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CATALOGO FILOSOFIA AGGIORNAMENTO 2015/16

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CATALOGO

FILOSOFIA AGGIORNAMENTO

2015/16

CCAARRLLOO SSIINNII

JJAACCQQUUEESS DDEERRRRIIDDAA

PPAAUULL RRIICCOOEEUURR

EEMMMMAANNUUEELL LLÉÉVVIINNAASS

MMIIGGUUEELL AABBEENNSSOOUURR

GGIIAANNFFRRAANNCCOO DDAALLMMAASSSSOO

SSIILLVVAANNOO PPEETTRROOSSIINNOO

IILL CCAATTAALLOOGGOO DDII FFIILLOOSSOOFFIIAA

CCAARRLLOO SSIINNII Ha insegnato per trent’anni Filosofia Teoretica all’Università degli Studi di

Milano.

Accademico dei Lincei e membro di altre accademie e istituzioni italiane e

straniere, ha tenuto conferenze, corsi di lezioni e seminari negli Stati Uniti, in

Canada, Argentina, Spagna e altri paesi europei. Per oltre un decennio ha

collaborato con le pagine culturali del “Corriere della Sera” e collabora tuttora

con la stampa, la RAI e la Radiotelevisione svizzera. È autore di una quarantina

di volumi, alcuni tradotti in varie lingue.

CARLO SINI OPERA OMNIA

CODICE ISBN TITOLO

97-888-16-41243-9 LA SOLIDARIETA’ DELLE PRATICHE € 35,00

97-888-16-41232-3 IL FOGLIO-MONDO € 38,00

97-888-16-41178-4 SPINOZA O L’ARCHIVIO DEL SAPERE € 38,00

97-888-16-41111-1 TRANSITO VERITA’ € 78,00

OPERA COMPLETA € 189,00

IILL PPEENNSSIIEERROO DDEELLLLEE PPRRAATTIICCHHEE

Gli scritti raccolti in questo secondo tomo del volume dedicato al Pensiero delle pratiche riprendono sotto una

nuova luce temi centrali nel lavoro dell’Autore sin dagli anni Settanta e Ottanta. Da un lato è in questione la

relazione tra semiotica ed ermeneutica; da un altro lato il pensiero delle pratiche e la sua relazione col tema

della scrittura. Il punto di approdo è quella declinazione etica del conoscere e della funzione genealogica della

filosofia che assume, nei lavori qui presentati, i tratti seducenti e sconcertanti del salto nell’abisso. Il pensiero

delle pratiche dissolve infatti i punti di appoggio consolidati nella tradizione filosofica e impone di slanciarsi

verso forme inedite del filosofare, non per amore di novità, ma di verità. Come già era emerso nel percorso

«abissale» di Archivio Spinoza (in Opere, vol. IV, tomo I), vita e sapere si intrecciano in modalità

essenzialmente problematiche e nondimeno feconde. Qui l’intreccio assume come tema una domanda

tipicamente gnoseologica: come è possibile la corrispondenza di mente e mondo, che è la condizione stessa

del conoscere? Questa domanda è il filo rosso che lega strettamente Idoli della conoscenza con Gli abiti, le

pratiche, i saperi e con i sei testi, più recenti e più antichi, raccolti nelle Appendici.

Il percorso siniano si snoda dalle questioni epistemologiche e cosmologiche kantiane, peirceane, einsteiniane e

putnamiane al senso profondo della rivoluzione darwiniana, rivisitata con aperture e materiali radicalmente

nuovi. Centro ideale e banco di prova del percorso è la lunga indagine dedicata alla nascita dell’autocoscienza,

ricondotta alla progressiva solidarietà di pratiche emergenti e retroflesse, sino a un chiarimento che ambisce a

presentarsi come definitivo. In una parola, il cammino di Sini si configura qui come comprensione

genealogica della conoscenza e come sua traduzione in una occasione etica.

IILL FFOOGGLLIIOO MMOONNDDOO

La questione della scrittura, che occupa una posizione cruciale nella filosofi a di Sini e alla quale è

interamente dedicato il terzo volume delle sue Opere, negli scritti raccolti in questo secondo tomo del volume

viene affrontata nella prospettiva inedita di ciò che l’Autore chiama «foglio-mondo». Con questa espressione,

liberamente mutuata da Charles Sanders Peirce, Sini si riferisce anzitutto al segreto della soglia filosofica e

alle peculiarità della sua scrittura. Le trasformazioni storiche che l’hanno caratterizzata da Pitagora a Socrate e

Platone, da Aristotele sino a Kant e a Hegel, culminano nel tentativo di trascrivere la verità del mondo nelle fi

gure ultimative del logos concettuale: tentativo che sempre di nuovo ripropone l’incolmabile cesura fra la vita

del sapere e le sue transeunti scritture. Il foglio-mondo diventa allora, più in generale, metafora di ogni sapere

in quanto evento di scrittura ed elaborazione nascosta dei suoi mutevoli supporti, vanamente tesi a

circoscrivere il mondo dal quale si originano e nondimeno efficaci e irrinunciabili nell’inscrivere percorsi di

vita nel mondo a cui appartengono. La seconda parte del libro e le Appendici ripensano in questa luce l’eredità

fenomenologico-ermeneutica, pervenendo a un confronto critico con Husserl e Heidegger e con i loro

cammini fruttuosamente aporetici. In tale confronto, a metà fra il congedo e il passaggio di testimone, la soglia

filosofica si apre infine a una nuova avventura: quel pensiero delle pratiche che sarà il tema generale del

quarto volume delle Opere.

SSPPIINNOOZZAA OO LL’’AARRCCHHIIVVIIOO DDEELL SSAAPPEERREE

Con il quarto volume delle Opere ci si affaccia su quella rivoluzione metodologica e tematica che prende il

nome di «pensiero delle pratiche». I successivi cammini della filosofia siniana ne saranno segnati in modo

decisivo, ma qui ciò che emerge in primo piano è il vivente percorso di gestazione da cui ha avuto origine tale

svolta.

Questo primo tomo del volume mostra infatti in presa diretta il lavoro didattico di Sini, offrendo una rara

testimonianza del metodo di ricerca che ne caratterizza l’impianto e lo stile espositivo.

In Spinoza o l’archivio del sapere assistiamo così alla magistrale organizzazione di un corso di lezioni che trae

dall’idea dell’archivio e dal libero riferimento alla filosofia spinoziana una originale esemplarità relativa ai

rapporti fra la costruzione del sapere e la vita, il soggetto filosofico e la verità. Nelle sette Appendici veniamo

invece accompagnati lungo i percorsi simultanei e paralleli nei quali il lavoro di ricerca ha trovato la sua

sedimentazione in forme espositive più tradizionali. L’Introduzione, come sempre in forma di intervista, si

focalizza sul contesto entro il quale il «pensiero delle pratiche», inteso come esercizio filosofico, è venuto

delineandosi, in dialogo critico con l’ermeneutica del Novecento. Al centro di tale dialogo emerge il compito

di una ricomprensione dell’intero sapere moderno segnato dalla rivoluzione copernicana.

«L’approdo a Spinoza veniva dopo anni dedicati al confluire, nel mio lavoro, della ispirazione ermeneutica e

di quella semiotica, ma era anche una ripresa della battaglia di Husserl contro il naturalismo delle scienze,

estesa da Paci al dogmatismo del marxismo ufficiale. Spinoza non ha bisogno di “fondare” i procedimenti

della scienza moderna. La sua adesione al copernicanesimo e a Galileo nasce dalla consapevolezza che le

pratiche della scienza potenziano le nostre conoscenze e le nostre azioni e in questo senso rendono più felici.»

(Carlo Sini)

TTRRAANNSSIITTOO VVEERRIITTÀÀ

Il quinto volume delle Opere di Carlo Sini è interamente dedicato al cammino delle Figure dell’enciclopedia

filosofica. Esso è scandito dai sei Libri che individuano le scienze fondanti del sapere occidentale,

genealogicamente ricostruite in base al «pensiero delle pratiche», che è il perno della proposta teoretica

dell’Autore. Le sei scienze (metafisica, psicologia, etologia, antropologia, cosmologia, pedagogia) non sono

considerate nella prospettiva della loro attuale, canonica codificazione concettuale e metodologica di saperi

costituiti. L’indagine si rivolge piuttosto al loro radicamento nel terreno di quelle concrete pratiche di vita, di

parola, di scrittura che ne hanno motivato la nascita: un radicamento che custodisce il loro senso originario,

sovente emarginato o nascosto (e quindi in gran parte dimenticato) proprio dalle decisioni istituzionali dei

saperi costituiti come verità pubbliche. La scelta delle sei scienze guida è puntualmente motivata nella

Avvertenza e nell’Introduzione che, in forma di intervista, apre anche questo volume delle Opere. Qui

l’Autore, rispondendo alle domande della Curatrice, ricostruisce il portato storico della visione enciclopedica

del sapere e il contesto del suo personale incontro, relativamente a questo tema, con il pensiero di Aristotele,

Hegel, Husserl, Peirce e Paci. Il senso generale del sapere inteso come «enciclopedia» si specifica per Sini in

un cammino articolato in nove figure, che si ripetono, variando, in ognuna delle sei scienze, a loro volta

caratterizzate da sei differenti forme espositive: l’analogia, lo specchio, lo stacco, il teatro, il racconto, il

sogno. L’intreccio tematico e stilistico di queste forme permette, nella Postfazione di Cambria, una lettura

trasversale di Transito Verità, dalla cui trama complessa emerge il ritmico aprirsi all’incontro con la verità del

mondo tradotta in esercizio di pensiero. Un esercizio teorico dei corpi (nelle prime tre scienze paradigmatiche)

che si traduce in pratica dei corpi in esercizio (nelle successive tre). Si delineano così un’etica del sapere e una

politica dell’esperienza che inaugurano il ritorno a casa delle scienze europee: ritorno alla filosofia che le ha

generate e che con esse si dispone, in una produttiva metamorfosi, al loro futuro destinale.

NOVITA’ 2016

CODICE ISBN TITOLO

97-8881-16-41331-3 INIZIO € 15,00

97-888-16-40676-6 LE ARTI DINAMICHE. FILOSOFIA E PEDAGOGIA € 18,00

97-888-16-40675-9 RACCONTARE IL MONDO. FILOSOFIA E COSMOLOGIA € 16,00

97-888-16-40658-2 L’ORIGINE DEL SIGNIFICATO. FILOSOFIA ED

ETOLOGIA € 18,00

97-888-16-40581-3 LA SCRITTURA E IL DEBITO € 15,00

97-888-16-41279-8 IL PENSIERO IN PRATICA (a cura di F. Cambria) € 9,00

97-888-16-41193-7 INCONTRI € 12,00

97-888-16-41156-2 IL SAPERE DEI SEGNI € 12,00

97-888-16-41110-4 DEL VIVER BENE € 15,00

97-888-16-43114-0 IL COMICO E LA VITA € 16,00

Prezzo di copertina € 153,00

JJAACCQQUUEESS DDEERRRRIIDDAA (1930-2004) ha insegnato prevalentemente a Parigi e negli Stati Uniti e ha

ottenuto lauree honoris causa in molte Università del mondo. Riconosciuto come

uno dei maggiori filosofi del nostro tempo, ha prodotto lavori che sono stati

tradotti in una decina di lingue e che sono stati oggetto di convegni e incontri in

Francia, Italia, Germania, Inghilterra, Canada, Stati Uniti e Giappone. Tra le

sue opere principali, pubblicate da Jaca Book e più volte ristampate,

ricordiamo: La voce e il fenomeno. Introduzione al problema del segno nella

fenomenologia di Husserl (1968); Della grammatologia (1969); La farmacia di

Platone (1985); Introduzione a Husserl. L'origine della geometria (1987); La

disseminazione (1989); Il problema della genesi nella filosofia di Husserl

(1992); Memorie per Paul de Man (1995); Il segreto del nome (1997); Addio a

Emmanuel Levinas (1998); Paraggi. Studi su Maurice Blanchot (2000); Donare la morte (2002); Ogni volta

unica, la fine del mondo (2005); Economimesis. Politiche del bello (2005); L'animale che dunque sono

(2006); Psiché. Invenzioni dell'altro, 2 voll. (2008-2009); Seminario. La bestia e il sovrano (2009-2010).

da enciclopedia Treccani

Di formazione fenomenologica, studioso di Nietzsche, Heidegger e Levinas, della psicoanalisi e dello

strutturalismo, fu uno dei protagonisti del pensiero della "differenza".

VITA E PENSIERO

Professore di Filosofia all'Ecole Normale Supérieure di Parigi, tra i fondatori del Collège International de

Philosophie, dal 1984 è stato directeur d'études all'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi.

Negli anni Settanta e Ottanta del Novecento ha insegnato a lungo nelle università statunitensi (Johns

Hopkins e Yale University), influenzando i critici impegnati nel dibattito sul postmoderno e sul

decostruzionismo. La sua riflessione, sviluppando il problema heideggeriano della "differenza ontologica", ha

proposto una critica radicale della metafisica e del postulato di una gerarchia fondante di significati (pensiero

e verità, ragione e logos). Alla "de-costruzione" del logocentrismo metafisico si accompagna la revisione del

"fonocentrismo", in particolare del tentativo dello strutturalismo di concepire il linguaggio sul modello della

voce, riducendo la scrittura a sua funzione derivata. La scrittura è oggetto della "grammatologia", che non è

scienza positiva, ma prosecuzione di quel più ampio progetto di "decostruzione", che si pone ora il compito di

accedere all'essere come differenza. Con i suoi caratteri di "traccia" e costitutiva differenzialità, con il suo

prestarsi a interpretazioni che estendono all'infinito il gioco della significazione, la scrittura esibisce

esemplarmente la "differenza" dell'essere e l'impossibilità di qualsiasi progetto di totalizzazione del sapere.

L'essere appare così non come una "presenza" da cogliere nella sua pienezza, o come quell'orizzonte che

avvolge i singoli enti, restando loro irriducibile (Heidegger), ma come un qualcosa di inafferrabile nella sua

totalità, privo di qualsiasi forma di identità, perché già in sé stesso differente da sé.

PPSSYYCCHHÉÉ

vol.1: Recitano i dizionari che la parola occasione porta dentro di sé un rimando al caso,

all’accidente, a ciò che è fortuito, ma simile connotazione, spesso giudicata

negativamente, mette in ombra quanto si lega costitutivamente all’occasione: l’incontro.

I saggi raccolti nel primo volume di Psiché. Invenzioni dell’altro, sono stati raccolti e

ordinati da Jacques Derrida proprio intorno all’idea che l’altro, in qualunque modo lo si

incontri, è sempre occasione di un incontro in cui percorsi e pensieri, domande e

sollecitazioni si raccolgono nell’unità di un’esigenza insieme fondante e ambigua:

giocare fino in fondo e senza protezioni la questione della verità.

Una verità inseguita e invocata, stanata e instancabilmente interrogata attraverso

conferenze, studi, brani di corrispondenza in cui mittente e destinatario scoprono – non

senza difficoltà – di parlare una lingua che li supera entrambi per condurli sempre altrove rispetto a piani e

progetti: si tratti di Roland Barthes o Lévinas, di psicoanalisi o di metafora, di impossibile definizione del

«decostruzionismo» o di Platone, Derrida «prende la parola» nel senso letterale dell’espressione (vale a dire

assumendo la responsabilità verso l’altro a cui si parla), e lascia che essa parli anche (e, forse, soprattutto) al

di là di intenzioni o desideri.

È per questa ragione che i saggi qui riuniti sono molto più e molto altro di una semplice raccolta: in essi –

come dichiara l’autore nella breve Introduzione – si viene tratteggiando una «teoria discontinua» in cui i testi

si richiamano e si corrispondono a partire dai «nomi propri» che ne innervano il procedere: amici, uomini o

donne, lontani o vicini, viventi o meno, conosciuti o sconosciuti, si tratta sempre dei protagonisti di

un’invenzione in cui la scoperta si intreccia con la creazione e l’appello con la risposta.

Appello e risposta in cui Derrida si sorprende destinatario dei suoi stessi destinatari: entrambi legati da un

unico destino. Il destino del pensiero e della domanda.

vol.2: Alle radici della decostruzione: la sfida, etica e politica, suscitata dall'altro

Il termine decostruzione, solitamente associato all’opera di Jacques Derrida, è forse uno

dei più equivocati della filosofia del Novecento, e sembra ancora lontano il tempo in cui

si giungerà a una piena comprensione di quanto abbia prodotto e produca ben al di là

delle semplificanti formule a cui lo si è spesso ridotto. In questo secondo volume

di Psyché. Invenzioni dell’altro è possibile verificare in che senso la decostruzione non è

né un’analisi né una critica tecnicamente intese come scomposizioni padroneggiabili, ma

un esercizio del pensiero che si produce come lettura esigente e rigorosa, capace di

svelare le domande e le genealogie insospettate o nascoste che hanno strutturato e

legittimato la tradizione filosofica occidentale. I saggi qui radunati - inaugurati dall’ormai famosa (ma non per

questo conosciuta)Lettera a un amico giapponese - interrogano Heidegger, Kant, Michel de Certeau e

attraversano campi del sapere quali l’architettura, la storia, la teologia, il diritto e la politica, imponendo a

ciascuno la radicale presa in carico dei non sempre dichiarati o consapevoli moventi epistemologici, politici,

culturali che innervano i loro gesti e le loro procedure. Senza scorciatoie o facili contaminazioni, dunque, si

profilano domande che la filosofia pone anzitutto a se stessa e agli statuti metodologici che hanno segnato la

sua storia, perché, se pure si tratta sempre di «disfare, scomporre, desedimentare delle strutture» senza cedere

a consolatorie iconoclastie o a ornamentali nichilismi, si dovrà tuttavia riconoscere che la radice politica del

pensiero - e in particolare del pensiero filosofico - consiste in quell’impossibile accoglienza che è il «sì che

apre la domanda e che sempre si lascia presupporre da essa, un sì che afferma prima di essa, al di qua o al di là

di ogni domanda possibile». È qui che, sottratto a ogni calcificazione ideologica, si avvista un senso

dell’alterità generativa dei legami che spiazza e modifica il nostro modo di rappresentarceli.

LLAA FFAARRMMAACCIIAA DDII PPLLAATTOONNEE

«A me sembra che vi siano almeno tre ragioni per ritornare ancora su queste

pagine, per leggere o rileggere ancora questo saggio scritto quaranta anni fa e che

può ormai essere considerato un classico della filosofia contemporanea.

Innanzitutto esso è senza alcun dubbio un esempio magistrale di lettura ed

interrogazione di un testo filosofico; anche se al termine della lettura si arrivasse a

non condividere alcuna delle tesi interpretative proposte dal filosofo francese, non

si può non riconoscere il rigore, l’acribia e la fecondità di questo modo di leggere,

sollecitare la riflessione altrui e praticare la filosofia che non cade mai nell’ingenua

sterilità – una vera trappola per tutti coloro che si sforzano di riflettere – di

intendere il pensiero e l’atto stesso del pensare come un campo di battaglia sul

quale confliggono tesi opposte [...]. In secondo luogo il saggio di Derrida è

un’analisi serrata, e a mio modesto avviso per certi aspetti ancora insuperata, di un

punto centrale del pensiero platonico che tuttavia alcuni, a epoche determinate e in

genere la domenica, hanno finito per ridurre alla semplice contrapposizione tra

oralità e scrittura. Se si ha la pazienza di leggere e di seguire la lettura derridiana ci si accorgerà che la posta in

gioco nella riflessione che Platone articola a proposito del mito del dio Theut e dell’invenzione della scrittura

va ben al di là della difesa di un particolare mezzo espressivo, l’oralità, coinvolgendo invece la natura del

pensiero e l’atto stesso di pensare. In terzo luogo questo saggio del ’68 resta centrale anche all’interno

dell’amplissima produzione derridiana di cui l’insistenza sul concetto di indecidibilità (e il pharmakon è un

indecidibile) è senza alcun dubbio uno dei tratti costanti e costitutivi (non sarebbe difficile dimostrare il nesso

essenziale che lega queste pagine sul pharmakon a pagine più recenti che Derrida ha scritto sull’aporia e sullo

statuto paradossale, se così posso esprimermi, di esperienze come quelle della testimonianza, del dono,

dell’ospitalità ed ultimamente della responsabilità)».

(dall’introduzione di Silvano Petrosino)

AADDDDIIOO AA EEMMMMAANNUUEELL LLEEVVIINNAASS

Questo libro costituisce la terza principale tappa della lettura derridiana dell’opera di Levinas. Sviluppatosi

lungo un arco di tempo di più di trent’anni, il confronto di Derrida con il pensiero

lévinassiano ha avuto un suo primo momento di sintesi nel 1964 con la

pubblicazione dell’importan¬ te saggio Violence et métaphysique, è proseguito

nel 1980 con la pubblicazione dell’articolo En ce moment meme me voici,

giungendo così nel 1997 ai due contributi raccolti nel presente volume. Queste tre

date – che separano intervalli di anni quasi simmetrici, anni durante i quali il

rinvio di Derrida al pensiero lévinassiano è stato costante e sempre più profondo –

ritmano un confronto intellettuale tra i più fecondi nel panorama filosofico

contemporaneo.

Attraverso una lettura di Totalità e Infinito e della tematica dell’ospitalità in esso

trattata – tutto il testo di Derrida si muove attorno alla seguente affermazione di

Lévinas: "Essa [l’intenzionalità, la coscienza-di] è attenzione alla parola o

accoglienza del volto, ospitalità e non tematizzazione" –, Addio ripercorre e si

lascia interrogare da alcune questioni di fondo che l’opera lévinassiana ha posto alla filosofia: il rapporto

etica-diritto, la nozione di giustizia, la figura del terzo, il tema della responsabilità etica e della decisione

politica, il nesso ospitalità/femminilità, la nozione di volto, ecc. Fedele e ammirata, e proprio per questo

serrata e a volte severa, la lettura di Derrida qui proposta muove da un giudizio che non avrebbe potuto essere

più solenne: "Qui non posso e neppure vorrei tentare di misurare qualche parola sull’opera di Emmanuel

Lévinas. Non se ne vedono nemmeno più i confini tanto è ampia (...) Si può prevedere con certezza che secoli

di letture vi si dedicheranno. Già ora, ben oltre la Francia e l’Europa, ne abbiamo mille segni tutti i giorni,

attraverso le tante opere nelle più diverse lingue, le molte traduzioni, i tanti corsi universitari, le conferenze,

ecc.; si potrà certo dire che il risuonare di questo pensiero ha cambiato il corso della riflessione filosofica del

nostro tempo, e della riflessione sulla filosofia

DDEELLLLAA GGRRAAMMMMAATTOOLLOOGGIIAA

Questa nuova edizione italiana di Della grammatologia, aggiornata e rivista nei

suoi riferimenti bibliografici rispetto all’edizione del 1969, ripropone oggi lo stesso

rigore e la stessa passione di un approccio non accademico al sapere. Non

accademico nel senso di difficilmente inquadrabile in termini disciplinari e

polemico con chi non si interroga sulle condizioni del proprio gesto di pensiero.

Si tratta di un rigore e di una passione che la storia di questi trent’anni ha messo

alla prova di modo radicale. Il termine traccia e il termine scrittura, entrati in

circolo nel clima filosofico insieme al termine de-costruzione, sono forse oggi

meno equivocabili nel loro rapporto con lo stile di pensiero che li produce.

La ricchezza di materiale che in questo testo viene presentata ha lo scopo

inesorabile di chiarire il movimento di produzione? sorta di piega generativa? che è

all’opera nel concetto di segno e coinvolge l’io come attore della significazione.

Da Saussure alle teorie linguistiche, da Lévi-Strauss al Saggio sull’origine delle

lingue di Rousseau, dalle teorie moderne della scrittura a Vico, viene disegnato un approccio alla strategia del

discorso filosofico che spiazza sia il dibattito sull’ermeneutica sia una nostalgia fenomenologico-ontologica

che non si misuri effettivamente con la genesi del suo linguaggio.

LLAA BBEESSTTIIAA EE IILL SSOOVVRRAANNOO 22 VVOOLLUUMMII

Una monumentale opera filosofica: l'avvio dei seminari completi di Jacques Derrida

vol:1 Come noto, Jacques Derrida dedicò gran parte della propria vita all’insegnamento: prima alla Sorbona,

poi, per una ventina d’anni, presso l’École normale supérieure di rue d’Ulm e infine, dal 1984 alla morte,

presso l’École des hautes études en sciences sociales, oltre che in molte università nel mondo (regolarmente

negli Stati Uniti). Presto aperto al pubblico, il suo seminario richiamò un uditorio vasto e plurinazionale.

Nonostante molti dei suoi libri prendano spunto dal lavoro che conduceva, questo rimane una parte originale e

inedita della sua opera. Con il presente volume inauguriamo quindi una vasta impresa: la pubblicazione di

questi seminari. A partire dal 1991, presso l’EHESS, con il titolo generale di Questions de responsabilité,

affrontò le questioni del segreto, della testimonianza, dell’ostilità e dell’ospitalità, dello spergiuro e del

perdono, della pena di morte. Infine, dal 2001 al 2003, tenne quella che doveva essere non la conclusione, ma

l’ultima tappa di questo seminario, che prese il titolo di La bête et le souverain. Ne pubblichiamo qui la prima

parte: l’anno 2001-2002. In questo seminario Jacques Derrida affronta, per dirla con parole sue, una ricerca

sulla «sovranità», «la storia politica e onto-teologica del suo concetto e delle sue figure», ricerca presente da

molto tempo in molti dei suoi libri, in particolare in Spectres de Marx (1993), Politiques de l’amitié (1994)

eVoyous (2003). Questa ricerca sulla sovranità incrocia un altro grande motivo della sua riflessione: il

trattamento, sia teorico che pratico, dell’animale, di ciò che, in nome di un «proprio dell’uomo» sempre più

problematico, viene chiamato abusivamente, al singolare generale, «animale», sin dall’alba della filosofia e

ancora ai giorni nostri. Partendo dalla celebre favola di La Fontaine, Il lupo e l’agnello, nella quale confluisce

una lunga tradizione di pensiero sui rapporti tra forza e diritto, tra forza e giustizia, a monte e a valle, in una

minuziosa analisi dei testi di Machiavelli, Hobbes, Rousseau, Schmitt, Lacan, Deleuze, Valéry o Celan,

Derida tenta «una sorta di tassonomia delle figure animali del politico» e della sovranità, esplorando così le

logiche che ora determinano la sottomissione della bestia (e del vivente) alla sovranità politica, ora svelano

una sconcertante analogia tra la bestia e il sovrano, così come tra il sovrano e Dio, che condividono una

posizione in qualche modo esterna rispetto alla "legge" e al "diritto".

Vol. 2: Nel 2001-2002, Derrida proseguiva le sue ricerche intorno alla sovranità dello Stato-nazione e del suo

fondamento onto-teologico-politico. Un’ampia riflessione -testimoniata nel primo volume de La bestia e il

sovrano- che da questo momento si sarebbe rivolta verso le grandi questioni della vita animale: quella

dell’uomo «animale politico », diceva Aristotele, e quella delle «bestie» - e del trattamento,

dell’assoggettamento della «bestia» da parte dell’«uomo». In questo secondo volume tale lavoro giunge alle

sue estreme conclusioni modulandosi in una paziente lettura di due testi qualificati come «più eterogenei

possibili»: da una parte Robinson Crusoe, l’opera di finzione di Daniel Defoe, e, dall’altra, il seminario tenuto

da Martin Heidegger nel 1929- 1930 "Concetti fondamentali della metafisica. Mondo - finitezza - solitudine".

LLAA VVOOCCEE EE IILL FFEENNOOMMEENNOO

L'opera che ha inaugurato la decostruzione. Un classico della filosofia contemporanea «Durante gli anni che seguirono, circa dal 1963 al 1968, cercai di dare forma - in

particolare nei tre lavori pubblicati nel 1967 - a ciò che non doveva in alcun modo essere

un sistema, ma una specie di dispositivo strategico aperto sul suo proprio abisso, un

insieme non chiuso, non chiudibile e non totalmente formalizzabile di regole di lettura,

d’interpretazione, di scrittura...». Così confessa Derrida; gli anni a cui egli si riferisce

sono quelli dominati dallo strutturalismo e dalle indagini sulla natura del segno, sullo

statuto del testo, sul rapporto tra linguaggio e potere. Con i tre volumi ricordati La voce e

il fenomeno, Della grammatologia (trad. it. Jaca Book, 1968 e 1969) e La scrittura e la

differenza (trad. it. Einaudi, 1971), il filosofo intervenne in questo dibattito cercando di

individuare, all’interno di un sistema che finisce sempre per concepirsi come chiuso e

autosufficiente, le tracce di quelle contaminazioni che, più che distruggerlo, lo

decostruiscono e così facendo anche lo aprono e lo sollecitano verso una scena - in verità la stessa all’interno

della quale ogni esperienza umana fin da principio drammaticamente si muove - che non è mai stata e mai

potrà essere concepita come una mera struttura. In queste pagine, attraverso un confronto serrato con la

fenomenologia di Husserl, le ragioni di una simile sollecitazione sono individuate con un’originalità e un

rigore tali da rendere La voce e il fenomeno un classico della filosofia contemporanea.

AALLTTRRII TTIITTOOLLII IINN CCAATTAALLOOGGOO

CODICE ISBN TITOLO

97-888-16-41310-8 PENSARE AL NON VEDERE (NOVITA’ IN

PRENOTAZIONE) € 30,00

97-888-16-37101-9 L’ANIMALE CHE DUNQUE SONO € 26,00

97-888-16-41229-3 LA PENA DI MORTE € 30,00

97-888-16-40894-4 LA BESTIA E IL SOVRANO, SEMINARI VOL 1 € 46,00

97-888-16-40895-1 LA BESTIA E IL SOVRANO, SEMINARI VOL 2 € 46,00

97-888-16-40836-4 PSYCHE’. L’INVENZIONE DELL’ALTRO VOL. 1 € 46,00

97-888-16-40837-1 PSYCHE’. L’INVENZIONE DELL’ALTRO VOL. 2 € 40,00

97-888-16-37118-7 LA FARMACIA DI PLATONE € 17,00

97-888-16-40469-4 ADDIO A EMMANUEL LEVINAS € 18,00

97-888-16-40708-4 ECONOMIMESIS. LE POLITICHE DEL BELLO € 10,00

97-888-16-40669-8 OGNI VOLTA UNICA, LA FINE DEL MONDO € 34,00

97-888-16-40602-5 DONARE LA MORTE € 16,00

97-888-16-37004-3 LA VOCE E IL FENOMENO € 18.00

97-888-16-40442-7 DELLA GRAMMATOLOGIA € 37,00

97-888-16-40187-7 INTRODUZIONE A “L’ORIGINE DELLA GEOMETRIA DI

HUSSERL € 24,00

Prezzo di copertina € 438,00

PPAAUULL RRIICCOOEEUURR

Paul Ricoeur, scomparso nel maggio 2005, nasce a Valence (Drôme) il 27

febbraio 1913. Compie i suoi studi di filosofia prima all’Università di Rennes,

poi alla Sorbona. Mobilitato nel 1939, viene fatto prigioniero e nel campo

comincia a tradurre con Mikel Dufrenne Ideen i di Husserl. Dal 1945 al 1948

insegna al Collège Cévenol di Chambon-sur-Lignon; nel 1949 succede a Jean

Hyppolite sulla cattedra di filosofia a Strasburgo, e nel 1956 a Bayer sulla

cattedra di filosofia generale alla Sorbona. Amico di Emmanuel Mounier,

collabora assiduamente alla rivista «Esprit». Alcuni dei suoi interventi più

significativi sono stati raccolti nel volume Histoire et Vérité (1955). Dal 1966

al 1970 sceglie di insegnare nella nuova Università di Nanterre, di cui è

rettore per un anno in una stagione difficile, dal marzo 1969; negli ultimi anni

ha insegnato alla Divinity School dell’Università di Chicago.

Ad eccezione dei suoi primi scritti (Gabriel Marcel et Karl Jaspers. Philosophie du mystère et philosophie du

paradoxe, 1948; Philosophie de la volonté. i, Le Volontaire et l’Involontaire, 1950), tutte le altre opere di

ampio respiro sono state tradotte in italiano.

RRIIFFLLEESSSSIIOONN FFAATTTTAA

«Il titolo scelto per questo saggio di autocomprensione sottolinea i due tipi di limite cui l’impresa è sottoposta.

In primo luogo, l’aggettivo intellettuale avverte che l’accento principale sarà posto sullo

sviluppo del mio lavoro filosofico e che saranno richiamati soltanto quegli eventi della

mia vita privata che sono suscettibili di illuminarlo. In secondo luogo, parlando di

autobiografia tengo conto delle trappole e dei difetti che attengono al genere. Una

autobiografia è, innanzitutto, il racconto di una vita; come una qualsiasi opera narrativa,

essa è selettiva e, pertanto, inevitabilmente angolata. Inoltre, una autobiografia è, in

senso vero e proprio, un’opera letteraria; a questo titolo essa riposa sullo scarto talora

benefico, talaltra nocivo, fra il punto di vista retrospettivo dell’atto di scrivere, di

inscrivere il vissuto, e lo svolgimento quotidiano della vita; proprio questo scarto

distingue l’autobiografia dal giornale. Infine, un’autobiografia riposa sull’identità, e

dunque sull’assenza di distanza fra il personaggio principale del racconto, che è se stesso,

e il narratore, che dice io e scrive alla prima persona singolare» (Paul Ricoeur).

Insieme a La critica e la convinzione, il testo di Ricoeur che qui presentiamo si dimostra originale rispetto

all’insieme della sua opera e affascinante per l’intreccio fra vita e pensiero. Come in un racconto - il racconto

della sua vita - Ricoeur ci parla delle tensioni, intellettuali, pratiche e spirituali, che annodano le fila del suo

lavoro, lasciandoci quasi visivamente percepire la scaturigine dei problemi che lo hanno occupato e attorno ai

quali tanti discepoli si sono raccolti nel mondo.

LLAA MMEETTAAFFOORRAA VVIIVVAA

Esistono, accanto ai linguaggi che constatano, descrivono, ordinano dei fatti, altri linguaggi - come quelli

poetici, simbolici, religiosi - che ricorrono soprattutto alla metafora e sono linguaggi di

ridescrizione e di metamorfosi della realtà. Una tradizione consolidata, quella retorica,

considera tali linguaggi come esclusivamente rivolti alla persuasione appunto mediante

gli artifici retorici. Questi linguaggi ad alto valore ornamentale non avrebbero valore

informativo, di referenza alla realtà.

È possibile superare questa lettura retorica della metafora e giungere a una lettura

poetica, cioè considerare la metafora come strategia linguistica capace di dare conto

della creazione di un nuovo significato, come linguaggio di rivelazione? A questo

interrogativo rispondono gli studi che costituiscono il presente volume: mostrare che i

linguaggi metaforici non sono carenti di un vero rapporto con la realtà, anzi sono

linguaggi portatori di una sovrabbondanza di senso. Il linguaggio poetico-metaforico,

proprio perché non vuole mostrare la realtà come è, cancella il mondo come complesso di oggetti disponibili,

manipolabili, e apre nuove dimensioni della realtà. Tentare di mostrare la legittimità di tali linguaggi vuol dire

aprire al linguaggio umano, e all’uomo, altre vie che non sono quelle della dominazione: dominazione delle

cose, dei segni ridotti alla loro funzione strumentale. L’esperienza metaforica rovescia il mio rapporto abituale

con il linguaggio e con la realtà: non sono più io a dominare l’universo dei segni, è la parola che mi reclama e

mi interpella.

TTEEMMPPOO EE RRAACCCCOONNTTEE 33 VVOOLLUUMMII

Vol 1: Mai forse Paul Ricoeur aveva affrontato un campo così vasto come in quest’opera. Non solo perché

sulla stessa problematica al presente volume ne segue un altro e poi un terzo, ma per ciò che egli stesso

definisce come «il carattere temporale dell’esperienza umana». Così Ricoeur ne parla in una intervista

rilasciata a «Le Nouvel Observateur»: «Esiste tra l’attività di raccontare una storia e il carattere temporale

dell’esperienza umana una correlazione necessaria e universale. In altri termini il tempo diviene ‘tempo

umano’ nella misura in cui è articolato in un racconto; e d’altro canto, il racconto raggiunge il suo pieno

significato quando diviene una condizione dell’esperienza temporale. Il tempo è un aspetto dei movimenti

dell’universo. Se non ci fosse nessuno per contare gli intervalli non ci sarebbe tempo. L’attività del racconto

consiste nel costruire degli insiemi temporali: configurare il tempo».

La storia è protagonista della teoria della narratività esposta in questo primo volume, il secondo passerà dalle

regioni del racconto storico a quelle del racconto di fiction—dall’epopea al romanzo moderno—, il terzo ha

per obiettivo di mantenere le promesse formulate nei primi due e di mostrare come i due tipi di racconto—lo

storico e quello di pura inventiva—concorrano a riplasmare una esperienza fenomenologica del tempo.

Tempo e racconto si apre con una doppia prospettiva: la prima ci porta verso la meditazione sul tempo di

sant’Agostino, la seconda verso la teoria del racconto di Aristotele. Le due prospettive vengono tessute

dall’autore in una trama di pensiero secondo cui il tempo diviene tempo umano nella misura in cui è articolato

in un racconto. Il racconto raggiunge il suo pieno significato quando diviene una condizione dell'esperienza

temporale. Il tempo è un aspetto dei movimenti dell'universo.

Vol. 2: Il secondo volume di Tempo e racconto dovrebbe essere letto in stretta unità col primo. Anzi l’autore

avrebbe desiderato farne un unico volume. Entrambi I tomi stanno sotto il segno di un duplice obiettivo.

In primo luogo tentare di superare la contrapposizione tra «spiegare» e «comprendere», spinto dalla

persuasione che «spiegare di più vuol dire comprendere meglio». Contro la diffusa tendenza a separare e

contrapporre scienze della natura (spiegare) e scienze dello spirito (comprendere), in questi due primi tomi

Ricoeur si impegna a ristabilire un fecondo dialogo tra storia e narratività. In entrambi gli ambiti che sono

rispettivamente oggetto del primo e del secondo volume, logica della spiegazione e logica della comprensione

sono chiamate a integrarsi.

Il secondo obiettivo è di spessore ontologico. Già ne La metafora viva , Ricoeur affrontava il problema della

legittimità di un «verità metaforica». Allora si trattava di restituire la metafora al mondo—scoprendone la

referenza al reale—e in tal modo riscoprire il mondo come abitabile, quel mondo che abitiamo poeticamente.

Analogamente in questi due tomi: la riscoperta del raccontare ha come correlato ontologico il tempo ritrovato.

Gli «intrighi» narrativi sono il mezzo privilegiato mediante il quale noi riconfiguriamo la nostra esperienza

temporale confusa e, al limite, muta.

Nel solco della famosa affermazione di Benjamin, «Non si racconta più perché non c’è più un’esperienza da

condividere», Ricoeur esplora quell’intreccio di sorpresa e di ordine che è al fondo di ogni attività narrativa.

Vol. 3: Con Il tempo raccontato Paul Ricoeur conclude il vasto trittico inaugurato dal primo volume di Tempo

e racconto; porta a compimento quello che può essere considerato il suo opus magnum, ma anche una delle

più originali e brillanti opere degli anni ’80, dedicata al modo con cui lo spirito contemporaneo abbraccia il

mondo circostante, tesa, sulla scorta degli studi dell’autore sull’interpretazione e sul senso, a tentare di

analizzare il nostro costante sforzo di lettura del reale.

Questo affresco imponente era iniziato (nel volume 1) con il riferimento ad Agostino e ad Aristotele, con cui

l’autore esponeva la sua teoria della capacità umana d’integrare in una storia eventi multipli e dispersi,

approdando al percorso filosofico di una riflessione sul destino del pensiero storico. Il secondo volume - La

configurazione nel racconto di finzione - ci mostrava, attraverso esempi tratti da Virginia Woolf, Thomas

Mann e Marcel Proust, che storia e fiction poggiano in definitiva su uno stesso modello di configurazione del

tempo attraverso il racconto.

Questo terzo e ultimo volume rimette in scena quelli che erano stati i tre protagonisti dei due libri precedenti:

la storiografia, la teoria letteraria del racconto di finzione e la fenomenologia del tempo.

Ma il dibattito si sposta questa volta dal lavoro di configurazione temporale interna al racconto al potere di

quest’ultimo di «rifigurare», ovvero di chiarire e trasformare, l’esperienza quotidiana del tempo. Dopo aver

indicato come ogni riflessione filosofica sbocchi in una incircoscrivibile aporetica del tempo, l’autore mostra

come la poetica del racconto possa rispondere a queste impasses del pensiero con le risorse congiunte e

intersecantisi della storia e della fiction. Una risposta che non risolve i paradossi della speculazione filosofica,

ma ad essi replica attirandoli in un nuovo spazio di tipo creativo.

AALLTTRRII TTIITTOOLLII IINN CCAATTAALLOOGGOO

CODICE ISBN TITOLO

97-888-16-37134-7 SE’ COME UN ALTRO € 39,00

97-888-16-41224-8 RIFLESSION FATTA € 16,00

97-888-16-37002-9 LA METAFORA VIVA € 44,00

97-888-16-40165-5 TEMPO E RACONTO VOLUME 1 € 28,00

97-888-16-40183-9 TEMPO E RACONTO VOLUME 2 € 24,00

97-888-16-40217-1 TEMPO E RACONTO VOLUME 3 € 34,00

97-888-16-40396-3 IL CONFLITTO DELLE INTERPRETAZIONI € 38,00

97-888-16-40244-7 DAL TESTO ALL’AZIONE € 27,00

97-888-16-40349-9 CONFERENZE SU IDEOLOGIA E UTOPIA € 27,37

97-888-16-40437-3 LA CRITICA E LA CONVINZIONE € 19,63

97-888-16-40156-3 LA SEMANTICA DELL’AZIONE € 14,98

Prezzo di copertina € 311,98

EEMMMMAANNUUEELL LLÉÉVVIINNAASS

Emmanuel Lévinas nasce a Kaunas, in Lituania, il 12 gennaio 1906. Studia

alle Università di Strasburgo e di Friburgo in Brisgovia, e successivamente

insegna alla Scuola Normale Israelita Orientale di Parigi (1946-1961) e alle

Università di Poitiers (1964-1967), di Paris-Nanterre (1967-1973) e alla

Sorbona (1973-1976), dove resta come professore emerito fino al 1979.

Muore a Parigi il 25 dicembre 1995.

Presso la Jaca Book sono uscite alcune delle sue opere principali: Totalità e

infinito; Altrimenti che essere o al di là dell'essenza; Di Dio che viene

all'idea; Dio, la morte e il tempo; Tra noi. Saggi sul pensare all'altro;

Nell'ora delle nazioni. Letture talmudiche e scritti filosofico-politici; La

teoria dell'intuizione nella fenomenologia di Husserl; Difficile libertà. Saggi

sul giudaismo.

Su Lévinas, presso la Jaca Book, è uscita la biografia di Salomon Malka, Emmanuel Lévinas. La vita e la

traccia (2003)

AALLTTRRIIMMEENNTTII CCHHEE EESSSSEERREE

Tredici anni dopo "Totalità e Infinito" (1961) Lévinas scrive Altrimenti che essere e

ritorna sulle tematiche di fondo affrontate nell’opera del ’61; ma Altrimenti che

essere... non è la semplice continuazione o un’appendice di Totalità e Infinito. Questo

testo riprende la trama di Totalità e Infinito, ma la sviluppa, la organizza secondo

andamenti e con una profondità che lo scritto del ’61 non conosceva. Interpretare la

soggettività come pazienza, passività, uno-per-l’altro, esposizione, espiazione, ostaggio,

come responsabilità per altri e ultimamente come sostituzione è l’oggetto di questo

libro, il cui fine è quello di mettere in questione il riferimento della soggettività

all’Essenza e di «trovare all’uomo una parentela diversa da quella che lo lega

all’essere». Intrecciando il tema della soggettività umana con quello della trascendenza,

Lévinas critica un primato dell’essere e cerca così un senso alla trascendenza al di là

dell’ontologia; Altrimenti che essere è l’opera in cui questa critica è condotta alle sue estreme possibilità, fin

laddove la filosofia cessa di porre e di pensare il (e di ridursi al) problema dell’essere e del suo detto per

aprirsi alla dinamica dell’altrimenti e dell’al di là.

Per il rigore del suo pensiero e per il lavorio della sua scrittura Altrimenti che essere può essere definita come

l’opera fondamentale della riflessione di Lévinas.

NNEELLLL’’OORRAA DDEELLLLEE NNAAZZIIOONNII

I testi raccolti nel volume permettono di scoprire o ritrovare i temi principali dell’opera

filosofica di Lévinas attraverso un diverso approccio o in una differente modulazione: alla

cinque “letture talmudiche”, tenute dal 1981 al 1986 durante i Colloqui degli intellettuali

ebrei di lingua francese, si aggiungono testi consacrati all’esegesi rabbinica, al problema

della “kenosi”, al rapporto ebraismo-cristianesimo, alla feconda presenza, nel pensiero

occidentale, di autori come Franz Rosenzweig o Moses Mendelssohn. Chiude il volume

un’intervista con Françoise Armengaud sulla genesi della filosofia levinasiana.

LLAA TTEEOORRIIAA DDEELLLL’’IINNTTUUIIZZIIOONNEE

Nel 1930 l’allora giovane filosofo si misurò con le opere di Husserl, formulando un’opera

che è all’origine della fenomenologia francese. Egli scelse una direzione di ricerca del

tutto autonoma, eticamente orientata, in virtù della quale la fenomenologia appare come

una “filosofia della libertà”.

CODICE ISBN TITOLO

97-888-16-37139-2 TOTALITA’ E INFINITO € 29,00

97-888-16-40112-9 ALTRIMENTI CHE ESSERE € 21,00

97-888-16-40533-2 NELL’ORA DELLE NAZIONI € 19,63

97-888-16-40608-7 LA TEORIA DELL’INTUIZIONE € 19,00

97-888-16-40171-6 DI DIO CHE VIENE DALL’IDEA € 19,00

Prezzo di copertina € 107,63

MMIIGGUUEELL AABBEENNSSOOUURR

ABENSOUR MIGUEL è uno tra i maggiori filosofi francesi viventi. E' professore

emerito di Filosofia politica all'Université Paris VII. E' in particolare conosciuto

per la sua riflessione attorno a temi della politica, della democrazia e dell'utopia.

Tra le sue opere ricordiamo: De la compacité: Architecture et régimes

totalitaires (1997) e Pour una philosophie politique critique (2009), entrambe in

traduzione presso Jaca Book.

NNOOVVIITTÀÀ 22001166

CODICE ISBN TITOLO

97-888-16-41338-2 LA COMUNITA’ POLITICA € 30,00

97-888-16-41166-1 DELLA COMPATTEZZA € 9,00

97-888-16-37015-9 PER UNA FILOSOFIA POLITICA CRITICA € 40,00

97-888-16-40953-8 HANNA ARENDT CONTRO LA FILOSOFIA POLITICA? € 9,00

Prezzo di copertina € 88,00

DDEELLLLAA CCOOMMPPAATTTTEEZZZZAA

«L’ombra inquietante di Albert Speer tornerà a ossessionarci? Sembrerebbe che

l’avversione per l’architettura moderna sia così forte presso alcuni da sconvolgerne lo

spirito al punto da far provare loro ammirazione, se non addirittura una venerazione

senza scrupoli o rimorsi, nei confronti dei monumenti e di tutta l’opera di Speer. A voler

credere a costoro, l’opera dell’architetto di Hitler costituirebbe un modello per

l’architettura pubblica dei tempi nostri e di quelli a venire. Il nazionalsocialismo di Speer,

la sua partecipazione ai massimi gradi dell’impresa hitleriana - Hitler pensò a un certo

punto di farne il proprio delfino - non sarebbero che elementi contingenti, secondari, che

si potrebbe agevolmente mettere da parte, o tra parentesi, allo scopo di riscoprire, sotto

la cortina ideologica, l’autentico nucleo architettonico». Così inizia questo breve e

pregnante testo di filosofia politica ed estetica di Miguel Abensour.

«È necessario imparare a trovare tra queste forme, in questa architettura che impartisce ordini, che mira a

dominare o, peggio, ad annientare, il legame con il potere nazista. Piuttosto che vedervi un’architettura

pubblica, dobbiamo sapervi riconoscere, come scriveva T.W. Adorno, un’opera ‘della stessa marca della

musica d’accompagnamento con cui le SS amavano coprire le grida delle loro vittime’». Abensour si richiama

a Elias Canetti e a Hannah Arendt: compattezza dell’architettura, compattezza delle masse, totale eteronomia

dell’umano.

Il totalitarismo, da qualsiasi epoca o movimento prenda in prestito gli elementi stilistici, produce

un’architettura inscindibile dal suo progetto di totale e inedito dominio sull’umano. Totale è perciò la

compattezza fra i totalitarismi e le loro architetture.

PPEERR UUNNAA FFIILLOOSSOOFFIIAA PPOOLLIITTIICCAA CCRRIITTIICCAA La filosofia politica di Miguel Abensour si definisce «critica» perché non smette mai di

interrogarsi sul problema del dominio e della servitù volontaria, che spinge gli uomini ad

accettarlo. In queste pagine compare inoltre una dimensione utopica e si presta molta

attenzione a coloro che - per usare le parole di Marx - hanno saputo dar vita

all’«espressione immaginativa di un mondo nuovo». In forme diverse, e attraverso

l’analisi delle opere di Claude Lefort, Hanna Arendt, Pierre Leroux ed Emmanuel

Levinas, Abensour propone un confronto serrato fra democrazia e utopia: entrambe sono

considerate una via d’uscita, un’evasione verso l’alterità, al di là della compatta opacità

del potere, che ha trovato la sua drastica espressione nei totalitarismi del Novecento e

riaffiora nei governi neoautoritari dell’Europa attuale. La democrazia non può essere

pensata che come insorgenza al di là dei poteri istituiti e critica radicale dell’ordine

esistente, restituendo al termine il significato rivoluzionario che aveva alle sue origini e strappandolo alla

banalizzazione corrente.

HHAANNNNAAHH AARREENNDDTT CCOONNTTRROO LLAA FFIILLOOFFOOFFIIAA PPOOLLIITTIICCAA??

Per Miguel Abensour "filosofia politica" è un termine paradossale, un tentativo di unire

due concetti contraddittori. Ripercorrendo il pensiero di Arendt, egli si chiede piuttosto

se "filosofia" e "politica" non appartengano a tradizioni differenziali e alternative. Arendt

amava definirsi più uno "scrittore politico" che un "filosofo", in grado di costruire un

sistema teorico della politica... In questo libro illuminante Abensour rintraccia i

fondamenti della tradizionale ostilità della filosofia alla politica e alla vita indeterminata

e caotica della pòlis. Questa è infatti dominata dal principio imprevedibile ed opposto

dell'essere-per-la-nascita, dall'irruzione di eventi incondizionati, di inizi indominabili:

l'essere inaugurale produce "l'apertura di un'infinità di possibili, capaci di far sorgere il

nuovo nel mondo".

GGIIAANNFFRRAANNCCOO DDAALLMMAASSSSOO Gianfranco Dalmasso è nato nel 1943. Si è occupato del pensiero francese

contemporaneo e ha introdotto la conoscenza del pensiero di Derrida in Italia con le

traduzioni di La voce e il fenomeno (Jaca Book, 1968, 2ª ed.1984) e di Della

grammatologia (Jaca Book, 1969, 2ª ed. aggiornata 1998). Dai problemi del soggetto

del discorso e della genesi del significato nel dibattito sul nichilismo i suoi interessi si

sono rivolti alla questione della struttura della razionalità in rapporto all’etica nel

pensiero greco ed agostiniano e, più recentemente, nel pensiero di Hegel.Tra le sue

opere: Il luogo dell’ideologia (Jaca Book, 1973); La politica dell’immaginario.

Rousseau/Sade (Jaca Book, 1977); Il ritorno della tragedia. Essere e inconscio in

Nietzsche e in Freud (Franco Angeli, 1983); La verità in effetti. La salvezza

dell’esperienza nel neo-platonismo (Jaca Book, 1997). Ha curato: Di-segno. La

giustizia nel discorso (Jaca Book, 1985); La decostruzione. Testualità ed interpretazione (ets, 1990); La

passione della ragione (Jaca Book, 1992).

È professore ordinario di Filosofia Teoretica nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bergamo.

CCHHII DDIICCEE IIOO

RRAAZZIIOONNAALLIITTÀÀ EE NNIICCHHIILLIISSMMOO La questione del nichilismo, di una sfiducia etica nell’esistenza e nella praticabilità di un

ordine razionale della realtà, sembra oggi imprigionata dal perimetro di un dibattito tra

‘visioni del mondo’. Pessimismo, ottimismo, metafisica, scetticismo, fede, ragione...

Sono reali queste opposizioni? In che discorso si situano? Il nichilismo, più che una

visione di ‘valori’ tra loro confrontabili, non è forse pensabile come sintomo di un

malessere del pensiero? Sia il compiaciuto elogio della finitezza, sia il rimpianto per

stagioni di verità forti e indiscutibili sembrano censurare il rapporto dell’io

dell’esperienza con il proprio sapere/sapersi: si tratta di riduzioni - spesso inconsapevoli

e/o ingenue - della razionalità a benessere della ragione. Un interrogativo più radicale

sulla razionalità è circolato nella tradizione occidentale: tale razionalità consiste in un

dominio intellettuale sulle cose conosciute e sui loro rapporti, nella cui crisi salutare si

sarebbe innestata la problematica nichilista? O non piuttosto in una struttura attiva di legame che implica un

movente e un destinatario, un «da dove» e un «a chi»? Occorre riscoprire un senso classico, anche patristico,

di una razionalità non separabile dall’etica. Il problema dell’oggetto non è separabile dal luogo da cui si pone

la sua domanda, non è separabile dall’attore che domanda. Nella tradizione autentica dell’Occidente conoscere

è atto, implica non solo possesso, dominio, nella teoria come nella pratica: in gioco - prima di tutto - c’è una

domanda retroattiva sul soggetto, sul chi. E non può porla un’istanza a lato, morale, circa la verità ontologica

o politica del gesto. È la risorsa di un dire che muta.

AA PPAARRTTIIRREE DDAA JJAACCQQUUEESS DDEEEERRIIDDAA ((AA CCUURRAA DDII GGIIAANNFFRRAANNCCOO DDAALLMMAASSSSOO))

Se fosse possibile azzardare un paragone musicale quando si parla dei tanti contributi

critici che – nel corso del tempo – sono stati generati dall’opera di Jacques Derrida, si

dovrebbe ricorrere necessariamente al contrappunto, vale a dire al rapporto tra voci che

sono indipendenti rispetto al ritmo e interdipendenti rispetto all’armonia.

Il 12 e il 13 dicembre 2006, presso l’Università degli Studi di Bergamo, si è svolto un

convegno che ha messo alla prova la verità di tale polifonia e ha sviluppato linee di fuga

e passaggi tonali a partire da quattro parole – scrittura, decostruzione, ospitalità,

responsabilità – che, come note su un pentagramma, scandiscono il percorso filosofico di

uno dei maestri più importanti del Novecento.

Consapevoli del fatto che Derrida non amava celebrazioni o monumentalizzazioni, gli

studiosi che sono intervenuti (i quali, tra l’altro, appartengono a generazioni diverse),

non si sono chiesti soltanto che cosa Derrida può ancora darci, ma hanno cercato di

comprendere in che senso tutto ciò che lo concerne si gioca ora, avviene ora, vale a dire nella piena

corresponsabilità del suo gesto di lettura.

Non si tratta quindi di domandare a o su Derrida, ma di domandare con lui. Il nome che circola fra le quattro

parole derridiane oggetto del convegno può essere espresso, nel linguaggio tradizionale dell’Occidente, con il

termine libertà: accoglienza che ospita originariamente la natura dell’io. Questa nozione di libertà costituisce

una sorta di divisione non distruttiva, ma rimandante a un’origine altra, tutt’altra, ma insieme costitutiva

dell’io.

È dunque nello scarto tra divisione e origine che, come recita il titolo del volume, si può partire da Derrida,

vale a dire inventarlo, trovarlo e generarlo nel gesto, libero, di una ferita. Perché la ferita è ciò che sempre si

associa all’avvenimento, ciò senza di cui un avvenimento sarebbe impossibile.

CODICE ISBN TITOLO

97-888-16-41316-0 LA SOVRANITA’ IN LEGAME € 16,00

97-888-16-41295-8 HEGEL PROBABILMENTE € 16,00

97-888-16-40697-1 CHI DICE IO € 13,00

97-888-16-40418-2 LA VERITA’ IN EFFETTI € 12,39

97-888-16-40801-2 A PARTIRE DA JACQUES DERRIDA (A cura di G. Dalmasso) € 24,00

97-888-16-40301-7 LA PASSIONE DELLA RAGIONE € 7,75

97-888-16-40143-3 DI SEGNO. LA GIUSTIZIA NEL DISCORSO (A cura di G.

Dalmasso)

€ 10,85

97-888-16-40056-6 LA SOCIETA’ MEDICO-POLITICA € 5,68

97-888-1640055-9 IL CORPO INSEGNANTE E LA FILOSOFIA € 7,75

Prezzo di copertina € 113,42

SSIILLVVAANNOO PPEETTRROOSSIINNOO Silvano Petrosino insegna attualmente Semiotica e Filosofia Morale presso l’Università

Cattolica di Milano e Piacenza.

Studioso di filosofia contemporanea, si è occupato soprattutto del pensiero francese del

dopoguerra soffermandosi in particolare sul pensiero di E. Lévinas e J. Derrida.

Internazionalmente noto per i suoi studi sull'opera dei due filosofi francesi, ha tradotto

in italiano diversi loro testi, dedicando ai due pensatori due monografie,

successivamente tradotte anche in francese. E' uno dei più apprezzati filosofi italiani.

Oggetto dei suoi studi sono i legami tra la struttura della razionalità e la dimensione

morale dell’agire umano, l’indagine relativa alla struttura dell’esperienza con

particolare attenzione al rapporto tra la parola e l'immagine, il tema del luogo e

dell'abitare.

Tra le sue opere ricordiamo: Lo stupore (Interlinea, 1997); Jacques Derrida e la legge del possibile.

Un’introduzione (Jaca Book, 1997); L’esperienza della parola. Testo, moralità e scrittura (Vita e Pensiero,

1999); Il sacrificio sospeso. Lettera ad un amico (Jaca Book, 2000); Il dono (in collaborazione con P. Gilbert,

il melangolo, 2002); Babele. Architettura, filosofia e linguaggio di un delirio (il melangolo, 2003); Piccola

metafisica della luce (Jaca Book, 2004)

IILL SSAACCRRIIFFIICCIIOO SSOOSSPPEESSOO

Come ha potuto Dio chiedere ad Abramo il sacrificio del figlio Isacco? Come ha potuto

il Padre chiedere ad un padre il sacrificio del figlio? Intorno a questi interrogativi si

sviluppa un serrato confronto epistolare tra due amici che interpretano da prospettive

diverse il brano biblico di Genesi 22, uno dei più drammatici delle Sacre Scritture.

Esaurito da anni, ripubblichiamo, arricchito da un’Appendice inedita, un testo

affascinante che affronta un capitolo fondamentale della cultura dell’Occidente.

VVIISSIIOONNEE EE DDEESSIIDDEERRIIOO

Un classico degli studi sull'esperienza della luce e sul fenomeno ad essa connessa

dell'invidia. All'origine di questo studio vi è la convinzione che interrogarsi

sull'esperienza visiva è altra cosa dall'indagare la propagazione e la ricezione della luce a

partire dalle scienze, ad esempio dall'ottica o dalla psicologia della percezione. Il tema

dell'esperienza è infatti essenzialmente connesso alla figura del soggetto, e quest'ultimo è

drammaticamente in scena non solo come corpo senziente e come coscienza riflessiva e

riflettente, ma anche e soprattutto come soggetto al/del desiderio.

CCAAPPOOVVOOLLGGIIMMEENNTTII

Proseguendo l'indagine sul luogo (il luogo non è lo spazio) e sull'abitare (l'uomo esiste in

quanto abita), Petrosino affronta in questo testo il tema della casa e del nesso che lega

l'economia alla giustizia.

Anche in tale caso la questione di fronte alla quale la riflessione si trova con insistenza

ricondotta è quella relativa alla posizione del soggetto, quella che quest'ultimo si sforza

di assumere, ma anche e soprattutto quella ch'egli, al di là di ogni sua ingenua

convinzione, finisce in verità per assumere. «Non essere ingenui significa riconoscere

proprio questo: non c'è esperienza che possa definitivamente allontanare da sé fantasmi,

illusioni, sensi di colpa, autocensure e paure; di conseguenza non c'è calcolo economico

che possa del tutto escludere dalla propria ricerca di giustizia l'insistente rischio di quel

capovolgimento essenziale al termine del quale ci si trova di fronte alla perversione; anzi,

a tale riguardo non è affatto raro che proprio l'insistenza sulla prima abbia condotto e continui a condurre il

soggetto nei pressi della seconda.

Infatti, chi può negare che nel suo abitare l'uomo abbia spesso finito per costruire non una casa, ma una torre o

una prigione o una tana e talvolta perfino una tomba, dando così vita ad un'economia indifferente ad ogni

richiamo della giustizia? Giustizia e perversione dunque, e sempre intrecciate tra loro: anche per questa

ragione l'uomo non è mai un semplice vivente; anche per questa ragione l'uomo non è ancora veramente a

casa».

PPIICCCCOOLLAA MMEETTAAFFIISSIICCAA DDEELLLLAA LLUUCCEE

Prendendo le distanze da quello che ormai viene considerato come un semplice dato di

fatto, ovvero la caratterizzazione della nostra epoca come quella dell'immagine, il libro

di Petrosino si interroga sulla visione, proponendo una teoria generale dello sguardo

come momento e luogo in cui il soggetto risponde e reagisce, drammaticamente,

all'avanzare della luce.

Quello della visione è uno dei grandi temi della tradizione filosofica occidentale del cui

dibattito viene dato conto nella seconda parte del volume che raccoglie letture di autori

che a vario titolo si sono confrontati con il tema della luce e/o con quello dello sguardo:

Cusano, Hegel, Schopenhauer, Lacan, Goux, Dufrenne, Snell, Levinas, Debray ed altri.

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