Caro Papa, un ex prete ti scrive
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Caro Papa, un ex prete ti scrive
Guido Mendogni
www.givemeachance.it
GiveMeAChance Editoria Online
Tutti i diritti riservati La riproduzione parziale o totale del presente libro è sog-getta all’autorizzazione scritta da parte dell’editore. La presente pubblicazione contiene le opinioni dell’autore e ha lo scopo di fornire informazioni che, benché curate con scrupolosa attenzione, non possono comportare spe-cifiche responsabilità in capo all’autore e all’editore per eventuali inesattezze. GiveMeAChance s.r.l. – Editoria Online Viale Regina Margherita, 41 – Milano 1° edizione Settembre 2012
Dedicato a Claudia e Sara
“Gli uomini quadrati, seduti nei loro uffici qua-
drati a pensare pensieri quadrati, dovrebbero
provare il sombrero”
(Clifford Geertz, antropologo).
Indice
PREFAZIONE 7
INTRODUZIONE
9
CAPITOLO I RICONOSCERE 17
Il gregge universale – Quali contenuti? – Grano buono e
zizzania – I sillogismi dogmatici – Teologia o “dogmatica
costantiniana?” – Concilio Vaticano II: “la calata dei
barbari?” – I frutti – L’inquisizione – La situazione dei preti
– I Seminari deserti – Perché il celibato obbligatorio? – Il
vero dialogo fra le religioni – Cristianesimo e religioni
antiche - La Chiesa dei poveri – Teologia della liberazione
– Il muro di Berlino – I vecchi criteri sociali – Il Peccato
originale – L’inferno – Infallibilità e Sacramenti – Culture e
missioni – I fondamenti della morale cattolica – Eutanasia
– Esigenze di umanità e imposizioni giuridiche –
Sessualità, omosessualità, divorzio, aborto, cellule
staminali, anticoncezionali – Vaticano s.p.a. – Il bisogno
Indice
5
del “sacro” – Le risposte del Medioevo, dell’Umanesimo e
della scienza meccanicistica
CAPITOLO II - RICOSTRUIRE 149
“La bellezza salverà il mondo” – Una verità a senso unico
– Relativismo e responsabilità individuale – Un Frate
cattolico indiano – Sincretismo – Fondamentalismo e
povertà – Rivoluzione nei paesi islamici – Carità non
cattolica: sentimentalismo? – “Materia = Energia": una
nuova visione della vita? – Dio trascendente o
immanente? – Cosa significa “credere in Dio”? – Energia-
Coscienza immanente all’Universo – Un Universo
partecipativo – I libri del Papa e del Cardinal Ravasi – Una
scienza atea? – Cosmologie antiche e moderne –
Obbedienza cieca o assunzione di responsabilità? – Il
Grande disegno – Necessità di una rivoluzione culturale –
Senso di colpa o motivi di fiducia – Il Cavallo di Troia –
Eucarestia, Resurrezione di Gesù, “Via, Verità e Vita” –
Piergiorgio Odifreddi: “Caro Papa ti scrivo” – La terra è
piatta o rotonda? – Fiducia in Dio e fiducia in se stessi –
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Relazione, comunione di intenti, Amore – Razionalità ed
emozioni - I Vangeli gnostici
CAPITOLO III - FRA SPIRITUALITÀ E SCIENZA 259
La Divinità – L’Unità – Quale Peccato originale? –
Coscienza e cervello – L’Amore – Compassione e non
violenza – La reincarnazione - Purgatorio e Paradiso –
Madre Teresa di Calcutta – “Attivisti quantistici” –
Massimo impegno e massima libertà – Esclusivamente in
nome dell’uomo – 2012 – Miracoli ed apparizioni
APPENDICE 357
7
Prefazione
Guido Mendogni è nato a Parma nel 1940. Entrato in
seminario a 11 anni, è stato ordinato sacerdote nel 1963.
Dopo un’esperienza di otto anni come viceparroco in tre
grandi parrocchie della diocesi di Parma, ha chiesto e ot-
tenuto da Paolo VI la dispensa dagli obblighi sacerdotali.
Ha conseguito la laurea in sociologia, è sposato, ha una
figlia di 35 anni, dal 2010 vive a Moena in Val di Fassa.
Instancabile ricercatore spirituale, da sempre affascinato
dalla figura di Gesù, si dedica all’approfondimento di quei
valori spirituali che gli avevano fatto fare la scelta del sa-
cerdozio. La sua sensibilità di sociologo, assieme
all’interesse per la fisica moderna, lo portano a riflessioni
di carattere sociale, scientifico e spirituale di cui vorrebbe
rendere partecipe il Capo della Chiesa, per la grande in-
fluenza che a tutt’oggi esercita sulle coscienze. Con spirito
critico, osserva deluso come le religioni oggi siano diven-
tate incapaci di rispondere alle esigenze culturali e prati-
che dei tempi moderni, motivo che l’aveva spinto ad uscire
dall’ordine sacerdotale. Analizza come le istituzioni religio-
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se, compresi i vertici della Chiesa di Roma, si trovino
spiazzate e impreparate a offrire un contributo valido per
far crescere una coscienza collettiva. Anche se dispensato
dagli obblighi sacerdotali, secondo la dottrina cattolica le
conseguenze del sacramento dell’Ordine rimangono. In
forza di questo, reputa che il Papa possa ritenere ammis-
sibile che egli gli si rivolga in qualità di “collega”, pur se di
ordine inferiore.
Le sue osservazioni non vogliono essere dunque una criti-
ca distruttiva, ma un contributo positivo, dettato dalla sua
esigenza, di essere socialmente utile nel settore che me-
glio conosce.
Dopo aver riconosciuto, nella prima parte del libro, le re-
sponsabilità della gerarchia ecclesiastica per le azioni ne-
faste del passato e del presente, compiute in nome dei
dogmi, nella seconda parte dell’opera, ricerca quelli che
potrebbero essere i contenuti più spirituali (non più dog-
matici) che oggi l’uomo ha scoperto, anche grazie ai pro-
gressi operati nella scienza moderna. Infine, nella terza e
ultima parte, ricerca i punti di convergenza fra la scienza e
Prefazione
9
la spiritualità, discipline che, essendo ambedue a servizio
dell’uomo, non potranno che fondersi e incontrarsi.
Inevitabile dovrà essere quindi il superamento delle arcai-
che posizioni dogmatiche che dovranno fondarsi non più
sull’autoritarismo, ma sulla responsabilità individuale.
La moderna fisica quantistica offre, secondo l’autore, un
contributo per riscrivere i contenuti dottrinali, non più però
come definitivi e intoccabili, ma nella ricerca di quella Veri-
tà che essendo al di là del tempo e dello spazio è immuta-
bile, che però a noi si rivela progressivamente, sulla linea
di un Universo in continua evoluzione. Questi presupposti
permetterebbero alle istituzioni religiose di collocarsi
all’interno della società non più come soggetti vincolanti e
autoritari, ma con un atteggiamento di servizio volto alla
promozione dei valori spirituali, nel rispetto delle libere
scelte individuali.
Una lettura sicuramente stimolante, alla scoperta di pano-
rami insoliti e sorprendenti, seppure fedeli alla logica della
razionalità e della scienza.
10
Introduzione
Era in programma un meraviglioso concerto nella Cat-
tedrale di Parma: la Messa da Requiem di Giuseppe Verdi
diretta da Riccardo Muti. Sebbene appassionatissimo di
musica classica, quanti concerti mi ero già perso, nella
mia Parma capitale della musica, a causa della mia pigri-
zia che non sopporta le file o il doversi prenotare con mesi
di anticipo per trovare forse un posto. E non mi andava di
ricorrere a “vie traverse” tipo raccomandazioni o altro. Non
l’avevo mai fatto, nemmeno per altri scopi. Mi venne
un’idea: poiché il concerto doveva tenersi in Cattedrale,
sicuramente la Curia doveva avere dei biglietti riservati.
Da quando, già da 37 anni, avevo chiesto la dispensa da-
gli obblighi sacerdotali, mai avevo più varcato quella soglia
né alcuni di quei funzionari di curia mi avevano cercato o
rivolto una parola. Eppure non ero uscito sbattendo la por-
ta, conservavo stima e comprensione per tanti di loro e
continuavo a interessarmi vivamente di spiritualità, di teo-
logia e delle vicende della Chiesa. Mi decisi comunque ad
andare: era il Vicario Generale colui al quale avrei dovuto
rivolgermi. Era un anziano sacerdote, da tempo sofferente
Introduzione
11
per una dolorosa malattia, lo stimavo per la sua coerenza
nella sua totale e disinteressata dedizione alla causa (la
Chiesa) in cui credeva. Mi accolse con simpatia e direi
quasi con affetto. Sicuramente la sofferenza ne aveva
smussato gli aspetti rigidi. Parlammo a lungo dei ricordi
del seminario, della mia attuale vita professionale e fami-
liare. Si era subito interessato a procurarmi il biglietto per il
concerto, ma tutto cambiò quando gli dissi che non mi ero
mai pentito del passo che avevo fatto, che godevo di una
grande tranquillità di coscienza, cosa che non avrei avuto
se avessi continuato ad essere prete. Il suo atteggiamento
e l’espressione del suo volto cambiarono, mostrando,
senza esprimersi a parole, disappunto e delusione e sa-
rebbe stato anche molto difficile potermi procurare il bi-
glietto per il concerto.
Mi creda, Monsignore, non ce l’ho con lei, la capisco per-
fettamente, la sua dedizione alla causa viene per lei prima
di ogni altra cosa. Anche in questa occasione, in cui non
ha potuto avere un motivo in più per cantare vittoria per la
Chiesa, è stato coerente.
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Se scrivo queste mie riflessioni, è per chiedermi, e darmi
delle risposte, su questa sicurezza degli uomini della
Chiesa e da dove venga questa fiducia assoluta nella sua
istituzione, tale da oltrepassare qualsiasi altro principio o
sentimento o disponibilità a un confronto, fino al punto di
condividere il machiavellico principio secondo cui “quando
lo scopo è giusto, qualsiasi mezzo è lecito per raggiunger-
lo”. Per il bene della Chiesa si dovrebbe dunque essere
disposti a sacrificare tutto, per un’obbedienza assoluta
verso coloro (o colui) che stabilisce qual è il Bene della
Chiesa stessa.
So che per lei, Monsignore, è già un’assurdità che io mi
ponga questa domanda, visto che già ho studiato teologia
come lei e che abbiamo condiviso per tanti anni episodi e
valori, per cui dovrei avere già le risposte giuste, date
dall’apologetica cattolica. So anche che per la maggior
parte dei miei ex “confratelli” o dei semplici cristiani, la mia
scelta di uscire dall’ordine è stata di fatto un tradimento o,
nella migliore delle ipotesi, un abbandonare per il motivo
che “non me la sentivo più”, quindi per un cedimento.
Introduzione
13
Ma è proprio qui il punto: a chi mi diceva questo, io ri-
spondevo sempre che non ero io che non me la sentivo
più, ma la Chiesa. Presunzione? Chi leggerà queste righe
darà un proprio parere personale. Il motivo per cui le scri-
vo non è per giustificarmi o perché voglio avere ragione,
ma per offrire un contributo alla società in cui vivo. Non
tanti hanno vissuto un’esperienza come la mia: 12 anni in
seminario, 8 anni prete, poi la famiglia, il lavoro, la ricerca
del senso della vita, i problemi di ogni giorno comuni a
ogni persona. Ho sempre continuato ad approfondire ar-
gomenti di teologia e di spiritualità, campi in cui mi ritene-
vo “specializzato” ed in cui perciò mi sentivo e mi sento di
“dire la mia”, anche in un contesto sociologico, data la mia
laurea conseguita in questa materia. Intendo condividere
la mia esperienza per illustrare come i motivi che mi han-
no fatto fare per coerenza certe scelte, possono essere gli
stessi motivi che allontanano la gran massa dei Cristiani
dal credere nell’istituzione Chiesa.
Per la maggior parte delle persone, questo allontanamen-
to non significa avere trovato altre soluzioni ai grandi inter-
rogativi della vita, ma significa una rinuncia a una vera ri-
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cerca, sollecitati come si è a scaricare la propria respon-
sabilità, tanto c’è già chi ci dichiara che vi ha già pensato
al nostro posto. Il risultato è una vita di fatto agnostica,
senza contenuti. Ci si limita a qualche pratica formale, si
approfitta della potenza dell’istituzione per trarne vantaggi
personali, si vive in una situazione d’inconscia mancanza
di speranza in soluzioni vitali. Contemporaneamente
l’istituzione stessa si accontenta di fare la conta dei propri
adepti in base ad elementi che hanno soltanto valore di
abitudini e prassi sociali, senza che ci sia un’adesione ve-
ra e mentre essa si lamenta di questa mancanza di coe-
renza, non si chiede però se per caso c’è qualche difetto
nel contenuto dell’annuncio o nell’esempio che gli annun-
cianti danno, esempio che conferma anche nel loro caso il
distacco e l’incoerenza fra i contenuti predicati e i fatti vis-
suti. Ma la colpa è sempre degli altri che non ascoltano,
che corrono dietro solamente alle proprie voglie e ai propri
capricci, “lasciandosi portare qua e là da qualsiasi vento di
dottrina” (Benedetto XVI), e anche colpa del diavolo che
riesce a sfuggire alla Provvidenza divina e disperde il
gregge come un lupo mannaro.
Introduzione
15
Tante cose si leggono su attacchi o critiche alla Chiesa,
soprattutto da parte di chi comunque non ne ha mai fatto
parte o l’ha vissuta solo superficialmente o marginalmen-
te. É prevedibile che essi, considerati nemici o ignoranti,
vengano presi poco in considerazione dai responsabili del-
la Chiesa. Dovrebbe invece essere diverso nel mio caso,
in quanto si tratta di scelte scaturite dall’interno
dell’istituzione, scelte fra l’altro sincere, convinte, appas-
sionate, coerenti; scelte di fondo, inoltre, mai abbandona-
te. Per questo penso che potrei essere ascoltato con inte-
resse, anche se, ovviamente, alla fine non condiviso. Ma
chissà che a qualcosa o a qualcuno possa servi-
re…sicuramente a me stesso, per dare continuità a una ri-
cerca serena e non conflittuale, a Claudia (mia moglie) e a
Sara (mia figlia) con cui ho sempre condiviso le mie espe-
rienze e che rappresentano ciò che di più bello ed entu-
siasmante la Vita poteva riservarmi (e che avevo rischiato
di perdere…).
Chi sarà dunque, in queste righe, il mio ipotetico interlocu-
tore? Voglio rivolgermi direttamente al Papa attuale
Benedetto XVI , perché da lui dipende di fatto in questo
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momento tutta la Chiesa, nella sua dottrina, nella sua or-
ganizzazione e nella sua attività; e questa sarà l’esatta
posizione dei successori, ai quali quindi mi rivolgo fin da
ora. Tutti i collaboratori, dai vescovi ai preti, agli impiegati
della Curia romana, di fatto non sono autorizzati a pensare
con la propria testa: il loro compito è solo di obbedire, per
difendere e conservare il famoso “deposito rivelato”. Le
deviazioni sono possibili solamente se molto limitate, la lo-
ro carriera, cui spesso tengono tanto, è determinata dalla
maggiore o minore fedeltà al “deposito” stesso, senza pe-
ricolose deviazioni e senza creatività, pena
l’emarginazione o l’anatema. Specialmente in questi ultimi
anni, sotto la guida predominante di Ratzinger, prima co-
me capo dell’ex-Santo Uffizio poi come Papa, i vescovi e i
cardinali sono stati eletti in base a questa loro obbedienza
assoluta che non dà spazio a idee proprie o a nuove ini-
ziative che potrebbero rappresentare un cedimento alle
voglie del mondo.
Mi auguro però che non sia solo Benedetto a leggermi
(anzi so che i suoi più stretti collaboratori lo preserveranno
dal fargli leggere le mie eretiche righe per non fargli perde-
Introduzione
17
re tempo), ma la gente comune, soprattutto giovani che
non siano ancora scoraggiati dal ricercare un senso della
propria vita, da cristiani, da persone indifferenti o atee,
purché non ancorate a posizioni dogmatiche religiose o
scientifiche che non lasciano spazio a idee e scoperte
personali. C’è una sete incredibile di valori veri, special-
mente da parte dei giovani, e di leader che sappiano tra-
smettere questi valori. Ne sono prova anche gli incontri
per la gioventù inaugurati da Giovanni Paolo II, che però,
a mio parere, a parte la simpatia del leader, lasciavano poi
il vuoto a causa di contenuti non rispondenti alle attese e
non più credibili. Vorrei contribuire a mettere in evidenza
valori veri e condivisibili, che ovviamente non sono farina
del mio sacco, ma da sempre appartenenti alla memoria
dell’umanità e presenti nella coscienza di ogni persona.
Il fatto di rivolgermi a te, Benedetto, non vuole essere
assolutamente una mancanza di rispetto, e sono con-
vinto che sarai d’accordo su questo. Mi permetto di darti
del “tu” e di chiamarti “caro”, non con ironia, ma sincera-
mente: dal tuo punto di vista mi hai insegnato che, come
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tu sei “sacerdos”, anch’io sono “sacerdos in aeternum”
anche se dispensato dagli obblighi e dall’esercizio.
Ti dirò di più, se potessi tornare indietro farei esattamente
le stesse scelte. Anche l’avere appreso il cristianesimo
nel modo più profondo possibile, non nella maniera super-
ficiale comune a quasi tutti, mi ha fatto vivere esperienze
indimenticabili, sia di pienezza umana che spirituale e mi
ha proiettato verso scelte di donazione totale e di incondi-
zionato abbandono al flusso della Vita che mi ha parlato, e
mi parla, attraverso la mia coscienza e le circostanze. Non
mi sento per questo un essere speciale, ma semplicemen-
te un uomo che ha cercato di ascoltare, con sincerità e de-
terminazione, i segnali che arrivano alla sua coscienza dal
mondo e dalla storia.
Per arrivare a questa libertà dovevo però svincolarmi, ed è
stato molto difficile, dai pesanti condizionamenti rappre-
sentati dalle sovrastrutture e dalle incrostazioni subite che
cingevano le mie pure scelte di fondo: la coerenza e il non
scendere a compromessi erano per me questioni di vita o
di morte.
Introduzione
19
E ciò che vedevo allora per me, lo riconosco oggi per la
struttura-Chiesa: per questo ho deciso di scrivere; non un
trattato o un sistematico libro di teologia, ma rif les-
sioni che di quando in quando (e per questo fin da ora
chiedo scusa per le inevitabili ripetizioni, anche se so che
“repetita iuvant”), mi vengono ispirate da letture, da fatti e
da considerazioni personali sulla scorta delle mie espe-
rienze. Sono convinto, infatti, che idee personali, soprat-
tutto su questi temi, debbano essere necessariamente ac-
compagnate dalla propria esperienza di vita.
Mi si potrebbe obiettare che non dovrei osare “fare la pre-
dica” al Papa. Non intendo fare questo, ma esprimere dei
pareri da uomo libero; questo lo posso fare, senza paura
di subire ritorsioni alla Giordano Bruno.
Posso desiderare, caro Benedetto, che leggendo queste
righe, ma ovviamente non a causa di queste, ti possa an-
che tu liberare dai condizionamenti di un “deposito” di pre-
sunte verità, ammettendo che sono frutto non di un mes-
saggio divino, ma di un’istituzione da sempre troppo inte-
ressata al proprio potere, che si autogiustifica con lo sco-
po supremo della salvezza degli uomini? E che ti accorga
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che questo deposito di fatto rappresenta una gabbia che
non ti permette di ascoltare la voce della storia e proprio
quella “Verità” che tu, giustamente, tante volte citi nei tuoi
discorsi? Non potrebbe essere che lo stesso tipo di coe-
renza verso la Verità che il Gesù dei Vangeli ha ispirato
me possa anche in te procurare qualche cambiamento,
una vera e propria “metanoia”, come si dice a proposito di
quella “conversione” che ogni giorno ci interpella? Possibi-
le che non ti accorga che qualsiasi tentativo di migliora-
mento dell’organizzazione interna della Chiesa sarà inuti-
le, se prima non si parte dalla ricostruzione delle fonda-
menta? Che il seguito che oggi ha la tua istituzione nel
mondo non è motivato dal messaggio, ma da un potere
politico ed economico della peggiore specie di mondanità?
Siamo tutti a servizio di quella Verità che tu continuamente
proclami, che a me ha fatto fare la scelta dell’uscita
dall’esercizio dell’Ordine e a te non potrebbe per lo meno
farti porre degli interrogativi che la storia ti sollecita e a cui
finora, a mio giudizio, hai risposto con le formule di uno
stereotipato catechismo, che non tiene in considerazione
le moderne scoperte scientifiche e le nuove esigenze
Introduzione
21
umane? Sarà poi così corretta questa esclusiva preoccu-
pazione di mantenere e difendere un deposito passato, da
tanti ormai ritenuto infondato, illogico e anacronistico? Non
giudicarmi arrogante o presuntuoso: voglio impostare il
mio dialogo con te non da inferiore a superiore, ma da
uomo a uomo.
22
Capitolo I Riconoscere
14 agosto 2009 – Il gregge universale
Avevo 11 anni, frequentavo la prima media nel seminario
minore di Parma. Mi capitò fra le mani una cartolina che
rappresentava un gregge di pecore in un bel prato verde.
Nelle prediche quotidiane il gregge era il simbolo
dell’umanità guidata con amore dal Papa e dai suoi colla-
boratori della Chiesa. Purtroppo molti ancora erano fuori
da questo gregge, ma tranquilli, ci dicevano, prima della
fine del mondo “ci sarà un unico ovile sotto un solo pa-
store”, come promesso in tutte le Sacre Scritture. Che
bello sentirsi attori in prima persona di questa missione,
come prete sarei stato addirittura in prima fila. Presi la car-
tolina e la spedii al Papa, allora era Pio XII. Scrissi: ”Tanti
auguri perché possa condurre all’ovile tutte le pecorelle
smarrite”. Pio XII mi rispose per ringraziarmi dell’augurio.
Forse mi sentivo un po’ come i primi cristiani che, dopo la
morte di Gesù, si aspettavano da un momento all’altro il
suo ritorno per inaugurare il nuovo regno di Dio. Ero impa-
ziente, ma mi deludeva il fatto di non vedere segni a tal
Capitolo I - Riconoscere
23
proposito. Più avanti nei miei anni di seminario, in terza
teologia, a 22 anni, scrivevo nel mio diario: “Tutti i popoli
si uniranno e formeranno il vero regno di Dio catto lico
e universale. Ma perché Dio vuole che questo period o
intermedio sia così lungo e che soltanto molto lent a-
mente si arrivi all’unione di tutti gli uomini?”
Già fin da allora cominciavo a sentire la frustrazione del
mancato obiettivo raggiunto. Sono passati quasi 50 anni, e
quest’obiettivo si rivela ormai utopistico e irraggiungibile
nella sua connotazione cristiana, nonostante che in ogni
messa recitiamo: “Annunciamo la tua morte, Signore, pro-
clamiamo la tua resurrezione nell’attesa della tua venuta”,
quindi, come implicito nella promessa, nell’attesa che tut-
ti siano cattolici-romani guidati dal Papa . E invece in-
tanto osserviamo che le nazioni stanno acquisendo con-
sapevolezza della propria indipendenza, della propria cul-
tura e dignità, che è diventato anacronistico il concetto di
colonizzazione, che in questo caso viene chiamata “con-
versione” religiosa; e contemporaneamente cala il numero
di cristiani rispetto al totale della popolazione mondiale.
Eppure, Benedetto, la nostra dottrina e i nostri dogmi par-
GiveMeAChance Editoria Online
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lavano chiaro su questo punto. Non è che sarà necessario
cambiare qualcosa sulle nostre convinzioni, per non ricor-
rere nella troppo facile scappatoia e già fin troppo abusata
del “mistero”? Perché, secondo la dottrina, qui si tratta del-
la salvezza di tutti gli uomini, passati, presenti e futuri che,
se fuori dalla Chiesa e non battezzati, non possono sal-
varsi, perché, enuncia il dogma infallibile, “ extra eccle-
siam nulla salus ” (fuori dalla Chiesa non c’è salvezza).
Non ti pare, Benedetto, che sia un po’ semplicistico, dopo
aver elencato con severità e precisione tutti i paletti ne-
cessari al percorso della salvezza, affermare poi che “ Dio,
attraverso vie a lui note, può portare gli uomini, che
senza loro colpa ignorano il Vangelo, alla fede sen za
la quale è impossibile piacergli ” (Catechismo n° 848)?
Non era meglio allora piantare un po’ meno paletti, se è
vero che poi ci pensa Lui, che vuole tutti salvi e che i per-
corsi quindi potrebbero non essere quelli del tuo catechi-
smo?
Capitolo I - Riconoscere
25
16 agosto 2009 – Quali contenuti?
Ho incontrato qualche giorno fa il mio amico Gabriele, un
ragazzo di 28 anni, dalla spiccata sensibilità religiosa.
Quando qualche anno fa mi aveva chiesto un parere se
partecipare ai famosi incontri della gioventù guidati da
Giovanni Paolo II, io gli avevo dato parere positivo. Poteva
essere una buona esperienza per un’apertura maggiore
agli interessi spirituali. Era tornato contento, quasi entu-
siasta. Indubbiamente quel Papa trasmetteva un carisma
non comune, impregnato sia di spiritualità che di umanità.
L'altro giorno Gabriele era spento e deluso. D’accordo,
c’era stato entusiasmo verso la figura del Papa, un leader
simpatico e trascinatore, ma poi?… i giovani hanno biso-
gno di leader, di esempi, di trascinatori, ma poi sono i con-
tenuti quelli che contano. E i contenuti quali erano? Certo
la figura di Gesù come appare dal Vangelo è nuova e ap-
passionante, verso valori come l’amore e la donazione agli
altri, il perdono, la coerenza, la giustizia, la non violenza.
Ma poi frequenti gli ambienti che si rifanno al Cristo e trovi
anche discorsi molto diversi: prima di tutto non commette-
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re peccati, devo andare da un uomo come me per farmi ri-
fare il bianco dell’anima. Il rimandare al dopo morte la rea-
lizzazione di me stesso, il 6° comandamento visto c ome
se la sua osservanza sia il massimo della perfezione cri-
stiana; e pensare che tanti giovani, lui compreso, conti-
nuava a dirmi Gabriele, proprio in occasione di quegli in-
contri l’avevano proprio dimenticato il 6° comandam ento,
senza pensare di fare peccato o di meritarsi per questo
l’inferno eterno, e proprio mentre il Papa tesseva l’elogio
della castità e della purezza e tutti applaudivano. Un otti-
mo risultato di marketing, ma non di verità e coerenza. No,
c’è qualcosa che non va. E poi vado a messa e recito un
credo, dove non ci capisco niente e sono le fondamentali
verità cristiane, tutte categorie filosofiche e dottrinali di altri
tempi, forse medioevali, che con Gesù e il Vangelo non
hanno niente da spartire. Gabriele concludeva dicendomi
che si sentiva smarrito, non riusciva a scoprire contenuti
spirituali veri che corrispondessero alle sue più profonde
esigenze umane ed esistenziali.
Ogni giorno sui mass-media, televisione e giornali, si vede
il Papa e si parla di Chiesa; mai ci sono state tanta este-
Capitolo I - Riconoscere
27
riorizzazione e propaganda: ma non c’è il rischio di veder
ridurre la Chiesa a una grande organizzazione spiritual-
politica, dove sono fondamentali gli strumenti del potere
umano, al fine di imporre la propria presenza e le proprie
vedute alla società? E le potenti organizzazioni legate alla
Chiesa non hanno forse queste caratteristiche? Ma il Ge-
sù che aveva resistito alle tentazioni nel deserto non ave-
va rinunciato proprio alle suggestioni di un potere umano?
Potrei suggerire alle varie organizzazioni tipo CL o Opus
Dei o altre ancora di rispolverare come proprio inno ufficia-
le quello che cantava l’Azione Cattolica del ventennio fa-
scista: “Qual falange di Cristo Redentore…al tuo cen-
no e alla tua voce (del Papa) un esercito all’altar !”
17 agosto 2009 – Grano buono e zizzania
In questi giorni di vacanza ho avuto modo di riflettere più
del solito. Ho ripensato al colloquio con Gabriele, un dia-
logo che mi ha lasciato molto triste e amareggiato. In real-
tà in Italia siamo in una situazione in cui l’unico messaggio
GiveMeAChance Editoria Online
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spirituale è impartito dalla Chiesa e se quello non va bene
per chi l’ascolta, poi non c’è più quasi nulla. Purtroppo
spesso il risultato è che chi non condivide l’istituzione-
Chiesa nega anche ogni altra forma di spiritualità, dal
momento che non c’è quasi nessun’altra offerta. Io avevo
risposto a Gabriele che per me l’esperienza cristiana era
stata molto diversa, molto ricca e appagante, anche se mi
erano comunque rimasti ancora tanti tasselli da riempire.
Il momento per me più appagante fu quando scoprii, più
con l’intuito che con il ragionamento, all’età di 22 anni, il
significato di ciò che la teologia chiama “Grazia di Dio”. La
luce me l’aveva accesa San Paolo: “Voi non siete essere
carnali, ma spirituali se, com’è vero, lo Spirito di Dio abita
in voi”, così come in altri passi su questo argomento sia
dalla lettera ai Romani che ai Galati. Di conseguenza allo-
ra la fonte della perfezione e della felicità non dovevo cer-
carla fuori di me, ma dentro di me; ecco cosa voleva dire
Gesù affermando: “Il Regno di Dio è dentro di voi”; non di-
pendeva più dalle mie opere e dalle mie azioni, sempre
incerte e imperfette, ma era una Realtà che già mi appar-
teneva e in cui dovevo identificarmi; una Realtà che unifi-
Capitolo I - Riconoscere
29
cava il tutto: umanità, divinità, creazione. Non dimentiche-
rò mai le intense sensazioni che provavo certe domeniche
pomeriggio quando ci si recava nella cripta della cattedra-
le per cantare i vespri: quel silenzio, quella luce soffusa,
quel canto gregoriano in latino ripetuto ritmicamente, mi
proiettavano negli infiniti spazi interiori dandomi la sensa-
zione anche fisica della mia unione con il Dio dentro di
me e quindi con il tutto, con i miei fratelli spars i nel
mondo, con la natura, con gli animali, i monti, i m ari,
le foreste…la sensazione dell’Unità. La poesia e la pro-
fondità di certi salmi aiutavano ad immergersi in questa
dimensione: “I cieli immensi narrano la Tua gloria…come il
cervo anela ai rivi d’acqua così l’anima mia anela a te, o
Dio…il Signore è il mio pastore, nulla mi manca, in pascoli
erbosi mi fa riposare…”.
Sentivo finalmente che non dovevo più rimandare al futuro
la realizzazione di me stesso: il segreto stava nel vivere il
momento presente con la consapevolezza della mia di-
mensione non solo umana, ma anche divina. Questo
equivaleva quindi ad uno spirito di completa dedizione a
Dio e ai fratelli, dove “Dio” e “fratelli” erano sinonimi: que-
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sto sarebbe stato il senso del mio essere prete; rinunciavo
volentieri a tutto il resto per dedicarmi completamente a
questo servizio. Non mi sentivo pronto, ma fiducioso nel
Dio in me che mi avrebbe guidato lungo i sentieri della vi-
ta. Una cosa sola Gli chiedevo, di essere sempre fedele a
quell’illuminazione interiore che avevo sperimentato e che
mi aveva totalmente conquistato: l’“Unità”, che era poi si-
nonimo di “Amore”.
Scrivevo il 20 settembre 1963, la sera prima
dell’ordinazione: “Da oggi sarò l’uomo per tutti, l’uomo solo
per gli altri, come Cristo…non credo a me stesso, chiudo
gli occhi, sono pazzo, ma credo a Te…mi lancio nel vuo-
to…Ti chiedo una cosa che comprende tutte, solo questo:
AMARE, AMARE, AMARE…il giorno che non amerò,
fammi morire, anzi fammi morire il giorno prima. Amare
molto, non un po’, molto. Te e gli uomini, che è la stessa
cosa. É la grazia che ti chiedo per la mia ordinazione, fra
nove ore”.
Gabriele mi ascoltava sgranando i suoi occhioni, colpito
da quanto gli andavo dicendo con entusiasmo e commo-
zione.
Capitolo I - Riconoscere
31
Benedetto, so che mi capisci, sicuramente anche tu hai
vissuto queste esperienze. É difficile purtroppo che siano
capite e vissute da chi non ha l’opportunità, come abbia-
mo avuto noi, di andare in profondità, a causa del “bacca-
no” della vita e delle molteplici attività e preoccupazioni
che fanno andare in altre direzioni. Sì, ho provato momenti
di felicità e di beatitudine, sicuro che stavo percorrendo il
sentiero giusto, come sono sicuro anche oggi di non avere
sbagliato sentiero.
La domanda che mi ha fatto Gabriele sicuramente è la
stessa che mi faresti tu, Benedetto: “Allora perché hai
cambiato? Chi te l’ha fatto fare?” Alla conclusione delle ri-
flessioni di questa giornata, per rispondere a questa do-
manda, riporto la lettera che scrissi al mio vescovo quan-
do chiesi la dispensa, in cui descrivevo le motivazioni che
mi avevano portato a scegliere un cambiamento di vita
(ma non di princìpi).
Quello che mi preme dire ora è questo: ho descritto questi
momenti forti e positivi vissuti in seminario e da prete per
mettere in risalto un grave pericolo che si può correre, so-
prattutto in Italia, dove in concreto l’unica voce religiosa è
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quella della Chiesa cattolica; il pericolo che chi rifiuta la
Chiesa rifiuta poi anche tutto quello che è “spirituale” o
che va oltre il “materiale”. Si corre il rischio di buttare via,
oltre all’acqua sporca, anche il bambino; si estirpa il grano
buono assieme alla zizzania.
Quale responsabilità allora, caro Benedetto, ha la Chiesa
nel fare in modo che il contenuto del messaggio sia credi-
bile e condivisibile, cioè almeno non contrario al dettato
della ragione.
Ed ecco la lettera che scrissi al mio vescovo Monsignor
Pasini il 6 dicembre 1971, un vescovo che mi conosceva
molto bene, perché era stato per ben sette anni il mio di-
rettore spirituale in seminario maggiore.
“Rev.mo Padre, Le scrivo queste righe per confermarle la
mia decisione di non voler far più parte dell’ordine sacer-
dotale, e quindi di essere dispensato dagli obblighi che
l’ordinazione mi aveva comportato. Per me non si tratta di
una rinuncia o di un passo indietro, e mi dispiace dover fa-
re questo passo. Lei conosce bene la retta intenzione e la
buona volontà che mi avevano spinto ad essere prete; ero
Capitolo I - Riconoscere
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entusiasta dell’ideale che mi spingeva: l’amore a Dio e la
propria donazione agli altri. Purtroppo però, il seminario
non mi aveva aperto gli occhi su due realtà conoscendo le
quali senz’altro non avrei accettato di essere prete:
1° - l’effettiva politica della Gerarchia, che stru mentalizza il
sacerdote a un proprio potere nella società invece che a
un effettivo servizio verso tutti, specialmente verso i più
poveri…
2° - il celibato, accettato da me solo come consegu enza
del sacerdozio. Il passo che ho compiuto a 22 anni ritengo
che non sia stato libero, per la mancanza più assoluta di
una minima esperienza in questo campo e per essere sta-
to troppo lontano, fin dagli 11 anni, dalla vita normale di
tutti. Conoscendo il mio carattere, credo di non essere
portato alla verginità, per il senso di vuoto e di estrema so-
litudine che mi procura e per il mio bisogno si sentirmi ap-
poggiato a qualcosa di sicuro che possa sentire effettiva-
mente come mio. Questo vuoto è venuto naturalmente
acuendosi in questi ultimi anni, quando mi accorgevo
sempre più dell’inutilità o quasi di quello che avrei potuto
fare come prete stando sulla linea della Gerarchia. E non
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me la sento di lottare e di contestare dal di dentro, un po’
perché ritengo che sia inutile, un po’ perché credo che il
mio carattere sia troppo pacifico per adattarsi a riempire
un vuoto attraverso una lotta. Forse potrei farlo se, anche
come prete, avessi un punto sicuro attraverso una mia
famiglia.
Spero quindi che nel futuro possa realizzare una mia fa-
miglia, con la convinzione non di fare una scelta che sia
quasi un rifugio, ma di accingermi ad un’opera meraviglio-
sa, pur fra tanti rischi e sapendo che incontrerò le difficoltà
naturali a questo passo.
Non ho mai ricercato compensazioni più o meno furtive,
perché Lei sa benissimo che non mi potrei mai adattare a
dei compromessi con la mia coscienza e con gli altri, e se
faccio questa scelta credo di fare un atto di onestà e di co-
raggio, sicuro di fare la volontà di Dio come si manifesta
alla mia coscienza.
Non me ne vado sbattendo la porta, ma senz’altro ama-
reggiato della mia esperienza di prete, sia per come vedo
la Chiesa oggi in generale, sia per la mia esperienza per-
sonale…ho cercato di realizzare quel tipo di prete che io
Capitolo I - Riconoscere
35
pensavo: con un lavoro come gli altri, senza divise, slega-
to da una “casta”, uomo in mezzo agli uomini, ma sono
stato bruciato sia dalla Gerarchia che non vuole un prete
così, sia dal parroco…
Mentre me ne vado, tuttavia confermo il mio attaccamento
alla Chiesa e non rinuncio a nessuno degli ideali che mi
hanno spinto ad essere prete, anche se, certamente, do-
vrò realizzarli in modo molto diverso.
Spero che questo mio passo contribuisca alla Chiesa per-
ché faccia un esame di coscienza per una sua maggiore
autenticità e genuinità e serva anche agli altri preti, perché
non accettino il loro stato solo perché ormai ci sono, bar-
camenandosi alla bene e meglio, e perché non scendano
a compromessi. É chiaro che non voglio fare un processo
alla buona coscienza di ciascuno; mi guarderei bene dal
giudicare in mala fede sia Lei che gli altri Vescovi e i sa-
cerdoti, che anzi a livello personale potrei anche stimare;
io guardo solo i frutti, dal mio punto di vista, e da essi giu-
dico la pianta che è la Gerarchia, pianta dalla quale riten-
go giusto che mi stacchi.
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26 agosto 2009 – I sillogismi dogmatici
Mi capita spesso di meravigliarmi (per non dire “arrab-
biarmi”) quando penso al tipo di messaggio che dà la
Chiesa, soprattutto in questo periodo in cui essa insiste
soprattutto sul dovere di accettare il suo elenco di verità in
quanto appartenente a quell’unica Verità che solo ad essa
sarebbe stata rivelata e di cui solo essa sarebbe custode.
Non ci vedo né il Vangelo né lo spirito di Gesù che da gio-
vane mi avevano affascinato. É una questione non solo
religiosa, ma esistenziale, poiché tocca aspetti fondamen-
tali della vita di ciascun uomo e della società, e non si può
offrire acqua inquinata o non potabile a chi ti chiede da be-
re o a chi sta morendo di sete.
Quale sarà la causa di questo inquinamento, quali sono le
sue caratteristiche?
Non esiste nessuna istituzione sulla terra che si attribuisca
poteri e prerogative assolute come la Chiesa. Hai interro-
gativi spirituali? Solo la Chiesa ti risponde pienamente. Ci
sono problemi sociali? La Chiesa ti offre tutte le ricette ne-
cessarie. Il mondo va male? È perché non ascolta la
Capitolo I - Riconoscere
37
Chiesa…e così via. A parte i Protestanti che fanno riferi-
mento unicamente alla Bibbia (e quindi con tante possibili
interpretazioni) i cristiani non avrebbero nemmeno biso-
gno di leggere Bibbia e Vangelo: la loro divulgazione, in-
fatti, risale solamente a pochi decenni fa, perché già c’era
la Chiesa che dava tutte le risposte e tutte le indicazioni
dottrinali e comportamentali. Delle due fonti d’ispirazione
per la Rivelazione, Sacra Scrittura e Tradizione, di fatto ci
si riferisce sempre a questa seconda nella sua interpreta-
zione della Scrittura.
Ma da dove viene questa sicurezza? Secondo te, Bene-
detto, arriva da ciò che tu hai affermato a Ratisbona il 12
settembre 2006: “Perché il contenuto del messaggio sia
condivisibile, non deve essere contrario alla ragione. Anzi,
fin dove può, la ragione deve aiutarci a rispondere agli in-
terrogativi più profondi della vita, quelli del “da dove” e del
“verso dove”.
Già la natura del pensiero ellenistico, da cui proviene la
nostra cultura e che si fonde con l’intima natura della fede
cristiana” - sono tue parole - prevede l’incontro tra fede e
ragione, tra autentico illuminismo e religione”. E sono
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senz’altro d’accordo con te che la certezza decisiva per
controllare verità e falsità non possa essere data solamen-
te dall’esperimento scientifico; questo può validare una ve-
rità, ma lascia il campo aperto ad altre verità che, almeno
per il momento, non sono suscettibili di esperimento scien-
tifico. Anch’io vedo molto limitante la ragione positivista
forse ancora predominante in Europa.
Nel caso della dottrina cattolica la garanzia di verità asso-
luta sarebbe data da una serie di affermazioni lapidarie e
aprioristiche che dovrebbero essere fuori discussione, tali
da costituire la base per tutte le conclusioni successive. La
caratteristica di tali affermazioni è che sono definitive e in-
toccabili, non avrebbero cioè bisogno di essere sostenute
da argomentazioni dettate dalla ragione, anche se essa
continuamente scopre nuove verità e nuove interpretazio-
ni:
- È certo che Dio esiste, come persona autonoma e
separata da noi.
- È certo che nell’anno zero Dio si è incarnato in Gesù
Cristo, vero Dio e vero uomo.
Capitolo I - Riconoscere
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- Tutto quello che Gesù ha detto, fatto e deciso è scritto
infallibilmente nei libri del Nuovo Testamento come
sono stati codificati dal magistero ecclesiastico.
- Gesù ha fondato la sua Chiesa perché continuasse
nel tempo la sua opera di salvezza.
- Gesù ha messo Pietro a capo della Chiesa, coadiuva-
to dagli altri apostoli.
- I successori di Pietro e degli apostoli sono quindi i ca-
pi della Chiesa.
- Gesù era Dio ed ha promesso assistenza alla Chiesa,
che quindi è infallibile (altrimenti sarebbe come dire
che Dio si sbaglia).
- Se Dio è intervenuto nella storia per istituire una
Chiesa fondata su Cristo e sui suoi rappresentanti e
successori, tutti gli uomini sono obbligati ad aderirvi,
se vogliono salvarsi.
- Per chi aderisce alla Chiesa, è quindi obbligatorio ac-
cettare indiscutibilmente (sia dottrina che morale) tut-
to ciò che i capi (Papa e Vescovi) promulgano.
- Quelli che non aderiscono alla Chiesa sono quasi im-
possibilitati a salvarsi.
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- La Chiesa è obbligata a impegnarsi nello sforzo di
convertire tutti gli uomini.
Tutto quello che tu, Benedetto, e i tuoi collaboratori dite e
scrivete parte da queste premesse che vi danno una sicu-
rezza infinita e contemporaneamente aprono le porte a
una sfiducia verso le parole provenienti da altre fonti. E tu
ne sei tanto convinto (e con te i tuoi collaboratori) che la
proclami come Verità assoluta, da contrapporre al “re-
lativismo” di chi non l’accetta come assoluta e si permet-
te di individuare anche verità diverse da quelle che
l’Assoluto (Dio) avrebbe rivelato incarnandosi come Verità
in Gesù Cristo “Via, Verità e Vita”. La Verità, tu dici, non
può che essere una (ed è quella che proclami tu!) e quindi
le altre sono al massimo verità parziali o errori. Tutto ciò
sarebbe suffragato, secondo te, dalla ragione, cioè da un
ragionamento logico espresso prima in quelle aprioristiche
affermazioni. Ma queste non possiedono un carattere di
logicità dato da una propria valenza intrinseca raz io-
nale; esse sono invece imposte in modo autoritario da
Capitolo I - Riconoscere
41
un’istituzione che rivendica per sé il privilegio d i
un’infallibilità che si è auto-aggiudicata.
Mi chiedo se non hai mai avuto dubbi su queste sicurezze,
se ti sei mai confrontato veramente con ragionamenti logi-
ci o se invece sei sempre comunque partito da una tua in-
discussa fedeltà alla Chiesa che ti ha messo nell’esclusiva
posizione di ammaestrare e impartire quei contenuti. Non
può essere che tutto questo sia una gabbia, anche se è
una gabbia d’oro che tu ti sforzi di abbellire sempre più in
ogni suo più recondito angolo? Non potrebbe esistere, al
di fuori di questa gabbia, un mare aperto più pronto ad ac-
cogliere tutti, dove non sia così difficile nuotare e approda-
re alle sponde della Vita? Tutti i contenuti più profondi che
tu pensi chiusi nella tua gabbia, non pensi di poterli trova-
re già affermati anche altrove e pronti da condividere?
Purtroppo le tue premesse, t’impediscono una simile pos-
sibilità! Il Cristianesimo deve per te essere unico e irri-
petibile, tutti sono obbligati ad entrare in questo recin-
to. Per te quello è l’oceano dove tutti i fiumi del le altre
culture e religioni dovrebbero sfociare. Nella gabb ia!
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28 agosto 2009 – Teologia o dogmatica “costantiniana”?
Ma veramente si tratterà di una gabbia? La gabbia è uno
spazio in cui si è entrati, o per libera scelta o perché co-
stretti. Eppure il Cristianesimo enuncia valori tutt’altro che
limitati o chiusi: basti pensare al concetto della vita eterna,
all’universalità dei suoi valori, valori come l’amore, il per-
dono, la fratellanza, la pace, la non violenza. E’ questo il
messaggio di Gesù. Se leggiamo il Vangelo, non vi tro-
viamo un elenco di verità cui si è obbligati a credere; la
Sua predicazione non è una dottrina, ma un messaggio di
salvezza che parte dai bisogni dell’uomo, qui e ora. Gesù
dà una risposta vera ai bisogni interiori dell’uomo. Per Lui,
Dio parla attraverso le mani vuote di un mendicante, gli
occhi di un bimbo, la disperazione di una prostituta; la sua
considerazione è per il “presente”, per la vita di oggi, non
per la scienza teologica degli scribi che si rifà alle tradizio-
ni passate e ai vecchi papiri; non era sicuramente un teo-
logo o un docente, era di più, molto di più. Era un profeta
ed anche un poeta, che addirittura si è rifiutato di farsi
chiamare “Maestro-Rabbi”.
Capitolo I - Riconoscere
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In che cosa consiste allora questa gabbia? Consiste in
quella teologia in cui Gesù è stato rinchiuso e in cui tutti
quelli che vorrebbero essere suoi seguaci dovrebbero rin-
chiudersi. Non la chiamerei nemmeno “teologia”, che si-
gnifica “studio su Dio”. Quella della Chiesa non è una
teologia, che come scienza deve presupporre la cara t-
teristica di una libera ricerca, ma una “dogmatica” . A
te, Benedetto, è spesso attribuita la qualità di “grande
Teologo”, mentre è più appropriato chiamarti “grande
Dogmatico”. La Chiesa, infatti, non può fare uno studio li-
bero su Dio, perché si è chiusa nella gabbia dei dogmi de-
finiti nel passato e non può più uscirne. Il dogma è un pro-
nunciamento che la Chiesa ritiene assoluto e infallibile per
il passato, il presente e il futuro, per tutti i luoghi e per tutti
i tempi. Per questo motivo non può più uscirne, pena una
contraddizione.
Mi viene da sorridere al pensiero di quello che ho letto
qualche giorno fa: era un missionario cattolico che affer-
mava la necessità di prepararsi alla missione di convertire
anche eventuali extraterrestri nei loro mondi, se ce ne fos-
sero e se noi li raggiungessimo.
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La storia della nascita dei dogmi è tutt’altro che divina, an-
zi ha caratteristiche molto (troppo) umane: fin dai primi
tempi nella Chiesa sono sorte lotte interne per la supre-
mazia fra le varie correnti, documentate anche negli Atti
degli Apostoli e nelle lettere. Lo spirito che era prevalente
in quei tempi era quello del dominio, del prevalere sugli al-
tri, alla stregua dell’Impero Romano; non esisteva la cultu-
ra del dialogo o della tolleranza, fra i gruppi religiosi come
in ogni altro settore. Anche in seminario studiavo che i libri
del Nuovo Testamento sono da interpretarsi come testi-
monianze della vita delle comunità di allora, non nel modo
storico come oggi noi intendiamo. Non voglio soffermarmi
troppo sui numerosi e approfonditi studi effettuati in questi
ultimi decenni su questo argomento, soprattutto da parte
dei cristiani protestanti; essi, infatti, nella loro dottrina si ri-
fanno esclusivamente alla Sacra Scrittura, per cui sono li-
beri di adottare precisi e moderni metodi di ermeneutica
per arrivare ad una giusta esegesi storica, letteraria e teo-
logica nello studio dei testi, senza dover difendere alcun
dogma precostituito. Per la Chiesa cattolico-cristiana inve-
ce la “Rivelazione” consiste in quei contenuti, definiti come
Capitolo I - Riconoscere
45
dogmi, racchiusi nella “Tradizione”. Essa dovrebbe scatu-
rire dalle Sacre Scritture, ma a causa d’interessate mani-
polazioni aggiunte o per comode interpretazioni i dogmi fu-
rono definiti ad arte per essere funzionali ai poteri delle
frange più forti di Roma, Costantinopoli o di altre importan-
ti città di allora. Soprattutto nei primi tempi non era certo
un problema aggiungere nei testi parole o fatti che servi-
vano a giustificare una propria supremazia. Anche studiosi
cattolici, dopo tante riluttanze, hanno dovuto aprirsi a que-
sti nuovi studi, in presenza però di una “libertà vigilata”,
poiché le nuove interpretazioni non avrebbero dovuto apri-
re dei varchi nella ferrea costruzione dogmatica precosti-
tuita. Esattamente come sta avvenendo in questo periodo
nel mondo islamico nello studio del Corano.
In questa posizione vedo anche te, Benedetto, come
sommo custode dei presunti infallibili pronunciamenti pas-
sati, ingabbiati a tal punto che non possono essere dele-
gittimati né dalla scienza né da nuove epistemologie.
Noi pensavamo che esistesse già un messaggio ben chia-
ro e chi lo contestava, era definito un “eretico”; invece, fino
a Costantino, tante erano le interpretazioni interne al cri-
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stianesimo, e fu questo imperatore che impose, nel Conci-
lio di Nicea nell’anno 325, un’unica interpretazione che ri-
specchiasse lo spirito di allora: potere assoluto ai vincitori;
per la Chiesa, un’autorità spirituale, affiancata
dall’imperatore, che sarebbe consistita in una mediazione
indispensabile fra Dio e gli uomini. Tutto ciò conveniva a
Costantino, che, anche se non era interessato alla religio-
ne, la utilizzava per accentrare il suo potere personale.
Fu così che la Chiesa, prima perseguitata e vittima, diven-
tò persecutrice e carnefice, tanto da definire eretici coloro
che si discostavano da quei dogmi che le garantivano su-
premazia e potere assoluto.
Da questa base di partenza furono proclamati tutti i dogmi,
che dovevano delimitare i muri di cinta, perché si creasse
all’interno l’obbedienza cieca, demandando la salvezza
all’istituzione-Chiesa che unica al mondo possedeva gli
strumenti per salvarsi. Ecco come si è venuta a forgiare
questa gabbia dorata e il perché non può essere più aper-
ta, se non con la conseguenza di far crollare questo ca-
stello d’argilla. Non è più possibile un dialogo fondato sulla
logica e sulla ragione, perché, come tu Benedetto affermi,
Capitolo I - Riconoscere
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la Verità sta nel Dio incarnato-Cristo di cui la Chiesa ha il
monopolio e ogni giusta interpretazione è già codificata
nei dogmi. “Ragione” equivale a Gesù Cristo nel modo in
cui voi l’interpretate e Lui l’avete sistemato nella gabbia
con voi. Chi si discosta e pensa di avere una verità diver-
sa è vittima del relativismo. Le tue parole:
“Si va costituendo una dittatura del relativismo che non ri-
conosce nulla come definitivo e che lascia come ultima
misura solo il proprio io e le sue voglie". Noi, invece, ab-
biamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. E’ Lui
la misura del vero umanesimo. “Adulta” non è una fede
che segue le onde della moda e l‘ultima novità; adulta e
matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia
con Cristo. E’ quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è
buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso,
tra inganno e verità. Questa fede adulta dobbiamo matura-
re, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo”
(discorso pro eligendo Romano Pontifice dell’18.04.2005).
Ti confesso che vedo queste tue affermazioni come una
gravissima mancanza di rispetto, oltre che per me, per tut-
ta l’umanità; personalmente ritengo che queste tue pre-
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suntuose parole siano molto offensive nei confronti di mol-
te persone ”adulte” che non si ritengono pecore e che sin-
ceramente, con impegno e sofferenza, cercano una strada
per dare un senso alla propria vita, non per una moda o
per accontentare le proprie voglie.
30 agosto 2009 – Concilio Vaticano II: la “calata dei barba-
ri”?
Leggo oggi un’intervista al regista spagnolo Pedro Almo-
dovar che parla di Benedetto XVI, soprattutto a proposito
dei problemi inerenti alla famiglia e chiede: “Perché il Pa-
pa non esce per una volta dal Vaticano per andare a ve-
dere com’è fatta la famiglia di oggi? E’ assolutamente
pazzesco non voler riconoscere il modo in cui vivono mi-
lioni di persone. Le mie famiglie sono più reali di quelle del
Papa perché non vivono secondo qualche dogma, ma
fanno i conti con i compromessi dell’esistenza”.
Condivido quanto dice Almodovar, ma purtroppo forse non
sei più in grado, alla tua età, Benedetto, di seguire questo
Capitolo I - Riconoscere
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invito. Ma il motivo principale credo che non sia l’età, ma
l’impossibilità di scrollarti di dosso la chiusura e la staticità
accumulate dalla tua permanenza in una vita fra quattro
mura, prima in seminario, poi per brevissimo tempo come
prete e vescovo, e poi, purtroppo, sempre in Vaticano, fra i
libri tutti dello stesso tenore (o altri considerati solo “avver-
sari”) e fra i curiali nella maggior parte dei casi interessati
unicamente al loro potere e alla loro carriera. Ricordo di
averne conosciuto diversi, di questi curiali, quando
d’estate, come seminarista, mi recavo al mare in una casa
del clero. Non voglio soffermarmi sui loro “vizietti” di cui
sono stato testimone involontario; ma quello che mi indi-
spettiva di più era la loro avversione atroce contro il Conci-
lio che si stava svolgendo. Vedevano il Concilio come un
pericolo per il loro potere, perché si parlava di collegialità,
si presentava una Chiesa che non doveva più essere
l’autorità che imponeva, ma in dialogo con il mondo per
venire incontro alle sue esigenze esistenziali. Papa Gio-
vanni era visto come un debole e incapace che si lasciava
prendere dal suo buonismo, e per questo aveva voluto un
Concilio che di fatto toglieva loro potere per affidarlo ai
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“barbari”. Spesso infatti, li sentivo parlare del Concilio co-
me “la calata dei barbari”, ma una volta che quelli fossero
tornati indietro ci avrebbero pensato loro a rimettere tutto
a posto. E pensare che io avevo superato la mia “crisi di
vocazione” (così veniva chiamata) solamente perché ripo-
nevo fiducia in Papa Giovanni: a 19 anni avevo già deciso
di uscire dal seminario, ma poi questa nuova ventata di ot-
timismo, di apertura e di dialogo mi aveva entusiasmato,
mi sembrava una Chiesa nuova e viva, l’inizio dei nuovi
tempi di cui anch’io volevo essere protagonista. Purtroppo
i monsignori della curia romana avevano ragione, sono poi
riusciti nel loro intento, e tu, Benedetto, hai sempre vissuto
con loro e hai respirato solo quest’aria mefitica fra le quat-
tro mura del Vaticano. Non sentivi le critiche, non eri in
mezzo alla gente vera, non esisteva dialogo. Nella tua po-
sizione di difensore del “potere” il tuo compito era solo di
emarginare e scomunicare chi osava dire qualcosa di di-
verso dal “dogma rivelato”.
C’è da dire comunque che tu eri coerente e fedele alla tua
posizione: se si mette in discussione un dogma, per te è
come mettere in discussione la Rivelazione: se si dovesse
Capitolo I - Riconoscere
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ammettere che un dogma già enunciato potrebbe poi es-
sere rivisto, crollerebbe il mito dell’infallibilità e
dell’assistenza promessa da Cristo. Sono coerenti come
te quindi, ad esempio, anche i rappresentanti della nobiltà
romano-vaticana, gli ultra-conservatori radio Maria e i se-
guaci di Lefebvre, che infatti sono stati da te riammessi. È
proprio lo spirito del Concilio di Trento e del Vaticano I, per
i quali l’uomo è intrinsecamente malvagio, che il mondo è
considerato nemico e le altre confessioni religiose (anche
cristiane) avversari da confutare e combattere.
Ma lo spirito del Vaticano II e le sue affermazioni (che so-
no dogmi, perché pronunciati in un Concilio) sono in con-
traddizione con tutta la storia della Chiesa. È stato il primo
atto in cui di fatto si iniziava a smontare l’impalcatura dei
dogmi e dell’infallibilità, anche se tu, Benedetto, continui a
ripetere che il Concilio Vaticano II continua la tradizione
della Chiesa. È sufficiente qualche esempio: il Vaticano II
riconosce la libertà religiosa, mettendo fine all’“epoca co-
stantiniana”. Tale riconoscimento era stato escluso come
dogma da tutti i Papi. Cito solamente Pio IX, che riassume
tutti i precedenti pronunciamenti:
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“Sia anatema (scomunicato) chi dice che ciascun uomo è
libero di abbracciare e professare quella religione che, sul-
la scorta del lume della ragione, avrà reputato essere ve-
ra” ;
e ancora: “Sia scomunicato chi afferma che si deve spera-
re nell’eterna salvezza di tutti coloro che non sono nella
vera Chiesa di Cristo” (Sillabo, XV –XVII).
Il Vaticano II è aperto al dialogo con la società per inter-
pretarne le nuove aspirazioni e i bisogni, mentre ancora
Pio IX affermava “ex-cathedra: “Sia scomunicato chi af-
ferma che il Romano Pontefice può e deve riconciliarsi e
venire a composizione col progresso, col liberalismo e con
la moderna civiltà” (Sillabo, LXXX).
Si dirà che Pio IX era arrabbiatissimo perché con la vio-
lenza gli avevano appena sottratto la poltrona dello Stato
Pontificio. È proprio così, i dogmi risentono sempre delle
circostanze, della cultura, della scienza di un determinato
periodo; per questo non possono assolutamente avere va-
lidità universale. Sconfessato un dogma, viene così scon-
fessata tutta l’impostazione. Tutte le enunciazioni dei
dogmi si potrebbero rivedere alla luce delle nuove scienze
Capitolo I - Riconoscere
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e del dialogo con le altre culture e religioni che, se una
volta erano lontanissime, ora sono fra di noi in questa
nuova dimensione della globalizzazione. Negli ultimi de-
cenni la società, con le sue scoperte scientifiche e con
una forte maturazione della cultura, ha fatto più cambia-
menti che nei millenni precedenti. È logico (tanto per fare
riferimento alla “ragione”) che tu, Benedetto, voglia essere
fedele a una tradizione che si rifà esclusivamente al perio-
do ellenistico e medioevale? Hai affermato che la misura
della ragione e della fede è unicamente il Figlio di Dio, che
il vero umanesimo consiste nell’amicizia con Cristo, e Ge-
sù afferma: “Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi co-
mando” Peccato che quasi tutto quello che la Chiesa co-
manda in ossequio a questa sua tradizione non appaia nel
Vangelo e in quello che Gesù esorta a fare. Lo vedremo
più ampiamente dopo.
Almodovar, rassegnati, Benedetto non uscirà dal Vatica-
no. Non so dirti se perché ne è prigioniero o perché ne è il
capo e l’interprete. Forse, anzi senz’altro, per ambedue i
motivi.
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Caro Papa, un ex prete ti scrive
Grazie per aver letto questa parte di ebook gratuita!
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mendogni-caro-papa-un-ex-prete-ti-scrive.php