Test dell ' ipoglicemia _ _ _ _ _ _ _

No Lieve Moderato Severo

0 I 2 3

Voglia di dolci 0 I 2 3

Irritabilità se si salta un pasto 0 I 2 3

Stanchezza o debolezza se si salta un pasto 0 I 2 3

Vertigine se ci si alza improvvisamente 0 I 2 3

Cefalee frequenti 0 I 2 3

Scarsa memoria o concentrazione 0 I 2 3

Stanchezza un'ora dopo i pasti 0 I 2 3

Palpitazioni 0 I 2 3

A volte ci si sente instabili 0 I 2 3

Fatica pomeridiana 0 I 2 3

Occasionalmente visione a macchie 0 I 2 3

Depressione o comportamento altalenante 0 I 2 3

Obesità 0 I 2 3

Ansia e nervosismo frequenti 0 I 2 3

Totale

Come interpretare il punteggio: se è inferiore a 5 l'ipoglicemia è un fattore poco probabile; da 6 a 15 punti, l'ipoglicemia è un fattore probabile; con un punteg­gio superiore a 15 l'ipoglicemia è estremamente probabile.

DISTURBI DELL'INTESTINO

I nostri vecchi sapevano bene che un intestino in ordine è alla base di un'ottimale resistenza alle malattie e non disdegnavano di ricorrere ai clisteri al minimo segnale di malessere, soprattutto da raffreddamento. Da parte loro, l'igienismo ed il metodo Kousmine hanno fatto delle pulizie intestinali una colonna fondamentale del loro sistema di cura, mentre la stessa iridologia (l'analisi dell'iride per il riscontro dello stato di salute) evidenzia la posizione centrale dell'intestino. A confermare l'importante ruolo dell'intestino nella salute generale del­l'organismo è anche la ricerca scientifica più recente che ha scoperto l'esistenza di quello che oggi viene chiamato il "sistema immunitario intestinale". Di che si tratta? Come è noto, la principale funzione del sistema immunitario è quella di riconoscere e discriminare tra ciò che appartiene al nostro organismo (self) e ciò che gli è estraneo (non self), lo scopo è intercettare ed eventualmente distruggere l'elemento estra­neo. Ora, l'intestino è un viscere cavo rivestito da una mucosa (tappe­to che riveste la parete interna) in costante rapporto con l'ambiente esterno. In altre parole, fa da interfaccia tra l'organismo e l'ambiente esterno, essendo il principale luogo di contatto tra self e non self (sostanze presenti nei cibi). Le sostanze ingerite infatti possono supera­re la barriera intestinale e penetrare nel sangue e nella linfa entrando così a far parte del nostro organismo perdendo la loro valenza antige­nica.

300 mq di fronte immunitario L'intestino, con la sua superficie di 300 mq è l'area più estesa dell'orga­nismo sottoposta a costante stimolo antigenico, quello degli alimenti ingeriti, è il fronte immunitario più importante del corpo, contenendo circa l'80% delle cellule immunitarie dell'organismo. A livello intestina-

134 Curarsi con il cibo

le il sistema immunitario è rappresentato da un tappeto linfatico che si estende al di sotto dell'epitelio di rivestimento della mucosa intestina­le, in cui si trovano i follicoli linfatici che producono cellule immunita­rie, le cosiddette placche del Peyer, dagli aggregati linfoidi specifici della mucosa e della sottomucosa che si trovano in numero crescente dal piloro (tratto iniziale dell'intestino tenue) alla valvola ileocecale (tratto finale), costituite da linfociti B (che producono anticorpi) e linfociti T, dalle IgA, anticorpi specifici che ricoprono la mucosa come una pellico­la protettiva.

L'appendice A rafforzare il tutto c'è poi l'appendice, un vero e proprio organo "sen­tinella", che grazie alla particolare ricchezza di tessuto linfatico, fa da richiamo ogniqualvolta ci sia una situazione infiammatoria e di "perico­lo" a livello intestinale, producendo una sostanza lubrificante e lisozi-ma che mantiene equilibrata la flora intestinale. Tutte le cellule immunitarie hanno un periodo vitale di tre giorni, per­tanto vengono continuamente rinnovate così come accade alle cellule della mucosa intestinale. Il sistema immunitario intestinale ha la funzione di permettere l'assor­bimento delle sostanze nutritive senza che queste scatenino reazioni immunitarie pericolose come accade nel caso delle intolleranze alimen­tari, inoltre consente l'eliminazione di microrganismi patogeni ed even­tuali sostanze tossiche introdotte con gli alimenti. Pertanto esso funzio­na non tanto come una barriera, ma più che altro come un filtro che seleziona le sostanze compatibili da quelle incompatibili. L'efficacia di questa funzione è garantita dalla presenza di una flora intestinale equilibrata che funge da attivatore aspecifico del sistema immunitario intestinale, mentre un suo squilibrio determina un carico tossinico ed un'alterazione della risposta immunitaria. Quando ciò accade, il sovraccarico tossinico può causare l'iperattivazio-ne della reazione immunitaria di tipo umorale con i relativi sintomi allergici, o l'ipoattivazione della funzione di filtro con conseguente pas­saggio di un'eccessiva quantità di sostanze estranee. Tutto questo comporta l'instaurarsi di uno stato di infiammazione prima localizzato a livello intestinale con sintomi di gonfiore, dolore, tensione, infine lo stato infiammatorio si diffonde nell'intero organismo ponendo le basi di malattie croniche a carico di diversi organi e appa­rati anche distanti dall'intestino. In primo luogo esse saranno localizza­te a livello cutaneo, in seguito a livello respiratorio fino ad un'intossica-

Disturbi dell'intestino 135

zione generale del sangue e in particolare del sistema nervoso con sin­tomatologie di tipo psichico, depressione, nervosismo, ansia, agitazio­ne, sensazione di panico ecc.

Le alterazioni più comuni Fattori responsabili delle più comuni alterazioni della flora batterica sono: • l'intossicazione da metalli pesanti, inquinanti, additivi, farmaci (anti­

biotici o anche lassativi); • la carenza di fibre vegetali dovuta allo scarso consumo di verdure,

frutta e all'uso di cereali raffinati (pane, pizza, pasta). In particolare, la riduzione della massa fecale rallenta il transito e favo­risce il ristagno delle sostanze tossiche. I batteri che predominano nella flora intestinale sono i bacteroidi che convertono gli acidi biliari colico e desossicolico in acido alcolico e 3-metilclorantrene che sono sostan­ze cancerogene. In una dieta ricca di fibre prevalgono invece i lattobacilli che non cata-bolizzano gli acidi biliari, mentre l'eccesso di proteine animali fa preva­lere gli escherichia e i clostridi. Inoltre, l'abuso di grassi insaturi idroge­nati (oli di semi industriali, margarine) e di grassi saturi (animali), soprattutto quelli contenuti nel latte e derivati, rendono la sottile mucosa che riveste il tenue, estremamente porosa, facilitando il pas­saggio di microbi e tossine e l'innesco della reazione immunitaria (infiammatoria); mentre lo zucchero raffinato favorisce i colibacilli. Anche gli stress emotivi prolungati e ripetuti, determinando uno squili­brio del sistema nervoso vegetativo possono alterare la funzionalità intestinale.

Alimenti pro-intestino Evidenziati quelli che sono i più comuni errori di carattere alimentare vediamo ora come è possibile integrare la dieta con cibi in grado di favorire il riequilibrio della flora intestinale. Lo yogurt vaccino è spesso tra gli alimenti consigliati, ma possono per­metterselo solo gli individui non linfatici (colore dell'iride scuro, nero o marrone), coloro che non soffrono di allergie, di colite, di alterazioni del sistema neurovegetativo e che non denunciano un livello di infiam­mazione intestinale elevato. Il suo consumo deve comunque essere sempre moderato, altrimenti è consigliabile ricorrere a yogurt prepara­to con latte di soia, o di riso e l'utilizzo di fermenti lattici (Lactobacillus àcidophilus, L. bifidus) ottenuti da colture su base vegetale.

136 Curarsi con il cibo

Ottimi sono gli alimenti fermentati: crauti, insalatini (tipici della cucina macrobiotica). Molto interessante è anche il consumo di miso. Il metodo Kousmine consiglia, come protettori della mucosa intestina­le, almeno due cucchiaini al giorno di oli di semi biologici spremuti a freddo (girasole, o lino, o germe di grano); mentre l'igienismo racco­manda le corrette combinazioni alimentari, carboidrati e proteine in pasti diversi, e soprattutto il consumo di crudità all'inizio del pasto. Per i tipi caldi, estroversi, di costituzione massiccia, più yang, sarà bene consumare più crudità; per i freddolosi, gli introversi, i "sensibiloni", magari con occhi azzurri e incarnato chiaro sarà ottima la zuppa di miso quotidiana. Tutti questi consigli, provenienti dalle grandi scuole di nutrizione vanno bene, ai fini di un'alimentazione sana, in grado di favorire l'attività del­l'intestino, si tratta solo di adattarli alle nostre esigenze personali e soprattutto di imparare ad ascoltare i segnali del corpo.

Alimenti Si Alimenti fermentati Oli di semi spremuti a freddo Alimenti non trattati in generale Olio extravergine d'oliva spremuto a Cereali integrali freddo Dolcificanti naturali Proteine vegetali Frutta fresca Verdura fresca

Alimenti No Alimenti con additivi Margarine Carne Oli di semi convenzionali Cereali raffinati Proteine animali Frutta sciroppata Sottaceti Insaccati Zuccheri raffinati

IPERTENSIONE

L'ipertensione arteriosa è una delle patologie più diffuse nei paesi indu­strializzati, ad esserne interessato è il 20% della popolazione adulta, tanto da essere considerato uno dei maggiori problemi clinici contem­poranei, anche per la difficoltà di una precoce diagnosi. Siamo abituati ad associare l'ipertensione ai disturbi circolatori della terza età o giù di lì. In effetti, si tratta di una patologia che può com­parire anche molto precocemente, ma che solo in età avanzata si mani­festa in maniera evidente, fino a rappresentare una delle cause di decesso più diffuse. Ecco perché è importante conoscerne le cause e il modo per prevenirla. Per comprendere le origini dell'ipertensione è necessario avere ben chiaro il funzionamento della circolazione arteriosa che può essere paragonata ad un recipiente pieno di liquido connesso con un tubo per l'afflusso e uno per l'efflusso. Il primo (il tubo di afflusso) è rappresen­tato dalla grande arteria aorta, attraverso cui il cuore pompa il sangue all'interno del recipiente, il secondo da tutte quelle piccole arterie (arte-riole) attraverso le quali il sangue esce dal sistema e si porta ai tessuti. Ovviamente, variazioni della pompa del cuore o del calibro delle arte-riole possono modificare la pressione all'interno del recipiente.

Una pompa a intermittenza Se questo è lo schema della circolazione arteriosa, la pressione sangui­gna è data dalla velocità e dalla spinta che il sangue circolante, pom­pato dal cuore, esercita sulle pareti dei vasi sanguigni per raggiungere tutti i distretti corporei. In definitiva, il cuore funziona come una pompa a intermittenza, dove la sistole (contrazione del cuore) si alterna alla diastole (rilasciamento), il valore massimo della pressione esercitata da questa contrazione è la

138 Curarsi con il cibo

pressione'"sistolica", la cosiddetta massima. Tra un battito e l'altro il cuore si rilascia e la pressione scende. Questo valore più basso è la pres­sione "diastolica" detta minima. L'unità di misura adottata sono i milli­metri di mercurio (sigla mm Hg) e i valori normali di pressione per un adulto sono 120 mm Hg (pressione sistolica) e 80 mm Hg (pressione diastolica). Di conseguenza, la pressione arteriosa si definisce con due valori: diastolica e sistolica scritti nella forma 140/90 mm Hg, che si legge "140 su 90".

Ipertensione sistolica Si parla di ipertensione sistolica quando i valori superano i 140 mm Hg e di ipertensione diastolica quando si.superano i 90 mm Hg, casi molto comuni con l'aumentare dell'età, quando la pressione tende a salire a causa della riduzione dell'elasticità dei vasi. Purtroppo, nella maggior parte dei casi, l'ipertensione non si manifesta con sintomi di rilievo e il suo riscontro è in genere casuale. Questo spie­ga perché viene in genere trascurata, nonostante i danni secondari cau­sati a diversi organi e il gran numero di decessi che determina ogni anno nei paesi cosiddetti sviluppati.

Le cause La causa più frequente di ipertensione è rappresentata dall'aumento delle resistenze periferiche, cioè la vasocostrizione dei vasi periferici, più raramente è collegata ai reni o a uno squilibrio ormonale, in altre paro­le, se durante il suo percorso, il sangue incontra ostacoli o restringi­menti il cuore è costretto ad intensificare la sua contrazione per supe­rare l'ostacolo. A lungo andare, questo sforzo eccessivo del cuore può provocare malattie cardiache o addirittura causare episodi vascolari cerebrali di una certa gravità (ictus) e infine problemi ai reni. Quando compaiono, i sintomi più frequenti di ipertensione sono: cefa­lea occipitale pulsante (più intensa al mattino appena svegli), sensazio­ni di vertigini, instabilità, annebbiamento della vista, ronzii auricolari, senso di vuoto nella testa; in qualche caso anche sincope. All'origine di questa diffusa patologia può esservi una predisposizione genetica, l'uso di contraccettivi orali, l'impiego di farmaci a base di ormoni, il fumo, la vita sedentaria, l'obesità, fattori psicologici e stress. In realtà, i fattori dietetici sono molto importanti nell'insorgenza dell'i­pertensione, esiste infatti uno stretto rapporto tra pressione arteriosa ed alimentazione. Senza dubbio l'introduzione di eccessive quantità di cibo e quindi un

Ipertensione 139

consumo elevato di calorie, causando sovrappeso, predispone all'iper­tensione per compressione e costrizione della circolazione periferica con comparsa di gonfiore e pesantezza agli arti inferiori. La riduzione del peso è dunque una forma fondamentale di profilassi per contenere l'ipertensione nei soggetti obesi o moderatamente in sovrappeso. Anzi, esiste un legame molto stretto con le abitudini ali­mentari, essendo una delle patologie più direttamente associate alla "dieta occidentale". Popolazioni con un diverso regime di vita in Oriente, Brasile o Africa non soffrono di ipertensione, e non fanno regi­strare un aumento della pressione sanguigna neanche tra gli anziani. Quando invece, gli individui appartenenti a queste popolazioni si tra­sferiscono in paesi "più civilizzati", adottandone il regime alimentare, cominciano anch'essi a soffrire di ipertensione, pur rimanendo invaria­ti i fattori razziali. È stato notato che a soffrire maggiormente di iper­tensione sono gli individui il cui regime alimentare è a base di cibi raf­finati e zuccheri, ricco di grassi saturi e povero di acidi grassi essenzia­li, calcio, magnesio, vitamina C e con rapporto sodio/potassio elevato.

Potassio e sodio Molti studi hanno dimostrato come un'alimentazione scarsa di potas­sio e ricca di sodio possa favorire l'insorgere di malattie cardiovascola­ri tra cui l'ipertensione; al contrario un'alimentazione ricca di potassio e scarsa di sodio può proteggere da queste malattie e può essere tera­peutica in caso di ipertensione. Un eccesso di sale alimentare (cloruro di sodio) è pericoloso, ma la sola limitazione del sodio non migliora la pressione se non si aumenta allo stesso tempo il consumo di potassio. Nella tipica dieta occidentale solo il 5% del sodio consumato proviene da componenti naturali del cibo. I cibi pronti contribuiscono al nostro consumo di sodio per il 45%, un altro 45% è aggiunto durante la cottura e il 5% finale è aggiunto come condimento. Il primo passo è dunque quello di ridurre o eliminare gli alimenti parti­colarmente ricchi di sodio come le carni conservate in genere e tutti i salumi. E se proprio non si riesce a fare a meno della carne, si possono consumare carni bianche, purché private della pelle. Tra i pesci, è neces­sario moderare il consumo di acciughe, salmone, tonno,.aringhe, alici e sardine a causa dell'eccessiva salatura e per la stessa ragione sono da evitare i formaggi stagionati. Attenzione anche ai dadi da brodo e agli alimenti in cui il sodio è utilizzato come conservante o esaltatore del sapore.

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Da scoraggiare è anche il consumo di zucchero comune che innalza la pressione sanguigna, probabilmente perché aumenta la produzione di adrenalina che provoca la contrazione dei vasi sanguigni e la ritenzio­ne di sodio. Al contrario degli alimenti raffinati, i cereali integrali e quin­di gli alimenti che contengono carboidrati complessi e fibre abbassano la pressione.

Alimenti consigliati L'eliminazione o quanto meno la riduzione degli alimenti sopra elenca­ti è una scelta necessaria per riequilibrare nella dieta il rapporto tra potassio e sodio che spesso è rovesciato in favore di quest'ultimo. Un altro passo importante è il consumo regolare di frutta e verdura, ali­menti ricchi di potassio e poveri di sodio. Tra i più ricchi sono da segna­lare: broccoli, carote, zucca, cavoli, spinaci, asparagi, pere, mele, melo­ne, prugne, albicocche, banane ecc. Oltre il 95% del potassio nell'organismo è concentrato nelle cellule, invece la maggior parte del sodio contenuto nell'organismo è deposi­tato all'esterno delle cellule, nel sangue e in altri liquidi organici. Le cel­lule pompano continuamente sodio all'esterno e potassio all'interno per mezzo della pompa sodio-potassio che è presente nelle membrane di tutte le cellule. Se il sodio non è pompato all'esterno l'acqua si accumula all'interno della cellula che può gonfiarsi fino a scoppiare e morire. La pompa sodio-potassio ha anche la funzione di mantenere la carica elettrica della cellula, una funzione molto importante soprattutto per le cellule muscolari e nervose. Durante la trasmissione nervosa e la contra­zione muscolare il sodio entra ed il potassio esce dalla cellula e il risul­tato è una variazione della carica elettrica con insorgenza dell'impulso nervoso e della contrazione muscolare. È chiaro che uno squilibrio di questi minerali in particolare a sfavore del potassio colpisce in primo luogo il sistema nervoso e la muscolatura.

L'importanza delle alghe Un altro elemento da valutare nel bilancio potassio/sodio, sono le "per­dite" che si verificano in discrete quantità attraverso il sudore, quando si pratica un esercizio fisico. Il fabbisogno di potassio cambia anche con l'età. In particolare, gli anziani "consumano" maggiori quantità di potassio rispetto ai più giovani e quindi la loro dieta deve essere più ricca di verdura, frutta, succhi ed eventualmente deve prevedere qual­che integratore.

Ipertensione 141

Fanno eccezione i soggetti che soffrono di problemi renali che invece devono limitare il consumo di potassio. Anche calcio e magnesio offrono una certa protezione dall'ipertensio­ne e possono essere terapeutici se assunti partendo da alimenti di ori­gine vegetale. Entrambi si trovano in grande quantità nelle foglie verdi, legumi e semi (vedi alla voce Osteoporosi). Un altro gruppo di alimenti consigliati nei casi di ipertensione sono le alghe, il cui consumo fornisce sali minerali nelle percentuali e nei rap­porti ottimali. In particolare, nelle alghe laminarie è stata individuata una sostanza, la laminina, che ha un effetto terapeutico sull'ipertensio­ne inducendo il rilasciamento della muscolatura liscia arteriosa e aumentando l'eliminazione urinaria di sodio. Inoltre le mucillagini delle alghe limitano fortemente l'assorbimento del colesterolo e contengono aminoacidi solforati (taurina) e sostanze ste-roliche che riducono i livelli di colesterolo nel sangue e altri fattori di rischio propri dell'iperteso.

La vitamina C Anche la vitamina C svolge un ruolo molto importante nella prevenzio­ne e nella terapia dietetica dell'ipertensione e questo per diverse ragio­ni. Studi scientifici hanno dimostrato una relazione inversa tra i livelli di vitamina C nel sangue e la pressione arteriosa, più è basso il livello della vitamina più è alta la pressione. Inoltre la vitamina C aiuta l'organismo ad eliminare i metalli pesanti come piombo (ritrovato in elevate concentrazioni nel sangue di un numero significativo di ipertesi) e cadmio (aumenta la pressione san­guigna) assunti in continuazione tramite l'aria, l'acqua, il fumo di siga­retta. È noto che il fumatore di sigarette presenta elevate concentrazio­ni di piombo e cadmio nel sangue e basse concentrazioni di vitamina C rispetto a chi non fuma. Un fenomeno questo che può spiegare lo stretto rapporto tra fumo e ipertensione.

No al caffè Un aumento della pressione può essere causato anche dal consumo di sostanze eccitanti (caffè, tè, bevande a base di cola, guaranà, cioccola­to) o di alimenti contenenti grassi saturi che favoriscono il deposito di grassi sulle pareti delle arterie determinandone il restringimento del calibro. Per questa ragione latte e derivati, burro e formaggi aumenta­no il rischio per l'iperteso, mentre al contrario gli oli vegetali, ricchi di grassi insaturi, soprattutto se di produzione biologica e spremuti a fred-

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do, sono utilissimi per la circolazione. Altri alimenti indicati per chi soffre di ipertensione sono: aglio, cipolla, semi oleosi (per il contenuto in oli insaturi), verdure a foglie verdi (con­tengono magnesio e calcio), cereali integrali e legumi (per le fibre), agrumi e broccoli (per la vitamina C), pesce magro come sogliola, mer­luzzo, rombo, spigola, dentice, orata, nasello.

Eliminare il sale, fa sempre bene? Alcuni ipertesi evitano totalmente il sale, ma anche questo è un ecces­so che non fa bene. Un po' di sale marino integrale nella dieta è inve­ce ottimo per stimolare la funzione renale, così come il consumo di miso e alghe, in grado di assicurare un apporto equilibrato di sodio e degli altri sali necessari all'organismo. Si tratta, come sempre, di trovare il giusto equilibrio, a tavola abbiamo bisogno di tutti i sapori: salato, dolce, amaro, aspro, piccante. L'importante è che nessuno di questi cinque sapori prenda il sopravven­to sugli altri. Magari può capitare per un breve periodo, ma se questo "squilibrio" diventa un'abitudine alimentare, prima o poi si arriva alla malattia. Abbiamo indicato la sedentarietà, come uno dei cofattori più noti del­l'ipertensione è quindi ovvio che l'esercizio fisico aerobico regolare può svolgere un'importantissima azione per la salute cardiovascolare, ma anche in questo caso si tratta di non esagerare.

Aglio: elisir per il cuore

Laglio è un bulbo con specifiche proprietà curative ed inoltre insaporisce otti­mamente i nostri cibi. Sono ben note le proprietà ipotensive che ne fanno un ottimo complemento per l'alimentazione degli ipertesi, in più rafforza l'energia di contrazione del cuore. L'azione espettorante e in generale sull'apparato respiratorio non stupisce se si considera che l'olio essenziale o le sostanze volatili contenute nell'aglio vengo­no in gran parte eliminate attraverso l'albero respiratorio. Sull'apparato gastroenterico esplica un'azione antisettica (disinfettante), elimina i parassiti inte­stinali e la candida avendo un'azione antifungina, fluidifica la bile. Oltre all'attività antibatterica, il succo diluito è in grado di inibire lo sviluppo di stafilococchi, streptococchi, vibrione del colera, bacilli del tifo e paratifo, ha un effetto leggermente fluidificante del sangue, riduce i grassi e gli zuccheri nel san­gue, ha un'azione antiartritica.

Ipertensione 143

Alimenti Sì Aglio Oli di semi spremuti a freddo Alghe Pesce magro (sogliola, merluzzo, Cereali integrali rombo, spigola, dentice, orata, nasello) Cipolla Semi oleosi Dolcificanti naturali non raffinati Tisane Frutta (agrumi) Verdure a foglie verdi Legumi

Alimenti No Bevande a base di cola Guaranà Burro Insaccati Caffè Latte e derivati Carni rosse Strutto Cereali raffinati Tè Cioccolato Zuccheri raffinati Formaggi

IPOGLICEMIA

L'alto consumo di zuccheri e farine raffinate, gli intervalli troppo lunghi tra i pasti, l'assunzione di bevande nervine, le carenze nutrizionali e lo stress possono favorire quello che in medicina viene chiamata l'ipogli-cemia funzionale, un disturbo molto più diffuso di quello che si crede. A provocarla è l'eccessiva secrezione di insulina, come reazione ad un consumo elevato di dolci e stimolanti. È noto che oltre ai più conosciuti macronutrienti, zuccheri (carboidra­ti), grassi (lipidi) e proteine, il nostro organismo necessita, per vivere, anche dei cosiddetti micronutrienti. Si tratta di fibre, minerali e vitami­ne, indicati con il termine "micro", non tanto per la loro minore impor­tanza per il nostro metabolismo, quanto per il fatto di essere presenti in piccole quantità. Tra i macronutrienti sono soprattutto i carboidrati, contenuti in cereali, verdure, frutta, legumi, frutta secca e semi ad essere interessati diretta­mente al fenomeno dell'ipoglicemia.

Semplici o complessi Dal punto di vista chimico, i carboidrati si distinguono in zuccheri sempli­ci e zuccheri complessi. Quest'ultimi sono legati fra loro per formare 'catene' di varia lunghezza. Un monosaccaride è un carboidrato formato da una sola molecola di zucchero (esempio: glucosio, fruttosio, galatto­sio); un disaccaride è un carboidrato formato da due molecole di zucche­ro (esempio: glucosio + glucosio = malto; glucosio + fruttosio = sacca­rosio; glucosio + galattosio = lattosio); infine gli oligosaccaridi sono for­mati da 3 a 11 molecole di zuccheri; le destrine sono formate da centi­naia di oligosaccaridi; i carboidrati complessi sono formati da migliaia di oligosaccaridi (è il caso di amidi, cellulosa, pectine, glicogeno). Con il processo della digestione tutti i vari tipi di carboidrati vengono

Ipoglicemia 145

trasformati in glucosio. Gli zuccheri semplici vengono assorbiti dall'in­testino e convogliati al fegato il quale ne regola il metabolismo; quan­do il glucosio è in eccesso il fegato lo trasforma in grosse molecole (gli­cogeno) che fungono da deposito per fornire energia in caso di emer­genza. Quando i depositi di glicogeno raggiungono la saturazione, il glucosio in eccesso viene convertito in acidi grassi e trigliceridi, i famosi grassi che vengono poi immagazzinati come tessuto adiposo in varie parti del corpo.

Cosa accade durante il digiuno Il mantenimento dei valori del livello di glucosio nel sangue (glicemia) entro limiti relativamente ristretti (50-85 mg/100 mi) è una caratteristi­ca fondamentale di un organismo che gode di buona salute. Non bisogna dimenticare che il glucosio è il substrato energetico prin­cipale del cervello ed una sua carenza, allo stesso modo di una caren­za di ossigeno, produce disturbi più o meno gravi della funzione cere­brale. Questo perché il cervello non è in grado di utilizzare altri substrati come fonte di energia, al contrario di quasi tutti gli altri tessuti corporei che in carenza di zuccheri utilizzano dei derivati dei grassi (acidi grassi libe­ri). Durante la prima fase del digiuno, per esempio, l'organismo man­tiene un'adeguata funzione cerebrale grazie alla capacità del fegato di liberare glucosio dai depositi, inoltre il fegato è in grado di sintetizzare glucosio a partire da altri precursori che vengono messi a disposizione dai tessuti periferici. Nello stesso tempo diminuisce l'utilizzazione del glucosio da parte degli altri tessuti che "si accontentano" di altre sostanze, lasciando il prezio­so glucosio prodotto dal fegato al grande signore "il cervello". Tutti questi meccanismi di adattamento sono controllati da ormoni e sono estremamente efficaci. I quattro ormoni che in questo ambito entrano in gioco sono: adrenali­na e cortisolo (sono i due ormoni dello stress), glucagone (esatto antago­nista dell'insulina, prodotto dal pancreas) e l'ormone della crescita, GH.

Diversi tipi di glicemia L'ipoglicemia è appunto un abbassamento della glicemia (valori inferio­ri ai 50 mg/100 mi); più propriamente l'abbassamento eccessivamente rapido della glicemia o la fluttuazione della stessa. Ovviamente si trat­ta di un fenomeno che può manifestarsi con modalità diverse.

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L'ipoglicemia organica, è abbastanza rara ed è provocata da anomalie pancreatiche, patologie del fegato, dei surreni, della tiroide o della ghiandola ipofisi. Si tratta di malattie che portano ad uno squilibrio del sistema di controllo, il sistema ormonale. L'ipoglicemia funzionale è invece molto comune, è provocata da un'ec­cessiva secrezione di insulina (ormone rilasciato dal pancreas) come reazione ad un consumo elevato di dolci e stimolanti. I sintomi generali più comuni a questi disturbi sono: sensazione di stan­chezza, mancanza di forze, difficoltà di concentrazione, confusione mentale, vertigini, tendenza agli svenimenti con o senza oscuramenti della vista, irritabilità, sudorazione, estremità fredde, dolori muscolari, tremori, mal di testa, tachicardia, sbalzi d'umore fino ad apatia, depres­sione, ansietà, insonnia e fobie. In particolare, la sudorazione, i tremo­ri, l'ansietà, il nervosismo e il senso di fame sono dovuti alla liberazio­ne di adrenalina. Qui non discutiamo dell'ipoglicemia grave che comporta sintomi cere­brali fino alle convulsioni e la perdita di coscienza in quanto sono rari e legati a patologie importanti.

Le cause più comuni Le cause più comuni dell'ipoglicemia funzionale sono: • elevato consumo di zuccheri e farine raffinate; • intervalli troppo lunghi tra i pasti; • caffè e stimolanti; • carenze nutrizionali; • stress ed esaurimento dei surreni; • carenze enzimatiche. Attenzione a non confondere l'ipoglicemia con l'anemia di cui abbia­mo già trattato (vedi alla voce relativa). Anch'essa dà alcuni sintomi simili come stanchezza, tachicardia ecc., ma ha un'origine completa­mente diversa.

II ruolo della GTF La regolazione del metabolismo del glucosio è anche influenzata da una molecola (GTF) che stimola e migliora le funzioni dell'insulina, ormone che consente l'ingresso di glucosio nelle cellule dalle quali poi deve essere utilizzato. Questa molecola contiene cromo, un minerale fondamentale per l'or­ganismo (purché non si trovi in eccesso) che si trova nel lievito e nei cereali integrali. Anche le vitamine del gruppo B, di cui sono particolar-

Ipoglicemia 147

mente ricchi i cereali integrali, svolgono un ruolo molto importante nel metabolismo degli zuccheri.

Consigli alimentari Se questo è il quadro complessivo legato all'assorbimento degli zucche­ri, quali sono gli alimenti consigliati per evitare squilibri e disturbi meta­bolici? Ad essere sconsigliati sono soprattutto gli stimolanti (caffè, tè, tabacco, cioccolata, Coca-Cola), gli zuccheri raffinati, alcuni ortaggi come patate e zucca, dolcificanti come il miele, i cibi in scatola, i suc­chi di frutta e le bevande gassate. In particolare il consumo di caffeina è da evitare perché provoca la secrezione di adrenalina che determina un innalzamento della glicemia improvviso con forte liberazione di insulina e successiva caduta del livello glicemico. Per lo stesso motivo è consigliabile non fumare. Anche il consumo di alcool è sconsigliabile perché danneggia il fegato e potrebbe quindi influire sul metabolismo epatico dei carboidrati; inoltre 'consuma' vitamina B3; rappresenta un apporto troppo concentrato di zuccheri che risultano quindi più diffici­li da metabolizzare. Dolciumi, bibite gassate dolci, carboidrati raffinati non vanno bene per­ché rappresentano un apporto troppo concentrato di zuccheri, consu­mano nutrienti per il loro metabolismo, ma non ne forniscono a suffi­cienza. Per evitare l'insorgere di ipoglicemia funzionale è necessario fare attenzione anche all'apporto proteico, decisamente out sono carne di maiale, insaccati e carni rosse; mentre ampiamente consigliati sono cereali integrali, verdure e frutta di stagione, germogli di legumi e cereali, legumi, latte vegetale (mandorle, riso, soia, cereali vari), protei­ne di origine vegetale (seitan, tofu, tempeh), frutta secca, semi, oli spre­muti a freddo, alghe e come bevande, tisane, caffè d'orzo e tè privi di teina (bancha, mu, toucha, karkadè). Vanno invece consumati con moderazione la frutta troppo dolce (bana­ne, uva, meloni, anguria) il pesce, le uova; mentre ai carnivori si consi­glia almeno di preferire le carni bianche. Due utili precauzioni per poter mantenere stabile il livello di glicemia a livello corporeo, soprattutto inizialmente, consistono nel consuma­re 6-8 piccoli pasti nel corso della giornata e nel mantenere stabili gli orari dei pasti. A questo proposito un'importanza particolare riveste anche la colazione, mentre molte utile è l'abitudine di assumere al risveglio un bicchiere d'acqua con spremuti 1/2 limone, 1/2 arancia o 1/2 pompelmo, oppure arricchirla con un cucchiaino di aceto di mele. In sua sostituzione si può assumere una tazza di una tisana alle erbe

148 Curarsi con il cibo

(tarassaco radice e foglie, bacche di ginepro, menta, camomilla, malva), assicurandosi che si tratti di erbe provenienti da coltivazioni biologiche certificate. Altri alimenti consigliati sono: lievito di birra (in quanto contiene cromo, zinco, selenio e vitamine del gruppo B), lecitina di soia (coadiu­vante delle funzioni epatiche), succo di ribes nero (contenente vitami­na C che normalizza le funzioni dei surreni), semi (per il contenuto in zinco) e olio di germe di grano (ricco di vitamina E).

La crema Budwig In conclusione è indispensabile ridurre il più possibile gli zuccheri sem­plici a rapido assorbimento e consumare carboidrati complessi ad assorbimento lento in modo da rendere stabile il livello glicemico. I con­sigli della macrobiotica in questo senso sono dunque utilissimi, ma anche il metodo dietetico della dottoressa Kousmine ha qualcosa di veramente utile da insegnare a chi soffre dei sintomi tipi dell'ipoglice-mia che riguardano certamente una grande fetta della popolazione. Tornando alla colazione, una proposta molto valida rimane la famosa crema Budwig leggermente modificata. Si tratta di un pasto naturale, composto solo da alimenti freschi. È un piatto che sazia, è delizioso, contiene tutti i principi nutritivi di cui si è parlato precedentemente ed assicura un livello glicemico costante per un tempo sufficientemente lungo. È il miglior sostituto alla tradizionale tazzina di caffè del matti­no e fa miracoli.

I fattori negativi che influiscono particolarmente sul metabolismo dei carboidrati

Consumo di caffeina: provoca la secrezione di adrenalina che determina un

innalzamento della glicemia improvviso con forte liberazione di insulina e suc­

cessiva caduta del livello glicemico.

Consumo di tabacco (vedi caffeina).

Consumo di alcool: danneggia il fegato e potrebbe quindi influire sul meta­

bolismo epatico dei carboidrati; 'consuma' vitamina B3; rappresenta un appor­

to troppo concentrato di zuccheri che risultano quindi più difficili da metabo­

lizzare.

Consumo di dolciumi, bibite gassate, dolci, carboidrati raffinati: rappresen­

tano un apporto troppo concentrato di zuccheri; consumano nutrienti per il

loro metabolismo, ma non ne forniscono a sufficienza.

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Alimenti Sì Alghe Caffè d'orzo

Oli spremuti a freddo Proteine di origine vegetale (seitan,

Cereali integrali tofu, tempeh)

Frutta di stagione Semi oleosi

Frutta secca Tè privi di teina (bancha, mu, toucha,

Germogli di legumi e di cereali karkadè) Latte vegetale (mandorle, riso, soia, cerea- Tisane li vari) Verdure di stagione

Legumi

Alimenti No • Caffè Dolcificanti

Carboidrati raffinati Insaccati

Carne di maiale Miele

Carni rosse Patate

Cibi in scatola Succhi di frutta e bevande gassate

Cioccolato Tabacco

Coca-Cola T è

Da consumare con moderazione Carne bianca Pesce Frutta dolce (banane, uva, anguria)

meloni, Uova

MENOPAUSA

Per la maggior parte delle donne la perdita della fertilità è vissuta spes­so con grande disagio, fino a sfociare in forme più o meno gravi di depressione. In realtà, numerosi studi hanno evidenziato un'importan­te componente psicologica nei disturbi che in genere accompagnano la menopausa, tanto che in genere essi sono maggiori nelle donne che hanno vissuto negativamente la menopausa della propria madre. L'errore di fondo è quello di vivere questa delicata fase della vita della donna come una sorta di malattia e non come un processo fisiologico del tutto naturale. Si tratta quindi di liberarsi da una parte dei numero­si luoghi comuni e dalle paure ingiustificate ("perdita della giovinezza e quindi della capacità di attrarre l'altro sesso") e dall'altra di attuare una serie di attenzioni e accorgimenti in grado di alleviare i disturbi più comuni della menopausa. In questo l'alimentazione può avere un ruolo molto importante. Vediamo perché.

La sindrome del nido vuoto La menopausa insorge nella donna tra i 40 e i 50 anni, ed è preceduta dal climaterio, fase di passaggio dalla vita feconda alla cessazione della facoltà di riproduzione. Durante il climaterio si registra una riduzione della produzione di progesterone, compensata dall'aumento di estro­geni. Ed è proprio lo squilibrio tra estrogeni e progesterone a provoca­re insieme alle irregolarità mestruali, le cosiddette "vampate di calore" tipiche di questa fase. Inoltre, si possono manifestare dolori al basso ventre, una maggiore facilità all'aumento di peso e una tendenza all'in­sonnia e irritabilità. Molte donne inoltre accusano forme di cefalea, soprattutto al mattino, e addome gonfio. Dal punto di vista medico, la menopausa vera e propria ha inizio quan­do la mestruazione è oramai cessata da un anno. L'ovaio va incontro a

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involuzione, cessa l'ovulazione e vi è un radicale mutamento della pro­duzione ormonale gonadica. La produzione di estrogeni si riduce net­tamente sino a diventare insufficiente a produrre la proliferazione della mucosa uterina ed il successivo sanguinamento mestruale. L'ovaio in menopausa secerne una sostanza a debole azione androgena che viene trasformata in estrone a livello dei tessuti periferici.

Non è una malattia Nonostante le profonde trasformazioni ormonali ed organiche, appare evidente che la menopausa non è una malattia, ma un'evoluzione nor­male e fisiologica del sistema riproduttivo femminile. E quindi come tale deve essere vissuta. In alcune donne si può manifestare senza sin­tomi apparenti, in altre possono comparire disturbi legati principalmen­te al deficit di estrogeni ed alle risposte del sistema nervoso autonomo. L'instabilità vasomotoria, tipica di questo periodo, può provocare vam­pate e sudorazione, possono comparire nervosismo, affaticabilità, depressione, irritabilità, insonnia, palpitazioni, intorpidimento e formi­colìi. Inoltre, la pelle perde elasticità e diventa più secca, anche le muco­se dei genitali tendono all'atrofia e diventano più secche. Con il tempo può comparire osteoporosi.

Il ruolo dell'alimentazione Una sana e corretta alimentazione, con qualche particolare integrazio­ne, può essere di grandissimo aiuto per vivere al meglio e senza troppi disturbi questa naturale fase della vita della donna. Numerose osserva­zioni epidemiologiche hanno evidenziato una minor incidenza dei disturbi tipici della menopausa, in particolare vampate, secchezza vagi­nale, atrofie tessutali, osteoporosi, arterosclerosi, tumori mammari, uterini e intestinali nelle popolazioni orientali la cui dieta è ricca in estratti della soia: latte, salse, tofu, tempeh ecc. Ad interessare i ricercatori sono stati soprattutto i fitoestrogeni, così chiamati perché la loro struttura risulta molto simile a quella degli ormoni femminili (struttura fenolica). Secondo i più recenti studi, sem­brerebbe che tali composti siano in grado di operare un effetto di modulazione selettiva sui recettori estrogenici ricucendo i disturbi in genere associati alla menopausa. Sembra oramai accertato che i fitoe­strogeni si limitino a stimolare i tessuti che tendono a degenerare (a invecchiare) per carenza di estrogeni (per esempio: ossa, cervello, pelle, vagina, sistema cardiovascolare) mentre risultano poco attivi nei con­fronti dei tessuti a rischio oncologico come l'utero e la mammella.

152 Curarsi con il cibo

Un'altra interessante proprietà dei fitoestrogeni sembra essere l'azione antiossidante (con riduzione dei radicali liberi) svolta sia a livello tessu­tale, sia nei compartimenti extra e intracellulare.

Dove si trovano i fitoestrogeni Ecco l'elenco dei più importanti fitoestrogeni fino ad oggi individuati negli alimenti: • isof lavoni , sono presenti in soia, lenticchie, piselli, fagioli, finocchi,

grano saraceno e cavolini di Bruxelles; • l ignani , sono contenuti nell'olio di oliva e in quello di girasole, nella

frutta (in particolare mele, pere e ciliegie), nei semi di lino e di sesa­mo, nel frumento, in carote, finocchi, aglio, cipolla e nella birra;

• c l u m e s t a n i , presenti nei germogli; • l a t t o n i dell'acido resorcilico contenuti nei funghi. Tali sostanze, una volta introdotte con gli alimenti nell'organismo, ven­gono assorbite a livello dell'intestino tenue attraverso un processo enzi­matico mediato dai batteri intestinali. Ovviamente, tale processo è influenzato dal tipo di dieta in atto, dalla velocità di transito intestina­le, dal pH locale, dalla flora batterica intestinale ecc. Appare evidente quindi l'importanza di un'efficace funzione intestinale e di un buon equilibrio della flora batterica per la trasformazione dei fitoestrogeni nella loro forma attiva e quindi facilmente assimilabile. Quali sono dun­que gli accorgimenti per migliorare l'assimilazione dei fitoestrogeni? Si tratta innanzitutto di ridurre notevolmente o meglio ancora evitare l'assunzione di grassi e proteine di derivazione animale, o quanto meno preferire il consumo di pesce a quello delle carni. Va invece benissimo il consumo di cereali integrali, legumi, verdura e frutta; così come l'as­sunzione di zuppe e minestre con l'aggiunta di miso. Ottimi integratori sono anche i semi di girasole, sesamo e lino, ricchi di zinco e di vitamina E ed E Essi agiscono meravigliosamente sulla pelle e inoltre svolgono un'azione antiossidante e antinvecchiamento in gene­rale. Tali semi tostati in padella, possono essere aggiunti a insalate e pie­tanze migliorando il sapore dei piatti e il loro valore nutrizionale.

Menopausa 153

Il f o r m a g g i o di soia a tavola

Secondo la tradizione popolare cino-giapponese, l'ideatore dell'attuale metodo di produzione del tofu fu il monaco taoista Lin An, insigne filosofo, nonché alchi­mista, vissuto intorno al 160 a. C. Grazie alla semplice preparazione, alla facile assimilazione e alle eccellenti proprietà nutrizionali, da allora il tofu è diventato, in gran parte dei paesi orientali il più popolare derivato della soia. In Occidente il "formaggio di soia" è arrivato in tempi relativamente recenti, ma la sua diffu­sione, prima limitata esclusivamente alla ristretta cerchia dei macrobiotici, è oggi in rapida espansione. Quali sono le ragioni della sua così vasta affermazione? Il tofu permette di consumare la soia in una forma più assimilabile, gradevole e di facile preparazione, più vicina alle abitudini alimentari di noi occidentali. Mentre per le popolazioni dell'estremo Oriente, la cui dieta è stata da sempre povera di proteine animali, l'importanza della soia risiede nella sua ricchezza di proteine, nei paesi occidentali, dove il 3 0 % della mortalità è dovuta a malattie cardiovascolari, la soia e i suoi derivati come il tofu, assumono grande rilievo soprattutto per l'elevato contenuto di fitoestrogeni e lecitina. Dei fitoestrogeni è stato già detto parlando degli effetti positivi nei confronti della menopausa, per quanto riguarda la lecitina (presente in quantità circa doppia rispetto a quella degli altri legumi), essa interviene direttamente nel metabolismo dei grassi da una parte rallentando l'accumulo e favorendo l'eliminazione del colesterolo a bassa densità (Low Density Lipoproteins), dall'altra innalzando il livel­lo ematico del cosiddetto "colesterolo buono" (Hight Density Lipoproteins) svol­gendo in definitiva un'efficace azione anti-colesterolo.

In Occidente le preziose e innumerevoli proprietà nutrizionali dei fagioli di soia sono state fino ad oggi poco sfruttate per la difficile digeribilità, l'eccessiva labo­riosità di preparazione e l'inusuale sapore del "legume giallo". Inconvenienti che appaiono del tutto assenti nel tofu, la cui principale caratteristica è quella di pre­sentare insieme un'eccezionale versatilità d'impiego in cucina, una rapida prepa­razione e una elevata digeribilità: il tutto ottenuto senza alterare il valore nutri­zionale originario dei fagioli di soia. Inoltre a differenza della soia in grani, il tofu presenta un sapore molto delicato, quasi impercettibile che ben si presta ad essere condito secondo il gusto personale di ognuno. Come per tutti gli altri legumi, anche le proteine del tofu risultano carenti di metionina e cistina, per­tanto, per assicurarne una più completa assimilazione, il consumo del formaggio di soia va associato a quello dei cereali. Una combinazione resa doppiamente valida dalla presenza nel tofu di un elevato contenuto di lisina, un aminoacido essenziale di cui sono invece poveri i cereali.

154 Curarsi con il cibo

Un t o f u diverso per o g n i esigenza Sul mercato si trovano principalmente tre diversi tipi di tofu: il tofu fresco, quel­lo a lunga conservazione e il tofu secco. Tutti e tre i tipi di tofu vengono confe­zionati in barattoli di vetro o sottovuoto in buste di polietilene. Ognuno dei tre tipi di tofu presenta dei vantaggi e degli elementi critici. Il tofu fresco è sicura­mente la forma più gustosa e sbrigativa per utilizzare il "formaggio di soia", ma necessita di essere consertato in frigorifero e va comunque consumato entro una ventina di giorni dalla data di preparazione. Il tofu secco e il tofu a lunga con­servazione sono invece i più adatti per farne delle scorte, quando non si ha un negozio di prodotti biologici nelle vicinanze. Un'altra differenza sostanziale tra le diverse forme di tofu presenti sul mercato riguarda l'origine della soia utilizzata. Al momento dell'acquisto è bene assicurarsi che si tratti di tofu preparato con soia proveniente "da coltivazione biologica" certificata, l'unica in grado da garan­tire l'assenza di residui da pesticidi e l'impiego di soia non transgenica. Per i b u o n g u s t a i c'è anche il t e m p e h

Oltre al tofu, un altro modo assai gustoso di consumare la soia è il tempeh. Si tratta di un alimento originario dell'Indonesia e della Malesia, venduto a forma di panetto di color biancastro e ottenuto dalla frantumazione di semi di soia cotta e poi fatta fermentare per ventiquattrore, sotto l'azione del Rhizophus ory-zae, dentro foglie di banano. Oltre ai fitoestrogeni esso presenta un elevato contenuto di aminoacidi facilmente assimilabili, sali minerali (calcio e ferro in par­ticolare), vitamine (B e B6), acidi grassi insaturi. Si consuma tagliato a fette, frit­to, alla piastra, stufato con verdure, al forno o in salamoia.

Alimenti Sì

Aglio Proteine vegetali, in particolare la soia Aneto Salvia Cereali integrali Semi di girasole Frutta di stagione Semi di lino Funghi Semi di sesamo Legumi Verdura di stagione Liquirizia Zuppe e minestre vegetali Olio di oliva e semi s premuti a freddo

Alimenti No Cereali raffinati Oli di semi convenzionali Grassi animali Proteine animali Margarine

METABOLISMO E MALATTIA CORONARICA

Studi recenti, hanno confermato l'influenza diretta di un regime ali­mentare scorretto nell'insorgenza e nell'aggravamento di alcune malat­tie come la sindrome metabolica e la malattia coronarica che ne rap­presenta l'evoluzione finale. Tutto ciò accade perché le abitudini alimentari sono sempre di più sot­toposte ad una serie molteplice di sollecitazioni che solo occasional­mente coincidono con il reale fabbisogno dell'organismo. Da questo punto di vista, durante il secolo scorso si è assistito ad una profonda modifica, sia quantitativa che qualitativa, dei costumi alimen­tari che non è certo estranea all'epidemia di malattie cardiovascolari, oggi diffusa nei paesi più industrializzati. Un cambiamento venutosi a creare anche in seguito al passaggio della società da agricola a industria­le. L'accresciuto potere d'acquisto, la nascita dell'industria alimentare, la pubblicità che stimola continuamente i consumi, e la riduzione del tempo disponibile per la preparazione casalinga del cibo, hanno rappre­sentato importanti elementi di evoluzione nel costume alimentare.

I fattori di rischio In primo luogo si è prodotto un incremento nell'assunzione quotidiana di alimenti e un decremento progressivo dell'attività fisica della popo­lazione con il conseguente aumento della sedentarietà. Infine si è assi­stito alla crescita del consumo di zuccheri semplici (a discapito di quel­li complessi), grassi saturi e proteine d'origine animale rispetto a quel­le vegetali. Un'evoluzione delle abitudini alimentari che non è certa­mente estranea all'esplosione delle malattie metaboliche e cardio­vascolari, cui stiamo assistendo già da qualche decennio. In questo quadro s'inserisce la cosiddetta "sindrome metabolica", una condizione caratterizzata dalla contemporanea associazione di diversi

156 Curarsi con il cibo

fattori di rischio metabolici in una stessa persona. I maggiori fattori, ma spesso non gli unici, di questa sindrome sono: alterazione del profilo dei grassi nel sangue (dislipidemia) con aumento dei trigliceridi1; dimi­nuzione del colesterolo protettivo (HDL) e aumento di quello negativo (LDL); presenza di particelle di LDL-colesterolo più dense, più piccole e dotate di un elevato potenziale aterogeno (che cioè porta all'ateroscle­rosi e quindi ad importanti rischi di tipo cardiovascolare); obesità addo­minale; ipertensione arteriosa; intolleranza glucidica (per gli zuccheri), comprendente il diabete non insulinodipendente, la ridotta tolleranza glucidica e l'alterata glicemia a digiuno, tutte e tre ad alto rischio di svi­luppo di malattie cardiovascolari; stato pro-trombotico (aumento del fibrinogeno e dell'inibitore dell'attivatore del plasminogeno 1, PAI-1 ) in parte responsabile dell'aumento del rischio di aterosclerosi.

Dieta e malattie Dieta e sindrome metabolica rappresentano un binomio stretto che si può leggere in due sensi: da una parte gli errori alimentari rappresen­tano il più importante fattore ambientale che realizza, in un terreno genetico suscettibile, l'espressione della malattia; dall'altra attraverso una corretta alimentazione, è possibile trattare l'intera sindrome. A confermare lo stretto legame tra alimentazione e sindrome metabo­lica è anche uno studio effettuato da Roberts e pubblicato nel 2001. Anche se non condividiamo le ricerche scientifiche basate sull'inutile sacrificio di animali (lo studio in questione è stato condotto su dei ratti che sono stati nutriti per i primi venti mesi con una dieta ricca di gras­si saturi e zuccheri semplici e successivamente per altri due mesi con l'introduzione di fibre e grassi polinsaturi), ci sembra interessante cita­re i risultati dello studio che vanno a convalidare quanto da tempo viene affermato dai sostenitori dell'alimentazione naturale. Nel primo periodo (dieta ricca di grassi saturi e zuccheri semplici) i ratti hanno sviluppato un quadro clinico completamente sovrapponibile alla sindrome metabolica umana e, come nell'uomo, le singole manifesta­zioni sono state precedute dall'instaurarsi di uno stato di insulino-resi-stenza. È comparsa un'iperinsulinemia dovuta all'eccessivo consumo di zuccheri semplici che stimolano bruscamente la sintesi e la secrezione

1. I trigliceridi costituiscono il principale tipo di grasso presente nelle riserve lipidiche dell'organismo. Derivano principalmente dalla dieta ed in piccola parte dall'organismo. Sono aumentati sia per predisposizione ereditaria che per diete ricche di grassi. L'aumento del valore dei trigliceridi rappresenta un importante fattore di rischio per le malattie cardiache ed il diabete.

Metabolismo e malattia coronarica

d'insulina da parte del pancreas, seguita da ipertrigliceridemia (aumen­to dei trigliceridi nel sangue), aumento del colesterolo "cattivo" (VLDL e LDL) e del rapporto colesterolo cattivo/colesterolo protettivo (LDL/HDL).

No ai grassi saturi La dieta ricca di grassi saturi e zuccheri semplici ha scatenato nei ratti utilizzati nello studio, uno stress ossidativo che ha provocato una disfunzione cronica a livello della parete dei vasi; un disturbo partico­larmente pericoloso a causa della formazione di placche che caratteriz­zano l'aterosclerosi. Inoltre è stato osservato l'insorgere di ipertensione e obesità addominale di grado severo. Con la modificazione della composizione della dieta, le cose sono profondamente cambiate. Dopo due mesi di un regime dietetico ricco di fibre e grassi insaturi (d'origine vegetale) si è assistito alla regressio­ne di ognuna delle manifestazioni patologiche di cui sopra, rendendo evidente il ruolo della composizione della dieta nella genesi e nella riso­luzione di queste malattie. Sebbene il meccanismo che genera la sindrome metabolica non sia ancora pienamente conosciuto, appare evidente che la causa scatenan­te possa essere l'insulino-resistenza. Molte, se non tutte, le componenti della sindrome metabolica possono essere prevenute e curate con una modifica dello stile di vita; di fonda­mentale importanza sono l'esercizio fisico e l'alimentazione. L'esercizio fisico migliora la sensibilità insulinica, senza contare i bene­fici legati all'eventuale perdita di peso, specie nei soggetti obesi. In par­ticolare, si consiglia di praticare un'attività di tipo fisico per almeno 15-20 minuti, poiché studi recenti hanno evidenziato che cicli di esercizi, sotto forma di cammino sostenuto, svolti per un periodo di tempo mul­tiplo di 10 minuti possono produrre benefici superiori a quelli che si ottengono con gli stessi esercizi condotti per la stessa durata di tempo, ma con intervalli più lunghi (20-40 minuti). Per quanto riguarda l'ali­mentazione ed in particolare l'assunzione di grassi, di primaria impor­tanza è la qualità della sostanze grasse assunte piuttosto che la quan­tità; mentre per quanto riguarda i carboidrati è importante anche la quantità. In definitiva, una dieta corretta deve presentare la seguente composi­zione: 50% carboidrati (di questi la massima parte devono essere rap­presentati da carboidrati complessi, come i cereali integrali); 30% gras­si (di questi la massima parte devono essere insaturi come oli spremuti

158 Curarsi con il cibo

a freddo, semi, frutta oleosa, grassi contenuti nel pesce); 15% proteine (per lo più d'origine vegetale come legumi, soia, pesce e, per chi la desi­dera, una piccola quantità di carne bianca). Gli alimenti da evitare o ridurre sono invece: cibi raffinati, carne, zuc­chero, latte e derivati; alimenti che possono essere sostituiti con cerea­li integrali, legumi, pesce, verdura e frutta.

Alimenti Sì

Cereali integrali Pesce Frutta oleosa Proteine (per lo più d'origine vegetale: Grassi contenuti nel pesce lequmi, soia) Oli spremuti a freddo Semi

Alimenti No

Carne Latte e derivati Cibi raffinati Zucchero

Metabolismo e malattia coronarica 159

Contenuto di grassi saturi totali in alcuni alimenti Grassi saturi totali (g/100 g di prodotto edibile)

Burro 48,78 Orata fresca d'allevamento, filetti 1,94 Margarina 100% vegetale 26,43 Olive verdi in salamoia 1,54 Cioccolato al latte 21,86 Avena 1,46 Cioccolato fondente 20,59 Spigola d'allevamento, filetti 1,44 Olio di arachidi 19,39 Acciuga o alice fresca 1,30 Parmigiano 18,54 Salmone affumicato 1,11 Groviera 17,64 Trota iridea d'allevamento, filetti 1,05 Provolone 16,69 Sarda fresca 1,02 Olio di oliva 16,16 Calamaro fresco 0,85 Olio di mais 14,96 Grano saraceno 0,64 Olio di oliva extravergine 14,46 Frumento tenero 0,60 Olio di soia 14,02 Mais 0,58 Salame cacciatore 10,80 Fave secche crude 0,50 Mortadella 9,25 Mormora 0,48 Gelato di crema 8,39 Frumento duro 0,48 Prosciutto crudo San Daniele 7,56 Polpo 0,42 Maionese 6,93 Fagioli crudi 0,40 Ricotta di vacca 6,82 Farina di mais 0,31 Merendine tipo brioche 5,60 Orzo periato 0,29 Noci secche 5,57 Gamberi sgusciati surgelati 0,27 Prosciutto cotto 5,10 Pasta di semola cruda 0,22 Vitello, filetto, cotto 4,82 Farina di frumento tipo 0 0,1 1 Sardine fresche 4,71 Riso brillato crudo 0,10 Mandorle dolci secche 4,59 Arance, succo tr Nocciole secche 4,16 Ribes tr Tonno sott'olio 3,93 Mora di rovo tr Maiale, leggero, bistecca cruda 3,66 Ciliege candite tr Latte di capra 3,32 Barbabietole rosse crude tr Pollo intero con pelle crudo 3,27 Uva, succo, in cartone tr Uovo di gallina intero 3,17 Pesche con buccia tr Salmone fresco 2,97 Mele fresche con buccia tr Sgombro o maccarello fresco 2,61 Spinaci surgelati tr Avocado 2,48 Finocchi crudi tr Latte di vacca pastorizzato intero2,1 I Marmellate normali e tipo frutta viva tr Yogurt da latte intero 2,07 (Fonte: Inran)

l a *

MUGHETTO

Il mughetto è un'infiammazione delle mucose della bocca causata dallo stesso fungo della Candida albicans (vedi alla voce Candidosi). È caratterizzato dalla presenza di placche biancastre leggermente rile­vate, che ricordano il latte cagliato. Se queste vengono rimosse metto­no in evidenza una zona arrossata che può sanguinare leggermente. L'infezione generalmente inizia sulla lingua e sulla mucosa della bocca e può estendersi a palato, gengive, tonsille, gola fino all'intestino, al sistema respiratorio e alla pelle. La bocca generalmente appare secca. E frequente nei bambini e nei soggetti debilitati da terapie antibiotiche prolungate.

Zucchero, latticini e lieviti Come già anticipato alla voce "Candidosi", lo zucchero è il principale nutriente della Candida albicans pertanto è indispensabile eliminare zucchero bianco e sostituirlo con sciroppo d'acero e malto. Inoltre l'e­levato contenuto di lattosio dei latticini favorisce la crescita di questo fungo; il latte è anche altamente allergenico e può contenere facilmen­te tracce di antibiotici che possono danneggiare la flora intestinale. Occorre evitare anche lieviti, bevande alcooliche, formaggi, frutta secca e arachidi.

Favorire le secrezioni gastriche Le secrezioni digestive sono un altro fattore importante da considerare. L'acido cloridrico, gli enzimi pancreatici, la bile inibiscono la crescita eccessiva della Candida albicans pertanto sono utili gli alimenti che le favoriscono quali l'aceto di umeboshi, le prugne umeboshi, i carciofi, le verdure verdi. L'infezione da candida segnala anche una depressione del sistema

Mughetto 161

immunitario e qui si instaura un circolo vizioso in quanto la depressio­ne del sistema immunitario causa l'infezione che a sua volta danneggia il sistema immunitario indebolendone ulteriormente la resistenza. Pazienti ammalati di AIDS o che assumono farmaci che sopprimono il sistema immunitario soffrono con grande facilità di infezioni da candida. Se l'infezione dalla bocca si espande nell'organismo, intestino compre­so, il fungo compete, per la nutrizione, prima con le cellule, poi con l'intero organismo sottraendo preziose sostanze nutritive vitali, indebo­lendo ulteriormente l'organismo su cui potrà attecchire ancora con maggior forza.

Curarsi mangiando Per ripristinare una buona funzione immunitaria, è molto importante lo stile di vita: la gestione dello stress, l'esercizio fisico, l'alimentazione, l'eventuale integrazione alimentare. Un ruolo di primo piano svolgono i nutrienti antiossidanti: carotene, vitamina C ed E, zinco, selenio e anche la detossificazione, in particolare del fegato. Dunque si consiglia un'alimentazione a base di frutta e verdura fresca, cereali integrali, legumi e semi. Di grande aiuto è il miso, un alimento fermentato a base di soia e cereali che si aggiunge alle zuppe di verdura come condimento, che ripristina la flora intestinale, alcalinizza, depura il fegato e tonifica i reni. In qualche caso può essere utile un semidigiuno di tre giorni a base di sola verdura, o solo riso integrale, soprattutto nei cambi di stagione. Le fibre nell'alimentazione sono molto importanti anche per favorire una regolare evacuazione. In particolare in chi soffre di candida è bene consigliare lo psillium o l'alga agar-agar che favorisce l'eliminazione delle tossine ed eventual­mente di cellule morte del fungo a livello intestinale. Se si tratta di un lattante che soffre di mughetto alle mucose orali si consiglia un cambio alimentare alla madre che dovrà evitare particolar­mente zuccheri, latticini, lieviti e gli alimenti a cui potrebbe essere intol­lerante. Infine ricerche effettuate sugli oli essenziali che possono essere utilizza­ti per le più varie infezioni, e quindi anche in questo caso, affermano che essi non producono fenomeni di resistenza e non indeboliscono il sistema immunitario a causa della loro continua variabilità che dipende da fattori climatici e di terreno su cui crescono le piante da cui vengo­no estratti. Utilizzare quindi un buon olio essenziale specifico per que-

162 Curarsi con il cibo

sta patologia può essere utilissimo. Come ogni patologia anche il mughetto è un segnale del corpo, un invito a correggere abitudini di vita o alimentari, un messaggio del corpo che con le adeguate attenzioni, può ripristinare il suo corretto equilibrio.

Alimenti Sì Aceto di umeboshi Miso Agar-agar Prughe umeboshi Carciofi Psillium Cereali integrali Riso integrale Frutta Sciroppo d'acero Legumi Semi oleosi Malto Verdure verdi

Alimenti No Arachidi Latte Bevande alcooliche Latticini Formaggi Lieviti Frutta secca Zucchero raffinato

ORTICARIA

L'orticaria è un disturbo della pelle molto comune: il 15-20% della popolazione ne soffre. Il nome deriva da "ortica", perché le manifestazioni cutanee sono simi­li a quelle che la pelle presenta quando viene a contatto con la pianta. Si tratta di un'eruzione cutanea caratterizzata da placche o da papule definite pomfi, di colorito rossastro o rosso acceso e da un intenso pru­rito che aumenta in modo insopportabile in ambienti molto riscaldati e a contatto con indumenti pesanti. L'orticaria acuta persiste solo per pochi minuti o poche ore, per poi scomparire senza lasciare traccia; circa la metà delle persone che soffrono di questo disturbo tuttavia svi­luppa l'angioedema, un edema più profondo e meno definito dei tes­suti sottocutanei e molli. L'orticaria cronica invece è caratterizzata da episodi ricorrenti di orticaria e/o angioedema che persistono per più di sei settimane. Sebbene l'orticaria possa colpire a qualsiasi età, è più fre­quente dopo l'adolescenza fino ai trent'anni. Vediamo insieme come individuarne le cause e contribuire attivamente alla prevenzione con un'alimentazione equilibrata.

Le cause Le cause sono diverse. L'orticaria è una reazione del corpo a diversi sti­moli fisici come l'esercizio fisico e il conseguente surriscaldamento, i bagni caldi, le saune, oppure l'esposizione ad un freddo eccessivo: oggetti, acqua, aria. Può essere dovuta anche alla compressione di certi indumenti sulla pelle, ad alcuni alimenti, o a degli stress emotivi. I far­maci sono la causa principale di orticaria negli adulti, mentre nei bam­bini è da riferirsi più frequentemente a cibi, additivi alimentari, infezio­ni. I due farmaci che più frequentemente possono provocare orticaria sono gli antibiotici, in particolare la penicillina e i salicilati (l'aspirina).

164 Curarsi con il cibo

Questo può essere un problema anche perché molti cibi possono con­tenere tracce di questi farmaci che vengono somministrati agli animali per cui si ritrovano nelle carni, nel latte e nei formaggi.

Intolleranze e additivi L'orticaria su base immunologica è dovuta ad allergie o intolleranze ali­mentari. I cibi più frequentemente coinvolti sono: latte e derivati, carne, uova, noci, fagioli e pesce. Gli additivi alimentari sono un fattore impor­tante in molti casi di orticaria cronica nei bambini: coloranti (coloranti azotati), aromatizzanti (salicilati, aspartame), conservanti (benzoati, nitriti, acido sorbico), antiossidanti (idrossitoluene, solfito, gallato) ed emulsionanti/stabilizzanti (polisorbati) possono produrre orticaria in soggetti sensibili. Studi recenti dimostrano l'importanza del controllo degli additivi alimentari in soggetti che soffrono di orticaria, infatti dopo due settimane con una dieta priva di additivi, il 73% dei sogget­ti ha avuto una significativa riduzione dei sintomi. Nel 1959 la tartrazi-na fu il primo colorante azotato ad essere messo in rapporto con l'or­ticaria. La tartrazina è uno dei coloranti più utilizzati, viene aggiunta a tutti i cibi in scatola oltre che a molti farmaci, compresi alcuni antista­minici, antibiotici, steroidei e sedativi. Le reazioni a questo additivo sono così frequenti che il suo utilizzo è stato bandito in Svezia.

L'aspirina nascosta Molti composti dell'acido salicilico sono utilizzati come aromatizzanti per i cibi: dolci, budini, gelati, bevande, gomme da masticare. I salicila­ti si trovano anche naturalmente in molti alimenti come frutta secca e bacche; l'uvetta e le prugne secche ne contengono quantità maggiori, così anche alcune erbe e spezie come curry, paprika, origano, timo, aneto e curcuma. Anche la cannella, la vaniglia e il mentolo possono produrre orticaria. Il pesce e i gamberi contengono come conservanti i benzoati. Infine è stata notata una frequente associazione tra Candida albicans, un fungo che si può moltiplicare all'interno del corpo in deter­minate condizioni, e orticaria. In uno studio retrospettivo, su 236 casi di orticaria cronica sono stati riportati come fattori primari più frequen­ti i fattori psicologici, in particolare lo stress: per questo risultano effi­caci terapie di rilassamento.

I cibi sospetti La diagnosi di orticaria è semplice vista la tipica sintomatologia ed è importante un colloquio esauriente con il proprio medico per identifi-

Orticaria 165

care i possibili fattori causali. L'orticaria infatti sparisce una volta che il fattore scatenante è stato eliminato o ridotto. Un'attenzione particola­re all'alimentazione è fondamentale: occorre eliminare i cibi sospetti e poi tutti gli additivi alimentari. I principali cibi da evitare sono: la carne conservata, l'alcool, latte e formaggio, il cioccolato, gli agrumi e i cro-•.Licei. In chi soffre di allergie e intolleranze alimentari vi è comunque un'alterata permeabilità della mucosa intestinale, pertanto una corret-t,i alimentazione che ripristini la funzione di barriera è molto importan­te, così come il mantenimento di una sana flora intestinale che impedi-•.(a la proliferazione di germi patogeni o della candida intestinale.

I cibi consigliati Di base si consigliano zuppe di miso (pàté di soia fermentata dal sapo­re salato che si aggiunge a fine cottura per condire una zuppa di ver­dure), perché il miso ripristina la flora intestinale, riequilibra intestino e togato ed essendo salato agisce anche in modo benefico sui reni; cerea­li integrali biologici, che attraverso il contenuto in fibre aiutano a man­tenere una regolare evacuazione e ad eliminare sostanze tossiche; ver­dure crude e cotte in percentuali diverse a seconda della stagione; pro­teine vegetali tra cui legumi e derivati della soia, semi, una piccola quantità di alghe. I lieviti sono da evitarsi per chi soffre di candida, così come gli zuccheri. È da bandire in generale lo zucchero raffinato, così come le spezie piccanti e l'alcool. Come cibo animale si consigliano pic­cole quantità di carne bianca oppure il pesce.

Eccesso di calore Secondo l'energetica della Medicina Tradizionale Cinese, l'orticaria è dovuta ad un eccesso di calore o fuoco. Questo spiega il rossore con maggiore o minore presenza di "vento" (prurito). Il vento può essere provocato dall'eccesso di calore (molto rossore), da un "vuoto di san­gue" di fegato (assenza o scarso rossore), da un deficit di energia rena­le ancestrale (bambini piccoli). L'eccesso di calore è corretto eliminando i cibi che aumentano il calore: spezie calde e piccanti, alcool, caffè, carni rosse e introducendo pesce, alghe, più cereali e verdure crude, meno proteine; è consigliabile un periodo senza cibo animale. Per chi soffre di un vuoto di sangue si consigliano più proteine, di origine ani­male: pesce, carni bianche, per i vegetariani soia e derivati, in partico­lare tempeh (prodotto fermentato a base di soia molto digeribile e sostanzioso), quinoa (un primo piatto molto proteico), oltre che barba­bietola rossa, verdure a foglie verdi, lenticchie, fagioli azuki. Per il defi-

166 Curarsi con il cibo

cit di rene sesamo, alghe, fagioli azuki, semi e germogli. Quando è pre­sente anche un deficit di milza (orticaria cronica con pomfi pallidi o rosei, feci non formate, stanchezza, peggioramento che segue lo sfor­zo fisico e prurito aggravato da certi alimenti) si può sostenere la milza con il consumo di cereali integrali, mochi (riso dolce), verdure saltate, crude in minor quantità; vanno evitati zuccheri, latticini e in genere i gelati. Nel tempo il deficit di milza può portare a vuoto di sangue e quindi a maggior sviluppo di vento con aggravamento del prurito, per cui si aggiungono i cibi che nutrono il sangue come già spiegato.

Stress emotivo Lo stress emotivo porta ad un ristagno dell'energia che produce calore, quindi è spiegabile ancora in termini energetici la comparsa di pomfi e macchie rosse. Se si sviluppa un fuoco di cuore (componente emozio­nale) il prurito è peggiore di notte, vi è insonnia, irrequietezza. In que­sto caso occorre rinfrescare e sedare, dunque è ottima la verdura cruda, in particolare la lattuga (leggermente ipnotica e calmante), la verdura cotta a vapore, la zuppa di miso, il pesce, il riso (armonizza mente ed emozioni); si consigliano passeggiate, esercizi di respirazione e rilassa­mento, la danza o esercizi di riequilibrio dell'energia come il QiGong.

Orticaria 167

Alimenti Sì Alghe Pesce Barbabietola rossa Proteine vegetali (derivati della soia) Cereali integrali Quinoa I agioli azuki Riso Germogli Semi oleosi I .ittuga Sesamo Legumi Soia Lenticchie Tempeh Miso Verdure a foglie verdi Mochi Verdure crude e cotte

Alimenti No Agrumi Gelati Alcool Gomme da masticare Aneto Latte Bacche Lieviti Budini Mentolo Cannella Noci Carni conservate Origano Carni rosse Paprika Cibi con additivi alimentari Pesce (in caso di allergie specifiche) Cioccolato Prugne secche Crostacei Spezie piccanti Curcuma Timo Curry Uova Dolci Uvetta Fagioli Vaniglia Formaggi Zuccheri raffinati Frutta secca

OSTEOPOROSI

Ogni anno solo in Italia si contano più di 70.000 fratture dovute all'o­steoporosi, la malattia che dopo la menopausa colpisce una donna su quattro, interessa il 30% dei posti letto negli ospedali italiani e fa spen­dere ogni anno allo Stato (solo per spese ospedaliere) ben 50 milioni di euro. Secondo un recente studio epidemiologico svolto in Italia, a soffrire di osteoporosi è precisamente il 23% delle donne di oltre quarant'anni e il 14% degli uomini con più di sessant'anni. Si tratta dunque di una vera e propria malattia sociale. L'aspetto più preoccupante di questa patologia è che si tratta di una malattia in rapida crescita, tanto che l'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) prevede che nel 2050, a livello mondiale, le fratture del femore per osteoporosi passeranno dall'attuale milione e mezzo all'an­no a ben sei milioni. Da qui l'importanza di un'efficace prevenzione basata oggi su due capisaldi: l'attività fisica (il moto stimola la forma­zione della massa ossea) e l'alimentazione (una dieta ricca di calcio). Sempre l'Oms raccomanda l'assunzione di almeno 800-1.500 mg/al giorno di calcio. Ma quali sono i cibi e qual è la dieta che assicura il miglior apporto di calcio? Viene subito da pensare al latte e ai formag­gi: in realtà non è così. Ma prima ancora di smascherare quelli che sono i più diffusi luoghi comuni sul calcio e la sua assunzione attraverso i cibi, è necessario fare un passo indietro per capire meglio l'origine e le cause dell'osteoporosi e il modo più efficace con cui si può prevenire.

La causa è ancora ignota L'osteoporosi è la più frequente delle malattie metaboliche delle ossa. Per la medicina allopatica la causa è ancora sconosciuta. Concretamente si tratta di una riduzione della massa e della densità

Osteoporosi 169

dell'osso. In altre parole, si registra una rarefazione della trama, l'osso colpito si presenta rarefatto, bucherellato, e contemporaneamente vi è una riduzione del numero e dello spessore delle trabecole dell'osso spu­gnoso. Le conseguenze più comuni sono le fratture: le ossa più colpite '.ono le vertebre e il collo del femore. Sicuramente un ruolo importan­ti' -.volge la predisposizione ereditaria, ma vi sono poi forme seconda­li*' di osteoporosi dovute ai farmaci (corticosteroidi, come il cortisone e altri simili) e a specifiche patologie e disfunzioni (ipertiroidismo, diabe­te, insufficienza gonadica). Le manifestazioni più rilevanti sono di solito a livello della colonna e della pelvi, il sintomo più frequente è un dolore alla schiena con irra­diazione al territorio di distribuzione della radice nervosa interessata, dovuto al collasso di un corpo vertebrale; quindi dolori al dorso e defor­mità della colonna.

Non è solo colpa del calcio Pei molti anni l'osteoporosi è stata legata alla semplice carenza di cal­cio e all'incapacità di fissarlo nelle ossa. Le terapie convenzionali erano quindi basate principalmente sulla supplementazione di questo mine­rale, su un'alimentazione ricca di latticini e sull'assunzione di calcitoni-na, ormone che stimola la fissazione del calcio sulle ossa. Dopo molti anni, alla luce di nuove ricerche e dei discutibili risultati registrati con la ' imministrazione di calcitonina, si è cominciato a considerare che l'in-

lufficienza ormonale, più precisamente di estrogeni, sia la reale colpe­vole dell'insorgenza dell'osteoporosi; per cui alla quasi totalità delle donne in menopausa viene consigliata una terapia a base di estrogeni, perlopiù sotto forma di cerotti. Ma a questo proposito è necessario fare delle considerazioni: • le (ionne asiatiche soffrono minimamente di osteoporosi nonostante

Li menopausa; • i medicinali per la menopausa tendono semplicemente a frenare e

rimandare la comparsa dei segnali e dei sintomi; • le donne che soffrono maggiormente di osteoporosi presentavano i

"fattori a rischio" già da giovani.

Esercizio fisico Che fare, allora? Innanzitutto è molto importante l'esercizio fisico. Praticare della ginnastica in forma dolce è molto utile, poiché l'eserci­zio è fondamentale per stimolare la fissazione del calcio nelle ossa. È Itato dimostrato che donne in menopausa hanno beneficiato di un

170 Curarsi con il cibo

aumento di densità ossea delle vertebre lombari pari al 5,2% in segui­to a 9 mesi di ginnastica che consisteva di esercizi della durata di 50-60 minuti per tre volte alla settimana. Gli esercizi più efficaci per preve­nire l'osteoporosi sono quelli che prevedono il "trasporto del proprio peso". Quindi sono molto utili le passeggiate, lo jogging, l'aerobica, il ballo; mentre non danno il risultato sperato il nuoto e gli esercizi da seduti e da sdraiati. La forza di gravità è un importante stimolo per l'osso, pensiamo agli astronauti che soffrono di osteoporosi al ritorno dai lunghi viaggi in assenza di gravità.

Latticini? No grazie Per quanto riguarda il ruolo del calcio è interessante osservare che nel­l'osteoporosi quasi sempre i livelli di calcio nel sangue (calcemia) sono normali, quindi compresi tra i 9 e i 10 mg/dl. L'organismo funziona sempre in base a delle priorità, una di queste è il calcio ematico circo­lante (contenuto nel sangue) che è indispensabile per l'attività del muscolo, quindi anche del cuore, per la coagulazione del sangue ed altre funzioni vitali. Non è dunque il calcio presente in questa forma che può essere idoneo a rifornire la matrice ossea, pertanto consumare il calcio derivante dal latte vaccino e dai suoi derivati non risolve il pro­blema, anzi in alcuni casi può addirittura peggiorare la situazione. Questo perché un'altra fondamentale priorità del nostro organismo è il mantenimento del pH del sangue a livelli leggermente alcalini. Il pH ideale è compreso tra 7,39 e 7,41, i limiti estremi sono compresi tra 7,1 e 7,8 superando i quali, con un eccesso di acidità o di alcalinità, com­paiono sintomi seri, pertanto esistono dei meccanismi di compensazio­ne che hanno la funzione di mantenere il pH a livelli adeguati. L'alimentazione moderna comprende cibi raffinati e molto proteici che lasciano molti residui acidi che il corpo si trova costretto a neutralizza­re in vario modo. In primo luogo, l'eccesso di acidi viene compensato dal sodio il cui serbatoio naturale è il muscolo; in seconda istanza viene consumato il fosforo, e se l'acidosi persiste l'ultimo baluardo della riser­va alcalina è proprio il calcio che viene mobilizzato dall'osso. Per que­sto motivo un eccesso di latte vaccino e derivati, in quanto acidificanti, può sottrarre calcio dalla matrice ossea per ristabilire un pH normale all'interno dell'organismo. Se anche il calcio non basta, per ridurre l'ec­cesso di acidità l'organismo libera ammonio dai reni, si tratta però di una soluzione, più dannosa che utile, in quanto l'ammonio si diffonde principalmente nelle strutture adipose e va a legarsi ai ricettori destina-

Osteoporosi 171

li ad accogliere il GH, un ormone molto importante che svolge una pre­ziosa funzione contro l'invecchiamento.

S ì , a verdure e cereali integrali In questo modo molti minerali vitali vengono utilizzati dall'organismo per tamponare gli errori alimentari, il GH non può svolgere la sua importante funzione anti-invecchiamento, i cicli metabolici vanno in esaurimento e questo apre le porte non solo all'osteoporosi, ma alle più diverse malattie. Ecco perché invece che ai latticini è consigliabile ricorrere al consumo di verdure, cereali integrali e semi (in particolare quelli di sesamo), tutti alimenti che presentano calcio in quantità sufficiente al fabbisogno del­l'organismo sia dell'adulto (anziani e donne in menopausa compresi), sia del soggetto in fase di crescita e soprattutto offrono calcio nella lorma meglio assimilabile. Anche la soia, grazie al ricco contenuto di hioestrogeni (vedi la voce Menopausa) rappresenta un alimento molto ni ile per la corretta crescita e l'irrobustimento del tessuto osseo. In definitiva, le ultime ricerche sull'osteoporosi danno un violento scos-lone al mito del latte e dei formaggi, mentre uno studio più accurato della fisiologia umana rivela i reali bisogni dell'organismo al di là di ciò che viene propinato dalla pubblicità. Inoltre la scienza medica sa bene i urne nella maggior parte degli individui dopo lo svezzamento si ridu-ce progressivamente la capacità di assimilare il lattosio per carenza del­l'enzima lattasi (e non potrebbe già questo essere un segnale che il nostro corpo non necessita più di tale alimento?), per non parlare poi delle sempre più frequenti intolleranze più o meno evidenti al latte vac-( ino riscontrate in un grandissimo numero di persone. D'altra parte, numerosi studi dimostrano che la frequenza dell'osteopo­rosi è più elevata nelle popolazioni che consumano grandi quantità di latticini rispetto a quelle che ne fanno un uso molto modesto. Dunque ai fini di un'efficace prevenzione contro l'osteoporosi, occorre ridurre il consumo di proteine (nei casi gravi l'apporto proteico va sospeso per sei mesi), poi le proteine vanno reintrodotte gradualmente.

Patate e pomodoro: meglio di no Le più dannose sono, anche in questo caso, le proteine di origine ani­male, in particolare la carne che contiene un'altissima quantità di fosfo­ro rispetto al calcio; questo perché il fosforo compete con il calcio, ostacolandone la fissazione nelle ossa. Da evitare sono anche le Solanacee: il pomodoro a causa dell'elevata

172 Curarsi con il cibo

acidità; la patata perché, a causa dell'altissimo contenuto in potassio, per essere assimilata richiama sali minerali dallo scheletro. Per motivi analoghi vanno consumati con parsimonia, o meglio ancora evitati: aceto di vino, caffè, alcool, zucchero raffinato, tutti alimenti che richia­mano il calcio dalle ossa. Molto utile risulta a questo proposito sostituire cibi troppo yin con ali­menti vegetali tra i più yang: semi, radici, cereali integrali, alghe, ger­mogli di alfa-alfa, umeboshi. Tra le bevande è da preferire il tè bancha per l'elevato contenuto in calcio. Tra le vitamine è importante l'appor­to di vitamina C in forma naturale; il limone è alcalinizzante e aiuta a fissare il calcio; tra i cereali il miglio è il più alcalino e ricco di silicio, oli­goelemento fondamentale per fissare il calcio nelle ossa. Di particolare interesse sono inoltre le alghe per il loro contenuto in sali minerali ed il corretto rapporto calcio fosforo.

Da sempre utilizzati in Sicilia, l'unica regione italiana dove vengono ancor oggi coltivati, per aromatizzare e guarnire il pane, i semi di sesamo, sono forse i meno conosciuti tra i semi oleosi. In alimentazione naturale vengono utilizzati sia interi, leggermente tostati, per guarnire le pietanze, sia finemente macinati e mescolati con il sale (gomasio) come condimento. Il sesamo è caratterizzato da un elevato contenuto di proteine (18,7%), grassi (53,5%) e carboidrati ( 15,6%), elementi che conferiscono a questo seme un potere calorico di tutto rispetto (595 kcal). Anche la dotazione di sali minerali risulta superiore alla media degli altri semi oleosi, grazie al contenuto record di calcio (815 mg), fosforo (477 mg), magnesio (815 mg) e ferro (20,1 mg). Assai interessante appare anche la dotazione di vitamina B, (0,92 mg), B2 (0,47 mg) e PP (6,9 mg). Unico inconveniente di questo prezioso seme oleoso è rappresentato dalla presenza di sesamolo, una sostanza potenzialmente cancerogena che si forma durante il processo di tostatura. Per ridurre al minimo la sua presenza è però sufficiente effettuate una tostatura assai leggera, in modo da evitare la formazione di sostanze tossiche.

Insieme alle mandorle, i semi di girasole costituiscono il frutto oleoso dotato di minore potere calorico (557 kcal), grazie al bassissimo tenore di grassi (45,6 % ) , inferiore a quello di qualsiasi altro seme oleoso. Elevato risulta invece il conte­nuto di proteine (20-28%) e di carboidrati (23,5%). C i ò che distingue i semi di girasole da altri alimenti dello stesso gruppo è il ricchissimo patrimonio vitamini­co, uno dei più elevati del mondo vegetale. In particolare nei semi di girasole

Osteoporosi 173

troviamo la rarissima vitamina B1 2 (4 mcg), pressoché assente negli altri alimen­ti di origine vegetale, e un contenuto record di vitamina B, (1,36-2,2 mg), il più elevato in assoluto tra tutti gli alimenti. Buoni anche i valori di vitamina A (40 mcg), D (22 mcg), E (3 I mg) e PP (3,3 mg). I semi di girasole si distinguono anche per il ricco tenore di sali minerali inferiore solo a quello del sesamo. Numerose ricerche hanno evidenziato nei semi di girasole una cospicua pre­senza di acido clorogenico, in grado di inibire l'attività della tripsina e dell'argina­si e quindi l'assimilazione delle proteine e delle vitamine, ma come altri inibitori degli enzimi digestivi, l'acido clorogenico svolge anche una preziosa azione di protezione dell'organismo sia come antibatterico e antinfettivo, sia come agen­te antitumorale e antimutageno. Una segnalazione meritano anche i semi di zucca, da sempre considerati tra i semi oleosi i "parenti poveri" del gruppo. Eppure si tratta di alimenti dotati di un contenuto di proteine (18,7%), carboidrati (24 %) e grassi (50,5 %) di tutto riguardo. Elevato risulta anche il contenuto di sali minerali tra cui spiccano il ferro (8,9 mg), lo zinco e il fosforo. In particolare, i semi di zucca decorticati, risulta­no ricchi di cucurbitina che oltre a svolgere un'efficace azione vermifuga, special­mente nei confronti della tenia, secondo alcuni ricercatori (Pedretti, Debuigne) svolgerebbe un'utile azione anticancerosa nei confronti dell'ipertrofia della pro­stata.

Alimenti Sì '•••IIHimiilllMM

Alghe Prugne umeboshi Cereali integrali (in Darticolare miglio) Semi (in particolare sesamo) Germogli (in particolare alfa-alfa) Tè bancha

Legumi (in particolare soia) Verdure (a foglie e a radice)

Limone Vitamina C (in forma naturale)

Alimenti No Alcoolici in genere Pomodoro

Caffè Proteine animali (in particolare carne)

Formaggi Vino

Latte e latticini Vitamina C di sintesi

Patate Zuccheri raffinati

174 Curarsi con il cibo

CONTENUTO DI CALCIO NEI CIBI mg di calcio per 100 g di prodotto edibile

Semi di sesamo I I60 Kelp (alghe marine) 1093 Formaggio svizzero (Emmenthal) 950 Lievito (quantità moderate) 424 Sardine con le lische 358 Carruba 352 Latte di soia 330 Semi di lino 271 Prezzemolo 260 Mandorle 245 Fichi secchi 240 Germogli di soia 226 Foglie di tarassaco I87 Ceci I50 Yogurt I47 Cipolle I36 Bianchi d'uovo I3I Pistacchi I3I Latte di capra I29 Tofu (formaggio di soia) I28 Broccoli I23 Semi di girasole I2I Latte di mucca intero I20 Farine integrali 105 Fagiolame, fagiolini (circa) 102 Spinaci bolliti 92 Ostriche

(Fonte Inran)

OTITE

L'otite che si presenta più comunemente è la cosiddetta otite media, infiammazione dell'orecchio medio, cioè di quella parte dell'orecchio che comprende la membrana del timpano, la cassa timpanica e i tre ossicini: staffa, incudine e martello i quali trasmettono le vibrazioni sonore all'orecchio interno in cui è contenuto il vero e proprio organo dell'udito. La cavità dell'orecchio medio dove si trovano gli ossicini (cassa timpa­nica) comunica con il rinofaringe attraverso la tuba di Eustachio, una sorta di tubicino che consente di ventilare (immettere aria) la cassa tim­panica aprendosi durante la deglutizione. Le otiti si distinguono in: • otite media acuta; • otite media secretoria; • otite media cronica. L'otite media acuta è un'infezione batterica o virale dell'orecchio medio secondaria a infezioni delle vie aeree superiori. È particolarmente fre­quente nei bambini, in particolare da 3 mesi ai 3 anni di età. I micror­ganismi possono migrare dal rinofaringe (naso gola) all'orecchio medio attraverso la tuba di Eustachio. Il sintomo più evidente è il dolore all'orecchio; si può verificare riduzio­ne o perdita temporanea dell'udito. Nei bambini è frequente la febbre, talora anche alta, che può essere accompagnata da nausea, diarrea. La membrana del timpano si presenta arrossata e rigonfia. La perforazio­ne del timpano può essere accompagnata da fuoriuscita di siero o pus. L'otite media secretoria è un versamento (sostanza liquida) nell'orec­chio medio che compare di norma in seguito ad un'otite media acuta non ben curata, o all'ostruzione della tuba di Eustachio. Il versamento che si raccoglie è generalmente sterile, ma a volte può infettarsi.

IO 4,

176 Curarsi con ii cibo

L'ostruzione della tuba di Eustachio può essere dovuta a processi infiammatori del rinofaringe, a manifestazioni allergiche, a ipertrofia (ingrossamento) delle adenoidi. Nell'orecchio medio si forma un liquido per cui si ha riduzione dell'udito. L'otite media cronica è una perforazione permanente della membrana del timpano. Può derivare da un'otite media acuta, dall'ostruzione della tuba di Eustachio, da un trauma meccanico. In questo caso si può ricor­rere ad interventi di timpanicoplastica che ripristinano le principali fun­zioni della membrana.

Rafforzare le difese Il modo migliore per prevenite l'otite media consiste in un rafforzamen­to generale delle difese immunitarie. L'assunzione di antibiotici indebolisce l'organismo, pertanto un utilizzo inadeguato di questi farmaci invece di interrompere le recidive, le mol­tiplica. La medicina olistica parte invece dal concetto di rafforzare le difese e correggere eventuali predisposizioni e debolezze di terreno. Pertanto oltre all'utilizzo di rimedi efficaci nella fase acuta, consiglia rimedi che rinforzano le debolezze costituzionali.

Evitare il latte vaccino L'aspetto alimentare, inoltre, è fondamentale soprattutto per i soggetti cosiddetti linfatici, predisposti alle infezioni delle vie respiratorie e all'i­pertrofia del tessuto linfatico. In questi casi è molto importante evitare latte vaccino e derivati che aumentano la produzione di catarro e tendono a dare ipertrofia dei tes­suti linfatici. Il latte vaccino può essere semplicemente sostituito con un latte di origine vegatale: riso, soia, mandorle, avena, orzo ecc. In com­mercio ne esistono di svariati tipi. Nei bambini l'otite è strettamente correlata all'allattamento artificiale precoce, mentre un allattamento al seno prolungato per almeno sei mesi ha un effetto protettivo, soprattutto se la madre evita di mangia­re cibi sensibilizzanti (cioè cibi a cui è allergica) durante la gravidanza e l'allattamento.

Otite e allergie La letteratura medica dimostra la responsabilità delle allergie alimenta­ri come causa importante dell'otite cronica. Molti studi indicano che l'85-95% dei bambini che soffrono di otite ricorrente soffre di allergie,

Otite 177

il 16% è allergico a sostanze che vengono inalate, il 14% al cibo, il 70% ad entrambi. È dunque importante una dieta di eliminazione dei cibi verso i quali il soggetto è allergico o intollerante. Inoltre occorre mantenere una buona funzionalità dell'intestino e una buona flora intestinale, pertanto sono molto utili le fibre: verdura, frut­ta e cereali. In particolare per un buon equilibrio della flora intestinale si raccomanda la zuppa di miso. Il miso è un condimento costituito da soia fermentata e un cereale, si aggiunge alla zuppa o a un brodo vegetale a fine cottura, ne basta poco, la punta di un cucchiaino. Non va bollito o perde le sue proprietà. L'aggiunta di un pizzico di zenzero apre le vie respiratorie. Infine il succo di ribes spremuto a freddo fluidifica il catarro e aiuta a liberare il cavo timpanico da accumuli di muco.

L'igienista consiglia Un sistema molto vecchio e di grande efficacia è l'instillazione nell'o­recchio di 2 gocce di urina alla prima comparsa dei sintomi. L'urina fa da disinfettante e da cicatrizzante. Si utilizza quella del bambino stes­so, se troppo piccolo quella della madre. Si raccoglie l'urina intermedia scartando la prima e l'ultima. Tra i "metodi delle nonne" si ricorda anche l'instillazione nell'orecchio di 2 gocce di limone, oppure un poco di olio di sesamo tiepido. Per concludere si può dire che la prevenzione è la migliore cura. Adottare un'alimentazione sana e semplici rimedi domestici, può esse­re di grande aiuto, l'organismo si rinforza e in tal modo le otiti ricor­renti saranno solo un vecchio ricordo.

Alimenti Sì Cereali integrali Miso Frutta Ribes (succo) Latte vegetale (riso, soia, mandorle, Verdure avena, orzo) Zenzero

Alimenti No Latte vaccino e derivati

MALATTIE DELLA PELLE

Avere una pelle fresca, luminosa, tonica, liscia, ben idratata è desiderio di tutti, anche perché rappresenta in qualche modo il biglietto da visi­ta con cui ci presentiamo al mondo, agli altri, e allo stesso tempo è ciò che vediamo di noi stessi quando ci osserviamo allo specchio. D'altra parte, la pelle è anche il primo sensore della nostra salute; segnala all'esterno ciò che accade all'interno. È sempre la pelle a dare le prime avvisaglie di uno squilibrio sul piano energetico o organico; saper leggere i "segni" della pelle è una vera arte che potrebbe porta­re a metter in atto i cambiamenti necessari per una vera prevenzione. Questo perché la pelle ha il suo linguaggio: secchezza o untuosità eccessiva, scarsa idratazione, la comparsa di certi nei, rughe, macchie, peluria, bolle, papule ecc. sono tutti piccoli segnali che richiedono d'i essere interpretati e presi nella giusta considerazione. Questo perché la pelle va considerata come un organo dalla superficie molto estesa, interposto tra ambiente esterno ed interno, la cui principa­le funzione è quella di difesa dell'organismo da potenziali danni fisici (meccanici, termici, luminosi), chimici, biologici (microrganismi); ma il suo ruolo non si esaurisce qui. La cute svolge anche funzioni di assorbi­mento delle sostanze volatili; mentre l'acqua non viene assorbita se non nella zone delle palme delle mani e delle piante dei piedi, sprovviste di ghiandole sebacee. Inoltre presenta un'importante funzione di secrezio­ne (produce il sebo, sostanza che la rende impermeabile e meno secca) e di escrezione (elimina il sudore, e con esso i metaboliti di rifiuto).

Rene di riserva e polmone supplementare In definitiva, la pelle è assimilabile ad un secondo rene in quanto puri­fica e disintossica l'organismo da una grande quantità di sostanze noci­ve; ma anche ad un terzo polmone, in grado di assorbire ossigeno ed

Malattie della pelle 179

eliminare anidride carbonica (anche se in quantità molto modeste rispetto al sistema respiratorio). Inoltre, la pelle assorbe l'energia radiante del sole, attivando la sintesi della vitamina D, fondamentale per le ossa. È un efficace regolatore della temperatura corporea (disperde il calore interno in eccesso attra­verso la sudorazione) e allo stesso tempo il più esteso organo di senso a nostra disposizione, in quanto sede della sensibilità tattile, termica, dolorifica superficiale. Lo spessore della pelle varia a seconda delle zone corporee, ma in ogni caso presenta notevoli doti di resistenza ed elasticità. È formata da tre strati, dal più profondo al più superficiale: ipoderma, derma, epidermi­de. L'ipoderma, o strato sottocutaneo, è il più profondo. In esso trovia­mo il pannicolo adiposo (grasso) che consente lo scorrimento e il solle­vamento della cute in pliche.

Cambiamo pelle ogni ventotto giorni Il derma è lo strato intermedio in cui si trovano i follicoli dei peli, le ghiandole sebacee e sudoripare, irrorate da una ricca rete di vasi linfa­tici e sanguigni. L'epidermide è lo strato superficiale le cui cellule si rin­novano e si differenziano continuamente. Le sue cellule attraversano diversi stadi di trasformazione e vengono sospinte dallo strato basale a quello più superficiale subendo un graduale processo di cheratinizza-zione che porta alla formazione di uno strato corneo. Inizialmente sono cellule che si moltiplicano con un'attività molto intensa, alla fine diven­tano semplici lamelle inerti, morte, cornee. Le cellule dell'epidermide vengono sostituite completamente ogni ven­totto giorni. L'epidermide non contiene vasi, dipende dal derma per il nutrimento cellulare. Da cosa dipende lo stato della pelle? I fattori che presiedono alla salu­te della cute sono numerosi, ma fra essi l'alimentazione svolge un ruolo di primo piano. Se si analizzano le patologie cutanee più frequenti (eczema, psoriasi e acne), appare evidente il ruolo di un regime diete­tico corretto ed equilibrato nella salute generale dell'organismo e della pelle in particolare. Vediamo insieme perché.

Eczema L'eczema (vedi anche alla voce omonima), o dermatite atopica, è un disturbo allergico della pelle che provoca intenso prurito, rossore, essu­dazione, lesioni crostose e in genere è localizzato al viso, ai polsi, alle caviglie e al cavo popliteo (superficie dietro le ginocchia).

180 Curarsi con il cibo

Può manifestarsi a qualunque età, ma è molto comune nei bambini e in circa metà di questi casi sparisce entro i 18 mesi d'età. L'eczema è una malattia comunissima che colpisce il 2,4-7% della popolazione e che spesso è associata all'asma. L'importanza delle allergie alimentari nell'eczema infantile è ben dimostrata da studi e ricerche. Sembra che l'alimento principale che scatena l'allergia sia il latte vaccino e i suoi derivati. Dunque, il primo passo per guarire l'eczema è rappresentato dall'individuazione e quindi dall'eliminazione dell'alimento responsabi­le dell'allergia. In generale, si è visto che l'eliminazione dalla dieta di latte di mucca, uova, pomodori, alimenti contenenti coloranti artificiali e conservanti, può aiutare fino al 75% i bambini che soffrono di eczema da modera­to a grave (a proposito di allergie e intolleranze alimentari, vedi la voce Cefalea). Le persone che soffrono di eczema, di solito presentano anche una carenza di acidi grassi essenziali, pertanto in questi casi può risultare utile aumentare il consumo di oli spremuti a freddo, in particolare di olio di semi di girasole e lino, e anche di pesce azzurro. Sempre per contrastare l'eczema è importante l'assunzione di alimenti ricchi di vita­mina A e d i zinco: carote, albicocche, meloni, zucca, broccoli, prezze­molo, semi oleosi (girasole, zucca, nocciole, sesamo, lino ecc.).

Psoriasi Si tratta di una malattia molto comune, cronica, recidivante, caratteriz­zata da una particolare secchezza della cute e dall'apparizione di papu-le e placche di varia forma e grandezza con squame argentee che si scollano. In questa patologia, le cellule cutanee si moltiplicano ad una velocità più rapida del normale, e proprio a causa di questo ritmo di crescita troppo veloce, le cellule tendono a sfaldarsi e si accumulano provocando le scaglie. Diversi sono i fattori alimentari responsabili della psoriasi (vedi anche alla voce omonima), fra cui un eccesso di grassi animali e una digestio­ne incompleta delle proteine. Nella genesi di questa patologia ritrovia­mo tossine di origine intestinale (causate da una digestione incomple­ta delle proteine) e un gruppo di aminoacidi tossici detti poliamine (fra cui putrescina, spermidina e cadaverina), presenti in quantità maggiori della norma nei soggetti che soffrono di psoriasi. Il modo migliore per prevenire l'eccesso di poliamine è l'eliminazione dei latticini e la ridu­zione del consumo di proteine, in particolare quelle animali. Di contro risulta molto utile l'assunzione di fibre alimentari sottoforma di cereali

Malattie della pelle 181

integrali, frutta e verdura. Il consumo di alcool aggrava considerevolmente la psoriasi. L'alcool svolge un effetto negativo perché facilita l'assorbimento delle tossine intestinali e danneggia la funzionalità del fegato. Anche in questo caso, gli acidi grassi essenziali, e in particolare l'assunzione di olio di semi di lino e il consumo di pesce, possono svolgere un'azione di grande aiuto. Più precisamente, gli oli del pesce (ormega-3) inibiscono la produzione di composti infiammatori, i leucotrieni (molto più abbondanti nella pelle di chi soffre di psoriasi) prodotti a partire dall'acido arachidonico presente solo nel cibo animale (carni e latticini in particolare).

Acne È il più comune dei problemi cutanei e in genere inizia alla pubertà. È più frequente nei maschi e compare sul viso e in misura minore sul petto e sulle spalle. L'acne si può manifestare in due forme: • acne volgare, interessa i follicoli piliferi e le ghiandole sebacee della

pelle, si manifesta con comedoni (punti neri), papule e pustole infiammate;

• acne conglobata o cistica, è una forma più grave che si riconosce per la formazione di cisti profonde che lasciano cicatrici.

Per contrastare questa patologia è necessario eliminare completamen­te i carboidrati raffinati e gli alimenti fritti, i cibi che contengono acidi grassi trans (latte e derivati, margarina, oli idrogenati) e acidi grassi ossidati (oli fritti). È molto importante un'alimentazione a base di cereali integrali, legumi, verdura, frutta, proteine di origine vegetale e pesce, in grado di assicura­re l'assunzione di elementi nutritivi come vitamina A, cromo, selenio, vitamina E e zinco. In particolare, quest'ultimo minerale, di cui sono ric­chi i semi oleosi, risulta fondamentale nel trattamento dell'acne. Integrare nell'alimentazione un cucchiaino di olio di germe di grano e molte verdure può fornire le vitamine ed in generale gli antiossidanti necessari per inibire la formazione di perossidi lipidici che sono legati a questa patologia. È bene evitare l'impiego di creme e cosmetici grassi e di antibiotici. Meglio lavare il viso con acqua fredda e ogni tanto uti­lizzare saponi allo zolfo o alla calendula. Anche l'esercizio fisico è di grande ausilio per eliminare, attraverso il sudore, le tossine prodotte dall'organismo. La pelle rispecchia lo stato generale di salute del corpo. Si tratta di un meraviglioso organo che presiede gli scambi tra interno ed esterno. Per facilitare questa sua importante funzione è necessario curare con atten-

182 Curarsi con il cibo

zione non solo l'alimentazione, ma l'intero stile di vita a cominciare dal­l'esercizio fisico, dalla biancheria e dall'impiego di detergenti e antitra-spiranti. Proprio per la sua funzione di protezione, la pelle produce delle sostanze ed è abitata da una flora di microrganismi che creano una forma di difesa e di equilibrio che viene profondamente alterata dall'eccessivo impiego di saponi e detergenti. Frizioni e spazzolature, getti d'acqua caldi e freddi, esposizione all'aria e al sole nelle ore opportune, massaggi e sana alimentazione sono ciò che di meglio si possa fare per la nostra pelle, senza dimenticare la sua funzione di segnale del nostro rapporto col mondo e con gli altri in cui pazienza, amorevolezza, comprensione e tolleranza sono ingredienti fondamentali.

Lo zinco: indispensabile per la salute della pelle

L'importanza dello zinco nella salute della pelle è provata oramai da numerose ricerche e studi. In genere il contenuto medio di zinco è minore nei maschi di 13-14 anni più che in qualsiasi altro gruppo di età, e questo gruppo è anche il più esposto all'acne. Inoltre, durante la pubertà, con l'incremento della produzione ormonale, il fabbisogno di zinco aumenta ulteriormente, tanto che numerosi ricercatori collegano la carenza di zinco all'insorgenza dell'acne puberale; ipotesi confermata da numerosi studi in doppio cieco che hanno potuto verificare come i supplementi di zinco combattono l'acne con la stessa efficacia della tetraciclina, ma senza gli indesiderati effetti secondari. Sembra anche che lo zinco sia in grado di normalizzare alcuni dei fattori ormonali responsabili dell'acne. D'altra parte, nel corpo umano, lo zinco si trova nella composizione di oltre duecento enzimi e lo stesso minerale risulta attivo in un numero di reazioni enzimatiche maggiore di qualsiasi altro minerale. In realtà, la carenza grave di zinco è molto rara nei paesi industrializzati, ma molte persone, soprattutto di età avanzata, soffrono di carenza marginale. Carenza che si manifesta con aumen­to di suscettibilità alle infezioni, ferite lente a guarire, sensi dell'olfatto e del gusto meno acuti e problemi di pelle. Un livello adeguato di zinco nei tessuti è indispensabile anche per la funzionalità del sistema immunitario (la carenza aumenta la suscettibilità alle infezioni) e del timo (ghiandola a secrezione interna, in correlazione con tiroide, ipofisi e surreni). Infine, lo zinco è essenziale per mantenere in buone condizioni la capacità visiva, il gusto e l'olfatto, e una carenza di zinco ottunde questi sensi. Spesso la cecità cre­puscolare è dovuta a una deficienza di zinco; mentre è stato dimostrato che alme­no in alcuni soggetti l'integrazione di zinco rende più acuti il gusto e l'olfatto. Lo zinco è essenziale anche per la funzionalità degli ormoni sessuali maschili e

Malattie della pelle 183

della prostata. Ed è proprio alla diffusa carenza di zinco che viene collegata all'al­ta incidenza di ingrossamenti della prostata che si registra in Occidente e la ridu­zione del numero degli spermatozoi.

Contenuto di zinco di alcuni alimenti (in mg per 100 g) I (striche 148,7 Mandorle 3,1 Ai inghe 100,0 Noci 3,0 Semi di zucca 7,5 Grano saraceno 2,5 K.idice di zenzero 6,8 Nocciole 2,4 Noce di Pecan 4,5 Piselli freschi 1,6 Noci del Brasile 4,2 Rape 1,2 Piselli secchi 4,2 Patate 0,9 Arachidi 3,2 Prezzemolo 0,9 Avena 3,2 Aglio 0,6 Grano integrale 3,2 Carote 0,5 Segale 3,2 Pane integrale 0,5 fagioli di Lima 3,1 (Fonte: Inran)

Alimenti Sì Albicocche Olio di semi di girasole o lino spremuto Broccoli a freddo Carote Pesce azzurro Cereali integrali Prezzemolo Frutta Proteine vegetali Meloni Semi oleosi (girasole, sesamo, zucca, Nocciole lino) Olio di germe di grano Verdura Olio di pesce Zucca

Alimenti No Alimenti con coloranti artificiali e con- Latte vaccino e derivati servanti Margarina Alimenti fritti Oli fritti Alcool Oli idrogenati Carboidrati raffinati Pomodori Carni Proteine animali (eccessive) Grassi animali (eccessivi) Uova

DISTURBI DELLA PROSTATA

La prostata è una ghiandola dell'apparato genitale maschile situata sotto la base della vescica e attraversata a pieno spessore, dall'alto in basso, dalla prima porzione dell'uretra nella quale riversa, durante l'eia­culazione, il proprio secreto: il succo prostatico, un liquido lattescente che contiene numerosi enzimi e zinco. Gli spermatozoi, giunti nell'ure­tra, trovano i secreti ricchi di sostanze nutritizie della prostata e delle vescichette seminali, così si forma lo sperma. L'ipertrofia (ingrossamento) della prostata è una patologia benigna. Colpisce circa il 50% degli uomini lungo il corso della loro vita e la sua incidenza varia con l'aumentare dell'età: a trent'anni è circa del 5-10%, oltre gli ottantacinque è più del 90%. Il fenomeno è dovuto alla variazione degli ormoni maschili che si veri­fica con l'avanzare dell'età. Dopo i cinquant'anni diminuiscono i livelli di testosterone, in particolare di quello libero, mentre aumentano la prolattina, l'estradiolo, l'ormone luteinizzante (LH) e il follicolostimo-lante (FSH). Questi cambiamenti determinano un aumento della con­centrazione prostatica di un potente androgeno derivato dal testoste­rone, il diidrotestosterone (DHT), a causa del ridotto catabolismo e del­l'aumentata attività dell'enzima che converte il testosterone in DHT.

La prevenzione I disturbi tipici dell'ipertrofia prostatica sono rappresentati dall'ostru­zione progressiva al deflusso dell'urina attraverso l'uretra. Lo svuota­mento incompleto della vescica causa a sua volta ristagno con la pos­sibilità d'infezioni e infiammazioni della vescica; mentre l'ostruzione prolungata, anche se incompleta, può arrivare a compromettere la fun­zionalità renale. I sintomi di ostruzione del collo della vescica si manifestano come biso-

Disturbi della prostata 185

gno di urinare sempre più frequente, maggiore urgenza, risvegli not­turni per svuotare la vescica, esitazione e intermittenza con diminuito calibro e forza del mitto urinario. Ne possono derivare sensazioni di svuotamento incompleto, sgocciolamento finale, incontinenza o riten­zione urinaria. Dal momento che i sintomi di ipertrofia prostatica benigna e di carci­noma prostatico possono essere simili, in genere si utilizza il dosaggio Del PSA (Prostate Specific Antigen) per differenziare le due patologie.

Il ruolo dello zinco Se non affrontata, l'ipertrofia prostatica può comprimere l'uretra deter­minando ostruzione urinaria ed eventuale danno del rene, per cui va trattata per tempo in modo adeguato, tanto più che è possibile effet­tuare un'efficace prevenzione. Sembra, infatti, che l'alimentazione •ibbia un ruolo fondamentale nella genesi di questa diffusa patologia. In primo luogo è importantissimo il consumo e l'assimilazione di dosi adeguate di zinco, la cui assunzione riduce l'ipertrofia della prostata e la sintomatologia nella maggior parte dei pazienti. L'efficacia clinica dello zinco è dovuta al ruolo svolto da questo minerale e alla sua inte­razione nel metabolismo degli ormoni androgeni. In realtà, l'assorbimento intestinale dello zinco è ridotto dagli ormoni estrogeni, ma viene incrementato dagli androgeni e dal momento che negli uomini affetti da ipertrofia prostatica i livelli di estrogeni sono più alti, l'assunzione di zinco in questi individui può essere ridotta. Inoltre, 10 zinco inibisce l'enzima che converte il testosterone in DHT e inibisce 11 legame degli androgeni ai recettori specifici. Dal momento che lo zinco riduce la secrezione di prolattina e la prolattina aumenta l'assun­zione del testosterone nella prostata, l'assunzione di questo minerale determina una riduzione del livello di DHT prostatico.

Gli alimenti più ricchi Fra gli alimenti più ricchi di zinco vanno segnalati le noci e tutti i semi oleosi. La secrezione di prolattina aumenta anche in seguito a stress o per un eccessivo consumo di birra, questi sono quindi fattori aggravan­ti Anche un aumentato consumo di alcool è associato in maniera chia-I.I .ili'ipertrofia della prostata, anche se è solo la birra che fa aumenta­te la prolattina. Sono stati effettuati degli studi da cui si è rilevato che la somministrazione di acidi grassi essenziali (EFA) comprendenti acido llnoleico, acido linolenico e arachidonico ha migliorato in modo signi­ficativo la funzionalità urinaria in molti pazienti.

186 Curarsi con il cibo

La prevenzione, in questo caso, consiste nella correzione della carenza di acidi grassi essenziali, infatti i livelli e i rapporti dei grassi prostatici e del liquido seminale sono spesso anormali nell'ipertrofia della prostata. I semi oleosi contengono sia zinco che acidi grassi essenziali, ecco per­ché sono di fondamentale importanza nella dieta. Un rimedio popolare ottimo per curare l'ingrossamento della prostata è il consumo quotidiano di un quarto di tazza di semi di zucca, proprio perché particolarmente ricchi di zinco e di acidi grassi essenziali. Anche l'olio di semi di girasole e l'olio di lino, spremuti a freddo, sono molto utili aggiunti alla dieta; in genere è sufficiente un cucchiaio al giorno. Numerosi studi dimostrano che i prodotti del metabolismo del coleste­rolo si accumulano nella prostata ingrossata o cancerosa, dando inizio alla degenerazione delle cellule prostatiche e promuovendo l'ingrossa­mento della prostata, pertanto è molte utile ridurre l'assunzione di ali­menti che determinano un innalzamento dei livelli di colesterolo nel sangue e di contro arricchire la dieta di alimenti anticolesterolo. Tra questi ultimi ricordiamo la soia, particolarmente ricca di fitosteroli (in particolare beta-sitosteroli, 100 g di soia o di tofu, il cosiddetto for­maggio di soia, forniscono circa 90 mg di beta-sitosterolo), la cui capa­cità di ridurre il livello di colesterolo è ben documentata. Un recente studio, effettuato in doppio cieco, dimostra che questi composti migliorano l'ipertrofia prostatica. Sono stati analizzati 200 uomini, divi­si in due gruppi, dei quali uno consumava tre volte al giorno beta-sito­sterolo (20 mg) e l'altro un placebo. Ebbene, il gruppo di uomini cui era stato somministrato il beta-sitosterolo ha evidenziato un netto miglioramento del flusso urinario, mentre non sono stati osservati cam­biamenti nel gruppo che assumeva il placebo.

Pesticidi e testosterone Anche gli alimenti contenenti residui di pesticidi e altri contaminanti svolgono un'azione negativa, in quanto molti di questi composti aumentano la trasformazione del testosterone in DHT e quindi facilita­no la comparsa di ipertrofia prostatica. Gli ormoni sintetici somministrati agli animali per favorire l'ingrasso prima della macellazione e per incrementare la produzione di latte, hanno prodotto nella prostata di ratti cambiamenti analoghi a quelli che si manifestano negli uomini affetti da prostata ingrossata, tanto che alcuni ricercatori oggi sostengono una correlazione positiva tra l'e­norme incremento dei casi di ipertrofia prostatica negli ultimi decenni con l'impiego crescente di prodotti chimici di sintesi nell'attività agrico-

Disturbi della prostata 187

la e nell'industria agro-alimentare. Di contro, un'alimentazione ricca di cibi integrali e di produzione bio­logica è utile grazie al maggior contenuto di sostanze protettive quali minerali, vitamine, pigmenti vegetali e fibre che aiutano l'organismo a neutralizzare i prodotti chimici velenosi e i metalli pesanti. Per tutti questi motivi, ai soggetti con ipertrofia prostatica si consiglia una dieta composta per il 44% di proteine (da preferire le proteine vegetali ed il pesce, mentre sono sconsigliate le carni e i latticini), per il 35% di carboidrati e per il 21% di grassi. In conclusione si raccomanda un'alimentazione a base di prodotti bio­logici con un ridotto consumo di farine, si sconsigliano cibi animali ric­chi di grassi saturi, in particolare carni, uova e latticini da sostituire con pesce, legumi e derivati della soia, ottimi i cereali integrali, verdura frut­ta ed in particolare i semi oleosi (in special modo semi di zucca). Anche la fitoterapia può essere di grande aiuto nell'ipertrofia prostati­ca, le piante più utilizzate a questo riguardo sono: Serenoa, Pygeum e ortica.

Alimenti Sì

Cereali integrali (uso ridotto di farine) Olio di girasole spremuto a freddo Frutti di mare Pesce azzurro Legumi (in particolare soia e derivati) Semi oleosi (in particolare semi di Olio di lino spremuto a freddo zucca)

Alimenti No Alcoolici Pane bianco Birra Pasta bianca Dolci e zuccheri raffinati Proteine animali

N.B. - Per il contenuto di zinco in alcuni alimenti (mg/100 g di prodotto) si veda il box alla voce Malattie della pelle a pagina 182.

PSORIASI

Tra le numerose affezioni della pelle, la psoriasi è certamente la più insi­diosa e una delle più comuni. Interessa in eguale misura uomini e donne e l'esordio avviene mediamente all'età di vent'otto anni, sebbe­ne nel 2% dei casi si manifesti entro i primi due anni. Si tratta di una malattia cronica che si riconosce per la presenza di chiazze non pruri­ginose arrossate, lievemente rilevate e ricoperte da squame argentee, biancastre pluristratificate, poco aderenti tra loro, che si possono rimuovere con una certa facilità. Le aree colpite di preferenza sono il cuoio capelluto, la parte posteriore dei gomiti, le ginocchia, talora le natiche e le anche. Sulle unghie si notano caratteristici puntini a "goc­cia d'olio". In qualche caso è accompagnata ad artrite.

Un problema di iperproliferazione Elemento caratteristico della psoriasi è l'accelerato turn over dello stra­to epidermico. In pratica, si registra una iperproliferazione delle cellule cutanee, la cui velocità di divisione cellulare diventa maggiore rispetto alle cellule sane. Tale fenomeno si registra non solo nelle zone affette dell'epidermide, ma anche in quelle circostanti, dove la velocità di pro­liferazione delle cellule è due volte e mezzo più grande rispetto a quel­la dei soggetti sani. L'eccessiva proliferazione determina un cospicuo aumento del numero delle cellule basali dell'epidermide e di conse­guenza la riduzione del tempo di ricambio, dai normali ventotto giorni a soli due o tre. A causa della drastica riduzione del tempo di migrazio­ne delle cellule epidermiche dallo strato basale alla superficie cutanea, non si verificano i normali eventi di maturazione cellulare e cheratiniz-zazione. Infine vi è un aumento del metabolismo e un'accelerata sinte­si e degenerazione di proteine. La velocità alla quale le cellule dell'organismo si dividono è controllata,

Psoriasi 189

all'interno delle cellule stesse, dal delicato equilibrio tra due sostanze: l'AMP ciclico e il GMP ciclico. L'AMP ciclico è direttamente connesso con il metabolismo degli zuccheri. Com'è noto i batteri amano gli zuc­cheri, in particolare il glucosio facilmente digeribile e rapidamente tra­sformato in energia chimica. Ora quando il glucosio è abbondante, i batteri ignorano gli altri alimenti che si trovano nel loro ambiente e si nutrono solo con il loro cibo favorito. Ma quando questo scarseggia i batteri attivano la adenil ciclasi, un enzima che modifica l'ATP - la molecola che porta energia chimica nelle cellule - in AMP ciclico, che a sua volta stimola la produzione degli enzimi in grado di utilizzare come fonte di energia sostanze diverse dal glucosio. È stato verificato che un incremento dei livelli di GMP ciclico è associa­ti a un'aumentata proliferazione cellulare, mentre l'incremento dei livel­li di AMP ciclico è relativo ad un'aumentata maturazione cellulare e ad una riduzione della proliferazione cellulare. Ecco perché nella psoriasi è fondamentale la correzione delle abitudini alimentari e dello stile di vita, in modo da influenzare positivamente i fattori che causano o contribuiscono alla manifestazione della malattia, quali: incompleta digestione proteica, tossiemia intestinale', alterata funzione epatica, consumo di alcool, eccessiva assunzione di grassi saturi d'origine animale, deficit nutrizionali, stress.

Scarso assorbimento delle vitamine Un'incompleta digestione delle proteine o uno scarso assorbimento intestinale delle stesse può indurre un aumento di peptidi nell'intestino che vengono trasformati dai batteri in composti tossici. Nei soggetti sofferenti di psoriasi si riscontrano regolarmente elevati contenuti di poliamine come putrescina, cadaverina, ed altre sostanze analoghe in grado di inibire la formazione di AMP ciclico e quindi favorire l'iperpro-liferazione delle cellule cutanee. La tossiemia intestinale è un altro fat­tore importante, in particolare le alterazioni a carico della flora batteri­ca e la proliferazione di Candida albicans intestinale, un fungo che porta ad un aumento del GMP ciclico e all'iperproliferazione delle cel­lule cutanee. Per quanto riguarda la relazione tra alimentazione e pso­riasi, va sottolineato che le fibre svolgono un ruolo fondamentale per

1. Quando le feci rimangono nel colon più a lungo del necessario l'assorbimento delle sostanze di rifiuto da parte dei capillari e del sistema linfatico diventa maggiore, que­sto sovraccarica il fegato e i linfonodi e dà luogo alla cosiddetta "tossiemia intestina­le". Le tossine assorbite, nel tempo si propagano nell'organismo creando sintomi e disturbi diversi.

190 Curarsi con il cibo

l'equilibrio della flora batterica intestinale e la salute del colon, inoltre stimolano l'eliminazione delle tossine intestinali favorendone l'allonta­namento con le feci. Anche il miglioramento della funzionalità epatica è molto importante nella psoriasi, in quanto quest'organo filtra e disintossica il sangue pro­veniente dall'intestino tramite il circolo portale. Il consumo di alcool tende invece a peggiorare la malattia, poiché aumenta l'assorbimento delle tossine intestinali e affatica il fegato. Si tratta quindi di un alimen­to da evitare, così come i grassi saturi d'origine animale; mentre molto utili sono gli oli insaturi, in particolare gli omega-3, presenti nel pesce azzurro e nell'olio di semi di lino che è bene assumere nella dose di un cucchiaio da tavola al giorno. Gli acidi grassi omega-3 competono, nelle cellule, con i siti di legame dell'acido arachidonico a partire dal quale si producono molecole infiammatorie (leucotrieni). Sostanze come la vitamina E, la cipolla, l'aglio, i flavonoidi contenuti nella frutta, possono essere di grande beneficio in quanto inibiscono la formazione dei leucotrieni. Inoltre l'acido arachidonico si trova solo nei tessuti animali, pertanto è importante limitare l'assunzione di prodotti animali, in particolare latte e derivati. A conforto di queste indicazioni sono i risultati di studi condotti su 316 pazienti affetti da psoriasi e 366 persone sane, di età compresa tra i 16 e i 65 anni. Tali ricerche hanno dimostrato che la psoriasi è associata positivamente alla massa corporea ed è inversamente correlata all'as­sunzione di vegetali, in particolare frutta fresca e carote (per il conte­nuto in beta-carotene). Altre ricerche hanno dimostrato netti migliora­menti dello stato di pazienti affetti da psoriasi dopo il digiuno o l'ado­zione di una dieta vegetariana, oltre che con l'eliminazione dei cibi a cui i soggetti erano intolleranti (molto spesso si tratta di latticini e glu­tine).

Carenza di zinco e vitamina A I soggetti con psoriasi spesso sono carenti di zinco (si trova in buone quantità nei semi oleosi e nei legumi) e vitamina A (frutta e ortaggi di colore giallo e arancione), sostanze importantissime per la salute della pelle. Altre integrazioni utili sono quelle di cromo (ne è molto ricco il lievito di birra, si può utilizzare secco in scaglie nelle insalate o nei primi piatti), selenio (si trova nei cereali, nei legumi, nei semi di sesamo), vita­mina D (è assicurata dall'esposizione al sole). Di grande importanza è anche una ricca presenza di fibre. Si consiglia dunque un'alimentazio­ne a base di cereali integrali, verdura, legumi, frutta, semi di sesamo,

Psoriasi 191

girasole, lino, zucca, lievito di birra in scaglie (se non c'è candida inte­stinale), olio di semi di lino; mentre sono da evitare: zucchero bianco, grassi saturi d'origine animale e in particolare latticini, alcool e un eccesso di glutine.

Le origini psicosomatiche Una buona cura della flora intestinale è assicurata dal consumo di miso (prodotto fermentato derivato dalla soia e utilizzato come condimento, soprattutto per le zuppe), mentre la curcuma è molto indicata per rie-quilibrare il fegato. Numerose osservazioni hanno individuato l'origine psicosomatica della psoriasi, dimostrata anche dal fatto che circa il 39% dei pazienti, è in grado di indicare uno specifico evento stressante, avvenuto nei trenta giorni precedenti l'esordio della malattia. Por contrastare la malattia risulteranno dunque di aiuto rimedi in grado di disintossicare intestino e fegato, drenare la pelle, riequilibrare e armonizzare il sistema nervoso ed esercizi di rilassamento, respirazione | visualizzazione creativa.

Al iment i S ì

Aglio Miso Carote Olio di semi di lino Cereali integrali Ortaggi di colore giallo- arancione i ipolla Pesce azzurro 1 urcuma Semi oleosi (sesamo, girasole, lino, frutta zucca)

girasole, lino,

Legumi Verdura

I it Vito di birra

Al iment i No

Ali ool Latte e derivati Glutine (eccessivo) Latticini Crassi saturi d'origine animale Zucchero raffinato

RAFFREDDORE E INFLUENZA

I disturbi a carico delle vie respiratorie sono tra le patologie più frequen­ti, in quanto il sistema respiratorio è a contatto diretto con l'ambiente esterno attraverso l'aria. E in effetti in nessuna altra parte del corpo, come nell'interfaccia aria-sangue del polmone, il mondo esterno può accedere così facilmente all'interno dell'organismo. Già attraverso il naso, l'organismo provvede a una prima depurazione dal pulviscolo atmosferico, quindi l'aria inalata viene prima riscaldata e poi umidificata per poi passare nella faringe. Da qui segue il suo per­corso attraverso la laringe e la trachea per finire nei due bronchi prin­cipali che poi si diramano sempre più finemente come i rami di un albe­ro fino ai bronchioli respiratori, a questo livello iniziano gli scambi gas­sosi e troviamo gli alveoli. Nelle vie aeree di conduzione è situato l'apparato mucosecernente importantissimo come sistema di difesa. Le secrezioni bronchiali sono ricche di lisozima, anticorpi e mucopolisaccaridi; inoltre la superficie di questi organi è ricoperta dalle ciglia, capaci di movimenti ritmici, la cui funzione è quella di eliminare il materiale particolato penetrato attra­verso l'aria inalata. Qualsiasi alterazione a livello ciliare o di muco, come un aumento della sua viscosità, determina gravi danni all'apparato respiratorio. Un ulteriore scudo di protezione contro le infezioni provenienti dall'a­ria si trova a livello polmonare, sede di difese immunitarie non specifi­che che si valgono di cellule che depurano gli spazi alveolari da mate­riali organici o inorganici o da microrganismi. Se queste sono le nume­rose barriere naturalmente presenti nell'organismo, cosa avviene quan­do un'infezione è in atto? I sintomi e i segni fondamentali di tutte le malattie dell'apparato respiratorio sono numerosi: tosse, espettorato (produzione di un'eccessiva quantità di muco che non riesce ad essere

Raffreddore e Influenza 193

eliminato, come normalmente avviene, attraverso le vie aeree e quindi viene espulso con la tosse); emottisi (emissione di sangue, sintomo di una patologia più o meno grave); cianosi (deficit di ossigenazione che il manifesta con una colorazione bluastra delle estremità); dispnea (sensazione penosa di fame d'aria). lui li questi sintomi accompagnano tavolta insieme, altre volte singolar­mente le patologie più comuni del sistema respiratorio.

Le infezioni più comuni Raffreddore. E di origine virale, è caratterizzato da una secrezione n.isale abbondante inizialmente acquosa ma che tende a divenire V I M osa. laringite. È caratterizzata da un mal di gola continuo o che compare solo nella deglutizione, la gola è arrossata o compaiono placche bian­castre dovute all'accumulo di globuli bianchi, talora vi è febbre. Laringite. Si riconosce per la sensazione di dolore a livello della laringe, spesso afonia (mancanza di voce), non di rado è presente tosse irritati­va, non produttiva. Influenza. È di origine virale, e spesso la febbre si accompagna a dolo­ri ossei e muscolari diffusi, mal di testa, malessere generale. Spesso vi è una tosse scarsamente produttiva e modesto mal di gola, forte stan-( hezza. L'impiego di antibiotici è controindicato anche per il rischio connesso alla selezione di ceppi batterici resistenti. Bronchite. La bronchite acuta è un'infiammazione acuta dell'albero respiratorio di origine infettiva caratterizzata da tosse che all'inizio è secca, il catarro successivamente diventa più abbondante e general­mente si autolimita con guarigione finale completa. La bronchite croni­ca invece è una condizione cronica irritativa dell'albero respiratorio dovuta al fumo di sigaretta e all'inquinamento atmosferico, è caratte-ii//ata da un'eccessiva produzione di muco a livello delle mucose bron­chiali, che dura a lungo (per almeno tre mesi di due anni consecutivi). Si sviluppa dopo i quarant'anni e la caratteristica più evidente è la tosse con espettorato particolarmente abbondante al risveglio, quando ven­gono eliminate le secrezioni accumulatesi nelle ore notturne (tosse del fumatore).

Le allergie Oltre alle numerose infezioni, l'apparato respiratorio è una tra le sedi più comuni di localizzazione delle manifestazioni allergiche, poiché tutti gli individui sono costantemente esposti ad una moltitudine di

194 Curarsi con il cibo

antigeni presenti nell'aria atmosferica e quindi inalati come polveri, muffe o pollini. Le manifestazioni allergiche più comuni sono la rinite allergica e l'asma allergica, malattie caratterizzate da una predisposizione familiare, dal­l'insorgenza dei sintomi nell'infanzia o in età giovane-adulta e dalla fre­quente esacerbazione stagionale.

Rinite e asma La rinite allergica viene detta anche "febbre da fieno" ma impropria­mente perché la febbre è di regola assente e il fieno non è l'unica causa. E un'infiammazione delle fosse nasali con secrezione acquosa, prurito, starnuti ed ostruzione nasale frequentemente associata ad interessamento degli occhi, in particolare della congiuntiva. Tali distur­bi presentano esacerbazioni stagionali. L'asma bronchiale è caratterizzata da un aumento reversibile della resi­stenza delle vie aeree dovuto allo spasmo della muscolatura liscia dei bronchi e al muco, si verifica quindi una forte difficoltà respiratoria in particolare durante l'espirazione in quanto fisiologicamente il calibro bronchiale è ridotto in questa fase. L'espirazione è infatti penosa nell'a­smatico e accompagnata da sibili udibilissimi durante la crisi poiché questa si svolge normalmente in modo passivo, senza il sussidio dei muscoli respiratori. Il soggetto assume spontaneamente una posizione per cui gli è più facile respirare, seduto coi gomiti appoggiati al tavolo. Molto comunemente la crisi asmatica è accompagnata o è seguita da una tosse scarsamente produttiva con espettorazione di muco molto viscoso. Generalmente si manifesta con periodi di crisi seguiti da inter­valli asintomatici.

Tutto nasce dal colon Anche se nella maggior parte dei casi il naso e la bocca rappresentano la via d'ingresso dell'infezione, oltre a faringe, laringe, bronchi e pol­moni vi sono altri organi che concorrono alla salute generale dell'appa­rato respiratorio. In particolare la medicina cinese pone le vie respirato­rie in uno stretto rapporto energetico con il colon: entrambi sono degli scambiatori, le prime scambiano gas, il colon acqua e sali; inoltre il colon viene visto come il viscere che fa da barriera e quindi da prote­zione per le vie aeree. Solo una persona con il colon debole potrà ammalarsi veramente a livello polmonare. D'altra parte, anche la medicina ufficiale ha riconosciuto l'importanza della flora intestina­le come prima grande barriera contro tutte le infezioni.

Raffreddore e Influenza 195

Nella maggior parte dei casi, una sana alimentazione preserva la salute dell'intero organismo e consente di estrarre il massimo dell'energia dal cibo stesso. In relazione all'apparato respiratorio ci sono degli alimenti che lo indeboliscono ed altri che lo rafforzano.

...anche l'asma Anche nel caso di numerose forme di asma di origine allergica, molti studi hanno rilevato il ruolo fondamentale delle allergie alimentari. Da questo punto di vista, l'eliminazione dalla dieta di cibi contenenti addi­tivi alimentari è d'importanza cruciale per il controllo dell'asma. In par­ticolare, la tartrazina (è presente in numerosi alimenti pronti e addirit­tura la si trova in preparati vitaminici e in medicinali antiasmatici), i ben-zoati (diffusissimi in tutti gli alimenti preparati e nelle bibite), il biossi­do di zolfo e soprattutto i solfuri possono provocano in soggetti sensi­bili attacchi d'asma. Si calcola che ogni giorno una persona consumi 2,3 mg di solfuri, mentre altri 5-10 mg di solfuri vengono ingeriti da chi beve vino o birra. Un test a lungo termine eseguito su individui che praticavano una dieta vegetariana con eliminazione dei latticini e degli alimenti verso i quali era stata riscontrata allergia o intolleranza ha dato significativi miglio­ramenti nel 92% dei pazienti; negli stessi individui è stata inoltre riscon­trata anche una riduzione nella tendenza a contrarre malattie infettive. In generale una dieta vegetariana a base di cereali integrali biologici, legumi e proteine di origine vegetale (derivati dalla soia e seitan), ver­dura, frutta, semi, una piccola quantità di alghe, un po' di pesce (se non c'è intolleranza), assicura l'eliminazione degli allergeni alimentari più diffusi e una positiva modificazione del metabolismo degli acidi grassi. Gli stessi leucotrieni, che contribuiscono alle reazioni allergiche e infiam­matorie dell'asma, derivano dall'acido arachidonico, un acido grasso che si trova solo nei prodotti di origine animale. Quindi anche i sogget­ti particolarmente predisposti ad ammalarsi alle vie respiratorie, attraver­so una corretta alimentazione possono praticare un'efficace prevenzio­ne e non temere più le tipiche malattie "del freddo", senza il bisogno di vaccini che indeboliscono ulteriormente il sistema immunitario. Sane abitudini di vita, un'alimentazione di base adeguata con l'aggiun­ta di qualche "trucchetto alimentare" può consentire di eliminare gli antibiotici e assicurare un rapido superamento dei malesseri stagionali.

196 Curarsi con il cibo

Gli alimenti sì Sono in molti a ritenere che le manifestazioni all'apparato respiratorio possono per la maggior parte essere sensibilmente migliorate dall'eli­minazione dalla dieta di farine raffinate, latte e derivati. Tutti questi ali­menti, infatti, aumentano la secrezione di muco e quindi la produzio­ne di catarro a qualunque livello, dai seni frontali (sinusite), fino ai bronchi, in particolare le costituzioni linfatiche (individui con occhi chiari e capelli biondi) tendono alle infiammazioni delle mucose e soprattutto delle vie respiratorie. Otiti, raffreddori, bronchitine, adenoidi vegetanti, molto diffusi tra i bambini possono essere facilmente prevenute mediante una corretta alimentazione. Il latte vaccino può essere semplicemente sostituito dai numerosi tipi di succedanei vegetali in commercio: latte di riso, avena, mandorla, soia o addirittura miscele degli stessi che assicurano una ulteriore varietà di nutrienti. In questi casi, è preferibile che anche lo yogurt sia di origine vegetale. I formaggi possono essere sostituiti con il tofu (formaggio di soia), oppure con altre proteine di origine vegetale (legumi, seitan, tempeh) o pesce. II consumo di cereali e farine biologiche integrali fornisce una maggior quantità e varietà di nutrienti oltre ad evitare formazione di catarri, mentre la presenza delle fibre consente un miglior svuotamento del colon che abbiamo visto è particolarmente importante per il benessere delle vie respiratorie. Sempre per migliorare la salute delle vie respiratorie, di particolare inte­resse appaiono alcuni cibi tipici dell'alimentazione naturale come il miso (aggiunto nelle zuppe apporta i fermenti necessari all'intestino e depura il fegato), lo zenzero (ottimo per le vie respiratorie) e l'olio di germe di grano. Di grande aiuto nei casi di asma sono anche alcuni ingredienti molto comuni della cucina mediterranea come: cipolla (ini­bisce la produzione delle sostanze che provocano gli spasmi della muscolatura bronchiale e rilassa i muscoli bronchiali), carota, frutti di bosco e limone. In particolare, gli agenti antiossidanti, di cui sono ricchi tutti i vegetali esercitano un'importante azione di difesa antiasmatica perché gli agen­ti ossidanti possono stimolare la broncocostrizione ed aumentare le reazioni allergiche. Tanto è vero che gli asmatici presentano general­mente livelli significativamente bassi di acido ascorbico (vitamina C) nel siero e nei leucociti.

Raffreddore e Influenza 197

Alimenti Sì Alghe i arota Cereali integrali Cipolla I iiilta I lutti di bosco

Latte vegetale (riso, avena, mandorla, soia) .egumi I linone

Miso Olio di germe di grano Pesce Seitan Semi oleosi Tempeh Tofu Verdura Yogurt vegetale Zenzero

Rilute

Birra

Alimenti No Formaggi Latte e latticini

( ibi con additivi alimentari Vino I .itine raffinate

SINDROME PREMESTRUALE

La sindrome premestruale (SPM) è un disturbo molto ricorrente, colpi­sce circa un terzo delle donne fra i trenta e i quarant'anni; fra esse circa il 10% ne soffre in modo debilitante. In realtà, in tutte le fasi del ciclo mestruale, vi è un continuo susseguir­si di modificazioni più o meno manifeste, tutte in relazione alle varia­zioni neuroendocrine che avvengono nell'organismo. La donna in età fertile è di per sé soggetta a fluttuazioni piuttosto marcate, ed è pro­prio la sua natura biologica che conferisce al corpo e alla psiche della donna una plasticità ed una capacità di oscillazione ampia, di cui il ciclo mestruale ne è l'espressione più palese. E sono proprio queste fluttua­zioni, soprattutto quelle che si verificano in prossimità del flusso mestruale, all'origine di una molteplicità di sintomi che nel loro insieme sono definiti come "sindrome premestruale".

Disturbi ricorrenti Si tratta di disturbi ricorrenti che in genere si instaurano gradualmente nella seconda metà del ciclo ovario, con un picco nei giorni prima del flusso mestruale, per poi proseguire nella maggior parte dei casi anche durante l'emorragia uterina. Sono affezioni d'intensità variabile, da donna a donna, che si manifestano con disagi di tipo affettivo e com­portamentale, neurovegetativo e metabolico. In verità, lo spettro dei sintomi è molto ampio e comprende: stanchez­za, tensione, irritabilità, cefalea, cali di energia, depressione, sbalzi d'u­more, artralgie (dolori alle articolazioni) e mialgie (dolori muscolari) dif­fuse, tensione e dolorabilità al seno con irradiazione sottoascellare, variazioni del peso corporeo anche di entità significativa (da 2 fino a 5 chilogrammi); gonfiore generalizzato o localizzato all'addome o alle caviglie; cambiamenti nel desiderio sessuale, alterazioni del comporta-

Sindrome premestruale 199

mento alimentare con aumento della fame e desiderio di cibi dolci, manifestazioni acneiche, minor capacità di concentrazione e riduzione della memoria. Talvolta la sindrome si protrae per tutta la durata della mestruazione con l'aggiunta di dolori pelvici e contrazioni uterine.

Il ruolo degli ormoni La natura della sindrome premestruale sembra essere multifattoriale, ma allo stato attuale sembra che un ruolo di primo piano sia svolto dagli ormoni. Più precisamente, sembra che all'origine dei disturbi vi sia un rapporto squilibrato tra estrogeni e progesterone, a favore dei primi. Inoltre le fluttuazioni ormonali estro-progestiniche possono determina­re una diminuzione della produzione naturale di serotonina, provocan­do alterazioni dell'umore in senso depressivo. Il quadro comune delle donne sofferenti della sindrome premestruale è caratterizzato dunque da un aumentato rapporto estrogeni/progeste­rone nei giorni che precedono le mestruazioni. In altre parole, nel san­gue si registra un incremento del livello di estrogeni e una riduzione del contenuto di progesterone. Altri fenomeni che si riscontrano di fre­quente sono: ipotiroidismo e livelli elevati di prolattina nel sangue. I sin­tomi tipici della sindrome premestruale si presentano come si è detto nella fase luteinica del ciclo mestruale (seconda metà), durante la quale il corpo luteo svolge un ruolo importante nella produzione di progeste­rone e di estrogeni. Per meglio definire la natura dei disturbi, alcuni esperti hanno creato un sistema di classificazione della sindrome premestruale in funzione dei sintomi, del quadro ormonale e delle anomalie metaboliche specifiche. Schematicamente, le varie tipologie sintomatiche legate ai disturbi mestruali si possono così definire: Sindrome premestruale - A. A sta per ansietà, ed è la categoria di sin-'« "ni più frequente, strettamente associata ad un eccesso di estrogeni e a un difetto di progesterone durante la fase premestruale. Sintomi comuni sono ansietà, irritabilità e instabilità emotiva. S indrome p r e m e s t r u a l e - C. C sta per carboidrati, è associata ad aumentato appetito, desiderio spasmodico per i dolci, cefalea, affatica­mento, svenimento e palpitazioni. Al momento non vi è una chiara spiegazione del fenomeno. Sindrome premestruale - D. D sta per depressione ed è la forma meno • Omune. La depressione è associata a bassi livelli di neurotrasmettitori del sistema nervoso centrale come risultato dei diminuiti livelli di estro-

200 Curarsi con il cibo

geni (l'esatto opposto della SPM-A). La diminuita produzione ovarica di estrogeni è attribuita ad un aumento della secrezione di androgeni sur-renalici e/o di progesterone indotto da stress. Sindrome premestruale - I. I sta per iperidratazione, caratterizzata da aumento di peso, gonfiore e malessere addominale, tensione e conge­stione mammaria e saltuario edema della faccia, delle mani e delle cavi­glie. Tali sintomi sono dovuti ad un aumentato volume di liquido per un eccesso di aldosterone (ormone prodotto dal surrene) che provoca aumentata ritenzione idrica. L'aldosterone può aumentare per stress, eccesso di estrogeni, difetto di magnesio, o per un eccessivo apporto d'i sale. Numerosi studi hanno indicato inoltre, alla base della sindrome preme­struale, anche motivi di carattere psicosomatico legati ai conflitti della donna con la propria femminilità, la maternità, o a vissuti traumatici rispetto alla propria corporeità. Altre ricerche, hanno evidenziato infine anche il ruolo dell'alimentazio­ne; come dimostrano le profonde differenze, in fatto di abitudini ali­mentari, esistenti tra le donne che soffrono di sindrome premestruale rispetto ai soggetti asintomatici. In particolare, le donne che ne mani­festano i sintomi consumano mediamente: il 62% in più di carboidrati raffinati, il 275% in più di zucchero raffinato, il 79% in più di latticini, il 78% in più di sodio, il 53% in meno di ferro, il 77% in meno di man­ganese e il 52% in meno di zinco.

Vitamina B e disturbi mestruali Già negli anni Quaranta, alcuni studi dimostrarono una relazione diret­ta tra deficit di vitamina B e SPM. Allora venne ipotizzato che a provo­care la sindrome premestruale, ma anche altri disturbi come la patolo­gia mammaria fibrocistica e le mestruazioni eccessive era l'eccesso di estrogeni, provocato da una carenza di vitamina B a livello del fegato, che utilizza tale vitamine per metabolizzare gli estrogeni e riversarli nella bile. A tutt'oggi vi sono molte evidenze che supportano quest'ipotesi. È noto infatti che l'eccesso di estrogeni produce ristagno di bile, causan­do un'alterazione minima della funzione epatica. D'altra parte il rista­gno biliare può essere un fattore che predispone alla SPM, a causa della riduzione dell'attività metabolica. In questo modo, si crea un circolo vizioso che tende a peggiorare la situazione. Un'altra possibile conseguenza dell'aumentato rapporto estrogeni/pro­gesterone è l'alterazione della sintesi di neurotrasmettitori e dell'attività

Sindrome premestruale 201

delle endorfine. In particolare, l'eccesso di estrogeni durante la fase luteinica deprime la produzione di endorfine e quindi si ripercuote negativamente sull'umore. Un fenomeno che spiega la continua cresci­ta dell'uso di antidepressivi nella cura della sindrome premestruale. Gli estrogeni agiscono negativamente anche sull'attività della vitamina B6, i cui livelli sono tipicamente bassi nei soggetti depressi e nelle donne che assumono estrogeni.

Il ruolo della dieta Risulta dunque evidente, nei casi di sindrome premestruale, ridurre o meglio ancora evitare del tutto il consumo di zucchero raffinato, car­boidrati raffinati e latticini; è bene evitare anche la carne poiché molti animali, e in special modo vitello e pollo, sono trattati con ormoni di crescita che poi inevitabilmente si ritrovano nelle loro carni. A confermare queste ipotesi sono anche i risultati di uno studio che ha analizzato i mutamenti del livello di estrogeni nel sangue di un gruppo di 17 donne in seguito alla modificazione del regime alimentare. Con il passaggio da una dieta convenzionale (40% da calorie assunte sotto forma di grassi e 12 g di fibre al giorno) a una dieta povera di grassi e ricca di fibre (25% delle calorie sotto forma di grassi e 40 g di fibre al giorno), venne registrata una riduzione del 36% dei livelli di estrogeni nel sangue, con 16 donne su 17 che ebbero riduzioni significative nello spazio di otto-dieci settimane. Il meccanismo d'azione della dieta sul livello di estrogeni segue varie strade. È per esempio risaputo che uno dei sistemi chiave con cui il fegato disintossica l'organismo dalle sostanze cancerogene e dagli ormoni come gli estrogeni è l'acido glucuronico. Ora, nelle donne con rischio di cancro alla mammella e in quelle sofferenti di sindrome pre­mestruale è stata rilevata una maggiore attività dell'enzima beta-glucu-ronidasi, il cui ruolo è quello di scindere il legame tra acido glucuroni­co e tossine. Ebbene l'attività di questo enzima è influenzata dalla flora batterica. Per quanto riguarda lo zucchero, è dimostrato il suo effetto negativo sulla sindrome premestruale in quanto incrementa la secrezione di insulina ed altera il metabolismo degli estrogeni. Negativa è anche l'a­zione della caffeina, soprattutto nel caso di ansia, depressione, tensio­ne mammaria e patologia fibrocistica. Anche l'eccessivo consumo di sale, soprattutto nelle diete povere di potassio, costringe i reni in uno sforzo notevole per mantenere il corretto bilancio idrico dell'organi­smo. In questi casi, non è sufficiente limitare il consumo di sale, se non

202 Curarsi con il cibo

si incrementa contemporaneamente l'assunzione di cibi ricchi di potas­sio (soprattutto frutta e verdura).

L'importanza della soia In tutti i disturbi legati a disordini ormonali, risultano di grande benefi­cio la soia e gli alimenti derivati, grazie alla presenza di composti cono­sciuti come "fitoestrogeni", caratterizzati dalla capacità di legare speci­fici recettori che svolgono un'azione equilibrante sugli effetti degli estrogeni sia quando il livello di estrogeni è basso (come accade duran­te la menopausa), sia quando il contenuto di estrogeni è più alto della media (come nella sindrome premestruale). I fitoestrogeni non si trovano solo nella soia ma anche in altri legumi (lenticchie, piselli, fagioli), cereali (grano saraceno e frumento), in alcu­ni ortaggi (finocchi, cavolini di Bruxelles, carote, aglio, cipolla), nella frutta (mele, pere e ciliegie), in alcuni semi oleosi (lino e sesamo), nel­l'olio d'oliva extravergine e di girasole spremuto a freddo, nella birra e nei germogli. Una volta introdotti con l'alimentazione, questi ormoni vengono assorbiti dall'intestino tenue per essere trasformati nella loro forma attiva, facilmente assimilabile. La capacità dell'organismo di uti­lizzare al meglio i fitoestrogeni dipende in ogni caso dal regime alimen­tare, dalla velocità di transito intestinale, dal pH locale e dalla flora bat­terica intestinale. È dunque evidente l'importanza di un'efficace funzio­ne intestinale e di un buon equilibrio della flora batterica per una più efficace assimilazione di preziosi ormoni. Un altro elemento fondamentale per eliminare la sindrome premestrua­le è rappresentato da un buon tenore di magnesio, zinco e, come si è detto, vitamina B6. Anche in questo caso si tratta di nutrienti che pos­sono essere facilmente assicurati all'organismo da una dieta corretta e bilanciata a base di cereali integrali, legumi e ortaggi freschi, provenien­ti da coltivazioni biologiche certificate. In conclusione e in sostanza, per contrastare e prevenire la sindrome premestruale è consigliabile ridurre, o meglio ancora evitare, gli alimen­ti troppo salati, le bevande nervine (caffè, tè ecc.) e i cibi piccanti. Sono invece raccomandati: verdure verdi crude, legumi (ceci, piselli, fagioli, lenticchie, fave, fagiolini, soia, compresi i derivati quali tofu e tempeh), pesce azzurro e vongole (particolarmente ricche di magnesio e calcio). Si riduce così il consumo di grassi saturi e si introducono molti più acidi grassi essenziali, questo è fondamentale in quanto è stato rilevato che le donne che soffrono di sindrome premestruale presentano anormalità nel metabolismo degli acidi grassi essenziali.

Sindrome premestruale

Dunque sono consigliabili anche l'olio di girasole spremuto a freddo e i semi di girasole e di lino. Tra le spezie, sono da suggerire l'uso di zenzero (diuretico e antiemeti­co), salvia, cannella e curcuma (migliora il flusso della bile). Consigliate anche le olive verdi e quelle nere. Come frutta, da incentivare il consumo di uva (ha proprietà diuretiche e toniche per i reni), cachi e ribes. Ottime sono anche castagne (tonifi­cano i reni), mandorle, nocciole e semi di sesamo (ricchi di zinco). Molto utili, come si è detto, sono anche i cereali integrali perché ricchi di vitamine del gruppo B e di fibre (si consiglia di alternare il consumo di grano, riso, miglio, segale, grano saraceno, mais e orzo). Molto efficace nel riequilibrare la flora intestinale e migliorare la funzionalità epatica è la zuppa di miso. Come efficace integratore si può utilizzare un cucchiaino di olio di germe di grano, particolarmente ricco di vitamina E. Recenti studi hanno messo in luce la diffusione nell'ambiente di inqui­nanti di origine industriale, caratterizzati da una struttura molecolare assai simile agli estrogeni dell'organismo, si tratta in gran parte di idro­carburi alogenati, di cui fanno parte numerosi pesticidi come DDT, DDE, PCB, PCP, dieldrina, elordane. Tali sostanze, che si accumulano nelle cel­lule del tessuto adiposo, sembrano essere uno dei fattori della crescita epidemica dei problemi di salute collegati agli estrogeni come la sindro­me premestruale e il cancro mammario. Un motivo in più per preferire gli alimenti provenienti da coltivazioni biologiche. Infine, ultimo elemento che può concorrere ad accentuare i disturbi legati alla sindrome premestruale è sicuramente lo stress, quando per­durano a lungo condizioni che mettono sotto sforzo l'organismo si possono determinare cambiamenti biologici a carico del sistema nervo­so centrale, con una riduzione della produzione di endorfine. In questi casi, ma non solo, l'esercizio fisico può essere di grande aiuto come forma di scarico e di attivazione. Parimenti, di grande aiuto risulta l'as­sunzione di un atteggiamento positivo e sereno nel quotidiano e la pra­tica di esercizi di rilassamento e visualizzazione creativa.

Principali cause della sindrome premestruale Anomalie nutrizionali (eccesso di Elevati livelli di prolattina macronutrienti, difetto di micronutrienti) Ipotiroidismo Depressione Stress, difetto di oppiodi endogeni e Difetto di progesterone disfunzione surrenalica Eccesso di estrogeni

204 Curarsi con il cibo

Alimenti Sì Aglio Mele

Cachi Nocciole

Cannella Olio di germe di grano

Carote Olio d'oliva spremuto a freddo

Castagne Olio di girasole spremuto a freddo

Cavolini di Bruxelles Olive Cereali integrali (qrano saraceno, fru- Ortaggi mento) Pere

Ciliegie Pesce azzurro

Cipolle Piselli

Curcuma Salvia

Fagioli Semi oleosi (lino, sesamo)

Finocchio Soia

Germogli Tempeh

Insalate Tofu Latte vegetale (soia, riso, avena) Uva

Lenticchie Vongole

Malto di cereali Zenzero

Mandorle Zucchero di canna

Alimenti No Alimenti con additivi Olio di semi convenzionali

Carni e insaccati Pane raffinato

Latte di mucca Pasta bianca

Margarine Zuccheri raffinati

SOLLEONE

Quando finalmente arriva l'estate, sinonimo di sole e per i più anche di vacanza, si è proprio contenti. Che sia mare, montagna, o semplice­mente il riposo tanto agognato nella propria residenza, comunque in compagnia del sole, ci si accosta con gratificazione a viverli intensa­mente. Una bella abbronzatura ed un viso rilassato, insieme al corpo riposato è qualcosa che sentiamo di meritare dopo un anno di lavoro ed il fred­do dell'inverno, la primavera è sfumata via veloce e si desidera sfrutta­re tutto il sole che la stagione regala prima del nuovo arrivo del freddo.

Ma il sole fa bene o fa male? Il sole è la fonte di vita del nostro pianeta e una fonte di inesauribile energia, ne abbiamo bisogno più che mai. Esporsi ai suoi raggi caldi rilassa e tonifica e l'energia dei nostri reni si ricarica, "l'umidità interna si asciuga". È una grande ricarica generale. È però risaputo che i raggi solari possono essere nocivi, questo è vero se l'esposizione non è graduale e soprattutto se il nostro organismo è carente di alcune sostanze che la natura mette sapientemente a nostra disposizione nella stagione calda. Un'esposizione ripetuta o eccessiva ai raggi solari (UVA, UVB), così come alle lampade abbronzanti, provoca l'immediata foto-ossidazione (iella melanina e una reazione radicalica che aggredisce le grosse mole­cole della matrice extracellulare.

I rischi per la salute La produzione di radicali liberi ha un effetto a catena e il risultato è un impoverimento della normale tonicità ed elasticità della pelle e l'inne­sco di reazioni infiammatorie che precorrono i segnali del processo di

Curarsi con il cibo

invecchiamento cutaneo. Ancora più importante è l'aggressione dei raggi ultravioletti sul Dna che riverbera il danno sull'insieme delle sintesi cellulari. Le patologie che ne possono conseguire sono: fotodermiti benigne, ipercheratosi ed elastosi solare per la pressoché scomparsa del collage­ne cutaneo. Effetti più a lungo termine possono essere epiteliomi cuta­nei e melanomi maligni. Alcune ricerche documentano che i tessuti esposti ai raggi ultravioletti contengono meno carotenoidi di altri, suggerendo di aumentarne il consumo di alimenti ricchi di tali principi nutritivi per il mantenimento della funzione protettrice. Per evitare questi danni è dunque consigliabile esporsi al sole protetti da cosmetici in grado di filtrare i raggi UVA e UVB e assumere alimen­ti ricchi di carotenoidi.

Cosa sono i carotenoidi? Non sono alimenti di per sé nutritivi, ma pigmenti naturali dai colori vivacissimi, dal rosso al giallo, composti liposolubili contenuti nei frutti e nelle foglie delle piante che le proteggono. I carotenoidi si possono convertire in vitamina A e hanno una spiccata attività antiossidante, e quindi anti-radicali, e proprio in questo senso sono correlati con la longevità ideale negli esseri umani, in altri prima­ti ed in genere nei mammiferi. Sono stati individuati più di 400 carotenoidi, ma solo 30 o 50 di essi sono considerati attivi in termini di vitamina A. Questi carotenoidi sono detti "carotenoidi pro-vitamina A". Una volta gli effetti biologici dei carotenoidi venivano correlati solo alla loro attività in termini di vitami­na A, il beta-carotene era considerato il più attivo perché ha un'attività pro-vitamina A più alta degli altri. Tuttavia recenti ricerche suggerisco­no che questa attività è stata sopravvalutata perché altri carotenoidi inattivi in termini di vitamina A (retinolo) hanno proprietà antiossidan­ti e anticancro molto più rilevanti.

Longevità e vitamina A In realtà, la conversione in vitamina A di un carotenoide precursore dipende da diversi fattori: il livello di vitamina A nell'organismo, le con­dizioni delle proteine, degli ormoni tiroidei (l'ipotiroidismo riduce la conversione dei carotenoidi in retinolo), il contenuto di zinco e di vita­mina C. La conversione in vitamina A di un carotenoide diminuisce quando l'ap-

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porto di carotenoidi aumenta e quando i livelli di vitamina A nell'orga­nismo sono adeguati. Si tratta di un processo importante perché un accumulo eccessivo di vitamina A, immagazzinata soprattutto nel fegato, può risultare tossi­co; mentre l'accumulo di carotenoidi immagazzinati nelle cellule di grasso, nei surreni, nelle ovaie, nei testicoli e nelle cellule epiteliali non è tossico, anzi è desiderabile. Studi epidemiologici hanno evidenziato una forte correlazione fra la carenza di carotenoidi e vari tumori dei tessuti epiteliali: polmone, collo dell'utero, apparato gastrointestinale ed infine la pelle che non è suffi­cientemente protetta dai radicali liberi e quindi anche dai raggi solari. Tanto più elevato è il consumo di carotenoidi, tanto più basso sarà il rischio di cancro. Studi scientifici dimostrano che i carotenoidi hanno proprietà antitumorali e stimolano il sistema immunitario. L'invecchiamento e il cancro hanno delle caratteristiche in comune, fra cui il rapporto col danno da radicali liberi. In particolare, sono oramai numerosi gli studi che sottolineano la cor­relazione tra il tasso di carotenoidi contenuto nei tessuti e la longevità ideale dei mammiferi (esseri umani compresi) più di qualsiasi altro fat­tore finora studiato. Per esempio la longevità ideale degli esseri umani, circa 120 anni, cor­risponde ad un livello serico di carotene di 50-300 microgrammi al decilitro, mentre la scimmia Rhesus ha una longevità ideale di 34 anni che corrisponde ad un livello serico di carotene di 6-12 microgrammi al decilitro. Un altro ruolo importante svolto dai carotenoidi è nella modulazione dell'attività di enzimi pro-infiammatori ed immunomodulanti. Una loro carenza comporta un aumento del rischio di patologie infiammatorie croniche tra cui l'artrite reumatoide. Infine, la vitamina A, introdotta come tale o derivata dai carotenoidi presenti come precursori, è impor­tantissima per la salute della pelle, delle mucose, di ossa e denti, dei capelli e nell'ipercolesterolemia; ha proprietà anticancerogene ed un ruolo protettivo del sistema immunitario.

Le fonti principali La maniera più efficace per innalzare il contenuto di carotenoidi nei tes­suti è il consumo di alimenti che ne sono ricchi e, al bisogno, l'assun­zione dei relativi succhi di frutta e verdura centrifugati. Le fonti più importanti di carotenoidi sono: le verdure a foglia verde scuro (cavolo, bietole, spinaci) e la frutta e la verdura di colore arancio-

208 Curarsi con il cibo

ne (albicocche, melone, mango, carote, zucche ecc.). L'assunzione di questa vitamina in forma farmacologica può creare accumulo organico non privo di tossicità, è quindi preferibile assumere con l'alimentazione i carotenoidi che vengono convertiti in vitamina A in base al reale fabbisogno organico. I carotenoidi delle piante verdi si trovano nei cloroplasti in associazione con la clorofilla. Il beta-carotene è la forma che predomina nella mag­gior parte delle foglie verdi, in generale più il verde è intenso, maggio­re è la concentrazione di beta-carotene. La frutta e la verdura di colore arancione presentano le concentrazioni più elevate di carotenoidi pro-vitamina A ed anche in questo caso l'in­tensità del colore è proporzionale al loro contenuto. Nei frutti e nelle verdure gialle e arancioni sono comunque presenti anche altri carote­noidi alcuni dei quali dotati di proprietà antiossidanti e anticancro superiori allo stesso beta-carotene.

Anche i semi e i cereali in chicchi sono fonti significative di carotenoidi.

Gli inibitori L'assorbimento dei carotenoidi è alterato nelle situazioni di carenza nutrizionale e in tutte le patologie digestive o malassorbimento dei grassi come enteriti, patologie intestinali croniche, diarrea, parassitosi ecc. Nella cirrosi epatica di origine alcoolica le concentrazioni di carotenoi­di sono significativamente ridotte; mentre nelle pancreatiti croniche e nella mucoviscidosi l'insufficiente produzione dell'enzima lipasi com­porta una cattiva digestione dei grassi e quindi anche un cattivo assor­bimento dei carotenoidi. Nelle donne in età fertile l'utilizzo dei contraccettivi orali comporta un abbassamento dei livelli serici di carotenoidi come nelle donne fumatri­ci e questo coincide con un forte aumento dei radicali liberi. Concludendo, le proprietà dei carotenoidi sono innumerevoli e abbia­mo considerato in particolar modo l'attività antiossidante. In particola­re sono fortemente protettivi per la pelle anche in relazione all'esposi­zione ai raggi solari, per cui un'alimentazione adeguata ci consente di godere dei grandi benefici del sole senza subirne i danni. E importante dunque consumare giornalmente gli alimenti che ne sono ricchi e in caso di bisogno integrare la dieta con succhi freschi e centri­fugati.

Solleone 209

Livelli di carotene in frutta e verdura cruda (pg per 100 g)

Spinaci 37.000 Pesche 2.700 Cavolo 20.000 Arance 2.400-2.700 Erbette 10.000 Melone 2.100-6.200 Pomodori 7.200 Zucca 1.400 Cavolini di Bruxelles 7.000 Papaia l.l 00-3.000 Mele con buccia. 5.500-12.600 Mirtilli 600 Broccoli 5.200 Uva 200 Albicocche 3.500 Mele sbucciate I00-500

Beta-carotene: le cose da sapere

I carotenoidi sono assorbiti più facilmente quando sono assunti con cibi grassi. I fattori che predispongono alla deplezione di carotenoidi e antiossidanti sono: consumo di alcool, tabacco, esposizione ai raggi UV, patologie infettive o epati­che, gastrectomia (asportazione chirurgica dello stomaco), diarrea, parassitosi, disturbi digestivi o pancreatici. Quando gli apporti proteici sono deboli il beta-carotene è convertito con diffi­coltà in vitamina A. I carotenoidi non sono sintetizzati dal nostro organismo che dipende totalmen­te dall'apporto dietetico. Lipotiroidismo riduce la conversione dei carotenoidi in retinolo (vitamina A). Nel diabete mellito il beta-carotene non è convertito in vitamina A. — — — — —

SOVRAPPESO

Può sembrare banale, ma se affrontato senza isterismi e forzature, l'o­biettivo di conservare un peso forma equilibrato rappresenta un ottimo stimolo per prendersi cura di sé e migliorare la propria qualità della vita. Insomma, al di là dei condizionamenti dettati dalle mode e da una società tutta protesa verso l'apparire, l'armonia del corpo è segno di salute ed equilibrio. Secondo le statistiche ufficiali si tratta di una meta sempre più deside­rata: il 40% della popolazione adulta è infatti in condizione di sovrap­peso, e il 6-7% soffre addirittura di obesità. Il sovrappeso e l'obesità purtroppo non risparmiano oggi neanche i bambini, come dimostra una recente indagine dell'Istituto nazionale della nutrizione, dalla quale risulta che il 35% dei bambini italiani è in sovrappeso od obeso. Insomma c'è poco da stare allegri.

Il peso ideale Innanzi tutto è bene chiarire che si parla di sovrappeso, quando si regi­stra un eccesso di peso rispetto all'altezza secondo precisi parametri aggiornati periodicamente. L'obesità si ha quando i chili in eccesso superano di oltre il 20% il peso medio ideale. In particolare l'obesità è una percentuale di grasso corporeo superiore al 30% nelle donne e al 25% negli uomini. Perché si diventa obesi? Molti studi hanno confermato che l'obesità ha una base genetica, legata al metabolismo delle cellule adipose (sede dell'accumulo dei grassi). Questo spiega perché alcuni individui posso­no mangiare molto senza ingrassare, mentre altri ingrassano pur limi­tando le calorie che introducono. La ricerca ha scoperto che ogni persona presenta un punto di equilibrio ponderale programmato fisiologicamente, cui fanno riferimento le cel-

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lule adipose: quando la cellula diminuisce di volume, trasmette al cer­vello lo stimolo della fame. Gli individui obesi, in genere presentano cel­lule adipose più grandi e in maggiore quantità, per cui sentono mag­giormente l'impulso di mangiare. Sembra che il punto di equilibrio ponderale sia legato alla sensibilità delle cellule adipose all'insulina, ormone secreto dal pancreas (vedi alla voce Diabete), la cui funzione principale è quella di regolare il tasso di zucchero nel sangue stimolando le cellule a prelevare il glucosio dal sangue stesso.

Il ruolo dell'insulina Insomma, l'obesità determina un'insensibilità all'insulina e viceversa. Quando le cellule diventano insensibili all'insulina, la glicemia (il tasso di glucosio nel sangue) aumenta e insorge il diabete. Per riposizionare il punto di equilibrio delle cellule adipose è dunque fondamentale sti­molare la loro sensibilità all'insulina: questo è l'unico modo per ottene­re risultati significativi a lungo termine. Per raggiungere o stabilizzare il peso forma non occorrono dunque far­maci, diete miracolose e tanto meno interventi invasivi tipo liposuzio-ne: è sufficiente un buon apporto nutrizionale, esercizio fisico, una cor­retta e una buona attitudine mentale. Quest'ultimo aspetto è molto importante, perché la ricerca scientifica ha rilevato uno stretto collega­mento tra cervello e sistema digestivo: il cervello controlla l'assunzione quantitativa e qualitativa del cibo, il sistema digestivo (tramite le influenze che il cibo ha sui sistemi endocrino, immunitario e nervoso) condiziona il funzionamento del cervello. In definitiva si può sentire una grande fame come conseguenza di un elevato dispendio energetico a causa dell'esecuzione di un lavoro par­ticolarmente pesante o di una competizione sportiva, oppure il mangia­re può essere semplicemente un modo per placare l'ansia o per "dimenticare". Si possono consumare dolci e cioccolato per ragioni di cuore, e per le stesse ragioni si può chiudere la bocca dello stomaco. Il comportamento alimentare, funzione profondamente istintiva e naturale, può essere dunque modificato dalla capacità di gestire lo stress, dal contenuto simbolico dei cibi, dalle convenzioni sociali, dal nostro stato emotivo. Nel nostro cervello, in particolare nell'ipotalamo, risiedono il centro della fame e quello della sazietà che possono essere attivati o inibiti a seconda della prevalenza di certi neurotrasmettitori che a loro volta giungono da un centro di raccolta di tutte le informazioni alimentari

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provenienti dall'alto (cervello) e dal basso (sistema digestivo), situato nella parte inferiore del tronco dell'encefalo.

Dopamina e serotonina Il centro della fame può essere attivato anche dalla dopamina, un neu­rotrasmettitore prodotto in condizioni di stress, oppure dal neuropep-tide Y, un altro potentissimo stimolatore della fame, caratterizzato da una predilezione per gli zuccheri. La serotonina è invece il neurotrasmettitore della sazietà, in partico­lare sazietà da carboidrati. Livelli elevati di serotonina inibiscono il neuropeptide Y, riducendo il desiderio di zuccheri e viceversa. Le per­sone con irrefrenabile desiderio di dolci hanno in genere bassi livelli di serotonina. Serotonina bassa significa un'ansiosa ricerca di cibi in grado di elevare rapidamente il tasso di questo neurotrasmettitore a livello cerebrale: in primo luogo di dolci e carboidrati. Alimenti che per il loro contenuto in triptofano, stimolano la sintesi di serotonina, con il risultato però di far ingrassare. In genere gli obesi mangiano di più, amano consumare in preferenza dolci, presentano un rapporto famelico col cibo, il loro umore è depres­so. Questo perché l'aumento dei livelli di serotonina a livello cerebrale incide sulla fame e sull'umore. Per tutte le ragioni sopra menzionate, un serio programma che abbia come obiettivo il raggiungimento del peso ideale si deve basare su tre elementi: un'alimentazione corretta ed equilibrata, esercizi aerobici praticati per almeno venti minuti per tre-quattro volte la settimana, un'attitudine mentale positiva.

No alle diete aggressive Se si rispettano tutte e tre queste condizioni, è possibile dimagrire in maniera stabile, a un ritmo di mezzo chilo-un chilo e mezzo a settima­na, senza grandi sacrifici. Le diete aggressive invece provocano sì una perdita di peso rapida iniziale (per lo più si tratta di una diminuzione della massa muscolare e di acqua), ma quasi sempre poi i chili persi vengono rapidamente riguadagnati e anzi in molti casi il punto di equi­librio si sposta più in alto, aggravando ulteriormente la situazione. La strategia vincente è dunque la riduzione graduale di peso, ottenuta modificando in modo permanente il regime alimentare e le abitudini. Per raggiungere questo obiettivo è fondamentale fornire all'organismo nutrienti di elevata qualità, altrimenti lo stimolo della fame non si placa

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e il corpo reagisce risparmiando energie e quindi rallentando il meta­bolismo, cosa che a lungo termine, significa bruciare meno grasso.

Gli errori da evitare Eliminare completamente i carboidrati, o i grassi (senza distinzione tra saturi e insaturi) e seguire un regime iperproteico come spesso sugge­riscono le fantasiose diete che periodicamente vengono proposte dai rotocalchi femminili può essere estremamente nocivo a causa dell'ec­cessiva produzione di chetoni che provoca un forte stress a carico dei reni e del fegato. In queste condizioni, il consumo anche di quantità minime di carboi­drati tende a provocare un repentino aumento di peso, forzando la per­sona a ritornare ad un regime alimentare iperproteico. È invece molto importante seguire una dieta molto varia ed equilibrata, secondo i prin­cipi delle corrette combinazioni alimentari. Non devono assolutamente mancare le verdure: crude e cotte. Una buona zuppa o delle belle insa­late miste, arricchite con qualche seme oleoso (girasole, lino, sesamo, mandorle ecc.) assicurano all'organismo vitamine, sali minerali, fibre e carboidrati di cui ha estremo bisogno per il funzionamento ottimale e che tra l'altro garantiscono il raggiungimento di un certo grado di sazietà. Per rafforzare la dieta si può aggiungere a scelta un cereale integrale biologico, o dei legumi, oppure proteine vegetali come tofu, tempeh, o seitan, o anche pesce; chi ne sente il bisogno può ogni tanto inserire anche un po' di carne bianca.

L'occhio vuole la sua parte In ogni caso, per ridurre il peso è importante dissociare nella dieta car­boidrati e proteine, e consumare molte verdure (crude o cotte) nei modi più svariati: a vapore, alla griglia, al forno, saltate in padella. L'ideale è associare nello stesso pasto più verdure dai colori diversi e ben accostati, preparate in modo diverso. L'occhio vuole la sua parte ed un piatto ben presentato dà il piacere di sedersi a tavola ed entusiasmo nell'intraprendere nuove abitudini. Inoltre il ricco apporto di vitamine e sali minerali, assicurato da una dieta a base di verdure, contribuisce a ripristinare un'ottima funziona­lità a livello enzimatico, stimola la depurazione dell'organismo, miglio­ra il metabolismo e svolge un'azione generale antiossidante che porta energia e migliora l'umore. A loro volta le crudità favoriscono il riposizionamento del punto di

214 Curarsi con il cibo

equilibrio, migliorano il livello di zuccheri nel sangue e riducono la pres­sione sanguigna (se necessario). Molti studi hanno confermato come l'assenza di fibre alimentari nella dieta sia un fattore importante nella genesi dell'obesità, mentre la loro presenza migliora la tolleranza al glucosio, aumenta le calorie espulse con le feci, rallenta l'assunzione di cibo, stimola la secrezione degli ormoni digestivi, favorisce il senso di sazietà (grazie all'aumento del riempimento gastrico), stimola la produ­zione degli ormoni che riducono la fame (come la colecistochinina, responsabile della produzione di serotonina) e l'azione di riempimento intestinale. In definitiva, le fibre agiscono migliorando in generale il metabolismo degli zuccheri. Per questo stesso motivo, oltre alle verdu­re, è importante il consumo di cereali integrali (che comunque dev'es­sere in percentuale inferiore rispetto alle prime), sostituiti magari spo­radicamente dalle proteine, in maggior quantità d'origine vegetale. Assolutamente da evitare sono gli zuccheri e le farine raffinate, i grassi saturi quindi latte e derivati, additivi alimentari, alcool e bibite gassate. Una dieta corretta a base di cibi biologici, privi dunque di additivi e resi­dui agricoli come antiparassitari ed erbicidi evita l'insorgenza di intolle­ranze alimentari che frequentemente portano a problemi di sovrappeso.

L'acqua Molto utile ai fini della riduzione del peso corporeo è l'abitudine di bere acqua lontano dai pasti, avendo cura di scegliere acqua di buona qua­lità. Bisognerebbe bere quando si ha sete, ma spesso ci si dimentica di farlo, per pigrizia o per non perdere tempo, si ascolta poco il corpo, o si è troppo indaffarati per "staccare" e procurarsi un bel bicchiere d'ac­qua. Basta premunirsi e portarsene con sé una bottiglia, in modo che la si abbia sempre a disposizione, quando si avverte anche solo mini­mamente lo stimolo della sete. Ed è molto probabile che ci accorgere­mo di aver bisogno di bere molto più di quanto non avremmo mai pen­sato. Questa buona abitudine consente di eliminare le ritenzioni idriche e le tossine che si producono durante la giornata, inoltre evita lo stress a carico delle cellule; migliora l'aspetto della pelle e in alcuni casi riesce a risolvere anche il problema della stitichezza.

Rivalutare le alghe Un altro alimento da rivalutare sono le alghe. Un cibo, utilizzato dal­l'uomo fin dai tempi più antichi, e non solo in Asia o sulle coste breto­ni, ma anche in alcune zone del Mediterraneo.

Sovrappeso 215

Le alghe sono da diverso tempo oggetto di studio per le loro moltepli­ci proprietà: stimolano la tiroide e attivano il metabolismo con un effet­to dimagrante (ma solo per chi ne ha bisogno); sono remineralizzanti e tonificanti, contrastano il ristagno della circolazione linfatica (e quindi anche la cellulite) e i processi degenerativi e d'invecchiamento, attiva­no la circolazione. Queste preziose proprietà delle alghe dipendono quasi totalmente dagli oligoelementi e dai macroelementi che esse contengono in gran­de quantità. In particolare, il trattamento dell'obesità e più in generale del sovrappeso è una delle principali indicazioni delle alghe per la loro ricchezza in mucillagini e complessi iodati. Le mucillagini sono sostanze non assimilabili che, assorbendo liquido nell'apparato digerente, aumentano parecchie volte il loro volume. In questo modo attenuano l'appetito, procurano una sensazione di sazietà, accelerano il transito intestinale, limitano l'eccessivo assorbi­mento di sostanze nutritive. Inoltre, le alghe contengono sostanze in grado di stimolare le lipasi, gli enzimi che presiedono alla demolizione dei grassi.

Camminare fa bene L'attività fisica, svolta in modo regolare, è un altro fattore indispensabi­le per raggiungere il peso ideale, giacché consente di aumentare la massa magra (muscoli) e ridurre il grasso corporeo. Inoltre il movimen­to contrasta la riduzione dell'attività metabolica conseguente alla minore quantità di calorie introdotte. In conclusione, l'esercizio fisico consente il mantenimento nel tempo dei risultati ottenuti con un regi­me alimentare corretto, rafforza la funzionalità cardiovascolare e respi­ratoria e quindi l'apporto di ossigeno e nutrienti alle cellule, aiuta l'or­ganismo ad eliminare i ristagni e i prodotti di rifiuto dei tessuti, miglio­ra l'umore ed il senso di benessere, consente uno scarico dello stress e dell'aggressività, libera la mente da pensieri ossessivi, aumenta la capa­cità di far fronte agli eventi spiacevoli, contrasta la depressione, miglio­ra la postura e la struttura di tutto il corpo. Gli esercizi fisici più indicati sono attività aerobiche come nuotare, cor­rere, andare in bicicletta, giocare a tennis, praticare sci di fondo o anche il semplice camminare di buon passo, un'attività che è praticabi­le da tutti e che si può fare in qualunque luogo. È sufficiente mezz'ora al giorno per ottenere buoni risultati.

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Pensare positivo Per prima cosa è necessario modificare il nostro linguaggio, eliminando i termini negativi sostituendoli con parole o frasi propositive. A qualcu­no potrà sembrare strano, ma si tratta di una ginnastica efficace, non solo per perdere i chili di troppo, ma anche per migliorare il nostro stile di vita (cibo per la mente). Tornando al sovrappeso, pensare al positivo significa sostituire il termi­ne "dimagrire" con "raggiungere il peso ideale"; significa focalizzare l'attenzione non sugli "alimenti da eliminare", ma su quelli nuovi da introdurre o da scoprire. Può risultare molto efficace anche premiare se stessi con un complimento per ogni piccolo passo che si riesce a com­piere nella direzione del miglioramento, sottolineare i successi, le espe­rienze positive, e poi rinforzarle raccontandole agli amici e alle persone care. Osservare chi non si sta volendo bene, chi è in sovrappeso o obeso e sentirsi immensamente fortunati per aver intrapreso una strada che ci sta portando ad una condizione di maggiore gioia e autostima, gratifi­carsi con della buona musica, o qualsiasi cosa che ci faccia sentire più vivi, nutrire quotidianamente la nostra convinzione. Ognuno può inventare per sé le frasi, le parole che trova più incisive, che infondono entusiasmo, motivazione, piacere per quello che sta attuando.

No alle diete tristi Ognuno di noi è più sensibile ad alcune parole, sia in senso negativo che positivo, per questo è utilissimo portare l'attenzione sul nostro lin­guaggio, in particolare quello interno, che nessuno sente ma che noi ben conosciamo e portare gli aggiustamenti e le correzioni che ci pos­sono aiutare a raggiungere con più facilità e gioia la meta. La felicità è la base della salute, una dieta triste non porta a nulla ed è destinata ad essere ben presto abbandonata. Volersi bene, masticare molto e gustare il cibo invece di ingurgitarlo, soffermarsi e aggiunge­re un tocco di colore ai piatti, dire a se stessi delle belle parole ed infi­ne guardarsi allo specchio e vedere "armonia" è possibile: basta cominciare.

Sovrappeso 217

Alimenti Sì Acqua Pesce Alghe Seitan Carne bianca Semi oleosi (girasole, sesamo, lino) Cereali integrali Tempeh Insalate miste Tofu Legumi Verdure crude e cotte Mandorle

Alimenti No Alcool Dolci Bibite gassate Farine raffinate Carboidrati (eccessivi) Latte e derivati Cereali raffinati Zuccheri Cibi con additivi alimentari

STITICHEZZA

Nel linguaggio medico, si definisce la stitichezza come la ritenzione, passeggera o prolungata, di materiale fecale nel tubo digerente con emissione di feci esageratamente compatte e dure ad intervalli eccessi­vamente distanziati l'uno dall'altro. Ma nel quadro clinico della stiti­chezza rientra anche l'emissione di un ridotto volume fecale, feci inso­litamente disidratate dure o dolorose da evacuare (anche se emesse con frequenza normale), il bisogno di uno sforzo penoso ed eccessivo per completare l'evacuazione, la sensazione d'incompleto svuotamento. A volte la stipsi può presentarsi come un episodio occasionale in coin­cidenza di viaggi o cambiamenti delle abitudini alimentari. In questi casi, un intestino sano ritrova da solo e in breve tempo l'equilibrio, in altri invece costituisce un vero e proprio problema.

La malattia inizia nel colon Quando la costipazione intestinale non è legata a qualche specifica patologia (ostruzione intestinale, neoplasie, malattie neurologiche, colon irritabile, diverticolosi ecc.) le cause possono essere molteplici. Eccone alcune: regime alimentare squilibrato, alterazione della flora intestinale, carenze vitaminiche e minerali, debolezza muscolare (gravi­danza, sedentarietà), insufficiente attività epatica, patologie dolorose dell'ano (emorroidi e fissurazioni), alcuni farmaci (in particolare gli anti­depressivi triciclici, preparati a base di ferro, antiacidi a base di allumi­nio, antitussivi, antiepilettici, analgesici o l'abuso di antibiotici ecc.), ansia e stress, problemi emozionali, viaggi, inibizione volontaria dello stimolo per differire il momento dell'evacuazione, mancanza di un'ade­guata quantità d'acqua, intolleranza al latte di mucca (stipsi spastica). In naturopatia si dice: "la malattia inizia nel colon". Quest'affermazione è molto importante se si pensa che il ristagno di feci nell'intestino alla

Stitichezza 219

lunga crea depositi lungo le pareti tali da impedire l'assorbimento di elementi nutritivi fondamentali quali vitamine e minerali, causando l'in­fiammazione della parete intestinale con presenza di spasmi e dolore, malassorbimento e disturbi nei più disparati distretti organici.

Immunità e stitichezza Il 50% del sistema immunitario associato alle mucose si trova nell'ap­parato digerente ed una stipsi cronica può causare disordini immunita­ri predisponendo a malattie acute e a processi cronici e degenerativi. Inoltre, la costipazione intestinale causa una sorta di "costipazione cel­lulare" aumentando il carico di lavoro degli organi emuntori (di elimi­nazione): reni, pelle, fegato, polmoni e linfa. Il metabolismo cellulare rallenta e la capacità di eliminare i prodotti di rifiuto diminuisce. L'organismo invecchia più rapidamente, come ha dimostrato in uno dei più celebri esperimenti della storia della medicina il dottor Alexis Carrel, dell'/sùfcvto Rockfeller per la ricerca medica. Utilizzando piccole sezioni di tessuto cardiaco di un embrione di pollo, Carrel tentò di dimostrare che, in condizioni controllate, la cellula potrebbe vivere per un lunghis­simo tempo, forse indefinitamente. Per realizzare tale prova, il tessuto fu immerso in una soluzione da cui questo traeva il suo sostentamento, le sostanze di rifiuto erano secrete nella stessa soluzione. Ogni giorno la soluzione veniva rinnovata, elimi­nando le sostanze di scarto e fornendo nutrienti freschi. In queste con­dizioni il tessuto visse per ben ventinove anni! Morì il giorno in cui l'assistente dimenticò di cambiare il fluido conte­nente i prodotti di rifiuto. Nel definire il significato dell'esperienza, Carrel affermò che: «La cellula è immortale. È semplicemente il fluido in cui galleggia che degenera. Rinnovare questo fluido ad intervalli, dà alla cellula qualcosa di cui nutrirsi e la pulsazione della vita può continuare per sempre».

Almeno una volta al giorno Nei fatti, una stipsi importante può comportare intossicazione per assorbimento da parte dei capillari e del sistema linfatico di batteri e di numerose sostanze di rifiuto presenti normalmente nelle feci, causan­do sintomi da intossicazione: cefalea, tensione addominale, flatulenza, inappetenza, lingua patinata, alito pesante, attacchi emorroidali ecc. Nei soggetti predisposti la stipsi può causare emorroidi e diverticoli. La stessa alterazione della microflora intestinale dovuta alla stitichezza è causa di rallentamento del transito intestinale. Si crea in tal modo un

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circolo vizioso che nel tempo può portare a stipsi cronica. Ecco perché diventa importante almeno un'evacuazione giornaliera. L'utilizzo frequente di lassativi, siano essi d'origine chimica o naturale, è in ogni caso da evitare per via degli effetti collaterali o indesiderati pro­vocati. Inoltre tali rimedi non risolvono mai veramente il problema alla radice ed hanno solo un effetto sintomatico. Con in più il rischio di tro­varsi, dopo anni di assunzione di tali sostanze, con vere e proprie pato­logie del colon e della mucosa e l'impossibilità di ripristinare evacuazio­ni normali avendo oramai perso la normale tonicità dell'intestino. È molto importante invece eliminare le cause a monte ed arrivare ad evacuare normalmente e quotidianamente. A questo scopo è fonda­mentale ripristinare corrette abitudini alimentari e di vita, oltre che imparare ad ascoltare il proprio intestino.

Punto di partenza: la dieta L'alimentazione è senza dubbio il punto di partenza. La maggior parte delle persone consuma cibi raffinati, alimenti industriali, zucchero in eccesso e bevande gassate in sostituzione dell'acqua naturale. Per fronteggiare la stitichezza cronica è invece importantissimo aumen­tare l'assunzione di fibra alimentare in modo da arrivare ad almeno mezzo grammo per ogni chilogrammo di peso corporeo, in media 30-40 g di fibra al giorno per adulto. A contrastare la stipsi sono sia le fibre solubili che quelle insolubili (vedi alla voce Carenza di fibre). Le prime danno luogo ad una sorta di gel vischioso che regolarizza il transito intestinale, e sono utili sia in caso di diarrea che di stitichezza. Le secon­de aumentano la massa fecale e stimolano la motilità intestinale risol­vendo la stitichezza cronica. Nei fatti, una dieta a base di cereali integrali, verdura e frutta oltre ad eliminare il problema stipsi, previene la maggior parte delle malattie dei nostri giorni e costituisce un elemento fondamentale nella cura delle stesse patologie, mentre è da evitare il consumo di farine raffinate. D'altra parte non ha neanche senso continuare a consumare cereali e loro derivati raffinati per poi integrare la dieta con un po' di crusca. Tale pratica ha poco senso, sia perché in questo modo è difficile raggiunge­re l'equilibrio che la natura ha previsto nelle proporzioni dei vari nutrienti e sia perché nel cibo integrale non sono presenti solo fibre ma anche vitamine, aminoacidi e minerali che con la raffinazione vanno persi; infine il consumo di crusca "pura" riduce l'assorbimento di alcu­ni minerali, cosa che non avviene consumando cereali integrali. Numerosi sono gli alimenti che presentano spiccate proprietà regolatri-

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ci a livello intestinale, tra questi tutti i cereali integrali e biologici (in par­ticolare orzo, avena, riso, pane integrale), minestre, zuppe (per esem­pio la zuppa di miso, svolge un'efficace azione di ripristino della flora intestinale), legumi (nel caso di flatulenza possono essere passati),-ortaggi a foglia verde (soprattutto porri e cavoli), infine frutta fresca e cotta (kiwi, cachi, fichi, prugne secche e mele cotte). Anche gli oli di oliva e di semi biologici e spremuti a freddo hanno pro­prietà lubrificanti e lenitive. Tra questi vanno segnalati soprattutto l'o­lio extravergine d'oliva e l'olio di lino. Quest'ultimo svolge anche un effetto antinfiammatorio sulla mucosa intestinale. Molto efficace è anche bere molta acqua (almeno 1,5 litri al dì), in par­ticolare il mattino a digiuno. In ogni caso preferire alimenti freschi e cucinati da poco, masticare bene e consumare i pasti in un'atmosfera serena, senza fretta e soprattutto cenare almeno due ore prima di cori­carsi. Gli alimenti da evitare ad ogni costo sono: farine bianche, cibi raffina­ti, zucchero bianco, bevande gassate, insaccati, carne, formaggi, cacao, cioccolato, tè e caffè. Inoltre è bene praticare attività fisica almeno per venti minuti tre volte alla settimana, rafforzare il torchio muscolare addominale, recarsi alla toilette ad ore fisse e senza fretta, anche non in presenza di stimolo e soprattutto ogni mattino dopo aver mangiato, non reprimere mai la voglia di defecare e ovviamente smettere di utilizzare continuativamen­te lassativi. Spesso un'igiene di vita adeguata è sufficiente per riportare il transito intestinale alla normalità. Si tratta solo di ristabilire il ritmo naturale, fisiologico dell'organismo e questo richiede un'attenzione adeguata ai nostri ritmi generali di vita. Darsi il tempo di cucinare cibo fresco, mangiare con tranquillità, effet­tuare un po' di esercizio fisico, ricordarsi di bere acqua e di andare in bagno è volersi bene e mettere in atto i semplici atti che, soprattutto per chi vive in città, arrivano a volte a sembrare superflui in nome del lavoro e del rendimento. Anche per i bambini è fondamentale una buona alimentazione accom­pagnata da un ritmo di vita tranquillo e sereno. Soprattutto loro hanno bisogno di tempo, più tempo degli adulti per mangiare, giocare, anda­re al bagno; spesso invece li si invita ad affrettarsi, perché "bisogna fare in fretta" con il risultato di renderli nervosi e contratti. Per concludere, il sintomo stipsi è un invito alla riflessione sul proprio "ritmo personale" e sul "trattenere" qualcosa che avrebbe bisogno di

222 Curarsi con il cibo

essere lasciato andare liberamente. È un invito a prendere contatto con se stessi e a chiedersi cosa c'è che non va. Il colon è strutturato in modo da liberarsi del suo contenuto regolarmente, pertanto quando compa­re una stitichezza cronica la prima cosa da fare è chiedersi se non sia il caso di correggere qualcosa nel nostro quotidiano.

Alimenti Sì Acqua Olio di lino spremuto a freddo

Avena Olio extravergine di oliva spremuto a

Cachi freddo

Cavoli Ortaggi a foglia verde

Cereali integrali Orzo

Fichi Pane integrale

Frutta fresca e cotta Porri

Kiwi Prugne secche

Legumi Riso integrale

Mele cotte Verdura Miso

Alimenti No Alimenti industriali Crusca (assunta separatamente come

Bevande gassate supplemento)

Cacao Farine raffinate

Caffè Formaggi Carne (eccessiva) Insaccati Cibi raffinati T è Cioccolato Zucchero (eccessivo)

STRESS

Oggi lo stress è diventato uno dei problemi più frequenti. Moltissime per­sone lamentano mancanza di energia, stanchezza eccessiva e continua, scarsa capacità di concentrazione, apatia, mancanza di motivazione. Molti pensano di risolvere tali disagi ricorrendo a stimolanti di varia natura: cibi ricchi di zucchero, sigarette, elevato consumo di caffè e cioccolato. Altri per sentirsi energetici e vivi, diventano adrenalina-dipendenti, dedicandosi a lavori o passatempi che richiedono un'inten­sa partecipazione e un'intensa attivazione delle ghiandole surrenali. Nella maggior parte dei casi, questi tentativi invece di risolvere il pro­blema non fanno altro che aumentare ulteriormente lo stress e ben pre­sto il soggetto si sente incapace di controllarsi e cade in preda alla sen­sazione di impotenza. Tutto accade perché la biochimica dell'organismo si modifica ogni volta che siamo in situazioni di stress, cioè in tutte quelle condizioni in cui è richiesto un surplus di energia per via di un pericolo fisico o di origine mentale: preoccupazioni economiche, rapporti interpersonali impor­tanti difficili, eccessivo perfezionismo, bisogno di apparire e di far car­riera a tutti costi ecc. Quando l'organismo vive una situazione di stress, i surreni sono stimo­lati a produrre adrenalina. Entro breve il cuore inizia a pulsare più velo­cemente, i polmoni iperventilano, il respiro si fa più frequente, il gluco­sio di riserva viene messo in circolo ed è reso disponibile ai muscoli che si tendono mentre le pupille si dilatano. Una volta innescata la sensazione di "allarme e pericolo", l'organismo si prepara a fuggire o a combattere il motivo del disagio preparando il combustibile di "pronto uso" per le cellule ed in particolare per i muscoli e il cervello. A questo riguardo, un ruolo di primo piano è svol­to dal pancreas che secerne glucagone e insulina. Il primo fa aumenta-

224 Curarsi con il cibo

re la glicemia, quando il livello di glucosio nel sangue si riduce eccessi­vamente, liberando gli zuccheri dai depositi; mentre l'insulina consen­te al glucosio di entrare nelle cellule che si preparano a bruciare tale prezioso combustibile. Il risultato è una sensazione di attivazione ener­getica, maggiore prontezza e lucidità mentale. Ma da dove arriva questo surplus di energia che si rende improvvisa­mente disponibile? Si tratta di energia che viene deviata dalle normali attività di riparazione e mantenimento dell'organismo (digestione, depurazione, ringiovanimento ecc.) per offrire una risposta immediata ed efficiente allo stress. Ad essere coinvolti in prima fila sono il sistema nervoso, l'endocrino e l'immunitario, ma anche ipofisi, pancreas, surre-ne e fegato, sottoposti ad un continuo sforzo per fornire energia al metabolismo degli zuccheri. Contemporaneamente si riduce il livello di ormoni surrenalici (la cui funzione è quella di combattere l'invecchia­mento) e di cortisolo; mentre aumenta il livello di radicali liberi in circo­lo. Con il perdurare della condizione di stress, l'organismo incontra cre­scenti difficoltà; i tempi di recupero diventano sempre più lunghi, fino ad arrivare al punto in cui il corpo non è più in grado di rispondere in maniera ordinaria allo stress. Si riduce il livello di energia generale e la capacità di concentrazione; compaiono piccoli vuoti di memoria, aumentano irritabilità, insonnia, mal di testa e sudorazione; si incontrano difficoltà al risveglio mattuti­no e in alcuni soggetti diventano frequenti gli scoppi d'ira. In queste condizioni, gli stimolanti sembrano essere l'unica ancora di salvezza per continuare a "stare al passo", ma proprio a causa del loro uso diventa sempre più difficile rilassarsi. Diventa così inevitabile anche l'assunzione di sostanze che inducono rilassamento: alcool, sonniferi e ansiolitici. Sembra impossibile, ma la maggior parte delle persone non può fare a meno dello stress. In sua assenza ci si sente "a terra", una sensazione che in realtà è spia dello stato di esaurimento del surrene. L'adrenalina fa sentire vivi, come un'onda che sale e porta in alto, se non che, poco dopo, ci si ritrova a terra, peggio di prima. In definitiva, l'abuso di adre­nalina porta all'esaurimento, alla malattia e all'invecchiamento precoce. Tutti i fattori stressanti e le sostanze stimolanti dissipano energia vitale e lo fanno ad un tasso superiore rispetto alle capacità di recupero del­l'organismo (in condizione di stress l'organismo raddoppia il fabbiso­gno vitaminico). Le cellule sono affamate di sostanze nutritive come il glucosio ed i nutrienti che fanno da catalizzatori delle reazioni enzima­tiche: vitamine e minerali. Lo stress consuma tali nutrienti in grande

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quantità e quando lo stato di tensione continua a lungo, si esaurisco­no, rendendo assai difficile il recupero e la rigenerazione. Se si potesse­ro rilassare tutti i muscoli del corpo, si risparmierebbe una grande quantità di questi nutrienti.

Stile di vita e alimentazione Una corretta alimentazione può svolgere un ruolo molto efficace per spezzare il circolo vizioso stress-stanchezza-abuso di stimolanti-biso­gno di ansiolitici. Il primo passo per aumentare al massimo l'energia vitale disponibile è la sostituzione degli zuccheri a rapido assorbimento (zuccheri raffinati) con i carboidrati che rilasciano gradualmente la loro energia ed evitano sbalzi glicemici che mettono sotto sforzo il sistema nervoso e quello endocrino, producendo nervosismo e irritabilità. È bene dunque evitare o ridurre il consumo di pane bianco, primi piat­ti a base di farine raffinate e ossidate, dolci che contengono zuccheri raffinati, sostituendoli con alimenti integrali e biologici che forniscono un pieno carico di energia costante: cereali integrali, legumi, semi, ver­dura e frutta di stagione. Questo perché vitamine B3, B6 (presenti nei cereali integrali e nel lievito di birra), zinco e cromo (in cereali integrali e semi) favoriscono il metabolismo degli zuccheri; mentre le vitamine C (in agrumi, rosa canina, ribes nero, broccoli e cavoli), E (nel germe di grano e nell'olio di germe di grano) ed F (in oli di semi spremuti a fred­do, sgombri, aringhe e salmone) sono splendidi antiossidanti.

Il magnesio Un altro nutriente molto importante per il controllo dello stress è il magnesio. Il suo ruolo è fondamentale nell'attivazione di numerosi enzimi; contribuisce a mantenere la carica elettrica delle cellule in par­ticolare quelle dei tessuti muscolari e del sistema nervoso ed infine è coinvolto in molte funzioni cellulari, fra cui la produzione di energia, la sintesi delle proteine e la replicazione cellulare. La carenza di magnesio si manifesta con irritabilità, confusione mentale, debolezza, sindrome premestruale, disturbi a livello cardiaco, del sistema nervoso e nella contrazione muscolare. Inoltre, possono comparire crampi e insonnia, e si riduce notevolmente la resistenza allo stress. Il magnesio è presente in abbondanza in cereali integrali, legumi, semi, ortaggi a foglia verde. Purtroppo i processi di raffinazione, lavorazione e trasformazione degli alimenti determinano un impoverimento note­vole del contenuto naturale di magnesio, per cui nella dieta odierna non è rara la condizione di deficit di questo minerale, il cui fabbisogno

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in situazioni di stress aumenta particolarmente. Il magnesio è contenuto in ordine decrescente in alghe, crusca di grano, germe di grano, mandorle, anacardi, lievito di birra, grano sara­ceno, nocciole, miglio, frumento, segale, tofu, riso integrale, fichi sec­chi, albicocche secche, datteri, cavolo verde, mais dolce, prezzemolo, prugne secche, semi di girasole, fagioli, orzo, aglio, piselli, uvette. Pesce, carne, latte e frutta ne sono invece poveri.

Bevi che ti passa A causa dei cambiamenti biochimici causati nell'organismo, in condi­zioni di stress, ci si disidrata più facilmente e quindi è consigliabile bere acqua abbondantemente, ma lontano dai pasti. La necessità di una bevanda tonificante può essere efficacemente sod­disfatta dal tè mu composto da nove a sedici radici diverse (secondo la qualità) tra cui il ginseng. Esso si trova in vendita in tutti i negozi di ali­menti biologici e nelle erboristerie. Per la sua azione blandamente ecci­tante è preferibile non berlo prima di andare a letto. Un altro nutriente fondamentale, a cui però si dà scarsissima importan­za è l'ossigeno. La maggior parte delle persone respira superficialmen­te, utilizzando solo un terzo della capacità polmonare. Un buon eserci­zio fisico accompagnato da respirazioni profonde aiuta l'organismo a disintossicarsi, ossigena le cellule, scarica i nervi e al tempo stesso toni­fica e rilassa. Il contatto con la natura, da ricercare il più frequentemente possibile, consente di "ricaricare le batterie", garantendo quel recupero che evita l'esaurimento. L'organismo segue un suo ritmo naturale, così come la natura intera. Vivere continuamente una condizione alterata di questo ritmo, senza mai recuperare, vuol dire porre le basi per lo sviluppo di malattie fisiche o nervose. Proiettandosi nel futuro per raggiungere l'obiettivo e quindi il successo l'essere umano consuma preziose energie che l'attimo presente, con la sua saggezza, attiva e moltiplica attraverso il piacere e la gioia di "esser­ci nel fare", e la gioia del fare porta chiarezza ed abbondanza. Anche una semplice faccenda di casa svolta con piacere rigenera, sbrigata di fretta e per dovere consuma. Lo stress è molto spesso legato ad un atteggiamento mentale di paura di "non farcela". L'intero organismo entra in tensione e consuma, con­suma la vita e gli elementi vitali che invece dovrebbero essere utilizzati per i momenti di emergenza e di vera necessità. Modificare lo stile di vita, i propri pensieri (nutrimento della mente) e i

Stress 227

cibi (nutrimento del corpo), è questa la vera prevenzione. Costruire il proprio benessere giorno dopo giorno, nel rispetto del ritmo naturale, conserva il più a lungo possibile giovinezza e salute.

Alimenti Sì Alghe Mandorle Aringhe Oli di semi spremuti a freddo Broccoli Salmone Cavoli Semi Cereali integrali (grano miglio, frumento, riso, segale)

saraceno, Sgombri Tofu

Frutta di stagione (soprattutto agrumi) Verdura a foglie verdi (in particolare Germe di grano cavoli) Lievito di birra in scaglie

Alimenti No Alcoolici Dolci Bevande nerbine (caffè, tè) Pane bianco Cioccolato Pasta raffinata

Gli alimenti più ricchi di magnesio

Crusca di frumento 550 Carciofi cotti 66 Mandorle secche 264 Cozza o mitilo 44 Anacardi 260 Parmigiano 43 Germe di frumento 255 Zucchine cotte 42 Arachidi tostate 175 Pecorino 40 Nocciole secche 160 Pollo, petto 40 Frumento duro 160 Ceci secchi 37 Miglio decorticato 160 Peperoni rossi cotti 32 Pistacchi 158 Patate cotte 32 Noci secche 131 Cavolfiore cotto 30 Farina di frumento duro 120 Lenticchie secche cotte 28 Mais 120 Prosciutto crudo di Parma 26 Sardine fritte 102 Merluzzo o nasello, surgelato 19 Bieta cotta 80 (Fonte: Inran)

MALATTIE DELLA TIROIDE

Utilizzando un linguaggio automobilistico, si può affermare che la tiroi­de regola il "numero di giri" dei numerosi motori del nostro organismo. La sua importanza risiede nell'elevato contenuto di iodio, il 20% di quello presente nell'intero organismo, e nella produzione di due ormo­ni, essenziali per il nostro metabolismo: la tiroxina (T4) e la triiodotiro-nina (T3), secreti in risposta alla stimolazione da parte dell'ipofisi ed in particolare dell'ormone tireotropo (TSH). Grazie a un perfezionatissimo meccanismo di autoregolazione, quando nell'organismo si abbassano i livelli degli ormoni tiroidei, l'ipofisi aumenta la produzione di TSH e viceversa, quando il livello ormonale diventa eccessivo, si riduce la pro­duzione dello stesso. Il campo d'azione della tiroide è estremamente ampio: va dallo stimolo allo sviluppo del sistema nervoso centrale, all'accrescimento corporeo, al controllo di numerose funzioni metabo­liche. Ci si rende conto delle sue funzioni solo quando, a causa di qual­che disturbo, la sua attività diventa insufficiente o eccessiva... Vediamo insieme quindi quali sono le patologie più frequenti che riguardano questa ghiandola, e come fronteggiarle efficacemente con un'alimentazione equilibrata.

L'ipotiroidismo Nell'ipotiroidismo vi è una ridotta funzione della ghiandola e il deficit ormonale determina una riduzione del metabolismo basale. Tale deficit ormonale può derivare da una mancata stimolazione da parte dell'ipo­fisi, da una sintesi difettosa o da una conversione alterata di T4 in T3. Dalle ricerche epidemiologiche si evince che circa l'1-4% della popola­zione italiana soffre di ipotiroidismo moderato-severo e un altro 10-12% di ipotiroidismo lieve. Complessivamente a soffrirne è almeno il 25% della popolazione adulta, in maggioranza gli anziani. Il deficit degli

Malattie della tiroide 229

ormoni tiroidei porta una riduzione del metabolismo e quindi ad una scarsa utilizzazione di grassi, zuccheri e proteine; si associa dunque ad aumento di peso e freddolosità, soprattutto a piedi e mani, mentre aumentano i livelli di trigliceridi e colesterolo nel sangue. Inoltre, vi è anche un rallentamento del drenaggio linfatico, con la comparsa di edemi. I primi sintomi sono stanchezza e una leggera depressione, poi col tempo si manifestano difficoltà nella concentrazione e riduzione della memoria. Tipica è la riduzione della libido negli uomini e nelle donne vi possono essere alterazioni del ciclo mestruale: questo tende ad essere più breve con flusso forte e prolungato e può esservi anche infertilità. La cute si presenta secca e arrossata con desquamazioni fini superficiali, i capelli sono secchi, fragili, avvizziti e tendono a cadere. Le unghie diventano sottili, fragili con solchi trasversali. A livello muscola­re vi è debolezza, alcuni soggetti manifestano anche dolori muscolari e articolari, è molto comune la stitichezza. Vi può essere gonfiore al viso e alle palpebre, la persona si sente rallentata.

Evitare sostanze "gozzigene" Il gozzo è un aumento di volume della ghiandola che può far seguito alla sua ipofunzione; è legato a una carenza di iodio e l'ipertrofia della tiroide è espressione di un tentativo di compensazione. In alcuni casi il gozzo si presenta anche in casi di ipertiroidismo. L'aspetto nutrizionale è molto importante nell'ipotiroidismo in quanto è necessario assicura­re l'apporto dei nutrienti indispensabili per la produzione degli ormoni tiroidei, mentre vanno evitate le cosiddette sostanze gozzigene che ten­dono a legarsi allo iodio e a renderlo meno utilizzabile dalla tiroide. Alimenti gozzigeni sono i vegetali appartenenti alla famiglia delle Brassicacee: rape, cavoli, rafano e ravanelli; a queste vanno aggiunte anche manioca, arachidi, pinoli, miglio e soia. Questi alimenti non vanno evitati del tutto, ma non vanno consumati in eccesso crudi, poi­ché la cottura toglie l'effetto gozzigeno.

Le giuste vitamine Di contro, gli alimenti che contengono vitamina A (frutti e verdure di colore arancione), vitamina E (olio di germe di grano), vitamine del gruppo B (lievito di birra, meglio in scaglie), zinco (semi oleosi e legu­mi) e selenio (noci brasiliane e altri semi, Jegumi e lievito) sono impor­tanti per la sintesi degli ormoni tiroidei. È importante che gli alimenti consumati siano integrali e biologici, i cereali in chicchi sono da prefe­rire alle farine, mentre la farina bianca è del tutto sconsigliata.

230 Curarsi con il cibo

L'esercizio fisico è fondamentale per le persone ipotiroidee, in quanto stimola la tiroide ed aumenta la sensibilità dei tessuti agli ormoni tiroi­dei. L'assunzione di alghe risolve la carenza di iodio e attiva il metabo­lismo; per lo stesso motivo può essere d'aiuto anche il consumo di pesci di mare.

L'ipertiroidismo A differenza dell'ipo-, l'ipertiroidismo è caratterizzato dall'aumento del metabolismo basale e della frequenza cardiaca. I sintomi segnalano un eccitamento del sistema nervoso simpatico, sudorazione, perdita di peso nonostante l'aumento dell'appetito, insonnia, ansia, palpitazioni, tremore, dilatazione pupillare, retrazione della palpebra superiore e sporgenza del globo oculare, intolleranza al caldo, defecazioni fre­quenti, iperattività, insonnia, instabilità emotiva, cute umida e calda, capelli sottili e tendenti alla caduta. Il morbo di Basedow, malattia autoimmune, rappresenta più dell'85% dei casi di ipertiroidismo. Esso è più comune nel sesso femminile e comincia a manifestarsi tra i venti e i quarantanni. Lo stress sembra un importante fattore precipitante della malattia, alla base della quale sembra vi sia la separazione reale o minacciata da un individuo da cui la persona è sentimentalmente dipendente: vi sono infatti ricerche che segnalano che questa patologia fa seguito a shock affettivi. Negli anziani l'ipertiroidismo è connesso invece, più frequentemente, all'uso di farmaci antipertensivi (amiodaro-ne). Gli esami ematochimici, evidenziano elevati livelli di ormoni tiroidei e un basso livello di TSH. Nell'80% dei casi sono presenti autoanticor­pi. In questo caso è importante ridurre fumo, situazioni stressanti e assunzione eccessiva di iodio. A livello nutrizionale occorre una dieta ipercalorica per compensare il metabolismo accelerato e pasti frequen­ti, evitando assolutamente il caffè. In questo caso, il consumo di ali­menti gozzigeni è consigliato, e siccome la cottura toglie loro tale effet­to, sono da consumarsi crudi. Sono utili anche le vitamine A, E, C (agru­mi), mentre sono da evitare alghe e pesci di mare. Impacchi freddi (1 5 minuti al dì) con una pezza bagnata in acqua fredda o ricotta (fredda da frigorifero) sulla tiroide tendono a rallentarne la funzione.

Tiroide ed espressività La tiroide ha a che fare con l'espressione creativa, sia in ambito lavora­tivo che nella vita affettiva, rispettivamente lobo destro e sinistro; inol­tre rappresenta la propria relazione con la verità. Spesso, i disturbi alla tiroide sono collegati a problemi di comunicazione. Per esempio quan-

Malattie della tiroide 231

do la comunicazione è soffocata, per non recare dispiacere o per timo­re di affrontare apertamente un problema e si preferisce fingere che tutto vada bene. Chi soffre di disturbi alla tiroide dovrebbe dunque riflettere su queste difficoltà e imparare ad esprimere serenamente e apertamente la propria verità.

Al iment i Sì - Ipot i ro id ismo

Alghe Noci brasiliane Cereali in chicchi integrali Olio di germe di grano Frutta color arancione Pesce di mare Legumi Semi oleosi Lievito di birra Verdura color arancione

Al iment i No - Ipot i ro id ismo (sconsigliato I uso crudo, la cottura toglie l'effetto gozzigeno)

Arachidi Pinoli Cavoli Rafano Farina bianca Rape Manioca Ravanelli Miglio Soia

Al iment i Sì - Ipert iroidismo (quando possibile, consigliato l'uso crudo)

Agrumi Pinoli Arachidi Rafano Cavoli Rape Manioca Ravanelli Miglio Soia

Al iment i No - Ipert iroidismo

Alghe Pesci di mare Caffè

TOSSE

La tosse è un meccanismo di difesa che l'organismo utilizza per ripuli­re l'albero tracheobronchiale dalle secrezioni e dai corpi estranei. Si inizia con una profonda inspirazione, in fase espiratoria si chiude la glottide, si rilascia il diaframma, per poi contrarre i muscoli respiratori contro la glottide in modo da produrre la massima pressione positiva intratoracica e nelle vie aeree. Questa pressione determina un restringi­mento della trachea e poi si apre la glottide. L'elevata differenza di pres­sione tra le vie aeree e l'atmosfera, sommata al restringimento della tra­chea, provoca un forte flusso d'aria in uscita che è in grado di liberare le vie respiratorie.

Un meccanismo di difesa Gli stimoli che provocano la tosse possono essere: meccanici, corpi estranei, polveri irritanti, compressione delle vie aeree dall'esterno o dall'interno (tumori ecc.); chimici, come gas irritanti, compreso il fumo di sigaretta e fumi chimici; termici, come l'inalazione di aria molto fred­da o molto calda; infiammatori, come nel caso di un'infiammazione della mucosa respiratoria, a cui si può aggiungere l'irritazione dovuta a secrezioni. Anche la secrezione di muco è un meccanismo di difesa, in quanto con­sente di intrappolare particelle, polveri e germi, per poi eliminarli gra­zie al movimento continuo delle ciglia della mucosa respiratoria verso l'esterno. Al contrario, quando le secrezioni sono troppo dense o ecces­sive, la respirazione può essere difficoltosa. La tosse può ripulire le vie respiratorie alte come nelle laringiti e nelle tracheiti, oppure può essere più profonda per drenare i bronchi e i bronchioli come nelle bronchiti e nelle bronchioliti, fino ad arrivare a ripulire gli alveoli come nelle polmoniti e negli ascessi polmonari.

Tosse 233

Tipi di tosse La tosse può essere irritativa, secca, senza produzione di muco, oppu­re può essere produttiva, con l'eliminazione di secrezioni ("escreato"), che possono essere scarse, abbondanti, fluide o dense, talora appicci­cose, bianche, giallastre o verdastre, talora putride, inodori o maleodo­ranti; possono comparire o meno tracce di sangue. In alcuni casi il ristagno del muco può non solo disturbare la respirazio­ne, con una riduzione della ventilazione, ma può anche provocare una sovrinfezione batterica, per cui si ha febbre alta, catarro giallo putrido e maleodorante. In una patologia particolare detta bronchiettasia, vi è una predisposizione genetica e una debolezza costituzionale dell'albe­ro bronchiale, al punto che si arriva alla formazione di piccole sacche ripiene di catarro e pus lungo l'albero bronchiale, con danni e lesioni organiche per le continue infezioni che caratterizzano questa proble­matica di tipo cronico. La bronchite cronica del fumatore è dovuta allo stimolo irritativo continuo che il fumo produce sull'albero respiratorio. Inoltre, le particelle di catra­me si depositano in profondità negli alveoli polmonari, impegnando con­tinuamente il sistema immunitario in un'eliminazione che non ha mai fine; nel tempo i polmoni e l'intero albero bronchiale si indeboliscono.

Tosse e personalità Ci si può ammalare di tosse, dunque, per varie ragioni. Più frequente­mente si tratta di sbalzi di temperatura. La causa può essere esterna, il clima freddo quando non ci si è coperti sufficientemente: in tal caso si guarisce rapidamente. Vi possono essere invece dei soggetti particolarmente predisposti alle malattie da raffreddamento ed in particolare alla tosse, che ne soffro­no facilmente e guariscono più lentamente degli altri: si tratta dei cosiddetti tipi polmonari o tubercolinici, costituzionalmente più deboli a livello di sistema respiratorio e caratterizzati psicologicamente da una forte sensibilità; sono idealisti e soffrono particolarmente per le ingiu­stizie, si entusiasmano, si "innamorano" facilmente idealizzando perso­ne e situazioni; sono fisicamente abbastanza esili e poco coloriti, amano particolarmente le passeggiate nei boschi durante le quali si rigenerano e si ossigenano; il contatto con gli alberi, il colore verde e l'azzurro del cielo li fortifica e riequilibra il loro eccesso di sensibilità; amano la riflessione e l'introspezione. La loro eccessiva sensibilità, il loro grande bisogno del bello e del giusto, li può portare facilmente alla tristezza e al rifiuto sul piano sociale e umano.

234 Curarsi con il cibo

Tosse come rifiuto Il rifiuto è il tema della tosse, con l'irritazione e la rabbia che l'accom­pagnano. Talora vi è anche un senso di costrizione o di oppressione al petto, un senso di chiusura. Si può arrivare al sibilo dell'asmatico, in cui 10 spasmo dei bronchi intrappola l'aria producendo una dispnea insop­portabile, mentre i colpi di tosse sono un tentativo di liberazione e di apertura. Questo sintomo fastidioso e "rumoroso" rende quindi manifesto alla persona e al mondo il proprio disagio profondo: è una forma liberato­ria di una pressione interna eccessiva che si è accumulata nel petto. Nella tosse di gola, quella da pizzicorino superficiale, la sofferenza sta nella mancata comunicazione e verbalizzazione del disagio. Il blocco nella manifestazione produce un'irritazione alla gola e una pressione che la tosse tende a liberare. Quando invece sono impegnati i polmoni e le parti profonde dei bron­chi, laddove avvengono gli scambi d'aria, si tratta di una problematica legata allo scambio, al dare e al ricevere sul piano affettivo. L'asmatico trattiene l'aria, non la lascia uscire, vorrebbe tener legati a sé gli affet­ti. In particolare, la relazione con la figura materna è conflittuale, vi è una dipendenza, un bisogno di trattenerla (broncospasmo) e d'altra parte un bisogno di autonomia, un rifiuto, un desiderio di eliminarla, di allontanarla (tosse). In questa realtà si consuma la crisi dell'asmatico che pone in atto, sulla scena del suo quotidiano, il proprio conflitto esi­stenziale di "dipendenza-autonomia".

Tosse e alimentazione I suggerimenti alimentari efficaci per chi soffre di tosse possono essere molteplici. Innanzitutto occorre un'alimentazione sana che migliori le difese immunitarie e fortifichi la persona a livello di sistema respirato­rio. Inoltre, è bene evitare gli alimenti che intensificano la produzione di muco e catarro: in particolare latte vaccino e derivati (formaggi e yogurt), le farine bianche, raffinate. Nella Medicina Tradizionale Cinese, il sistema respiratorio e quindi i pol­moni, sono accoppiati al colon, pertanto in tutti i casi in cui insorgono problematiche alle vie respiratorie è consigliabile prendersi cura anche del grosso intestino. Inoltre, l'energia vibratoria corrispondente a tali sistemi è il colore bianco: quello del latte e delle farine raffinate. 11 latte a livello archetipale simboleggia la madre, il bisogno di poppare al seno materno, il bisogno di sicurezza affettiva e protezione. Il latte, si sa, è il cibo dei piccoli: gli animali in natura vengono svezzati ad una

rosse 235

certa età e poi non introducono mai più tale alimento. L'essere umano adulto invece spesso non sa farne a meno: questa è una manifestazio­ne che a livello simbolico richiama ad una problematica di dipendenza affettiva. Evitare il consumo di latte non solo riduce fortemente la for­mazione di muco e catarro, ma influisce anche sulla psiche ed in parti­colare sulle dipendenze affettive. Noi ci nutriamo infatti, oltre che dei nutrienti presenti nei cibi, anche degli aspetti simbolici che questi rap­presentano. Le farine bianche possono essere sostituite in modo eccellente dai cerea­li integrali e in parte dalle farine integrali, meglio fresche o comunque macinate da poco tempo. Tra i cereali sono particolarmente benefici riso, farro e miglio. Tra gli alimenti di colore bianco che possono essere con­sigliabili si ricordano in particolare le rape e il sedano rapa. Il consumo di buone quantità di verdure crude e cotte, legumi, semi oleosi, frutta fresca e secca, una piccola quantità di pesce per chi non è vegetariano, assicura una dieta bilanciata che mantiene l'organismo in ottima forma e previene l'accumulo di tossine di cui i catarri, in chi è predisposto, sono forme di eliminazione. Il succo di ribes nero spremuto a freddo, oltre a contenere vitamina C, aiuta a fluidificare il muco; un valido aiuto possono essere anche tisa­ne calde dolcificate con miele.

Occhio al fegato Per i soggetti predisposti alla tosse, è bene tener d'occhio il fegato. Secondo la Medicina Tradizionale Cinese, il fegato è collegato alla rab­bia, all'intolleranza, al rifiuto. Di nuovo ci troviamo ad escludere i latti­cini che appesantiscono questo organo, i cibi eccessivamente acidi come le carni e le Solanacee (in particolare pomodori, peperoni e melanzane), alimenti fritti e uova. Invece possono essere molto utili le verdure verdi cotte e crude, il tarassaco e nella stagione fredda frequen­ti zuppe di miso, meglio se preparate con porri, carote, alga kombu, un pezzettino di prugna umeboshi e zenzero. Il miso è soia fermentata in forma cremosa, è salato ed è un ottimo condimento: sostituisce il dado, si aggiunge a fine cottura e non si fa bollire in quanto contiene fermenti che altrimenti si distruggerebbero. Questi fermenti, ricostituendo la flora intestinale, rafforzano il colon e le difese immunitarie. Il sapore piccante "co-vibra" con polmoni e colon: in piccole quantità li rinforza, in grandi quantità li indebolisce. Si consiglia pertanto l'utiliz­zo di piccole quantità di peperoncino e, ancora meglio, il consumo

236 Curarsi con il cibo

abbastanza frequente di zenzero (ginger) in succo fresco e se non si trova, in polvere; può essere aggiunto alle zuppe, alle verdure e vi si possono preparare delle tisane. Infine una piccola quantità di prugna umeboshi (si trovano in vendita nei negozi di alimenti biologici), può essere efficace come alcalinizzan­te. I soggetti polmonari tendono ad avere un metabolismo eccessiva­mente acido e sia l'umeboshi che il miso sono altamente riequilibranti. L'umeboshi è una prugna fermentata salata che si può aggiungere all'acqua di cottura dei cereali, o nelle minestre e nelle zuppe o anche nella forma di un piccolo pezzetto nell'olio di una frittura che si può decidere di consumare saltuariamente, per bilanciare l'effetto di acidi­ficazione, migliorare la digestione ed eliminare i disturbi da eccessi di acidi gastrici. Un ultimo consiglio dall'igienistica: in tutti i casi di patologie alle vie respiratorie, un enteroclisma con due litri di acqua tiepida purifica il colon e migliora immediatamente anche i disturbi respiratori.

Alimenti Sì Alghe Semi oleosi Cereali integrali (in particolare riso.farro Succo di ribes nero spremuto a freddo e miqlio) Tisane calde dolcificate con miele Frutta fresca e secca Umeboshi Legumi Verdure verdi crude e cotte Miso Zenzero (qinqer) Peperoncino (moderatamente)

Alimenti No Alcoolici Frutta Alimenti fritti Latte vaccino Caffè Solanacee (in particolare pomodori, Carni peperoni e melanzane) Farine raffinate Uova Formaggi Yogurt

VEGETARISMO INFANTILE

Qual è la dieta più indicata per lo svezzamento e i primi anni di vita? I giustificati timori legati alla sindrome della mucca pazza hanno spinto molti genitori ad apprezzare i numerosi vantaggi del regime vegetaria­no, soprattutto per i figli più piccoli. Vediamo quali sono i pregi della dieta senza carne, ma anche gli errori da evitare. Il cibo è lo strumento più semplice per mantenere la qualità della pro­pria salute presente e futura. E per molti, la sua funzione va molto al di là del semplice sostentamento, va a influenzare profondamente la psi­che e il carattere dell'individuo. Nei suoi primissimi mesi di vita il neonato non distingue se stesso dal mondo, il suo corpo da quello della madre, cerca e riconosce solo il latte materno e la persona che glielo offre. Nel momento dell'allatta­mento avviene un magico scambio che avrà un'importanza grandissi­ma nella vita del bambino e dell'adulto futuro. È il primo anello della sua esperienza di vita e d'amore e segna il suo ingresso nel mondo.

Latte: no grazie Per i lattanti il latte materno è l'alimento più completo e digeribile, la sua sostituzione con il latte vaccino presenta a volte dei rischi. In realtà, solo dopo la rivoluzione francese, il latte vaccino è entrato a far parte della nostra alimentazione. Prima d'allora si consumavano essenzial­mente latte e formaggi di capra, alimenti più vicini alla capacità dige­stiva e di eliminazione del nostro organismo. La ragione è che l'enzima che consente la digestione del latte vaccino, con il tempo tende a ridur­si, fino a scomparire del tutto in molti soggetti d'età adulta. Ovviamente si tratta di un processo naturale visto che il latte è l'alimen­to dei lattanti e va consumato solo quello della propria specie. Il latte vaccino va pertanto evitato, non solo perché può produrre muco, ero-

Curarsi con il cibo

sta lattea ed eczema nei bimbi predisposti, ma anche perché può esse­re responsabile di intolleranze alimentari e allergie. È bene quindi sosti­tuirlo con latte di riso, di soia o di mandorle che può essere facilmente preparato in casa. D'altra parte il calcio è presente in quantità sufficiente nelle verdure, nei semi, nei cereali integrali, nelle alghe e numerosi altri alimenti (per una lista di alimenti ricchi di calcio vedi alla voce Osteoporosi).

Lo svezzamento Con lo svezzamento il neonato dà inizio al delicato processo di distac­co dalla madre e inizia ad introdurre alimenti nuovi e solidi. È l'avvio di una certa autonomia. Il momento adatto per iniziare lo svezzamento è suggerito dalla comparsa dei primi dentini, segno evidente che il bimbo è pronto ad introdurre alimenti nuovi. Svezzare troppo precocemente, o con eccessivo ritardo, significa non "ascoltare" i segnali che il picco­lo manda, significa non stare nel "suo tempo", ma in quello delle tabel­le pediatriche, stabilite a priori dal mondo degli adulti. Una dieta ben bilanciata è importantissima perché nel corso del primo anno di vita il bambino può essere soggetto a intolleranze nei confron­ti di alcuni alimenti. Intolleranze che si manifestano in genere con eru­zioni cutanee, doloretti addominali, diarrea, asma ecc. Tutto questo può essere rapidamente modificato e riequilibrato agendo sull'alimen­tazione e seguendo con intelligenza il gusto e la predisposizione del bambino. Gli alimenti che più frequentemente danno questi problemi sono: latte vaccino e derivati, frumento, pomodori, cioccolato, noci, uova, alcune carni. Nei bambini con tendenza allergica, questi alimenti vanno evitati. In ogni caso il grano come tutti gli altri cereali che contengono glutine (frumento, orzo, avena ecc.) sono sconsigliati fino al compimento del­l'ottavo mese di vita. Va anche considerato che spesso l'allergia è dovu­ta alla presenza di residui di pesticidi o di altre sostanze chimiche aggiunte agli alimenti, come additivi e conservanti: un motivo in più per preferire gli alimenti biologici.

Non forzare Pertanto è consigliabile iniziare lo svezzamento con brodi vegetali e un po' di frutta. Attenzione! Non tutti i bimbi amano i succhi di frutta, quindi è bene non forzare. È sempre buona cosa assecondare i loro gusti, perché essi sono un'indicazione già molto chiara della loro tipo­logia e dei loro bisogni. In ordine di tempo si possono inserire nella loro

Vegetarismo infantile 239

dieta: creme di riso, mais, tapioca, miglio, grano saraceno, semolino di frumento, fiocchi, crema d'avena e d'orzo, lenticchie rosse decorticate, tempeh, tofu, lenticchie verdi, ceci, fagioli, piselli, seitan, e alcuni pesci (purché non di allevamento) come trota, merluzzo, nasello, sogliola, carpa, dentice, palombo. Ai brodi vegetali è sempre consigliabile aggiungere un pezzettino di alga kombu che fornisce tutti i minerali necessari ed elimina i gonfiori intestinali. Il tutto, a tavola, va reso il più possibile gustoso ed attraen­te alla vista, all'odorato, al gusto. L'utilizzo di erbe aromatiche, di verdure molto colorate scottate e salta­te, ma non troppo cotte, così come una preparazione accurata della tavola possono trasformare i pasti in un'occasione di salute e festa.

Sali minerali Per la crescita del bambino è fondamentale un apporto ottimale di sali minerali. Cereali integrali, verdura, semi oleosi, una piccola quantità di alghe nelle minestre o nell'acqua di cottura dei legumi garantiscono l'apporto di minerali necessari per la crescita e per un metabolismo equilibrato, senza contare l'azione disintossicante assicurata da questi alimenti: l'intestino si regolarizza, così la funzione epatica, la pelle migliora e con essa la memoria, l'attenzione e la capacità di concentra­zione. Meno preoccupazioni riguardano le carenze proteiche, anzi spesso l'ali­mentazione dei bambini è eccessivamente ricca di proteine di origine animale; per non parlare poi delle bibite gassate, di zucchero, dolciumi, formaggi, latte e panna. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un elevato incremento dell'obesità infantile, aggressività, ipereccitabilità, nervosi­smo, incapacità di stare tranquilli in un'attitudine di calma e ascolto. Per tutti questi motivi è importante insegnare al bambino a masticare e a consumare il pasto con calma e serenità. Non bisogna fargli fretta, ma anzi contribuire con il nostro atteggiamento a rendere l'atmosfera pia­cevole. La tavola deve rappresentare un momento di scambio d'affetto, di comunicazione e attenzioni reciproche, un momento di presenza.

Educare il gusto Cucinare per il proprio bambino con un'attitudine d'amore, senza agi­tazione, con attenzione rende il cibo pregno dell'energia amorevole della madre che nutrirà i livelli sottili dell'intera famiglia. Il gusto va educato, è evidente che un bambino che pasticcia molto avrà perso quella sua parte istintiva che gli fa ricercare gli alimenti di cui

• fi

240 Curarsi con il cibo

ha bisogno, pertanto un buon periodo di disintossicazione e rieduca­zione alimentare è fondamentale. Far riscoprire gusti e sapori più natu­rali, evitare farmaci il più possibile e curare il bambino con metodiche naturali, gli farà ritrovare la capacità di distinguere ciò di cui ha vera­mente bisogno e quando sarà attirato dalla gola verso qualche cibo che non gli è consono ne consumerà in minima quantità, in quanto saprà avvertire i segnali del corpo che metteranno presto fine al desiderio facendolo sentire già "sazio". Ancora più interessante sarà scoprire le sue attitudini attraverso gli ali­menti che preferisce e favorirlo nel suo percorso di esplorazione del mondo, per accompagnarlo con gioia, anche attraverso il cibo, lungo la via della vita.

Carne s ì , carne no E veniamo alla carne. Al di là dei rischi concreti legati all'allarme mucca pazza, la carne non è adatta all'alimentazione del lattante e del bam­bino nei primi anni di vita. E questo per diverse ragioni: • nei primissimi anni di vita la struttura dentale del lattante non è adat­

ta alla carne, infatti in quasi tutti i bambini la prima dentizione si completa intorno ai due anni e mezzo d'età. La comparsa dei canini (unici denti adatti per la carne) avviene intorno al diciottesimo-venti-cinquesimo mese. La carne inserita troppo presto nella dieta del bam­bino è quindi in contrasto con le sue naturali possibilità digestive;

• la carne contiene sostanze indesiderabili, quali residui di farmaci som­ministrati agli animali (antibiotici, estrogeni ecc.) e sostanze prodotte dagli stessi durante l'agonia;

• la carne non contiene fibre, quindi l'eliminazione delle scorie prodot­te durante la digestione è più lenta e difficoltosa;

• la carne nutre il corpo fisico, dà un'energia fisica relativa alla potenza, allo scatto, ma aumenta l'aggressività e libera adrenalina dai surreni.

Vegetariano, ma bilanciato In ogni caso, se proprio lo si desidera, modeste quantità di carni bian­che, provenienti da allevamenti biologici certificati, possono essere introdotte nell'alimentazione del bambino, ma non prima dei tre anni d'età. Ma anche in questo caso è consigliabile rispettare quelle che sono le caratteristiche costituzionali del bambino. Spesso i bambini con mascella squadrata (yang), buon sviluppo muscolare, amanti del movi­mento e dello sport, richiedono spontaneamente di consumare carne. Mentre i bambini con il volto ovale (yin), lineamenti delicati, più sogna-

Vegetarismo infantile 241

tori e fantasiosi, molto frequentemente non si sentono affatto attratti dalle carni e quindi possono evitarla senza problemi. In genere, essi pre­feriscono i primi piatti, frutta e verdura, e hanno anche meno bisogno di pesce. Vi sono bimbi di costituzione intermedia per i quali è preferi­bile assumere come proteine animale, il pesce, alimento che solitamen­te essi gradiscono molto. Nei casi di bambini con una costituzione molto yin (eccesso patologi­co), "troppo poco incarnati", con uno scarsissimo interesse per il corpo e il movimento fisico e un'eccessiva "mentalizzazione" può invece esse­re consigliabile consumare a scopo terapeutico, per un periodo limita­to di tempo, carne bianca. Nel caso opposto di bambini estremamente yang (eccesso patologico), molto aggressivi, "materiali", eccessivamen­te attaccati alle cose, non interessati alla componente più sottile e fan­tasiosa, è invece sconsigliato il consumo di carne, o quanto meno va somministrata in quantità molto ridotta. Se si opta per un regime vegetariano, bisogna avere cura che il bambi­no segua un'alimentazione completa e bilanciata, in grado di assicurar­gli un'ottima crescita psicofisica. Gli alimenti che non debbono manca­re assolutamente in una dieta di questo tipo sono: cereali integrali (tra cui pasta, riso, miglio, farro, mais e a scelta avena, orzo, grano sarace­no), verdure crude e cotte, frutta di stagione, frutta secca e legumi; tra le proteine vegetali sono da tenere in buona considerazione i derivati della soia (tempeh, tofu e seitan); semi oleosi (sesamo, semi di giraso­le, semi di zucca, pinoli, mandorle, nocciole ecc.); alghe (almeno in una piccola quantità di kombu, nori, ararne, wakame ecc.); lievito di birra in scaglie (si usa in piccole quantità, spolverato sui primi o sulle verdure), oli spremuti a freddo.

Cibo per la mente Un'alimentazione corretta e bilanciata, oltre ad assicurare una crescita sana e adeguata può svolgere un'influenza positiva sul corpo, la mente e l'umore, temperando gli eccessi, stimolando le doti e arrestando le tendenze patologiche che derivano da predisposizioni genetiche. Il bimbo eredita un "pacchetto" alla sua nascita, con i doni e le debolez­ze dei genitori, dei nonni e di altri antenati più o meno vicini. Il compi­to dei genitori è quello di aiutare il bambino a sviluppare le potenzia­lità fisiche e psichiche e a colmare le lacune e le debolezze, quale migliore prevenzione del cibo?

242 Curarsi con il cibo

Al iment i Si

Alghe: kombu, nori, ararne, wakame Lievito di birra

ecc. Mais

Carni bianche (modeste quantità, se lo Mandorle

si desidera) Merluzzo

Carpa Nasello

Ceci Nocciole

Cereali integrali: pasta, riso, miglio, Oli spremuti a freddo

farro, mais, avena, orzo, grano saraceno Palombo Creme di riso, avena e orzo Pinoli

Dentice Piselli

Derivati della soia: tempeh, tofu Seitan

Erbe aromatiche Semi di girasole

Fagioli Semi di sesamo

Fiocchi Semi di zucca

Frutta di stagione e secca Semolino di frumento

Latte e formaggi di capra Sogliola

Latte vegetale (soia, mandorle) Tapioca

Lenticchie rosse decorticate Trota

Lenticchie verdi Verdure crude e cotte

Al iment i No

Bibite gassate Latte vaccino e derivati Carni Noci Cibi con additivi alimentari Panna Cioccolato Pomodori Dolciumi Uova Formaggi Zucchero Glutine (eccessivo)

Vegetarismo infantile 243

Cibo per la mente

L'influenza del cibo sul corpo, sulla mente, sull'umore è fondamentale per aiu­tare il bambino a creare della basi solide su cui poggerà la sua vita di adulto. Ecco le proprietà di alcuni alimenti: Avena: dà energia e tonifica l'umore. Cereali: favoriscono la lenta maturazione delle idee e calmano l'eccessiva impulsività, danno tenacia e resistenza. Frutta fresca: sviluppa fantasia e creatività, rende sensibili al bello e all'arte; se consumata in eccesso può portare ad essere dispersivi e poco concludenti. Frutta secca: stimola la creatività e le capacità manuali. Grano e farro: assicurano tenacia e resistenza fisica. Grano saraceno: scalda e sviluppa la parte fisica ed istintiva. Mais: dà allegria e voglia di far festa.

Miglio: ricco in fosforo e silicio, facilita lo sviluppo osseo, tonifica e al tempo stes­so calma il sistema nervoso, migliora i processi d'apprendimento e, se consu­mato con una certa costanza, stimola lo sviluppo del pensiero logico. Riso: sviluppa intuizione e sensibilità spirituale. Verdure: portano equilibrio, danno una calma tonica, purificano.

VENE VARICOSE

Benché le vene varicose abbiano una fortissima componente d'origine ereditaria, uno stile di vita salutare e un regime alimentare corretto con­sentono di prevenire o quanto meno contenere i disturbi legati ai rista­gni di circolazione. Varicose, dilatate, tortuose o superficiali, di problemi di vene agli arti inferiori, soffre circa il 50% degli adulti di mezza età. Ad essere più esposte sono le persone che per ragioni di lavoro, passano molte ore in piedi. Le donne ne soffrono quattro volte più degli uomini, e tra tutti gli obesi sono di gran lunga i più colpiti. Il rischio aumenta con l'età a causa della perdita di tono dei tessuti, del calo della massa muscolare e dell'indebolimento delle pareti venose. Anche la gravidanza può por­tare alla formazione di vene varicose. In questo caso, la causa è da ricer­care nell'aumento della pressione sulle vene delle gambe. Per meglio comprendere questo diffusissimo disturbo è utile conoscere qualcosa in più circa il funzionamento della circolazione venosa. Il cir­colo venoso inizia in periferia, dalle diramazioni capillari con numerose, venule a parete sottile che via via confluiscono in vene di diametro pro­gressivamente maggiore la cui parete è rivestita da una tonaca musco-lare-fibrosa che consente ai vasi di accogliere volumi di sangue anche notevoli, grazie alla possibilità di dilatarsi e sviluppando poca tensione. Infatti la funzione del circolo venoso è quella di serbatoio e di raccolta del sangue refluo dal circolo arterioso.

Insufficienza venosa A causa della loro posizione rispetto al cuore, le vene che si trovano al di sotto di esso tendono a dilatarsi e ad accogliere più sangue. Questo problema, accentuato dallo "stare in piedi", che ostacola il ritorno venoso verso il cuore, viene superato grazie a dei meccanismi di com-

Vene varicose 245

penso. Movimenti anche di lieve entità causano, attraverso la contra­zione muscolare, la compressione dei vasi e la spinta del sangue, in essi contenuti, verso il cuore, essendo il deflusso impedito dalle valvole interne a "nido di rondine" che mantengono il flusso in senso antigra­vitazionale. È così che l'alternarsi della contrazione muscolare fa da pompa, facilitando il deflusso del sangue dagli arti al cuore. Si parla di vene varicose quando si manifesta una dilatazione e tortuo­sità delle vene superficiali a cui si associa l'insufficienza del sistema val­volare. In genere, le più colpite sono le safene, le due grandi vene sot­tocutanee che percorrono gli arti inferiori. Alla dilatazione delle vene superficiali consegue un'impossibilità da parte del sistema valvolare a contenere e a sospingere in avanti la massa sanguigna con conseguen­te stasi venosa, ulteriore dilatazione delle vene superficiali, distruzione delle valvole. Si instaura così un circolo vizioso destinato a peggiorare sempre più.

I sintomi Sintomo iniziale dell'insufficienza venosa è il senso di pesantezza agli arti inferiori accompagnato a volte da parestesie (formicolìi e affatica-bilità) particolarmente evidenti dopo un prolungato stazionamento in posizione eretta. Le gambe appaiono gonfie, a causa dell'imbibimento dei tessuti sottocutanei, spesso diventano evidenti teleangectasie diffu­se (reticoli di piccoli vasi superficiali dilatati) che col tempo tendono a diventare bluastre. In seguito, il quadro sintomatico può complicarsi ulteriormente, con la comparsa di varici, di tratti delle vene delle gambe che assumono un andamento tortuoso e un aspetto "nodoso". Tutte deformazioni visibili ad occhio nudo e che poi diventano dolorose. Quando il quadro diventa cronico possono comparire discromie cuta­nee con macchie scure diffuse sulle gambe, accompagnate da compli­canze, come le flebiti e le tromboflebiti. Nel primo caso il ristagno di sangue comporta l'instaurarsi di un'infiam­mazione a carico della parete vasale; nel secondo caso, la situazione è aggravata dalla formazione di un trombo intravasale (occlusione dei vasi) a causa di processi di aggregazione piastrinica e quindi di coagu­lazione del sangue. L'esordio di tali disturbi è brusco, caratterizzato da vivo dolore a carico della vena interessata che si presenta come un cordone arrossato e doloroso, a cui segue poi edema ed eritema (arrossamento) a carico dell'arto, con la comparsa di febbre.

246 Curarsi con il cibo

I rischi per la salute La trombosi delle vene profonde è una malattia molto seria. Trombi localizzati a livello delle vene possono dar luogo ad emboli, piccoli frammenti che possono staccarsi dal trombo, occludendo i piccoli vasi polmonari. L'incidenza di tali disturbi è maggiore nei soggetti che subi­scono un intervento chirurgico e nelle persone colpite da infarto del miocardio ed inoltre è favorita da una prolungata immobilizzazione a letto, specie se in concomitanza con interventi chirurgici, somministra­zione di estrogeni (contraccettivi orali) e paralisi. L'esordio della trom­bosi è insidioso e in parecchi casi la malattia si manifesta con una trom-boembolia polmonare, con sintomi spesso aspecifici o assenti.

L'origine delle varici Esistono molte teorie per spiegare le cause delle vene varicose. Alla base vi è sicuramente una predisposizione genetica. Sono inoltre favorenti i fattori che aumentano la pressione endoaddominale (per esempio la gravidanza o la stitichezza) e la stazione eretta prolungata. Non va dimenticata la possibilità di un effetto iatrogeno di alcuni farmaci, tra i quali troviamo ai primi posti ancora una volta gli anticoncezionali. Se questo è il quadro sintomatologico, cosa si può fare per proteggere le nostre vene? In realtà, numerose sostanze naturali e una corretta ali­mentazione possono migliorare notevolmente l'integrità strutturale delle vene; anche se è oramai provato che il successo a lungo termine contro questi disturbi dipende soprattutto dallo stile di vita. Tant'è vero che raramente le vene varicose compaiono tra le popolazioni che seguono una dieta ricca di fibre e povera di cibi raffinati. Questo per­ché la scarsità di fibre negli alimenti porta ad uno sforzo maggiore, durante i movimenti intestinali, dal momento che le feci sono più pic­cole e dure. L'aumento della pressione endoaddominale ostruisce il flusso in salita dalle gambe e nel tempo, l'aumentata pressione può indebolire significativamente la parete delle vene, apportando la forma­zione di vene varicose ed emorroidi; inoltre si può indebolire anche la parete intestinale e produrre diverticoli in questa sede. Ecco perché una dieta ricca di verdura, frutta, legumi, cereali integrali costituisce la prevenzione migliore dei problemi venosi.

Gli alimenti consigliati Le fibre richiamano acqua e formano una massa gelatinosa che man­tiene le feci soffici, gonfie e facili al passaggio, comportando uno sfor­zo significativamente minore durante la defecazione. Al contrario di

Vene varicose 247

quanto si sente dire spesso, è bene evitare l'aggiunta di crusca all'ali­mentazione in quanto le fibre contenute negli alimenti nelle giuste pro­porzioni e in forma molto diversificata (le fibre di frutta, verdura, legu­mi e cereali sono tra loro molto diverse) sono molto meno irritanti, oltre che meno costose, della crusca aggiunta. Alcuni alimenti sono particolarmente indicati per aumentare l'integrità delle pareti venose, in primo luogo le bacche ricche di flavonoidi (da cui dipende il tipico colore rosso-viola): ciliegie, frutti di bosco, mirtilli neri, more, ribes nero; si tratta di frutti molto ricchi di proantocianidine e antocianidine. I bioflavonoidi sono importanti proprio per la capacità di aumentare la resistenza dei piccoli vasi, contrastare la permeabilità capillare e le reazioni infiammatorie a danno del tessuto connettivo. Per tutte queste ragioni, i frutti freschi, ma anche i loro succhi spremuti a freddo risultano particolarmente utili sia per prevenire, sia per contra­stare le vene varicose già formate. Un'altra fonte ricca di flavonoidi è il grano saraceno, grazie alla presen­za di rutina, il cui contenuto è particolarmente elevato nei germogli.

Il ruolo della fibrina Infine alcuni studi hanno evidenziato che i soggetti con vene varicose hanno una diminuita capacità di distruggere la fibrina, sostanza che interviene nella coagulazione del sangue. Questo aumenta il rischio di formazione di trombi, con la possibilità di andare incontro a trombo­flebiti, infarto miocardio, ictus ecc. Gli alimenti che aumentano l'attività fibrinolitica del sangue sono: peperoncino, aglio, cipolla e zenzero, il cui consumo è quindi raccomandato. Il peperoncino, del quale non si deve comunque abusare, in particolare contiene flavonoidi, vitamina C e capsicina, dotata di proprietà vasoprotettrici e antinfiammatorie, a differenza del pepe che invece è una spezia da evitare. Consigliato è anche il consumo di ananas fresco, ricco di bromelina, una sostanza che promuove la metabolizzazione della fibrina. Per la medicina cinese, che sottolinea l'importanza di milza-pancreas e fegato per l'integrità del connettivo e per la componente muscolare delle pareti venose, per evitare problemi di vene varicose è importante prendersi cura del fegato evitando un consumo eccessivo di Solanacee (in particolare pomodori, peperoni e melanzane) e di grassi saturi con­tenuti in cibi animali (in particolar modo latticini e carne), a cui vanno preferiti i grassi insaturi contenuti nei semi (girasole, sesamo, lino, zucca) e negli oli spremuti a freddo, oggi di facile reperimento nei negozi di prodotti biologici.

248 Curarsi con il cibo

Un alimento specifico straordinario per la cura del fegato, dell'intestino e delle problematiche circolatorie venose è il miso, un prodotto fermen­tato a base di soia, tipico della macrobiotica (per un approfondimento vedi alla voce Miso, nella parte dedicata agli Alimenti speciali), utile per preparare una leggera zuppa che i sofferenti di problemi circolatori possono consumare come apertura del pasto una volta al giorno. Per la milza invece sono particolarmente indicati i cereali integrali, mentre è da contenere, o meglio ancora da eliminare, il consumo di zuccheri raf­finati a rapido assorbimento.

Esercizio fisico Di fondamentale importanza è anche l'esercizio fisico, mentre è da evi­tare lo stazionamento per lungo tempo fermi in piedi. In particolare il camminare, l'andare in bicicletta o lo jogging risultano particolarmen­te utili per la contrazione dei muscoli del polpaccio che spinge il san­gue accumulato nel circolo, inoltre la respirazione profonda, grazie al movimento del diaframma che fa da pompa aspirante, facilita il ritorno del sangue ed evita i ristagni. L'utilizzo delle calze elastiche può essere utile nei casi più avanzati. In conclusione, benché l'insufficienza venosa abbia una fortissima com­ponente d'origine ereditaria, uno stile di vita salutare consente di pre­venire o quanto meno contenere i disturbi legati ai ristagni di circola­zione. Per chi già soffre di tali disturbi in forma non troppo avanzata, è possibile, con un adeguato esercizio fisico e un regime alimentare cor­retto mantenere il proprio circolo venoso in buona condizione, senza dover ricorrere all'intervento chirurgico, soluzione questa da riservare solo alle situazioni più gravi.

Alimenti Sì Aglio More Ananas, succo Oli spremuti a freddo Cereali integrali Peperoncino Ciliegie Ribes nero Cipolla Semi di girasole Frutta Semi di lino Frutti di bosco Semi di sesamo Grano saraceno Semi di zucca Legumi Verdura Mirtilli neri Zenzero Miso

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Alimenti No Carne Pepe Cibi raffinati Solanacee (in particolare: pomodori, Crusca (assunta come supplemento) peperoni, melanzane) Latticini Zuccheri raffinati

I frutti del sottobosco

L'appellativo di "frutti minori" o "piccoli frutti" non fa certo giustizia della bontà e del grande valore alimentare di questi preziosi frutti. Le ragioni della loro spora­dica presenza nella nostra dieta si devono principalmente, oltre alla standardiz­zazione dei consumi alimentari, all'esodo dai territori montani e all'eccessiva specializzazione dell'agricoltura moderna che insieme hanno determinato una brusca riduzione della raccolta e la loro graduale scomparsa dal mercato. Eppure le ragioni per una decisa rivalutazione del consumo dei frutti del sotto­bosco sono davvero tante: elevato valore nutritivo, assenza di residui tossici provenienti dai trattamenti antiparassitari, aiuto indiretto all'economia delle zone collinari e montane del nostro paese. Di grande interesse sono anche le prezio­se proprietà farmacologiche e terapeutiche dei piccoli frutti che solo oggi comin­ciano ad essere oggetto di studio e di impiego nella preparazione di specialità farmaceutiche. E il caso del ribes nero, utilizzato nella preparazione di farmaci ad azione vasoprotettrice (in grado di ridurre la permeabilità capillare e aumen­tare la resistenza dei capillari) o del mirtillo del quale si stanno studiando possi­bili applicazioni nella cura di alcune patologie cardiovascolari (per un approfon­dimento vedi il box sui mirtilli alla voce Cistite). Ribes e uva spina Tipiche piante dei climi freschi e umidi, i ribes contano nel nostro paese una dif­fusione molto limitata. Alcune specie possono ritenersi oramai vere e proprie rarità botaniche, presenti solamente in areali molto limitati. Maggiore è invece la diffusione del ribes nero e dell'uva spina i cui cespugli si possono incontrare con una certa facilità nei boschi freschi delle vallate alpine e dell'Appennino set­tentrionale. Tra tutti i piccoli frutti, i ribes sono senza dubbio le bacche con la più ricca dotazione di vitamine presentando in media circa 36 mg di vitamina C e ben 90 pg di vitamina A. Al pari dei mirtilli e dei lamponi i ribes vantano un ele­vato contenuto di antociani in grado di svolgere un'efficace azione antinfiamma­toria e un'attività protettiva nei confronti dei vasi sanguigni. La particolare com­posizione dei ribes, ricchi oltre che di vitamine anche di sali minerali e di acidi organici favorisce la digestione e la peristalsi intestinale e assicura una piacevole blanda azione calmante. , ;' .,-

GLI ALIMENTI SPECIALI

ALGHE

Kombu, wakame, nori, hiziki, spirulina, sono alcune delle alghe eduli che sempre più di frequente fanno capolino negli scaffali dei negozi di alimentazione naturale e nei reparti dietetici delle farmacie. Arrivate in sordina insieme al riso integrale, al tofu, al seitan, alle salse di soia e ad altri alimenti tipici della dieta macrobiotica, le alghe si sono imposte non senza qualche difficoltà nel mercato degli alimenti naturali e bio­logici. A frenare una loro più larga affermazione sono soprattutto alcu­ni ingiustificati pregiudizi e la scarsa conoscenza del corretto impiego alimentare e culinario di questi preziosi alimenti, il cui consumo merita sicuramente una diffusione maggiore di quella attuale. Il primo pregiudizio da sfatare è quello che vuole le alghe un alimento esotico, tipicamente orientale, del tutto estraneo alla nostra tradizione alimentare. In realtà l'uso delle "verdure di mare" vanta una tradizione antichissima, anche se in gran parte dimenticata, non solo in numero­se nazioni europee, ma anche in alcune regioni del nostro paese. In Scozia e Norvegia viene preparato addirittura un "pane d'alghe"; men­tre in molti centri costieri del Galles e delle isole minori inglesi alcuni tipi di alghe sono vendute regolarmente nei mercatini locali di pesce. Il paese che vanta la più ricca tradizione alimentare a base di verdure di mare resta comunque il Giappone, dove ogni anno si consumano più di 300.000 tonnellate di alghe, provenienti in parte da vere e proprie "coltivazioni" situate lungo le coste. Ed è proprio dal Giappone che giungono oggi gran parte delle alghe utilizzate nell'alimentazione naturale.

Le proprietà alimentari Esistono molti tipi di alghe, suddivise in oltre 25.000 specie. Ve ne sono di microscopiche (come la spirulina), di giganti (possono raggiungere

254 Curarsi con il cibo

centinaia di metri di lunghezza) e di dimensioni intermedie. Possono essere di colorazione diversa (verde, giallo, rosso, rosso-violaceo, azzur­ro, blu, bruno), come diversificato è anche il loro habitat. Alcune spe­cie vivono fissate agli scogli, altre ai fondali rocciosi, altre galleggiano libere a diverse profondità. Le alghe verdi vivono in superficie, le rosse nelle acque profonde, le brune a una profondità intermedia. Confrontate con le piante eduli terrestri, le alghe pur con notevoli dif­ferenze tra i diversi gruppi sistematici, appaiono sensibilmente più ric­che di proteine (dal 5,6% delle hiziki al 35% delle spiruline), di carboi­drati (dal 29,8% delle hiziki al 51,9% delle kombu) e soprattutto di sali minerali e di oligoelementi, in particolare iodio (presente in quantità da 100 a 1000 volte superiore rispetto a quella degli ortaggi), ferro e cal­cio (da 2 a 30 volte). Notevole è anche il patrimonio vitaminico. Oltre al discreto contenuto di vitamina B,, B2 e C, le alghe costituiscono una preziosa fonte della rarissima B12, pressoché assente nei vegetali di terra ferma. Un componente particolarmente interessante delle alghe è rap­presentato dall'algina, di cui sono particolarmente ricche le alghe brune. L'acido alginico e i suoi sali sono noti per l'elevata capacità di scambio e le proprietà chelanti in grado di eliminare dall'organismo i metalli pesanti e numerose altre sostanze tossiche. L'alginato sodico solubile, reagendo con il piombo o con altri metalli pesanti presenti nel­l'organismo, forma dei chelati insolubili destinati ad essere espulsi dal­l'organismo attraverso le feci. Quest'ultima sorprendente proprietà fa delle alghe un alimento indispensabile nella dieta di tutti coloro che sono costretti a vivere in ambienti particolarmente contaminati. Oltre alle più note alghe d'acqua salata, ampiamente utilizzate nell'ali­mentazione naturale per le pregiatissime proprietà nutrizionali, grande interesse richiamano anche un gruppo di alghe verde-azzurre origina­rie del lago Klamath (Oregon), da cui prendono il nome. Per le loro pro­prietà nutriterapiche, toniche, antiossidanti, normalizzanti della per­meabilità intestinale, le alghe Klamath rappresentano un efficace solu­zione nei casi di carenze nutrizionali, allergie e intolleranze, nonché un ottimo coadiuvante dei principali trattamenti terapeutici in quanto rafforzano l'effetto dei rimedi naturali.

Le virtù terapeutiche Oltre all'impiego alimentare, molte specie di alghe vengono oggi utiliz­zate quindi anche a scopo terapeutico o più semplicemente come inte­gratori alimentari; altre ancora come base per le preparazioni cosmeti­che. Già Plinio il Vecchio (I sec. d.C), raccomandava l'uso delle alghe

Gli alimenti speciali - Alghe 255

nella cura contro la gotta, malattia molto diffusa tra la nobiltà romana, mentre Dioscoride Pedanio, celebre medico greco, ne consigliava l'im­piego contro le eruzioni cutanee, la gastrite e i disturbi dell'intestino e del fegato. Più recentemente, numerose esperienze hanno evidenziato le numerose proprietà extranutrizionali delle alghe ampliandone il campo di applica­zione. L'elevato contenuto di iodio rende le "verdure di mare" partico­larmente utili in tutti i casi in cui venga richiesta una terapia iodica. Le alghe possono trovare valido impiego anche nella cura dell'acne gio­vanile, nelle terapie ipocolesterolemizzanti e nei casi di uricemia ed azo-temia, essendo in grado di sottrarre una parte dell'azoto in eccesso. Per Jane Teas (Harvard School of Public Health) il regolare consumo di alghe, sarebbe alla base del basso tasso di cancro della mammella delle donne giapponesi. Un'ipotesi rafforzata anche dalla differente inciden­za evidenziata tra le zone rurali del Giappone, caratterizzate da un ele­vato consumo di alghe, e i centri urbani nei quali accanto al minor con­sumo di alghe si registra un più elevato tasso di tumore della mammel­la. Tali osservazioni sono state recentemente suffragate da numerose prove sperimentali di laboratorio. Teas e i suoi colleghi hanno constata­to la proprietà delle alghe laminarie di ridurre il tasso di cancro del 13% nelle cavie di laboratorio, rispetto agli stessi animali alimentati senza l'integrazione di alghe. Risultati analoghi sono stati registrati a Honolulu da alcuni farmacologi della John A. Burns School of Medicine dell'Università delle Hawaii. In altre prove, estratti di alga wakame, sono risultati in grado di curare e prevenire il cancro al polmone in cavie di laboratorio, suggerendo un'efficace azione di stimolo del sistema immunitario. Sempre nelle alghe del tipo wakame sono state individua­te sostanze in grado di svolgere un'attività antitrombinica di potenza doppia rispetto a quella dell'eparina. Le sorprendenti possibili applica­zioni terapeutiche delle alghe non finiscono qui. Alcuni ricercatori cine­si hanno isolato nelle kombu sostanze ipotensive, tra cui l'istamina. Nelle alghe nori è stata individuata una sostanza dalle evidenti pro­prietà antiulcera, in grado di svolgere anche una sorprendente azione protettiva nei confronti di numerosi agenti patogeni tra cui Escherichia coli, Pseudomonas aeruginosa, Salmonella, Staphylococcus, Aspergillus, Fusarium e Shigella.

Le funzioni terapeutiche delle alghe sono veramente numerose: stimo­lano la tiroide attivando il metabolismo (effetto dimagrante solo negli obesi), sono tonificanti, aumentano le difese, combattono gli squilibri costituzionali, in particolare nei tipi linfatici, combattono i processi

256 Curarsi con il cibo

degenerativi dovuti all'invecchiamento ed esercitano un'azione depura­tiva, attivando la circolazione. Le indicazioni sono dunque le più diverse: linfatismo, demineralizzazio­ne, scarsa resistenza alle malattie, astenia psicofisica, stress, disturbi della crescita, senescenza, rachitismo, anemia, bronchiti croniche, asma bronchiale, allergie, reumatismo cronico, gotta, uricemia, sequele di fratture, disturbi circolatori e prevenzione e trattamento di malattie car­diovascolari, coronaropatie e aterosclerosi, ipercolesterolemia, iperten­sione, obesità, cellulite, rinofaringiti, ipotiroidismo e gozzo. Attualmente le alghe fanno parte di una cinquantina di specialità far­maceutiche che includono mucoprotettori, lassativi, preparati per l'o­besità, integratori per astenici e anoressici, rimedi contro i disturbi della crescita e la demineralizzazione. L'unica controindicazione è l'ipertiroi-dismo per il contenuto di iodio che stimola la tiroide. In particolare, le alghe risultano di grande aiuto nei confronti delle seguenti patologie: Ipercolesterolemia. Le mucillagini delle alghe limitano fortemente l'as­sorbimento del colesterolo e il riassorbimento degli acidi biliari. Inoltre contengono aminoacidi solforati (taurina) e sostanze steroliche che riducono i livelli di colesterolo nel plasma. Stipsi. A causa del loro carattere fortemente idrofilo, le mucillagini con­tenute nelle alghe subiscono un notevole incremento di volume provo­cando un aumento della massa fecale nel colon che favorisce l'accele­razione del transito intestinale, riducendo il ristagno delle scorie. Gozzo. Grazie all'elevato contenuto di iodio, il consumo di alghe con­trasta la comparsa del gozzo che com'è noto può dipendere dalla scar­sità di tale minerale. O b e s i t à . L'elevato contenuto di mucillagini (sono sostanze non assimi­labili che assorbono i liquidi, attenuando l'appetito e procurando una sensazione di sazietà), fa delle alghe un ottimo rimedio contro l'obe­sità. Infine, la richezza di iodio in una forma facilmente utilizzabile dalla tiroide stimola il metabolismo. Tra i diversi componenti delle alghe, vi sono anche sostanze che agiscono sulle lipasi, favorendo la demolizio­ne dei grassi. Disturbi de l l 'apparato osteoart icolare. Nelle alghe marine, i sali mine­rali nobili (calcio, magnesio e fosforo) sono presenti in quantità tali da risultare facilmente assimilabili per l'organismo.

Gli alimenti speciali • Alghe 257

Le alghe in cucina

Sono molteplici i vantaggi che possono derivare da una regolare introduzione delle alghe nella dieta. Non si tratta di trasformare radicalmente i propri costu­mi alimentari, ma semplicemente di arricchire le pietanze tradizionali con que­sto nuovo ingrediente. Grazie all'elevato potere nutritivo, le alghe vanno utiliz­zate con parsimonia, non come componente base, ma come semplice condi­mento. Sono sufficienti pochi grammi di alghe per conferire ai nostri piatti, un delicato sapore di mare e un maggiore potere nutrizionale. Le zuppe diventano più saporite e nutrienti con l'aggiunta di un pezzettino di wakame messa 15 minuti in ammollo e poi tagliuzzata. Cos ì come le minestre di legumi e i legumi in generale che con l'aggiunta di un pezzetto di alga kombu diventano più dige­ribili, riducendo le fermentazioni intestinali.

Ottime sono anche le hiziki e le ararne messe in ammollo e poi aggiunte, tagliuz­zate, nei sughi per la pasta o i cereali. Con le hiziki, si possono preparare degli ottimi sottaceti, ponendo le alghe crude in un vasetto di vetro riempito con una soluzione, in parti uguali, di acqua e aceto di mele. Una volta ammorbidite, le hiziki si possono aggiungere in piccola quantità alle insalate e alle verdure crude. Decisamente alla moda sono i sushi, preparati con alga nori passata pochi istan­ti sulla fiamma e poi utilizzata per preparare involtini contenenti riso e verdure. Per facilitarne la conservazione sono vendute essiccate, pertanto, prima di esse­re impiegate in cucina vanno lavate rapidamente sotto un getto d'acqua e poi lasciate in ammollo per 5-10 minuti. Se poi non amate l'intenso sapore di pesce delle verdure di mare, prima di aggiungerle alle pietanze è sufficiente cuocere le alghe con un dito d'acqua fino a consumare tutto il liquido. L'acqua evaporerà, portando via con sé anche l'odore di mare.

Un altro accorgimento: una volta idratate, le verdure di mare aumentano note­volmente di volume, quindi è sufficiente utilizzarne pochi grammi per insapori­re le pietanze più disparate: zuppe, minestroni, legumi e anche paste. Le alghe si possono aggiungere nei soffritti o durante la cottura delle minestre, o più sem­plicemente si possono spolverare sulle pietanze in sostituzione del sale. Nei negozi di prodotti biologici si trovano diverse confezioni di sale aromatizzato con vari tipi di alghe.

CACAO

Il cacao si ricava dai semi di una pianta originaria dell'America centrale tropicale, coltivata in molte regioni dal clima caldo umido; Linneo la chiamò Teobroma cacao, che in greco significa "cibo degli dei". Quando gli europei misero piede sul continente americano, il cacao era conosciuto da molto tempo. Secondo la leggenda tolteca era il re Quetzalcoatl a coltivare il cacao nel paradiso ove vissero i primi uomi­ni. In realtà, il primo popolo ad esercitare tale attività fu quello dei Maya. Con gli Aztechi il cacao entra nella storia. Essi infatti prelevava­no tributi in semi di cacao, che servivano allo stesso tempo da moneta e da alimento: uno schiavo valeva cento semi. La pasta di cacao, mescolata con altri ingredienti come vaniglia, oriana, miele, spezie ed acqua, veniva riscaldata e manipolata in modo da ottenere una bevan­da nutriente, fortificante, considerata come un afrodisiaco ed usata durante le cerimonie religiose. Il burro di cacao, invece, era usato dalle donne messicane come medi­camento e come ingrediente da toilette. Essendo ritenuto l'alimento più ricco tra le comunità del Centro America, il cacao divenne ben pre­sto la moneta ufficiale non solo tra i Maya, ma anche tra le popolazio­ni atzeche e tolteche, superando tutte le barriere culturali, di lingua e di spazio.

Colombo lo prese sottogamba E fu proprio Cristoforo Colombo, il primo europeo a conoscere la pian­ta della cioccolata. Nel suo quarto viaggio, nel 1502 incontrò nei pres­si della costa americana un'imbarcazione che trasportava, tra le altre mercanzie, dei semi che servivano da moneta. Erano semi di cacao che per la prima volta si offrivano alla vista di un europeo, ma la scoperta non ebbe seguito.

Gli alimenti speciali - Cacao

È solo con la conquista del Messico da parte di Cortes che la conoscen­za del cacao si approfondisce. Nel 1528, per la prima volta, l'Europa riceve il prezioso prodotto portato da Cortes in Spagna, dove si aggiun­se zucchero a quella bevanda così amara. Per oltre cento anni la Spagna estese piantagioni di cacao nelle sue nuove colonie e riuscì a tener segreta la formula della preparazione della cioccolata. Nel 1606 un italiano, Antonio Parlotti, riuscì a portare la ricetta in Italia e da lì nel resto d'Europa, dove però il consumo di cacao si diffuse in modo significativo solo nel XVIII secolo, rimanendo, a causa del prezzo proibitivo, un alimento ricercato, accessibile solo ai nobili. La prima fabbrica di lavorazione del cacao sorse nel New England nel 1765 e in seguito ne furono impiantate altre anche in Europa. Ma fu solo nel 1828 che la cioccolata ebbe la sua vera gloria, quando il dane­se C. J. Houten ideò un metodo innovativo per estrarre dal cacao la pol­vere e il burro di cacao. Fino a quel momento, il seme veniva semplice­mente macinato e la cioccolata che ne risultava era notevolmente gras­sa. Houten estrasse con un'apposita pressa un po' del burro di cacao e ne separò la polvere (il nostro cacao in polvere), dando l'avvio alle pro­duzioni su vasta scala.

Più tardi, nel 1840, l'inglese Joseph Fry "inventò" il cioccolato da man­giare, era fatto con burro di cacao, cacao in polvere e zucchero, fino ad allora, infatti, il cacao veniva consumato solo come bevanda.

Le mille virtù I semi di cacao vengono sgusciati, torrefatti e macinati con rulli, e viene prodotta la "massa", cioè la pasta scura che è la base di tutti i prodot­ti derivati dal cacao. Tolta con una pressa gran parte del burro di cacao, che è il grasso contenuto nei semi, i pani più secchi vengono macinati nuovamente e setacciati per ottenere il cacao in polvere. Per ottenere il cioccolato si usa un procedimento inverso: anziché estrarre il burro di cacao, se ne aggiunge. Si mette zucchero nell'impa­sto per ottenere il cioccolato fondente. Il cioccolato bianco è solo burro di cacao con zucchero e latte. I componenti principali dei semi di cacao sono: teobromina (0,5-1,4%), caffeina (0,16-0,4%), grasso, come burro di cacao (3,3%) oltre a gua-nina, tannino, proteine, amido, un olio essenziale. Nel cioccolato è presente anche un'altissima percentuale di zuccheri (54,4%), i grassi rappresentano il 28,01%, la teobromina 1*1,25%, l'os-salato di calcio l'I ,50%. Le proprietà principali del cacao dipendono dalla presenza dell'alcaloi-

260 Curarsi con il cibo

de teobromina e dalla caffeina. La prima ha proprietà vasodilatatrici sulle coronarie e sui vasi renali, e previene gli attacchi di angina. La caf­feina svolge invece un'azione tonico-nervina in quanto libera adrenali­na. Entrambe hanno un effetto diuretico impedendo il riassorbimento dell'acqua a livello dei tubuli renali. Il burro di cacao è la sostanza presente in maggior concentrazione e si ottiene per pressatura a caldo. In questo caso è di color avorio. Se inve­ce è estratto con solventi è bianco, ha un odore gradevole di cacao ed è quasi insapore. Esso ha proprietà emollienti, lubrificanti, protettive, ed è infatti utilizzato come specifico protettivo per le labbra. Oggi viene impiegato anche nelle creme per i massaggi per gli sportivi. Addirittura i semi di cacao in polvere, insieme a quelli di fieno greco e a miele d'api, sono consigliati per lo sviluppo ed il rassodamento del seno.

Cacao e innamoramento Infine il cioccolato è ricco di feniletilamina, sostanza prodotta anche dal cervello, che è un'anfetamina, stimolante del sistema nervoso che in breve produce una sovreccitazione e poi stanchezza. Nell'innamoramento, l'organismo aumenta la produzione di feniletila­mina, causando euforia, perdita di appetito, insonnia. La ricerca talora esagerata di cioccolato da parte di molte persone è spie­gabile per il suo effetto tonico, che dà una sferzata al sistema nervoso, ma anche per la sensazione di piacere ed euforia che produce, soprat­tutto nei soggetti più carenti di certe sostanze a livello di sistema nervo­so centrale, per via della loro tipologia costituzionale e psicologica. L'entusiasmo, la partecipazione emotiva a ciò che si compie, il fare le cose con amore, produce di per sé certi neurotrasmettitori nel nostro cervello... essere innamorati della vita, avere un atteggiamento positi­vo e propositivo induce la produzione di sostanze che ci rendono anco­ra più gioiosi e sereni, e questo ci induce a riaffermare ulteriormente la nostra positività. Il cacao riproduce in parte questo, e può essere un buono stimolo, che però cade poco dopo, terminato l'effetto, se non si approfitta di quel­la breve e piacevole sferzata per continuare poi da sé. Alcune persone possono addirittura sviluppare una certa forma di dipendenza e questo crea poi problemi di salute perché un eccesso di cioccolato fa ingrassare, carica troppo il fegato per via del burro di cacao e può dare problemi digestivi. Inoltre può irritare e infiammare l'intestino e aumentare il tasso di colesterolo nel sangue. Per tutti que­sti motivi, va consumato con moderazione, anche dai bambini.

Gli alimenti speciali - Cacao 261

Inoltre non è indicato agli artritici, a coloro che soffrono di emicrania di origine artritica ed è vivamente sconsigliato agli uricemici e a chi pro­duce calcoli di ossalati. L'utilizzo della polvere di cacao nei dolci, o per fare una buona ciocco­lata, tanto meglio se si utilizza del latte vegetale (avena, riso, soia ecc.) evita l'introduzione di un eccesso di calorie e dei grassi che sono inve­ce contenuti per lo più nella tavoletta di cioccolato. L'olio essenziale di cacao, infine, oltre a possedere un aroma meravi­glioso, agisce a livello limbico (cervello) come ansiolitico e a livello spi­rituale porta a vincere l'avarizia, a superare la paura della morte che porta tante persone a "conservarsi", a non darsi completamente negli affetti, e in ciò che fanno quotidianamente. Annusare l'aroma dell'olio essenziale di cacao non solo libera dall'ansia ma rende più disponibili e meno attaccati alle cose. Il cacao fa parte delle piante sacre e solo se utilizzato con saggezza, in piccole dosi, stimola piacevolmente, la nostra evoluzione. Concludendo, la pianta del cacao ci offre un dono pregiatissimo e pre­zioso, sta a noi apprenderne l'uso, senza esagerare nel consumo.

MIELE

Da sempre ritenuto più che un alimento, il miele è un rimedio dalle mille virtù: emolliente, lassativo, disintossicante, nutriente e idratante. Viene particolarmente utilizzato per polmoni, intestino e, secondo la Medicina Tradizionale Cinese, agisce anche sulla milza e rinforza lo yin. Si usa come lassativo in caso di stitichezza, come emolliente nelle bron­chiti croniche, dà sollievo nelle infiammazioni della bocca e della gola; mentre è sconsigliato in caso di diarrea cronica e nei neonati in quan­to sono molto sensibili alla sua azione lassativa. Il segreto delle mille virtù del miele è nel mix di zuccheri, vitamine, ami­noacidi essenziali, enzimi, sali minerali, fattori stimolanti la crescita e oli essenziali che agiscono da antibiotici e svolgono interessanti effetti terapeutici. In particolare, la componente zuccherina del miele è costi­tuita da fruttosio (70%) e glucosio (30%), le cui percentuali variano da miele a miele a seconda dell'origine del nettare, così come la quantità di vitamine, rappresentate soprattutto dalle vitamine del gruppo B, vitamina C, vitamina K, carotene e acido pantotenico.

Protegge i denti Assunto per via orale, il miele, aiuta la cicatrizzazione; mentre un leg­gero velo spalmato sulle scottature ne facilita la guarigione; infine è un ottimo antidoto in caso di avvelenamento da aconitina. Inoltre, gli oli essenziali in esso contenuti lo rendono un efficace rimedio antimicrobi­co, apportando le proprietà curative delle piante da cui deriva. Al contrario di quello che molti pensano, numerosi studi hanno accer­tato che il miele non è un agente cariogeno (che provoca carie), anzi presenta un'azione battericida in quanto contiene inibina, una sostan­za che svolge un'azione inibitoria nei confronti dello Streptococco mutans (responsabile della carie), riducendo la produzione di acidi e i

Gii alimenti speciali - Miele 263

fenomeni di demineralizzazione dello smalto e della dentina. Dunque il miele puro, ricco di inibina, non presenta un pericolo per i denti, anzi se utilizzato al posto dello zucchero, li protegge! Altri studi, hanno evidenziato l'azione positiva del miele nel caso di toxiemia gravidica. Si tratta di una problematica tipica della gravidanza avanzata che si evidenzia con ipertensione arteriosa, perdita di protei­ne attraverso le urine, edema, irritabilità del sistema nervoso. La causa di questa patologia è ancora sconosciuta, ma la sua comparsa è in rela­zione ad uno scompenso ormonale e a ragioni psicosomatiche.

Ottimo in gravidanza In particolare, in uno studio sono state prese in considerazione venti donne alla prima gravidanza affette da toxiemia, tutte al terzo trime­stre. Come terapia è stato somministrato solo miele con acqua (per ren­derlo più digeribile e meglio assimilabile) nelle seguenti dosi: 3 cuc­chiaini di miele in acqua un'ora prima di colazione, due ore dopo il pranzo, dopo cena. Dopo la cura, durata 10-25 giorni (con una media di 15,5 giorni), la maggioranza delle donne ha fatto registrare un effet­to favorevole, salvo che per 5 casi (25%), che non presentarono gran­di variazioni. Dopo il trattamento, i valori della pressione rientrarono nella normalità, la perdita di proteina e l'edema presentarono una notevole diminuzione, anche se non scomparvero completamente. La scelta del miele fu determinata da tre fattori principali: l'effetto seda­tivo del miele è comparabile a quello degli ansiolitici (benzodiazepine). Il miele dimostra una spiccata azione diuretica dovuta principalmente al glucosio, inoltre contiene acido prostanoico, fosfolipidi e fosfolipasi A2, tutte sostanze che intervengono nella sintesi delle prostaglandine e della prostaciclina. Nell'ipertensione da gravidanza si ha una diminuzio­ne della sintesi di prostaglandine e della prostaciclina. Il miele dunque in gravidanza apporta sostanze energetiche e di strut­tura utili all'alimentazione della mamma e del bambino, facilita la dige­stione, è un buon rimedio per la nausea e l'acidità gastrica, utilissimo in caso di toxiemia.

264 Curarsi con il cibo

Le virtù dei monoflora

Esistono in commercio vari tipi di miele suddivisi in due categorie: poliflora (ottenuti dal nettare di flora di varie specie) e monoflora (ottenuti dal nettare di una sola specie vegetale). I mieli monoflora sono particolarmente pregiati, poi­ché oltre alle particolarità alimentari/terapeutiche proprie del miele, presentano le caratteristiche della pianta dalla quale traggono origine. Ecco una lista dei monoflora più comuni: Miele di acacia. Colore chiaro e trasparente, odore e sapore dolci e delicati. E indicato per poppanti e bambini, specie se presentano infiammazione delle mucose dell'apparato respiratorio e gastrointestinale. Può essere assunto dai diabetici leggeri perché molto ricco in fruttosio. Miele di arancio o di agrumi. Colore chiaro, profumato e di sapore molto gra­devole. Antispasmodico, sedativo, indicato per le persone nervose, ansiose e per i casi di insonnia. Ha inoltre potere cicatrizzante (indicato nelle ulcere). Miele di biancospino. Colore leggermente ambrato e sapore dolce. Indicato nei casi di ipertensione e arteriosclerosi, antispasmodico, utile per l'insonnia. Miele di castagno. Colore dal noce chiaro al quasi nero, profumo forte e acre, sapore amaro. E ricco di sali minerali. Sudorifero, espettorante, stimola la circola­zione del sangue, adatto alle persone anemiche, affaticate, a chi vuole ingrassare. Miele di eucalipto. Colore noce chiaro, brillante; odore aromatico, sapore pro­nunciato. Antiasmatico, anticatarrale, antispasmodico, emolliente, calmante per la tosse. Antisettico dei polmoni, delle vie urinarie e dell'intestino, vermifugo, cicatrizzante, indicato nelle affezioni della bocca. Miele di girasole. Colore giallo intenso. Diuretico, stimolante, febbrifugo per i bambini. Miele di lavanda. Colore bianco, profumatissimo, sapore delicato. Da utilizza­re particolarmente per le affezioni esterne, bruciature, punture di insetti, piaghe infette. Battericida, antisettico, diuretico, vermifugo, è un miele analgesico utile contro l'insonnia. Miele di rosmarino. Colore pallido, sapore delicato. È il miele più indicato per tutti coloro che sono affetti da disturbi epatici; ha un effetto tonico, indicato per le persone affaticate, eccellente per stomaco e intestino. Miele di tarassaco. Colore giallo chiaro, odore pronunciato, sapore caratteri­stico. E un protettore del fegato. Miele di tiglio. Colore giallo chiaro, odore molto aromatico, sapore gradevole. È antispasmodico, calmante, adatto per l'insonnia. Miele di t imo. Colore scuro, profumo penetrante, sapore fòrte. E un potente antisettico generale da utilizzare contro diverse malattie infettive, digestivo, sti­molante, vermifugo.

MISO

È un pàté di colore marrone, prodotto della fermentazione deW'Asper-gillus orizae. Gli ingredienti di base sono soia gialla (Glycinae max) e sale marino, arricchiti a seconda del tipo, dall'aggiunta di orzo (Mugi miso), riso (tome miso) o di entrambi i cereali (Genmai miso). Esiste anche un tipo di miso ottenuto senza aggiunta di cereali (Hacho miso).

Preparazione Dopo essere stati accuratamente lavati e selezionati i fagioli di soia ven­gono lasciati a bagno in acqua per una notte e quindi cotti a pressio­ne. Una volta raffreddata la soia viene mescolata con l'orzo o il riso, precedentemente cotti e inseminati con YAspergillus oryzae, un lievito capace di attaccare l'amido e trasformarlo in zuccheri più semplici. L'orzo, il riso e la soia vengono quindi trasferiti in grandi tini chiusi da coperchi appesantiti da apposite zavorre. Il miso è lasciato fermentare in acqua salata per un periodo che varia da 12 a 24 mesi, durante i quali viene sottoposto a due o tre travasi che hanno la funzione di ossi­genare la massa in fermentazione. Alla fine del processo di maturazio­ne il miso è pronto per essere commercializzato. Nei laboratori artigianali il miso viene confezionato senza essere sotto­posto a processo di pastorizzazione. La sua naturale stabilità chimica, dovuta in gran parte all'elevato contenuto di sale (dal 5 all'11% a seconda delle varietà), rende superflua l'aggiunta di conservanti chimi­ci o il ricorso alla sterilizzazione mediante il calore. Diverso è il destino del miso ottenuto negli stabilimenti industriali, dove il più breve processo di fermentazione (poche ore) ne riduce la stabilità rendendo necessario l'aggiunta di additivi e il ricorso alla pastorizzazione.

Oltre alla preparazione artigianale, un'ulteriore garanzia di qualità e

266 Curarsi con il cibo

rappresentato ovviamente dalla provenienza biologica, come per i pro­dotti degli affiliati alla Mokichi Okada Association.

Proprietà nutrizionali Dal punto di vista.nutrizionale, la principale caratteristica del miso è rappresentata non tanto dalla quantità (dall' 11 fino al 14%), quanto dalla qualità delle proteine. Sono presenti, in un rapporto estremamen­te equilibrato, tutti gli aminoacidi indispensabili per l'organismo, con l'unica eccezione della metionina e della cistina, presenti in quantità limitata. Oltre alle proteine, nel miso ritroviamo un elevato contenuto di sali minerali, oligoelementi, vitamine ed enzimi. In particolare, gli enzimi stimolano la digestione delle proteine, dei grassi e dei carboidrati; men­tre i lattobacilli, simili a quelli dello yogurt, svolgono un'azione favore­vole nei confronti della flora batterica intestinale, migliorando l'assimi­lazione dei cibi, facilitando il processo digestivo e potenziando la capa­cità di difesa dell'organismo dai disturbi intestinali. Altri componenti di pregio del miso sono la lecitina e l'acido linoleico che dissolvono il cole­sterolo e ripuliscono i vasi sanguigni (utile in caso di arterosclerosi e ipertensione), oltre a migliorare la vitalità di pelle e capelli.

Impiego Per tutti questi motivi il miso costituisce il complemento ideale dei cereali e un condimento particolarmente indicato per coloro che seguo­no un regime vegetariano o comunque povero di proteine animali. Non ha le controindicazioni dei derivati del latte e riequilibra la flora intesti­nale, ottimo per fegato e circolazione venosa, energetico, prepara per la stagione fredda.

QUINOA

Dopo secoli di oblio, la quinoa, antico alimento delle popolazioni andine, conosce nuova gloria sulle tavole di tutto il mondo. Il segreto del suo suc­cesso: pregiate caratteristiche nutrizionali e grande versatilità in cucina. Quinua in lingua Quechua, suba in Aymara, dahua in Araucano. La qui­noa, è una pianta profondamente radicata nella tradizione andina, come dimostrano i differenti nomi assunti nelle antiche lingue amerin-de. Grazie all'elevata capacità di adattamento, questa pianta dai grani minuscoli e dai colori vivaci si è acclimatata alle diverse temperature e ai terreni, lungo tutta la cordigliera andina dal Perù alla Bolivia, fino al nord del Cile. Coltivata da almeno 5000 anni, questa antichissima pian­ta ha vissuto il periodo di massimo splendore durante l'epoca Inca. Considerata una pianta sacra, la quinoa costituiva, con la patata e il mais, la base dell'alimentazione per le popolazioni di quelle regioni. Al momento della semina, era lo stesso re a tracciare il primo solco con la Chajilla, la vanga d'oro rituale, e deporre il primo seme. Con la conqui­sta spagnola, le cose mutarono radicalmente: l'intolleranza per i ritua­li pagani e l'interesse per i colonizzatori alla diffusione dei cereali d'ori­gine europea, contribuirono a far cadere in oblio la quinoa, la cui col­tivazione si conservò solo nelle zone più impervie e difficilmente rag­giungibili, dove gli spagnoli non arrivavano. In pochi anni, le colture importate dalla Spagna colonizzarono le terre più fertili, cancellando i piccoli terrazzamenti occupati dalla quinoa e dalle altre colture tradizio­nali. Dimenticata durante e dopo la colonizzazione, la pianta finì per essere disprezzata dalla stessa popolazione locale perché considerata cibo per i più poveri, come lo erano le residue comunità indigene che nel tempo avevano continuato a coltivarla nonostante i divieti e l'ostra­cismo dei colonizzatori.

Per ironia della sorte, la rivalutazione della quinoa è iniziata all'estero,

268 Curarsi con il cibo

lontano dalle zone tradizionali di produzione. Grazie soprattutto al commercio equo e solidale, che ha visto nella diffusione della quinoa un modo per sostenere le comunità indios, e alle interessanti caratteri­stiche nutrizionali, quest'antichissimo alimento sta conoscendo oggi una nuova rinascita. E se la FAO ha inserito la quinoa tra i principali vegetali del proprio programma di ricerca, alcune multinazionali dell'a-groalimentare, come la Nestlè stanno investendo milioni di dollari in ciò che alcuni considerano la soia del futuro, per normalizzare gusto, colo­re, formato, in definitiva per creare varietà adatte alla coltivazione intensiva, redditizia e altamente meccanizzata. A differenza degli indios che sono soliti coltivare su una stessa parcella di terreno varietà diverse di quinoa per ridurre i rischi di eventuali attacchi di parassiti o di avver­sità meteorologiche, la grande industria incita gli agricoltori a unifor­mare le coltivazioni (con il risultato di impoverire la biodiversità) e sele­zionare solo le varietà rispondenti ai criteri del mercato. Un motivo in più per scegliere la quinoa proveniente da coltivazioni biologiche che grazie all'impegno di numerose Ong e delle associazioni che lavorano per il commercio equo e solidale, oggi sono sempre più diffuse anche tra le valli andine.

Valore nutrizionale Della quinoa non si butta via niente: le foglie fresche sono consumate come spinaci e di questi hanno le proprietà e ne ricordano il sapore. Il fusto è usato come foraggio per il bestiame. Infine i semi, interi o sotto forma di farina, vengono utilizzati per preparare zuppe, pasta, pane, dolci e perfino birra. La principale caratteristica nutrizionale della quinoa è l'elevato conte­nuto di proteine (dal 10 al 18%). Superiore a quello degli altri cereali non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche qualitativo. La qui­noa è infatti particolarmente ricca di aminoacidi essenziali (i costituen­ti essenziali per la formazione delle proteine), e in particolar modo di lisina (carente in grano e riso), oltre che di metionina e tirosina anch'es­si generalmente limitate nei cereali più comuni. Un altro aspetto inte­ressante della frazione proteica della quinoa è l'assenza di glutine che consente il consumo di questa pianta anche ai celiaci o a coloro che presentano solo una semplice intolleranza a questa sostanza. Anche la frazione lipidica, i grassi (dal 4,1 all'8,8%), della quinoa è inte­ressante sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, grazie al maggiore contenuto in acidi grassi polinsaturi (72,5%) rispetto a quel­li saturi (27,5%). Una caratteristica che assicura una buona attività nella

Gii alimenti speciali - Quinoa 269

prevenzione dell'ipercolesterolemia, potenziata dall'elevata concentra­zione di acido linoleico (38,9%) utilizzato dall'organismo-per la biosin­tesi degli altri acidi grassi essenziali e in grado di esplicare una signifi­cativa attività nella prevenzione dell'ipercolesterolemia e dell'arteroscle-rosi. La quinoa si distingue anche per la presenza di una frazione par­ticolare di lipidi (sterolica) con attività previtaminica D e per la ricchez­za di sali minerali e oligoelementi importanti come ferro, calcio, fosfo­ro e manganese. Grazie all'elevata concentrazione dell'enzima alpha-amilasi, i carboidrati presenti nella quinoa sono più digeribili rispetto a quelli dei cereali di largo consumo. Così come più elevato è il contenu­to di fibre rispetto a riso, mais e frumento. Per finire, la presenza di flavonoidi assicura ai grani di quinoa qualità protettive nei confronti dell'organismo, grazie all'attività antiossidante, antinfiammatoria, inibitrice del rilascio di istamina, antimicrobica, antiaggregante piastrinica, antimutagena e anticancro. Tra i componenti indesiderati, nella quinoa sono le saponine che con­feriscono un sapore amaro ai semi e la cui ingestione può alterare la permeabilità della mucosa intestinale. Per questo motivo è necessario il lavaggio preventivo della granella in acqua.

La quinoa in cucina

Gli impieghi culinari della quinoa sono molteplici. Come il riso, può servire per minestre, preparazioni asciutte calde o fredde, può essere usata come contor­no o consumata in insalata con verdure, carni, pesce, o ancora può essere accompagnata alla frutta come dessert. Una volta lessata può essere conserva­ta in frigorifero per parecchi giorni (fino a due-tre settimane). Insomma, è un cibo antico che si adatta perfettamente alle esigenze di una cucina .moderna che non richieda troppo lavoro (cuoce in circa 15-20 minuti) e offra piatti leggeri, sani, digeribili. Non contiene glutine e dunque non è panificarle in purezza, ma la sua farina può essere unita a quella di grano per realizzare un pane eccellen­te e profumatissimo. La farina tostata è utilizzata dai tempi più antichi per pre­parare una chicha (il nome generico dato alle bevande ottenute da cereali fer­mentati e zuccherati), oppure può essere impiegata nella preparazione di dolci, o semplicemente aggiunta al latte, sia caldo che freddo, per aromatizzarlo e ren­derlo più nutriente.

Per preparare la quinoa in chicchi occorre metterla in acqua fredda (calcolate due parti d'acqua per una di quinoa) e farla bollire per circa un quarto d'ora. Dopodiché potete aggiungerla nelle insalate o utilizzarla per preparare minestre, crocchette oppure dolci.

270 Curarsi con il cibo

Contenuto di aminoacidi essenziali (g/16 g N) della quinoa confrontato con altri alimenti e con il contenuto di riferimento FAO per

la valutazione del valore proteico Alimento Quinoa Frumento Soia FAO Isoleucina 4,0 3,8 4,7 4,0 Leucina 6,8 6,6 7,0 7,0 Lisina 5,l 2,5 6,3 5,5 Fenilalanina

Ti rosi na

4,6-» 4,5-1 4,6-» f 8,4 f 7,5 >8,

3,8 J 3,0 J 3,6 J

2 6,0

Cistina 2,4-». 2,2-» 1,4-j [-4,6 > 3,9 > 2,8 3,5

Metionina 2,2^ l ,7 J I.4J Treonina 3,7 2,9 3,9 4,0 Triptofano 1,2 1,3 1,2 1,0 Val ina 4,8 4,7 4,9 5,0

Contenuto di sali minerali (mg/100 g di prodotto)

Minerale Quinoa Frumento Mais Riso bianco Calcio 141,0 36,0 6,0 8,0 Fosforo 449,0 224,0 207,0 143,0 Ferro 6,6 4,6 3,7

Composizione nutrizionale della quinoa e di altri cereali (%)

Cereali Acqua Proteine Grassi Carb. Fibra Ceneri

Quinoa I l,4 16,2 6,9 63,9 3,5 3,3 Orzo I l,T 8,2 1,0 78,8 0,5 0,9 Mais 22,1 3,5 1,0 72,7 0,7 0,7 Miglio I l,8 9,9 2,9 72,9 3,2 2,5 Avena 12,5 13,0 5,4 66,1 10,6 3,0 Riso 12,0 7,5 1,9 77,4 0,9 1,2 Segale 1 1,0 9,4 1,0 77,9 0,4 0,7 Frumento 13,0 14,0 2,2 69,1 2,3 1,7

(Fonte: Inran)

TÈ NERO, VERDE, BANCHA

Se il caffè è qualcosa che si consuma in fretta, magari in piedi, in una pausa strappata al lavoro; il tè è sicuramente una bevanda dai tempi lunghi, da sorseggiare con calma, un invito a fermarsi. Sarà forse per questo che sulla sua origine esistono varie leggende. In Cina, dove il tè si conosce sin dal 700 a.C, l'invenzione del tè si deve all'imperatore Shen Nung, il primo a coltivare la pianta del tè nei pro­pri giardini. La leggenda indiana parla invece di Darma, un giovane monaco, che avendo fatto voto di restare sveglio ininterrottamente per sette anni, riuscì a dominare il sonno masticando le foglie di una pian­ta dalle virtù speciali: il tè. Per i giapponesi fu il Buddha stesso a far nascere il tè. Durante una lunga meditazione, per tenere vigile l'atten­zione e vincere gli attacchi di sonno, si strappò le ciglia e queste caden­do fecero nascere la pianta del tè. Per noi europei, la storia del tè ha poco di poetico. La sua diffusione è legata allo sviluppo dei primi commerci internazionali e allo sfrutta­mento delle colonie d'oltreoceano. Da noi ipercivilizzati, il tè arriva con oltre 2000 anni di ritardo, è infatti solo nel 1610 che le navi olandesi della Compagnia delle Indie Orientali scaricano sulle panchine di Rotterdam il primo carico di tè cinese. Oggi il tè è uno dei maggiori prodotti che animano il commercio inter­nazionale. Se ne producono circa 2,5 milioni di tonnellate annue, di cui 650.000 solo in India e 450.000 in Cina, paesi che sono anche i mag­giori consumatori. In tutto il mondo si bevono più di quattordicimila tazze di tè al secondo. Si tratta soprattutto di tè nero. Solo il 20% della produzione di foglie è utilizzato per la preparazione del tè verde, con­sumato per lo più in Cina e Giappone. Mentre il tè nero, oltre che in tutta l'area asiatica, è molto consumato anche nell'area dell'ex blocco-sovietico. Poco diffuso è il consumo di tè nei paesi dell'Europa meridio-

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naie e in particolare in Italia, dove il consumo pro-capite è stimato in non più di tre tazze l'anno. Essendo privo di calorie, il tè è molto utilizzato nelle diete, anche per­ché è sudorifero, toglie lo stimolo della fame, è un buon diuretico. In qualità di tonico è consigliato come prima rialimentazione nei soggetti che hanno sofferto di disturbi dell'apparato digerente.

Varietà differenti Il tè è ottenuto per infusione dalle foglie e dai germogli della Camelia sinensis, un arbusto sempreverde della famiglia delle Teacee. A secon­da delle lavorazioni e delle miscele, si distinguono diversi tipi di tè: neri, verdi, oolong, aromatizzati ecc. I tè neri, tipici dell'India e dello Sri Lanka, sono ottenuti dalla fermenta­zione delle foglie e per questo sono più aromatici e meno astringenti di quelli verdi. Questi ultimi, diffusi soprattutto in Cina e Giappone, sono ottenuti dalla torrefazione delle foglie fresche, un processo che distrug­ge gli enzimi impedendo la fermentazione. Per questo motivo, i tè verdi, rispetto ai tè neri, risultano più forti ed eccitanti, ma meno aro­matici. Il tè oolong è ottenuto sottoponendo le foglie ad una sorta di semifermentazione e quindi le sue caratteristiche organolettiche e nutrizionali sono intermedie tra quelle dei tè verdi e quelle dei tè neri. Accanto a questi tre principali gruppi di tè, ognuno dei quali è compo­sto da decine e decine di varietà differenti, a secondo del luogo di pro­venienza e dei trattamenti subiti dalle foglie dopo la raccolta, vi è poi il gruppo dei tè bancha, assai diffusi tra i consumatori d'alimenti natura­li e caratterizzati da un tenore bassissimo di caffeina. Sul mercato ita­liano sono presenti essenzialmente due tipi: il kukicha (o tè di tre anni) e \'hojicha (o tè bancha in foglie). Il primo è in realtà una miscela, com­posta per il 40% da rametti di tre anni ottenuti dalla parte inferiore della pianta; per l'altro 40% da rametti di dieci anni, raccolti in inver­no; per il rimanente 20% da foglie e da rametti più sottili di un anno, raccolti in marzo e in giugno. L'hojicha è invece preparato con le gio­vani foglie che si sviluppano dopo la raccolta dei germogli. Dopo esse­re passate a vapore per 2-3 minuti, le foglie sono fatte asciugare lenta­mente in forno per bloccare ogni processo di fermentazione, lasciate riposare un anno ed infine tostate.

Proprietà nutrizionali I differenti trattamenti a cui sono sottoposte le foglie dopo la raccolta, si ripercuotono direttamente non solo sulle qualità organolettiche, ma

Gli alimenti speciali - Tè nero, verde, bancha

anche sulle proprietà nutrizionali e farmacologiche dei diversi tipi di tè. Il tè verde si presenta meno aromatico e con un'azione più astringente a causa del maggiore contenuto di tannino, il cui tenore in alcuni casi può arrivare fino al 22%, mentre il tè nero risulta caratterizzato da un aroma più fine e gradevole e da un'azione astringente meno marcata (il contenuto di tannino non supera mai il 14%). Oltre al differente con­tenuto di tannino i vari tipi di tè in commercio, si caratterizzano anche per le diverse proprietà farmacologiche dovute al differente tenore di alcalòidi, e in particolare di caffeina, presente in gran quantità nelle foglie di tè nero (dal 3 al 3,5%). Nel tè verde, il tenore di caffeina non supera il 2,9%; nell'oolong è intorno al 2-2,5%, nell'hojicha tra lo 0,5 e l'1,5%), mentre del tutto assente è nel kukicha. A questo riguardo è comunque bene ricordare che, essendo la caffeina del tè combinata con il tannino essa agisce con intensità inferiore rispetto a quella del caffè. Inoltre, anche se il contenuto percentuale di caffeina nel tè è superiore, la minore quantità d'impiego fa sì che il contenuto di caffei­na di una tazza di tè sia notevolmente inferiore a quello di un caffè. Se poi si prendono in considerazione i tè giapponesi, del tipo bancha, il rischio "caffeina" si riduce notevolmente fino ad annullarsi come nel caso del kukicha.

Bevanda salutare Oltre alla caffeina nel tè ritroviamo altri due alcaloidi di grande interes­se: la teofillina e la teobromina. Grazie all'azione combinata di queste due sostanze con la caffeina, fin dall'antichità al tè è stata riconosciuta un'azione stimolante e antisoporifera: riduzione della sonnolenza, maggior resistenza alla fatica, flusso di pensiero più rapido, tutte pro­prietà dovute alla stimolazione del sistema nervoso centrale da parte della caffeina e della teofillina. In genere la caffeina è considerata la più potente, ma, a parità di dose, è la teofillina ad esercitare un'azione più pronunciata sia come stimolante del sistema nervoso che come diure­tico e antiasmatico. Tra le vitamine sono contenute la B l( B2 e B3; mentre la vitamina C è pre­sente solo nella foglia fresca e quindi nel tè verde. I minerali sono soprattutto potassio, fluoro e alluminio, in minor quantità calcio, ferro, manganese e nichel. La ricchezza in minerali del tè può essere di aiuto per ristabilire l'equilibrio salino perduto dopo sforzi sportivi. È stato riscontrato che l'assunzione giornaliera di tè verde è correlata a una diminuzione del rischio di sviluppare tumori nel pancreas e nel colon; mentre lo stesso effetto non è evidenziabile con un equivalente consu-

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mo di tè nero, e anzi (nel caso del colon) ci sono evidenze che l'assun-' zione di quest'ultimo ne raddoppi quasi la probabilità. Il tè verde inol­tre protegge l'organismo dagli effetti nocivi delle radiazioni, previene la formazione della carie (se non si esagera con gli zuccheri raffinati) e svolge una blanda azione antivirale contro l'influenza. Le differenti proprietà dei tè dipendono dalla diversa concentrazione di catechine (polifenoli) presenti. È da essi che derivano la maggior parte delle virtù nutrizionali e terapeutiche. Nelle foglie essiccate di tè verde la loro percentuale varia dal 10 al 18% in peso, mentre in quello nero si riduce intorno al 5-8%. A partire dagli anni Ottanta del Novecento sono iniziate importanti ricerche scientifiche dalle quali sono emerse le benefiche azioni soprattutto del tè verde: sono ormai accertate l'attività antiossidante, antitumorale, antinfluenzale e anticariogenica (previene la formazione della carie); mentre è ancora da confermare l'attività antipertensiva e regolatrice dei lipidi (grassi) ematici. Le ricerche effet­tuate sul tè verde sono contemporanee ad un programma, denomina­to "designer food", intrapreso nel 1990 dal National Cancer Institute statunitense con la collaborazione ed il finanziamento di vari paesi, mirato ad individuare le possibili correlazioni tra alimentazione e salu­te. Questo progetto, sorto dall'evidenza che un'errata alimentazione è spesso la causa dell'insorgenza di molteplici malattie, ha il duplice scopo di indirizzare la popolazione verso un regime alimentare più cor­retto e vario, ricco cioè di cereali, verdura e frutta, e identificare e quan­tificare i composti presenti negli alimenti che hanno un'azione protet­tiva sulla salute dell'uomo, come appunto il tè verde, ma anche l'aglio, la cipolla, la salvia e il rosmarino.

Teina e caffeina Durante l'infusione del tè la caffeina passa abbastanza in fretta e quasi completamente nell'acqua calda, per questo per avere un'azione sti­molante l'infusione deve essere breve e protratta solo per 2-3 minuti. Ma attenzione, l'abuso di tè nero o verde può portare a disturbi simili a quelli dovuti all'eccessivo consumo di caffè, come la tachicardia. Quindi se non si vuole un'azione troppo eccitante, l'infusione deve essere protratta per cinque minuti, questo infatti determina l'aumento dell'estrazione di altri principi, i tannini, che tendono a legare la caffei­na che viene quindi assorbita meno dall'organismo e riduce e ritarda il suo effetto. Ed è proprio grazie ai tannini, responsabili del caratteristico sapore astringente, che il tè esplica un'efficace azione antibatterica e antivira-

Gli alimenti speciali - Tè nero, verde, bancha 275

le. A questo proposito alcuni ricercatori indiani hanno osservato come sia il tè, sia i tannini in esso contenuti "inibivano in modo spiccato" il virus dell'Herpes simplex, ma che solo il tè era in grado di bloccare il polivirus. L'attività antivirale del tè è stata ulteriormente ribadita da alcuni ricercatori canadesi in prove di laboratorio contro numerosi virus patogeni. Un'altra interessante caratterista del tè sembra essere rappre­sentata dall'attività anticarie anch'essa imputata all'elevato contenuto di tannini e potenziata dalla presenza di fluoruri. Tale proprietà è stata rilevata da alcuni studi giapponesi condotti su bambini che bevono regolarmente tè, tanto che in Giappone è da tempo stato messo in commercio un dentifricio a base di tannini. L'azione anticarie del tè è stata riscontrata anche in alcune prove condotte nel 1983 da una équi­pe di ricercatori della Ohio State University e della Washington University School of Dentistry su ratti, ai quali erano stati inoculati bat­teri cariogeni. I ratti a cui era stato somministrato tè risultarono presen­tare una dentatura meno attaccata dalla carie rispetto a quelli abbeve­rati con acqua pura. Secondo altre ricerche condotte presso il Forsyth Dentai Center di Boston, il tè risultò arrestare il 95% dell'interazione tra zucchero e batteri, responsabile della produzione di destrano, quella patina appiccicosa che si attacca ai denti e provoca la carie. In altre ricerche il tè ha mostrato svolgere un'azione assai interessante anche nei confronti di alcune forme tumorali. Nel 1985, alcuni eminenti ricer­catori dell'/sf/futo Nazionale di Genetica del Giappone dichiararono che l'epigallo-catechin-gallato, una delle più comuni forme di tannino pre­sente nel tè verde, costituisce un potente antimutageno e quindi un antagonista del cancro. Una proprietà dimostrata indirettamente anche dal basso tasso di cancro allo stomaco rilevato in Giappone tra gli abi­tuali bevitori di tè.

Il ruolo dei tannini Altre notizie interessanti sulle proprietà extranutrizionali del tè proven­gono da alcuni ricercatori canadesi del British Columbia Cancer Research Center secondo i quali i tannini del tè ostacolerebbero la for­mazione delle nitrosamine in maniera più efficace dello stesso acido ascorbico. Il tè sembrerebbe svolgere un'azione di prevenzione anche nei confronti di alcune patologie cardiache. Secondo Mikhail A. Bokuchava, dell'Istituto di Biochimica Bakh di Mosca, le catechine del tè «sono tra i più efficaci farmaci nel rinforzare i capillari». In effetti, già negli anni Sessanta alcuni ricercatori dei Lawrence Livermore Labs dell'Università della California, dopo un'indagine di quattordici anni,

276 Curarsi con il cibo

svolta analizzando il grado di arterosclerosi in coronarie e in arterie cerebrali di circa 400 bevitori di tè, riscontrarono che in essi il danno alle arterie cardiache era pari a due terzi rispetto a quello riscontrato in bevitori di caffè della stessa età, mentre il danno alle arterie cerebrali era pari a un terzo. Un risultato che spinse i ricercatori californiani a concludere: «È evidente che il tè sembra proteggere l'aorta dalla forma­zione di ateroma (placca)». Altre ricerche condotte in Giappone negli anni Ottanta hanno dimostrato che «i tannini presenti nel tè possono essere coinvolti nel mantenimento di livelli ematici normali di colestero­lo». Il principale vantaggio dei tè bancha è quindi quello di conservare gran parte delle virtù farmacologiche e nutrizionali dei tè convenziona­li e nello stesso tempo di presentare un contenuto di caffeina assai ridotto o nullo. A decretare il successo di questa interessante categoria di tè è inoltre la possibilità di offrire ai consumatori produzioni prove­nienti da coltivazioni biologiche. Si tratta di una aspetto certo non tra­scurabile per un gruppo di alimenti provenienti da aree geografiche dove, a causa dell'assenza di un'adeguata regolamentazione, in agri­coltura, vengono utilizzati pesticidi dotati di elevata tossicità, in gran parte già vietati in Europa e negli Stati Uniti. Un motivo in più per risco­prire l'antica bevanda orientale e goderne delle preziose proprietà orga­nolettiche ed extranutrizionali, senza temerne le controindicazioni rap­presentate dall'elevato contenuto di caffeina e dai residui tossici pre­senti negli analoghi prodotti convenzionali.

C'è anche i l tè mu

Si chiamate mu, in realtà si tratta di una miscela di ben nove o, in alcuni casi sedi­ci, diverse radici (dal ginseng alla cannella) e racchiude in sé tutta la sapienza della tradizione erboristica orientale. È indicato per chi soffre di problemi ai polmoni e ai bronchi, per chi fa sport, per le donne in gravidanza e per chi più in generale sof­fre di stanchezza cronica.

Trattandosi di una bevanda eccitante, anche se solo in maniera lieve, è bene non consumarla la sera prima di andare a letto. Nelle confezioni in vendita nei negozi di alimenti biologici, ogni bustina contiene la dose per ottenere un litro di tè. Si pre­para mettendo le radici in acqua fredda e facendo bollire per venti minuti. In gene­re, ogni bustina si riutilizza almeno una seconda volta, con solo mezzo litro d'ac­qua. Una volta preparato, si può conservare in frigo e riscaldare prima dell'uso.

Gli alimenti speciali - Tè nero, verde, bancha 277

MMMBNBMMMHHMMfliHHHHHMMMM Te a c o n f r o n t o

Caratteristiche T è nero Tè verde Tè bancha Contenuto di caffeina Basso Elevato Bassissimo

(assente nel kukicha) Vitamina C Assente Presente Presente Catechine (antiossidanti) 5-8 mg 10-18 mg 10-18 mg Azione astringente Sì Sì No Gusto Molto aromatico Poco aromatico Leggero Consumo Solo adulti Solo adulti Per tutte le età

278 Curarsi con il cibo

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2000.

Indice analitico 279

INDICE ANALITICO

Aceto di mele, 44, 46, 147,255,257 Acido arachidonico, 26, 181, 190, 195 Acido citrico, 41, 62, 95 Acido cloridrico, 19, 20, 21, 44, 160 Acido folico, 77, 78, 84, 128 Acne, 46, 179, 181, 182, 199, 253 Additivi, 8, 10, 30, 32, 51, 54, 97, 135, 136,

163, 164, 166, 195, 197, 204, 214, 217, 238, 242, 263

Agar-agar, 112, 161, 162 Aglio, 26, 28, 44, 46, 48, 49, 54, 61, 63, 67, 68,

69, 80, 91, 92, 101, 102,104, 106,129, 131, 142, 143, 152, 154, 183, 190, 191, 202, 204, 226, 247, 248, 272

Albicocca, 72, 74, 104,106, 112, 115, 116, 129, 131, 140, 180, 183, 207, 209, 226

Alcool, 20, 39, 41, 49, 57, 58, 60, 63, 69, 83, 84, 86, 113, 118, 120, 127, 131, 147, 148, 165, 166, 172, 181, 183, 185, 189, 190, 191, 209, 214, 217, 224

Alghe, 9, 10, 15, 17, 27, 28, 32, 48, 49, 58, 67, 72, 74, 85, 86, 92, 102, 105, 106, 112, 118, 120, 140, 141, 142, 143, 147, 149, 165, 167, 172, 173, 174, 195, 197,204,214,215,217, 226, 227, 230, 231, 236, 238, 239, 241, 242, 253-257

Alici, 139 Allergia, 6-10, 52, 54, 100, 195 Allergie alimentari, 25, 36, 61, 82, 84, 100, 115,

176, 180, 195 Altea, 116 Amalgama, 75, 77, 78 Amilasi, 20, 267 Anacardo, 226, 227 Ananas, 20, 21, 22, 27, 28, 247, 248 Anemia, 11-17, 128, 146, 256 Ansia, 48, 50, 57, 71, 82, 132, 135, 201, 218,

230 Antibiotici, 8, 43, 44, 45, 46, 60, 62, 114, 135,

160,163,164,176,181,193,195,218, 240, 262

Antigene, 29 Arachide, 9, 10, 30, 31, 32, 54, 100, 13, 124,

129,130,131,158,160,162,183,227,229, 231

Ararne, 241, 242, 257 Arance, 8, 10, 20, 30, 31, 32, 80, 92, 101, 102,

112, 159, 209, Aringhe, 26, 28, 139, 183, 225, 227 Aromatizzanti, 8, 164 Artrite, 24, 25,188 Artrite reumatoide, 26, 27, 1 18 Asma, 8, 29-32, 194, 195, 196, 238, 256 Asparago, 54, 140 Aterosclerosi, 1 10, 156, 256 Avena, 40, 41 , 54, 104, 106, 112, 158, 176,

177, 183,196, 197,204,221,222,238, 241, 242, 243, 261, 270

Avocado, 40, 41 , 129, 131, 158, 204

Banana, 72, 74, 140, 147, 149 Barbabietola rossa, 27, 49, 85, 86, 102, 165,

167 Benzoati, 8, 30, 164, 195 Beta-bloccanti, 127 Beta-carotene, 48, 67, 190, 206,208, 209 Biancospino, 130,131, 264 Bibite gassate, 8, 69, 73, 74, 147, 148, 214,

217, 239 Bietola, 15, 17, 54, 207 Bile, 20, 31 , 33, 34, 35, 36, 44, 65, 67, 109,

115, 142, 160, 200, 203 Bioflavonoidi, 27, 104, 118, 123, 247 Birra, 15, 17, 44, 46, 48, 49, 51, 54, 69, 72, 74,

84, 86, 97, 104, 106, 118, 119, 123, 124, 129, 130, 131, 148,152, 185, 187, 190, 191, 195, 197, 202, 204, 225, 226, 227, 229, 231, 241, 242, 268, Brioche, 44, 46, 158

Broccolo, 15, 17, 54, 104, 106, 115, 116, 129, 131, 140, 142, 174, 180, 183, 209, 225, 227

Bronchite, 193, 233 Burro, 48, 49, 57, 58, 141, 143, 158

Cacao, 54, 204, 221, 222, 258-261 Cachi, 54, 203, 204, 221, 222 Caffè, 31, 49, 60, 63, 69, 80, 83, 84, 6, 92, 96,

104,106,113, 116,118, 120, 127,129,130, 131,141, 143, 146,147, 148, 149,165, 172, 173, 202, 221, 222, 223, 227, 230, 231, 236, 271, 273, 274, 276

280 Curarsi con il cibo

Caffeina, 83, 114, 127, 147, 148, 201, 259, 260, 272, 273, 274, 276, 277

Calcio, 34, 38, 39, 40, 41 , 47, 62, 68, 79, 96, 109, 127, 128, 129, 139, 141, 142, 154, 168, 169, 170, 171, 172, 174, 202, 238, 254, 256, 259, 269, 270, 273

Calcoli biliari, 33-37, 109, 111, 279 Calcoli urinari, 38-41 Camomilla, 116, 130, 131, 148 Cancro, 82, 1 1 1, 201, 203, 207, 255, 275 Candida albicans, 42, 100,160, 164, 189 Candidosi, 42-46, 160 Cannella, 164, 166, 203 Capelli, 14, 196, 207, 229, 230, 266 Carciofo, 46, 54, 91, 92, 112, 129, 131, 160,

162, 227 Carie, 75, 76, 262, 274, 275 Carne bianca, 149, 158, 165, 213, 217, 241 Carne rossa, 15, 97 Carota, 15, 17, 26, 27, 28, 48, 49, 54, 85, 86,

9 1 , 92, 97, 98, 104, 106, 1 12, 115, 116, 129, 131, 140, 152, 180, 183, 190, 191, 202, 204, 207, 235

Carotenoidi, 206, 207, 208, 209 Carpa, 239, 242 Castagna, 19, 112, 129, 131, 203 Cataratta, 47-49, 280 Catechine, 274, 275, 277 Cavolfiore, 36,54, 80, 227 Cavolo, 27, 28, 41 , 54, 80, 112, 115, 116, 129,

131, 207, 209, 226 Ceci, 15, 17, 1 12,129,131,174,202,227,239,

242 Cecità, 47, 117, 182 Cefalea, 12,50, 70, 83,138, 150, 180, 199, 219 Cellulite, 55-58, 215, 256 Centella, 61 Centrifugati, 97, 98, 207, 208 Cereali lievitati, 44, 46 Chetoacidosi, 89, 90 Cicoria, 44 Ciliegia, 15, 17, 27, 28, 104, 106, 152, 202,

204, 247, 248 Cime di rapa, 104, 106, 124, 129, 131 Cioccolato, 8, 10, 30, 32,51, 54, 100, 104, 106,

123, 124,127,131, 141, 143, 149, 158,165, 166, 21 1, 221, 222,223, 227, 238, 242, 259, 260, 261

Cipolla, 15, 17, 27, 28, 54, 72, 74, 91, 92, 102, 174, 204

Cistite, 59-61, 249 Clorofilla, 14, 15, 85, 208 Coca-cola, 147, 149 Cocco, 15, 17, 129, 131 Colecistite, 35 Colesterolo, 33, 34, 35, 64-69, 91 , 100, 107,

109,110, 141, 153, 156, 157, 186, 229, 256, 260, 266, 276

Colina, 36 Collagene, 77, 78, 79, 117, 118, 206 Colon irritabile, 62, 70-73, 107, 218 Combinazioni alimentari, 19, 22, 136, 213, 278 Connettivo, 29, 55, 56, 57, 58, 61, 77,94, 104,

117, 118, 119, 247 Contraccettivi orali, 55, 78, 84, 127, 138, 208,

246 Collisolo, 68, 83, 88, 127, 145, 224 Crema Budwig, 148 Cristallino, 47, 48, 49 Crostacei, 7, 67, 165, 167 Crusca, 35, 40, 41 , 109, 110, 11 1, 112, 130,

131, 220, 222, 226, 227, 247, 249 Curcuma, 27, 28, 49, 67, 68, 120, 164, 167,

191, 203, 204, 280

Datteri, 15, 17, 22, 129, 131, 226 Denti, 75-80 Depressione, 7, 42, 46, 57, 71, 77, 81-85, 111,

127, 132, 135, 146,150, 151, 160, 161, 198, 199, 201, 204, 215, 229

Dermatiti, 99 Diabete, 31 , 37, 47, 63, 76, 82, 87-91, 110,

156, 169, 209, 211, 278 Digiuno, 26, 87, 89, 145, 156, 190, 221 Dimagrimento, 35, 36, 90, 91 Disintossicazione, 41 , 93-95, 123, 240 Dispnea, 29, 193, 234 Dopamina, 82, 212 Dulse, 129, 131

Eczema, 99-101, 179, 180, 238 Efedra, 127' Emoglobina, 12,13 Emorroidi, 57, 62, 103-105, 108, 111, 218,

219, 246 Enteroclisma, 31, 61, 236

Indice analitico 281

Enzimi, 13, 18, 19, 20, 44, 61, 77, 79, 107, 160, 173, 182, 184, 189, 207, 215, 225, 262, 266, 272

Estrogeni, 56, 150, 151, 169, 185, 199, 200, 201, 202, 204, 240, 280

Fagioli, 23, 40, 41 , 54, 85, 86, 91 , 102, 112, 118,119, 129, 131, 152, 153, 159,164, 165, 166, 167, 183, 202, 204, 226, 239, 242, 265

Fagioli azuki, 102, 118, 120, 165, 167 Faringite, 193 Farmaci ipolipemizzanti, 37 Farro, 97, 112, 235, 241, 242, 243 Fave, 54, 80, 112, 159, 202 Febbre da fieno, 6, 7, 194 Feniletilamina, 260 Fermenti lattici, 135 Ferritina, 13 Ferro, 12, 13, 14, 15, 17, 96, 109, 128, 154,

172, 173, 200, 218, 254, 269, 270, 273 Fibre, 26, 35, 36, 44, 57, 61, 79, 84, 90, 104,

107-112, 115, 117, 128, 135, 140, 142, 144, 156, 157, 161, 165, 177, 180, 187, 189, 190, 196, 201, 203, 213, 214, 220, 240, 246, 269

Fibrina, 247 Fichi secchi, 15, 17, 129, 131, 174, 226 Finocchio, 112, 152, 159 Fitoestrogeni, 151, 152, 153, 154, 171, 202 Fluoro, 79, 273 Formaggio, 19, 22, 44, 48, 49, 51, 61 , 63, 72,

74, 104, 106, 139, 141, 143, 160, 162, 164, 167, 168, 171, 173, 196, 19, 221, 224, 234, 236, 237, 242

Fragola, 7, 8, 10, 30, 31, 32, 52, 80, 104, 106 Fritto, 69, 73, 101, 102, 181, 183, 235, 236 Frutti di mare, 187 Fungo, 42, 1 12, 152, 154

Gastrite, 16,113-115,255 Gelati, 49, 164, 166, 167 Ginseng, 226, 276 Glaucoma, 117-119 Glicemia, 84, 87, 88, 89, 91 , 92, 110, 126, 127,

128, 145, 147, 148, 156, 211, 244 Glossite, 14, 16 Glucagone, 88, 127, 145, 223 Glutine, 23, 51, 54, 72, 90, 190, 191, 238, 242,

268, 269

Gomasio, 102, 172 Grano, 23, 40, 41 , 48, 49, 57, 58, 72, 74, 85,

86, 91, 92, 96, 97, 101, 102, 104, 105, 106, 109, 110, 115,116, 118, 119,129, 130, 131, 136, 148, 152, 181,183, 196, 197, 202, 203, 204, 225, 226, 227, 229, 231, 238, 239, 241, 242, 243, 247, 248, 268, 269

Grano saraceno, 40, 41 , 57, 58, 91 , 92, 104, 106, 112, 129, 130, 131, 152,159, 183, 202, 203, 204, 226, 227, 239, 241, 242, 243, 247, 248

Gravidanza,! 1, 14, 37, 50, 60, 78, 103, 176, 218, 244, 246, 263, 276

Guaranà, 127, 131, 141, 143

HDL, 64, 65, 66, 67, 109, 110, 156, 157 Helycobacter pilori, 114 Herpes simplex, 121-122, 123, 124, 275 Herpes zoster, 121-122

Influenza, 192, 193 Inositolo, 36, 109 Insaccati, 36, 37, 48, 49, 57, 58, 61 , 63, 104,

106,118,120, 123,124, 136, 143, 147, 149, 204, 221, 222

Insonnia, 7, 48, 82, 125-131, 146, 151, 166, 224, 225, 230, 260, 264

Insufficienza venosa, 56, 244 Insulina, 88, 89, 90, 108, 128, 144, 146, 147,

148, 201, 233 Intolleranze alimentari, 26, 31 , 42, 51, 53, 100,

134, 164, 165, 180, 214, 238 Invecchiamento, 95, 171, 206 Iperglicemia, 88, 89 Iperparatiroidismo, 39 Ipertensione, 50, 64, 91 , 103, 137-142, 156,

157, 256, 263, 264, 266 Ipertiroidismo, 169, 229, 230, 231 Ipertrofia prostatica, 185,186,187 Ipoglicemia, 15, 82, 127, 128, 144, 147, 278 Ipotiroidismo, 82, 199, 204, 228, 231, 256 Istamina, 269

Kelp, 129, 131, 174 Kiwi, 8, 10, 30, 31, 32, 48, 49, 80, 112, 124,

221, 222 Kombu, 22, 72, 74, 102, 105, 235, 239, 241,

242, 253, 254, 255, 257

282 Curarsi con il cibo

Kuzu, 73, 74

Laringite, 193 Latte, 8, 10, 21, 30, 32, 40, 44, 46, 48, 49, 51,

54, 57, 58, 69, 72, 74, 92, 96, 100, 104, 115, 116, 119, 120, 129, 131,135, 141, 143, 147, 149,151, 158, 160, 162,164,165, 167, 168, 170, 171, 173, 174, 177, 180, 181, 183, 186, 190,191, 196, 197, 204, 214, 217, 218, 226, 234, 235, 236, 237, 238, 239, 242, 259, 261, 266, 269

Lattosio, 44, 144, 160, 171 Lattuga, 36, 41 , 54, 80, 129, 131, 167 LDL, 64, 65, 66, 67, 68, 109, 110, 156, 157 Lecitina di soia, 148 Lenticchie, 1 5, 1 7, 23, 54, 72, 74, 91 , 1 1 2,

129, 131, 1 52, 165, 1 67, 202, 204, 227, 239, 242

Liei, 48, 49 Lievito di birra in scaglie, 15, 17, 69, 97, 104,

123, 191, 227, 241 Limone, 15, 17, 54, 95, 96, 97, 147, 172, 173,

177, 196, 197 Liquido sinoviale, 25

Magnesio, 15, 38, 39, 40, 44, 67, 68, 96, 110, 118,127, 129, 130, 139, 141, 142, 172,200, 202, 204, 225, 226, 227, 256

Mais, 40, 41 , 54, 97, 112, 129, 131, 158, 159, 203, 226, 227, 239, 241, 242, 243, 267, 269, 270

Malva, 116, 148 Mandarino, 80, 112 Manganese, 27, 62, 200, 269, 273 Manioca, 229, 231 Margarina, 158, 181, 183 Mela, 22, 54, 61, 98, 129, 131 Melanzana, 9, 10, 26, 28, 30, 32, 54, 104, 235,

236, 247, 249 Melatonina, 48, 83, 130 Melissa, 116, 124 Melone, 22, 54, 80, 97, 115, 1 16, 140, 207,

209 Menopausa, 150-154 Metabolismo, 155-159 Metalli pesanti, 41 , 48, 82, 135, 141, 187, 254 Miele, 43, 46, 85, 86, 105, 147, 149, 235, 236,

258, 260, 262-264

Miglio, 91 , 92, 97, 1 12, 129, 131, 172, 173, 203, 204, 226, 227, 229, 231, 235, 236, 239, 241, 242, 243, 270

Mirtilli, 40, 41, 48, 49, 60, 62, 79, 92, 100,102, 104, 106, 118, 120,129,131, 209, 247, 248, 249

Mirtillo nero, 57, 58, 62 Mirtillo rosso, 60, 62 Miso, 9, 10, 27, 28, 32, 61, 63, 73, 74, 102,

105, 106, 116, 120, 123, 124, 129,131,136, 142, 152, 161,162, 165, 167,177, 191, 196, 197, 203, 221, 222, 235, 236, 248, 265-266

Mochi, 49, 102, 105, 106, 167 Molluschi, 8, 10, 30, 32 Mora, 15, 17, 104, 106, 247, 248 Mughetto, 160-162

Nicotina, 113, 114 Nocciola 104, 105, 106, 115, 116, 129, 131,

158, 180, 183, 203, 204, 226, 227, 241, 242 Noci, 7, 8, 9, 10, 19, 30, 31, 32, 112, 129, 131,

158, 164, 167, 183, 185, 227, 229, 231, 238, 242

Nori, 1 5, 17, 241, 242, 253, 255, 257

Obesità, 132, 156, 1 57, 210, 256 Olio di fegato di merluzzo, 27, 28 Olio di germe di grano, 49, 85, 86, 102, 148,

181, 183, 197, 203, 204, 229, 231 Olio di girasole, 119, 129, 131, 204 Olio di lino, 27, 28, 32, 44, 67, 69, 96, 101, 102,

118, 119, 187, 222 Olio di mais, 129, 131, 158 Olive, 129, 131, 158, 203, 204 Omega-3, 32, 67, 84, 101, 181, 190 Omega-6, 67 Orticaria, 6, 7, 8, 9,163-166 Ortiche, 17 Orzo, 40, 41 , 54, 105, 129, 130, 131, 159, 176,

177, 203, 221, 222, 226, 238, 241, 242, 265, 270

Osteoporosi, 141, 151, 168-170, 238 Ostriche, 174, 183 Otite, 175-176

Pancreatite, 35 Pane bianco, 41 , 80, 187, 225, 227 Pane integrale, 39 ,41 , 183, 221,222

Indice analitico 283

Panna, 34, 36, 37, 97, 239, 242 Papaia, 80, 209 Parodonto, 76 Passiflora, 116, 130, 131 Patata, 19, 22, 26, 28, 40, 41 , 54, 147, 149,

171, 173, 183, 227 Peperoncino, 106, 235, 236, 247, 248 Peperone, 9, 10, 26, 28, 30, 32, 54, 80, 104,

106, 227, 235, 236, 247, 249 Pera, 98, 112, 140, 152, 202, 204 Pesantezza alle gambe, 55, 57 Pesce azzurro, 57, 58, 72, 74, 79, 84, 86, 100,

101, 102, 180, 183, 187, 190, 191, 202, 204 Pesticidi, 98, 154, 186, 203, 238, 276 pH, 11, 1, 19, 20, 22, 59, 60, 94, 95, 96, 108,

1 16, 152, 170, 202, 278 Pinolo, 15, 17, 130, 131, 229, 231, 241, 242 Piorrea, 76, 118 Pisello, 54, 80, 104, 106, 112, 129, 130, 131,

152, 183, 202, 204, 226, 239, 242 Pistacchio, 79, 174, 227 Pizza, 20, 44, 46, 112, 135 Placca dentale, 76 Polline, 7, 9, 29, 57, 58, 194 Pomodoro, 9, 10, 20, 26, 28, 30, 32, 51, 54, 80,

100, 104, 106, 112, 180, 183,209,235,236, 238, 242, 247, 249

Pompelmo, 20 Potassio, 47, 67, 96, 129, 139, 140, 141, 172,

201, 202, 273 Prezzemolo, 26, 28, 41 , 54, 80, 104, 106, 124,

129, 131, 174, 180, 183, 226 Propolis, 116 Prostata, 184-187 Prugna, 140, 160, 173 Prugne secche, 15, 17, 129, 164, 167,221,222,

224, 226 Prurito, 7, 8, 14, 46, 100, 101, 103, 163, 165,

166, 179, 194 Psillium, 161, 162 Psoriasi, 44, 179, 180, 181, 188-191 Ptialina, 19, 20, 108

Quinoa, 97, 165, 167, 267-270

Rafano, 229, 231 Raffreddore, 192-193 Rame, 68, 110,129

Rapa, 15, 17, 54, 91 , 92, 104, 106, 118, 120, 129, 131, 183, 229, 231, 235

Ravanello, 54, 112, 229, 231 Riso, 40, 41, 49, 54, 85, 86, 91, 92, 97, 98, 102,

105, 112, 129, 130, 131, 135, 147, 149, 159, 161, 162, 167, 176, 177, 196, 197, 203, 204, 221, 222, 226, 227, 235, 236, 238, 239, 241, 242, 243, 253, 257, 261, 265, 268, 269, 270

Rosa canina, 15, 17, 225 Rucola, 80 Rutina, 57, 247

Saliva, 20, 76, 108 Salmone, 26, 28, 67, 69, 101, 139, 158, 159,

225, 227 Salumi, 8, 19, 30, 32, 72, 74, 101, 102, 139 Salvia, 154, 203, 204, 274 Sardine, 26, 28, 139, 158, 174, 227 Sedano, 26, 27, 28, 54, 80, 97, 98, 115, 116,

129, 131, 235 Segale, 40 ,41 , 54, 79, 112, 129, 131, 183,206,

226, 227, 270 Seitan, 23, 69, 72, 74, 94, 147, 149, 195, 196,

197, 213, 217, 239, 241, 242, 253 Selenio, 27, 47, 48, 66, 67, 77, 78, 148, 161,

181, 190, 229 Semi di girasole, 15,17, 86, 97, 116, 118, 120,

124, 129, 130, 131, 152, 154, 172, 173,174, 203, 204, 226, 241, 242, 248

Semi di zucca, 94, 97, 124, 129, 131, 173, 183, 186, 187, 241, 242, 248

Sesamo, 48, 49, 69, 72, 74, 85, 86, 92, 97, 116, 118, 124, 129, 130, 131, 154, 167, 172, 173, 174, 177, 190, 203, 242,248

Serotonina, 51, 82, 83, 84, 130, 199, 212, 214 Sgombri, 26, 28, 225, 227 Sindrome premestruale, 46, 56, 198, 199, 200,

201, 202, 203, 225 Sinusite, 196 Sodio, 47, 69,130,139, 140, 141, 142,170,200 Soia, 9, 23, 27, 35, 36, 37, 40, 41 , 54, 58, 61,

69, 72, 73, 90, 92, 96, 97, 100, 102, 105, 116, 119, 123, 129, 131, 135, 147, 148, 149, 151, 152, 153, 154, 158, 161, 165, 167, 171, 173, 174, 176, 177, 186, 187, 191, 195,196, 197, 202, 204, 229, 231, 235, 238, 241, 242, 248,253,261,265,268, 270

Solleone, 205-209

284 Curarsi con il cibo

Sonno, 81, 82, 83,125, 126,127,128, 130, 271 Sovrappeso, 23, 40, 55, 58, 90, 111, 139, 210-

217 Spezie piccanti, 74, 101, 102, 116, 118, 120,

165, 167 Spinacio, 14, 15, 17, 40, 41 , 54, 80, 98, 104,

106,112,129, 131, 140, 159, 174, 207, 209, 268

Stipsi, 57, 63, 70, 71, 73, 109, 218, 219, 220, 221, 256

Stress, 9, 18, 30, 45, 50, 51, 53, 58, 61 , 68, 76, 82, 83, 88, 90, 94, 115, 118, 122, 123, 124, 129,135,138, 144, 145, 146, 157, 161,163, 164,166, 185, 189, 200, 204, 211, 212, 213, 214,215,218, 223-226,230,256

Svezzamento, 53, 171, 237, 238, 278

Tannini, 274, 275, 276 Tapioca, 239, 242 Tarassaco, 44, 80, 102, 148, 174, 235, 264 Tartrazina, 8, 30, 51,164, 195 Tè bancha, 73, 74, 172, 173, 272, 276-277 Tè mu, 226, 276 Tè nero, 271-277 Tè verde, 79, 101, 102, 271-277 Teina, 147, 149, 274 Tempeh, 15, 17, 23, 36, 37, 72, 74, 97, 1247,

149, 151, 154, 165, 167, 196, 197, 202, 204, 213, 217, 239, 241, 242

Teobromina, 259, 260, 273 Teofillina, 273 Testosterone, 184, 185,186 Tiroide, 228-231 Tofu, 23, 36, 37, 72, 74, 97, 129, 131,147, 149,

151, 153-154, 174, 186, 196, 197, 202, 204, 213, 217, 226, 227, 239, 241, 242, 253

Tonno, 97, 139, 158 Topinambur, 91, 92 Tosse, 7, 30, 103, 192, 193, 194, 232-235,

264 Toxiemia, 263 Transferrina, 13,14 Trigliceridi. 37, 65, 67, 100, 110, 145, 156, 157,

229 Triptofano, 83, 130, 212, 270

Uovo, 7, 8, 10, 19, 30, 32, 36, 37, 51, 54, 67, 69, 72, 74, 97, 100,147,149, 164,167,180, 183, 187, 235, 236, 238, 242

Urina, 39, 40, 60, 89, 95, 96, 117 Uva spina, 249 Uvetta, 129, 131, 167

Valeriana, 130,131 Vene varicose, 103, 244-247 Vino, 51, 54, 73/80, 172, 173, 195, 197 Vitamina A, 78, 104, 173, 180, 181, 190, 206,

207, 208, 209, 229, 249 Vitamina B,2, 12, 13, 15, 16, 84 Vitamina B3, 130, 148 Vitamina B6, 40, 68, 84, 129, 130, 201, 204 Vitamina C, 15, 17, 44, 47, 48, 57, 67, 68, 77,

78, 79, 80, 83,104,118, 123, 139, 141,142, 148, 161, 172, 173, 196, 206, 235, 247

Vitamina E, 27, 48, 67, 78, 101, 148, 142, 152, 181, 190, 203, 229

Vitamina K, 41 , 262 Vongole, 202, 204

Wakame, 105, 241, 242, 253, 255, 257

Yogurt, 96, 97, 135, 158, 174, 196, 197, 234, 236, 266

Zenzero, 27, 28, 67, 68, 69, 129,131, 177,183, 196, 197, 203, 204, 235, 236, 247, 248

Zinco, 27, 44, 48, 77, 78, 79, 101, 104, 109, 1 15, 123, 148, 152, 161, 173, 180, 181, 182-183, 184,185, 186, 187, 190, 200, 202, 203, 206, 225, 229

Zucca, 54, 91 , 92, 96, 97, 101, 102, 115, 116, 123, 124, 129, 131, 140, 147, 172, 173, 180,183,186,187,191, 209, 241, 242, 247, 248

Zucchero raffinato, 83, 135, 162, 165, 172, 191, 200, 201

Ulcera duodenale, 115 Ulcera gastrica, 114

285

Indice delle schede di approfondimento

Prodotti per la pulizia e asma infantile 32 Fattori che favoriscono la calcolosi biliare 37 Profilo tipico da candidosi cronica 46 Le principali famiglie di vegetali 54 Mirtillo rosso e nero 62 Curcuma 68 Il kuzu in cucina 74 Contenuto di vitamina C 80 Viva i centrifugati 98 Fibre alimentari e prevenzione 110 Fonti alimentari delle fibre 112 Contenuto di fibra totale in alcuni alimenti 112 Il test dell'ipoglicemia 132 Aglio: elisir per il cuore 142 I fattori negativi che influiscono particolarmente sul

metabolismo dei carboidrati 148 II formaggio di soia a tavola 153 Contenuto di grassi saturi totali in alcuni alimenti 159 Sesamo, girasole e zucca 172 Contenuto di calcio nei cibi 174 Lo zinco: indispensabile per la salute della pelle 182 Contenuto di zinco di alcuni alimenti 183 Principali cause della sindrome premestruale 203 Livelli di carotene in frutta e verdura cruda 209 Beta-carotene: le cose da sapere 209 Gli alimenti più ricchi di magnesio 227 Cibo per la mente 243 I frutti del sottobosco 249 Le alghe in cucina 257 Le virtù dei monoflora 264 La quinoa in cucina 269 Contenuto di aminoacidi essenziali della quinoa 270 Contenuto di sali minerali nei cereali 270 Composizione nutrizionale della quinoa e di altri cereali 270 C'è anche il tè mu 276

286 Curarsi con il cibo

Indice

Introduzione 3 Allergia 6 Anemia 11 Disturbi dell'apparato digerente 18 Artrite 24 Asma allergico 29 Calcoli biliari 33 Calcoli urinari 38 Candidosi 42 Cataratta 47 Cefalea 50 Cellulite 55 Cistite 59 Colesterolo e malattie vascolari 64 Colon irritabile 70 Denti 75 Depressione 81 Diabete 87 Disintossicazione estiva 93 Eczemi e dermatiti 99 Emorroidi 103 Carenza di fibre 107 Gastrite e ulcera 113 Glaucoma 117 Herpes 121 Insonnia 125 Disturbi dell'intestino 133 Ipertensione 137 Ipoglicemia 144 Menopausa 150 Metabolismo e malattia coronarica 155 Mughetto 160 Orticaria 163 Osteoporosi 168 Otite 175 Malattie della pelle 178 Disturbi della prostata 184

287

Psoriasi 188 Raffreddore e influenza 192 Sindrome premestruale 198 Solleone 205 Sovrappeso 210 Stitichezza 218 Stress 223 Malattie della tiroide 228 Tosse 232 Vegetarismo infantile 237 Vene varicose 244 Gli alimenti speciali 251

Alghe 253 Cacao 258 Miele 262 Miso 265 Quinoa 267 Tè nero, verde, bancha 271

Bibliografia 278 Indice analitico 279 Indice delle schede di approfondimento 285

Finito di stampare Giugno 2007

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