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12 - 18 FEBBRAIO 2009 27 Il 20 marzo a Roma, una grande manifestazione nazionale lancia il referendum contro la privatizzazione dell’acqua. Vademecum per capire cosa c’è in ballo e come mobilitarsi LE FOTO Le immagini di queste pagine sono di Danilo De Marco e hanno in comune il rapporto tra gli esseri umani e l’acqua. Qui a sinistra, una raccoglitrice di alghe, a Zanzibar, in Africa. Istruzioni per l’ ACQUA CARTA GEOGRAFICA

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Il 20 marzo a Roma, una grande manifestazione nazionalelancia il referendum contro la privatizzazione dell’acqua.Vademecum per capire cosa c’è in ballo e come mobilitarsi

LE FOTOLe immaginidi questepagine sonodi Danilo DeMarco e hannoin comuneil rapportotra gli esseriumani e l’acqua.Qui a sinistra,una raccoglitricedi alghe,a Zanzibar,in Africa.

Istruzioni per l’ACQUA C A R T A G E O G R A F I C A

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lizzato la prima manifestazione nazionale per l’acqua, e ilprimo dicembre 2007 a Roma sono arrivati in più di 40.000.

Un movimento straordinario, radicato e diffuso, che hasaputo coniugare le resistenze territoriali con la vertenzanazionale, la diversità di storie e culture di appartenenzacon l’unitarietà dell’obiettivo comune, la radicalità dei pro-pri contenuti con la pratica della massima inclusione, ilmetodo partecipativo del consenso con l’efficacia dellemobilitazioni, la capacità di dialogo con l’autonomia del-la propria soggettività politica.

Un movimento che ha prodotto sensibilizzazione diffu-

Da quando le aziende municipalizzate sono state trasfor-mate in società per azioni e i privati hanno avuto libero ac-cesso al bene comune acqua, gli investimenti sono crolla-ti a un terzo [da 2 miliardi a 700 milioni di euro l’anno], l’oc-cupazione è caduta verticalmente [- 30 per cento], le tarif-fe sono salite vertiginosamente [+ 62 per cento nell’ultimodecennio] e gli sprechi continuano [+ 20 per cento].

Sono centinaia i comitati popolari sorti in questi anniin tutta Italia per contrastare la privatizzazione dell’ac-qua, portata avanti dai diversi governi e dalle scelte dimolti enti locali.

In ogni angolo del Paese, uomini e donne, spesso alla lo-ro prima esperienza di attivismo sociale, hanno detto «No»e hanno organizzato mobilitazioni e proteste, iniziative disensibilizzazione e proposte concrete per difendere quel-lo che è forse il più essenziale - con l’aria e il cibo - tra i be-ni comuni.

Quattro anni fa hanno deciso di mettere in comune leproprie esperienze e i propri saperi costituendo il Forum ita-liano dei movimenti per l’acqua, una rete che da sola oggiraccoglie oltre settanta associazioni e reti nazionali e qua-si settecento comitati territoriali.

Insieme hanno scritto una legge d’iniziativa popolare el’hanno consegnata nel luglio 2007 al parlamento, correda-ta di oltre 400 mila firme di cittadini. Insieme hanno rea-

tizzazione del servizio idrico, per consegnarlo nelle ma-ni delle multinazionali e dei grandi capitali finanziari.

Di fronte a una crisi, che è insieme economica ed ecolo-gica, l’attuale governo, invece di mettere in atto l’insiemedelle misure che una situazione così complessa richiedereb-be – un altro modello di produzione e di consumi - ha scel-to di ascoltare le sirene di Confindustria, pronte a chiede-re rendimenti sicuri e liquidità monetaria.

E che cosa può garantire meglio gli uni e l’altra se non ladefinitiva privatizzazione del servizio idrico? Allora avan-ti con i privati, nonostante la storia di questo paese ne ab-bia mostrato tutte le inefficienze.

NA GRANDE MANIFESTAZIONE nazionale per l’acqua e i beni comuni sabato 20 mar-zo a Roma. E da aprile a luglio banchetti in tutto il Paese per raccogliere 700 mi-la firme su tre quesiti referendari per la ripubblicizzazione dell’acqua.

È questa la naturale prosecuzione della campagna «Salva l’Acqua» che, nello scorso novem-bre, ha dimostrato, con mobilitazioni diffuse in tutto il territorio nazionale, l’indignazionepopolare per l’ultimo provvedimento del governo Berlusconi: l’accelerazione della priva-

Una campagna democraticadi Marco Bersani *

Si scrive acquama si leggedemocrazia.Dopo il corteodi Romapartirà la raccoltadi firme per i trereferendumsull’acqua

ZANZIBAR Un altro ritratto di raccoglitrici di alghe, sulla co-sta di Zanzibar, in Africa. L’Africa è il continente dove la crisi idricarischia di produrre i danni più gravi. Milioni di persone potrebbe-ro essere spinte a spostarsi a causa dell’avanzata del deserto.

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Ecco perché il 20 marzo saremo di nuovo a Roma, conun’altra grande manifestazione nazionale per l’acqua, aper-ta a tutti i movimenti in lotta per i beni comuni, perchéunica, nella diversità delle esperienze, è la rivendicazio-ne di un altro mondo possibile, dove i diritti sociali e am-bientali smettano di essere considerati variabili dipenden-ti dei profitti.

Ecco perché a partire da metà aprile promuoveremo unastraordinaria raccolta di firme per tre quesiti referendari,che eliminino le normative che in questi anni hanno pro-dotto la progressiva privatizzazione dell’acqua, e aprano lastrada alla sua riappropriazione sociale e a una gestionepubblica e partecipata dalle comunità locali. Un nuovo mo-dello di pubblico, quindi, che metta al centro l’interesse col-lettivo e responsabilità condivisa per il governo di una ri-sorsa indispensabile.

Di fronte a un quadro politico-istituzionale ormai auti-stico, occorre che ogni donna e ogni uomo di questo Paeseabbia la consapevolezza di dover agire in prima persona eche ascolti l’urgenza che da tempo agita i cuori e le mentidelle persone. È ora dire, tutte e tutti assieme: «Adesso ba-sta. Sull’acqua decidiamo noi». Perché si scrive acqua, masi legge democrazia.

* Attac Italia, Forum italiano dei movimenti per l’acqua

Anche su questo terreno, i risultati sono arrivati: è del6 marzo scorso la nascita del Coordinamento nazionale de-gli enti locali per l’acqua pubblica, oltre 150 tra grandi cittàe piccoli Comuni che hanno approvato modifiche ai propristatuti, dichiarando l’acqua un bene comune e un dirittoumano universale e il servizio idrico «privo di rilevanza eco-nomica», perché denso di significati sociali e ambientali.

Con l’ultimo provvedimento del novembre scorso, l’at-tuale governo immaginava forse di poter chiudere i contid’autorità e in maniera definitiva. L’indignazione popola-re ha dimostrato, invece, che la partita è completamenteaperta e che il lavoro prodotto in questi anni ha già sedi-mentato una vittoria culturale: in questo Paese, la gran-de maggioranza delle persone ha a cuore la tutela dell’ac-qua, la considera un bene comune ed è contraria a conse-gnarla ai privati e al mercato.

Chi oggi vuole privatizzare non può più farlo apertamen-te, non può più dire come quindici anni fa «Privato è bello»;è al contrario costretto a negare l’evidenza, a smentirsi, atrincerarsi dietro farsesche motivazioni sulla garanzia del-l’acqua pubblica e sulla privatizzazione «solo» della sua ge-stione. La vittoria culturale però non basta. Deve diventa-re vittoria politica, consapevolezza amministrativa, parte-cipazione popolare.

sa, cultura orizzontale, formazione orientata all’azione, mo-bilitazione permanente e pratica della democrazia condi-visa. E che ha saputo da subito porre la riappropriazione so-ciale dell’acqua come proprio obiettivo sostanziale: per que-sto ha immediatamente investito gli enti locali, prime isti-tuzioni a diretto contatto con i cittadini, reclamando la fi-ne della stagione delle SpA, enti privatistici che mercifica-no l’acqua e organizzano il servizio all’unico scopo di pro-durre profitti; per questo hanno immediatamente reclama-to la riappropriazione sociale di questo bene comune e lasua gestione pubblica e partecipata.

MANIFESTOQui a sinistra il manifesto del corteodel 20 marzo. Si può scaricare dal sitowww.acquabenecomu-ne.org e diffondere liberamente.L’appuntamentoè a piazza della Repubblica, a partire dalle ore 14.

Sono le firme da raccogliereper i tre referendum sull’ac-

qua. La raccolta inizierà attorno alla metà di aprile, dopo il turnodi ballottaggio delle elezioni locali, e andrà avanti per tre mesi.

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Siamo terzi nel mondo per con-sumi pro capite di acqua, dopo

Stati uniti e Canada, e al primo posto in Europa con 250 litri al gior-no. I tedeschi ne consumano circa la metà, i francesi poco più di150 litri a testa [dati 1995].

In europa Italia, Spagna e Germania hanno la più alta percentuale di consumo d’acqua

rispetto alla disponibilità teorica: poco più del 30 per cento. Fa peggio solo il Belgio, che consuma oltre il 50 per cento dell’ac-qua disponibile [dati 1995].

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E ULTIME MISURAZIONI riguardanti le risor-se idriche risalgono al 1971 e i numeriusati e divulgati tuttora non sono altro

che elaborazioni statistiche. In più, nel nostro paesenon c’è nessun organismo che pianifichi e controlli larisorsa acqua. Sono i due grandi problemi che ac-compagnano il tema ora all’ordine del giorno, cioèil completamento della privatizzazione del servizioidrico locale, da cui partiamo per un ragionamentosull’acqua a tutto tondo.

Già prima del 2000, ai beni essenziali alla vita erastata attribuita una rilevanza economica e imprendi-toriale e fra i soggetti candidati a gestire i servizi lo-cali c’erano, in linea con le indicazioni dell’Ue, anchele società per azioni [Spa]. Le modalità di affidamen-to dei servizi, compreso quello idrico, da parte deglienti locali erano quattro, anzi cinque: 1] tramite ga-ra a una Spa; 2] senza gara a una Spa, purché una quo-ta della Spa fosse stata messa a gara; 3] «in house»,cioè con affidamento diretto anche a una Spa, purchéquest’ultima fosse sotto il totale controllo del sogget-to pubblico appaltante e lavorasse esclusivamente perquesto soggetto; 4] affidamento diretto a un’aziendaspeciale; 5] infine, gestione in economia, di fatto tut-

tora possibile, riservata ai piccolissimi comuni, chenon hanno uno specifico bilancio dedicato alle acque,e quindi sono di scarso interesse economico per i pri-vati.

Con il testo unico sugli enti locali [legge 267 del2000], i governi D’Alema e Amato, aprono le porte al-la «spaizzazione»: la normativa conferma che i ser-vizi pubblici locali possono essere gestiti da Spa o Srla prevalente capitale pubblico o da Spa non necessa-riamente a prevalente capitale pubblico.

Ma, in più, si afferma che le aziende speciali [chegià agli inizi degli anni novanta avevano sostituitole vecchie municipalizzate, diretta emanazionedegli enti locali] possono essere trasformate in so-cietà per azioni, di cui gli enti locali possono resta-re azionisti unici per un periodo non superiore aidue anni. La legge prevede cioè la trasformazione inSpa di aziende già «snaturate», ma che comunque era-no ancora enti «strumentali» dell’ente locale, cioè a

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Profitto fino all’ultima goccia

L

INDIA Un pescatore naviga con la sua canoa sul letto del fiu-me Narmada, in India. Dal movimento contro le grandi digheche minacciano ecosistemi e culture locali, è nata una delle piùvitali campagne internazionali di difesa dei beni comuni.

INCOMPIUTE La Finanziaria 2010 stabilisce che opere co-me il Ponte e varie tratte dell’alta velocità possanoprocedere per lotti. Il rischio, dice il Wwf, è «di disseminareil territorio, come già negli anni 1960-90, di incompiute».

di Anna Pacilli

250LITRI

30%

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re il servizio, in piena sintonia con le norme europee.Finora, però, abbiamo affrontato solo una parte del

grande tema del governo dell’acqua. Il servizio idrico,infatti, si occupa praticamente solo degli usi civili, checoprono il 20 per cento dell’acqua consumata, quella po-tabile. Il resto delle risorse idriche è usato in agricoltu-ra [50 per cento], industria [20] e per scopi energetici.

Di questo ‘restante’ 80 per cento non si occupa pra-ticamente nessuno, dicono alcuni esperti del settore,convinti che quando si parla di acqua si debba farlo a360 gradi, sia perché esiste un equilibrio fra le parti,sia perché c’è il rischio costante di conflitti fra i diver-si usi, a maggior ragione quando la risorsa è carente:e l’acqua, si sa, è una risorsa limitata da tutelare. Népuò essere dimenticata l’assenza cronica di conoscen-za, pianificazione e controllo pubblico sulle acque in Ita-lia, che riemerge puntualmente a ogni emergenza o di-sastro, per poi essere accantonata di nuovo.

Tutti i numeri che vengono citati, anche quelli appe-

ha tirato il freno, almeno fino alle elezioni regionali [unascadenza che ha messo il silenziatore a un’infinità di te-mi «sensibili»].

Qual è l’obiettivo di una Spa? Evidentemente guada-gnare molto e distribuire dividendi ai soci. E come gua-dagna? Vendendo il più possibile [nel nostro caso ac-qua] e investendo [speculando?] su altri settori remu-nerativi. Quindi, non solo una Spa non punterà mai sulrisparmio della risorsa acqua, anzi, ma non ha alcun in-teresse né a fare investimenti a medio-lungo termine permigliorare la qualità del servizio, né a offrire le conoscen-ze al soggetto pubblico o ai cittadini, peraltro impossi-bilitati a orientarne, o anche solo a discuterne, le scelte.A questo si aggiunge l’assenza totale di controlli pubbli-ci, necessari quando a gestire il servizio è l’ente locale.E poi, chi dovrebbe fare il censimento e la lotta ai prelie-vi abusivi di acqua, agli sprechi, eccetera, che riduconola risorsa facendone fluttuare i costi? Nessuno se nepreoccupa.

na evocati, sono approssimativi perché non esistono glistrumenti né le strutture che fanno questo lavoro: gli ul-timi dati frutto di controllo e monitoraggio, insomma diuna misura, risalgono alla conferenza sulle acque del1971. Quindi i numeri che circolano, prodotti anche daprestigiosi istituti, non sono altro che elaborazioni sta-tistiche, come sostiene anche l’Irsa, l’istituto di ricercasulle acque del Cnr, che parla di conoscenze approssima-tive. Che sono tali anche in riferimento ai comportamen-ti illegali: per quanto riguarda i prelievi da pozzo, unastima di circa cinque anni fa dello stesso Cnr diceva chei tre quarti, in termini numerici, non sono censiti. Vuoldire che quasi certamente sono abusivi e il ruolo piùrilevante lo gioca l’agricoltura. Quanti siano i prelievida pozzo è difficile dirlo: si parla, solo nel nord Italia,di almeno un milione.

Gli economisti del settore chiamano tutto questo «dis-simmetria informativa», per cui chi gestisce un servizio,mettiamo una Spa, riesce con il tempo a conoscerlo esat-tamente, a saperne dati e numeri, a differenza di chi ilservizio lo affida, cioè l’ente locale. In effetti, la fonte diquello che, per esempio, i romani sanno sull’acqua cheusano è l’Acea, cioè la Spa a maggioranza pubblica e quo-tata in borsa e iscritta a Confindustria che gestisce il ser-vizio per conto del comune.

Fra i soci ci sono imprenditori come Caltagirone emultinazionali come la francese Gdf Suez, ma il Campi-doglio sta esaminando la pratica di privatizzazione del-l’Acea cedendo gran parte delle sue quote: la vicenda hascatenato tali proteste che il sindaco Gianni Alemanno

esso inscindibilmente collegati e di fatto dipendenti, e ri-cadenti nell’ambito del diritto pubblico. Il testo unicoprosegue così nell’opera già avviata dalla legge Bassani-ni del 1997 e apre un’autostrada allo smantellamentodella possibilità di mantenere di fatto il servizio idricoin capo al soggetto pubblico [la modalità 4]. Questa op-zione viene poi del tutto cancellata dal successivo gover-no Berlusconi con la finanziaria 2002 [legge 448 del 2001]e la legge n. 326 del 2003.

Rimaneva in piedi la modalità 3 [affidamento «inhouse» anche a Spa, purché sotto il totale controllo del-l’ente, quale unico committente] come ultima possibi-lità di mantenere pubblica la gestione del servizio idri-co, tuttora prevista dalle regole europee. In modo bef-fardo, invece, l’attuale governo Berlusconi ha accam-pato proprio presunte norme comunitarie, inesisten-ti, per cancellare definitivamente questa modalità diaffidamento.

A stabilirlo è l’articolo 23 bis della legge 135 del 2009,impropriamente detto decreto Ronchi [Andrea, Pdl], dapiù parti giudicato incostituzionale: oggi una legge del-lo Stato non può imporre a un ente locale come organiz-zarsi, quale forma dare alle aziende o con quali modalitàaffidare i servizi pubblici. Ad oggi, però, in assenza di unpronunciamento della Corte costituzionale o di un ver-detto popolare, tutte le concessioni scadono entro il 31 di-cembre 2010 e per la gestione del servizio idrico non re-stano che le Spa, magari quotate in borsa. In barba allescelte diametralmente opposte che stanno facendo altripaesi e città, come Parigi, che ha deciso di ripubblicizza-

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L’ultimo censimento delle acque in Italia è del 1971. Nessuno sa o controlla.E il governo Berlusconi, con l’articolo 23 bis della legge 135 del 2009, imponela fine della gestione del servizio idrico affidata a società pubbliche

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Q UESTO ARTICOLO contiene leultime norme in materia diservizio idrico integrato e di

altri servizi pubblici approvate dal-l’attuale governo presieduto da Sil-vio Berlusconi.

Al netto delle deroghe successi-vamente introdotte, la norma disci-plina l’affidamento della gestionedel servizio idrico, del servizio rac-colta e smaltimento rifiuti e del tra-sporto pubblico locale.

L’articolo 23 bis, in dodici com-mi, stabilisce come modalità ordi-narie di gestione del servizio idricol’affidamento a soggetti privati at-traverso gara o l’affidamento a so-cietà a capitale misto pubblico-pri-vato, all’interno delle quali il priva-to sia stato scelto attraverso gara edetenga almeno il 40 per cento del-le quote societarie.

La gestione attraverso SpA a to-tale capitale pubblico viene permes-sa solo in regime di deroga, per si-tuazioni eccezionali che, a causa dicaratteristiche economiche, sociali,ambientali e geomorfologiche delcontesto territoriale di riferimento,non permettono un efficace e utilericorso al mercato. La deroga inquestione non può essere chiestadalle amministrazioni locali, ma de-ve essere supportata da un’adegua-

ta analisi di mercato e sottoposta alparere dell’Antitrust.

Con questa norma, dando persalvaguardate le attuali gestionigià affidate a soggetti privati o a so-cietà miste, il governo vuole mette-re definitivamente sul mercato lagestione dei 64 [su 92] Ambiti terri-toriali ottimali [Ato] che non hannoancora proceduto ad affidare il ser-vizio idrico, o ne hanno affidato lagestione a società a totale capitalepubblico.

Le nuove norme prevedono chele società a totale capitale pubblico,infatti, cessino di esistere improro-gabilmente entro il dicembre 2011,o che possano continuare alla solacondizione di trasformarsi in so-cietà miste, con capitale privato al40 per cento.

Le norme inoltre disciplinano lesocietà miste collocate in Borsa, lequali per poter mantenere l’affida-mento del servizio dovranno dimi-nuire la quota di capitale pubblicoal 40 per cento entro giugno 2013 eal 30 per cento entro il dicembre2015.

Promuovere l’abrogazione del-l’articolo 23 bis della Legge n.166/2009 significa contrastare di-rettamente l’accelerazione sulleprivatizzazioni imposta dal gover-

no Berlusconi e la definitiva conse-gna al mercato dei servizi idrici inItalia.

Il governo ha introdotto questoarticolo cercando di «proteggerlo»dal possibile ricorso al referendum.Il trucco è semplice: l’articolo in séè inserito in un provvedimento dicarattere economico, quindi - stan-do all’orientamento della Corte co-stituzionale - potrebbe essere sotto-posto a referendum. Tuttavia, il go-verno lo ha «etichettato» come at-tuazione di norme comunitarie,che invece non si possono sottopor-re a referendum.

Con le sentenze 31, 41 e 45 del2000, la Corte ha però inammissibi-le il referendum per le leggi «comu-niariamente indispensabili», cioèquelle per la cui modifica è necessa-rio cambiare il quadro normativoeuropeo. Il fatto che in Europamolti paesi e molte città mantenga-no la gestione pubblica del servizioidrico o siano avviate a reintrodur-la indica però che la materia in og-getto si può modificare senza viola-re la cornice europea.

La privatizzazione, cioè, non èaffatto imposta dall’Unione europeama è una precisa scelta politica delgoverno italiano. Pertanto, i cittadi-ni dovrebbero potersi esprimere.

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TRE VOLTE SÌC A R T A G E O G R A F I C A

1. ABROGAZIONE DELL’ART.23BIS [12 COMMI] DELLA L. N. 133DEL 2008 RELATIVO ALLA PRIVATIZZAZIONE DEI SERVIZI PUBBLICI DI RILEVANZA ECONOMICA

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L ’ARTICOLO CHE VIENE sottopostoai cittadini per ottenerne l’a-brogazione richiama espres-

samente l’articolo 113 del DecretoLegislativo numero 267 del 2000 ilTesto unico degli Enti locali.

L’articolo disciplina, come uni-che forme societarie possibili perl’affidamento del servizio idrico in-tegrato, le società per azioni, chepossono essere a capitale totalmen-te privato, a capitale misto pubbli-co privato o a capitale interamen-te pubblico.

Queste norme sono state in par-te superate dalle modifiche appro-vate da questo governo che sonooggetto del primo dei tre quesiti delreferendum sull’acqua. Se fosseabrogato solo l’articolo 23 bis del-la legge 133 del 2009, l’articolo dicui al secondo quesito tornerebbea «vivere» nel sistema legislativo. Idue quesiti sono strettamente con-nessi.

Se attraverso il primo quesito sivuole infatti contrastare la priva-tizzazione imposta dall’attuale go-

verno Berlusconi, con questo se-condo quesito ci si propongonoulteriori obiettivi, tanto legislativiquanto amministrativi e politici.

Il primo è quello di qualificarepiù compiutamente il percorso re-ferendario come relativo al temadell’acqua; infatti l’art 23 bis [og-getto del primo quesito] non ri-guarda nello specifico il solo setto-re idrico ma si estende anche ad al-tri servizi pubblici essenziali.

Il secondo obiettivo è relativo al-la necessità di intervenire sul pro-blema della gestione diretta delservizio idrico, attraverso formesocietarie che siano idonee a svol-gere una funzione sociale e di pre-minente interesse generale. Daquesto punto di vista, la sempliceabrogazione dell’articolo 23 bis, la-scerebbe immutato il panorama le-gislativo di affidamento oggi inte-ramente coperto da società perazioni ovvero da società di tipo pri-vatistico, anche quando sono a to-tale capitale pubblico.

Poiché l’obiettivo del Forum ita-

liano dei movimenti per l’acqua, edella coalizione ancor più ampiache si è costituita per il percorso re-ferendario, è sempre stato ottene-re la ripubblicizzazione dell’ac-qua, cioè la sua gestione attraver-so enti di diritto pubblico parteci-pati dalle comunità locali, l’abroga-zione dell’articolo interessato daquesto secondo quesito non con-sentirebbe più il ricorso all’affida-mento della gestione a società dicapitali.

Con l’abrogazione di questo ar-ticolo, il servizio idrico struttural-mente e funzionalmente «privo dirilevanza economica».

Infine, va ulteriormente rimar-cato come la semplice abrogazionedell’articolo 23 bis non provoche-rebbe alcun sostanziale cambia-mento concreto per tutta quellaparte di popolazione [metà delPaese], che già oggi e da tempo havisto il proprio servizio idrico inte-grato affidato a società a capitaleinteramente privato o a società acapitale misto pubblico-privato.

PER L’ACQUAC A R T A G E O G R A F I C A

2. ABROGAZIONE DELL’ART. 150[QUATTRO COMMI] DEL D. LGS.N. 152 DEL 2006 [C.D. CODICEDELL’AMBIENTE], RELATIVOALLA SCELTA DELLA FORMA DI GESTIONE E PROCEDURE DI AFFIDAMENTO,SEGNATAMENTE AL SERVIZIOIDRICO INTEGRATO

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SI TRATTA IN QUESTO CASO di abro-gare poche parole da un singo-lo comma, ma sono parole di

grande rilevanza simbolica e diforte e sostanziale concretezza.Perché la norma che si vorrebbeabrogare è quella che consente algestore di fare profitti sulla tariffa,caricando sulla bolletta dei cittadi-ni un 7 per cento a remunerazionedel capitale investito, senza alcuncollegamento a qualsiasi logica direinvestimento dei profitti ottenu-ti per migliorare la qualità del ser-vizio stesso.

Per i cittadini, l’effetto concretodi queste poche parole è una doppiavessazione, perché da una parteviene mercificato il bene comuneacqua, dall’altra gli utenti vengonoobbligati a garantire il profitto alsoggetto gestore.

Abrogando questa parte dell’ar-ticolo sulla norma tariffaria, si eli-minerebbe il «cavallo di Troia» che,introdotto dalla Legge numero 36del 1994 [la cosiddetta Legge Galli],ha aperto la strada ai privati nellagestione dei servizi idrici, avviandol’espropriazione di un bene comunee di un diritto umano universale.

Dal punto di vista normativo, ilcombinato disposto dei tre quesitisopra descritti, comporterebbe, perl’affidamento del servizio idricointegrato, la possibilità di ricorrereal vigente articolo 114 del Decretolegislativo numero 267 del 2000.

Questo articolo prevede il ricor-so a enti di diritto pubblico [azien-da speciale, azienda speciale con-sortile, consorzio fra i Comuni], ov-vero a forme societarie che qualifi-cherebbero il servizio idrico come

strutturalmente e funzionalmente«privo di rilevanza economica»,quindi un servizio di interesse gene-rale la cui erogazione deve prescin-dere da considerazioni di profitto.

Verrebbero di conseguenza postele premesse migliori per l’approva-zione della legge d’iniziativa popo-lare, già consegnata al parlamentonel 2007 dal Forum italiano dei mo-vimenti per l’acqua, corredata daoltre 400 mila firme. La legge di ini-ziativa popolare potrebbe essere ilnuovo quadro normativo generale.

E si potrebbe così riaprire sui ter-ritori la discussione e il confrontosulla creazione di un nuovo model-lo di pubblico, che può definirsi ta-le solo se costruito sul controllo de-mocratico e la partecipazione diret-ta dei lavoratori, dei cittadini e del-le comunità locali.

Dall’insieme di questi tre quesi-ti, poi, emerge la possibilità di lan-ciare una grande battaglia di civiltàe di tutela dei diritti fondamentali,che potrebbe essere successiva-mente estesa a tutti i beni comuninonché ad altri servizi pubblici es-senziali che negli ultimi anni sonostati terreno di conquista delleaziende e delle multinazionali.

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RELAZIONE La relazione dettagliata che accompagna i trequesiti del referendum è stata scritta da Gaetano Azzariti,Gianni Ferrara, Alberto Lucarelli, Ugo Mattei e Stefano Rodotà. Si può scaricare da www.acquabenecomune.org

TEMPI Se la raccolta delle firme avrà successo come si spera,i quesiti andranno sottoposti al giudizio della Corte costituzionale.Se i giudici riterranno ammissibili i quesiti proposti, il votopotrebbe avvenire nella primavera del 2011.

3. ABROGAZIONE DELL’ART. 154DEL D. LGS N. 152 DEL 2006 [C.D. CODICE DELL’AMBIENTE],LIMITATAMENTE A QUELLAPARTE DEL COMMA 1 CHE DISPONE CHE LA TARIFFA È IL CORRISPETTIVO DEL SERVIZIO IDRICOINTEGRATO ED È DETERMINATATENENDO CONTO DELLAREMUNERAZIONE DEL CAPITALE INVESTITO

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Il Comitato Promotore

Forum italiano dei movimenti per l’ac-qua, Attac Italia, Arci, Comitato italianoper il contratto mondiale dell’acqua, Ma-ni tese, Yaku, A Sud, Cevi, Medicina de-mocratica, Diocesi di Termoli-Lariano,Confederazione Cobas, Rdb Energia, As-sociazione consumatori e utenti, Asso-ciazione nazionale Michele Mancino, As-sociazione LibLab, Coordinamento ro-mano acqua pubblica, Coordinamentocampano acqua pubblica, Comitato pu-gliese «Acqua bene comune», Coordina-mento regionale acqua pubblica Basilica-ta, Coordinamento calabrese acqua pub-blica «Bruno Arcuri», CoordinamentoMolise acqua pubblica, Comitati territo-riali per l’acqua pubblica [diverse centi-naia], Coordinamento enti locali per l’ac-qua bene comune e la gestione pubblicadel servizio idrico, Associazione naziona-le comuni virtuosi, Comitato Rodotà peri beni comuni, Movimento nazionalestop al consumo di territorio, ComitatoNo Expo, Geologia senza frontiere, Geo-logi nel mondo, Wwf, Legambiente, Fo-rum ambientalista, Mountain wilder-ness, Verdi ambiente società, Acli, Age-sci, Jesuit social network Italia, Conferen-za degli istituti missionari in Italia [Cimi],Commissione giustizia, pace e integritàdel Creato della Cimi, Federazione chieseevangeliche in Italia, Emmaus Italia, So-gnatori in cantiere, Libera, Pax Christi,Beati costruttori di pace, Associazionecondividi, Fair, Associazione botteghedel mondo, Consorzio Città dell’altraeconomia, Focsiv volontari nel mondo,Solidarietà e cooperazione – Cipsi, Acra,Associazione italiana amici di Raoul Folle-

reau, Campagna perla riforma della Ban-ca mondiale, Comi-tato Amigos movi-mento Sem Terra,Associazione cultu-rale Punto rossoFma, Associazione5/12, Presidio NoDal Molin Vicenza,Movimenti No Tav Valdi Susa, Rete No Ponte,Movimento per la decre-scita felice, Rete @Sinistra,Auser, Meet up amici di BeppeGrillo, Federconsumatori, Federca-salinghe, Movimento consumatori,Adusbef, Associazione liberacittadinan-za rete dei Girotondi e movimenti, Fede-razione rappresentanze sindacali di base,Carta, il manifesto, Altreconomia, L’U-nità, Il Salvagente, Rinascita della sini-stra, Left, Action movimento di lotta perla casa, Campagna Non bruciamoci il fu-turo, C.s.a. La Torre, L.o.a. Acrobax, TerraTerra, Osservatorio per la pace del Comu-ne di Capannori, Comitato spontaneoper la pace di Faenza, Centro di docu-mentazione don Tonino Bello Faenza,Scuola di pace don Peppe Diana di Casaldi Principe, Collegamento campano anti-camorra, Reorient onlus Roma, NetworkRiprendiamoci il pianeta, Associazioneitaliano esposti amianto del Lazio, Retedei movimenti e comitati vesuviani, Coo-perativa «E pappeci», Comitato tutelaambiente di Sasso Ferrato e San Donatodi Fabriano, Associazione Auser volonta-riato Caserta, Commercio alternativosoc. coop. Ferrara, Rete veneta comitatie associazioni per la difesa dell’ambien-

te, del territorio e della salute, Cittadi-nanzattiva Casera, Legambiente Caserta,Rete Lilliput nodo di Napoli, Comitati peri beni comuni di Portici, Reti di pace.

La Funzione pubblica Cgil sostiene l’iniziativa referendaria.

Comitato di sostegno

Federazione della Sinistra, Federazionedei Verdi, Sinistra ecologia e libertà, Italiadei valori, Sinistra critica, Lista civica Pro-getto per amministrare Como, ListaI.d.e.a. per il Veneto, Movimento civico«Leali a Spigno – Progressisti», Partito co-munista dei lavoratori Teramo.

COMITATO PROMOTORE E COMITATO DI SOSTEGNO

Per adesioni e informazioni sulla raccolta firme: Paolo CarsettiSegreteria Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua Via di S. Ambrogio n.4 - 00186 Roma tel./fax. 06/68136225

lunedì -venerdì dalle 15 alle 19, [email protected], www.acquabenecomune.org

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settore orientandola al profitto. La privatizzazione del-l’acqua appare, dunque, l’ultima frontiera di un proces-so che ha già riguardato altre risorse naturali, e che hagenerato ineguaglianza e ingiustizia, miseria e conflit-ti, nonché distruzione ambientale e alterazione dei ci-cli ecologici. Parallelamente, questo processo ha deter-minato l’erosione della sovranità popolare a causa del-la perdita della capacità di controllo e decisione.

La privatizzazione dei servizi idrici, in effetti, avvie-ne a discapito dell’interesse generale [produce aumentodelle tariffe, riduzione dei costi di gestione e degli inve-stimenti, peggioramento della qualità dei servizi e au-mento dei distacchi per morosità] e, spesso, in spregio al-la democrazia, vale a dire la capacità del popolo di gover-

’ACQUA È UN BENE DA CUI dipende la vita di tutti gli esseri viventi e del pianeta, eppure è in atto un pro-cesso di mercificazione senza precedenti. La privatizzazione delle fonti e dei servizi idrici è legataal paradigma della «modernità», basato su una percezione funzionale e riduzionista della natura, e

incentivata dalla scarsità [quantitativa e qualitativa] della risorsa che - presupposto per la sua economicizzazio-ne - è conseguenza del sistema produttivo ed economico dominante che causa stress idrico ed ecologico.

Del resto, la creazione del mercato dei servizi idrici ha determinato una trasformazione dell’organizzazione del

nare la res publica, la casa comune per il bene comune.In Italia, ad esempio, nonostante una proposta di Leggedi iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dei ser-vizi idrici, la creazione di un Coordinamento degli entilocali per la ripubblicizzazione del servizio idrico e undocumento del Cnel [organo di rilevanza costituzionale]a sostegno della gestione da parte di enti pubblici, il go-verno ha inserito nel Decreto legge 135/2009 l’artico-lo 15 che, di fatto, privatizza i servizi idrici e, ha sottrat-to la decisione finanche al dibattito parlamentare at-traverso la questione di fiducia in sede di legge di con-versione.

Se la privatizzazione non è a beneficio dei cittadini, chici guadagna? Prendendo a riferimento il caso italiano,un’indicazione viene dal fatto che dopo la conversionedel decreto, il valore delle azioni delle società del setto-re idrico è salito sensibilmente. L’apertura del settoreidrico ai privati è un affare per le grandi imprese se sipensa che il mercato, in forte espansione, si basa sull’au-mento della domanda e sulla decrescente disponibilitàdi acqua, sulle quali si «innestano» due situazioni diffe-renti: la carenza di infrastrutture nei Paesi del «Sud» cherichiede la costruzione di strutture di captazione, pota-

bilizzazione e distribuzione; e la presenza nei Paesi in-dustrializzati di acquedotti deteriorati che necessitanodi riparazioni. A questo va aggiunto il problema comu-ne dell’inquinamento che rappresenta un grande busi-ness per le imprese di «disinquinamento» e depurazione.

Gli investimenti per il ripristino delle infrastruttureidriche obsolete sono calcolati in 534 miliardi di dollarinegli Usa e 330 miliardi di euro in Europa; mentre gli in-vestimenti annui per i servizi di base a livello mondia-le sono stimati in 60-80 miliardi di dollari, con un mer-cato in forte espansione trainato dall’Asia con una cre-

Il fatturato delle multinazionaliidriche supera il Pil di 114 paesi.L’acqua è l’affare del millennio

Un business planetariodi Margherita CiervoL

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Geopolitica dell’acqua

È ARRIVATO DA POCO in libreria il volume«Geopolitica dell’acqua», scritto da Mar-gherita Ciervo [Carocci, 143 pagine, 10euro]. La formazione geografica dell’au-trice consente di intrecciare in un discor-so scorrevole e approfondito, diverse di-mensioni della «questione acqua». Per comodità di esposizione, il discorso èarticolato in tre «passaggi» che evidenzia-no la parabola dell’acqua: da dono [in al-

cuni casi con un valore sacro] a bene da privatizzare, che poi di-venta una risorsa «scarsa» e dunque redditizia, e quindi fontedi potere economico e controllo politico. Il ragionamento diCiervo è saldamente poggiato sullo studio dei casi concreti diprivatizzazione, soprattutto in Europa e in America latina, in-trecciato con l’analisi dell’impatto politico e culturale dei mo-vimenti che si sono opposti a questa deriva. Ne viene fuori unaconclusione semplicemente dirompente: la volontà di privatiz-zare l’acqua, contro ogni evidenza economica e sociale, è unascelta ideologica che non ha nulla a che vedere con la presun-ta superiore efficacia del privato rispetto al pubblico.

scita media annuale del 5,8 per cento [10,6 per la Cina e11,7 per l’India].

A questo si aggiunge, il mercato della dissalazione sti-mato fra gli 11 e i 30 miliardi di dollari. Il giro di affariè talmente elevato che nel 2000 è stato creato il primofondo internazionale di investimento [Pictet Funds Wa-ter] in azioni di società del settore idrico, con un atti-vo di 2 miliardi di euro e un portafoglio di 150 titoli [fracui Veolia, Suez, Severn Trent e Nestlé]. Di recente so-no stati sviluppati altri fondi [svizzeri, statunitensi, ca-nadesi, belgi e italiani] il cui livello di profitti garantitisfiora il 100 per cento.

Le prime multinazionali del settore a livello mondia-le sono la Veolia Eau [gruppo Veolia] e la Lyonnaise desEaux [Suez Environnement], presenti in cinque conti-nenti [60 paesi la Veolia, 120 la Suez], contano decine dimilioni di clienti [solo la Veolia 132 milioni, quanto lapopolazione italiana, francese e belga]. La loro strate-gia aziendale si base sulla ricerca, promossa attraver-so sia le fondazioni private sia il partenariato con lestrutture pubbliche che permette la costituzione di for-ti legami con la comunità scientifica, e la propaganda divalori positivi come la sostenibilità ambientale, la so-lidarietà e la responsabilità sociale, con il fine di costrui-re un’immagine positiva.

Tuttavia, le parole sono diverse dai fatti e Veolia e Suez

[e le loro filiali] hanno un impatto ambientale molto for-te. Classificate nel 1998 dall’Agenzia dell’ambiente delRegno unito al secondo e terzo posto fra i peggiori inqui-natori, [www.socialistdemocracy.org], sono state coin-volte, indagate e anche condannate per pratiche illega-li o per corruzione [fra i casi più noti quello di Grenoblee di Acqualatina], e sono state accusate di comporta-menti contrari ai diritti umani: un rapporto di Amne-sty international del 2004 rileva 14 tipi di violazioni im-putabili all’attività e alla presenza delle multinaziona-li, loro controllate o associate.

Il potere delle multinazionali è espresso dalle cifre diaffari: già all’inizio del 2000 i profitti annuali dell’indu-stria idrica erano quasi il 40 per cento di quelli del setto-re petrolifero. Sono cifre che assumono significato se rap-portate al Pil di molti Stati. Su 183 paesi presi in conside-razione da The Economist [2008], 114 [circa il 62 per cen-to] hanno un Pil inferiore al fatturato del gruppo Veolia[33 miliardi di dollari] e di questi 79 hanno un pil inferio-re alle entrate annuali della sola Veolia Eau [11 miliardi].È un confronto che mette in evidenza la grande disparitàdi potere economico fra multinazionali e Stati e che spie-ga, in parte, la capacità delle prime di influenzare le po-

INDIA La campagna per la difesa del fiume Narmada hamobilitato organizzazioni sociali di tutto il mondo, oltre a intellettualidel calibro della scrittrice indiana Arundhati Roy. È stata una dellecampagne del movimento altermondialista. Foto Danilo De Marco

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litiche governative. Al peso economico, inoltre, si aggiungono le azioni di lobbying finalizzate alla creazione e all’am-pliamento dei mercati dell’acqua a livello mondiale. Le multinazionali e la Banca Mondiale [Bm], insieme ad alcune or-ganizzazioni internazionali e ad alcuni paesi [Canada, Giappone, Francia e Olanda], nel 1996 hanno creato il Consigliomondiale sull’acqua [sede a Marsiglia] che dal 2005 è presieduto da Loïc Fauchon [già sottoscrittore dello statuto], pre-sidente della Société des eaux de Marseille [filiale di Veolia e Suez], e formato da numerose imprese non solo del setto-re idrico ma anche petrolifero [come Petrobras], delle costruzioni e delle infrastrutture.

Il Consiglio, attraverso i Forum mondiali dell’acqua, diffonde la visione dell’acqua come bisogno e bene economi-co. Al fine di realizzare la «nuova» visione e di promuovere la «collaborazione» tra pubblico e privato, è stato creato

zione necessaria ma non sufficiente per una gestione de-mocratica – ma anche sulla partecipazione e sul control-lo sociale della risorsa e del servizio.

L’esperienza dimostra, infatti, che il governo pubbli-co, pur essendo finalizzato a garantire gli interessi col-lettivi, spesso è soggetto [come del resto le gestioni pri-vate e forse ancor più i modelli «pubblico-privati»] aclientelismo e corruzione, ragione per cui i «nuovi» mo-delli sono basati su autonomia politica e giuridica [indi-pendenza da partiti e gruppi di potere] e su meccanismicapaci di garantire trasparenza, efficacia e sostenibilitàeconomica e ambientale, controllo e partecipazione so-ciale. Quest’ultima, in particolare, diviene garanzia diuna gestione «libera» non solo dal profitto ma anchedalla politicizzazione e finalizzata all’interesse della co-munità.

Le forze in campo sono impari ma i molti casi di op-posizione alla privatizzazione, a partire dalla guerra del-l’acqua di Cochabamba, Bolivia, di cui quest’anno ricor-re il decimo anniversario, e di ripubblicizzazione, di cuiil caso più emblematico è quello di Parigi dove il servi-zio idrico è stato gestito per 25 anni da Veolia e Suez, di-mostrano che il processo di mercificazione in corso nonè irreversibile e che, nonostante tutto, ci sono i marginiper restituire l’acqua, e i beni comuni in generale, allospazio pubblico della democrazia partecipativa.

il Global Water Partnership [Gwp] che si coordina conil Consiglio attraverso la Commissione mondiale sull’ac-qua [fondata nel 1998].

A questi si aggiungono l’International private waterassociation [Ipwa], nata nel 1999 a New York, e l’Acqua-Fed, la federazione degli operatori privati dell’acqua,creata nel 2005 a Bruxelles, che riunisce duecento impre-se in quaranta paesi.

A tali strutture di potere si contrappongono le retidi relazioni costruite sull’idea dell’acqua come bene co-mune dell’umanità che, in quanto tale, deve essere ge-stita fuori delle logiche di mercato, nel rispetto del ci-clo ecologico e del diritto umano all’accesso alle risor-se vitali. Questo si traduce nella diffusione di pratiche digestione fondate non solo sul governo pubblico – condi-

Le lobby collegate ai colossi del settore condizionano e decidonole politiche pubbliche per l’acqua

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DELIBERELa privatizzazione

dell’acqua si puòcontrastare anche senzaaspettare i referendum. Sipuò iniziare, per esempio,a prendere posizione. Nel-la cartina qui a fianco, ela-borata a partire da quelladi Luogo e Spazio[nuke.luogoespazio.info], ipuntini blu rappresentanoi comuni che hanno adot-tato ordini del giorno o de-libere a favore della ripub-blicizzazione dell’acqua.Una delibera tipo si trovasul sito del Forum dei movi-menti dell’acqua [www.ac-quabenecomune.org]. Il 5e 6 marzo, a Roma, c’è sta-ta l’assemblea nazionaledegli enti locali per l’acquabene comune e la gestionepubblica del servizio idri-co. Ispirata dal dovere dicoordinarsi «come governidi prossimità per evitare lasottrazione di un bene pri-mario dei cittadini», l’as-semblea è servita anche astudiare strategie e azionicoordinate per la prosecu-zione della campagna in vi-sta della mobilitazione perla raccolta di firme per i trereferendum.

STATUTIGli enti locali han-

no anche un’altrapossibilità: modificare ilproprio statuto per «rico-noscere il diritto umano al-l’acqua, confermare il prin-cipio della proprietà e del-la gestione pubblica, ri-conscere che il servizioidrico integrato è un servi-zio pubblico locale privo dirilevanza economica». Lamodifica di uno statuto re-gionale, provinciale ocomunale richiedein genere una mag-gioranza di dueterzi. Nonostantequesta «difficoltà»tecnica, sono molti i go-verni locali che lo hannofatto. Nella cartina qui ac-canto sono segnalati con ipuntini celesti. L’elencocompleto degli enti localia favore dell’acqua pubbli-ca è su nuke.luogoespa-zio.info

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PRIVATI HANNO il legittimo diritto di fare utili e per raggiungere questo obiet-tivo sono disposti a venir meno ad alcuni standard del servizio». Tutto qui.Perciò, è meglio che l’acqua resti in mano pubblica. Si dirà che la gestio-

ne pubblica, negli ultimi quindici anni, non è stata efficiente. Dipende. Chi ha pro-nunciato queste parole non è d’accordo. Anzi, è la testimonianza in carne e ossache le cose possono andare diversamente. Si tratta di Tullio Cambruzzi, diretto-re generale dell’Ato Laguna di Venezia, la città più efficiente d’Italia nella gestio-ne delle risorse idriche, spreca solo l’8 per cento dell’acqua immessa nella rete, con-tro una media nazionale del 32 per cento.

A guardare le statistiche, in effetti, si resta scoraggiati. Dal 1999 al 2008 nonè cambiato nulla. La percentuale di acqua che va perduta rispetto a quella pre-levata dalla fonte e non erogata è rimasta uguale, il 39 per cento a livello nazio-nale. Con una punta del 49 per cento nel Mezzogiorno, ben lontana dal targeteuropeo del 25 per cento fissato per il 2013. I numeri sono dell’Istat, che, a di-cembre 2009 ha pubblicato un Censimento delle risorse idriche a uso civile rela-tivo al 2008, facendo riferimento alla platea di proprietari e gestori attuali, in mag-gioranza pubblici. «Non c’è risparmio di acqua – sintetizza il responsabile dell’in-dagine statistica Corrado Abbate – e la causa principale sta negli scarsi investimen-

46 per cento, Abruzzo e Molise al 44.Si scoprono anche casi come quello diVenezia [8 per cento]. Oppure di Mila-no, col 10 per cento di dispersione. Eancora Firenze [22], Bologna [25]. E trale città più piccole [tra 100 mila e 200mila abitanti], Piacenza [10 per cento],Vicenza [13], Bergamo [14], Trento[15], Bolzano [16], Brescia [18], Forlì[19] e Rimini [21], che con l’assessoreall’ambiente Andrea Zanzini, classe1974, detiene anche il primato dellacapacità ed efficienza di depurazionedelle acque reflue. Emanuele Lobinadell’Università di Greenwich ha rac-colto una casistica di insuccessi inter-nazionali da cui sia il pubblico che ilprivato escono con le ossa rotte.

Il premio Manager dell’anno 2009nel settore delle utility è andato al-l’amministratore unico dell’Acque-dotto Pugliese: Ivo Monteforte. È sta-to assegnato da 91 autorevoli espertidel settore e motivato con «la politicad’interventi attuata», 600 milioni

d’investimenti negli ultimi tre anni.Tra i principali risultati conseguiti: lariduzione delle perdite, il risparmio di40 milioni di metri cubi d’acqua, la ge-stione più razionale grazie a innovati-vi sistemi di controllo in remoto deiflussi idrici, oltre a un’efficace politi-ca di risanamento finanziario ed eco-nomico; un forte impulso alla sempli-ficazione organizzativa e alla riquali-ficazione del personale. L’Acquedottopugliese, il più grande d’Europa, è lostesso che Raffaele Fitto, predecesso-re di Nichi Vendola alla presidenzadella Regione, aveva avviato a priva-tizzazione e che ora è invece avviatoin direzione esattamente opposta.

Tornando alle statistiche, salta al-l’occhio che sprechi e inefficienze siconcentrano al Sud, nelle aree cosid-dette sottoutilizzate. Una spiegazioneè in questi numeri, forniti dalla Com-missione di vigilanza sulle risorseidriche [Conviri]: il rapporto tra inve-stimenti effettivamente realizzati e in-

ti sulla rete. La dispersione di acquadal 1999 a oggi non è cambiata».

I numeri dicono che sulla quota diacqua dispersa, circa due terzi si devo-no a perdite nelle condotte, alla man-canza di regolazione nel prelievo al va-riare periodico delle necessità e a pre-lievi non autorizzati, soprattutto perusi agricoli. La parte restante si devealla necessità di garantire una conti-nuità di afflusso alle condutture e al-le adduzioni di acqua all’ingrossoconcesse a imprese industriali, in ge-nere alimentari. Infine, anche sesfugge alla statistica, va consideratoche la dispersione di acqua è generataanche da problemi di tipo amministra-tivo: mancate fatturazioni, allacciabusivi, insolvenza nei pagamenti.

Come in tutte le statistiche, però, bi-sogna andare oltre la media. Allora siscopre che la Lombardia è al 21 percento come perdite di acqua immessanella rete e non erogata, il Veneto al 22,l’Emilia al 24, mentre la Sardegna è al

Il pubblico può funzionare, qualità ed efficaciadel servizio dipendono da come viene gestito.I dati dell’Istat raccontano sprechi ed eccellenze

La riscossa del pubblicodi Renata Depedis

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vestimenti programmati è nel Nordpari al 74,6 per cento, al Centroall’85,3 e al Sud al 23,6, con una medianazionale del 55,8. È vero che si trat-ta di somme enormi [Conviri stima cheservano 60 miliardi in 30 anni, di cui24,3 riguardano il Mezzogiorno], maè altrettanto vero che solo il 36 percento dei contributi a fondo perdutodell’Ue viene usato e che, dopo otto an-ni dal lancio del piano d’investimentidella Legge Obiettivo, dei 4,6 miliardistanziati solo il 26 per cento è stato as-segnato. Vanno poi considerati i vinco-li imposti dal Patto di stabilità internoai bilanci comunali: paletti che il Go-verno ha voluto estendere anche agliinvestimenti, impedendo di fatto aiComuni proprietari di acquedotti diimpiegare risorse per manutenzionee miglioramento.

L’assessore all’Ambiente di VeneziaPierantonio Belcaro dice: «Per gli inve-stimenti sulle reti bisogna usare la le-va tariffaria. Il privato lo farebbe più

sicuro: «Per altri 10 anni, a Venezia,l’affidamento resta pubblico, la normanon può essere messa in discussione.Al cittadino – sostiene – non interessachi lo gestisce, vuole un buon servizio,acqua buona, reflui che non abbianoricadute sull’ambiente». Cambruzzinon ci crede che i privati faranno inve-stimenti: «Negli ultimi 20 anni, dopoaver vinto le gare, hanno presentatoproposte di variazione dei piani d’in-vestimento e hanno alzato le tariffeoppure hanno ridotto il personale».

Cambruzzi è molto preoccupatoanche per un altro motivo: il Governo,con un recente decreto legge, ha abo-lito gli Ato [Ambito territoriale ottima-le], che controllano tariffe e investi-menti: «In un momento così delicato,quando stanno partendo le privatizza-zioni. Ci troveremo in un limbo, senzache le funzioni degli Ato siano statetrasferite a nuovi soggetti. Sarà uncaos». Come dire che la strategia delgoverno fa acqua da tutte le parti.

zera, la Costituzione prevede esplici-tamente che la gestione dell’acqua re-sti di esclusiva competenza pubblica.

Da una ricerca effettuata dall’Asso-ciazione studi e ricerche per il Mezzo-giorno emerge che nessuna delle so-cietà di servizio idrico intervistate inCampania, Puglia, Calabria, Basilica-ta e Sicilia ritiene probabile aprire l’a-zionariato ai privati. A febbraio, il pre-sidente della Puglia Nichi Vendola hatrasformato l’Acquedotto Pugliese daspa ad azienda senza scopo di lucro. Seva così al Sud, figuriamoci, dunque,cosa può succedere con le società piùefficienti del Nord. A Venezia l’asses-sore Belcaro ha fatto prorogare l’affi-damento al gestore pubblico fino al2018. Le municipalizzate di Milanostanno ragionando se presentarsi in-sieme alle future gare per l’affidamen-to del servizio. E così anche a Torino.

L’ingegner Cambruzzi, che è anchegiudice al Tribunale delle Acque, ne è

del pubblico, per guadagnarci. Tantovale che lo faccia il pubblico, senza lu-crarci. E un buon amministratore de-ve saperlo spiegare ai cittadini». A Ve-nezia è stata alzata la tariffa, eppureresta sotto la media nazionale e benlontana da quella europea.

La strategia di governo in Italiapunta ad accelerare il processo di libe-ralizzazione e privatizzazione. A livel-lo europeo, invece, l’orientamentosempre più diffuso è quello di una ge-stione pubblica dell’acqua. Il parla-mento tedesco ha approvato una riso-luzione che respinge la liberalizzazio-ne del servizio idrico per motivi am-bientali, sanitari e di efficienza; inSpagna la gestione dell’adduzione è af-fidata alle regioni e la distribuzione ècomunale; a Parigi, il consiglio comu-nale ha deciso di municipalizzare ilservizio idrico una volta scadute leconcessioni in mano ai privati da 25anni; in Belgio, il servizio idrico è ge-stito dalla pubblica Vivaqua; in Sviz-

INDIA I ragazzi di un villaggio sulle rivedel fiume Narmada tirano in secco una canoausata dai pescatori. Foto Danilo De Marco.

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La Puglia inverte la rotta

viati procedimenti giudi-ziari per comportamentiantisindacali.

L’opposizione alla priva-tizzazione va ben oltre ilfatto di usufruire di unservizio di buona qualità e a basso prezzo, e investe la sfe-ra etica e sociale. I cittadini sono contrari al fatto che l’ac-qua possa essere considerata una merce. Questo è il mo-tivo per cui il Comitato pugliese «Acqua Bene Comune»nel 2007 ha raccolto circa trenta mila firme a sostegnodella proposta legge d’iniziativa popolare per la ripubbli-cizzazione dei servizi idrici e, nello stesso anno, ha pro-mosso la nascita, primo in Italia, del Coordinamento de-gli enti locali per la ripubblicizzazione dei servizi idricicomposto da amministrazioni di coalizioni diverse. Daqueste esperienza è emersa la trasversalità della batta-glia di chi considera l’acqua un diritto e non una mer-ce, un nuovo spartiacque non più rappresentato daideologie e «colori» politici, ma dai valori.

Malgrado ciò, il percorso verso la ripubblicizzazionenon è stato facile ma, forse e proprio per questo, ha ge-nerato una graduale e sempre più diffusa presa di co-scienza sociale che ha consentito di passare da una fasedi resistenza [contrastando, ad esempio, l’apertura ai pri-

L A GESTIONE PUBBLICA dell’acqua non può essere ga-rantita da una società disciplinata dal diritto pri-vato [art. 2247 codice civile], anche se a capitale

pubblico, come l’Acquedotto Pugliese che dal 1999 è unaspa della Regione Puglia, 87 per cento, e Basilicata, 13,poiché la finalità del profitto produce politiche volteall’aumento dei ricavi [tariffe e consumi] e alla diminu-zione dei costi del lavoro [precarizzazione e conseguen-te peggioramento della qualità dei servizi].

Nel caso pugliese, gli effet-ti negativi sono talmente evi-denti che anche quei lavorato-ri e sindacati, che avevano so-stenuto la privatizzazione, sisono dovuti ricredere e atti-varsi per difendere i propri di-ritti, tanto che nel 2008 sonostati organizzati scioperi e av-

vati del capitale azionario] a una propositiva che ha por-tato all’avvio dell’interlocuzione con il governo regiona-le che, il 20 ottobre del 2009, ha approvato una delibe-ra con la quale, oltre a predisporre il ricorso contro il de-creto Ronchi, sancisce l’acqua come diritto umano, di-chiara il servizio idrico privo di rilevanza economica, esi impegna, fra le altre cose, a trasformare l’acquedottoda spa in soggetto di diritto pubblico con partecipazio-ne sociale.

A tale scopo è stato istituito un tavolo di lavoro con ilComitato pugliese e il Forum nazionale per l’elaborazio-

ne dell’opportuno disegno di legge. Quest’ultimo, ap-provato dalla giunta a febbraio, non è arrivato in Con-siglio per la «dilatazione» dei tempi e per le elezioniimminenti. Ciò nonostante, il Ddl regionale, nei con-tenuti e nelle modalità di realizzazione, è un impor-tante risultato culturale e politico che contrasta la pri-vatizzazione promossa dal governo nazionale e rilan-cia il dibattito sulla gestione pubblica dei beni comu-ni. Il percorso continua, la ripubblicizzazione non è lameta finale ma una tappa della strada da costruirecamminando.

di Ma. Ci.

L’Acquedotto Pugliese si avvia a tornarein mano pubblica, dopo un percorsocomune dei movimenti per l’acqua,dei cittadini e del governo regionale

INDIA La raccolta dell’acqua daun pozzo può essere anche un giocoe non solo una fatica. Foto Danilo De Marco

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Page 17: CARTA GEOGRAFICA Istruzioni per l’ACQUAfiles.meetup.com/699381/Inserto Acqua Pubblica marzo 2010.pdfCARTA GEOGRAFICA Ecco perché il 20 marzo saremo di nuovo a Roma, con un’altra

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