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I Paesaggi del Vino Patrimonio Mondiale dell’Umanità di Langhe - Roero e Monferrato I Paesaggi del Vino di Langhe - Roero e Monferrato La Guida turistica e Culturale • Il Patrimonio • Le Componenti • Tradizione e Accoglienza • Le Strutture 1 Acqui Terme Nizza Monferr o zza Monferr Nizza Monf t Can C C ane C Barbaresco Grinzane Cavour Alba r olo B l B 3 4 5 6 Acqui Terme Nizza Monferrato Canelli Barbaresco Grinzane Cavour Alba Barolo 2 Casale C nferr M onferrato M f o t Casale Monferrato Collana Il Patrimonio Edizioni Mediagranda

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I Paesaggi del Vino Patrimonio Mondiale dell’Umanità di Langhe - Roero e Monferrato

I Paesaggi del Vino di

Langhe - Roero e Monferrato

La Guida

turistica e Culturale• Il Patrimonio

• Le Componenti

• Tradizione e Accoglienza

• Le Strutture

1

Acqui Terme

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Barbaresco

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I Paesaggi del Vino Patrimonio Mondiale dell’Umanità di Langhe - Roero e Monferrato

Presentare un progetto editoriale come questo e’ una questione di orgoglio

ed allo stesso tempo di responsabilita’ ed amore per un Territorio che vive uno

slancio straordinario a seguito del riconoscimento dei paesaggi vitivinicoli

di LANGHE-ROERO E MONFERRATO a Patrimonio dell’Umanita’ UNESCO.

Non si poteva attendere oltre per dare alla luce La Guida Culturale e Turistica

e grazie alla partecipazione delle Aziende e di tutti gli organismi territoriali

che hanno creduto nel progetto in mezzo a mille difficolta’, ma che ora ne

potranno apprezzare i contenuti, i testi, la grafica e le belle fotografie.

A riguardo un ringraziamento a tutti gli inserzionisti, all’agenzia Testa & Partners,

al fotografo Enzo Massa, alle redazioni, al Centro Studi sul Paesaggio culturale

delle Langhe e del Monferrato, ai Comuni ed alle associazioni culturali e turistiche

dei territori e al Consorzio delle Eccellenze di Langhe, Monferrato, Roero.

Questa pubblicazione gratuita, è distribuita presso importanti organismi quali

Enti Turistici, Tour Operator, Ambasciate e Centri Italiani di Cultura nel Mondo

oltre a fiere internazionali per essere un punto di riferimento della promozione

turistica del 50° Sito Italiano UNESCO. Un territorio unico, per sapori, grandi

vini, grande cucina, che non finisce mai di stupire, plasmato nei secoli dalla

fatica, con un risultato di una tradizione e di un sapere trasmessi, che costituiscono

il fulcro della struttura socio-economica del territorio.

Ci auguriamo di incontrare un consenso auspicato dai lettori e un incentivo a far

meglio per le prossime edizioni, che intendiamo realizzare con l’aiuto di tutti.

Edizioni MediaGranda.

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I Paesaggi del Vino

Patrimonio Mondiale dell’Umanità

di Langhe - Roero e Monferrato

• Le aree nominate dall’Unesco

La viticoltura, il paesaggio culturale

• Gli itinerari proposti

• La Bassa Langa

Descrizione e itinerario

La Langa del Barolo

Il Castello di Grinzane Cavour

Le Colline del Barbaresco

Il Piemonte e i suoi paesaggi del vino pag.006

pag.009

pag.013

pag.022

pag.025

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• L’alto Monferrato

Nizza Monferrato e il Barbera

Canelli e l'Asti spumante

Il Monferrato degli Infernot

• Oltre la nomina

Il Doglianese

L’Alta Langa

Alba

Asti

Acqui Terme

Casale Monferrato

Torino “La Capitale”

Gli altri siti Unesco Piemontesi

• Il basso Monferrato

• Il Roero

pag.085

pag.131

pag.167

Pag 177

Pag 185

Pag 191

Pag 196

Pag 202

Pag 207

Pag 210

Pag 218

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I Paesaggi del Vino Patrimonio Mondiale dell’Umanità

di Langhe - Roero e Monferrato

1. I paesaggi del vino patrimonio

dell’Unesco: Langhe-Roero e Monferrato

Questa guida si pone l’obiettivo di avvicinare un pubblico ancora più vasto ad un sistema collinare collocato al centro della Regione Piemonte e compreso all’interno dei limiti amministrativi delle province di Alessandria, Asti e Cuneo.Le colline di Langhe-Roero e Monferrato costituiscono un ambito fortemente omogeneo in quanto la secolare coltivazione della vite e la conseguente produzione del vino hanno rappresentato e rappresentano tutt’ora il principale fattore su cui ruota la vita sociale, culturale ed economica di questi luoghi e su cui si è modellato progressivamente il paesaggio. Nel complesso questa porzione territoriale contiene oltre il 90% dei vigneti della regione (pari a circa 43.000 ha). Qui si coltivano numerosi vitigni storicamente attestati nel territorio piemontese (Nebbiolo, Barbera, Moscato bianco, ecc..), dai quali si producono alcuni dei vini italiani più conosciuti al mondo, caratterizzati da un alto livello di qualità raggiunto grazie alla ricerca che alimenta una continua evoluzione sia in campo agronomico che enologico.Questo paesaggio, costituito da un sistema collinare dai profili dolci lungo cui si dispongono filari di vite a girapoggio, densamente popolato da cascine e nuclei rurali, piccoli villaggi d’altura, ha avuto nel giugno 2014 il riconoscimento di Patrimonio mondiale dell’umanità dall’UNESCO.

FOTOGRAFIA

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I Paesaggi del Vino Patrimonio Mondiale dell’Umanità di Langhe - Roero e Monferrato

L’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la

Cultura) si pone l’obiettivo di contribuire alla pace e la sicurezza dei popoli,

promuovendo la collaborazione tra i Paesi del mondo attraverso i canali dell'edu-

cazione, della scienza e della cultura. Uno dei compiti dell’UNESCO è quello di

incoraggiare l’identificazione, la protezione e la salvaguardia del patrimonio

culturale e naturale: esso rappresenta la storia e l’identità di ciascun popolo e

costituisce l’eredità del passato da trasmettere alle generazioni future.

La Lista del Patrimonio Mondiale comprende ad oggi più di mille siti; l’Italia è il

all’interno della Lista, un sito deve dimostrare di possedere un “eccezionale valore

universale”, ovvero esprimere un significato culturale e/o naturale talmente

rilevante da superare i confini nazionali e da essere di comune importanza per le

generazioni presenti e future. I siti scelti per costituire il Patrimonio Mondiale

sono selezionati infatti per le loro specifiche caratteristiche, che li rendono il

miglior esempio possibile del patrimonio culturale e naturale di tutto il mondo.

Entrare a far parte della Lista costituisce un riconoscimento a livello globale dello

straordinario valore culturale del luogo candidato che deve essere conservato e

trasmesso alle generazioni future.

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I Paesaggi del Vino Patrimonio Mondiale dell’Umanità

di Langhe - Roero e Monferrato

1. I paesaggi del vino patrimonio

dell’Unesco: Langhe-Roero e Monferrato

Un territorio unico nel panorama mondiale nel quale la sovrapposizione repentina dei crinali (nelle Langhe) o più dolce (nel Monferrato), dà origine a ricorrenti cambiamenti del punto di vista dell’osservatore, con una conseguente varietà e ampiezza visiva, nonché a una continua intervisibilità tra i centri urbani, i colli e le emergenze architettoniche verticali costituite dalle torri dei castelli, dai campanili e dalle facciate delle chiese barocche. Inoltre, le differenti tipologie di vitigno coltivate nell’area contribuiscono alla ricchezza percettiva, in quanto le foglie creano un suggestivo effetto cromatico, soprattutto nel periodo autunnale: si passa, ad esempio, dalle sfumature giallo-dorate del moscato, al rosso accesso del barbera, al vinaccia del dolcetto. Non da ultimo, un territorio connotato da un diffuso patrimonio di “luoghi del vino”, dai maestosi castelli del cuneese, alle cattedrali sotterranee di Canelli, agli infernot nel Basso Monferrato.Proprio queste chiavi di lettura, riconosciute dall’UNESCO, orienteranno l’articolazione della presente guida.

L’augurio sincero di chi ha collaborato alla stesura di questa guida è che il lettore possa scoprire uno dei mille aspetti ambientali, agronomici, paesaggistici, ma soprattutto umani che caratterizzano queste aree. E se come scriveva Pavese ne La luna e i falò, “Un paese ci vuole, non fosse che il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.”… allora ecco, che Langhe-Roero e Monferrato, luoghi in cui l’uomo ha conservato una tradizione millenaria, possano diventare anche un po’ il vostro paese.

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I Paesaggi del Vino Patrimonio Mondiale dell’Umanità

di Langhe - Roero e Monferrato

1. Le aree iscritte alla Word Heritage List

Cultura, economia, tradizione, lingua, gastronomia: tutto è profondamente legato al vino nei territori di Langhe, Roero e Monferrato. Un legame che nasce in tempi antichi per evolversi giorno per giorno fino a diventare il valore principale e indissolubile del territorio. Un valore talmente straordinario da diventare nel giugno 2014 il 50° sito italiano della Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO. Il sito iscritto si compone di 6 elementi principali “La Langa del Barolo” (1), “Il castello di Grinzane Cavour” (2), “Le colline del Barbaresco” (3), Nizza Monferrato e il Barbera” (4) e “Canelli e l’Asti spumante” (5) “Il Monferrato degli Infernot” (6), e si completa con una proposta di una zona tampone, posta a protezione al sito e dei suoi valori.

FOTOGRAFIA

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I Paesaggi del Vino Patrimonio Mondiale dell’Umanità di Langhe - Roero e Monferrato

Nel 1972 l'UNESCO ha approvato la “Convenzione Internazionale sulla tutela del patrimonio culturale e naturale del mondo”, secondo la quale un sito, per essere inserito all’interno della Lista del Patrimonio Mondiale, un sito deve presentare un

presenti e future. Il sito proposto per l’iscrizione deve soddisfare almeno uno dei 10 criteri stabiliti dall’UNESCO, rispondere ai requisiti di integrità e autenticità e distinguersi dai territori già iscritti sulla base di un’approfondita analisi comparativa.

rappresentativo di due criteri culturali. In primo luogo le colline di Langhe Roero e Monferrato illustrano un esempio eccezionale di interazione tra uomo e ambiente

-

connesso alla secolare volontà dell’uomo di ottenere le migliori condizioni possibili per la coltivazione della vite.Il secondo elemento chiave per la candidatura piemontese riguarda le testimonianze materiali prodotte dall’uomo nel corso dei secoli (criterio III). In particolare le molteplici forme insediative – nuclei urbani di pianura, villaggi di sommità e di crinale, frazioni e piccoli borghi rurali diffusi – ognuna caratterizzata da architetture emblematiche di un preciso momento storico. Ne sono un esempio i castelli medievali, così come le piazze e le parrocchiali barocche: tutti questi elementi costellano il paesaggio divenendo veri e propri fulcri visuali per chi osserva il panora-ma che si apre da uno dei numerosi punti di belvedere sparsi nel territorio.

I Criteri di iscrizione alla Word Heritage List

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I Paesaggi del Vino Patrimonio Mondiale dell’Umanità

di Langhe - Roero e Monferrato

1. Le aree iscritte alla Word Heritage List

Le sei aree iscritte sono, per un turista attento, una spiegazione univoca di come la cultura vitivinicola abbia disegnato nei secoli un paesaggio culturale. Tutto da queste parti parla e profuma di vino, ma ognuna di queste aree presenta una serie di particolarità distintive che la rendono unica all’interno della serie.

“La Langa del Barolo” (1), “Le colline del Barbaresco” (3), Nizza Monferrato e il Barbera” (4) e “Canelli e l’Asti spumante” (5) si riferiscono ciascuna a uno specifico sistema produttivo basato su un vitigno tradizionalmente attestato in Piemonte, strettamente legato a peculiari condizioni pedo-climatiche (terroir) idonee ad esaltarne le potenzialità produttive, da cui si origina un vino di altissima qualità.

“Il castello di Grinzane Cavour” (2), unitamente al vigneto sperimentale che si colloca alle sue pendici, è stato selezionato in quanto il manufatto ha svolto storicamente un ruolo di primo piano nello sviluppo dell’enologia piemontese e italiana e rappresenta il simbolo del legame tra la storia del vino e la storia d’Italia. Nel corso del XIX secolo fu infatti residenza di Camillo Benso Conte di Cavour, figura chiave per le vicende che portarono all’Unità d’Italia, che si dedicò a sperimentare nuove tecniche di vinificazione del vitigno nebbiolo con l’apporto di enologi italiani e francesi di fama mondiale.

“Il Monferrato degli Infernot” (6), completa il palinsesto di architettura vernacolare legata al ciclo del vino. In quest’area si concentrano infatti gli infernot, piccoli vani ipogei scavati con estrema perizia in un particolare materiale lapideo (la Pietra da Cantoni) che caratterizza il sostrato geologico di una specifica parte del Monferrato, utilizzati per la conservazione domestica delle bottiglie.

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I Paesaggi del Vino Patrimonio Mondiale dell’Umanità

di Langhe - Roero e Monferrato

2. La viticultura, il paesaggio culturale

Il vigneto domina il disegno del paesaggio, occupando per ampi tratti le dorsali collinari con filari disposti per lo più a girapoggio, ovvero seguendo l’andamento delle curve di livello. Tale disposizione, che caratterizza notevolmente la tessitura e l’impatto percettivo del paesaggio, si deve alla profonda conoscenza da parte dell’uomo delle attitudini dei suoli. Difatti tale tecnica fa sì che le radici delle vigne trattengano meglio il terreno, evitando fenomeni franosi e di dilavamento. L’inizio del filare è spesso caratterizzata dalla presenza di una pianta di rosa la cui presenza ha almeno due origini nella tradizione popolare. Si racconta che il contadino di queste terre sia così legato al proprio paesaggio da regalare alla terra e alla vista di chi si avvicina un elemento di bellezza. Altra visione, ben più prosaica, spiega che la pianta di rosa è utilizzata a difesa delle viti dai parassiti; il rosaio, infatti, preannuncia con qualche giorno di anticipo l’attacco della malattia chiamata “oidio della vite”, suggerendo al viticoltore il momento migliore per effettuare il trattamento atto a combattere la malattia. A margine delle vigne rimane ancora traccia dei canneti spontanei e dei filari di salici, tradizionalmente funzionali allo svolgimento di alcune pratiche agrarie: le canne vengono ancora in parte oggi utilizzate per sostenere le giovani piante di vite, mentre i rami di salice venivano utilizzati per la legatura dei tralci.

FOTOGRAFIA

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I Paesaggi del Vino Patrimonio Mondiale dell’Umanità

di Langhe - Roero e Monferrato

2. La viticultura, il paesaggio culturale

I vitigni più diffusi e caratterizzanti sono il Barbera da cui si producono i vini Barbera d’Asti DOCG e Barbera del Monferrato Superiore DOCG, il Moscato bianco da cui si producono l’Asti spumante DOCG e il Moscato d’Asti DOCG, e il Nebbiolo da cui si producono i vini rossi a lungo invecchiamento Barolo DOCG e Barbaresco DOCG. Il fatto di basare pressoché l’intera la produzione vinicola su vitigni “locali” rappresenta uno dei maggiori caratteri di peculiarità dell’area e di distinzione rispetto ad altre regioni viticole del mondo. Nel territorio di Langhe-Roero e Monferrato si produce un’ampia gamma di vini: rossi, bianchi, passiti e aromatici, spumanti. Fra questi, come già anticipato, le produzioni di altissima qualità e di più ampio riscontro internazionale si legano ai grandi vini rossi da invecchiamento (Barolo, Barbaresco e Barbera d’Asti) e allo spumante a base moscato (Asti). Attualmente il Piemonte è la regione italiana con il più alto numero di vini classificati come DOP – Denominazioni d’origine protetta e l’ambito di Langhe-Roero e Monferrato ingloba la maggior parte delle DOC e delle DOCG piemontesi, presentando 27 DOC e 13 DOCG.

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I Paesaggi del Vino Patrimonio Mondiale dell’Umanità di Langhe - Roero e Monferrato

Le operazioni hanno inizio generalmente in ottobre, quando si sparge il concime fra

scolo per la raccolta dell’acqua piovana. La delicata fase della potatura secca inizia dalla metà di gennaio (osservando il ciclo della luna, in quanto, secondo la tradizione contadina, per assecondare al meglio questo lavoro non deve trovarsi in plenilunio) e può protrarsi per tutto il mese di marzo; contemporaneamente si procede alla sostituzione delle palizzate danneggia-

spollonatura alla potatura verde che elimina i germogli non utili alla vite che non produrranno grappoli.

mantenere pulito il manto ai piedi delle viti e, se la stagione non risulta adeguata-mente soleggiata, si procede alla spampinatura, ovvero all’eliminazione delle foglie

In autunno la vendemmia, la cui data d’inizio può variare a seconda del vitigno, rappresenta da sempre il fulcro di un intero anno di lavoro e oggi come cento anni fa

lavoro profuso durante l’intero corso dell’anno. Tutti sono coinvolti nelle operazioni di raccolta delle uve: gli uomini che trasportano i carichi pesanti, le donne che con le mani minute possono raggiungere i grappoli nascosti nel denso fogliame, i bambini

Il Calendario della Vigna

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I Paesaggi del Vino Patrimonio Mondiale dell’Umanità di Langhe - Roero e Monferrato

occasione della vendemmia si radunano in molti presso una proprietà: gli amici e i parenti, che magari vivono in città durante l’anno raggiungono la campagna per

perché la vendemmia una volta iniziata non può essere interrotta e deve essere portata a termine, con qualsiasi tempo, sole o pioggia, per garantire la medesima qualità a tutte le uve raccolte e la maggior omogeneità al vino che ne sarà prodotto.

Il Calendario della Vigna

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I Paesaggi del Vino Patrimonio Mondiale dell’Umanità

di Langhe - Roero e Monferrato

3. Un patrimonio narrato

Le colline di Langhe e Monferrato possono a pieno titolo essere definiti luoghi letterari vista la cospicua produzione di poesia e narrativa da parte di artisti nati fra queste colline ed ispirata a queste terre. I temi ed i soggetti principali rimandano continuamente alla vite, al lavoro fra i filari e ai paesaggi di colline e castelli.L’area delle Langhe è direttamente interessata da uno dei più importanti fenomeni letterari nell’Italia del secondo Novecento, centrato su due figure-chiave di scrittori contemporanei: Beppe Fenoglio e Cesare Pavese. Entrambi usciti dall’esperienza del fascismo e della guerra, vissuti nell’Italia della ripresa economica e della costruzione democratica, sono testimoni di una letteratura di matrice regionalista che risponde al “richiamo del territorio”. Senza mai cadere nell’evocazione romantica e manierata della provincia italiana, il rapporto di questi autori con i paesaggi del Piemonte è simbolico e mitico, teso a evocare il mondo rurale nel suo fascino arcaico ma anche nei suoi conflitti e nelle sue contraddizioni. Questa letteratura si colloca, storicamente, proprio al passaggio tra il “passato immobile” del mondo contadino, quando queste terre erano sistemi chiusi ed economicamente arretrati, e l’avvento della modernità, che si traduce nell’arrivo dell’industria, nel richiamo della grande città (Torino) e nell’abbandono delle tradizioni rurali.

FOTOGRAFIA

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I Paesaggi del Vino Patrimonio Mondiale dell’Umanità

di Langhe - Roero e Monferrato

3. Un patrimonio narrato

Pavese tende al recupero degli elementi mitici e simbolici presenti nella civiltà contadina. Il ritorno ai luoghi dell’infanzia, alla vita autentica della campagna fatta d’immagini primordia-li segna il suo percorso letterario, come indica in una lettera indirizzata nel 1942 alla scrittrice Fernanda Pivano: “Ritrovarmi davanti e in mezzo alle mie colline mi sommuove nel profondo. Immagini primordiali come l’albero, la casa, la vite, il sentiero, il pane, mi si dischiudono e mi comunica-no un senso di straordinaria potenza fantastica”. E’ proprio il rapporto con la terra, con il lavoro, con la fatica degli uomini, che attraversa come un filo conduttore tutta l’opera di questo scrittore. In un brano de Il diavolo sulle colline (1949) il protagonista del romanzo cerca di spiegare ad una signora venuta dalla città questo legame indissolubile: “Ma perché lavorano la terra, se sono i padroni? – chiese la signora – Mi misi a spiegarle che questo era il bello, che soltanto lavorando la propria terra si è degni di viverci, e tutto il resto è servitù”.

Al centro della produzione letteraria di Beppe Fenoglio ritroviamo nuovamente i motivi della vita sulle colline, l’attenzione verso il deposito di memorie contadine radicato nel territorio, l’esperienza forte della guerra partigiana e delle liberazione. Il tema della lotta per la libertà, della violenza, del conflitto per l’affermazione della democrazia contro il nazi-fasci-smo sono elementi che mettono in luce l’impegno civile degli scritti di Fenoglio. E’ interessante ricordare un tratto biografico di Fenoglio, che mostra il rapporto forte alla base della sua riscoperta dei paesaggi locali: per tutta la vita il suo mestiere non fu quello di scrittore, ma lavorò come rappresentante in una ditta di produzione vitivinicola dell’Albese.Il Parco Paesaggistico e Letterario Langhe Monferrato e Roero (www.parcoletterario.it) nasce proprio per favorire la diffusione di questa letteratura e del suo rapporto strettissimo con la memoria storica dei luoghi. L’interesse non si limita agli scritti di Fenoglio e di Pavese, ma si estende ad altri autori che hanno saputo interpretare e diffondere i valori “forti” di queste terre quali Davide Lajolo, Giovanni Arpino e Augusto Monti.

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TRATTORIA I BERCAU

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foto su due pagine

“ Autunno

a Monforte ”

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• O

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I Paesaggi del Vino Patrimonio Mondiale dell’Umanità

di Langhe - Roero e Monferrato

4. Gli Itinerari proposti

Nel seguito della guida il sito UNESCO verrà organizzato secondo un suddivisione geografica che ne faciliti la fruizione.Avremo quindi la bassa langa che comprende tre componenti del sito UNESCO: La Langa del Barolo (componente 1), Il Castello di Grinzane Cavour (componente 2) e Le Colline del Barbaresco (componente 3) e che interessa i comuni di Barolo, Barbaresco, Castiglione Falletto, Diano d’Alba, Grinzane Cavour, La Morra, Monforte d’Alba, Neive, Novello e Serralun-ga d’Alba.

Continuando verso est arriviamo all’alto Monferrato (chiamato alto perché composto da rilievi di maggior altitudine) con le due aree denominate Nizza Monferrato e il Barbera (componente 4) e di Canelli e l'Asti Spumante (componente 5). Saranno approfonditi i comuni di Agliano, Calosso, Canelli, Castelnuovo Calcea, Mombercelli, Montegrosso, Nizza Monferrato, Santo Stefano Belbo, Vaglio Serra e Vinchio.

Infine il basso Monferrato con l’area denominata Monferrato degli Infernot (componen-te 6) che coinvolge i comuni di Camagna Monferrato, Cella Monte, Frassinello Monferrato, Olivola, Ottiglio, Ozzano Monferrato, Rosignano Monferrato, Sala Monferrato e Vignale Monferrato.

Per ognuna di queste tre aree geografiche verranno sintetizzati gli elementi irrinunciabili in una visita, così come saranno approfonditi, a livello comunale, i beni culturali principali.Particolare attenzione sarà dedicata ai “luoghi del vino”, a partire dalla fase agricola a quella di produzione, conservazione e distribuzione.

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I Paesaggi del Vino Patrimonio Mondiale dell’Umanità di Langhe - Roero e Monferrato

Si tratta di architetture di vario genere, legate da una comune versatilità che ha reso possibile l’integrazione tra i sistemi produttivi tradizionali e le più recenti soluzioni tecnologiche. Si parte dai piccoli ciabot sparsi nei vigneti per arrivare ai luoghi

agricoli o nei locali interrati di castelli, palazzotti nobiliari e monasteri dove storicamente si lavoravano le uve.

producono vini rossi da invecchiamento possiedono ambienti idonei a contenere le grandi botti di rovere dove avviene l’invecchiamento del prodotto, mentre le aziende produttrici di spumante sono caratterizzate dalla presenza di locali dove si dispongo-no gli autoclave in acciaio utilizzati per la fermentazione del mosto. La fase di conservazione del prodotto avviene generalmente all’interno degli spazi aziendali in locali espressamente dedicati tra cui ricordiamo le cantine realizzate nel sottosuolo da parte delle maggiori aziende spumantiere di Canelli, che per la straordinaria ampiezza degli ambienti voltati sono chiamate “cattedrali sotterranee”. Tuttavia nel territorio è presente un inestimabile patrimonio di architettura vernaco-

alla conservazione domestica delle bottiglie. Tali spazi vengono denominati general-

distinguono in quanto solamente scavati all’interno della Pietra da Cantoni.La fase di distribuzione avviene o presso l’azienda in punti vendita dedicati, o in luoghi esterni preposti alla vendita e alla promozione del prodotto quali Enoteche Regionali, le Botteghe del Vino e le Cantine Comunali oltreché in enoteche o vinerie

I LUOGHI DEL VINO

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I Paesaggi del Vino Patrimonio Mondiale dell’Umanità di Langhe - Roero e Monferrato

private. In particolare, le Enoteche Regionali hanno sede all’interno dei principali centri urbani all’interno di manufatti di pregio architettonico quali castelli o palazzi nobiliari, spesso restaurati e riconvertiti appositamente per svolgere tale funzione. Ad esempio, la prima Enoteca regionale del Piemonte ha sede nel pregevole castello di Grinzane Cavour, che fu dimora di Camillo Benso Conte di Cavour, mentre l’Enote-

-sco di grande pregio architettonico.

-no i sottoprodotti della lavorazione delle uve per ottenere prodotti spesso di alta qualità come grappe e distillati.

I LUOGHI DEL VINO

A chiusura della guida si è ritenuto importante dedicare uno spazio a quei territori limitrofi che o per caratteristiche simili (Alta Langa, Roero, Doglianese) o per la presenza di particolari punti di pregio storico-monumentale (le città di Alba, Asti, Acqui Terme, Torino) presentano per un turista culturale elementi di interesse, sempre ricordando che i paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato rappresentano un paesaggio vivente nel quale i confini amministrativi hanno spesso un senso molto relativo.

Un ultimo paragrafo sarà poi destinato ad una breve descrizione degli altri siti UNESCO presenti in Piemonte.

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I Paesaggi del Vino Patrimonio Mondiale dell’Umanità

di Langhe - Roero e Monferrato

2. LA BASSA LANGA

Il termine “Langhe” sta ad indicare il territorio collinare compreso tra i fiumi Tanaro e Bormida, con altitudini che si situano fra 450 e 800 metri. In particolare la zona della Bassa Langa si colloca fra il Tanaro a Nord e il Belbo a Sud, con quote genericamente

Barolo e il Barbaresco. In quest’area si trovano le prime tre componenti del sito UNESCO (Langa del Barolo, Castello di Grinzane Cavour e Colline del Barbaresco), caratterizzate da una viticoltura di tipo intensivo che identifica fortemente, anche dal punto di vista visivo, la trama del paesaggio.

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2. LA BASSA LANGA

Come arrivareL’automobile è il mezzo più indicato per raggiungere la zona e spostarsi tra le diverse località, dato che non tutte sono raggiungibili con mezzi pubblici. Esistono numerose compagnie di noleggio di auto o pulmini sia ad Alba che a Bra.

dalla A33 Asti-Cuneo prendere l’uscita Alba, dalla A6 Torino- Savona prendere l’uscita Marene.

L’aeroporto più vicino e che offre maggiori collegamenti è l’Aeroporto Internazionale di Torino

La stazione ferroviaria più vicina è quella di Alba, raggiungibile con numerosi collegamenti

Compagnie di autobus

A.T.I. Trasporti Interurbani S.p.A.

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2. LA BASSA LANGA

Cosa vedereLe tre componenti del Sito UNESCO comprese nel territorio della Bassa Langa sono visitabili nell’arco di due giornate.

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2. LA BASSA LANGA

Cosa vedereDurante prima giornata dedicatevi all’esplorazione della Langa del Barolo, le cui attrazioni culturali da non perdere sono: il Wine Museum di Barolo, il belvedere di La Morra (meglio recarvisi al pomeriggio in modo da non incorrere nella foschia che spesso si forma la mattina), il borgo medievale e il Castello di Serralunga d’Alba e il centro storico di Monforte d’Alba. Non mancate di prevedere la visita e la degustazione presso una delle tante aziende vitivinicole produttrici di Barolo. I borghi della zona sono collegati da piccole strade, spesso panoramiche, da percorrere lentamente per ammirare l’armonica trama del paesaggio vitato.

Iniziate la seconda giornata con la visita del Castello di Grinzane Cavour, che ospita il Museo delle Langhe e l’ Enoteca Regionale Piemontese Cavour, dove potrete acquistare i migliori vini di tutto il territorio. Proseguite spostandovi nelle Colline del Barbaresco, a partire dal centro storico di Neive fra i suoi splendidi palazzi di epoca barocca. Terminate la vostra visita a Barbaresco, salendo sulla sua imponente torre medievale a strapiombo sul Tanaro, da cui godrete di un ampio panorama sulle colline circostanti.

1day

2day

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di Langhe - Roero e Monferrato

2.1. LANGA DEL BAROLO

L’area comprende i territori comunali di Barolo, Castiglione Falletto, Serralunga d’Alba, La Morra, Monforte d’Alba, Novello e Diano d’Alba. Queste terre sono storicamente favorevoli alla coltivazione del vitigno Nebbiolo, da cui si produce il vino rosso Barolo, uno delle prodotti enologici piemontesi più conosciuti ed esportati a livello internazionale. Il territorio della componente rappresenta infatti il fulcro dell’area di produzione del Barolo DOCG.

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Il Nebbiolo è uno dei primi vitigni piemontesi ad essere citato nelle testimonianze

“Nubiolio” nell’area pedemontana. Già allora era considerato un vitigno di pregio e la

famiglie nobiliari piemontesi, grandi proprietarie di vigneti che vedevano un segno

Alberto costituì l’Agenzia di Pollenzo alla quale facevano capo diverse tenute con vigne coltivate a nebbiolo. In questi luoghi vennero compiuti passi molto importanti nella storia del successo del nebbiolo e dell’enologia del Piemonte.

-sco.

IL Nebbiolo

La Langa del Barolo è connotata da rilievi di modesta accentuazione, disposti in dorsali tendenzialmente parallele, ad andamento Nord-Sud, e divisi da vallecole poco profonde. Il paesaggio è scandito da un mosaico di appezzamenti vitati che si susseguono a perdita d’occhio, mentre nei punti meno favorevoli alla coltivazione della vigna si trovano ristrette macchie boschive. Nell’area sono presenti numerosi luoghi del vino relativi all’intera filiera produttiva del Barolo, tra cui spiccano alcune storiche aziende vitivinicole che hanno contribuito alla nascita e sviluppo di questo vino, quali i tenimenti di Fontanafredda apparte-nuti alla casa Reale dei Savoia e le proprietà della Famiglia Falletti di Barolo.

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Riconosciuto nel 1980 con la D.O.C.G., è prodotto dagli undici comuni (Barolo, Castiglione Falletto, Serralunga, La Morra, Novello, Monforte, Verduno, Grinzane Cavour, Diano d’Alba, Roddi) autorizzati a coltivare le pregiate uve “Michet”, “Lampia” e “Rosè” che sono considerate i frutti migliori del vitigno Nebbiolo. Lo sviluppo del Barolo si deve essenzialmente a Giulia Vittorina Colbert de Maulév-rier che nel 1806 sposa il marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo, divenendo così la celebre marchesa Falletti di Barolo. A quell'epoca, il fascino dei vini francesi - e in particolare quelli di Bordeaux e di Borgogna - era tale che in molte aree si cercava di imitarne il modello in modo da migliorare la qualità dei vini del luogo. Nel 1843, il conte Camillo Benso di Cavour - all'epoca sindaco di Grinzane - chiamò nelle sue

-ne di vini nelle cantine del castello. Grazie all'amicizia con il conte Cavour, la marche-sa Falletti di Barolo chiese consiglio all'enologo francese su come migliorare i vini della sua Cantina, nell'auspicio di renderli simili a quelli francesi. Louis Oudart individuò nella bassa temperatura le cause che conferivano al vino di Barolo la sua

completamente il sistema di produzione dei suoi vini, adottando i sistemi suggeriti da Oudart, introducendo tecnologie enologiche innovative che trasformarono per sempre il Barolo da vino dolce a grande vino secco, “il vino dei re, il re de vini”. Il successo fu clamoroso, tanto che anche il conte Cavour decise di convertire le cantine del suo castello di Grinzane alla produzione di questo “nuovo vino”. Il nuovo Barolo

entusiasmo per questo vino, tanto da convertire le sue tenute di Serralunga d'Alba alla produzione del celebre vino.

IL BAROLO

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La langa del Barolo

L’area è fortemente connotata dal punto di vista panoramico, con numerosi percorsi in cresta da cui si aprono visuali di grande valenza paesaggistica. I nuclei insediativi di Barolo, Serralunga d’Alba e Castiglione Falletto posseggono un’eleva-ta panoramicità e visibilità dai crinali circostanti, accentuati dalla presenza di manufatti quali castelli e chiese parrocchiali, collocati in posizione elevata all’interno di ciascun villaggio. La visuale sul paesaggio collinare e sui borghi storici è assai suggestiva dal belvedere di La Morra, uno dei punti panoramici più ampi dell’intero territorio.

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Il borgo di Barolo occupa una piccola conca protetta dai rilievi circostanti, coltivati quasi interamente a vigneto. La sua particolare posizione potrebbe essere proprio all’origine del nome “Barolo”, dal celtico “Bas reul” che significa “basso luogo”. Il piccolo villaggio ha origini medievali e si sviluppa lungo la strada principale che conduce al castello appartenuto un tempo alla famiglia Falletti di Barolo, oggi sede del Wine Museum e dell’Enoteca Regionale del Barolo. L’edificio, le cui prime attestazioni risalgono al X secolo, presenta una struttura irregolare organizzata intorno ad un torrione quadrato e il suo aspetto attuale è dovuto ad un significativo restauro ottocentesco.

Barolo

Il Wine Museum* (Piazza Falletti, 1) è stato inaugurato nel 2010 e può essere considerato il più innovativo museo del vino in Italia e uno tra i più importanti al mondo. L’allestimento rappresenta un vero e proprio viaggio attraverso la cultura e la tradizione del vino. Il percorso di visita è strutturato come una discesa in profondità nella cultura enologica: la suggestione di addentrarsi nei misteri e nei miti associati al tema del

dal clima, dalla terra, dalle stagioni, e, naturalmente, dalla profonda esperienza del contadino. Si passa poi alle sale dedicate al vino nella storia e nell'arte, in cucina e nel cinema, nella musica e nella letteratura, nei miti universali e nelle tradizioni locali. Il WiMu è anche un omaggio alla storia del castello e ai personaggi illustri che lo hanno abitato.

Il museo è aperto dal Lunedì alla Domenica con orario 10.30 - 18.00. Per informazioni e prenotazioni: Tel. + 39 0173 38 66 97

L’Enoteca regionale del Barolo1982 e vi aderiscono attualmente 195 produttori, selezionati da un’apposita commissione di degustazione.

17:00 e il sabato e la domenica dalle 10:00 alle 18:30. Il giorno di chiusura è il mercoledì.

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Nella piazza antistante il castello si trova la piccola chiesa parrocchiale dedicata a San Donato, il cui aspetto attuale risale alla prima metà del Settecento, sebbene sia costruita sul sedime di un preesistente edificio, probabilmente di età romanica. E’ a tre navate con cupola ottagonale e con sei altari laterali, e accoglie le sepolture dei Falletti, signori di Barolo.Lungo la salita che conduce al castello si trova l’originale Museo del Cavatappi che, iniziato come collezione privata, raccoglie 500 esemplari di cavatappi di diverse tipologie e nazioni, dal Settecento ai giorni nostri, e dispone di una piccola enoteca.

Il Museo del Cavatappi (Piazza Castello, 4) nasce nel 2006 nei locali di un’antica ed è strutturato in 19 sezioni che raccontano nascita ed evoluzione di un utensile semplice, ma ricco di storia e di curiosità. Il

-ri, sistemi multiuso, a tema animale ed erotico, tra cui non mancano quelli in miniatura per profumi e

pregiati, ai quali aristocratici e religiosi facevano apporre lo stemma del casato o le iniziali del loro nome.

Per informazioni e prenotazioni: Tel: +39 0173 56 05 39

Appena fuori dal borgo di Barolo, in posizione isolata lungo la direttrice che unisce La Morra a Novello, si trova il castello “della Volta”, anch’esso proprietà della famiglia dei Falletti ed esito di successive fasi costruttive cominciate a partire dal XIV secolo. Attualmente purtroppo versa in stato di abbandono e non è visitabile.

Il Comune di Barolo ospita numerose aziende produttrici in campo vitivinicolo. Una fra le più storiche e prestigiose è l’Azienda Marchesi di Barolo.

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Le Antiche Cantine dei Marchesi di Barolo (via Roma, 1) hanno sede a Barolo, nel palazzo prospiciente il Castello dei Marchesi Falletti. L’azienda fu avviata dai Falletti per interessamento diretto della marchesa Juliette Colbert e del marito Carlo Tancredi. Proprio qui, più di 200 anni fa, iniziò la storia che portò alla nascita di quel vino che, alla moda della tradizione francese, fu chiamato Barolo in onore del luogo di origine. Le cantine sono ricavate nella cosiddetta “palazzina” sfruttando la pendenza del terreno. La più antica è caratterizzata dalla successione di volte a botte unghiate in mattoni e ospita le botti in rovere di Slavonia impiegate per l’invecchiamento. L’ambiente adiacente, che reca la data 1883, era considerata dai contempo-ranei “tra le migliori [cantine] dell’albese” e conserva le volte originarie rinforzate da catene in ferro, e ad esso fu addossata in seguito un’altra cantina dove si trovano “le botti della marchesa”: si tratta di cinque preziosi esemplari in legno di castagno costruite nel XIX secolo e tuttora in uso in seguito ad un intervento di restauro. I due piani fuori terra sono scanditi dalla sequenza modulare delle aperture, e a questi vennero aggiunte alla metà del Novecento, quando l’azienda passò alla famiglia Abbona, le due maniche che hanno conferito al complesso il suo aspetto attuale.

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“Barolo”

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Il piccolo borgo di Castiglione Falletto si colloca in posizione dominante su un poggio compreso tra i due rami del rio Talloria. Il villaggio è accentrato intorno al castello medievale, naturalmente difeso su tre lati dai ripidi pendii. Il borgo risale probabilmente all’età romana, come testimonia una lapide rinvenuta nelle mura del castello. Durante il Medioevo passò nelle mani del Marchesato di Saluzzo e divenne castrum et villa. Successivamente il territorio venne a far parte del Delfinato e poi, nel 1601, del Ducato di Savoia.

Castiglione Falletto

Il castello (Piazza Castello) costituisce un complesso racchiuso entro una cortina regolare, rinforzata agli angoli da torri cilindriche di dimensioni più contenute rispetto a quella maestra, che svetta in posizione baricentrica. La possente torre cilindrica, di oltre sette metri di diametro, è visibile ancora oggi a grande distanza. Il castello fu costruito da Bertoldo Falletti di Alba che aveva ricevuto il luogo in feudo, nel 1225, dai

secolo XVII, vollero aggiungere il proprio nome a quello del paese. Dopo i Falletti vi succedettero diverse famiglie, tra le quali i Caramelli e i Clarotto, e poi, nella seconda metà del secolo XVIII, Giuseppe Cerutti, poeta arcadico, e i Vassallo di Dogliani. Questa ultima famiglia realizzò, sempre nella metà dell'Ottocento, diversi lavori di muratura e di ristrutturazione della Fortezza, riportandola a dignità di abitazione nobiliare. Oggi continua ad essere di proprietà privata e non è visitabile

Al fondo di Piazza Castello, una strettoia conduce alla chiesa parrocchiale di San Lorenzo, costruita nel 1893 in forme neo-romaniche, il cui sagrato è un punto di osservazione privilegiato sui vigneti della Bassa Langa e sul borgo di Serralunga. Nell’altare laterale di Sant’Andrea conserva una pala ovale settecentesca attribuita al pittore di Bra Pietro Paolo Operti e raffigurante l’Immacolata Concezione, Sant’ Andrea e San Francesco.

Nelle immediate vicinanze del castello si trova poi il palazzo comunale, nel cui piano interrato ha sede la Cantina Comunale: nata nel 2003 su iniziativa di una decina di imprenditori, vi aderiscono attualmente 26 produttori locali con lo scopo di promuovere e valorizzare i vini del territorio, attraverso degustazioni guidate e manifestazioni di carattere enogastronomico.

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FOTOGRAFIA

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Serralunga d’Alba, con il profilo verticale svettante del suo castello, rappresenta certamente un landmark inconfondibile nel paesaggio vitato piemontese. Il piccolo borgo medievale* ha conservato inalterata la sua forma urbana originaria, costituita da un impianto ad anelli concentrici, con cortina muraria difensiva, alla quale si accedeva tramite diverse porte d’ingresso. La presenza di una prima struttura urbana è documentata nel 1224 mentre nella metà del Trecento è attestata l’acquisizione del castello da parte dei Marchesi Falletti.

Serralunga d’Alba

Il castello di Serralunga d’Alba * (Via del Castello, 1) rappresenta un unicum per l’eccezionale verticalità della struttura a pianta longitudinale rettangolare, i cui angoli sono protetti da torri di diversa fattura. Più che

dimostra la sua stessa struttura estremamente slanciata e tesa a sottolineare in questo modo il prestigio della

allungato costituito da vaste sale sovrapposte, una torre cilindrica, con i caratteri più innovativi dell’architettu-

-ne medievale. Dopo essere stato acquistato dallo Stato italiano nel 1949, il castello venne restaurato e riportato all’antico splendore.

Il castello è visitabile con visite guidate, con diversi orari a seconda della stagione.Per informazioni e prenotazioni: Tel: +39. 0173 613358

Nelle immediate vicinanze del castello si trova l’antica cappella, riconoscibile dal campanile cuspidato in forme gotiche. Esterna all’antico circuito murario è la chiesa parrocchiale di San Sebastiano, edificata tra il 1886 e il 1888 in stile neo-romanico, sul sito dell’antica chiesa di San Benigno. La decorazio-ne pittorica dell’interno appartiene quasi completamente al pittore albese Fedele Finati. Nel catino absidale è invece affrescata un’Adorazione del Santissimo Sacramento di Sebastiano Nizza.

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A Serralunga d’Alba (Via Roma, 45) è attiva dal 1986 la Bottega del Vino, il cui scopo è divulgare e promuovere la conoscenza del vino e della viticultura. A oggi i soci aderenti alla Bottega del Vino sono 34 ed i vini all'interno del negozio provengono tutti dal territorio di Serralunga D'Alba.Tra i numerosi manufatti legati alla produzione del vino presenti nel territorio comunale, sicuramente degno di nota è l’Azienda vitivinicola Fontanafredda, un’antica proprietà della casa regnante dei Savoia, la cui storia si lega inscindibilmente a quella dell’enologia piemontese.

La nascita dell’Azienda vitivinicola Mirafiore & Fontanafredda (Via Alba, 15) si deve al re Vittorio

e Fontanafredda, meglio conosciuta come Bela Rosin.

L’azienda vitivinicola ospita, oltre alle strutture dedicate alla produzione e conservazione del vino, anche un borgo indipendente dotato di una scuola, una piccola chiesa, le abitazioni dei mezzadri e le strutture dedicate al dopolavoro, tutti costruiti negli anni Venti del XX secolo e ancora oggi utilizzate dalle dodici famiglie che vi risiedono.

La prima cantina presenta spazi voltati ad arco ribassato, intervallate da archi; si tratta della cantina in cui il

caratteristico pavimento in mattoni attraversato da due corsie in pietra che servivano per il percorso di carri e

vino in botti di medie dimensioni. Al livello più basso si trovano gli antichi spazi destinati al tinaggio e alla

riconoscono le vecchie vasche in cemento Borsari-Zollikon del 1887. Il percorso termina poi nella “Rotonda

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Il borgo è uno dei più interessanti centri storici del comprensorio delle Langhe; il suo nome, derivante dal latino Mons Fortis, allude alla posizione importante dal punto di vista difensivo e strategico del villaggio, situato su un’altura e fortificato da una cinta muraria. Da Monforte si gode di una meravigliosa vista sui rilievi collinari circostanti fino all’arco Alpino.

Dopo alterne vicende, il paese divenne, nel XIII secolo, feudo dei marchesi Del Carretto, cui più tardi subentrarono i marchesi Scarampi del Cairo. Nel 1703 fu conquistato dalle truppe di casa Savoia e passò quindi definitivamente al regno di Piemonte e di Sardegna.

Il nucleo storico*, disposto a ventaglio e arroccato attorno all’antico campanile, è stato oggetto negli ultimi anni di numerosi interventi di restauro che hanno interessato molti palazzi nobiliari e borghesi, riportando il borgo al suo antico splendore.Al centro del paese si trova Palazzo Scarampi, che sorge sui resti di un antico castello, documentato in testi dell'XI secolo, di cui non restano tracce visibili. Appartenne a vari signori locali, quindi al Comune albese e ai marchesi del Carretto. Gravemente danneggiato nel 1703 dalle truppe savoiarde, che lo conquistarono, passò definitivamente allo stato sabaudo nel 1726 con la cessione dei cosiddetti “feudi imperiali”. L'attuale Palazzo Scarampi venne edificato a cura dei del Carretto dopo il 1706 sul sito del maniero precedente e ristrutturato nel 1833. Sulla medesima piazza sorge la torre campanaria romanica, risalente al XIII secolo, che ha subìto molti rimaneggiamenti nel corso dei secoli. In origine rappresen-tava la torre di vedetta dei primi signori di Monforte, inglobata nella facciata della chiesa costruita successivamente.

Una parte della piazza del nucleo storico di Monforte, piccolo anfiteatro dall'acustica perfetta, è utilizzata come auditorium ed è intitolata al famoso pianista Horszowski che vi ha tenuto il concerto d'inaugurazione nell'estate del 1986. E' sede di concerti di musica jazz, di spettacoli teatrali e di proiezioni di film nel periodo estivo. In posizione defilata rispetto al nucleo centrale si trova l’imponente Chiesa parrocchiale

Monforte d’Alba

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della Madonna della Neve, iniziata nel giugno del 1909, su disegno dell'ingegner Giuseppe Gallo di Torino, e terminata nell'ottobre del 1912. E' in stile neo-gotico e presenta una pianta a croce latina. Il prospetto principale è preceduto da un'ampia gradinata. La facciata è divisa in tre corpi verticali. Sui portali compaiono altorilievi, opera del biellese

Una curiosità che riguarda il paese è legata alla presenza, nel corso del XI secolo, di una nutrita comunità di eretici. A metà del XI secolo, l’arcivescovo Ariberto, a capo della diocesi di Alba, fece deportare gli eretici di Monforte a Milano, dove furono arsi sul rogo. Un’osteria nel centro del paese ricorda tale triste avvenimento.

A pochi Km di distanza dal villaggio principale, sulla sommità di un colle delimitato da due fasce boscose, si trova il piccolo nucleo rurale di Perno. La borgata si è costituita intorno al castello, edificato nel XIII secolo e profondamente rimaneggiato nel corso del XVIII e XIX secolo. Alla fase costruttiva più antica risale la cortina muraria esterna, in muratura di pietra a spacco, dotata di piccole torri difensive a protezione degli angoli. Accanto al castello sorge la cappella campestre dedicata a Santo Stefano, costruita in epoca coeva al castello su un sito precedentemente utilizzato come area cimiteriale, venne riplasmata tra il 1753 e il 1757. Al suo interno sono conservati affreschi datati tra la fine del XIV e l’inizio del XX secolo.

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La Morra

Il nucleo di La Morra, arroccato su una collina all’altezza di 513 m.slm, rappresenta uno dei più suggestivi punti di osservazioni del paesaggio di Langa. Dalla centrale Piazza Castello, infatti, si apre una belvedere* proteso sulle Langhe e sulle Alpi che offre uno spettacolo unico sulle colline punteggiate da borgate, castelli e torri emergenti dai vigneti.L’origine del nome, “Villa Murre” sembra da ricondursi ad una attività legata all’allevamento di animali in quanto “Villa” indica la presenza l’insediamento e Murre significa “recinto per pecore” Nel 1296 La Morra venne data in feudo a Sordello da Goito, cavaliere di Carlo d'Angiò e menestrello citato da Dante nel Purgatorio della Divina Commedia. Nel 1340 La Morra entra nei possedimenti della famiglia Falletti, che vi restò insediata fino alla metà dell’800, per passare ai Visconti di Milano nel 1435 e ai Savoia nel 1631. Nei secoli che seguirono prese forma e si consolidò la struttura a raggiera del suo centro storico, con il fulcro nella torre civica e nella chiesa parrocchiale.

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di Langhe - Roero e Monferrato

La torre campanaria fu costruita fra il 1709 e il 1711, su disegno dell’ingegner Cocito di Neive che diresse i lavori fino all’altezza della cella campanaria. Quest’ultima venne disegna-ta dall’ing. Domenico Pettiti di Cherasco. Alta 31m. e a pianta quadrata, la torre è composta da cinque piani a riquadri semplici e sobri e da una cella campanaria in stile barocco. Nel basamento sono ancora visibili i cocci di pietra risalenti alla preesistente torre medioevale. La Chiesa Parrocchiale di San Martino rappresenta uno dei più importanti esempi di architettura e di pittura barocca dell’area. Fu progettata dall’architetto Michelangelo Garove, seguendo lo stile guariniano. L’interno, a navata unica, con cappelle laterali comunicanti, custodisce preziose testimonianze artistiche, pale d’altare, affreschi e arredi sacri. La chiesa è irradiata dalla luce naturale che trapela dalle aperture laterali, che conferiscono all’edificio un’ambrata luminosità, che risalta la bellezza dei dipinti e degli affreschi. In posizione perpendicolare alla Parrocchiale si trova la Chiesa della Confraternita di San Rocco, che presenta eleganti linee barocche e un pregevole portone intagliato. Costruita tra il 1716 e il 1750, la pianta si sviluppa a navata unica; la volta, a cupola affrescata da Pietro Paolo Operti di Bra, illustra la Gloria di San Rocco. Nella stessa piazza sorge il Palazzo del Municipio, ricostruito nel 1765, e rimaneggiato nel XX secolo. Dalla piazza del Municipio è possibile scendere in via Garibaldi per ripercorrere i Bastioni, antico cammino delle altissime mura che, in epoca medioevale, cingevano con le loro numerose torri e porte l’intero paese. Tali costruzioni furono però, tra il 1700 e il 1800, spianate e trasformate in passeggiate.Interessanti sono i numerosi palazzi nobiliari, tra cui il Palazzo Falletti – Cordero. L’edificio fu costruito dai Falletti, feudatari di La Morra, verso la metà del XVIII sec., e appartiene alla famiglia Cordero di Montezemolo dalla metà del XX sec., quando si estinse il casato dei Falletti. L’Antico palazzo Falletti sorge sui ruderi del castello medioevale abbattuto verso la metà del XVI secolo. Più volte rimaneggiato, conserva al piano nobile un salone con soffitto ligneo a cassettoni e alcune stanze con volte a crociera adibite ad aule scolastiche. Al piano terra, nelle scuderie, ha sede la Cantina Comunale, gestita dai produttori di La Morra in cui è possibile assaggiare e acquistare più di 60 baroli diversi.

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Una meta da non tralasciare è la frazione Annunziata, a tre chilometri da La Morra, lungo la provinciale per Alba. E’ qui visitabile il complesso romanico-barocco dell’ex convento di San Martino di Marcenasco: il campanile e l’abside risalgono al secolo XV, la facciata è del 1684. Questo convento rappresenta il nucleo più antico di La Morra: qui i monaci coltivavano vigne di nebbiolo, moscatello e pignolo. Nelle cantine è allestito il Museo Ratti dei Vini d’Alba.

Il Museo Ratti dei vini di Alba è un piccolo museo enologico privato legato all’azienda vitivinicola e alla

In località Brunate, uno dei cru più prestigiosi di La Morra, richiama l’attenzione dei visitatori per la sua policromia accesa la piccola cappella della Madonna delle Grazie, ora chiamata Cappella del Barolo. Di proprietà dei fratelli Ceretto, negli anni ‘90 fu restaurata e dipinta da due artisti di fama mondiale, l’inglese David Tremlett che decorò l’interno e l’americano Sol Lewitt che dipinse l’esterno.

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Il territorio di Novello, feudo della famiglia Del Carretto, rivestì per secoli un ruolo strategico per il controllo della valle Tanaro e dei percorsi verso Alba e le Langhe e per questa ragione fu conteso a lungo fra i Marchesi del Monferrato, i comuni di Asti ed Alba. La zona più antica dell’abitato presenta una forma a cuneo, dove sorgono numerose architetture storiche, tra cui alcune case-forti.

La rocca del paese è dominata dal Castello, suggestivo edificio che emerge tra vigneti e boschi, circondato da secolari ippocastani. L’edificio risale al XIX secolo. Fu progettato dall'architetto Giovanni Battista Schellino di Dogliani (1818-1905), importante esponente piemontese, insieme agli architetti Pelagio Palagi e Ernesto Melano (attivi rispettivamente a Racconigi e a Pollenzo) del neogotico e dell'eclettismo. L’edificio sorge sui resti, ancora visibili, dell'antico castello medioevale. In una stampa del Gonin (1808-1889) si osserva un'alta, massiccia muraglia del castello originario. Attualmente l’edificio è adibito a ristoran-te, con vasta sala moderna accostata alle sale di fine Ottocento, che conservano affreschi e decori autentici.

La Chiesa Parrocchiale di S. Michele Arcangelo sorge sull’antichissima chiesa di età altomedievale, divenuta nel ‘700 inadeguata rispetto al numero dei fedeli. Il progetto è dell’architetto Vercellone da Cherasco. Fu realizzata tra il 1761 e il 1783. La pianta è a croce greca, a una sola navata. La concezione spaziale è grandiosa, pur nella sobrietà delle linee, e tende a dare l’impressione di una tensione verticale della struttura verso la cupola circolare che si eleva fino all’altezza di 35 metri. La facciata alta e slanciata è realizzata in cotto. È lineare, ad ordini sovrapposti, sormontati da un timpano sull’asse centrale. Armonizzata con le linee architettoniche è la decorazione pittorica.

Accanto alla Chiesa Parrocchiale sorge la torre campanaria, il monumento di età medievale meglio conservato del paese. Originariamente sorgeva isolato, alto sui bastioni di difesa sul lato orientale del colle, che delimitavano il centro sino a congiungersi con il maniero dei

Novello

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Marchesi del Carretto, costruito sulla rocca dove ora sorge il castello. Un tratto dei bastioni esisteva ancora nel 1843. Nel 1937 furono iniziati i lavori di costruzioni della strada che percorre tutto l’abitato; anteriormente la torre sorgeva sul bastione e l’arco a sesto acuto costituiva l’unico passaggio tra il centro antico del paese denominato Novello (corrisponden-te all’attuale via Umberto I, piazza Guglielmo Marconi e l’area del castello) e il Borgo S. Michele (corrispondente all’attuale via Giordano). Sulla torre era dipinta l’aquila bicipite aggiogata ad un cocchio, simbolo della famiglia Del Carretto; questa fu cancellata nel 1848, in età risorgimentale, poiché interpretata come stemma dell’impero austriaco.

Nella cripta di S. Sebastiano, in via Roma 1, si trova la Bottega del Vino, voluta dal Comune di Novello nella primavera del 1988. La bottega presenta al pubblico la migliore produzione vinicola del paese: 42 sono le aziende associate di cui 2 a regime cooperativo, con sede fuori Novello ma con 30 produttori conferenti le uve.

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“Diano d’Alba”

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La tradizione vuole che il nome del paese tragga origine da Diana, dea della caccia sia dei liguri sia dei romani; sul colle ove ora sorge il paese esisteva appunto il bosco di Diana.

Nell’ambito del centro storico emerge comunque la Chiesa Parrocchiale e la sua torre campanaria, costruite in momenti diversi nel corso del XVIII secolo e mirabilmente armoniz-zate dall’architetto Carlo Francesco Rangone il quale evidenzia l’influenza di scuola Juvarria-na. L’interno della Chiesa, ad una sola navata, è magistralmente decorato con fregi e capitelli in oro e rappresentazione di scene evangeliche, opera dell’artista torinese Rodolfo Morgari, con il contributo del pittore albese Fedele Finatti. All’interno si trovano numerose tele di autori assai conosciuti, tra cui l’esposizione della Sindone di Antonio Tempesta, dono di Casa Savoia, il battesimo di Gesù del Beaumont e sei opere del Claret.

La piazza della chiesa rappresenta anche un suggestivo belvedere in affaccio sul paesaggio della Langa del Barolo e, in particolare, sui castelli di Grinzane Cavour, Serralunga d'Alba e Barolo. Il punto panoramico si trova proprio sui ruderi del vecchio castello che venne distrutto nel 1632 da Vittorio Amedeo I.Altro monumento degno di nota è il costruito una prima volta a metà del XVII secolo e riedificato quasi interamente nel 1730. Al suo interno si trovano sale finemente decorate, con il gioiello rappresentato dalla sala consigliare in cui oltre ad artistici fregi e prezioso mobilio, fanno bella mostra di se le carte napoleoniche.

A Diano d’Alba è attiva la Cantina Comunale I Sorì di Diano d’Alba, cui aderiscono ad oggi 44 produttori. Nella cantina si può degustare il vino tipico del territorio comunale, ovvero il Dolcetto di Diano d’Alba.

Diano d’Alba

I Sorì

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FOTOGRAFIA

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2.2 IL CASTELLO DI GRINZANE CAVOUR

Il castello domina l’antico borgo di Grinzane Cavour, e si trova isolato su un poggio rilevato dal crinale che scende da Diano d’Alba alla valle del Talloira presso Gallo, a 5 km da Alba. Dalla spianata fronteggiante il castello si gode di una splendida vista sui vigneti di Barolo.

L’importanza di questo manufatto si deve al legame con lo statista Camillo Benso Conte di Cavour, che vi abitò tra il 1832 e il 1849, periodo in cui fu sindaco del Comune di Grinzane. Proprio in questi luoghi egli curò le prime sperimentazioni votate al miglioramento delle tecniche di produzione dei vini rossi piemontesi.

Il nome deriva dalla antica famiglia signorile de Grinzaneis, già attestata dalla metà del XII sec., a cui si può attribuire la committenza delle prime costruzioni del complesso fortificato, e dalla famiglia dei Benso conti di Cavour che, con la Restaurazione (dal 1815), avvia l’acquisto del castello e delle sue terre.

Il nucleo originario del complesso è costituito dalla torre centrale a base quadrata, intorno alla quale, nel corso del Tre-Quattrocento, sia articola a Nord un complesso costituito da un palacium parallelepipedo e a Sud da un’altra manica caratterizzata dalla presenza di torrette pensili. I due corpi di fabbrica sono raccordati tra loro da muri a cortina. La torre centrale a pianta quadrata, circa 4 m di lato per un’altezza superiore a 20 m, si presenta come una snella struttura laterizia. Il corpo di fabbrica settentrionale si compone di quattro livelli, di cui quello inferiore e il terzo sono voltati, mentre il livello intermedio presenta il cinquecentesco soffitto ligneo della Sala delle Maschere, realizzato nel 1547, e impreziosito da 156 riproduzioni di volti, stemmi araldici e allegorie. La Sala è oggi destinata a ospitare convegni ed incontri culturali ed è a disposizione per occasioni pubbliche e private.

Sullo stesso piano sono collocati il Ristorante del castello e la caffetteria. Nelle storiche sale dedicate alla marchesa , dalla suggestiva vista sulle colline circostanti, il rinomato ristorante (circa 70 posti) è il luogo dedicato alla degustazione dei

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piatti tipici della cucina albese accompagnata dai vini della zona presenti nell’ Enoteca.

Negli anni Sessanta del Novecento, nel quadro delle celebrazioni del centenario dell’Unità d’Italia, sono attuati importanti restauri. Dal 2010 un nuovo fabbricato interrato, ricoperto da un manto erboso, prolunga il piazzale del castello.

Il castello è oggi sede dell’Enoteca Regionale Piemontese Cavour e del Museo delle Langhe.

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L’Enoteca Regionale Piemontese Cavour, costituita nel 1967, è stata la prima in Piemonte. Rappresenta una prestigiosa vetrina dei migliori vini e grappe piemontesi . Con il rinnovo e l’ampliamento degli allestimenti nel 2007, intrapresi in occasione dei quarant’anni di fondazione, largo spazio è stato dato alla presentazione del Barolo e del Barbaresco. La presenza dei vini DOC e DOCG è accompagnata da una didattica plurilingue dei vitigni del territorio albese. Il visitatore, oltre a poter acquistare i vini, è invitato a degustarli, a confron-tare le etichette e le annate. L’Enoteca offre anche altri prodotti tipici del territorio albese: torrone, nocciole, grappe e Barolo chinato.

Il Museo delle Langhe (Via Castello, 5) occupa in permanenza diverse sale del castello, con un percorso di visita rinnovato nel 2003, che intende far conoscere e valorizzare tutto il territorio proponendosi come museo della vita e della natura delle Langhe e Roero. Attualmente il Museo comprende allestimenti sul tartufo, oggetti rari dell’enogastronomia locale, l’ambientazione della cucina albese del Seicento e dell’Ottocento, la ricostruzione di una distilleria del Settecento, la bottega del bottaio e le contadinerie da cortile.Il percorso museale ha inizio dalle cantine del castello ove è allestita la Sala del Territorio, al secondo piano sono: la Sala del Cavour, le Sale del Vino e del Tartufo, e la “Luciano De Giacomi”; al terzo piano la Sala delle Contadinerie. I mezzi multimediali ampliano e arricchiscono con immagini in movimento l’offerta di conoscenza.La Sala del Territorio presenta un allestimento articolato attorno a un imponente torchio del 1704 per la spremitura delle uve. Il territorio è illustrato in sei grandi mappe della Langa e delle terre del Roero. Avanzando nel percorso, si incontra un filmato che illustra la presenza del conte Camillo Cavour al castello, evidenziando la sua lungimiranza imprenditoriale nella trasformazione dei sistemi di vinificazione. Infatti, sugli oltre cento ettari di terreno di pertinenza del castello, Camillo di Cavour impiantò 200.000 nuove viti. Avvalendosi della consulenza enologica del francese Louis Oudart e del generale Pier Francesco Staglieno, consulente enologico di Carlo Alberto e delle cantine reali di Pollenzo, Cavour avviò quel processo di

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trasformazione del vino Barolo, che da parzialmente fermentato, divenne un vino d’eccezi-one. Nel 1843 Cavour venne premiato dal congresso agricolo di Alba per la modernità e l’efficienza delle sue cascine. Grazie ai risultati raggiunti in questo settore, nel 1849 venne nominato Ministro dell’Agricoltura del Governo sabaudo. Nel Museo è allestita una sala che conserva i mobili dello statista, alcuni manoscritti e la Fascia Tricolore del Sindaco.

Nelle Sale del Vino e del Tartufo del castello si svolge annualmente l’Asta Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba, il nuovo allestimento museale dedica una parte spettacolare ai prodotti più pregiati del territorio - il tartufo bianco e i grandi vini - i suoni, le luci, la proiezione d’immagini rendono attraente l’ambiente. Il percorso espositivo rende familiari i vitigni storici, antichi, recenti, diffusissimi o rari delle Langhe e del Roero, li visualizza sulla mappa del territorio, annota i vini ed il loro contenuto sulle etichette.

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Il percorso si conclude al terzo piano con la Sala delle Contadinerie dove sono ricostruiti i luoghi più significativi della vita contadina: l’aia, la cantina e il ricovero per gli attrezzi. L’allestimento odierno ha ampliato la descrizione didattica. Le ricostruzioni delle botteghe del bottaio e del maniscalco, e della distilleria sono presentate come funzionali e complementari, anche se non esclusive, all’attività agricola. Nella bottega artigianale del bottaio gli utensili sono allineati con ordine lungo le pareti e le botti in costruzione occupano lo spazio centrale. La bottega appare al visitatore viva e completamente funzionante. La distilleria settecentesca raccoglie alambicchi originali, tutte le attrezzature per la produzione e l’invecchiamento di questo distillato di vinacce.

Il vigneto che si trova ai piedi del castello costituisce un importante centro di ricerca e sperimentazione sul patrimonio viticolo piemontese e presenta una delle collezioni di vitigni più ampie a livello europeo.

Il vigneto-collezione è stato costituito nel 1992 e nel 2012 rinnovato ed ampliato. Oggi si estende su di una superficie complessiva di 2 ha e conta 750 accessioni per un totale di circa 400 cultivar di vite diverse.

Il Museo è aperto tutti i giorni dalle 9.30 alle 18.00Per informazioni e prenotazioni: Tel: +39 0173 262159e-mail: [email protected] - http://www.castellogrinzane.com/web/museo.asp

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Il borgo di Grinzane Cavour sorge attorno al suo castello, presentandosi come un piccolo agglomerato di case ottocentesche, cui si aggiunge la Chiesa parrocchiale dedicata a Maria Vergine del Carmine. L’antica chiesa venne ricostruita nella prima metà del XVII secolo e successivamente ampliata nel 1890. La facciata, in cotto, di gusto neoclassico, è articolata su tre ordini e sormontata da un timpano. Quattro lesene con capitelli corinzi la scandiscono insieme ad una grande lunetta dipinta. Il campanile con cella in mattoni a vista è in parte inglobato tra chiesa e canonica. Divenne parrocchia a partire dal 1833, su iniziativa di Camillo Benso, Conte di Cavour, allora sindaco del paese. Le decorazioni sono dell’albese Fedele Finati e le figurazioni di Paolo Gaidano, risalenti entrambe al 1895.

Grinzane Cavour

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“Le colline

del

Barbaresco”

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2.3 LE COLLINE DEL BARBARESCO

L’area comprende i territori comunali di Barbaresco e Neive. Rappresenta il cuore della produzione del vino rosso Barbaresco, altro vino storicamente legato alla tradizione piemon-tese derivante dal vitigno Nebbiolo, oggi rinomato in tutto il mondo.

Il vino Barbaresco è prodotto nei soli paesi di Barbaresco, Neive, Treiso e San Rocco Seno d’Elvio. Esso ha ottenuto la D.O.C nel 1966, mentre la D.O.C.G. risale al 1980.Il Barbaresco è un vino dalle origini molto antiche: già Tito Livio ne fa menzione nella sua monumentale Storia Romana. Antiche tradizioni vogliono che i Galli fossero scesi in Italia attratti dalla bontà del vino di Barbaritium, da cui derivò poi il nome di “Barbariscum” e quindi quello di “Barbaresco”. Secondo altri, invece, il vino deriverebbe il suo nome dalle orde barbariche che prima e dopo la caduta di Roma fecero stragi in Italia.In tempi lontani il Barbaresco veniva indifferentemente chiamato Nebbiolo o Barolo,

sapore dolciastro ed effervescente. Del Barbaresco che noi oggi conosciamo, vino rosso aristocratico, si hanno tracce già nel 1799, quando il generale austriaco Melas richiese il “Nebbiolo di Barbaresco” per festeggiare degnamente la sua vittoria sui francesi. Fu, però, soltanto verso la metà dell’800 che si cominciò a produrre il tipo secco, che mette in luce tutte le straordinarie capacità di questo vino. Fu il professor Domizio Cavazza, noto enologo, che, paragonando il Barbaresco ai più grandi vini

produzione del Barbaresco.

IL Barbaresco

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L’area si colloca alla destra orografica del ; le colline sono di altezza moderata, raggiungendo al massimo i 300 m.slm. e sono caratterizzate da pendii piuttosto accentuati. Il paesaggio del vigneto è quello che connota con maggiore evidenza il territorio, dove predomina una viticoltura specializzata che dà origine ad una produzione di eccellente qualità.

Barbaresco e Neive rappresentano due centri storici di grande interesse architettonico, oltre a caratterizzarsi come punti di riferimenti visivo dello skyline, fortemente contraddistinto dal profilo riconoscibile dei due borghi. Fra questi spicca la torre medievale di Barbaresco, dalla quale si può godere della vista dei calanchi a strapiombo sul Tanaro e sulla sua pianura, oltre che del panorama molto ampio su vigneti e piccoli borghi arroccati sui crinali.

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Il borgo di Barbaresco si colloca in posizione dominante sulla sponda destra del Tanaro, caratterizzato dal tipico impianto urbano di età medievale. Il nome del comune deriva dal termine latino “barbarica silva” che significa “selva dei barbari”. Con questo termine i Romani definirono il fitto bosco che ricopriva questo territorio, consacrato alla divinità celtica “Martiningen” dalle popolazioni autoctone celto-liguri che vi abitavano e alla divinità Marte dai romani che vi si insediarono successivamente. In effetti, nell’attuale località Martinenga si identifica l’originario nucleo romano di “Villa Martis” in cui nacque l’imperatore romano Publio Elvio Pertinace. La prima definizione di un insediamento fortificato risale al XII secolo, momento in cui viene attestata la torre, costruita in posizione dominate all’estremità del villaggio. La posizione strategica di Barbaresco, presso i confini comunali di Asti ed Alba, provocò una lunga contesa del territorio e della sua torre fra le città rivali fino a quando, nel 1223, l’intero controllo passò nelle mani di Alba. In seguito si successero diversi signori per il controllo locale, fino all'affermazione definitiva dei Savoia.

Sulla via maestra si concentrano le maggiori attività sociali ed economiche, tra cui emergono le numerose aziende vitivinicole inglobate nel costruito: una fra tutte l’azienda vitivinicola Gaja, rinomata in tutto il mondo per i suoi prodotti di altissima qualità. Percorrendo tutto il paese da Nord a Sud la via conduce dal palazzo del Comune alla parrocchiale di San Giovanni Battista costruita tra il 1719 e il 1728 dall’architetto Giovanni Maria Castelli. Nel 1756 fu dotata del campanile ed in seguito dell’icona di San Giovanni Battista con una cornice in marmo (1780). All’interno della chiesa si possono trovare l’altare maggiore realizzato con marmi di qualità su disegno del conte Rangone di Montelupo dietro al quale si può notare un affresco dedicato a San Giovanni Battista, sulla sinistra si trova la cappella della Madonna del Rosario. Completano l’arredamento della chiesa il coro costruito dalla ditta Vittino di Centallo (1850), il coro in legno di noce intarsiato (1796), la fonte battesima-le in marmo policromo con scultura in legno ad opera dello scultore locale Francesco Vacca ed infine la scultura di Ambone dello stesso scultore (1992).

Barbaresco

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Alle spalle della parrocchiale svetta l’imponente torre duecentesca sopravvissuta alla distruzione del castello medievale. A base quadrata è realizzata in opera di laterizio, sorge su un basamento di pietra arenaria e arrivo fino all'altezza di 30 metri. In cima persistono ancora resti dei merli che formavano al tempo della realizzazione una corona. La struttura rappresenta la più grande torre medievale del Piemonte. Degno di nota è il settecentesco castello voluto dai conti Galleani e originariamente dotato di bellissimi giardini e di ampi saloni. L’edificio conserva originarie cantine sotterranee di grande valore. Nel 1894 il castello veniva scelto dal Professor Domizio come sede della prima Cantina Sociale di Barbaresco. Quest’ultima venne chiusa in epoca fascista per poi essere riaperta nel 1958 con la denominazione Cantina Produttori del Barbaresco e rappresenta ancora oggi punto di riferimento per 56 viticoltori locali e un esempio di moderna cooperativa sociale.

Dalla parte opposta del paese si trova l’Enoteca Regionale del Barbaresco, allestita negli spazi della chiesa barocca dedicata a San Donato, poi ceduta negli anni Settanta del Novecento al Comune, rappresenta una preziosa testimonianza della tradizione culturale vinicola di Barbaresco..

Sempre nella piazza del Municipio si trova, dal 1999, una grande meridiana, celebrativa della coltivazione della vite e della produzione vinicola attraverso dodici illustrazioni tratte dall'incunabolo “Ruralia Commoda” di Pietro de' Crescenzi, un antico trattato di agricoltura.

Enoteca Regionale del Barbaresco - L’enoteca, inaugurata nel 1986 è considerata un punto di riferimen-to dai numerosi turisti che possono trovare oltre alle bottiglie - rigorosamente di Barbaresco, provenienti da circa un centinaio di produttori, le informazioni per scoprire il patrimonio enologico del territorio.

Piazza del Municipio 7, 12050 Barbaresco - Tel. 0173 635251www.enotecadelbarbaresco.it - Email: [email protected]

Chiusura: 25 - 26 dicembre e dal 7 al 31 gennaio

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Per la sua posizione strategica lungo la via Aemilia Scauri, l’abitato di Neive ricopriva un ruolo strategico già in età romana (100 a.C.). Tuttavia la sua attuale conformazione di borgo arroccato* alla sommità di un colle si lega strettamente alla fase medievale: infatti, le tortuose stradine acciottolate salgono secondo anelli concentrici fino alla sommità dell’altura denominata Pian del Castello in riferimento al castrum medievale oggi purtroppo scompar-so. Si conservano, invece, le numerose testimonianze del primitivo ricetto, tra cui emerge la duecentesca casaforte dei Conti Cotti di Ceres. L’edificio è molto celebrato in quanto in questa casa il Vicario Francesco Cotti scrisse il più antico testo piemontese sulla coltivazione della vite e sulla produzione del vino.

Nelle immediate adiacenze si innalza la Torre dell’Orologio (XIII secolo), simbolo dell’antica municipalità, che mostra nella parte alta le torcere girevoli utilizzate per segnalazione tra le torri degli altri paesi arroccati sui colli della zona. Alla mole severa della torre medievale si contrappongono le linee sinuose del vicino insieme architettonico barocco dell’Arciconfrate-rnita di San Michele, un piccolo capolavoro di metà Settecento progettato dall’architetto Antonio Borgese. L’edificio si caratterizza per la forte spinta ascensionale determinata sia dallo spigolo in muratura che contrafforta a destra la facciata, che dalla compressione della parte anteriore della pianta a favore dell'area absidale. All'interno un pregevole organo di gusto rinascimentale e nell'abside il settecentesco quadro di San Michele che colpisce per la vivacità dei colori. La statua processionale dell'Arcangelo, anch'essa settecentesca, è in legno policromo. A pochi passi dall’Arciconfraternita si trova la chiesa Parrocchiale dei Ss. Pietro e Paolo. Già esistente nel XII secolo, l’edificio fu ricostruito nel XVIII secolo; il campanile fu progettato dal celebre architetto Francesco Gallo. Gli ultimi ampliamenti e la facciata incompiuta sono del XIX secolo. Al suo interno si possono ammirare opere della metà del Settecento.

Poco più a valle, Piazza Italia rappresenta il cuore del paese raccogliendo le funzioni socio amministrative; i pregevoli palazzi qui affacciati documentano la fase di espansione

Neive

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settecentesca del borgo: in particolare, la prima sede del Municipio con la sua facciata rococò e Palazzo Borgese attuale edificio comunale. Nelle cantine del Municipio è ospitata la Bottega dei Quattro vini di Neive fondata nel 1983 da un piccolo gruppo di vignaioli locali per rappresentare Neive e i suoi vini nel Mondo; dopo trent’anni di attività è ancora oggi il punto di ritrovo, per acquistare e degustare i vini prodotti nell’area.

Dalla parte opposta della Piazza si trova l’originale Casa della Donna Selvatica, dedicata a un particolare aspetto della patrimonio demo-etno-antropologico delle Langhe. La figura della Donna Selvatica si caratterizzava, all’interno della società contadina, come portatrice di una cultura antica, in stretto contatto con la natura e i suoi segreti, con i mestieri legati alla

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stagionalità, con la saggezza dei vecchi inframmezzata con la religiosità popolare e scaramantica. Il concetto di Donna Selvatica è stato poi ripreso e reso famoso da Romano Levi, produttore artigianale di grappe d’autore, poeta e disegnatore di etichette, una celebrità a Neive.

Recentemente scomparso, all’età di 80 anni, Romano Levi, era considerato uno degli ultimi veri personaggi della Langa: aveva sempre lavorato nella sua distilleria, a Neive, creando una delle grappe artigianali più famose nel mondo. Poeta e artista, era celebre anche per le sue etichette, oggetto di una recente esposizione a Palazzo Bricherasio, con cui raccontava il mondo che lo circondava. Ricevette in eredità dal padre il mestiere di distillatore e un alambicco, alto quasi tre metri che “per guardarlo da vicino bisogna salire una scala di legno con pochi gradini ed è bello salire un po’ in alto, come si fa con le colline”. Il suo luogo di lavoro era la sua casa, un cascinale con un cortile e giardino antistante. Al mattino davanti alla

tappata a mano, e dove le etichette disegnate dallo stesso Levi erano appiccicate con un pennellino raggrumato di colla, si formava la coda. Tra i personaggi fantastici che Levi ha disegnato per le sue etichette, il più popolare è la donna selvatica, dalla testa rotonda e il corpo sottile. Per lui le Donne Selvatiche sono visioni, ricordi del passato,

un po’ pazze, un po’ streghe, un po’ fate”.

Romano Levi: un poeta delle Grappe

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Anche il Palazzo dei Conti del Castelborgo rappresenta una significativa testimonianza del legame tra l’aristocrazia piemontese e la tradizione vitivinicola locale; infatti il nobile edificio settecentesco conserva le originarie cantine, oggi come un tempo, sede di rinomate produzioni vinicole. Qui furono sperimentati i primi procedimenti per la vinificazione del nebbiolo al fine di ottenere quel vino poi denominato barbaresco. Notevoli la decorazione degli interni e la pregevole cappella privata. Nelle cantine del Palazzo operò il famoso mercante Louis Oudart che, per primo nell’area, produsse con le uve Nebbiolo un vino stabile e quindi commerciabile, premiato con medaglia d’oro all’Esposizione di Londra del 1862. Nel castello di Barbaresco trent’anni più tardi fu prodotto la prima bottiglia di Barbaresco. Tali primati furono raggiungibili attraverso il grande spirito di iniziativa dei proprietari, dei tecnici chiamati ad operare, ma anche dalla eccezionale qualità degli ambienti produttivi perfettamente idonei ancora oggi ad ospitare il ciclo di lavorazione delle uve.

Il gusto barocco delle architetture di Neive raggiunge alti livelli nel composizione del palazzo dei Conti Bongioanni Cocito. L’edificio si contraddistingue per la sua forte spinta ascensionale esaltata dalla scenografica inquadratura della Porta di San Rocco, l’originario ingresso verso sud del borgo medievale. Il Palazzo fu realizzato nella seconda metà del Settecento su progetto dell'Architetto Borgese. Per l’integrità del tessuto urbano,e la qualità storico-artistico del patrimonio edilizio pubblico e privato, Neive è stata riconosciuta nel 2001 tra “I borghi più belli d’Italia”.

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“l’Alto

Monferrato”

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3. L’ALTO MONFERRATO

Con il termine Monferrato viene generalmente indicata un’area geografica assai estesa, che comprende tutta la porzione di territorio situata a Sud rispetto al corso del fiume Po, fino al torrente Belbo. Al suo interno è possibile identificare un ambito paesaggistico compreso tra Tanaro e Belbo, denominato “Alto Monferrato”, i cui confini orientali sfumano nelle Langhe. Le colline dell’Alto Monferrato presentano dislivelli ridotti e pendenze poco accentuate, con altezze in media inferiori ai 400 metri.

L’Alto Monferrato si caratterizza per la coltivazione dei due vitigni più diffusi in tutto il Piemonte: il Barbera, da cui si produce l’omonimo vino rosso, e il Moscato bianco, da cui derivano l’Asti spumante e il Moscato d’Asti. In questa zona si collocano altre due componen-ti del sito UNESCO (Nizza Monferrato e il Barbera e Canelli e l’Asti spumante), caratterizzate ciascuna dalla presenza di un importante centro urbano e da un sistema paesaggistico fatto di piccoli borghi e colline vitate.

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3. L’ALTO MONFERRATO

Come arrivareL’automobile l’automobile è il mezzo più indicato per raggiungere l’Alto Monferrato e spostarsi tra le diverse località, dato che non tutte sono raggiungibili con mezzi pubblici. E’ possibile noleggiare auto o pulmini presso i due maggiori centri urbani, Nizza Monferrato e Canelli, o direttamente ad Asti o Acqui Terme, che distano pochi Km da entrambe le aree. Se si arriva tramite la rete autostradale: dalla A21 Torino-Piacenza prendere l’uscita Asti Est; dalla A33 Asti-Cuneo prendere l’uscita Asti, dalla A6 Torino- Savona prendere l’uscita Marene.

L’aeroporto l’aeroporto più vicino e che offre maggiori collegamenti è l’Aeroporto Internazionale di Torino Caselle. Si segnalano inoltre, a maggiore distanza, l’Aeroporto di Cuneo Levaldigi (12038 Levaldigi) l’Aeroporto Internazionale Cristoforo Colombo di Genova, e gli Areoporti internazionali di Milano Malpensa e Milano Linate.

La stazione ferroviaria Le stazioni ferroviarie più vicine sono quelle di Asti e Acqui Terme, raggiungibili con numerosi collegamenti giornalieri da Torino, Genova-Alessandria e Savona. Alcuni treni locali collegano direttamente Nizza Monferrato con Asti. Per informazioni e orari: Servizio FS Informa - Call Center FS: 892021 - Web: www.trenitalia.it

Compagnie di autobus: esistono alcune compagnie di autobus che collegano alcune località dell’Alto Monferrato con Asti, Acqui Terme e Torino, tra cui:

Geloso BusVia G. Contratto 12, 14053 Canelli Tel: 0141 823213 - Fax: 0141 832566Email: [email protected] - http://www.gelosobus.it

Arfea - Aziende Riunite Filovie ed AutolineeViale Milite Ignoto 26/28 - 15121 Alessandria (AL)Tel: 0131-225810 - Fax: 0131-226822E-mail: [email protected] - http://www.arfea.it

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Cosa vedereI principali luoghi di interesse che caratterizzano le due componenti del Sito UNESCO comprese nell’Alto Monferrato sono visitabili nell’arco di una giornata.

Inserire Carta 3 deve pervenire

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Cosa vederePotreste dedicare la mattinata all’esplorazione di Nizza Monferrato e il Barbera, percorrendo il gradevole centro storico di Nizza Monferrato, visitando Palazzo Crova con il suo Museo del Gusto e l’Enoteca Regionale, per poi spostarvi a piedi oltre il fiume Belbo per una visita al Museo delle Contadinerie e delle Stampe antiche Bersano. Saliti in macchina, godetevi un giro panoramico sulle colline e magari acquistate del buon vino presso i numerosi produttori del Barbera D.o.c.g. o alla prestigiosa Cantina Sociale di Nizza Monferrato.Dopo un pranzo in uno dei tanti agriturismi della zona, spostatevi nel territorio di Canelli e l’Asti Spumante, visitando una o più delle Cattedrali Sotterranee di Canelli per poi fare due passi nel centro storico della città, dominato dal Castello Gancia. A fine giornata, dopo un giro tra le colline del Moscato, potreste visitare il piccolo borgo di Calosso o, se siete appassionati di letteratura contemporanea, prenotare una visita guidata ai luoghi pavesiani presso il Centro Studi “Cesare Pavese” a Santo Stefano Belbo.1day

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• O

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3.1 Nizza Monferrato e il Barbera

L’area comprende i territori comunali di Montegrosso, Mombercelli, Agliano Terme, Castelnuovo Calcea, Vinchio, Vaglio Serra e Nizza Monferrato. In questa zona è coltivato da oltre 500 anni il vitigno Barbera, che costituisce la più importante varietà del Piemonte, occupando il 35% della superficie vitata della regione. Dal vitigno Barbera si producono il Barbera d’Asti e il Barbera del Monferrato, altri due grandi vini rossi piemontesi, assai rilevanti per quantità e varietà prodotte.

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Il vino Barbera, derivato dalla coltivazione dell’omonimo vitigno, è annoverato tra quelli più esportati sui mercati nazionali ed internazionali del panorama italiano. Al riconoscimento della D.O.C, avvenuto nel 1970, si è aggiunta nell’agosto 2008 la D.O.C.G. per i vini Barbera d'Asti e Barbera del Monferrato Superiore.

La storia del vino Barbera è strettamente legata a quella del suo omonimo vitigno, citato per la prima volta dai catasti di Chieri del 1514; tuttavia alcuni studiosi sostengono che possa avere origini ancora più remote quando veniva probabilmente

“L'astigiano territorio, essendo per ogni dove sparso d'ameni poggi, le viti su d'essi

eccellentemente allignano, ed i vini che se ne traggono sono fuor d'ogni dubbio i

migliori d'ogni altro paese qualunque ei sia; le Barbere poi meravigliosamente

s'incontrano nei contorni d’Asti, Scurzolengo, Portacomaro, Migliandolo, Castiglione e

Quarto, non meno che sui colli meridionali da San Marzanotto a Rocca d'Arazzo, e su

quelli di Vigliano, Mongardino, Montegrosso, Montaldo, Mombercelli, Belvedere e

Vinchio''. (Gian Secondo De Canis, 1815).

A partire dalla prima esportazione oltre oceano - Rio de Janeiro nel 1819 – il mercato americano dimostrava un forte interesse per questo vino, apprezzato anche dopo la

IL BARBERA

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3.1 Nizza Monferrato e il Barbera

Nella parte centrale dell’area, presso il belvedere del Bric Noche, è possibile cogliere la diversa destinazione d’uso degli appezzamenti, distribuiti su rilievi modesti e con pendenze moderate: quelli a sud, meglio esposti, sono condotti a vigneto, mentre quelli a nord sono spesso occupati da seminativi e da macchie boscose, così come i piccoli fondovalle. Il paesaggio è particolare e mutevole anche dal punto di vista cromatico, legato alle sfumature delle foglie del barbera: queste hanno una colorazione verde cupo sulla pagina superiore, talvolta arrossate o bronzate già in estate, e verde chiaro su quella inferiore. La colorazione autunnale è invece rossiccia, spesso tendente al rosso vivo, con un effetto estetico di grande impatto.La città più rilevante della zona è Nizza Monferrato, considerata la capitale del barbera dal punto di vista commerciale e promozionale, anche perché alcune delle maggiori aziende enologiche si trovano all’interno dei suoi confini comunali. Numerose sono le strade di crinale, da cui è possibile cogliere porzioni più ampie di paesaggio, nel quale spiccano gli insediamenti di altura di Vinchio, Vaglio Serra e Castelnuovo Calcea.

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Il centro urbano di Nizza Monferrato è uno dei più estesi del Monferrato. Grazie alla sua posizione lungo le più importanti direttrici commerciali verso il mare ligure, possiede da sempre una naturale vocazione mercantile. Infatti, fin dal XVI sec., i suoi mercati attraevano acquirenti da Piemonte, Liguria e Lombardia. Oggi la città è riconosciuta come “capitale” del vino Barbera.Il villaggio si sviluppa su un’area pianeggiante, circondata da colline. Il suo centro storico rappresenta un significativo esempio di villanova, ovvero uno di quei centri abitati che sorsero ex novo in tutta Europa tra il XII e il XIV sec. sulla base di una progettazione predeter-minata e legata a fattori economici, strategici o militari. Si conserva l’impianto originario di forma triangolare, organizzato intorno ad un asse longitudinale, denominato in passato “contrada maestra” o “platea”, che congiungeva le due principali porte della città oramai scomparse.La contrada maestra è il luogo dove storicamente si concentrano le attività commerciali: a questo scopo erano utilizzati i portici medievali, ancora oggi presenti su entrambi i lati della via. Qui si svolge annualmente la corsa delle botti, tradizione che risale al XIX secolo quando era molto diffusa nel territorio nicese l’attività di bottaio: i giovani lavoranti delle botteghe affacciate sulla via provvedevano a consegnare le botti facendole rotolare lungo la strada gareggiando tra loro per arrivare primi dal cliente. Oggi alla competizione partecipano le aziende vinicole e le cantine sociali dell’astigiano.Sulla contrada maestra, in posizione centrale, si apre la piazza Martiri di Alessandria, da sempre luogo delle manifestazioni pubbliche e commerciali. Sulla piazza si trovano due importanti edifici: Palazzo e Torre del Comune e Palazzo de Benedetti. Il Palazzo Comuna-le è un imponente edificio, datato intorno al XIV - XV secolo, che, fin dalle origini, ha assolto la funzione di luogo di riunione dei vertici governativi del territorio. Il complesso presenta una facciata in mattoni e si articola su due piani, scanditi da finestre sormontate da lunette ad arco. Il più importante monumento della piazza è l'antica torre campanaria del Municipio, conosciuta dai nicesi come "el Campanon" ("il Campanone"). Si tratta di un'altissima realizzazione in muratura, a base quadrata, contenente, nella fascia inferiore, due ampie

Nizza Monferrato

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finestre ad arco rifinite con stucchi e, in quella superiore, un orologio e un’ampia apertura per le campane che riprende lo stile delle precedenti. L'architettura termina con una grande merlatura guelfa.Sulle vie trasversali del centro storico insistono altri edifici d’interesse, tra cui emerge Palazzo Crova, sede dell’Enoteca Regionale Nizza, del Museo del Gusto, della Condotta Slow Food delle colline nicesi e dell'Associazione Produttori del Nizza-Barbera d'Asti, oltre che della Biblioteca Civica e dell’Archivio Storico Comunale. L’edificio, progettato nel 1769 da Filippo Nicolis di Robilant, rappresenta un significativo esempio di palazzo neoclassico annesso a un preesistente corpo quattrocentesco. Il piano terra è caratterizzato da un porticato, mentre la corte interna ospita un giardino destinato alle manifestazioni eno-gastronomiche. Il fronte laterale è arricchito da repertori ornamentali fito-antropomorfi con fasce marcapiano in cotto impreziosite da grappoli d’uva a rilievo.

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foto che introduce l’alto Monferrato

“Veduta

colline

circostanti

Nizza”

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All’interno, l’Enoteca Regionale Nizza nasce nel 1990 come Bottega del vino che, a partire dal 1996, diventa centro d’incontro e confronto dei produttori di vino e luogo di promozione del territorio e della Barbera d'Asti superiore "Nizza". Riconosciuta ufficialmente dalla Regione Piemonte nel 2007 come Enoteca Regionale, rappresenta un punto di riferimento per la realtà vitivinicola locale, presentando più di 600 etichette di vino dei produttori locali, per la maggior parte Barbera d'Asti D.O.C.G. Oltre alla vendita del vino, sono proposte degustazioni guidate e laboratori didattici eno-gastronomici.Al piano superiore si trova il Museo del Gusto che espone uno degli scenari enogastronomi-ci più ricchi del Piemonte. I prodotti sono presentati attraverso i valori, le conoscenze e la cultura degli uomini del Monferrato. L’allestimento espositivo dedicato al vino ha un ruolo

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preminente: un’intera sala è dedicata ai prestigiosi vini del territorio e alla memoria del lavoro in vigna, con curiosità e racconti della vendemmia.

Tra gli edifici religiosi del centro storico, emerge la Chiesa di San Giovanni in Lanero. L’edificio ha acquisito il nome da una antica chiesa, poi demolita nel 1826 - 27, che sorgeva sulla attuale piazza del Municipio. Fu riedificata dai frati Conventuali di San Francesco, nel 1772, su disegno dell'architetto di Robilant e restaurata nel 1826. La pianta è scandita da in tre spaziose navate, ben illuminate dalle numerose aperture laterali, e pressoché priva dei bracci del transetto. Le quattro campate, sostenute da imponenti pilastri rivestiti in marmi policromi, conducono ad una spaziosa area presbiteriale nella quale la luce è assicurata dalle finestre di una bassa cupola a tamburo ottagonale. Notevole è l'abside semicircolare, che si addentra fra le costruzioni circostanti.

Ai limiti del centro storico, nella zona meridionale della città si trova la Piazza del Foro Boario o mercato coperto, oggi Piazza Garibaldi, elemento di cerniera tra il nucleo medieva-le e l’ampliamento extra-moenia ottocentesco. Costruita su un’area che già in epoca medievale era destinata al mercato del bestiame grosso, la piazza riassume in sé i temi del potenziamento commerciale e della riqualificazione urbana. In mezzo alla piazza si trova l’edificio intitolato a Pio Corsi, costruito sul finire dell'800. Il Foro Boario si presenta come una lunga manica, completamente in muratura, nella quale si susseguono per tutta la sua lunghezza archi a tutto sesto. Il complesso è ricoperto da una volta a capriate, strutturata su travi spioventi e monaci in legno. A seguito dei lavori di ristrutturazione del 2008, il manufatto è stato completamente chiuso con vetrate e dotato di una struttura adibita a Ufficio di Informazioni Turistiche.

Oltrepassato il ponte sul Belbo, in Piazza Dante, si trova il Museo delle Contadinerie e delle Stampe antiche Bersano*, legato alla storica azienda vitivinicola Bersano.

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Il Museo delle Contadinerie e delle Stampe antiche Bersano fu voluto da Arturo Bersano a partire dal 1950, per raccogliere le testimonianze più sofferte ed insieme più gioiose della civiltà contadina legata alla produzione del vino. Il Museo è diviso in due sezioni: quella delle “contadinerie” e quella delle raccolte di stampe. La prima è situata all’aperto, perché all’aperto era la vita dei contadini e il loro lavoro quotidiano. Tra tronchi, brente e carretti agricoli si avvertono gli sguardi dei contadini, il mutare delle stagioni, i canti delle donne, la sofferenza, il rapporto tra l’uomo e la sua terra. Tra i pregevoli pezzi della collezione, vi sono alcuni torchi del ‘600 e del ‘700, a vite discendente, costruiti in legno, di cui alcuni usati solo per le uve, altri anche per l’olio. Molti gli oggetti in legno, tra cui le grandi botti di cantina, le brente per portare il vino a spalla, i mastelli e i tini per la fermentazione del vino. Inoltre sono esposti tutti gli oggetti che derivavano dalla

raccolte di stampe a tema vitivinicolo, editti che disciplinano il vino e la sua commercializzazione, etichette

paesaggi, raccolte di menù dell’800.

E-mail: [email protected] - Web: http://www.bersano.it

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Il piccolo borgo di antiche origini si sviluppa in posizione panoramica, circondato dagli appezzamenti vitati. Il toponimo deriva dall'unione tra la denominazione Castrum Novum, nuovo accampamen-to, e quella ad calcarias, che si riconduce certamente alla presenza della vicina strada che correva vicino al torrente Nizza e che richiedeva spesso lavori di rincalzo in quanto soggetta ad esondazioni. Le prime notizie sull’origine dell’insediamento medievale di Castelnuovo Calcea risalgono al 1142, momento in cui esso faceva parte, con altri paesi dei dintorni, del Comitato di Loreto. L’importante posizione strategica occupata da Castelnuovo Calcea portò Asti a cercare in ogni modo di acquisire i diritti sul feudo e, in effetti, alla fine del XII secolo, il Marchese di Incisa fu obbligato a fare cessione di Castelnuovo ad Asti. Dopo il dominio astese, l’insediamento passò al Ducato di Milano, cui rimase unito fino al 1735. Nel quadro della guerra dei trent’anni (1618-1648) e della guerra per la successione del Monferrato (1627-1630), Castelnuovo Calcea fu oggetto di contesa tra la Francia, la Spagna e il Duca di Savoia. Il capitano del duca di Savoia riuscì ad occupare l’insediamento nel 1634 malgrado la resistenza oppostagli dagli abitanti che, unendosi alle milizie spagnole si rivoltarono. Per punizione, l’anno successivo, il Capitano Re saccheggiò il paese e vi appiccò il fuoco, distruggendo molte case e il castello. Dopo il 1735, questo centro, con altri territori, venne ceduto ai Savoia. L’area del castello, di proprietà dei Solinas dal metà Seicento a metà Ottocento, passò nel 1870 ai Beneck che vi rimasero fino al 1939. Attualmente il castello è di proprietà del Comune, che nel 1985 ha acquistato il sito e ne ha avviato il recupero. L’ampio cortile antistante ospita numerose manifestazioni pubbliche, mentre l’originario cammina-mento sotterraneo permette l’accesso alla sommità dell'area, adibita a verde pubblico e punto panoramico. A pochi passi dal castello si trova la chiesa barocca dedicata a Santo Stefano, caratterizzata dall’imponente facciata in mattoni a vista arricchita da un pronao su slanciate colonne. Alla tradizione agricola e in particolare quella vitivinicola è dedicato il “Nido della memoria”, museo che contiene una vasta esposizione di attrezzi e strumenti utilizzati in passato da contadini e artigiani locali.

Castelnuovo Calcea

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Nel territorio di Castelnuovo Calcea sono ubicate numerose aziende vitivinicole, tra cui emerge la famosa Azienda vitivinicola Michele Chiarlo. Oltre ai pregiati vigneti, la tenuta ospita il parco artistico “Orme su La Court” ideato per rendere omaggio al Barbera e per offrire spettacoli artistici e culturali. Al suo interno si trovano l’Osservatorio, cioè la torre da cui è possibile osservare vigneti, paesi e colline del territorio del Barbera d’Asti. Inoltre, tra i filari, si trovano sculture permanenti dedicate agli elementi naturali acqua, aria e fuoco, e le teste segnapalo con sculture sui pali di inizio filare.

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Il nome del paese trae origine da viginti, che, in epoca romana stava ad indicare la località posta a venti miglia dalla città romana di Alba Pompeia, lungo la via Fulvia. Le prime notizie della tradizione su Vinchio risalgono all’anno 935 d. C. quando Aleramo, conte di Acqui, sconfisse i Saraceni su quello che, ancora oggi è chiamato “Bricco dei Saraceni”. Dalla ricca documentazione del Codex Astensis, Vinchio risulta a tutti gli effetti Comune, potente terra di frontiera contesa da Asti e Alessandria, con i suoi Consoli e Signori. Nel 1313 il Castello è occupato dai Solaro i quali, caduti in disgrazia, dovranno cederlo alla famiglia astigiana degli Scarampi sotto cui restò per diversi secoli. Similmente a quanto accadde per Castelnuovo Calcea, Vinchio restò, per i tre secoli successivi al 1387, nei feudi imperiali spagnoli del dominio di Milano. Queste terre oltre a pagare la protezione spagnola furono frequentemen-te vittime di saccheggi ad opera delle truppe Sabaude. Nel 1635 il bandito Stefano Re, a nome del Duca Vittorio Amedeo, depredò Vinchio e Mombercelli, incendiò Castelnuovo Calcea e fece strage di coloro che parteggiavano per gli spagnoli. La contesa del territorio fra Francia e Spagna trovò fine nel 1736 col trattato di Vienna che vede gli Asburgo cedere i così detti "Feudi Imperiali" al costituendo Regno di Sardegna.

Polo sociale dell’insediamento è la piazza San Marco dove avvengono numerose manifesta-zioni enogastronomiche, sulla quale si affaccia la chiesa dedicata a San Marco. L’edificio religioso, fulcro visivo emergente anche a grande distanza, rappresenta il principale edificio di interesse storico-artistico. Composta all'origine di una sola navata centrale, venne successivamente ampliata nel secolo XVIII con l'aggiunta delle due navate laterali. La volta della navata centrale è decorata con pregevoli affreschi.

Una delle attrattive culturali più importanti di Vinchio è il Museo Vinchio è il mio nido, dedicato allo scrittore partigiano Davide Lajolo.

Vinchio

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attività privilegiò sempre l’aspetto letterario a quello puramente politico e ideologico.

L’attaccamento alla terra natale è il tema principale dei suoi scritti, nei quali compaiono descrizioni paesaggi-stiche che testimoniano il forte radicamento alla cultura vinicola di queste terre.

Allo scrittore è dedicato il Museo Vinchio è il mio nido, che riprende una sua frase famosa dedicata al suo paese: “Vinchio è il mio nido ci sono nato nella stagione del grano biondo…”.

familiare, di quella degli amici e della comunità vinchiese. Il Museo è strutturato come montaggio di

A Vinchio si trova anche il Museo contadino all'aperto “Vinchio e le colline della Barbera”, composto da installazioni collocate all’aperto che illustrano, le stagioni del lavoro contadino e i lavori tradizionali della viticoltura e della vinificazione.

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Postazione fortificata in età romana, a difesa della strada di collegamento tra Incisa Scapacci-no e Vinchio, fu feudo dei Marchesi di Incisa nel XII secolo. A seguito delle vicende belliche che videro contrapposti nei secoli diversi schieramenti per il controllo del territorio, Vaglio passò ai signori del Monferrato che affidarono il feudo alla nobile famiglia Crova nei primi anni del XVII secolo. Questa dinastia promosse la costruzione della Chiesa parrocchiale di San Pancrazio (1720), tutt’ora il monumento più significativo del centro urbano. In stile romanico rinascimentale, conserva al suo interno un antico fonte battesimale del 1578.

Al confine tra Vinchio e Vaglio Serra si trova la Cantina Sociale di Vinchio e Vaglio Serra*, esempio significativo di cooperazione vitivinicola fra piccoli produttori. Costituita nel 1959 da 19 viticoltori di Vinchio e Vaglio Serra, attualmente annovera 185 soci conferenti, proprietari e conduttori di circa 420 ettari di vigneto in coltura specializzata. Il nucleo originario è stato ampliato a più riprese, anche grazie al sostegno economico della Regione Piemonte, ed è oggi dotata di attrezzature all’avanguardia come i moderni impianti per la vinificazione, un nuovo reparto per l’imbottigliamento ed il confezionamento, oltre ad un consistente numero di piccole e grandi botti per l’affinamento dei vini di maggior pregio.

Vaglio Serra

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La cantina promuove giornate di degustazione finalizzate alla diffusione e conoscenza del proprio prodotto in Europa e in America. Annualmente si svolge una giornata di festa che prevede una camminata nella Riserva Naturale Val Sarmassa, con soste nei punti più suggestivi, tradizionale colazione del contadino e una visita guidata alla Cantina Sociale, durante la quale vengono spiegati i procedimenti di vinificazione ed offerti in degustazione i vini prodotti.

cavallo.

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L'origine del Comune di Montegrosso d'Asti è fatta risalire alla prima metà del XII secolo quando, durante una pestilenza che decimò gli abitanti di numerose località della valle Tiglione, i superstiti confluirono sull'alto colle che ne ospita attualmente l'abitato per cercare scampo nella salubrità del luogo. Lo sviluppo storico di questo territorio è legato, da una parte, alla sua posizione lungo la direttrice di collegamento fra il Piemonte e la Liguria e, dall’altra, alla fiorente viticoltura attestata già nel 1242 nei documenti dell’archivio capitola-re di Asti. Nel Settecento, alcune notizie storiche riferiscono di una viticoltura a Montegrosso prettamente dedita al Barbera. Il centro storico del villaggio, di dimensioni contenute e arroccato su un piccolo poggio, è dominato dal castello di origini medievali, di forma quadrangolare con massicce torri cilindriche ai vertici. La struttura è in mattoni a vista, e presenta al centro un ampio porticato costituito da archi a tutto sesto. A fianco del castello sorge la Chiesa Parrocchiale.

Montegrosso d’Asti

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Il territorio di Agliano si sviluppa in una posizione dominante tra le valli dei torrenti Nizza e Tiglione. Sebbene il toponimo di origine romana, dal gentilizio Allius, lasci intuire una presenza antica in questo territorio, probabilmente per un interesse strategico, le prime menzioni risalgono solo al X secolo. L’aggiunta del termine “Terme” si ricollega alla larga presenza di sorgenti di acqua salso solfata. Agliano fu celebre nella storia per aver dato i natali a Bianca Lancia, ultima moglie di Federico II, da cui nacque Manfredi di Sicilia.

L’edificio religioso maggiormente degno di nota è la Chiesa Parrocchiale dedicata a San Giacomo Apostolo (Il Maggiore), costruita intorno alla metà del 1500, in stile gotico. Sempre sulla Piazza della parrocchiale, sorge la chiesa di San Michele costruita tra la fine XVII e l’inizio XVIII secolo, ora sconsacrata ed adibita a centro culturale polifunzionale.Su un piccolo poggio a sud del paese sorge la chiesetta di San Sebastiano , sul luogo di una più antica chiesa dedicata a San Michele. Più recente è la chiesetta di Santa Croce (1855/1865), che venne costruita quando fu abbattuta la parrocchiale di San Gaudenzio, da cui ha preso il nome la vicina località.

La struttura religiosa più antica, è certamente la chiesa dedicata all’Annunciazione di Molizzo, che sorge sul colle omonimo, fra boschi e vigneti, circondata da un panorama incantevole sulla Val Tiglione. Presso lo stabilimento termale Terme Fons Salutis, in via Fonti 127, si può usufruire di cure termali, di una palestra e di un centro benessere.

Agliano Terme

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Il nome del paese viene comunemente fatto risalire al romanico Mons Bersarium, o Mons Bergerium, ma non sono da escludere Mombirsàn, che in antico longobardo significa “luogo di caccia”. Diverse famiglie nobiliari si avvicendarono nel dominio attraverso i secoli, con il 1538 quale punto di arrivo: in quell'anno, infatti, il feudo passò per volontà dell'Imperatore Carlo V ai Conti Maggiolini Scarampi, gli ultimi signori del luogo. La storica vocazione del territorio alla produzione di Barbera di gran pregio, emerge già in una statistica della provincia d’Asti del 1814 che indica il comune fra quelli da cui provengono le migliori uve.Nella parte più rilevata del paese si trova un castello, purtroppo in pessime condizioni conservative.Sono presenti due piccoli musei: il Museo Storico della Vite e del Vino è stato istituito nel 2001 dal Comune di Mombercelli con la precisa volontà di "salvare" il patrimonio di tradizioni e oggetti della civiltà contadina, il “Museo Civico d’Arte Moderna” è ubicato in un ex carcere finemente ristrutturato nello scorso decennio.

Mombercelli

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3.2 Canelli e l’Asti Spumante

L’area comprende i territori comunali di Canelli e Calosso, in Provincia di Asti, e di Santo Stefano Belbo, in Provincia di Cuneo.La zona rappresenta l’eccellenza del polo produttivo dell’ Asti Spumante, derivante dalla lavorazione del Moscato bianco. Questo vitigno è storicamente attestato in Piemonte, dove le peculiari condizioni ambientali ne hanno consentito la diffusione e hanno legato intimamente la produzione delle sue uve aromatiche a questi luoghi. Dal Moscato bianco si produce anche il Moscato d’Asti, un vino dolce, non spumantizzato.

"profumato"; tuttavia le prime attestazioni relative alla coltivazione del vitigno risalgono al XIV secolo. Nel 1600 era considerato fra le uve bianche “più eccellenti” del Piemonte e nel secolo successivo alcuni testi specializzati annoverano il “Moscato

in grado di produrre i vini più pregiati. Nel 1800, secolo importante per l’evoluzione delle conoscenze viticole ed enologiche, il vitigno diventa un importante protagoni-sta dell’enologia piemontese. A partire da quegli anni, Canelli e Asti diventavano le aree di eccellenza per la coltivazione di questa varietà; in particolare la prima si caratterizzava come capitale storica del “Moscato bianco”, ampiamente noto proprio come “Moscato bianco di Canelli”.

Il Moscato Bianco

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Si tratta di un territorio in cui la vite domina incontrastata e rende inconfondibile il paesaggio con filari ordinati, geometrici e disposti sulle dorsali collinari, e dove importanti innovazioni tecnologiche hanno dato il via alla storia dei grandi vini spumanti italiani. Il territorio è uno dei maggiori centri di produzione viticola nazionale e internazionale, la cui capitale è la città di Canelli. Le testimonianze più famose di questa produzione sono le prestigiose industrie spumantiere, conosciute come “cattedrali sotterranee” per via dei loro immensi spazi monumentali che si estendono nel sottosuolo della città.

Il vino “Asti spumante”, ricavato dalla lavorazione del vitigno Moscato, deriva da un

dallo stesso vitigno. Il riconoscimento di qualità della D.O.C.G risale al 1993.. Dal 1932

pari a circa l’80% - è tutelato dal Consorzio dell’Asti D.O.C.G., il quale si dedica alla ricerca

La prima spumantizzazione dell’Asti è stata realizzata a Canelli, intorno al 1860, da Carlo

piemontese, riuscì ad adattare il metodo champenois, di provenienza francecse, alle uve Moscato. Il processo prevedeva una rifermentazione in bottiglia in modo da ottenere uno spumante dolce: Gancia riuscì nell’intento, sperimentando un metodo che porta ancora oggi il suo nome, utilizzato poi da tutti i produttori della zona.

l’Asti Spumante

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Il territorio canellese e la Valle Belbo costituiscono lo scenario naturale di alcune tra le principali opere di Cesare Pavese e non di rado i cascinali, le frazioni rurali, le colline sono l’ambientazione delle vicende dei suoi personaggi più noti. La realtà contadina, i colli vitati e le borgate ricorrono frequentemente nel romanzo La luna e i falò, che contiene rimandi autobiografici alla vita dell’autore, nato a Santo Stefano Belbo all’inizio del secolo.

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foto vigneti

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Canelli è situata all’imbocco della valle del torrente Belbo, su una modesta pianura compre-sa tra le ultime propaggini della collina monferrina e le pendici della Langhe. Il nome deriva dal latino "cannula", che indicava le canne che ancora oggi crescono sulle rive del torrente Belbo. Alcune stele funerarie di epoca romana ritrovate a Canelli documentano un insediamento a carattere rurale, dipendente dal centro di Aquae Statiellae (Acqui Terme), la cui importanza era legata alla via di traffico Aemilia Scauri che collegava questo territorio alla costa ligure presso Savona.

L’insediamento presenta due settori urbani ben distinti: la “villanuova” sorta intorno all’antico castrum, sulla sommità di un piccolo rilievo nella zona Nord-orientale dell’abitato, e il “borgo”, formatosi per stratificazioni successive ai piedi del castello medievale. Il tessuto urbano medievale, fittamente edificato e strettamente connesso all'andamento dei viottoli a serpentina, si sviluppa lungo il pendio della collina, alla cui sommità emergono le costruzioni più pregevoli dal punto di vista architettonico. Primo fra tutti il castello, ora Palazzo Gancia, le cui prime attestazioni risalgono all’XI secolo, che deve il suo aspetto attuale alla ricostruzione seicentesca e ad un importante restauro del 1929 da parte dell'architetto Arturo Midana. Gli intenti del Midana furono quelli di conferire al Castello lo stile di fine Seicento sia per gli esterni che per gli interni, dove un'attenta ricerca d'epoca conferì ai locali un'armoniosa varietà di arredi. Le decorazioni del pittore canellese Giovanni Olindo, ed i numerosi stucchi policromi, richiamano la corrente barocca. Esternamente furono aggiunte due ali rendendo più imponente l'edificio. Lesene angolari e mediane rompono la compattezza della costruzione, mentre più semplici sono le fiancate ed i corpi sporgenti. Significativa fu anche la sistemazione delle aree circostanti; in particolare la creazione del giardino all'italiana riporta il Castello agli splendori del passato. Il Castello rappresenta un punto di riferimento panoramico e costituisce il simbolo della città di Canelli.

Canelli

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La parrocchiale di San Leonardo si trova nelle immediate vicinanze del castello ed è stata anch’essa riplasmata in forme barocche sul sito dell’antica chiesa di San Michele. Anticamen-te la facciata era dipinta con toni intensi e decorata con figure allegoriche della Fede e della Carità ormai scomparse. La pianta è a navata unica fiancheggiata da due pseudo navate costituite da cappelle laterali. Poco distante, in posizione di cerniera con il borgo sottostan-te, si trova la chiesa di San Tommaso attestata fin dall’XI secolo e ricostruita nel XVII.Ma a rendere unico questo territorio sono le famose “Cattedrali Sotterranee”, le Cantine Storiche di Canelli che si snodano per chilometri sotto il centro storico cittadino. Tali architet-ture sono una testimonianza della capacità di adeguare i luoghi del vino alle trasformazioni e alle esigenze del ciclo produttivo. Infatti le nuove tecniche di vinificazione dello spumante vennero sperimentate su vasta scala a partire dalla metà del XIX secolo proprio in questi ambienti, che presentano una conformazione architettonica profondamente legata al particolare metodo di lavorazione delle uve.

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Le Cattedrali sotterranee sono chiamate così per la maestosità degli ambienti voltati che richiamano le navate delle chiese, sono scavati a partire dal XIX secolo nel sottosuolo del centro urbano di Canelli e

da tufo calcareo - perfetto isolante termico naturale capace di mantenere costante la temperatura di 12-14

Le “cattedrali”, spesso adibite anche a veri e propri musei aperti al pubblico, sono caratterizzate da spazi di imponenti dimensioni suddivisi in locali accessori alla produzione e cantine per l’invecchiamento dei vini coperti da volte a botte o a vela e sviluppati su più livelli a decine di metri di profondità. Accanto alle gallerie originarie scavate nel tufo o rivestite in mattoni e adibite alla conservazione delle botti, sono spesso presenti vasche per la fermentazione e la refrigerazione. Gli ambienti ipogei e quelli ai piani superiori, destinati alla

Attualmente sono visitabili:

Cantine ContrattoCantine GanciaCantine BoscaCantine Coppo

Le Cattedrali Sotterranee

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In via Giuliani si trova la sede del MUvistep Museo virtuale della storia dell’enologia e dell’enomeccanica piemontese che ha come obbiettivo la valorizzazione del comparto legato alla filiera vitivinicola, in gran parte concentrata nel canellese, promuovendo al contempo la ricerca storica e l’innovazione tecnologica, recuperando e catalogando il patrimonio documentale in materia e rendendolo fruibile a visitatori e studiosi.Sempre in via Giuliani si segnala il MUSA MUseo multimediale del Sud Astigiano, che racconta i 150 anni di vocazione enologica italiana, attraverso un percorso di visita finalizzato a comunicare una filosofia di vita e una cultura che, nel tempo, da contadina è diventata imprenditorialeA Canelli si svolge ogni anno la manifestazione “Canelli Città del vino” che promuove il Moscato bianco attraverso la rievocazione della pigiatura ottocentesca delle uve e con la visita alle cantine. Tra gli organizzatori dell’evento si colloca l’Enoteca Regionale di Canelli e dell’Astesana che, con sede nell’ampliamento ottocentesco della città, fa da vetrina ai grandi produttori di vini bianchi e rossi del territorio astigiano. L’Enoteca è stata fondata nel 1997 e riconosciuta dalla Regione Piemonte ai sensi della L.R. 37/1980. Attualmente annovera 52 soci, di cui 45 privati, tra i quali figurano le principali aziende vitivinicole di Canelli e del territorio, e 7 soci pubblici, rappresentati dai comuni di Canelli, Calamandrana, Calosso, Cassinasco, Moasca, San Marzano Oliveto, Vesime e dalla Comunità delle Colline tra Langa e Monferrato con sede in Costigliole d’Asti.

MUSA Museo multimediale

del Sud Astigiano

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Il nome Calosso, menzionato per la prima volta nel 960, potrebbe derivare dal gentilizio romano Callucius oppure da Calocero, termine medioevale per indicare San Calogero, venerato nel piccolo insediamento fino alla metà del 700. La prima menzione dell’insedi-amento risale al 960 mentre per trovare attestazioni di una struttura fortificate bisogna attendere l’inizio del XIII secolo. In epoca comunale Calosso fu un’importante feudo del Consortile di Acquesana, di cui anche Canelli fece parte, nato per tutelare i feudi minori dalle mire espansionistiche delle grandi famiglie di Asti.

Calosso è oggi un piccolo borgo arroccato su una collina. Alla sommità del paese si trova la rocca, occupata da una possente struttura difensiva attestata a partire dal XIII secolo. Il castello conserva in parte le strutture più antiche, in particolare sul fronte settentrionale, dove spicca la massiccia torre cilindrica decorata con archetti pensili e sormontata da merlature. A partire dal XVI secolo è stato oggetto di un trasformazione che lo ha portato ad assumere l’aspetto di residenza nobiliare che ancora oggi mantiene. Interna all’antico perimetro della cinta fortificata è la chiesa di San Martino, edificata sul sito di un precedente luogo di culto, mostra in facciata il segno del restauro ottocentesco che ne ha ampliato le navate laterali.Il piano terreno del Municipio (Via Roma, 11) ospita il Museo del Combattente, che espone divise della Prima e della Seconda Guerra Mondiale, armi leggere e pesanti oltre a numerosi piccoli oggetti caratteristici della vita militare.

Il centro storico di Calosso fa da sfondo all’autunnale “Fiera del Rapulè”, che rimanda alla tradizione di festeggiare il momento della raccolta dei grappoli di San Martino, detti anche “rapulin”, ovvero i piccoli grappoli che vengono lasciati sulla pianta durante la vendemmia, per poi pigiarli in maniera tradizionale con i piedi. Durante tale occasione viene inoltre allestito un percorso che promuove i prodotti enogastronomici tipici e che si snoda anche all’interno dei “crutin” scavati sotto le case del centro storico.

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Calosso

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I crutin sono un particolare esempio di architettura vernacolare legata alla cultura contadina: si tratta infatti di antiche cantine scavate nel tufo e voltate in mattoni, utilizzate sia per la conservazione domestica delle bottiglie e delle derrate alimentari, sia come ghiacciaie o cisterne. La diffusione di tali cantine è assai capillare, al punto che quasi ogni casa del centro storico dispone di uno di questi spazi sotterranei. Gli ambienti hanno dimensioni molto variabili, alcuni dei quali riportano incisa sulle pareti la data di costruzione, che risale generalmente al XVIII e XIX secolo. La maggior parte dei crutin è di proprietà privata e vi si accede dalle abitazioni, alcuni però sono legati alle piccole aziende vitivinicole che avevano sede nel borgo, tra le quali rimane attiva la Cantina Sociale di Calosso fondata nel 1904. .

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L’origine del nome si deve al protomartire Santo Stefano, venerato nel borgo, e al torrente Belbo che scorre nel centro del paese. L’importanza del territorio derivò, in epoca romana e medievale, dalla posizione strategica di controllo all'inizio della strada che si snodava lungo la valle del Belbo e che incrociava la strada proveniente da Alba. Informazioni più precise sullo sviluppo del borgo si hanno in epoca medievale, con la costruzione di un castello (castrum) sulla collina di Santa Libera e di un convento benedettino (San Gaudenzio) edificato probabilmente sui resti di un più antico tempio dedicato a Giove. La presenza monastica era molto forte in Valle Belbo, e a Santo Stefano operarono anche, tra il 1600 e il 1840, i frati Francescani scalzi e i Cistercensi. I ruderi dell’antico Castello ricordano la distruzione del maniero ad opera degli Spagnoli e degli Austriaci, che se ne contendevano il possesso e il dominio nel 1635. Dopo il Congresso di Vienna, Santo Stefano Belbo entra a far parte del Regno di Sardegna e seguirà le vicende dei Savoia fino alla proclamazione del Regno d’Italia.Tra i monumenti di interesse storico-artistico si segnala la Chiesa del Sacro Cuore di Gesù, splendido edificio che ospita una croce di rame risalente al X secolo.Il paese è il luogo simbolo della poesia pavesiana. Cesare Pavese vi nacque e vi trascorse molto tempo durante la giovinezza. Lo scrittore nel corso degli anni continuerà ad avere con questo paese un rapporto di confronto, in una sorta di odio-amore, di differenza e di uguaglianza, espressa nella sua massima forma nel romanzo “La luna e i falò”. In paese è attivo il Centro Studi "Cesare Pavese" (Piazza Confraternita, 1), ufficialmente istituito dall'Amministrazione comunale nel 1973 per mantenere vivo lo studio e il ricordo dello scrittore. Il centro comprendente i locali della ex Chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo ed ospita il Museo pavesiano, una raccolta di libri appartenuti allo scrittore e facenti parte della sua biblioteca, alcune prime edizioni autografe delle sue opere, varie traduzioni, copie di manoscritti e alcuni oggetti personali. L’ultimo piano è adibito a foresteria per studenti e studiosi provenienti da tutte le parti del mondo. La struttura mette a disposizione guide specializzate che accompagnano i visitatori alla scoperta dei principali luoghi che hanno ispirato Cesare Pavese.

Santo Stefano Belbo

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foto vigneti

Santo

Stefano (CN)

“La Torre

diroccata”

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4. IL BASSO MONFERRATO

Il territorio del Basso Monferrato è compreso tra il corso del fiume Po, a Nord, e il corso del fiume Tanaro, a Sud. Il sistema collinare è costituito da rilievi di scarsa entità, che general-mente non superano i 300 metri di altezza.Quest’area presenta una matrice policolturale, dove gli appezzamenti vitati sono affiancati da diverse tipologie di coltivazioni, quali seminativi (mais, grano), e da boschi. Dal punto di vista enologico, si producono principalmente i vini rossi Barbera del Monferrato e Grignolino.

In questa zona si colloca l’ultima componente del sito UNESCO denominata Il Monferrato degli infernot, caratterizzata, come suggerito dal nome stesso, dalla presenza di una particolare forma di architettura del vino: l’infernot, ovvero una piccola cantina sotterranea scavata nella Pietra da Cantoni.

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3. IL BASSO MONFERRATO

Come arrivareL’automobile - Come per le altre zone, anche il Basso Monferrato è più facilmente raggiungibile attraverso l’automobile. E’ possibile noleggiare auto o pulmini a Casale Monferrato, paese assai prossimo alla zona, o direttamente ad Asti.

Se si arriva tramite la rete autostradale: dalla A21 Torino-Piacenza prendere l’uscita Felizzano-Quattordio; dalla A26 Genova-Gravellona prendere l’uscita Casale Monferrato Sud.

L’aeroporto - l’aeroporto più vicino e che offre maggiori collegamenti è l’Aeroporto Internaziona-le di Torino Caselle (Strada San Maurizio 12 - 10072 Caselle Torinese). Si segnalano inoltre, a maggiore distanza, l’Aeroporto Internazionale di Cuneo Levaldigi, l’Aeroporto Internazionale Cristoforo Colombo di Genova e gli areoporti milanesi di Malpensa e Linate.

La stazione ferroviaria Le stazioni ferroviarie più vicine sono quelle di Asti e Casale MonferratoPer informazioni e orari: Servizio FS Informa - Call Center FS: 892021 - Web: www.trenitalia.it

Compagnie di autobus: esistono alcune compagnie di autobus che collegano alcune località del Basso Monferrato da Alessandria, tra queste:

Arfea - Aziende Riunite Filovie ed AutolineeViale Milite Ignoto 26/28 - 15121 Alessandria (AL)Tel: 0131-225810 - Fax: 0131-226822E-mail: [email protected] - http://www.arfea.it

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I Paesaggi del Vino Patrimonio Mondiale dell’Umanità

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Cosa vedereI principali luoghi di interesse che caratterizzano le due componenti del Sito UNESCO comprese nel Basso Monferrato sono visitabili nell’arco di una giornata.

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Cosa vedereIniziate la vostra visita da Vignale Monferrato, il borgo più esteso della zona, passeggiando per il centro storico e fermandovi ad ammirare il paesaggio dal belvedere, posto nel punto più in alto del paese. Potete anche acquistare degli ottimi vini presso l’Enoteca Regionale del Monferrato presso l’imponente Palazzo Callori e poi partire per un giro a zonzo tra le colline dai dolci profili.

Concedetevi una sosta o un buon pranzo a base di prodotti tipici nel magnifico borgo di Moleto e poi procedete per Cella Monte ad ammirare i tanti edifici realizzati in Pietra da Cantoni. Se avrete programmato la vostra visita per tempo e contattato l’Ecomuseo della Pietra da Cantoni, potreste anche visitare uno o più dei tanti gioielli caratteristici della zona, ovvero gli infernot scavati direttamente nella pietra.1day

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4.1 Il Monferrato degli Infernot

L’area comprende i territori comunali di Cella Monte, Ottiglio, Rosignano Monferrato, Frassinello Monferrato, Olivola, Camagna Monferrato, Vignale Monferrato, Sala Monfer-rato, Ozzano Monferrato. In questa zona sono assai diffusi i vitigni Barbera, che qui viene lavorato per produrre il Barbera del Monferrato Superiore, e il Grignolino, da cui deriva l’omonimo vino.

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Già utilizzato nel Cinquecento per la produzione di vini “chiaretti”, il vitigno è

dove si diffuse in seguito nella provincia di Alessandria. In quel periodo, il Grignolino era molto gradito alla corte dei Savoia, durante i banchetti a base di pesce. In seguito, grazie ai forti contributi dei ricchi banchieri astigiani, il commercio di questo vino incrementava notevolmente ed il nome Grignolino prese il sopravvento sugli altri.

gloria nella storia del Grignolino, considerato fra i principali vitigni piemontesi, anche elogiato nel 1891 da Umberto I di Savoia, in occasione della sua venuta ad Asti

Nei primi decenni del 1900 veniva descritto come un vitigno delicato, la cui produzione si andava limitando e mescolando con quella del vitigno Barbera per ottenerne un vino più robusto e più serbevole. Proprio questa delicatezza fu una

Infatti, già nel 1930, il professor Giovanni Dalmasso, una delle più autorevoli voci della scienza vitivinicola piemontese, lamentava il fatto che andasse diminuendo la

in considerazione del grande merito di quest’uva, che riteneva “uno dei vitigni più preziosi della nostra regione”.

IL GRIGNOLINO

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In tutti i centri urbani è assai diffuso l’utilizzo diffuso della Pietra da Cantoni impiegata sia per la costruzione degli edifici sia per la realizzazione di straordinarie testimonianze di architettura vernacolare: gli infernot. Tali strutture sono costituite da piccoli vani ipogei scavati al di sotto del livello delle comuni abitazioni e utilizzati per la conservazione delle bottiglie di vino. Gli infernot rappresentano vere e proprie opere d’arte nate dalla tradizione contadina e dalla perizia di mastri cantonieri e si concentrano in queste forme unicamente in questo brano di terra.

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L’infernot è costituito da una o più piccole camere scavate sotto terra, senza luce ed areazione diretta, normalmente raggiungibile attraverso una cantina. Si tratta di luoghi scavati molto in profondità nel terreno grazie alle perizia dei costruttori che hanno saputo collegare l’ambiente principale a quelli secondari grazie ad un reticolo

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Il materiale da costruzione utilizzato è la Pietra da Cantoni, molto indicata per l’escavazione poiché facilmente lavorabile e, al tempo stesso, in condizioni particolari di umidità e temperatura, molto resistente La sua forma, così come la collocazione, risulta adatta ad assicurare un clima e un’umidità costante e idonea per la conserva-zione del vino imbottigliato.

Dal punto di vista distributivo, la maggior parte degli infernot è costituita da un unico vano di modeste dimensioni; la pianta è solitamente di forma rettangolare, anche se esistono esempi di forma rotonda e quadrata.

Accanto alla funzione principale di contenere bottiglie (in genere le più pregiate), l’infernot è utilizzato anche come dispensa per materiali reperibili. Inoltre, la frequente presenza del tavolo al centro del vano evidenzia come l’infernot sia concepito anche in termini di spazio conviviale, in cui vengono degustati i vini.

GLI INFERNOT

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Il nome dell’insediamento deriva da Casa Magna, probabilmente in riferimento ad una antica struttura presente sul territorio. Nel XII secolo il feudo era nei possessi del ramo Aleramico dei marchesi del Monferrato che vi fecero costruire un castello al fine di fortificar-lo. Nonostante la buona fortificazione, Camagna venne occupata, saccheggiata e devastata dalle truppe dei Visconti di Milano (1431), dagli spagnoli (1630) e dall'esercito austriaco capeggiato da Eugenio di Savoia (1692-1693). La famiglia Bobba mantenne la signoria di Camagna dal 1465 al 1641 quando, estinta la linea, i Gonzaga investirono la famiglia Grisella. Già nel 1536, i catasti registrano la presenza di numerose terre dedicate alla coltivazione della vite, indicazione significativa, per l’epoca, di un’intensa attività vitivinicola che affonda le radici nei secoli precedenti.

L’insediamento presenta un morfologia articolata: alla parte accentrata intorno alla rocca si aggiungono le ramificazioni che vedono il tessuto disporsi lungo tre percorsi viari che convergono sulla rocca stessa. L’altura era anticamente occupata da un castello, del quale non permangono tracce, e dalla chiesa di Sant’ Eusebio che spicca ancora oggi per l’estrema verticalità della sua cupola, completata nel 1885. La chiesa è in muratura mista, con presenza di corsi di mattoni e conci di Pietra da Cantoni; si presenta col suo aspetto ottocentesco, con abside, transetti e cupola dovuti all'architetto Caselli di Fubine. Il campanile, in stile romanico, rappresenta la parte più antica della chiesa, benché sia stato sopraelevato nel Settecento. All'interno, sopra il portone d'ingresso, si trova una grande pala di Guglielmo Caccia, detto il Moncalvo, che raffigura la SS. Trinità con la vergine e San Giuseppe..

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Camagna Monferrato

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Il nome di Cella Monte deriva dal latino cella che indicava il luogo di raccolta dei prodotti agricoli che venivano accumulati nelle cantine e negli ambienti scavati nella roccia locale, la Pietra da Cantoni. Il borgo, dopo essere stato feudo della Chiesa di Vercelli, passa in seguito al marchesato del Monferrato con gli Aleramici fino al 1305 e con i Paleologi fino al 1533. A questi ultimi seguirono poi i Gonzaga; nel 1708 l’intero territorio del Monferrato passa a Casa Savoia, di cui da allora in poi seguirà le sorti. Anticamente Cella Monte era difesa da cinque castelli o caseforti che le famiglie titolari in consorzio del feudo avevano fatto costruire a protezione propria e degli uomini loro dipendenti; di questi antichi edifici rimane ancora qualche traccia nonostante i rimaneggia-menti subiti nel corso dei secoli. Il piccolo borgo di crinale presenta una morfologia insediativa attestata linearmente lungo la principale direttrice viaria. L’impiego della Pietra da Cantoni, alternata a corsi di mattoni, è ampiamente diffuso nel pregevole tessuto urbano storico, che si è mantenuto integro, e connota anche l’architettura del castello. Questo, edificato alla fine del XII secolo, venne trasformato nel XVII secolo in villa signorile dalla famiglia Ardizzoni; dell'originario impianto si conservano le belle finestre quattrocentesche e le murature a fasce alternate di pietra e mattoni. A poca distanza si trova la chiesa parrocchiale di San Quirico e Giuditta edificata nel 1610 a tre navate con abside semicircolare e conclusa dalla facciata in laterizio a vista aggiunta nel 1922. Vi si trovano affreschi del ‘600; le pale d’altare delle cappelle in capo alle navate sono opera di Guglielmo Caccia.La cura profusa per il restauro del centro storico ha valorizzato la maggior parte dei palazzi, ville giardini, spesso collegati fra loro da percorsi panoramici. Tra questi spicca Palazzo Radicati, risalente al XVII secolo e ampliato nel Settecento quando divenne residenza del vescovo di Casale Monferrato. L’architettura nobiliare del palazzo è circondata da un bellissimo giardino di gusto barocco; si segnala infine Villa Cossetta, palazzina dalle tipiche forme liberty, caratterizzata dall'elegante torretta con finestre ovali e dalle lievi decorazioni delle cornici marcapiano e delle finestre.

Cella Monte

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Di pregevole fattura è anche l’edificio di piazza Vallino, sede dell’Ecomuseo della Pietra da Cantoni.

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L’ecomuseo della Pietra da Cantoni si propone di raccontare e valorizzare gli aspetti unici della vita e del paesaggio del Monferrato Casalese, promuovendo tutte le iniziative per il suo recupero come testimonianza storica e per rivitalizzare e reinterpretare il ruolo funzionale ed economico delle attività e produzioni agricole del territorio. La Pietra da Cantoni rappresenta l'elemento identitario della zona, che ha condizionato e che

sono presenti sparse su gran parte del territorio di pertinenza dell'Ecomuseo. Insieme alla pietra anche il

racchiude in se gli elementi che lo connotano e rendono chiara la sua appartenenza a quest'area.

L’ecomuseo organizza visite guidate ai tesori del territorio.

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Il nucleo originario del paese sorse nella località di Lignano, toponimo derivante dal gentilizio "Laennius", probabilmente il nome di una gens romana che risiedeva nell'area tra Frassinello e Camagna. Una stele funeraria conservata a Lignano ricorda il defunto Lucio Herennio della tribù Pollia, appartenente alla IX Regio augustea, all’epoca comprendente tutto questo territorio. Il toponimo Frassinello deriverebbe da fraxinus, frassino, che alcuni studiosi collegano alla presenza dei saraceni nel territorio che avrebbero chiamato il luogo di stanziamento con il nome della loro base in Provenza, Le Garde Freinet. In effetti, secondo la Cronaca della Novalesa, proprio presso un "castro Fraxenedello" sarebbe stata annientata, nel 964, un'ondata di saraceni. Il primo insediamento medievale è attestato nell’XI secolo in un documento in cui venne riconosciuta il possesso del feudo all’ Episcopato di Vercelli.

Il borgo è dominato dal castello dei conti Sacchi Nemours e conserva tratti delle fortificazioni e della rocca che lo cingevano nel Medioevo. Il complesso fortificato ha una pianta a "C" con cortile interno e giardino. Le torri quadrate che adornano il fronte principale erano merlate; mentre all'interno, le volte dei saloni sono adornate da affreschi di pregio, settecenteschi, e nel salone principale pavimentazione a mosaico con stemma della famiglia Sacchi-Ne-mours. Edificata ai piedi del castello e all’interno del cerchio murario, è la chiesa parrocchia-le dell’Assunta, la cui costruzione originaria risale al XV secolo, con pianta a croce greca e facciata neoclassica con linee semplici e austere, ornata solamente dalle quattro lesene e dal timpano. Poco fuori rispetto al centro abitato e immersa nel paesaggio vitato, si trova la pregevole cappella campestre di San Bernardo dalle belle forme barocche, a pianta esagonale, realizzata interamente in muratura di mattoni non intonacata.

A Frassinello si trovano interessanti esempi di cantine produttive all’interno di castelli, quali il Castello di Lignano. Le antiche cantine costruite dopo la metà del 1800, testimoni della grande tradizione enologica al Castello di Lignano, ospitano oggi gli impianti di vinificazio-ne e imbottigliamento, i tini e le autoclavi.

Frassinello Monferrato

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Il piccolo paese si presenta arroccato su un poggio; in cima del paese, due pregevoli edifici, tra loro vicini, emergono sugli altri: il castello, in posizione dominante e la chiesa di San Germano poco più in basso, in un punto panoramico suggestivo. La costruzione, in corsi alternati di mattoni e tufo, fu iniziata nel 1761. Colpisce il contrasto tra l'austerità della facciata e il lusso delle decorazioni interne. Il castello, costruzione anch'essa in mattoni e tufo, fu sottoposto ad interventi radicali nella seconda metà del secolo XVIII. La parte bassa dell’abitato è dominata dalla moderna chiesa di Sant'Eusebio, patrono del paese.

A pochi km da Ottiglio sorge la piccola borgata di Moleto, situata su un altipiano del versante orientale del colle di San Germano. L'insediamento è molto antico, come testimoniano i due edifici religiosi probabilmente anteriori all'anno Mille: le chiese di San Michele e San Germano. La chiesetta romanica di San Michele venne smontata nel 1968 e trasportata nel suo luogo attuale dalla sua primitiva ubicazione, per l'avanzare dell'attività estrattiva di Pietra da Cantoni. Di pregevole fattura è l’intero borgo, costruito con materiale proveniente dalla zona, ovvero i tradizionali conci di tufo presentano tutte un aspetto signorile, completa-to dalla presenza di curatissimi giardini. Dopo un lungo lavoro di restauro che ha coinvolto l’intero borgo, e l’avvio di attività eno-gastronomiche, ricreative e musicali, Moleto presenta spiccati caratteri di integrità architettonica.

Presso Moleto si trovano le Grotte dei Saraceni, cavità sottostanti il colle di San Germano ancora parzialmente inesplorate che hanno esercitato per lungo tempo un fascino indiscuti-bile sulla fantasia delle persone che hanno scavato l’area alla ricerca del presunto tesoro dei Saraceni. Si narra di un Mitreo di età romana, di un suggestivo lago sotterraneo e di uno sviluppo di grotte stimato di oltre cinque chilometri. L'esplorazione dei cunicoli è ancora oggi difficile per via degli interventi di otturazione degli ingressi effettuati dal governo mantovano nel XVII secolo per sottrarre nascondigli ai briganti dell'epoca.

Ottiglio

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L’insediamento di Olivola è attestato a partire dal XII secolo, mentre le origini della Signoria di Olivola risalgono all'inizio del XIII secolo, momento a cui si fa risalire l’edificazione del castello. Nel 1250 Olivola è concesso alla potente famiglia di bancari dei Pelletta già possessori di alcuni feudi della zona. Dall'inizio del XIV secolo gli stessi Pelletta cedono gradualmente alla famiglia Turco, anch’essi banchieri, il controllo sul territorio. Nel 1355 Olivola viene assegnato ai marchesi del Monferrato e quindi infeudato in tempi successivi a famiglie diverse tra cui emersero, nel XV secolo, i Mazzetti, di origine bolognese, che tennero la proprietà fino al 1829.

L’abitato sorge in una posizione estremamente panoramica ed è pressoché totalmente realizzato in Pietra da Cantoni. Si segnalano in particolare la Chiesa di Santa Maria delle Grazie ora Auditorium, edificio tardo romanico realizzato in muratura frammista di mattoni pieni e conci di pietra da cantoni; la facciata è a capanna caratterizzata da due contrafforti d’angolo e da un semplice occhio centrale. Pregevole è anche la Chiesa di San Pietro il cui campanile risale all’XI-XII secolo, mentre la restante parte della chiesa è successiva. La torre campanaria è interamente realizzata in cantoni di bella fattura, decorato con archetti pensili e dentellatura.

Olivola

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Citato per la prima volta tra la fine del IX e l’inizio del X secolo, Ozzano è attestato fra i possessi degli Aleramici nel XII secolo, per passare ai Paleologi nel 1305. Con l’estinzione dei Paleologi subentrarono nel 1536 i Gonzaga, che inaugurarono un periodo difficile per il Monferrato, segnato da atti dispotici e pesanti esazioni di tasse. Gli spagnoli, i francesi, i Savoia e infine i lanzichenecchi occuparono il paese nel corso del Seicento, portando con sé devastazioni e spesso saccheggi. Nel 1791 i Cocconito di Montiglio sono gli ultimi signori di Ozzano, che passerà poi nel Regno di Sardegna. Per le sue caratteristiche geologiche fin dal XVII secolo il territorio di Ozzano venne sfruttato per l’estrazione della cosiddetta pietra calcarea o calce in zolle, che costituiva la base per ogni legante per costruzioni. Secondo studi e relazioni dell’Ottocento, le calci provenienti dal territorio di Ozzano erano considerate le migliori, fatto che favorì lo sviluppo dell’industria cementiera.Il paese è dominato dal Castello. L'edificio attuale, ad opera dei signori Gattinara-Lignana, ha nel '500 perso le sue caratteristiche difensive medioevali ed ha assunto i connotati della residenza civile. Le trasformazioni dell'edificio interessarono anche l'interno dove si conservano ancora soffitti a cassettoni. Il tratto murario visibile in prossimità del cancello di accesso è quello più antico e risale al XV secolo, si tratta di una porzione di parete terminante con tre merli bifidi (a coda di rondine) e sulla quale si aprono delle finestrelle a doppia ghiera. Il lato ovest fa intravedere la cappella gentilizia. Percorrendo il suggestivo giro delle mura si arriva al sagrato della parrocchiale dove prospettano gli splendidi giardini pensili, ampliamento ottocentesco che in una parete tufacea ha inglobato la torre campanaria. La Chiesa parrocchiale di origine medievale, presenza una facciata realizzata in cotto, a salienti divisa da quattro contrafforti terminanti in pinnacoli ottagonali. Il portale è decorato da un timpano neoclassico anch'esso in laterizio a vista e dispone di un portone settecente-sco in legno.

Particolarità del borgo sono le molte abitazioni e ville ottocentesche di pregio architettonico, dotate anche di pregevoli spazi aperti quali parchi e giardini.

Ozzano Monferrato

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Sebbene le prime attestazioni di “Ruxignanum” risalgano al X secolo, l’esistenza di una rocca fortificata e di una pieve duecentesche consentono di collocare lo sviluppo del primo insediamento medievale all’inizio del XIII secolo. In quell’epoca i documenti attestano la presenza di un consortile di più famiglie locali unite per l’amministrazione dei diritti feudali su diversi castelli del territorio.

La posizione strategica del paese, detta “sentinella di Casale”, determinò la costante presenza di milizie nel luogo da parte dei diversi schieramenti che si fronteggiarono nel territorio monferrino. Dapprima dipendenza dei marchesi di Monferrato, passò agli Alerami-ci agli inizi del Trecento e, successivamente, ai Paleologi fino al 1536, anno della loro estinzione. Entrarono quindi in scena i Gonzaga, i quali sottoposero il territorio a una serie di battaglie e scontri che videro una tregua quando, alla metà del XVII secolo, venne sancita la pace tra Francia e Spagna. Inglobata nel regno sabaudo, venne invasa dalle truppe napoleo-niche e eretta al rango di “chef de lieu” del dipartimento di Marengo.

Il borgo è disposto sul pendio di un colle e mostra una maglia insediativa regolare, accentra-ta intorno alla presenza dell’antico castello, di cui permangono i resti inglobati nell’edificio che sorge nel parco sulla rocca. Nelle immediate vicinanze si trova la parrocchiale di San Vittore costruita alla fine del XV secolo e profondamente restaura intorno al 1860, presenta una facciata a salienti con alternanza di fasce in cotto e in pietra da cantoni e mattoni.

Accanto alla parrocchiale si trova la chiesa di Sant’Antonio tra i più antichi edifici di Rosigna-no, ha una prima facciata in cotto e arenaria, poi nascosta dalla costruzione di una seconda facciata anteposta alla prima ma discostata di 4 metri. Al 1852 risale la torre civica che si erge accanto all'antico Palazzo Comunale.

Rosignano Monferrato

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Il belvedere che sorge nelle vicinanze del castello permette di godere di un ampio panorama, di estrema suggestione, che va dalle Alpi e agli Apennini Liguri.

A poca distanza da Rosignano si segnala il maestoso castello di Uviglie in cui sono conservati importanti arredi antichi e che è circondato da un giardino all'inglese e da un ampio e rigoglioso parco.

Il castello di Uviglie - Il castello di Uviglie è una struttura a pianta esagonale, con aperture orientate sui punti cardinali in modo che al sorgere e al calare del sole i raggi creino un suggestivo spettacolo.

sinuoso andamento, gli dona un aspetto vagamente orientale. Dominano il glicine a copertura di un antico

(noce, ciliegio, rovere, acero).

Tel. +39 0142.488792

www.ilcastellodiuviglie.com

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Il toponimo Sala, attestato a partire dal 1218 e di probabile origine longobarda, potrebbe derivare dalla presenza, in epoca medioevale, di un luogo di raccolta delle provviste, una corte o un magazzino all’interno del borgo fortificato. Come la maggior parte dei comuni della zona, Sala Monferrato partecipò alle vicende storiche del marchesato del Monferrato, sotto il cui controllo si sviluppò il potere delle famiglie della Sala (1369-1546), Bellone (1547-1761), Barbotti. La sua posizione rese a lungo il centro oggetto di guerre tra i francesi e gli spagnoli. Nel corso del XVIII secolo venne inglobata nei possedimenti dei Savoia.

Il paese, posto su una collina in splendida posizione panoramica, si è sviluppato attorno al , costruito in età altomedievale, e riplasmato in forme neogoti-

che agli inizi del XX secolo. La Chiesa di San Francesco era l' antica cappella del castello e sorge infatti all’interno del perimetro dell’antico ricetto; fu poi completamente ricostruita nel XVII secolo, e dal piazzale antistante si gode uno splendido panorama sulle valli monferrine. Al centro del paese sorge la Chiesa parrocchiale di San Giacomo: iniziata nel 1582, subisce diverse trasformazioni nel XVIII secolo e viene consacrata nel 1860.

Così come accade per il borgo, anche le architetture rurali sono caratterizzate dall’utilizzo della Pietra da Cantoni, ricavata dall’arenaria di cui sono ricche queste colline, abbinata all’utilizzo di coppi e mattoni cotti nelle numerose fornaci che erano attive nella zona.

Sala Monferrato

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Vignale è un insediamento di crinale che presenta storicamente profondi legami con la viticoltura, come mostrano chiaramente l’etimologia del nome - “Vinealis” terra da vino - e lo stemma del Comune, che ritrae un tralcio di vite con cinque grappoli rossi. Agli inizi del X secolo il suo territorio venne confermato, tramite una donazione, agli Alerami-ci Marchesi del Monferrato, che ne ressero il governo per diverso tempo. Agli Aleramici si attribuisce l’edificazione del complesso fortificato in una particolare posizione strategica che permetteva di controllare, lungo le vallate circostanti, le principali strade verso il paese. In età comunale Vignale acquisì il titolo di libero comune divenendo teatro di durissimi scontri tra le famiglie guelfe e ghibelline da cui uscì vincitrice la famiglia dei Pastroni. Nel corso del Cinquecento assume importanza la famiglia astigiana dei Callori, protagonista della storia del paese, a cui si deve la costruzione dell’omonimo palazzo. Il XVI secolo fu attraversato dalle battaglie dovute alla guerra tra Francia e Spagna e per la successione al trono di Mantova e del Monferrato. L' evento più tragico della storia di Vignale è datato 28 gennaio 1691 quando gli Alemanni reagirono con violenza all' opposizione dei Monferrini e dei Francesi, saccheggiando e bruciando il paese. Con il passaggio sotto i Savoia, cominciò a svilupparsi la piccola proprietà contadina e la coltura della vite su larga scala che si affermò come simbolo di Vignale.

Due verticalità architettoniche spiccano nel profilo del borgo: il campanile della chiesa di San Bartolomeo, il cui edificio sorge su una precedente chiesa del XIII secolo e presenta una facciata neoclassica; e la torre campanaria della cappella dei Conti Callori sita in posizione dominante sul paese, si presenta come una sobria costruzione di fine Ottocento. Il castello è un austero complesso fortificato, fatto erigere dagli Alerami per la sua importante posizione strategica: permetteva di dominare le vallate del Rotaldo e del Grana e di controllare le principali strade verso il paese; resti della costruzione medievale sono visibili ai piedi dell’odierno edificio. Alla sinistra della chiesa di San Bartolomeo si trova uno splendido belvedere che permette di godere del paesaggio agrario circostante, distinguendo i profili dei moltissimi borghi arroccati sui colli.

Vignale Monferrato

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.Bell’esempio di romanico piemontese e unica “Servita” presente in Monferrato, è la Chiesa della Beata Vergine Addolorata o del Convento. La facciata in mattoni a vista è supportata da quattro paraste e sovrastata da cinque pinnacoli. Il portone, datato 1735 e restaurato nel 1986, è affiancato da lesene che sorreggono un timpano triangolare della stessa epoca. Pregevole è il tozzo campanile. L’interno è a tre navate, con volte a vela, divise da sei tozze colonne con capitelli cubici sgusciati. Le navate laterali terminano con due cappelle baroccheggianti, riccamente decorate a stucchi.Nella parte alta del paese è situato Palazzo Callori, progettato e costruito nel XVIII secolo, di imponenti dimensioni, è realizzato in mattoni e Pietra da Cantoni, in stile neoclassico. Le cantine del palazzo sono state scelte nel 1979 per essere la sede dell'Enoteca Regionale del Monferrato che consorzia i produttori del territorio e presenta una nutrita selezione dei più classici vini monferrini e di distillati ottenuti dai vitigni locali.

Palazzo Callori - si articola in circa 150 camere distribuite su tre piani fuori terra, due piani sottoterra, due ammezzati e un sottotetto, ai quali si può accedere con quattro scale di servizio e uno scalone padronale. L’ingresso presenta due colonne con capitello ionico e il soffitto dipinto con stemmi contornati da ricca incorniciatura barocca. Sulla parete di destra una lapide testimonia la presenza di San Giovanni Bosco dal 1862 al 1879. Alcune camere nella parte più antica conservano i pavimenti in legno e la tappezzeria originale. Molte hanno i soffitti affrescati. Il salone delle conferenze presenta un pregevole soffitto a cassettoni. Delle sue gallerie prospicienti il cortiletto, la superiore è dotata di stucchi raffiguranti amorini, animali e strumenti musicali. Al pianterreno, affacciata su via Bergamaschino, si trova la cappella (costruita forse nell’Ottocento, assieme all’ala nuova del palazzo), riccamente affrescata, utilizzata da Don Bosco per le funzioni liturgiche durante le sue permanenze a palazzo. Uno scantinato, nella parte più antica del palazzo, è adibito a Teatrino Callori. Nella cantina è presente un pozzo profondo una ventina di metri a suo tempo utilizzato per fornire acqua al palazzo.

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.Un edificio alquanto originale è la casa realizzata dall’artista Luciano Serpentello nel 1925 e sita nella centrale via Garibaldi. L’edifico a due piani, con due porte e due finestre ogivali al pian terreno, è tappezzato con numerose formelle di argilla di varie dimensioni, separate da file di frammenti di cotto rivestiti di malta di cemento. Sulle formelle sono modellati rilievi raffiguranti numerosi oggetti più o meno curiosi tra cui la Torre di Pisa, la Mole Antonelliana, una trebbiatrice con a lato la motrice a scoppio, il transatlantico Savoia, la Fiat 500, la motrice del tramway e alcuni strumenti di viticoltura.A Vignale Monferrato si tiene annualmente il Festival internazionale di danza e arti integrate, denominato Vignaledanza, che vede un’ampia partecipazione di pubblico.

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5. OLTRE LA NOMINA

Molto spesso i confini sono più convenzioni che divisioni reali specie in termini di paesaggio. Anche per questo nuovo sito esistono importanti relazioni tra le singole componenti del sito ed il contesto circostante laddove le complesse dinamiche culturali, produttive e sociali si estendono ben oltre i perimetri.

Ogni nuovo sito UNESCO prevede una zona chiamata buffer zone che rappresenta un area tampone importante per la gestione del sito in particolare in termini di protezione. La buffer zone per il nuovo sito è molto ampia e comprende oltre 100 comuni che hanno fra loro stretti legami strutturali e funzionali. Quindi il Roero, il Doglianese, l’Alta langa astigiana, ma anche le città di Alba, Asti e Acqui Terme sono elementi territoriali senza i quali il patrimonio di Langhe e Monferrato non potrebbe esistere o almeno non nei termini finora descritti.

Un ultimo paragrafo verrà dedicato agli altri siti UNESCO già esistenti in Piemonte.

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5.1 Il Roero

Il Roero si pone geograficamente alla sinistra del fiume Tanaro occupando la parte nord orientale della provincia di Cuneo. Paesaggisticamente, i tratti caratterizzanti sono il sistema collinare con profili ripidi, interval-lati da stette vallette, ma soprattutto gli affioramenti rocciosi delle Rocche. Le rocche nascono dallo spostamento del Tanaro che 250.000 anni fa sfociava nel Po all’altezza di Carignano e dalle successive erosioni.Il paesaggio agrario è particolarmente variegato, dove la vite occupa gli ambiti collinari più soleggiati e fertili e spesso è coltivata anche in appezzamenti in forte pendenza, mentre i fondovalle sono destinati alla frutticoltura e alla produzione di ortaggi. Il vitigno più diffuso è l’Arneis, varietà a bacca bianca da cui si ricava l’omonimo vino, tutelato dal riconoscimento del marchio DOCG; altrettanto diffusa è la coltivazione della Favorita, anch’esso storicamente presente nel Roero. Infine, a riprova della spiccata varietà colturale che caratterizza quest’area, va ricordata la presenza del vitigno nebbiolo, le cui uve danno origine al Roero rosso, DOC piemontese dal 1989

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Il vino Roero Arneis nasce dalle uve di un vitigno spesso ricordato con il nome latino

territorio. E’ da sempre considerato uno dei vitigni più validi e radicati nella mentalità

Il Vino “ROERO ARNEIS”

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Il Roero è caratterizzato dalla presenza di numerosi ciabot, piccole architetture legate al processo di vinificazione, molto diffuse in tutto il Roero, a causa della parcellizzazione della proprietà fondiaria. Tali strutture sono legate alla necessità dei viticoltori di avere un riparo nei pressi delle vigne, dato che i villaggi e le abitazioni sono in genere troppo distanti dagli appezzamenti per consentire il rientro a casa nell’arco delle giornata. Altrettanto diffusi e tipici del territorio roerino sono i crutin, ovvero architetture scavate nella roccia calcarea, al di sotto del piano delle cantine di molti palazzi e abitazioni.

Si tratta di ambienti che possono essere anche molto articolati, con una successione di camere collegate da stretti corridoi, in cui è frequente la presenza di arredi, anch’essi ricavati nella roccia, come sedili o nicchie, utili per la conservazione del vino imbottigliato e di altri prodotti alimentari.

Il sistema insediativo del Roero è simile a quello langarolo con borghi collocati sulle alture, facilmente individuabili nel paesaggio per la posizione sopraelevata che li caratterizza.A sud l’entrata del Roero è ben rappresentata da Bra le cui piazze (piazza Caduti per la Libertà) e chiese sono uno splendido esempio di barocco. Bra è famosa anche per i suoi prodotti tipici, la salsiccia di Bra e il formaggio Bra tenero, duro e d’alpeggio, uno dei protagonisti di Cheese manifestazione internazionale organizzata da slow food a settembre ogni due anni. Pollenzo è una frazione di Bra che merita una citazione e una visita per la presenza del castello e le tenute reali dichiarate sito UNESCO nel 1997.

Da Pollenzo, passando da Cinzano, frazione che prende il nome dai due fratelli produttori di vermouth che arrivarono ad essere fornitori ufficiali della casa reale Savoia, si arriva a Santa Vittoria d’Alba. Il nucleo antico, in frazione Villa, si trova lontano dal fondovalle, sulle prime alture del Roero e comprende un castello oggi trasformato in albergo e ristorante, così come un pregevole ciclo di affreschi tardo-gotici conservai nella confraternita di San Francesco.

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Avvicinandosi alle Rocche, si arriva a Pocapaglia che si distingue per le bellezze naturalisti-che e paesaggistiche anche se non manca un castello con pavimenti a mosaico e portale cinquecentesco e a Sommariva Perno, paese famoso per la produzione di fragole e per il castello di Mirafiori antica residenza della Bella Rosin, moglie morganatica di Vittorio Emanuele II.Il limitrofo territorio di Montaldo Roero è per lo più coperto di boschi e si trova anch’esso sulla linea delle rocche. Ai Roero si deve la costruzione della torre cilindrica dalla cui sommità si gode di una vista stupenda sul paesaggio circostante. Da notare la presenza della Parrocchiale tardo-romanica dedicata all’Annunziata.Baldissero d’Alba riveste un notevole interesse per le presenza di profonde fratture nelle rocche oltre alla presenza dell’immancabile castello eretto nel XIII secolo.Il limitrofo centro storico di Corneliano d’Alba, insediamento di origine romana, accentrato intorno al castello, del quale oggi permane la torre maggiore alta oltre 22 metri a pianta decagonale era ad inizio secolo unito a Piobesi d’Alba, che attualmente è uno dei centri di produzione del vino Barbera d'Alba e Roero.Dopo un breve tratto di strada si arriva a Castagnito dove è stato allestito un belvedere che arriva fino oltre Tanaro..

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A pochi km, Vezza d’Alba, insediamento di crinale a sviluppo nastriforme aggregato attorno alla rocca del castello, sorta nel XII-XIII secolo, ha, nel suo territorio comunale il santuario della Madonna dei Boschi. Situato in posizione panoramica ad un paio di km dal borgo, ospita nella cripta le tombe dei Roero qui sepolti a partire dall’inizio del Seicento.Monteu Roero anticamente Mons Acutus derivante dalla presenza di dirupi e gole profonde è disteso a mezza costa su una collina nella quale spicca la sagoma del castello dei Roero e ha di fronte il bel borgo di Santo Stefano Roero dove la voragine delle rocche è bene evidente.Il comune di Canale d’Alba è un esempio di villanova, ovvero di insediamento fondato ex novo intorno alla metà del XIII secolo. Canale è a tutti gli effetti la capitale del Roero e oltre ad alcuni monumenti rilevanti ospita la sede dell’Enoteca regionale del Roero che raccoglie oltre 100 produttori della zona.Le vicende storiche che determinarono la conformazione di Montà sono parallele a quelle di

deriva dalla presenza nei pressi del santuario di tredici cappelle ornate da statue in gesso che si snodano nei boschi componendo una Via Crucis, secondo un disegno artistico e paesaggi-

Profili collinari più dolci caratterizzano la parte nord orientale del territorio roerino che comprende diversi comuni tra cui Guarene. Posta in posizione elevata e caratterizzata da molti edifici in cotto tra cui la chiesa della SS. Annunziata, il palazzo Re Rebaudengo. Guarene ospita anche la Pinacoteca comunale del Roero.Castellinaldo è dominato dal castello Damiano (privato) così come a Magliano Alfieri sorge il grandioso castello Alfieri che ha al suo interno il Museo civico delle arti e tradizioni popolari. Poco prima di arrivare a Govone si passa da Priocca dove è sicuramente una buona idea fare una pausa enogastromica gustando le specialità tipiche piemontesi. Govone sovrastato dal grandioso castello dei Solaro progettato da Guarino Guarini e dal parco annesso, è circondato da conche coltivate a vite. Nel castello, dichiarato sito UNESCO nel 1997 si tengono diverse manifestazioni nel corso dell’anno.

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San Martino Alfieri, porta settentrionale del Roero, si sviluppa su di un lungo crinale secondo due nuclei contrapposti: da una parte il Castello e dall'altra il nucleo originario, in

Unici due comuni astigiani a far parte del roero sono Cisterna d’Asti il cui castello,

Museo di Arti e Mestieri di un Tempo, con circa 4.000 oggetti di epoca compresi tra il Seicento e il Novecento, testimonianza della cultura artigiana e contadina del Piemonte e San Damiano d’Asti centro agricolo per la produzione di vino ma anche di frutta

Il Roero presenta quindi alcune caratteristiche comuni con le aree dichiarate patrimonio dell’umanità che sono garanzia di elevata qualità del paesaggio, con alcuni caratteri peculiari che possono consigliare un’estensione della visita anche a questi territori.

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Nel Roero dovete provare a:

… percorrere a piedi parte del Grande Sentiero del Roero lungo le Rocche

… assaggiare un bicchiere di Arneis all’Enoteca del Roero a Canale

… visitare il Santuario della Madonna dei Boschi a Vezza d’Alba

… apprezzare le diverse tipologie di ciabot

… visitare uno dei Musei che raccontano la storia e le tradizioni contadine piemontesi

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Geograficamente il Doglianese si colloca all’estremità meridionale del territorio delle Langhe; il confine occidentale è in gran parte segnato dal corso del fiume Tanaro.Il paesaggio caratterizzante la zona è molto vario; la parte bassa dei versanti si presenta più ripida a causa dell’erosione, ed è occupata da boschi naturali di latifoglie, mentre i vigneti sono disposti nella parte più alta delle colline. I ripidi versanti sono spesso interrotti da spettacolari calanchi tufacei grigio-azzurrognoli che caratterizzano questo paesaggio.

Nella zona si coltiva prevalentemente il vitigno autoctono dolcetto, che trova in questi territorio il suo contesto ambientale più favorevole. La viticoltura è rigorosamente tradizionale, con filari sistemati a girapoggio, potatura guyot modificata in archetto e ogni vite sostenuta da un palo in legno di castagno.

Nell’area è presente il fenomeno dell’associazionismo tra viticoltori: la cantina sociale di Clavesana, istituita nel 1959, ha contribuito a consolidare il rapporto che da sempre lega l’uomo di queste colline alla vigna. La centralità della tradizione enologica per il territorio, ha inoltre portato alla fondazione della Bottega del vino Dolcetto di Dogliani, situata nelle suggestive cantine medioevali del palazzo municipale.

Inoltre nel moglianese sono presenti diverse cantine storiche tra cui si segnalano le Cantine Luzi Donadei Fabiani, a Clavesana, il cui complesso comprende un palazzo signorile cinquecentesco, e i famosi Poderi Einaudi

5.2. Il doglianese

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Dogliani è sicuramente la “capitale” delle basse langhe come testimonia la parrocchiale dei Santissimi Quirico e Paolo. Sempre in piazza San Paolo si trova il Museo storico-archeologico con reperti romani e medioevali; nelle cantine del palazzo ha sede la Bottega del vino Dogliani. Il borgo è poi dominato dal Castello, ossia il ricetto mediovale che occupa interamente una piccola altura. Dogliani è animata da diverse feste quali la Sagra del Dolcetto e l’Antica fiera della ciliegia.Limitrofo è il piccolo centro di Farigliano che sorge in un meandro del fiume tra le colline vitate. Procedendo verso sud si arriva a Belvedere Langhe che ha come principale attrattiva il panorama sulle Alpi e sulla pianura del Tanaro.

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I Poderi Einaudi vantano più di un secolo di storia alle spalle nella tradizione enologi-ca piemontese. La storia di questi poderi ha inizio nel 1897 quando Luigi Einaudi (primo Presidente della Repubblica Italiana), appena ventitreenne, acquistò nel comune di Dogliani la cascina "San Giacomo", un nobile fabbricato settecentesco con una cappella sconsacrata in rovina e 40 giornate piemontesi di vigna (circa 15 ettari).

i Poderi Einaudi

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Clavesana è un borgo arroccato su un calanco a strapiombo sul fiume Tanaro. Il territorio è caratterizzato da un insediamento diffuso a carattere rurale. Le frazioni ed i piccoli abitati, come quello dello Sbaranzo, si dispongono seguendo la morfologia del territorio: si tratta di insediamenti di crinale coerenti all’andamento della viabilità principale. A Clavesana c’è il Museo storico-etnografico e di tradizione, che raccoglie un ricco patrimonio di oggetti ormai scomparsi nell’uso quotidiano, che testimoniano la vita umile e faticosa della civiltà contadina in Langa. A pochi kilometri c’è Bastia Mondovì che fu un’importante piazzaforte fortificata all’inizio del XII secolo. Poco oltre il paese si trova la chiesa cimiteriale di San Fiorenzo che conserva un ampio ciclo di affreschi tardo-gotici. Infine verso sud si scorge la torre altomedioevale di Rocca Cigliè, piccolo borgo panoramico.

Il Doglianese è quindi terra di grandi vini, ma anche di tradizioni e di paesaggi variegati che possono consigliarne la visita, vista anche l’estrema vicinanza con l’area del Barolo.

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Nel Doglianese dovete provare a:

un chilogrammo d’uva durante il mattino, per poi limitarsi a piccolissimi pasti nel resto della giornata

… gustarsi un bicchiere di Dolcetto dal belvedere naturale dello Sbaranzo, frazione di Clavesana

… visitare la bottega del Dogliani, situata nelle suggestive cantine medioevali del palazzo municipale

… partecipare ad uno dei numerosi mercati contadini

… partecipare alla storica Sagra del Dolcetto di Dogliani

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Alta Langa Astigiana

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5.3 L’Alta Langa Astigiana

L’Alta Langa astigiana è caratterizzata da rilievi fortemente acclivi che si elevano a quote maggiori rispetto a quelli della Bassa Langa, arrivando a toccare anche i 700 m. Il confine meridionale dell’area è segnato dal corso del fiume Bormida di Millesimo, ramo più lungo e ricco d’acqua del fiume Bormida.

Dal punto di vista paesaggistico l’area si connota per un’immagine quasi montana. I vigneti, scoscesi e dalle ridotte dimensioni, sono inframmezzati ad ampie porzioni di bosco. Gli appezzamenti seguono obbligatoriamente le inflessioni dei rilievi, dando origine a campi dall’ampiezza e dalle geometrie irregolari. In quest’area forse più che in altre, il paesaggio rappresenta la lampante testimonianza degli sforzi e delle fatiche sopportate dall’uomo per piegare le forme della natura alle proprie necessità di sopravvivenza.

Il vitigno prevalente è il moscato, ma i vigneti, legati ad una coltivazione manuale, produco-no un uva particolare, in piccole quantità e di elevata qualità, adatta all’appassimento. La produzione viticola della zona è riuscita ad ottenere un proprio riconoscimento di nicchia: vi si trova infatti la D.O.C. più piccola d’Italia, il Passito di Loazzolo, vinificato e imbottigliato esclusivamente nel comune omonimo secondo operazioni effettuate per lo più con sistemi tradizionali, su una superficie di soli 6 ettari complessivi.

Il territorio è modellato in modo inconfondibile dal paziente lavoro dell’uomo, che ha innalzato ciglioni e terrazzamenti di scavati nella marna, la stessa pietra utilizzata per erigere i centri storici e le architetture che caratterizzano la zona, i manufatti dei centri storici di Cessole e Loazzolo sono, difatti, realizzati interamente in pietra, così come in pietra a secco sono realizzati anche i ciabot che punteggiano gli appezzamenti condotti a vigneto.

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costruzione di muri in pietra a secco si sviluppò sui versanti soleggiati delle colline, toccati da una favorevole esposizione e da più idonee condizioni climatiche. In Alta Langa questa tecnica si è sviluppata soprattutto dopo l'anno Mille. I versanti terrazzati non sono mai stati dedicati esclusivamente ai vigneti, ma erano spesso compresenti piante da frutto diverse, cereali, ortaggi e allevamento per fornire il necessario al sostentamento della famiglia. Al paesaggio terrazzato è dedicato l’Ecomuseo dei Terrazzamenti, con sede a Cortemilia.

I Terrazzamenti vitati

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Il sistema insediativo che caratterizza la core zone è fortemente condizionato dall’aspetto orografico del territorio e dall’andamento pressoché obbligato delle strade: i nuclei urbani si sviluppano, infatti, o lungo il fondovalle della Bormida di Millesimo (Vesime, Cessole, Bubbio e Monastero Bormida), o lungo il crinale compreso tra la stessa Valle Bormida e la Valle Belbo (Loazzolo).

Monastero Bormida fu fondato dai monaci benedettini intorno al 1050 e ha come attuale sede del comune, un castello eretto nel XI secolo con funzione di monastero.

Altre due emergenze architettoniche caratterizzanti l’area sono le chiese parrocchiali di Bubbio e Cessole, le quali posseggono entrambe un forte impatto paesaggistico. Le costruzioni sorgono infatti in posizione centrale rispetto all’impianto urbano e si impongono per la loro mole e per l’articolazione dei volumi che caratterizza i fianchi e la zona absidale. In particolare, la chiesa tardo-settecentesca di Nostra Signora Assunta a Cessole è una singolare costruzione che comprende due chiese sovrapposte.

Il municipio di Vesime è l’edificio mediovale meglio conservato della zona. Percorrendo una strada panoramica si arriva a Roccaverano, piccolo borgo famoso per la sua robiola.

Infine Loazzolo con i suoi vigneti di vecchia generazione (40-50 anni, alcuni 70 anni), rigorosamente orditi con pali in legno, e disposti secondo i declivi naturali con l’idonea esposizione.

L’alta langa astigiana è distante non più di un crinale da Canelli, ma sembra di essere in una realtà molto diversa, più antica. In questi paesaggi si coglie bene la testimonianza del mondo rurale e della sua millenaria cultura e perciò possono valere il tempo di una visita..

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Nell’Alta Langa Astigiana dovete provare a:

… visitare il Forteto della Luja per scoprire come vigneti e orchidee selvatiche possano convivere

… assaggiare il Loazzolo, la DOC più piccola d’Italia

… assaggiare la Torta di nocciole che una piccola trattoria di Monastero produce in piccole quantità

… passeggiare sui terrazzamenti vitati

… apprezzare la viticoltura “eroica” fatta di piccoli appezzamenti vitati e lotti irregolari

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5.4 Alba

Alba-

Roero.

Storicamente Alba è una stazione Neolitica tra le più importanti di Italia, nel 190 a.C. inizia la conquista romana del Basso Piemonte e viene fondata Alba Pompeiana. Nel 1171 Alba diventa libero Comune, poi dopo diverse dominazioni Paleologi, Marchesi del Monferrato, fino a che nel 1537 Carlo V entra in città. I Savoia s’impossessano di alba all’inizio del XVII secolo, finchè nel 1796 Alba si proclama Libera Repubblica Giacobina e nel 1944 Libera Repubblica Partigiana con il conferimento della medaglia d’oro al valor militare. Nel 1994 esonda il fiume Tanaro causando profonde ferite alla città.

La Cattedrale di San Lorenzo in stile neogotico costruita sui resti di un antico tempio romano è in piazza Risorgimento che rappresenta storicamente il luogo deputato agli scambi mercantili. Sulla piazza sta anche il Palazzo Comunale costruito sui resti di mura romane che conserva al suo interno alcune tele importanti. Nei pressi della piazza ci sono altre emergen-ze significative quali la chiesa di San Domenico (XII-XIV sec) e la barocca confraternita di San Giuseppe (XVII sec) restaurata di recente e sede di eventi culturali. Su Piazza Rossetti, proprio a fianco del Duomo, si trova la casa natale di Beppe Fenoglio, ora sede del Centro studi di letteratura storia arte e cultura a lui dedicato.

quelle tra piazza Risorgimento e Via Cavour) e, fra quelle rimaste, molte sono state abbassate al livello dei tetti o incorporate negli edifici. Di notevole interesse sono inoltre i percorsi “archeologici” che portano alla scoperta di Alba sotterranea. Ad Alba è inoltre presente una delle dieci Scuole Enologiche italiane, fondata

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Alba è ricca di eventi spesso incentrati sul patrimonio enogastronomico

Piazza del Duomo di Alba. Oltre al Mercatino Aleramico, che propone eccellenze enogastronomiche del territorio, si tengono concerti, spetta-coli di danza e di teatro.

Alba Music Festival, dal 2004 si svolge in due settimane tra maggio e

50 concerti con solisti, orchestre, recital, musicisti, seminari e altro.

Fiera del Tartufo Bianco di Alba, si svolge ogni anno nel mese di ottobre

ottobre.

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5.5 Asti

Asti

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Torre Rossa

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Maria Assunta collegiata di

palazzo Malabaila

chiesa di monastero

cistercense

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Asti spumante

Douja d'Or Palio

Palio di Asti, -

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5.6 Acqui terme

Acqui Terme

Borgo Pisterna

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acquedotto romano

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Museo Archeologico

Importante centro ternale -

"Bollente"

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5.7 Casale Monferrato

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Casale è una città ricca d'arte, storia, tradizioni e cultura, come dimostrano le dimore nobiliari, i palazzi storici, i monumenti, le chiese e i celebri castelli disseminati sulle colline monferrine. Il centro storico, in particolare, rappresenta la migliore testimonianza dell'illu-stre passato di Casale, con il Castello, la Torre civica dell'XI secolo, il Duomo, uno dei più grandiosi esempi di architettura romanico-gotica del Piemonte, i palazzi di via Mameli, con l'elegante esempio di barocco casalese riconoscibile nel palazzo Treville, la Sinagoga nel caratteristico ghetto ebraico

Il Casalese è anche una zona industriale di storica tradizione, che nella seconda metà del secolo scorso ha concorso a scrivere, in Piemonte e per il settore del cemento, significative

Lo sviluppo delle attività culturali, ricreative e sociali in città è stato favorito da importanti istituzioni quali una ricca biblioteca, il teatro, il museo e gipsoteca, un notevole archivio storico e moderni impianti sportivi.

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5.8 Torino la Capitale

Le origini di Torino sono da collocarsi nel III secolo a.C. quando, lungo le rive del Po, si insediarono alcune tribù "taurine" di ceppo celto-ligure. Con i Romani la città prese il nome di Augusta Taurinorum diventando un avamposto romano di controllo verso le Gallie.Con la caduta dell'Impero Romano iniziarono le invasioni barbariche che devastarono la città più volte sino all'arrivo dei Longobardi che si concluse con la dominazione dei Franchi.Nel Medioevo, Torino, divenne Libero Comune e, durante la lotta fra Papato e Impero, continuò a schierarsi con chi le garantiva l'indipendenza dal potere dei Savoia che, nel frattempo, rafforzavano il loro dominio nei territori francesi e italiani.

Fu nel 1280 che i Savoia presero il potere e si inserirono nel complesso gioco di lotte e di alleanze legate alla città finché Torino non fu concessa ai Savoia dall'Imperatore Federico II.Nel XV secolo avvenne l'unificazione politica delle provincie sabaude e Torino ne diventò la capitale. Dopo la dominazione francese il Duca Emanuele Filiberto riottenne la città e nel 1620 e Torino si sviluppò ulteriormente, dando inizio ad un periodo molto fecondo che durò ben due secoli. Con il 1861e sino al 1864 Torino divenne capitale del Regno d'Italia sottolineando anche la sua crescente vocazione industriale che apportò alla città cambiamenti decisivi nell'assetto urbanistico.All'inizio del Ventesimo secolo per Torino iniziò un periodo di sviluppo tecnologico che condizionò e trasformò la città radicalmente sino a condurla all'assetto odierno.

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Dal punto di vista urbanistico, Torino è impostata su larghe strade a portici, fiancheggiate da palazzi, in prevalenza barocchi. Il cuore della città è la cinquecentesca Piazza Castello, dove sorge palazzo Madama, che conserva l'aspetto medioevale sul lato verso il Po, mentre dalla parte opposta nel '600 fu trasformato in stile barocco per "madama" Maria Cristina di Savoia, reggente e vedova di Vittorio Amedeo II.

La facciata, del 1721, è dell'architetto Filippo Juvarra, a cui si deve anche lo splendido scalone a due rampe che, all'interno, porta all'appartamento di gala. L'edificio ospita il Museo civico d'arte antica, che racconta la storia della cultura piemontese.Da Piazza Castello si raggiunge piazza Reale, dove c'è il palazzo Reale, costruito nel XVII secolo, che fu per 200 anni la reggia dei Savoia.

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Nell'angolo tra le due piazze si trova la loggia dell'Armeria, dalla quale si accede all'Arme-ria Reale, che è una delle più ricche d'Europa, con armi e armature di ogni epoca.Il Duomo, nell'omonima piazza, risalente al XV secolo, è l'unico esempio di architettura rinascimentale di Torino. Dal presbiterio si sale alla cappella della Santa Sindone, opera del Guarini.Più oltre porta Palatina, una delle quattro della cinta muraria, e porta Palazzo dove si svolge il mercato dei rigattieri, il cosiddetto "Balon", che ha una tradizione secolare.Raggiunta via Garibaldi, si vede sulla destra il palazzo di Città (1663), sede del Municipio. Piazza San Carlo è definita il salotto di Torino: chiusa dalle facciate barocche delle chiese "gemelle" di San Carlo e Santa Cristina e da palazzi simmetrici a portici, ha al centro il monumento dedicato ad Emanuele Filiberto, il famoso "l'caval d'bronz" opera del Marrocchetti (1838).Nella vicina e omonima via si affaccia il palazzo dell'Accademia delle Scienze, che ospita il Museo Egizio, uno dei più completi del mondo, il Museo di Antichità, con materiale archeologico dalla preistoria all'alto Medio Eco, e la Galleria Sabauda, con opere di scuola piemontese, olandese e fiamminga.In piazza Carignano si affaccia il secentesco palazzo Carignano, opera del Guarini, sede del Museo nazionale del Risorgimento italiano, con l'aula del Parlamento del Regno di Sardegna, così com'è rimasta dopo l'ultima seduta. Accanto, il Teatro Carignano e uno dei più famosi ristoranti torinesi, "Il Cambio", stazione di posta nel XVIII secolo e poi locale preferito da Cavour.

In corso Unità d'Italia si trova il Museo dell'automobile Carlo Biscaretti di Ruffia, che ospita oltre 150 mezzi che raccontano la storia dell'auto in Italia e all'estero. Non lontano, gli edifici costruiti nell'ambito di "Italia 61", l'esposizione del Centenario: tra essi l'audace Palazzo del Lavoro, realizzato da Pierluigi Nervi.

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Il Parco del Valentino è un'oasi verde distesa lungo il Po fino al ponte Umberto I: ci sono il Castello del Valentino e il Borgo Medioevale, ricostruzione di palazzi esistenti in Valle d'Aosta. Infine, in via Montebello, si erge la Mole Antoneliana, alta 167,60 metri, costruita nella seconda metà del XIX secolo dall'Antonelli, originariamente come tempio israelitico. Si raggiunge il culmine in ascensore per un imperdibile panorama della città.

Superga. Voluta da Vittorio Amedeo II a compimento di un voto e dedicata alla Natività di Maria, la basilica, eretta da Filippo Juvara nel 1717-31 sulla sommità del colle di Superga, è strettamente legata alla storia della dinastia sabauda. Nei sotterranei del tempio sono, infatti, sepolti i sovrani del Piemonte, da Vittorio Amedeo a Carlo Alberto. All'esterno, una lapide ricorda il terribile disastro aereo del 1949, quando sulla collina si schiantò l'aereo che riportava in Italia i calciatori del Torino.

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L'Abbazia di Novalesa. Il complesso abbaziale, fondato nel 726 come luogo d'accoglienza per i viaggiatori che valicavano il vicino passo del Moncenisio. Saccheggiata dai saraceni nel 906 e poi ricostruita, l'abbazia ha conosciuto momenti difficili e, dopo la sua soppressione nel periodo napoleonico, anche un lungo periodo d'abbandono e decadenza. La sua rinascita inizia nel 1971, con il ritorno dei monaci e l'inizio di importanti campagne di restauro che hanno riportato all'originario splendore gli interni tra cui la splendida cappella di S. Eldrado, completamente ricoperta da affreschi dell'XI secolo. E proprio in onore del pio abate, la domenica seguente al 13 marzo si tiene una grande processione in cui viene esposta la cassa reliquario del santo, un eccezionale pezzo di oreficeria romanica, in argento sbalzato.

Torino, capoluogo del Piemonte, è una città moderna e attiva posta sulle rive del Po e circondata da pittoresche colline che la caratterizzano.Raggiungere Torino in auto è semplice perchè la città è situata proprio nel cuore dell'Europa ed è collegata con le principali città europee tramite una rete di comunicazione che si estende in tutta la regione, oltre ad essere il “campo base” ideale per visitare il Sito Unesco.

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5.9 Gli altri Siti UNESCO Piemontesi

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• I Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia

Il Piemonte, con l’iscrizione dei paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato è arrivato a quattro siti inseriti nella World Heritage List

Piemonte e della Lombardia e nel 2011 i Siti palafitticoli preistorici dell'arco alpino.

Questi siti hanno la caratteristica comune di essere siti seriali, il che rende possibile organizzare una visita almeno ad alcune delle componenti del sito.

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Le Residenze Sabaude

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I Savoia, dopo il trasferimento della capitale da Chambéry a Torino (1562), tra la fine del Cinquecento e la metà dell’Ottocento affidano ai principali architetti e artisti della propria corte la realizzazione di prestigiose residenze, a testimonianza del crescente potere acquisito in Italia e in Europa. Nasce così un percorso architettonico e urbanistico che ha come centro Torino e che si irradia sul territorio circostante, in quella che viene definita la “Corona di Delizie”, destinata allo svago e alla caccia.A Torino, fanno parte del Patrimonio Mondiale Palazzo Reale, Palazzo Madama, Palazzo Chiablese, Palazzo Carignano, Armeria Reale, Archivio di Stato, Palazzo della Prefettura,

Castello del Valentino e Villa della Regina. Fuori città e nel resto del Piemonte si trovano il Castello di Moncalieri, il Castello di Stupinigi, la Reggia di Venaria Reale, Borgo Castello alla Mandria, il Castello di Rivoli, il Castello di Agliè, il Castello di Racconigi, il Castello di Govone, il complesso di Pollenzo.Se, per visitare i paesaggi vitivinicoli piemontesi, si arriva in aereo a Caselle o in treno a Porta Nuova o Porta Susa sarà essere veramente facile conoscere le residenze sabaude di Torino. E se si perdesse l’occasione le residenze di Pollenzo e Govone sono a pochi kilometri dalle zone candidate.

www.residenzereali.it

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I Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia

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“architettonici eretti fra il XVI e il XVII secolo, dedicati a differenti aspetti della fede cristiana. In aggiunta al loro significato simbolico e spirituale, possiedono notevoli doti di bellezza, virtù e gradevolezza, e risultano integrati in un ambiente naturale e paesaggistico di colline, boschi e laghi. Contengono inoltre reperti artistici molto importanti (affreschi e statue)”. Con questa motivazione, nel 2003 Lombardia” nella Lista del Patrimonio Mondiale. Il prestigioso riconoscimento attribuisce un valore universale a sette Sacri Monti del Piemonte (Belmonte, Crea, Domodossola, Ghiffa,

, mettendo in luce la

esempi di architettura del paesaggio, i Sacri Monti costituiscono un importante punto d’incontro sia per i fedeli che per i cultori dell’arte.

www.sacrimonti.net

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I Siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino

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La serie dei preistorici dell'arco alpino si estende sui territori di sei paesi, Svizzera, Austria, Francia, Germania, Italia e Slovenia. In Italia sono interessate cinque regioni, che appartengono all’arco sud-alpino: la Lombardia, il Veneto, il Piemonte, il Friuli Venezia Giulia, il Trentino Alto Adige.Gli scavi sono stati condotti solo in alcuni dei siti ed hanno permesso di comprendere la vita

sono 156 in totale, 25 in Italia e 2 in Piemonte: (TO) che rappresenta uno dei più importanti abitati palafitticoli dell’età del Bronzo nell’arco alpino per la ricchezza di manufat-ti di metallo e di ceramica e per la complessità delle strutture e , Arona (NO) prima stazione palafitticola del Piemonte, scoperta ancora nel XIX secolo da , il fondatore della Paletnologia piemontese.

che per la tipologia che richiede conoscenze specifiche per poter essere apprezzata appieno.

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oottNizza Monferra oonferraaa ttzza Monfefa M aNizza Monfe atoferri

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Barbaresco

Grinzane Cavour

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3

4

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6

Acqui Terme

Nizza Monferrato

Canelli

Barbaresco

Grinzane Cavour

Alba

Barolo

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Casale Monferrato

Asti

• La Langa del Barolo

• Il Castello di Grinzane Cavour

• Nizza Nnferrato e il Barbera

• Canelli e l’Asti Spumante

• Il Basso Monferrato

• Il Roero

• Il Dogliaese

• L’Alta Langa Asigiana

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• Alta Langa

• Alba

• Asti

• Acqui Terme

• Casale Monferrato

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LE NOSTRE PROPOSTE

• La Langa del Barolo

• Il Castello di Grinzane Cavour

• Nizza Nnferrato e il Barbera

• Canelli e l’Asti Spumante

• Il Basso Monferrato

• Il Roero

• Il Dogliaese

• L’Alta Langa Asigiana

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• Alta Langa

• Alba

• Asti

• Acqui Terme

• Casale Monferrato

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La Langa del Barolo

Barolo

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La Langa del Barolo

Barolo

Castiglione Falletto

Diano d’Alba

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La Langa del Barolo

Diano d’Alba

La Morra

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La Langa del Barolo

La Morra

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La Langa del Barolo

Monforte d’Alba

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La Langa del Barolo

Monforte d’Alba

Novello

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La Langa del Barolo

Novello

Serralunga d’Alba

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In Langa del Barolo

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Il Castello di Grinzane Cavour

Barbaresco

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Il Castello di Grinzane Cavour

Grinzane Cavour

Neive

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Il Castello di Grinzane Cavour

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Nizza Monferrato e il Barbera

Nizza Monferrato

Agliano Terme

Mombercelli

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Nizza Monferrato e il Barbera

Montegrosso d’Asti

Vaglio Serra

Vinchio d’Asti

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Canelli e l’Asti Spumante

Canelli

Calosso

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Canelli e l’Asti Spumante

Calosso

Santo Stefano Belbo

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Canelli e l’Asti Spumante

Castiglione Tinella

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Il Basso Monferrato

Camagna Monferrato

Cellamonte

Frassineto

Cereseto

Olivola

Ottiglio

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Il Basso Monferrato

Ozzano Monferrato

Rosignano Monferrato

Vignale Monferrato

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Il Roero

Bra

Baldissero d’Alba

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Il Roero

Canale

Castagnito

Corneliano d’Alba

Govone

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Il Roero

Guarene

Montà

Piobesi d’Alba

Monteu Roero

Priocca

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Il Roero

Santa Vittoria d’Alba

Verduno

Santo Stefano Roero

Sommariva Bosco

Vezza d’Alba

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252

Il Doglianese

Belvedere Langhe

Dogliani

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253

Alta Langa Astigiana

Bubbio

Cessole

Monastero Bormida

Roccaverano

Vesime

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254

Alta Langa

Albaretto della Torre

Belvedere Langhe

Bonvicino

Borgomale

Benevello

Bergolo

Bosia

Bossolasco

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255

Alta Langa

Cissone

Camerana

Castino

Cortemilia

Cerretto Langhe

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256

Alta Langa

Feisoglio

Cossano Belbo

Igliano

Cravanzana

Gorzegno

Gottasecca

Lequio Berria

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Alta Langa

Levice

Monbarcaro

Niella Belbo

Murazzano

Paroldo

Perletto

Pezzolo Valle Uzzone

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258

Alta Langa

Prunetto

Rocchetta Belbo

Somano

Saliceto

Torre Bormida

Trezzo Tinella

Serravalle Langhe

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259

Alba

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Alba

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261

Asti

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Asti

Castagnole Monferrato (Asti)

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Asti Moncalvo (Asti)

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Cocconato (Asti) Acqui Terme

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Acqui Terme Casale Monferrato

Bibiana (To)

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266

AGENZIA DI ACCOGLIENZA TURISTICA - TOURISM OFFICE

Agenzia di accoglienza e promozione turistica locale della provincia di Alessandria “Alexala"

P.zza Santa Maria di Castello, 14 - 15100 ALESSANDRIATel. n. 0131/ 288095 – 220056 - Fax n. 0131/220546 Sito web: www.alexala.itE-mail: [email protected]

Agenzia di accoglienza e promozione turistica locale della provincia di Asti

Sede LegalePiazza Alfieri, 34 – 14100 ASTITel. 0141/353034 – Fax n. 0141/356140Sito web: www.astiturismo.it E-mail:  [email protected]

Agenzia di accoglienza e promozione turistica locale della provincia di Biella

P.zza Vittorio Veneto, 3 - 13900 BIELLATel. n. 015/351128 - Fax n. 015/34612Sito web: www.atl.biella.itE-mail: [email protected]

A.T.L.. "Azienda Turistica Locale del Cuneese”

Via Vittorio Amedeo II, 8 - 12100 CUNEOTel. n. 0171/690217 - Fax n. 0171/602773Sito web: www.cuneoholiday.comE-mail: [email protected] (per informazioni o materiale)

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267

AGENZIA DI ACCOGLIENZA TURISTICA - TOURISM OFFICE

Agenzia di accoglienza e promozione turistica locale "Ente Turismo Alba Bra Langhe e Roero”

P.zza Risorgimento, 2 - 12051 ALBATel. n. 0173/362807-35833 - Fax n. 0173/363878Sito web: www.langheroero.itE-mail: [email protected]

Agenzia di accoglienza e promozione turistica locale della provincia di Novara

Baluardo Quintino Sella, 40 - 28100 NOVARATel. n. 0321/394059 - Fax n. 0321/631063Sito web: www.turismonovara.itE-mail: [email protected]

Agenzia di accoglienza e promozione turistica locale "Turismo Torino e Provincia”

Uffici e Sede Legal

Via Maria Vittoria, 19 - 10123 TORINO - Tel. 011/8185011 - Fax 011/883426

Sede territoriale

C.so Vercelli, 1 - 10015 IVREA (TO) - Tel. 0125/618131 - Fax 0125/618140

Sede territoriale

Viale Giolitti 7/9 - 10064 PINEROLO (TO) - Tel. 0121.794003 Fax 0121/794932Sito web: www.turismotorino.orgE-mail: [email protected]

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AGENZIA DI ACCOGLIENZA TURISTICA - TOURISM OFFICE

Agenzia di accoglienza e promozione turistica locale "Distretto Turistico dei Laghi" Scrl.

Sede legale:Corso Italia, 18 - 28838 STRESATel. n. 0323/30416 - Fax n. 0323/934335Sito web: www.distrettolaghi.itE-mail: [email protected]

Sede operativa di Orta:Via Panoramica – 28016 ORTA SAN GIULIOTel. n. 0322/905163 – Fax n. 0322/905273E-mail: [email protected]

Sede operativa di Domodossola:Regione Nosere, 4 – 28845 DOMODOSSOLATel. n. 0324/482541 – Fax n. 0324/227277E-mail: [email protected]

Agenzia di accoglienza e promozione turistica locale "Turismo Valsesia Vercelli”

C.so Roma, 38 - 13019 VARALLOTel. n.0163/564404 - Fax n. 0163/53091

Sede operativa di Vercelli:Viale Garibaldi , 90 - 13100 VERCELLITel. n. 0161/58002 - Fax n. 0161/257899

P.zza Grober , 1 – 13021 ALAGNA VALSESIA (VC)Tel. n. 0163/922988 - Fax n. 0163/91202Sito web: www.atlvalsesiavercelli.itE-mail: [email protected]

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EDITOREEDIZIONI MEDIAGRANDA, COLLANA IL PATRIMONIOSede amministrativa e legale: Via Vernazza n. 6 -12051 Alba tel. 0173 293163 cell: +39 335 8233560E-mail www.

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FOTOGRAFIAENZO MASSA - Alba

STAMPA------------------------------------------

Finito di stampare luglio 2015