Catalogo Homo Ludens...La definizione di Huzinga viene ripresa anche da Roger Caillois ne I giochi e...

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Libri in Vetrina HOMO LUDENS Libri di gioco nelle collezioni antiche della Biblioteca Queriniana A cura di Ennio Ferraglio e Maddalena Piotti Con la collaborazione di Manuela Di Mauro e Michele Martinengo Biblioteca Queriniana, Atrio antico 1 luglio – 31 agosto 2018

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Libri in Vetrina

HOMO LUDENS Libri di gioco nelle collezioni antiche della Biblioteca Queriniana A cura di Ennio Ferraglio e Maddalena Piotti Con la collaborazione di Manuela Di Mauro e Michele Martinengo Biblioteca Queriniana, Atrio antico 1 luglio – 31 agosto 2018

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MADDALENA PIOTTI

INTRODUZIONE

“La civiltà umana sorge e si sviluppa nel gioco, come gioco… Il gioco è più antico della cultura”

(Johann Huizinga)

L’incipit di Huzinga nel suo classico Homo Ludens è, in un certo senso, categorico. Affermazioni quasi lapidarie che ci danno immediatamente conto sia di quanto siano lontane nel tempo le origini del gioco sia di quanto il gioco abbia una forte valenza anche negli studi antropologici. Lo studio dell’uomo e quello del gioco sono strettamente correlati, oltre all’aspetto prettamente ludico, l’approccio al gioco può essere fatto partendo da vari punti di vista: psicologico, storico, sociologico, psicanalitico, ecc.

Ma cos’è il gioco? Attingendo ancora da Homo ludens: “Ogni gioco è anzitutto e soprattutto un atto libero. Il gioco comandato non è più gioco”.

“Gioco non è la vita “ordinaria” o “vera”, è un allontanarsi da quella per entrare in una sfera temporanea di attività con finalità tutta propria”. “Il gioco è qualche cosa di disinteressato, è un intermezzo della vita quotidiana, una ricreazione”. “Il gioco comincia e ad un certo momento è finito”. “Ogni gioco ha le sue regole […] Il giocatore che si oppone alle regole o vi si sottrae è un guastafeste. Il guastafeste è tutt’altra cosa che il baro: quest’ultimo finge di giocare il gioco”. E per concludere: “… si può dunque, riassumendo, chiamare gioco un’azione libera, conscia di non essere presa “sul serio” e situata al di fuori della vita consueta; azione (…) che si compie entro uno spazio definito di proposito, che si svolge con ordine, secondo date regole e suscita rapporti sociali che facilmente si circondano di mistero.” La definizione di Huzinga viene ripresa anche da Roger Caillois ne I giochi e gli uomini, opera in cui il gioco viene definito un’attività:

1) Libera: a cui il giocatore non può essere obbligato senza che il gioco perda la sua natura di divertimento attraente e gioioso;

2) Separata: circoscritta entro precisi limiti di tempo e di spazio fissati in anticipo;

3) Incerta: il cui svolgimento non può essere determinato né il risultato acquisito preliminarmente;

4) Improduttiva: che non crea cioè né beni né ricchezze

5) Regolata: sottoposta a convenzioni che sospendono le leggi ordinarie;

6) Fittizia: accompagnata dalla consapevolezza specifica di una diversa realtà o di una totale irrealtà nei confronti della vita normale.

Ogni gioco quindi è caratterizzato da un’adesione libera e volontaria, non ci può essere gioco con partecipazione coercitiva. Ogni gioco è definito da una serie di confini spazio-temporali e dal suo contesto di regole.

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Spostandoci dall’articolato tentativo tassonomico di due teorici del gioco come Huzinga e Caillois al volumetto ottocentesco esposto in mostra: “Il giuocatore in conversazione che da precetti….Milano, 1820”, vediamo come il gioco venga riportato ad una dimensione quasi esclusivamente funzionale al riposo. Nell’introduzione ci viene fornita una visione utilitaristica del gioco: “Egli è certo che il giuoco considerato come divertimento atto a sollevare lo spirito dopo la seria applicazione dei propri impieghi, vien riguardato come indispensabile per occupare quegl’intervalli di ozio che vi sono dopo il disbrigo de’ personali affari”. L’ambito concettuale del gioco nella vita dell’adulto viene qui ricondotto ad essenziale momento di pausa dalle incombenze quotidiane, pausa da cui trarre l’ossigeno indispensabile per una rigenerazione fisica e psicologica necessaria per riprendere poi al meglio le proprie attività lavorative. Da questa delimitazione il gioco stesso trae quindi una sua legittimazione nel mondo adulto dell’Ottocento borghese. I libri esposti in mostra, estratti prevalentemente dal catalogo dei fondi antichi della biblioteca Queriniana, aprono uno sguardo al nostro passato più remoto e ci offrono un ventaglio descrittivo variegato e denso di curiosità: illustrano e commentano giochi che hanno attraversato la storia della cultura italiana dal XVI secolo ai primi anni del XX secolo. Le opere esposte, documentando il gioco per circa 5 secoli, sono quasi delle fonti, ci offrono materia prima per tentare una personale classificazione del gioco offrendo a ciascuno un percorso per una ricostruzione del costume e della storia sociale di quello che oggi chiamiamo il “tempo libero”.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE Bartezzaghi, Stefano La ludoteca di Babele : dal dado ai social network, a che gioco stiamo giocando? / Stefano Bartezzaghi Torino, UTET, 2016 Esiste una definizione unica di gioco? Stefano Bartezzaghi, fedele alla lezione dei suoi "padri giocatori" - da Umberto Eco a Giampaolo Dossena, da Johan Huizinga a Ludwig Wittgenstein a Roger Caillois -, ci mostra che quella del gioco è una dimensione screziata, molteplice, cadenzata da continue oscillazioni. Costantemente in bilico tra regole e libertà, tra realtà e finzione, il gioco è oscillante quanto pervasivo. La nostra realtà assomiglia sempre di più a una "ludoteca di Babele", in cui la cultura di massa ha instaurato a tutti i livelli un regime semi-giocoso che impone di riformulare non solo i rapporti fra gioco e realtà ma le loro stesse definizioni Caillois, Roger I giochi e gli uomini : la maschera e la vertigine / Roger Caillois ; note all'edizione italiana di Giampaolo Dossena Milano, Bompiani, 2000 In questo saggio Caillois tenta una classificazione di attività e regole apparentemente lontane dal gioco. Sottolinea così una possibile differenziazione delle pratiche ludiche, riconducendole tutte a quattro modalità fondamentali: la competizione, la sorte, la maschera, la vertigine. Queste coordinate si combinerebbero di volta in volta tra loro, determinando le due facce, opposte e complementari, del gioco. Questo libro è un esempio di curiosità intellettuale e un classico dell'antropologia umana. Huizinga, Johan Homo ludens / Johan Huizinga ; saggio introduttivo di Umberto Eco Torino, Einaudi, 2002 Apparso in lingua tedesca ad Amsterdam nel 1939 e pubblicato in Italia nel 1946, Homo ludens si caratterizza per n approccio spiccatamente interdisciplinare.

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Fink, Eugen Il gioco come simbolo del mondo / Eugen Fink Firenze, Hopefulmonster, 1991 Il punto di partenza è offerto da un’intuizione del pensiero greco precedente a Platone e ad Aristotele: l’immagine eraclitea del corso del mondo come un bambino che gioca a dadi. Secondo Fink il fenomeno umano del gioco acquista un significato universale che aiuta a chiarire una visione del mondo. Il gioco in Occidente : storia, teorie, pratiche / Franco Cambi, Gianfranco Staccioli (a cura di) Roma, Armando, 2007 Dossena, Giampaolo Enciclopedia dei giochi / Giampaolo Dossena Torino, UTET, 1999 Un’accurata mappatura curata da un dei massimi esperti di giochi in Italia Chicco, Adriano Storia degli scacchi in Italia : dalle origini ai giorni nostri / Adriano Chicco, Antonio Rosino ; presentazioni di Anatolij Karpov e Nicola Palladino Venezia, Marsilio, 1990 Adriano Chicco, scacchista, maestro e arbitro internazionale, è stato uno dei maggiori esperti italiani di storia degli scacchi. Shenk, David Il gioco immortale : storia degli scacchi / David Shenk Milano, A. Mondadori, 2008 In questo saggio David Shenk traccia una storia degli scacchi, spiegandoci come quei trentadue pezzi di legno intagliato che si muovono su un tavolo a riquadri bianchi e neri possano illuminare il nostro modo di comprendere la guerra, l'arte, la scienza e il cervello umano. Una panoramica completa di un gioco che parte dalla Persia del V secolo e arriva ai giorni nostri, raccontando

incredibili vicende e facendoci incontrare personaggi geniali. Nadin, Lucia Carte da gioco e letteratura tra Quattrocento e Ottocento / Lucia Nadin Lucca, Pacini Fazzi, 1997 Un approccio letterario al gioco delle carte.

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GIOCHI DA CAMPO

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ANTONIO SCAINO Trattato del giuoco della palla, Venezia, G. Giolito de Ferrari, 1555. [10a Q.VII.29] Il Trattato del giuoco della palla di Antonio Scaino (Salò, 1524-1612) può essere considerato il primo esempio di manualistica sportiva. Il gioco descritto dallo Scaino si pratica con una palla, racchette e una rete: si tratta, in sostanza, di una sorta di antenato del tennis, gioco molto in voga dalla metà del Cinquecento all’interno dei ceti sociali più elevati.

L’Autore, teologo e filosofo, studioso di lettere greche e latine, apprezzato commentatore di Aristotele e, negli ultimi anni della sua vita, consigliere del Papa, era un appassionato giocatore. Lo spunto per la composizione del manuale fu proprio una partita giocata contro il duca Alfonso II d’Este e la discussione che ne era nata a proposito dell’interpretazione di alcune regole. Nella prima parte dell’opera viene affrontato il regolamento del gioco; nella seconda la tecnica e nella terza i benefici effetti che il giuoco della palla provoca sulla salute fisica.

Non mancano le sottolineature di carattere morale, come la distinzione tra la vittoria semplice e quella “rabbiosa”, o l’immagine del gioco come metafora della vita travagliata dell’uomo. Nell’opera vengono descritti anche altri giochi da fare con la palla, come ad esempio il calcio fiorentino e la Palla col bracciale o Pallacorda.

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FRANCESCO SCOTO Itinerario, overo nova descrittione de’ viaggi principali d’Italia, Padova, M. Cadorino, 1659 [10a G.V.4] Nell’ Itinerario d’Italia di Francesco Scoto, una delle prime guide turistiche che illustrano le bellezze dell’Italia, si trova la descrizione dell’Arena di Padova, nei pressi della chiesa degli Eremitani: uno spazio dedicato, oltre che ai giochi cavallereschi, anche al gioco del “calzo” praticato dalla gioventù locale sotto gli sguardi compiaciuti delle dame: «È un superbo cortile, intorno di cui si vedono gli archi antichi d’un bellissimo theatro, che Naumachia dalli antichi era chiamato, et ne’ tempi vicini vi si giocava al calzo, si giostrava et si facevano molti belli giuochi cavallereschi, standovi le Dame a vedere sopra le finestre del superbo palazzo che è in capo del cortile, in forma lunare, siccome essa Arena è di forma ovata...»

GIOVANNI MARIA BARDI Memorie del calcio fiorentino, Firenze, Stamperia di S.A.S., 1688 [3a I.XI.7m3]

Uno dei primi testi sul calcio storico fiorentino, pubblicato per la prima volta nel 1581 e coronato da alcune successive edizioni, tra le quali la presente.

Le Memorie illustrano le regole e le diverse fasi in cui si sviluppa il gioco, introducendo nel contempo una regola nuova, la n. 32, molto simile al fuorigioco del football.

Il volume venne stampato in occasione del matrimonio tra Ferdinando de’ Medici e Violante Beatrice di Baviera: durante i festeggiamenti venne disputata una partita a calcio, in Piazza S. Croce, poi rappresentata in una pregevole stampa all’interno del volume. Una seconda stampa illustra lo schema di partenza dell’incontro, con la disposizione dei giocatori sul terreno.

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FRANCESCO SAVERIO QUADRIO Lettera intorno alla sferistica, o sia giuoco alla palla degli antichi, al marchese d. Teodoro Alessandro Trivulzio indiritta, Milano, A. Agnelli, 1751. [3a F.VII.49] Singolare ed erudita operetta, nella quale l’Autore, oltre a seguire la storia dei diversi giochi di palla presso gli antichi Greci e Romani, imputa all’abbandono della “bella arte sferistica” una serie di sopravvenuti malesseri e problemi di salute generati nella popolazione dall’ozio e dalla vita sedentaria.

La Lettera intorno alla sferistica venne recensita con toni assai positivi, per la ricchezza della documentazione e lo stile compositivo, sulle principali gazzette letterarie dlel’epoca, come le Novelle letterarie pubblicate in Firenze del 1752 e le Novelle della Repubblica delle Lettere del 1753. L’autore, Francesco Saverio Quadrio (1695-1756), gesuita, studioso di poesia e storia, è uno dei più importanti del secolo dei Lumi italiano. GIULIO FRANCESCHI Il giuoco del pallone ed altri affini, Milano, U. Hoepli, 1903 [13a QQ.VII.26] Agile manuale descrittivo dei principali giochi sferistici: il Football, la Pallacorda o Palla con

il bracciale, la Pelota, la Pallamaglio e la Pallasfratto.

Di ciascun gioco, l’Autore illustra le regole, l’ambiente e le attrezzature necessarie. Particolarmente interessanti i capitoli dedicati a due giochi oggi quasi del tutto scomparsi: la Pallamaglio e la Pallasfratto. La Pallamaglio, che si gioca con una palla di materiale duro (generalmente legno) ed una mazza dalle estremità piatte, può essere considerata un antenato del golf, del croquet, del polo e dell’hockey. Nella Pallasfratto si utilizza una palla con una sorta di impugnatura, che consente di effettuare movimenti simili al lancio del martello e al baseball.

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TRA CARTE E PEDINE GIOCHI DA TAVOLO

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INNOCENZO RINGHIERI Cento giuochi liberali et d’ingegno, Bologna, A. Giaccarelli, 1551. [10a Q.III.16] Innocenzo Ringhieri, gentiluomo bolognese, può essere considerato uno dei primi “teorici” del gioco inteso come attività non secondaria fra i passatempi dei nobili. Non a caso i giochi presentati in quest’opera vengono definiti “liberali et d’ingegno” per differenziarli dai giochi plebei, basati soprattutto sull’uso della forza fisica.

L’opera del Ringhieri è dedicata a Caterina de’ Medici, moglie del Re di Francia Enrico II d’Orléans. GIROLAMO BARGAGLI Dialogo de’ giuochi che nelle vegghie sanesi si usano di fare, Venezia, G.A. Bertano, 1575 [Salone F.XVII.28 – Cinq. HH.91] Opera dedicata ai passatempi in uso in Italia tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento, in particolare nel Senese, durante le

“vegghie”, cioè le vigilie. L’autore si rivolge “a’ nobili ingegni” e a tutti “i begli spiriti” amanti del gioco. Vengono descritti numerosi giochi di società: Degli augurii, Dell’atturato, Della bassetta, Della chiromantia, Delle metamorfosi, e così via. L’autore, Girolamo Bargagli, giureconsulto e letterato, membro dell’Accademia degli Intronati di Siena, morì nel 1586.

GIROLAMO BARGAGLI Dialogo de’ giuochi che nelle vegghie sanesi si usano di fare, Venezia, A. Gardane, 1581 [3a G.XIII.15m4] Di origini senesi, Girolamo Bargagli fu umanista e poeta molto apprezzato. Tra le sue opere più note, si segnala il Dialogo de’ giuochi, pubblicato senza la revisione dell’Autore, molti anni dopo essere stato composto, e quindi da considerarsi un’espressione di interessi giovanili. Secondo l’Autore, il gioco è principalmente gioco di società, in quanto “festevole azione

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d'una lieta e amorosa brigata, dove sopra una piacevole e ingegnosa proposta fatta da uno come autore e guida di tale azione, tutti gli altri facciano o dicano alcuna cosa l'un dall'altro diversamente, e questo a fine di diletto e di intertenimento”. Distingue, inoltre i giochi secondo la loro natura (di spirito, d'ingegno, di scherzo e di piacevolezza) e li descrive minutamente, respingendo però con decisione i giochi di manifesta “sucidezza” e quelli dove compaiono figure di frati e di monache, affinché “un certo dispregio de' religiosi non nasca”. GIROLAMO BARGAGLI Dialogo de’ giuochi che nelle vegghie sanesi si usano fare, Venezia, P. Bertano, 1609 [Salone F.XVII.38]

SCIPIONE BARGAGLI I trattenimenti, dove da vaghe donne e da giovani huomini rappresentati sono honesti e dilettevoli giuochi, narrate

novelle e cantate alcune amorose canzonette, Venezia, B. Giunti, 1591 [4a E.V.29] Fratello di Girolamo, Scipione Bargagli è un esponente di rilievo della cultura umanistica senese. La sua opera più famosa è I trattenimenti, divisi in due giornate più una introduzione, nella quale vengono narrati passatempi e vicende sentimentali di nobili della città.

SAVERIO BETTINELLI Il giuoco delle carte. Poemetto, Cremona, L. Manini, 1774. [5a MM.III.27] Opera minore del Bettinelli (1718-1808), per altro interprete di rilievo dell’esigenza illuministica di rinnovamento culturale. In questo Poemetto l’Autore, consapevole che “i giuochi di carte vogliono ozio e quiete”, ripercorre poeticamente la storia ed esalta l’invenzione delle carte da gioco: “Certo è mirabile l’artifizio della semplice carta, ma facendone carte da giuoco, è ancor più mirabile, che sia divenuta una merce sì universale”.

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Fautore del gioco di carte a scopo puramente ricreativo, ma contrario al gioco d’azzardo, il Bettinelli tratteggia il ritratto del giocatore incallito: “Sembrami molto strano il veder persone ingegnose che passano molte ore seguite a mescolare e a levare le carte, senza aver altra conversazione tra loro, fuor di quella che nasce da piccol numero di termini dell’arte impiegati a lor luogo, né altre idee che quelle le quali vengono dai segni rossi o neri variamente disposti sule carte. Non avremmo noi ragion di deridere un uomo di quella sorta, il qual si lagnasse della brevità della vita?”. ALESSIO MARCHESELLI Il giuoco di Tresette a quattro, Piacenza, Bazachi, 1724 [7a D.III.5m1] Il Tressette è certamente uno dei giochi più conosciuti e praticati; ciò anche perché è di facile apprendimento, non richiede particolari elucubrazioni e non presenta meccanismi complicati. Di origini spagnole, il

gioco si è diffuso in Italia, come passatempo borghese e salottiero, partendo dal Napoletano. A differenza di alcuni giochi, legati a mode passeggere, il Tressette si diffuse in tutte le regioni d’Italia e presso tutti gli strati della popolazione. Tenuto conto delle varianti legate al numero dei giocatori (da due fino a cinque e più) le regole, così come la terminologia specifica, sono state elaborate già nel corso del XVII secolo a Napoli. Il nome è dovuto al fatto che nella versione più antica del gioco il conquistare tre sette dava diritto ad uno o più punti.

Sul Tressette esiste una ricca letteratura antica, già a partire dal Seicento, con una produzione editoriale oggi molto rara. Nel piccolo opuscolo qui presentato, il gioco del Tressette diviene l’oggetto di una dissertazione accademica in quartine rimate; il successo di quest’opera fu notevole e ne vennero ricavate riedizioni e anche copie manoscritte. L’autore è Alessio Marcheselli (1662-1731), accademico arcade di Piacenza, poeta, medico, studioso di teologia e diritto e, naturalmente, appassionato giocatore.

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Il giuocatore in conversazione, che dà precetti sul Tarocco, all’Ombre, al Tressette, alla Bazzica, sul giuoco degli Scacchi, del Bigliardo e della Dama, Milano, Buccinelli, 1820. [5a R.VII.12] La trasformazione “borghese” del gioco comporta l’abbandono pressoché definitivo di tutte quelle interpretazioni morali, pedagogiche e nobiliari che hanno da sempre accompagnato i giochi di intelletto (primo fra tutti, gli scacchi) e di fortuna.

Secondo l’anonimo estensore di questo manuale, il gioco diviene “divertimento atto a sollevare lo spirito dopo la seria applicazione dei propri impieghi”, indispensabile riempitivo “di quegli intervalli di ozio che vi sono dopo il disbrigo de’ personali affari”. Il fatto stesso che i giochi proposti (tra i quali compare la Bazzica, un gioco di carte di origine francese, simile alla briscola) siano collocati all’interno di un contesto salottiero, di conversazione tra amici e conoscenti, rende evidente l’aspetto ludico dell’attività del giocare.

La scienza insegnata col mezzo de’ giuochi, ossia ragione scientifica di molti giuochi generalmente usati, Milano, Sonzogno, 1832 [5a CC.VII.9] Nel corso dell’Ottocento proliferarono le pubblicazioni, di carattere popolare, dedicate a diffondere conoscenze elementari di chimica e fisica presso gli strati della popolazione esclusi dalle attività specifiche. Ne è esempio questo volumetto, tradotto dall’inglese, che illustra, sotto forma di gioco, fenomeni fisici in maniera semplice e diretta, corredando le spiegazioni da sapide vignette.

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Al gioco cinese chiamato il Rompicapo. Appendice di figure rappresentanti l’alfabeto, le nove cifre dei numeri arabi, uomini, bestie, case, cocchi, barche, urne, vasi ed altre suppellettili domestiche, preceduta da un discorso sul Rompicapo e sulla Cina, intitolato Passatempo preliminare, Milano, P. e G. Vallardi, 1818. [10a L.III.22]

Il Tangram è un gioco millenario originario della Cina. La regola fondamentale impone che un quadrato sia scomposto in sette forme geometriche, dette Tan, che vanno poi combinate per realizzare figure con un significato logico, cioè rappresentanti oggetti di uso comune, personaggi, geometrie, ecc… con una varietà pressoché infinita. Qualsiasi figura realizzata con il Tangram deve prevedere l’uso di tutti e sette i pezzi. Nel corso del Sette e Ottocento, quando il Tangram si diffuse prepotentemente in Europa grazie ai contatti sempre più stretti con l’Estremo Oriente, vennero elaborate alcune varianti, come ad esempio si può vedere in questo piccolo manuale di gioco, nel quale le forme danno agio all’autore di

inventare curiosissime definizioni: dal Gatto-Pardo stivalato, al Reo bambuccando, al Bonzo giuntimanio e via dicendo

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GIOCHI DI PRESTIGIO E DI ABILITÀ

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Nuova maniera d’imparare molte sorti de giuochi di carte e destrezza di mano, di ova, di bussoli, di moneta, d’anelli et altri di regola e memoria, Milano, G.B. Malatesta, sec. XVII. [10a Y.VI.9m5]

Breve opuscolo dedicato a passatempi leggeri, disimpegnati, lontani da ogni preoccupazione di carattere intellettuale, dedicati più che ai giochi veri e propri con le carte, a quelli “di destrezza di mano”, cioè ai giochi di prestigio. Le opere di questo tipo venivano solitamente realizzate nell’ambito dell’editoria popolare e vendute dagli stessi professionisti di giochi di prestigio. Questa particolarità, unitamente alle edizioni di basso profilo e alle perdite provocate dall’uso intenso, hanno fatto sì che le piccole pubblicazioni, come questa presentata, siano, di fatto, molto rare. È solo verso al metà del Seicento che cominceranno a comparire, soprattutto in Francia, le prime edizioni di trattati e manuali “completi” dedicati ai giochi di carte e alla prestigiazione, destinati ad una grande diffusione in Europa nel corso del Sette e Ottocento.

ANDREA GHISI Il nobile et piacevole gioco intitolato il Passatempo dato in luce nuovamente dal Bidello Academico Cospirante, Verona, B. Zanetti, 1603. [10a I.III.3] Singolare opera, che presenta 74 immagini distribuite, senza una logica apparente, su 21 tavole, per un totale di 1092 immagini. Il gioco non è corredato dal manuale esplicativo delle regole. Si può ipotizzare che il libro veniva utilizzato nelle Corti per realizzare una sorta di gioco magico o di prestigio: probabilmente, il giocatore invitava gli astanti ad individuare mentalmente un’immagine e, attraverso un percorso di lettura determinato dai riquadri e dai rimandi in fondo alle pagine, si giungeva ad indovinare l’immagine pensata. L’organizzazione delle caselle, così come la stesura di questo libro, sono da attribuirsi ad Andrea Ghisi, il cui nome è celato dallo pseudonimo Bidello. Con questo nome l’autore era affiliato all’Accademia dei Cospiranti, sodalizio fondato da Bartolomeo Burchelati ed attivo a Treviso dal 1590.

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BARTOLOMEO BOSCO Gabinetto magico ossia il complesso dell’arte di prestigio, Milano, G. Silvestri, 1862 [5a E.IX.34] Bartolomeo Bosco è considerato uno dei più grandi illusionisti e prestigiatori italiani. Inventore di numerosi giochi di prestigio, si esibì spesso nelle corti europee della prima metà del XIX secolo. Tra i suoi spettatori, gli zar Alessandro e Nicola, il re di Prussia, i reali di Danimarca, il Sultano di Costantinopoli e il Bey di Tunisi. Tra gli esercizi che lo resero famoso vi erano la propria fucilazione, la decapitazione di se stesso, la moneta all’interno di un uovo, il cambio delle ore negli orologi degli spettatori, la collana che si trasforma in un’anguilla. Altri esercizi che prevedevano l’uso di animali, soprattutto uccellini destinati poi a morte, oggi riprovevoli ed illegali, erano assai apprezzati per l’alto effetto scenico.

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IL “NOBIL GIUOCO” DEGLI SCACCHI

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ENNIO FERRAGLIO

Il “ nobil giuoco” degli scacchi nella Brescia rinascimentale

Nella Brescia rinascimentale - come altrove, del resto - il gioco degli scacchi era annoverato fra le attività ludiche proprie della classe nobiliare. Che fosse una pratica diffusa è facilmente intuibile: si tratta infatti di un gioco esistente nelle corti europee lungo tutto il Medioevo, e che vide la sua presenza considerevolmente rafforzata in quelle terre che hanno risentito dell’influenza della cultura spagnola. Ciò che forse è meno evidente è il mutamento di significato che la pratica del gioco degli scacchi venne gradualmente ad assumere all’interno delle Corti rinascimentali, sia negli ambiti culturalmente più raffinati sia nelle piccole Corti facenti capo alla nobiltà locale, delle quali Brescia rappresenta un ottimo esempio. Sull’ipotetico scaffale dei libri del giocatore di scacchi bresciano del Cinquecento, se mancavano manuali per apprendere le tecniche del gioco, non potevano però mancare alcune opere fondamentali, quali la Scaccheida di Marco Girolamo Vida, forte di numerose edizioni a stampa, o il trattato Du ludo scacchorum del frate domenicano Jacopo De Cessolis. Si tratta, però, in entrambi i casi, di opere dallo sfondo morale e non di veri e propri manuali dell’arte scacchistica. Più pertinente, sotto questo punto di vista, è certamente il trattatello di Damiano da Odemira, che circolava sia attraverso copie manoscritte sia in numerose edizioni a stampa: è il primo vero e proprio manuale di scacchi, con tanto di spiegazioni teoriche e schemi raffiguranti vari casi che si possono verificare durante la partita. Il significato attribuito agli scacchi fin dagli albori dell’Umanesimo va oltre quello di essere una rappresentazione allegorica della guerra combattuta da uomini di opposti eserciti, bensì diviene gradualmente emblema di educazione raffinata, bagaglio indispensabile di ogni nobile che si apprestava a varcare le soglie della vita in società, sia essa militare che civile. In tal modo l’immagine degli scacchi si arricchisce di significati, rivelandosi per quello che è: da pratica eminentemente virile con spoglie guerresche, ad attività dello spirito e dell’intelletto, manifestazione di urbana e colta rivalità intellettuale, propria di tutte le

componenti dell’alta società: uomini, donne, laici e religiosi - con netta e tradizionale prevalenza, però, della componente maschile e laica. C’è un ulteriore elemento di novità. La cultura umanistica e cortese contribuì ad accentuare la presenza femminile sia a diretto contatto che a margine del mondo degli scacchi. Nessun ambiente di Corte, centrale o periferico, ne era escluso: si tratta di un fenomeno molto diffuso anche nell’Italia padana, le cui tracce sono riconoscibili all’interno di opere appartenenti alla letteratura e alle arti figurative. Nelle botteghe dei librai veneziani di fine Quattrocento e per tutto il corso del Cinquecento e, di riflesso, nelle botteghe e sui banchi dei librai bresciani, si potevano facilmente trovare opere attraverso le quali la classe dirigente cittadina - in una città, Brescia, all’epoca tutt’altro che illetterata - poteva accedere ai contenuti artistici e culturali del pensiero rinascimentale e rimanere aggiornata sui mutamenti del gusto. Se gli scacchisti accaniti non potevano, come già ricordato, contare su veri e propri manuali per apprendere la tecnica di gioco, potevano però rafforzare la propria passione per gli scacchi attraverso gli esempi offerti dai personaggi e dalle vicende di opere più o meno impegnate. Ad esempio, frequenti accenni al gioco degli scacchi si possono leggere nelle opere di Petrarca (sua è l’espressione, riferita proprio agli scacchi: "Ludus habet laudem, si moderatus erit", cioè "il gioco è degno di lode, se praticato con moderazione"), Masuccio Salernitano, Boccaccio, e molti altri novellieri e poeti. Nel Decamerone di Boccaccio compaiono, per la prima volta, due donne giocatrici, Filomena e Beatrice. Da questo momento, la presenza femminile accanto a quella maschile diverrà gradualmente più forte e frequentemente gli autori indulgeranno a descrivere partite a scacchi (divenute metafore delle "battaglie d’amore") all’interno di coppie sposate e di coppie di amanti. Indirettamente si ha la conferma che il gioco degli scacchi faceva parte dell’educazione delle dame nobili e dell’alta società per tutto il XV secolo, anche al di fuori delle corti principali e cosmopolite dell’Italia di allora. La presenza femminile nell’ambito dell’universo scacchistico testimonia una delle modalità nelle quali si attuava l’educazione delle donne appartenenti ai ceti sociali più elevati. Persiste naturalmente la

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visione tardo-medievale della partita a scacchi come rappresentazione allegorica della seduzione, ma essa diviene anche metafora della virtù, intima e familiare, delle giovani nobili. Le arti figurative offrono una preziosa conferma in tal senso: un dipinto di Sofonisba Anguissola, datato al 1555, rappresenta una partita a scacchi giocata in giardino da due giovani donne (probabilmente le sorelle maggiori della pittrice), osservate dalla stessa Sofonisba e dalla nutrice. L’elegante e pacata atmosfera familiare (sottolineata da particolari domestici, come la tovaglia sul tavolino da gioco, o la nutrice che osserva incuriosita l’andamento della partita) lascia intendere che la pratica degli scacchi fosse, in casa Anguissola, un esercizio intellettuale, di buone maniere, tra sorelle virtuose, raffinate e colte.

È in quest’ottica virtuosa che si colloca, inoltre, la dedica della Scacheide di Gregorio Ducco, indirizzata non casualmente ad una donna, Isabella Pallavicino Lupi, marchesa di Soragna ed appassionata giocatrice di scacchi. Fra parentesi, non è fuori di luogo ricordare che uno degli esemplari della Scacheide conservati presso la Biblioteca Queriniana di Brescia (con segnatura F.XVIII.19) reca, in calce al frontespizio, una dedica manoscritta che un anonimo di fine Cinquecento ha lasciato a ricordo del dono del libro «Alla Reverenda et Signora donna Celestia Stella». La figura del Ducco – monaco in San Faustino, nonostante nella Scacheide si qualifichi semplicemente come "gentil’huomo bresciano" – richiama, per rimanere nell’ambito degli scacchi, un altro degli aspetti rilevanti della società rinascimentale: l’accesso alla pratica del gioco da parte dei religiosi. Nel caso del Ducco si tratta di un

esponente dell’alta società bresciana di fine Cinquecento, ma altri esempi si possono riscontrare di come gli scacchi fossero diventati un gioco popolare persino tra il basso clero. Un importante accenno agli scacchi non poteva mancare all’interno del principale trattato di "pedagogia" nobiliare del Cinquecento, il Cortegiano di Baldassarre Castiglione. Quest’opera non era certamente sconosciuta all’interno dell’ambiente culturale della nobiltà bresciana del Rinascimento: è sufficiente infatti scorrere l’elenco delle edizioni cinquecentesche per rilevare come la maggior parte siano state prodotte a Venezia, come si sa intimamente collegata alla realtà bresciana, ed una a Toscolano per mano di Alessandro Paganini non prima del 1528. Ma il Castiglione - come già il Petrarca in passato - non sapeva cogliere la sottile seduzione intellettuale che gli scacchi offrono all’animo umano: in più di una occasione, pur ritenendo gli scacchi "un gentile intertenimento ed ingenioso", non esita a mettere in guardia i giocatori dal "saperne troppo", cioè dall’eccessivo impegno e appassionata dedizione, che potrebbero invece essere dirottati verso l’apprendimento di altre scienze. L’immaginifico Seicento si approprierà dei profondi significati allegorici del gioco degli scacchi, trasformandoli gradualmente in simbolo della rivalità intellettuale tra ingegni complementari ma opposti, fino a giungere ad un’immagine sinceramente barocca: la partita con la Morte (suggestione fra l’altro ampiamente ripresa nella cinematografia contemporanea, da Bergman a Kubrick, solo per fare due esempi), cioè la partita senza speranza di vittoria, solo l’ultima tra le infinite suggestioni che il "nobil giuoco" degli scacchi ha sempre saputo offrire.

Per saperne di più Gli scacchi e il chiostro. Atti del convegno nazionale di studi (Brescia, 10 febbraio 2006), a cura di Angelo Baronio, «Civiltà Bresciana», XVI (2007), n. 1-2.

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DAMIANO DA ODEMIRA Libro da imparare giocare a scachi et de belissimi partiti, reviste et recorretti con somma diligentia emendati da molti famosissimi giocatori, ms. sec. XVI [Ms. B.VI. 18m7]

Il portoghese Pedro Damiano, originario di Odemira, è autore di uno dei più famosi manuali di scacchi della prima età moderna. Nella sua opera più famosa, il Libro da imparare giocare a scachi, descrive le regole del gioco, dà consigli di strategia, propone alcuni problemi (i “partiti”) e analizza alcune aperture.

Fra le innovazioni proposte: un sistema di notazione basato sulla numerazione delle case da 1 a 64; l’alternanza di case bianche e nere e l’abitudine di orientare la scacchiera in modo da avere di colore bianco la prima casa a destra della fila più vicina a ciascun giocatore. Offre inoltre numerosi suggerimenti sull’Arte de giocare alla mente, cioè sul gioco alla cieca. Dall’Autore prende inoltre il nome un’apertura, la cosiddetta Difesa Damiano.

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DAMIANO DA ODEMIRA Libro da imparare giocare a scachi et de belissimi partiti con somma diligentia emendati da molti famosissimi giocatori, [Roma, 1525] [Cinq H.30] L’opera di Damiano venne edita per la prima volta a Roma nel 1512, in italiano. Nel corso del XVI secolo fu oggetto di otto edizioni, indizio di grande apprezzamento e diffusione del libro.

L’opera venne dedicata a Giovanni Giorgio Cesarino, nobile romano esperto nell’arte militare. JACOBUS DE CESSOLIS Opera nuoua nella quale se insegna il regimento et costumi delli homini et delle donne di qualunque grado, stato, e condition esser si voglia. Composta per lo reverendissimo padre frate Giacobo da Cesole del Ordine di Predicatori sopra il giuoco delli Scacchi, intitulata Costumi delli huomini, et ufficii delli nobeli, Venezia, F. Bindoni e M. Pasini, 1534 [3a H.XIII.18m6]

DAMIANO DA ODEMIRA Libro da imparare a giocar a scachi, con bellissimi partiti et molte sutilità, Venezia, S. Zazzara, 1564 [5a KK.VI.38m2]

Opera dalla straordinaria fortuna editoriale, il Libro da imparare a giocar a scachi di Damiano da Odemira segna una decisa svolta nella storia della trattatistica sul “nobil giuoco”. Si assiste, infatti, al passaggio da una trattatistica ispirata all’opera di Jacopo da Cessole, a sfondo prevalentemente morale e pedagogico, ad una dedicata espressamente alle regole e alla tecnica di gioco.

Alcuni casi teorici, legati soprattutto alla difesa o al gambetto, conservano ancora oggi un preciso riferimento all’autore di questo manuale, che può essere considerato il primo “best seller” scacchistico.

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MARCO GIROLAMO VIDA De arte poetica libri III; eiusdem De bombyce lib. II; eiusdem De ludo scacchorum lib. I; eiusdem Hymni; eiusdem Bucolica, Roma, L. da Vicenza, 1527 [Cinq. E.13]

MARCO GIROLAMO VIDA De arte poetica libri III; eiusdem De bombyce lib. II; eiusdem De ludo scacchorum lib. I; Hymni cum nonnullis aliis; Bucolica…, Lione, Griffio, 1536 [Cinq. I.4m2]

MARCO GIROLAMO VIDA La scaccheide tradotta in versi volgari, Verona, A. Carattoni, 1753 [5a H.VII.23m1 – 7a D.I.4m7]

MARCO GIROLAMO VIDA La schaccheida, o sia il giuoco degli scacchi… volgarizzato in ottava rima dal sig. Ab. Gianfrancesco Masdeu, Venezia, A. Zatta, 1774 [3a F.IX.1m3] Modo facile per intendere il vago e dilettevole giuoco degli scacchi. Composto da un incognito per gli novitii del giuoco, Venezia, V. Mortali, 1665 [10a Y.VI.6m7]

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GREGORIO DUCCO La scacheide di Gregorio Ducchi gentil’huomo bresciano, Vicenza, Perin e G. Greco, 1586 [Salone F.XVIII.19] Gregorio Ducchi, o Ducco, gentiluomo bresciano, letterato e poeta, nel 1567 vestì l’abito dei benedettini nel monastero dei SS. Faustino e Giovita. Fu autore di un singolare poema cavalleresco in ottava rima e in sei canti, intitolato La scacheide, pubblicato con un’unica edizione nel 1586 con dedica alla marchesa di Soragna, donna Isabella Pallavicini Lupi.

Ispirato al poema La scaccheide di Marco Girolamo Vida, il poema del Ducco non ne rappresenta, però, una semplice traduzione, bensì è un’opera originale, organicamente concepita e trattata. Il poema dell’autore bresciano si inserisce nel rinascimentale movimento di riscoperta del gioco degli scacchi, ritenuto, fino a quel momento, cioè dalla cultura medievale e tardo gotica, un’attività peccaminosa per i monaci e gli ecclesiastici, per via delle origini pagane indiano-arabe e della terminologia guerresca e militare che ne accompagna le regole di gioco.

Nell’Italia del XIII-XIV secolo praticare il gioco degli scacchi era considerato alla stregua del frequentare l’anticamera del vizio e della perdizione, in linea con quanto sostenuto dal colto ecclesiastico Alessandro di Neckam (1157-1227) il quale, nell’opera De naturis rerum, descrivendo, in un capitolo specifico, la storia e le regole del gioco, metteva in guardia i praticanti e i semplici curiosi e interessati sul fatto che fomentasse le passioni disordinate. Nel Cinquecento si assiste ad una piena rivalutazione del gioco degli scacchi, con la netta separazione dai “giochi di fortuna”, come le carte o i dadi, e la riabilitazione tra i passatempi onesti di laici e religiosi.

Inoltre, all’interno della letteratura medico-fisiologica, ed in particolare quella relativa all’equilibrio e squilibrio degli umori, la pratica degli scacchi acquisì la nobile dignità di esercizio terapeutico utile a moderare le passioni e di simulazione guerresca: un significato politico-sociale cui allude chiaramente anche l’opera del Ducco.

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GIAMBATTISTA LOLLI Il giuoco incomparabile degli scacchi, sviluppato con nuovo metodo per condurre chiunque colla maggiore facilità dai primi elementi sino alle finezze più magistrali, Venezia, S. Occhi, 1773 [3a F.VII.48]

GIAMBATTISTA LOLLI Il giuoco incomparabile degli scacchi sviluppato con nuovo metodo, Venezia, S. Occhi, 1812 [6a CC.IX.9] GIAMBATTISTA LOLLI Osservazioni teorico pratiche sopra il giuoco degli scacchi, Bologna, Stamperia di S. Tommaso d’Aquino, 1763 [3a F.III.25]

Le Osservazioni teorico pratiche sopra il giuoco degli scacchi del Lolli rappresentano uno dei primi testi di esposizione della teoria del gioco attraverso l’analisi delle posizioni; al suo interno si trovano, infatti, analizzati 100 “partiti pratici”, cioè finali di partita, e svariati “partiti di sottilità”, cioè problemi. WILHELM HEINSE Anastasia und das Schachspiel. Briefe aus Italien, Frankfurt aM, Warrentrapp, 1803 L’opera del Lolli fu molto apprezzata nel corso dell’Ottocento; parte di essa, compresi 33 problemi, ebbe la singolare sorte di essere trasfusa in questo romanzo epistolare di Wilhelm Heinse (1749-1803).

Dal romanzo prende il nome la mossa (in realtà già descritta da Damiano) cosiddetta “matto di Anastasia”, che si verifica quando un Cavallo controlla due case di fuga del Re avversario attaccato da una Torre o dalla Regina.

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INDICE Introduzione 2 Bibliografia essenziale 3 1. Giochi da campo 5 2. Tra carte e pedine: giochi da tavolo 9 3. Giochi di prestigio e di abilità 15 4. Il “nobil giuoco” degli scacchi 19 Il “nobil giuoco” degli scacchi nella Brescia rinascimentale 20

Libri in Vetrina

HOMO LUDENS Libri di gioco nelle collezioni antiche

della Biblioteca Queriniana

A cura di

Ennio Ferraglio Maddalena Piotti

Con la collaborazione di

Manuela Di Mauro e Michele Martinengo

Biblioteca Queriniana, Atrio antico

1 luglio – 31 agosto 2018

Testi: EF, MP Foto: EF

Allestimento: MDM e MM