Carlo F. Traverso (ePub) - Liber Liber · siano da accagionarsi di viltà gli scrittori, che di...

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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Storia d'Italia dal 1789 al 1814. Tomo IAUTORE: Botta, CarloTRADUTTORE:CURATORE:NOTE: Il testo è presente in formato immagine sulsito “The Internet Archive” (https://www.archi-ve.org/). Realizzato in collaborazione con il Pro-ject Gutenberg (https://www.gutenberg.org/) tramiteDistributed Proofreader (https://www.pgdp.net/).

CODICE ISBN E-BOOK: 9788828101161

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:http://www.liberliber.it/libri/licenze/

COPERTINA: [elaborazione da] "La Battaglia di Lodi" di Louis-François Lejeune (1775-1848). - Reggia di Versailles. - Pubblico Dominio. - http://upload.wi-kimedia.org/wikipedia/commons/4/45/General_Bonapar-te_giving_orders_at_the_Battle_of_Lodi.jpg.

TRATTO DA: Storia d'Italia dal 1789 al 1814 / scrit-

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ta da Carlo Botta – Capolago presso Mendrisio : Ti-pografia Elvetica, 1833-1838 – 6 v. ; 19 cm- Volume1, 1833, 389 p. ; 19 cm

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 4 luglio 2013

INDICE DI AFFIDABILITA': 1 0: affidabilità bassa 1: affidabilità standard 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima

SOGGETTO:HIS020000 STORIA / Europa / Italia

DIGITALIZZAZIONE:Distributed Proofreader, https://www.pgdp.net/

REVISIONE:Claudio Paganelli, [email protected] Santamaria

IMPAGINAZIONE:Claudio Paganelli, [email protected] F. Traverso (ePub)Ugo Santamaria (revisione ePub)

PUBBLICAZIONE:Claudio Paganelli, [email protected] Santamaria

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ta da Carlo Botta – Capolago presso Mendrisio : Ti-pografia Elvetica, 1833-1838 – 6 v. ; 19 cm- Volume1, 1833, 389 p. ; 19 cm

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4LIBRO PRIMO...............................................................8LIBRO SECONDO......................................................63LIBRO TERZO..........................................................114LIBRO QUARTO.......................................................192LIBRO QUINTO........................................................245LIBRO SESTO...........................................................306INDICE DEL PRESENTE VOLUME.......................387

1789........................................................................3871792........................................................................3891793........................................................................3901794........................................................................3931795........................................................................3951796........................................................................397

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4LIBRO PRIMO...............................................................8LIBRO SECONDO......................................................63LIBRO TERZO..........................................................114LIBRO QUARTO.......................................................192LIBRO QUINTO........................................................245LIBRO SESTO...........................................................306INDICE DEL PRESENTE VOLUME.......................387

1789........................................................................3871792........................................................................3891793........................................................................3901794........................................................................3931795........................................................................3951796........................................................................397

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STORIA

D'ITALIADAL 1789 AL 1814

SCRITTA

DA CARLO BOTTA

TOMO I

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STORIA

D'ITALIADAL 1789 AL 1814

SCRITTA

DA CARLO BOTTA

TOMO I

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LIBRO PRIMO

SOMMARIOProposito dell'opera. Stato d'Italia nel 1789. Come siano nati gliordini feudali; poi come moderati. Opinioni ed inclinazioni delsecolo in questa materia. Stato della religione; perchè fu soppres-sa la società dei gesuiti, e quali effetti siano nati da questa sop-pressione. Lodi di Giuseppe II imperatore d'Alemagna, e riformefatte da lui. Viaggio di papa Pio VI a Vienna. Buon governo delducato di Milano sotto il conte di Firmian. Lodi di Leopoldo granduca di Toscana; sue numerose ed utili riforme; felice condizionedel popolo sotto questo principe. Dottrine di Scipione de' Riccivescovo di Pistoia, e del suo sinodo. Quali effetti partoriscanoqueste dottrine sulla corte di Roma. Stato del regno di Napoli;amministrazione del marchese Tanucci; opinioni che vi regnava-no; riforme eseguite, o sperate. Stato, e parlamento di Sicilia. Sta-to del ducato di Parma sotto i duchi don Filippo e don Ferdinan-do: buona amministrazione di Dutillot. Condizioni di Roma e del-le romane cose: disegni che vi si facevano: qualità di Pio VI; suamagnificenza; suoi sforzi pel prosciugamento delle paludi Ponti-ne. Stato del Piemonte; qualità di Vittorio Amedeo III re di Sarde-gna; suoi ordinamenti sui soldati, sull'amministrazione, sulle fi-nanze. Stato della repubblica di Venezia; natura del suo governo,e de' suoi popoli. Condizioni della repubblica di Genova, poi diquelle di Lucca, e di San Marino. Stato del ducato di Modena, equalità del suo principe, Ercole Rinaldo d'Este. Sunto generaledelle opinioni, ch'erano prevalse in Italia nel 1789.

Proponendomi io di scrivere la storia delle cose succe-dute in Italia ai tempi nostri, non so quello che gli uomi-

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LIBRO PRIMO

SOMMARIOProposito dell'opera. Stato d'Italia nel 1789. Come siano nati gliordini feudali; poi come moderati. Opinioni ed inclinazioni delsecolo in questa materia. Stato della religione; perchè fu soppres-sa la società dei gesuiti, e quali effetti siano nati da questa sop-pressione. Lodi di Giuseppe II imperatore d'Alemagna, e riformefatte da lui. Viaggio di papa Pio VI a Vienna. Buon governo delducato di Milano sotto il conte di Firmian. Lodi di Leopoldo granduca di Toscana; sue numerose ed utili riforme; felice condizionedel popolo sotto questo principe. Dottrine di Scipione de' Riccivescovo di Pistoia, e del suo sinodo. Quali effetti partoriscanoqueste dottrine sulla corte di Roma. Stato del regno di Napoli;amministrazione del marchese Tanucci; opinioni che vi regnava-no; riforme eseguite, o sperate. Stato, e parlamento di Sicilia. Sta-to del ducato di Parma sotto i duchi don Filippo e don Ferdinan-do: buona amministrazione di Dutillot. Condizioni di Roma e del-le romane cose: disegni che vi si facevano: qualità di Pio VI; suamagnificenza; suoi sforzi pel prosciugamento delle paludi Ponti-ne. Stato del Piemonte; qualità di Vittorio Amedeo III re di Sarde-gna; suoi ordinamenti sui soldati, sull'amministrazione, sulle fi-nanze. Stato della repubblica di Venezia; natura del suo governo,e de' suoi popoli. Condizioni della repubblica di Genova, poi diquelle di Lucca, e di San Marino. Stato del ducato di Modena, equalità del suo principe, Ercole Rinaldo d'Este. Sunto generaledelle opinioni, ch'erano prevalse in Italia nel 1789.

Proponendomi io di scrivere la storia delle cose succe-dute in Italia ai tempi nostri, non so quello che gli uomi-

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ni della presente età saran per dire di me. Conciossiachèmancati col finire del decimo sesto secolo gli eccellentistorici fiorentini, i quali soli forse fra gli storici di tutti itempi e di tutte le nazioni scrissero senza studio di partila verità, i tempi andarono sì fattamente peggiorandosi,e l'adulazione in guisa tale distendendosi, che il volerescrivere la storia con sincerità pare opera piuttosto in-credibile, che maravigliosa. E non so perch'io m'odadire tuttavia, che la storia è il lume del tempo, e che in-segna bene il fatto loro ai popoli, ed ai principi: imper-ciocchè, scritta secondo il costume che prevalse, io nonso quale altra cosa ella possa insegnare altrui, fuori chea dir le bugie; e qual buona guida nel malagevole cam-mino della nostra vita siano queste, ognun sel vede,stantechè i negozi umani con la realtà si governano, noncon le chimere. E già i più tra coloro ai quali io appale-sai questo mio pensiero, mi dissero apertamente o ch'ionon oserei, o ch'io non potrei, od all'ultimo ch'io non do-vrei mandarlo ad esecuzione. Pure, pare a me, che sel'adulazione si cerca da una parte, che certamente si cer-ca, molto ancora più si offra dall'altra, e che più ancorasiano da accagionarsi di viltà gli scrittori, che di rigore,o di ambizione i principi. Per la qual cosa io, che dimaggior libertà nello scrivere non pretendo di godermidi quella, cui Benedetto Varchi, o Francesco Guicciardi-ni ottennero dal duca Cosimo, e Niccolò Machiavelli dalpontefice romano, il quale concesse anco un amplissimoprivilegio per la stampa delle sue opere, mi confido checomportare mi si possa: salvochè si voglia credere, od

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ni della presente età saran per dire di me. Conciossiachèmancati col finire del decimo sesto secolo gli eccellentistorici fiorentini, i quali soli forse fra gli storici di tutti itempi e di tutte le nazioni scrissero senza studio di partila verità, i tempi andarono sì fattamente peggiorandosi,e l'adulazione in guisa tale distendendosi, che il volerescrivere la storia con sincerità pare opera piuttosto in-credibile, che maravigliosa. E non so perch'io m'odadire tuttavia, che la storia è il lume del tempo, e che in-segna bene il fatto loro ai popoli, ed ai principi: imper-ciocchè, scritta secondo il costume che prevalse, io nonso quale altra cosa ella possa insegnare altrui, fuori chea dir le bugie; e qual buona guida nel malagevole cam-mino della nostra vita siano queste, ognun sel vede,stantechè i negozi umani con la realtà si governano, noncon le chimere. E già i più tra coloro ai quali io appale-sai questo mio pensiero, mi dissero apertamente o ch'ionon oserei, o ch'io non potrei, od all'ultimo ch'io non do-vrei mandarlo ad esecuzione. Pure, pare a me, che sel'adulazione si cerca da una parte, che certamente si cer-ca, molto ancora più si offra dall'altra, e che più ancorasiano da accagionarsi di viltà gli scrittori, che di rigore,o di ambizione i principi. Per la qual cosa io, che dimaggior libertà nello scrivere non pretendo di godermidi quella, cui Benedetto Varchi, o Francesco Guicciardi-ni ottennero dal duca Cosimo, e Niccolò Machiavelli dalpontefice romano, il quale concesse anco un amplissimoprivilegio per la stampa delle sue opere, mi confido checomportare mi si possa: salvochè si voglia credere, od

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almeno dire, ciò che credeva e diceva colui, che ai nostridì avrebbe voluto spegnere anco il nome della libertà,cioè che tutto il male (così chiamava egli il desideriomostrato prima dai principi, poscia dai popoli, di un go-verno più benigno) procedette dal secolo di Leone X.Che se ad alcuni sembrasse essere le cose più tenere og-gidì, che ai tempi passati, dirò che anche allora furono,come negli anni vicini a noi, massime nella misera Ita-lia, inondazioni di eserciti forestieri, arsioni di città, ra-pine di popoli, devastazioni di provincie, sovvertimentidi stati, e fazioni, e sette, e congiure, ed ambizioni cru-deli, ed avarizie ladre, e debolezze di governi effemina-ti, e fraudi di reggimenti iniqui, e sfrenatezze di popoliscatenati. Per me, sonmi del tutto risoluto, se a tanto siestenderanno le forze del mio ingegno, a mandare ai po-steri con verità la compassionevol trama di tanti acci-denti atroci, di cui la memoria sola ancora ci sgomenta.Seguane poi ciò che vuole: che la vita è breve, ed il con-tento di avere adempiute le parti che a buono e fedelestorico si appartengono, è grande, e quasi infinito. Oltre-chè di conforto non poco sarammi il raccontare, comefarò, con uguale sincerità le cose liete, utili, e grandi,che fra tanti lagrimevoli casi si operarono per un beni-gno risguardo della divina providenza che mai non ab-bandona del tutto i miseri mortali.L'Europa conquistata dai re barbari fu data in preda aicapitani loro; uomini e terre caddero in potestà di questi.Così se ai tempi romani le generazioni erano partite in

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almeno dire, ciò che credeva e diceva colui, che ai nostridì avrebbe voluto spegnere anco il nome della libertà,cioè che tutto il male (così chiamava egli il desideriomostrato prima dai principi, poscia dai popoli, di un go-verno più benigno) procedette dal secolo di Leone X.Che se ad alcuni sembrasse essere le cose più tenere og-gidì, che ai tempi passati, dirò che anche allora furono,come negli anni vicini a noi, massime nella misera Ita-lia, inondazioni di eserciti forestieri, arsioni di città, ra-pine di popoli, devastazioni di provincie, sovvertimentidi stati, e fazioni, e sette, e congiure, ed ambizioni cru-deli, ed avarizie ladre, e debolezze di governi effemina-ti, e fraudi di reggimenti iniqui, e sfrenatezze di popoliscatenati. Per me, sonmi del tutto risoluto, se a tanto siestenderanno le forze del mio ingegno, a mandare ai po-steri con verità la compassionevol trama di tanti acci-denti atroci, di cui la memoria sola ancora ci sgomenta.Seguane poi ciò che vuole: che la vita è breve, ed il con-tento di avere adempiute le parti che a buono e fedelestorico si appartengono, è grande, e quasi infinito. Oltre-chè di conforto non poco sarammi il raccontare, comefarò, con uguale sincerità le cose liete, utili, e grandi,che fra tanti lagrimevoli casi si operarono per un beni-gno risguardo della divina providenza che mai non ab-bandona del tutto i miseri mortali.L'Europa conquistata dai re barbari fu data in preda aicapitani loro; uomini e terre caddero in potestà di questi.Così se ai tempi romani le generazioni erano partite in

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uomini liberi, e schiavi, ai tempi barbari furono divise inconquistatori, e servi. Tale è l'origine degli ordini feuda-li. Teodorico re de' Goti moderò una tal condizionecoll'avere istituito i municipii. Poi gli ecclesiastici di-ventati ricchi fecero ordine, e mitigarono, dividendola, ocontrastandola, l'autorità feudale. Così sorsero gli ordi-ni, o stati, o bracci, che si voglian nominare, della nobil-tà, del clero, e dei comuni. Carlo V gli spense nella Spa-gna, ma non potè nell'isole d'Italia; i Borboni gli conser-varono in Francia, servendosene più o meno, secondo itempi. Nell'Italia divisa in tanti stati, e sì spesso preda diprincipi forestieri, che a fine di tenerla accarezzavanopochi potenti per assicurarsi dei più, l'autorità municipa-le, se si eccettuano alcune antiche repubbliche, si man-tenne più ristretta, la feudale più larga. Ciò quanto allostato. Rispetto ai particolari restavano ancora non pochivestigi dell'antico servaggio, tanto circa le cose, quantocirca le persone. Di questi, alcuni andarono in disusoper opinione de' popoli, o per benignità dei feudatarii;altri furono aboliti dai principi: dei superstiti, il secolo,di cui abbiamo veduto il fine, voleva l'annullazione.Nè in questo si contenevano i desiderii dei popoli. Vole-vasi una equalità quanto alla giustizia, e quanto ai cari-chi dello stato; nella quale inclinazione concorrevanonon solamente coloro ai quali questa equalità era profit-tevole, ma eziandio la maggior parte di quelli, che si go-devano i privilegi. Dire poi, come alcuni hanno scritto, eprobabilmente non creduto, che si volesse una equalità

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uomini liberi, e schiavi, ai tempi barbari furono divise inconquistatori, e servi. Tale è l'origine degli ordini feuda-li. Teodorico re de' Goti moderò una tal condizionecoll'avere istituito i municipii. Poi gli ecclesiastici di-ventati ricchi fecero ordine, e mitigarono, dividendola, ocontrastandola, l'autorità feudale. Così sorsero gli ordi-ni, o stati, o bracci, che si voglian nominare, della nobil-tà, del clero, e dei comuni. Carlo V gli spense nella Spa-gna, ma non potè nell'isole d'Italia; i Borboni gli conser-varono in Francia, servendosene più o meno, secondo itempi. Nell'Italia divisa in tanti stati, e sì spesso preda diprincipi forestieri, che a fine di tenerla accarezzavanopochi potenti per assicurarsi dei più, l'autorità municipa-le, se si eccettuano alcune antiche repubbliche, si man-tenne più ristretta, la feudale più larga. Ciò quanto allostato. Rispetto ai particolari restavano ancora non pochivestigi dell'antico servaggio, tanto circa le cose, quantocirca le persone. Di questi, alcuni andarono in disusoper opinione de' popoli, o per benignità dei feudatarii;altri furono aboliti dai principi: dei superstiti, il secolo,di cui abbiamo veduto il fine, voleva l'annullazione.Nè in questo si contenevano i desiderii dei popoli. Vole-vasi una equalità quanto alla giustizia, e quanto ai cari-chi dello stato; nella quale inclinazione concorrevanonon solamente coloro ai quali questa equalità era profit-tevole, ma eziandio la maggior parte di quelli, che si go-devano i privilegi. Dire poi, come alcuni hanno scritto, eprobabilmente non creduto, che si volesse una equalità

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di tutto, ed anche di beni, fu improntitudine d'uominiaddetti a sette, soliti sempre a non guardare quel che di-cono, purchè dicano cose che possano infiammare i po-poli, e farli correre alle armi civili. Queste erano le qui-stioni dei diritti; e sarà da quinc'innanzi cosa luttuosissi-ma al pensarci, e degna di eterne lagrime, che col pro-gresso di tempo siansi alle quistioni medesime mescola-te certe altre astrattezze, e sofisterie, che insegnaronoalla moltitudine il voler fare da se, quantunque si sapes-se che la moltitudine commette il male volentieri, e sificca anco spesso il coltello nel petto da se: tanto i motisuoi sono incomposti, i voleri discordi, le fantasie ac-cendibili, e tanto ancora sopra di lei possono sempre piùgli ambiziosi, che i modesti cittadini.La religione medesima era già trascorsa, non già neldogma, che sempre rimase inconcusso, ma bensì nelladisciplina. Dolevansi i popoli che gli utili operai dellavigna del Signore fossero poveri, mentre gli oziosi se nevivevano in grandi ricchezze, delle quali non solo usa-vano, ma spesso ancora abusavano: dolevansi essere iprimi insufficienti per numero, o per mala distribuzionedelle cariche, i secondi eccessivi; dolevansi di certe pra-tiche religiose, più utili a chi le metteva su che decorosepel divin culto, mentre per queste era nel medesimotempo scemato maestà e frequenza alle più gravi e ne-cessarie solennità della chiesa: scandalizzarsene le ani-me pie, darsi cagion di calunnia agli empi, ed agli acat-tolici.

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di tutto, ed anche di beni, fu improntitudine d'uominiaddetti a sette, soliti sempre a non guardare quel che di-cono, purchè dicano cose che possano infiammare i po-poli, e farli correre alle armi civili. Queste erano le qui-stioni dei diritti; e sarà da quinc'innanzi cosa luttuosissi-ma al pensarci, e degna di eterne lagrime, che col pro-gresso di tempo siansi alle quistioni medesime mescola-te certe altre astrattezze, e sofisterie, che insegnaronoalla moltitudine il voler fare da se, quantunque si sapes-se che la moltitudine commette il male volentieri, e sificca anco spesso il coltello nel petto da se: tanto i motisuoi sono incomposti, i voleri discordi, le fantasie ac-cendibili, e tanto ancora sopra di lei possono sempre piùgli ambiziosi, che i modesti cittadini.La religione medesima era già trascorsa, non già neldogma, che sempre rimase inconcusso, ma bensì nelladisciplina. Dolevansi i popoli che gli utili operai dellavigna del Signore fossero poveri, mentre gli oziosi se nevivevano in grandi ricchezze, delle quali non solo usa-vano, ma spesso ancora abusavano: dolevansi essere iprimi insufficienti per numero, o per mala distribuzionedelle cariche, i secondi eccessivi; dolevansi di certe pra-tiche religiose, più utili a chi le metteva su che decorosepel divin culto, mentre per queste era nel medesimotempo scemato maestà e frequenza alle più gravi e ne-cessarie solennità della chiesa: scandalizzarsene le ani-me pie, darsi cagion di calunnia agli empi, ed agli acat-tolici.

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Ma ben altri discorsi si facevano, massimamente in Ita-lia, i quali tutti nascevano da quella inclinazione del se-colo favorevole ai più. Era stata soppressa la società diGesù, perchè era divenuta formidabile ai principi, e per-chè faceva coll'autorità sua, e co' suoi maneggi formida-bile di soverchio ai medesimi la corte di Roma. Imper-ciocchè, mescolate le profane cose con le divine, teme-vano i principi cattolici, che siccome era una monarchiauniversale spirituale di cui era capo il sommo pontefice,così venisse a nascere per mezzo dei gesuiti, tanto attivi,e tanto sagaci operatori per la santa sede, una forma dimonarchia universale temporale, in cui avesse il capodella fede cattolica più autorità, che gli si convenisse.Vedevasi il sommo pontefice Clemente XIV, che lo spe-gnere i gesuiti era un privarsi della più efficace miliziache s'avesse: con tutto ciò non potè resistere alle esorta-zioni ed alle minacce di tanti principi potenti di forze,celebrati per pietà, formidabili per concordia. Pure stettelungo tempo in forse; finalmente consentì, poi fra brevesi pentì. Ma seguitonne a timore del papa, ed a conten-tezza dei principi maggior effetto, che quello e questinon avevano creduto; poichè ne sorse più viva nel corpodella chiesa la parte popolare. Parlossi di doversi ridurrealla semplicità antica la chiesa di Cristo; allargare la au-torità de' vescovi e dei parrochi; scemar quella del pon-tefice sommo, nè doversi più tollerare il romano fasto.Le querele, che risuonarono già fin dai tempi antichissi-mi contro la corruzione di Roma, rinnovellavansi, ed an-davano al colmo. Le dottrine di Porto-Reale si diffonde-

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Ma ben altri discorsi si facevano, massimamente in Ita-lia, i quali tutti nascevano da quella inclinazione del se-colo favorevole ai più. Era stata soppressa la società diGesù, perchè era divenuta formidabile ai principi, e per-chè faceva coll'autorità sua, e co' suoi maneggi formida-bile di soverchio ai medesimi la corte di Roma. Imper-ciocchè, mescolate le profane cose con le divine, teme-vano i principi cattolici, che siccome era una monarchiauniversale spirituale di cui era capo il sommo pontefice,così venisse a nascere per mezzo dei gesuiti, tanto attivi,e tanto sagaci operatori per la santa sede, una forma dimonarchia universale temporale, in cui avesse il capodella fede cattolica più autorità, che gli si convenisse.Vedevasi il sommo pontefice Clemente XIV, che lo spe-gnere i gesuiti era un privarsi della più efficace miliziache s'avesse: con tutto ciò non potè resistere alle esorta-zioni ed alle minacce di tanti principi potenti di forze,celebrati per pietà, formidabili per concordia. Pure stettelungo tempo in forse; finalmente consentì, poi fra brevesi pentì. Ma seguitonne a timore del papa, ed a conten-tezza dei principi maggior effetto, che quello e questinon avevano creduto; poichè ne sorse più viva nel corpodella chiesa la parte popolare. Parlossi di doversi ridurrealla semplicità antica la chiesa di Cristo; allargare la au-torità de' vescovi e dei parrochi; scemar quella del pon-tefice sommo, nè doversi più tollerare il romano fasto.Le querele, che risuonarono già fin dai tempi antichissi-mi contro la corruzione di Roma, rinnovellavansi, ed an-davano al colmo. Le dottrine di Porto-Reale si diffonde-

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vano; coloro che le mantenevano erano in molta autoritàpresso il popolo, perchè risplendevano non per oro, nèper corredi, ma per dottrina, per austerità di costumi, eper una certa semplicità di vita, che molto ritraeva degliantichi tempi evangelici.Inclinazioni di tal sorte arridevano ai principi, memorituttavia della superiorità dei gesuiti, e della potenza diRoma. Nè non pensavano, che maggiore autorità acqui-sterebbero nell'ecclesiastiche discipline, se i vescovi,che sempre sono da loro dipendenti, meno da Roma di-pendessero. Stimavano che la diminuzione delle prero-gative papali fosse per essere la libertà dei principi.Queste massime più strette per chi dominava, più largheper chi obbediva, trovavano disposizioni favorevolinell'opinione de' popoli, e però più profonde radici met-tevano. Così uno spirito stesso e circa le cose civili, ecirca le ecclesiastiche andava insinuandosi a poco apoco in tutte le parti del corpo sociale. Ciò non ostante,se molti pensavano a riforme, nissuno pensava a sovver-timenti; nè alcuno ambiva di far da se, ma ognunoaspettava dal tempo e dalla sapienza dei principi tempe-ramento alle cose, e compimento a' desiderii.Piacemi ora, venendo ai particolari, che in proposito diriforme il mio discorso abbia principio da un nome im-periale. Giuseppe II, imperatore d'Alemagna, principeper vigor di mente, e per amore verso l'umana genera-zione facilmente il primo, se si paragona ai principi de'

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vano; coloro che le mantenevano erano in molta autoritàpresso il popolo, perchè risplendevano non per oro, nèper corredi, ma per dottrina, per austerità di costumi, eper una certa semplicità di vita, che molto ritraeva degliantichi tempi evangelici.Inclinazioni di tal sorte arridevano ai principi, memorituttavia della superiorità dei gesuiti, e della potenza diRoma. Nè non pensavano, che maggiore autorità acqui-sterebbero nell'ecclesiastiche discipline, se i vescovi,che sempre sono da loro dipendenti, meno da Roma di-pendessero. Stimavano che la diminuzione delle prero-gative papali fosse per essere la libertà dei principi.Queste massime più strette per chi dominava, più largheper chi obbediva, trovavano disposizioni favorevolinell'opinione de' popoli, e però più profonde radici met-tevano. Così uno spirito stesso e circa le cose civili, ecirca le ecclesiastiche andava insinuandosi a poco apoco in tutte le parti del corpo sociale. Ciò non ostante,se molti pensavano a riforme, nissuno pensava a sovver-timenti; nè alcuno ambiva di far da se, ma ognunoaspettava dal tempo e dalla sapienza dei principi tempe-ramento alle cose, e compimento a' desiderii.Piacemi ora, venendo ai particolari, che in proposito diriforme il mio discorso abbia principio da un nome im-periale. Giuseppe II, imperatore d'Alemagna, principeper vigor di mente, e per amore verso l'umana genera-zione facilmente il primo, se si paragona ai principi de'

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suoi tempi estranei alla sua casa; il primo forse ancora,od il secondo, se si paragona a Leopoldo suo fratello,molto pensò e molto operò in benefizio dell'austriachepopolazioni. Nè voglio, che le accuse dategli, perchè erare, dagli sfrenati commettitori di tante enormità in Fran-cia a' tempi della rivoluzione, nè quelle dategli dopo,perchè ei volle operare, ed operò molte novità, da colo-ro, che vorrebbono in chi regge una potestà non solo as-soluta, ma anche dura e terribile, tanto gli nocciano,ch'io non lo predichi, come uno dei primi, e più princi-pali benefattori, che abbia avuto il mondo. Molto viag-giò, non per pompa, ma per conoscere le instituzioni uti-li, ed i bisogni dei popoli; i casolari dei poveri più avevain cale, che gli edifizj dei ricchi; nè mai visitava il biso-gnoso, che nol consolasse di parole, ed ancor più di fat-ti. Protesse con provvide leggi i contadini dalle molestiedei feudatari, opera già incominciata dalla sua madreaugusta Maria Teresa: gli ordini feudali stessi volevaestirpare, e fecelo. Volle che si ministrasse giustizia in-differente a tutti; là creava spedali, ospizi, conservatorii,ed altre opere pie; quà fondava università di studi; i gio-vani ricchi d'ingegno, e poveri di fortuna, in singolarmodo aiutava. Ai tempi suoi, e per opera sua lo studio diPavia sorse in tanto grido, che forse alcun altro non fumai sì famoso in Europa. Lo studio medesimo empiè diprofessori eccellenti in ogni genere di dottrina, cui favo-riva con premii, e non avviliva con la necessità dell'adu-lazione. Nè contento a questo, fondò premii per gli agri-coltori diligenti ed aprì novelle vie al commercio per

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suoi tempi estranei alla sua casa; il primo forse ancora,od il secondo, se si paragona a Leopoldo suo fratello,molto pensò e molto operò in benefizio dell'austriachepopolazioni. Nè voglio, che le accuse dategli, perchè erare, dagli sfrenati commettitori di tante enormità in Fran-cia a' tempi della rivoluzione, nè quelle dategli dopo,perchè ei volle operare, ed operò molte novità, da colo-ro, che vorrebbono in chi regge una potestà non solo as-soluta, ma anche dura e terribile, tanto gli nocciano,ch'io non lo predichi, come uno dei primi, e più princi-pali benefattori, che abbia avuto il mondo. Molto viag-giò, non per pompa, ma per conoscere le instituzioni uti-li, ed i bisogni dei popoli; i casolari dei poveri più avevain cale, che gli edifizj dei ricchi; nè mai visitava il biso-gnoso, che nol consolasse di parole, ed ancor più di fat-ti. Protesse con provvide leggi i contadini dalle molestiedei feudatari, opera già incominciata dalla sua madreaugusta Maria Teresa: gli ordini feudali stessi volevaestirpare, e fecelo. Volle che si ministrasse giustizia in-differente a tutti; là creava spedali, ospizi, conservatorii,ed altre opere pie; quà fondava università di studi; i gio-vani ricchi d'ingegno, e poveri di fortuna, in singolarmodo aiutava. Ai tempi suoi, e per opera sua lo studio diPavia sorse in tanto grido, che forse alcun altro non fumai sì famoso in Europa. Lo studio medesimo empiè diprofessori eccellenti in ogni genere di dottrina, cui favo-riva con premii, e non avviliva con la necessità dell'adu-lazione. Nè contento a questo, fondò premii per gli agri-coltori diligenti ed aprì novelle vie al commercio per

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nuove strade, per nuovi porti, per abolizione delle doga-ne interne; nè mai in alcun altro paese o tempo, furonoin così grande onore tenuti, come in Italia sotto Giusep-pe, gli scienziati che sollevano, ed i letterati che abbelli-scono la vita incresciosa e trista. Mandovvi altresì, qualdegno esecutore de' suoi consigli, il conte di Firmian,sotto la tutela del quale la Lombardia austriaca venne intanto fiore, che sto per dire, che in lei verificossi la fa-volosa età dell'oro.Quanto alle instituzioni ecclesiastiche, dichiarò Giusep-pe la religione cattolica dominante, ma volle che si tol-lerassero tutte; comandò ai vescovi, che niuna bollapontificia avessero per valida, che non fosse loro dal go-verno trasmessa, regola già praticata da altri principi,ma non sempre osservata; statuì, che gli ordini dei reli-giosi regolari, non dai loro generali residenti in Roma,ma bensì dal superiore ordinario, cioè dal vescovo, di-pendessero; parendogli nè sicura, nè decorosa allo statoquella dipendenza, nè alla ecclesiastica disciplina profit-tevole; abolì i conventi che gli parvero inutili, lasciandosussistere fra le monache solamente quelle, che faceva-no professione d'ammaestrar le fanciulle; eresse nuovivescovati, accoppionne altri; distribuì meglio l'entrate ditutti; fondò poi un numero assai considerabile di parroc-chie, sollecito piuttosto dell'instruzione, e della salute ditutti i fedeli, che del fasto di pochi prelati.A queste innovazioni risentissi gravemente il sommopontefice Pio VI, uomo di natura assai subita, e delle

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nuove strade, per nuovi porti, per abolizione delle doga-ne interne; nè mai in alcun altro paese o tempo, furonoin così grande onore tenuti, come in Italia sotto Giusep-pe, gli scienziati che sollevano, ed i letterati che abbelli-scono la vita incresciosa e trista. Mandovvi altresì, qualdegno esecutore de' suoi consigli, il conte di Firmian,sotto la tutela del quale la Lombardia austriaca venne intanto fiore, che sto per dire, che in lei verificossi la fa-volosa età dell'oro.Quanto alle instituzioni ecclesiastiche, dichiarò Giusep-pe la religione cattolica dominante, ma volle che si tol-lerassero tutte; comandò ai vescovi, che niuna bollapontificia avessero per valida, che non fosse loro dal go-verno trasmessa, regola già praticata da altri principi,ma non sempre osservata; statuì, che gli ordini dei reli-giosi regolari, non dai loro generali residenti in Roma,ma bensì dal superiore ordinario, cioè dal vescovo, di-pendessero; parendogli nè sicura, nè decorosa allo statoquella dipendenza, nè alla ecclesiastica disciplina profit-tevole; abolì i conventi che gli parvero inutili, lasciandosussistere fra le monache solamente quelle, che faceva-no professione d'ammaestrar le fanciulle; eresse nuovivescovati, accoppionne altri; distribuì meglio l'entrate ditutti; fondò poi un numero assai considerabile di parroc-chie, sollecito piuttosto dell'instruzione, e della salute ditutti i fedeli, che del fasto di pochi prelati.A queste innovazioni risentissi gravemente il sommopontefice Pio VI, uomo di natura assai subita, e delle

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prerogative della santa sede zelantissimo. Perciò confi-datosi nell'autorità del grado, nella maestà dell'aspetto, enell'eloquenza, che era in lui grandissima, nè pensandoalla diminuzion di riputazione, che gli verrebbe, se lasua gita riuscisse senza frutto, se n'andò a Vienna. Quivifu ricevuto forse tanto più onoratamente, quanto più glisi volevano denegare le proposte. Passate le prime cal-dezze, e ristrettosi con l'imperatore, entrò il pontefice anegoziare con lui delle cose che occorrevano; e con in-credibile maestà favellando lo ammonì:

«Badasse molto bene a quel che si faceva; magni-fiche parole essere la semplicità delle cose anti-che, ma non convenirsi ad un secolo che non lecura; esser trascorsi i costumi, debilitate le cre-denze, gli animi pieni d'ambizione, però l'appara-to esteriore dover aiutare la fede vacillante, frena-re dall'un canto, saziare dall'altro gli appetiti; altradover esser la condizione della chiesa ristretta,povera, e perseguitata, altra quella della chiesaestesa quanto il mondo, ricca, e trionfante; se pos-sono convenire i governi larghi ai piccoli stati,convenirsi certamente le monarchie ai grandi, nèin tanta immensità di dominio spirituale potersisenza pericolo debilitare la potestà suprema dellasanta sede; senza di lei sorgerebbero tosto le am-bizioni locali, e nascerebbe lo scisma; osservassequante discordie, e quante sette fossero nate dalsolo errore di Lutero, non per altro, che per avergettato via il salutare freno del successore di SanPietro: lacererebbesi del pari la restante chiesa

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prerogative della santa sede zelantissimo. Perciò confi-datosi nell'autorità del grado, nella maestà dell'aspetto, enell'eloquenza, che era in lui grandissima, nè pensandoalla diminuzion di riputazione, che gli verrebbe, se lasua gita riuscisse senza frutto, se n'andò a Vienna. Quivifu ricevuto forse tanto più onoratamente, quanto più glisi volevano denegare le proposte. Passate le prime cal-dezze, e ristrettosi con l'imperatore, entrò il pontefice anegoziare con lui delle cose che occorrevano; e con in-credibile maestà favellando lo ammonì:

«Badasse molto bene a quel che si faceva; magni-fiche parole essere la semplicità delle cose anti-che, ma non convenirsi ad un secolo che non lecura; esser trascorsi i costumi, debilitate le cre-denze, gli animi pieni d'ambizione, però l'appara-to esteriore dover aiutare la fede vacillante, frena-re dall'un canto, saziare dall'altro gli appetiti; altradover esser la condizione della chiesa ristretta,povera, e perseguitata, altra quella della chiesaestesa quanto il mondo, ricca, e trionfante; se pos-sono convenire i governi larghi ai piccoli stati,convenirsi certamente le monarchie ai grandi, nèin tanta immensità di dominio spirituale potersisenza pericolo debilitare la potestà suprema dellasanta sede; senza di lei sorgerebbero tosto le am-bizioni locali, e nascerebbe lo scisma; osservassequante discordie, e quante sette fossero nate dalsolo errore di Lutero, non per altro, che per avergettato via il salutare freno del successore di SanPietro: lacererebbesi del pari la restante chiesa

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cattolica da tali principii; e tolti al governo con-sueto del pastore universale, gli agnelli divente-rebbero preda dei lupi; in materia di riforme,quando si vuol far da se, cominciarsi forse conanimo innocente, e volto al bene, finirsi per lapervicacia, e per l'ambizione connaturaleall'uomo, nel male; non desse ascolto alle parolemelliflue, e suonanti umiltà di certuni; sotto umilispoglie, entro discorsi mansueti velar essi pensie-ri superbissimi; non voler obbedire altrui per po-ter col tempo dominare altrui; deboli, esser sup-plicanti, forti, intolleranti; riflettesse, quanto im-portasse alla conservazione delle monarchie tem-porali la monarchia spirituale; le male usanze ap-piccarsi facilmente; sciolta questa, esser pericolo,che per contagio si sciolgano anche le altre, e giàgittarsene motti per le dottrine dei moderni filoso-fi; dal torre la venerazione ad un potente, al torlaa tutti esser facile la strada; in un secolo scape-strato nissun maggior fondamento aver i monar-chi, che l'autorità monarchica del pontefice roma-no; ch'esso ne voglia abusare, come ne fu accusa-to ai tempi antichi contro i monarchi stessi, appa-rire nissun indicio, nè comportarlo il secolo;quanto a lui particolarmente, avvertisse diligente-mente alla potenza del re di Prussia, emulo dellapotenza sua, e capo della parte protestante in Ger-mana; se alienasse da se i cattolici, i quali segui -teranno sempre o per persuasione, o per consuetu-dine i dettami della chiesa di Roma, quale speran-za, quale appoggio, quale forza gli resterebbe?

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cattolica da tali principii; e tolti al governo con-sueto del pastore universale, gli agnelli divente-rebbero preda dei lupi; in materia di riforme,quando si vuol far da se, cominciarsi forse conanimo innocente, e volto al bene, finirsi per lapervicacia, e per l'ambizione connaturaleall'uomo, nel male; non desse ascolto alle parolemelliflue, e suonanti umiltà di certuni; sotto umilispoglie, entro discorsi mansueti velar essi pensie-ri superbissimi; non voler obbedire altrui per po-ter col tempo dominare altrui; deboli, esser sup-plicanti, forti, intolleranti; riflettesse, quanto im-portasse alla conservazione delle monarchie tem-porali la monarchia spirituale; le male usanze ap-piccarsi facilmente; sciolta questa, esser pericolo,che per contagio si sciolgano anche le altre, e giàgittarsene motti per le dottrine dei moderni filoso-fi; dal torre la venerazione ad un potente, al torlaa tutti esser facile la strada; in un secolo scape-strato nissun maggior fondamento aver i monar-chi, che l'autorità monarchica del pontefice roma-no; ch'esso ne voglia abusare, come ne fu accusa-to ai tempi antichi contro i monarchi stessi, appa-rire nissun indicio, nè comportarlo il secolo;quanto a lui particolarmente, avvertisse diligente-mente alla potenza del re di Prussia, emulo dellapotenza sua, e capo della parte protestante in Ger-mana; se alienasse da se i cattolici, i quali segui -teranno sempre o per persuasione, o per consuetu-dine i dettami della chiesa di Roma, quale speran-za, quale appoggio, quale forza gli resterebbe?

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Ricordassesi di Carlo V, suo glorioso antenato,costretto a fuggirsene in fretta da Inspruck, cac-ciato da quei protestanti medesimi, a cui pur trop-po grandi favori aveva compartito; seguitasse levestigia dell'augusta sua madre, e di tanti altri an-tecessori del suo stesso sangue famosi al mondoper le cose grandi fatte sì in pace che in guerra,ma più famosi ancora per la pietà loro e per la di -vozione verso la santa sede; lasciasse dall'un de'lati queste subdole opinioni, questi pericolosi fat-ti, tornasse al grembo suo, ch'ei l'avrebbe accoltoed abbracciato, quale amorosissimo padre acco-glie ed abbraccia un amatissimo figliuolo; sapersilui, le cose umane trascorrere di secolo in secolo,ed aver bisogno di esser ritirate di tempo in tem-po verso i principii loro; esser parato a farlo,come padre comune di tutti i fedeli in tutto quan-to e la religione richiedesse, e la dignità, ed i di-ritti della santa sede tollerassero; ma da lui solodover venire, come da fonte comune, ed in virtùdella pienezza della potestà apostolica, le riforme;venir da altri, non poter essere senza scandalo, nèsenza offesa della dignità, e delle prerogative delvicario di Cristo; in età già grave aver lasciato lasede apostolica sua, corso un tratto immenso distrada, valicati aspri monti, venuto in paese tantostrano a lui, a ciò spinto da quel divino spirito,che non inganna, per rimuovere ogni intermediapersona, per ammonirlo a bocca lui medesimo deipericoli che sovrastavano, e per farlo avvertito,che una è la chiesa di Cristo, uno il governo di

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Ricordassesi di Carlo V, suo glorioso antenato,costretto a fuggirsene in fretta da Inspruck, cac-ciato da quei protestanti medesimi, a cui pur trop-po grandi favori aveva compartito; seguitasse levestigia dell'augusta sua madre, e di tanti altri an-tecessori del suo stesso sangue famosi al mondoper le cose grandi fatte sì in pace che in guerra,ma più famosi ancora per la pietà loro e per la di -vozione verso la santa sede; lasciasse dall'un de'lati queste subdole opinioni, questi pericolosi fat-ti, tornasse al grembo suo, ch'ei l'avrebbe accoltoed abbracciato, quale amorosissimo padre acco-glie ed abbraccia un amatissimo figliuolo; sapersilui, le cose umane trascorrere di secolo in secolo,ed aver bisogno di esser ritirate di tempo in tem-po verso i principii loro; esser parato a farlo,come padre comune di tutti i fedeli in tutto quan-to e la religione richiedesse, e la dignità, ed i di-ritti della santa sede tollerassero; ma da lui solodover venire, come da fonte comune, ed in virtùdella pienezza della potestà apostolica, le riforme;venir da altri, non poter essere senza scandalo, nèsenza offesa della dignità, e delle prerogative delvicario di Cristo; in età già grave aver lasciato lasede apostolica sua, corso un tratto immenso distrada, valicati aspri monti, venuto in paese tantostrano a lui, a ciò spinto da quel divino spirito,che non inganna, per rimuovere ogni intermediapersona, per ammonirlo a bocca lui medesimo deipericoli che sovrastavano, e per farlo avvertito,che una è la chiesa di Cristo, uno il governo di

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lei, ed uno il suo pastore, dal quale solo gli altriderivano l'autorità loro; non sopportasse, che tan-ta fatica, che sì solenne viaggio, che esortazionitanto paterne, che sì grande aspettazione dei buo-ni, in affare di tanto momento, fossero indarno».

Tutte queste cose gravi in se stesse, e porte altresì congrandissima gravità dal pontefice, non poterono svolge-re Cesare dalle prese deliberazioni. Tornossene Pio aRoma tanto più dolente, quanto più vicino alla sua sedestessa vedeva sorgere la tempesta, cui voleva stornare.Era stato assunto nel 1765 al trono di Toscana il granduca Leopoldo. Questo principe, il quale non si potràmai tanto lodare, che non meriti molto più, mostròquanto possa per la felicità dei popoli una mente sanacongiunta con un animo buono, e tutto volto a gratifica-re all'umanità. Solone fece un governo popolare, e torbi-do, Licurgo un governo popolare, e ruvido, Romolo ungoverno soldatesco, e conquistatore; fece Leopoldo ungoverno quieto, dolce, e pacifico, tanto più da lodarsidell'aver concesso molto, quanto più poteva serbar tutto.E se anche si vorrà accagionare il gran duca di aver datooccasione co' suoi nuovi ordinamenti alla rivoluzioneFrancese, come odo che si dice, io non so se sia più dadeplorarsi la cecità di certuni, o l'infelicità dei principi,più soggetti sempre ad esser adulati quando fan male,che lodati quando fan bene.Erano prima di Leopoldo le leggi di Toscana parziali,intricate, incommode, improvvide, siccome quelle che

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lei, ed uno il suo pastore, dal quale solo gli altriderivano l'autorità loro; non sopportasse, che tan-ta fatica, che sì solenne viaggio, che esortazionitanto paterne, che sì grande aspettazione dei buo-ni, in affare di tanto momento, fossero indarno».

Tutte queste cose gravi in se stesse, e porte altresì congrandissima gravità dal pontefice, non poterono svolge-re Cesare dalle prese deliberazioni. Tornossene Pio aRoma tanto più dolente, quanto più vicino alla sua sedestessa vedeva sorgere la tempesta, cui voleva stornare.Era stato assunto nel 1765 al trono di Toscana il granduca Leopoldo. Questo principe, il quale non si potràmai tanto lodare, che non meriti molto più, mostròquanto possa per la felicità dei popoli una mente sanacongiunta con un animo buono, e tutto volto a gratifica-re all'umanità. Solone fece un governo popolare, e torbi-do, Licurgo un governo popolare, e ruvido, Romolo ungoverno soldatesco, e conquistatore; fece Leopoldo ungoverno quieto, dolce, e pacifico, tanto più da lodarsidell'aver concesso molto, quanto più poteva serbar tutto.E se anche si vorrà accagionare il gran duca di aver datooccasione co' suoi nuovi ordinamenti alla rivoluzioneFrancese, come odo che si dice, io non so se sia più dadeplorarsi la cecità di certuni, o l'infelicità dei principi,più soggetti sempre ad esser adulati quando fan male,che lodati quando fan bene.Erano prima di Leopoldo le leggi di Toscana parziali,intricate, incommode, improvvide, siccome quelle che

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parte erano state fatte ai tempi della repubblica di Firen-ze, tumultuaria sempre e piena di umori di parti, e partefatte dopo, ma non consonanti con le antiche, le qualituttavia sussistevano. Altre ancora erano per Firenze, al-tre pel contado, queste per Pisa, quelle per Siena, poche,o nissune generali. Sorgevano incertezze di foro, conte-se di giurisdizione, lunghezze d'affari, un tacersi peristracchezza dei poveri, un procrastinare a posta dei ric-chi, ingiustizie facili, ruine di famiglie, rancori inevita-bili. Erano altresì leggi criminali crudeli, o insufficienti,un commercio male favorito, un'agricoltura non curata,un suolo pestilenziale, possessioni mal sicure, colonipoveri, debito pubblico grave, dazii onerosissimi.A tutto pose rimedio il buon Leopoldo. Annullò i magi-strati o superflui, o poco proficui, o privilegiati, e traquesti quello delle regalìe, togliendo in tal modo qua-lunque prerogativa, che sottraesse ai tribunali ordinariiquelle cause, che percuotevano l'interesse della corona.Esentò i comuni dai fori privilegiati; gli rendè liberi nelgoverno dei loro beni, diè loro facoltà non solamente diesaminare, ma ancora di giudicare dell'opportunità dellepubbliche gravezze, per modo che il corpo loro venne aformare nel gran-ducato a certi determinati effetti unarappresentanza nazionale. Condonati, oltre a ciò, dei de-biti verso l'erario, e soddisfatti dei crediti, sorsero agrande prosperità; crebbela ancor più il miglioramentodel catasto.Soppressi adunque i privilegii individui, ed i fori privi-

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parte erano state fatte ai tempi della repubblica di Firen-ze, tumultuaria sempre e piena di umori di parti, e partefatte dopo, ma non consonanti con le antiche, le qualituttavia sussistevano. Altre ancora erano per Firenze, al-tre pel contado, queste per Pisa, quelle per Siena, poche,o nissune generali. Sorgevano incertezze di foro, conte-se di giurisdizione, lunghezze d'affari, un tacersi peristracchezza dei poveri, un procrastinare a posta dei ric-chi, ingiustizie facili, ruine di famiglie, rancori inevita-bili. Erano altresì leggi criminali crudeli, o insufficienti,un commercio male favorito, un'agricoltura non curata,un suolo pestilenziale, possessioni mal sicure, colonipoveri, debito pubblico grave, dazii onerosissimi.A tutto pose rimedio il buon Leopoldo. Annullò i magi-strati o superflui, o poco proficui, o privilegiati, e traquesti quello delle regalìe, togliendo in tal modo qua-lunque prerogativa, che sottraesse ai tribunali ordinariiquelle cause, che percuotevano l'interesse della corona.Esentò i comuni dai fori privilegiati; gli rendè liberi nelgoverno dei loro beni, diè loro facoltà non solamente diesaminare, ma ancora di giudicare dell'opportunità dellepubbliche gravezze, per modo che il corpo loro venne aformare nel gran-ducato a certi determinati effetti unarappresentanza nazionale. Condonati, oltre a ciò, dei de-biti verso l'erario, e soddisfatti dei crediti, sorsero agrande prosperità; crebbela ancor più il miglioramentodel catasto.Soppressi adunque i privilegii individui, ed i fori privi-

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legiati, corpi e persone acquistarono equalità di dirittiquanto alla giustizia. Tali furono gli ordini civili intro-dotti da Leopoldo. Circa i criminali, annullò altresì ogniimmunità e parzialità di foro; abolì la pena di morte,abolì la tortura, il crimen-lese, la confisca dei beni, ilgiuramento de' rei; statuì, le querele doversi dare performale instanza, e dovere stare il querelante per la veri-tà dell'accusa; restituissersi i contumaci all'integrità del-le difese; del ritratto delle multe e pene pecuniarie, cosadegna di grandissima lode, si formasse un deposito se-parato a beneficio e sollievo di quegli innocenti, che ilnecessario e libero corso della giustizia sottopone tal-volta alle molestie di un processo, ed anche del carcere,non meno che per soccorrere i danneggiati per delitti al-trui; il che fondò, cosa maravigliosa, un fisco, che davain vece di torre; le pene stabilì proporzionate al delitto.Nè contento a questo, diè carico di scrivere un novellocodice toscano all'auditor di Ruota Vernaccini, ed alconsiglier Ciani, uomini, l'uno e l'altro i quali non solovolevano e sapevano, ma ancora credevano potersi farbene e utilmente in queste faccende delle leggi, il chenon si dice senza ragione a questi nostri dì, in cui da al-cuni vorrebbesi insegnare, che la miglior legislazioneche sia, è quella dei tempi barbari.Fu l'effetto conforme alle pie intenzioni; poichè fu inToscana una vita felicissima dopo le novità di Leopoldo;i costumi non solo buoni, ma gentili, i delitti rarissimi,nè sì tosto commessi che puniti; le prigioni vuote, ogni

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legiati, corpi e persone acquistarono equalità di dirittiquanto alla giustizia. Tali furono gli ordini civili intro-dotti da Leopoldo. Circa i criminali, annullò altresì ogniimmunità e parzialità di foro; abolì la pena di morte,abolì la tortura, il crimen-lese, la confisca dei beni, ilgiuramento de' rei; statuì, le querele doversi dare performale instanza, e dovere stare il querelante per la veri-tà dell'accusa; restituissersi i contumaci all'integrità del-le difese; del ritratto delle multe e pene pecuniarie, cosadegna di grandissima lode, si formasse un deposito se-parato a beneficio e sollievo di quegli innocenti, che ilnecessario e libero corso della giustizia sottopone tal-volta alle molestie di un processo, ed anche del carcere,non meno che per soccorrere i danneggiati per delitti al-trui; il che fondò, cosa maravigliosa, un fisco, che davain vece di torre; le pene stabilì proporzionate al delitto.Nè contento a questo, diè carico di scrivere un novellocodice toscano all'auditor di Ruota Vernaccini, ed alconsiglier Ciani, uomini, l'uno e l'altro i quali non solovolevano e sapevano, ma ancora credevano potersi farbene e utilmente in queste faccende delle leggi, il chenon si dice senza ragione a questi nostri dì, in cui da al-cuni vorrebbesi insegnare, che la miglior legislazioneche sia, è quella dei tempi barbari.Fu l'effetto conforme alle pie intenzioni; poichè fu inToscana una vita felicissima dopo le novità di Leopoldo;i costumi non solo buoni, ma gentili, i delitti rarissimi,nè sì tosto commessi che puniti; le prigioni vuote, ogni

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cosa in fiore. Così questa provincia, che già aveva datoal mondo tanti buoni esempii, venuta in potestà di unprincipe umanissimo, diè ancor quello di un corpo dileggi temperato di modo, che nè il governo maggior si-curezza, nè i popoli potevano maggior felicità desidera-re.A questo medesimo fine contribuirono non poco i nuoviordini di Leopoldo rispetto all'agricoltura, ed al com-mercio. Rendè i coloni liberi dalle vessazioni, le terredalle servitù; moderò la facoltà d'instituir fide-commis-si, riunì la facoltà del pascolo al dominio, onde fu di-strutta l'antica legge del pascolo pubblico, per cui veni-va impedito ai possessori ed ai coloni il cingere di stabi-li difese i terreni, e costretti erano a lasciargli in preda albestiame inselvatichito, con grandissimo guasto delle ri-colte. Nacquero da questa provvisione effetti notabilissi-mi, che e le ricolte si migliorarono, ed i bestiami s'addo-mesticarono.Considerato poi quanto gli appalti generali dei dazii fos-sero molesti ai popoli, e gravi ai governi buoni, Leopol-do gli abolì. Molte privative ancora furono tolte, quelladella vendita dei tabacchi, dell'acquavite, e del ferro: atutti si diè facoltà di cavar miniere; le gabelle sui con-tratti, e la regalìa della carta bollata si moderarono. Sa-pevasi Leopoldo, che tutte queste riforme avrebbero di-minuito l'entrate dell'erario. Pure non se ne rimase, mo-vendolo il ben pubblico più che il vantaggio del fisco.Ciò non ostante assai meno diminuirono, che si era cre-

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cosa in fiore. Così questa provincia, che già aveva datoal mondo tanti buoni esempii, venuta in potestà di unprincipe umanissimo, diè ancor quello di un corpo dileggi temperato di modo, che nè il governo maggior si-curezza, nè i popoli potevano maggior felicità desidera-re.A questo medesimo fine contribuirono non poco i nuoviordini di Leopoldo rispetto all'agricoltura, ed al com-mercio. Rendè i coloni liberi dalle vessazioni, le terredalle servitù; moderò la facoltà d'instituir fide-commis-si, riunì la facoltà del pascolo al dominio, onde fu di-strutta l'antica legge del pascolo pubblico, per cui veni-va impedito ai possessori ed ai coloni il cingere di stabi-li difese i terreni, e costretti erano a lasciargli in preda albestiame inselvatichito, con grandissimo guasto delle ri-colte. Nacquero da questa provvisione effetti notabilissi-mi, che e le ricolte si migliorarono, ed i bestiami s'addo-mesticarono.Considerato poi quanto gli appalti generali dei dazii fos-sero molesti ai popoli, e gravi ai governi buoni, Leopol-do gli abolì. Molte privative ancora furono tolte, quelladella vendita dei tabacchi, dell'acquavite, e del ferro: atutti si diè facoltà di cavar miniere; le gabelle sui con-tratti, e la regalìa della carta bollata si moderarono. Sa-pevasi Leopoldo, che tutte queste riforme avrebbero di-minuito l'entrate dell'erario. Pure non se ne rimase, mo-vendolo il ben pubblico più che il vantaggio del fisco.Ciò non ostante assai meno diminuirono, che si era cre-

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duto: perchè la prosperità del paese, e la più attiva circo-lazione dei generi, che ne risultarono, supplirono in granparte a quello che si perdeva. Mirabile argomento, chela prosperità dei popoli prodotta dalla libertà, non la gra-vezza delle imposte, è la miglior fonte che sia della ric-chezza dell'erario.S'aggiunsero le dogane interne soppresse, nuove stradeaperte, canali scavati, porti, e lazzaretti o nuovi, o risto-rati, fatto sicuro a Livorno agli esteri l'esercizio della re-ligione, aboliti i corpi delle arti e le matricole, surrogatiagl'impedimenti premii, facilità, ed esenzioni, massimein beneficio delle arti della seteria e del lanificio, partiessenzialissime del commercio di Toscana. La libertàdelle tratte, mediante un modico dazio rispetto alle sete,tanto operò, che se il provento loro in Toscana montònel 1780 solamente a libbre 163,178, montò nel 1789 aben 300,000.Ma per parlar di nuovo del governo delle terre, non soloLeopoldo lo migliorò d'assai, migliorando la condizionedei coloni, ma rendè ancora coltivabili quelle che per in-felicità di suolo si trovavano incolte. Così la val di Chia-na, così quella di Nievole, ricche ed ubertose terre; cosìla gran parte il capitanato di Pietrasanta, e le frontieredel littorale livornese e pisano, usando secondo i luoghiappositamente tagli, colmate, argini, canali, furono peropera sua liberate dall'acque, ridotte a sanità, e restituitealla coltivazione. Ma opera di molto maggior momento,e di quasi insuperabile difficoltà, fu il prosciugamento

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duto: perchè la prosperità del paese, e la più attiva circo-lazione dei generi, che ne risultarono, supplirono in granparte a quello che si perdeva. Mirabile argomento, chela prosperità dei popoli prodotta dalla libertà, non la gra-vezza delle imposte, è la miglior fonte che sia della ric-chezza dell'erario.S'aggiunsero le dogane interne soppresse, nuove stradeaperte, canali scavati, porti, e lazzaretti o nuovi, o risto-rati, fatto sicuro a Livorno agli esteri l'esercizio della re-ligione, aboliti i corpi delle arti e le matricole, surrogatiagl'impedimenti premii, facilità, ed esenzioni, massimein beneficio delle arti della seteria e del lanificio, partiessenzialissime del commercio di Toscana. La libertàdelle tratte, mediante un modico dazio rispetto alle sete,tanto operò, che se il provento loro in Toscana montònel 1780 solamente a libbre 163,178, montò nel 1789 aben 300,000.Ma per parlar di nuovo del governo delle terre, non soloLeopoldo lo migliorò d'assai, migliorando la condizionedei coloni, ma rendè ancora coltivabili quelle che per in-felicità di suolo si trovavano incolte. Così la val di Chia-na, così quella di Nievole, ricche ed ubertose terre; cosìla gran parte il capitanato di Pietrasanta, e le frontieredel littorale livornese e pisano, usando secondo i luoghiappositamente tagli, colmate, argini, canali, furono peropera sua liberate dall'acque, ridotte a sanità, e restituitealla coltivazione. Ma opera di molto maggior momento,e di quasi insuperabile difficoltà, fu il prosciugamento

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delle maremme sanesi a tal termine condotto, che si ave-va speranza di totale perfezione. Sono le maremme sa-nesi un vastissimo padule, che dai confini della provin-cia di Pisa fino a quelli dello stato ecclesiastico si di-stende, lungo il mare, lo spazio di circa settanta miglia,e per larghezza dentro le terre da cinque o sei, fino aquindici o diciotto. La pianura di Grosseto è la parte piùconsiderabile di queste maremme. Sono in questi luoghii terreni non sommersi tanto fecondi, quanto l'aria vi èinfame, e pestilenziale.Sotto Ferdinando primo de' Medici erasi già in parteconseguito l'intento, e parecchi paduli a stato coltivabileridotti. Trascurate poi le opere da' suoi successori, ritor-narono le terre e l'aria a peggior condizione di prima.Ma non così tosto fu assunto Leopoldo, che pensò allemaremme. Mandovvi il padre Ximenes, mandovvi Fer-roni e Fantoni, matematici di chiaro nome, e dell'idrauli-ca intendentissimi. Già la pianura di Grosseto, già illago, o per meglio dire, la palude di Castiglione, ambe-due parti principalissime delle maremme, eransi ridottea stato tollerabile. Speravasi meglio, anzi il finale inten-to: usavansi le colmate per le acque dell'Ombrone, e del-la Bruna, introdotte ai tempi delle torbe; usavansi canali,e cateratte in più opportuni siti trasportate.Oltre a ciò Leopoldo, mosso dal pensiero che le popola-zioni scarse fanno l'aria insalubre, le abbondanti sana,allettò con premii ed esenzioni tanto i paesani, quanto iforestieri, principalmente gli abitatori dell'agro romano,

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delle maremme sanesi a tal termine condotto, che si ave-va speranza di totale perfezione. Sono le maremme sa-nesi un vastissimo padule, che dai confini della provin-cia di Pisa fino a quelli dello stato ecclesiastico si di-stende, lungo il mare, lo spazio di circa settanta miglia,e per larghezza dentro le terre da cinque o sei, fino aquindici o diciotto. La pianura di Grosseto è la parte piùconsiderabile di queste maremme. Sono in questi luoghii terreni non sommersi tanto fecondi, quanto l'aria vi èinfame, e pestilenziale.Sotto Ferdinando primo de' Medici erasi già in parteconseguito l'intento, e parecchi paduli a stato coltivabileridotti. Trascurate poi le opere da' suoi successori, ritor-narono le terre e l'aria a peggior condizione di prima.Ma non così tosto fu assunto Leopoldo, che pensò allemaremme. Mandovvi il padre Ximenes, mandovvi Fer-roni e Fantoni, matematici di chiaro nome, e dell'idrauli-ca intendentissimi. Già la pianura di Grosseto, già illago, o per meglio dire, la palude di Castiglione, ambe-due parti principalissime delle maremme, eransi ridottea stato tollerabile. Speravasi meglio, anzi il finale inten-to: usavansi le colmate per le acque dell'Ombrone, e del-la Bruna, introdotte ai tempi delle torbe; usavansi canali,e cateratte in più opportuni siti trasportate.Oltre a ciò Leopoldo, mosso dal pensiero che le popola-zioni scarse fanno l'aria insalubre, le abbondanti sana,allettò con premii ed esenzioni tanto i paesani, quanto iforestieri, principalmente gli abitatori dell'agro romano,

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a fermar la sede loro nella maremma. Pagassesi dall'era-rio il quarto del prezzo delle nuove case ai fondatori;dessersi terre o gratuitamente, od a basso prezzo, od acarico di livelli, od in enfiteusi; dessesi anco denaro apresto, e sicuro asilo a chi vi si venisse a ricoverare. Perquesto e crebbe la popolazione, ed i terreni si coltivaro-no, e l'aria risanò. Peggiorarono poi le opere per le diffi-coltà dei tempi. Pure rimangono, e forse ancora lungotempo rimarranno nelle maremme sanesi i vestigi dellagenerosità di Leopoldo.Nè minor lode meritano gli ordinamenti di questo giustoe magnanimo principe circa il debito dello stato. Più ditre mila luoghi di monte furono cancellati, restituiti i ca-pitali ai creditori col ritratto dei beni venduti spettanti aregie e pubbliche aziende, impiegando a questo uso an-che i capitali provenienti dalla dote e contraddote dellaregina sua moglie, ed altri constituenti parte del patri-monio suo privato. In tal modo si spense in gran parte ildebito, che tanto gravava l'erario: così mentre in altriluoghi d'Italia il debito dello stato montava continua-mente, non per altro fine che per crear soldatesche, inToscana per opera di Leopoldo il debito medesimo siestingueva per fondarvi un governo dolce, quieto per se,sicuro pei vicini.Nè per questo tralasciavansi provvedimenti di utilità odi ornamento; perciocchè nel tempo medesimo sorgeva-no scuole per ogni ceto, conservatorii, case di rifugio edi ricovero, ospizi ed ospedali: gli studi di Pisa e di Sie-

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a fermar la sede loro nella maremma. Pagassesi dall'era-rio il quarto del prezzo delle nuove case ai fondatori;dessersi terre o gratuitamente, od a basso prezzo, od acarico di livelli, od in enfiteusi; dessesi anco denaro apresto, e sicuro asilo a chi vi si venisse a ricoverare. Perquesto e crebbe la popolazione, ed i terreni si coltivaro-no, e l'aria risanò. Peggiorarono poi le opere per le diffi-coltà dei tempi. Pure rimangono, e forse ancora lungotempo rimarranno nelle maremme sanesi i vestigi dellagenerosità di Leopoldo.Nè minor lode meritano gli ordinamenti di questo giustoe magnanimo principe circa il debito dello stato. Più ditre mila luoghi di monte furono cancellati, restituiti i ca-pitali ai creditori col ritratto dei beni venduti spettanti aregie e pubbliche aziende, impiegando a questo uso an-che i capitali provenienti dalla dote e contraddote dellaregina sua moglie, ed altri constituenti parte del patri-monio suo privato. In tal modo si spense in gran parte ildebito, che tanto gravava l'erario: così mentre in altriluoghi d'Italia il debito dello stato montava continua-mente, non per altro fine che per crear soldatesche, inToscana per opera di Leopoldo il debito medesimo siestingueva per fondarvi un governo dolce, quieto per se,sicuro pei vicini.Nè per questo tralasciavansi provvedimenti di utilità odi ornamento; perciocchè nel tempo medesimo sorgeva-no scuole per ogni ceto, conservatorii, case di rifugio edi ricovero, ospizi ed ospedali: gli studi di Pisa e di Sie-

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na meglio s'ordinavano: nuovi palazzi fondavansi, gliantichi s'abbellivano, nuovi passeggi si aprivano, le li-brerìe s'arricchivano, il gabinetto di fisica s'accresceva,ed un orto botanico si piantava.Tra mezzo a tutto questo il principe, siccome quello chegiusto era e sincero, non volle starsene oscuro. E peròfe' pubblicare la dimostrazione per entrata e per uscitadelle rendite dello stato dal 1765 fino al 1789. In questoquasi specchio dell'economia di Toscana vedonsi ed i ri-sparmi fatti, e le imposizioni moderate, ed il denaroconvertito in cause pietose di sollievo, o d'ornamentopubblico.Sonmi io fermato lungo spazio nel parlare della sapien-za civile di Leopoldo, perchè a ciò fare m'invitava ilgrandissimo diletto ch'io ne prendeva, e perchè pur trop-po il filo della mia storia guiderammi a favellare di casidi gran lunga da questi dissomiglianti; nè credo, che chimi leggerà, se fia d'animo benigno, m'accagionerà di es-sermene andato per le lunghezze, o di essermi dimoratoalquanto in questa dolcezza; poichè dolcezze tali sonrare per gli storici, in tanta infelicità dell'umana condi-zione.Ma è tempo oramai ch'io venga a discorrere delle rifor-me fatte in Toscana da Leopoldo nell'ecclesiastiche di-scipline, materia di tanta gravità, e che destò tanto gridoe tanta aspettazione d'uomini sì in Italia, che fuori diessa. Gli antichi Toscani più propensi a dar ricchezze ai

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na meglio s'ordinavano: nuovi palazzi fondavansi, gliantichi s'abbellivano, nuovi passeggi si aprivano, le li-brerìe s'arricchivano, il gabinetto di fisica s'accresceva,ed un orto botanico si piantava.Tra mezzo a tutto questo il principe, siccome quello chegiusto era e sincero, non volle starsene oscuro. E peròfe' pubblicare la dimostrazione per entrata e per uscitadelle rendite dello stato dal 1765 fino al 1789. In questoquasi specchio dell'economia di Toscana vedonsi ed i ri-sparmi fatti, e le imposizioni moderate, ed il denaroconvertito in cause pietose di sollievo, o d'ornamentopubblico.Sonmi io fermato lungo spazio nel parlare della sapien-za civile di Leopoldo, perchè a ciò fare m'invitava ilgrandissimo diletto ch'io ne prendeva, e perchè pur trop-po il filo della mia storia guiderammi a favellare di casidi gran lunga da questi dissomiglianti; nè credo, che chimi leggerà, se fia d'animo benigno, m'accagionerà di es-sermene andato per le lunghezze, o di essermi dimoratoalquanto in questa dolcezza; poichè dolcezze tali sonrare per gli storici, in tanta infelicità dell'umana condi-zione.Ma è tempo oramai ch'io venga a discorrere delle rifor-me fatte in Toscana da Leopoldo nell'ecclesiastiche di-scipline, materia di tanta gravità, e che destò tanto gridoe tanta aspettazione d'uomini sì in Italia, che fuori diessa. Gli antichi Toscani più propensi a dar ricchezze ai

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conventi che alle parrocchie, lasciarono quelli ricchi,queste povere. Le massime larghe dei gesuiti, e la con-stituzione unigenitus erano state accettate senza opposi-zione alcuna in Toscana. Ma quando fu assunto al ve-scovato di Pistoia l'Ippoliti, i libri degli scrittori diPorto-Reale incominciarono ad andar per le mani degliecclesiastici. Arnauld, Nicole, Dughet, Gourlin,Quesnel, diventarono i libri favoriti dei preti. Questa in-clinazione verso la scuola di Porto-Reale moltos'accrebbe, quando Scipion Ricci successe all'Ippolitinella sede vescovile di Pistoia. Se ne compiacque Leo-poldo, e convocò nel 1787 un'assemblea dei vescovi diToscana, proponendo loro cinquanta sette punti, tutti re-lativi alla riforma dell'ecclesiastica disciplina. Moltis'accordarono, altri si modificarono, alcuni si serbaronoa tempi migliori.Il principe, avuto il parere di prelati venerabili per dot-trina e per integrità di costumi, procedè più francamentealle riforme. Stabilì, le parrocchie dessersi a concorso,s'aumentassero i redditi loro, veruna tassa più non pa-gassero ai vescovi forestieri, annullassersi le pensioni diqualunque sorte sopra i benefizi curati, permutassesi ladestinazione dei fondi vincolati ad usi religiosi, e indif-ferenti, o poco utili, ed il provento di tali capitali in au-mento delle scarse congrue dei parochi più bisognosis'impiegasse; con questo, ed in compenso di tali conces-sioni, i rettori delle cure dall'esazione delle decime, e daaltri emolumenti di stola desistessero; i parochi alla resi-

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conventi che alle parrocchie, lasciarono quelli ricchi,queste povere. Le massime larghe dei gesuiti, e la con-stituzione unigenitus erano state accettate senza opposi-zione alcuna in Toscana. Ma quando fu assunto al ve-scovato di Pistoia l'Ippoliti, i libri degli scrittori diPorto-Reale incominciarono ad andar per le mani degliecclesiastici. Arnauld, Nicole, Dughet, Gourlin,Quesnel, diventarono i libri favoriti dei preti. Questa in-clinazione verso la scuola di Porto-Reale moltos'accrebbe, quando Scipion Ricci successe all'Ippolitinella sede vescovile di Pistoia. Se ne compiacque Leo-poldo, e convocò nel 1787 un'assemblea dei vescovi diToscana, proponendo loro cinquanta sette punti, tutti re-lativi alla riforma dell'ecclesiastica disciplina. Moltis'accordarono, altri si modificarono, alcuni si serbaronoa tempi migliori.Il principe, avuto il parere di prelati venerabili per dot-trina e per integrità di costumi, procedè più francamentealle riforme. Stabilì, le parrocchie dessersi a concorso,s'aumentassero i redditi loro, veruna tassa più non pa-gassero ai vescovi forestieri, annullassersi le pensioni diqualunque sorte sopra i benefizi curati, permutassesi ladestinazione dei fondi vincolati ad usi religiosi, e indif-ferenti, o poco utili, ed il provento di tali capitali in au-mento delle scarse congrue dei parochi più bisognosis'impiegasse; con questo, ed in compenso di tali conces-sioni, i rettori delle cure dall'esazione delle decime, e daaltri emolumenti di stola desistessero; i parochi alla resi-

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denza obbligati fossero; niuno più di un benefizio goderpotesse, ancorchè semplice, massimamente se residen-ziale fosse; tutti i sacerdoti che benefizio residenzialeavessero, fossero alla chiesa, ov'era fondato, incardinati,e tutti i sacerdoti semplici, alla chiesa parrocchiale, doveabitassero, e ciò con dipendenza dal paroco, ed obbligodi aiutarlo nel pio suo uffizio; i benefizi tanto di colla-zione ecclesiastica, quanto di nomina regia, a chi servitoavesse od attualmente servisse la chiesa, solo ed unica-mente si conferissero; i regolari ed i canonici dal parocodipendessero, e ad aiutarlo in tutto che abbisognasse ob-bligati fossero; alla sussistenza degli ecclesiastici o po-veri, od infirmi provvedessesi; i romiti, salvo quelli cheutili fossero, abolissersi; tutte le compagnie, congrega-zioni, e confraternite sopprimessersi; a tutte sostituisser-si le sole compagnie di carità; le chiese, oratorii, refetto-rii, e stanze delle compagnie soppresse ai parochi gra-tuitamente si consegnassero; i religiosi regolari dal ve-scovo dipendessero; l'abito non vestissero prima dei die-ciott'anni, non professassero prima dei ventiquattro; lereligiose non prima dei venti vestissero, non prima deitrenta professassero; il tribunal del sant'officio s'annul-lasse; le censure di Roma, per quanto si risolvono inpene temporali, ed i monitorii di scomunica, senza il re-gio consenso non s'eseguissero, nè pubblicarsi, nè inti-marsi, nè attendersi nel foro esterno potessero; s'inten-desse abolito il privilegio degli ecclesiastici di tirar i lai-ci al foro loro, e nelle cause criminali in tutto e per tuttoai laici parificati fossero; le curie ecclesiastiche e delle

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denza obbligati fossero; niuno più di un benefizio goderpotesse, ancorchè semplice, massimamente se residen-ziale fosse; tutti i sacerdoti che benefizio residenzialeavessero, fossero alla chiesa, ov'era fondato, incardinati,e tutti i sacerdoti semplici, alla chiesa parrocchiale, doveabitassero, e ciò con dipendenza dal paroco, ed obbligodi aiutarlo nel pio suo uffizio; i benefizi tanto di colla-zione ecclesiastica, quanto di nomina regia, a chi servitoavesse od attualmente servisse la chiesa, solo ed unica-mente si conferissero; i regolari ed i canonici dal parocodipendessero, e ad aiutarlo in tutto che abbisognasse ob-bligati fossero; alla sussistenza degli ecclesiastici o po-veri, od infirmi provvedessesi; i romiti, salvo quelli cheutili fossero, abolissersi; tutte le compagnie, congrega-zioni, e confraternite sopprimessersi; a tutte sostituisser-si le sole compagnie di carità; le chiese, oratorii, refetto-rii, e stanze delle compagnie soppresse ai parochi gra-tuitamente si consegnassero; i religiosi regolari dal ve-scovo dipendessero; l'abito non vestissero prima dei die-ciott'anni, non professassero prima dei ventiquattro; lereligiose non prima dei venti vestissero, non prima deitrenta professassero; il tribunal del sant'officio s'annul-lasse; le censure di Roma, per quanto si risolvono inpene temporali, ed i monitorii di scomunica, senza il re-gio consenso non s'eseguissero, nè pubblicarsi, nè inti-marsi, nè attendersi nel foro esterno potessero; s'inten-desse abolito il privilegio degli ecclesiastici di tirar i lai-ci al foro loro, e nelle cause criminali in tutto e per tuttoai laici parificati fossero; le curie ecclesiastiche e delle

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cause meramente spirituali conoscessero, e pene pura-mente spirituali definissero; gli ordinarii ogni due anni ilsinodo diocesano, per conservare la purità della dottrinae la santità della disciplina, convocassero.Queste deliberazioni del principe toscano, ancorchè mo-lestissime alla corte di Roma, non toccavano però la so-stanza stessa di quell'autorità pontificia, che già da piùsecoli o tacitamente consentita, o espressamente ricono-sciuta dalla chiesa pretendono i papi aver piena ed intie-ra. Tengono i curialisti romani quest'opinione, che ilpapa sia solo vicario, e rappresentante di Cristo, e suoplenipotenziario; e che tutti gli altri vescovi del mondosiano vicari, non di Cristo, ma del pontefice romano, co-sicchè nella chiesa non vi sia veramente che un vescovosolo universale, che riceva da Cristo tutto il depositodell'autorità ecclesiastica da comunicarsi da lui con mi-sura a' suoi subalterni. Ma a quelle deliberazioni non sirimase Scipion Ricci, vescovo di Pistoia, che intentosempre a voler ritirare il governo della chiesa verso isuoi principii, aveva già opinato nell'assemblea dei ve-scovi di Toscana, acciò si ampliassero le facoltà, nonche dei vescovi, dei parochi, volendo, a foggia dell'anti-ca comunanza dei Cristiani, che gli uni e gli altri avesse-ro voce deliberativa nei sinodi diocesani. Statuì poi nelsuo sinodo, avere il vescovo ricevuto da Cristo imme-diatamente tutte le facoltà necessarie al buon governodella sua diocesi, nè potersi le facoltà medesime od alte-rare, od impedire, e poter sempre, e dovere un vescovo

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cause meramente spirituali conoscessero, e pene pura-mente spirituali definissero; gli ordinarii ogni due anni ilsinodo diocesano, per conservare la purità della dottrinae la santità della disciplina, convocassero.Queste deliberazioni del principe toscano, ancorchè mo-lestissime alla corte di Roma, non toccavano però la so-stanza stessa di quell'autorità pontificia, che già da piùsecoli o tacitamente consentita, o espressamente ricono-sciuta dalla chiesa pretendono i papi aver piena ed intie-ra. Tengono i curialisti romani quest'opinione, che ilpapa sia solo vicario, e rappresentante di Cristo, e suoplenipotenziario; e che tutti gli altri vescovi del mondosiano vicari, non di Cristo, ma del pontefice romano, co-sicchè nella chiesa non vi sia veramente che un vescovosolo universale, che riceva da Cristo tutto il depositodell'autorità ecclesiastica da comunicarsi da lui con mi-sura a' suoi subalterni. Ma a quelle deliberazioni non sirimase Scipion Ricci, vescovo di Pistoia, che intentosempre a voler ritirare il governo della chiesa verso isuoi principii, aveva già opinato nell'assemblea dei ve-scovi di Toscana, acciò si ampliassero le facoltà, nonche dei vescovi, dei parochi, volendo, a foggia dell'anti-ca comunanza dei Cristiani, che gli uni e gli altri avesse-ro voce deliberativa nei sinodi diocesani. Statuì poi nelsuo sinodo, avere il vescovo ricevuto da Cristo imme-diatamente tutte le facoltà necessarie al buon governodella sua diocesi, nè potersi le facoltà medesime od alte-rare, od impedire, e poter sempre, e dovere un vescovo

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nei suoi dritti originari ritornare, quando l'esercizio lorofu per qualsivoglia cagione interrotto, se il maggiorbene della sua chiesa il richiegga. Le quali proposizionifecero assai mal suono alle orecchie romane, per guisa,che Pio VI come erronee, ed anche come scismatiche,alcuni anni dopo, le condannò. Aggiunse il Ricci alcunealtre dottrine, che parvero e temerarie ed alla santa sedeingiuriose; essere una favola pelagiana il limbo dei fan-ciulli, un solo altare dover essere in chiesa secondo ilcostume antico; la liturgia ed esporsi in lingua volgare, ead alta voce recitarsi; il tesoro dell'indulgenze esser tro-vato scolastico, chimerica invenzione l'averlo voluto ap-plicar ai defunti; la convocazione del concilio nazionaleesser una delle vie canoniche per terminar le controver-sie circa la fede ed i costumi. In fine sommamente di-spiacque a Roma quella proposizione del sinodo pistoie-se, per la quale i quattro articoli statuiti dal clero gallica-no nell'assemblea del 1682 si approvarono, e questa par-ticolarmente Pio Sesto con una sua bolla tassò, e dannòcome temeraria, scandalosa, ed alla santa sede ingiurio-sa.Le dottrine del sinodo pistoiese levarono un gran rumo-re in Italia, massimamente quando furono condannate daRoma. Scritti senza numero vi si pubblicarono da perso-ne dottissime nella storia ecclesiastica, alcuni in favor diRoma, molti in favor di Pistoia, e fra Pistoia e Romapendeva sospesa la lite. Allegavasi dai papisti, incomin-ciare a por piede in Italia l'eresie di Lutero; dai difensori

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nei suoi dritti originari ritornare, quando l'esercizio lorofu per qualsivoglia cagione interrotto, se il maggiorbene della sua chiesa il richiegga. Le quali proposizionifecero assai mal suono alle orecchie romane, per guisa,che Pio VI come erronee, ed anche come scismatiche,alcuni anni dopo, le condannò. Aggiunse il Ricci alcunealtre dottrine, che parvero e temerarie ed alla santa sedeingiuriose; essere una favola pelagiana il limbo dei fan-ciulli, un solo altare dover essere in chiesa secondo ilcostume antico; la liturgia ed esporsi in lingua volgare, ead alta voce recitarsi; il tesoro dell'indulgenze esser tro-vato scolastico, chimerica invenzione l'averlo voluto ap-plicar ai defunti; la convocazione del concilio nazionaleesser una delle vie canoniche per terminar le controver-sie circa la fede ed i costumi. In fine sommamente di-spiacque a Roma quella proposizione del sinodo pistoie-se, per la quale i quattro articoli statuiti dal clero gallica-no nell'assemblea del 1682 si approvarono, e questa par-ticolarmente Pio Sesto con una sua bolla tassò, e dannòcome temeraria, scandalosa, ed alla santa sede ingiurio-sa.Le dottrine del sinodo pistoiese levarono un gran rumo-re in Italia, massimamente quando furono condannate daRoma. Scritti senza numero vi si pubblicarono da perso-ne dottissime nella storia ecclesiastica, alcuni in favor diRoma, molti in favor di Pistoia, e fra Pistoia e Romapendeva sospesa la lite. Allegavasi dai papisti, incomin-ciare a por piede in Italia l'eresie di Lutero; dai difensori

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del Ricci, un salutar freno incominciarsi a porre alla pre-potenza di Roma. Gli ultimi, tra perchè pretendevano aidiscorsi loro parole santissime di semplicità e di parsi-monia, e perchè inclinavano a favore dei più, e perchèfinalmente era divenuta intollerabile a tutti la potenzaeccessiva di Roma, molto s'avvantaggiavano sugli av-versari loro, ed andavano ogni dì maggior favore acqui-stando.Queste ferite tanto più addentro andavano a penetrarenel cuore del pontefice, quanto più nel regno stesso diNapoli le medesime, o poco dissomiglianti dottrine siprofessavano. Pareva a tutti, ed ai principi massimamen-te, che le dottrine, che in Toscana prevalevano, non solola disciplina trascorsa ristorassero, ma ancora la potenzatemporale alla libertà, ed alla debita indipendenza dairomani pontefici restituissero. Perlochè con piacere siabbracciavano, con celerità si propagavano, con caloresi difendevano. Ma nel regno delle due Sicilie erano al-cuni particolari motivi, per cui le medesime dottrine,che suonavano parole tanto gradite di libertà e d'indi-pendenza, fossero dal governo medesimo più volontero-samente ed accettate e difese. Prima però di favellare diqueste controversie, fia d'uopo raccontare qual fosse lostato del regno, e quali le opinioni e le affezioni che vipredominavano, rincrescendoci già fin d'ora, che princi-pii che spiravano umanità e beneficenza, siano stati poiseguitati, per la malvagità dei tempi, dalle più orribili, elagrimevoli tragedie, di cui ci abbiano gli storici traman-

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del Ricci, un salutar freno incominciarsi a porre alla pre-potenza di Roma. Gli ultimi, tra perchè pretendevano aidiscorsi loro parole santissime di semplicità e di parsi-monia, e perchè inclinavano a favore dei più, e perchèfinalmente era divenuta intollerabile a tutti la potenzaeccessiva di Roma, molto s'avvantaggiavano sugli av-versari loro, ed andavano ogni dì maggior favore acqui-stando.Queste ferite tanto più addentro andavano a penetrarenel cuore del pontefice, quanto più nel regno stesso diNapoli le medesime, o poco dissomiglianti dottrine siprofessavano. Pareva a tutti, ed ai principi massimamen-te, che le dottrine, che in Toscana prevalevano, non solola disciplina trascorsa ristorassero, ma ancora la potenzatemporale alla libertà, ed alla debita indipendenza dairomani pontefici restituissero. Perlochè con piacere siabbracciavano, con celerità si propagavano, con caloresi difendevano. Ma nel regno delle due Sicilie erano al-cuni particolari motivi, per cui le medesime dottrine,che suonavano parole tanto gradite di libertà e d'indi-pendenza, fossero dal governo medesimo più volontero-samente ed accettate e difese. Prima però di favellare diqueste controversie, fia d'uopo raccontare qual fosse lostato del regno, e quali le opinioni e le affezioni che vipredominavano, rincrescendoci già fin d'ora, che princi-pii che spiravano umanità e beneficenza, siano stati poiseguitati, per la malvagità dei tempi, dalle più orribili, elagrimevoli tragedie, di cui ci abbiano gli storici traman-

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dato la memoria. Tanto, o l'ardor del cielo, o l'atrocitàdelle ingiurie, o il desiderio immoderato della vendetta,o tutte queste cagioni unite insieme fanno trascorreresempre fino agli estremi le cose in quella parte d'Italia.Essendo il re Carlo di Borbone salito sul trono di Spa-gna nel 1750, cedè il regno delle due Sicilie a Ferdinan-do Quarto, suo figliuolo secondogenito, constituito allo-ra nella tenera età di nove anni. Creata prima di partirela reggenza, pose per moderatore della giovinezza delnuovo re il principe di S. Nicandro. Questi privo di ognisorte di lettere, non potendo insegnare altrui quello chenon sapeva egli medesimo, insegnò al regio alunno lapesca, la caccia, ed altri cotali esercizi di corpo. Di que-sti s'invaghì il giovane Ferdinando, che ne prese posciain tutti i tempi di sua vita grandissimo diletto. Ma creb-be poco instrutto di ciò che importa alla vita civile, ed algoverno degli stati. Pure amava chi sapeva, e di consi-gliarsi con loro. Piacque alla fortuna, qualche volta purefavorevole ai buoni, che a quei tempi avesse grandissi-ma introduzione e principal parte nei consigli napolitaniil marchese Tanucci, uomo dotto, di libera sentenza,mantenitor zelante delle prerogative reali, ed avversoalle immunità ecclesiastiche, massime in materie crimi-nali. Dava il re facile orecchio alle parole sue; però ilgoverno del regno procedeva con prudenza e con dol-cezza. Speravasi qualche moderazione alla tirannidefeudale, che in nissuna parte d'Italia erasi conservata piùgravosa, che in quel regno, principalmente nelle Cala-

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dato la memoria. Tanto, o l'ardor del cielo, o l'atrocitàdelle ingiurie, o il desiderio immoderato della vendetta,o tutte queste cagioni unite insieme fanno trascorreresempre fino agli estremi le cose in quella parte d'Italia.Essendo il re Carlo di Borbone salito sul trono di Spa-gna nel 1750, cedè il regno delle due Sicilie a Ferdinan-do Quarto, suo figliuolo secondogenito, constituito allo-ra nella tenera età di nove anni. Creata prima di partirela reggenza, pose per moderatore della giovinezza delnuovo re il principe di S. Nicandro. Questi privo di ognisorte di lettere, non potendo insegnare altrui quello chenon sapeva egli medesimo, insegnò al regio alunno lapesca, la caccia, ed altri cotali esercizi di corpo. Di que-sti s'invaghì il giovane Ferdinando, che ne prese posciain tutti i tempi di sua vita grandissimo diletto. Ma creb-be poco instrutto di ciò che importa alla vita civile, ed algoverno degli stati. Pure amava chi sapeva, e di consi-gliarsi con loro. Piacque alla fortuna, qualche volta purefavorevole ai buoni, che a quei tempi avesse grandissi-ma introduzione e principal parte nei consigli napolitaniil marchese Tanucci, uomo dotto, di libera sentenza,mantenitor zelante delle prerogative reali, ed avversoalle immunità ecclesiastiche, massime in materie crimi-nali. Dava il re facile orecchio alle parole sue; però ilgoverno del regno procedeva con prudenza e con dol-cezza. Speravasi qualche moderazione alla tirannidefeudale, che in nissuna parte d'Italia erasi conservata piùgravosa, che in quel regno, principalmente nelle Cala-

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brie. I baroni, possessori dei feudi, nemici egualmentedell'autorità regia e del popolo, quella disprezzavano,questo tiranneggiavano. Oltre i soliti bandi della caccia,della pesca, dei forni, dei mulini, essi nominavano i giu-dici delle terre, essi i governatori delle città; per loroerano le prime messi, per loro le prime vendemmie, perloro le prime ricolte degli oli, delle sete, e delle lane; perloro ancora i dazi d'entrata nelle terre, i pedaggi, le ga-belle, le decime, ed i servigi feudatarii. Insomma erano ipopoli vessati, l'erario povero, l'autorità regia manca. Sìfatte enormità, tanto discordanti dal secolo, non poteva-no nè sfuggire a Tanucci, nè piacere ad un re di facile ebuona natura. Però con apposite leggi furono moderate.Inoltre Tanucci chiamò i baroni alla corte; il che fu ca-gione che, raddolciti i costumi loro, diventarono più be-nigni verso i popoli.Quanto agli stati esteri, questo ministro, amico a tutti,pendeva per la Francia: ciò spiacque a Carolinad'Austria, fresca sposa di Ferdinando, donna d'animoimperioso ed aspro. Fu dimesso Tanucci, e surrogati insuo luogo, prima il marchese della Sambuca, poi Acton,uomini di natura consenziente a quella della regina; pre-valsero allora le parti d'Austria.Pure le salutari riforme si continuarono; parecchi privi-legi baronali furono aboliti, i pedaggi soppressi, migliorisperanze nascevano dell'avvenire. Gli animi si mostra-vano disposti. Aveva Filangeri filosofo pubblicato i suoiscritti, nei quali non saprei dire, se sia maggiore la forza

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brie. I baroni, possessori dei feudi, nemici egualmentedell'autorità regia e del popolo, quella disprezzavano,questo tiranneggiavano. Oltre i soliti bandi della caccia,della pesca, dei forni, dei mulini, essi nominavano i giu-dici delle terre, essi i governatori delle città; per loroerano le prime messi, per loro le prime vendemmie, perloro le prime ricolte degli oli, delle sete, e delle lane; perloro ancora i dazi d'entrata nelle terre, i pedaggi, le ga-belle, le decime, ed i servigi feudatarii. Insomma erano ipopoli vessati, l'erario povero, l'autorità regia manca. Sìfatte enormità, tanto discordanti dal secolo, non poteva-no nè sfuggire a Tanucci, nè piacere ad un re di facile ebuona natura. Però con apposite leggi furono moderate.Inoltre Tanucci chiamò i baroni alla corte; il che fu ca-gione che, raddolciti i costumi loro, diventarono più be-nigni verso i popoli.Quanto agli stati esteri, questo ministro, amico a tutti,pendeva per la Francia: ciò spiacque a Carolinad'Austria, fresca sposa di Ferdinando, donna d'animoimperioso ed aspro. Fu dimesso Tanucci, e surrogati insuo luogo, prima il marchese della Sambuca, poi Acton,uomini di natura consenziente a quella della regina; pre-valsero allora le parti d'Austria.Pure le salutari riforme si continuarono; parecchi privi-legi baronali furono aboliti, i pedaggi soppressi, migliorisperanze nascevano dell'avvenire. Gli animi si mostra-vano disposti. Aveva Filangeri filosofo pubblicato i suoiscritti, nei quali non saprei dire, se sia maggiore la forza

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dell'ingegno, o l'amore dell'umanità. Erano con incredi-bile avidità letti, e con grandissime lodi celebrati da tut-ti. Sorse allora universalmente un più acceso desideriodi veder lo stato ridotto a miglior forma. Volevasi una li-bertà civile più sicura, una libertà politica maggiore, unatolleranza religiosa più fondata. Nè a questa inclinazio-ne dei popoli contrastava il governo, non ancora inso-spettito dalla rivoluzione di Francia.Nel regno di Napoli specialmente più si desideravano leriforme, perchè più erano necessarie, e maggiori radiciavevano messe le generose dottrine, massime fra i legi-sti. Gran confusione ancora era nelle leggi: vivevanotuttavia quelle degli antichi Normanni, viveano quelledei Lombardi, nè le leggi dei due Federici, nè le arago-nesi, nè le angioine, nè le spagnuole, nè le austriacheerano del tutto dismesse. Quindi niun diritto in palese,nè niuna lite terminabile. La gravità del male faceva piùdesiderare il rimedio, principalmente negli ordini giudi-ziali, per le dette ragioni imperfettissimi.Ma queste cose meglio si conoscevano per dottrina cheper esperienza; desideravasi qualche saggio praticodell'utilità loro. Aveva il re, mentre viaggiava in Lom-bardia, visitato le cascine, per cui tanto sono celebrate lepianure del Parmigiano, e del Lodigiano. Piacquergliopere tali, ne fondò una a San Leucio, luogo poco di-stante da Caserta. La colonia cresceva. Gli amatori delleriforme tentarono Ferdinando dicendo, che, poichè erastato il fondatore di S. Leucio, fossene anche il legisla-

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dell'ingegno, o l'amore dell'umanità. Erano con incredi-bile avidità letti, e con grandissime lodi celebrati da tut-ti. Sorse allora universalmente un più acceso desideriodi veder lo stato ridotto a miglior forma. Volevasi una li-bertà civile più sicura, una libertà politica maggiore, unatolleranza religiosa più fondata. Nè a questa inclinazio-ne dei popoli contrastava il governo, non ancora inso-spettito dalla rivoluzione di Francia.Nel regno di Napoli specialmente più si desideravano leriforme, perchè più erano necessarie, e maggiori radiciavevano messe le generose dottrine, massime fra i legi-sti. Gran confusione ancora era nelle leggi: vivevanotuttavia quelle degli antichi Normanni, viveano quelledei Lombardi, nè le leggi dei due Federici, nè le arago-nesi, nè le angioine, nè le spagnuole, nè le austriacheerano del tutto dismesse. Quindi niun diritto in palese,nè niuna lite terminabile. La gravità del male faceva piùdesiderare il rimedio, principalmente negli ordini giudi-ziali, per le dette ragioni imperfettissimi.Ma queste cose meglio si conoscevano per dottrina cheper esperienza; desideravasi qualche saggio praticodell'utilità loro. Aveva il re, mentre viaggiava in Lom-bardia, visitato le cascine, per cui tanto sono celebrate lepianure del Parmigiano, e del Lodigiano. Piacquergliopere tali, ne fondò una a San Leucio, luogo poco di-stante da Caserta. La colonia cresceva. Gli amatori delleriforme tentarono Ferdinando dicendo, che, poichè erastato il fondatore di S. Leucio, fossene anche il legisla-

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tore; l'ottennero facilmente. Statuì il re delle leggi dellacolonia, per cui venne a crearsi nel regno uno stato indi-pendente, di cui solo capo era il re. Dichiarossi la colo-nia indipendente dalla giurisdizione ordinaria, e solosoggetta ai capi di famiglia, ed agli anziani di età; gliatti appartenenti alla vita civile, massime al matrimonio,reggevansi con forme, e regole speciali, ogni cosa inconformità delle dottrine di Filangieri. Con queste leggiparticolari prosperava dall'un canto continuamente lacolonia, dall'altro il re vieppiù se n'invaghiva, e veduto-ne il frutto in pratica, diventava ogni dì meno alieno daquei pensieri, che gli si volevano insinuare. Appoco ap-poco si distendevano nel popolo, ed il desiderio di nuoviordini andava crescendo, parendo ad ognuno, che quelloche per l'angustia del luogo era fino allora utile a pochi,sarebbe a tutti, se con la debita moderazione a tutti siestendesse.Questi consigli tanto più volentieri udiva Ferdinando,quanto più coloro che gliene porgevano, erano appunto ipiù zelanti difensori della autorità e dignità sua contro lacorte di Roma. Già s'era Tanucci dimostrato molto ope-rativo in questo negozio delle controversie romane. Giàper consiglio suo erasi soppresso il tribunale della nun-ziatura in Napoli, a cui erano chiamate in appello avantiil nunzio del papa tutte le cause, nelle quali qualche ec-clesiastico avesse interesse; fu anche troncato ogni ap-pello a Roma. Pareva in fatti abuso enorme, che un prin-cipe forestiero esercitasse giurisdizione, e rendesse giu-

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tore; l'ottennero facilmente. Statuì il re delle leggi dellacolonia, per cui venne a crearsi nel regno uno stato indi-pendente, di cui solo capo era il re. Dichiarossi la colo-nia indipendente dalla giurisdizione ordinaria, e solosoggetta ai capi di famiglia, ed agli anziani di età; gliatti appartenenti alla vita civile, massime al matrimonio,reggevansi con forme, e regole speciali, ogni cosa inconformità delle dottrine di Filangieri. Con queste leggiparticolari prosperava dall'un canto continuamente lacolonia, dall'altro il re vieppiù se n'invaghiva, e veduto-ne il frutto in pratica, diventava ogni dì meno alieno daquei pensieri, che gli si volevano insinuare. Appoco ap-poco si distendevano nel popolo, ed il desiderio di nuoviordini andava crescendo, parendo ad ognuno, che quelloche per l'angustia del luogo era fino allora utile a pochi,sarebbe a tutti, se con la debita moderazione a tutti siestendesse.Questi consigli tanto più volentieri udiva Ferdinando,quanto più coloro che gliene porgevano, erano appunto ipiù zelanti difensori della autorità e dignità sua contro lacorte di Roma. Già s'era Tanucci dimostrato molto ope-rativo in questo negozio delle controversie romane. Giàper consiglio suo erasi soppresso il tribunale della nun-ziatura in Napoli, a cui erano chiamate in appello avantiil nunzio del papa tutte le cause, nelle quali qualche ec-clesiastico avesse interesse; fu anche troncato ogni ap-pello a Roma. Pareva in fatti abuso enorme, che un prin-cipe forestiero esercitasse giurisdizione, e rendesse giu-

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Page 37: Carlo F. Traverso (ePub) - Liber Liber · siano da accagionarsi di viltà gli scrittori, che di rigore, o di ambizione i principi. Per la qual cosa io, che di maggior libertà nello

stizia negli stati di un altro principe. Era Tanucci statoanche autore, che la corona di Napoli, e non la santasede nelle vacanze dei benefizi nominasse i vescovi, gliabbati, e gli altri beneficiati, che la presentazione dellachinea il giorno di S. Pietro in una offerta di elemosinasi cangiasse, che il nuovo re non s'incoronasse per evitarcerte formalità, che si usavano fin dai tempi dei re Nor-manni, e che la sovranità romana sul regno indicavano.Per consiglio suo medesimamente si era diminuito il nu-mero dei religiosi mendicanti, e soppressa la società diGesù. Parlossi inoltre di rendere i frati indipendenti daigenerali loro residenti a Roma, e d'impiegar una partedei beni della chiesa per allestir un navilio sufficiente divascelli da guerra.Tutte queste novità non si potevano mandar ad esecuzio-ne senza grandissime querele dalla parte di Roma; infat-ti elle furono molte. Ma sorsero nel regno molti scrittoria difesa della libertà, e della indipendenza della corona.I fratelli Cestari risplendevano fra i primi; si accostò aloro l'arcivescovo di Taranto. Ma vivi soprattutto si di-mostrarono coloro, che desideravano un governo piùlargo, proponendosi in tal modo, e ad un tempo medesi-mo di difendere la dignità della corona, e di combatterele prerogative feudali. Ciò andava a' versi a Ferdinandograndemente sdegnato contro Roma; però ogni giornopiù si addomesticava con loro, e gli vedeva, e gli udivapiù volentieri. S'aggiunse, che Carlo di Marco, uno deiministri del re, uomo di non poca dottrina, dava lor fa-

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stizia negli stati di un altro principe. Era Tanucci statoanche autore, che la corona di Napoli, e non la santasede nelle vacanze dei benefizi nominasse i vescovi, gliabbati, e gli altri beneficiati, che la presentazione dellachinea il giorno di S. Pietro in una offerta di elemosinasi cangiasse, che il nuovo re non s'incoronasse per evitarcerte formalità, che si usavano fin dai tempi dei re Nor-manni, e che la sovranità romana sul regno indicavano.Per consiglio suo medesimamente si era diminuito il nu-mero dei religiosi mendicanti, e soppressa la società diGesù. Parlossi inoltre di rendere i frati indipendenti daigenerali loro residenti a Roma, e d'impiegar una partedei beni della chiesa per allestir un navilio sufficiente divascelli da guerra.Tutte queste novità non si potevano mandar ad esecuzio-ne senza grandissime querele dalla parte di Roma; infat-ti elle furono molte. Ma sorsero nel regno molti scrittoria difesa della libertà, e della indipendenza della corona.I fratelli Cestari risplendevano fra i primi; si accostò aloro l'arcivescovo di Taranto. Ma vivi soprattutto si di-mostrarono coloro, che desideravano un governo piùlargo, proponendosi in tal modo, e ad un tempo medesi-mo di difendere la dignità della corona, e di combatterele prerogative feudali. Ciò andava a' versi a Ferdinandograndemente sdegnato contro Roma; però ogni giornopiù si addomesticava con loro, e gli vedeva, e gli udivapiù volentieri. S'aggiunse, che Carlo di Marco, uno deiministri del re, uomo di non poca dottrina, dava lor fa-

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vore, per quanto spetta alle controversie con Roma.Tale era lo stato del regno di Napoli, in cui si vede che imedesimi tentativi si facevano, che nella Lombardia au-striaca ed in Toscana circa la disciplina ecclesiastica, macon maggior ardore a cagione delle controversie politi-che con Roma. Rispetto poi alle riforme nelle leggi civi-li, vi si era anche incominciato a por mano, ma con mi-nor efficacia, perchè Acton non se n'intendeva e ripu-gnava; la regina, che se n'intendeva, ripugnava ancoressa; ed il re occupato ne' suoi geniali diporti, amavameglio che altri facesse, che far da se. Da ciò nasceva,che gli umori non si sfogavano, ed il negato si appetivapiù avidamente.La Sicilia, parte tanto essenziale del regno di Napoli, sireggeva con leggi particolari. Da tempi antichissimiebbe un parlamento di tre camere dette Bracci, ch'eranogli ordini dello stato. Una chiamavasi Braccio militare,o baronale; in questo sedevano i signori, che avevano inproprietà loro popolazioni, almeno di trecento fuochi.L'altra intitolavasi Braccio ecclesiastico; entravano inquesto tre arcivescovi, sei vescovi e tutti gli abati, aiquali il re conceduto avesse abbazie. La terza avevanome Camera demaniale; era composta dai rappresen-tanti di quelle città che non appartenevano ai baroni, eche demaniali si chiamavano; cioè del dominio del re.Perciocchè due sorte di città avea la Sicilia, baronali, elibere. Le prime erano quelle che stavano soggette ad unbarone, le seconde quelle che dipendevano immediata-

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vore, per quanto spetta alle controversie con Roma.Tale era lo stato del regno di Napoli, in cui si vede che imedesimi tentativi si facevano, che nella Lombardia au-striaca ed in Toscana circa la disciplina ecclesiastica, macon maggior ardore a cagione delle controversie politi-che con Roma. Rispetto poi alle riforme nelle leggi civi-li, vi si era anche incominciato a por mano, ma con mi-nor efficacia, perchè Acton non se n'intendeva e ripu-gnava; la regina, che se n'intendeva, ripugnava ancoressa; ed il re occupato ne' suoi geniali diporti, amavameglio che altri facesse, che far da se. Da ciò nasceva,che gli umori non si sfogavano, ed il negato si appetivapiù avidamente.La Sicilia, parte tanto essenziale del regno di Napoli, sireggeva con leggi particolari. Da tempi antichissimiebbe un parlamento di tre camere dette Bracci, ch'eranogli ordini dello stato. Una chiamavasi Braccio militare,o baronale; in questo sedevano i signori, che avevano inproprietà loro popolazioni, almeno di trecento fuochi.L'altra intitolavasi Braccio ecclesiastico; entravano inquesto tre arcivescovi, sei vescovi e tutti gli abati, aiquali il re conceduto avesse abbazie. La terza avevanome Camera demaniale; era composta dai rappresen-tanti di quelle città che non appartenevano ai baroni, eche demaniali si chiamavano; cioè del dominio del re.Perciocchè due sorte di città avea la Sicilia, baronali, elibere. Le prime erano quelle che stavano soggette ad unbarone, le seconde quelle che dipendevano immediata-

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mente dal re, e si reggevano con le proprie leggi munici-pali. Accadeva spesso, che un solo barone avesse piùvoti in parlamento, per essere feudatario di più terre. Lostesso accadeva, e per la medesima ragione, degli eccle-siastici; lo stesso ancora dei deputati delle città, dandopiù città il mandato ad una persona medesima. Capo delBraccio baronale tenevasi il barone più antico di titolo,dell'ecclesiastico l'arcivescovo di Palermo, del demania-le il pretore della medesima città: adunavasi anticamen-te il parlamento ogni anno; poi fu fatto quadriennale.Prima di Carlo V faceva le leggi; dopo venne ridotto aconcedere i donativi.Da questo si vede, che il nervo principale del parlamen-to siciliano consisteva nei baroni, perchè più ricchi era-no, e più numerosi. Ma ben maggior era la potenza loronelle terre, a cagione dei privilegi feudali. Rimediovviin parte Caraccioli, vicerè; pure i vestigi feudatarii vierano ancora gravi. Del resto le opinioni del secolo pocoavevano penetrato in quell'isola; ma quello che non daval'opinione, il potevano dare facilmente gli ordini dellostato.Questa che abbiamo raccontata, era la condizione del re-gno delle due Sicilie verso l'ottantanove; ma poco diver-sa appariva quella del ducato di Parma e Piacenza, dovecome a Napoli, regnava la famiglia dei Borboni di Spa-gna. Anche in questi luoghi vedevasi sorta una maggiorperfezione del vivere civile, e le contese con la sediaapostolica pel medesimo fine delle investiture avevano

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mente dal re, e si reggevano con le proprie leggi munici-pali. Accadeva spesso, che un solo barone avesse piùvoti in parlamento, per essere feudatario di più terre. Lostesso accadeva, e per la medesima ragione, degli eccle-siastici; lo stesso ancora dei deputati delle città, dandopiù città il mandato ad una persona medesima. Capo delBraccio baronale tenevasi il barone più antico di titolo,dell'ecclesiastico l'arcivescovo di Palermo, del demania-le il pretore della medesima città: adunavasi anticamen-te il parlamento ogni anno; poi fu fatto quadriennale.Prima di Carlo V faceva le leggi; dopo venne ridotto aconcedere i donativi.Da questo si vede, che il nervo principale del parlamen-to siciliano consisteva nei baroni, perchè più ricchi era-no, e più numerosi. Ma ben maggior era la potenza loronelle terre, a cagione dei privilegi feudali. Rimediovviin parte Caraccioli, vicerè; pure i vestigi feudatarii vierano ancora gravi. Del resto le opinioni del secolo pocoavevano penetrato in quell'isola; ma quello che non daval'opinione, il potevano dare facilmente gli ordini dellostato.Questa che abbiamo raccontata, era la condizione del re-gno delle due Sicilie verso l'ottantanove; ma poco diver-sa appariva quella del ducato di Parma e Piacenza, dovecome a Napoli, regnava la famiglia dei Borboni di Spa-gna. Anche in questi luoghi vedevasi sorta una maggiorperfezione del vivere civile, e le contese con la sediaapostolica pel medesimo fine delle investiture avevano

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aperto il campo ad investigazioni a diminuzionedell'autorità romana. Quando l'infante D. Filippo gover-nava il ducato, era in lui grande l'autorità del franceseDutillot, il quale nato di poveri parenti in Baiona, era sa-lito per la virtù sua al grado di primo ministro. Era statoappunto mandalo Dutillot dalla corte di Francia al ducaFilippo, acciocchè lo consigliasse intorno agli affari checorrevano con la corte di Roma, temendosi che in quellanuova possessione del ducato, ella volesse dare qualchesturbo in virtù dei diritti di superiorità sovrana, che pre-tendeva in quello stato. Per verità se grande fu la fedeche la Francia ed il duca Filippo ebbero in Dutillot, nonfurono minori la sua destrezza, e la prudenza. Chiamò ase i più famosi ingegni d'Italia, tra i quali non è da tacer-si il teologo Contini, uomo dottissimo nelle scienze ca-noniche, ed il Turchi, cappuccino di molte lettere, di no-tabile eloquenza, ed amatore delle libertà ecclesiastiche,benchè, fatto vescovo, abbia poi mutato, non dirò opi-nione, ma discorso; ma tanto per opera di Dutillot si di-rozzarono i costumi in quella bella parte d'Italia, e tantovi prosperarono le buone arti, che il regno di D. Filippoebbe fama del secol d'oro di Parma. Certo, città nè piùcolta, nè più dotta di Parma non era a quei tempi, nè inItalia, nè forse anche altrove. Crearonsi, per consigliodel Paciaudi, a questo fine chiamato da Roma, più per-fetti ordini nell'università degli studi, un'accademia dibelle arti, una magnifica libreria; e perchè con gli ordinibuoni concorressero i buoni insegnamenti, ed i buoniesempi, vennervi, chiamati da diversi paesi, oltre Pa-

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aperto il campo ad investigazioni a diminuzionedell'autorità romana. Quando l'infante D. Filippo gover-nava il ducato, era in lui grande l'autorità del franceseDutillot, il quale nato di poveri parenti in Baiona, era sa-lito per la virtù sua al grado di primo ministro. Era statoappunto mandalo Dutillot dalla corte di Francia al ducaFilippo, acciocchè lo consigliasse intorno agli affari checorrevano con la corte di Roma, temendosi che in quellanuova possessione del ducato, ella volesse dare qualchesturbo in virtù dei diritti di superiorità sovrana, che pre-tendeva in quello stato. Per verità se grande fu la fedeche la Francia ed il duca Filippo ebbero in Dutillot, nonfurono minori la sua destrezza, e la prudenza. Chiamò ase i più famosi ingegni d'Italia, tra i quali non è da tacer-si il teologo Contini, uomo dottissimo nelle scienze ca-noniche, ed il Turchi, cappuccino di molte lettere, di no-tabile eloquenza, ed amatore delle libertà ecclesiastiche,benchè, fatto vescovo, abbia poi mutato, non dirò opi-nione, ma discorso; ma tanto per opera di Dutillot si di-rozzarono i costumi in quella bella parte d'Italia, e tantovi prosperarono le buone arti, che il regno di D. Filippoebbe fama del secol d'oro di Parma. Certo, città nè piùcolta, nè più dotta di Parma non era a quei tempi, nè inItalia, nè forse anche altrove. Crearonsi, per consigliodel Paciaudi, a questo fine chiamato da Roma, più per-fetti ordini nell'università degli studi, un'accademia dibelle arti, una magnifica libreria; e perchè con gli ordinibuoni concorressero i buoni insegnamenti, ed i buoniesempi, vennervi, chiamati da diversi paesi, oltre Pa-

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ciaudi, e Contini, anche Venini, Derossi, Bodoni,Condillac, Millot, Pageol. Fra i buoni esempi Dutillotmedesimo non era degli ultimi, scoprendosi in lui deco-ro, facondia, cortesia, e tutte quelle parti che a perfettogentiluomo si appartengono: arricchivasi al tempo stes-so, ed abbellivasi il ducato per manifatture o fondate oristorate, per edifizi, per strade, per pubblici passeggi.Così passò il regno di D. Filippo assai felicemente sottola moderazione di Dutillot.Morto poi nel 1765 il duca Filippo, e devoluto il ducatonel duca Ferdinando, ancor minore d'età, Dutillot conti-nuò a governar lo stato con la medesima sapienza. Aquesto tempo sorse una grave controversia tra il governodel duca e la corte di Roma; imperciocchè avendo ilduca mandato fuori una sua prammatica intorno allemani morte, ed un editto, che le obbligava al pagamentodelle gravezze pubbliche, il papa Clemente XIII pubbli-cò in Roma un breve monitorio, con cui dichiarò nullequelle ordinazioni sovrane di Parma, come provenientida autorità non idonea a farle, e lesive dell'immunità ec-clesiastica, ammonendo eziandio, che tutti coloro, checooperato vi avevano, erano incorsi nelle censure eccle-siastiche, da cui non potessero essere assolti in nissuncaso, eccettuato l'articolo di morte, se non da lui stesso,o dal pontefice, che dopo di lui sulla cattedra di San Pie-tro sedesse. Dutillot difese con non ordinaria franchezzae prudenza il diritto sovrano del duca, alla quale difesadiedero non poco favore molti scritti pubblicati da uo-

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ciaudi, e Contini, anche Venini, Derossi, Bodoni,Condillac, Millot, Pageol. Fra i buoni esempi Dutillotmedesimo non era degli ultimi, scoprendosi in lui deco-ro, facondia, cortesia, e tutte quelle parti che a perfettogentiluomo si appartengono: arricchivasi al tempo stes-so, ed abbellivasi il ducato per manifatture o fondate oristorate, per edifizi, per strade, per pubblici passeggi.Così passò il regno di D. Filippo assai felicemente sottola moderazione di Dutillot.Morto poi nel 1765 il duca Filippo, e devoluto il ducatonel duca Ferdinando, ancor minore d'età, Dutillot conti-nuò a governar lo stato con la medesima sapienza. Aquesto tempo sorse una grave controversia tra il governodel duca e la corte di Roma; imperciocchè avendo ilduca mandato fuori una sua prammatica intorno allemani morte, ed un editto, che le obbligava al pagamentodelle gravezze pubbliche, il papa Clemente XIII pubbli-cò in Roma un breve monitorio, con cui dichiarò nullequelle ordinazioni sovrane di Parma, come provenientida autorità non idonea a farle, e lesive dell'immunità ec-clesiastica, ammonendo eziandio, che tutti coloro, checooperato vi avevano, erano incorsi nelle censure eccle-siastiche, da cui non potessero essere assolti in nissuncaso, eccettuato l'articolo di morte, se non da lui stesso,o dal pontefice, che dopo di lui sulla cattedra di San Pie-tro sedesse. Dutillot difese con non ordinaria franchezzae prudenza il diritto sovrano del duca, alla quale difesadiedero non poco favore molti scritti pubblicati da uo-

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mini dotti in tale proposito.Questi accidenti concitarono contro Dutillot l'odio, el'arti dei papisti già entrati molto addentro nella buonagrazia del giovinetto principe. Ciò non ostante in tutto iltempo, in cui questi fu minore d'età, non perdè il mini-stro dell'autorità sua. Quando poi, giunto all'età di di-ciott'anni, assunse il governo, s'indrizzarono i suoi pen-sieri ad altro fine. Perchè congedato Dutillot, il principesi governò intieramente a seconda dei papisti. Il tribuna-le dell'inquisizione fu instituito in Parma, ma mostròmansuetudine; nè aspro fu il reggimento del duca; letasse assai moderate. Era molesto a molti il rigore ecces-sivo, che si usava per far osservare certe pratiche diesterior disciplina. In questo i popoli non potevano dirdel principe, che altro suono avessero le sue parole, edaltro i fatti; poichè ei dava le udienze in sagrestia, eicantava coi frati in coro, egli addobbava gli altari, eisuonava le campane, egli ordinava i santi nel calendariodell'anno. Ma mentre il duca pregava, i popoli si erudi-vano, nè Parma perdette il nome, che si era acquistato,di città dotta e gentile.Sedeva a questi tempi, come abbiam già detto, sulla cat-tedra di san Pietro il sommo pontefice Pio VI, destinatodai cieli a sostenere il colmo della prospera, edell'avversa fortuna. Il suo antecessore Clemente XIVda povero fraticello salito, per le virtù sue, alla grandez-za del papato, aveva in tanta sublimità conservato quellasemplicità di costumi, e quella modestia di vita, alle

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mini dotti in tale proposito.Questi accidenti concitarono contro Dutillot l'odio, el'arti dei papisti già entrati molto addentro nella buonagrazia del giovinetto principe. Ciò non ostante in tutto iltempo, in cui questi fu minore d'età, non perdè il mini-stro dell'autorità sua. Quando poi, giunto all'età di di-ciott'anni, assunse il governo, s'indrizzarono i suoi pen-sieri ad altro fine. Perchè congedato Dutillot, il principesi governò intieramente a seconda dei papisti. Il tribuna-le dell'inquisizione fu instituito in Parma, ma mostròmansuetudine; nè aspro fu il reggimento del duca; letasse assai moderate. Era molesto a molti il rigore ecces-sivo, che si usava per far osservare certe pratiche diesterior disciplina. In questo i popoli non potevano dirdel principe, che altro suono avessero le sue parole, edaltro i fatti; poichè ei dava le udienze in sagrestia, eicantava coi frati in coro, egli addobbava gli altari, eisuonava le campane, egli ordinava i santi nel calendariodell'anno. Ma mentre il duca pregava, i popoli si erudi-vano, nè Parma perdette il nome, che si era acquistato,di città dotta e gentile.Sedeva a questi tempi, come abbiam già detto, sulla cat-tedra di san Pietro il sommo pontefice Pio VI, destinatodai cieli a sostenere il colmo della prospera, edell'avversa fortuna. Il suo antecessore Clemente XIVda povero fraticello salito, per le virtù sue, alla grandez-za del papato, aveva in tanta sublimità conservato quellasemplicità di costumi, e quella modestia di vita, alle

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quali nella solitudine dei chiostri s'era avvezzato. Ciòparve a molti, in una Roma, nel primo seggio della Cri-stianità, ed in tanta non solo curiosità d'indagine, ma an-cora inclinazione alla miscredenza, che nei popoli diquell'età molte evidentemente apparivano, cosa altret-tanto intempestiva, e pericolosa, quanto era in se lode-vole, e virtuosa; perchè ove gli argomenti non persuado-no, le virtù non muovono, e per ultimo rimedio si devepor mano alla pompa, imperciocchè gli uomini facil-mente credono esser la ragione dove vedono la grandez-za: ed il rispettare è principio del persuadersi.Questi pensieri tanto operarono nella mente dei cardina-li, che, morto Clemente, chiamarono papa il cardinalBraschi, che già fin quando era tesoriero della cameraapostolica aveva mostrato in tutte le azioni non ordina-rio splendore. Veramente erano in lui, forse più che inaltr'uomo de' suoi tempi, molto notabili l'eccellenza del-le forme, la facondia del discorso, la finezza del gusto,la grandezza delle maniere, procedendo in ogni affarecon tanta grazia giunta a tanta maestà, che e la venera-zione verso la persona sua, ed il rispetto verso la sede nevenivano facilmente conciliati. Vero è, che tale generosanatura dava spesso, come suol avvenire, nell'eccessocontrario; perchè s'era bello d'aspetto, voleva anchecomparir tale, forse più che al suo grado s'appartenesse;l'eloquenza sua sentiva talvolta di eccessiva squisitezza,e la grandezza peccava non di rado di vanità; del restoarbitrario e sdegnoso, sopportava malvolentieri che altri

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quali nella solitudine dei chiostri s'era avvezzato. Ciòparve a molti, in una Roma, nel primo seggio della Cri-stianità, ed in tanta non solo curiosità d'indagine, ma an-cora inclinazione alla miscredenza, che nei popoli diquell'età molte evidentemente apparivano, cosa altret-tanto intempestiva, e pericolosa, quanto era in se lode-vole, e virtuosa; perchè ove gli argomenti non persuado-no, le virtù non muovono, e per ultimo rimedio si devepor mano alla pompa, imperciocchè gli uomini facil-mente credono esser la ragione dove vedono la grandez-za: ed il rispettare è principio del persuadersi.Questi pensieri tanto operarono nella mente dei cardina-li, che, morto Clemente, chiamarono papa il cardinalBraschi, che già fin quando era tesoriero della cameraapostolica aveva mostrato in tutte le azioni non ordina-rio splendore. Veramente erano in lui, forse più che inaltr'uomo de' suoi tempi, molto notabili l'eccellenza del-le forme, la facondia del discorso, la finezza del gusto,la grandezza delle maniere, procedendo in ogni affarecon tanta grazia giunta a tanta maestà, che e la venera-zione verso la persona sua, ed il rispetto verso la sede nevenivano facilmente conciliati. Vero è, che tale generosanatura dava spesso, come suol avvenire, nell'eccessocontrario; perchè s'era bello d'aspetto, voleva anchecomparir tale, forse più che al suo grado s'appartenesse;l'eloquenza sua sentiva talvolta di eccessiva squisitezza,e la grandezza peccava non di rado di vanità; del restoarbitrario e sdegnoso, sopportava malvolentieri che altri

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ai voleri suoi si opponesse. Queste erano le qualità dipapa Pio. Circa i costumi, e' furono non che non merite-voli di riprensione, degni di lode; e certe voci corse inquesto proposito, piuttosto alla malvagità dei tempi cheseguirono, che a verità debbonsi attribuire.Ognuno crederà facilmente, che un pontefice di tal natu-ra, sentendo altamente di se, doveva anche altamentesentire dell'autorità sua, e delle prerogative della sediaapostolica. Nè mancavano incentivi a queste inclinazio-ni. Covava allora fra quei cardinali, che non erano odall'ignoranza offesi, o dall'ozio, o dalle morbidezzeammolliti, un disegno d'una suprema importanza perl'Italia, e quest'era di ridurla unita sotto un governo con-federato, di cui fossero parte tutti i principi italiani, ecapo il sommo pontefice. Principal autore di questo con-siglio era il cardinal Orsini, uomo di natura piuttostostrana che no, ma dottissimo in materia canonica, ed as-sai caldo zelatore delle prerogative romane; se ai più pa-reva, che Gregorio VII avesse troppo detto e troppo fat-to, pareva all'Orsini, ch'ei non avesse nè detto, nè fattoabbastanza. (Gorani, Mémoires secrets des Coursd'Italie, t. II) Pure, siccome da cosa nasce cosa, se ilpensiere dell'Orsini circa la lega italica fosse stato ridot-to in atto, avrebbe partorito effetti importanti, e dai papipotuto nascere la salute d'Italia, come pur troppo spesson'è nata la rovina; perchè non sempre ebbero i papi ildovuto rispetto all'autorità temporale dei principi italia-ni; ed i principi italiani hanno sempre amato invidiarsi

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ai voleri suoi si opponesse. Queste erano le qualità dipapa Pio. Circa i costumi, e' furono non che non merite-voli di riprensione, degni di lode; e certe voci corse inquesto proposito, piuttosto alla malvagità dei tempi cheseguirono, che a verità debbonsi attribuire.Ognuno crederà facilmente, che un pontefice di tal natu-ra, sentendo altamente di se, doveva anche altamentesentire dell'autorità sua, e delle prerogative della sediaapostolica. Nè mancavano incentivi a queste inclinazio-ni. Covava allora fra quei cardinali, che non erano odall'ignoranza offesi, o dall'ozio, o dalle morbidezzeammolliti, un disegno d'una suprema importanza perl'Italia, e quest'era di ridurla unita sotto un governo con-federato, di cui fossero parte tutti i principi italiani, ecapo il sommo pontefice. Principal autore di questo con-siglio era il cardinal Orsini, uomo di natura piuttostostrana che no, ma dottissimo in materia canonica, ed as-sai caldo zelatore delle prerogative romane; se ai più pa-reva, che Gregorio VII avesse troppo detto e troppo fat-to, pareva all'Orsini, ch'ei non avesse nè detto, nè fattoabbastanza. (Gorani, Mémoires secrets des Coursd'Italie, t. II) Pure, siccome da cosa nasce cosa, se ilpensiere dell'Orsini circa la lega italica fosse stato ridot-to in atto, avrebbe partorito effetti importanti, e dai papipotuto nascere la salute d'Italia, come pur troppo spesson'è nata la rovina; perchè non sempre ebbero i papi ildovuto rispetto all'autorità temporale dei principi italia-ni; ed i principi italiani hanno sempre amato invidiarsi

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fra di loro, e chiamare, per ultimo rimedio, i forestieri inItalia piuttosto che pensare alla preservazione della co-mune madre. Quali effetti ne siano risultati e per loro, eper tutti, il mondo se gli ha veduti, e gl'Italiani non pian-geran mai tanto, che non resti loro a piangere molto più.Tornando ora al proposito nostro, non potendo Pio allar-gare, come avrebbe voluto, nè il dominio, nè l'autorità,perchè l'opinione era contraria, cercò di acquistar famadi splendido sovrano. Debbesi per prima e principalopera mentovare il prosciugamento delle paludi Pontine,se non a final termine condotto, certamente per la mag-gior parte eseguito con ispesa tanto enorme rispetto astato sì angusto, con costanza tanto mirabile, che pochiesempi si leggono nelle storie degni di ugual commen-dazione.Chiamano paludi Pontine una pianura di centottanta mi-glia quadrate, che si distende in lunghezza fino a venti-sette, ed in larghezza fino a otto, più o meno, secondo iluoghi. Ella è terminata a greco dalle montagne dellaSpina, a piè delle quali sorgono le città di Terracina, Pi-perno, e Sezze; a maestro dalle colline di Velletri, e daiboschi della Cisterna, a libeccio; a scirocco, ed ad ostrodal mare.Erano anticamente questi luoghi, e prima che diventas-sero tanto infami per aere pestilenziale, colti e salubri.Solo un piccolo padule vi si osservava vicino a Terraci-na. Fecevi nel quinto secolo di Roma il censore Appio

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fra di loro, e chiamare, per ultimo rimedio, i forestieri inItalia piuttosto che pensare alla preservazione della co-mune madre. Quali effetti ne siano risultati e per loro, eper tutti, il mondo se gli ha veduti, e gl'Italiani non pian-geran mai tanto, che non resti loro a piangere molto più.Tornando ora al proposito nostro, non potendo Pio allar-gare, come avrebbe voluto, nè il dominio, nè l'autorità,perchè l'opinione era contraria, cercò di acquistar famadi splendido sovrano. Debbesi per prima e principalopera mentovare il prosciugamento delle paludi Pontine,se non a final termine condotto, certamente per la mag-gior parte eseguito con ispesa tanto enorme rispetto astato sì angusto, con costanza tanto mirabile, che pochiesempi si leggono nelle storie degni di ugual commen-dazione.Chiamano paludi Pontine una pianura di centottanta mi-glia quadrate, che si distende in lunghezza fino a venti-sette, ed in larghezza fino a otto, più o meno, secondo iluoghi. Ella è terminata a greco dalle montagne dellaSpina, a piè delle quali sorgono le città di Terracina, Pi-perno, e Sezze; a maestro dalle colline di Velletri, e daiboschi della Cisterna, a libeccio; a scirocco, ed ad ostrodal mare.Erano anticamente questi luoghi, e prima che diventas-sero tanto infami per aere pestilenziale, colti e salubri.Solo un piccolo padule vi si osservava vicino a Terraci-na. Fecevi nel quinto secolo di Roma il censore Appio

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la magnifica via, che ancora si chiama col suo nome.Ma spopolate le provincie per l'atrocità delle guerre, efatti i terreni incolti, le acque stagnanti soprabbondaro-no, e sopraffecero ogni cosa. Poi Cetego consolo di nuo-vo prosciugando, le risanò. Ma le guerre civili le torna-rono a peggior condizione; tanto che ai tempi d'Augustola via Appia appariva sola in mezzo di quel vasto mare-se. Tentò Augusto, tentarono gl'imperadori suoi succes-sori di ridurlo a sanità, e fecerlo; ma i Barbari, che so-pravvennero, spensero, con tutti gli altri, anche questosegno dell'uman culto, e dell'opere d'ingegno. Così quel-le pingui e vaste terre impaludate si rimasero fino aitempi più moderni, in cui i pontefici romani Leone Pri-mo, e Sisto Secondo applicarono l'animo a volerle pro-sciugare. Aprì il primo il gran portatore della torre diBadino, aprì il secondo il fiume Sisto, ch'è un canale ar-tefatto, che attraversa le paludi per la lunghezza loro, edè destinato a raccorre tutte le acque superiori per con-durle al mare. Ma nè l'uno, nè l'altro di questi ponteficiregnarono tempo, che bastasse a compir l'impresa. Sgo-mentaronsene i successori, o fecero tentativi inutili. Cle-mente XIII volle dare sfogo all'acque pel rio Martino,ma non potè, ritraendolo l'enormità della spesa. Final-mente non così tosto fu assunto al pontificato Pio VI,che pensò al prosciugamento delle Pontine. Quattro fiu-mi, l'Amazeno, l'Uffente, la Ninfa, e la Teppia, non tro-vando sfogo al mare verso Terracina, sono principal-mente cagione dell'impaludamento. Rapini, ingegnere digrido, proposto da Pio alle opere, cavata la linea Pia,

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la magnifica via, che ancora si chiama col suo nome.Ma spopolate le provincie per l'atrocità delle guerre, efatti i terreni incolti, le acque stagnanti soprabbondaro-no, e sopraffecero ogni cosa. Poi Cetego consolo di nuo-vo prosciugando, le risanò. Ma le guerre civili le torna-rono a peggior condizione; tanto che ai tempi d'Augustola via Appia appariva sola in mezzo di quel vasto mare-se. Tentò Augusto, tentarono gl'imperadori suoi succes-sori di ridurlo a sanità, e fecerlo; ma i Barbari, che so-pravvennero, spensero, con tutti gli altri, anche questosegno dell'uman culto, e dell'opere d'ingegno. Così quel-le pingui e vaste terre impaludate si rimasero fino aitempi più moderni, in cui i pontefici romani Leone Pri-mo, e Sisto Secondo applicarono l'animo a volerle pro-sciugare. Aprì il primo il gran portatore della torre diBadino, aprì il secondo il fiume Sisto, ch'è un canale ar-tefatto, che attraversa le paludi per la lunghezza loro, edè destinato a raccorre tutte le acque superiori per con-durle al mare. Ma nè l'uno, nè l'altro di questi ponteficiregnarono tempo, che bastasse a compir l'impresa. Sgo-mentaronsene i successori, o fecero tentativi inutili. Cle-mente XIII volle dare sfogo all'acque pel rio Martino,ma non potè, ritraendolo l'enormità della spesa. Final-mente non così tosto fu assunto al pontificato Pio VI,che pensò al prosciugamento delle Pontine. Quattro fiu-mi, l'Amazeno, l'Uffente, la Ninfa, e la Teppia, non tro-vando sfogo al mare verso Terracina, sono principal-mente cagione dell'impaludamento. Rapini, ingegnere digrido, proposto da Pio alle opere, cavata la linea Pia,

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condusse le acque al mare pel portatore di Badino, cavòl'antico fiume Sisto, alveò l'Uffente, e l'Amazeno.S'abbassarono le acque, si scoversero i terreni, i colti simostrarono dov'erano le paludi, la via Appia restituita aiviandanti. Tale fu l'opera egregia di Pio VI.Non dimostrossi minore l'animo del pontefice negli or-namenti aggiunti all'antica Roma. Edificò la famosa sa-grestia a lato alla chiesa di S. Pietro; opera certamentedi molta magnificenza, ma forse di troppo minuta etroppo vaga architettura, se si paragona al grandioso sti-le della basilica di Michelagnolo. Dolsersi anche nonpochi, che per fondare questo suo edifizio, abbia il papaordinato, che si atterrasse l'antico tempio di Venere, alquale Michelagnolo aveva avuto tanto rispetto, che soloil toccarlo gli era paruto sacrilegio. Bellissimo pensierodi Pio altresì fu quello di persuadere, come aveva fattogià fin quando esercitava l'ufficio di auditore del Camer-lingo, a papa Clemente, di ornar il Vaticano con un son-tuoso Museo, il quale poi condotto a maggior grandezzada lui dopo la sua esaltazione, fu chiamato Pio-Clemen-tino. Lo arricchì con gran numero di statue, busti, bassi-rilievi, ed altre anticaglie di gran pregio, alle quali nonmancava mai il motto: dato dalla munificenza di Pio Se-sto; vanità per certo molto innocente. Come nobile ful'intento suo nel fondar il Museo, così nobile del pari fuil suo consiglio di volerne tramandare con eccellenterappresentazione di scritture, e di figure la memoria aiposteri. Nè fu meno commendabile l'esecuzione; imper-

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condusse le acque al mare pel portatore di Badino, cavòl'antico fiume Sisto, alveò l'Uffente, e l'Amazeno.S'abbassarono le acque, si scoversero i terreni, i colti simostrarono dov'erano le paludi, la via Appia restituita aiviandanti. Tale fu l'opera egregia di Pio VI.Non dimostrossi minore l'animo del pontefice negli or-namenti aggiunti all'antica Roma. Edificò la famosa sa-grestia a lato alla chiesa di S. Pietro; opera certamentedi molta magnificenza, ma forse di troppo minuta etroppo vaga architettura, se si paragona al grandioso sti-le della basilica di Michelagnolo. Dolsersi anche nonpochi, che per fondare questo suo edifizio, abbia il papaordinato, che si atterrasse l'antico tempio di Venere, alquale Michelagnolo aveva avuto tanto rispetto, che soloil toccarlo gli era paruto sacrilegio. Bellissimo pensierodi Pio altresì fu quello di persuadere, come aveva fattogià fin quando esercitava l'ufficio di auditore del Camer-lingo, a papa Clemente, di ornar il Vaticano con un son-tuoso Museo, il quale poi condotto a maggior grandezzada lui dopo la sua esaltazione, fu chiamato Pio-Clemen-tino. Lo arricchì con gran numero di statue, busti, bassi-rilievi, ed altre anticaglie di gran pregio, alle quali nonmancava mai il motto: dato dalla munificenza di Pio Se-sto; vanità per certo molto innocente. Come nobile ful'intento suo nel fondar il Museo, così nobile del pari fuil suo consiglio di volerne tramandare con eccellenterappresentazione di scritture, e di figure la memoria aiposteri. Nè fu meno commendabile l'esecuzione; imper-

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ciocchè, affidatane la cura, quanto alle figure, a Ludovi-co Mirri, e quanto ai comenti, ad Ennio Quirino Viscon-ti, ne sorse quella bella descrizione del Museo Pio-Cle-mentino, una delle opere più perfette, che in questo ge-nere siano.Così cresceva Roma sotto Pio in bellezza ed in isplen-dore ogni giorno: così visitata dai più potenti principid'Europa lasciava in loro riverenza, e maraviglia, così lamagnificenza che cresceva, suppliva alla fede che man-cava; così i popoli mossi da sì sontuosi apparati non ri-mettevano di quella venerazione, che avevano sempreavuto verso la sedia apostolica. Quanto alle nuove dot-trine filosofiche, che parlavano tanta umanità, poche ra-dici avevano messo in Roma: non che i gentili pensierinon vi fossero graditi, ma perchè gli autori loro mesco-lando, come facevano, tempi dissomigliantissimi, ed at-tribuendo a certi effetti cagioni non vere, troppo in sestessi si compiacquero di condannar le romane cose. Talera Roma, tanto sempre a se medesima conforme, chemancate l'armi, comandò con la fede, mancata la fede,comandò con le pompe, ritraendo sempre in ogni fortu-na di quella grandezza, che per ispecial privilegio delcielo pare in lei congenita e naturale.Mentre così in varie parti d'Italia più o meno si cancella-vano per benefizio dei principi, o per ammaestramentodei buoni scrittori, le vestigia che i tempi barbari aveva-no lasciato nelle instituzioni dei popoli, e che evidente-mente vi si procedeva verso un vivere sociale più gene-

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ciocchè, affidatane la cura, quanto alle figure, a Ludovi-co Mirri, e quanto ai comenti, ad Ennio Quirino Viscon-ti, ne sorse quella bella descrizione del Museo Pio-Cle-mentino, una delle opere più perfette, che in questo ge-nere siano.Così cresceva Roma sotto Pio in bellezza ed in isplen-dore ogni giorno: così visitata dai più potenti principid'Europa lasciava in loro riverenza, e maraviglia, così lamagnificenza che cresceva, suppliva alla fede che man-cava; così i popoli mossi da sì sontuosi apparati non ri-mettevano di quella venerazione, che avevano sempreavuto verso la sedia apostolica. Quanto alle nuove dot-trine filosofiche, che parlavano tanta umanità, poche ra-dici avevano messo in Roma: non che i gentili pensierinon vi fossero graditi, ma perchè gli autori loro mesco-lando, come facevano, tempi dissomigliantissimi, ed at-tribuendo a certi effetti cagioni non vere, troppo in sestessi si compiacquero di condannar le romane cose. Talera Roma, tanto sempre a se medesima conforme, chemancate l'armi, comandò con la fede, mancata la fede,comandò con le pompe, ritraendo sempre in ogni fortu-na di quella grandezza, che per ispecial privilegio delcielo pare in lei congenita e naturale.Mentre così in varie parti d'Italia più o meno si cancella-vano per benefizio dei principi, o per ammaestramentodei buoni scrittori, le vestigia che i tempi barbari aveva-no lasciato nelle instituzioni dei popoli, e che evidente-mente vi si procedeva verso un vivere sociale più gene-

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roso e più mite, poco o nissun cambiamento si osserva-va in altre parti della medesima provincia. La monarchiapiemontese era la più ferma di tutte le monarchie, poi-chè in lei non si videro mai, come in tutte le altre, o ro-vine nella casa regnante, o rivoluzioni di popoli. Delquale privilegio, se si vorrà ben dentro considerare, ap-parirà, prima e principal cagione essere la potestà asso-luta del principe, giunta con un uso moderato della me-desima. Poi mancavano le occasioni dell'ambizione deipotenti; perciocchè trovandosi il Piemonte posto tra laFrancia e l'Austria, altro non avrebbe partorito l'ambi-zione di un potente, anche fortunata, che render se ed ilpaese suddito o dell'una o dell'altra; nè mai chi avessevoluto imitare un duca di Braganza, avrebbe potuto ve-nir a capo della sua impresa. S'aggiunse, che i principidi Savoia governarono sempre gli eserciti loro da loromedesimi, nè potevano sorgere capitani di gran nome,che potessero, non che distruggere, emulare la potenzadei principi.Da questo, e dagli eserciti molto grossi, nacque la mara-vigliosa stabilità della monarchia piemontese. Ne proce-dette, oltre a ciò, in quello stato una opinione generalestabile, che da generazione in generazione propagando-si, rendè questa monarchia somigliante alle repubbliche,nelle quali, se cangiano gli uomini, non cangiano lemassime, nè le opinioni. Adunque gli ordini antichi sierano conservati intieri; le opinioni nuove poco vi alli-gnavano.

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roso e più mite, poco o nissun cambiamento si osserva-va in altre parti della medesima provincia. La monarchiapiemontese era la più ferma di tutte le monarchie, poi-chè in lei non si videro mai, come in tutte le altre, o ro-vine nella casa regnante, o rivoluzioni di popoli. Delquale privilegio, se si vorrà ben dentro considerare, ap-parirà, prima e principal cagione essere la potestà asso-luta del principe, giunta con un uso moderato della me-desima. Poi mancavano le occasioni dell'ambizione deipotenti; perciocchè trovandosi il Piemonte posto tra laFrancia e l'Austria, altro non avrebbe partorito l'ambi-zione di un potente, anche fortunata, che render se ed ilpaese suddito o dell'una o dell'altra; nè mai chi avessevoluto imitare un duca di Braganza, avrebbe potuto ve-nir a capo della sua impresa. S'aggiunse, che i principidi Savoia governarono sempre gli eserciti loro da loromedesimi, nè potevano sorgere capitani di gran nome,che potessero, non che distruggere, emulare la potenzadei principi.Da questo, e dagli eserciti molto grossi, nacque la mara-vigliosa stabilità della monarchia piemontese. Ne proce-dette, oltre a ciò, in quello stato una opinione generalestabile, che da generazione in generazione propagando-si, rendè questa monarchia somigliante alle repubbliche,nelle quali, se cangiano gli uomini, non cangiano lemassime, nè le opinioni. Adunque gli ordini antichi sierano conservati intieri; le opinioni nuove poco vi alli-gnavano.

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Ciò non ostante alcuni segni, sebben deboli, di cambia-mento, si ravvisavano negli stati del re di Sardegna,massime circa la ecclesiastica disciplina. Imperciocchètolte con providissimo consiglio dal re Vittorio AmedeoII le pubbliche scuole ai gesuiti, e fornita l'università de-gli studi di ottimi professori, incominciarono le dottrinedell'antichità cristiana a diffondersi. I tre bibliotecaridell'università, Pasini, Berta, e Pavesio, uomini di moltosapere e pietà, promossero lo studio delle opere scrittedai difensori di quelle dottrine: Vaselli ne arricchì la li-breria del re.Regnava Vittorio Amedeo, terzo di questo nome, princi-pe di animo generoso, di vivo ingegno, e di non ordina-ria perizia nelle faccende di stato. Contaminava la suabuona natura un amore eccessivo della gloria militare:quindi ordinò e mantenne in piè un esercito grosso fuordi misura: il che rovinò le finanze, che tanto fiorivano aitempi di Carlo Emanuele suo padre; sparse largamentenella nazione la voglia delle battaglie, e diè favor ecces-sivo e potenza ai nobili, soli ammessi a capitanar le sol-datesche. Ognuno voleva essere, ognuno imitar Federi-go re di Prussia. Certamente se immortali lodi si debbo-no a Federigo per aver difeso il suo reame contra tuttal'Europa, gran danno ancora le fece per avervi introdottocoll'esemplo suo un eccessivo umor soldatesco, ed avermesso su eserciti smisurati. Gli altri potentati o per fan-tastica imitazione, o per dura necessità furono costretti afar lo stesso; poi venne la rivoluzione di Francia, che di-

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Ciò non ostante alcuni segni, sebben deboli, di cambia-mento, si ravvisavano negli stati del re di Sardegna,massime circa la ecclesiastica disciplina. Imperciocchètolte con providissimo consiglio dal re Vittorio AmedeoII le pubbliche scuole ai gesuiti, e fornita l'università de-gli studi di ottimi professori, incominciarono le dottrinedell'antichità cristiana a diffondersi. I tre bibliotecaridell'università, Pasini, Berta, e Pavesio, uomini di moltosapere e pietà, promossero lo studio delle opere scrittedai difensori di quelle dottrine: Vaselli ne arricchì la li-breria del re.Regnava Vittorio Amedeo, terzo di questo nome, princi-pe di animo generoso, di vivo ingegno, e di non ordina-ria perizia nelle faccende di stato. Contaminava la suabuona natura un amore eccessivo della gloria militare:quindi ordinò e mantenne in piè un esercito grosso fuordi misura: il che rovinò le finanze, che tanto fiorivano aitempi di Carlo Emanuele suo padre; sparse largamentenella nazione la voglia delle battaglie, e diè favor ecces-sivo e potenza ai nobili, soli ammessi a capitanar le sol-datesche. Ognuno voleva essere, ognuno imitar Federi-go re di Prussia. Certamente se immortali lodi si debbo-no a Federigo per aver difeso il suo reame contra tuttal'Europa, gran danno ancora le fece per avervi introdottocoll'esemplo suo un eccessivo umor soldatesco, ed avermesso su eserciti smisurati. Gli altri potentati o per fan-tastica imitazione, o per dura necessità furono costretti afar lo stesso; poi venne la rivoluzione di Francia, che di-

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latò questa peste ancor di vantaggio, poi sorse Buona-parte, che la portò agli estremi, ed altro non manchereb-be alla misera Europa per aver la compita barbarie, senon che ella facesse marciare, a guisa degli antichi Gallie Goti, coi combattenti anche i vecchi, le donne, ed ifanciulli. Certo nè libertà alcuna, nè ordine buono di fi-nanza, nè civiltà durevole potrà mai essere in Europa, sei principi non si risolvono a por giù questi loro esercitisterminati. Questi sono gli obblighi, che le generazionihanno a Federigo.Ma tornando a Vittorio, tanto era in questa bisogna infa-tuato, che soleva dire, ch'ei faceva più stima di un tam-burino, che d'un letterato, benchè poi riuscisse migliorche di parole; perciocchè i letterati accarezzava e pre-miava, ed usava anche con loro molto famigliarmente.Ma le armi prevalevano; quindi non solamente fu dissi-pato il tesoro lasciato da Carlo, ma i debiti dello stato,non ostante che le imposizioni s'aggravassero, tantos'ammontarono, che sommavano nel 1789 a meglio dicento milioni di lire piemontesi, che sono più di centoventi milioni di franchi. Le cariche civili ed ecclesiasti-che conferivansi solo ai nobili, ed agli abbati di corte.Ad una generazione di magistrati integerrimi e capaci, edi vescovi santi e dotti, successero qualche volta magi-strati e vescovi poco atti per dottrina, e fors'anche menoper costume a reggere gli uffizi loro.Pure fiorivano le scienze; fiorivano anche, ma non tanto,le lettere. Quanto alle contese circa l'ecclesiastica disci-

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latò questa peste ancor di vantaggio, poi sorse Buona-parte, che la portò agli estremi, ed altro non manchereb-be alla misera Europa per aver la compita barbarie, senon che ella facesse marciare, a guisa degli antichi Gallie Goti, coi combattenti anche i vecchi, le donne, ed ifanciulli. Certo nè libertà alcuna, nè ordine buono di fi-nanza, nè civiltà durevole potrà mai essere in Europa, sei principi non si risolvono a por giù questi loro esercitisterminati. Questi sono gli obblighi, che le generazionihanno a Federigo.Ma tornando a Vittorio, tanto era in questa bisogna infa-tuato, che soleva dire, ch'ei faceva più stima di un tam-burino, che d'un letterato, benchè poi riuscisse migliorche di parole; perciocchè i letterati accarezzava e pre-miava, ed usava anche con loro molto famigliarmente.Ma le armi prevalevano; quindi non solamente fu dissi-pato il tesoro lasciato da Carlo, ma i debiti dello stato,non ostante che le imposizioni s'aggravassero, tantos'ammontarono, che sommavano nel 1789 a meglio dicento milioni di lire piemontesi, che sono più di centoventi milioni di franchi. Le cariche civili ed ecclesiasti-che conferivansi solo ai nobili, ed agli abbati di corte.Ad una generazione di magistrati integerrimi e capaci, edi vescovi santi e dotti, successero qualche volta magi-strati e vescovi poco atti per dottrina, e fors'anche menoper costume a reggere gli uffizi loro.Pure fiorivano le scienze; fiorivano anche, ma non tanto,le lettere. Quanto alle contese circa l'ecclesiastica disci-

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plina fra il romano pontefice, ed i principi di casa au-striaca, il re Vittorio, contuttochè pensasse da illuminatocristiano in materia religiosa, aveva, per amor di quiete,ordinato, che mai non si parlasse o scrivesse nè pro nècontro la bolla Unigenitus, nè mai si trattasse dei quattrocapitoli della chiesa gallicana; che anzi, siccome questicapitoli erano apertamente insegnati, e costantementedifesi nell'università di Pavia dopo le riforme fattevi daGiuseppe Secondo, aveva, a petizione del cardinale Ger-dil, uomo dotto, ma romano in eccesso, proibito, che isudditi andassero a studiare in quella università. Ma taliopinioni più pullulavano, quanto più si volevano frena-re.Da quanto abbiam finora discorso si può raccogliere,che il paese d'Italia, il quale ne sta ai passi, e doveva ilprimo esser percosso dalla tempesta, trovavasi, sottosembianza forte, in non poca debolezza; poichè, se ave-va esercito grosso e pieno di buoni soldati, che avevacertamente, governavasi questo esercito da ufficiali piùnotabili per nobiltà, che per esperienza di guerra; l'erariopenuriava per debiti e per dispendio esorbitante; la supe-riorità dei nobili odiosa a tutti. Perciò vi covava qualchemal umore, crescendo dall'una parte la superbia per so-spetto, dall'altra l'ambizione per dispetto.Se la monarchìa Piemontese era la più ferma delle mo-narchìe, la repubblica di Venezia era la più ferma dellerepubbliche. Coloro i quali credono, essere le repubbli-che varie e turbolente, nè poter la quiete sussistere che

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plina fra il romano pontefice, ed i principi di casa au-striaca, il re Vittorio, contuttochè pensasse da illuminatocristiano in materia religiosa, aveva, per amor di quiete,ordinato, che mai non si parlasse o scrivesse nè pro nècontro la bolla Unigenitus, nè mai si trattasse dei quattrocapitoli della chiesa gallicana; che anzi, siccome questicapitoli erano apertamente insegnati, e costantementedifesi nell'università di Pavia dopo le riforme fattevi daGiuseppe Secondo, aveva, a petizione del cardinale Ger-dil, uomo dotto, ma romano in eccesso, proibito, che isudditi andassero a studiare in quella università. Ma taliopinioni più pullulavano, quanto più si volevano frena-re.Da quanto abbiam finora discorso si può raccogliere,che il paese d'Italia, il quale ne sta ai passi, e doveva ilprimo esser percosso dalla tempesta, trovavasi, sottosembianza forte, in non poca debolezza; poichè, se ave-va esercito grosso e pieno di buoni soldati, che avevacertamente, governavasi questo esercito da ufficiali piùnotabili per nobiltà, che per esperienza di guerra; l'erariopenuriava per debiti e per dispendio esorbitante; la supe-riorità dei nobili odiosa a tutti. Perciò vi covava qualchemal umore, crescendo dall'una parte la superbia per so-spetto, dall'altra l'ambizione per dispetto.Se la monarchìa Piemontese era la più ferma delle mo-narchìe, la repubblica di Venezia era la più ferma dellerepubbliche. Coloro i quali credono, essere le repubbli-che varie e turbolente, nè poter la quiete sussistere che

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nelle monarchìe, potran vedere nella Veneta una repub-blica più quieta di quante monarchìe siano state al mon-do, eccetto solo quella del Piemonte. Passò gran corsodi secoli senza turbazioni; fu percossa da potentissimenazioni, da Turchi, da Germani, da Francesi; trovossi fraguerre atroci, fra conquiste di popoli barbari, fra rivolu-zioni orribili di genti; Roma stessa fulminava contro dilei. Pure conservossi, non solo salva in mezzo a tantetempeste, ma nemmeno ebbe bisogno di alterar gli ordi-ni antichi. Tanto perfetti erano i medesimi, e tanto s'era-no radicati per antichità! Pare a me, che più sapiente go-verno di quel di Venezia non sia stato mai, o che si ri-sguardi la conservazione propria, o che si miri alla feli-cità di chi obbediva. Per questo non vi sorsero mai partipericolose; per questo certe nuove opinioni non vi si te-mevano, perchè non vi si amavano, e forse ancora nonvi si amavano, perchè non vi si temevano. Solo da biasi-marsi grandemente era quel tribunale degl'inquisitori distato per la segretezza, l'arbitrio, e la crudeltà dei giudi-zi: pure era volto piuttosto a frenare l'ambizione dei pa-trizi, che a tiranneggiare i popoli. Nè sola Venezia ebbeinquisitori di tal sorte, perchè i governi che non gli han-no per legge stabile, se gli procurano per abuso; e nonso se muovano più il riso o lo sdegno certuni, che tantoromore hanno levato contro il tribunale suddetto, e cheanche presero pretesto da lui di distruggere quell'anticae santa repubblica. Del resto, la providenza di lei eratale, che e l'umanità vi trovava luogo, e le gentili disci-pline vi si proteggevano. Ma la lunga pace vi aveva am-

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nelle monarchìe, potran vedere nella Veneta una repub-blica più quieta di quante monarchìe siano state al mon-do, eccetto solo quella del Piemonte. Passò gran corsodi secoli senza turbazioni; fu percossa da potentissimenazioni, da Turchi, da Germani, da Francesi; trovossi fraguerre atroci, fra conquiste di popoli barbari, fra rivolu-zioni orribili di genti; Roma stessa fulminava contro dilei. Pure conservossi, non solo salva in mezzo a tantetempeste, ma nemmeno ebbe bisogno di alterar gli ordi-ni antichi. Tanto perfetti erano i medesimi, e tanto s'era-no radicati per antichità! Pare a me, che più sapiente go-verno di quel di Venezia non sia stato mai, o che si ri-sguardi la conservazione propria, o che si miri alla feli-cità di chi obbediva. Per questo non vi sorsero mai partipericolose; per questo certe nuove opinioni non vi si te-mevano, perchè non vi si amavano, e forse ancora nonvi si amavano, perchè non vi si temevano. Solo da biasi-marsi grandemente era quel tribunale degl'inquisitori distato per la segretezza, l'arbitrio, e la crudeltà dei giudi-zi: pure era volto piuttosto a frenare l'ambizione dei pa-trizi, che a tiranneggiare i popoli. Nè sola Venezia ebbeinquisitori di tal sorte, perchè i governi che non gli han-no per legge stabile, se gli procurano per abuso; e nonso se muovano più il riso o lo sdegno certuni, che tantoromore hanno levato contro il tribunale suddetto, e cheanche presero pretesto da lui di distruggere quell'anticae santa repubblica. Del resto, la providenza di lei eratale, che e l'umanità vi trovava luogo, e le gentili disci-pline vi si proteggevano. Ma la lunga pace vi aveva am-

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mollito gli animi, e se vi rimanevano ordini buoni, man-cavano uomini forti per sostenergli. Diminuita la poten-za Turchesca, e composte a quiete le cose d'Italia, per-chè accordate, rispetto al ducato di Milano, ed al regnodi Napoli, tra Francia, Austria e Spagna, posò intiera-mente le armi la repubblica, e credette colla sola sapien-za civile potersi preservar salva nei pericoli, che radi an-cora si rappresentavano. Ma vennero certi tempi strani,in cui la sapienza civile non poteva più bastare senza laforza, troppo rotti e troppo enormi dovevano essere imoti: la sapienza civile stessa era venuta in derisione.Così Venezia verso l'ottantanove stimata da tutti, temutada nissuno, se era capace di risoluzioni prudenti, non eradi risoluzioni gagliarde; l'edifizio politico vi stava senzapuntello: una prima scossa il doveva far rovinare.Assai diversa da questa mostravasi, quanto al vigore de-gli animi, la condizione della repubblica di Genova.Nissun popolo si è veduto meno da' suoi maggiori dege-nerato del Genovese. Fortezza d'animo, prontezza dimente, amore di libertà, attività mirabile, civiltà ancormista con qualche rozzezza, ma esente da mollezza; unosare con prudenza, un perseverare senza ostinazione,ogni cosa insomma ritragge ancora in lui di quel popolo,che resistè ai Romani, battè i Saracini, pose agli estremiVenezia, distrusse Pisa, conquistò Sardegna, produsseColombo e Doria, cacciò dalla sua città capitale i soldatid'Austria; e se i destini in questi ultimi tempi non fosse-ro stati tanto contrarj alla misera Italia, forse i Liguri

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mollito gli animi, e se vi rimanevano ordini buoni, man-cavano uomini forti per sostenergli. Diminuita la poten-za Turchesca, e composte a quiete le cose d'Italia, per-chè accordate, rispetto al ducato di Milano, ed al regnodi Napoli, tra Francia, Austria e Spagna, posò intiera-mente le armi la repubblica, e credette colla sola sapien-za civile potersi preservar salva nei pericoli, che radi an-cora si rappresentavano. Ma vennero certi tempi strani,in cui la sapienza civile non poteva più bastare senza laforza, troppo rotti e troppo enormi dovevano essere imoti: la sapienza civile stessa era venuta in derisione.Così Venezia verso l'ottantanove stimata da tutti, temutada nissuno, se era capace di risoluzioni prudenti, non eradi risoluzioni gagliarde; l'edifizio politico vi stava senzapuntello: una prima scossa il doveva far rovinare.Assai diversa da questa mostravasi, quanto al vigore de-gli animi, la condizione della repubblica di Genova.Nissun popolo si è veduto meno da' suoi maggiori dege-nerato del Genovese. Fortezza d'animo, prontezza dimente, amore di libertà, attività mirabile, civiltà ancormista con qualche rozzezza, ma esente da mollezza; unosare con prudenza, un perseverare senza ostinazione,ogni cosa insomma ritragge ancora in lui di quel popolo,che resistè ai Romani, battè i Saracini, pose agli estremiVenezia, distrusse Pisa, conquistò Sardegna, produsseColombo e Doria, cacciò dalla sua città capitale i soldatid'Austria; e se i destini in questi ultimi tempi non fosse-ro stati tanto contrarj alla misera Italia, forse i Liguri

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avrebbero lasciato al mondo qualche bel saggio di valo-re e di virtù. Ma parlossi d'indipendenza con la oppres-sione, e di libertà con la servitù, e gli animi distratti fradolci parole e tristi fatti, non poterono nè accendersi albene, nè vendicarsi del male. Era in Venezia un acque-tarsi abituale alla sovranità dei patrizj, perchè era nonsolamente non tirannica, ma dolce, e perchè era da prin-cipio presa, e non data. Era in Genova un vegliare conti-nuo, una gelosìa senza posa nell'universale verso la so-vranità dei nobili, non perchè tirannica fosse, ma perchèera stata non presa da chi comandava, ma data da chiobbediva. La lunga quiete aveva fatto posar gli animi inVenezia: le sette, le fazioni, le parti ora rompendo inmanifesta guerra civile, ora sottomettendo la patria aiforestieri, avevano mantenuto in Genova gli animi forti,e le menti attente. Era nel paese veneto gran ricchezzacon ampio territorio e fertile; era nel Genovesato granricchezza con angusto territorio e sterile; perciò là si po-teva conservar l'acquistato posando, qua bisognava con-servarlo operando. Era in Venezia chiuso a' plebei il li-bro d'oro; era in Genova aperto, possente stimolo a chiaveva avuto più amica la natura che la fortuna. Sicchènon dee far maraviglia, se risplendeva Venezia più perdelicatezza di costumi, che per forza, e se pel contrarioera più conspicua in Genova la forza che la delicatezza.Quanto alle opinioni, quelle relative allo stato poco sa-pevano di cambiamento, quelle relative all'ecclesiastichediscipline, assai. Quindi Porto-Reale era in favore, emolto largamente si pensava sull'autorità del papa. Tal

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avrebbero lasciato al mondo qualche bel saggio di valo-re e di virtù. Ma parlossi d'indipendenza con la oppres-sione, e di libertà con la servitù, e gli animi distratti fradolci parole e tristi fatti, non poterono nè accendersi albene, nè vendicarsi del male. Era in Venezia un acque-tarsi abituale alla sovranità dei patrizj, perchè era nonsolamente non tirannica, ma dolce, e perchè era da prin-cipio presa, e non data. Era in Genova un vegliare conti-nuo, una gelosìa senza posa nell'universale verso la so-vranità dei nobili, non perchè tirannica fosse, ma perchèera stata non presa da chi comandava, ma data da chiobbediva. La lunga quiete aveva fatto posar gli animi inVenezia: le sette, le fazioni, le parti ora rompendo inmanifesta guerra civile, ora sottomettendo la patria aiforestieri, avevano mantenuto in Genova gli animi forti,e le menti attente. Era nel paese veneto gran ricchezzacon ampio territorio e fertile; era nel Genovesato granricchezza con angusto territorio e sterile; perciò là si po-teva conservar l'acquistato posando, qua bisognava con-servarlo operando. Era in Venezia chiuso a' plebei il li-bro d'oro; era in Genova aperto, possente stimolo a chiaveva avuto più amica la natura che la fortuna. Sicchènon dee far maraviglia, se risplendeva Venezia più perdelicatezza di costumi, che per forza, e se pel contrarioera più conspicua in Genova la forza che la delicatezza.Quanto alle opinioni, quelle relative allo stato poco sa-pevano di cambiamento, quelle relative all'ecclesiastichediscipline, assai. Quindi Porto-Reale era in favore, emolto largamente si pensava sull'autorità del papa. Tal

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era Genova non cambiata dai secoli, e le antiche querelesulla natura de' suoi abitatori al molto amor patrio suosempre molesto ai forestieri, piuttosto che a verità, deb-bonsi attribuire.Se Venezia dimostrava quanto possa per la felicità deipopoli e per la stabilità degli stati l'aristocrazia tempera-ta dal costume, se Genova c'insegnava quanto possa pelmedesimo fine la maniera stessa di governo temperatadal costume e dalla gelosia del popolo, dimostravaloLucca con l'uno e con l'altro, e di più col freno di unasottile investigazione sul procedere tanto dei nobili,quanto dei popolari. Era in Lucca quest'ordine, che chia-mavano discolato, e rappresentava l'antico ostracismod'Atene, e la censura di Roma, che quando alcuno, o no-bile o popolano si fosse, trascorreva i limiti della mode-stia civile, o dei costumi buoni, tosto tenevasi Discolato,scrivendo ciascun senatore il suo nome in sur una poliz-za; e se venticinque polizze il dannavano in tre Discolatisuccessivi, ei s'intendeva mandato a confine, od in esi-lio. Tenevasi il Discolato ogni due mesi; il che era granfreno agli uomini ambiziosi e scorretti. Pure siccomesempre il male è vicino al bene, quella continua e minu-ta inquisizione, col timore che ne nasceva, rendevano disoverchio gli uomini sospettosi e guardinghi; perfinol'onesta piacevolezza era sbandita dal conversare Luc-chese, ed una terra, oltre ogni credere dolce e gioconda,era abitata da gente grave e contegnosa.Nè minor gelosia era verso i giudici; quindi si chiama-

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era Genova non cambiata dai secoli, e le antiche querelesulla natura de' suoi abitatori al molto amor patrio suosempre molesto ai forestieri, piuttosto che a verità, deb-bonsi attribuire.Se Venezia dimostrava quanto possa per la felicità deipopoli e per la stabilità degli stati l'aristocrazia tempera-ta dal costume, se Genova c'insegnava quanto possa pelmedesimo fine la maniera stessa di governo temperatadal costume e dalla gelosia del popolo, dimostravaloLucca con l'uno e con l'altro, e di più col freno di unasottile investigazione sul procedere tanto dei nobili,quanto dei popolari. Era in Lucca quest'ordine, che chia-mavano discolato, e rappresentava l'antico ostracismod'Atene, e la censura di Roma, che quando alcuno, o no-bile o popolano si fosse, trascorreva i limiti della mode-stia civile, o dei costumi buoni, tosto tenevasi Discolato,scrivendo ciascun senatore il suo nome in sur una poliz-za; e se venticinque polizze il dannavano in tre Discolatisuccessivi, ei s'intendeva mandato a confine, od in esi-lio. Tenevasi il Discolato ogni due mesi; il che era granfreno agli uomini ambiziosi e scorretti. Pure siccomesempre il male è vicino al bene, quella continua e minu-ta inquisizione, col timore che ne nasceva, rendevano disoverchio gli uomini sospettosi e guardinghi; perfinol'onesta piacevolezza era sbandita dal conversare Luc-chese, ed una terra, oltre ogni credere dolce e gioconda,era abitata da gente grave e contegnosa.Nè minor gelosia era verso i giudici; quindi si chiama-

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vano dall'estero: poi, deposto il magistrato, si sottomet-tevano a sindacato, o vogliam dire ad esame: seduti inluogo pubblico, poteva ognuno accusargli di gravame;commessarj espressi tenevano registro, e facevano rap-porto al senato, che giudicando assolveva o condannava.Così erano in Lucca giudizj integerrimi, primo e princi-pal fondamento alla contentezza dei popoli.Ma se vi si dava ad ognuno il suo, vi si largiva il neces-sario al bisognoso; perchè a chi voleva aprir traffichi, oera stato danneggiato dalle stagioni, si fornivano, o da-nari dall'erario, o generi dai magazzini del comune. Cosìmite, provvido, e libero era il reggimento di Lucca. Cosìancora facilmente si vede, che nei paesi d'Italia, che nonerano stati dati in preda dagl'imperadori a principi asso-luti, od a signori arbitrarj, erano state ordinate la giusti-zia e la libertà, non impronte e superbe favellatrici,come in altri paesi, ma fondate su buoni statuti,sull'assenza d'eserciti esorbitanti, sulla modestia di chireggeva, sulla natura sottile ad un tempo, ed assennatadegl'Italiani. Che poi questi ordini fossero perfetti perfondare una compita libertà, nè io, nè altri, credo, ches'ardirà dire. Ma dove sia questo genere di perfezione,per me nol so; poichè neanco credo che sia dove le sol-datesche sterminate possono conquistare, e recare a ser-vaggio non che la patria, una, ed anche più parti delmondo. Che se poi solo ed unicamente si volesse giudi-care della bontà dei governi argomentando dall'infre-quenza dei delitti, certamente si affermerebbe i governi

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vano dall'estero: poi, deposto il magistrato, si sottomet-tevano a sindacato, o vogliam dire ad esame: seduti inluogo pubblico, poteva ognuno accusargli di gravame;commessarj espressi tenevano registro, e facevano rap-porto al senato, che giudicando assolveva o condannava.Così erano in Lucca giudizj integerrimi, primo e princi-pal fondamento alla contentezza dei popoli.Ma se vi si dava ad ognuno il suo, vi si largiva il neces-sario al bisognoso; perchè a chi voleva aprir traffichi, oera stato danneggiato dalle stagioni, si fornivano, o da-nari dall'erario, o generi dai magazzini del comune. Cosìmite, provvido, e libero era il reggimento di Lucca. Cosìancora facilmente si vede, che nei paesi d'Italia, che nonerano stati dati in preda dagl'imperadori a principi asso-luti, od a signori arbitrarj, erano state ordinate la giusti-zia e la libertà, non impronte e superbe favellatrici,come in altri paesi, ma fondate su buoni statuti,sull'assenza d'eserciti esorbitanti, sulla modestia di chireggeva, sulla natura sottile ad un tempo, ed assennatadegl'Italiani. Che poi questi ordini fossero perfetti perfondare una compita libertà, nè io, nè altri, credo, ches'ardirà dire. Ma dove sia questo genere di perfezione,per me nol so; poichè neanco credo che sia dove le sol-datesche sterminate possono conquistare, e recare a ser-vaggio non che la patria, una, ed anche più parti delmondo. Che se poi solo ed unicamente si volesse giudi-care della bontà dei governi argomentando dall'infre-quenza dei delitti, certamente si affermerebbe i governi

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di Venezia, di Genova, di Lucca, e di Toscana essere imigliori. Va con questi, se però non è superiore per bon-tà, quello della repubblica di San Marino. Vive da dodi-ci secoli la repubblica di questo nome, appena nota almondo per fama. Quivi virtù senza fasto, quiete senzatirannide, felicità senz'invidia: quivi nobiltà solo perchiarezza di natali, non per dritti oltraggiosi, nè per pri-vilegj, nè per desiderio di dominazione: quivi popolooccupato ed industrioso, e come fra nobili temperati,così nè irrequieto, nè tirannico. Fortunate sorti, per cui,tolta l'ambizione dalle due parti, solo rimasero gli affetticonservatori della società. Rovinavano per lunghi anniintorno a San-Marino i regni, rovinavano le repubbliche,si straziavano gli uomini per civili e per esterne guerre:sul Titano monte perseverarono i Sammariniani in tran-quillo stato, ed amici a tutti: dall'alto, e dal sereno mira-vano le tempeste. Volle l'ambizione moderna introdursiin quei placidi recessi, ma fu l'opera indarno, come fiada noi a suo luogo raccontato: l'inveterato e dolce aereresistette al pestilenziale soffio. Un consiglio di sessantanominato primitivamente dai capi di tutte le famiglieadunati in generale congresso, o vogliam dire a parla-mento, e che chiamavano aringo, poi rinnovellato da sestesso a misura delle vacanze, e due consoli semestralicol titolo di capitani del comune reggono lo stato. Han-no i capitani la facoltà esecutiva: avevano anche antica-mente, a norma degli antichi consoli di Roma, parte del-la giudiziale, ma questa poi cesse a uomini chiamatidall'estero dal consiglio sotto nome di podestà: rimase ai

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di Venezia, di Genova, di Lucca, e di Toscana essere imigliori. Va con questi, se però non è superiore per bon-tà, quello della repubblica di San Marino. Vive da dodi-ci secoli la repubblica di questo nome, appena nota almondo per fama. Quivi virtù senza fasto, quiete senzatirannide, felicità senz'invidia: quivi nobiltà solo perchiarezza di natali, non per dritti oltraggiosi, nè per pri-vilegj, nè per desiderio di dominazione: quivi popolooccupato ed industrioso, e come fra nobili temperati,così nè irrequieto, nè tirannico. Fortunate sorti, per cui,tolta l'ambizione dalle due parti, solo rimasero gli affetticonservatori della società. Rovinavano per lunghi anniintorno a San-Marino i regni, rovinavano le repubbliche,si straziavano gli uomini per civili e per esterne guerre:sul Titano monte perseverarono i Sammariniani in tran-quillo stato, ed amici a tutti: dall'alto, e dal sereno mira-vano le tempeste. Volle l'ambizione moderna introdursiin quei placidi recessi, ma fu l'opera indarno, come fiada noi a suo luogo raccontato: l'inveterato e dolce aereresistette al pestilenziale soffio. Un consiglio di sessantanominato primitivamente dai capi di tutte le famiglieadunati in generale congresso, o vogliam dire a parla-mento, e che chiamavano aringo, poi rinnovellato da sestesso a misura delle vacanze, e due consoli semestralicol titolo di capitani del comune reggono lo stato. Han-no i capitani la facoltà esecutiva: avevano anche antica-mente, a norma degli antichi consoli di Roma, parte del-la giudiziale, ma questa poi cesse a uomini chiamatidall'estero dal consiglio sotto nome di podestà: rimase ai

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capitani l'ufficio di paciali. Sono i capitani, e così ancorai podestà, per gli atti del loro ufficio soggetti al sindaca-to, che è il modo della legge delle obbligazioni, o comedicono i Francesi, della risponsabilità, trovato dagl'Ita-liani per la guarentigia dei dritti. L'equalità civile conso-la San Marino, i costumi il conservano, la povertà sicuroscudo contro i forestieri. Nulla ei desidera negli altri,nulla gli altri desiderano in lui, perchè i buoni hanno aschifo i vizj, la quiete non piace ai turbolenti, nè la li-bertà ai corrotti.Regnava in Modena il duca Ercole Rinaldo di Este, ulti-mo rampollo di una casa, da cui l'Italia riconosce tantibenefizj di gentilezza, di dottrina e di lettere, come sefosse ordinato dai cieli, che non solo ogni reggimentoItaliano, ma ancora ogni sangue sovrano, eccetto quel diPiemonte, dovessero andare spenti nei calamitosi tempiche vedemmo. Era il duca Ercole principe degno deisuoi maggiori, se non che forse la sua strettezza nellospendere era tale, che sapeva di miseria. Pure dubitar sipotrebbe, se tale qualità in lui si debba a vizio, od a virtùattribuire; perchè se dagli eventi giudicar si dovesse, edalla natura sua, ch'era previdentissima, sarebbe degnoanzi di lode, che di biasimo. Certo, era in lui maravi-gliosa la previdenza, e non so se i posteri mi crederanno,perchè ciò solo a rinomati filosofi fu attribuito, quandodirò, che il duca Ercole con chiaro ed evidente discorsopredisse, parecchi anni prima dell'ottantanove, il sovver-timento di Francia, e la rovina d'Europa. Aggiunse con

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capitani l'ufficio di paciali. Sono i capitani, e così ancorai podestà, per gli atti del loro ufficio soggetti al sindaca-to, che è il modo della legge delle obbligazioni, o comedicono i Francesi, della risponsabilità, trovato dagl'Ita-liani per la guarentigia dei dritti. L'equalità civile conso-la San Marino, i costumi il conservano, la povertà sicuroscudo contro i forestieri. Nulla ei desidera negli altri,nulla gli altri desiderano in lui, perchè i buoni hanno aschifo i vizj, la quiete non piace ai turbolenti, nè la li-bertà ai corrotti.Regnava in Modena il duca Ercole Rinaldo di Este, ulti-mo rampollo di una casa, da cui l'Italia riconosce tantibenefizj di gentilezza, di dottrina e di lettere, come sefosse ordinato dai cieli, che non solo ogni reggimentoItaliano, ma ancora ogni sangue sovrano, eccetto quel diPiemonte, dovessero andare spenti nei calamitosi tempiche vedemmo. Era il duca Ercole principe degno deisuoi maggiori, se non che forse la sua strettezza nellospendere era tale, che sapeva di miseria. Pure dubitar sipotrebbe, se tale qualità in lui si debba a vizio, od a virtùattribuire; perchè se dagli eventi giudicar si dovesse, edalla natura sua, ch'era previdentissima, sarebbe degnoanzi di lode, che di biasimo. Certo, era in lui maravi-gliosa la previdenza, e non so se i posteri mi crederanno,perchè ciò solo a rinomati filosofi fu attribuito, quandodirò, che il duca Ercole con chiaro ed evidente discorsopredisse, parecchi anni prima dell'ottantanove, il sovver-timento di Francia, e la rovina d'Europa. Aggiunse con

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voce ugualmente profetica, che la Francia perderebbe lasua preponderanza, che tutte le potenze si sarebbero col-legate contro di lei, e che nissuna l'avrebbe aiutata. Prin-cipe buono, ed avverso agli ordini feudali, affermavach'essi erano più funesto flagello all'umana generazione,che la guerra e la peste, nè mai comportò ai nobili le in-solenze. Principe religioso, seppe tener in freno il cleroe Roma, perchè e voleva intiero il dominio de' suoi, e siricordava del tratto di Ferrara. Fiorirono maravigliosa-mente a tempo suo le lettere in quella parte d'Italia: finìla casa d'Este simile a lei, nell'antico costume perseve-rando.Ora per raccogliere in poco discorso quello che siamoandati finora largamente divisando, si vede che se appa-rivano in Italia desiderj di riforme, non apparivano semidi rivoluzione; che questi desiderj risguardavano partelo stato politico, parte la disciplina ed il governo dellachiesa; principalmente una evidente impazienza vi erasorta di quanto rimaneva degli ordini feudali. I principi,i primi mostrarono di volere, e mandarono ad effettonon poche riforme; il che fece nascere generalmente de-siderio e speranza di veder condotta a compimento lamacchina delle instituzioni sociali. Tutte queste cose as-secondava la filosofia tanto squisita di quei tempi, nonquella, dico, turbolenta e sfrenata, che non s'intendecome alcuni chiamino filosofia, ma quella che desidera-va maggior moderazione nei potenti, e maggior felicitànei deboli. Imperciocchè la religione divenuta ricca e

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voce ugualmente profetica, che la Francia perderebbe lasua preponderanza, che tutte le potenze si sarebbero col-legate contro di lei, e che nissuna l'avrebbe aiutata. Prin-cipe buono, ed avverso agli ordini feudali, affermavach'essi erano più funesto flagello all'umana generazione,che la guerra e la peste, nè mai comportò ai nobili le in-solenze. Principe religioso, seppe tener in freno il cleroe Roma, perchè e voleva intiero il dominio de' suoi, e siricordava del tratto di Ferrara. Fiorirono maravigliosa-mente a tempo suo le lettere in quella parte d'Italia: finìla casa d'Este simile a lei, nell'antico costume perseve-rando.Ora per raccogliere in poco discorso quello che siamoandati finora largamente divisando, si vede che se appa-rivano in Italia desiderj di riforme, non apparivano semidi rivoluzione; che questi desiderj risguardavano partelo stato politico, parte la disciplina ed il governo dellachiesa; principalmente una evidente impazienza vi erasorta di quanto rimaneva degli ordini feudali. I principi,i primi mostrarono di volere, e mandarono ad effettonon poche riforme; il che fece nascere generalmente de-siderio e speranza di veder condotta a compimento lamacchina delle instituzioni sociali. Tutte queste cose as-secondava la filosofia tanto squisita di quei tempi, nonquella, dico, turbolenta e sfrenata, che non s'intendecome alcuni chiamino filosofia, ma quella che desidera-va maggior moderazione nei potenti, e maggior felicitànei deboli. Imperciocchè la religione divenuta ricca e

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potente, per opera dei gesuiti, lusinghiera e comportatri-ce di ogni cosa ai potenti, in troppo minor cura aveva, diquanto si convenisse, coloro i quali, secondo i precettidel suo divino Autore, suoi figliuoli prediletti esser do-vrebbono, ch'è quanto a dire i deboli. In ciò volle supplirla filosofia, e fecelo, fintantochè uomini senza freno dilei troppo enormemente abusando, empierono il mondodi sterminj e di sangue, come altre volte uomini senzafreno troppo enormemente ancora della religione abu-sando, avevano i secoli spaventato con stragi e con rui-ne. A questo, erano in alcuni luoghi della penisola uomi-ni rozzi, ma forti, in altri uomini gentili, ma deboli; dinuovo in alcuni armi deboli, ma opinioni tenaci; in altriarmi forti, ma eccessive, e per questo medesimo che ec-cessive erano, non sufficienti. Del resto, se erano in Ita-lia desiderj buoni, non erano ambizioni cattive; non solonon vi si aveva speranza, ma neanco sospetto di rivolu-zione, e gli Italiani hanno natura tale, che se van con im-peto, maturano con giudizio.Tale era Italia, quando giunto il secolo verso l'anno dellanostra salute 1789, si manifestarono in Francia, provin-cia solita a muovere co' suoi moti tutta l'Europa, inclina-zioni e cambiamenti di grandissimo momento. Destaro-no queste novità diverse speranze e diversi timori in Ita-lia, secondo la diversità degl'ingegni e delle passioni. Inquesti crebbero le speranze, in quelli i timori; in alcunicominciarono a sorgere le ambizioni: i principi si ristet-tero dalle riforme per sospetto, i popoli più le desidera-

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potente, per opera dei gesuiti, lusinghiera e comportatri-ce di ogni cosa ai potenti, in troppo minor cura aveva, diquanto si convenisse, coloro i quali, secondo i precettidel suo divino Autore, suoi figliuoli prediletti esser do-vrebbono, ch'è quanto a dire i deboli. In ciò volle supplirla filosofia, e fecelo, fintantochè uomini senza freno dilei troppo enormemente abusando, empierono il mondodi sterminj e di sangue, come altre volte uomini senzafreno troppo enormemente ancora della religione abu-sando, avevano i secoli spaventato con stragi e con rui-ne. A questo, erano in alcuni luoghi della penisola uomi-ni rozzi, ma forti, in altri uomini gentili, ma deboli; dinuovo in alcuni armi deboli, ma opinioni tenaci; in altriarmi forti, ma eccessive, e per questo medesimo che ec-cessive erano, non sufficienti. Del resto, se erano in Ita-lia desiderj buoni, non erano ambizioni cattive; non solonon vi si aveva speranza, ma neanco sospetto di rivolu-zione, e gli Italiani hanno natura tale, che se van con im-peto, maturano con giudizio.Tale era Italia, quando giunto il secolo verso l'anno dellanostra salute 1789, si manifestarono in Francia, provin-cia solita a muovere co' suoi moti tutta l'Europa, inclina-zioni e cambiamenti di grandissimo momento. Destaro-no queste novità diverse speranze e diversi timori in Ita-lia, secondo la diversità degl'ingegni e delle passioni. Inquesti crebbero le speranze, in quelli i timori; in alcunicominciarono a sorgere le ambizioni: i principi si ristet-tero dalle riforme per sospetto, i popoli più le desidera-

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rono per l'esempio: tutti credettero che per la vicinanzadei luoghi, per la frequenza del commercio, per la co-munanza delle opinioni, novità di una suprema impor-tanza avverrebbero di là, come già erano avvenute diqua da' monti.

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rono per l'esempio: tutti credettero che per la vicinanzadei luoghi, per la frequenza del commercio, per la co-munanza delle opinioni, novità di una suprema impor-tanza avverrebbero di là, come già erano avvenute diqua da' monti.

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LIBRO SECONDO

SOMMARIORivoluzioni in Francia, e loro cagioni, ed effetti. Loro effetti neglialtri paesi d'Europa, massime in Italia. Proposizione di una legaItalica. Vera natura del trattato di Pilnitz. Morte di Leopoldo, im-peratore d'Alemagna; assunzione di Francesco, suo figliuolo. Sti-moli della Russia alla guerra contro la Francia. L'Austria e laPrussia in guerra con questa potenza. Risoluzione della Sardegna,di Venezia, di Napoli, di Genova, del papa e della Toscana. Umoridei popoli in Italia: opinioni delle due parti contrarie. Arti del go-verno di Francia rispetto ai governi Italiani nel 1792. Egli dichia-ra la guerra al re di Sardegna nel mese di settembre. Fatti d'arminella Savoia, e nella contea di Nizza tra i Francesi, e i Piemontesi.Dispersione di questi ultimi nelle due provincie. Esse vengono inpotestà dei primi. Fuga lagrimevole dei fuorusciti francesi dallaSavoia. Risoluzioni del re Vittorio Amedeo in un caso tanto im-provviso, e tanto pericoloso.

Le mutazioni fatte in Italia da principi eccellenti nonpartorirono che bene; quelle fatte da un principe giusto ebuono in Francia non solo non fruttificarono quel giova-mento ch'ei s'era proposto, ma originarono ancora orri-bili disgrazie. Della qual differenza chi volesse investi-gar le cagioni, avrà a considerar in primo luogo le opi-nioni ed i costumi, che prevalevano a quei tempi in quelregno, poi le leggi che il governavano, e finalmente lostato dell'erario.Quello spirito di benevolenza verso l'umana generazio-

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LIBRO SECONDO

SOMMARIORivoluzioni in Francia, e loro cagioni, ed effetti. Loro effetti neglialtri paesi d'Europa, massime in Italia. Proposizione di una legaItalica. Vera natura del trattato di Pilnitz. Morte di Leopoldo, im-peratore d'Alemagna; assunzione di Francesco, suo figliuolo. Sti-moli della Russia alla guerra contro la Francia. L'Austria e laPrussia in guerra con questa potenza. Risoluzione della Sardegna,di Venezia, di Napoli, di Genova, del papa e della Toscana. Umoridei popoli in Italia: opinioni delle due parti contrarie. Arti del go-verno di Francia rispetto ai governi Italiani nel 1792. Egli dichia-ra la guerra al re di Sardegna nel mese di settembre. Fatti d'arminella Savoia, e nella contea di Nizza tra i Francesi, e i Piemontesi.Dispersione di questi ultimi nelle due provincie. Esse vengono inpotestà dei primi. Fuga lagrimevole dei fuorusciti francesi dallaSavoia. Risoluzioni del re Vittorio Amedeo in un caso tanto im-provviso, e tanto pericoloso.

Le mutazioni fatte in Italia da principi eccellenti nonpartorirono che bene; quelle fatte da un principe giusto ebuono in Francia non solo non fruttificarono quel giova-mento ch'ei s'era proposto, ma originarono ancora orri-bili disgrazie. Della qual differenza chi volesse investi-gar le cagioni, avrà a considerar in primo luogo le opi-nioni ed i costumi, che prevalevano a quei tempi in quelregno, poi le leggi che il governavano, e finalmente lostato dell'erario.Quello spirito di benevolenza verso l'umana generazio-

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ne, il quale era prevalso in Europa a questi tempi, avevamesso più profonde, e più larghe radici in Francia, chein qualsivoglia altra provincia, sì perchè dalla Franciamedesima quasi da fonte principale derivava, sì perchèla civiltà degli uomini in questo paese era molt'oltre pro-ceduta, e sì finalmente perchè, essendo essi d'indole vo-lubile, fan nascere spesso le mode ed i tempi, ed i tempiposcia gli governano. Così era allora tempo d'umanità; esiccome questa è una nazione, che per la prontezza dellamente, e per la grandezza dei concetti, dà facilmente ne-gli estremi così nel bene, come nel male, e sempre si go-verna coi superlativi, così questa universale benevolen-za era diventata eccessiva, estendendosi anche a certifini, che toccano la radice del governo, e ciò non senzapericolo dello stato; poichè se è necessario allettar gliuomini con l'amore, è anche necessario frenargli col ti-more, più potendo in loro l'ambizione e l'altre male pe-sti, che la gratitudine.In tale disposizione di animi non solo erano divenuti,più che non fossero mai stati, odiosi i residui degli ordi-ni feudali, ma ogni leggier freno, che dal governo venis-se, era riputato duro e tirannico. Da questo procedeva,che con riforme utili si desideravano anche riforme di-sutili, o pericolose.Queste opinioni recavano possente incentivo da quelle,che s'erano formate e sparse ai tempi dell'ultima guerrad'America, sì opportunamente intrapresa, e sì generosa-mente condotta dalla Francia: esser doni volontarj le

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ne, il quale era prevalso in Europa a questi tempi, avevamesso più profonde, e più larghe radici in Francia, chein qualsivoglia altra provincia, sì perchè dalla Franciamedesima quasi da fonte principale derivava, sì perchèla civiltà degli uomini in questo paese era molt'oltre pro-ceduta, e sì finalmente perchè, essendo essi d'indole vo-lubile, fan nascere spesso le mode ed i tempi, ed i tempiposcia gli governano. Così era allora tempo d'umanità; esiccome questa è una nazione, che per la prontezza dellamente, e per la grandezza dei concetti, dà facilmente ne-gli estremi così nel bene, come nel male, e sempre si go-verna coi superlativi, così questa universale benevolen-za era diventata eccessiva, estendendosi anche a certifini, che toccano la radice del governo, e ciò non senzapericolo dello stato; poichè se è necessario allettar gliuomini con l'amore, è anche necessario frenargli col ti-more, più potendo in loro l'ambizione e l'altre male pe-sti, che la gratitudine.In tale disposizione di animi non solo erano divenuti,più che non fossero mai stati, odiosi i residui degli ordi-ni feudali, ma ogni leggier freno, che dal governo venis-se, era riputato duro e tirannico. Da questo procedeva,che con riforme utili si desideravano anche riforme di-sutili, o pericolose.Queste opinioni recavano possente incentivo da quelle,che s'erano formate e sparse ai tempi dell'ultima guerrad'America, sì opportunamente intrapresa, e sì generosa-mente condotta dalla Francia: esser doni volontarj le

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contribuzioni dei popoli, dover essi e della necessitàloro, e della quantità giudicare, esser la nobiltà non ne-cessaria, anzi pericolosa allo stato, il re capo, non sovra-no, il clero consiglio, non ordine, e richiamavanlo allasemplicità antica; la religione dover esser libera. A que-sto aggiungevasi una tale tenerezza per gli oppressi, chese mancavano i veri, si cercavano i supposti per isfogarla piena di tanto amore; poichè ogni punito ed ogni im-posto riputavansi oppressi, ed un gran di sale, che si pa-gasse, faceva sì che si gridava tirannide. Le ambizioni simescolavano alle dolci affezioni, ed alcuni fra i popola-ni, vedendosi favoriti dall'opinione, volevano diventarpotenti con salire alle dignità, ed alle cariche dello stato.Quest'erano le improntitudini popolari; ma la ferita eraanche più grave, e più dentro penetrava nelle visceredello stato; conciossiachè coloro fra i nobili, che aveva-no militato in America, eransi lasciati ridurre sì perl'esempio, e sì ancora sospinti da una illusione benevola,credendo che un'Americana pianta potesse portar buonifrutti in un terreno europeo non adatto ad opinioni piùfavorevoli ai popoli, che alla corona; ed oltre alla equa-lità dei dritti, desideravano l'introduzione di qualche or-dine popolare nell'antica constituzione del regno. Piace-vano loro le forme della constituzione d'Inghilterra. Ciòmise discordia fra la nobiltà, poichè alcuni fra i nobiliopinavano per le novità, alcuni per le antiche cose, ecosì s'indeboliva questo propugnacolo della corona inun tempo in cui ella ne aveva più bisogno.

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contribuzioni dei popoli, dover essi e della necessitàloro, e della quantità giudicare, esser la nobiltà non ne-cessaria, anzi pericolosa allo stato, il re capo, non sovra-no, il clero consiglio, non ordine, e richiamavanlo allasemplicità antica; la religione dover esser libera. A que-sto aggiungevasi una tale tenerezza per gli oppressi, chese mancavano i veri, si cercavano i supposti per isfogarla piena di tanto amore; poichè ogni punito ed ogni im-posto riputavansi oppressi, ed un gran di sale, che si pa-gasse, faceva sì che si gridava tirannide. Le ambizioni simescolavano alle dolci affezioni, ed alcuni fra i popola-ni, vedendosi favoriti dall'opinione, volevano diventarpotenti con salire alle dignità, ed alle cariche dello stato.Quest'erano le improntitudini popolari; ma la ferita eraanche più grave, e più dentro penetrava nelle visceredello stato; conciossiachè coloro fra i nobili, che aveva-no militato in America, eransi lasciati ridurre sì perl'esempio, e sì ancora sospinti da una illusione benevola,credendo che un'Americana pianta potesse portar buonifrutti in un terreno europeo non adatto ad opinioni piùfavorevoli ai popoli, che alla corona; ed oltre alla equa-lità dei dritti, desideravano l'introduzione di qualche or-dine popolare nell'antica constituzione del regno. Piace-vano loro le forme della constituzione d'Inghilterra. Ciòmise discordia fra la nobiltà, poichè alcuni fra i nobiliopinavano per le novità, alcuni per le antiche cose, ecosì s'indeboliva questo propugnacolo della corona inun tempo in cui ella ne aveva più bisogno.

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Ma i più fra coloro dei nobili, che o per coscienza, o perinteresse perseveravano nelle massime antiche, e rima-nevano fedeli alla corona tale quale era durata da tantisecoli, davano novella forza, certo per orgoglio mal mi-surato, alla potenza popolare che sorgeva; imperciocchèe più insolenti si mostravano nelle ville e castelli loro, epiù duramente esigevano gli abborriti dritti feudali, cre-dendo con maggior forza doversi tener quello, che si te-meva di perdere. Ciò tanto maggiormente si osservava,e tanto maggior odio creava, che quella parte dei nobiliche inclinavano a novità, avevano i medesimi ordini ointieramente dismessi, o grandemente moderati, ed i re-stanti con molta mansuetudine riscuotevano. L'odio sali-va alla corona, perchè questi nobili arroganti erano ap-punto quelli, che facevano maggior dimostrazione in fa-vore delle prerogative, e della potenza regia.Nè queste erano le sole cagioni di novità. Certo è, che ivizi maggiormente allignano fra i grandi che fra il popo-lo, tale essendo la natura umana, che tanto più si cor-rompe, quanto ha più modi di corrompere e di corrom-persi; nè bastano le gentili dottrine a raffrenarquest'impeto, poichè esse meglio servono di scusa chedi freno. Quindi era sorta fra i ricchi una tale dissolutez-za di costumi, che ne fu tolto alle persone loro quel ri-spetto, che già aveva tolto ai loro dritti l'opinione.L'ozio, il lusso, i piaceri lascivi, i piaceri infami eranogiunti al colmo; nè alcuno era contento alla condizionesua, che, nata l'ambizione, niuno voleva stare, ognuno

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Ma i più fra coloro dei nobili, che o per coscienza, o perinteresse perseveravano nelle massime antiche, e rima-nevano fedeli alla corona tale quale era durata da tantisecoli, davano novella forza, certo per orgoglio mal mi-surato, alla potenza popolare che sorgeva; imperciocchèe più insolenti si mostravano nelle ville e castelli loro, epiù duramente esigevano gli abborriti dritti feudali, cre-dendo con maggior forza doversi tener quello, che si te-meva di perdere. Ciò tanto maggiormente si osservava,e tanto maggior odio creava, che quella parte dei nobiliche inclinavano a novità, avevano i medesimi ordini ointieramente dismessi, o grandemente moderati, ed i re-stanti con molta mansuetudine riscuotevano. L'odio sali-va alla corona, perchè questi nobili arroganti erano ap-punto quelli, che facevano maggior dimostrazione in fa-vore delle prerogative, e della potenza regia.Nè queste erano le sole cagioni di novità. Certo è, che ivizi maggiormente allignano fra i grandi che fra il popo-lo, tale essendo la natura umana, che tanto più si cor-rompe, quanto ha più modi di corrompere e di corrom-persi; nè bastano le gentili dottrine a raffrenarquest'impeto, poichè esse meglio servono di scusa chedi freno. Quindi era sorta fra i ricchi una tale dissolutez-za di costumi, che ne fu tolto alle persone loro quel ri-spetto, che già aveva tolto ai loro dritti l'opinione.L'ozio, il lusso, i piaceri lascivi, i piaceri infami eranogiunti al colmo; nè alcuno era contento alla condizionesua, che, nata l'ambizione, niuno voleva stare, ognuno

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voleva salire, ed ogni modo era riputato buono, o di pe-cunia accattata che si fosse, e di meretrice compra, o dibugia, o di calunnia. Tanta era stata la mala efficacia deitempi della reggenza! Il vizio s'era introdotto nella cortestessa, nè bastava, non dirò a sanar gli animi, ma a con-tenerli, l'esempio del re, per verità di costumi integerri-mi. Ma siccome i popoli credono che le corti s'informi-no sul modello dei re, così i Francesi vedendo una cortescostumata, rimettevano ogni giorno più di quell'amore,che in tutti i secoli hanno portato ai re loro.Il perverso influsso era tale, che ne furono contaminatianche coloro, che dovrebbero avere in se più di sacro edi venerando. L'alto clero, posto da Dio per esempio eper modello ai fedeli, era diventato scandaloso per ognisorte di corruttela. Non pochi fra i prelati, abbandonatele sedi e gli ovili loro, se ne givano a Parigi per ivi faropera a diventar ministri, o mostra di ozio, di lusso e dilussuria; nè era raro il vedere ecclesiastici di primo gra-do fare o i dottori politici, o i corteggiatori di dame nelleconversazioni sì pubbliche che private; e tra di loro al-cuni, poste le mani violentemente nel proprio sangueterminarono una vita infame con modo ancor più infa-me. In mezzo a tutto questo scemava fra i popoli il ri-spetto verso la religione, ed è una fra le tante maravigliedi questi tempi strani, che i vizj dei prelati tanto e forsepiù abbiano contribuito all'incredulità del secolo, che gliaccagionati filosofi con gli scritti loro; poichè, se questidavano gli argomenti, quelli davano la materia. In tal

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voleva salire, ed ogni modo era riputato buono, o di pe-cunia accattata che si fosse, e di meretrice compra, o dibugia, o di calunnia. Tanta era stata la mala efficacia deitempi della reggenza! Il vizio s'era introdotto nella cortestessa, nè bastava, non dirò a sanar gli animi, ma a con-tenerli, l'esempio del re, per verità di costumi integerri-mi. Ma siccome i popoli credono che le corti s'informi-no sul modello dei re, così i Francesi vedendo una cortescostumata, rimettevano ogni giorno più di quell'amore,che in tutti i secoli hanno portato ai re loro.Il perverso influsso era tale, che ne furono contaminatianche coloro, che dovrebbero avere in se più di sacro edi venerando. L'alto clero, posto da Dio per esempio eper modello ai fedeli, era diventato scandaloso per ognisorte di corruttela. Non pochi fra i prelati, abbandonatele sedi e gli ovili loro, se ne givano a Parigi per ivi faropera a diventar ministri, o mostra di ozio, di lusso e dilussuria; nè era raro il vedere ecclesiastici di primo gra-do fare o i dottori politici, o i corteggiatori di dame nelleconversazioni sì pubbliche che private; e tra di loro al-cuni, poste le mani violentemente nel proprio sangueterminarono una vita infame con modo ancor più infa-me. In mezzo a tutto questo scemava fra i popoli il ri-spetto verso la religione, ed è una fra le tante maravigliedi questi tempi strani, che i vizj dei prelati tanto e forsepiù abbiano contribuito all'incredulità del secolo, che gliaccagionati filosofi con gli scritti loro; poichè, se questidavano gli argomenti, quelli davano la materia. In tal

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modo la potenza separatasi prima dalla virtù, separossianco dal rispetto, suo principal fondamento; la virtù me-desima sbandita dalla città e dalle curie, ricoverossi fra imodesti presbiterj dei parochi, e fra gli umili casolaridei contadini. Dal che ne nacque più forza alla potenzapopolare; perciocchè credessi là esser la buona causa,dov'era la virtù, e la cattiva, dov'era il vizio.A questo si aggiungeva, che a gran pezza l'entrata nonpareggiava l'uscita dello stato, deplorabil frutto dei con-cetti smisurati di Luigi decimoquarto, del voluttuoso vi-vere di Luigi decimoquinto, e del profuso spendere dellacorte di Luigi decimosesto, ancorchè questo principe sene vivesse per se molto parcamente. Questo difettonell'entrata era giunto a tale sul finire del 1786, ch'eraper nascere una gran rovina, se presto non vi si rimedia-va.In cotal modo scomposte le cose, passata la forzadell'opinione dai nobili ai popolani, dai ricchi ai poveri,dai prelati ai curati, e mancato il denaro, principal nervodello stato, si vedeva, che ove nascesse un primo incita-mento, un grande sovvertimento sarebbe accaduto. Nèla natura del re dolce e buona era tale, che potesse daresperanza di potere o allontanare o indirizzare con normacerta, ed a posta sua gli accidenti che si temevano.Qui nacque un caso degno veramente di eterne lagrime,e pur non raro nelle memorie tramandate dagli storici.Tanto è la natura umana sempre più consentanea a se

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modo la potenza separatasi prima dalla virtù, separossianco dal rispetto, suo principal fondamento; la virtù me-desima sbandita dalla città e dalle curie, ricoverossi fra imodesti presbiterj dei parochi, e fra gli umili casolaridei contadini. Dal che ne nacque più forza alla potenzapopolare; perciocchè credessi là esser la buona causa,dov'era la virtù, e la cattiva, dov'era il vizio.A questo si aggiungeva, che a gran pezza l'entrata nonpareggiava l'uscita dello stato, deplorabil frutto dei con-cetti smisurati di Luigi decimoquarto, del voluttuoso vi-vere di Luigi decimoquinto, e del profuso spendere dellacorte di Luigi decimosesto, ancorchè questo principe sene vivesse per se molto parcamente. Questo difettonell'entrata era giunto a tale sul finire del 1786, ch'eraper nascere una gran rovina, se presto non vi si rimedia-va.In cotal modo scomposte le cose, passata la forzadell'opinione dai nobili ai popolani, dai ricchi ai poveri,dai prelati ai curati, e mancato il denaro, principal nervodello stato, si vedeva, che ove nascesse un primo incita-mento, un grande sovvertimento sarebbe accaduto. Nèla natura del re dolce e buona era tale, che potesse daresperanza di potere o allontanare o indirizzare con normacerta, ed a posta sua gli accidenti che si temevano.Qui nacque un caso degno veramente di eterne lagrime,e pur non raro nelle memorie tramandate dagli storici.Tanto è la natura umana sempre più consentanea a se

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stessa nel male, che nel bene, e tanto sono cupe le ambi-zioni degli uomini. Volevasi da tutti, come opinione por-tata dai tempi, e come cosa utile e giusta, una equalitàcivile, una equilità d'imposte, una sicurezza delle perso-ne, una riforma negli ordini giudiziali, una maggior lar-ghezza nello scrivere. Era il re inclinato ad accomodarle cose ai tempi, per quanto la prudenza, e le prerogativedella corona tanto salutari in un reame vasto, ed in unanazione vivace e mobile, il comportassero. Ma la settaaristocratica, composta principalmente dai parlamenti,dai pari del regno, dai prelati più ragguardevoli, dai no-bili più principali, e secondata da un principe del san-gue, del quale se fu biasimevole la vita, fu ancor più la-grimevole il fine, preoccuparono il passo, e vollero farsicapi e guidatori dell'impresa. In questo il pensier loroera di cattivarsi con allettative parole la benevolenza delpopolo, e diminuire, con l'aumento della propria, l'auto-rità della corona. Forse i primi e i principali autori diquesto disegno miravano più oltre, velando con paroledenotanti amore di popolo pensieri colpevoli di muta-zioni nella famiglia regnante.Quale di questo sia la verità, i capi di questa setta si pre-valsero molto opportunamente per arrivar ai fini loro diun'errore commesso dal governo, il quale diede occasio-ne alla resistenza loro, e fu primo principio di quel fata-le incendio, che arse prima il nobile reame di Francia,poi propagatosi per tutta Europa, vi trasse tutto a scom-piglio ed a rovina. Il re, in vece di cominciar l'opera dal-

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stessa nel male, che nel bene, e tanto sono cupe le ambi-zioni degli uomini. Volevasi da tutti, come opinione por-tata dai tempi, e come cosa utile e giusta, una equalitàcivile, una equilità d'imposte, una sicurezza delle perso-ne, una riforma negli ordini giudiziali, una maggior lar-ghezza nello scrivere. Era il re inclinato ad accomodarle cose ai tempi, per quanto la prudenza, e le prerogativedella corona tanto salutari in un reame vasto, ed in unanazione vivace e mobile, il comportassero. Ma la settaaristocratica, composta principalmente dai parlamenti,dai pari del regno, dai prelati più ragguardevoli, dai no-bili più principali, e secondata da un principe del san-gue, del quale se fu biasimevole la vita, fu ancor più la-grimevole il fine, preoccuparono il passo, e vollero farsicapi e guidatori dell'impresa. In questo il pensier loroera di cattivarsi con allettative parole la benevolenza delpopolo, e diminuire, con l'aumento della propria, l'auto-rità della corona. Forse i primi e i principali autori diquesto disegno miravano più oltre, velando con paroledenotanti amore di popolo pensieri colpevoli di muta-zioni nella famiglia regnante.Quale di questo sia la verità, i capi di questa setta si pre-valsero molto opportunamente per arrivar ai fini loro diun'errore commesso dal governo, il quale diede occasio-ne alla resistenza loro, e fu primo principio di quel fata-le incendio, che arse prima il nobile reame di Francia,poi propagatosi per tutta Europa, vi trasse tutto a scom-piglio ed a rovina. Il re, in vece di cominciar l'opera dal-

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le riforme tanto desiderate dal popolo, poi ordinar le tas-se, volle principiare a por le tasse, poi far le riforme.Quindi l'amore cominciò a convertirsi in odio; la settanemica alla corona se ne prevalse. Adunque avendo eglipubblicato due editti, uno perchè si ponesse una impostasopra le terre, l'altro perchè si ponesse una tassa sullacarta bollata, il parlamento di Parigi, non solo fortemen-te protestò, ma ancora più oltre procedendo ordinò, chechiunque recasse ad effetto i due editti, fosse riputatoreo di tradimento, e nemico della patria. Quest'era il mo-mento d'insorgere da parte del governo, e di dar forzaalla legge, e di aggiungere al tempo stesso qualche edit-to contenente riforme e giuste per se, e desiderate dalpopolo: ciò avrebbe preoccupato il passo. Ma egli, ri-mettendo dall'opera sua, lasciò andar non eseguiti i suoieditti. Quindi crebbe l'ardire del parlamento, che volen-do usar la occasione di guadagnarsi la grazia del popoloa diminuzione dell'autorità regia, passò ben a ragione adabbominare con pubbliche scritture, e con parole in-fiammative le incarcerazioni arbitrarie; poi statuì, an-nuendo ad una convocazione degli stati generali, non es-sere in facoltà sua, nè della corona, nè di tutti due unitiinsieme trar denaro dal popolo per via di tasse; la solavolontà del re non bastare a far la legge, nè la sempliceespressione di questa volontà poter constituire l'atto for-male della nazione; essere necessario, a volere che lavolontà del re debba trarsi ad effetto, ch'essa sia pubbli-cata secondo le forme prestabilite dalla legge; tali esserei principj, tali i fondamenti della constituzione francese;

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le riforme tanto desiderate dal popolo, poi ordinar le tas-se, volle principiare a por le tasse, poi far le riforme.Quindi l'amore cominciò a convertirsi in odio; la settanemica alla corona se ne prevalse. Adunque avendo eglipubblicato due editti, uno perchè si ponesse una impostasopra le terre, l'altro perchè si ponesse una tassa sullacarta bollata, il parlamento di Parigi, non solo fortemen-te protestò, ma ancora più oltre procedendo ordinò, chechiunque recasse ad effetto i due editti, fosse riputatoreo di tradimento, e nemico della patria. Quest'era il mo-mento d'insorgere da parte del governo, e di dar forzaalla legge, e di aggiungere al tempo stesso qualche edit-to contenente riforme e giuste per se, e desiderate dalpopolo: ciò avrebbe preoccupato il passo. Ma egli, ri-mettendo dall'opera sua, lasciò andar non eseguiti i suoieditti. Quindi crebbe l'ardire del parlamento, che volen-do usar la occasione di guadagnarsi la grazia del popoloa diminuzione dell'autorità regia, passò ben a ragione adabbominare con pubbliche scritture, e con parole in-fiammative le incarcerazioni arbitrarie; poi statuì, an-nuendo ad una convocazione degli stati generali, non es-sere in facoltà sua, nè della corona, nè di tutti due unitiinsieme trar denaro dal popolo per via di tasse; la solavolontà del re non bastare a far la legge, nè la sempliceespressione di questa volontà poter constituire l'atto for-male della nazione; essere necessario, a volere che lavolontà del re debba trarsi ad effetto, ch'essa sia pubbli-cata secondo le forme prestabilite dalla legge; tali esserei principj, tali i fondamenti della constituzione francese;

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sapere il parlamento, che si volevano sovvertire i dirittipubblici per stabilire il dispotismo; la libertà comune es-sere in pericolo; ma non volere, nè potere a tali rei dise-gni dar la mano, anzi volere opporsi, nè mai permettereche gli essenziali dritti dei sudditi fossero conculcati emessi al fondo: poi rivoltosi al re, gli intimò, non ispe-rasse di poter annullare la constituzione, concentrando ilparlamento nella sola sua persona.Rispose risentitamente il re, che quello che s'era fatto,s'era fatto secondo gli ordini fondamentali dello stato;non s'intromettessero in affari di governo, perchè di ciònon avevano autorità di sorte alcuna; ch'erano i parla-menti del regno di Francia corti di giustizia abili solo agiudicare in materie civili e criminali, ma non avere au-torità nè legislativa, nè amministrativa; la volontà del renon potersi senza pericolo, nè senza un nuovo e funestocambiamento nella constituzione del regno soggettare aquella dei magistrati; se ciò fosse, cambierebbesi la mo-narchìa in aristocrazìa di magistrati, badassero a far ildebito loro come giudici, e lasciassero il governo dellecose pubbliche a chi per antica consuetudine e per costi-tuzione l'aveva in mano; considerassero quante leggierano state fatte in ogni tempo dai re di Francia, nonsolo senza il consenso, ma ancora contro la volontà deiparlamenti; la registrazione non essere approvazione,ma solo autenticazione, nè altro in questo fare i parla-menti, che le veci di notari del regno; che quest'erano leforme, questi i precetti ai quali e' si dovevano conforma-

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sapere il parlamento, che si volevano sovvertire i dirittipubblici per stabilire il dispotismo; la libertà comune es-sere in pericolo; ma non volere, nè potere a tali rei dise-gni dar la mano, anzi volere opporsi, nè mai permettereche gli essenziali dritti dei sudditi fossero conculcati emessi al fondo: poi rivoltosi al re, gli intimò, non ispe-rasse di poter annullare la constituzione, concentrando ilparlamento nella sola sua persona.Rispose risentitamente il re, che quello che s'era fatto,s'era fatto secondo gli ordini fondamentali dello stato;non s'intromettessero in affari di governo, perchè di ciònon avevano autorità di sorte alcuna; ch'erano i parla-menti del regno di Francia corti di giustizia abili solo agiudicare in materie civili e criminali, ma non avere au-torità nè legislativa, nè amministrativa; la volontà del renon potersi senza pericolo, nè senza un nuovo e funestocambiamento nella constituzione del regno soggettare aquella dei magistrati; se ciò fosse, cambierebbesi la mo-narchìa in aristocrazìa di magistrati, badassero a far ildebito loro come giudici, e lasciassero il governo dellecose pubbliche a chi per antica consuetudine e per costi-tuzione l'aveva in mano; considerassero quante leggierano state fatte in ogni tempo dai re di Francia, nonsolo senza il consenso, ma ancora contro la volontà deiparlamenti; la registrazione non essere approvazione,ma solo autenticazione, nè altro in questo fare i parla-menti, che le veci di notari del regno; che quest'erano leforme, questi i precetti ai quali e' si dovevano conforma-

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re, e se nol facessero, sì gli costringerebbe.Tal era la contesa nata in Francia fra il re ed i parlamenticirca le prerogative e l'autorità della corona. Intantoogni pubblico affare era soprattenuto, perchè i parla-menti di provincia, come quello di Parigi o avevano ces-sato di per se stessi l'ufficio, o erano dall'autorità regiasospesi. Volle il re rimediare con la creazione della corteplenaria, ma proruppe il parlamento in un'asprissimaprotesta: protestarono i pari del regno, il clero stesso ti-tubava.Intanto uomini faziosi di ogni genere o stimolati espres-samente dai capi della parte dei parlamenti, o valendosiacconciamente della occasione offerta dalla resistenzaloro per macchinar novità, andavano spargendo in ogniluogo semi di discordia e di anarchìa. Tumultuavasi aGrenoble, a Rennes, a Tolosa, ed in altre sedi di parla-menti; orribili scritture uscite in Parigi chiamavano ti-ranno il re, distruttore dei diritti del popolo, oppressorecrudelissimo; esortavansi le genti a levarsi, a disvelare,e punir gli oppressori.Avendo il re trovato in vece d'appoggio, opposizione eresistenza nei parlamenti, nella nobiltà, ed in una partedel clero, dovette necessariamente voltarsi verso il po-polo, e fondar l'autorità sua sulla potenza dei più, giac-chè i pochi l'abbandonavano. Così era fatale, che le pri-me occasioni delle enormità che seguirono, siano statedate da coloro ai quali più importava di evitarle, e che

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re, e se nol facessero, sì gli costringerebbe.Tal era la contesa nata in Francia fra il re ed i parlamenticirca le prerogative e l'autorità della corona. Intantoogni pubblico affare era soprattenuto, perchè i parla-menti di provincia, come quello di Parigi o avevano ces-sato di per se stessi l'ufficio, o erano dall'autorità regiasospesi. Volle il re rimediare con la creazione della corteplenaria, ma proruppe il parlamento in un'asprissimaprotesta: protestarono i pari del regno, il clero stesso ti-tubava.Intanto uomini faziosi di ogni genere o stimolati espres-samente dai capi della parte dei parlamenti, o valendosiacconciamente della occasione offerta dalla resistenzaloro per macchinar novità, andavano spargendo in ogniluogo semi di discordia e di anarchìa. Tumultuavasi aGrenoble, a Rennes, a Tolosa, ed in altre sedi di parla-menti; orribili scritture uscite in Parigi chiamavano ti-ranno il re, distruttore dei diritti del popolo, oppressorecrudelissimo; esortavansi le genti a levarsi, a disvelare,e punir gli oppressori.Avendo il re trovato in vece d'appoggio, opposizione eresistenza nei parlamenti, nella nobiltà, ed in una partedel clero, dovette necessariamente voltarsi verso il po-polo, e fondar l'autorità sua sulla potenza dei più, giac-chè i pochi l'abbandonavano. Così era fatale, che le pri-me occasioni delle enormità che seguirono, siano statedate da coloro ai quali più importava di evitarle, e che

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ne furono alla fine le miserabili vittime. Adunque fuchiamato ministro il Ginevrino Necker, e con lui altripersonaggi consentanei al tempo. Si sperava bene, il po-polo esultava. Convocaronsi i notabili del regno, convo-caronsi gli stati generali. Prevalse in sul bel principio laparte popolare, siccome quella, in favor della quale ope-ravano i tempi. Decretossi dapprima, del qual consigliofu autore Necker, fosse doppio il numero dei deputatidel terzo stato; poi sedessero i tre ordini, non separata-mente, ma in comune; poi si deliberasse, non per ordini,ma per capi, il che diede del tutto la causa vinta ai popo-lari. Gli ordini uniti presero il titolo di assemblea nazio-nale. Erano portati al cielo: non si parlò più dei parla-menti, quantunque eglino con opportune scritture si fos-sero sforzati di riguadagnarsi quel favore, che per unnuovo empito popolare si era voltato all'assemblea.L'assemblea nazionale, ottenuta la superiorità del terzostato, abolì l'inequalità delle imposte, poi i privilegi del-la nobiltà, poi quelli del clero, poi la nobiltà ed il clero;ed aboliti la nobiltà ed il clero, s'incamminava ad inde-bolire talmente l'autorità regia, ch'ella non fosse più cheun'ombra vana. Il benefizio dell'equalità era solamenteapprezzato dai buoni; i tristi usavano la occasionedell'indebolimento del governo. I faziosi dominavano:l'autorità regia non gli poteva frenare, perchè scema dipotenza e d'opinione; l'autorità popolare non ardiva, per-chè parlavano in nome, ed in favor del popolo. In ogniluogo sedizioni, incendj, e rapine; morti funeste, e modi

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ne furono alla fine le miserabili vittime. Adunque fuchiamato ministro il Ginevrino Necker, e con lui altripersonaggi consentanei al tempo. Si sperava bene, il po-polo esultava. Convocaronsi i notabili del regno, convo-caronsi gli stati generali. Prevalse in sul bel principio laparte popolare, siccome quella, in favor della quale ope-ravano i tempi. Decretossi dapprima, del qual consigliofu autore Necker, fosse doppio il numero dei deputatidel terzo stato; poi sedessero i tre ordini, non separata-mente, ma in comune; poi si deliberasse, non per ordini,ma per capi, il che diede del tutto la causa vinta ai popo-lari. Gli ordini uniti presero il titolo di assemblea nazio-nale. Erano portati al cielo: non si parlò più dei parla-menti, quantunque eglino con opportune scritture si fos-sero sforzati di riguadagnarsi quel favore, che per unnuovo empito popolare si era voltato all'assemblea.L'assemblea nazionale, ottenuta la superiorità del terzostato, abolì l'inequalità delle imposte, poi i privilegi del-la nobiltà, poi quelli del clero, poi la nobiltà ed il clero;ed aboliti la nobiltà ed il clero, s'incamminava ad inde-bolire talmente l'autorità regia, ch'ella non fosse più cheun'ombra vana. Il benefizio dell'equalità era solamenteapprezzato dai buoni; i tristi usavano la occasionedell'indebolimento del governo. I faziosi dominavano:l'autorità regia non gli poteva frenare, perchè scema dipotenza e d'opinione; l'autorità popolare non ardiva, per-chè parlavano in nome, ed in favor del popolo. In ogniluogo sedizioni, incendj, e rapine; morti funeste, e modi

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Page 74: Carlo F. Traverso (ePub) - Liber Liber · siano da accagionarsi di viltà gli scrittori, che di rigore, o di ambizione i principi. Per la qual cosa io, che di maggior libertà nello

di morte più funesti ancora: uomini mansueti divenuticrudeli; uomini innocenti cacciati dai colpevoli; uominibenefici uccisi dai beneficati. Virtù in parole, malvagitàin fatti. Novelle strane si spargevano ogni giorno; equanto più strane, tanto più credute, e tosto si ponevamano nel sangue, o ad ardere i palazzi; nè il sesso, nèl'età si risparmiavano; ad ogni voce che si spargesse, ilpopolo traeva, massime in Parigi. In mezzo a tutto que-sto atti sublimi di virtù patria, e di virtù privata, ma in-sufficienti pel torrente insuperabile, e contrario. Nè sivedeva fine agli scandali, perchè l'argine era rotto, e findove avesse a trascorrere questo fiume senza freno, nis-suno prevedeva.In fine dopo molti e varj eventi, l'assemblea con una co-tal constituzione, che teneva poco del regio, meno anco-ra dell'aristocratico, molto del democratico, rendè il reun nome senza forza; poi venne l'assemblea legislativa,che il depose; poi il consesso nazionale, che l'uccise. In-tanto uccisi o intimoriti i buoni, impadronitisi dellasomma delle cose i tristi, la nazione francese, non tro-vando più riposo in se stessa, minacciava, qual mare in-grossato dalla tempesta, di uscir dai propri confini, e diallagare con rovina universale l'Europa.A tali accidenti di Francia cadevano nelle menti degliuomini negli altri paesi di Europa varj pensieri. Da prin-cipio quando solo si trattava dell'opposizione nata fra ilre ed i parlamenti, era sorta un'aspettazione tuttavia sce-vra da timore. Ma quando vi si aggiunsero le insolenze

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di morte più funesti ancora: uomini mansueti divenuticrudeli; uomini innocenti cacciati dai colpevoli; uominibenefici uccisi dai beneficati. Virtù in parole, malvagitàin fatti. Novelle strane si spargevano ogni giorno; equanto più strane, tanto più credute, e tosto si ponevamano nel sangue, o ad ardere i palazzi; nè il sesso, nèl'età si risparmiavano; ad ogni voce che si spargesse, ilpopolo traeva, massime in Parigi. In mezzo a tutto que-sto atti sublimi di virtù patria, e di virtù privata, ma in-sufficienti pel torrente insuperabile, e contrario. Nè sivedeva fine agli scandali, perchè l'argine era rotto, e findove avesse a trascorrere questo fiume senza freno, nis-suno prevedeva.In fine dopo molti e varj eventi, l'assemblea con una co-tal constituzione, che teneva poco del regio, meno anco-ra dell'aristocratico, molto del democratico, rendè il reun nome senza forza; poi venne l'assemblea legislativa,che il depose; poi il consesso nazionale, che l'uccise. In-tanto uccisi o intimoriti i buoni, impadronitisi dellasomma delle cose i tristi, la nazione francese, non tro-vando più riposo in se stessa, minacciava, qual mare in-grossato dalla tempesta, di uscir dai propri confini, e diallagare con rovina universale l'Europa.A tali accidenti di Francia cadevano nelle menti degliuomini negli altri paesi di Europa varj pensieri. Da prin-cipio quando solo si trattava dell'opposizione nata fra ilre ed i parlamenti, era sorta un'aspettazione tuttavia sce-vra da timore. Ma quando vi si aggiunsero le insolenze

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popolari, le rapine e le uccisioni continue, quando si di-strussero, e più ancora quando si schernirono i dritti, so-pra i quali erano fondati gli ordini delle monarchìed'Europa, quando s'insultò il re, quando mani scelleratecercarono la regina per ucciderla, cominciò alla meravi-glia a mescolarsi il timore. Finalmente quando alle in-credibili enormità si arrosero quelle compagnie raunatein Parigi, ed affratellate in tutta la Francia, le quali aper-tamente dichiaravano volere, con portar la libertà, comedicevano, fra gli altri popoli, distruggere i tiranni (chècon tal nome chiamavano tutti i re) il timore diventòspavento. Veramente uomini a posta scorrevano la Ger-mania, massime i Paesi Bassi, e pretendendo magnificheparole a rei disegni, insidiavano ai governi, ed incitava-no i popoli a cose nuove: si temeva che per le sfrenatedottrine tutte le province s'empissero di ribellione. Siaveva anche in Italia avuto odore di tali mandatarj, i so-spetti crescevano ogni giorno. Dava ancora maggiorfondamento di temere il sapersi, che si trovavano in tuttii paesi non solo uomini perversi, i quali pei malvagi finiloro desideravano far novità nello stato, ma ancora uo-mini eccellenti, che levati a grandi speranze dalle rifor-me già fatte in quei tempi dai principi, e credendo poter-si dare una maggior perfezione al vivere civile, non era-no alieni dal prestar orecchie alle lusinghevoli parole. Ilpericolo si mostrava maggiore in Germania ed in Italiaper la vicinanza dei territorj, per la facilità e la frequen-za del commercio con la Francia, e per la comunanzadelle opinioni.

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popolari, le rapine e le uccisioni continue, quando si di-strussero, e più ancora quando si schernirono i dritti, so-pra i quali erano fondati gli ordini delle monarchìed'Europa, quando s'insultò il re, quando mani scelleratecercarono la regina per ucciderla, cominciò alla meravi-glia a mescolarsi il timore. Finalmente quando alle in-credibili enormità si arrosero quelle compagnie raunatein Parigi, ed affratellate in tutta la Francia, le quali aper-tamente dichiaravano volere, con portar la libertà, comedicevano, fra gli altri popoli, distruggere i tiranni (chècon tal nome chiamavano tutti i re) il timore diventòspavento. Veramente uomini a posta scorrevano la Ger-mania, massime i Paesi Bassi, e pretendendo magnificheparole a rei disegni, insidiavano ai governi, ed incitava-no i popoli a cose nuove: si temeva che per le sfrenatedottrine tutte le province s'empissero di ribellione. Siaveva anche in Italia avuto odore di tali mandatarj, i so-spetti crescevano ogni giorno. Dava ancora maggiorfondamento di temere il sapersi, che si trovavano in tuttii paesi non solo uomini perversi, i quali pei malvagi finiloro desideravano far novità nello stato, ma ancora uo-mini eccellenti, che levati a grandi speranze dalle rifor-me già fatte in quei tempi dai principi, e credendo poter-si dare una maggior perfezione al vivere civile, non era-no alieni dal prestar orecchie alle lusinghevoli parole. Ilpericolo si mostrava maggiore in Germania ed in Italiaper la vicinanza dei territorj, per la facilità e la frequen-za del commercio con la Francia, e per la comunanzadelle opinioni.

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Tale era la condizione dei tempi; e per dar principio afavellare dell'Italia, il re di Sardegna, trovandosi il pri-mo esposto, per la prossimità dei luoghi, a tanta tempe-sta, aveva più che ogni altro principe, cagione di pensa-re a provveder al suo stato. Del che tanto maggior ne-cessità il premeva, che non gli era nascosto, che nellaparte de' suoi dominj posta oltre l'Alpi, le nuove opinio-ni s'erano largamente sparse, e ch'ella poco attamente sipoteva difendere dagli assalti Francesi, quando si venis-se a rottura di guerra con la Francia. Sapeva di più, che isuoi stati erano principalmente presi di mira da quellacompagnia di propagatori di scandali, che s'era unita inParigi, secondochè sfacciatamente uno di loro favellan-do in pubblico aveva predicato.Per la qual cosa, veduto il pericolo imminente, coloro, iquali reggevano i consigli della corte di Torino, ristretti-si con gli ambasciadori e ministri degli altri principid'Italia, rappresentarono loro, che i casi avvenuti nel de-solato reame di Francia davano giusta cagione di timoreper la quiete d'Italia; che l'assemblea nazionale, accioc-chè i principi europei non potessero voltare i pensieriloro agli affari di Francia, pensava, per mezzo di semi-natori di scandali e di ribellione, a turbar la quiete altrui;che già i mali semi incominciavano a sorgere, stantechèsebbene fosse stato continuo il vigilare del governo, econtinue le provvidenze date, non s'erano potute evitarele compagnie segrete, ed anche alcuni, quantunque leg-gieri, moti nel popolo; che tali ingratissimi effetti si di-

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Tale era la condizione dei tempi; e per dar principio afavellare dell'Italia, il re di Sardegna, trovandosi il pri-mo esposto, per la prossimità dei luoghi, a tanta tempe-sta, aveva più che ogni altro principe, cagione di pensa-re a provveder al suo stato. Del che tanto maggior ne-cessità il premeva, che non gli era nascosto, che nellaparte de' suoi dominj posta oltre l'Alpi, le nuove opinio-ni s'erano largamente sparse, e ch'ella poco attamente sipoteva difendere dagli assalti Francesi, quando si venis-se a rottura di guerra con la Francia. Sapeva di più, che isuoi stati erano principalmente presi di mira da quellacompagnia di propagatori di scandali, che s'era unita inParigi, secondochè sfacciatamente uno di loro favellan-do in pubblico aveva predicato.Per la qual cosa, veduto il pericolo imminente, coloro, iquali reggevano i consigli della corte di Torino, ristretti-si con gli ambasciadori e ministri degli altri principid'Italia, rappresentarono loro, che i casi avvenuti nel de-solato reame di Francia davano giusta cagione di timoreper la quiete d'Italia; che l'assemblea nazionale, accioc-chè i principi europei non potessero voltare i pensieriloro agli affari di Francia, pensava, per mezzo di semi-natori di scandali e di ribellione, a turbar la quiete altrui;che già i mali semi incominciavano a sorgere, stantechèsebbene fosse stato continuo il vigilare del governo, econtinue le provvidenze date, non s'erano potute evitarele compagnie segrete, ed anche alcuni, quantunque leg-gieri, moti nel popolo; che tali ingratissimi effetti si di-

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mostravano più o meno nelle altre parti d'Italia; che perverità attentamente s'affaticavano in ogni luogo i princi-pi per estirpare queste occulte radici, per chiudere i pas-si ai malvagi mandatarj, per iscoprir le congreghe segre-te, per allontanar le turbazioni; ma non ravvisarsi qualedei due alfine avesse a restar superiore o la vigilanza deigoverni, o la pertinacia dei novatori, se non si prendeva-no nuove e più accomodate risoluzioni; che la necessitàdei tempi richiedeva che i principi d'Italia si stringesseroin una lega comune a quiete e difesa comune; poichèquello, che spartitamente non avrebbero potuto conse-guire, l'avrebbero ottenuto per l'efficacia e pei soccorsicomuni. Aggiunsero, che per verità questo disegno eragià loro venuto in mente da gran tempo, di tanta oppor-tunità egli era; ma che gli aveva ritirati dal proporlo ilsapere che Giuseppe, imperatore d'Allemagna, parevavolersi condurre ad assaltar con l'armi nel proprio lorocovile quei nemici dell'umanità e della religione; cheora, cambiate le circostanze per la morte di Giuseppe, evolti i pensieri di Leopoldo suo successore piuttosto apreservare, e conservare il proprio, che ad assalir l'alie-no, avvisavano esser tempo opportuno di ordinare, e distringere i vincoli di una comune difesa; che già il fuocoera vicino a consumare la Savoia; che il Piemonte era inprocinto di ardere; e chi avrebbe potuto prevedere le ca-lamità d'Italia, se non si spegnevano queste prime favil-le? che però, visti i pericoli sì gravi e sì imminenti, il regiudicava doversi, più presto il meglio, stringersi unalega fra tutti i potentati d'Italia, non già diretta a danno

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mostravano più o meno nelle altre parti d'Italia; che perverità attentamente s'affaticavano in ogni luogo i princi-pi per estirpare queste occulte radici, per chiudere i pas-si ai malvagi mandatarj, per iscoprir le congreghe segre-te, per allontanar le turbazioni; ma non ravvisarsi qualedei due alfine avesse a restar superiore o la vigilanza deigoverni, o la pertinacia dei novatori, se non si prendeva-no nuove e più accomodate risoluzioni; che la necessitàdei tempi richiedeva che i principi d'Italia si stringesseroin una lega comune a quiete e difesa comune; poichèquello, che spartitamente non avrebbero potuto conse-guire, l'avrebbero ottenuto per l'efficacia e pei soccorsicomuni. Aggiunsero, che per verità questo disegno eragià loro venuto in mente da gran tempo, di tanta oppor-tunità egli era; ma che gli aveva ritirati dal proporlo ilsapere che Giuseppe, imperatore d'Allemagna, parevavolersi condurre ad assaltar con l'armi nel proprio lorocovile quei nemici dell'umanità e della religione; cheora, cambiate le circostanze per la morte di Giuseppe, evolti i pensieri di Leopoldo suo successore piuttosto apreservare, e conservare il proprio, che ad assalir l'alie-no, avvisavano esser tempo opportuno di ordinare, e distringere i vincoli di una comune difesa; che già il fuocoera vicino a consumare la Savoia; che il Piemonte era inprocinto di ardere; e chi avrebbe potuto prevedere le ca-lamità d'Italia, se non si spegnevano queste prime favil-le? che però, visti i pericoli sì gravi e sì imminenti, il regiudicava doversi, più presto il meglio, stringersi unalega fra tutti i potentati d'Italia, non già diretta a danno

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altrui, ma solo a preservazione propria, a tenersi guarda-ti l'un l'altro dalle insidie dei mandatarj francesi, a man-tener la quiete negli stati, a parteciparsi vicendevolmen-te le notizie sulle faccende presenti, e ad ajutarsi conl'armi e coi denari ove nascesse in questo luogo, od inquello qualche turbazione. Nè pretermisero i ministriSardi di spiegar meglio quali dovessero essere i membridella lega, nominando particolarmente il re loro signore,l'imperatore d'Allemagna, la repubblica di Venezia, ilpapa, il re di Napoli ed il re di Spagna per la parte diParma. Il re di Sardegna s'era già chiarito per alcunepratiche segrete della mente dei re di Napoli e di Spa-gna, che acconsentivano ad entrar nella lega; il papa visi accostava ancor esso, siccome quello che ardeva disdegno a cagione delle innovazioni effettuate in Franciacirca gl'interessi spirituali e temporali della religione.Solo la repubblica di Venezia se ne stava sospesa, consi-derando quanto questa lega, ancorchè apparisse pacificae meramente difensiva, avrebbe fatto ingrossar le armiin Italia, e chiamato forti eserciti di Allemagna, se lecose venute all'estremo avessero necessitato l'esecuzio-ne; cosa sempre, e non senza cagione detestata da quellarepubblica. S'aggiungeva, che non avendo essa pur testèvoluto collegarsi con Giuseppe contro il Turco, naturaleed eterno nemico dello stato suo, del qual rifiuto ne ave-va anche avuto le male parole da quell'imperatore inTrieste, pareva enorme al senato lo stringersi ora in al-leanza con Leopoldo suo successore in una impresa evi-dentemente dirizzata, quantunque sotto parole velate,

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altrui, ma solo a preservazione propria, a tenersi guarda-ti l'un l'altro dalle insidie dei mandatarj francesi, a man-tener la quiete negli stati, a parteciparsi vicendevolmen-te le notizie sulle faccende presenti, e ad ajutarsi conl'armi e coi denari ove nascesse in questo luogo, od inquello qualche turbazione. Nè pretermisero i ministriSardi di spiegar meglio quali dovessero essere i membridella lega, nominando particolarmente il re loro signore,l'imperatore d'Allemagna, la repubblica di Venezia, ilpapa, il re di Napoli ed il re di Spagna per la parte diParma. Il re di Sardegna s'era già chiarito per alcunepratiche segrete della mente dei re di Napoli e di Spa-gna, che acconsentivano ad entrar nella lega; il papa visi accostava ancor esso, siccome quello che ardeva disdegno a cagione delle innovazioni effettuate in Franciacirca gl'interessi spirituali e temporali della religione.Solo la repubblica di Venezia se ne stava sospesa, consi-derando quanto questa lega, ancorchè apparisse pacificae meramente difensiva, avrebbe fatto ingrossar le armiin Italia, e chiamato forti eserciti di Allemagna, se lecose venute all'estremo avessero necessitato l'esecuzio-ne; cosa sempre, e non senza cagione detestata da quellarepubblica. S'aggiungeva, che non avendo essa pur testèvoluto collegarsi con Giuseppe contro il Turco, naturaleed eterno nemico dello stato suo, del qual rifiuto ne ave-va anche avuto le male parole da quell'imperatore inTrieste, pareva enorme al senato lo stringersi ora in al-leanza con Leopoldo suo successore in una impresa evi-dentemente dirizzata, quantunque sotto parole velate,

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contro la Francia, amica vera e necessaria della repub-blica. Nè grande era il timore, che aveva il senato dellenuove massime francesi; poichè la natura Italiana moltoeminente negli stati Veneti efficacemente si opponevaalla loro propagazione: poi le consuetudini da tempi an-tichissimi radicate nell'animo dei popoli, e l'amore cheportavano al loro governo, non consentivano; ma eranocontinue, e forti le istanze del re di Sardegna, e degli al-tri alleati, acciocchè il senato si risolvesse, perchè, senon avevano molta fede nelle armi Venete, avevanogran bisogno del nome e dei denari della repubblica.Miravano tutte queste pratiche ad introdurre in Italia lemedesime deliberazioni, ch'erano state prese in Germa-nia dall'Austria e dalla Prussia dopo la morte di Giusep-pe, e l'assunzione di Leopoldo. Erasi Leopoldo collegatocon Federico Guglielmo di Prussia a sicurezza comunecontro gli appetiti immoderati di Caterina di Russia, econtro le vertigini della Francia. Ma questa congiunzio-ne tendeva a difendersi, non ad offendere; i trattati diPavia e di Pilnitz, in cui si suppose essere stata stipulatala guerra, e lo smembramento della Francia, furono tro-vati e menzogne politiche per apporre a Leopoldo riso-luzioni guerriere ed ostili, che non fece, e per stimolarea maggior empito i Francesi, che già con tanto empitocorrevano.Ma morto Leopoldo, ed assunto al trono il suo figliuoloFrancesco, principe giovane, ed ancora inesperto dellefaccende, i negozj pubblici si piegarono a diverso, anzi

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contro la Francia, amica vera e necessaria della repub-blica. Nè grande era il timore, che aveva il senato dellenuove massime francesi; poichè la natura Italiana moltoeminente negli stati Veneti efficacemente si opponevaalla loro propagazione: poi le consuetudini da tempi an-tichissimi radicate nell'animo dei popoli, e l'amore cheportavano al loro governo, non consentivano; ma eranocontinue, e forti le istanze del re di Sardegna, e degli al-tri alleati, acciocchè il senato si risolvesse, perchè, senon avevano molta fede nelle armi Venete, avevanogran bisogno del nome e dei denari della repubblica.Miravano tutte queste pratiche ad introdurre in Italia lemedesime deliberazioni, ch'erano state prese in Germa-nia dall'Austria e dalla Prussia dopo la morte di Giusep-pe, e l'assunzione di Leopoldo. Erasi Leopoldo collegatocon Federico Guglielmo di Prussia a sicurezza comunecontro gli appetiti immoderati di Caterina di Russia, econtro le vertigini della Francia. Ma questa congiunzio-ne tendeva a difendersi, non ad offendere; i trattati diPavia e di Pilnitz, in cui si suppose essere stata stipulatala guerra, e lo smembramento della Francia, furono tro-vati e menzogne politiche per apporre a Leopoldo riso-luzioni guerriere ed ostili, che non fece, e per stimolarea maggior empito i Francesi, che già con tanto empitocorrevano.Ma morto Leopoldo, ed assunto al trono il suo figliuoloFrancesco, principe giovane, ed ancora inesperto dellefaccende, i negozj pubblici si piegarono a diverso, anzi

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Page 80: Carlo F. Traverso (ePub) - Liber Liber · siano da accagionarsi di viltà gli scrittori, che di rigore, o di ambizione i principi. Per la qual cosa io, che di maggior libertà nello

a contrario fine. Caterina di Russia, la quale, visto ilprocedere temperato di Leopoldo e di Federigo Gugliel-mo, si era constituita pubblicamente, volendo pur muo-vere qualche cosa in Europa, la protettrice dell'anticogoverno di Francia, dimostrava con molte protestazionivolerlo rinstaurare. Non doversi, spargeva, un re virtuo-so lasciar in preda a gente barbara; diminuita la potestàregia in Francia, diminuirsi ancora per riverbero in tuttigli altri regni; avere gli antichi per rispetto di un soloproscritto, preso le armi contro stati potenti: perchè siresterebbero i principi d'Europa dal correre in ajuto diun re, e di tutta una famiglia regia prigione, di tanti prin-cipi esuli, di tutto il fior d'un regno perseguitato e ra-mingo? l'anarchìa esser il pessimo dei mali, e più quan-do veste le sembianze della libertà, perpetuo ingannodei popoli; tornare l'Europa nella barbarie, se presto nonsi rimediasse; quanto a lei, essere parata ad opporsi contutte le forze sue alla moderna barbarie, come Pietro ilGrande, glorioso suo antecessore, aveva combattuto esuperato un nemico ostinato, e sempre pronto ad infestarcon l'armi i popoli vicini. Ora esser tempo d'insorgere,ora di unirsi, ora di pigliar l'armi per frenar quegli sca-pestrati di Francia: ciò richiedere la pietà, ciò domandarla religione, ciò volere l'umanità, ed ogni più santo, ognipiù utile interesse d'Europa.Queste, ed altre simili cose diceva continuamente Cate-rina, ed insinuava destramente nell'animo dei principi,massimamente di Francesco e di Federigo Guglielmo.

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a contrario fine. Caterina di Russia, la quale, visto ilprocedere temperato di Leopoldo e di Federigo Gugliel-mo, si era constituita pubblicamente, volendo pur muo-vere qualche cosa in Europa, la protettrice dell'anticogoverno di Francia, dimostrava con molte protestazionivolerlo rinstaurare. Non doversi, spargeva, un re virtuo-so lasciar in preda a gente barbara; diminuita la potestàregia in Francia, diminuirsi ancora per riverbero in tuttigli altri regni; avere gli antichi per rispetto di un soloproscritto, preso le armi contro stati potenti: perchè siresterebbero i principi d'Europa dal correre in ajuto diun re, e di tutta una famiglia regia prigione, di tanti prin-cipi esuli, di tutto il fior d'un regno perseguitato e ra-mingo? l'anarchìa esser il pessimo dei mali, e più quan-do veste le sembianze della libertà, perpetuo ingannodei popoli; tornare l'Europa nella barbarie, se presto nonsi rimediasse; quanto a lei, essere parata ad opporsi contutte le forze sue alla moderna barbarie, come Pietro ilGrande, glorioso suo antecessore, aveva combattuto esuperato un nemico ostinato, e sempre pronto ad infestarcon l'armi i popoli vicini. Ora esser tempo d'insorgere,ora di unirsi, ora di pigliar l'armi per frenar quegli sca-pestrati di Francia: ciò richiedere la pietà, ciò domandarla religione, ciò volere l'umanità, ed ogni più santo, ognipiù utile interesse d'Europa.Queste, ed altre simili cose diceva continuamente Cate-rina, ed insinuava destramente nell'animo dei principi,massimamente di Francesco e di Federigo Guglielmo.

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Nè mancarono a se medesimi in tale auguroso frangentei fuorusciti francesi, e più i più famosi ed i più eloquen-ti, i quali erano indefessi nell'andar di corte in corte, diministro in ministro per raccomandar la causa del re, lacausa stessa, come affermavano, dell'umanità e della re-ligione. A queste instigazioni l'imperatore Francesco,che giovane d'età aveva già assaggiato la guerra all'asse-dio di Belgrado, deposti del tutto i pensieri pacifici diLeopoldo, e non dando ascolto ai ministri, nei quali suopadre aveva avuto più fede, accostossi ai consigli di co-loro, che dipendendo dalla Russia, lo esortavano ad as-sumere l'impresa, ed a cominciar la guerra. Dal cantosuo Federigo Guglielmo, principe di poca mente, mad'indole generosa, impietositosi alle disgrazie della casareale di Francia, e ricordandosi della gloria acquistata daFederigo secondo, si lasciò svolgere, e postosi in arbi-trio della fortuna corse anch'egli all'armi contro la Fran-cia.Noi non descriveremo nè la lega, che seguì tra la Russia,l'Austria, e la Prussia, nè il congresso di Magonza, nè laguerra felicemente cominciata, e più felicemente termi-nata nelle pianure della Sciampagna. Quest'incidenzatroppo ci allontanerebbe dalle cose d'Italia. Incredibileera l'aspettazione degli uomini in questa provincia, eciascuno formava in se varj pensieri secondo la varietàdei desiderj e delle opinioni. Il re di Sardegna, spintosempre dalla brama di far chiaro il suo nome per le im-prese d'armi, stimolato continuamente dai fuorusciti

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Nè mancarono a se medesimi in tale auguroso frangentei fuorusciti francesi, e più i più famosi ed i più eloquen-ti, i quali erano indefessi nell'andar di corte in corte, diministro in ministro per raccomandar la causa del re, lacausa stessa, come affermavano, dell'umanità e della re-ligione. A queste instigazioni l'imperatore Francesco,che giovane d'età aveva già assaggiato la guerra all'asse-dio di Belgrado, deposti del tutto i pensieri pacifici diLeopoldo, e non dando ascolto ai ministri, nei quali suopadre aveva avuto più fede, accostossi ai consigli di co-loro, che dipendendo dalla Russia, lo esortavano ad as-sumere l'impresa, ed a cominciar la guerra. Dal cantosuo Federigo Guglielmo, principe di poca mente, mad'indole generosa, impietositosi alle disgrazie della casareale di Francia, e ricordandosi della gloria acquistata daFederigo secondo, si lasciò svolgere, e postosi in arbi-trio della fortuna corse anch'egli all'armi contro la Fran-cia.Noi non descriveremo nè la lega, che seguì tra la Russia,l'Austria, e la Prussia, nè il congresso di Magonza, nè laguerra felicemente cominciata, e più felicemente termi-nata nelle pianure della Sciampagna. Quest'incidenzatroppo ci allontanerebbe dalle cose d'Italia. Incredibileera l'aspettazione degli uomini in questa provincia, eciascuno formava in se varj pensieri secondo la varietàdei desiderj e delle opinioni. Il re di Sardegna, spintosempre dalla brama di far chiaro il suo nome per le im-prese d'armi, stimolato continuamente dai fuorusciti

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francesi, che in grandissimo numero s'erano ricoveratine' suoi stati, e lasciandosi tirare alle loro speranze, cer-to molto più che a uomo prudente si appartenesse, avevameglio bisogno di freno che di sprone. Intanto non ces-sava di avviar soldati, armi e munizioni verso la Savoja,e nella contea di Nizza, parti del suo reame solite a sen-tir le prime percosse dell'armi francesi, e donde, se laguerra dal canto suo fosse amministrata con prosperosuccesso, poteva penetrar facilmente nelle viscere delleprovince più popolose, e più opime della Francia. Nècontento alle dimostrazioni, ardeva di desiderio di venir-ne prestamente alle mani, persuadendosi che le soldate-sche francesi, come nuove ed indisciplinate, non avreb-bero osato, non che altro, mostrar il viso a' suoi predilet-ti soldati. Ma o che l'Austria e la Prussia abbiano credu-to di terminar da se la bisogna, marciando sollecitamen-te contro Parigi, o che credessero pericoloso pel re diSardegna lo scoprirsi troppo presto, lo avevano persuasoa temporeggiare fino a tanto che si fosse veduto a chetermine inclinasse la guerra sulle sponde della Matrona,e della Senna. Così mutate le cose per la morte di Leo-poldo, e pei nuovi consigli di Francesco, il re di Sarde-gna, prima talmente rispettivo, che altro non pretendevache una lega fra i principi Italici a difesa comune, oradatosi in preda allo spirito guerriero, gli parevamill'anni, che non cominciasse a mescolar le mani conla Francia.La subitezza di Vittorio Amedeo, e la lega dei re contro

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francesi, che in grandissimo numero s'erano ricoveratine' suoi stati, e lasciandosi tirare alle loro speranze, cer-to molto più che a uomo prudente si appartenesse, avevameglio bisogno di freno che di sprone. Intanto non ces-sava di avviar soldati, armi e munizioni verso la Savoja,e nella contea di Nizza, parti del suo reame solite a sen-tir le prime percosse dell'armi francesi, e donde, se laguerra dal canto suo fosse amministrata con prosperosuccesso, poteva penetrar facilmente nelle viscere delleprovince più popolose, e più opime della Francia. Nècontento alle dimostrazioni, ardeva di desiderio di venir-ne prestamente alle mani, persuadendosi che le soldate-sche francesi, come nuove ed indisciplinate, non avreb-bero osato, non che altro, mostrar il viso a' suoi predilet-ti soldati. Ma o che l'Austria e la Prussia abbiano credu-to di terminar da se la bisogna, marciando sollecitamen-te contro Parigi, o che credessero pericoloso pel re diSardegna lo scoprirsi troppo presto, lo avevano persuasoa temporeggiare fino a tanto che si fosse veduto a chetermine inclinasse la guerra sulle sponde della Matrona,e della Senna. Così mutate le cose per la morte di Leo-poldo, e pei nuovi consigli di Francesco, il re di Sarde-gna, prima talmente rispettivo, che altro non pretendevache una lega fra i principi Italici a difesa comune, oradatosi in preda allo spirito guerriero, gli parevamill'anni, che non cominciasse a mescolar le mani conla Francia.La subitezza di Vittorio Amedeo, e la lega dei re contro

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la Francia, diedero non poco a pensare al senato Vene-ziano, e lo confermarono vieppiù nella risoluzione presadi non pendere da nissun lato, quantunque la corte diNapoli gli facesse frequenti e vivissime instanze, affin-chè aderisse alla lega Italica. Ma prevedendo le ostilitàvicine anche dalla parte d'Italia, il che gli dava sospettoche navi armate di potenze belligeranti potessero entrarnel golfo, e turbar i mari, e forse ancora che altri poten-tati d'Italia non forti sull'armi navali, gli domandasseroajuti per preservar i lidi dagl'insulti nemici, ordinò chele sue armate, che ritornate dalla spedizione contro Tu-nisi stanziavano nelle acque di Malta e nell'isole delmare Ionio, se ne venissero nell'Adriatico. Veramenteessendo stato richiesto poco dopo dai ministri Cesareo,e di Toscana, che mandasse navi per proteggere Livornoed il littorale pontificio, rispose, aver deliberato di os-servar la neutralità molto scrupolosamente; la qual deli-berazione convenirsegli e per massima di stato, e per in-teresse dei popoli.Il re di Napoli stimolato continuamente dalla regina, edal debito del sangue verso i reali di Francia, andava af-fortificandosi con l'armi navali e terrestri; ma non siconfidava di scoprirsi apertamente, perchè sapeva cheuna forte armata francese era pronta a salpare dal portodi Tolone; nè era bastante da se a difendersi dagli assaltidi lei, nè appariva alcun vicino soccorso d'Inghilterra,non essendosi ancora il re Giorgio chiarito del tutto, sedovesse continuar nella neutralità. o congiunger le sue

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la Francia, diedero non poco a pensare al senato Vene-ziano, e lo confermarono vieppiù nella risoluzione presadi non pendere da nissun lato, quantunque la corte diNapoli gli facesse frequenti e vivissime instanze, affin-chè aderisse alla lega Italica. Ma prevedendo le ostilitàvicine anche dalla parte d'Italia, il che gli dava sospettoche navi armate di potenze belligeranti potessero entrarnel golfo, e turbar i mari, e forse ancora che altri poten-tati d'Italia non forti sull'armi navali, gli domandasseroajuti per preservar i lidi dagl'insulti nemici, ordinò chele sue armate, che ritornate dalla spedizione contro Tu-nisi stanziavano nelle acque di Malta e nell'isole delmare Ionio, se ne venissero nell'Adriatico. Veramenteessendo stato richiesto poco dopo dai ministri Cesareo,e di Toscana, che mandasse navi per proteggere Livornoed il littorale pontificio, rispose, aver deliberato di os-servar la neutralità molto scrupolosamente; la qual deli-berazione convenirsegli e per massima di stato, e per in-teresse dei popoli.Il re di Napoli stimolato continuamente dalla regina, edal debito del sangue verso i reali di Francia, andava af-fortificandosi con l'armi navali e terrestri; ma non siconfidava di scoprirsi apertamente, perchè sapeva cheuna forte armata francese era pronta a salpare dal portodi Tolone; nè era bastante da se a difendersi dagli assaltidi lei, nè appariva alcun vicino soccorso d'Inghilterra,non essendosi ancora il re Giorgio chiarito del tutto, sedovesse continuar nella neutralità. o congiunger le sue

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armi con quelle del confederati. Perciò se ne giva tem-poreggiando con gli accidenti. Solo si apparecchiava apoter prorompere con frutto in aperta guerra, quandofosse venuto il tempo, e teneva più che poteva le suepratiche segrete.Il gran duca di Toscana, principe savio, stava in nonpoca apprensione pei traffichi di Livorno; però schivavacon molta gelosia di dar occasione di tirare a se la tem-pesta, che già desolava i paesi lontani, e minacciava i vi-cini.Il papa non poteva tollerare pazientemente le novità diFrancia in materia religiosa. Ma l'assemblea constituen-te astutamente procedendo ed andando a versi alla natu-ra di lui alta e generosa, protestava volersene star sem-pre unita col sommo pontefice, come capo della chiesacattolica, in quanto spetta alle materie spirituali. Chia-mavanlo padre comune, lo salutavano vicario visibile diDio in terra. Queste lusinghe venute da un'assemblea dicui parlava, e per cui temeva tutto il mondo, avevanomolta efficacia sulla mente del pontefice, e già si lascia-va mitigare. Ma succedute all'assemblea constituente, laquale benchè proceduta più oltre che non si conveniva,aveva non di meno mostrato qualche temperanza,l'assemblea legislativa, ed il consesso nazionale, questedisordinatamente usando la potestà loro, diedero senzafreno in ogni sorte di enormità. Pio VI risentitosi di nuo-vo gravissimamente fulminò interdetti contro gli autoridelle innovazioni, e condannò sdegnosamente le dottri-

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armi con quelle del confederati. Perciò se ne giva tem-poreggiando con gli accidenti. Solo si apparecchiava apoter prorompere con frutto in aperta guerra, quandofosse venuto il tempo, e teneva più che poteva le suepratiche segrete.Il gran duca di Toscana, principe savio, stava in nonpoca apprensione pei traffichi di Livorno; però schivavacon molta gelosia di dar occasione di tirare a se la tem-pesta, che già desolava i paesi lontani, e minacciava i vi-cini.Il papa non poteva tollerare pazientemente le novità diFrancia in materia religiosa. Ma l'assemblea constituen-te astutamente procedendo ed andando a versi alla natu-ra di lui alta e generosa, protestava volersene star sem-pre unita col sommo pontefice, come capo della chiesacattolica, in quanto spetta alle materie spirituali. Chia-mavanlo padre comune, lo salutavano vicario visibile diDio in terra. Queste lusinghe venute da un'assemblea dicui parlava, e per cui temeva tutto il mondo, avevanomolta efficacia sulla mente del pontefice, e già si lascia-va mitigare. Ma succedute all'assemblea constituente, laquale benchè proceduta più oltre che non si conveniva,aveva non di meno mostrato qualche temperanza,l'assemblea legislativa, ed il consesso nazionale, questedisordinatamente usando la potestà loro, diedero senzafreno in ogni sorte di enormità. Pio VI risentitosi di nuo-vo gravissimamente fulminò interdetti contro gli autoridelle innovazioni, e condannò sdegnosamente le dottri-

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ne dei novatori circa le materie religiose. Allora fu op-portunamente tentato dall'imperatore d'Allemagna, e daiprincipi d'Italia, che seguitavano le sue parti. Nè fu vanal'opera loro; perchè il pontefice parendogli, che alla ve-rità impugnata della religione, alla necessità contraddet-ta delle discipline, ed alla dignità offesa della sedia apo-stolica fosse congiunta la sicurezza dei principi, e laprotezione degli afflitti, ministerio vero e prediletto delsuccessore di Cristo, prestò orecchie alle nuove insinua-zioni, ed entrò volentieri nella lega offensiva contro laFrancia.Ma siccome questa era una guerra, non solamente diarmi, ma ancora d'opinioni, così si pensò a Roma ad unrimedio singolare per fermar in suo favore quelle, che sierano tanto dilatate, e che minacciavano sì grave ruinaai principi; conciossiachè temendosi di qualche sboccodi Francesi in Italia, fu creduto utile il preoccupare ilpasso, con fare che la religione santificasse certi principjpolitici, acciocchè non facessero più forza contro di lei;e al tempo stesso, il che era più importante, si pruovas-se, che ella era il mezzo più efficace, anzi il solo chefosse abile a prevenir gli abusi, che sogliono spingere ipopoli a trascorrere contro i principi. Così, ammessa econciliata la radice politica con la religione, si toglieva,speravano, agli avversari quell'arma tanto potente delleopinioni, che allora più che nei tempi passati erano pre-valse, e si confermava vieppiù l'imperio della religione.Adunque, ed a questo fine si diede opera, che uno Spe-

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ne dei novatori circa le materie religiose. Allora fu op-portunamente tentato dall'imperatore d'Allemagna, e daiprincipi d'Italia, che seguitavano le sue parti. Nè fu vanal'opera loro; perchè il pontefice parendogli, che alla ve-rità impugnata della religione, alla necessità contraddet-ta delle discipline, ed alla dignità offesa della sedia apo-stolica fosse congiunta la sicurezza dei principi, e laprotezione degli afflitti, ministerio vero e prediletto delsuccessore di Cristo, prestò orecchie alle nuove insinua-zioni, ed entrò volentieri nella lega offensiva contro laFrancia.Ma siccome questa era una guerra, non solamente diarmi, ma ancora d'opinioni, così si pensò a Roma ad unrimedio singolare per fermar in suo favore quelle, che sierano tanto dilatate, e che minacciavano sì grave ruinaai principi; conciossiachè temendosi di qualche sboccodi Francesi in Italia, fu creduto utile il preoccupare ilpasso, con fare che la religione santificasse certi principjpolitici, acciocchè non facessero più forza contro di lei;e al tempo stesso, il che era più importante, si pruovas-se, che ella era il mezzo più efficace, anzi il solo chefosse abile a prevenir gli abusi, che sogliono spingere ipopoli a trascorrere contro i principi. Così, ammessa econciliata la radice politica con la religione, si toglieva,speravano, agli avversari quell'arma tanto potente delleopinioni, che allora più che nei tempi passati erano pre-valse, e si confermava vieppiù l'imperio della religione.Adunque, ed a questo fine si diede opera, che uno Spe-

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dalieri, uomo molto dotto e di non mediocre ingegno,stampasse nel 1791 in Assisi un libro intitolato, I dirittidell'uomo. Questo libro fu dedicato al cardinale Fabbri-zio Ruffo, allora tesoriere generale della camera aposto-lica, e Pio sesto ne nominò l'autore beneficiato di s. Pie-tro. Afferma in questa sua opera lo Spedalieri, che la so-cietà umana, ossia il patto che unisce gli uomini nellostato civile, è formato direttamente, e immediatamentedagli uomini stessi, che è tutto loro, che Dio non vi haparte con volontà particolare diretta ed immediata, masoltanto come primo ente e primo movente, cioè a direche il patto sociale viene da Dio come vengono da luitutti gli effetti naturali delle cause seconde. Afferma an-cora, che il governo dispotico non è governo legittimo,ma abuso di governo, e che la nazione, che ha formato ilpatto sociale, è in diritto di dichiarare decaduto il sovra-no, se questi, invece di eseguire le condizioni sotto lequali gli è stata affidata la sovranità, le viola tirannica-mente. Quindi l'autore spiega i caratteri, per cui si vienea conoscere la tirannide, e che adducono il caso delladecadenza. Queste sue proposizioni corrobora conl'autorità di San Tommaso, il quale nel suo opuscolo la-tino intitolato: De regimine principum ad regem Cypri,ne dimostra la verità. Finalmente lo Spedalieri pruovache la religione cristiana è la più sicura custode del pattosociale, e dei diritti dell'uomo in società, e che anzi ellaè l'unica capace di produrre un tanto effetto. Rimedionon senza prudenza era questo, ma non fu usato univer-salmente; imperciocchè dalla dimostrazione in fuori,

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dalieri, uomo molto dotto e di non mediocre ingegno,stampasse nel 1791 in Assisi un libro intitolato, I dirittidell'uomo. Questo libro fu dedicato al cardinale Fabbri-zio Ruffo, allora tesoriere generale della camera aposto-lica, e Pio sesto ne nominò l'autore beneficiato di s. Pie-tro. Afferma in questa sua opera lo Spedalieri, che la so-cietà umana, ossia il patto che unisce gli uomini nellostato civile, è formato direttamente, e immediatamentedagli uomini stessi, che è tutto loro, che Dio non vi haparte con volontà particolare diretta ed immediata, masoltanto come primo ente e primo movente, cioè a direche il patto sociale viene da Dio come vengono da luitutti gli effetti naturali delle cause seconde. Afferma an-cora, che il governo dispotico non è governo legittimo,ma abuso di governo, e che la nazione, che ha formato ilpatto sociale, è in diritto di dichiarare decaduto il sovra-no, se questi, invece di eseguire le condizioni sotto lequali gli è stata affidata la sovranità, le viola tirannica-mente. Quindi l'autore spiega i caratteri, per cui si vienea conoscere la tirannide, e che adducono il caso delladecadenza. Queste sue proposizioni corrobora conl'autorità di San Tommaso, il quale nel suo opuscolo la-tino intitolato: De regimine principum ad regem Cypri,ne dimostra la verità. Finalmente lo Spedalieri pruovache la religione cristiana è la più sicura custode del pattosociale, e dei diritti dell'uomo in società, e che anzi ellaè l'unica capace di produrre un tanto effetto. Rimedionon senza prudenza era questo, ma non fu usato univer-salmente; imperciocchè dalla dimostrazione in fuori,

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che se ne fece in Roma, nissun altro segno sorse in Ita-lia, che i principi il volessero accettare: appresso a loroun principio politico contrario prevalse, la religione re-stò sola, e le cose rovinarono.La repubblica di Genova fu poco tentata dagli alleati oper disegni che si facevano sopra di lei, o perchè la cre-devano troppo dipendente, o troppo vicina della Francia.Dimostrossi neutrale con un gran benefizio dei sudditi,che tutt'intenti al commercio di mare con la Francia na-vigavano sicuramente nelle acque della riviera di ponen-te.Così erano in Italia nel corso del millesettecentonovan-tadue timori universali; armi potenti ed aperte conun'accesa voglia di combattere in Piemonte; prepara-menti occulti in Napoli; desiderio di neutralità in Tosca-na; armi poche, ed animo guerriero in Roma; neutralitàdichiarata nelle due repubbliche. Quest'erano le disposi-zioni dei governi; ma varj si dimostravano gli umori deipopoli. In Piemonte per la vicinanza le nuove dottrine sierano introdotte, e quantunque non pochi per le enor-mezze di Francia si fossero ritirati, alcuni ancora vi per-severavano. In Milano le novità avevano posto radice,ma molto rimessamente siccome in terreno molle e di-lettoso. In Venezia per l'indole molto ingentilita dei po-poli gli atroci fatti avevano destato uno sdegno grandis-simo, e poco vi si temevano gli effetti dell'esempio,massime con quel tribunale degl'inquisitori di stato,quantunque fosse divenuto più terribile di nome che di

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che se ne fece in Roma, nissun altro segno sorse in Ita-lia, che i principi il volessero accettare: appresso a loroun principio politico contrario prevalse, la religione re-stò sola, e le cose rovinarono.La repubblica di Genova fu poco tentata dagli alleati oper disegni che si facevano sopra di lei, o perchè la cre-devano troppo dipendente, o troppo vicina della Francia.Dimostrossi neutrale con un gran benefizio dei sudditi,che tutt'intenti al commercio di mare con la Francia na-vigavano sicuramente nelle acque della riviera di ponen-te.Così erano in Italia nel corso del millesettecentonovan-tadue timori universali; armi potenti ed aperte conun'accesa voglia di combattere in Piemonte; prepara-menti occulti in Napoli; desiderio di neutralità in Tosca-na; armi poche, ed animo guerriero in Roma; neutralitàdichiarata nelle due repubbliche. Quest'erano le disposi-zioni dei governi; ma varj si dimostravano gli umori deipopoli. In Piemonte per la vicinanza le nuove dottrine sierano introdotte, e quantunque non pochi per le enor-mezze di Francia si fossero ritirati, alcuni ancora vi per-severavano. In Milano le novità avevano posto radice,ma molto rimessamente siccome in terreno molle e di-lettoso. In Venezia per l'indole molto ingentilita dei po-poli gli atroci fatti avevano destato uno sdegno grandis-simo, e poco vi si temevano gli effetti dell'esempio,massime con quel tribunale degl'inquisitori di stato,quantunque fosse divenuto più terribile di nome che di

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Page 88: Carlo F. Traverso (ePub) - Liber Liber · siano da accagionarsi di viltà gli scrittori, che di rigore, o di ambizione i principi. Per la qual cosa io, che di maggior libertà nello

fatto. Gli Schiavoni ancora servivano di scudo, siccomegente aliena dalle nuovi opinioni, e fedelissima alla re-pubblica. In Napoli covava gran fuoco sotto poca cene-re, perchè le opinioni nuove vi si erano molto distese, edil cielo vi fa gli uomini eccessivi. In Roma fra preti, cheintendevano alle faccende ecclesiastiche, ed un numeroesorbitante di servitori, che a tutt'altro pensavano, che aquello che gli altri temevano, si poteva vivere a sicurtà.In Toscana, provincia dove sono i cervelli sottili, e glianimi ingentiliti, poco si stimavano i nuovi aforismi, ela felicità del vivere vi faceva odiar le mutazioni. In Ge-nova poi erano molti e fortemente risentiti gli umori; masiccome vi si lasciavano sfogare, poco erano da temersi,ed i rivolgimenti non fanno per chi vive sul commercio.La Francia intanto venuta in preda a uomini senza frenoe senza consiglio, vedendo la piena che le veniva addos-so, volle accoppiare alle armi le lusinghevoli promesse,e le disordinate opinioni. Però i suoi agenti sì pubbliciche segreti riempivano l'Italia della fedeltà del governoloro, e delle beatitudini della libertà. Affermavano, nonvoler la Francia ingerirsi nei governi altrui; voler esserfedele coi fedeli, rispettar chi rispettava. Quest'erano pa-role; ma i fatti avevano altro suono; imperciocchè e cer-cavano di stillare le nuove massime nell'animo dei sud-diti con rigiri segreti, mostravano loro il modo di unirsi,loro promettevano ajuti di consiglio, di denaro, e di po-tenza, e tentando ogni modo ed ogni via, si sforzavanodi scemar la forza dei governi con torre loro il fonda-

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fatto. Gli Schiavoni ancora servivano di scudo, siccomegente aliena dalle nuovi opinioni, e fedelissima alla re-pubblica. In Napoli covava gran fuoco sotto poca cene-re, perchè le opinioni nuove vi si erano molto distese, edil cielo vi fa gli uomini eccessivi. In Roma fra preti, cheintendevano alle faccende ecclesiastiche, ed un numeroesorbitante di servitori, che a tutt'altro pensavano, che aquello che gli altri temevano, si poteva vivere a sicurtà.In Toscana, provincia dove sono i cervelli sottili, e glianimi ingentiliti, poco si stimavano i nuovi aforismi, ela felicità del vivere vi faceva odiar le mutazioni. In Ge-nova poi erano molti e fortemente risentiti gli umori; masiccome vi si lasciavano sfogare, poco erano da temersi,ed i rivolgimenti non fanno per chi vive sul commercio.La Francia intanto venuta in preda a uomini senza frenoe senza consiglio, vedendo la piena che le veniva addos-so, volle accoppiare alle armi le lusinghevoli promesse,e le disordinate opinioni. Però i suoi agenti sì pubbliciche segreti riempivano l'Italia della fedeltà del governoloro, e delle beatitudini della libertà. Affermavano, nonvoler la Francia ingerirsi nei governi altrui; voler esserfedele coi fedeli, rispettar chi rispettava. Quest'erano pa-role; ma i fatti avevano altro suono; imperciocchè e cer-cavano di stillare le nuove massime nell'animo dei sud-diti con rigiri segreti, mostravano loro il modo di unirsi,loro promettevano ajuti di consiglio, di denaro, e di po-tenza, e tentando ogni modo ed ogni via, si sforzavanodi scemar la forza dei governi con torre loro il fonda-

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mento della fedeltà dei sudditi.Per meglio dichiarare il secolo, sarà mestiero raccontareciò che allegavano le due contrarie parti; parrà certa-mente ch'io dica cose enormi, ma se ne fecero delle piùenormi ancora. Dicevano adunque i novatori smoderatiapertamente, ed a tutti che lo volevano udire, che i reson tutti tiranni, e bisognare uccidergli; i nobili satellitidei tiranni; i nobili appoggiare i tiranni con l'armi, i preticon le opinioni; il popolo esser sovrano; da lui derivarogni potere; il popolo esser pupillo, nè poter mai perde-re i suoi diritti nè per tempo nè per usurpazione; il ribel-larsi esser dovere, quando son lesi da chi governa i dirit-ti del popolo; abbominevole, assurda e ridicola cosa es-ser la realtà; solo governo legittimo esser la repubblica;nè tutte le repubbliche esser legittime, ma solo le demo-cratiche; l'aristocrazìa mera peggiore della realtà; l'oli-garchìa un male orrendo; sola, e vera fedeltà esser quel-la verso il popolo; la fedeltà verso i re e verso gli aristo-crati esser tradimento; perciò tradire i re, tradire gli ari-stocrati essere non solo lecito, ma debito; quest'esser lemassime eterne dettate dalle natura e da Dio; il Vangeloesser democratico; e qui aggiungevano cose, che quan-tunque siamo disposti a favellar alla libera, non osiamoper riverenza alla santità replicare; nascere una era no-vella per l'umana generazione, e compiersi le predizionidelle scritture; sorgere coi diritti la giustizia, con la giu-stizia la pace, con la pace la felicità; abbastanza, e purtroppo essersi fatto pruova delle usurpazioni, ora dover-

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mento della fedeltà dei sudditi.Per meglio dichiarare il secolo, sarà mestiero raccontareciò che allegavano le due contrarie parti; parrà certa-mente ch'io dica cose enormi, ma se ne fecero delle piùenormi ancora. Dicevano adunque i novatori smoderatiapertamente, ed a tutti che lo volevano udire, che i reson tutti tiranni, e bisognare uccidergli; i nobili satellitidei tiranni; i nobili appoggiare i tiranni con l'armi, i preticon le opinioni; il popolo esser sovrano; da lui derivarogni potere; il popolo esser pupillo, nè poter mai perde-re i suoi diritti nè per tempo nè per usurpazione; il ribel-larsi esser dovere, quando son lesi da chi governa i dirit-ti del popolo; abbominevole, assurda e ridicola cosa es-ser la realtà; solo governo legittimo esser la repubblica;nè tutte le repubbliche esser legittime, ma solo le demo-cratiche; l'aristocrazìa mera peggiore della realtà; l'oli-garchìa un male orrendo; sola, e vera fedeltà esser quel-la verso il popolo; la fedeltà verso i re e verso gli aristo-crati esser tradimento; perciò tradire i re, tradire gli ari-stocrati essere non solo lecito, ma debito; quest'esser lemassime eterne dettate dalle natura e da Dio; il Vangeloesser democratico; e qui aggiungevano cose, che quan-tunque siamo disposti a favellar alla libera, non osiamoper riverenza alla santità replicare; nascere una era no-vella per l'umana generazione, e compiersi le predizionidelle scritture; sorgere coi diritti la giustizia, con la giu-stizia la pace, con la pace la felicità; abbastanza, e purtroppo essersi fatto pruova delle usurpazioni, ora dover-

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si pruovare la libertà; abbastanza, e pur troppo essersipruovati i privilegi, ora doversi pruovare l'equalità; la li-bertà elevar gli animi, l'equalità consolargli; essere fi-nalmente giunto il tempo, in cui il povero avrà soccorsosenza scherno, l'oppresso riparo senza prezzo, ed in cuila società più farà per chi meno puote; poichè negli anti-chi governi il potere era tutto volto a favor di chi puòcontro chi non può, vero ed unico fine di ogni buon go-verno; avere il potere e la legge, esser troppo, aver nem-men la legge esser troppo poco; aver tutti una leggeuguale esser giusto; bastar bene, ed esser anche di so-verchio, che i ricchi ed i grandi abbiano il potere chedanno le ricchezze e le dipendenze, senza che abbianoquello che danno i privilegj; così nelle nuove forme tor-sene a chi ha troppo, e darsene a chi ne manca, santo edolce compenso. Sorgessero adunque, sclamavano,giacchè sorgevano i tiranni, sorgessero i popoli a farquello che più piace a Dio, quello che stat'era da Dioeternamente prescritto: sorgessero, abbattessero, concul-cassero i tiranni, fondassero i governi popolari, fondas-sero le repubbliche, e stabilissero un fortunato e dolcevivere. A così alta impresa spirar l'aure favorevoli; la ti-rannide essere stata spenta in Francia, parte tanto princi-pale d'Europa; una grande, valorosa e potente nazioneesser tutta sorta in piè per ajutare chiunque voglia gettardal collo il grave giogo; abbastanza essersi sofferto, ab-bastanza tollerato, ora splendere più benigne stelle;pruovassero, che i più numerosi sono i più forti, che glioppressi non son vili; trasportassero il governo del mon-

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si pruovare la libertà; abbastanza, e pur troppo essersipruovati i privilegi, ora doversi pruovare l'equalità; la li-bertà elevar gli animi, l'equalità consolargli; essere fi-nalmente giunto il tempo, in cui il povero avrà soccorsosenza scherno, l'oppresso riparo senza prezzo, ed in cuila società più farà per chi meno puote; poichè negli anti-chi governi il potere era tutto volto a favor di chi puòcontro chi non può, vero ed unico fine di ogni buon go-verno; avere il potere e la legge, esser troppo, aver nem-men la legge esser troppo poco; aver tutti una leggeuguale esser giusto; bastar bene, ed esser anche di so-verchio, che i ricchi ed i grandi abbiano il potere chedanno le ricchezze e le dipendenze, senza che abbianoquello che danno i privilegj; così nelle nuove forme tor-sene a chi ha troppo, e darsene a chi ne manca, santo edolce compenso. Sorgessero adunque, sclamavano,giacchè sorgevano i tiranni, sorgessero i popoli a farquello che più piace a Dio, quello che stat'era da Dioeternamente prescritto: sorgessero, abbattessero, concul-cassero i tiranni, fondassero i governi popolari, fondas-sero le repubbliche, e stabilissero un fortunato e dolcevivere. A così alta impresa spirar l'aure favorevoli; la ti-rannide essere stata spenta in Francia, parte tanto princi-pale d'Europa; una grande, valorosa e potente nazioneesser tutta sorta in piè per ajutare chiunque voglia gettardal collo il grave giogo; abbastanza essersi sofferto, ab-bastanza tollerato, ora splendere più benigne stelle;pruovassero, che i più numerosi sono i più forti, che glioppressi non son vili; trasportassero il governo del mon-

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do dal vizio potente alla virtù infelice.Dall'altro canto nè maggior moderazione d'animi si os-servava, nè maggior modestia di parole. Dove sono, di-cevano, questi giacobini (che così gli chiamavano dauna setta furibonda nata in Parigi), che ora si fanno avoler riformare il mondo? Bel principio al governo loroil metter la mano nella roba e nella vita altrui, e portar leteste lacere in processione! Imprigionar gli onesti, escannar gl'imprigionati! parlar di aristocrazìa! ma sel'aristocrazìa fa male, fallo a pochi, la democrazìa a tut-ti; chi fa scudo ai re, unico, e salutar temperamento inuna nazione grande, se non l'aristocrazìa, massimequando i re son diventati bersaglio a popoli indemonia-ti? che virtù! I ladri in onore, le meretrici in trionfo! Sesono i popolari virtuosi per ignoranza, sono i magnatiper educazione, e la virtù rozza diventa ferocia, se nonla tempera la gentilezza. Se i magnati son freno alle vo-glie assolute del principe, ed alle voglie disordinate del-la plebe, sono ancora esempio ad infondere nei popolicostumi miti, e gentili; non essere nidi di tiranni i castel-li, bensì specchi di civiltà; ciò che fu, non esser quelloche è, e nemmanco i popoli essere stati angeli; doversiin questo, e quanto al passato dare e chiedere perdonan-za. E che valse ai nobili l'aver dato alla patria i privilegiloro, non conquistati per forza ma conceduti per ricom-pensa, se, spenti i privilegi, loro si tolsero le proprietà,poi la libertà, poi la vita? E quando finiranno gli esilj, lepersecuzioni, e le carneficine? Della realtà che dirassi?

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do dal vizio potente alla virtù infelice.Dall'altro canto nè maggior moderazione d'animi si os-servava, nè maggior modestia di parole. Dove sono, di-cevano, questi giacobini (che così gli chiamavano dauna setta furibonda nata in Parigi), che ora si fanno avoler riformare il mondo? Bel principio al governo loroil metter la mano nella roba e nella vita altrui, e portar leteste lacere in processione! Imprigionar gli onesti, escannar gl'imprigionati! parlar di aristocrazìa! ma sel'aristocrazìa fa male, fallo a pochi, la democrazìa a tut-ti; chi fa scudo ai re, unico, e salutar temperamento inuna nazione grande, se non l'aristocrazìa, massimequando i re son diventati bersaglio a popoli indemonia-ti? che virtù! I ladri in onore, le meretrici in trionfo! Sesono i popolari virtuosi per ignoranza, sono i magnatiper educazione, e la virtù rozza diventa ferocia, se nonla tempera la gentilezza. Se i magnati son freno alle vo-glie assolute del principe, ed alle voglie disordinate del-la plebe, sono ancora esempio ad infondere nei popolicostumi miti, e gentili; non essere nidi di tiranni i castel-li, bensì specchi di civiltà; ciò che fu, non esser quelloche è, e nemmanco i popoli essere stati angeli; doversiin questo, e quanto al passato dare e chiedere perdonan-za. E che valse ai nobili l'aver dato alla patria i privilegiloro, non conquistati per forza ma conceduti per ricom-pensa, se, spenti i privilegi, loro si tolsero le proprietà,poi la libertà, poi la vita? E quando finiranno gli esilj, lepersecuzioni, e le carneficine? Della realtà che dirassi?

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se non se questa esser modo di governo connaturaleall'uomo, poichè là dove sono uniti uomini in società, làsempre nasce come di necessità la realtà, se non dinome, almen di fatto, ma le più volte e di nome e di fat-to; non vedersi forse dove i più governano, reggere unsolo? e non valer forse meglio la realtà vera, che la real-tà velata? non esser quella sempre più temperata o dalleleggi, o dalle consuetudini, o dalla necessità di compari-re, se non buono, almeno giusto? all'incontro esser que-sta più sospettosa, perchè senza appoggio, più crudeleperchè più sospettosa, più arbitraria perchè senza freno.Nascere la realtà dal desiderio innato in tutti di domina-re; poichè questo inducendo l'anarchìa, morte della so-cietà, fa che si trasporta il dominio da tutti prima in po-chi, poi per la medesima ragione da pochi in un solo; ebeate le nazioni che trovano la realtà bell'e fatta, senzadover passare per l'anarchìa per farsela! Il popolo sovra-no! Certo sì per ammazzar prima i migliori uomini, poise stesso! Error scelerato essere il voler ridurre un teore-ma speculativo in pratica; che anche i matti furiosi sonpadroni di muoversi, e pure si metton loro le catene ad-dosso: con le astrattezze non governarsi gli uomini, macon i rimedj contro le passioni, e mal rimedio essere losbrigliarle. Doversi perciò questi regoli plebei spegneredel tutto ad eterno esempio di una gran malvagità puni-ta; e siccome ne furono scrollate le fondamenta stessedella società, così doversi questa ritirare non solo làdond'era partita, ma più verso un governo forte e stretto.A questo opportuni stromenti essere i nobili ed i religio-

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se non se questa esser modo di governo connaturaleall'uomo, poichè là dove sono uniti uomini in società, làsempre nasce come di necessità la realtà, se non dinome, almen di fatto, ma le più volte e di nome e di fat-to; non vedersi forse dove i più governano, reggere unsolo? e non valer forse meglio la realtà vera, che la real-tà velata? non esser quella sempre più temperata o dalleleggi, o dalle consuetudini, o dalla necessità di compari-re, se non buono, almeno giusto? all'incontro esser que-sta più sospettosa, perchè senza appoggio, più crudeleperchè più sospettosa, più arbitraria perchè senza freno.Nascere la realtà dal desiderio innato in tutti di domina-re; poichè questo inducendo l'anarchìa, morte della so-cietà, fa che si trasporta il dominio da tutti prima in po-chi, poi per la medesima ragione da pochi in un solo; ebeate le nazioni che trovano la realtà bell'e fatta, senzadover passare per l'anarchìa per farsela! Il popolo sovra-no! Certo sì per ammazzar prima i migliori uomini, poise stesso! Error scelerato essere il voler ridurre un teore-ma speculativo in pratica; che anche i matti furiosi sonpadroni di muoversi, e pure si metton loro le catene ad-dosso: con le astrattezze non governarsi gli uomini, macon i rimedj contro le passioni, e mal rimedio essere losbrigliarle. Doversi perciò questi regoli plebei spegneredel tutto ad eterno esempio di una gran malvagità puni-ta; e siccome ne furono scrollate le fondamenta stessedella società, così doversi questa ritirare non solo làdond'era partita, ma più verso un governo forte e stretto.A questo opportuni stromenti essere i nobili ed i religio-

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si, i primi perchè dan la forza, i secondi perchè danno lapersuasione, ed a tutti questi preporre un re forte e riso-luto. Nè ciò bastare; spenti gli uomini infami, doversianche spegnere le dottrine sfrenate; perchè, se bisognacastigar la generazione presente, e' bisogna sanar le fu-ture; una moderata ignoranza esser migliore d'un inso-lente sapere: insomma punir i traditori, premiar i fedeli,riordinar in tutto e per sempre il vivere sociale. Per que-sto muoversi l'Europa, per questo aguzzar l'armi; nè tan-to moto essere per palliar solamente un male immenso,ma per estirparlo; rimanere ancora in Europa sufficientiresidui di realtà e di aristocrazìa per risarcir l'edifiziodella società rovinata, se prudentemente e gagliarda-mente si rimettessero insieme; questo voler fare i reconfederati, a questo mirare le speranze di tutti i buoni,a questo offerirsi i nobili, a questo persuadere i religiosi;che se tanta aspettazione, se così gran consenso, se unasant'ira mossa da crudeli misfatti fossero indarno, dovercader l'Europa in una inudita barbarie.Da tutto questo si vede, quanto siano intemperanti gliuomini, quando sono mossi da passioni politiche; imper-ciocchè i primi erravano per aver portato tropp'oltre leriforme, i secondi per averle fatte degenerare in eccessienormi pel contrasto da loro fatto anche alle più utili egiuste; gli uni per aver posto mano nel sangue, gli altriper volerlavi porre; quelli per aver deposto ed ucciso unre santo, questi per aver chiamato i re stranieri a' dannidella patria loro; e se la libertà, quantunque di un valore

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si, i primi perchè dan la forza, i secondi perchè danno lapersuasione, ed a tutti questi preporre un re forte e riso-luto. Nè ciò bastare; spenti gli uomini infami, doversianche spegnere le dottrine sfrenate; perchè, se bisognacastigar la generazione presente, e' bisogna sanar le fu-ture; una moderata ignoranza esser migliore d'un inso-lente sapere: insomma punir i traditori, premiar i fedeli,riordinar in tutto e per sempre il vivere sociale. Per que-sto muoversi l'Europa, per questo aguzzar l'armi; nè tan-to moto essere per palliar solamente un male immenso,ma per estirparlo; rimanere ancora in Europa sufficientiresidui di realtà e di aristocrazìa per risarcir l'edifiziodella società rovinata, se prudentemente e gagliarda-mente si rimettessero insieme; questo voler fare i reconfederati, a questo mirare le speranze di tutti i buoni,a questo offerirsi i nobili, a questo persuadere i religiosi;che se tanta aspettazione, se così gran consenso, se unasant'ira mossa da crudeli misfatti fossero indarno, dovercader l'Europa in una inudita barbarie.Da tutto questo si vede, quanto siano intemperanti gliuomini, quando sono mossi da passioni politiche; imper-ciocchè i primi erravano per aver portato tropp'oltre leriforme, i secondi per averle fatte degenerare in eccessienormi pel contrasto da loro fatto anche alle più utili egiuste; gli uni per aver posto mano nel sangue, gli altriper volerlavi porre; quelli per aver deposto ed ucciso unre santo, questi per aver chiamato i re stranieri a' dannidella patria loro; e se la libertà, quantunque di un valore

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Page 94: Carlo F. Traverso (ePub) - Liber Liber · siano da accagionarsi di viltà gli scrittori, che di rigore, o di ambizione i principi. Per la qual cosa io, che di maggior libertà nello

inestimabile, male si compra con la crudeltà, male anco-ra si riacquistano i dritti feudali, e le seggiole in corte,con dar il proprio paese in preda ai forestieri. Certo quelche più mancò all'età nostra, è l'amor della patria, poi-chè i primi la resero serva con le mannaje, i secondi lavolevano render serva coi cannoni Tedeschi, rei gli uni egli altri per non aver voluto accettare quella libertà, cheil re e gli uomini savj volevano dar loro, unica e sola li-bertà, che ad un tanto stato, quanto la Francia è, potesseconvenirsi; nuovo, ma non unico argomento, che nonpuò esser libertà, dove sono i mali costumi, massime lacupidità sfrenata di comandare, e di comparire.Le parole dei novatori avevano più forza sull'animo deipopoli, che quelle dei loro avversarj, perchè i popolisono sempre cupidi di novità; poi coloro, che si copronocol velame del ben comune, hanno più efficacia di quel-li, che pretendono i privilegi. Laonde l'Europa era pienadi spaventi, e si temevano funesti incendi per ogni parte.Intanto essendo accesa la guerra fra l'Austria e la Fran-cia, l'una e l'altra di queste potenze applicarono l'animoalle cose d'Italia; la prima per conservar quello che vipossedeva, la seconda per acquistarvi quello che nonpossedeva, od almeno per potervi sicuramente aver ilpasso col fine di andar a ferire sul fianco il suo nemico.Dall'altro lato il governo di Francia aveva spedito agentisegreti e palesi per domandare, parte con minacce, partecon preghiere, ai governi d'Italia, o lega o passo o neu-

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inestimabile, male si compra con la crudeltà, male anco-ra si riacquistano i dritti feudali, e le seggiole in corte,con dar il proprio paese in preda ai forestieri. Certo quelche più mancò all'età nostra, è l'amor della patria, poi-chè i primi la resero serva con le mannaje, i secondi lavolevano render serva coi cannoni Tedeschi, rei gli uni egli altri per non aver voluto accettare quella libertà, cheil re e gli uomini savj volevano dar loro, unica e sola li-bertà, che ad un tanto stato, quanto la Francia è, potesseconvenirsi; nuovo, ma non unico argomento, che nonpuò esser libertà, dove sono i mali costumi, massime lacupidità sfrenata di comandare, e di comparire.Le parole dei novatori avevano più forza sull'animo deipopoli, che quelle dei loro avversarj, perchè i popolisono sempre cupidi di novità; poi coloro, che si copronocol velame del ben comune, hanno più efficacia di quel-li, che pretendono i privilegi. Laonde l'Europa era pienadi spaventi, e si temevano funesti incendi per ogni parte.Intanto essendo accesa la guerra fra l'Austria e la Fran-cia, l'una e l'altra di queste potenze applicarono l'animoalle cose d'Italia; la prima per conservar quello che vipossedeva, la seconda per acquistarvi quello che nonpossedeva, od almeno per potervi sicuramente aver ilpasso col fine di andar a ferire sul fianco il suo nemico.Dall'altro lato il governo di Francia aveva spedito agentisegreti e palesi per domandare, parte con minacce, partecon preghiere, ai governi d'Italia, o lega o passo o neu-

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tralità. Fra gli altri Semonville fu destinato ad andare aspecular le cose in Piemonte, ed a tentar l'animo del re,affinchè negli accidenti gravi che si preparavano, si di-mostrasse favorevole alla Francia. Aveva carico di pro-porre a Vittorio Amedeo di collegarsi con la Francia, edi dar il passo agli eserciti Francesi, perchè andassero adassaltare la Lombardia Austriaca; con ciò la Francia gliguarentirebbe i suoi stati, raffrenerebbe gli spiriti turbo-lenti in Piemonte ed in Savoja, cederebbe in potestà dilui quanto si sarebbe conquistato con l'armi comuni inItalia contro l'imperatore. Il re si era risoluto a non udirele proposte, sì perchè temeva, nè senza ragione, d'insi-die, sì perchè procedeva in queste faccende con troppapassione, e sì perchè la sua congiunzione con l'Austriagià era tropp'oltre trascorsa. Infatti già calavano Tede-schi dal Tirolo, e s'incamminavano a gran passo verso ilPiemonte. Perlochè, giunto essendo Semonville in Ales-sandria, fu spedito ordine al conte Solaro governatore,che nol lasciasse procedere più oltre, anzi gl'intimasse ditornarsene fuori degli stati del re, usando però col mini-stro Francese tutti quei termini di complimento, che me-glio sapesse immaginare. Solaro, uomo assai cortese, edatto a tutte le cose onorate, eseguì prudentemente gli or-dini avuti. Tornossene Semonville a Genova.Il fatto fu gravissimamente sentito in Parigi. Il giornoquindici settembre del millesettecentonovantadue,Dumourier, ministro degli affari esteri, favellando moltorisentitamente al consesso nazionale del governo di Pie-

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tralità. Fra gli altri Semonville fu destinato ad andare aspecular le cose in Piemonte, ed a tentar l'animo del re,affinchè negli accidenti gravi che si preparavano, si di-mostrasse favorevole alla Francia. Aveva carico di pro-porre a Vittorio Amedeo di collegarsi con la Francia, edi dar il passo agli eserciti Francesi, perchè andassero adassaltare la Lombardia Austriaca; con ciò la Francia gliguarentirebbe i suoi stati, raffrenerebbe gli spiriti turbo-lenti in Piemonte ed in Savoja, cederebbe in potestà dilui quanto si sarebbe conquistato con l'armi comuni inItalia contro l'imperatore. Il re si era risoluto a non udirele proposte, sì perchè temeva, nè senza ragione, d'insi-die, sì perchè procedeva in queste faccende con troppapassione, e sì perchè la sua congiunzione con l'Austriagià era tropp'oltre trascorsa. Infatti già calavano Tede-schi dal Tirolo, e s'incamminavano a gran passo verso ilPiemonte. Perlochè, giunto essendo Semonville in Ales-sandria, fu spedito ordine al conte Solaro governatore,che nol lasciasse procedere più oltre, anzi gl'intimasse ditornarsene fuori degli stati del re, usando però col mini-stro Francese tutti quei termini di complimento, che me-glio sapesse immaginare. Solaro, uomo assai cortese, edatto a tutte le cose onorate, eseguì prudentemente gli or-dini avuti. Tornossene Semonville a Genova.Il fatto fu gravissimamente sentito in Parigi. Il giornoquindici settembre del millesettecentonovantadue,Dumourier, ministro degli affari esteri, favellando moltorisentitamente al consesso nazionale del governo di Pie-

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monte, e lamentandosi con apposito discorso dell'affron-to fatto alla Francia nella persona del suo ambasciadorein Alessandria, conchiuse doversi dichiarar la guerra alre di Sardegna. Quivi levossi un romore grandissimo;chè le parole di despoto, di tiranno, di nemico del gene-re umano andarono al colmo. Insomma fu chiarita so-lennemente la guerra tra la Francia e la Sardegna.Di già il giorno dieci dello stesso mese il consiglio ese-cutivo provvisorio aveva spedito ordine al generaleMontesquiou, capo dell'esercito che raccolto nell'altoDelfinato minacciava la Savoia, di assaltar questa pro-vincia, e cacciate l'armi Piemontesi oltremonti, di usaretutte quelle maggiori occasioni che gli si offrirebbero.Questo fu il primo principio di tutti quei mali che patìItalia per tanti anni, e che empierono tutto il corpo suodi ferite, che non si potranno così facilmente sanare.Il re di Sardegna, come prima fu incominciata la guerratra la Francia e le potenze confederate di Germania, ave-va con grandi speranze fatto notabili apparecchi in Sa-voia, e nella contea di Nizza. Ma le vittorie dei Francesinella Sciampagna cambiarono le condizioni della guer-ra, ed il re, invece di conquistare i paesi d'altri, dovettepensare a difendere i proprj. Erano le sue condizioni as-sai peggiori di quelle dei Francesi; poichè nei due paesicontigui, in cui si doveva far la guerra, la Savoia parteg-giava pei Francesi, il Delfinato non solo non parteggia-va pei Piemontesi, ma loro era anche nimicissimo; cheanzi questa provincia si era mostrata molto propensa

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monte, e lamentandosi con apposito discorso dell'affron-to fatto alla Francia nella persona del suo ambasciadorein Alessandria, conchiuse doversi dichiarar la guerra alre di Sardegna. Quivi levossi un romore grandissimo;chè le parole di despoto, di tiranno, di nemico del gene-re umano andarono al colmo. Insomma fu chiarita so-lennemente la guerra tra la Francia e la Sardegna.Di già il giorno dieci dello stesso mese il consiglio ese-cutivo provvisorio aveva spedito ordine al generaleMontesquiou, capo dell'esercito che raccolto nell'altoDelfinato minacciava la Savoia, di assaltar questa pro-vincia, e cacciate l'armi Piemontesi oltremonti, di usaretutte quelle maggiori occasioni che gli si offrirebbero.Questo fu il primo principio di tutti quei mali che patìItalia per tanti anni, e che empierono tutto il corpo suodi ferite, che non si potranno così facilmente sanare.Il re di Sardegna, come prima fu incominciata la guerratra la Francia e le potenze confederate di Germania, ave-va con grandi speranze fatto notabili apparecchi in Sa-voia, e nella contea di Nizza. Ma le vittorie dei Francesinella Sciampagna cambiarono le condizioni della guer-ra, ed il re, invece di conquistare i paesi d'altri, dovettepensare a difendere i proprj. Erano le sue condizioni as-sai peggiori di quelle dei Francesi; poichè nei due paesicontigui, in cui si doveva far la guerra, la Savoia parteg-giava pei Francesi, il Delfinato non solo non parteggia-va pei Piemontesi, ma loro era anche nimicissimo; cheanzi questa provincia si era mostrata molto propensa

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alle mutazioni che si erano fatte e si facevano: sicchè iFrancesi avevano favore andando avanti, sicurezza an-dando indietro; il contrario accadeva ai Piemontesi.Non ostante tutto questo, i capi, che governavano lecose del re in Savoia, se ne vivevano con molta sicurez-za. Soli coi fuorusciti francesi, che loro stavano conti-nuamente intorno, non vedevano ciò, che era chiaro atutto il mondo: improvvidi, che non conobbero, chemale con le ire e con la imprudenza si reggono i casiumani.Il cavaliere di Colegno, comandante di Ciamberì, oltrela sua credulità verso i fuorusciti, e verso un generale diFrancia, che, per ispiare, il veniva a trovare in abito esotto nome di prete Irlandese, con duro governo aspera-va i popoli, soffiò imprudente sur un fuoco che già si ac-cendeva. Assai miglior animo aveva il conte Perrone,governator generale della Savoia, ma in mezzo a tantisfrenati non aveva quell'autorità e quel credito, che in sìpericoloso accidente si richiedevano; ed anch'egli davafede alle novelle del prete Irlandese. Il cavaliere di La-zari governava l'esercito; capitano certamente poco attoa sostenere le guerre vive dei Francesi.Adunque tali essendo le condizioni della Savoia nelmese di settembre, si aperse la via alle future calamità. Icapi dell'esercito, vivendo sempre nella solita sicurtà, nèpotendo credere sì vicino un assalto, in vece di allogarle truppe in pochi luoghi, ma forti, ed ai passi, le aveva-

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alle mutazioni che si erano fatte e si facevano: sicchè iFrancesi avevano favore andando avanti, sicurezza an-dando indietro; il contrario accadeva ai Piemontesi.Non ostante tutto questo, i capi, che governavano lecose del re in Savoia, se ne vivevano con molta sicurez-za. Soli coi fuorusciti francesi, che loro stavano conti-nuamente intorno, non vedevano ciò, che era chiaro atutto il mondo: improvvidi, che non conobbero, chemale con le ire e con la imprudenza si reggono i casiumani.Il cavaliere di Colegno, comandante di Ciamberì, oltrela sua credulità verso i fuorusciti, e verso un generale diFrancia, che, per ispiare, il veniva a trovare in abito esotto nome di prete Irlandese, con duro governo aspera-va i popoli, soffiò imprudente sur un fuoco che già si ac-cendeva. Assai miglior animo aveva il conte Perrone,governator generale della Savoia, ma in mezzo a tantisfrenati non aveva quell'autorità e quel credito, che in sìpericoloso accidente si richiedevano; ed anch'egli davafede alle novelle del prete Irlandese. Il cavaliere di La-zari governava l'esercito; capitano certamente poco attoa sostenere le guerre vive dei Francesi.Adunque tali essendo le condizioni della Savoia nelmese di settembre, si aperse la via alle future calamità. Icapi dell'esercito, vivendo sempre nella solita sicurtà, nèpotendo credere sì vicino un assalto, in vece di allogarle truppe in pochi luoghi, ma forti, ed ai passi, le aveva-

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no sparse quà e là senza alcun utile disegno, talmenteche ed erano inabili al resistere al nemico ovunque siappresentasse, ed incapaci a rannodarsi subitamentedove egli assaltasse. Tanta era questa loro semplicità,che anche quando i Francesi, prima divisi in diversicampi, si erano raccolti tutti vicino al forte Barraux, ilche denotava l'intenzione di un assalto vicino, non fece-ro dimostrazione alcuna.Il prete Irlandese stava loro a' fianchi, e raccontava lorole più gran novelle del mondo, ed ei se le credevano. Ifuorusciti Francesi, che pure incominciavano a temere,dimandarono se vi fosse pericolo; risposero del no. Ag-giunsero, ch'era la gente di roba, che aveva paura, e chespargeva spaventi. In questo mordevano il conte Botto-ne di Castellamonte, il quale essendo intendente genera-le della Savoia, da quell'uomo fine e perspicace ch'egliera, avendo bene penetrate le cose, aveva domandatosoldati al governatore per iscorta al tesoro, che volevafar partire alla volta del Piemonte. Certo, impossibilcosa era il difendere la Savoia, massime dopo le disgra-zie dei confederati: non stanziavano in questa provinciapiù di nove in diecimila soldati; ma siccome erano buo-ni, così se fossero stati retti da capitani pratichi, e postiai passi opportuni, avrebbero almeno fatto una difesaonorata, e ritardato l'impeto del nemico. Ma agli sparsimancò l'ordine, il riunirgli fu impossibile in accidentetanto improvviso.Intanto il generale Montesquiou, avuto comandamento

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no sparse quà e là senza alcun utile disegno, talmenteche ed erano inabili al resistere al nemico ovunque siappresentasse, ed incapaci a rannodarsi subitamentedove egli assaltasse. Tanta era questa loro semplicità,che anche quando i Francesi, prima divisi in diversicampi, si erano raccolti tutti vicino al forte Barraux, ilche denotava l'intenzione di un assalto vicino, non fece-ro dimostrazione alcuna.Il prete Irlandese stava loro a' fianchi, e raccontava lorole più gran novelle del mondo, ed ei se le credevano. Ifuorusciti Francesi, che pure incominciavano a temere,dimandarono se vi fosse pericolo; risposero del no. Ag-giunsero, ch'era la gente di roba, che aveva paura, e chespargeva spaventi. In questo mordevano il conte Botto-ne di Castellamonte, il quale essendo intendente genera-le della Savoia, da quell'uomo fine e perspicace ch'egliera, avendo bene penetrate le cose, aveva domandatosoldati al governatore per iscorta al tesoro, che volevafar partire alla volta del Piemonte. Certo, impossibilcosa era il difendere la Savoia, massime dopo le disgra-zie dei confederati: non stanziavano in questa provinciapiù di nove in diecimila soldati; ma siccome erano buo-ni, così se fossero stati retti da capitani pratichi, e postiai passi opportuni, avrebbero almeno fatto una difesaonorata, e ritardato l'impeto del nemico. Ma agli sparsimancò l'ordine, il riunirgli fu impossibile in accidentetanto improvviso.Intanto il generale Montesquiou, avuto comandamento

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d'incominciar la guerra, dal campo di Cessieux, dove al-loggiava con l'esercito raccolto, in cui si noveravano cir-ca quindici mila combattenti, gente, se non molto disci-plinata, certo molto ardente, andò a porsi agli Abresti,donde spedì ordine al generale Anselmo, che, passato ilVaro, assaltasse nel tempo medesimo la contea di Nizza.Presidiavano la contea genti poco numerose, che obbe-divano al conte Pinto. Queste mosse doveva anche aju-tare dalla parte del mare il contr'ammiraglio Truguet, ilquale partito da Tolone con un'armata di undeci legnidei più grossi, ed alcuni più sottili, e due mila soldati disopraccollo, se ne giva correndo le acque di Villafrancasino al golfo di Juan, pronto a sbarcar le genti ovunquel'opportunità si fosse scoperta. Sua principal intenzioneera di sbarcar sotto Monaco per prender alle spallel'esercito che difendeva Nizza. Così i Francesi dall'Iserofino al Varo si apparecchiavano ad assaltare gli stati diun re, che con ostili dimostrazioni gli aveva provocatiprima che gli ajuti, che aspettava d'Alemagna, fosserogiunti. Tale fu l'effetto delle rotte di Sciampagna.Montesquiou, lasciati prestamente gli Abresti, se nevenne con tutto l'esercito a posarsi al forte di Barrauxvicino a due miglia dalle frontiere della Savoia, dondedisegnava di dar principio alla guerra. Era suo pensierodi assaltare col grosso dell'esercito Sanparelliano, ed ilcastello delle Marcie, per poscia camminar velocementealla volta di Ciamberì. Nel medesimo tempo per tagliaril ritorno al nemico, spediva due grosse bande, delle

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d'incominciar la guerra, dal campo di Cessieux, dove al-loggiava con l'esercito raccolto, in cui si noveravano cir-ca quindici mila combattenti, gente, se non molto disci-plinata, certo molto ardente, andò a porsi agli Abresti,donde spedì ordine al generale Anselmo, che, passato ilVaro, assaltasse nel tempo medesimo la contea di Nizza.Presidiavano la contea genti poco numerose, che obbe-divano al conte Pinto. Queste mosse doveva anche aju-tare dalla parte del mare il contr'ammiraglio Truguet, ilquale partito da Tolone con un'armata di undeci legnidei più grossi, ed alcuni più sottili, e due mila soldati disopraccollo, se ne giva correndo le acque di Villafrancasino al golfo di Juan, pronto a sbarcar le genti ovunquel'opportunità si fosse scoperta. Sua principal intenzioneera di sbarcar sotto Monaco per prender alle spallel'esercito che difendeva Nizza. Così i Francesi dall'Iserofino al Varo si apparecchiavano ad assaltare gli stati diun re, che con ostili dimostrazioni gli aveva provocatiprima che gli ajuti, che aspettava d'Alemagna, fosserogiunti. Tale fu l'effetto delle rotte di Sciampagna.Montesquiou, lasciati prestamente gli Abresti, se nevenne con tutto l'esercito a posarsi al forte di Barrauxvicino a due miglia dalle frontiere della Savoia, dondedisegnava di dar principio alla guerra. Era suo pensierodi assaltare col grosso dell'esercito Sanparelliano, ed ilcastello delle Marcie, per poscia camminar velocementealla volta di Ciamberì. Nel medesimo tempo per tagliaril ritorno al nemico, spediva due grosse bande, delle

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quali una radendo la riva sinistra del fiume Isero, dove-va chiudere il passo di Monmeliano, e l'altra dal Borgod'Oisano, valicando gli aspri monti che dividono la valledella Romanza da quella dell'Arco, serrare al tutto lastrada della Morienna; nel qual caso tutto l'esercito Pie-montese sarebbe stato o preso ai passi, o poca parte sene sarebbe potuta salvare per le strade aspre e difficilidella Tarantasia. Aveva egli con certo pensiero avvisato,che la via principale di ritirata ai Piemontesi era la Mo-rienna, ed il monte Cenisio. Ma queste due ultime fazio-ni non ebbero effetto, la prima per una piena improvvisadell'Isero, che rotti i ponti non permise il passo, la se-conda per la quantità delle nevi cadute molto per temposugli altissimi monti del Galibiero.I Piemontesi, svegliati finalmente dal suono dell'armifrancesi, tentarono di affortificarsi con artiglierie pressoSanparelliano agli abissi di Mians, donde pensavano ditempestar di traverso con palle sul passo per mezzod'artiglierie poste sul castello delle Marcie. Ma a questonon ebbero tempo; le artiglierìe non erano ancora ai luo-ghi loro, quando la notte dei ventuno settembre, tirandoventi orribili, e cadendo una grossissima pioggia, il ge-nerale Laroque, a ciò destinato dal generale Rossi, parti-to con grandissimo silenzio dal campo di Barraux, se nemarciò contro Sanparelliano con una forte schiera. Ecome disegnava, così gli riuscì di fare; s'impadronì inmezzo a quell'oscurità improvvisamente della terra, e senon fosse stato il tempo sinistro, avrebbe anco presa

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quali una radendo la riva sinistra del fiume Isero, dove-va chiudere il passo di Monmeliano, e l'altra dal Borgod'Oisano, valicando gli aspri monti che dividono la valledella Romanza da quella dell'Arco, serrare al tutto lastrada della Morienna; nel qual caso tutto l'esercito Pie-montese sarebbe stato o preso ai passi, o poca parte sene sarebbe potuta salvare per le strade aspre e difficilidella Tarantasia. Aveva egli con certo pensiero avvisato,che la via principale di ritirata ai Piemontesi era la Mo-rienna, ed il monte Cenisio. Ma queste due ultime fazio-ni non ebbero effetto, la prima per una piena improvvisadell'Isero, che rotti i ponti non permise il passo, la se-conda per la quantità delle nevi cadute molto per temposugli altissimi monti del Galibiero.I Piemontesi, svegliati finalmente dal suono dell'armifrancesi, tentarono di affortificarsi con artiglierie pressoSanparelliano agli abissi di Mians, donde pensavano ditempestar di traverso con palle sul passo per mezzod'artiglierie poste sul castello delle Marcie. Ma a questonon ebbero tempo; le artiglierìe non erano ancora ai luo-ghi loro, quando la notte dei ventuno settembre, tirandoventi orribili, e cadendo una grossissima pioggia, il ge-nerale Laroque, a ciò destinato dal generale Rossi, parti-to con grandissimo silenzio dal campo di Barraux, se nemarciò contro Sanparelliano con una forte schiera. Ecome disegnava, così gli riuscì di fare; s'impadronì inmezzo a quell'oscurità improvvisamente della terra, e senon fosse stato il tempo sinistro, avrebbe anco presa

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quella mano di Piemontesi che la difendevano. Ma avu-to a tempo sentore dell'approssimarsi del nemico, si riti-rarono a salvamento.Perduto Sanparelliano con gli abissi di Mians, i capiPiemontesi privi di consiglio, abbandonarono frettolosa-mente i castelli delle Marcie, di Bellosguardo, di Aspro-monte, e la Madonna di Mians. Così le fauci della Savo-ia vennero da quel lato in poter dei Francesi. MaMontesquiou, usando celeremente la vittoria, e preva-lendosi della rotta del nemico, si spinse avanti dal ca-stello delle Marcie con due brigate di fanterìa, una didragoni, e venti bocche da fuoco, alle quali fe' tener die-tro come retroguardo da due altre brigate di fanterìa, unadi cavallerìa, parimente con molti cannoni. Così tagliò edivise in due l'esercito Piemontese; una parte fu costret-ta a ritirarsi verso Annecì, l'altra verso Monmeliano. Glirimase aperta la strada per Ciamberì, capitale della pro-vincia. Ma già il terrore ne aveva cacciato i regj, mo-strando i capi in sì importante fatto tanta pochezza d'ani-mo, quanta vanità avevano mostrato innanzi. Sì grandefu la subitezza dello spavento loro, che i Francesi, te-mendo d'insidie, non s'ardirono di entrar incontanentenella città, che se ne stette posta in propria balìa alcunigiorni. Quì è debito nostro il raccontare come in sì peri-coloso passo non vi fu tumulto, non insulto, non sac-cheggio di sorte alcuna; tanta è la bontà, e la civiltà diquel popolo Ciamberiniano. Vi arrivarono i Francesi; fu-ronvi accolti con tutte quelle dimostrazioni d'allegrezza,

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quella mano di Piemontesi che la difendevano. Ma avu-to a tempo sentore dell'approssimarsi del nemico, si riti-rarono a salvamento.Perduto Sanparelliano con gli abissi di Mians, i capiPiemontesi privi di consiglio, abbandonarono frettolosa-mente i castelli delle Marcie, di Bellosguardo, di Aspro-monte, e la Madonna di Mians. Così le fauci della Savo-ia vennero da quel lato in poter dei Francesi. MaMontesquiou, usando celeremente la vittoria, e preva-lendosi della rotta del nemico, si spinse avanti dal ca-stello delle Marcie con due brigate di fanterìa, una didragoni, e venti bocche da fuoco, alle quali fe' tener die-tro come retroguardo da due altre brigate di fanterìa, unadi cavallerìa, parimente con molti cannoni. Così tagliò edivise in due l'esercito Piemontese; una parte fu costret-ta a ritirarsi verso Annecì, l'altra verso Monmeliano. Glirimase aperta la strada per Ciamberì, capitale della pro-vincia. Ma già il terrore ne aveva cacciato i regj, mo-strando i capi in sì importante fatto tanta pochezza d'ani-mo, quanta vanità avevano mostrato innanzi. Sì grandefu la subitezza dello spavento loro, che i Francesi, te-mendo d'insidie, non s'ardirono di entrar incontanentenella città, che se ne stette posta in propria balìa alcunigiorni. Quì è debito nostro il raccontare come in sì peri-coloso passo non vi fu tumulto, non insulto, non sac-cheggio di sorte alcuna; tanta è la bontà, e la civiltà diquel popolo Ciamberiniano. Vi arrivarono i Francesi; fu-ronvi accolti con tutte quelle dimostrazioni d'allegrezza,

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che portavano le opinioni, e la ricordanza delle prece-denti vessazioni.Montesquiou andava molto cauto nello spignersi avanti,perchè non avendo ancora avuto notizia dell'assalto, chedoveva dare Anselmo a Nizza, e vedendo la celerità in-credibile delle genti Sarde nel ritirarsi, dubitava ch'elle-no marciassero velocemente a quella banda per oppri-mere l'esercito che militava sotto quel generale. Si spar-geva ancor voce, che i Piemontesi forti di sito, e provve-duti di munizioni da guerra e da bocca, si erano fermatialle montagne delle Boge, che separano Ciamberìdall'Isero, per ivi fare una testa grossa, e passarvil'inverno. Però deliberossi di sostare alquanto per ispiarmeglio le cose, e per aspettare, che portassero i tempidal canto dell'Alpi Marittime. Solo fece occupare il pas-so di Monmeliano abbandonato dai soldati reali conquella medesima celerità, con la quale avevano abban-donato la città capitale. La rotta loro fece cadere, comepremio della vittoria, in mano dei Francesi dieci canno-ni, quantità grande di polvere, di palle, di casse e d'altriarnesi da guerra, con magazzini pienissimi di foraggi edi vettovaglia.Ma egli è tempo oramai di raccontare la guerra di Nizza.Non dimostrarono in queste parti i capi Piemontesi mi-glior consiglio, nè miglior animo che in Savoia. Con-ciossiachè non così tosto ebbero avviso che Anselmoaveva passato il Varo, fiume che divide i due stati, lanotte dei ventitre settembre, dandosi precipitosamente

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che portavano le opinioni, e la ricordanza delle prece-denti vessazioni.Montesquiou andava molto cauto nello spignersi avanti,perchè non avendo ancora avuto notizia dell'assalto, chedoveva dare Anselmo a Nizza, e vedendo la celerità in-credibile delle genti Sarde nel ritirarsi, dubitava ch'elle-no marciassero velocemente a quella banda per oppri-mere l'esercito che militava sotto quel generale. Si spar-geva ancor voce, che i Piemontesi forti di sito, e provve-duti di munizioni da guerra e da bocca, si erano fermatialle montagne delle Boge, che separano Ciamberìdall'Isero, per ivi fare una testa grossa, e passarvil'inverno. Però deliberossi di sostare alquanto per ispiarmeglio le cose, e per aspettare, che portassero i tempidal canto dell'Alpi Marittime. Solo fece occupare il pas-so di Monmeliano abbandonato dai soldati reali conquella medesima celerità, con la quale avevano abban-donato la città capitale. La rotta loro fece cadere, comepremio della vittoria, in mano dei Francesi dieci canno-ni, quantità grande di polvere, di palle, di casse e d'altriarnesi da guerra, con magazzini pienissimi di foraggi edi vettovaglia.Ma egli è tempo oramai di raccontare la guerra di Nizza.Non dimostrarono in queste parti i capi Piemontesi mi-glior consiglio, nè miglior animo che in Savoia. Con-ciossiachè non così tosto ebbero avviso che Anselmoaveva passato il Varo, fiume che divide i due stati, lanotte dei ventitre settembre, dandosi precipitosamente

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alla fuga, abbandonarono la città di Nizza, e già davanomano a votare con grandissima celerità quanto si trova-va nel porto di Villafranca. I Francesi usando presta-mente il favore della fortuna, corsero a Villafranca; eminacciato di dare la scalata, il comandante si diede adiscrezione con ducento granatieri, ottimi soldati, ed al-cune bande di milizie, lasciando in preda al nemico cen-to pezzi d'artiglierìa grossa, una fregata, una corvetta, etutti i magazzini reali. Così la parte bassa della contea diNizza venne in poter dei Francesi con incredibile celeri-tà, e facilità. Solo si teneva ancora pel re il forte di Mon-talbano, ma poco stante si arrese ancor esso a patti. Aqueste vittorie contribuì non poco l'ammiraglio Truguetcon la sua armata, che dando diversi riguardi ai Piemon-tesi, gli teneva in sospetto d'assalti da ogni banda, e lorofece precipitar il consiglio di ritirarsi dal littorale.Anselmo, avuto Nizza, Villafranca, e Montalbano, sispinse avanti per la valle di Roia, e non fece fine al per-seguitare, se non quando arrivò a fronte di Saorgio, for-tissimo castello che chiude il passo da quelle parti, ed ècome un antemurale del colle di Tenda. Ma alcuni giornidopo, le genti Piemontesi, avuto un rinforzo di un gros-so corpo d'Austriaci, ed assaltato con molto impeto ilposto di Sospello, se ne impadronirono. Nè molto tempovi dimorarono, perchè ritornato Anselmo col grosso ditutto l'esercito, se lo riprese, e di nuovo Saorgio divennel'estremo confine dei combattenti.Queste spedizioni dei Francesi nella provincia di Nizza

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alla fuga, abbandonarono la città di Nizza, e già davanomano a votare con grandissima celerità quanto si trova-va nel porto di Villafranca. I Francesi usando presta-mente il favore della fortuna, corsero a Villafranca; eminacciato di dare la scalata, il comandante si diede adiscrezione con ducento granatieri, ottimi soldati, ed al-cune bande di milizie, lasciando in preda al nemico cen-to pezzi d'artiglierìa grossa, una fregata, una corvetta, etutti i magazzini reali. Così la parte bassa della contea diNizza venne in poter dei Francesi con incredibile celeri-tà, e facilità. Solo si teneva ancora pel re il forte di Mon-talbano, ma poco stante si arrese ancor esso a patti. Aqueste vittorie contribuì non poco l'ammiraglio Truguetcon la sua armata, che dando diversi riguardi ai Piemon-tesi, gli teneva in sospetto d'assalti da ogni banda, e lorofece precipitar il consiglio di ritirarsi dal littorale.Anselmo, avuto Nizza, Villafranca, e Montalbano, sispinse avanti per la valle di Roia, e non fece fine al per-seguitare, se non quando arrivò a fronte di Saorgio, for-tissimo castello che chiude il passo da quelle parti, ed ècome un antemurale del colle di Tenda. Ma alcuni giornidopo, le genti Piemontesi, avuto un rinforzo di un gros-so corpo d'Austriaci, ed assaltato con molto impeto ilposto di Sospello, se ne impadronirono. Nè molto tempovi dimorarono, perchè ritornato Anselmo col grosso ditutto l'esercito, se lo riprese, e di nuovo Saorgio divennel'estremo confine dei combattenti.Queste spedizioni dei Francesi nella provincia di Nizza

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costarono poco sangue; perchè la ritirata dell'esercitoSardo fu tanto presta, che non successero se non poche,e leggieri avvisaglie; nè i conquistatori si scostarono daitermini dell'umanità e della moderazione. Assai diversoda questo fu il destino dell'infelice Oneglia; poichè ac-costatasi l'armata del Truguet a quel lido, e mandatoavanti un palischermo per negoziare, gli furon tratte leschiopettate, per le quali furono uccisi, o feriti parecchi,caso veramente deplorabile, e non mai abbastanza dabiasimarsi. Però l'armata francese accostatasi vieppiù, eschieratasi più opportunamente, che potè, cominciò atrarre furiosamente contro la città. Quando poi per il fra-casso, per la rovina, per le ferite e per le morti, l'ammi-raglio credè, che lo spavento avesse fatto fuggire i di-fensori, sbarcò le genti che aveva a bordo, le quali uniteai marinari s'impadronirono della città, e la posero mise-rabilmente a sangue, a sacco ed a fuoco; compassione-vole punizione dei violati messaggeri di pace. Questa fumera vendetta. Oneglia, cinta da ogni parte dalle terredel Genovesato, era luogo di poco profitto; perciò iFrancesi l'abbandonarono, e l'armata loro, toccato Savo-na, e posatasi alquanto nel porto di Genova, se ne tornòpoco tempo dopo a Tolone. Essendosi ora mai tantoavanzata la stagione, che non si potea guerreggiare, senon con molto disagio, si posarono dalle due parti learmi tutto l'inverno, attendendo solo a far apparecchi piùche potevano gagliardi, per tornar sulla guerra con frut-to, tosto che il tempo s'intiepidisse. In mezzo a questosilenzio dell'armi nulla occorse, che sia degno di memo-

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costarono poco sangue; perchè la ritirata dell'esercitoSardo fu tanto presta, che non successero se non poche,e leggieri avvisaglie; nè i conquistatori si scostarono daitermini dell'umanità e della moderazione. Assai diversoda questo fu il destino dell'infelice Oneglia; poichè ac-costatasi l'armata del Truguet a quel lido, e mandatoavanti un palischermo per negoziare, gli furon tratte leschiopettate, per le quali furono uccisi, o feriti parecchi,caso veramente deplorabile, e non mai abbastanza dabiasimarsi. Però l'armata francese accostatasi vieppiù, eschieratasi più opportunamente, che potè, cominciò atrarre furiosamente contro la città. Quando poi per il fra-casso, per la rovina, per le ferite e per le morti, l'ammi-raglio credè, che lo spavento avesse fatto fuggire i di-fensori, sbarcò le genti che aveva a bordo, le quali uniteai marinari s'impadronirono della città, e la posero mise-rabilmente a sangue, a sacco ed a fuoco; compassione-vole punizione dei violati messaggeri di pace. Questa fumera vendetta. Oneglia, cinta da ogni parte dalle terredel Genovesato, era luogo di poco profitto; perciò iFrancesi l'abbandonarono, e l'armata loro, toccato Savo-na, e posatasi alquanto nel porto di Genova, se ne tornòpoco tempo dopo a Tolone. Essendosi ora mai tantoavanzata la stagione, che non si potea guerreggiare, senon con molto disagio, si posarono dalle due parti learmi tutto l'inverno, attendendo solo a far apparecchi piùche potevano gagliardi, per tornar sulla guerra con frut-to, tosto che il tempo s'intiepidisse. In mezzo a questosilenzio dell'armi nulla occorse, che sia degno di memo-

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ria, se non se la differenza del procedere dei Savoiardi edei Nizzardi verso i Francesi, avendo i primi mostratomolta inclinazione per loro, e desiderio di accomodarsialle fogge del nuovo governo: al contrario i secondi fe-cero pruova di molta avversione, e di volersene rimane-re nel termini del governo antico. Non è però da passarsisotto silenzio, che sebbene l'inclinazione verso le nuovecose fosse molto maggiore in Savoja che a Nizza, nonpochi ciò non pertanto fra coloro, i quali in quel paeseviveano nei primi gradi della società, o nobili o ecclesia-stici che si fossero, o per fede verso l'antico sovrano, oper paura del nuovo si resero fuggitivi, oppure rimastiessendo nelle loro antiche sedi, soggiacquero alle carce-razioni, ed alcuni eziandio agli estremi supplizj. Degnoaltresì di commemorazione si è, che i soldati del reggi-mento di Savoja dispersi per la subita invasione deiFrancesi, di propria volontà, per istrade e sentieri insolititrapassando, tornarono alle loro bandiere, e sotto i con-sueti capi si rannodarono, esempio di fede dato dai piùumili figli di quell'alpestre nazione: il quale effetto fupoi rinnovato circa venti anni più tardi dai generosi Spa-gnuoli invasi dalle armi Napoleoniche.Pervenuta a notizia di Montesquiou la conquista di Niz-za, si mise in sul voler cacciar del tutto le genti Sardedalla Savoja. A queste fine ordinò a Rossi, che caccian-dosi avanti le truppe del re, le spignesse fino al Cenisioper la Morienna, ed a Casabianca fino al piccolo S. Ber-nardo per la Tarantasia; il che eseguirono con grandissi-

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ria, se non se la differenza del procedere dei Savoiardi edei Nizzardi verso i Francesi, avendo i primi mostratomolta inclinazione per loro, e desiderio di accomodarsialle fogge del nuovo governo: al contrario i secondi fe-cero pruova di molta avversione, e di volersene rimane-re nel termini del governo antico. Non è però da passarsisotto silenzio, che sebbene l'inclinazione verso le nuovecose fosse molto maggiore in Savoja che a Nizza, nonpochi ciò non pertanto fra coloro, i quali in quel paeseviveano nei primi gradi della società, o nobili o ecclesia-stici che si fossero, o per fede verso l'antico sovrano, oper paura del nuovo si resero fuggitivi, oppure rimastiessendo nelle loro antiche sedi, soggiacquero alle carce-razioni, ed alcuni eziandio agli estremi supplizj. Degnoaltresì di commemorazione si è, che i soldati del reggi-mento di Savoja dispersi per la subita invasione deiFrancesi, di propria volontà, per istrade e sentieri insolititrapassando, tornarono alle loro bandiere, e sotto i con-sueti capi si rannodarono, esempio di fede dato dai piùumili figli di quell'alpestre nazione: il quale effetto fupoi rinnovato circa venti anni più tardi dai generosi Spa-gnuoli invasi dalle armi Napoleoniche.Pervenuta a notizia di Montesquiou la conquista di Niz-za, si mise in sul voler cacciar del tutto le genti Sardedalla Savoja. A queste fine ordinò a Rossi, che caccian-dosi avanti le truppe del re, le spignesse fino al Cenisioper la Morienna, ed a Casabianca fino al piccolo S. Ber-nardo per la Tarantasia; il che eseguirono con grandissi-

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ma celerità, e quasi senza contrasto da parte del nemico.Anzi è da credere, che se Montesquiou, invece di sopra-starsi, come fece, per aspettar le nuove di Nizza, fosse,dopo la conquista di Ciamberì, camminato con la mede-sima celerità, si sarebbe facilmente impadronito di que-ste due sommità dell'Alpi con grande suo vantaggio, econ maggiore speranza di andar a ferire, alla stagioneprossima, il cuore stesso del Piemonte, tanta era la con-fusione delle genti regie. Aix, Anneci, Rumilli,Carouge, Bonneville, Tonone, e l'altre terre della Savoiasettentrionale, abbandonate dai vinti, riconobberol'imperio dei vincitori. Così questa provincia venne tut-ta, non senza grande contentezza pubblica e privata, inpotestà dei Francesi. La quale possessione perquell'inverno venne loro assicurata dalle nevi straboc-chevolmente cadute sui monti, le quali indussero daqueste bande la medesima cessazione dall'armi ed anchepiù compiuta, che era prevalsa nell'Alpi Marittime.In cotal modo un paese pieno di siti forti, di passi diffi-cili, di torrenti precipitosi, fu perduto pel re di Sardegna,senza che nella difesa del medesimo si sia mostrato con-siglio o valore. Del qual doloroso caso si debbe imputarin parte il re medesimo per aversi voluto scoprire, a ca-gione de' suoi pensieri tanto accesi alla guerra, molto in-nanzi, che gli ajuti austriaci arrivassero in forza suffi-ciente, e per aver dato il più delle volte i gradi militari acoloro, che più miravano a comparire, che ad informarsinell'arte difficile della guerra. Certamente error grande

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ma celerità, e quasi senza contrasto da parte del nemico.Anzi è da credere, che se Montesquiou, invece di sopra-starsi, come fece, per aspettar le nuove di Nizza, fosse,dopo la conquista di Ciamberì, camminato con la mede-sima celerità, si sarebbe facilmente impadronito di que-ste due sommità dell'Alpi con grande suo vantaggio, econ maggiore speranza di andar a ferire, alla stagioneprossima, il cuore stesso del Piemonte, tanta era la con-fusione delle genti regie. Aix, Anneci, Rumilli,Carouge, Bonneville, Tonone, e l'altre terre della Savoiasettentrionale, abbandonate dai vinti, riconobberol'imperio dei vincitori. Così questa provincia venne tut-ta, non senza grande contentezza pubblica e privata, inpotestà dei Francesi. La quale possessione perquell'inverno venne loro assicurata dalle nevi straboc-chevolmente cadute sui monti, le quali indussero daqueste bande la medesima cessazione dall'armi ed anchepiù compiuta, che era prevalsa nell'Alpi Marittime.In cotal modo un paese pieno di siti forti, di passi diffi-cili, di torrenti precipitosi, fu perduto pel re di Sardegna,senza che nella difesa del medesimo si sia mostrato con-siglio o valore. Del qual doloroso caso si debbe imputarin parte il re medesimo per aversi voluto scoprire, a ca-gione de' suoi pensieri tanto accesi alla guerra, molto in-nanzi, che gli ajuti austriaci arrivassero in forza suffi-ciente, e per aver dato il più delle volte i gradi militari acoloro, che più miravano a comparire, che ad informarsinell'arte difficile della guerra. Certamente error grande

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fu quel di Vittorio di metter l'abito militare ad ogni gio-vane cadetto che si appresentasse, e di mandargli sulleprime alla guerra, come se l'arte della guerra ed il romordei cannoni non fossero cose da far sudare, e tremareanche i soldati vecchi. I nobili poi ci ebbero più colpadel re, pel disprezzo, non so se mi dica ridicolo, od as-surdo, in cui tenevano i Francesi. Pure fra di loro nonpochi erano che modesti e valorosi uomini essendo, de-testavano i male avvisati consigli, e sentivano sdegnograndissimo della vergogna presente.La rotta di Savoja, già sì grave in se stessa, fu anche ac-compagnata da accidenti parte terribili, parte lagrimevo-li. Piogge smisurate, strade sprofondate, carri rotti, sol-dati alla sfilata parte armati, parte no, gente fuggiasca diogni grado, di ogni sesso, e di ogni età, terribili apparen-ze e di cielo, e di uomini, e di terra. Ma fra tutti muove-vano compassione grandissima i fuorusciti Francesi, iquali confidandosi nelle parole dei capitani regj eransisoprastati a Ciamberì fino agli estremi, ed ora cacciatidalla veloce furia che loro veniva dietro, non potevanonè stare senza pericolo, nè fuggire con frutto. Imper-ciocchè a chi mancava il denaro per povertà, a chi laforza per infermità, a chi le bestie, od i carri per trasfe-rirsi; perchè non se ne trovavano per prestatura nè ami-chevole, nè mercenaria, ed in tanto scompiglio era venu-to meno il consiglio di prevedere e di provvedere. Spet-tacolo miserando era quello, che si vedeva per le stradeche portano a Ginevra ed a Torino, tutte ingombre di

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fu quel di Vittorio di metter l'abito militare ad ogni gio-vane cadetto che si appresentasse, e di mandargli sulleprime alla guerra, come se l'arte della guerra ed il romordei cannoni non fossero cose da far sudare, e tremareanche i soldati vecchi. I nobili poi ci ebbero più colpadel re, pel disprezzo, non so se mi dica ridicolo, od as-surdo, in cui tenevano i Francesi. Pure fra di loro nonpochi erano che modesti e valorosi uomini essendo, de-testavano i male avvisati consigli, e sentivano sdegnograndissimo della vergogna presente.La rotta di Savoja, già sì grave in se stessa, fu anche ac-compagnata da accidenti parte terribili, parte lagrimevo-li. Piogge smisurate, strade sprofondate, carri rotti, sol-dati alla sfilata parte armati, parte no, gente fuggiasca diogni grado, di ogni sesso, e di ogni età, terribili apparen-ze e di cielo, e di uomini, e di terra. Ma fra tutti muove-vano compassione grandissima i fuorusciti Francesi, iquali confidandosi nelle parole dei capitani regj eransisoprastati a Ciamberì fino agli estremi, ed ora cacciatidalla veloce furia che loro veniva dietro, non potevanonè stare senza pericolo, nè fuggire con frutto. Imper-ciocchè a chi mancava il denaro per povertà, a chi laforza per infermità, a chi le bestie, od i carri per trasfe-rirsi; perchè non se ne trovavano per prestatura nè ami-chevole, nè mercenaria, ed in tanto scompiglio era venu-to meno il consiglio di prevedere e di provvedere. Spet-tacolo miserando era quello, che si vedeva per le stradeche portano a Ginevra ed a Torino, tutte ingombre di

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gente caduta da alti gradi in un abisso di miseria. Eranomisti i padri coi figliuoli, le madri con le figliuole, i vec-chi con i giovani, e fanciulle tenerissime ridotte fra isassi e il fango a seguitar i parenti loro caduti in sì bassafortuna. Vi erano vecchi infermi, donne gravide, madrilattanti e portanti al petto le creature loro certamentenon nate a tal destino. Nè si desiderò la virtù o la caritàumana in sì estremo caso, perchè furono viste spose, fi-gliuoli, fratelli, servidori non proscritti voler seguitarenelle terre strane, anche a mal grado dei parenti e padro-ni loro, gli sposi, i padri, i fratelli, ed i padroni, pospo-nendo così la dolcezza dell'aere natìo alla dolcezza delben amare e del ben servire; secolo veramente singolare,che mostrò quanto possano fra l'umana generazione lavirtù ed il vizio, l'una e l'altro estremi. Ma se era il viag-giar crudele, non era miglior lo starsi; alberghi pieni, oniuni su quelle rocche, e bisognava pernottar al cielo, eil cielo era sdegnato, e mandava diluvj di pioggia. Aquesto, soldati commisti che fuggivano sbandati, armisparse quà e là, un tramestìo d'uomini sconsigliati, uncalpestìo di bestie, un romor di carrette, un furore, undolore, una confusione, un fremito, aggiungevano gran-dissimo terrore a grandissima miseria. Quanti si sono vi-sti cresciuti ed allevati in tutte le dolcezze di Parigi, oranon trovar manco quel ristoro, che a gente nata in umilluogo abbonda nel corso ordinario della vita! Quantigravi magistrati, dopo aver ministrato la giustizia neiprimi tribunali del nobilissimo reame di Francia, e vis-suto una vita integerrima, ora travagliosamente incam-

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gente caduta da alti gradi in un abisso di miseria. Eranomisti i padri coi figliuoli, le madri con le figliuole, i vec-chi con i giovani, e fanciulle tenerissime ridotte fra isassi e il fango a seguitar i parenti loro caduti in sì bassafortuna. Vi erano vecchi infermi, donne gravide, madrilattanti e portanti al petto le creature loro certamentenon nate a tal destino. Nè si desiderò la virtù o la caritàumana in sì estremo caso, perchè furono viste spose, fi-gliuoli, fratelli, servidori non proscritti voler seguitarenelle terre strane, anche a mal grado dei parenti e padro-ni loro, gli sposi, i padri, i fratelli, ed i padroni, pospo-nendo così la dolcezza dell'aere natìo alla dolcezza delben amare e del ben servire; secolo veramente singolare,che mostrò quanto possano fra l'umana generazione lavirtù ed il vizio, l'una e l'altro estremi. Ma se era il viag-giar crudele, non era miglior lo starsi; alberghi pieni, oniuni su quelle rocche, e bisognava pernottar al cielo, eil cielo era sdegnato, e mandava diluvj di pioggia. Aquesto, soldati commisti che fuggivano sbandati, armisparse quà e là, un tramestìo d'uomini sconsigliati, uncalpestìo di bestie, un romor di carrette, un furore, undolore, una confusione, un fremito, aggiungevano gran-dissimo terrore a grandissima miseria. Quanti si sono vi-sti cresciuti ed allevati in tutte le dolcezze di Parigi, oranon trovar manco quel ristoro, che a gente nata in umilluogo abbonda nel corso ordinario della vita! Quantigravi magistrati, dopo aver ministrato la giustizia neiprimi tribunali del nobilissimo reame di Francia, e vis-suto una vita integerrima, ora travagliosamente incam-

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minarsi ad un esiglio, di cui non potevano prevedere nèil modo, nè il fine! Quante nobili donne, che pochi mesiprima speravano di dar eredi a ricchissimi casati nei pa-lazzi dei maggiori loro, ora vicine a partorire, fra losquallore di tetti abjetti ed alieni, a padri venuti in po-vertà figli più poveri ancora! Quante fanciulle richiesteprima da principi, non sapere ora nè a qual rifiuto an-dassero, nè a qual consenso! Quanti capitani valorosi, edinvecchiati nella milizia, ora che per la fralezza dei cor-pi loro avevano più bisogno del riposo e dello stato,mancati il riposo e lo stato, correre raminghi sotto cielostraniero, cacciati da quei soldati medesimi, ai qualiavevano e l'onore ed il valore insegnato! Erano le strade,per donde passavano, piene di gente instupidita a sì mi-serabile caso, od intenerita a tanta disgrazia. E spessotrovarono sotto gli umili tugurj più ristoro e più consola-zione che non s'aspettavano. Così per molti dì e moltenotti, su per le vie di Ginevra e di Torino, la tristissimacomitiva mostrò quanto possa questa cieca fortuna nelprecipitare in fondo chi più se ne stava in cima. Eppurein mezzo a tanto lutto la natura Francese era tuttaviaconsentanea a se medesima. Imperciocchè uscivano da-gli esuli non di rado e canti, e risi, e piacevolezze tali,che pareva piuttosto, che a festa andassero, che a piùlontano esiglio. Vedevansi altresì uomini gravissimi ogaloppanti sulla fangosa terra, o dentro, o dietro le car-rozze stanti, recarsi con le capellature acconce, e concroci, e con nastri, e con altri segni dell'andata fortuna.Tanto è tenace ciò che la natura dà, che la sciagura non

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minarsi ad un esiglio, di cui non potevano prevedere nèil modo, nè il fine! Quante nobili donne, che pochi mesiprima speravano di dar eredi a ricchissimi casati nei pa-lazzi dei maggiori loro, ora vicine a partorire, fra losquallore di tetti abjetti ed alieni, a padri venuti in po-vertà figli più poveri ancora! Quante fanciulle richiesteprima da principi, non sapere ora nè a qual rifiuto an-dassero, nè a qual consenso! Quanti capitani valorosi, edinvecchiati nella milizia, ora che per la fralezza dei cor-pi loro avevano più bisogno del riposo e dello stato,mancati il riposo e lo stato, correre raminghi sotto cielostraniero, cacciati da quei soldati medesimi, ai qualiavevano e l'onore ed il valore insegnato! Erano le strade,per donde passavano, piene di gente instupidita a sì mi-serabile caso, od intenerita a tanta disgrazia. E spessotrovarono sotto gli umili tugurj più ristoro e più consola-zione che non s'aspettavano. Così per molti dì e moltenotti, su per le vie di Ginevra e di Torino, la tristissimacomitiva mostrò quanto possa questa cieca fortuna nelprecipitare in fondo chi più se ne stava in cima. Eppurein mezzo a tanto lutto la natura Francese era tuttaviaconsentanea a se medesima. Imperciocchè uscivano da-gli esuli non di rado e canti, e risi, e piacevolezze tali,che pareva piuttosto, che a festa andassero, che a piùlontano esiglio. Vedevansi altresì uomini gravissimi ogaloppanti sulla fangosa terra, o dentro, o dietro le car-rozze stanti, recarsi con le capellature acconce, e concroci, e con nastri, e con altri segni dell'andata fortuna.Tanto è tenace ciò che la natura dà, che la sciagura non

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lo toglie! Ma giunti i miseri fuorusciti in Ginevra ed inTorino, non si può spiegare quanto fosse il dire, il guar-dare, ed il pensare degli uomini. Gran cose aveva rap-portato la fama di Francia; ma ora ai più pareva, che ilfatto fosse maggior del detto; chi andava considerandoquel che potesse fare una nazione furibonda, che uscivadai proprj confini; chi il valore de' suoi soldati, e chi lacontagione delle sue dottrine sostenute da tanta forza.Chi pensava alla vanità di coloro che l'avevano predica-ta vinta, e chi all'imprudenza di coloro che l'avevanoprovocata potente. Meglio, sclamavano, fora stato il la-sciarla lacerare da se stessa, che il riunirla con le minac-ce; meglio ammansarla, che irritarla: tutti poi afferma-vano esser venuti tempi pericolosissimi, essere minac-ciata Elvezia, essere minacciata Italia; già già titubare lasocietà umana in Europa.A Torino tutti questi discorsi si facevano, ed altri ancorpiù gravi. Quest'essi, dicevano (poichè nelle disgraziegridar contro il governo è sfogo e consolazione),quest'essi sono i frutti di tante spese, di tante leve, ditanti vanti? Essersi per questo esausto l'erario, le contri-buzioni fatte insopportabili? Per questo chiedersi al pon-tefice la vendita dei beni del clero? Per questo aumen-tarsi il debito dei monti? Essersi congiunta la vergognaal danno! A questo estremo essersi ridotti soldati valoro-si per colpa di comandanti inesperti! Trattarsi la salutedi tutti, ma principalmente dei nobili: ai nobili spettarsimaggior valore, non insolentire nella sicurtà, non per-

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lo toglie! Ma giunti i miseri fuorusciti in Ginevra ed inTorino, non si può spiegare quanto fosse il dire, il guar-dare, ed il pensare degli uomini. Gran cose aveva rap-portato la fama di Francia; ma ora ai più pareva, che ilfatto fosse maggior del detto; chi andava considerandoquel che potesse fare una nazione furibonda, che uscivadai proprj confini; chi il valore de' suoi soldati, e chi lacontagione delle sue dottrine sostenute da tanta forza.Chi pensava alla vanità di coloro che l'avevano predica-ta vinta, e chi all'imprudenza di coloro che l'avevanoprovocata potente. Meglio, sclamavano, fora stato il la-sciarla lacerare da se stessa, che il riunirla con le minac-ce; meglio ammansarla, che irritarla: tutti poi afferma-vano esser venuti tempi pericolosissimi, essere minac-ciata Elvezia, essere minacciata Italia; già già titubare lasocietà umana in Europa.A Torino tutti questi discorsi si facevano, ed altri ancorpiù gravi. Quest'essi, dicevano (poichè nelle disgraziegridar contro il governo è sfogo e consolazione),quest'essi sono i frutti di tante spese, di tante leve, ditanti vanti? Essersi per questo esausto l'erario, le contri-buzioni fatte insopportabili? Per questo chiedersi al pon-tefice la vendita dei beni del clero? Per questo aumen-tarsi il debito dei monti? Essersi congiunta la vergognaal danno! A questo estremo essersi ridotti soldati valoro-si per colpa di comandanti inesperti! Trattarsi la salutedi tutti, ma principalmente dei nobili: ai nobili spettarsimaggior valore, non insolentire nella sicurtà, non per-

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dersi d'animo nel pericolo. Ottimo essere il re Vittorio,amarlo tutti, desiderar tutti la salute sua; ma perchè se-parar la nazione in due con metter dall'una parte i pochicoi privilegj, dall'altra i più coi gravami? Parlasse, simostrasse padre comune, e vedrebbe correre volonterosii popoli per istornare dal felice Piemonte il fatale peri-colo.Intanto gli esuli facevano pietà, e con la pietà nasceva ilterrore. Tutta la città era contristata, e piena di pensierifunesti. Ma tanta era la fermezza della fede dei Piemon-tesi nel re loro, che pochi pensavano a novità, alcuni de-sideravano qualche riforma nel reggimento civile e poli-tico dello stato; tutti volevano la conservazione dellamonarchìa, ed i peggiori tratti che si udivano contro ilgoverno, più miravano ad ammenda, che a satira.Il governo mosso da accidente tanto improvviso e tantopericoloso, poichè cominciaronsi a sgombrare i primi ti-mori, andava maturamente pensando a quello che fossea farsi. Il cantone di Berna fu richiesto d'ajuto, ma senzafrutto; l'Austria fu richiesta ancor essa, e con frutto, per-chè il fatto toccava anche a lei. Laonde reggimenti Te-deschi arrivavano a gran giornate dalla Lombardìa inPiemonte, e s'inviavano prestamente alle frontiere, mas-sime verso il colle di Tenda. Addomandossi denaro inpresto a Venezia, che ricusò, fondandosi sulla neutralità.Si spedirono corrieri per rappresentare il caso in Inghil-terra, in Prussia ed in Russia. Allegavasi, essere il resolo guardiano d'Italia: se si rompesse quell'argine, non

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dersi d'animo nel pericolo. Ottimo essere il re Vittorio,amarlo tutti, desiderar tutti la salute sua; ma perchè se-parar la nazione in due con metter dall'una parte i pochicoi privilegj, dall'altra i più coi gravami? Parlasse, simostrasse padre comune, e vedrebbe correre volonterosii popoli per istornare dal felice Piemonte il fatale peri-colo.Intanto gli esuli facevano pietà, e con la pietà nasceva ilterrore. Tutta la città era contristata, e piena di pensierifunesti. Ma tanta era la fermezza della fede dei Piemon-tesi nel re loro, che pochi pensavano a novità, alcuni de-sideravano qualche riforma nel reggimento civile e poli-tico dello stato; tutti volevano la conservazione dellamonarchìa, ed i peggiori tratti che si udivano contro ilgoverno, più miravano ad ammenda, che a satira.Il governo mosso da accidente tanto improvviso e tantopericoloso, poichè cominciaronsi a sgombrare i primi ti-mori, andava maturamente pensando a quello che fossea farsi. Il cantone di Berna fu richiesto d'ajuto, ma senzafrutto; l'Austria fu richiesta ancor essa, e con frutto, per-chè il fatto toccava anche a lei. Laonde reggimenti Te-deschi arrivavano a gran giornate dalla Lombardìa inPiemonte, e s'inviavano prestamente alle frontiere, mas-sime verso il colle di Tenda. Addomandossi denaro inpresto a Venezia, che ricusò, fondandosi sulla neutralità.Si spedirono corrieri per rappresentare il caso in Inghil-terra, in Prussia ed in Russia. Allegavasi, essere il resolo guardiano d'Italia: se si rompesse quell'argine, non

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sapersi dove avesse a distendersi quella enorme piena;starsi di buon animo il re, ma ove mancano le forze pro-prie, abbisognar gli ajuti altrui. Cercavasi anche di scu-sare le rotte di Nizza e di Savoia con dire, che quei paesinon erano difendevoli, se non con grossi eserciti; le for-ze che là s'erano inviate, essere state sufficienti non soloper difendere, ma ancora per offendere, senza le disgra-zie di Sciampagna: dopo queste non poter più bastareneanco a difendere; per verità essere stata troppo presta,ed anche disordinata la ritirata; ma doversi attribuire allaimprudenza di chi comandava; essere i soldati buoni efedeli, parato Vittorio a non mancare a se medesimo, nèalla lega; solo richiedere, che come egli era l'antiguardo,così non fosse lasciato senza retroguardo; e siccome egliera esposto il primo alle percosse del nemico comune,così lo potesse fronteggiare con gli aiuti comuni.Tutte queste cose rappresentate con parole appropriate,avevano gran peso. Ma la Prussia, quantunque perseve-rasse nell'alleanza, cominciava a pensare a' casi suoi,siccome quella che essendo lontana dalla voragine, ave-va minori cagioni di temere. Bensì l'Austria, che già ar-deva ne' suoi proprj stati, per preservare il resto, proce-deva con sincerità, e si risolveva a mandar soccorsi ga-gliardi in Piemonte. L'Inghilterra, che aveva serbato cer-ta sembianza di neutralità sino alla morte di Luigi deci-mosesto, dopo questa orrenda catastrofe s'era scopertadel tutto, e licenziato da Londra Chauvelin, ministroplenipotenziario di Francia, si preparava alla guerra.

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sapersi dove avesse a distendersi quella enorme piena;starsi di buon animo il re, ma ove mancano le forze pro-prie, abbisognar gli ajuti altrui. Cercavasi anche di scu-sare le rotte di Nizza e di Savoia con dire, che quei paesinon erano difendevoli, se non con grossi eserciti; le for-ze che là s'erano inviate, essere state sufficienti non soloper difendere, ma ancora per offendere, senza le disgra-zie di Sciampagna: dopo queste non poter più bastareneanco a difendere; per verità essere stata troppo presta,ed anche disordinata la ritirata; ma doversi attribuire allaimprudenza di chi comandava; essere i soldati buoni efedeli, parato Vittorio a non mancare a se medesimo, nèalla lega; solo richiedere, che come egli era l'antiguardo,così non fosse lasciato senza retroguardo; e siccome egliera esposto il primo alle percosse del nemico comune,così lo potesse fronteggiare con gli aiuti comuni.Tutte queste cose rappresentate con parole appropriate,avevano gran peso. Ma la Prussia, quantunque perseve-rasse nell'alleanza, cominciava a pensare a' casi suoi,siccome quella che essendo lontana dalla voragine, ave-va minori cagioni di temere. Bensì l'Austria, che già ar-deva ne' suoi proprj stati, per preservare il resto, proce-deva con sincerità, e si risolveva a mandar soccorsi ga-gliardi in Piemonte. L'Inghilterra, che aveva serbato cer-ta sembianza di neutralità sino alla morte di Luigi deci-mosesto, dopo questa orrenda catastrofe s'era scopertadel tutto, e licenziato da Londra Chauvelin, ministroplenipotenziario di Francia, si preparava alla guerra.

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Però diè buone speranze al re, promettendo denari, edefficace cooperazione con le sue armate sulle coste delMediterraneo. Intanto in Piemonte si compivano i nu-meri delle compagnìe, si ordinava la milizia, si creavanonuovi luoghi di monti, si gittavano nuovi biglietti di cre-dito, si coniavano monete che scapitavano più dellametà del valor loro edittale, pessimo, ma non evitabilerimedio dei mali presenti, e segno troppo evidentedell'improvidenza dei reggitori ai tempi lieti. Nel puntomedesimo si provvedevano le fortezze poste ai passidell'Alpi con ogni genere di munizioni, e si affortifica-vano le cime del Cenisio e del piccolo san Bernardo.Con questo, usando l'opportunità della stagione, cheandò freddissima, e fatti tutti i preparamenti necessarj, siaspettava con incredibile ansietà da tutti qual fosse peressere al tempo nuovo l'esito delle battaglie, dalle qualidipendeva il destino d'Italia e del mondo.

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Però diè buone speranze al re, promettendo denari, edefficace cooperazione con le sue armate sulle coste delMediterraneo. Intanto in Piemonte si compivano i nu-meri delle compagnìe, si ordinava la milizia, si creavanonuovi luoghi di monti, si gittavano nuovi biglietti di cre-dito, si coniavano monete che scapitavano più dellametà del valor loro edittale, pessimo, ma non evitabilerimedio dei mali presenti, e segno troppo evidentedell'improvidenza dei reggitori ai tempi lieti. Nel puntomedesimo si provvedevano le fortezze poste ai passidell'Alpi con ogni genere di munizioni, e si affortifica-vano le cime del Cenisio e del piccolo san Bernardo.Con questo, usando l'opportunità della stagione, cheandò freddissima, e fatti tutti i preparamenti necessarj, siaspettava con incredibile ansietà da tutti qual fosse peressere al tempo nuovo l'esito delle battaglie, dalle qualidipendeva il destino d'Italia e del mondo.

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LIBRO TERZO

SOMMARIONuove deliberazioni dei confederati nel 1793. Istanze dell'impera-tore d'Alemagna presso al senato Veneziano. Discorso del procu-rator di San Marco Francesco Pesaro in favore della neutralità ar-mata. Discorso di Zaccaria Vallaresso, uno dei savj del consiglio,in favore della neutralità disarmata. Risoluzione del senato. Deli-berazioni di Genova. Pratiche dei confederati con Lione e Marsi-glia. Disposizioni militari e politiche dei Francesi. Umori diversiin Italia. Assalto dato a Cagliari di Sardegna dall'ammiraglioTruguet. Paoli muove la Corsica, e la toglie all'imperio di Francia.Guerra sull'Alpi: fatto di Raus favorevole ai regj. Minacce super-be degl'Inglesi a Toscana ed a Genova. Insinuazioni dei medesimia Venezia. Deliberazione del gran mastro dell'ordine di Maltacontro la Francia. Moti considerabili contro il consesso nazionalein varie provincie: Lione e Marsiglia si sollevano. Fatti d'armi. Iregj sono respinti dalla Savoia, e da Nizza; Marsiglia è presa,Lione si arrende. Tolone si dà ai confederati. I repubblicanil'oppugnano, e lo prendono di assalto. Spoglio fatto dai confede-rati nell'andarsene.

La ritirata così subita delle genti regie dalla Savoia e dalcontado di Nizza, e la cacciata a forza degli eserciti Te-deschi delle terre Francesi verso il Reno, diedero moltoa pensare agli alleati. Tra per questo, e per l'andar sem-pre più crescendo a cagione delle vittorie, e di più ferociinstigamenti l'appetito delle cose nuove, la furia dellementi in Francia, eglino s'accorsero, che assai più duraimpresa si avevano per le mani di quanto avevano a se

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LIBRO TERZO

SOMMARIONuove deliberazioni dei confederati nel 1793. Istanze dell'impera-tore d'Alemagna presso al senato Veneziano. Discorso del procu-rator di San Marco Francesco Pesaro in favore della neutralità ar-mata. Discorso di Zaccaria Vallaresso, uno dei savj del consiglio,in favore della neutralità disarmata. Risoluzione del senato. Deli-berazioni di Genova. Pratiche dei confederati con Lione e Marsi-glia. Disposizioni militari e politiche dei Francesi. Umori diversiin Italia. Assalto dato a Cagliari di Sardegna dall'ammiraglioTruguet. Paoli muove la Corsica, e la toglie all'imperio di Francia.Guerra sull'Alpi: fatto di Raus favorevole ai regj. Minacce super-be degl'Inglesi a Toscana ed a Genova. Insinuazioni dei medesimia Venezia. Deliberazione del gran mastro dell'ordine di Maltacontro la Francia. Moti considerabili contro il consesso nazionalein varie provincie: Lione e Marsiglia si sollevano. Fatti d'armi. Iregj sono respinti dalla Savoia, e da Nizza; Marsiglia è presa,Lione si arrende. Tolone si dà ai confederati. I repubblicanil'oppugnano, e lo prendono di assalto. Spoglio fatto dai confede-rati nell'andarsene.

La ritirata così subita delle genti regie dalla Savoia e dalcontado di Nizza, e la cacciata a forza degli eserciti Te-deschi delle terre Francesi verso il Reno, diedero moltoa pensare agli alleati. Tra per questo, e per l'andar sem-pre più crescendo a cagione delle vittorie, e di più ferociinstigamenti l'appetito delle cose nuove, la furia dellementi in Francia, eglino s'accorsero, che assai più duraimpresa si avevano per le mani di quanto avevano a se

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medesimi persuaso; nè mai tanto discapito dalle creden-ze al fatto aveva la fortuna recato, che pur sì grandi nesuol mostrare, quanto a questi tempi. Bande tumultuarieed indisciplinate, come le chiamavano, avevano vintoeserciti floridissimi; capitani di poco o nissun nome ave-vano superato per arte militare generali, che erano invoce dei primi per tutte le contrade d'Europa. Coloro an-cora, i quali si erano concetto nell'animo di piantar facil-mente le insegne della lega sulle mura di Parigi e di Lio-ne, a mala pena potevano difendere i dominj proprj da-gli assalti di un nemico poco prima disprezzato, ed oravittorioso ed insultante.Ciò nondimeno i confederati non vollero ristarsi, spe-rando che coll'andar più cauto, poichè si era conosciutodi quanto fosse capace quella furia Francese, ecoll'accrescer le forze proprie, e con l'unione di aliene,si potesse mutar la fortuna, e compensar le perdite pas-sate coi guadagni a venire. Tal è la costanza delle mentiTedesche, che più e meglio ancora che l'impeto, le fariuscire ad onorate imprese. L'Austria ed il Piemonte,siccome più vicini al pericolo, procedevano con animopiù sincero della Prussia, la cui congiunzione con la legagià forse incominciava a vacillare. L'Austria massima-mente applicava i pensieri alla preservazione de' suoistati in Italia, ai quali già si era avvicinata la tempesta, eche sono parte tanto principale della sua potenza. Perlo-chè si preparavano con molta diligenza tutte le provvi-sioni necessarie alla guerra, tanto negli stati Austriaci,

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medesimi persuaso; nè mai tanto discapito dalle creden-ze al fatto aveva la fortuna recato, che pur sì grandi nesuol mostrare, quanto a questi tempi. Bande tumultuarieed indisciplinate, come le chiamavano, avevano vintoeserciti floridissimi; capitani di poco o nissun nome ave-vano superato per arte militare generali, che erano invoce dei primi per tutte le contrade d'Europa. Coloro an-cora, i quali si erano concetto nell'animo di piantar facil-mente le insegne della lega sulle mura di Parigi e di Lio-ne, a mala pena potevano difendere i dominj proprj da-gli assalti di un nemico poco prima disprezzato, ed oravittorioso ed insultante.Ciò nondimeno i confederati non vollero ristarsi, spe-rando che coll'andar più cauto, poichè si era conosciutodi quanto fosse capace quella furia Francese, ecoll'accrescer le forze proprie, e con l'unione di aliene,si potesse mutar la fortuna, e compensar le perdite pas-sate coi guadagni a venire. Tal è la costanza delle mentiTedesche, che più e meglio ancora che l'impeto, le fariuscire ad onorate imprese. L'Austria ed il Piemonte,siccome più vicini al pericolo, procedevano con animopiù sincero della Prussia, la cui congiunzione con la legagià forse incominciava a vacillare. L'Austria massima-mente applicava i pensieri alla preservazione de' suoistati in Italia, ai quali già si era avvicinata la tempesta, eche sono parte tanto principale della sua potenza. Perlo-chè si preparavano con molta diligenza tutte le provvi-sioni necessarie alla guerra, tanto negli stati Austriaci,

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quanto nel Piemonte, e si tentava ogni rimedio per im-pedire la passata dei Francesi. Perchè poi i popoli pro-vocati da quelle lusinghevoli parole di libertà e d'ugua-glianza, non solamente non si congiungessero con colo-ro che procuravano la turbazione d'Italia, e non facesse-ro novità, ma ancora sopportassero di buona voglia tuttoquell'apparato guerriero, e non si ristessero a tanto ro-mor d'armi, usavansi i mezzi di persuasione. Il più po-tente era la religione: spargevansi sinistre voci: essere iFrancesi nemici di Dio e degli uomini, conculcare la re-ligione, profanare i tempj, perseguitare i sacerdoti,schernire i santi riti, contaminare i sacri arredi, e facen-do d'ogni erba fascio, proteggere gl'increduli ed uccide-re i credenti. I vescovi, i preti, i frati intendevano acce-samente a queste persuasioni; se ne accendevano mira-bilmente gli animi del volgo.Parte essenziale dei disegni della lega erano le delibera-zioni del senato Veneziano. L'imperatore conghietturan-do, che il terrore cagionato dall'invasione di Savoja e diNizza, e quell'insistere così vicino sulle frontiere delPiemonte di un nemico audace, e che mostrava tanta in-clinazione alle cose d'Italia, avessero mosso e disposto ilsenato a piegarsi alla sua volontà, aveva con efficacissi-me parole dimostrato, che era oramai tempo di non piùprocedere con consigli separati, e di pensare di comuneaccordo alla salute comune. Rappresentavagli, non ispe-rasse preservare lo stato, se quel diluvio di gente sfrena-ta, valicati i monti, inondasse Italia; voler fare e per se, e

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quanto nel Piemonte, e si tentava ogni rimedio per im-pedire la passata dei Francesi. Perchè poi i popoli pro-vocati da quelle lusinghevoli parole di libertà e d'ugua-glianza, non solamente non si congiungessero con colo-ro che procuravano la turbazione d'Italia, e non facesse-ro novità, ma ancora sopportassero di buona voglia tuttoquell'apparato guerriero, e non si ristessero a tanto ro-mor d'armi, usavansi i mezzi di persuasione. Il più po-tente era la religione: spargevansi sinistre voci: essere iFrancesi nemici di Dio e degli uomini, conculcare la re-ligione, profanare i tempj, perseguitare i sacerdoti,schernire i santi riti, contaminare i sacri arredi, e facen-do d'ogni erba fascio, proteggere gl'increduli ed uccide-re i credenti. I vescovi, i preti, i frati intendevano acce-samente a queste persuasioni; se ne accendevano mira-bilmente gli animi del volgo.Parte essenziale dei disegni della lega erano le delibera-zioni del senato Veneziano. L'imperatore conghietturan-do, che il terrore cagionato dall'invasione di Savoja e diNizza, e quell'insistere così vicino sulle frontiere delPiemonte di un nemico audace, e che mostrava tanta in-clinazione alle cose d'Italia, avessero mosso e disposto ilsenato a piegarsi alla sua volontà, aveva con efficacissi-me parole dimostrato, che era oramai tempo di non piùprocedere con consigli separati, e di pensare di comuneaccordo alla salute comune. Rappresentavagli, non ispe-rasse preservare lo stato, se quel diluvio di gente sfrena-ta, valicati i monti, inondasse Italia; voler fare e per se, e

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per gli sforzi contemporanei del suo generoso alleato ilre di Sardegna, quanto fosse in potestà sua per allonta-nare da quel felice paese tanta calamità; ma esser ferocii Francesi, e gli eventi di guerra incerti, vano pensieroessere il credere, che chi fa spregio dell'umanità e con-culca ogni legge divina ed umana, rispetti le neutralità,disprezzare i Francesi la neutralità ed amar meglio unnemico aperto, che un amico dubbioso; avere egualmen-te in odio le aristocrazìe, che le monarchìe, ed il prestarfede alle protestazioni amichevoli loro essere un volersiingannare da per se stesso; poter concludere il senatodella sincerità loro dai tentativi fatti da loro a Costanti-nopoli per concitare contro di lui la rabbia Ottomana;poter giudicare della moderazione dalle insolenze giàfin d'ora usate in sul mare verso le navi della repubblica,esser sempre disordinata la natura Francese, ma ora perla rivoluzione esser disordinatissima; nè esser di sover-chio tutte le forze d'Europa per ostare ad una nazionepotente, e presa di pazzia; certamente imprudentissimoconsiglio essere il darsi a credere, che ove un popolosfrenato abbia superato monti difficilissimi, prostrato leforze di un re e di un imperatore, e penetrato nel cuorestesso d'Italia, superbo per indole, superbissimo per vit-toria, voglia arrestar l'impeto suo alle frontiere Venezia-ne, solo per vedere sulli estremi confini scritte le paroledi neutralità; non sapere il senato, che tanto sa, quantosia avida la natura dei Francesi della roba altrui? Questeterre da sì lungo tempo immuni di guerra, questo cielo sìdolce, questi campi tanto fertili, queste colline così fe-

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per gli sforzi contemporanei del suo generoso alleato ilre di Sardegna, quanto fosse in potestà sua per allonta-nare da quel felice paese tanta calamità; ma esser ferocii Francesi, e gli eventi di guerra incerti, vano pensieroessere il credere, che chi fa spregio dell'umanità e con-culca ogni legge divina ed umana, rispetti le neutralità,disprezzare i Francesi la neutralità ed amar meglio unnemico aperto, che un amico dubbioso; avere egualmen-te in odio le aristocrazìe, che le monarchìe, ed il prestarfede alle protestazioni amichevoli loro essere un volersiingannare da per se stesso; poter concludere il senatodella sincerità loro dai tentativi fatti da loro a Costanti-nopoli per concitare contro di lui la rabbia Ottomana;poter giudicare della moderazione dalle insolenze giàfin d'ora usate in sul mare verso le navi della repubblica,esser sempre disordinata la natura Francese, ma ora perla rivoluzione esser disordinatissima; nè esser di sover-chio tutte le forze d'Europa per ostare ad una nazionepotente, e presa di pazzia; certamente imprudentissimoconsiglio essere il darsi a credere, che ove un popolosfrenato abbia superato monti difficilissimi, prostrato leforze di un re e di un imperatore, e penetrato nel cuorestesso d'Italia, superbo per indole, superbissimo per vit-toria, voglia arrestar l'impeto suo alle frontiere Venezia-ne, solo per vedere sulli estremi confini scritte le paroledi neutralità; non sapere il senato, che tanto sa, quantosia avida la natura dei Francesi della roba altrui? Questeterre da sì lungo tempo immuni di guerra, questo cielo sìdolce, questi campi tanto fertili, queste colline così fe-

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conde, questi palagi così sontuosi, e questi arredi cosìricchi non allettar forse con forza irrepugnabile chi giànon ha freno in se che lo tenga? e forse non sono in Ita-lia i vizj e le male pesti, che gli ajuteranno? Non sonoforse qui gli ambiziosi per dominare, i ladri per rubare,gli scapestrati d'ogni sorte per istraviziare? Nè perturba-trici parole, e piene di atroce influenza non sono forse leparole di libertà e d'uguaglianza, che costoro van gri-dando per ispogliare chi ha, e per ingannare chi non ha?Forse i popoli non corrono dietro alle novità molto vo-lentieri? e non può più sempre in loro la fortuna che lafede? Chi dà sicurtà al senato, che una prima insegnaFrancese, la quale si mostri in cima all'Alpi, non mandiimprovvisamente sottosopra il Piemonte, il Milanesetutto, e con essi questo felice stato Veneziano? Non em-pierassi allora ogni cosa di tumulti e di ribellione? Nonsi portan già quì di soppiatto da uomini audacissimi lescelerate insegne Francesi? e già costoro non si accorda-no, già non si affratellano, già non corrompono, già nonrapportano per ajutare un nemico crudele, per far isga-bello alla potenza loro dell'estremo sterminio d'Italia? adoccasione insolita insoliti consigli. Che montano in tan-to pericolo le cautele usate un dì, e le gelosìe antiche?Non voler Germania opprimere Italia, esser queste cosedannate dal secolo; bensì voler Germania preservare Ita-lia, e con Italia il mondo, da un sovvertimento totale, daun dominio insopportabile; fugace sempre esser la occa-sione, ma ora fugacissima; che superare solo il colmodell'Alpi è pei Francesi vittoria certa, poichè il resto da-

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conde, questi palagi così sontuosi, e questi arredi cosìricchi non allettar forse con forza irrepugnabile chi giànon ha freno in se che lo tenga? e forse non sono in Ita-lia i vizj e le male pesti, che gli ajuteranno? Non sonoforse qui gli ambiziosi per dominare, i ladri per rubare,gli scapestrati d'ogni sorte per istraviziare? Nè perturba-trici parole, e piene di atroce influenza non sono forse leparole di libertà e d'uguaglianza, che costoro van gri-dando per ispogliare chi ha, e per ingannare chi non ha?Forse i popoli non corrono dietro alle novità molto vo-lentieri? e non può più sempre in loro la fortuna che lafede? Chi dà sicurtà al senato, che una prima insegnaFrancese, la quale si mostri in cima all'Alpi, non mandiimprovvisamente sottosopra il Piemonte, il Milanesetutto, e con essi questo felice stato Veneziano? Non em-pierassi allora ogni cosa di tumulti e di ribellione? Nonsi portan già quì di soppiatto da uomini audacissimi lescelerate insegne Francesi? e già costoro non si accorda-no, già non si affratellano, già non corrompono, già nonrapportano per ajutare un nemico crudele, per far isga-bello alla potenza loro dell'estremo sterminio d'Italia? adoccasione insolita insoliti consigli. Che montano in tan-to pericolo le cautele usate un dì, e le gelosìe antiche?Non voler Germania opprimere Italia, esser queste cosedannate dal secolo; bensì voler Germania preservare Ita-lia, e con Italia il mondo, da un sovvertimento totale, daun dominio insopportabile; fugace sempre esser la occa-sione, ma ora fugacissima; che superare solo il colmodell'Alpi è pei Francesi vittoria certa, poichè il resto da-

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rallo un fiume insuperabile. Questo è, aggiunse l'impe-ratore, l'estremo dei tempi; il sorger di tutti solo poteresser la salute di tutti, il mancar di un solo la rovina ditutti. Pensasse adunque il senato, e maturamente consi-derasse la necessità dei tempi, l'infedeltà della Francia,la fede della Germania, la lega proposta, gli ajuti offerti,e l'avvenire, che già già incalzava, e premeva o felice, ofunestissimo per sempre.Il senato Veneziano che per la sua prudenza sempre sep-pe bene conoscere i tempi, ora male misurandogli, e vo-lendo applicare ad un male nuovo rimedj antichi, rispo-se, che la repubblica sempre moderata e temperante, vo-leva esser amica a tutti, nemica a nissuno; che tale man-sueto procedere era sempre stato a grado di tutti i princi-pi, e sperava dover essere per l'avvenire, massime nellapresente controversia tanto piena di difficoltà e d'incer-tezza; che quanto ai sudditi, non aveva timore alcuno dinovità, stante che conosceva e la fede loro, e la vigilan-za dei magistrati; che ammirava bene la costanzadell'imperatore e de' suoi alleati in un affare di tanto pe-ricolo, ma che finalmente si persuadeva, che Sua MaestàImperiale, considerando bene secondo la prudenza suala natura del governo Veneziano, avrebbe conosciuto,non dovere lui allontanarsi da quella moderazione, chel'aveva preservato salvo per tanti secoli; ricever sommamolestia di non poter deliberare altrimenti; esser paratala repubblica a dar il passo alle genti Tedesche, a sovve-nir i confederati di quanto potesse consistere con la neu-

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rallo un fiume insuperabile. Questo è, aggiunse l'impe-ratore, l'estremo dei tempi; il sorger di tutti solo poteresser la salute di tutti, il mancar di un solo la rovina ditutti. Pensasse adunque il senato, e maturamente consi-derasse la necessità dei tempi, l'infedeltà della Francia,la fede della Germania, la lega proposta, gli ajuti offerti,e l'avvenire, che già già incalzava, e premeva o felice, ofunestissimo per sempre.Il senato Veneziano che per la sua prudenza sempre sep-pe bene conoscere i tempi, ora male misurandogli, e vo-lendo applicare ad un male nuovo rimedj antichi, rispo-se, che la repubblica sempre moderata e temperante, vo-leva esser amica a tutti, nemica a nissuno; che tale man-sueto procedere era sempre stato a grado di tutti i princi-pi, e sperava dover essere per l'avvenire, massime nellapresente controversia tanto piena di difficoltà e d'incer-tezza; che quanto ai sudditi, non aveva timore alcuno dinovità, stante che conosceva e la fede loro, e la vigilan-za dei magistrati; che ammirava bene la costanzadell'imperatore e de' suoi alleati in un affare di tanto pe-ricolo, ma che finalmente si persuadeva, che Sua MaestàImperiale, considerando bene secondo la prudenza suala natura del governo Veneziano, avrebbe conosciuto,non dovere lui allontanarsi da quella moderazione, chel'aveva preservato salvo per tanti secoli; ricever sommamolestia di non poter deliberare altrimenti; esser paratala repubblica a dar il passo alle genti Tedesche, a sovve-nir i confederati di quanto potesse consistere con la neu-

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tralità; ma procedere più oltre, e soprattutto implicarsi inguerre con altri, non comportar la fede, la costanza, e laconsuetudine della repubblica.Ma moltiplicando sempre più gli avvisi dei progressifatti dai Francesi nel ducato di Savoja e nel contado diNizza, fu ben necessario il pensare a provveder quello,che la stagione richiedeva; e se non si voleva impugnarl'armi per fare una guerra estrema, bisognava bene con-siderare quanto fosse a farsi per preservar la repubblicadagli assalti forestieri, e dai tumulti cittadini.Per la qual cosa, convocato straordinariamente il senato,vi si pose in consulta, quali fossero i provvedimenti dafarsi per conservar salva la repubblica nell'imminentepericolo dell'invasione dei Francesi in Italia. FrancescoPesaro, procurator di San Marco, uomo il quale e per se,e pel seguito della sua famiglia, era in grandissima fedeappresso ai Veneziani, e di cui sarà spesso fatto menzio-ne in queste storie, dal suo seggio levatosi, e standoognuno attentissimo a udirlo, parlò con gravissimo di-scorso in questa sentenza:

«Se la giustizia più potesse negli uomini, che laforza, voi non sareste quì a deliberare, eccelsi se-natori, e della patria amantissimi, se l'innocenzavostra si possa o di per se stessa difendere, o sidebba tutelare con l'armi. Imperciocchè tutto ilmondo sa, che contenti allo stato vostro, nissunappetito vi costringe a desiderare quello d'altrui, edappoichè è sorta in mezzo a queste acque la no-

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tralità; ma procedere più oltre, e soprattutto implicarsi inguerre con altri, non comportar la fede, la costanza, e laconsuetudine della repubblica.Ma moltiplicando sempre più gli avvisi dei progressifatti dai Francesi nel ducato di Savoja e nel contado diNizza, fu ben necessario il pensare a provveder quello,che la stagione richiedeva; e se non si voleva impugnarl'armi per fare una guerra estrema, bisognava bene con-siderare quanto fosse a farsi per preservar la repubblicadagli assalti forestieri, e dai tumulti cittadini.Per la qual cosa, convocato straordinariamente il senato,vi si pose in consulta, quali fossero i provvedimenti dafarsi per conservar salva la repubblica nell'imminentepericolo dell'invasione dei Francesi in Italia. FrancescoPesaro, procurator di San Marco, uomo il quale e per se,e pel seguito della sua famiglia, era in grandissima fedeappresso ai Veneziani, e di cui sarà spesso fatto menzio-ne in queste storie, dal suo seggio levatosi, e standoognuno attentissimo a udirlo, parlò con gravissimo di-scorso in questa sentenza:

«Se la giustizia più potesse negli uomini, che laforza, voi non sareste quì a deliberare, eccelsi se-natori, e della patria amantissimi, se l'innocenzavostra si possa o di per se stessa difendere, o sidebba tutelare con l'armi. Imperciocchè tutto ilmondo sa, che contenti allo stato vostro, nissunappetito vi costringe a desiderare quello d'altrui, edappoichè è sorta in mezzo a queste acque la no-

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stra generosa repubblica, piuttosto per la felicitàsua, che invitava i forestieri a sottoporsi volonta-riamente al suo soave giogo, o per fuggire col pa-trocinio nostro la tirannide altrui, che per forza, oper cupidità di ampliare l'imperio, crebbimo inquesta potenza, ed a questo splendore arrivammo,che, se non di terrore, certo è d'invidia agli uomi-ni maravigliati cagione; e se pure qualche voltanon provocati impugnammo le armi, ciò fu piut-tosto per la salute comune d'Italia, che per acqui-star nuovo e non usitato dominio. Ma poichè i di-segni degli uomini sono cupi, l'invidia grande, gliappetiti sfrenati, e l'innocenza inerme è semprestata preda dei potenti, resta per noi a deliberarsi,se in mezzo a tanto romor d'armi, se in mezzo atante ire ed a sì crudele discordia, se allor quandonazioni potentissime corrono con infinito sdegnol'una contro l'altra, e che tolto ogni rispetto, cal-pestato ogni diritto, non della scorza, ma del fon-do stesso, non di una parte, ma del tutto, non diun danno, ma di un totale sterminio gareggianofra di loro, noi dobbiamo starcene disarmati alladiscrezion loro, ovvero usando quella potenza cheDio ci diede, armarci di modo, che il rispettarcisia pei forestieri necessità, e l'assaltarci pericolo.Nella quale disquisizione tanto mi pare il discorsofacile, e la via che dobbiam seguire spedita, che ilsentire diversamente da me fia piuttosto semplici-tà da secol d'oro, che prudenza in un secolo sca-pestrato. Per verità di che ora si tratta? Forse diprovocare, forse di assaltare, forse di trarre ad

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stra generosa repubblica, piuttosto per la felicitàsua, che invitava i forestieri a sottoporsi volonta-riamente al suo soave giogo, o per fuggire col pa-trocinio nostro la tirannide altrui, che per forza, oper cupidità di ampliare l'imperio, crebbimo inquesta potenza, ed a questo splendore arrivammo,che, se non di terrore, certo è d'invidia agli uomi-ni maravigliati cagione; e se pure qualche voltanon provocati impugnammo le armi, ciò fu piut-tosto per la salute comune d'Italia, che per acqui-star nuovo e non usitato dominio. Ma poichè i di-segni degli uomini sono cupi, l'invidia grande, gliappetiti sfrenati, e l'innocenza inerme è semprestata preda dei potenti, resta per noi a deliberarsi,se in mezzo a tanto romor d'armi, se in mezzo atante ire ed a sì crudele discordia, se allor quandonazioni potentissime corrono con infinito sdegnol'una contro l'altra, e che tolto ogni rispetto, cal-pestato ogni diritto, non della scorza, ma del fon-do stesso, non di una parte, ma del tutto, non diun danno, ma di un totale sterminio gareggianofra di loro, noi dobbiamo starcene disarmati alladiscrezion loro, ovvero usando quella potenza cheDio ci diede, armarci di modo, che il rispettarcisia pei forestieri necessità, e l'assaltarci pericolo.Nella quale disquisizione tanto mi pare il discorsofacile, e la via che dobbiam seguire spedita, che ilsentire diversamente da me fia piuttosto semplici-tà da secol d'oro, che prudenza in un secolo sca-pestrato. Per verità di che ora si tratta? Forse diprovocare, forse di assaltare, forse di trarre ad

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inopportuna e pericolosa guerra questo felicissi-mo dominio? Non già: ma solo d'impedire cheprovocati, che assaltati non siamo, solo appuntodi allontanare dalle terre nostre la guerra, e conlei le ingiurie, le ruberìe, e le uccisioni chel'accompagnano; conciossiachè come l'acqua alla-ga i luoghi bassi, così la guerra allaga i luoghiinermi, ed il migliore stromento di pace in mezzoall'armi mosse, sono appunto le armi. Ciò mostra-no e la natura umana più pronta sempre ad ingiu-riare che a rispettare, ciò la esperienza dei secoli,ciò nazioni distrutte, perchè trascurata la forza,sulla fede unicamente si appoggiarono. E senzariandare i secoli antichi, vi muovano i freschiesempi. Non vi ricorda ancora, ed ancora non udi-te i pianti e le querele dei sudditi straziati dai bar-bari nella fatal guerra, che arse l'Europa sul prin-cipiar di questo secolo per la successione di Spa-gna fra queste medesime nazioni, che ora combat-tono sì ferocemente fra di loro? Allora la repub-blica fu lacerata, perchè inerme; allora i sudditiricevettero molestie infinite, perchè la repubblicacon imprudentissimo consiglio aveva mancatoloro della necessaria tutela dell'armi. Ammaestra-to da sì crudele esempio il senato armossi nellaguerra che venne dopo, e lo stato fu preservatosalvo. Ora credete voi che la rabbia fra chi com-batte, sia minore adesso che cento anni sono, eche l'efficacia dell'armi impugnate meno possapresentemente di quanto ella potesse, or son qua-ranta? Certamente nol credete voi; che anzi, se

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inopportuna e pericolosa guerra questo felicissi-mo dominio? Non già: ma solo d'impedire cheprovocati, che assaltati non siamo, solo appuntodi allontanare dalle terre nostre la guerra, e conlei le ingiurie, le ruberìe, e le uccisioni chel'accompagnano; conciossiachè come l'acqua alla-ga i luoghi bassi, così la guerra allaga i luoghiinermi, ed il migliore stromento di pace in mezzoall'armi mosse, sono appunto le armi. Ciò mostra-no e la natura umana più pronta sempre ad ingiu-riare che a rispettare, ciò la esperienza dei secoli,ciò nazioni distrutte, perchè trascurata la forza,sulla fede unicamente si appoggiarono. E senzariandare i secoli antichi, vi muovano i freschiesempi. Non vi ricorda ancora, ed ancora non udi-te i pianti e le querele dei sudditi straziati dai bar-bari nella fatal guerra, che arse l'Europa sul prin-cipiar di questo secolo per la successione di Spa-gna fra queste medesime nazioni, che ora combat-tono sì ferocemente fra di loro? Allora la repub-blica fu lacerata, perchè inerme; allora i sudditiricevettero molestie infinite, perchè la repubblicacon imprudentissimo consiglio aveva mancatoloro della necessaria tutela dell'armi. Ammaestra-to da sì crudele esempio il senato armossi nellaguerra che venne dopo, e lo stato fu preservatosalvo. Ora credete voi che la rabbia fra chi com-batte, sia minore adesso che cento anni sono, eche l'efficacia dell'armi impugnate meno possapresentemente di quanto ella potesse, or son qua-ranta? Certamente nol credete voi; che anzi, se

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dai brevi saggi che pur testè vedemmo, si dee giu-dicare, la rabbia è infinita, ed il timore di provo-car l'armi della repubblica grande, perchè il peri-colo per ambe le parti è, oltre ogni credere, grave,e mira ad un totale esterminio. E non dubitate,poichè ci va troppo posta, che alcune bocched'artiglierìe veneziane poste ai luoghi forti, ed al-cune insegne di San Marco sventolanti sulle fron-tiere non siano per far istar in dovere coloro, chegià romoreggiano, o sarebbero per romoreggiarciintorno. Dio allontani l'augurio, ma io vedo che seVenezia non s'arma, Venezia è perduta, e vedo al-tresì che s'ella s'arma, ella può essere non solo lasalute sua, ma ancora la salute d'Italia, poichèquesti forestieri, che per appetito smoderato hansempre fatto campo dei furori loro la misera Ita-lia, non la correranno così a grado loro, quandosapranno essere svegliato e pronto a sorgere il lio-ne Veneziano. Ma poi che sarà? Credete voi d'evi-tar la guerra, se state senz'armi? Il Francese ed ilTedesco ugualmente recheransi ad ingiuria il nonessere stati ajutati, e voi sapete che i pretestid'offendere non mancano mai a chi nutre pensierisinistri. E posto eziandio, che per inudito esempiola fede dei governi sia pura, chi vi assicura che sela guerra si conduce sui vostri confini, bande ar-mate degli uni e degli altri non corrano le vostreterre, o per pigliar vantaggi sul nemico, o per farsacco a vantaggio proprio? Le sopporterete voiqueste ingiurie senza risentimento? Dove sarà al-lora l'onor di Venezia fin quì illibato? ed anco in-

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dai brevi saggi che pur testè vedemmo, si dee giu-dicare, la rabbia è infinita, ed il timore di provo-car l'armi della repubblica grande, perchè il peri-colo per ambe le parti è, oltre ogni credere, grave,e mira ad un totale esterminio. E non dubitate,poichè ci va troppo posta, che alcune bocched'artiglierìe veneziane poste ai luoghi forti, ed al-cune insegne di San Marco sventolanti sulle fron-tiere non siano per far istar in dovere coloro, chegià romoreggiano, o sarebbero per romoreggiarciintorno. Dio allontani l'augurio, ma io vedo che seVenezia non s'arma, Venezia è perduta, e vedo al-tresì che s'ella s'arma, ella può essere non solo lasalute sua, ma ancora la salute d'Italia, poichèquesti forestieri, che per appetito smoderato hansempre fatto campo dei furori loro la misera Ita-lia, non la correranno così a grado loro, quandosapranno essere svegliato e pronto a sorgere il lio-ne Veneziano. Ma poi che sarà? Credete voi d'evi-tar la guerra, se state senz'armi? Il Francese ed ilTedesco ugualmente recheransi ad ingiuria il nonessere stati ajutati, e voi sapete che i pretestid'offendere non mancano mai a chi nutre pensierisinistri. E posto eziandio, che per inudito esempiola fede dei governi sia pura, chi vi assicura che sela guerra si conduce sui vostri confini, bande ar-mate degli uni e degli altri non corrano le vostreterre, o per pigliar vantaggi sul nemico, o per farsacco a vantaggio proprio? Le sopporterete voiqueste ingiurie senza risentimento? Dove sarà al-lora l'onor di Venezia fin quì illibato? ed anco in-

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giuria non vendicata moltiplica le ingiurie. O nefarete voi risentimento? Ma risentimento non ar-mato è nullo per chi fa ingiuria, e dannoso per chila riceve, perchè essendo di necessità senza effet -to, ti scema la riputazione. Io ho vergogna, o se-natori, dello andarmi aggirando fra queste suppo-sizioni inonorate, quando penso al valor vostro,alla potenza, ed al nome di questa gloriosa repub-blica. Ma pogniamo finalmente che i governi sia-no fedeli, ed i soldati santi, che certo non è purpoco: come siete voi sicuri, che non si turbi congrandissimo movimento tutto lo stato nostro, se iFrancesi arrivano sui confini? Non abbiamo noiquì novatori, non uomini ambiziosi, non avari,non vendicativi, non contaminati sin dentro alcuor loro di perturbatrici dottrine? E se costorofan novità, e certo la faranno, quando sarà lorporta la occasione, poichè già fin d'ora, che anco-ra son lontani i sussidi sperati, a mala pena ratten-gono il veleno loro, che farete voi, se non siete ar-mati? I tumulti eccitati da questa gente pestiferaserviran di pretesto ai Francesi per ajutargli, aiTedeschi per frenargli, e gli uni e gli altri corre-ranno i nostri campi impunemente, se noi per noinon siam capaci di far argine a queste acque furi-bonde. Farete allor voi guerra? Con che? Fareteallor voi pace? Con chi? La sedizione vi condurràalla guerra, la guerra alla rovina. Odo dire a certetimide persone, che l'armarsi è dar sospetto e pre-testo di guerra ad altrui. Ma chi ha mai dannatoalcuno, se pon argine alla casa quando il fiume

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giuria non vendicata moltiplica le ingiurie. O nefarete voi risentimento? Ma risentimento non ar-mato è nullo per chi fa ingiuria, e dannoso per chila riceve, perchè essendo di necessità senza effet -to, ti scema la riputazione. Io ho vergogna, o se-natori, dello andarmi aggirando fra queste suppo-sizioni inonorate, quando penso al valor vostro,alla potenza, ed al nome di questa gloriosa repub-blica. Ma pogniamo finalmente che i governi sia-no fedeli, ed i soldati santi, che certo non è purpoco: come siete voi sicuri, che non si turbi congrandissimo movimento tutto lo stato nostro, se iFrancesi arrivano sui confini? Non abbiamo noiquì novatori, non uomini ambiziosi, non avari,non vendicativi, non contaminati sin dentro alcuor loro di perturbatrici dottrine? E se costorofan novità, e certo la faranno, quando sarà lorporta la occasione, poichè già fin d'ora, che anco-ra son lontani i sussidi sperati, a mala pena ratten-gono il veleno loro, che farete voi, se non siete ar-mati? I tumulti eccitati da questa gente pestiferaserviran di pretesto ai Francesi per ajutargli, aiTedeschi per frenargli, e gli uni e gli altri corre-ranno i nostri campi impunemente, se noi per noinon siam capaci di far argine a queste acque furi-bonde. Farete allor voi guerra? Con che? Fareteallor voi pace? Con chi? La sedizione vi condurràalla guerra, la guerra alla rovina. Odo dire a certetimide persone, che l'armarsi è dar sospetto e pre-testo di guerra ad altrui. Ma chi ha mai dannatoalcuno, se pon argine alla casa quando il fiume

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minaccia, o se taglia i tetti quando l'incendios'avvicina? Superba troppo, ed intollerabile pre-tensione sarebbe certamente quella di un forestie-ro, che volesse comandarci come e quando noidobbiamo assicurare lo stato nostro, e che altraalternativa non ci lasciasse o di starcene disarmatialla discrezion sua, o d'incontrar la sua nimicizia.Per me costui come nemico, e non come amicoterrei, ed amerei meglio avere con lui una guerrapericolosa, che può aver buon fine, e sempre avràonore, che una pace pericolosa, che non può averse non cattivo fine, e sempre porterà con se unavergogna infinita. Poi la fede di questa inclita re-pubblica è nota al mondo, ed il mondo sa, se noisiamo vicini inquieti, ambiziosi, ed offensivi, op-pur quieti, temperanti, ed amatori del giusto edell'onesto. In somma per restringere in poche pa-role quello che sono andato sinora allargando, ame pare, che lo starcene disarmati in mezzo a cosìrabbioso moto, non sia nè sicuro nè onorato; chel'armarci sia senza sospetto, e necessariamente ri-chiesto all'onore ed alla salute nostra, poichè iconsigli onorati sono sempre i più sicuri, e la ri-putazione è gran parte della forza. Per la qualcosa io opino, che si fornisca l'erario, che si alle-stisca il navilio, che si levino le cerne, e che alcunpolso di Schiavoni sia chiamato a tutelare le cosedi Terra Ferma. A questo io penso, che si debbadichiarare alle potenze belligeranti, che il senatocostante sempre nel suo procedere pacifico, vuolconservarsi fedele ed amico a tutti, e che i mode-

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minaccia, o se taglia i tetti quando l'incendios'avvicina? Superba troppo, ed intollerabile pre-tensione sarebbe certamente quella di un forestie-ro, che volesse comandarci come e quando noidobbiamo assicurare lo stato nostro, e che altraalternativa non ci lasciasse o di starcene disarmatialla discrezion sua, o d'incontrar la sua nimicizia.Per me costui come nemico, e non come amicoterrei, ed amerei meglio avere con lui una guerrapericolosa, che può aver buon fine, e sempre avràonore, che una pace pericolosa, che non può averse non cattivo fine, e sempre porterà con se unavergogna infinita. Poi la fede di questa inclita re-pubblica è nota al mondo, ed il mondo sa, se noisiamo vicini inquieti, ambiziosi, ed offensivi, op-pur quieti, temperanti, ed amatori del giusto edell'onesto. In somma per restringere in poche pa-role quello che sono andato sinora allargando, ame pare, che lo starcene disarmati in mezzo a cosìrabbioso moto, non sia nè sicuro nè onorato; chel'armarci sia senza sospetto, e necessariamente ri-chiesto all'onore ed alla salute nostra, poichè iconsigli onorati sono sempre i più sicuri, e la ri-putazione è gran parte della forza. Per la qualcosa io opino, che si fornisca l'erario, che si alle-stisca il navilio, che si levino le cerne, e che alcunpolso di Schiavoni sia chiamato a tutelare le cosedi Terra Ferma. A questo io penso, che si debbadichiarare alle potenze belligeranti, che il senatocostante sempre nel suo procedere pacifico, vuolconservarsi fedele ed amico a tutti, e che i mode-

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rati apparecchi d'armi mirano piuttosto e sola-mente a conservazione di pace, che a dimostra-zione di guerra».

Grande impressione fecero nella mente del senato que-ste parole gravemente dette dal Pesaro, nelle quali con-correvano amplissimamente tutti i fondamenti, che neldeliberare le imprese principalmente considerare si deb-bono. Al contrario parlò con singolare eloquenza il sa-vio del consiglio Zaccaria Vallaresso, a un di presso inquesti termini:

«Non è stato mai costume di coloro, che s'inten-dono dello stato, il giudicare dalle apparenze este-riori delle cose, nè da certi bollori d'opinioni, chepresto sfumando se ne vanno in dileguo, lascian-do in fondo la realtà. Queste apparenze, e questifumi sono a guisa d'un nugolo, il quale vela confalse forme il vero, ma in breve ora sparendo, la-scia nel loro aspetto naturale i monti e le campa-gne. Grande certo, anzi infinito è l'amore del mioavversario verso questa nostra felicissima patria,grande l'ingegno, e grande altresì la sperienza delmondo; ma mi pare, anzi certo sono, che nel pre-sente caso egli adombri, e si lasci svolgere da unfantasma, da un nugolo, da un'apparenza fallace.Il quale nugolo io voglio dagli occhi vostri, ed an-che da' suoi, se possibil fia, sgombrare con mo-strarvi la verità. Ed in primo luogo io vi dirò, cheil timore è sempre stato mal consigliere; e che iltimore sia quello che offusca l'intelletto del pro-

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rati apparecchi d'armi mirano piuttosto e sola-mente a conservazione di pace, che a dimostra-zione di guerra».

Grande impressione fecero nella mente del senato que-ste parole gravemente dette dal Pesaro, nelle quali con-correvano amplissimamente tutti i fondamenti, che neldeliberare le imprese principalmente considerare si deb-bono. Al contrario parlò con singolare eloquenza il sa-vio del consiglio Zaccaria Vallaresso, a un di presso inquesti termini:

«Non è stato mai costume di coloro, che s'inten-dono dello stato, il giudicare dalle apparenze este-riori delle cose, nè da certi bollori d'opinioni, chepresto sfumando se ne vanno in dileguo, lascian-do in fondo la realtà. Queste apparenze, e questifumi sono a guisa d'un nugolo, il quale vela confalse forme il vero, ma in breve ora sparendo, la-scia nel loro aspetto naturale i monti e le campa-gne. Grande certo, anzi infinito è l'amore del mioavversario verso questa nostra felicissima patria,grande l'ingegno, e grande altresì la sperienza delmondo; ma mi pare, anzi certo sono, che nel pre-sente caso egli adombri, e si lasci svolgere da unfantasma, da un nugolo, da un'apparenza fallace.Il quale nugolo io voglio dagli occhi vostri, ed an-che da' suoi, se possibil fia, sgombrare con mo-strarvi la verità. Ed in primo luogo io vi dirò, cheil timore è sempre stato mal consigliere; e che iltimore sia quello che offusca l'intelletto del pro-

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curator Pesaro, quantunque di animo costante esano, dimostranlo gli spaventi nati per la recenteinvasione di Nizza e della Savoia. Adunque unPesaro si lascia ire alla corrente, adunque opinacol volgo pazzo, adunque fa caso degli sgomentidelle donnicciuole? e che grave caso è ella mai lamentovata invasione? l'essersi perduto un paeseche sempre si perde, quando nasce guerra tra il reSardo e Francia, e che esso re nè può, nè vuoledifendere! Mi maraviglierei ben io, se quelle terresi fossero conservate, non tanto che mi spaventi,perchè si sono perdute. Credete voi che le frontie-re militari d'Italia siano, come le politiche, ilVaro, e l'umile fiumicello che bagna Sanpariglia-no? mai no: le frontiere militari sue sono i montismisurati, che la natura pose fra lei e la Francia,sono quei ghiacci eterni, quelle nevi altissime,quelle rupi senza via, quei passi stretti e difficili.Ora, se così è, qual timore può far tanto che sicreda, che i Francesi, quantunque audaci, possa-no, ora che s'avvicina l'inverno, superar quelloche sarebbe difficilissimo a superarsi anche aitempi più caldi? Grossi sono e valorosi gli esercitiSardi; grossi e forti quelli che loro giungono inajuto dall'Alemagna, e le fortezze del Piemonteposte ai luoghi più opportuni nel cuore stesso, eda tutte le sboccature dell'Alpi, danno ancor mag-gior sicurezza. Da tutto questo si può inferire, cheil superar l'Alpi pei Francesi sarà in ogni tempoimpresa difficilissima, ed in questi sei mesi im-possibile. Dico poi, che nel presente caso chi vin-

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curator Pesaro, quantunque di animo costante esano, dimostranlo gli spaventi nati per la recenteinvasione di Nizza e della Savoia. Adunque unPesaro si lascia ire alla corrente, adunque opinacol volgo pazzo, adunque fa caso degli sgomentidelle donnicciuole? e che grave caso è ella mai lamentovata invasione? l'essersi perduto un paeseche sempre si perde, quando nasce guerra tra il reSardo e Francia, e che esso re nè può, nè vuoledifendere! Mi maraviglierei ben io, se quelle terresi fossero conservate, non tanto che mi spaventi,perchè si sono perdute. Credete voi che le frontie-re militari d'Italia siano, come le politiche, ilVaro, e l'umile fiumicello che bagna Sanpariglia-no? mai no: le frontiere militari sue sono i montismisurati, che la natura pose fra lei e la Francia,sono quei ghiacci eterni, quelle nevi altissime,quelle rupi senza via, quei passi stretti e difficili.Ora, se così è, qual timore può far tanto che sicreda, che i Francesi, quantunque audaci, possa-no, ora che s'avvicina l'inverno, superar quelloche sarebbe difficilissimo a superarsi anche aitempi più caldi? Grossi sono e valorosi gli esercitiSardi; grossi e forti quelli che loro giungono inajuto dall'Alemagna, e le fortezze del Piemonteposte ai luoghi più opportuni nel cuore stesso, eda tutte le sboccature dell'Alpi, danno ancor mag-gior sicurezza. Da tutto questo si può inferire, cheil superar l'Alpi pei Francesi sarà in ogni tempoimpresa difficilissima, ed in questi sei mesi im-possibile. Dico poi, che nel presente caso chi vin-

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ce per sei mesi, vince per sempre; perciocchè nonè da dubitare che lo stato popolare introdotto pre-sentemente in Francia, non sia in breve tempo perdissolversi; perchè la storia dimostra, che quellafoggia di governo, breve persino nei paesi piccoli,non può a nissun modo sussistere ne' vasti territo-rj. Al che se si aggiunge l'abitudine del lungo vi-vere dei Francesi sotto la monarchìa, la loro natu-ra pronta e volubile, la feroce tirannide che ora gliopprime, le confiscazioni, gli esilj, le decapitazio-ni de' migliori e de' più assennati cittadini, ognicosa in incerto, ogni cosa piena di terrore, facil-mente verrassi a conoscere, che quello stato avràcorta vita; poichè le sette armate vi sorgeranno, laguerra civile ajuterà l'esterna, e la Francia assalitadentro da partigiani arrabbiati, fuori da esercitipotenti, non solo non sarà in grado di opprimereItalia, ma gran fatto sarà, se non fia oppressa ellastessa. Sperate nei luoghi forti, sperate negli eser-citi gagliardi, sperate nella tirannide altrui, chesarà mantenitrice della libertà d'Italia, e del beni-gno vivere nostro. Poterono i nostri maggiori fa-cilmente, e senza pericolo metter su eserciti a finedi mantener la neutralità, e certo il fecero conprovvido consiglio; ma allora l'erario era ricco, epoteva di per se sopperire alla voragine militare;mentre ora trovandosi esausto per le anteriorineutralità armate, pei racconci dei fiumi, pei con-tagi di Dalmazia, per la spedizione di Barbaria, amala pena potrebbe bastare, e fia forza prestan-ziare i popoli, che gravati per modo insolito po-

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ce per sei mesi, vince per sempre; perciocchè nonè da dubitare che lo stato popolare introdotto pre-sentemente in Francia, non sia in breve tempo perdissolversi; perchè la storia dimostra, che quellafoggia di governo, breve persino nei paesi piccoli,non può a nissun modo sussistere ne' vasti territo-rj. Al che se si aggiunge l'abitudine del lungo vi-vere dei Francesi sotto la monarchìa, la loro natu-ra pronta e volubile, la feroce tirannide che ora gliopprime, le confiscazioni, gli esilj, le decapitazio-ni de' migliori e de' più assennati cittadini, ognicosa in incerto, ogni cosa piena di terrore, facil-mente verrassi a conoscere, che quello stato avràcorta vita; poichè le sette armate vi sorgeranno, laguerra civile ajuterà l'esterna, e la Francia assalitadentro da partigiani arrabbiati, fuori da esercitipotenti, non solo non sarà in grado di opprimereItalia, ma gran fatto sarà, se non fia oppressa ellastessa. Sperate nei luoghi forti, sperate negli eser-citi gagliardi, sperate nella tirannide altrui, chesarà mantenitrice della libertà d'Italia, e del beni-gno vivere nostro. Poterono i nostri maggiori fa-cilmente, e senza pericolo metter su eserciti a finedi mantener la neutralità, e certo il fecero conprovvido consiglio; ma allora l'erario era ricco, epoteva di per se sopperire alla voragine militare;mentre ora trovandosi esausto per le anteriorineutralità armate, pei racconci dei fiumi, pei con-tagi di Dalmazia, per la spedizione di Barbaria, amala pena potrebbe bastare, e fia forza prestan-ziare i popoli, che gravati per modo insolito po-

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trebbero risentirsi e pensare a novità. Questo toc-car dei cofani riuscirebbe al certo più pregiudizia-le, che le pazze dicerìe, che ci vengono di Fran-cia. Oltre a ciò i mari aperti e sicuri, intrattengonoora per la frequenza del commercio i sudditi, ar-ricchiscono le famiglie, conferiscono splendore,vigore, e potenza allo stato; ma se i Francesi danvolta a motivo delle minacce vostre, e certo la da-ranno, perchè e' sono superbi ed amatori di preda,diventeranno chiusi i mari, interrotti i traffichi,l'ozio darà luogo ai discorsi, la povertà alle malevoglie, e tra pel danno emergente delle imposte, eil lucro cessante dei traffichi, si spargeranno dis-sidj e semi pestiferi in queste medesime popola-zioni, che finora non si sono mai partite daquell'affezione, che sempre hanno avuta verso larepubblica. Così per volere il meglio avrete ilpeggio, ed avrete introdotto le turbazioni nei piùintimi penetrali dello stato con quei medesimimezzi, coi quali proposto avevate di allontanarle.Nè non senza efficacia nella presente trattazione èil pensare, che se la repubblica è armata, si accre -sceranno i desiderj ed i tentativi delle parti con-tendenti, per congiungersela con esso loro, e perquesto ogni modo di richiesta, di offerta, d'insidieed anche di offese, sarà posto in opera per farlapendere dall'un de' lati. I quali tentativi se l'armifan nascere, l'armi ancora non lasciano tollerare,perciocchè l'uomo armato è più pronto al risenti-mento, e peggior estimatore dei casi avvenire, chequello il quale armato non è; perchè l'armi accre-

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trebbero risentirsi e pensare a novità. Questo toc-car dei cofani riuscirebbe al certo più pregiudizia-le, che le pazze dicerìe, che ci vengono di Fran-cia. Oltre a ciò i mari aperti e sicuri, intrattengonoora per la frequenza del commercio i sudditi, ar-ricchiscono le famiglie, conferiscono splendore,vigore, e potenza allo stato; ma se i Francesi danvolta a motivo delle minacce vostre, e certo la da-ranno, perchè e' sono superbi ed amatori di preda,diventeranno chiusi i mari, interrotti i traffichi,l'ozio darà luogo ai discorsi, la povertà alle malevoglie, e tra pel danno emergente delle imposte, eil lucro cessante dei traffichi, si spargeranno dis-sidj e semi pestiferi in queste medesime popola-zioni, che finora non si sono mai partite daquell'affezione, che sempre hanno avuta verso larepubblica. Così per volere il meglio avrete ilpeggio, ed avrete introdotto le turbazioni nei piùintimi penetrali dello stato con quei medesimimezzi, coi quali proposto avevate di allontanarle.Nè non senza efficacia nella presente trattazione èil pensare, che se la repubblica è armata, si accre -sceranno i desiderj ed i tentativi delle parti con-tendenti, per congiungersela con esso loro, e perquesto ogni modo di richiesta, di offerta, d'insidieed anche di offese, sarà posto in opera per farlapendere dall'un de' lati. I quali tentativi se l'armifan nascere, l'armi ancora non lasciano tollerare,perciocchè l'uomo armato è più pronto al risenti-mento, e peggior estimatore dei casi avvenire, chequello il quale armato non è; perchè l'armi accre-

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scono la superbia, e fan che l'uomo creda di pote-re più di quello che può. Sono l'armi pericolosesempre al maneggiarsi, e chi le maneggia non sadove sia per riuscire; perchè con esse la prudenzaè muta, e se tu cominci, il futuro non è più in po-testà tua. Certo io non mi fido più del mio avver-sano nelle lusingherìe, nella fede, e nelle promes-se altrui; ma per questo medesimo io non vogliosollecitar le ire dove già la fede è incerta, ed alpostutto meglio è fidarsi di governi ordinati, chedi governi disordinati, ed il fine della lega è spe-gnere un governo disordinato. La lega farallo,perchè lo può fare, e certamente non avrà permale che noi lontani dal campo dove si combatte,noi pacifici da sì lungo tempo, noi temperanti pernatura e per consuetudine, noi amici di tutti e ne-mici di nessuno, conserviamo studiosamentequella quiete, che stata è sempre il principal finedei desiderj nostri; che troppo infelice sarebbe lacondizione dell'umana generazione, se, ove nascaguerra in un lato, tosto abbiano a sorgere armi edarmati da tutte le terre del mondo. E' deesi darequalche cosa alla umanità, qualche cosa all'inno-cenza, qualche cosa alla giustizia, nè penso cheesse siano ancora del tutto sbandite dalle sceneumane; che se così fosse, invano staremo noi quìa deliberare, e non credo che alcuni pochi canno-ni Veneziani ci potessero salvare. Adunque fattetutte queste considerazioni, ed avuto ad ogni cosariguardo, io porto opinione, che continuando nelpacifico stato nostro, ed abborrendo dal tirare con

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scono la superbia, e fan che l'uomo creda di pote-re più di quello che può. Sono l'armi pericolosesempre al maneggiarsi, e chi le maneggia non sadove sia per riuscire; perchè con esse la prudenzaè muta, e se tu cominci, il futuro non è più in po-testà tua. Certo io non mi fido più del mio avver-sano nelle lusingherìe, nella fede, e nelle promes-se altrui; ma per questo medesimo io non vogliosollecitar le ire dove già la fede è incerta, ed alpostutto meglio è fidarsi di governi ordinati, chedi governi disordinati, ed il fine della lega è spe-gnere un governo disordinato. La lega farallo,perchè lo può fare, e certamente non avrà permale che noi lontani dal campo dove si combatte,noi pacifici da sì lungo tempo, noi temperanti pernatura e per consuetudine, noi amici di tutti e ne-mici di nessuno, conserviamo studiosamentequella quiete, che stata è sempre il principal finedei desiderj nostri; che troppo infelice sarebbe lacondizione dell'umana generazione, se, ove nascaguerra in un lato, tosto abbiano a sorgere armi edarmati da tutte le terre del mondo. E' deesi darequalche cosa alla umanità, qualche cosa all'inno-cenza, qualche cosa alla giustizia, nè penso cheesse siano ancora del tutto sbandite dalle sceneumane; che se così fosse, invano staremo noi quìa deliberare, e non credo che alcuni pochi canno-ni Veneziani ci potessero salvare. Adunque fattetutte queste considerazioni, ed avuto ad ogni cosariguardo, io porto opinione, che continuando nelpacifico stato nostro, ed abborrendo dal tirare con

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preparazioni imprudenti nel dominio Venezianouna guerra di tanto pericolo, nissuna dimostrazio-ne militare si faccia, e si protesti, volere la repub-blica vivere in buono ed amichevole stato conognuno».

Questa orazione del Vallaresso fu udita con grande incli-nazione dalla più parte dei senatori soliti a godersi dalungo tempo le dolcezze della pace. Lo stesso Pesaro,quantunque fosse uomo di molta virtù e di svegliati pen-sieri, si lasciò svolgere dall'eloquenza dell'avversario, evenne nella opinione della neutralità disarmata. Però nefu presa con unanime consenso la deliberazione, solocontraddicendo, come dicesi il Savio di Terra FermaFrancesco Calbo. Da questa prima cagione sorse la rovi-na della repubblica, e se per l'oscurità e l'incertezza de-gli eventi umani non si potrebbe affermare, che il consi-glio contrario l'avrebbe condotta a salvamento, e se ve-ramente era destinato dai cieli ch'ella perisse, certo è al-meno che sarebbe perita onoratamente, e con fine degnodel suo principio.Le medesime deliberazioni fece la repubblica di Genovaper la vicinanza di Francia, per l'integrità dei traffichi, epel timore del re di Sardegna. Avevano gli alleati qual-che più fondata speranza in Corsica. Erasi ridotto inquesta sua antica patria il generale Paoli, richiamatovidall'assemblea constituente: godevasi quietamente il re-stituito seggio, quando uomini feroci misero, sotto nomedi libertà, ogni cosa a soqquadro in Corsica, come l'ave-

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preparazioni imprudenti nel dominio Venezianouna guerra di tanto pericolo, nissuna dimostrazio-ne militare si faccia, e si protesti, volere la repub-blica vivere in buono ed amichevole stato conognuno».

Questa orazione del Vallaresso fu udita con grande incli-nazione dalla più parte dei senatori soliti a godersi dalungo tempo le dolcezze della pace. Lo stesso Pesaro,quantunque fosse uomo di molta virtù e di svegliati pen-sieri, si lasciò svolgere dall'eloquenza dell'avversario, evenne nella opinione della neutralità disarmata. Però nefu presa con unanime consenso la deliberazione, solocontraddicendo, come dicesi il Savio di Terra FermaFrancesco Calbo. Da questa prima cagione sorse la rovi-na della repubblica, e se per l'oscurità e l'incertezza de-gli eventi umani non si potrebbe affermare, che il consi-glio contrario l'avrebbe condotta a salvamento, e se ve-ramente era destinato dai cieli ch'ella perisse, certo è al-meno che sarebbe perita onoratamente, e con fine degnodel suo principio.Le medesime deliberazioni fece la repubblica di Genovaper la vicinanza di Francia, per l'integrità dei traffichi, epel timore del re di Sardegna. Avevano gli alleati qual-che più fondata speranza in Corsica. Erasi ridotto inquesta sua antica patria il generale Paoli, richiamatovidall'assemblea constituente: godevasi quietamente il re-stituito seggio, quando uomini feroci misero, sotto nomedi libertà, ogni cosa a soqquadro in Corsica, come l'ave-

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vano messa in Francia. Sdegnossene Paoli: sepperlo iconfederati. Con lettere e con parole esortatorie lo sti-molarono, non permettesse, che la sua patria fosse predadi uomini sfrenati; si ricordasse del nome suo, avvertis-se, essere i Francesi quelli stessi nemici contro i qualiaveva già sì generosamente combattuto; considerasse,avere allora i medesimi voluto opprimere la libertà delsuo paese con introdurre uno stato civile, ora volervi in-trodurre uno stato disordinato e barbaro; pensasse, quan-to fosse pietoso il liberare da gente crudele popoli cheadoravano il glorioso suo nome; desse mano di nuovo aquelle armi generose, esortasse, levassesi, combattesse;essere in pronto nuova gloria, nuova libertà, nuove be-nedizioni di popoli.Queste insinuazioni già da lungo tempo tentavano l'ani-mo di Paoli, il quale veramente non poteva sopportare lostato nuovo, ma l'importanza del fatto, prima di muover-si, era che l'Inghilterra si chiarisse delle sue intenzioni;perchè senza la presenza delle sue armate nel Mediterra-neo, stante la potenza marittima della Francia, non erada sperarsi che il moto avesse felice fine. Perlochè dicomune consentimento fu deliberato, che si aspettasse laguerra d'Inghilterra: solo intanto si tenessero gli animidisposti. Così la lega era confidente di trovare, ove fossevenuto il tempo, appoggio in Corsica, caso di non pocomomento per l'Inghilterra, e per la sicurezza della Sar-degna, e della stessa Italia.Il re di Sardegna più speciale conforto riceveva oltre il

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vano messa in Francia. Sdegnossene Paoli: sepperlo iconfederati. Con lettere e con parole esortatorie lo sti-molarono, non permettesse, che la sua patria fosse predadi uomini sfrenati; si ricordasse del nome suo, avvertis-se, essere i Francesi quelli stessi nemici contro i qualiaveva già sì generosamente combattuto; considerasse,avere allora i medesimi voluto opprimere la libertà delsuo paese con introdurre uno stato civile, ora volervi in-trodurre uno stato disordinato e barbaro; pensasse, quan-to fosse pietoso il liberare da gente crudele popoli cheadoravano il glorioso suo nome; desse mano di nuovo aquelle armi generose, esortasse, levassesi, combattesse;essere in pronto nuova gloria, nuova libertà, nuove be-nedizioni di popoli.Queste insinuazioni già da lungo tempo tentavano l'ani-mo di Paoli, il quale veramente non poteva sopportare lostato nuovo, ma l'importanza del fatto, prima di muover-si, era che l'Inghilterra si chiarisse delle sue intenzioni;perchè senza la presenza delle sue armate nel Mediterra-neo, stante la potenza marittima della Francia, non erada sperarsi che il moto avesse felice fine. Perlochè dicomune consentimento fu deliberato, che si aspettasse laguerra d'Inghilterra: solo intanto si tenessero gli animidisposti. Così la lega era confidente di trovare, ove fossevenuto il tempo, appoggio in Corsica, caso di non pocomomento per l'Inghilterra, e per la sicurezza della Sar-degna, e della stessa Italia.Il re di Sardegna più speciale conforto riceveva oltre il

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denaro che gli veniva dalla Gran Brettagna, dall'acces-sione della Spagna: era evidente, che quante forze laFrancia avesse mandato alla volta de' monti Pirenei, ditante avrebbe scemato quelle che mandava ver l'Alpi,sicchè Spagna e Piemonte, quantunque lontani, concor-revano, combattendo, ad un medesimo fine. Nè le forzenavali della Spagna erano da disprezzarsi; il che potevadare grandissime comodità sì per difendere i territorjproprj, sì per invadere quei di Francia, se la fortuna simostrasse favorevole.A tutte queste speranze se ne aggiungeva un'altra assaiviva, e quest'era, che presentandosi grossi gli alleati sul-le province meridionali della Francia, vi sarebbero nati afavor loro, e contro l'autorità del governo Parigino, mo-vimenti d'importanza. Ciò massimamente stimolava il redi Sardegna, per quella sua cupidità di trasferire in se ilDelfinato, e la Provenza. L'aspettare che sorgessero no-vità favorevoli alla lega nelle province più vicine allaSpagna ed all'Italia, non era certamente senza fonda-mento. La soppressione dei traffichi nata a cagion dellaguerra vi aveva dato occasione a non poca mala conten-tezza, e le enormità commesse in Parigi, operando nellementi più sane, vi avevano un grandissimo odio concita-to contro i commettitori di tanti scandali. Ai più ferocipoi pareva oggimai troppo lungo, che non si desse manoa far sacco e sangue. Questi nuovi pensieri buoni e catti-vi, massimamente pullulavano in Marsiglia ed in Lione,città grosse, emule a Parigi, ricche per commercio in

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denaro che gli veniva dalla Gran Brettagna, dall'acces-sione della Spagna: era evidente, che quante forze laFrancia avesse mandato alla volta de' monti Pirenei, ditante avrebbe scemato quelle che mandava ver l'Alpi,sicchè Spagna e Piemonte, quantunque lontani, concor-revano, combattendo, ad un medesimo fine. Nè le forzenavali della Spagna erano da disprezzarsi; il che potevadare grandissime comodità sì per difendere i territorjproprj, sì per invadere quei di Francia, se la fortuna simostrasse favorevole.A tutte queste speranze se ne aggiungeva un'altra assaiviva, e quest'era, che presentandosi grossi gli alleati sul-le province meridionali della Francia, vi sarebbero nati afavor loro, e contro l'autorità del governo Parigino, mo-vimenti d'importanza. Ciò massimamente stimolava il redi Sardegna, per quella sua cupidità di trasferire in se ilDelfinato, e la Provenza. L'aspettare che sorgessero no-vità favorevoli alla lega nelle province più vicine allaSpagna ed all'Italia, non era certamente senza fonda-mento. La soppressione dei traffichi nata a cagion dellaguerra vi aveva dato occasione a non poca mala conten-tezza, e le enormità commesse in Parigi, operando nellementi più sane, vi avevano un grandissimo odio concita-to contro i commettitori di tanti scandali. Ai più ferocipoi pareva oggimai troppo lungo, che non si desse manoa far sacco e sangue. Questi nuovi pensieri buoni e catti-vi, massimamente pullulavano in Marsiglia ed in Lione,città grosse, emule a Parigi, ricche per commercio in

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pace, ed ora povere in guerra; e se il nome del re di Sar-degna era molto esoso nella prima, era udito con più be-nigne orecchie nella seconda.Tutte queste disposizioni non s'ignoravano dagli alleati,massime per mezzo della corte di Torino, che usavaun'arte grandissima nell'ispiare, e nell'accordarsi secre-tamente in Savoia ed in Nizza, sì coi magistrati che coicapi dell'esercito. Queste trame parte si sapevano, partesi presumevano dai giacobini. Quindi le mutazioni deicapi dell'esercito erano frequenti, e siccome era rotta edimprovvida la natura loro, così spesso punivano gl'inno-centi ed esaltavano i rei. I supplizj poscia e le confischeproducendo abbominazione nei popoli, operavano, chesempre più quell'aversione che hanno naturalmente iFrancesi contro i forestieri, che vogliono metter mano epiede nelle cose e nelle case loro, si diminuisse, e conlei gli ostacoli alla disegnata invasione; poichè tal era ilterror delle mannaje, che i più preponevano la servitùforestiera alla tirannide cittadina. Ordinavano l'impera-tore e il re di Sardegna in tal modo i pensieri della guer-ra; nuovi reggimenti Tedeschi arrivavano in Piemonte;quelli che appartenevano all'armatura leggiera, comeCroati, Panduri, e simili, atti piuttosto a rubare che acombattere, s'avviavano alle montagne. Gli squadronipiù gravi, e la cavallerìa stanziavano nelle pianure piùvicine. Erano poi sì fattamente ordinati, che le truppePiemontesi, come più pratiche dei luoghi, e più snelle dinatura, guernivano le Alpi; alle quali, come abbiam det-

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pace, ed ora povere in guerra; e se il nome del re di Sar-degna era molto esoso nella prima, era udito con più be-nigne orecchie nella seconda.Tutte queste disposizioni non s'ignoravano dagli alleati,massime per mezzo della corte di Torino, che usavaun'arte grandissima nell'ispiare, e nell'accordarsi secre-tamente in Savoia ed in Nizza, sì coi magistrati che coicapi dell'esercito. Queste trame parte si sapevano, partesi presumevano dai giacobini. Quindi le mutazioni deicapi dell'esercito erano frequenti, e siccome era rotta edimprovvida la natura loro, così spesso punivano gl'inno-centi ed esaltavano i rei. I supplizj poscia e le confischeproducendo abbominazione nei popoli, operavano, chesempre più quell'aversione che hanno naturalmente iFrancesi contro i forestieri, che vogliono metter mano epiede nelle cose e nelle case loro, si diminuisse, e conlei gli ostacoli alla disegnata invasione; poichè tal era ilterror delle mannaje, che i più preponevano la servitùforestiera alla tirannide cittadina. Ordinavano l'impera-tore e il re di Sardegna in tal modo i pensieri della guer-ra; nuovi reggimenti Tedeschi arrivavano in Piemonte;quelli che appartenevano all'armatura leggiera, comeCroati, Panduri, e simili, atti piuttosto a rubare che acombattere, s'avviavano alle montagne. Gli squadronipiù gravi, e la cavallerìa stanziavano nelle pianure piùvicine. Erano poi sì fattamente ordinati, che le truppePiemontesi, come più pratiche dei luoghi, e più snelle dinatura, guernivano le Alpi; alle quali, come abbiam det-

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to, s'accostavano le genti leggieri dell'imperatore, men-tre le genti grosse Austriache, stanziando nei luoghi bas-si, contenevano i popoli, e si tenevano pronte a marciareovunque il nemico avesse riuscito a sboccare. Mandòl'imperatore a reggere l'esercito confederato in Piemonteil generale Devins.Era Devins uomo di buona mente e salito pel valor suodagl'infimi gradi della milizia fino ai supremi, aveva inogni occasione mostrato la sua eccellenza nell'arte dellaguerra.Intanto alcune pratiche segrete si erano appiccate fra lacorte di Torino, e gli aderenti al nome regio in Lione edin Provenza, il cui fine era di accordare i modi che sidovevano usare, perchè i disegni che si macchinavano abeneficio comune avessero la loro esecuzione. E sicco-me si faceva maggior fondamento sui Lionesi, più cen-trali di sito, più vicini alla Germania, fonte e nervo prin-cipale della guerra, e più tenaci di proposito che i Pro-venzali, così coi primi massimamente si tenevano questitrattati. A questo fine uomini confidati andavano segre-tamente da Lione a Torino, e da Torino a Lione. Final-mente quando i negozj si avvicinavano alla conclusione,il signor di Precy, mandato dai Lionesi, andò nascosta-mente egli medesimo a Torino per quivi accordarsi suquanto si trattava: l'imperatore ed il re si offerivano pa-rati a secondare i suoi disegni con le forze loro. Inter-venne Precy a molte consulte; e stantechè egli e Devinsmisuravano le cose non a stregua delle passioni, ma del-

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to, s'accostavano le genti leggieri dell'imperatore, men-tre le genti grosse Austriache, stanziando nei luoghi bas-si, contenevano i popoli, e si tenevano pronte a marciareovunque il nemico avesse riuscito a sboccare. Mandòl'imperatore a reggere l'esercito confederato in Piemonteil generale Devins.Era Devins uomo di buona mente e salito pel valor suodagl'infimi gradi della milizia fino ai supremi, aveva inogni occasione mostrato la sua eccellenza nell'arte dellaguerra.Intanto alcune pratiche segrete si erano appiccate fra lacorte di Torino, e gli aderenti al nome regio in Lione edin Provenza, il cui fine era di accordare i modi che sidovevano usare, perchè i disegni che si macchinavano abeneficio comune avessero la loro esecuzione. E sicco-me si faceva maggior fondamento sui Lionesi, più cen-trali di sito, più vicini alla Germania, fonte e nervo prin-cipale della guerra, e più tenaci di proposito che i Pro-venzali, così coi primi massimamente si tenevano questitrattati. A questo fine uomini confidati andavano segre-tamente da Lione a Torino, e da Torino a Lione. Final-mente quando i negozj si avvicinavano alla conclusione,il signor di Precy, mandato dai Lionesi, andò nascosta-mente egli medesimo a Torino per quivi accordarsi suquanto si trattava: l'imperatore ed il re si offerivano pa-rati a secondare i suoi disegni con le forze loro. Inter-venne Precy a molte consulte; e stantechè egli e Devinsmisuravano le cose non a stregua delle passioni, ma del-

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la verità, così l'uno e l'altro non tardarono ad entrare nel-la medesima opinione. Era il parer loro, che lasciata unaparte dell'esercito sull'Alpi Marittime per tener a bada ilnemico da quelle parti, il principale sforzo sì di Tede-schi che di Piemontesi si dirizzasse contro la Savoia, perquindi marciare a Lione. Nè dubitavano che ove fosserogiunti in quella città, i popoli vicini per la vicinanza, edi Provenzali per la natura loro pronta e vivace, si sareb-bero levati tumultuando alla fama di tanta venuta. Certa-mente disegno nè più conforme agli accidenti, nè di piùprobabile esecuzione non s'era mai concetto di questo;se ne promettevano gli autori effetti certissimi. Ma il reVittorio, mosso da un desiderio più generoso che consi-derato, non vi volle acconsentire. Era egli gravissima-mente sdegnato contro i Savoiardi, siccome quelli cheavevano accettato con amore i Francesi, e che tuttaviagli ajutavano, quanto era in poter loro, di consiglio e diforza. A questo sdegno aggiungeva possente stimolo ilvedere, che le persone più chiare in Savoia per virtù, persapere e per valore, parteggiavano caldamente per laFrancia, levavano soldati, facevano ogni sforzo perchèla nuova signorìa si stabilisse. Amaro fastidio poi glidava quella legione degli Allobrogi ordinata dal medicoDoppet, uomo strano assai, ma di molto ingegno, e nelleopinioni di quei tempi ardentissimo: questa legioneasperava coi fatti il re, ma vieppiù ancora lo asperavacon gli scherni, e per l'eccessive cose che diceva controdi lui; il che alterava a dismisura l'animo di Vittorio.

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la verità, così l'uno e l'altro non tardarono ad entrare nel-la medesima opinione. Era il parer loro, che lasciata unaparte dell'esercito sull'Alpi Marittime per tener a bada ilnemico da quelle parti, il principale sforzo sì di Tede-schi che di Piemontesi si dirizzasse contro la Savoia, perquindi marciare a Lione. Nè dubitavano che ove fosserogiunti in quella città, i popoli vicini per la vicinanza, edi Provenzali per la natura loro pronta e vivace, si sareb-bero levati tumultuando alla fama di tanta venuta. Certa-mente disegno nè più conforme agli accidenti, nè di piùprobabile esecuzione non s'era mai concetto di questo;se ne promettevano gli autori effetti certissimi. Ma il reVittorio, mosso da un desiderio più generoso che consi-derato, non vi volle acconsentire. Era egli gravissima-mente sdegnato contro i Savoiardi, siccome quelli cheavevano accettato con amore i Francesi, e che tuttaviagli ajutavano, quanto era in poter loro, di consiglio e diforza. A questo sdegno aggiungeva possente stimolo ilvedere, che le persone più chiare in Savoia per virtù, persapere e per valore, parteggiavano caldamente per laFrancia, levavano soldati, facevano ogni sforzo perchèla nuova signorìa si stabilisse. Amaro fastidio poi glidava quella legione degli Allobrogi ordinata dal medicoDoppet, uomo strano assai, ma di molto ingegno, e nelleopinioni di quei tempi ardentissimo: questa legioneasperava coi fatti il re, ma vieppiù ancora lo asperavacon gli scherni, e per l'eccessive cose che diceva controdi lui; il che alterava a dismisura l'animo di Vittorio.

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Assai diverso da questo era il procedere dei Nizzardi, iquali più alieni di natura, e forse anco meno propensi alasciarsi volgere, non so se per indole meno buona o pergiudizio più prudente, dalle utopìe dottrinali che girava-no a quei dì, di mala voglia sopportavano il nuovo im-perio, tenevano con rapporti informato l'antico signoreloro, e con bande sparse, ed appostate nei luoghi più op-portuni di quei monti aspri, e difficili, infestavano conti-nuamente i Francesi, e facevan loro tutto quel maggiormale che potevano.Queste inclinazioni considerate dal re Vittorio, solito amisurare le cose più col desiderio che con la prudenza,operarono di modo, che grandissima affezione portandoa' suoi Nizzardi, e concitato a gravissimo sdegno controi Savoiardi, non volle mai udire con pacato animo, chesi desse mano a liberare dalla tirannide Francese prima isecondi, che i primi. Ogni ora gli pareva mill'anni, che isuoi fedeli di Nizza non tornassero al grembo suo, men-tre per castigo sopportava più volentieri, che i popoli diSavoia continuassero a gustare di quanto sapessero iFrancesi, non considerando, ch'ei gli castigava di quantoessi più desideravano. Devins e Precy interposero gran-dissima diligenza per persuadere il loro desiderio al re,ma non avendo potuto vincere la sua ostinazione, si fer-marono in questo pensiero, che, munite le frontiere dellaSavoia con truppe sufficienti per frenar il nemico, ed an-che per ispignersi più oltre secondo le occasioni, si as-saltasse la contea di Nizza col grosso dell'esercito, come

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Assai diverso da questo era il procedere dei Nizzardi, iquali più alieni di natura, e forse anco meno propensi alasciarsi volgere, non so se per indole meno buona o pergiudizio più prudente, dalle utopìe dottrinali che girava-no a quei dì, di mala voglia sopportavano il nuovo im-perio, tenevano con rapporti informato l'antico signoreloro, e con bande sparse, ed appostate nei luoghi più op-portuni di quei monti aspri, e difficili, infestavano conti-nuamente i Francesi, e facevan loro tutto quel maggiormale che potevano.Queste inclinazioni considerate dal re Vittorio, solito amisurare le cose più col desiderio che con la prudenza,operarono di modo, che grandissima affezione portandoa' suoi Nizzardi, e concitato a gravissimo sdegno controi Savoiardi, non volle mai udire con pacato animo, chesi desse mano a liberare dalla tirannide Francese prima isecondi, che i primi. Ogni ora gli pareva mill'anni, che isuoi fedeli di Nizza non tornassero al grembo suo, men-tre per castigo sopportava più volentieri, che i popoli diSavoia continuassero a gustare di quanto sapessero iFrancesi, non considerando, ch'ei gli castigava di quantoessi più desideravano. Devins e Precy interposero gran-dissima diligenza per persuadere il loro desiderio al re,ma non avendo potuto vincere la sua ostinazione, si fer-marono in questo pensiero, che, munite le frontiere dellaSavoia con truppe sufficienti per frenar il nemico, ed an-che per ispignersi più oltre secondo le occasioni, si as-saltasse la contea di Nizza col grosso dell'esercito, come

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prima il tempo avesse condotto la opportunità di tentarla impresa.Questa fu la prima origine, questo il seme delle calamitàinnumerabili, e della variazione di quasi tutte le cose,che poco dopo seguirono. Devins continuamente si la-mentava, che il re di Sardegna gli avesse tolto la occa-sione di far chiaro il suo nome con una onorata e grandevittoria.Mentre tutte queste cose si sollecitavano per gli alleati, iFrancesi pensavano ai modi di resistere alla piena cheveniva loro addosso: le deliberazioni loro parte mirava-no la guerra, parte i negoziati, parte le corruttele. Quan-to alla guerra, si consigliarono di preporre ai due esercitidell'Alpi superiori e delle inferiori, dei quali il primochiamavano dell'Alpi, il secondo d'Italia, un solo gene-rale, acciocchè per l'unità dei pensieri potesse più effica-cemente conseguire il medesimo fine. Siccome poi, par-te per sospetti vani, parte per argomenti veri si eranopersuasi, che alcuni fra i generali loro, come non con-tenti dello stato, o freddamente si adoperavano, o nasco-stamente s'intendevano coi Sardi, così pensarono di daril governo dei due eserciti ad un uomo non solo di pro-vato valore, ma ancora di provata fede. Questi fu il ge-nerale Kellerman, che aveva testè combattuto i Prussianicon molta gloria sulle sponde della Matrona. A questotutte le genti, che per loro si potevano risparmiare per lagrossa guerra che si guerreggiava verso il Reno, manda-vano all'Alpi, per modo che all'aprirsi della stagione

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prima il tempo avesse condotto la opportunità di tentarla impresa.Questa fu la prima origine, questo il seme delle calamitàinnumerabili, e della variazione di quasi tutte le cose,che poco dopo seguirono. Devins continuamente si la-mentava, che il re di Sardegna gli avesse tolto la occa-sione di far chiaro il suo nome con una onorata e grandevittoria.Mentre tutte queste cose si sollecitavano per gli alleati, iFrancesi pensavano ai modi di resistere alla piena cheveniva loro addosso: le deliberazioni loro parte mirava-no la guerra, parte i negoziati, parte le corruttele. Quan-to alla guerra, si consigliarono di preporre ai due esercitidell'Alpi superiori e delle inferiori, dei quali il primochiamavano dell'Alpi, il secondo d'Italia, un solo gene-rale, acciocchè per l'unità dei pensieri potesse più effica-cemente conseguire il medesimo fine. Siccome poi, par-te per sospetti vani, parte per argomenti veri si eranopersuasi, che alcuni fra i generali loro, come non con-tenti dello stato, o freddamente si adoperavano, o nasco-stamente s'intendevano coi Sardi, così pensarono di daril governo dei due eserciti ad un uomo non solo di pro-vato valore, ma ancora di provata fede. Questi fu il ge-nerale Kellerman, che aveva testè combattuto i Prussianicon molta gloria sulle sponde della Matrona. A questotutte le genti, che per loro si potevano risparmiare per lagrossa guerra che si guerreggiava verso il Reno, manda-vano all'Alpi, per modo che all'aprirsi della stagione

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componevano un esercito di cinquanta mila soldati, buo-ni per la disciplina, ottimi pel valore, terribili per la rab-bia. Kellerman, avendosene recato in mano il governo,andò considerando, come la frontiera fosse di troppo piùgrande larghezza, perchè in ogni luogo si potesse difen-dere convenevolmente; e siccome il nemico principal-mente minacciava di prorompere sulle ali estreme, cioèsulla Savoia e su Nizza, così determinossi a porre ilcampo grosso in un sito mezzano, acciocchè fosse ingrado di soccorrere con uguale celerità od al ducato, odalla contea, se l'uno o l'altra corressero pericolo. Questaopportunità offeriva il sito di Tornus posto nella valle diQueiras, per essere a un di presso ugualmente discostoda Nizza e da Ciamberì, non che avesse sfogo d'impor-tanza in cospetto, che anzi non ne aveva a cagione deiluoghi chiusi o precipitosi, ma per quella rispondenzacoi due estremi. Per la qual cosa Kellerman vi pose ilcampo, e vi mandava le genti, le armi, e le vettovaglie;ma la difesa era difficile, perchè gli alleati occupavanotuttavia la sommità dell'Alpi su tutta la frontiera, e pote-vano con facilità e vantaggio calare nelle parti più basse,e cacciarne i Francesi, combattendogli dall'alto. Per ov-viare a questo pericolo il generale Francese dispose conlodevol arte le sue genti nelle valli della Savoia superio-re, che accennano per istrade più facili nell'Italia. Cosìmunì Termignone, e San Giovanni nella Morienna;Moutiers nella Tarantasia, e per maggior sicurezza al-loggiò un grosso corpo a Conflans, dove le due vallidell'Isero e dell'Arco si congiungono. Nell'Alpi maritti-

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componevano un esercito di cinquanta mila soldati, buo-ni per la disciplina, ottimi pel valore, terribili per la rab-bia. Kellerman, avendosene recato in mano il governo,andò considerando, come la frontiera fosse di troppo piùgrande larghezza, perchè in ogni luogo si potesse difen-dere convenevolmente; e siccome il nemico principal-mente minacciava di prorompere sulle ali estreme, cioèsulla Savoia e su Nizza, così determinossi a porre ilcampo grosso in un sito mezzano, acciocchè fosse ingrado di soccorrere con uguale celerità od al ducato, odalla contea, se l'uno o l'altra corressero pericolo. Questaopportunità offeriva il sito di Tornus posto nella valle diQueiras, per essere a un di presso ugualmente discostoda Nizza e da Ciamberì, non che avesse sfogo d'impor-tanza in cospetto, che anzi non ne aveva a cagione deiluoghi chiusi o precipitosi, ma per quella rispondenzacoi due estremi. Per la qual cosa Kellerman vi pose ilcampo, e vi mandava le genti, le armi, e le vettovaglie;ma la difesa era difficile, perchè gli alleati occupavanotuttavia la sommità dell'Alpi su tutta la frontiera, e pote-vano con facilità e vantaggio calare nelle parti più basse,e cacciarne i Francesi, combattendogli dall'alto. Per ov-viare a questo pericolo il generale Francese dispose conlodevol arte le sue genti nelle valli della Savoia superio-re, che accennano per istrade più facili nell'Italia. Cosìmunì Termignone, e San Giovanni nella Morienna;Moutiers nella Tarantasia, e per maggior sicurezza al-loggiò un grosso corpo a Conflans, dove le due vallidell'Isero e dell'Arco si congiungono. Nell'Alpi maritti-

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me, ove i Piemontesi e gli Austriaci insistevano congrandissimo vantaggio, a dritta sul monte di Raus, astanca sulle creste delle Sorgenti, e nel mezzo sulla for-tezza di Saorgio, Kellerman, distendendo l'esercito dallaRoia sino ai fonti della Nembia, aveva munito tutte lecime accessibili delle montagne, e posto il campo dimezzo sul monte Fogasso. Quanto all'ala sua sinistra,dove il pericolo era maggiore per la facilità dei varchi, eper la vicinanza della città di Nizza, alla quale principal-mente miravano gli alleati, oltre le stanze solite, avevacollocato un grosso squadrone, come squadra di riscos-sa, sul monte Boletto.Questi erano i preparamenti guerrieri di Francia; le artipolitiche furono le seguenti. Tentarono la Porta Ottoma-na affinchè si aderisse alla repubblica contro l'Austria econtro Venezia, ma fu senza frutto. Tentarono Venezia,promettendole grossi e pronti ajuti, ed ingrandimento distato a pregiudizio dell'imperatore. Ma i tentativi di Co-stantinopoli mettevano sospetto, lo stato disordinato del-la Francia non dava confidenza, l'Austria sì vicina, sìpotente, e già penetrata pel passo concesso quasi dentroalle viscere della repubblica recava timore, e quel perpe-tuo pagar lo scotto dei minori, quando si mescolano nel-le differenze fra i maggiori, teneva gli animi sospesi, elontani dall'entrar in un mare di tanto pericolo. Perseve-rò adunque il senato nella neutralità, offerendo ai Fran-cesi quelle medesime agevolezze negli stati Veneti, cheerano state concedute alle potenze confederate.

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me, ove i Piemontesi e gli Austriaci insistevano congrandissimo vantaggio, a dritta sul monte di Raus, astanca sulle creste delle Sorgenti, e nel mezzo sulla for-tezza di Saorgio, Kellerman, distendendo l'esercito dallaRoia sino ai fonti della Nembia, aveva munito tutte lecime accessibili delle montagne, e posto il campo dimezzo sul monte Fogasso. Quanto all'ala sua sinistra,dove il pericolo era maggiore per la facilità dei varchi, eper la vicinanza della città di Nizza, alla quale principal-mente miravano gli alleati, oltre le stanze solite, avevacollocato un grosso squadrone, come squadra di riscos-sa, sul monte Boletto.Questi erano i preparamenti guerrieri di Francia; le artipolitiche furono le seguenti. Tentarono la Porta Ottoma-na affinchè si aderisse alla repubblica contro l'Austria econtro Venezia, ma fu senza frutto. Tentarono Venezia,promettendole grossi e pronti ajuti, ed ingrandimento distato a pregiudizio dell'imperatore. Ma i tentativi di Co-stantinopoli mettevano sospetto, lo stato disordinato del-la Francia non dava confidenza, l'Austria sì vicina, sìpotente, e già penetrata pel passo concesso quasi dentroalle viscere della repubblica recava timore, e quel perpe-tuo pagar lo scotto dei minori, quando si mescolano nel-le differenze fra i maggiori, teneva gli animi sospesi, elontani dall'entrar in un mare di tanto pericolo. Perseve-rò adunque il senato nella neutralità, offerendo ai Fran-cesi quelle medesime agevolezze negli stati Veneti, cheerano state concedute alle potenze confederate.

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Parte principalissima della lega, tra per la forza de' suoieserciti, e per la situazione del suo dominio, era certa-mente il re di Sardegna. Adunque i capi del governoFrancese assai volentieri piegarono l'animo a pruovare,se potessero con promesse guadagnarsi la sua amicizia.A questo fine furono introdotti alcuni negoziati segretitra un agente di Robespierre per parte della Francia, edil conte Viretti per parte del re. Aveva il conte Virettigrande introduzione in tutte le faccende importanti, ben-chè di governare le cose di stato avesse piccolo intendi-mento. Ricercava Robespierre il re, che si alienassedall'amicizia dell'imperatore, cedesse Savoia e Nizza,desse il transito libero all'esercito di Francia, unisse lesue armi a quelle della repubblica, od almeno se ne stes-se neutrale, purchè solo desse il passo. Prometteva poiche gli sarebbero assicurati gli stati, e quanto si conqui-stasse in Italia a danni dell'imperatore. A questo aggiun-geva, che se il re consentisse a cedere la Sardegna allaFrancia, gli sarebbe dato in compenso lo stato di Geno-va, e che ogni giorno più apparirebbero dimostrazionievidenti dell'amicizia della repubblica verso di lui. Il re,che era animoso, e sapeva anche del cavalleresco, nonvolle mai udire pazientemente le proposte di fare colle-gazione con Francia, nè accettare le speranze che gli siproponevano, aggiungendo parole, certo molto prudenti,che non si voleva fidar dei giacobini. Così rifiutati deltutto i consigli quieti, sorse più ardente l'inclinazionealla guerra.

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Parte principalissima della lega, tra per la forza de' suoieserciti, e per la situazione del suo dominio, era certa-mente il re di Sardegna. Adunque i capi del governoFrancese assai volentieri piegarono l'animo a pruovare,se potessero con promesse guadagnarsi la sua amicizia.A questo fine furono introdotti alcuni negoziati segretitra un agente di Robespierre per parte della Francia, edil conte Viretti per parte del re. Aveva il conte Virettigrande introduzione in tutte le faccende importanti, ben-chè di governare le cose di stato avesse piccolo intendi-mento. Ricercava Robespierre il re, che si alienassedall'amicizia dell'imperatore, cedesse Savoia e Nizza,desse il transito libero all'esercito di Francia, unisse lesue armi a quelle della repubblica, od almeno se ne stes-se neutrale, purchè solo desse il passo. Prometteva poiche gli sarebbero assicurati gli stati, e quanto si conqui-stasse in Italia a danni dell'imperatore. A questo aggiun-geva, che se il re consentisse a cedere la Sardegna allaFrancia, gli sarebbe dato in compenso lo stato di Geno-va, e che ogni giorno più apparirebbero dimostrazionievidenti dell'amicizia della repubblica verso di lui. Il re,che era animoso, e sapeva anche del cavalleresco, nonvolle mai udire pazientemente le proposte di fare colle-gazione con Francia, nè accettare le speranze che gli siproponevano, aggiungendo parole, certo molto prudenti,che non si voleva fidar dei giacobini. Così rifiutati deltutto i consigli quieti, sorse più ardente l'inclinazionealla guerra.

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Mentre così andavano i repubblicani di Francia lusin-gando i potentati d'Italia per conciliarsi l'amicizia loro,non cessavano per uomini a posta e per mezzo dei lorogiornali, che pure malgrado della vigilanza dei governiad interrompergli, s'insinuavano nascostamente in ogniluogo, a spargere mali semi nei popoli, con invasarglidell'amore della libertà, e con incitargli a levarsi dal col-lo il giogo degli antichi signori. Queste instigazioni nonrestavano senza effetto, perchè di quella libertà nellalontana Italia si vedevano soltanto le parole, e non benese ne conoscevano i fatti. Le parti nascevano, le settemacchinavano accordi, le fazioni tumulti. Ma non fiasenza utilità il particolarizzare gli umori che correvano aquei tempi in Italia, acciocchè i posteri possano distin-guere i buoni dai tristi, conoscere i grandi inganni, e de-plorare le debolezze fatali. Adunque in primo luogo gliuomini si erano generalmente divisi in due parti, quelliche parteggiavano pei governi vecchi, detestando le no-vità, e quelli che parteggiando pei Francesi desiderava-no mutazioni nello stato. Fra i primi alcuni così opina-vano per fedeltà, alcuni per superbia, alcuni per interes-se. Erano i fedeli i più numerosi, fra i quali chi per tene-rezza verso le famiglie regnanti, e questi erano pochi,chi per bontà di giudizio o per esperienza delle azioniumane, il numero dei quali era più largo, e chi finalmen-te per consuetudine, e questi erano i più. Fra i superbiosservavansi principalmente i nobili, che temevano diperdere in uno stato popolare l'autorità ed il credito loro.Tra questi, oltre i nobili, mescolavansi anche non pochi

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Mentre così andavano i repubblicani di Francia lusin-gando i potentati d'Italia per conciliarsi l'amicizia loro,non cessavano per uomini a posta e per mezzo dei lorogiornali, che pure malgrado della vigilanza dei governiad interrompergli, s'insinuavano nascostamente in ogniluogo, a spargere mali semi nei popoli, con invasarglidell'amore della libertà, e con incitargli a levarsi dal col-lo il giogo degli antichi signori. Queste instigazioni nonrestavano senza effetto, perchè di quella libertà nellalontana Italia si vedevano soltanto le parole, e non benese ne conoscevano i fatti. Le parti nascevano, le settemacchinavano accordi, le fazioni tumulti. Ma non fiasenza utilità il particolarizzare gli umori che correvano aquei tempi in Italia, acciocchè i posteri possano distin-guere i buoni dai tristi, conoscere i grandi inganni, e de-plorare le debolezze fatali. Adunque in primo luogo gliuomini si erano generalmente divisi in due parti, quelliche parteggiavano pei governi vecchi, detestando le no-vità, e quelli che parteggiando pei Francesi desiderava-no mutazioni nello stato. Fra i primi alcuni così opina-vano per fedeltà, alcuni per superbia, alcuni per interes-se. Erano i fedeli i più numerosi, fra i quali chi per tene-rezza verso le famiglie regnanti, e questi erano pochi,chi per bontà di giudizio o per esperienza delle azioniumane, il numero dei quali era più largo, e chi finalmen-te per consuetudine, e questi erano i più. Fra i superbiosservavansi principalmente i nobili, che temevano diperdere in uno stato popolare l'autorità ed il credito loro.Tra questi, oltre i nobili, mescolavansi anche non pochi

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popolani che volevano diventar nobili, od almeno tenerei magistrati. Per interesse poi abborrivano lo stato nuovotutti coloro che vivevano del vecchio, e questi erano nu-merosissimi: a costoro poco importava la equalità o lanon equalità, la libertà o la tirannide, solo che si godes-sero, o sperassero gli stipendj. Si aggiungevano i prelatiricchi ed oziosi, per interesse, i preti popolari e buoni,per amor della religione. In tutti poi operava una avver-sione antica contro i Francesi, nata per opera dei governiItaliani sempre sospettosi della potenza di quella nazio-ne, e del suo appetito di aver signorìa in Italia.Di tutti quelli che fino a qui siamo andati descrivendo,alcuni erano utili ai governi, alcuni disutili, alcuni dan-nosi. Gli utili erano gli uomini intelligenti di stato, epratichi del mondo, i quali ajutavano i principi coi buoniconsigli. Utilissimi erano poi i preti popolari, ed i popolida loro ammaestrati. Solo si sarebbe desiderato cheavessero usato maggior temperanza nel dire, perchè ma-gnificando di soverchio le cose di Francia, scemavanoappresso a molti fede alle parole loro, ed operavano chenon credessero loro neanco la verità.I disutili apparivano gli amatori teneri delle personeprincipesche, soliti ad adulare nella fortuna prospera, eda piangere nell'avversa.I dannosi erano i nobili ed i prelati ambiziosi, i qualicredevano di render più sicuro lo stato loro coll'esage-rarlo, e si proponevano di far argomento di gran fiducia

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popolani che volevano diventar nobili, od almeno tenerei magistrati. Per interesse poi abborrivano lo stato nuovotutti coloro che vivevano del vecchio, e questi erano nu-merosissimi: a costoro poco importava la equalità o lanon equalità, la libertà o la tirannide, solo che si godes-sero, o sperassero gli stipendj. Si aggiungevano i prelatiricchi ed oziosi, per interesse, i preti popolari e buoni,per amor della religione. In tutti poi operava una avver-sione antica contro i Francesi, nata per opera dei governiItaliani sempre sospettosi della potenza di quella nazio-ne, e del suo appetito di aver signorìa in Italia.Di tutti quelli che fino a qui siamo andati descrivendo,alcuni erano utili ai governi, alcuni disutili, alcuni dan-nosi. Gli utili erano gli uomini intelligenti di stato, epratichi del mondo, i quali ajutavano i principi coi buoniconsigli. Utilissimi erano poi i preti popolari, ed i popolida loro ammaestrati. Solo si sarebbe desiderato cheavessero usato maggior temperanza nel dire, perchè ma-gnificando di soverchio le cose di Francia, scemavanoappresso a molti fede alle parole loro, ed operavano chenon credessero loro neanco la verità.I disutili apparivano gli amatori teneri delle personeprincipesche, soliti ad adulare nella fortuna prospera, eda piangere nell'avversa.I dannosi erano i nobili ed i prelati ambiziosi, i qualicredevano di render più sicuro lo stato loro coll'esage-rarlo, e si proponevano di far argomento di gran fiducia

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con mostrar maggiore insolenza. Il frenargli non parevabuono ai governi, perchè temevano e di alienar coloro,di cui avevano bisogno, e di mostrar debolezza ai popo-li.L'odio di costoro principalmente mirava contro gli uo-mini della condizione mezzana, nei quali supponevanodottrine per lettura, orgoglio per dottrine, autorità colpopolo per contatto. Gli uni chiamavano gli altri igno-ranti, insolenti, tiranni; gli altri chiamavano gli uni am-biziosi, novatori, giacobini, e tra mezzo ad ire sì sfrena-te, non trovando gli animi moderazione, ed introdotta ladiscordia nello stato, si preparava l'adito ai forestieri.Ora per raccontar di coloro che inclinavano ai Francesi,od almeno desideravano, che per opera loro si facesseromutazioni nello stato, diremo, che per la lettura dei libridei filosofi di Francia era sorta una setta di utopisti, iquali siccome benevolenti, ed inesperti di queste passio-ni umane, credevano esser nata una era novella, e prepa-rarsi un secol d'oro. Costoro misurando gli antichi go-verni solamente dal male che avevano in se, e non dalbene, desideravano le riforme. Questa esca aveva colto imigliori, i più generosi uomini, e siccome le speculazio-ni filosofiche, che son vere in astratto, allettavano glianimi, così portavano opinione, che a procurar l'utopìafra gli uomini non si richiedesse altro che recare ad attoquelle speculazioni, persuadendosi, certo con moltasemplicità, che la felicità umana potesse solo, e dovesseconsistere nella verità applicata. Atteso poi che il gover-

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con mostrar maggiore insolenza. Il frenargli non parevabuono ai governi, perchè temevano e di alienar coloro,di cui avevano bisogno, e di mostrar debolezza ai popo-li.L'odio di costoro principalmente mirava contro gli uo-mini della condizione mezzana, nei quali supponevanodottrine per lettura, orgoglio per dottrine, autorità colpopolo per contatto. Gli uni chiamavano gli altri igno-ranti, insolenti, tiranni; gli altri chiamavano gli uni am-biziosi, novatori, giacobini, e tra mezzo ad ire sì sfrena-te, non trovando gli animi moderazione, ed introdotta ladiscordia nello stato, si preparava l'adito ai forestieri.Ora per raccontar di coloro che inclinavano ai Francesi,od almeno desideravano, che per opera loro si facesseromutazioni nello stato, diremo, che per la lettura dei libridei filosofi di Francia era sorta una setta di utopisti, iquali siccome benevolenti, ed inesperti di queste passio-ni umane, credevano esser nata una era novella, e prepa-rarsi un secol d'oro. Costoro misurando gli antichi go-verni solamente dal male che avevano in se, e non dalbene, desideravano le riforme. Questa esca aveva colto imigliori, i più generosi uomini, e siccome le speculazio-ni filosofiche, che son vere in astratto, allettavano glianimi, così portavano opinione, che a procurar l'utopìafra gli uomini non si richiedesse altro che recare ad attoquelle speculazioni, persuadendosi, certo con moltasemplicità, che la felicità umana potesse solo, e dovesseconsistere nella verità applicata. Atteso poi che il gover-

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Page 145: Carlo F. Traverso (ePub) - Liber Liber · siano da accagionarsi di viltà gli scrittori, che di rigore, o di ambizione i principi. Per la qual cosa io, che di maggior libertà nello

no della repubblica pareva loro assai più conforme aquelle dottrine filosofiche, che quello della monarchìa,parteggiavasi generalmente per la repubblica; ognunovoleva essere, ognuno si vantava di esser repubblicano,cioè amatore del governo della repubblica. I Francesiavevano a questi tempi statuito questa maniera di gover-no; il che diè maggior fomento alle nuove opinioni, tro-vando esse appoggio in un fatto, che veduto di lontano,e consuonando coi tempi, pareva molto allettativo. Que-ste radici tanto più facilmente e più profondamente alli-gnavano, quanto più trovavano un terreno bene prepara-to a riceverle ed a farle prosperare, massime in Italia, acagione della memoria delle cose antiche; le storie dellaGrecia e di Roma si riandavano con diligenza, e maravi-gliosamente infiammavano gli animi. Chi voleva esserPericle, chi Aristide, chi Scipione, e di Bruti non v'erapenuria; siccome poi un famoso filosofo Francese avevascritto, che la virtù era la base delle repubbliche, cosìera anche nata la moda della virtù. Certamente non sipuò negare, ed i posteri deonlo sapere (poichè non vo-gliamo, per quanto sta in noi, che le opinioni contamini-no coll'andar dei secoli le virtù), che gli utopisti di queitempi per amicizia, per sincerità, per fede, per costanzad'animo, e per tutte quelle virtù, che alla vita privata siappartengono, non siano stati piuttosto singolari, cherari. Solo errarono, perchè credettero, che le utopìe po-tessero essere di questi tempi, perchè si fidarono di uo-mini infedeli, e perchè supposero virtù in uomini cheerano la sentina de' vizj.

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no della repubblica pareva loro assai più conforme aquelle dottrine filosofiche, che quello della monarchìa,parteggiavasi generalmente per la repubblica; ognunovoleva essere, ognuno si vantava di esser repubblicano,cioè amatore del governo della repubblica. I Francesiavevano a questi tempi statuito questa maniera di gover-no; il che diè maggior fomento alle nuove opinioni, tro-vando esse appoggio in un fatto, che veduto di lontano,e consuonando coi tempi, pareva molto allettativo. Que-ste radici tanto più facilmente e più profondamente alli-gnavano, quanto più trovavano un terreno bene prepara-to a riceverle ed a farle prosperare, massime in Italia, acagione della memoria delle cose antiche; le storie dellaGrecia e di Roma si riandavano con diligenza, e maravi-gliosamente infiammavano gli animi. Chi voleva esserPericle, chi Aristide, chi Scipione, e di Bruti non v'erapenuria; siccome poi un famoso filosofo Francese avevascritto, che la virtù era la base delle repubbliche, cosìera anche nata la moda della virtù. Certamente non sipuò negare, ed i posteri deonlo sapere (poichè non vo-gliamo, per quanto sta in noi, che le opinioni contamini-no coll'andar dei secoli le virtù), che gli utopisti di queitempi per amicizia, per sincerità, per fede, per costanzad'animo, e per tutte quelle virtù, che alla vita privata siappartengono, non siano stati piuttosto singolari, cherari. Solo errarono, perchè credettero, che le utopìe po-tessero essere di questi tempi, perchè si fidarono di uo-mini infedeli, e perchè supposero virtù in uomini cheerano la sentina de' vizj.

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Costoro, così affascinati come erano, offerivano fonda-mento ai disegni dei repubblicani di Francia, perchèavevano molto seguito in Italia; ma fra di loro non tuttipensavano allo stesso modo. I più temperati, ed erano ilmaggior numero, avvisavano, non doversi movere cosaalcuna, ed aspettavano quietamente quello che portasse-ro i tempi. Altri più audaci opinavano, doversi ajutarl'impresa coi fatti; e però s'allegavano, tenevano congre-ghe segrete, ed avevano intelligenze in Francia, proce-dendo a fine di un bene immaginario con modi degni dibiasimo.A tutti questi, come suol avvenire, s'accostavano uominiperversi, i quali celavano rei disegni sotto magnificheparole di virtù, di repubblica, di libertà, d'uguaglianza.Di questi alcuni volevano signoreggiare, altri arricchire;gli avidi, gli ambiziosi eran diventati amici della libertà,e nissun creda che altri mai abbia maggiori dimostrazio-ni fatto d'amor di patria, che costoro facevano. Essi solierano i zelatori, essi i virtuosi, essi i patriotti, ed i poveriutopisti eran chiamati aristocrati; accidenti tutti pieni diun orribil avvenire; imperciocchè non solamente prono-sticavano mutazioni nello stato vecchio, ma ancora mol-to disordine nel nuovo.I buoni utopisti intanto non si svegliavano dal forte son-no, e continuavano nelle loro beatitudini, non che scu-sassero le enormità di Francia, che anzi le detestavano,ma stimavano fra breve dover cessare per far luogo allafelicissima repubblica. Fra loro i migliori, e quelli che

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Costoro, così affascinati come erano, offerivano fonda-mento ai disegni dei repubblicani di Francia, perchèavevano molto seguito in Italia; ma fra di loro non tuttipensavano allo stesso modo. I più temperati, ed erano ilmaggior numero, avvisavano, non doversi movere cosaalcuna, ed aspettavano quietamente quello che portasse-ro i tempi. Altri più audaci opinavano, doversi ajutarl'impresa coi fatti; e però s'allegavano, tenevano congre-ghe segrete, ed avevano intelligenze in Francia, proce-dendo a fine di un bene immaginario con modi degni dibiasimo.A tutti questi, come suol avvenire, s'accostavano uominiperversi, i quali celavano rei disegni sotto magnificheparole di virtù, di repubblica, di libertà, d'uguaglianza.Di questi alcuni volevano signoreggiare, altri arricchire;gli avidi, gli ambiziosi eran diventati amici della libertà,e nissun creda che altri mai abbia maggiori dimostrazio-ni fatto d'amor di patria, che costoro facevano. Essi solierano i zelatori, essi i virtuosi, essi i patriotti, ed i poveriutopisti eran chiamati aristocrati; accidenti tutti pieni diun orribil avvenire; imperciocchè non solamente prono-sticavano mutazioni nello stato vecchio, ma ancora mol-to disordine nel nuovo.I buoni utopisti intanto non si svegliavano dal forte son-no, e continuavano nelle loro beatitudini, non che scu-sassero le enormità di Francia, che anzi le detestavano,ma stimavano fra breve dover cessare per far luogo allafelicissima repubblica. Fra loro i migliori, e quelli che

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non andavano presi alle grida, sapevano che non si pote-va mutar lo stato senza molte calamità, nè ignoravanoche la presenza in Italia di una gente inquieta, non pote-va portar con se se non un diluvio di mali; ma si conso-lavano col pensare che i Francesi, come incostanti,avrebbero finalmente lasciato Italia in balìa propria, econ quel reggimento politico che più si desiderava. Atutto questo si aggiungevano altri stimoli: credevano, igoverni Italiani aver certamente bisogno di riforme, mamolto più ancora credevano, qualunque fosse il modo digoverno che si avesse ad ordinare, che l'Italia abbiso-gnasse di sottrarsi a quell'impotente giogo, a cui era po-sta da tanti secoli, e di risorgere a nuova vita, ed a nuovagrandezza, nel qual pensiero erano infiammatissimi.Spargevano, esser venuto il tempo, che Italia pareggias-se Germania e Francia per potenza, come le pareggiavaper civiltà, e per dottrina; dovere l'Italia moderna asso-migliarsi all'antica; quei governi vieti ed umilianti nonesser pari a tanto disegno, quelli spartimenti di stati es-sere pregiudiziali alla independenza; assai e pur troppoaver corso i forestieri a posta loro l'Italia; doversi final-mente alzar l'animo a più larghi pensieri; ora doverequesta nobile provincia aver tali condizioni, che la spe-ranza della debolezza sua non dia più ai forestieri ardiredi assaltarla; e poichè la libertà comune non si potevaconseguire se non con un rivolgimento totale, così que-sto doversi meglio desiderare che fuggire. A che monta-re mali passeggieri in soggetto di perpetua felicità? Be-nediranno, aggiungevano, benediranno i posteri con in-

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non andavano presi alle grida, sapevano che non si pote-va mutar lo stato senza molte calamità, nè ignoravanoche la presenza in Italia di una gente inquieta, non pote-va portar con se se non un diluvio di mali; ma si conso-lavano col pensare che i Francesi, come incostanti,avrebbero finalmente lasciato Italia in balìa propria, econ quel reggimento politico che più si desiderava. Atutto questo si aggiungevano altri stimoli: credevano, igoverni Italiani aver certamente bisogno di riforme, mamolto più ancora credevano, qualunque fosse il modo digoverno che si avesse ad ordinare, che l'Italia abbiso-gnasse di sottrarsi a quell'impotente giogo, a cui era po-sta da tanti secoli, e di risorgere a nuova vita, ed a nuovagrandezza, nel qual pensiero erano infiammatissimi.Spargevano, esser venuto il tempo, che Italia pareggias-se Germania e Francia per potenza, come le pareggiavaper civiltà, e per dottrina; dovere l'Italia moderna asso-migliarsi all'antica; quei governi vieti ed umilianti nonesser pari a tanto disegno, quelli spartimenti di stati es-sere pregiudiziali alla independenza; assai e pur troppoaver corso i forestieri a posta loro l'Italia; doversi final-mente alzar l'animo a più larghi pensieri; ora doverequesta nobile provincia aver tali condizioni, che la spe-ranza della debolezza sua non dia più ai forestieri ardiredi assaltarla; e poichè la libertà comune non si potevaconseguire se non con un rivolgimento totale, così que-sto doversi meglio desiderare che fuggire. A che monta-re mali passeggieri in soggetto di perpetua felicità? Be-nediranno, aggiungevano, benediranno i posteri con in-

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finite laudi coloro, ai quali non rifuggì l'animo d'incon-trar mille pericoli, di soggettarsi a calamità senza fineper creare un beato vivere all'Italia.Era fra i zelatori di novità una rara spezie; quest'era diecclesiastici di buoni costumi, e di profonda dottrina, iquali nemici alla potenza immoderata dei papi, che chia-mavano usurpata, s'immaginavano, che come in Franciaessa era stata distrutta, così sarebbe in Italia, se i France-si vi ponessero piede. A questi pareva, che il governopopolare politico molto si confacesse con quel governopopolare religioso, che era in uso fra i Cristiani nei tem-pi primitivi della chiesa. Gridavano, essersi accordati ipapi coi re per introdurre la tirannide nello stato e nellachiesa; doversi i popoli accordare per introdurvi la liber-tà con ritirare l'uno e l'altra verso i suoi principj. I giova-ni allievi delle scuole di Pavia e Pistoia avevano, e pro-pagavano queste dottrine. Fra i vecchi poi ve n'erano an-che de' più pertinaci nelle opinioni loro, e questi perl'autorità che avevano grandissima, mettevano divisionefra la gente di chiesa.A tutte queste sette si aggiungeva quella degli ottimati, ovogliam dire, per parlar secondo i tempi, la setta aristo-cratica, la quale avida anch'essa del dominare e nemicaugualmente alla autorità reale ed all'autorità popolare,sperava, che in mezzo alle turbazioni potesse sorgere lasua potenza. Questi settarj avvisavano, che lo stato po-polare si volge sempre all'aristocrazìa, per l'autorità chedanno necessariamente le ricchezze, le dottrine, la espe-

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finite laudi coloro, ai quali non rifuggì l'animo d'incon-trar mille pericoli, di soggettarsi a calamità senza fineper creare un beato vivere all'Italia.Era fra i zelatori di novità una rara spezie; quest'era diecclesiastici di buoni costumi, e di profonda dottrina, iquali nemici alla potenza immoderata dei papi, che chia-mavano usurpata, s'immaginavano, che come in Franciaessa era stata distrutta, così sarebbe in Italia, se i France-si vi ponessero piede. A questi pareva, che il governopopolare politico molto si confacesse con quel governopopolare religioso, che era in uso fra i Cristiani nei tem-pi primitivi della chiesa. Gridavano, essersi accordati ipapi coi re per introdurre la tirannide nello stato e nellachiesa; doversi i popoli accordare per introdurvi la liber-tà con ritirare l'uno e l'altra verso i suoi principj. I giova-ni allievi delle scuole di Pavia e Pistoia avevano, e pro-pagavano queste dottrine. Fra i vecchi poi ve n'erano an-che de' più pertinaci nelle opinioni loro, e questi perl'autorità che avevano grandissima, mettevano divisionefra la gente di chiesa.A tutte queste sette si aggiungeva quella degli ottimati, ovogliam dire, per parlar secondo i tempi, la setta aristo-cratica, la quale avida anch'essa del dominare e nemicaugualmente alla autorità reale ed all'autorità popolare,sperava, che in mezzo alle turbazioni potesse sorgere lasua potenza. Questi settarj avvisavano, che lo stato po-polare si volge sempre all'aristocrazìa, per l'autorità chedanno necessariamente le ricchezze, le dottrine, la espe-

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rienza e la celebrità del nome; e non dubitavano che de-bilitata, o spenta l'autorità reale, e male ordinata quelladel popolo, avesse a nascere l'anarchìa, per fuggir laquale il popolo suol sempre ricorrere all'autorità dei po-chi. Fra questi erano quei nobili massimamente, che,ragguardevoli per ricchezze, e per virtù, non tenevano imagistrati, e se ne vivevano lontani dalle corti. Deside-ravano le novità, ma siccome quelli, che erano astuti epratichi del mondo, ed anche pretendevano dignità adogni proceder loro, non macchinavano, anzi se ne stava-no in disparte ad aspettar quietamente quello, che la for-tuna si cacciasse avanti; imperciocchè non ignoravano,che a chi comincia, sempre mal n'incoglie, e che la ne-cessità senza nissuna cooperazione loro avrebbe indottoil loro dominio. Così costoro nè ajutavano, nè disajuta-vano la potenza reale che pericolava, e aspettavano laloro esaltazione dalla potenza popolare che loro era ne-mica.Tal'era la condizione d'Italia: i buoni esperti volevano laconservazione per previdenza di male, i buoni inespertivolevano le novità per isperanza di bene; i malvagi desi-deravano rivoluzioni per dominare e per succiarsi lo sta-to; il clero stesso parteggiava; dei nobili alcuni erano fe-deli e temperati, altri fedeli ed insolenti, e per l'insolen-ze loro operatori che nascessero male inclinazioni nelpopolo; altri finalmente poco fedeli, ma prudenti, aspet-tavano quietamente le occasioni: in mezzo a tutte questeinclinazioni s'indebolivano continuamente i fondamenti

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rienza e la celebrità del nome; e non dubitavano che de-bilitata, o spenta l'autorità reale, e male ordinata quelladel popolo, avesse a nascere l'anarchìa, per fuggir laquale il popolo suol sempre ricorrere all'autorità dei po-chi. Fra questi erano quei nobili massimamente, che,ragguardevoli per ricchezze, e per virtù, non tenevano imagistrati, e se ne vivevano lontani dalle corti. Deside-ravano le novità, ma siccome quelli, che erano astuti epratichi del mondo, ed anche pretendevano dignità adogni proceder loro, non macchinavano, anzi se ne stava-no in disparte ad aspettar quietamente quello, che la for-tuna si cacciasse avanti; imperciocchè non ignoravano,che a chi comincia, sempre mal n'incoglie, e che la ne-cessità senza nissuna cooperazione loro avrebbe indottoil loro dominio. Così costoro nè ajutavano, nè disajuta-vano la potenza reale che pericolava, e aspettavano laloro esaltazione dalla potenza popolare che loro era ne-mica.Tal'era la condizione d'Italia: i buoni esperti volevano laconservazione per previdenza di male, i buoni inespertivolevano le novità per isperanza di bene; i malvagi desi-deravano rivoluzioni per dominare e per succiarsi lo sta-to; il clero stesso parteggiava; dei nobili alcuni erano fe-deli e temperati, altri fedeli ed insolenti, e per l'insolen-ze loro operatori che nascessero male inclinazioni nelpopolo; altri finalmente poco fedeli, ma prudenti, aspet-tavano quietamente le occasioni: in mezzo a tutte questeinclinazioni s'indebolivano continuamente i fondamenti

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dello stato; pure la massa dei popoli perseverava sana,ed avrebbe potuto essere di grande appoggio a chi aves-se saputo usarla prudentemente, e fortemente.Narrati i preparamenti, le trame, e le speranze d'ambe leparti, ora descriveremo gli accidenti che portò seco lafortuna dell'armi: nella quale trattazione si dovrà semprepor mente, che in quest'anno intenzione dei Francesinon era di farsi strada in Italia per forza, se non nel casoin cui la fortuna avesse loro scoperto occasioni moltofavorevoli; perciò disegnavano di starsene sulla guerradifensiva, mentre dall'altro canto gli alleati volevano adogni modo, usando la offensiva, penetrare nell'internodella Francia.I Francesi, prevedendo una guerra vicina coll'Inghilterrae la Spagna, potenze forti sull'armi navali, e volendousare la breve signorìa che restava loro nel Mediterra-neo, avevano ordinato una spedizione contro l'isola diSardegna. Speravano che qualche moto interiore avreb-be ajutato l'impresa, che era per loro di grand'importan-za, perchè l'avere un rifugio nei porti di Sardegna nelcaso di guerra marittima e di burrasche, era stimato uti-lissimo; poi i fromenti che l'isola produce in abbondan-za, offerivano un opportuno ristoro alle coste della Pro-venza sterili per se stesse, e non sicure per la presenzadei nemici sul mare. A questo dava anche fomento ilconsiderare, che per l'autorità di Paoli, la Corsica sicommoveva contro il governo testè ordinato in Francia.Si argomentava essere necessaria la possessione della

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dello stato; pure la massa dei popoli perseverava sana,ed avrebbe potuto essere di grande appoggio a chi aves-se saputo usarla prudentemente, e fortemente.Narrati i preparamenti, le trame, e le speranze d'ambe leparti, ora descriveremo gli accidenti che portò seco lafortuna dell'armi: nella quale trattazione si dovrà semprepor mente, che in quest'anno intenzione dei Francesinon era di farsi strada in Italia per forza, se non nel casoin cui la fortuna avesse loro scoperto occasioni moltofavorevoli; perciò disegnavano di starsene sulla guerradifensiva, mentre dall'altro canto gli alleati volevano adogni modo, usando la offensiva, penetrare nell'internodella Francia.I Francesi, prevedendo una guerra vicina coll'Inghilterrae la Spagna, potenze forti sull'armi navali, e volendousare la breve signorìa che restava loro nel Mediterra-neo, avevano ordinato una spedizione contro l'isola diSardegna. Speravano che qualche moto interiore avreb-be ajutato l'impresa, che era per loro di grand'importan-za, perchè l'avere un rifugio nei porti di Sardegna nelcaso di guerra marittima e di burrasche, era stimato uti-lissimo; poi i fromenti che l'isola produce in abbondan-za, offerivano un opportuno ristoro alle coste della Pro-venza sterili per se stesse, e non sicure per la presenzadei nemici sul mare. A questo dava anche fomento ilconsiderare, che per l'autorità di Paoli, la Corsica sicommoveva contro il governo testè ordinato in Francia.Si argomentava essere necessaria la possessione della

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Sardegna per conservar quella della Corsica, che già pe-ricolava. Stimolato da questi motivi il governo di Fran-cia avea messo in ordine un'armata nel porto di Tolone,composta di ventidue navi da guerra, fra le quali se nenoveravano diecinove grosse di fila; e per combattere suterra, ed usar le occasioni che si appresentassero, vi ave-va imbarcato seimila soldati atti a combattere nelle bat-taglie stabili di terra. Questa mole guerriera dovevanoseguitare molte navi da carico per imbarcarvi i fromenti,e trasportargli in Francia. Il governo di sì fiorita spedi-zione fu dato all'ammiraglio Truguet: laonde, trovandosiogni cosa in pronto, ed appena giunto l'anno 1793,l'armata Francese salpando da Tolone, se ne veleggiavacon vento prospero verso la Sardegna; vi giunse primadel finir di gennajo, ed il dì ventiquattro del medesimomese pose l'ancora, mostrando un terribile apparato, nelporto di Cagliari; nè ponendo tempo in mezzo, l'ammi-raglio mandò un uffiziale con venti soldati a far la chia-mata alla città. Quì, secondo che narrano gli scrittoriFrancesi più degni di fede, nacque il medesimo caso chegià abbiamo deplorato di Oneglia, cioè che i Sardi, ve-duto avvicinarsi il palischermo sul quale era inalberatala nuova insegna dei tre colori, trassero sì che l'uffiziale,e quattordici soldati restarono morti, e la più parte deglialtri feriti. L'ammiraglio pose mano a fulminare, ed abombardare la piazza con tutto il pondo delle sue arti-glierìe. Nè i difensori se ne stettero oziosi; spesseggian-do coi colpi, e traendo con palle di fuoco contro le naviFrancesi, sostenevano una ferocissima battaglia. Questo

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Sardegna per conservar quella della Corsica, che già pe-ricolava. Stimolato da questi motivi il governo di Fran-cia avea messo in ordine un'armata nel porto di Tolone,composta di ventidue navi da guerra, fra le quali se nenoveravano diecinove grosse di fila; e per combattere suterra, ed usar le occasioni che si appresentassero, vi ave-va imbarcato seimila soldati atti a combattere nelle bat-taglie stabili di terra. Questa mole guerriera dovevanoseguitare molte navi da carico per imbarcarvi i fromenti,e trasportargli in Francia. Il governo di sì fiorita spedi-zione fu dato all'ammiraglio Truguet: laonde, trovandosiogni cosa in pronto, ed appena giunto l'anno 1793,l'armata Francese salpando da Tolone, se ne veleggiavacon vento prospero verso la Sardegna; vi giunse primadel finir di gennajo, ed il dì ventiquattro del medesimomese pose l'ancora, mostrando un terribile apparato, nelporto di Cagliari; nè ponendo tempo in mezzo, l'ammi-raglio mandò un uffiziale con venti soldati a far la chia-mata alla città. Quì, secondo che narrano gli scrittoriFrancesi più degni di fede, nacque il medesimo caso chegià abbiamo deplorato di Oneglia, cioè che i Sardi, ve-duto avvicinarsi il palischermo sul quale era inalberatala nuova insegna dei tre colori, trassero sì che l'uffiziale,e quattordici soldati restarono morti, e la più parte deglialtri feriti. L'ammiraglio pose mano a fulminare, ed abombardare la piazza con tutto il pondo delle sue arti-glierìe. Nè i difensori se ne stettero oziosi; spesseggian-do coi colpi, e traendo con palle di fuoco contro le naviFrancesi, sostenevano una ferocissima battaglia. Questo

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assalto durò tre giorni con poco danno dei Sardi, ma congravissimo dell'armata Francese, della quale una navegrossa arse, e due andarono di traverso. Le altre o rottesconciamente nel corpo, o lacerate negli arredi, a stentopotevano mareggiare. In questo mentre, oltre il presidioche combattè egregiamente, massime i cannonieri, arri-varono i montanari, che già si erano mossi quandodall'alto avevano veduto avvicinarsi l'armata nemica; edora essendo stati distribuiti ai luoghi più opportuni, mi-nacciavano di rincacciare e di uccidere chiunque si at-tentasse di sbarcare; memorabile esempio di fedeltà ci-vile, e di virtù militare. Nè fu inutile l'opera loro, poichèi Francesi, mentre più ardeva la battaglia, avevano postopiede a terra nei luoghi circonvicini, sperando di farmuovere i popoli a favor loro, od almeno, dando diversiriguardi e spartendo le forze nemiche, di far rallentare ladifesa della città, nella quale consisteva tutta l'importan-za del fatto. Ma coloro che sbarcarono o restarono ucci-si, o costretti dai montanari si ricoverarono precipitosa-mente alle navi. Così restò vana la fatica ed il desideriodell'ammiraglio di Francia. Perderono i Francesi in que-sto conflitto circa seicento buoni soldati. Dal canto deiSardi, cinque solamente furono uccisi, pochi feriti. NèCagliari ricevè danno proporzionato a tanto bersaglio;solo i sobborghi situati di sotto e più vicini al mare pati-rono. L'ammiraglio, veduto che gl'isolani, nei quali ave-va posto la principale speranza, non solamente non ave-vano fatto movimento in suo favore, ma ancora avevanovalidamente combattuto contro di lui, disperato

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assalto durò tre giorni con poco danno dei Sardi, ma congravissimo dell'armata Francese, della quale una navegrossa arse, e due andarono di traverso. Le altre o rottesconciamente nel corpo, o lacerate negli arredi, a stentopotevano mareggiare. In questo mentre, oltre il presidioche combattè egregiamente, massime i cannonieri, arri-varono i montanari, che già si erano mossi quandodall'alto avevano veduto avvicinarsi l'armata nemica; edora essendo stati distribuiti ai luoghi più opportuni, mi-nacciavano di rincacciare e di uccidere chiunque si at-tentasse di sbarcare; memorabile esempio di fedeltà ci-vile, e di virtù militare. Nè fu inutile l'opera loro, poichèi Francesi, mentre più ardeva la battaglia, avevano postopiede a terra nei luoghi circonvicini, sperando di farmuovere i popoli a favor loro, od almeno, dando diversiriguardi e spartendo le forze nemiche, di far rallentare ladifesa della città, nella quale consisteva tutta l'importan-za del fatto. Ma coloro che sbarcarono o restarono ucci-si, o costretti dai montanari si ricoverarono precipitosa-mente alle navi. Così restò vana la fatica ed il desideriodell'ammiraglio di Francia. Perderono i Francesi in que-sto conflitto circa seicento buoni soldati. Dal canto deiSardi, cinque solamente furono uccisi, pochi feriti. NèCagliari ricevè danno proporzionato a tanto bersaglio;solo i sobborghi situati di sotto e più vicini al mare pati-rono. L'ammiraglio, veduto che gl'isolani, nei quali ave-va posto la principale speranza, non solamente non ave-vano fatto movimento in suo favore, ma ancora avevanovalidamente combattuto contro di lui, disperato

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dell'evento, si allargò nel mare lontano dalla portata del-le batterìe, quantunque tuttavia stanziasse ancora con lesue navi, così lacere come erano, per qualche tempo nel-le acque del golfo di Cagliari. Ma poco stante, non es-sendo senza sospetto di ammottinamento ne' suoi solda-ti, come suole avvenire nelle disgrazie, e levatasi unafuriosa tempesta, se ne andò di nuovo a porre nel portodi Tolone, dove l'attendevano casi ancor più tremendi.Mentre in tal modo una guerra viva si era accesa e pre-sto spenta sulle coste di Sardegna, le cose della Corsicanon passavano quietamente: la perdita medesimadell'impresa di Cagliari diè fomento a coloro, che scon-tenti del governo di Francia macchinavano di rivolgerelo stato. Mosso dall'odio antico e dall'ingiurie recenti,andava Paoli sollevando ed armando le popolazioni,massimamente nei luoghi montuosi ed inaccessi. Alqual disegno gli preparavano la strada la chiarezza delsuo nome, la venerazione in cui lo avevano i Corsi, leesorbitanze dei repubblicani. Pubblicava, essere oramaivenuto il tempo di levarsi dal collo la superiorità Fran-cese stata sempre intollerabile, ed ora per l'insolita fero-cia diventata intollerabilissima; lo sdegno di tuttal'Europa, e la rabbia interna, che consumava la Francia,aprir l'adito a compire quello che una volta impedirono ifati inesorabili; afferrassero la fortuna propizia, si libe-rassero dai tiranni, acquistassero la independenza, fon-dassero la libertà; bastare quelle anime forti, bastarequei corpi robusti all'onorata impresa, ma per soprappiù

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dell'evento, si allargò nel mare lontano dalla portata del-le batterìe, quantunque tuttavia stanziasse ancora con lesue navi, così lacere come erano, per qualche tempo nel-le acque del golfo di Cagliari. Ma poco stante, non es-sendo senza sospetto di ammottinamento ne' suoi solda-ti, come suole avvenire nelle disgrazie, e levatasi unafuriosa tempesta, se ne andò di nuovo a porre nel portodi Tolone, dove l'attendevano casi ancor più tremendi.Mentre in tal modo una guerra viva si era accesa e pre-sto spenta sulle coste di Sardegna, le cose della Corsicanon passavano quietamente: la perdita medesimadell'impresa di Cagliari diè fomento a coloro, che scon-tenti del governo di Francia macchinavano di rivolgerelo stato. Mosso dall'odio antico e dall'ingiurie recenti,andava Paoli sollevando ed armando le popolazioni,massimamente nei luoghi montuosi ed inaccessi. Alqual disegno gli preparavano la strada la chiarezza delsuo nome, la venerazione in cui lo avevano i Corsi, leesorbitanze dei repubblicani. Pubblicava, essere oramaivenuto il tempo di levarsi dal collo la superiorità Fran-cese stata sempre intollerabile, ed ora per l'insolita fero-cia diventata intollerabilissima; lo sdegno di tuttal'Europa, e la rabbia interna, che consumava la Francia,aprir l'adito a compire quello che una volta impedirono ifati inesorabili; afferrassero la fortuna propizia, si libe-rassero dai tiranni, acquistassero la independenza, fon-dassero la libertà; bastare quelle anime forti, bastarequei corpi robusti all'onorata impresa, ma per soprappiù

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già muoversi in ajuto loro la potente Inghilterra; averel'Inghilterra forza sufficiente per ajutare la libertà d'altri,non sufficiente per opprimerla; cacciassero quei crudelistromenti mandati da una crudelissima assemblea a ta-glieggiare, a decimare la generosa ed innocente Corsica;cacciassero, o tuffassero nel mare i Casabianca, i Salice-ti, gli Arena con tutti gl'infami satelliti loro; già titubarei loro eserciti, già cercar rifugio ai luoghi forti del lido,pronti a salpare, già fuggire dalle terre di Sardegna lavinta armata loro, già a pena trovar ricovero lacera econquassata nel porto di Tolone. Sorgessero adunque, emostrassero al mondo, non essere spenti in loro quei ge-nerosi spiriti, che detestarono una vendita infame, ecombatterono con tanta gloria il compratore.Queste esortazioni fatte da un uomo di tanta autorità, etanto eminente sopra il grado privato, producevano ef-fetti incredibili. Le secondavano col credito e con le per-suasioni coloro, che erano o amatori della libertà, o fa-stiditi della signorìa di Francia, o dipendenti dall'Inghil-terra. I montanari mossi alla voce del mantenitore dellalibertà Corsa, calavano in folla, pronti a combattere sot-to le sue insegne contro gl'intemperanti repubblicani. Lestesse città principali di Corte, e di Ajaccio, mutatol'ordine pubblico, accettavano il nuovo governo, rivoca-vano dal consesso nazionale di Francia i loro deputati,chiamavano Paoli generalissimo delle genti, ribandivanoi fuorusciti, restituivano il clero nella pristina condizio-ne, e fatto un grosso di miladugento soldati bene armati

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già muoversi in ajuto loro la potente Inghilterra; averel'Inghilterra forza sufficiente per ajutare la libertà d'altri,non sufficiente per opprimerla; cacciassero quei crudelistromenti mandati da una crudelissima assemblea a ta-glieggiare, a decimare la generosa ed innocente Corsica;cacciassero, o tuffassero nel mare i Casabianca, i Salice-ti, gli Arena con tutti gl'infami satelliti loro; già titubarei loro eserciti, già cercar rifugio ai luoghi forti del lido,pronti a salpare, già fuggire dalle terre di Sardegna lavinta armata loro, già a pena trovar ricovero lacera econquassata nel porto di Tolone. Sorgessero adunque, emostrassero al mondo, non essere spenti in loro quei ge-nerosi spiriti, che detestarono una vendita infame, ecombatterono con tanta gloria il compratore.Queste esortazioni fatte da un uomo di tanta autorità, etanto eminente sopra il grado privato, producevano ef-fetti incredibili. Le secondavano col credito e con le per-suasioni coloro, che erano o amatori della libertà, o fa-stiditi della signorìa di Francia, o dipendenti dall'Inghil-terra. I montanari mossi alla voce del mantenitore dellalibertà Corsa, calavano in folla, pronti a combattere sot-to le sue insegne contro gl'intemperanti repubblicani. Lestesse città principali di Corte, e di Ajaccio, mutatol'ordine pubblico, accettavano il nuovo governo, rivoca-vano dal consesso nazionale di Francia i loro deputati,chiamavano Paoli generalissimo delle genti, ribandivanoi fuorusciti, restituivano il clero nella pristina condizio-ne, e fatto un grosso di miladugento soldati bene armati

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s'impadronivano delle riposte pubbliche, ed assaltavanole genti della repubblica. I soldati repubblicani sorpresida tanto tumulto, e ad impeto sì improvviso, fatto primaun poco di testa ai luoghi più forti, si ritirarono nellefortezze di Bastìa, e di San Fiorenzo. Era sorta intanto laguerra tra la Gran Brettagna, e la Francia, accidente di sìsupremo momento per ambe le parti. Ne pigliavanonuovi spiriti quei Corsi, che aderivano a Paoli, e detesta-vano il nome di Francia.Intanto per dar forma al governo nuovo, e ricomporquello che il disordine dei popoli tumultuanti avevascomposto, Paoli aveva adunato una consulta, che pro-cedendo secondo i tempi, gli conferiva potestà di farequanto credesse necessario alla conservazione della li-bertà, ed alla salute del popolo. Nel tempo medesimobandiva sotto pena di morte i commissarj di Francia Ca-sabianca, Saliceti ed Arena.Il consesso nazionale, udite queste novità, risentitamen-te deliberando decretava, essere cassa la consulta diCorsica, si arrestasse Paoli, si conducesse alla sbarradell'assemblea, fossero Casabianca, Saliceti ed Arenainvestiti di qualunque suprema facoltà per rinstaurar lostato e castigar i ribelli. Mandarono al general LacombeSaint-Michel, anch'esso rappresentante, come dicevano,del popolo, adunasse prestamente quanti soldati stanzia-li, quante guardie nazionali, quante genti d'armi, e quan-ti marinari abili all'armi potesse, e marciasse contro i ri-belli. Obbediva agli ordini Lacombe; nel medesimo

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s'impadronivano delle riposte pubbliche, ed assaltavanole genti della repubblica. I soldati repubblicani sorpresida tanto tumulto, e ad impeto sì improvviso, fatto primaun poco di testa ai luoghi più forti, si ritirarono nellefortezze di Bastìa, e di San Fiorenzo. Era sorta intanto laguerra tra la Gran Brettagna, e la Francia, accidente di sìsupremo momento per ambe le parti. Ne pigliavanonuovi spiriti quei Corsi, che aderivano a Paoli, e detesta-vano il nome di Francia.Intanto per dar forma al governo nuovo, e ricomporquello che il disordine dei popoli tumultuanti avevascomposto, Paoli aveva adunato una consulta, che pro-cedendo secondo i tempi, gli conferiva potestà di farequanto credesse necessario alla conservazione della li-bertà, ed alla salute del popolo. Nel tempo medesimobandiva sotto pena di morte i commissarj di Francia Ca-sabianca, Saliceti ed Arena.Il consesso nazionale, udite queste novità, risentitamen-te deliberando decretava, essere cassa la consulta diCorsica, si arrestasse Paoli, si conducesse alla sbarradell'assemblea, fossero Casabianca, Saliceti ed Arenainvestiti di qualunque suprema facoltà per rinstaurar lostato e castigar i ribelli. Mandarono al general LacombeSaint-Michel, anch'esso rappresentante, come dicevano,del popolo, adunasse prestamente quanti soldati stanzia-li, quante guardie nazionali, quante genti d'armi, e quan-ti marinari abili all'armi potesse, e marciasse contro i ri-belli. Obbediva agli ordini Lacombe; nel medesimo

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tempo i commissarj del consesso fulminavano con gliscritti e con le parole contro Paoli, e contro coloro che alui si aderivano, gli chiamavano uomini vili, traditoridella patria, prezzolati dall'avara Inghilterra; invitavanole popolazioni a conservarsi in fede, ad accorrere con learmi per assicurare a se non quella contaminata libertàantica, ma la nuova, la sola, la vera, quella che fondataera sui diritti dell'uomo; questa non poter dare, anzi a leiesser nemica l'Inghilterra; sola la Francia difenditricedei dritti eterni, poterla dare; si ricordassero del dolcedominio col quale la Francia le aveva sempre rette, dellafratellanza nata, degl'interessi fatti comuni; conoscereloro la Francia, e sapere con quali termini si potesse vi-vere con lei; non conoscere l'Inghilterra, anzi conoscerlatroppo bene, e sapere esser sempre venditrice così delbene, come del male; quei mercanti superbi, vantatoriessere di una libertà dubbia in casa loro, mantenitoriaperti di una tirannide certa in casa altrui; non soppor-tassero di diventar fautori della tirannide universale, allaquale mirava l'Inghilterra; fossero Francesi, fossero Cor-si, non fossero Inglesi; si ricordassero, che una nuovavia e non mai più udita era aperta al mondo per arrivarealla felicità, e questa tenere la generosa Francia. Ag-giungevano a queste esortazioni parole terribili e gonfie,secondo il solito, minacciando castigo inevitabile, e pri-gioni, e confische, e morti a chi contrastasse. Alcunimossi dall'amore nè del bene nè del male, ma solodall'amor delle parti, che e per antica consuetudine, eper natura tenace dei popoli sono sempre e vive e perpe-

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tempo i commissarj del consesso fulminavano con gliscritti e con le parole contro Paoli, e contro coloro che alui si aderivano, gli chiamavano uomini vili, traditoridella patria, prezzolati dall'avara Inghilterra; invitavanole popolazioni a conservarsi in fede, ad accorrere con learmi per assicurare a se non quella contaminata libertàantica, ma la nuova, la sola, la vera, quella che fondataera sui diritti dell'uomo; questa non poter dare, anzi a leiesser nemica l'Inghilterra; sola la Francia difenditricedei dritti eterni, poterla dare; si ricordassero del dolcedominio col quale la Francia le aveva sempre rette, dellafratellanza nata, degl'interessi fatti comuni; conoscereloro la Francia, e sapere con quali termini si potesse vi-vere con lei; non conoscere l'Inghilterra, anzi conoscerlatroppo bene, e sapere esser sempre venditrice così delbene, come del male; quei mercanti superbi, vantatoriessere di una libertà dubbia in casa loro, mantenitoriaperti di una tirannide certa in casa altrui; non soppor-tassero di diventar fautori della tirannide universale, allaquale mirava l'Inghilterra; fossero Francesi, fossero Cor-si, non fossero Inglesi; si ricordassero, che una nuovavia e non mai più udita era aperta al mondo per arrivarealla felicità, e questa tenere la generosa Francia. Ag-giungevano a queste esortazioni parole terribili e gonfie,secondo il solito, minacciando castigo inevitabile, e pri-gioni, e confische, e morti a chi contrastasse. Alcunimossi dall'amore nè del bene nè del male, ma solodall'amor delle parti, che e per antica consuetudine, eper natura tenace dei popoli sono sempre e vive e perpe-

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tue nelle isole, seguitavano le insegne Francesi. Altri siconducevano alla medesima deliberazione per desideriodi libertà, credendo, che là fosse dove non era, ed altrifinalmente per cupidità di commetter male in mezzo alleturbazioni.Raggranellati questi Corsi, ed adunati, come megliopotè, i suoi soldati, Lacombe era uscito dai forti;dall'altra parte insisteva Paoli con le sue genti colletti-zie. Ne sorgeva tra quelle rupi una guerra minuta e fero-ce, nella quale morivano molti, accusandosi, come suolavvenire nelle guerre civili, le due parti di crudeltà orri-bili, parte vere, parte esagerate. Prevalevano ne' giustiincontri le genti disciplinate di Lacombe, ma nella guer-ra sparsa avevano il vantaggio le genti di Paoli, le qualiavendo le popolazioni amiche, e conoscendo i tragetti,tendevano insidie e facevano sorprese. Non ostante, ilgenerale Francese s'avanzava; già Nusa e Dolmetta era-no venute in poter suo, e già il forte di Farinuolo era sta-to preso d'assalto; già parecchi cantoni più vicini a Cal-vi, ed agli altri luoghi che si tenevano per Paoli, o vintiper forza o spaventati dall'apparenza arresisi, implorava-no la generosità del vincitore; e se non pareva che fossepossibile, che i Francesi sforzassero i Corsi nei luoghialpestri, non si vedeva dall'altro canto come i Corsi po-tessero sforzare i Francesi forti per disciplina e per arti-glierìe, nelle pianure e nelle terre che occupavano sullido.Mentre in cotal modo le sorti della Corsica pendevano

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tue nelle isole, seguitavano le insegne Francesi. Altri siconducevano alla medesima deliberazione per desideriodi libertà, credendo, che là fosse dove non era, ed altrifinalmente per cupidità di commetter male in mezzo alleturbazioni.Raggranellati questi Corsi, ed adunati, come megliopotè, i suoi soldati, Lacombe era uscito dai forti;dall'altra parte insisteva Paoli con le sue genti colletti-zie. Ne sorgeva tra quelle rupi una guerra minuta e fero-ce, nella quale morivano molti, accusandosi, come suolavvenire nelle guerre civili, le due parti di crudeltà orri-bili, parte vere, parte esagerate. Prevalevano ne' giustiincontri le genti disciplinate di Lacombe, ma nella guer-ra sparsa avevano il vantaggio le genti di Paoli, le qualiavendo le popolazioni amiche, e conoscendo i tragetti,tendevano insidie e facevano sorprese. Non ostante, ilgenerale Francese s'avanzava; già Nusa e Dolmetta era-no venute in poter suo, e già il forte di Farinuolo era sta-to preso d'assalto; già parecchi cantoni più vicini a Cal-vi, ed agli altri luoghi che si tenevano per Paoli, o vintiper forza o spaventati dall'apparenza arresisi, implorava-no la generosità del vincitore; e se non pareva che fossepossibile, che i Francesi sforzassero i Corsi nei luoghialpestri, non si vedeva dall'altro canto come i Corsi po-tessero sforzare i Francesi forti per disciplina e per arti-glierìe, nelle pianure e nelle terre che occupavano sullido.Mentre in cotal modo le sorti della Corsica pendevano

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incerte, si scopersero improvvisamente sulle sue costepiù di venti navi Inglesi da guerra le quali facevano ope-ra per intraprendere quelle che si avviavano all'isola.Poscia appoco appoco accostatesi al lido, infestavanocon bombe e con palle i luoghi, che Paoli assaltava dallaparte di terra; poste anche sul lido alcune genti, ed unitecon le schiere di Paoli, rendevano molto difficile la dife-sa ai Francesi. Per la qual cosa Lacombe, abbandonatal'isola, si ritirava a Genova sul principiar di maggio. Ri-manevano in mano dei Francesi Bastìa, Calvi e San Fio-renzo; ma non soprastettero ad entrar sotto la divozionedel vincitore. Così tutta la Corsica dopo di aver obbeditoal freno di Francia lo spazio di venticinque anni, venne,non so se mi debba dire in potestà propria, od in potestàdell'Inghilterra.Cacciati i Francesi dall'isola, vi fu creato un governo permodo di provvisione, che intieramente dipendeva daPaoli, e dalla parte contraria alla Francia; l'autorità deimunicipj fu ordinata secondo le forme antiche. Paolis'accorgeva che questa condizione, siccome transitoria,poteva terminarsi in molte maniere; però desiderava distringere, sì per fare un destino certo alla sua patria, e sìancora per metterla in grado di resistere ai tentativi dellaFrancia sì vicina e sì potente. Da un altro lato era pen-siero dell'Inghilterra, per le medesime ragioni, e per ave-re un piè fermo nell'isola tanto opportuna a' suoi traffi-chi, a' suoi arsenali, ed alla sua potenza, che si venissead un partito determinativo. A questo fine Paoli applicò

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incerte, si scopersero improvvisamente sulle sue costepiù di venti navi Inglesi da guerra le quali facevano ope-ra per intraprendere quelle che si avviavano all'isola.Poscia appoco appoco accostatesi al lido, infestavanocon bombe e con palle i luoghi, che Paoli assaltava dallaparte di terra; poste anche sul lido alcune genti, ed unitecon le schiere di Paoli, rendevano molto difficile la dife-sa ai Francesi. Per la qual cosa Lacombe, abbandonatal'isola, si ritirava a Genova sul principiar di maggio. Ri-manevano in mano dei Francesi Bastìa, Calvi e San Fio-renzo; ma non soprastettero ad entrar sotto la divozionedel vincitore. Così tutta la Corsica dopo di aver obbeditoal freno di Francia lo spazio di venticinque anni, venne,non so se mi debba dire in potestà propria, od in potestàdell'Inghilterra.Cacciati i Francesi dall'isola, vi fu creato un governo permodo di provvisione, che intieramente dipendeva daPaoli, e dalla parte contraria alla Francia; l'autorità deimunicipj fu ordinata secondo le forme antiche. Paolis'accorgeva che questa condizione, siccome transitoria,poteva terminarsi in molte maniere; però desiderava distringere, sì per fare un destino certo alla sua patria, e sìancora per metterla in grado di resistere ai tentativi dellaFrancia sì vicina e sì potente. Da un altro lato era pen-siero dell'Inghilterra, per le medesime ragioni, e per ave-re un piè fermo nell'isola tanto opportuna a' suoi traffi-chi, a' suoi arsenali, ed alla sua potenza, che si venissead un partito determinativo. A questo fine Paoli applicò

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l'animo a sollecitare il re della Gran Brettagna, accioc-chè ordinato un governo libero in Corsica, ne pigliasseprotezione, e il difendesse dagli assalti della Francia;gratissimo suono all'Inghilterra. Da questo seguitaronogli accidenti, che racconteremo nel seguente libro. Lut-tuosa condizione de' tempi, che un Paoli non abbia sapu-to o potuto trovare altro rimedio di sottrarre la sua patriadal giogo della Francia, se non col darla in predaall'Inghilterra; il che dimostra o che Paoli vecchio nonaveva più i medesimi spiriti di Paoli giovane, o che lalunga famigliarità cogl'Inglesi non gli aveva lasciatol'animo intero, o finalmente che la sua parte in Corsicanon era tale, che potesse di per se stessa resistere a quel-la che seguitava il nome di Francia.La guerra sorta coll'Inghilterra e con la Spagna, e le loroarmate, che o già erano giunte, o frappoco si attendeva-no nel Mediterraneo, erano occasione di molesti pensieriai Francesi, che occupavano la contea di Nizza; poichèessendo i Piemontesi signori dei sommi gioghi dell'Alpi,potevano con evidente vantaggio calare, e sboccare adanno loro nei luoghi più bassi, ed unitisi improvvisa-mente con qualche forza di gente Spagnuola od Inglesescesa a terra, cagionar loro qualche notabile pregiudizio.Perchè Brunet che governava a quei tempi l'esercito diNizza, si risolvette a tentar qualche impresa di momentoprima che i confederati si fossero fatti forti nel mari vi-cini. Il fine di questo moto era di cacciare i Piemontesidalle sommità, e prender per se quel vantaggio, che allo-

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l'animo a sollecitare il re della Gran Brettagna, accioc-chè ordinato un governo libero in Corsica, ne pigliasseprotezione, e il difendesse dagli assalti della Francia;gratissimo suono all'Inghilterra. Da questo seguitaronogli accidenti, che racconteremo nel seguente libro. Lut-tuosa condizione de' tempi, che un Paoli non abbia sapu-to o potuto trovare altro rimedio di sottrarre la sua patriadal giogo della Francia, se non col darla in predaall'Inghilterra; il che dimostra o che Paoli vecchio nonaveva più i medesimi spiriti di Paoli giovane, o che lalunga famigliarità cogl'Inglesi non gli aveva lasciatol'animo intero, o finalmente che la sua parte in Corsicanon era tale, che potesse di per se stessa resistere a quel-la che seguitava il nome di Francia.La guerra sorta coll'Inghilterra e con la Spagna, e le loroarmate, che o già erano giunte, o frappoco si attendeva-no nel Mediterraneo, erano occasione di molesti pensieriai Francesi, che occupavano la contea di Nizza; poichèessendo i Piemontesi signori dei sommi gioghi dell'Alpi,potevano con evidente vantaggio calare, e sboccare adanno loro nei luoghi più bassi, ed unitisi improvvisa-mente con qualche forza di gente Spagnuola od Inglesescesa a terra, cagionar loro qualche notabile pregiudizio.Perchè Brunet che governava a quei tempi l'esercito diNizza, si risolvette a tentar qualche impresa di momentoprima che i confederati si fossero fatti forti nel mari vi-cini. Il fine di questo moto era di cacciare i Piemontesidalle sommità, e prender per se quel vantaggio, che allo-

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ra si trovava in mano del nemico. Partitosi adunque sulprincipiar di maggio dalla Scarena, si dirizzava verso imonti. E siccome l'esercito Piemontese era padrone ditutte le creste, così gli fu d'uopo dividere le sue genti inmoltiplici assalti. Dava il governo della dritta al genera-le Dumorbion per assaltare il campo posto sul montePeruzzo, e quel della stanca al generale Serrurier per im-padronirsi del colle di Raus, fazione più importante, epiù difficile delle altre; ma per battere nel medesimotempo i campi intermezzi di Liniere, del Molinetto, edel monte Fogasso, comandava al generale Mioskoskiche si sforzasse di guadagnar quei gioghi aspri e mon-tuosi. Erano i Piemontesi sotto la condotta dei generaliColli, e Dellera; siccome avevano avuto intesa dellamossa del nemico, così se ne stavano apparecchiati perributtarlo. Adunque preparati gli uomini e le armidall'una parte e dall'altra, andavano il dì otto giugno iFrancesi all'assalto con un valore, e con una furia incre-dibile; nè la difficoltà dei luoghi, nè il calore della sta-gione, che era smisurato, nè la tempesta di palle, chefioccavano loro addosso, non gli poterono rattenere, chenon giungessero fin sotto le trincee, con le quali sulsommo dei gioghi si erano i Piemontesi fortificati. Tantofu l'impeto loro, che tutti i posti furono sforzati, salvoquello di Raus, sotto il quale si combatteva ostinatissi-mamente. Arrivarono i repubblicani con un'audacia ine-stimabile fin sotto le bocche dell'artiglierìe Italiane; maquanti arrivavano, tanti erano uccisi. Continuò la batta-glia con molto valore da ambe le parti con poco danno

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ra si trovava in mano del nemico. Partitosi adunque sulprincipiar di maggio dalla Scarena, si dirizzava verso imonti. E siccome l'esercito Piemontese era padrone ditutte le creste, così gli fu d'uopo dividere le sue genti inmoltiplici assalti. Dava il governo della dritta al genera-le Dumorbion per assaltare il campo posto sul montePeruzzo, e quel della stanca al generale Serrurier per im-padronirsi del colle di Raus, fazione più importante, epiù difficile delle altre; ma per battere nel medesimotempo i campi intermezzi di Liniere, del Molinetto, edel monte Fogasso, comandava al generale Mioskoskiche si sforzasse di guadagnar quei gioghi aspri e mon-tuosi. Erano i Piemontesi sotto la condotta dei generaliColli, e Dellera; siccome avevano avuto intesa dellamossa del nemico, così se ne stavano apparecchiati perributtarlo. Adunque preparati gli uomini e le armidall'una parte e dall'altra, andavano il dì otto giugno iFrancesi all'assalto con un valore, e con una furia incre-dibile; nè la difficoltà dei luoghi, nè il calore della sta-gione, che era smisurato, nè la tempesta di palle, chefioccavano loro addosso, non gli poterono rattenere, chenon giungessero fin sotto le trincee, con le quali sulsommo dei gioghi si erano i Piemontesi fortificati. Tantofu l'impeto loro, che tutti i posti furono sforzati, salvoquello di Raus, sotto il quale si combatteva ostinatissi-mamente. Arrivarono i repubblicani con un'audacia ine-stimabile fin sotto le bocche dell'artiglierìe Italiane; maquanti arrivavano, tanti erano uccisi. Continuò la batta-glia con molto valore da ambe le parti con poco danno

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dei Piemontesi, e con gravissimo danno dei Francesi, iquali rinfrescando continuamente con nuovi rinforzi icombattenti, sostenevano quel duro scontro. Ma in que-sto punto i capi regj, veduta l'ostinazione del nemico,mandarono al capitano Zin, piantasse le artiglierìe in ungiogo vicino, e di là lo fulminasse sul fianco. Il qualconsiglio opportuno per se, fu con tanta arte, e con sìgran valore eseguito da Zin, che, percossi i repubblicanidi costa, e raffrenata la temerità loro, abbandonaronoprecipitosamente l'impresa, ritirandosi, e lasciando ifianchi di quelle montagne miseramente cospersi dei ca-daveri dei compagni loro. In questo fatto mostrarono iFrancesi il solito valore impetuoso, e sconsiderato; iPiemontesi, massimamente gli artiglieri, ed il reggimen-to provinciale d'Acqui, che difendeva le trincee di Raus,arte, e costanza. Perdettero i primi in questo fatto me-glio di quattrocento buoni soldati tra morti, feriti e pri-gionieri; negli altri assalti dati in questo medesimo gior-no, circa trecento. Ne perdettero i secondi in tutta lagiornata circa trecento con due cannoni, e molti arnesida guerra. Ma tale era l'importanza del colle di Raus,che i repubblicani, non isbigottitisi all'infelice successodella battaglia degli otto, lo assaltarono di nuovo il dìdodeci dello stesso mese con ben dodeci mila soldati ri-solutissimi a voler vincere. Ma nè il numero, nè il valorloro poterono operar tanto, che non fossero una secondavolta con gravissima perdita risospinti. Così fu conser-vato in poter dei Piemontesi il forte posto di Raus, dalquale intieramente pendevano gli accidenti della guerra

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dei Piemontesi, e con gravissimo danno dei Francesi, iquali rinfrescando continuamente con nuovi rinforzi icombattenti, sostenevano quel duro scontro. Ma in que-sto punto i capi regj, veduta l'ostinazione del nemico,mandarono al capitano Zin, piantasse le artiglierìe in ungiogo vicino, e di là lo fulminasse sul fianco. Il qualconsiglio opportuno per se, fu con tanta arte, e con sìgran valore eseguito da Zin, che, percossi i repubblicanidi costa, e raffrenata la temerità loro, abbandonaronoprecipitosamente l'impresa, ritirandosi, e lasciando ifianchi di quelle montagne miseramente cospersi dei ca-daveri dei compagni loro. In questo fatto mostrarono iFrancesi il solito valore impetuoso, e sconsiderato; iPiemontesi, massimamente gli artiglieri, ed il reggimen-to provinciale d'Acqui, che difendeva le trincee di Raus,arte, e costanza. Perdettero i primi in questo fatto me-glio di quattrocento buoni soldati tra morti, feriti e pri-gionieri; negli altri assalti dati in questo medesimo gior-no, circa trecento. Ne perdettero i secondi in tutta lagiornata circa trecento con due cannoni, e molti arnesida guerra. Ma tale era l'importanza del colle di Raus,che i repubblicani, non isbigottitisi all'infelice successodella battaglia degli otto, lo assaltarono di nuovo il dìdodeci dello stesso mese con ben dodeci mila soldati ri-solutissimi a voler vincere. Ma nè il numero, nè il valorloro poterono operar tanto, che non fossero una secondavolta con gravissima perdita risospinti. Così fu conser-vato in poter dei Piemontesi il forte posto di Raus, dalquale intieramente pendevano gli accidenti della guerra

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in quelle parti. Imperciocchè quel colle soprastava allaestremità del corno sinistro del nemico, per mezzo dellaquale si congiungeva con l'estrema destra dell'esercitodell'Alpi, e pei passi del Viletto accennava alla Bolena;la qual cosa agevolava agl'Italiani l'adito di calarsi versoil Varo, e di mettersi in mezzo tra l'esercito dell'AlpiMarittime, e quello dell'Alpi superiori.La fazione tanto sanguinosa di Raus aveva singolarmen-te raffrenato l'audacia dei repubblicani e dato occasioneagli alleati di sollevar l'animo a più alte imprese. Se nefecero allegrezze in Piemonte, e si argomentava che lafuga di Savoia e di Nizza dalla mala condotta dei capi,non da mancanza di valore nei soldati si doveva ricono-scere.Da un altro lato i repubblicani accusarono i capi loro ditradimento. Kellerman, avute le novelle dei fatti avversiaccaduti nell'Alpi Marittime, si era condotto a Nizza persopravveder le cose, e per mettere in opera quei rimedj,che i tempi richiedessero. Il pericolo maggiore era quel-lo, che l'esercito alleato facendo punta verso il Varo, sificcasse in mezzo, nel qual caso sarebbe stato forza eva-cuare prestamente tutta la contea. Considerato bene iltutto fe' munire accuratamente i posti, che accennavanosulla estremità dell'ala sinistra dell'esercito dell'AlpiMarittime, con porvi nove battaglioni grossi, tra i qualiuno di granatieri, ed alcune compagnie di soldati armatialla leggiera. Guernivano i primi Lantosca, Bolena, eBelvedere lungo la Vesubia, le seconde San Dalmazzo e

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in quelle parti. Imperciocchè quel colle soprastava allaestremità del corno sinistro del nemico, per mezzo dellaquale si congiungeva con l'estrema destra dell'esercitodell'Alpi, e pei passi del Viletto accennava alla Bolena;la qual cosa agevolava agl'Italiani l'adito di calarsi versoil Varo, e di mettersi in mezzo tra l'esercito dell'AlpiMarittime, e quello dell'Alpi superiori.La fazione tanto sanguinosa di Raus aveva singolarmen-te raffrenato l'audacia dei repubblicani e dato occasioneagli alleati di sollevar l'animo a più alte imprese. Se nefecero allegrezze in Piemonte, e si argomentava che lafuga di Savoia e di Nizza dalla mala condotta dei capi,non da mancanza di valore nei soldati si doveva ricono-scere.Da un altro lato i repubblicani accusarono i capi loro ditradimento. Kellerman, avute le novelle dei fatti avversiaccaduti nell'Alpi Marittime, si era condotto a Nizza persopravveder le cose, e per mettere in opera quei rimedj,che i tempi richiedessero. Il pericolo maggiore era quel-lo, che l'esercito alleato facendo punta verso il Varo, sificcasse in mezzo, nel qual caso sarebbe stato forza eva-cuare prestamente tutta la contea. Considerato bene iltutto fe' munire accuratamente i posti, che accennavanosulla estremità dell'ala sinistra dell'esercito dell'AlpiMarittime, con porvi nove battaglioni grossi, tra i qualiuno di granatieri, ed alcune compagnie di soldati armatialla leggiera. Guernivano i primi Lantosca, Bolena, eBelvedere lungo la Vesubia, le seconde San Dalmazzo e

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Duplano, su quei monti che separano la valle della Tineada quella della Vesubia. Il fine che il generale Francesesi proponeva con munire questi luoghi, era di tener aper-te le strade a poter comunicare con le genti che tenevanoil campo di Tornus, per mezzo delle alture della Tinea, enel tempo medesimo di stare all'erta ed in buona guardiadi quanto potesse sopraggiungere dalla valle di Stura perqualche passo dei gioghi sommi, che coronano le Alpida quelle parti, e soprattutto dal colle delle Finestre, pelquale il varco è molto più agevole. Gli dava molto so-spetto un corpo grosso di truppe Sarde ed Austriache,che si era adunato nei contorni di Saluzzo, e poteva indue alloggiamenti condursi sulle alture, che dividono leacque della Stura da quelle della Tinea, ed in tal modotentare con forze preponderanti qualche fatto grave inpregiudizio delle armi Francesi.A rincontro Colli e Dellera avevano fortificato di van-taggio, e munito di genti fresche il colle di Raus, sulquale insisteva l'ala dritta dell'esercito loro, e distenden-dosi su per quelle cime sino al forte di Saorgio avevanosperanza non solamente di resistere, ma ancora di con-seguire qualche onorata vittoria: non che volessero ci-mentare le sorti non ancora mature, ma intendevano condifendere i luoghi commessi alla fede loro, dar tempo aquei disegni importanti, che si maturavano nelle consul-te dei confederati.L'arrivo delle armate Inglesi nel Mediterraneo, dandomaggior animo agli stati d'Italia, che già si erano dichia-

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Duplano, su quei monti che separano la valle della Tineada quella della Vesubia. Il fine che il generale Francesesi proponeva con munire questi luoghi, era di tener aper-te le strade a poter comunicare con le genti che tenevanoil campo di Tornus, per mezzo delle alture della Tinea, enel tempo medesimo di stare all'erta ed in buona guardiadi quanto potesse sopraggiungere dalla valle di Stura perqualche passo dei gioghi sommi, che coronano le Alpida quelle parti, e soprattutto dal colle delle Finestre, pelquale il varco è molto più agevole. Gli dava molto so-spetto un corpo grosso di truppe Sarde ed Austriache,che si era adunato nei contorni di Saluzzo, e poteva indue alloggiamenti condursi sulle alture, che dividono leacque della Stura da quelle della Tinea, ed in tal modotentare con forze preponderanti qualche fatto grave inpregiudizio delle armi Francesi.A rincontro Colli e Dellera avevano fortificato di van-taggio, e munito di genti fresche il colle di Raus, sulquale insisteva l'ala dritta dell'esercito loro, e distenden-dosi su per quelle cime sino al forte di Saorgio avevanosperanza non solamente di resistere, ma ancora di con-seguire qualche onorata vittoria: non che volessero ci-mentare le sorti non ancora mature, ma intendevano condifendere i luoghi commessi alla fede loro, dar tempo aquei disegni importanti, che si maturavano nelle consul-te dei confederati.L'arrivo delle armate Inglesi nel Mediterraneo, dandomaggior animo agli stati d'Italia, che già si erano dichia-

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rati, diede anche occasione di manifestarsi a coloro, chepiù per timore, che per desiderio di neutralità, se n'eranostati fino allora inoperosi ad osservare. Per la qual cosail re di Napoli scoprendosi intieramente, chiudeva i portiai Francesi, e si obbligava a fornire alla lega sei milasoldati, con grosse navi da guerra, e molte minori. Ilpapa medesimamente che aveva causa particolare di te-mere dei Francesi a motivo delle faccende religiose, ar-mava, e prometteva di dar gente; ma Venezia, Genova eToscana persistevano nella neutralità. Però gl'Inglesi perfarle venire ad una deliberazione terminativa, aggiunse-ro alla presenza delle navi i negoziati politici: mostraro-no in questi trattati massimamente con Genova e Tosca-na, tanta arroganza, che già fin d'allora ebbe l'Italia unsaggio, e potè prendere augurio di quello, che le prepa-ravano Inglesi, Tedeschi, e Francesi, cupidissimi tutti dimescolarsi in lei, e di averne il dominio, come se per al-tri fosse creata, e non per se medesima.Un Harvey, ministro d'Inghilterra a Firenze, scriveva aSerristori, ministro del gran duca, sapere tutta l'Europale querele ch'egli aveva fatte per la parzialità mostratadal gran duca a favore della Francia; avere fatto quantoera in poter suo per isvelare a Sua Altezza i pericoli, chele sovrastavano per aver tuttavia comunicazione con unanazione di regicidj, nemica di ogni legge e governo, conuna nazione che distruggeva la religione, che si bruttavale mani nel sangue del suo re, del clero, dei nobili, e ditutti coloro che erano fedeli al re; non ostante avere pre-

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rati, diede anche occasione di manifestarsi a coloro, chepiù per timore, che per desiderio di neutralità, se n'eranostati fino allora inoperosi ad osservare. Per la qual cosail re di Napoli scoprendosi intieramente, chiudeva i portiai Francesi, e si obbligava a fornire alla lega sei milasoldati, con grosse navi da guerra, e molte minori. Ilpapa medesimamente che aveva causa particolare di te-mere dei Francesi a motivo delle faccende religiose, ar-mava, e prometteva di dar gente; ma Venezia, Genova eToscana persistevano nella neutralità. Però gl'Inglesi perfarle venire ad una deliberazione terminativa, aggiunse-ro alla presenza delle navi i negoziati politici: mostraro-no in questi trattati massimamente con Genova e Tosca-na, tanta arroganza, che già fin d'allora ebbe l'Italia unsaggio, e potè prendere augurio di quello, che le prepa-ravano Inglesi, Tedeschi, e Francesi, cupidissimi tutti dimescolarsi in lei, e di averne il dominio, come se per al-tri fosse creata, e non per se medesima.Un Harvey, ministro d'Inghilterra a Firenze, scriveva aSerristori, ministro del gran duca, sapere tutta l'Europale querele ch'egli aveva fatte per la parzialità mostratadal gran duca a favore della Francia; avere fatto quantoera in poter suo per isvelare a Sua Altezza i pericoli, chele sovrastavano per aver tuttavia comunicazione con unanazione di regicidj, nemica di ogni legge e governo, conuna nazione che distruggeva la religione, che si bruttavale mani nel sangue del suo re, del clero, dei nobili, e ditutti coloro che erano fedeli al re; non ostante avere pre-

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valso presso il gran duca i cattivi consiglj, e le pericolo-se massime dei malvagi; volere pertanto lui venirne adeterminazioni vigorose; sapesse adunque il gran duca,che l'ammiraglio Hood aveva comandato, che un'armataInglese con una parte dell'armata Spagnuola sarebberovenute a Livorno per vedere quello, che Sua Altezza vo-lesse farsi; sapesse inoltre Sua Altezza, e ciò l'Harveydichiarare per bocca dell'ammiraglio Hood, e in nomedel re suo signore, che se nel termine di dodici ore ellanon aveva cacciato da' suoi stati de La-Flotte, ministrodi Francia, e gli altri suoi aderenti, l'armata avrebbe as-saltato Livorno. Badasse bene Sua Altezza a quello chesi facesse, poichè il solo mezzo di prevenire l'inimiciziad'Inghilterra era di eseguire puntualmente, e subitoquanto ora le si domandava, cioè cacciasse La-Flotte,rompesse col consesso nazionale, e con quel governo diFrancia, facesse causa comune con gli alleati.Tali furono le minacce del ministro Inglese al gran ducadi Toscana: nel qual favellare si vedono due grandissimeinsolenze; la prima si è quel superbo favellare medesi-mo ad un sovrano indipendente, ad un principe di casaAustriaca; la seconda quel rimproverare, che fa ad altruiun Inglese di aver ucciso un re.Rispose assai rimessamente Serristori, che il gran ducaaveva dato ordine, che La-Flotte, ed i suoi aderenti, cheerano, fra gli altri, due marchesi molto inclinati alle no-vità dei tempi, Chauvelin, e Fougere, se ne partissero diToscana il più presto che fosse possibile; ma non si sco-

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valso presso il gran duca i cattivi consiglj, e le pericolo-se massime dei malvagi; volere pertanto lui venirne adeterminazioni vigorose; sapesse adunque il gran duca,che l'ammiraglio Hood aveva comandato, che un'armataInglese con una parte dell'armata Spagnuola sarebberovenute a Livorno per vedere quello, che Sua Altezza vo-lesse farsi; sapesse inoltre Sua Altezza, e ciò l'Harveydichiarare per bocca dell'ammiraglio Hood, e in nomedel re suo signore, che se nel termine di dodici ore ellanon aveva cacciato da' suoi stati de La-Flotte, ministrodi Francia, e gli altri suoi aderenti, l'armata avrebbe as-saltato Livorno. Badasse bene Sua Altezza a quello chesi facesse, poichè il solo mezzo di prevenire l'inimiciziad'Inghilterra era di eseguire puntualmente, e subitoquanto ora le si domandava, cioè cacciasse La-Flotte,rompesse col consesso nazionale, e con quel governo diFrancia, facesse causa comune con gli alleati.Tali furono le minacce del ministro Inglese al gran ducadi Toscana: nel qual favellare si vedono due grandissimeinsolenze; la prima si è quel superbo favellare medesi-mo ad un sovrano indipendente, ad un principe di casaAustriaca; la seconda quel rimproverare, che fa ad altruiun Inglese di aver ucciso un re.Rispose assai rimessamente Serristori, che il gran ducaaveva dato ordine, che La-Flotte, ed i suoi aderenti, cheerano, fra gli altri, due marchesi molto inclinati alle no-vità dei tempi, Chauvelin, e Fougere, se ne partissero diToscana il più presto che fosse possibile; ma non si sco-

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prì quanto all'accostarsi alla lega, ed al romper guerraalla Francia. E come disse, così fece; poichè La-Flotte, eChauvelin, cacciati di Firenze, se ne andarono nello sta-to Veneto per la via di Ferrara; La Fougere si ritrasse aGenova.Le stesse minacce furono fatte, e nel medesimo tempodal ministro Inglese Drake ai Genovesi: assai e pur trop-po aver tollerato, che un Tilly ministro di Francia spar-gesse semi di discordia e di anarchìa tanto nel Genove-sato, quanto nei paesi circonvicini; doversi finalmentepor fine a tanto scandalo; però ei ricercava espressamen-te la repubblica o accettasse l'amicizia dell'Inghilterra,cacciasse Tilly ed i suoi aderenti, desse ricovero alle ar-mate del re nel porto di Genova, ed in tutto si risolvessead ajutare la lega, o altrimenti l'Inghilterra avrebbe trat-tato, come nemica, la repubblica.A queste minacciose ed inconvenienti parole s'aggiunse-ro fatti più minacciosi, e più inconvenienti ancora; im-perciocchè trovandosi la fregata Francese la Modesta astanziare nel porto di Genova, fu improvvisamente assa-lita da due navi Inglesi, che le si erano a questo fine po-ste a lato, e presa con uccisione di non pochi marinari,che vi si trovarono a bordo.Parve a tutti questo fatto, com'era veramente, di pessimoesempio; e se prima si temevano le insolenze Francesiin uno stato così vicino, ora vieppiù si temevano per laviolata neutralità. In fatti non così tosto si ebbe a Nizza

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prì quanto all'accostarsi alla lega, ed al romper guerraalla Francia. E come disse, così fece; poichè La-Flotte, eChauvelin, cacciati di Firenze, se ne andarono nello sta-to Veneto per la via di Ferrara; La Fougere si ritrasse aGenova.Le stesse minacce furono fatte, e nel medesimo tempodal ministro Inglese Drake ai Genovesi: assai e pur trop-po aver tollerato, che un Tilly ministro di Francia spar-gesse semi di discordia e di anarchìa tanto nel Genove-sato, quanto nei paesi circonvicini; doversi finalmentepor fine a tanto scandalo; però ei ricercava espressamen-te la repubblica o accettasse l'amicizia dell'Inghilterra,cacciasse Tilly ed i suoi aderenti, desse ricovero alle ar-mate del re nel porto di Genova, ed in tutto si risolvessead ajutare la lega, o altrimenti l'Inghilterra avrebbe trat-tato, come nemica, la repubblica.A queste minacciose ed inconvenienti parole s'aggiunse-ro fatti più minacciosi, e più inconvenienti ancora; im-perciocchè trovandosi la fregata Francese la Modesta astanziare nel porto di Genova, fu improvvisamente assa-lita da due navi Inglesi, che le si erano a questo fine po-ste a lato, e presa con uccisione di non pochi marinari,che vi si trovarono a bordo.Parve a tutti questo fatto, com'era veramente, di pessimoesempio; e se prima si temevano le insolenze Francesiin uno stato così vicino, ora vieppiù si temevano per laviolata neutralità. In fatti non così tosto si ebbe a Nizza

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notizia di questo attentato, che i rappresentanti del po-polo Robespierre giovane e Ricard, pubblicarono sde-gnosamente uno scritto, dicendo, che il patto sociale ditutte le nazioni era stato in modo troppo indecente viola-to, che l'atroce fatto commesso nel porto di Genova ver-so i membri della repubblica Francese da uomini, che siqualificavano sudditi del monarca d'Inghilterra, avevaed i diritti delle nazioni oltraggiato, e messo in pericolol'essere dell'umana generazione; che tali fatti detestabiliimportavano a tutti i popoli, principalmente a quel diGenova, che aveva veduto sotto agli occhi suoi questocrimenlese contro la società; che il castigo ne dovevaessere tanto pronto, quanto terribile; e però Genova si ri-solvesse incontanente a voler essere o amica degli ami-ci, o nemica dei nemici della società oltraggiata nellepersone dei repubblicani Francesi; protestavano posciaal popolo Genovese, che se il senato tardasse a risolver-si, ed a punire con giusto ed esemplare castigo gli autoridi un delitto commesso nel suo porto, e sotto le bocchedelle sue artiglierìe, sarebbe stimato ostilità, e la repub-blica avrebbe di per se fatto quanto crederebbe necessa-rio per vendicarsi di una sì orribile violenza.Le medesime acerbe parole fece poco tempo dopoRobespierre maggiore contro Genova favellando alla tri-buna del consesso nazionale.Il governo di Genova trovandosi stretto da due necessi-tà, non sapeva a qual partito appigliarsi. Pure siccome ilnon risolversi era peggio che risolversi, e considerando

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notizia di questo attentato, che i rappresentanti del po-polo Robespierre giovane e Ricard, pubblicarono sde-gnosamente uno scritto, dicendo, che il patto sociale ditutte le nazioni era stato in modo troppo indecente viola-to, che l'atroce fatto commesso nel porto di Genova ver-so i membri della repubblica Francese da uomini, che siqualificavano sudditi del monarca d'Inghilterra, avevaed i diritti delle nazioni oltraggiato, e messo in pericolol'essere dell'umana generazione; che tali fatti detestabiliimportavano a tutti i popoli, principalmente a quel diGenova, che aveva veduto sotto agli occhi suoi questocrimenlese contro la società; che il castigo ne dovevaessere tanto pronto, quanto terribile; e però Genova si ri-solvesse incontanente a voler essere o amica degli ami-ci, o nemica dei nemici della società oltraggiata nellepersone dei repubblicani Francesi; protestavano posciaal popolo Genovese, che se il senato tardasse a risolver-si, ed a punire con giusto ed esemplare castigo gli autoridi un delitto commesso nel suo porto, e sotto le bocchedelle sue artiglierìe, sarebbe stimato ostilità, e la repub-blica avrebbe di per se fatto quanto crederebbe necessa-rio per vendicarsi di una sì orribile violenza.Le medesime acerbe parole fece poco tempo dopoRobespierre maggiore contro Genova favellando alla tri-buna del consesso nazionale.Il governo di Genova trovandosi stretto da due necessi-tà, non sapeva a qual partito appigliarsi. Pure siccome ilnon risolversi era peggio che risolversi, e considerando

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dall'un dei lati, che i Francesi difficilmente sarebberovenuti dalle minacce ai fatti finchè l'Inghilterra avrebbeavuto la signorìa de' mari, a cagione che le coste dellaProvenza non potevano trarre le vettovaglie da altri luo-ghi che dal Genovesato, e finchè ancora gli Austro-Sar-di starebbero forti ai fianchi; dall'altro e quantoall'Inghilterra, che l'assaltar le riviere era per lei di pocomomento, e l'assaltar Genova difficile, e che di più rom-pere la neutralità di Genova era un gettarla in grembo aiFrancesi, ed un aprir loro l'adito nel cuor del Piemonte,il senato deliberò di starsene neutrale, aggiungendo inrisposta, che molto gl'incresceva di non poter deliberarealtrimenti, ma che la necessità dei tempi non ammettevaaltra risoluzione. Quanto poi al fatto della Modesta, sene stette sui generali. Così Genova posta in pericolosofrangente non satisfece dell'effetto nè agli uni, nè aglialtri, e persistette in quello stato, che certo era di mag-giore utilità alla Francia che alla lega; perciò Drakeriempiva di querele tutta Italia contro i Genovesi, chia-mando la prudenza loro timidità Italiana, ed infezioneFrancese. Ma alla deliberazione del senato diede anchefavore il pensare, che forse il popolo non avrebbe tolle-rato senza risentirsi la rottura della pace a cagione deiprofitti grandissimi, che per lui nascevano dalla neutrali-tà.Il senato Veneziano fu nuovamente tentato a questi tem-pi. Era residente in Venezia per parte dell'Inghilterra ilcavaliere Worsley, personaggio non tanto rotto quanto

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dall'un dei lati, che i Francesi difficilmente sarebberovenuti dalle minacce ai fatti finchè l'Inghilterra avrebbeavuto la signorìa de' mari, a cagione che le coste dellaProvenza non potevano trarre le vettovaglie da altri luo-ghi che dal Genovesato, e finchè ancora gli Austro-Sar-di starebbero forti ai fianchi; dall'altro e quantoall'Inghilterra, che l'assaltar le riviere era per lei di pocomomento, e l'assaltar Genova difficile, e che di più rom-pere la neutralità di Genova era un gettarla in grembo aiFrancesi, ed un aprir loro l'adito nel cuor del Piemonte,il senato deliberò di starsene neutrale, aggiungendo inrisposta, che molto gl'incresceva di non poter deliberarealtrimenti, ma che la necessità dei tempi non ammettevaaltra risoluzione. Quanto poi al fatto della Modesta, sene stette sui generali. Così Genova posta in pericolosofrangente non satisfece dell'effetto nè agli uni, nè aglialtri, e persistette in quello stato, che certo era di mag-giore utilità alla Francia che alla lega; perciò Drakeriempiva di querele tutta Italia contro i Genovesi, chia-mando la prudenza loro timidità Italiana, ed infezioneFrancese. Ma alla deliberazione del senato diede anchefavore il pensare, che forse il popolo non avrebbe tolle-rato senza risentirsi la rottura della pace a cagione deiprofitti grandissimi, che per lui nascevano dalla neutrali-tà.Il senato Veneziano fu nuovamente tentato a questi tem-pi. Era residente in Venezia per parte dell'Inghilterra ilcavaliere Worsley, personaggio non tanto rotto quanto

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Harvey e Drake, ma pure intentissimo a procuraregl'interessi dei confederati. Questi, o fosse la natura suapiù temperata, o comando del re, che portasse maggiorrispetto a Venezia più potente, che a Toscana ed a Geno-va più deboli, rappresentò modestamente al senato, fa-vellando piuttosto per modo di consiglio che di richie-sta, considerasse molto bene la repubblica di quantodanno fosse l'avere i Francesi un'ambascerìa a Venezia,fonte e mezzo di trame pericolose ad ogni buon gover-no; che per lei passavano i corrieri e le lettere dirette aturbare l'Oriente; sapersi, che un d'Enin, già stato invia-to a Venezia, ed ora condottosi a Costantinopoli, vi usa-va ogni sforzo con persuasioni lusinghevoli e con offer-te di denaro, per concitare la Porta Ottomana control'Austria e la Russia, acciocchè non potessero correrecon tanto apparato di forze contro la Francia; che d'Eninmedesimo si proponeva, ove non riuscisse a guadagnarsiil Divano, di concitar tumulti ed ingiurie sui confini,massime per mezzo dei Ragusei corrotti per danaro, af-finchè la Porta risentendosi movesse le armi contro larepubblica; che in ciò sperava d'Enin, che assaltata la re-pubblica da nemico sì poderoso, chiamasse, in virtù deltrattati, in ajuto l'imperator di Germania, e che per que-sto si diminuirebbero le forze della lega contro la Fran-cia; che quella medesima ambascerìa in Venezia intrat-teneva male pratiche coi Grigioni, esacerbandoli conti-nuamente per dar loro occasione di muoversi, con ricor-dare l'esclusione data loro dai Veneziani, e la dissoluzio-ne della lega nel 1766; che là passavano i corrieri porta-

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Harvey e Drake, ma pure intentissimo a procuraregl'interessi dei confederati. Questi, o fosse la natura suapiù temperata, o comando del re, che portasse maggiorrispetto a Venezia più potente, che a Toscana ed a Geno-va più deboli, rappresentò modestamente al senato, fa-vellando piuttosto per modo di consiglio che di richie-sta, considerasse molto bene la repubblica di quantodanno fosse l'avere i Francesi un'ambascerìa a Venezia,fonte e mezzo di trame pericolose ad ogni buon gover-no; che per lei passavano i corrieri e le lettere dirette aturbare l'Oriente; sapersi, che un d'Enin, già stato invia-to a Venezia, ed ora condottosi a Costantinopoli, vi usa-va ogni sforzo con persuasioni lusinghevoli e con offer-te di denaro, per concitare la Porta Ottomana control'Austria e la Russia, acciocchè non potessero correrecon tanto apparato di forze contro la Francia; che d'Eninmedesimo si proponeva, ove non riuscisse a guadagnarsiil Divano, di concitar tumulti ed ingiurie sui confini,massime per mezzo dei Ragusei corrotti per danaro, af-finchè la Porta risentendosi movesse le armi contro larepubblica; che in ciò sperava d'Enin, che assaltata la re-pubblica da nemico sì poderoso, chiamasse, in virtù deltrattati, in ajuto l'imperator di Germania, e che per que-sto si diminuirebbero le forze della lega contro la Fran-cia; che quella medesima ambascerìa in Venezia intrat-teneva male pratiche coi Grigioni, esacerbandoli conti-nuamente per dar loro occasione di muoversi, con ricor-dare l'esclusione data loro dai Veneziani, e la dissoluzio-ne della lega nel 1766; che là passavano i corrieri porta-

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tori dei semi pestiferi, là covavano i seminatori degliscandali, là concorrevano gli scapestrati di Francia, edogni bandito dalla patria per opere ree, o per malvageopinioni politiche; che l'ambascerìa era un fomite conti-nuo d'incendio per gli stati Veneti stessi: perchè là veni-vano a rinvergare come a centro comune le lettere, igiornali, e gli uomini perversi tanto di Francia, quantod'Italia. Pregava pertanto, ed esortava caldamente il se-nato, che fosse contento di allontanare da Venezia quellaoccasione di scandali, quella sentina di mali, quella radi-ce di corruttele. Concludeva, che se il senato consentissea licenziare l'ambascerìa, e se vietasse ai Francesi letratte d'armi e di vettovaglie dagli stati della repubblica,sarebbero gli alleati contenti, che nel resto conservassela sua neutralità, e che in caso di guerra dalla parte diFrancia, se gli assicurerebbero gli stati con tutte le forzedella lega; che già fin d'allora gli si offerivano le armated'Inghilterra e di Spagna, ordinato di modo che ne fosse-ro preservati da ogni insulto. Queste parole, terminò di-cendo, porgere lui alla repubblica da parte del re suo si-gnore, che gliene comandò di bocca propria; porgerleper mandato del ministro Pitt; porgerle ancora per man-dato espresso dell'imperatrice di tutte le Russie,dell'imperator d'Austria, e del re di Prussia. Si riscuotes-se adunque, e prendesse quelle deliberazioni, che a tem-pi tanto pericolosi, a richieste tanto efficaci, ad offertetanto generose, ed alla salute stessa della repubblica siconvenivano.

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tori dei semi pestiferi, là covavano i seminatori degliscandali, là concorrevano gli scapestrati di Francia, edogni bandito dalla patria per opere ree, o per malvageopinioni politiche; che l'ambascerìa era un fomite conti-nuo d'incendio per gli stati Veneti stessi: perchè là veni-vano a rinvergare come a centro comune le lettere, igiornali, e gli uomini perversi tanto di Francia, quantod'Italia. Pregava pertanto, ed esortava caldamente il se-nato, che fosse contento di allontanare da Venezia quellaoccasione di scandali, quella sentina di mali, quella radi-ce di corruttele. Concludeva, che se il senato consentissea licenziare l'ambascerìa, e se vietasse ai Francesi letratte d'armi e di vettovaglie dagli stati della repubblica,sarebbero gli alleati contenti, che nel resto conservassela sua neutralità, e che in caso di guerra dalla parte diFrancia, se gli assicurerebbero gli stati con tutte le forzedella lega; che già fin d'allora gli si offerivano le armated'Inghilterra e di Spagna, ordinato di modo che ne fosse-ro preservati da ogni insulto. Queste parole, terminò di-cendo, porgere lui alla repubblica da parte del re suo si-gnore, che gliene comandò di bocca propria; porgerleper mandato del ministro Pitt; porgerle ancora per man-dato espresso dell'imperatrice di tutte le Russie,dell'imperator d'Austria, e del re di Prussia. Si riscuotes-se adunque, e prendesse quelle deliberazioni, che a tem-pi tanto pericolosi, a richieste tanto efficaci, ad offertetanto generose, ed alla salute stessa della repubblica siconvenivano.

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Il senato Veneziano, non mai solito ad appigliarsi a par-titi precipitosi, e credendo che la forza della Francia,quantunque disordinata per la discordia, fosse formida-bile per la rabbia, e capace di fare qualche grande sboc-co in Italia, volendo altresì conservar salvi i traffichi dimare, rispose gravemente, voler serbar intera la neutrali-tà, non poter risolversi a licenziare l'incaricato d'affari diFrancia Jacob, ma che solamente il chiamerebbe incari-cato della nazione Francese, non della repubblica.Worsley non fece altra dimostrazione, e continuò a star-sene in Venezia; dove continuamente biasimava i di-scorsi superbi di Harvey e di Drake al gran duca, ed aGenova.La cupidità del gran mastro dell'ordine di Malta allaguerra non essendo più raffrenata dal timore dei France-si a cagione dell'intervento degl'Inglesi nel Mediterra-neo, prese animo di manifestare più apertamente quello,che già da lungo tempo sentiva rispetto agli affari diFrancia; imperciocchè, recandosi in ciò esortatore il redi Napoli, aveva comandato, che tutti gli agenti Francesise ne uscissero dall'isola, e che i porti fossero chiusi aqualunque nave Francese sì pubblica che privata, finchèdurasse la presente guerra. Avendo poi udito, che und'Eymar mandato dal governo di Francia a risedere qua-le incaricato d'affari a Malta in iscambio del cavaliereCaumont, che continuava a starvi in nome del re Luigi,pubblicò, che non sarebbe mai per accettare nè d'Eymar,nè altra persona che a lui si mandasse da quella repub-

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Il senato Veneziano, non mai solito ad appigliarsi a par-titi precipitosi, e credendo che la forza della Francia,quantunque disordinata per la discordia, fosse formida-bile per la rabbia, e capace di fare qualche grande sboc-co in Italia, volendo altresì conservar salvi i traffichi dimare, rispose gravemente, voler serbar intera la neutrali-tà, non poter risolversi a licenziare l'incaricato d'affari diFrancia Jacob, ma che solamente il chiamerebbe incari-cato della nazione Francese, non della repubblica.Worsley non fece altra dimostrazione, e continuò a star-sene in Venezia; dove continuamente biasimava i di-scorsi superbi di Harvey e di Drake al gran duca, ed aGenova.La cupidità del gran mastro dell'ordine di Malta allaguerra non essendo più raffrenata dal timore dei France-si a cagione dell'intervento degl'Inglesi nel Mediterra-neo, prese animo di manifestare più apertamente quello,che già da lungo tempo sentiva rispetto agli affari diFrancia; imperciocchè, recandosi in ciò esortatore il redi Napoli, aveva comandato, che tutti gli agenti Francesise ne uscissero dall'isola, e che i porti fossero chiusi aqualunque nave Francese sì pubblica che privata, finchèdurasse la presente guerra. Avendo poi udito, che und'Eymar mandato dal governo di Francia a risedere qua-le incaricato d'affari a Malta in iscambio del cavaliereCaumont, che continuava a starvi in nome del re Luigi,pubblicò, che non sarebbe mai per accettare nè d'Eymar,nè altra persona che a lui si mandasse da quella repub-

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blica, ch'ei non doveva, nè poteva, nè voleva conoscere.In cotal modo, essendo sorta la guerra tra la Francia, el'Inghilterra, e comparse le armate Inglesi nel Mediterra-neo, si ravvivavano le speranze dell'Austria e della Sar-degna in Italia, furono serrati ai Francesi tutti i porti delMediterraneo e dell'Adriatico, salvo i Veneziani, ed iGenovesi; s'aggiunsero alle forze della lega quelle dellachiesa e di Napoli, e l'aspettazione degli uomini divennetanto maggiore, quanto più vedevano, che se dall'un de'lati si era cresciuta nuova forza ai confederati, dall'altrocresceva a proporzione la concitazione ed il furore inFrancia.Oggimai si aprivano le occasioni agli accidenti impor-tanti, ai quali da lungo tempo tendevano i consigli deiconfederati rispetto alle provincie meridionali dellaFrancia. La cacciata fatta dal consesso nazionale, e laproscrizione della setta girondina, come la chiamavano,diè cagione a coloro che la seguitavano, ed a coloro cheod amavano la libertà, conculcata dagli sfrenati giacobi-ni, o s'intendevano con gli alleati per rinstaurare il go-verno regio, di collegarsi, di correre all'armi, e di far tu-multi e sollevazioni. Già le città di Bordeaux, di Mon-pellieri e di Nimes tumultuando mostravano con quantosdegno avessero ricevuto le novelle del cacciamento deideputati loro: ma l'importanza del fatto consisteva nellagrossa città di Lione, che era stata la mira di tutte le pra-tiche segrete tenute già da qualche tempo tra i capi dellalega a Torino, ed i capi degli scontenti. Congiuntisi nelle

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blica, ch'ei non doveva, nè poteva, nè voleva conoscere.In cotal modo, essendo sorta la guerra tra la Francia, el'Inghilterra, e comparse le armate Inglesi nel Mediterra-neo, si ravvivavano le speranze dell'Austria e della Sar-degna in Italia, furono serrati ai Francesi tutti i porti delMediterraneo e dell'Adriatico, salvo i Veneziani, ed iGenovesi; s'aggiunsero alle forze della lega quelle dellachiesa e di Napoli, e l'aspettazione degli uomini divennetanto maggiore, quanto più vedevano, che se dall'un de'lati si era cresciuta nuova forza ai confederati, dall'altrocresceva a proporzione la concitazione ed il furore inFrancia.Oggimai si aprivano le occasioni agli accidenti impor-tanti, ai quali da lungo tempo tendevano i consigli deiconfederati rispetto alle provincie meridionali dellaFrancia. La cacciata fatta dal consesso nazionale, e laproscrizione della setta girondina, come la chiamavano,diè cagione a coloro che la seguitavano, ed a coloro cheod amavano la libertà, conculcata dagli sfrenati giacobi-ni, o s'intendevano con gli alleati per rinstaurare il go-verno regio, di collegarsi, di correre all'armi, e di far tu-multi e sollevazioni. Già le città di Bordeaux, di Mon-pellieri e di Nimes tumultuando mostravano con quantosdegno avessero ricevuto le novelle del cacciamento deideputati loro: ma l'importanza del fatto consisteva nellagrossa città di Lione, che era stata la mira di tutte le pra-tiche segrete tenute già da qualche tempo tra i capi dellalega a Torino, ed i capi degli scontenti. Congiuntisi nelle

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sue mura Biroteau, ed alcuni altri capi dei girondini diminor nome, con Precy, commossero all'armi tutta la cit-tà, e pubblicarono manifesti contro la tirannide del con-sesso nazionale. Nè valsero le esortazioni e le minaccedei rappresentanti del popolo e dei generali repubblicania fare che i Lionesi, oramai disposti a volerne venireagli estremi, si ritraessero dalla determinazione loro.Che anzi moltiplicando ogni giorno più negli sdegni, edarmandosi di tutta possa, più s'infierivano, quanto piùerano o lusingati, o minacciati. Nella quale deliberazio-ne vieppiù si confermavano, perchè avevano speranzache prima che i soldati del consesso si fossero raccoltiper combattergli, gli Austriaci ed i Piemontesi sarebberoarrivati in ajuto loro. Confidavano poi eziandìo che iMarsigliesi, che sapevano essersi mossi nel medesimotempo, sarebbero accorsi, siccome ne avrebbero dato in-tenzione. Nè dubitavano che per viaggio eglino avrebbe-ro tirate a se tutte le popolazioni, per guisa che e Lione-si, e Provenzali, e Piemontesi, raccolta insieme tutta lagioventù loro, avrebbero fatto un grande sforzo, a rovinaed a conculcazione degli uomini scelerati, che allorareggevano la Francia. E siccome anche nella Linguado-ca e nella Guienna covavano umori contrarj al consesso,così pareva certa la caduta della repubblica. Quest'eranole speranze dei nemici del consesso da lungo tempo fo-mentate dagli alleati, ed ora giunte al colmo per l'esorbi-tanze dei giacobini, per l'accostamento dell'Inghilterra edella Spagna alla lega, e massimamente per l'arrivodell'armate Inglese e Spagnuola sulle coste della Pro-

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sue mura Biroteau, ed alcuni altri capi dei girondini diminor nome, con Precy, commossero all'armi tutta la cit-tà, e pubblicarono manifesti contro la tirannide del con-sesso nazionale. Nè valsero le esortazioni e le minaccedei rappresentanti del popolo e dei generali repubblicania fare che i Lionesi, oramai disposti a volerne venireagli estremi, si ritraessero dalla determinazione loro.Che anzi moltiplicando ogni giorno più negli sdegni, edarmandosi di tutta possa, più s'infierivano, quanto piùerano o lusingati, o minacciati. Nella quale deliberazio-ne vieppiù si confermavano, perchè avevano speranzache prima che i soldati del consesso si fossero raccoltiper combattergli, gli Austriaci ed i Piemontesi sarebberoarrivati in ajuto loro. Confidavano poi eziandìo che iMarsigliesi, che sapevano essersi mossi nel medesimotempo, sarebbero accorsi, siccome ne avrebbero dato in-tenzione. Nè dubitavano che per viaggio eglino avrebbe-ro tirate a se tutte le popolazioni, per guisa che e Lione-si, e Provenzali, e Piemontesi, raccolta insieme tutta lagioventù loro, avrebbero fatto un grande sforzo, a rovinaed a conculcazione degli uomini scelerati, che allorareggevano la Francia. E siccome anche nella Linguado-ca e nella Guienna covavano umori contrarj al consesso,così pareva certa la caduta della repubblica. Quest'eranole speranze dei nemici del consesso da lungo tempo fo-mentate dagli alleati, ed ora giunte al colmo per l'esorbi-tanze dei giacobini, per l'accostamento dell'Inghilterra edella Spagna alla lega, e massimamente per l'arrivodell'armate Inglese e Spagnuola sulle coste della Pro-

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venza. Acciocchè poi non si urtasse troppo con le opi-nioni, che correvano anche fra coloro che secondavanotutto questo moto, tanto era forte l'invasazione degli spi-riti operata dalle nuove dottrine, si pubblicava dagliscontenti, voler loro solamente resistere alla tirannide diParigi, dagli alleati, volere solamente ridurre le cose alleriforme dell'ottantanove. Così mettendo avanti un pro-posito men odioso, e velando con protestazioni modera-te il vero fine loro con tutto quel fondo di male, che por-terebbe necessariamente con se una tanta mutazione distato in una nazione stimata ribelle, speravano di trovarminor resistenza, e maggior favore nei popoli.Non è proposito nostro il narrare particolarmente l'oppu-gnazione di Lione, che poco tempo dopo seguì, e che fuuno dei fatti più memorabili di quest'anno, sì pel valoree la ostinazione d'ambe le parti, e sì per la immanità deivincitori. Ma come prima i Lionesi erano insorti control'autorità di chi reggeva, i Marsigliesi si erano levati an-cor essi a romore. Impazienti di starsene chiusi fra lemura, e raccolti sotto le insegne in numero assai notabi-le, si dirizzarono al soccorso di Lione. Non avevano iLionesi trovato nei popoli circonvicini quell'aderenza,che avevano sperato. La Savoja parteggiava pel governonuovo; il Delfinato, massime Grenoble, città capitale,non solo parteggiava pel governo medesimo molto cal-damente, ma era anche avversa per gelosìe antiche aLione. Intanto i Marsigliesi si vantavano di esser capacida se soli di vincer l'impresa e di salvar Lione. In fatti

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venza. Acciocchè poi non si urtasse troppo con le opi-nioni, che correvano anche fra coloro che secondavanotutto questo moto, tanto era forte l'invasazione degli spi-riti operata dalle nuove dottrine, si pubblicava dagliscontenti, voler loro solamente resistere alla tirannide diParigi, dagli alleati, volere solamente ridurre le cose alleriforme dell'ottantanove. Così mettendo avanti un pro-posito men odioso, e velando con protestazioni modera-te il vero fine loro con tutto quel fondo di male, che por-terebbe necessariamente con se una tanta mutazione distato in una nazione stimata ribelle, speravano di trovarminor resistenza, e maggior favore nei popoli.Non è proposito nostro il narrare particolarmente l'oppu-gnazione di Lione, che poco tempo dopo seguì, e che fuuno dei fatti più memorabili di quest'anno, sì pel valoree la ostinazione d'ambe le parti, e sì per la immanità deivincitori. Ma come prima i Lionesi erano insorti control'autorità di chi reggeva, i Marsigliesi si erano levati an-cor essi a romore. Impazienti di starsene chiusi fra lemura, e raccolti sotto le insegne in numero assai notabi-le, si dirizzarono al soccorso di Lione. Non avevano iLionesi trovato nei popoli circonvicini quell'aderenza,che avevano sperato. La Savoja parteggiava pel governonuovo; il Delfinato, massime Grenoble, città capitale,non solo parteggiava pel governo medesimo molto cal-damente, ma era anche avversa per gelosìe antiche aLione. Intanto i Marsigliesi si vantavano di esser capacida se soli di vincer l'impresa e di salvar Lione. In fatti

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già avevano varcato il fiume Duranza, e con ischiamaz-zo infinito erano entrati in Avignone. Quivi commessoogni male, già si avviavano verso le regioni superioridel Rodano. A tanto moto si commossero ancora le po-polazioni della bassa Linguadoca; già gl'insorti dei duedipartimenti dell'Arauro e del Gardo si erano fatti padro-ni della cittadella di Santo Spirito, luogo molto impor-tante a cagione del passo del Rodano.Nel tempo medesimo s'incominciavano a colorire i dise-gni degli alleati. I Piemontesi congiunti con qualchenervo di Austriaci erano calati grossi dal monte Cenisio,e dal piccolo San Bernardo a fine d'invadere la Morien-na e la Tarantasia; anzi una parte di quelli che scendeva-no dall'ultimo dei detti monti, avuto il passo per le terredel Vallese, si dirizzavano ad occupare il Faussigny colpensiero di fare spalla all'impresa di Tarantasia, e di ran-nodarsi verso la terra di Conflans per quindi marciare,se la fortuna si mostrasse a tale segno favorevole, sino aLione. Tutte queste genti militavano sotto il governo delduca di Monferrato, figliuolo del re, principe ottimo permente e per costume, e molto amato dai popoli per lanatura sua facile e mansueta.Dall'altra parte il re di Sardegna si era condotto col gros-so dell'esercito nella contea di Nizza, molto confidentedi avere a conseguir presto, con ricuperar un paese ama-to sopra tutti, e che gli era stato occupato da un nemicoodiatissimo, una piena e gloriosa vittoria. Era suo inten-dimento di calarsi per le sponde del Varo a fine di obbli-

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già avevano varcato il fiume Duranza, e con ischiamaz-zo infinito erano entrati in Avignone. Quivi commessoogni male, già si avviavano verso le regioni superioridel Rodano. A tanto moto si commossero ancora le po-polazioni della bassa Linguadoca; già gl'insorti dei duedipartimenti dell'Arauro e del Gardo si erano fatti padro-ni della cittadella di Santo Spirito, luogo molto impor-tante a cagione del passo del Rodano.Nel tempo medesimo s'incominciavano a colorire i dise-gni degli alleati. I Piemontesi congiunti con qualchenervo di Austriaci erano calati grossi dal monte Cenisio,e dal piccolo San Bernardo a fine d'invadere la Morien-na e la Tarantasia; anzi una parte di quelli che scendeva-no dall'ultimo dei detti monti, avuto il passo per le terredel Vallese, si dirizzavano ad occupare il Faussigny colpensiero di fare spalla all'impresa di Tarantasia, e di ran-nodarsi verso la terra di Conflans per quindi marciare,se la fortuna si mostrasse a tale segno favorevole, sino aLione. Tutte queste genti militavano sotto il governo delduca di Monferrato, figliuolo del re, principe ottimo permente e per costume, e molto amato dai popoli per lanatura sua facile e mansueta.Dall'altra parte il re di Sardegna si era condotto col gros-so dell'esercito nella contea di Nizza, molto confidentedi avere a conseguir presto, con ricuperar un paese ama-to sopra tutti, e che gli era stato occupato da un nemicoodiatissimo, una piena e gloriosa vittoria. Era suo inten-dimento di calarsi per le sponde del Varo a fine di obbli-

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gare i Francesi ad evacuar la contea, o di tagliargli fuoridalla Provenza, se non l'evacuassero. Aveva il re compa-gno a questa impresa il duca d'Aosta, suo figliuolo se-condogenito, principe molto ardente in queste bisognecontro chi allora signoreggiava la Francia, e che sempreaveva dimostrato pensieri alieni dalla pace. Questo era ilprincipale sforzo che i confederati volevano fare, sì per-chè il re, come già abbiamo narrato, non volle mai udireche si voltassero le forze più grosse contro la Savoja perla impresa di Lione, sì perchè speravano trovare, sicco-me il re medesimo si era persuaso, maggior aderenza neipopoli, e sì finalmente perchè le armate confederate checorrevano i mari vicini, potevano dar polso alle cose chesi tentavano. Così quel nembo, che poco innanzi parevadovesse tutto scagliarsi contro l'Italia dalla Francia, orasi rivoltava contro la Francia dall'Italia.Udite tutte queste cose, Kellerman accorreva prestamen-te in Savoja, dove venuto al campo dei suoi, postoall'Ospedale presso Conflans, alloggio principalissimoin quelle circostanze, ebbe con la sua presenza e con lesue esortazioni tanto inanimato i soldati, che si mostra-rono prontissimi a mettersi a qualunque pericolo anzi-chè abbandonare il luogo commesso alla fede loro. Neltempo medesimo fe' venire dal campo di Tornus unagrossa schiera, tra la quale si osservavano principalmen-te un battaglione intero di granatieri, e tre di volontarj,buona ed audace gente; e stantechè il pericolo era oltreogni dire grave, perchè se l'esercito Italiano si congiun-

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gare i Francesi ad evacuar la contea, o di tagliargli fuoridalla Provenza, se non l'evacuassero. Aveva il re compa-gno a questa impresa il duca d'Aosta, suo figliuolo se-condogenito, principe molto ardente in queste bisognecontro chi allora signoreggiava la Francia, e che sempreaveva dimostrato pensieri alieni dalla pace. Questo era ilprincipale sforzo che i confederati volevano fare, sì per-chè il re, come già abbiamo narrato, non volle mai udireche si voltassero le forze più grosse contro la Savoja perla impresa di Lione, sì perchè speravano trovare, sicco-me il re medesimo si era persuaso, maggior aderenza neipopoli, e sì finalmente perchè le armate confederate checorrevano i mari vicini, potevano dar polso alle cose chesi tentavano. Così quel nembo, che poco innanzi parevadovesse tutto scagliarsi contro l'Italia dalla Francia, orasi rivoltava contro la Francia dall'Italia.Udite tutte queste cose, Kellerman accorreva prestamen-te in Savoja, dove venuto al campo dei suoi, postoall'Ospedale presso Conflans, alloggio principalissimoin quelle circostanze, ebbe con la sua presenza e con lesue esortazioni tanto inanimato i soldati, che si mostra-rono prontissimi a mettersi a qualunque pericolo anzi-chè abbandonare il luogo commesso alla fede loro. Neltempo medesimo fe' venire dal campo di Tornus unagrossa schiera, tra la quale si osservavano principalmen-te un battaglione intero di granatieri, e tre di volontarj,buona ed audace gente; e stantechè il pericolo era oltreogni dire grave, perchè se l'esercito Italiano si congiun-

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geva coi Lionesi, la signorìa del consesso nazionale sa-rebbe giunta al suo fine in quelle parti, aveva, costrettodall'estrema necessità, chiamato dal campo di Lioneun'altra squadra, e mandata nel Faussigny, che si trovavadel tutto privo di difensori. A questo si aggiunse, ch'eifece la chiamata alle guardie nazionali della Savoja, edel dipartimento vicino dell'Isero, acciocchè facendo unpo' di retroguardo agli stanziali, dessero loro coraggio, epotessero in caso d'infortunio ristorar la fortuna dellaguerra. Per maggior sicurezza ordinava, che si facesserotrincee al passo di Barreaux, molto importante alla si-curtà del Delfinato, e che si munissero d'artiglierìe, av-visando, che con quel sospetto da fianco, gl'Italiani nonsi sarebbero arditi di correre fino a Lione. Egli poi a mo-tivo di poter sopravvedere bene le cose, si venne a porreal castello delle Marcie, luogo centrale, a cui accennava-no le tre divisioni delle sue genti.Nè in tale fortunoso accidente mancarono a se medesimicoloro, che in Savoja più si erano chiariti in favore dellostato nuovo; imperciocchè con le parole e con gli scrittianimando i compatrioti loro a difendersi, facevano gran-dissimi frutti. In cotal modo arrestarono i capi Francesiil corso della fortuna contraria in Savoja, e diedero spe-ranza di poter conservare alla Francia quella provinciatanto affetta al suo nome per lingua, per costume, e persito: non ostante si aspettavano ancora le battaglie, cheavrebbero definito, se i preparamenti fatti erano per ri-spondere al fine che le due parti si erano proposto.

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geva coi Lionesi, la signorìa del consesso nazionale sa-rebbe giunta al suo fine in quelle parti, aveva, costrettodall'estrema necessità, chiamato dal campo di Lioneun'altra squadra, e mandata nel Faussigny, che si trovavadel tutto privo di difensori. A questo si aggiunse, ch'eifece la chiamata alle guardie nazionali della Savoja, edel dipartimento vicino dell'Isero, acciocchè facendo unpo' di retroguardo agli stanziali, dessero loro coraggio, epotessero in caso d'infortunio ristorar la fortuna dellaguerra. Per maggior sicurezza ordinava, che si facesserotrincee al passo di Barreaux, molto importante alla si-curtà del Delfinato, e che si munissero d'artiglierìe, av-visando, che con quel sospetto da fianco, gl'Italiani nonsi sarebbero arditi di correre fino a Lione. Egli poi a mo-tivo di poter sopravvedere bene le cose, si venne a porreal castello delle Marcie, luogo centrale, a cui accennava-no le tre divisioni delle sue genti.Nè in tale fortunoso accidente mancarono a se medesimicoloro, che in Savoja più si erano chiariti in favore dellostato nuovo; imperciocchè con le parole e con gli scrittianimando i compatrioti loro a difendersi, facevano gran-dissimi frutti. In cotal modo arrestarono i capi Francesiil corso della fortuna contraria in Savoja, e diedero spe-ranza di poter conservare alla Francia quella provinciatanto affetta al suo nome per lingua, per costume, e persito: non ostante si aspettavano ancora le battaglie, cheavrebbero definito, se i preparamenti fatti erano per ri-spondere al fine che le due parti si erano proposto.

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Dall'altro lato e più sotto, Kellerman aveva spedito contutta celerità il generale Carteau con un buon nervo digente, ordinandogli, riacquistasse il passo di Santo Spi-rito, cacciasse i Marsigliesi da Avignone, gli rincaccias-se sulla riva sinistra della Duranza, non passasse il fiu-me, solo attendesse a proibire al nemico lo scorazzaresulla destra. Ma Carteau spinto da un Albitte, rappresen-tante del popolo, giovane pur troppo risentito nelle fac-cende dei tempi, varcava, e si sarebbe trovato in gravis-simo pericolo, se i Marsigliesi fossero stati tanto pronticoi fatti, quanto erano con le parole. Ma nacque appuntola salute donde si aspettava la ruina; imperciocchè iMarsigliesi, udito che Carteau aveva varcato, in vece diassaltarlo e buttarlo nel fiume, il che sarebbe riuscitoloro agevolmente, si diedero disordinatamente alla fuga,e con quella medesima celerità si disperdettero, con laquale si erano adunati. Carteau, usando la occasione,voltossi con tutte le sue forze contro di Aix, di cuis'impadronì; poi senza frappor tempo in mezzo, marciòcontro Marsiglia, capo e fomite principale di quellaguerra. E tanto fu il terrore concetto dai Marsigliesi, chefatta niuna difesa della città loro, la diedero in mano delvincitore. L'infelice Marsiglia, pagando troppo fieroscotto della sua imprudenza, fu posta miserabilmente asacco, e vi furono commesse opere al tutto degne diquei tempi ferocissimi.La presa di Marsiglia nocque ai Lionesi, che per questacagione si trovarono soli esposti a tutto lo sforzo dei re-

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Dall'altro lato e più sotto, Kellerman aveva spedito contutta celerità il generale Carteau con un buon nervo digente, ordinandogli, riacquistasse il passo di Santo Spi-rito, cacciasse i Marsigliesi da Avignone, gli rincaccias-se sulla riva sinistra della Duranza, non passasse il fiu-me, solo attendesse a proibire al nemico lo scorazzaresulla destra. Ma Carteau spinto da un Albitte, rappresen-tante del popolo, giovane pur troppo risentito nelle fac-cende dei tempi, varcava, e si sarebbe trovato in gravis-simo pericolo, se i Marsigliesi fossero stati tanto pronticoi fatti, quanto erano con le parole. Ma nacque appuntola salute donde si aspettava la ruina; imperciocchè iMarsigliesi, udito che Carteau aveva varcato, in vece diassaltarlo e buttarlo nel fiume, il che sarebbe riuscitoloro agevolmente, si diedero disordinatamente alla fuga,e con quella medesima celerità si disperdettero, con laquale si erano adunati. Carteau, usando la occasione,voltossi con tutte le sue forze contro di Aix, di cuis'impadronì; poi senza frappor tempo in mezzo, marciòcontro Marsiglia, capo e fomite principale di quellaguerra. E tanto fu il terrore concetto dai Marsigliesi, chefatta niuna difesa della città loro, la diedero in mano delvincitore. L'infelice Marsiglia, pagando troppo fieroscotto della sua imprudenza, fu posta miserabilmente asacco, e vi furono commesse opere al tutto degne diquei tempi ferocissimi.La presa di Marsiglia nocque ai Lionesi, che per questacagione si trovarono soli esposti a tutto lo sforzo dei re-

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pubblicani; ma le immanità commessevi giovarono aidisegni della lega in Provenza. Molti Marsigliesi, fug-gendo il furore dei repubblicani, si erano ritirati a Tolo-ne, dove coi racconti e con le grida miserabili riempiro-no ognuno di spavento. A così orribile caso commossi iTolonesi, e risolutisi a volere ogni altro termine di di-sgrazia incontrare piuttosto che accettar nelle loro murasoldati bruttati di tanto sangue cittadino, udirono conmaggiore inclinazione le proposte che venivano loro fat-te dagli alleati. Diedero la città ed il porto in manodell'ammiraglio d'Inghilterra Hood, desiderando, chel'autorità del re Luigi si restituisse, e la constituzionedell'ottantanove si accettasse.I repubblicani già tanto feroci vieppiù s'inferocironoall'accidente di Tolone. Esortazioni ardenti, minacceprecipitose posero in opera per far correre i popoli al ri-scatto. Nè fu l'effetto minore dell'intento; perchè, tra sol-dati bene ordinati e gente tumultuaria, s'adunò tosto in-torno alle mura di Tolone un esercito giusto di circaquaranta mila soldati. Dalla parte loro gli alleati volleroconfermar con la forza quello, che la fortuna aveva loroconceduto. Spagnuoli, Napolitani e Piemontesi furonoportati a presidiare i forti di Tolone; gli altri potentatid'Italia gli fornivano di vettovaglie; il papa stesso som-ministrava armi e munizioni. Così con grandissimo ar-dore si combatteva sotto le mura di Lione e di Tolone,nelle montagne della Savoja e di Nizza.Non indugiò molto spazio la fortuna a mostrare a qual

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pubblicani; ma le immanità commessevi giovarono aidisegni della lega in Provenza. Molti Marsigliesi, fug-gendo il furore dei repubblicani, si erano ritirati a Tolo-ne, dove coi racconti e con le grida miserabili riempiro-no ognuno di spavento. A così orribile caso commossi iTolonesi, e risolutisi a volere ogni altro termine di di-sgrazia incontrare piuttosto che accettar nelle loro murasoldati bruttati di tanto sangue cittadino, udirono conmaggiore inclinazione le proposte che venivano loro fat-te dagli alleati. Diedero la città ed il porto in manodell'ammiraglio d'Inghilterra Hood, desiderando, chel'autorità del re Luigi si restituisse, e la constituzionedell'ottantanove si accettasse.I repubblicani già tanto feroci vieppiù s'inferocironoall'accidente di Tolone. Esortazioni ardenti, minacceprecipitose posero in opera per far correre i popoli al ri-scatto. Nè fu l'effetto minore dell'intento; perchè, tra sol-dati bene ordinati e gente tumultuaria, s'adunò tosto in-torno alle mura di Tolone un esercito giusto di circaquaranta mila soldati. Dalla parte loro gli alleati volleroconfermar con la forza quello, che la fortuna aveva loroconceduto. Spagnuoli, Napolitani e Piemontesi furonoportati a presidiare i forti di Tolone; gli altri potentatid'Italia gli fornivano di vettovaglie; il papa stesso som-ministrava armi e munizioni. Così con grandissimo ar-dore si combatteva sotto le mura di Lione e di Tolone,nelle montagne della Savoja e di Nizza.Non indugiò molto spazio la fortuna a mostrare a qual

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parte volesse inclinare. I Piemontesi calati dal Cenisio edal San Bernardo, si erano fatti padroni delle valli supe-riori della Morienna, della Tarantasia, e del Faussigny:San Giovanni, Moutiers e Bonneville già obbedivanoall'imperio loro. I Francesi cacciati dai luoghi più alti sierano ridotti a pigliar campo alla sboccatura delle valli,a Aigue-Belle, ed a Conflans, incerti se vi si potesseromantenere, perchè l'inimico ingrossava ogni giorno. GiàCiamberi pericolava: già poco spazio separava Lionedall'esercito Italiano, e se i Piemontesi si fossero spintiavanti con quella celerità che i tempi richiedevano,avrebbero acquistato, come pare, una compiuta vittoria.Ma non so per qual ragione, se ne stettero a soprastare:l'indugio diè comodità agli avversarj di rannodarsi, ed aipopoli di ajutargli. Giunto Kellerman a Ciamberi si deli-berò di assaltar l'inimico, e stantechè era molto forte inMorienna, pensò di assalirlo con principale sforzo inFaussigny ed in Tarantasia, munendo però Aigue-Bellecon una squadra numerosa di soldati eletti. I repubblica-ni secondati con ardore incredibile dalle guardie nazio-nali del Montebianco, appoco appoco cacciarono, nonsenza però grave contrasto, dai luoghi bassi delFaussigny e della Tarantasia i Piemontesi; fuvvi una fe-roce battaglia a San Germano, perchè i regj vollero dartempo agli sviati ed alle artiglierìe di condursi a salva-mento: infine si ritirarono al San Bernardo, donde unmese prima erano discesi con tanta speranza di vittoria.Rimaneva pei repubblicani, che i regj si cacciassero dal-

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parte volesse inclinare. I Piemontesi calati dal Cenisio edal San Bernardo, si erano fatti padroni delle valli supe-riori della Morienna, della Tarantasia, e del Faussigny:San Giovanni, Moutiers e Bonneville già obbedivanoall'imperio loro. I Francesi cacciati dai luoghi più alti sierano ridotti a pigliar campo alla sboccatura delle valli,a Aigue-Belle, ed a Conflans, incerti se vi si potesseromantenere, perchè l'inimico ingrossava ogni giorno. GiàCiamberi pericolava: già poco spazio separava Lionedall'esercito Italiano, e se i Piemontesi si fossero spintiavanti con quella celerità che i tempi richiedevano,avrebbero acquistato, come pare, una compiuta vittoria.Ma non so per qual ragione, se ne stettero a soprastare:l'indugio diè comodità agli avversarj di rannodarsi, ed aipopoli di ajutargli. Giunto Kellerman a Ciamberi si deli-berò di assaltar l'inimico, e stantechè era molto forte inMorienna, pensò di assalirlo con principale sforzo inFaussigny ed in Tarantasia, munendo però Aigue-Bellecon una squadra numerosa di soldati eletti. I repubblica-ni secondati con ardore incredibile dalle guardie nazio-nali del Montebianco, appoco appoco cacciarono, nonsenza però grave contrasto, dai luoghi bassi delFaussigny e della Tarantasia i Piemontesi; fuvvi una fe-roce battaglia a San Germano, perchè i regj vollero dartempo agli sviati ed alle artiglierìe di condursi a salva-mento: infine si ritirarono al San Bernardo, donde unmese prima erano discesi con tanta speranza di vittoria.Rimaneva pei repubblicani, che i regj si cacciassero dal-

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la Morienna. Comandò Kellerman, che un corpo dellegenti vittoriose della Tarantasia, passato il monted'Encombe, marciasse contro Termignone, luogo situatoalle radici del Cenisio; che il generale le Doyen si spi-gnesse avanti di fronte per la Morienna, e che l'ajutantegenerale Pressy, che aveva testè acquistato Valmenie, sidirizzasse contro il fianco sinistro, ed alle spalle dei Pie-montesi. Tutte queste mosse riuscirono a quel fine che ilgenerale si era proposto; perchè l'esercito del re pressatoda ogni banda, si ritirò ordinatamente al Cenisio: i re-pubblicani occuparono nuovamente Termignone.Tale fu l'esito dell'assalto dato alla Savoja dalle genti delre di Sardegna nell'autunno del 1793, e per tale modo fuesclusa la lega dalle sue speranze in queste parti: nel chesi può considerare, che se l'esercito Piemontese fossestato così grosso come voleva Devins, o condotto conquella celerità che sogliono usare i Francesi in tulle lefazioni loro, è da credersi che la fortuna avrebbe favori-to il disegno dei confederati, e che Lione sarebbe statoliberato, con totale mutazione delle cose d'Europa.I miseri Lionesi, udita la ritirata dell'esercito, e privi diquest'ultima speranza, furono costretti a rimettersi in po-tere dei repubblicani. Il mondo sa con quale immanitàsia stata trattata quella città sì nobile, e sì generosa.Dall'altra parte, e nel medesimo tempo in cui i Piemon-tesi assaltavano la Savoja, si erano mossi con forte ap-parato contro Nizza. Da principio la fortuna si dimostra-

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la Morienna. Comandò Kellerman, che un corpo dellegenti vittoriose della Tarantasia, passato il monted'Encombe, marciasse contro Termignone, luogo situatoalle radici del Cenisio; che il generale le Doyen si spi-gnesse avanti di fronte per la Morienna, e che l'ajutantegenerale Pressy, che aveva testè acquistato Valmenie, sidirizzasse contro il fianco sinistro, ed alle spalle dei Pie-montesi. Tutte queste mosse riuscirono a quel fine che ilgenerale si era proposto; perchè l'esercito del re pressatoda ogni banda, si ritirò ordinatamente al Cenisio: i re-pubblicani occuparono nuovamente Termignone.Tale fu l'esito dell'assalto dato alla Savoja dalle genti delre di Sardegna nell'autunno del 1793, e per tale modo fuesclusa la lega dalle sue speranze in queste parti: nel chesi può considerare, che se l'esercito Piemontese fossestato così grosso come voleva Devins, o condotto conquella celerità che sogliono usare i Francesi in tulle lefazioni loro, è da credersi che la fortuna avrebbe favori-to il disegno dei confederati, e che Lione sarebbe statoliberato, con totale mutazione delle cose d'Europa.I miseri Lionesi, udita la ritirata dell'esercito, e privi diquest'ultima speranza, furono costretti a rimettersi in po-tere dei repubblicani. Il mondo sa con quale immanitàsia stata trattata quella città sì nobile, e sì generosa.Dall'altra parte, e nel medesimo tempo in cui i Piemon-tesi assaltavano la Savoja, si erano mossi con forte ap-parato contro Nizza. Da principio la fortuna si dimostra-

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va loro favorevole; poichè, cacciati i nemici da tutti iluoghi superiori, già avevano speranza di calarsi per lesponde del Varo sino al mare, avvenimento, che edavrebbe dato loro Nizza, ed aperto la strada a far risol-vere l'oppugnazione di Tolone. Ma arrivati a Giletta, edassaltato il dì diciotto ottobre con grandissimo impeto ilponte, furono duramente risospinti, e con perdita sì gra-ve, che questo fatto, giunto alle sinistre novelle che siebbero in quel punto di Savoja e di Lione, terminò laguerra di quest'anno in quelle parti. In cotal modo conun ignobile fatto di un piccolo ponte fu posto fine aduno sforzo, che preparato con tanta cura e cominciatocon tanta speranza, pareva che dovesse fra breve ricupe-rare al nome della casa di Savoja tutta la provincia diNizza.Intanto sempre più si stringeva l'oppugnazione di Tolo-ne, alla quale era concorso l'esercito vincitore di Lione,e la guernigione di Valenziana, piazza forte in Fiandra,che gli alleati avevano espugnato. Già al monte Farone,sull'eminenza Reinier, al capo Bron, e sulle alture delBaleguier parecchie onorate fazioni si erano combattutecon varia fortuna, nelle quali mostrarono ambe le parti,quanto potesse il valore congiunto con l'odio, e quanto aciascuna premesse il conservare, o l'acquistare una piaz-za di tanto rilievo. Eransi posti gl'Inglesi a presidiare iforti rizzati sulla stanca, massime quello, che chiamanoil Malbousquet, i Piemontesi stavano a guardia sulladritta, e munivano principalmente il forte, e la montagna

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va loro favorevole; poichè, cacciati i nemici da tutti iluoghi superiori, già avevano speranza di calarsi per lesponde del Varo sino al mare, avvenimento, che edavrebbe dato loro Nizza, ed aperto la strada a far risol-vere l'oppugnazione di Tolone. Ma arrivati a Giletta, edassaltato il dì diciotto ottobre con grandissimo impeto ilponte, furono duramente risospinti, e con perdita sì gra-ve, che questo fatto, giunto alle sinistre novelle che siebbero in quel punto di Savoja e di Lione, terminò laguerra di quest'anno in quelle parti. In cotal modo conun ignobile fatto di un piccolo ponte fu posto fine aduno sforzo, che preparato con tanta cura e cominciatocon tanta speranza, pareva che dovesse fra breve ricupe-rare al nome della casa di Savoja tutta la provincia diNizza.Intanto sempre più si stringeva l'oppugnazione di Tolo-ne, alla quale era concorso l'esercito vincitore di Lione,e la guernigione di Valenziana, piazza forte in Fiandra,che gli alleati avevano espugnato. Già al monte Farone,sull'eminenza Reinier, al capo Bron, e sulle alture delBaleguier parecchie onorate fazioni si erano combattutecon varia fortuna, nelle quali mostrarono ambe le parti,quanto potesse il valore congiunto con l'odio, e quanto aciascuna premesse il conservare, o l'acquistare una piaz-za di tanto rilievo. Eransi posti gl'Inglesi a presidiare iforti rizzati sulla stanca, massime quello, che chiamanoil Malbousquet, i Piemontesi stavano a guardia sulladritta, e munivano principalmente il forte, e la montagna

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Farone.Gli oppugnatori si erano accampati per modo, cheDugommier, generalissimo, avesse carico di far forzaverso occidente dal forte Malbousquet sino al promon-torio, che chiude l'estremità di quel piccolo seno dimare, Lapoype assaltasse verso levante tutte le difeseche si distendono dalla montagna Farone, che sta a so-praccapo alla città verso tramontana sino al capo Bron,ed al forte Lamalgue, che sta a difesa del seno grande.Parte di queste genti stanziando principalmente alla Val-letta, andavano a congiungersi con trincee, e batterìenon interrotte alla costa meridionale del seno grande, edai forti Lamalgue, e Margherita. Così una corona dischiere armate e di cannoni cingeva Tolone tuttoall'intorno. L'importanza della difesa dal canto degli al-leati consisteva nel forte Malbousquet fidato alla guar-dia degl'Inglesi. Per maggior sicurezza avevano fatto, emunito di grosse artiglierìe un gran ridotto vicino al for-te. Ma i Francesi con memorabile valore combattendogià si erano impadroniti delle eminenze opposte al fortemedesimo, ed al ridotto Inglese; e condottivi numeroseartiglierìe continuamente infestavano gl'Inglesi. Aveva-no anche preso per assalto il forte dei Pommets, che si-gnoreggia tutte le alture a tramontana. La qual vittoriadiè loro facoltà di porre un campo sulla montagna delleArene, e chiuse il passo del rivo Laz dall'una parteall'altra della città.Ohara, generalissimo d'Inghilterra, veduto che il nemico

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Farone.Gli oppugnatori si erano accampati per modo, cheDugommier, generalissimo, avesse carico di far forzaverso occidente dal forte Malbousquet sino al promon-torio, che chiude l'estremità di quel piccolo seno dimare, Lapoype assaltasse verso levante tutte le difeseche si distendono dalla montagna Farone, che sta a so-praccapo alla città verso tramontana sino al capo Bron,ed al forte Lamalgue, che sta a difesa del seno grande.Parte di queste genti stanziando principalmente alla Val-letta, andavano a congiungersi con trincee, e batterìenon interrotte alla costa meridionale del seno grande, edai forti Lamalgue, e Margherita. Così una corona dischiere armate e di cannoni cingeva Tolone tuttoall'intorno. L'importanza della difesa dal canto degli al-leati consisteva nel forte Malbousquet fidato alla guar-dia degl'Inglesi. Per maggior sicurezza avevano fatto, emunito di grosse artiglierìe un gran ridotto vicino al for-te. Ma i Francesi con memorabile valore combattendogià si erano impadroniti delle eminenze opposte al fortemedesimo, ed al ridotto Inglese; e condottivi numeroseartiglierìe continuamente infestavano gl'Inglesi. Aveva-no anche preso per assalto il forte dei Pommets, che si-gnoreggia tutte le alture a tramontana. La qual vittoriadiè loro facoltà di porre un campo sulla montagna delleArene, e chiuse il passo del rivo Laz dall'una parteall'altra della città.Ohara, generalissimo d'Inghilterra, veduto che il nemico

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dal suo posto sopraeminente al Malbousquet non soloinfestava il forte, ma poste le artiglierìe in luogo moltoopportuno, per opera massimamente del luogotenentecolonnello d'artiglierìe Buonaparte, giovane di virilespirito, arrivava coi tiri insino all'arsenale; e prevedendoche se non si cacciavano da quel nido i Francesi, biso-gnava pensar ad altro che a stare a Tolone, si deliberò didar loro l'assalto. Per la qual cosa seimila soldati dellalega, la più parte Inglesi, uscirono il tre novembre, e,passato il Laz, si spartirono in due colonne; l'una si sca-gliò contro il monte delle Arene, l'altra sulle batterìe,che bersagliavano il forte Malbousquet. La fortuna fuloro sul primo incominciare seconda. Sorpresi i Francesida quell'impeto improvviso, cedettero il luogo; gl'Inglesigiunti al monte delle Arene vi presero, e chiodarono leartiglierìe. L'altra colonna s'era insignorìta dei posti, edelle batterìe, che munivano le strette d'Olioulles, e già,credendo essere in possessione della vittoria, faceva leviste d'impadronirsi del grosso di tutte le artiglierìe, cheivi era posto.All'avviso di tanto sinistro Dugommier accorso, inani-miva i suoi con la voce e con l'esempio, e chiamandogente dagli altri posti fe' un grosso di soldati agguerritis-simi, e gli condusse con ordine, e con ardire mirabilecontro il nemico, che già trionfava; nè fu l'esito nonconforme a tanto valore. Gl'Inglesi assaliti, pressati, ur-tati da ogni banda cederono prima ordinati, poscia confuga manifesta, lasciando in poter degli assalitori tutti i

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dal suo posto sopraeminente al Malbousquet non soloinfestava il forte, ma poste le artiglierìe in luogo moltoopportuno, per opera massimamente del luogotenentecolonnello d'artiglierìe Buonaparte, giovane di virilespirito, arrivava coi tiri insino all'arsenale; e prevedendoche se non si cacciavano da quel nido i Francesi, biso-gnava pensar ad altro che a stare a Tolone, si deliberò didar loro l'assalto. Per la qual cosa seimila soldati dellalega, la più parte Inglesi, uscirono il tre novembre, e,passato il Laz, si spartirono in due colonne; l'una si sca-gliò contro il monte delle Arene, l'altra sulle batterìe,che bersagliavano il forte Malbousquet. La fortuna fuloro sul primo incominciare seconda. Sorpresi i Francesida quell'impeto improvviso, cedettero il luogo; gl'Inglesigiunti al monte delle Arene vi presero, e chiodarono leartiglierìe. L'altra colonna s'era insignorìta dei posti, edelle batterìe, che munivano le strette d'Olioulles, e già,credendo essere in possessione della vittoria, faceva leviste d'impadronirsi del grosso di tutte le artiglierìe, cheivi era posto.All'avviso di tanto sinistro Dugommier accorso, inani-miva i suoi con la voce e con l'esempio, e chiamandogente dagli altri posti fe' un grosso di soldati agguerritis-simi, e gli condusse con ordine, e con ardire mirabilecontro il nemico, che già trionfava; nè fu l'esito nonconforme a tanto valore. Gl'Inglesi assaliti, pressati, ur-tati da ogni banda cederono prima ordinati, poscia confuga manifesta, lasciando in poter degli assalitori tutti i

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luoghi conquistati, massime quello sì importante delmonte delle Arene. Tanta fu la foga dei vincitori, chenon si arrestarono, se non se alle palizzate del forteMalbousquet, e stette per poco, che non vi entrasseroalla mescolata coi vinti. Fu in questo incontro grave-mente ferito, e fatto prigioniero Ohara, che era accorsoper rannodare i suoi.Questa fazione tanto sanguinosa diè molto a pensareagli alleati, non gli lasciando senza timore sull'esito del-la guerra accesa sotto le mura di Tolone. Tanta variazio-ne avevano fatto le cose da quei primi apparati, che nelpossesso di quella sola città già vicina a cadere, eransiridotte le speranze di conquistare con Lione mezza laFrancia.I repubblicani, preso nuovo animo, si mostravano prontia mettersi ad ogni più grave pericolo per riconquistarTolone: si risolveva Dugommier a dar l'assalto da tuttele bande. L'importanza del fatto consisteva in un grossoridotto, che gl'Inglesi avevano construtto sul promonto-rio, dal quale scoprivano dall'un lato e dall'altro i dueseni, dove stanziavano le armate confederate. Se il ridot-to ed il promontorio fossero venuti in potestà dei france-si, le armate sarebbero state condotte all'ultimo stermi-nio, se presto non fossero fuggite. Il generale di Franciapose principalmente l'animo ad assaltar il ridotto, e perprocedere con arte militare in un'opera di tanta difficol-tà, divise le veci degli assaltatori per modo che unaschiera facesse le viste di assaltarlo di fronte, mentre le

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luoghi conquistati, massime quello sì importante delmonte delle Arene. Tanta fu la foga dei vincitori, chenon si arrestarono, se non se alle palizzate del forteMalbousquet, e stette per poco, che non vi entrasseroalla mescolata coi vinti. Fu in questo incontro grave-mente ferito, e fatto prigioniero Ohara, che era accorsoper rannodare i suoi.Questa fazione tanto sanguinosa diè molto a pensareagli alleati, non gli lasciando senza timore sull'esito del-la guerra accesa sotto le mura di Tolone. Tanta variazio-ne avevano fatto le cose da quei primi apparati, che nelpossesso di quella sola città già vicina a cadere, eransiridotte le speranze di conquistare con Lione mezza laFrancia.I repubblicani, preso nuovo animo, si mostravano prontia mettersi ad ogni più grave pericolo per riconquistarTolone: si risolveva Dugommier a dar l'assalto da tuttele bande. L'importanza del fatto consisteva in un grossoridotto, che gl'Inglesi avevano construtto sul promonto-rio, dal quale scoprivano dall'un lato e dall'altro i dueseni, dove stanziavano le armate confederate. Se il ridot-to ed il promontorio fossero venuti in potestà dei france-si, le armate sarebbero state condotte all'ultimo stermi-nio, se presto non fossero fuggite. Il generale di Franciapose principalmente l'animo ad assaltar il ridotto, e perprocedere con arte militare in un'opera di tanta difficol-tà, divise le veci degli assaltatori per modo che unaschiera facesse le viste di assaltarlo di fronte, mentre le

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due altre girando, e salendo per sentieri scoscesi edaspri, gli riuscivano a' fianchi, ed alle spalle.Nel tempo medesimo per tentar la fortuna anche in altreparti, e perchè i confederati, avendo a risguardarsi daogni lato, non potessero mandar soccorsi al ridotto, ilgenerale repubblicano ordinava un assalto su tutta lafrontiera dei posti tenuti dal nemico. Così a destraDugommier medesimo guidava i più valenti soldati con-tro il gran ridotto Inglese, Mouret assaltava quello delforte Malbousquet, Garnier quelli dei forti, che domina-no il rivo Laz. A sinistra Lapoype faceva uno sforzocontro il monte Farone, e Laharpe contro le batterìe, chedal capo Bron fulminavano l'entrata del seno.Adunque essendo in tal modo ogni cosa in pronto, il dìquattordici decembre i Francesi si avviavano all'assalto.Gli alleati, che sapevano che da quel fatto doveva risul-tare non solo la conservazione, o la perdita di Tolone,ma ancora la riputazione dell'armi e l'acquisto d'Italia,con grandissimo ardire gli aspettavano. Feroce ful'assalto, feroce anche la difesa; la fortuna si mescolòspesso col valore; ora prevaleva la furia al coraggio, orail coraggio alla furia; ora la sicurtà dei luoghi faceva in-clinare le sorti a favor degli assaltati, ora l'audacia perverità non credibile, se non fosse vera, le voltava a favordegli assaltatori: stette un pezzo dubbia la battaglia; giàle difese erano lacere dall'un canto, già dall'altro i gioghidei monti, ed i parapetti delle batterìe Inglesi apparivanocospersi di cadaveri Francesi, e non ostante non cessava

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due altre girando, e salendo per sentieri scoscesi edaspri, gli riuscivano a' fianchi, ed alle spalle.Nel tempo medesimo per tentar la fortuna anche in altreparti, e perchè i confederati, avendo a risguardarsi daogni lato, non potessero mandar soccorsi al ridotto, ilgenerale repubblicano ordinava un assalto su tutta lafrontiera dei posti tenuti dal nemico. Così a destraDugommier medesimo guidava i più valenti soldati con-tro il gran ridotto Inglese, Mouret assaltava quello delforte Malbousquet, Garnier quelli dei forti, che domina-no il rivo Laz. A sinistra Lapoype faceva uno sforzocontro il monte Farone, e Laharpe contro le batterìe, chedal capo Bron fulminavano l'entrata del seno.Adunque essendo in tal modo ogni cosa in pronto, il dìquattordici decembre i Francesi si avviavano all'assalto.Gli alleati, che sapevano che da quel fatto doveva risul-tare non solo la conservazione, o la perdita di Tolone,ma ancora la riputazione dell'armi e l'acquisto d'Italia,con grandissimo ardire gli aspettavano. Feroce ful'assalto, feroce anche la difesa; la fortuna si mescolòspesso col valore; ora prevaleva la furia al coraggio, orail coraggio alla furia; ora la sicurtà dei luoghi faceva in-clinare le sorti a favor degli assaltati, ora l'audacia perverità non credibile, se non fosse vera, le voltava a favordegli assaltatori: stette un pezzo dubbia la battaglia; giàle difese erano lacere dall'un canto, già dall'altro i gioghidei monti, ed i parapetti delle batterìe Inglesi apparivanocospersi di cadaveri Francesi, e non ostante non cessava

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l'ostinazione delle parti; che anzi i sangui, che ribolliva-no, rendevano gli uomini più accaniti, e continuamentesi dava mano al tuonare, al ributtare, al ferire da pressoe da lontano. Prevalse la fortuna di Francia. Mouret eGarnier si facevano a viva forza strada nei due forti diSant'Antonio, e di Malbousquet, cacciatine gli alleati,che si ritirarono frettolosamente. Lapoype impadronissidel monte e del forte Farone; il che fu cagione, che ilnemico, vuotò incontanente i forti inferiori di Lartigue,e di Santa Caterina, esposti alla furia delle cannonate delforte Farone. Finalmente Laharpe, dopo un durissimoincontro di cinque ore, cacciò di forza gli avversarj dalcapo Bron, e gli costrinse a fuggire nel forte Lamalgue.Al ridotto del promontorio, dal cui conquisto dipendevatutto l'esito del fatto, si combatteva tuttavìa asprissima-mente. Nè la difficoltà de' luoghi, nè la spessezza dei tiridel nemico non poterono tanto impedire i Francesi, chenon salissero sino al sito erto, in cui era posto. Tre volteentrarono per le cannoniere fulminanti, tre volte ne furo-no, pel bersaglio di un piccolo ridotto interno munitod'artiglierìe, con grandissima strage loro risospinti. Fi-nalmente alla quarta entrati per le cannoniere medesime,e superato anche col medesimo impeto il piccolo ridot-to, riuscirono vincitori di quel fondamento principalissi-mo di tutti i disegni. I difensori, la più parte uccisi; i su-perstiti si ritirarono a mala pena laceri e sanguinosi chialla città, e chi alle navi.La espugnazione dei forti, massimamente quella del ri-

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l'ostinazione delle parti; che anzi i sangui, che ribolliva-no, rendevano gli uomini più accaniti, e continuamentesi dava mano al tuonare, al ributtare, al ferire da pressoe da lontano. Prevalse la fortuna di Francia. Mouret eGarnier si facevano a viva forza strada nei due forti diSant'Antonio, e di Malbousquet, cacciatine gli alleati,che si ritirarono frettolosamente. Lapoype impadronissidel monte e del forte Farone; il che fu cagione, che ilnemico, vuotò incontanente i forti inferiori di Lartigue,e di Santa Caterina, esposti alla furia delle cannonate delforte Farone. Finalmente Laharpe, dopo un durissimoincontro di cinque ore, cacciò di forza gli avversarj dalcapo Bron, e gli costrinse a fuggire nel forte Lamalgue.Al ridotto del promontorio, dal cui conquisto dipendevatutto l'esito del fatto, si combatteva tuttavìa asprissima-mente. Nè la difficoltà de' luoghi, nè la spessezza dei tiridel nemico non poterono tanto impedire i Francesi, chenon salissero sino al sito erto, in cui era posto. Tre volteentrarono per le cannoniere fulminanti, tre volte ne furo-no, pel bersaglio di un piccolo ridotto interno munitod'artiglierìe, con grandissima strage loro risospinti. Fi-nalmente alla quarta entrati per le cannoniere medesime,e superato anche col medesimo impeto il piccolo ridot-to, riuscirono vincitori di quel fondamento principalissi-mo di tutti i disegni. I difensori, la più parte uccisi; i su-perstiti si ritirarono a mala pena laceri e sanguinosi chialla città, e chi alle navi.La espugnazione dei forti, massimamente quella del ri-

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dotto, rendeva impossibile agli alleati il tenere più lun-gamente Tolone; conciossiachè i repubblicani potevanofulminarvi dentro, e spazzando i due seni sperperareall'estremo le flotte confederate. Deliberaronsi a vuota-re; ma prima vollero fare tutto quel maggior male chepoterono. Posto mano adunque alle faci appiccarono ilfuoco alle navi che non potevano trasportar con loro, eda tutte le opere preziose di marinerìa, di cui Tolone ab-bondava. In questo Sidney Smith, uomo più atto alle im-prese rischievoli, che alle grandi, con molta industria edattività si adoperava. Ardevano le navi, ardevano le ar-merìe, ardevano gli arsenali; nella città medesima lecase ardevano. Breve ora distruggeva opere, cui l'indu-stria umana aveva penato lungo tempo a compire. Intanta confusione traevano continuamente le artiglierìerepubblicane sì da palla che da bomba con orribile fra-casso, ed accrescevano terrore ad una catastrofe già perse stessa tanto terribile.Ma compassionevole spettacolo era quello dei Tolonesi,i quali costretti ad abbandonare la patria loro per non ca-der nelle mani di gente sdegnata, accorrevano in tuttafretta alle navi, conducendo con esso loro le donne, ifanciulli, e le suppellettili più preziose, che in tanto pre-cipizio avevano potuto raccorre. Tra questi alcuni anne-gavano per la fretta, altri erano straziati dalle artiglierìedei loro compatriotti, o da quelle degli Inglesi. Così trail fuoco, il fumo, il tuonare, lo scompiglio delle navi,che andavano e venivano, le minacce dei soldati da terra

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dotto, rendeva impossibile agli alleati il tenere più lun-gamente Tolone; conciossiachè i repubblicani potevanofulminarvi dentro, e spazzando i due seni sperperareall'estremo le flotte confederate. Deliberaronsi a vuota-re; ma prima vollero fare tutto quel maggior male chepoterono. Posto mano adunque alle faci appiccarono ilfuoco alle navi che non potevano trasportar con loro, eda tutte le opere preziose di marinerìa, di cui Tolone ab-bondava. In questo Sidney Smith, uomo più atto alle im-prese rischievoli, che alle grandi, con molta industria edattività si adoperava. Ardevano le navi, ardevano le ar-merìe, ardevano gli arsenali; nella città medesima lecase ardevano. Breve ora distruggeva opere, cui l'indu-stria umana aveva penato lungo tempo a compire. Intanta confusione traevano continuamente le artiglierìerepubblicane sì da palla che da bomba con orribile fra-casso, ed accrescevano terrore ad una catastrofe già perse stessa tanto terribile.Ma compassionevole spettacolo era quello dei Tolonesi,i quali costretti ad abbandonare la patria loro per non ca-der nelle mani di gente sdegnata, accorrevano in tuttafretta alle navi, conducendo con esso loro le donne, ifanciulli, e le suppellettili più preziose, che in tanto pre-cipizio avevano potuto raccorre. Tra questi alcuni anne-gavano per la fretta, altri erano straziati dalle artiglierìedei loro compatriotti, o da quelle degli Inglesi. Così trail fuoco, il fumo, il tuonare, lo scompiglio delle navi,che andavano e venivano, le minacce dei soldati da terra

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che fuggivano, lo strepito dei soldati da mare, che vole-vano metter ordine e regola dov'era disordine e confu-sione, le grida disperate di coloro che si spatriavano, eraun dolore, un terrore, una miseria, che si possono me-glio con la mente immaginare, che con le parole descri-vere. Dieci mila Tolonesi disperando della pietà del vin-citore, accettato l'esiglio, si ricoveravano alle navi, nonsapendo nè dove, nè quando avessero a terminarsi le mi-serie loro. Tre giorni e tre notti durò la lagrimevole tra-gedia. Finalmente le flotte confederate, sotto la tuteladel forte Lamalgue, nel quale avevano lasciato presidioper proteggere la ritirata, tirandosi dietro le navi rapitedi Francia i giorni diciotto e diecinove decembre, si ri-coverarono nelle vicine isole Iere, che sono le anticheStecadi. Il giorno venti poi, e poichè tutti si erano ridottia salvamento, vuotato anche il forte Lamalgue, lasciaro-no la misera terra intieramente a discrezione dei repub-blicani: entraronvi fieri, e minacciosi.Arsero nell'incendio Tolonese acceso dagl'Inglesi quin-deci navi grosse di fila, il Tuonante, il Fortunato, il Cen-tauro, il Commercio di Bordeaux, il Destino, il Giglio,l'Eroe, il Temistocle, il Duguai-Trouvin, il Trionfante, ilSufficiente, il Mercurio, la Corona, il Conquistatore, ilDittatore. Arsero sei fregate, la Seria, la Coraggiosa,l'Ifigenìa, l'Alerta, l'Iride, il Montereale, con molti altrilegni minori. Rapirono, e s'appropriarono gl'Inglesi lagrossissima nave di centoventi cannoni chiamata ilCommercio di Marsiglia, col Pompeo, ed il Potente,

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che fuggivano, lo strepito dei soldati da mare, che vole-vano metter ordine e regola dov'era disordine e confu-sione, le grida disperate di coloro che si spatriavano, eraun dolore, un terrore, una miseria, che si possono me-glio con la mente immaginare, che con le parole descri-vere. Dieci mila Tolonesi disperando della pietà del vin-citore, accettato l'esiglio, si ricoveravano alle navi, nonsapendo nè dove, nè quando avessero a terminarsi le mi-serie loro. Tre giorni e tre notti durò la lagrimevole tra-gedia. Finalmente le flotte confederate, sotto la tuteladel forte Lamalgue, nel quale avevano lasciato presidioper proteggere la ritirata, tirandosi dietro le navi rapitedi Francia i giorni diciotto e diecinove decembre, si ri-coverarono nelle vicine isole Iere, che sono le anticheStecadi. Il giorno venti poi, e poichè tutti si erano ridottia salvamento, vuotato anche il forte Lamalgue, lasciaro-no la misera terra intieramente a discrezione dei repub-blicani: entraronvi fieri, e minacciosi.Arsero nell'incendio Tolonese acceso dagl'Inglesi quin-deci navi grosse di fila, il Tuonante, il Fortunato, il Cen-tauro, il Commercio di Bordeaux, il Destino, il Giglio,l'Eroe, il Temistocle, il Duguai-Trouvin, il Trionfante, ilSufficiente, il Mercurio, la Corona, il Conquistatore, ilDittatore. Arsero sei fregate, la Seria, la Coraggiosa,l'Ifigenìa, l'Alerta, l'Iride, il Montereale, con molti altrilegni minori. Rapirono, e s'appropriarono gl'Inglesi lagrossissima nave di centoventi cannoni chiamata ilCommercio di Marsiglia, col Pompeo, ed il Potente,

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l'uno e l'altro di settantaquattro, e con le fregate la Perla,l'Aretusa, l'Aurora, il Topazzo, e non pochi altri legniminori.I Sardi se ne portarono la fregata l'Alceste, i Napolitaniil brigantino l'Imbroglio, gli Spagnuoli la piccola Auro-ra, esile preda a comparazione di quella d'Inghilterra.Queste furono le spoglie di Tolone rapite dagli alleati. Enon era poco per l'Inghilterra l'aver distrutto il navilio diuna nazione emola, che ai tempi floridi aveva combattu-to con lei dell'imperio del mari, e che tuttavìa avrebbepotuto tener in pendente la fortuna del Mediterraneo.Così perì Tolone, città nobile, e ricca, e sede principaledella marinerìa Francese. A tali strette conducono le di-scordie civili, e gli ajuti forestieri. Ma in queste cosel'esperienza non è fruttuosa, perchè elle si giudicano conlo spirito di parte, che sempre inganna, non con l'amoredella verità, che solo conduce alle opere vantaggiose.Rimasero nel porto o perchè non fossero capaci al ma-reggiare, o perchè la paura in quel tramestìo di fuga ab-bia superato nei vinti il desiderio della rapina, e della di-struzione, le navi il Delfino reale di centoventi cannoni,la Linguadoca di ottanta, il Generoso, il Censore, ilGuerriero, il Sovrano, tutte di settantaquattro.I rappresentanti del popolo Barras, Freron, Robespierregiovane, e Saliceti scrissero il dì ventuno decembre alconsesso nazionale, essere Tolone in potestà della re-pubblica.

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l'uno e l'altro di settantaquattro, e con le fregate la Perla,l'Aretusa, l'Aurora, il Topazzo, e non pochi altri legniminori.I Sardi se ne portarono la fregata l'Alceste, i Napolitaniil brigantino l'Imbroglio, gli Spagnuoli la piccola Auro-ra, esile preda a comparazione di quella d'Inghilterra.Queste furono le spoglie di Tolone rapite dagli alleati. Enon era poco per l'Inghilterra l'aver distrutto il navilio diuna nazione emola, che ai tempi floridi aveva combattu-to con lei dell'imperio del mari, e che tuttavìa avrebbepotuto tener in pendente la fortuna del Mediterraneo.Così perì Tolone, città nobile, e ricca, e sede principaledella marinerìa Francese. A tali strette conducono le di-scordie civili, e gli ajuti forestieri. Ma in queste cosel'esperienza non è fruttuosa, perchè elle si giudicano conlo spirito di parte, che sempre inganna, non con l'amoredella verità, che solo conduce alle opere vantaggiose.Rimasero nel porto o perchè non fossero capaci al ma-reggiare, o perchè la paura in quel tramestìo di fuga ab-bia superato nei vinti il desiderio della rapina, e della di-struzione, le navi il Delfino reale di centoventi cannoni,la Linguadoca di ottanta, il Generoso, il Censore, ilGuerriero, il Sovrano, tutte di settantaquattro.I rappresentanti del popolo Barras, Freron, Robespierregiovane, e Saliceti scrissero il dì ventuno decembre alconsesso nazionale, essere Tolone in potestà della re-pubblica.

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LIBRO QUARTO

SOMMARIOPartiti presi dagli alleati pei fatti di Lione e di Tolone. Trattatoconcluso a Valenziana il dì ventitre maggio 1794 fra l'imperatored'Alemagna, e il re di Sardegna. Assalti dati dai Francesi a tutte lecime delle Alpi, ed invasione per essi della riviera di Ponente.Prosperi successi delle loro armi. Tutti i passi, ed il forte di Saor-gio vengono in lor potere. Congiure in Piemonte; lodi dei magi-strati di questo paese. Deliberazioni del re per ovviare ai pericolipresenti. Preparamenti guerrieri, e congiure di Napoli. Anche ilpontefice si mette sull'armi. Deliberazioni di Venezia per l'inva-sione del Genovesato. Il conte Rocco San Fermo mandato dai Ve-neziani a Basilea, e con qual fine. Il conte di Provenza, sottonome di conte di Lilla, arriva a Verona. Sua condotta, e procederedei Veneziani verso di lui. Lallemand ministro di Francia a Vene-zia. Genova bloccata dagl'Inglesi. Costituzione politica datadagl'Inglesi alla Corsica. I Corsi coi loro corsari fanno un dannoinestimabile ai Genovesi. Querele dei danneggiati, e deliberazionidell'Inghilterra in questo proposito. Battaglia del Dego combattu-ta il dì ventuno settembre 1794.

L'infelice riuscita delle due imprese di Lione, e di Tolo-ne, la cattiva prova fatta dai Marsigliesi e la poca dipen-denza che trovavano nelle regioni del Rodano superiorei seguaci del re, dimostrarono ai confederati quanto fos-se fallace l'opinione loro di avere nei movimenti dellepopolazioni, e nell'efficacia del nome reale un principaleappoggio ai disegni, che si avevano posto in mente divoler mandare ad esecuzione. Però si persuasero facil-

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LIBRO QUARTO

SOMMARIOPartiti presi dagli alleati pei fatti di Lione e di Tolone. Trattatoconcluso a Valenziana il dì ventitre maggio 1794 fra l'imperatored'Alemagna, e il re di Sardegna. Assalti dati dai Francesi a tutte lecime delle Alpi, ed invasione per essi della riviera di Ponente.Prosperi successi delle loro armi. Tutti i passi, ed il forte di Saor-gio vengono in lor potere. Congiure in Piemonte; lodi dei magi-strati di questo paese. Deliberazioni del re per ovviare ai pericolipresenti. Preparamenti guerrieri, e congiure di Napoli. Anche ilpontefice si mette sull'armi. Deliberazioni di Venezia per l'inva-sione del Genovesato. Il conte Rocco San Fermo mandato dai Ve-neziani a Basilea, e con qual fine. Il conte di Provenza, sottonome di conte di Lilla, arriva a Verona. Sua condotta, e procederedei Veneziani verso di lui. Lallemand ministro di Francia a Vene-zia. Genova bloccata dagl'Inglesi. Costituzione politica datadagl'Inglesi alla Corsica. I Corsi coi loro corsari fanno un dannoinestimabile ai Genovesi. Querele dei danneggiati, e deliberazionidell'Inghilterra in questo proposito. Battaglia del Dego combattu-ta il dì ventuno settembre 1794.

L'infelice riuscita delle due imprese di Lione, e di Tolo-ne, la cattiva prova fatta dai Marsigliesi e la poca dipen-denza che trovavano nelle regioni del Rodano superiorei seguaci del re, dimostrarono ai confederati quanto fos-se fallace l'opinione loro di avere nei movimenti dellepopolazioni, e nell'efficacia del nome reale un principaleappoggio ai disegni, che si avevano posto in mente divoler mandare ad esecuzione. Però si persuasero facil-

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mente, che non nelle parole, ma nei fatti, non nelle armialtrui, ma nelle proprie dovevano fondare le loro speran-ze. Tal era diventato l'ardore degli animi in Francia, etanto vi erano le menti stravolte, che il parlar loro innome del re, il che era cagione una volta che obbedisse-ro volonterosamente, ora a maggior rabbia, ed a mag-giore disubbidienza gli concitasse. E siccome era dive-nuto necessario, che si cambiassero i mezzi di far loroguerra, così ancora si vedeva, che si dovevano cambiar ifini della medesima: poichè se gridare il nome del re, invece di giovare, nuoceva, era vano il conquistar le terrein nome di lui. Ciò diè maggior incentivo all'appetito diconquistar per se, e di farsi proprio quello d'altrui. Pare-va necessario torre per la risecazione di territorj forza aduna nazione potente per se stessa, potentissima per con-citazione. Questi pensieri si rivolgevano per la mente iconfederati, i quali finalmente vennero in questa risolu-zione, che quello che in Francia si conquistasse, concerte condizioni si serbasse. Così la guerra, che primaera solamente politica, cambiava di natura, diventandoguerra politica e territoriale. Non appartiene alla materiadi queste storie il raccontare ciò, che i principi si delibe-rassero rispetto alle provincie orientali, e settentrionalidella Francia; bensì diremo quanto l'imperatored'Austria, ed il re di Sardegna accordassero fra di loroper fare, che non per un nome, che era oggimai vano,ma per una sostanza in utile loro combattessero. Eransi,già fin da quando si era combattuto così infelicementein Provenza e nel Lionese per le armi regie ed imperiali,

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mente, che non nelle parole, ma nei fatti, non nelle armialtrui, ma nelle proprie dovevano fondare le loro speran-ze. Tal era diventato l'ardore degli animi in Francia, etanto vi erano le menti stravolte, che il parlar loro innome del re, il che era cagione una volta che obbedisse-ro volonterosamente, ora a maggior rabbia, ed a mag-giore disubbidienza gli concitasse. E siccome era dive-nuto necessario, che si cambiassero i mezzi di far loroguerra, così ancora si vedeva, che si dovevano cambiar ifini della medesima: poichè se gridare il nome del re, invece di giovare, nuoceva, era vano il conquistar le terrein nome di lui. Ciò diè maggior incentivo all'appetito diconquistar per se, e di farsi proprio quello d'altrui. Pare-va necessario torre per la risecazione di territorj forza aduna nazione potente per se stessa, potentissima per con-citazione. Questi pensieri si rivolgevano per la mente iconfederati, i quali finalmente vennero in questa risolu-zione, che quello che in Francia si conquistasse, concerte condizioni si serbasse. Così la guerra, che primaera solamente politica, cambiava di natura, diventandoguerra politica e territoriale. Non appartiene alla materiadi queste storie il raccontare ciò, che i principi si delibe-rassero rispetto alle provincie orientali, e settentrionalidella Francia; bensì diremo quanto l'imperatored'Austria, ed il re di Sardegna accordassero fra di loroper fare, che non per un nome, che era oggimai vano,ma per una sostanza in utile loro combattessero. Eransi,già fin da quando si era combattuto così infelicementein Provenza e nel Lionese per le armi regie ed imperiali,

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introdotte alcune pratiche molto segrete, il cui fine eradi trattare un accordo, per cui si venisse a definire, qualiparti dovessero cadere in potestà dell'uno o dell'altro,delle province conquistate in Francia. Perciò dopo moltie lunghi negoziati fu concluso in Valenziana il dì venti-trè di maggio del presente anno tra il barone di Thugutper parte dell'Austria, ed il marchese di Albarey per par-te della Sardegna un trattato, in virtù del quale si con-venne, come principio irrevocabile, che tutte le conqui-ste, che dalla parte dell'Italia si facessero dalle armi im-periali e regie sulla Francia, e che alla pace si conser-vassero, in due parti uguali si dividessero, e che la valu-ta di quella che toccasse all'imperatore, si compensasseper la restituzione, che a lui farebbe il re di una parteproporzionata dei distretti successivamente smembratidal Milanese; ovvero, se una tale condizione non piaces-se, che ogni conquista qualsivoglia, senza eccettuarneveruna, che dalla parte medesima d'Italia si facesse a'danni della Francia, alla pace le si restituisse, ed in talcaso ella si obbligasse a pagare una somma proporzio-nata di denaro in compenso delle spese della guerra fattadalla parte d'Italia, e che tal somma per ugual porzionefra le due corti si spartisse; che al finire d'agosto, al piùtardi, le due corti si risolvessero per l'uno, o per l'altromembro dell'alternativa sopraddetta, dichiarando amen-due volere aver più ferma e rata la parte che fosse scelta,e che inoltre nel tempo medesimo un modo giusto, edun temperamento buono e leale si trovasse, per valutarele conquiste da farsi e da serbarsi, a fine di proporzionar

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introdotte alcune pratiche molto segrete, il cui fine eradi trattare un accordo, per cui si venisse a definire, qualiparti dovessero cadere in potestà dell'uno o dell'altro,delle province conquistate in Francia. Perciò dopo moltie lunghi negoziati fu concluso in Valenziana il dì venti-trè di maggio del presente anno tra il barone di Thugutper parte dell'Austria, ed il marchese di Albarey per par-te della Sardegna un trattato, in virtù del quale si con-venne, come principio irrevocabile, che tutte le conqui-ste, che dalla parte dell'Italia si facessero dalle armi im-periali e regie sulla Francia, e che alla pace si conser-vassero, in due parti uguali si dividessero, e che la valu-ta di quella che toccasse all'imperatore, si compensasseper la restituzione, che a lui farebbe il re di una parteproporzionata dei distretti successivamente smembratidal Milanese; ovvero, se una tale condizione non piaces-se, che ogni conquista qualsivoglia, senza eccettuarneveruna, che dalla parte medesima d'Italia si facesse a'danni della Francia, alla pace le si restituisse, ed in talcaso ella si obbligasse a pagare una somma proporzio-nata di denaro in compenso delle spese della guerra fattadalla parte d'Italia, e che tal somma per ugual porzionefra le due corti si spartisse; che al finire d'agosto, al piùtardi, le due corti si risolvessero per l'uno, o per l'altromembro dell'alternativa sopraddetta, dichiarando amen-due volere aver più ferma e rata la parte che fosse scelta,e che inoltre nel tempo medesimo un modo giusto, edun temperamento buono e leale si trovasse, per valutarele conquiste da farsi e da serbarsi, a fine di proporzionar

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loro le restituzioni da eseguirsi dal re dal lato del Mila-nese: prometteva il re di fare ogni maggiore sforzo, edal canto suo prometteva l'imperatore di mandare in Ita-lia il più gran numero di genti che potesse, oltre le ausi-liarie, che fin dal principio della guerra aveva mandato acongiungersi con l'esercito reale in Piemonte; che i dueeserciti unitamente, e coi medesimi consigli combattes-sero; che quello del re intendesse specialmente alla dife-sa dei monti e dei passi, tanto verso la Savoja quantoverso il contado di Nizza; che le genti imperiali non sispartissero in piccole schiere, ma stessero congiunte inun grosso corpo, sempre pronto ad operare fortemente, ead assaltare, congiuntosi con l'esercito regio, il nemicoove questi arrivasse ad aprirsi il varco in Piemonte; eche finalmente il medesimo esercito imperiale mettessemano, per prima cosa, e innanzi che si conducesse inPiemonte, ad arrestar il nemico sulla riviera di Genova,a fine di guarentire ed assicurare il Milanese; fosse il ba-rone Devins generalissimo tanto di questo corpo di trup-pe imperiali, quanto di quello che già militava in Pie-monte; avesse l'arciduca, governator generale dellaLombardìa Austriaca, facoltà di trattare, ed accordareimmediatamente tutto quanto all'esecuzione del presentetrattato si appartenesse, e di spiegare ogni cosa, e di ri-muovere gli ostacoli che fossero per difficoltare l'impre-sa.I Francesi, i quali per la propagazione delle opinioniloro avevano entrature segrete nelle pratiche più recon-

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loro le restituzioni da eseguirsi dal re dal lato del Mila-nese: prometteva il re di fare ogni maggiore sforzo, edal canto suo prometteva l'imperatore di mandare in Ita-lia il più gran numero di genti che potesse, oltre le ausi-liarie, che fin dal principio della guerra aveva mandato acongiungersi con l'esercito reale in Piemonte; che i dueeserciti unitamente, e coi medesimi consigli combattes-sero; che quello del re intendesse specialmente alla dife-sa dei monti e dei passi, tanto verso la Savoja quantoverso il contado di Nizza; che le genti imperiali non sispartissero in piccole schiere, ma stessero congiunte inun grosso corpo, sempre pronto ad operare fortemente, ead assaltare, congiuntosi con l'esercito regio, il nemicoove questi arrivasse ad aprirsi il varco in Piemonte; eche finalmente il medesimo esercito imperiale mettessemano, per prima cosa, e innanzi che si conducesse inPiemonte, ad arrestar il nemico sulla riviera di Genova,a fine di guarentire ed assicurare il Milanese; fosse il ba-rone Devins generalissimo tanto di questo corpo di trup-pe imperiali, quanto di quello che già militava in Pie-monte; avesse l'arciduca, governator generale dellaLombardìa Austriaca, facoltà di trattare, ed accordareimmediatamente tutto quanto all'esecuzione del presentetrattato si appartenesse, e di spiegare ogni cosa, e di ri-muovere gli ostacoli che fossero per difficoltare l'impre-sa.I Francesi, i quali per la propagazione delle opinioniloro avevano entrature segrete nelle pratiche più recon-

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dite dei principi, avevano subodorato quello di che sitrattava, e però si deliberarono di prevenire con la solitacelerità ed impeto le risoluzioni degli alleati. Sapevano,che era grande il timore messo nei nemici loro dalle tan-to gagliarde espugnazioni di Lione e di Tolone, e si ri-solvettero ad approfittarsene, mentre n'era fresca la im-pressione. Potevano inoltre prevalersi dell'esercito vitto-rioso di Tolone, che su quelle prime caldezze si credevacapace di conquistare il mondo, non che il Piemonte el'Italia. Non ignoravano altresì che gli alleati, nons'aspettando quel terribile rincalzo di Tolone, anzi pro-mettendo a se medesimi da quell'impresa frutti maravi-gliosi, non avevano ragunato forze sufficienti a poter re-sistere all'impeto ajutato dalla fama. Nè era loro nasco-sto, che il re di Sardegna, con memorabile semplicitàconsigliandosi, e credendo che i Francesi portassero piùrispetto alla neutralità di Genova di quanto glien'avesse-ro portato gl'Inglesi, andava compiacendosi nel pensie-ro, che essi non avrebbono preso passo nel Genovesatoper assaltar i suoi stati. Per questo, se formidabili eranoe gli apparati, e le munizioni militari dalla parte dellaSavoja, e verso le strade che accennano da Nizza al col-le di Tenda, si trovavano, se non aperti del tutto, certa-mente non sufficientemente muniti i passi, che dal Ge-novesato tendono al cuore del Piemonte. Per la qualcosa la fazione dell'occupare le terre della riviera di Po-nente si appresentava alla mente dei Francesi tanto faci-le quanto utile, sì per pascere l'esercito nel paese altrui,sì per far muovere i popoli Italiani con più vicine sugge-

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dite dei principi, avevano subodorato quello di che sitrattava, e però si deliberarono di prevenire con la solitacelerità ed impeto le risoluzioni degli alleati. Sapevano,che era grande il timore messo nei nemici loro dalle tan-to gagliarde espugnazioni di Lione e di Tolone, e si ri-solvettero ad approfittarsene, mentre n'era fresca la im-pressione. Potevano inoltre prevalersi dell'esercito vitto-rioso di Tolone, che su quelle prime caldezze si credevacapace di conquistare il mondo, non che il Piemonte el'Italia. Non ignoravano altresì che gli alleati, nons'aspettando quel terribile rincalzo di Tolone, anzi pro-mettendo a se medesimi da quell'impresa frutti maravi-gliosi, non avevano ragunato forze sufficienti a poter re-sistere all'impeto ajutato dalla fama. Nè era loro nasco-sto, che il re di Sardegna, con memorabile semplicitàconsigliandosi, e credendo che i Francesi portassero piùrispetto alla neutralità di Genova di quanto glien'avesse-ro portato gl'Inglesi, andava compiacendosi nel pensie-ro, che essi non avrebbono preso passo nel Genovesatoper assaltar i suoi stati. Per questo, se formidabili eranoe gli apparati, e le munizioni militari dalla parte dellaSavoja, e verso le strade che accennano da Nizza al col-le di Tenda, si trovavano, se non aperti del tutto, certa-mente non sufficientemente muniti i passi, che dal Ge-novesato tendono al cuore del Piemonte. Per la qualcosa la fazione dell'occupare le terre della riviera di Po-nente si appresentava alla mente dei Francesi tanto faci-le quanto utile, sì per pascere l'esercito nel paese altrui,sì per far muovere i popoli Italiani con più vicine sugge-

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stioni, e sì finalmente per aprirsi l'adito negli stati del re.Era parimente noto ai capi Francesi, che finchè duravala stagione aspra, che allora correva, e che rendeva piùprecipitosi e più difficili i passi dei monti a cagione del-le nevi e dei ghiaccj che gl'ingombravano, se ne viveva-no i confederati a molta sicurtà in Piemonte, non poten-do recarsi nell'animo, che un nemico audacissimo tantofosse audace, che volesse affrontare in un cogli ostacoliposti dagli uomini anche quelli della natura. Laonde iFrancesi facilmente si persuasero di poter acquistare unasubita vittoria, passando per luoghi, cui la neutralità pa-reva render sicuri, e prevenendo un nemico, che a temposì inusitato non gli aspettava. Fine poi principalissimodei generali della repubblica era quello di occupare conquesto subito impeto le cime dei monti, e torre in talmodo al nemico quel vantaggio ch'egli aveva, del potercombattere da luoghi alti e sicuri contro chi veniva daluoghi più bassi.Adunque prima che la stagione diventasse più benigna,e che il nemico si fosse svegliato alle difese, i generalirepubblicani, tanto quelli che reggevano le genti adunatenella Savoja e nel Delfinato, quanto quelli che custodi-vano la contea di Nizza, si deliberarono di fare uno sfor-zo contemporaneo contro i luoghi occupati dai regj sututta la fronte, principiando dal piccolo San Bernardoinsino alla costiera del Mediterraneo. Ma siccome erad'uopo dall'un dei lati assalire i posti occupati dal nemi-co, dall'altro entrare nel territorio di una potenza neutra-

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stioni, e sì finalmente per aprirsi l'adito negli stati del re.Era parimente noto ai capi Francesi, che finchè duravala stagione aspra, che allora correva, e che rendeva piùprecipitosi e più difficili i passi dei monti a cagione del-le nevi e dei ghiaccj che gl'ingombravano, se ne viveva-no i confederati a molta sicurtà in Piemonte, non poten-do recarsi nell'animo, che un nemico audacissimo tantofosse audace, che volesse affrontare in un cogli ostacoliposti dagli uomini anche quelli della natura. Laonde iFrancesi facilmente si persuasero di poter acquistare unasubita vittoria, passando per luoghi, cui la neutralità pa-reva render sicuri, e prevenendo un nemico, che a temposì inusitato non gli aspettava. Fine poi principalissimodei generali della repubblica era quello di occupare conquesto subito impeto le cime dei monti, e torre in talmodo al nemico quel vantaggio ch'egli aveva, del potercombattere da luoghi alti e sicuri contro chi veniva daluoghi più bassi.Adunque prima che la stagione diventasse più benigna,e che il nemico si fosse svegliato alle difese, i generalirepubblicani, tanto quelli che reggevano le genti adunatenella Savoja e nel Delfinato, quanto quelli che custodi-vano la contea di Nizza, si deliberarono di fare uno sfor-zo contemporaneo contro i luoghi occupati dai regj sututta la fronte, principiando dal piccolo San Bernardoinsino alla costiera del Mediterraneo. Ma siccome erad'uopo dall'un dei lati assalire i posti occupati dal nemi-co, dall'altro entrare nel territorio di una potenza neutra-

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le, così là usarono le armi, e quà le persuasioni; le une ele altre mezzi ugualmente efficaci per arrivare ai finiloro. Abbiamo già raccontato con quanto sdegno fosserostate ricevute dal governo Francese le novelle dell'atten-tato commesso dagl'Inglesi contro i Francesi nel porto diGenova, e le minacce con le quali ei proruppe, non sola-mente contro gl'Inglesi per aver fatto, ma ancora controil governo Genovese per aver lasciato fare. La repubbli-ca di Genova si era composta per questo fatto in quattromilioni di tornesi, pagabili per metà nell'erario nazionalea Parigi, e per l'altra metà nella cassa dell'esercito d'Ita-lia. Così sedate le ire, e restituita la buona amicizia frale due repubbliche, volendo i Francesi usare la opportu-nità del territorio Genovese per assaltare gli stati del re,cercarono di coonestare il disegno loro con un adeguatomanifesto. Scrivevano da Nizza i rappresentanti del po-polo Robespierre giovane, Ricard e Saliceti il dì trentamarzo, sapere il popolo Francese, che i tiranni suoi ne-mici avevano deliberato d'impossessarsi degli stati diGenova per mettergli sotto il dominio del despoto delPiemonte, perché avesse passo ad assaltare il territoriodella repubblica; essere pertanto obbligato per rispettoalla propria salute, e per prevenire i disegni del nemico,di passare con l'esercito sulle terre del Genovesato; no-nostante non voler i Francesi imitare i vili Inglesi, ucci-sori di gente inerme nel porto di Genova; voler anzi por-tar rispetto ad ogni cosa, e serbare in tutto le obbligazio-ni della neutralità; vivessero pur sicuri i Genovesi dairepubblicani soldati; la continenza loro farebbe fede,

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le, così là usarono le armi, e quà le persuasioni; le une ele altre mezzi ugualmente efficaci per arrivare ai finiloro. Abbiamo già raccontato con quanto sdegno fosserostate ricevute dal governo Francese le novelle dell'atten-tato commesso dagl'Inglesi contro i Francesi nel porto diGenova, e le minacce con le quali ei proruppe, non sola-mente contro gl'Inglesi per aver fatto, ma ancora controil governo Genovese per aver lasciato fare. La repubbli-ca di Genova si era composta per questo fatto in quattromilioni di tornesi, pagabili per metà nell'erario nazionalea Parigi, e per l'altra metà nella cassa dell'esercito d'Ita-lia. Così sedate le ire, e restituita la buona amicizia frale due repubbliche, volendo i Francesi usare la opportu-nità del territorio Genovese per assaltare gli stati del re,cercarono di coonestare il disegno loro con un adeguatomanifesto. Scrivevano da Nizza i rappresentanti del po-polo Robespierre giovane, Ricard e Saliceti il dì trentamarzo, sapere il popolo Francese, che i tiranni suoi ne-mici avevano deliberato d'impossessarsi degli stati diGenova per mettergli sotto il dominio del despoto delPiemonte, perché avesse passo ad assaltare il territoriodella repubblica; essere pertanto obbligato per rispettoalla propria salute, e per prevenire i disegni del nemico,di passare con l'esercito sulle terre del Genovesato; no-nostante non voler i Francesi imitare i vili Inglesi, ucci-sori di gente inerme nel porto di Genova; voler anzi por-tar rispetto ad ogni cosa, e serbare in tutto le obbligazio-ni della neutralità; vivessero pur sicuri i Genovesi dairepubblicani soldati; la continenza loro farebbe fede,

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che il passare era per essi necessità, non abuso di forza.A queste benigne parole succedevano bentosto apparatiterribili. Erano i Francesi ragunati in numero di ben se-dici mila, sotto la condotta del generale Dumorbion,verso il principio d'aprile, nel territorio di Mentone, cittàdel principato di Monaco, vicina all'estremo confine delGenovesato; e non volendo più porre tempo in mezzo acolorire i disegni loro, mandarono la notte del sei dellostesso mese il generale Arena a Ventimiglia, dicendo algovernatore, che la Francia chiedeva, che le si consen-tisse il passo, che l'esercito della repubblica già si avvi-cinava, che presto comparirebbe sotto le mura di Venti-miglia. A queste intimazioni rispondeva il governatoreSpinola, protestando della violata neutralità, ma vanoera il protestare contro una risoluzione irrevocabile pre-sa da chi più poteva. Compariva per la prima volta il dìsei aprile sul territorio Italiano l'esercito repubblicano diFrancia in aspetto squallido e misero, ma con sembiantemagnanimo, e quale si conviene ai vincitori. PrecedevaArena con la vanguardia, a cui teneva dietro col retro-guardo il generale Massena, destinato dai cieli a solle-varsi dai più bassi gradi della milizia ai più sublimi, ed adivenir uno dei più periti e famosi capitani, che abbianoacquistato nome nelle storie. Occupata la città di Venti-miglia, i repubblicani per viemmeglio assicurarsi, pose-ro un presidio nel castello; al quale atto, essendo piutto-sto da nemico che da amico, ed oltrepassando i limitidel passo, caldamente, ma invano s'era opposto il gover-

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che il passare era per essi necessità, non abuso di forza.A queste benigne parole succedevano bentosto apparatiterribili. Erano i Francesi ragunati in numero di ben se-dici mila, sotto la condotta del generale Dumorbion,verso il principio d'aprile, nel territorio di Mentone, cittàdel principato di Monaco, vicina all'estremo confine delGenovesato; e non volendo più porre tempo in mezzo acolorire i disegni loro, mandarono la notte del sei dellostesso mese il generale Arena a Ventimiglia, dicendo algovernatore, che la Francia chiedeva, che le si consen-tisse il passo, che l'esercito della repubblica già si avvi-cinava, che presto comparirebbe sotto le mura di Venti-miglia. A queste intimazioni rispondeva il governatoreSpinola, protestando della violata neutralità, ma vanoera il protestare contro una risoluzione irrevocabile pre-sa da chi più poteva. Compariva per la prima volta il dìsei aprile sul territorio Italiano l'esercito repubblicano diFrancia in aspetto squallido e misero, ma con sembiantemagnanimo, e quale si conviene ai vincitori. PrecedevaArena con la vanguardia, a cui teneva dietro col retro-guardo il generale Massena, destinato dai cieli a solle-varsi dai più bassi gradi della milizia ai più sublimi, ed adivenir uno dei più periti e famosi capitani, che abbianoacquistato nome nelle storie. Occupata la città di Venti-miglia, i repubblicani per viemmeglio assicurarsi, pose-ro un presidio nel castello; al quale atto, essendo piutto-sto da nemico che da amico, ed oltrepassando i limitidel passo, caldamente, ma invano s'era opposto il gover-

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natore Genovese: ma avendone poscia fatto forti querelecoi rappresentanti Robespierre e Saliceti, ritirossene ilpresidio Francese, lasciando di nuovo il castello in pote-stà dei Genovesi.Intanto proseguendo i Francesi la impresa loro, una par-te voltatasi a sinistra, s'impossessava del marchesato diDolceacqua, cacciatone un piccolo presidio Piemonteseche vi stava a guardia, l'altra marciando sul littorales'incamminava alla volta di San Remo col pensiero diandar ad occupare Oneglia; il che era il principal fine diquesta fazione. Al tempo medesimo un'altra grossaschiera, salendo per quei monti alti e dirupati, avevacacciato i Piemontesi dal colle delle Forche, ed ancheoccupato le vicine alture di Dolceacqua, per le quali siapre una strada, quantunque molto stretta ed alpestre,verso Saorgio. Nè contenti a questo i Francesi, muoven-dosi sulla stanca di Nizza, si erano fatti padroni di tutti iposti fin oltre Breglio, i quali erano come i primi propu-gnacoli a guarentire l'importante fortezza di Saorgio. Lostesso colle di Raus, dove le genti regie avevano, nonera ancora scorso un anno, combattendo con molto valo-re acquistato una gloriosa vittoria, veniva in poter deivincitori, per modo che Saorgio, perdute tutte le difeseesteriori, si trovava esposto ad essere assalito da vicino.Non ostante, essendo forte per natura e per arte, assai ar-dua fatica sarebbe riuscita ai repubblicani quella d'impa-dronirsene per oppugnazione con assaltarlo da fronte.Mentre in tale guisa stava Saorgio in grave pericolo,

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natore Genovese: ma avendone poscia fatto forti querelecoi rappresentanti Robespierre e Saliceti, ritirossene ilpresidio Francese, lasciando di nuovo il castello in pote-stà dei Genovesi.Intanto proseguendo i Francesi la impresa loro, una par-te voltatasi a sinistra, s'impossessava del marchesato diDolceacqua, cacciatone un piccolo presidio Piemonteseche vi stava a guardia, l'altra marciando sul littorales'incamminava alla volta di San Remo col pensiero diandar ad occupare Oneglia; il che era il principal fine diquesta fazione. Al tempo medesimo un'altra grossaschiera, salendo per quei monti alti e dirupati, avevacacciato i Piemontesi dal colle delle Forche, ed ancheoccupato le vicine alture di Dolceacqua, per le quali siapre una strada, quantunque molto stretta ed alpestre,verso Saorgio. Nè contenti a questo i Francesi, muoven-dosi sulla stanca di Nizza, si erano fatti padroni di tutti iposti fin oltre Breglio, i quali erano come i primi propu-gnacoli a guarentire l'importante fortezza di Saorgio. Lostesso colle di Raus, dove le genti regie avevano, nonera ancora scorso un anno, combattendo con molto valo-re acquistato una gloriosa vittoria, veniva in poter deivincitori, per modo che Saorgio, perdute tutte le difeseesteriori, si trovava esposto ad essere assalito da vicino.Non ostante, essendo forte per natura e per arte, assai ar-dua fatica sarebbe riuscita ai repubblicani quella d'impa-dronirsene per oppugnazione con assaltarlo da fronte.Mentre in tale guisa stava Saorgio in grave pericolo,

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marciavano i repubblicani sul lido verso Oneglia. EraOneglia un posto di non poca importanza; annidavano inquel porto corsari arditissimi, che interrompevano i traf-fichi di mare con grave danno dei Francesi alloggiati inNizza, che niun altro mezzo avevano di vettovagliarsi senon per le navi Genovesi, che loro portavano i fromenti.Oltre a questo la strada non era nè lunga, nè difficile perandar ad assaltare Ormea e Garessio, terre grosse, per lequali si apre l'adito alle pianure del Piemonte. Finalmen-te era Oneglia il solo spiraglio che fosse rimasto al re diSardegna, a poter comunicare prontamente e sicuramen-te coll'Inghilterra, massimamente con le flotte Inglesi,che già erano, o fra breve si aspettavano nelle acque delMediterraneo. Sapevano queste cose coloro che regge-vano le armi regie, e perciò avevano risoluto di fare unatesta grossa sulle alture di Sant'Agata. Radunato tuttoquel maggior numero di genti che per loro si poteva intanta pressa, e poste le artiglierìe nei luoghi più opportu-ni, aspettavano con animo costante l'affronto. Ma nè ilnumero dei soldati, nè i provvedimenti militari eranotali, che potessero arrestare il corso ad un nemico chesopravvanzava per la moltitudine, ed era fatto più auda-ce per le vittorie. La battaglia fu aspra. I Francesi partitida San Remo, ed occupato Porto Maurizio, salivanoall'erta di Sant'Agata con ardore inestimabile; non menoforte fu la resistenza dei Piemontesi, massime delle arti-glierìe, le quali traendo a punto fermo facevano unastrage incredibile nelle file dei Francesi. Questi, vedutoil danno, e stimando che nissun altro modo avevano di

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marciavano i repubblicani sul lido verso Oneglia. EraOneglia un posto di non poca importanza; annidavano inquel porto corsari arditissimi, che interrompevano i traf-fichi di mare con grave danno dei Francesi alloggiati inNizza, che niun altro mezzo avevano di vettovagliarsi senon per le navi Genovesi, che loro portavano i fromenti.Oltre a questo la strada non era nè lunga, nè difficile perandar ad assaltare Ormea e Garessio, terre grosse, per lequali si apre l'adito alle pianure del Piemonte. Finalmen-te era Oneglia il solo spiraglio che fosse rimasto al re diSardegna, a poter comunicare prontamente e sicuramen-te coll'Inghilterra, massimamente con le flotte Inglesi,che già erano, o fra breve si aspettavano nelle acque delMediterraneo. Sapevano queste cose coloro che regge-vano le armi regie, e perciò avevano risoluto di fare unatesta grossa sulle alture di Sant'Agata. Radunato tuttoquel maggior numero di genti che per loro si poteva intanta pressa, e poste le artiglierìe nei luoghi più opportu-ni, aspettavano con animo costante l'affronto. Ma nè ilnumero dei soldati, nè i provvedimenti militari eranotali, che potessero arrestare il corso ad un nemico chesopravvanzava per la moltitudine, ed era fatto più auda-ce per le vittorie. La battaglia fu aspra. I Francesi partitida San Remo, ed occupato Porto Maurizio, salivanoall'erta di Sant'Agata con ardore inestimabile; non menoforte fu la resistenza dei Piemontesi, massime delle arti-glierìe, le quali traendo a punto fermo facevano unastrage incredibile nelle file dei Francesi. Questi, vedutoil danno, e stimando che nissun altro modo avevano di

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espugnare quel forte posto, che la celerità, spintisi avan-ti prontissimamente, e condotti alcuni pezzi d'artiglierìeminute in luoghi prima creduti inaccessibili, e traendo ascheggie contro i Piemontesi, che ancor essi fulminava-no nella stessa forma, tanto fecero, che questi, soppres-sati dal numero, e sorpresi all'ardire del nemico, si ritira-rono non senza qualche disordine da quel sito eminente,che con molto valore avevano difeso. Poscia squadrona-tisi di nuovo si ridussero al ponte di Nava, lasciandoOneglia, che più non si poteva difendere, apertaall'impeto del vincitore. Gli abitatori mossi dal romoredelle armi, e nei quali la ricordanza delle uccisioni e deisaccheggi fatti ai tempi di Truguet, aveva messo ungrandissimo spavento, lasciata la città abbandonata e de-serta, si erano ritirati ai luoghi alpestri e chiusi. Vi entra-rono i repubblicani, e quì per fare testimonianza al vero,è debito nostro il raccontare come, modestamente go-vernandosi, e' si astennero dal por mano nelle sostanzealtrui, portarono rispetto alle cose sacre, e nissun segnodando nè della petulanza repubblicana, nè dell'insolenzamilitare, acquistarono nome d'uomini moderati e civili.La qual cosa tanto è più da notarsi, quanto a quei tempiin Francia correvano esempj degni di ogni più truculentabarbarie, ed essi medesimi si trovavano allo stremo diogni fornimento al vivere umano necessario. Trovaronoin Oneglia dodici bocche da fuoco, magazzini pieni divettovaglia, bestie da soma a poter servire ai bisogniloro in quelle guerre alpestri. Pubblicarono che i fuggiti-vi si ripatriassero sotto pena di confisca, promettendo a

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espugnare quel forte posto, che la celerità, spintisi avan-ti prontissimamente, e condotti alcuni pezzi d'artiglierìeminute in luoghi prima creduti inaccessibili, e traendo ascheggie contro i Piemontesi, che ancor essi fulminava-no nella stessa forma, tanto fecero, che questi, soppres-sati dal numero, e sorpresi all'ardire del nemico, si ritira-rono non senza qualche disordine da quel sito eminente,che con molto valore avevano difeso. Poscia squadrona-tisi di nuovo si ridussero al ponte di Nava, lasciandoOneglia, che più non si poteva difendere, apertaall'impeto del vincitore. Gli abitatori mossi dal romoredelle armi, e nei quali la ricordanza delle uccisioni e deisaccheggi fatti ai tempi di Truguet, aveva messo ungrandissimo spavento, lasciata la città abbandonata e de-serta, si erano ritirati ai luoghi alpestri e chiusi. Vi entra-rono i repubblicani, e quì per fare testimonianza al vero,è debito nostro il raccontare come, modestamente go-vernandosi, e' si astennero dal por mano nelle sostanzealtrui, portarono rispetto alle cose sacre, e nissun segnodando nè della petulanza repubblicana, nè dell'insolenzamilitare, acquistarono nome d'uomini moderati e civili.La qual cosa tanto è più da notarsi, quanto a quei tempiin Francia correvano esempj degni di ogni più truculentabarbarie, ed essi medesimi si trovavano allo stremo diogni fornimento al vivere umano necessario. Trovaronoin Oneglia dodici bocche da fuoco, magazzini pieni divettovaglia, bestie da soma a poter servire ai bisogniloro in quelle guerre alpestri. Pubblicarono che i fuggiti-vi si ripatriassero sotto pena di confisca, promettendo a

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tutti, che tornassero, intiera sicurezza nelle persone enelle proprietà. Nè contenti alla possessione di Oneglia,spedivano una quadriglia di soldati ad impossessarsi diLoano, terra anch'essa con piccolo porto situata in suquella marina, ed appartenente al re di Sardegna.Quantunque questa fazione fosse d'importanza per le bi-sogne loro verso il mare, non bastava però a compirel'altro disegno d'impadronirsi dei sommi gioghi deimonti, ed a seminar terrore con più vicina presenza nellepianure del Piemonte. S'accorgevano, siccome quelliche esperti erano ed avveduti, che insino a tanto chequelle altissime cime fossero in mano dei regj, e massi-me il ponte di Nava, passo forte, al quale si erano atte-stati con munirlo di trincee e di artiglierìe, la vittoriaconseguita non avrebbe avuto il suo compimento. Eranooltreacciò accorsi a difendere quel passo quindeci centi-naja di Austriaci pronti a mostrare, poichè il male già siavvicinava, che l'ajuto loro verso un alleato generoso, icui stati oggimai ardevano, era più che di parole. Masse-na, già vincitore di Sant'Agata e di Oneglia, fu destinatoa questa fazione. Andò all'assalto del ponte di Nava conottomila soldati scelti, e tanto, e così subito fu l'impetoloro, che nè i luoghi, oltre ogni dire difficili, nè le trin-cee fatte dai regj, nè le artiglierìe loro governate conmolta maestrìa, poterono operare che i repubblicani nonriuscissero vincitori. Questo fatto dimostrò, che nè i Pie-montesi, nè gli Austriaci, quantunque forti e valorosisoldati fossero, non erano ancor usi a quegli assalti così

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tutti, che tornassero, intiera sicurezza nelle persone enelle proprietà. Nè contenti alla possessione di Oneglia,spedivano una quadriglia di soldati ad impossessarsi diLoano, terra anch'essa con piccolo porto situata in suquella marina, ed appartenente al re di Sardegna.Quantunque questa fazione fosse d'importanza per le bi-sogne loro verso il mare, non bastava però a compirel'altro disegno d'impadronirsi dei sommi gioghi deimonti, ed a seminar terrore con più vicina presenza nellepianure del Piemonte. S'accorgevano, siccome quelliche esperti erano ed avveduti, che insino a tanto chequelle altissime cime fossero in mano dei regj, e massi-me il ponte di Nava, passo forte, al quale si erano atte-stati con munirlo di trincee e di artiglierìe, la vittoriaconseguita non avrebbe avuto il suo compimento. Eranooltreacciò accorsi a difendere quel passo quindeci centi-naja di Austriaci pronti a mostrare, poichè il male già siavvicinava, che l'ajuto loro verso un alleato generoso, icui stati oggimai ardevano, era più che di parole. Masse-na, già vincitore di Sant'Agata e di Oneglia, fu destinatoa questa fazione. Andò all'assalto del ponte di Nava conottomila soldati scelti, e tanto, e così subito fu l'impetoloro, che nè i luoghi, oltre ogni dire difficili, nè le trin-cee fatte dai regj, nè le artiglierìe loro governate conmolta maestrìa, poterono operare che i repubblicani nonriuscissero vincitori. Questo fatto dimostrò, che nè i Pie-montesi, nè gli Austriaci, quantunque forti e valorosisoldati fossero, non erano ancor usi a quegli assalti così

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subiti, ed a quelle battaglie da disperati. Ne nacque inloro uno sbigottimento di cattivo augurio, e tanto terrorenelle popolazioni, che pensarono meglio a salvar le per-sone, che le masserizie; le terre restarono quasi deserte.Massena, per non dar respitto, e per far parere la cosapiù grave ancora che non era, mandò fuori un bando coisoliti blandimenti e minacce: Piemontesi, dicendo, eccoche son vicini a voi gl'invincibili repubblicani di Fran-cia; non conoscono essi altri nemici, che quelli della li-bertà; levatevi dal collo il giogo del vostro tiranno: cosìvi avremo in luogo di fratelli; quando no, vi tratteremoda schiavi: rispondetemi, e tosto al campo. Questi incen-tivi di Massena, sebbene ei fosse uomo da fare più chenon diceva, non partorirono effetti di sorte alcuna, per-chè i soldati regj non gl'intendevano, e le popolazioninon gli sapevano, gli uni e le altre erano fedeli.Superato il ponte di Nava, corsero i repubblicani controil borgo di Ormea, che abbandonato dai difensori, vennein potere degli assalitori; trovaronvi dodici pezzi d'arti-glierìa grossa piemontese, dieci di bronzo gittati ai tem-pi di Luigi decimoquarto, tre mila archibusi, munizioni,e fornimenti da guerra in proporzione, con sei mila minedi fromenti, molto riso e farine destinate all'usodell'esercito. Di singolare utilità pel vestire dei soldati,riuscì ai repubblicani la quantità di panni lavorati trovatiin Ormea: undeci centinaja di prigionieri resero più co-spicua questa vittoria. Più di cento fuggitivi dell'esercitorepubblicano, ritornando alle insegne proprie, se ne an-

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subiti, ed a quelle battaglie da disperati. Ne nacque inloro uno sbigottimento di cattivo augurio, e tanto terrorenelle popolazioni, che pensarono meglio a salvar le per-sone, che le masserizie; le terre restarono quasi deserte.Massena, per non dar respitto, e per far parere la cosapiù grave ancora che non era, mandò fuori un bando coisoliti blandimenti e minacce: Piemontesi, dicendo, eccoche son vicini a voi gl'invincibili repubblicani di Fran-cia; non conoscono essi altri nemici, che quelli della li-bertà; levatevi dal collo il giogo del vostro tiranno: cosìvi avremo in luogo di fratelli; quando no, vi tratteremoda schiavi: rispondetemi, e tosto al campo. Questi incen-tivi di Massena, sebbene ei fosse uomo da fare più chenon diceva, non partorirono effetti di sorte alcuna, per-chè i soldati regj non gl'intendevano, e le popolazioninon gli sapevano, gli uni e le altre erano fedeli.Superato il ponte di Nava, corsero i repubblicani controil borgo di Ormea, che abbandonato dai difensori, vennein potere degli assalitori; trovaronvi dodici pezzi d'arti-glierìa grossa piemontese, dieci di bronzo gittati ai tem-pi di Luigi decimoquarto, tre mila archibusi, munizioni,e fornimenti da guerra in proporzione, con sei mila minedi fromenti, molto riso e farine destinate all'usodell'esercito. Di singolare utilità pel vestire dei soldati,riuscì ai repubblicani la quantità di panni lavorati trovatiin Ormea: undeci centinaja di prigionieri resero più co-spicua questa vittoria. Più di cento fuggitivi dell'esercitorepubblicano, ritornando alle insegne proprie, se ne an-

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darono a Nizza. Seguitarono Garessio e Bagnasco lafortuna del vincitore, sicchè altro impedimento non re-stava a superarsi dai repubblicani, oramai penetrati nellavalle del Tanaro, perchè non si spandessero in Piemonte,che la fortezza di Ceva, alla quale fecero la intimazione.Il generale Argenteau, che la governava, rispose, volerladifendere sino all'estremo.I Francesi conquistata Oneglia ed i luoghi importanti,pei quali potevano andar a ferire il cuore del Piemonte,pensarono ad assicurarsi di altri posti di uguale momen-to, sì per dar timore da diverse parti al nemico, e sì perassicurarsi la possessione di quello che già avevano con-quistato. Nel che mostrarono tanta perizia nelle cose mi-litari, e tanto ardimento, che l'Europa ne restò piena dimaraviglia e di terrore. Imperciocchè non solo fu lorod'uopo combattere con soldati valorosi, ma ancora conle nevi, coi ghiacci, con le rupi, coi precipizj, in tempiasprissimi per la stagione. Opera non solo ardua, ma im-possibile si credeva quella di superare il piccolo SanBernardo, non che ai tempi invernali, nella stagione pro-pizia. Ma non si ristarono gli audaci repubblicani: primadel terminar d'aprile, il generale Bagdelone, dopo diaver serenato due giorni sulle nevi delle più alte cimedei monti, con soldati disposti a morire di disagio, nonche di ferite, piuttosto che non arrivare ai fini loro, as-saltò improvvisamente tre forti ridotti, che i Piemontesiavevano construtto sul monte Valesano a difesa del som-mo giogo del San Bernardo, e dopo breve contrasto se

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darono a Nizza. Seguitarono Garessio e Bagnasco lafortuna del vincitore, sicchè altro impedimento non re-stava a superarsi dai repubblicani, oramai penetrati nellavalle del Tanaro, perchè non si spandessero in Piemonte,che la fortezza di Ceva, alla quale fecero la intimazione.Il generale Argenteau, che la governava, rispose, volerladifendere sino all'estremo.I Francesi conquistata Oneglia ed i luoghi importanti,pei quali potevano andar a ferire il cuore del Piemonte,pensarono ad assicurarsi di altri posti di uguale momen-to, sì per dar timore da diverse parti al nemico, e sì perassicurarsi la possessione di quello che già avevano con-quistato. Nel che mostrarono tanta perizia nelle cose mi-litari, e tanto ardimento, che l'Europa ne restò piena dimaraviglia e di terrore. Imperciocchè non solo fu lorod'uopo combattere con soldati valorosi, ma ancora conle nevi, coi ghiacci, con le rupi, coi precipizj, in tempiasprissimi per la stagione. Opera non solo ardua, ma im-possibile si credeva quella di superare il piccolo SanBernardo, non che ai tempi invernali, nella stagione pro-pizia. Ma non si ristarono gli audaci repubblicani: primadel terminar d'aprile, il generale Bagdelone, dopo diaver serenato due giorni sulle nevi delle più alte cimedei monti, con soldati disposti a morire di disagio, nonche di ferite, piuttosto che non arrivare ai fini loro, as-saltò improvvisamente tre forti ridotti, che i Piemontesiavevano construtto sul monte Valesano a difesa del som-mo giogo del San Bernardo, e dopo breve contrasto se

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ne impadroniva; i regj a tutt'altro pensando fuori che aquesto, se n'erano stati a poco buona guardia. I repubbli-cani intanto insignoritisi delle artiglierìe che munivano itre ridotti, le voltarono contro la cappella del San Ber-nardo, dove i regj avevano il campo più grosso, e face-vano le viste di fulminarla. Fu forza allora ai Piemontesidi ritirarsi, lasciando in mano dei nemici un sito, che fuprima perduto, che si pensasse che si potesse perdere.Nè i Francesi arrestarono il corso loro; anzi spingendosiavanti, cacciarono a furia i Piemontesi all'ingiù di quellerupi sin più là della Tuile, della quale s'impadronirono.Per questo moto fu messa in sentore tutta la valled'Aosta, e già si temeva della capitale della provincia. Inquel mentre accorse prontamente il duca di Monferrato,che dopo di aver raccolte con se tutte le milizie, e tuttele genti regolari che in sì grave tumulto potè, e spintosiavanti, frenò il corso alle cose che precipitavano. Certa-mente nissuna fazione fra tante, e tutte audacissime, chele guerre dei nostri tempi offerirono, nissuna più audace,nissuna più pericolosa di questa tentossi o compissi; esebbene sia stata fatta con pochi, e contro pochi soldati,ed in luoghi ristrettissimi, non debbono negarsi a chi lacondusse, le prime e le più principali lodi di guerra.Tentarono nel medesimo tempo, e pei medesimi motivi irepubblicani parecchie altre fazioni nelle Alpi. Varcaro-no, non arrestati nè dai turbini, nè dalle nevi altissime, ilmonte della Croce, e riuscendo all'improvviso sopra ilforte di Mirabocco difeso da pochi invalidi, se ne impa-

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ne impadroniva; i regj a tutt'altro pensando fuori che aquesto, se n'erano stati a poco buona guardia. I repubbli-cani intanto insignoritisi delle artiglierìe che munivano itre ridotti, le voltarono contro la cappella del San Ber-nardo, dove i regj avevano il campo più grosso, e face-vano le viste di fulminarla. Fu forza allora ai Piemontesidi ritirarsi, lasciando in mano dei nemici un sito, che fuprima perduto, che si pensasse che si potesse perdere.Nè i Francesi arrestarono il corso loro; anzi spingendosiavanti, cacciarono a furia i Piemontesi all'ingiù di quellerupi sin più là della Tuile, della quale s'impadronirono.Per questo moto fu messa in sentore tutta la valled'Aosta, e già si temeva della capitale della provincia. Inquel mentre accorse prontamente il duca di Monferrato,che dopo di aver raccolte con se tutte le milizie, e tuttele genti regolari che in sì grave tumulto potè, e spintosiavanti, frenò il corso alle cose che precipitavano. Certa-mente nissuna fazione fra tante, e tutte audacissime, chele guerre dei nostri tempi offerirono, nissuna più audace,nissuna più pericolosa di questa tentossi o compissi; esebbene sia stata fatta con pochi, e contro pochi soldati,ed in luoghi ristrettissimi, non debbono negarsi a chi lacondusse, le prime e le più principali lodi di guerra.Tentarono nel medesimo tempo, e pei medesimi motivi irepubblicani parecchie altre fazioni nelle Alpi. Varcaro-no, non arrestati nè dai turbini, nè dalle nevi altissime, ilmonte della Croce, e riuscendo all'improvviso sopra ilforte di Mirabocco difeso da pochi invalidi, se ne impa-

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dronirono facilmente. Poscia scendendo per la valle diLucerna, occuparono Bobbio, ed altre terra superioridella medesima valle, minacciando Pinerolo di prossimoassalto. Ma anche quì si fecero dal governo le convene-voli provvisioni, per modo che assaliti valorosamente iFrancesi dai regj nella terra del Villars, furono costretti aritirarsi ai sommi gioghi. Passato altresì il monte Gine-vra, si calarono sino a Cesana, e s'insignorirono dellagrossa terra d'Oulx, dove posero una taglia enorme; madopo di aver presentito la fortezza d'Icilia, che si trovavamunitissima, si ritirarono di nuovo ai luoghi alti e sco-scesi, contenti allo aver romoreggiato con l'armi loro perquelle valli alpestri, ed allo aver fatto diversione effica-ce alla guerra di Oneglia. Con la medesima fortuna sfor-zarono il colle dell'Argentiera ed il passo delle Barrica-te, pel quale si apre l'adito nella valle della Stura. Fuquesta fazione di non poca utilità alle genti di Francia,perchè per lei si spianò la strada all'esercito d'Italia a po-ter comunicare con quello dell'Alpi.Il fatto d'armi di maggior rilievo e per la sua grandezza,e pel valore mostrato da ambe le parti, successe sulle al-tissime cime del monte Cenisio. Appunto, e principal-mente per facilitarne la vittoria, avevano i Francesi datocon forza a sinistra nel piccolo San Bernardo, a destranei monti Ginevra, della Croce, e dell'Argentiera. Trova-si il sommo vertice del Moncenisio, là dove si spartonole acque tra il Rodano ed il Po, situato a quella estremitàdella sua pianura, che guarda la Savoja. Ivi una eminen-

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dronirono facilmente. Poscia scendendo per la valle diLucerna, occuparono Bobbio, ed altre terra superioridella medesima valle, minacciando Pinerolo di prossimoassalto. Ma anche quì si fecero dal governo le convene-voli provvisioni, per modo che assaliti valorosamente iFrancesi dai regj nella terra del Villars, furono costretti aritirarsi ai sommi gioghi. Passato altresì il monte Gine-vra, si calarono sino a Cesana, e s'insignorirono dellagrossa terra d'Oulx, dove posero una taglia enorme; madopo di aver presentito la fortezza d'Icilia, che si trovavamunitissima, si ritirarono di nuovo ai luoghi alti e sco-scesi, contenti allo aver romoreggiato con l'armi loro perquelle valli alpestri, ed allo aver fatto diversione effica-ce alla guerra di Oneglia. Con la medesima fortuna sfor-zarono il colle dell'Argentiera ed il passo delle Barrica-te, pel quale si apre l'adito nella valle della Stura. Fuquesta fazione di non poca utilità alle genti di Francia,perchè per lei si spianò la strada all'esercito d'Italia a po-ter comunicare con quello dell'Alpi.Il fatto d'armi di maggior rilievo e per la sua grandezza,e pel valore mostrato da ambe le parti, successe sulle al-tissime cime del monte Cenisio. Appunto, e principal-mente per facilitarne la vittoria, avevano i Francesi datocon forza a sinistra nel piccolo San Bernardo, a destranei monti Ginevra, della Croce, e dell'Argentiera. Trova-si il sommo vertice del Moncenisio, là dove si spartonole acque tra il Rodano ed il Po, situato a quella estremitàdella sua pianura, che guarda la Savoja. Ivi una eminen-

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za, quale sbarra, si distende dall'un lato e dall'altro, a si-nistra, dalla Savoja guardando, insino ad un greppo dimonti asprissimi ed altissimi, a destra insino ad un borroprofondo ingombro di pini e di altri alberi alpestri, e po-scia precipitando con somma ripidezza sino a Lanebur-go, fa quella via molto erta e precipitosa a chi sale daquella prima terra della Savoja verso il sommo giogo.Così il piano del Cenisio, che va con comoda salita, achi viene dall Italia, sollevandosi sino a quell'estremaeminenza, giunto alla medesima si dirupa ad un trattoverso la Savoja; il che è contrario al solito costume delleAlpi, sempre più precipitose verso Italia, che versoFrancia. Avevano i Piemontesi munito quell'eminenzacon molte e grosse artiglierìe, e con trincee, e con ridot-ti. Tre principalissimi massimamente parevano renderesicuro quel passo, dei quali uno chiamato dei Rivettiguardava il borro; il secondo detto della Ramassa, e chestava in mezzo, s'affacciava alla salita della Ramassa,che è la strada solita a farsi dai viaggiatori; finalmente ilterzo posto alla destra de' regj, il quale, avuto il nome diun valente generale Italiano, che militava ai soldidell'Austria, chiamavasi ridotto di Strasoldo, aveva lebocche delle sue artiglierìe volte verso una selva dispessi e folti virgulti, che poteva da quella parte facilita-re la salita agli assalitori. Erano tutti questi posti presi-diati da soldati agguerriti, e da cannonieri abilissimi.Tutti avevano gran fede nel barone Quinto, soldato dimolto valore e di pruovata sperienza, che gli governava:così il luogo, l'arte ed il valore promettevano la vittoria.

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za, quale sbarra, si distende dall'un lato e dall'altro, a si-nistra, dalla Savoja guardando, insino ad un greppo dimonti asprissimi ed altissimi, a destra insino ad un borroprofondo ingombro di pini e di altri alberi alpestri, e po-scia precipitando con somma ripidezza sino a Lanebur-go, fa quella via molto erta e precipitosa a chi sale daquella prima terra della Savoja verso il sommo giogo.Così il piano del Cenisio, che va con comoda salita, achi viene dall Italia, sollevandosi sino a quell'estremaeminenza, giunto alla medesima si dirupa ad un trattoverso la Savoja; il che è contrario al solito costume delleAlpi, sempre più precipitose verso Italia, che versoFrancia. Avevano i Piemontesi munito quell'eminenzacon molte e grosse artiglierìe, e con trincee, e con ridot-ti. Tre principalissimi massimamente parevano renderesicuro quel passo, dei quali uno chiamato dei Rivettiguardava il borro; il secondo detto della Ramassa, e chestava in mezzo, s'affacciava alla salita della Ramassa,che è la strada solita a farsi dai viaggiatori; finalmente ilterzo posto alla destra de' regj, il quale, avuto il nome diun valente generale Italiano, che militava ai soldidell'Austria, chiamavasi ridotto di Strasoldo, aveva lebocche delle sue artiglierìe volte verso una selva dispessi e folti virgulti, che poteva da quella parte facilita-re la salita agli assalitori. Erano tutti questi posti presi-diati da soldati agguerriti, e da cannonieri abilissimi.Tutti avevano gran fede nel barone Quinto, soldato dimolto valore e di pruovata sperienza, che gli governava:così il luogo, l'arte ed il valore promettevano la vittoria.

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Ma i Francesi soliti a quei tempi a tentare piuttostol'impossibile che il difficile, erano confidenti di riuscir-ne con vantaggio. Il generale Dumas, capitano eccellen-te, ed assai pratico delle guerre dei monti, fatto conveni-re a Laneburgo una schiera di soldati pronti a mettersi aqualunque più pericoloso cimento, gli aveva provvedutidi quanto era richiesto a far riuscire vittoriosa la repub-blica da quel terribile incontro. Era corsa la stagione sinverso la metà di maggio: in sul finir del giorno, percioc-chè splendeva la luna, givano i repubblicani all'assaltodivisi in tre parti. Condotta l'una da Dumas medesimosaliva per la strada maestra per affrontar il ridotto dellaRamassa, la seconda guidata dal capitano Cherbin si an-dava volteggiando per la selva dei pini coll'intento diriuscire addosso al ridotto dei Rivetti, e finalmente laterza governata da Bagdelone, tanto chiaro per la frescavittoria del San Bernardo, passando per gli sterpi e peivirgulti, si avvicinava al ridotto Strasoldo. Non così to-sto i regj si accorsero dello approssimarsi del nemico,che diedero mano a trarre con l'artiglierìe, e con l'archi-buserìa. Ne nacque in mezzo a quei dirupi una battagliaorribile, resa ancor più spaventosa per l'ombre della not-te che oscuravano le forre più basse, pel lume sinistroche spandevano ad ora ad ora le artiglierìe, e per l'eco,che in quelle cave montagne rispondeva orribilmente davicino e da lontano al rimbombar loro così spesso, ecosì strepitoso. I quali spavento e fracasso sempre piùcrescevano, quanto più si avvicinavano i Francesi ai ri-dotti regj; poichè, non isbigottiti punto dalla feroce dife-

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Ma i Francesi soliti a quei tempi a tentare piuttostol'impossibile che il difficile, erano confidenti di riuscir-ne con vantaggio. Il generale Dumas, capitano eccellen-te, ed assai pratico delle guerre dei monti, fatto conveni-re a Laneburgo una schiera di soldati pronti a mettersi aqualunque più pericoloso cimento, gli aveva provvedutidi quanto era richiesto a far riuscire vittoriosa la repub-blica da quel terribile incontro. Era corsa la stagione sinverso la metà di maggio: in sul finir del giorno, percioc-chè splendeva la luna, givano i repubblicani all'assaltodivisi in tre parti. Condotta l'una da Dumas medesimosaliva per la strada maestra per affrontar il ridotto dellaRamassa, la seconda guidata dal capitano Cherbin si an-dava volteggiando per la selva dei pini coll'intento diriuscire addosso al ridotto dei Rivetti, e finalmente laterza governata da Bagdelone, tanto chiaro per la frescavittoria del San Bernardo, passando per gli sterpi e peivirgulti, si avvicinava al ridotto Strasoldo. Non così to-sto i regj si accorsero dello approssimarsi del nemico,che diedero mano a trarre con l'artiglierìe, e con l'archi-buserìa. Ne nacque in mezzo a quei dirupi una battagliaorribile, resa ancor più spaventosa per l'ombre della not-te che oscuravano le forre più basse, pel lume sinistroche spandevano ad ora ad ora le artiglierìe, e per l'eco,che in quelle cave montagne rispondeva orribilmente davicino e da lontano al rimbombar loro così spesso, ecosì strepitoso. I quali spavento e fracasso sempre piùcrescevano, quanto più si avvicinavano i Francesi ai ri-dotti regj; poichè, non isbigottiti punto dalla feroce dife-

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sa, nè dal numero dei loro morti e feriti, sempre piùs'accostavano, posponendo il non vincere al morire. Giàsi combatteva da vicino ai due ridotti dei Rivetti, e dellaRamassa, e pendeva dubbia la vittoria; perchè il conte diClermont, che vi stava alla difesa, disposti bene ed inco-raggiti i suoi soldati, rendendo furia per furia, nè potevavincere gli assalitori, nè esser vinto da loro. Con parievento e valore si combatteva al ridotto di Strasoldo, nèsi sapeva ancora a chi dovesse rimanere il dominiodell'Alpi, quando Bagdelone con la sua squadra, uscitofelicemente fuori da tutti gl'impedimenti, massime da al-cuni luoghi precipitosi, che gli si pararono davanti stra-da facendo, si scoperse alle spalle del ridotto medesimo,e diè con questa ardentissima mossa principio alla vitto-ria dei suoi; imperciocchè i soldati del re, veduto esegui-to ciò che credevano impossibile, ed essere venuto il pe-ricolo donde non l'aspettavano e dove non avevano dife-sa, pensarono al ritirarsi; il quale consiglio non fu effet-tuato senza qualche inviluppata nelle schiere, mescolan-dosi, e crescendo secondo il solito il terrore là dov'è de-liberazione necessitata dalla forza. Superato il ridottoStrasoldo, non vi era più speranza di poter conservare iRivetti e la Ramassa. Furono pertanto abbandonati conmolta fretta dai difensori, pressati impetuosamente daCherbin e da Dumas, che già prima della rotta dei regj astanca, erano in procinto di entrare, superato ogni osta-colo, in quei forti. In cotal modo le difese rizzatesull'estremo confine d'Italia vennero in poter dei France-si, non senza però che il valore Italiano non avesse fatto

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sa, nè dal numero dei loro morti e feriti, sempre piùs'accostavano, posponendo il non vincere al morire. Giàsi combatteva da vicino ai due ridotti dei Rivetti, e dellaRamassa, e pendeva dubbia la vittoria; perchè il conte diClermont, che vi stava alla difesa, disposti bene ed inco-raggiti i suoi soldati, rendendo furia per furia, nè potevavincere gli assalitori, nè esser vinto da loro. Con parievento e valore si combatteva al ridotto di Strasoldo, nèsi sapeva ancora a chi dovesse rimanere il dominiodell'Alpi, quando Bagdelone con la sua squadra, uscitofelicemente fuori da tutti gl'impedimenti, massime da al-cuni luoghi precipitosi, che gli si pararono davanti stra-da facendo, si scoperse alle spalle del ridotto medesimo,e diè con questa ardentissima mossa principio alla vitto-ria dei suoi; imperciocchè i soldati del re, veduto esegui-to ciò che credevano impossibile, ed essere venuto il pe-ricolo donde non l'aspettavano e dove non avevano dife-sa, pensarono al ritirarsi; il quale consiglio non fu effet-tuato senza qualche inviluppata nelle schiere, mescolan-dosi, e crescendo secondo il solito il terrore là dov'è de-liberazione necessitata dalla forza. Superato il ridottoStrasoldo, non vi era più speranza di poter conservare iRivetti e la Ramassa. Furono pertanto abbandonati conmolta fretta dai difensori, pressati impetuosamente daCherbin e da Dumas, che già prima della rotta dei regj astanca, erano in procinto di entrare, superato ogni osta-colo, in quei forti. In cotal modo le difese rizzatesull'estremo confine d'Italia vennero in poter dei France-si, non senza però che il valore Italiano non avesse fatto

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mostra di se, e dato a vedere alle menti sane, che valorecontro valore avrebbe tenuta la bilancia in fermo, mache valor solo non può prevalere contro valore congiun-to ad entusiasmo.Questa vittoria riuscì ai repubblicani tanto utile e prezio-sa, quanto era stata difficile e pericolosa. Per la subitaritirata dei regj acquistarono i Francesi tutte le artiglierìedei ridotti che erano fioritissime, con alcune altre, chevicine stanziavano per gli scambj, molta moschetterìa, emunizioni sì da guerra che da bocca in quantità conside-rabile. Morirono pochi, rispetto alla gravità del fatto,dall'una parte e dall'altra; circa ottocento prigionieri or-narono la vittoria dei repubblicani. Nacquero in questasubita e confusa ritirata alcuni fatti miserabili; perchètrovandosi fra i regj alcuni fuorusciti di Savoja, e nonpotendo, o non credendo poter fuggire quella furia cheloro teneva dietro, poichè velocemente i vincitori perse-guitavano i vinti, precipitarono se stessi dalle alte rupinei più bassi fondi, anteponendo una morte compassio-nevole, ma volontaria, agli strazj che nella patria lorosapevano contro di loro essere apparecchiati. Non feceroi Francesi fine al perseguitare, se non quando il nemicosi fu ridotto a Susa. In tal modo la Ferriera e la Novale-sa, terre poste l'una sul dorso, l'altra alle falde del Ceni-sio dalla parte d'Italia, vennero a divozione dei repubbli-cani; vi posarono le loro prime scolte. Perduto il Ceni-sio, tutta la difesa del Piemonte per quella strada era ri-dotta nel forte della Brunetta, che fondato sul vivo maci-

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mostra di se, e dato a vedere alle menti sane, che valorecontro valore avrebbe tenuta la bilancia in fermo, mache valor solo non può prevalere contro valore congiun-to ad entusiasmo.Questa vittoria riuscì ai repubblicani tanto utile e prezio-sa, quanto era stata difficile e pericolosa. Per la subitaritirata dei regj acquistarono i Francesi tutte le artiglierìedei ridotti che erano fioritissime, con alcune altre, chevicine stanziavano per gli scambj, molta moschetterìa, emunizioni sì da guerra che da bocca in quantità conside-rabile. Morirono pochi, rispetto alla gravità del fatto,dall'una parte e dall'altra; circa ottocento prigionieri or-narono la vittoria dei repubblicani. Nacquero in questasubita e confusa ritirata alcuni fatti miserabili; perchètrovandosi fra i regj alcuni fuorusciti di Savoja, e nonpotendo, o non credendo poter fuggire quella furia cheloro teneva dietro, poichè velocemente i vincitori perse-guitavano i vinti, precipitarono se stessi dalle alte rupinei più bassi fondi, anteponendo una morte compassio-nevole, ma volontaria, agli strazj che nella patria lorosapevano contro di loro essere apparecchiati. Non feceroi Francesi fine al perseguitare, se non quando il nemicosi fu ridotto a Susa. In tal modo la Ferriera e la Novale-sa, terre poste l'una sul dorso, l'altra alle falde del Ceni-sio dalla parte d'Italia, vennero a divozione dei repubbli-cani; vi posarono le loro prime scolte. Perduto il Ceni-sio, tutta la difesa del Piemonte per quella strada era ri-dotta nel forte della Brunetta, che fondato sul vivo maci-

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gno, e provveduto d'armi e di munizioni, era impossibilead esser superato. Nè i Francesi si attentarono di com-batterlo; poichè contenti all'essere divenuti signori delpasso alpestre del Cenisio, ed allo aver messo spaventocoll'armi loro sulle rive della Dora Riparia, nè essendoin numero sufficiente a poter tentare cosa d'importanzapiù oltre la Novalesa, se ne stettero quieti aspettandoquel che la fortuna si recasse avanti nelle altre parti,dove ardeva la guerra.Dalla parte della Liguria non era compiuta la vittoria deiFrancesi, nè potevano impadronirsi della sommità delleAlpi, finchè restava sotto l'imperio del re la fortezza im-portante di Saorgio. Ma tal era il sito di lei, e così sicuroper arte e per natura il luogo dov'era fondata, che nonpotevano avere speranza di conquistarla per oppugna-zione. Voltarono adunque il pensiero ad insignorirseneper assedio; il che credettero di poter conseguire facil-mente, traversando i monti asprissimi, che dividono ilGenovesato dalla valle della Roja, e scendendo ad occu-parla nella parte superiore a Saorgio; perchè in talemodo essendo chiuso l'adito alla fortezza e sotto e sopra,e mancata ai difensori ogni speranza di soccorso, avreb-bero dovuto fra breve cedere alla necessità. I capitanidel re, e fra i primi Colli, conosciuto il pericolo, si eranoingegnati di ovviarvi con aver fortificato diligentementele cime di quei monti, massime il passo principale delcolle Ardente. Ivi si aspettava una sanguinosa battaglia.Infatti i Francesi, audaci secondo il solito, e baldanzosi

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gno, e provveduto d'armi e di munizioni, era impossibilead esser superato. Nè i Francesi si attentarono di com-batterlo; poichè contenti all'essere divenuti signori delpasso alpestre del Cenisio, ed allo aver messo spaventocoll'armi loro sulle rive della Dora Riparia, nè essendoin numero sufficiente a poter tentare cosa d'importanzapiù oltre la Novalesa, se ne stettero quieti aspettandoquel che la fortuna si recasse avanti nelle altre parti,dove ardeva la guerra.Dalla parte della Liguria non era compiuta la vittoria deiFrancesi, nè potevano impadronirsi della sommità delleAlpi, finchè restava sotto l'imperio del re la fortezza im-portante di Saorgio. Ma tal era il sito di lei, e così sicuroper arte e per natura il luogo dov'era fondata, che nonpotevano avere speranza di conquistarla per oppugna-zione. Voltarono adunque il pensiero ad insignorirseneper assedio; il che credettero di poter conseguire facil-mente, traversando i monti asprissimi, che dividono ilGenovesato dalla valle della Roja, e scendendo ad occu-parla nella parte superiore a Saorgio; perchè in talemodo essendo chiuso l'adito alla fortezza e sotto e sopra,e mancata ai difensori ogni speranza di soccorso, avreb-bero dovuto fra breve cedere alla necessità. I capitanidel re, e fra i primi Colli, conosciuto il pericolo, si eranoingegnati di ovviarvi con aver fortificato diligentementele cime di quei monti, massime il passo principale delcolle Ardente. Ivi si aspettava una sanguinosa battaglia.Infatti i Francesi, audaci secondo il solito, e baldanzosi

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per le vittorie, dopo di essere stati respinti con molto va-lore in un primo incontro, si appresentarono alla batterìail dì venzette aprile, ed incominciarono un furiosissimocombattimento. Durò molte ore il conflitto; finalmente iFrancesi, spintisi avanti grossi ed impetuosi contro il ri-dotto di Felta, che era parte delle difese rizzate sulle rivedel Tanarello e della Saccarda, se ne impadronirono; laqual cosa fu occasione che tutti quei passi, e principal-mente quello del colle Ardente, fossero ridotti in potestàloro. Morirono in questo fatto parecchj soldati di nome,e di valore dall'una parte e dall'altra. Nè voglio che lasolita continenza degl'Italiani, che sa qualche volta difreddezza, nel far onore agli uomini virtuosi loro, quan-do le testimonianze non vengono loro dai forestieri, tan-to mi trattenga, che io non soddisfaccia ad un mio giustodesiderio raccontando come in questo fatto fu feritomortalmente il capitano Maulandi, capitano che eranell'esercito regio, nel quale io non saprei dire se fossemaggiore o il valor militare, o la modestia civile, ol'amore dell'umanità, o l'ingegno, o la letteratura. Amicode' miei, amico di tutti i buoni, e buono egli stesso, me-ritò certamente che altro più degno storico ch'io nonsono, tramandasse le sue lodi ai posteri; ma siccomepure questa soma mi è stata accollata da chi in me stessopuò più di me, godomi bene che l'occasione mi sia portadi fare una tal quale testimonianza al nome del buonMaulandi, confortandomi in tal modo colla immagine diun uomo giusto e dabbene, del fastidio dello aver a rac-contare tante corruttele, e tanti vizj dell'età nostra: av-

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per le vittorie, dopo di essere stati respinti con molto va-lore in un primo incontro, si appresentarono alla batterìail dì venzette aprile, ed incominciarono un furiosissimocombattimento. Durò molte ore il conflitto; finalmente iFrancesi, spintisi avanti grossi ed impetuosi contro il ri-dotto di Felta, che era parte delle difese rizzate sulle rivedel Tanarello e della Saccarda, se ne impadronirono; laqual cosa fu occasione che tutti quei passi, e principal-mente quello del colle Ardente, fossero ridotti in potestàloro. Morirono in questo fatto parecchj soldati di nome,e di valore dall'una parte e dall'altra. Nè voglio che lasolita continenza degl'Italiani, che sa qualche volta difreddezza, nel far onore agli uomini virtuosi loro, quan-do le testimonianze non vengono loro dai forestieri, tan-to mi trattenga, che io non soddisfaccia ad un mio giustodesiderio raccontando come in questo fatto fu feritomortalmente il capitano Maulandi, capitano che eranell'esercito regio, nel quale io non saprei dire se fossemaggiore o il valor militare, o la modestia civile, ol'amore dell'umanità, o l'ingegno, o la letteratura. Amicode' miei, amico di tutti i buoni, e buono egli stesso, me-ritò certamente che altro più degno storico ch'io nonsono, tramandasse le sue lodi ai posteri; ma siccomepure questa soma mi è stata accollata da chi in me stessopuò più di me, godomi bene che l'occasione mi sia portadi fare una tal quale testimonianza al nome del buonMaulandi, confortandomi in tal modo colla immagine diun uomo giusto e dabbene, del fastidio dello aver a rac-contare tante corruttele, e tanti vizj dell'età nostra: av-

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vengadiochè io mi creda, che miglior fede ch'io far nonposso delle sue virtù, faranno ai posteri gli scritti suoipieni di spirito poetico, di dolce amenità, di grazia tuttaOraziana. Delle opinioni correnti pensava moderata-mente. Amatore di corretta libertà, desiderava modera-zione nelle potestà supreme, ma diede volentieri e san-gue e vita alla patria, ed al re, per loro fedelmente e va-lorosamente combattendo.La vittoria del colle Ardente diè campo ai Francesi dicalarsi per la via della Briga alle spalle di Saorgio sullastrada maestra che porta al colle di Tenda, ed in talmodo quel forte, abbandonato alla larga da' suoi difen-sori, e circondato da ogni parte dai nemici, fu ridotto adifendersi con le proprie forze. Certamente, essendomunitissimo, avrebbe potuto agevolmente difendersi in-sino a che la fame non costringesse il presidio a farquello a che la forza non l'avrebbe necessitato. AvevaColli, ritirandosi più frettolosamente che poteva verso ilcolle di Tenda, ordinato al cavaliere di Sant'Amore, co-mandante della fortezza, resistesse più lungamente chepotesse e non cedesse la piazza, se non quando ne aves-se avuto il comandamento da lui, perchè l'intento suoera di ritornare con maggior nervo di forze a soccorrer-la. Ma il cavaliere, o che credesse nella occorrenza pre-sente, e per l'effetto dello essere i Francesi calati sullastrada maestra tra Saorgio ed il colle di Tenda, fosse im-possibile al Colli di mandargli avviso, o per altra menonota cagione, la dette, con patto che fossero salve le so-

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vengadiochè io mi creda, che miglior fede ch'io far nonposso delle sue virtù, faranno ai posteri gli scritti suoipieni di spirito poetico, di dolce amenità, di grazia tuttaOraziana. Delle opinioni correnti pensava moderata-mente. Amatore di corretta libertà, desiderava modera-zione nelle potestà supreme, ma diede volentieri e san-gue e vita alla patria, ed al re, per loro fedelmente e va-lorosamente combattendo.La vittoria del colle Ardente diè campo ai Francesi dicalarsi per la via della Briga alle spalle di Saorgio sullastrada maestra che porta al colle di Tenda, ed in talmodo quel forte, abbandonato alla larga da' suoi difen-sori, e circondato da ogni parte dai nemici, fu ridotto adifendersi con le proprie forze. Certamente, essendomunitissimo, avrebbe potuto agevolmente difendersi in-sino a che la fame non costringesse il presidio a farquello a che la forza non l'avrebbe necessitato. AvevaColli, ritirandosi più frettolosamente che poteva verso ilcolle di Tenda, ordinato al cavaliere di Sant'Amore, co-mandante della fortezza, resistesse più lungamente chepotesse e non cedesse la piazza, se non quando ne aves-se avuto il comandamento da lui, perchè l'intento suoera di ritornare con maggior nervo di forze a soccorrer-la. Ma il cavaliere, o che credesse nella occorrenza pre-sente, e per l'effetto dello essere i Francesi calati sullastrada maestra tra Saorgio ed il colle di Tenda, fosse im-possibile al Colli di mandargli avviso, o per altra menonota cagione, la dette, con patto che fossero salve le so-

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stanze e la vita, e sotto fede di restar prigioniero di guer-ra con tutti i suoi soldati. Condotto a Torino, e quivi pro-cessato in un con Mesmer, comandante di Mirabocco,furono entrambi condannati a morte da un consiglio mi-litare, e passati per le armi sulla spianata della cittadella;col quale giudizio, se giusto, certamente anche rigoroso,volle il governo dar terrore ai novatori, e credenza ai po-poli, che il tradimento avea procurato la vittoria al nemi-co.Rimaneva ai Francesi per compir l'opera che s'impadro-nissero del colle di Tenda, sommo apice dell'Alpi Marit-time; nè s'indugiarono a quest'impresa, volendo preva-lersi dello scompiglio dei regj, e del favore della vitto-ria. Per la qual cosa, seguitando con celerità, assaltaronoi Piemontesi, che facevano le viste di voler difendere ilcolle. Prima di arrivare alle falde di questo monte, lastrettura, nel cui fondo serpeggiano la strada di Nizza eil torrente della Roja, s'apre improvvisamente, e si allar-ga in una grande ampiezza. Quest'ampiezza è chiusa dalcolle di Tenda, tanto largo quanto è l'ampiezza medesi-ma il quale appresentandosi a guisa di tenda a chi ve-nendo da Nizza se ne va verso il Piemonte, ha dato ilnome al monte. Ma questo monte, quantunque assai ri-pido, essendo molto largo, e pieno quà e là, massimeverso i fianchi, di facili eminenze, dà comodità al nemi-co che vuol salire, di pigliar posto in numerosi luoghisuccessivamente; il che, dando diversi riguardi a chi stasulla sommità a difenderlo, rende più difficile la difesa,

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stanze e la vita, e sotto fede di restar prigioniero di guer-ra con tutti i suoi soldati. Condotto a Torino, e quivi pro-cessato in un con Mesmer, comandante di Mirabocco,furono entrambi condannati a morte da un consiglio mi-litare, e passati per le armi sulla spianata della cittadella;col quale giudizio, se giusto, certamente anche rigoroso,volle il governo dar terrore ai novatori, e credenza ai po-poli, che il tradimento avea procurato la vittoria al nemi-co.Rimaneva ai Francesi per compir l'opera che s'impadro-nissero del colle di Tenda, sommo apice dell'Alpi Marit-time; nè s'indugiarono a quest'impresa, volendo preva-lersi dello scompiglio dei regj, e del favore della vitto-ria. Per la qual cosa, seguitando con celerità, assaltaronoi Piemontesi, che facevano le viste di voler difendere ilcolle. Prima di arrivare alle falde di questo monte, lastrettura, nel cui fondo serpeggiano la strada di Nizza eil torrente della Roja, s'apre improvvisamente, e si allar-ga in una grande ampiezza. Quest'ampiezza è chiusa dalcolle di Tenda, tanto largo quanto è l'ampiezza medesi-ma il quale appresentandosi a guisa di tenda a chi ve-nendo da Nizza se ne va verso il Piemonte, ha dato ilnome al monte. Ma questo monte, quantunque assai ri-pido, essendo molto largo, e pieno quà e là, massimeverso i fianchi, di facili eminenze, dà comodità al nemi-co che vuol salire, di pigliar posto in numerosi luoghisuccessivamente; il che, dando diversi riguardi a chi stasulla sommità a difenderlo, rende più difficile la difesa,

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massime se l'assalitore, trovandosi in numero grosso,può occupare l'uno dopo l'altro i posti eminenti sullafaccia del colle. Ciò fecero con molta audacia e perizia iFrancesi: per questo ancora, dopo debole difesa, i Pie-montesi, abbandonata quella cresta in balìa del nemico,si ritirarono a Limone, terra posta alle radici del colledalla parte del Piemonte.La conquista di Saorgio e del colle di Tenda diede inmano dei repubblicani tutti i mezzi della guerra Alpigia-na, ed altri fondamenti non restarono alla sicurezza de-gli stati del re posti verso Italia, che le fortezze situatealle sboccature delle valli. Per questo cambiossi del tut-to la condizione della guerra; perchè i repubblicani sta-vano superiormente in atto d'assalitori, i regj pel contra-rio in atto di difensori, ed i vantaggi che questi avevanoacquistato sul principiar della guerra di quest'anno, cad-dero in mano di quelli. Tanto fu l'effetto dell'impeto deiFrancesi, e dello aver preso il passo pei territorj della re-pubblica Genovese.Tutte queste fazioni molto perniziose allo stato del re,tanto maggior terrore creavano, quanto incominciavanoa pullularvi in qualche parte le male erbe nate dai semidi Francia. Fecersi congiure contro lo stato da uominicondotti da illusioni funeste ma che niun mezzo aveva-no di arrivare ai fini loro. Presesi dei capi l'ultimo sup-plizio; degli altri si giudicò più rimessamente; modera-zione degna di grandissima lode in mezzo a tanti sdegni,ed a tanti terrori. Tanto erano commendabili per la con-

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massime se l'assalitore, trovandosi in numero grosso,può occupare l'uno dopo l'altro i posti eminenti sullafaccia del colle. Ciò fecero con molta audacia e perizia iFrancesi: per questo ancora, dopo debole difesa, i Pie-montesi, abbandonata quella cresta in balìa del nemico,si ritirarono a Limone, terra posta alle radici del colledalla parte del Piemonte.La conquista di Saorgio e del colle di Tenda diede inmano dei repubblicani tutti i mezzi della guerra Alpigia-na, ed altri fondamenti non restarono alla sicurezza de-gli stati del re posti verso Italia, che le fortezze situatealle sboccature delle valli. Per questo cambiossi del tut-to la condizione della guerra; perchè i repubblicani sta-vano superiormente in atto d'assalitori, i regj pel contra-rio in atto di difensori, ed i vantaggi che questi avevanoacquistato sul principiar della guerra di quest'anno, cad-dero in mano di quelli. Tanto fu l'effetto dell'impeto deiFrancesi, e dello aver preso il passo pei territorj della re-pubblica Genovese.Tutte queste fazioni molto perniziose allo stato del re,tanto maggior terrore creavano, quanto incominciavanoa pullularvi in qualche parte le male erbe nate dai semidi Francia. Fecersi congiure contro lo stato da uominicondotti da illusioni funeste ma che niun mezzo aveva-no di arrivare ai fini loro. Presesi dei capi l'ultimo sup-plizio; degli altri si giudicò più rimessamente; modera-zione degna di grandissima lode in mezzo a tanti sdegni,ed a tanti terrori. Tanto erano commendabili per la con-

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suetudine, sebbene imperfetti per le forme, gli ordinigiudiziali di quel regno, e tanto integri i magistrati, dap-poichè Vittorio Amedeo secondo, moderata la potenzadella nobiltà, aveva ridotto le cose ad uno stato più tol-lerabile di giustizia, e di equalità civile.Vittorio, perduta la metà degli stati, e le principali difesedell'Alpi, faceva continui provvedimenti per preservarsidall'estrema rovina. Avendo fede nei sudditi, ordinò chetutti, di qualunque grado o condizione si fossero, purchèabili all'armi, avessero a procurarsi armi e munizioni sìda guerra che da bocca per giorni quattro, e si tenesseropronti a marciare al primo tocco di campana a martello;fossero retti, e divisi in isquadroni da ufficiali di speri-mentata capacità; se la spedizione più di quattro giornidurasse, somministrassersi munizioni dalle armerìe, eviveri dai magazzini del regno; i nobili ed i facoltosi nefornissero a chi ne mancasse; sostentasse il pubblico lefamiglie degli accorsi, ove ne abbisognassero; gli uffi-ciali civili stessi, se il caso della mossa arrivasse, siunissero allo stormo; premierebbersi coloro, che meglioavessero combattuto pel re, e per la patria.Questo stormo, a guisa di tutte le masse di simil natura,non poteva esser di molto momento alla vittoria; cheanzi avrebbe piuttosto potuto nuocere che giovare, senon fosse stato secondato da forti squadre di gente stan-ziale usa alle guerre, ed ai pericoli. Per la qual cosa siprovvedevano di nuove reclute i reggimenti sì stabiliche provinciali; ma questi rimedj non bastavano alla sa-

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suetudine, sebbene imperfetti per le forme, gli ordinigiudiziali di quel regno, e tanto integri i magistrati, dap-poichè Vittorio Amedeo secondo, moderata la potenzadella nobiltà, aveva ridotto le cose ad uno stato più tol-lerabile di giustizia, e di equalità civile.Vittorio, perduta la metà degli stati, e le principali difesedell'Alpi, faceva continui provvedimenti per preservarsidall'estrema rovina. Avendo fede nei sudditi, ordinò chetutti, di qualunque grado o condizione si fossero, purchèabili all'armi, avessero a procurarsi armi e munizioni sìda guerra che da bocca per giorni quattro, e si tenesseropronti a marciare al primo tocco di campana a martello;fossero retti, e divisi in isquadroni da ufficiali di speri-mentata capacità; se la spedizione più di quattro giornidurasse, somministrassersi munizioni dalle armerìe, eviveri dai magazzini del regno; i nobili ed i facoltosi nefornissero a chi ne mancasse; sostentasse il pubblico lefamiglie degli accorsi, ove ne abbisognassero; gli uffi-ciali civili stessi, se il caso della mossa arrivasse, siunissero allo stormo; premierebbersi coloro, che meglioavessero combattuto pel re, e per la patria.Questo stormo, a guisa di tutte le masse di simil natura,non poteva esser di molto momento alla vittoria; cheanzi avrebbe piuttosto potuto nuocere che giovare, senon fosse stato secondato da forti squadre di gente stan-ziale usa alle guerre, ed ai pericoli. Per la qual cosa siprovvedevano di nuove reclute i reggimenti sì stabiliche provinciali; ma questi rimedj non bastavano alla sa-

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lute del regno, perchè i limiti dello stato essendo oramaimolto ristretti, e le precedenti leve avendo diradato lagioventù atta all'armi, non si sperava molto frutto. Laon-de instantemente si ricercarono i generali Austriaci, chefatti uscire dalle stanze invernali i soldati loro, pronta-mente verso il Piemonte, che pericolava, gl'indirizzasse-ro. Il conte Oliviero Wallis, tenente maresciallo, prepo-sto dall'imperatore a tutte le genti che avevano le stanzenel ducato di Milano, conformandosi alle richieste,mandò in Piemonte sollecitamente nel mese d'aprile tut-te quelle, che avevano svernato in Pavia, Lodi, Codo-gno, Cremona, Bozzolo, Casalmaggiore, Mantova,Como, e Milano, e che unite componevano un esercitodi ventimila soldati. Si sperava di poter rintuzzare conqueste l'audacia dei repubblicani, e di frenar l'impetoloro insino a tanto che un esercito ancor più forte accor-resse di Germania in Piemonte a norma del trattato diValenziana. Inoltre muniva il re di genti e di provvisionifresche la Brunetta, Fenestrelle, Demonte, Ceva, Cuneo,ed Alessandria. Perchè poi in tanto e sì straordinario bi-sogno non mancassero le armi e le munizioni, nè poten-do i mezzi ordinarj supplire, ordinava, che si raccoglies-se il salnitro in tutte le case di Torino, e si portasseroalla zecca ed all'arsenale le campane non necessarie alculto. Pure il terrore era grande. I ricchi, massime i no-bili, non quelli che militando seguitavano le insegnereali, ma gli oziosi ed i cortigiani, si apparecchiavano,certo con poco generoso consiglio verso la patria loro,ad andarsene in paesi stranieri, con se le cose più pre-

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lute del regno, perchè i limiti dello stato essendo oramaimolto ristretti, e le precedenti leve avendo diradato lagioventù atta all'armi, non si sperava molto frutto. Laon-de instantemente si ricercarono i generali Austriaci, chefatti uscire dalle stanze invernali i soldati loro, pronta-mente verso il Piemonte, che pericolava, gl'indirizzasse-ro. Il conte Oliviero Wallis, tenente maresciallo, prepo-sto dall'imperatore a tutte le genti che avevano le stanzenel ducato di Milano, conformandosi alle richieste,mandò in Piemonte sollecitamente nel mese d'aprile tut-te quelle, che avevano svernato in Pavia, Lodi, Codo-gno, Cremona, Bozzolo, Casalmaggiore, Mantova,Como, e Milano, e che unite componevano un esercitodi ventimila soldati. Si sperava di poter rintuzzare conqueste l'audacia dei repubblicani, e di frenar l'impetoloro insino a tanto che un esercito ancor più forte accor-resse di Germania in Piemonte a norma del trattato diValenziana. Inoltre muniva il re di genti e di provvisionifresche la Brunetta, Fenestrelle, Demonte, Ceva, Cuneo,ed Alessandria. Perchè poi in tanto e sì straordinario bi-sogno non mancassero le armi e le munizioni, nè poten-do i mezzi ordinarj supplire, ordinava, che si raccoglies-se il salnitro in tutte le case di Torino, e si portasseroalla zecca ed all'arsenale le campane non necessarie alculto. Pure il terrore era grande. I ricchi, massime i no-bili, non quelli che militando seguitavano le insegnereali, ma gli oziosi ed i cortigiani, si apparecchiavano,certo con poco generoso consiglio verso la patria loro,ad andarsene in paesi stranieri, con se le cose più pre-

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ziose trasportando. Per andar all'incontro delle ignomi-niose fughe, mandava fuori il re una legge, che sottopena di confiscazione di beni le proibiva, con questo al-tresì, che i beni confiscati s'incorporassero alla corona.Fu anche giudicato, che per prevenir le congiure, fossenecessario il soffocarne i semi, e sbarbarne le radici.Perlochè si ordinava, che fossero proibite tutte le adu-nanze segrete, anche le letterarie, ed anche i casini; laqual ultima condizione, posta o da vero, o solo per nondar cagione alle classi inferiori di lamentarsi, accennavaad una congrega particolare, che faceva la nobiltà di To-rino. Così in quell'estremo frangente si preparavano learmi, si spartivano i cittadini perchè non giurassero, siunivano perchè combattessero.Le fazioni tanto favorevoli ai Francesi diedero molto apensare ai governi Italiani, che prevedevano, che se i re-pubblicani vincendo compiutamente, occupassero l'Ita-lia, sarebbe nato un sovvertimento totale per tutti; e sel'Austria ed il Piemonte vincevano, sarebbero stati, senon preda del tutto, certamente in balìa ed in soggezioneloro. Laonde il re di Napoli si risolveva a fare maggiorisforzi in favore dei confederati, sì per por argine controquella piena che minacciava l'Italia, e sì ancora per averparte, se la fortuna si mostrasse favorevole, nei premjdella vittoria. Indirizzava alla volta della Lombardìa,parte per terra parte per mare, diciottomila soldati trafanti e cavalli, acciocchè fossero presti ai bisogni dellalega. Per bastar poi al dispendio che sì considerabili ap-

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ziose trasportando. Per andar all'incontro delle ignomi-niose fughe, mandava fuori il re una legge, che sottopena di confiscazione di beni le proibiva, con questo al-tresì, che i beni confiscati s'incorporassero alla corona.Fu anche giudicato, che per prevenir le congiure, fossenecessario il soffocarne i semi, e sbarbarne le radici.Perlochè si ordinava, che fossero proibite tutte le adu-nanze segrete, anche le letterarie, ed anche i casini; laqual ultima condizione, posta o da vero, o solo per nondar cagione alle classi inferiori di lamentarsi, accennavaad una congrega particolare, che faceva la nobiltà di To-rino. Così in quell'estremo frangente si preparavano learmi, si spartivano i cittadini perchè non giurassero, siunivano perchè combattessero.Le fazioni tanto favorevoli ai Francesi diedero molto apensare ai governi Italiani, che prevedevano, che se i re-pubblicani vincendo compiutamente, occupassero l'Ita-lia, sarebbe nato un sovvertimento totale per tutti; e sel'Austria ed il Piemonte vincevano, sarebbero stati, senon preda del tutto, certamente in balìa ed in soggezioneloro. Laonde il re di Napoli si risolveva a fare maggiorisforzi in favore dei confederati, sì per por argine controquella piena che minacciava l'Italia, e sì ancora per averparte, se la fortuna si mostrasse favorevole, nei premjdella vittoria. Indirizzava alla volta della Lombardìa,parte per terra parte per mare, diciottomila soldati trafanti e cavalli, acciocchè fossero presti ai bisogni dellalega. Per bastar poi al dispendio che sì considerabili ap-

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parecchiamenti richiedevano, aveva comandato, pagas-sero i baroni, i nobili, ed i ricchi centoventimila ducatial mese; il restante, per non aggravar i popoli dell'infe-rior condizione, fornirebbe l'erario: pagassero i beni ec-clesiastici una tassa del sette per centinajo; portassersialla zecca gli ori e gli argenti delle chiese, che non fos-sero necessarj al culto, obbligandosi il re a corrisponde-re un merito del tre e mezzo per centinajo del valore; al-cuni ordini di frati si sopprimessero; il patrimonio lorosi assegnasse all'ospedale degl'incurabili.Erano pronte le genti a marciare verso l'Italia superiore,quando si scoperse la congiurazione di Napoli, che ten-deva, siccome portò la fama, a cambiare il governo re-gio, ed a fare una rivoluzione nel regno. Questo fattograve in se stesso, e reso ancor più grave dalle menti ac-cendibili, e tanto magnificatrici dei Napolitani, trattennele truppe, preponendo il governo la salute propria aquella d'altrui. Si aggiunse che i corsari sì Francesi cheAlgerini infestavano i littorali del regno, con rapire i ba-stimenti mercantili sul mare; gli ultimi a volta a voltasbarcavano anche sulle coste delle Calabrie per rubare, eper far peggio eziandìo che rubare.Anche il pontefice, che fra tutti i principi era forse quel-lo che procedeva con più sincerità, faceva guerrieriprovvedimenti. Presidiò con navi armate i porti del Me-diterraneo, armò le fortezze, pose sui luoghi più sospettidel littorale sufficienti guardie, ordinò magazzini, ospe-dali, e nuove regole per la milizia. Essendosi poscia

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parecchiamenti richiedevano, aveva comandato, pagas-sero i baroni, i nobili, ed i ricchi centoventimila ducatial mese; il restante, per non aggravar i popoli dell'infe-rior condizione, fornirebbe l'erario: pagassero i beni ec-clesiastici una tassa del sette per centinajo; portassersialla zecca gli ori e gli argenti delle chiese, che non fos-sero necessarj al culto, obbligandosi il re a corrisponde-re un merito del tre e mezzo per centinajo del valore; al-cuni ordini di frati si sopprimessero; il patrimonio lorosi assegnasse all'ospedale degl'incurabili.Erano pronte le genti a marciare verso l'Italia superiore,quando si scoperse la congiurazione di Napoli, che ten-deva, siccome portò la fama, a cambiare il governo re-gio, ed a fare una rivoluzione nel regno. Questo fattograve in se stesso, e reso ancor più grave dalle menti ac-cendibili, e tanto magnificatrici dei Napolitani, trattennele truppe, preponendo il governo la salute propria aquella d'altrui. Si aggiunse che i corsari sì Francesi cheAlgerini infestavano i littorali del regno, con rapire i ba-stimenti mercantili sul mare; gli ultimi a volta a voltasbarcavano anche sulle coste delle Calabrie per rubare, eper far peggio eziandìo che rubare.Anche il pontefice, che fra tutti i principi era forse quel-lo che procedeva con più sincerità, faceva guerrieriprovvedimenti. Presidiò con navi armate i porti del Me-diterraneo, armò le fortezze, pose sui luoghi più sospettidel littorale sufficienti guardie, ordinò magazzini, ospe-dali, e nuove regole per la milizia. Essendosi poscia

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condotto, siccome usava ogni anno, non interrotto ilconsueto pensiero dalle cure moleste della guerra, e daiterrori che correvano, a visitare le paludi Pontine, andòrivedendo i posti militari sulle coste per inspirare con lagravità dell'aspetto fedeltà, e con le esortazioni coraggioai soldati. In questi suoi pensieri dello armare tanto piùvolentieri s'infiammava, quanto più sapeva essere i re-pubblicani molto sdegnati contro di lui per un fattoenorme accaduto in Roma sull'entrar dell'anno prece-dente; imperciocchè un Basseville, segretario della lega-zione di Francia, o per imprudenza propria, come alcunistimano, nel voler promuovere troppo vivamente le opi-nioni del tempo, di cui era infatuato, o per un sorgerespontaneo dei Romani a cagione dell'odio che portavanoai repubblicani, come altri credono, fu crudelmente am-mazzato a furia di popolo, con alcuni altri individui del-la medesima nazione. Fu incesa anche nel medesimofatto parte dei palazzi dell'Accademia di Francia, e delconsole Francese. Quantunque il governo pontificio nonvi avesse colpa, e che anzi avesse fatto in quel subito ac-cidente quanto per lui si era potuto per frenare la rabbiadi chi voleva contaminar Roma con un sì grave misfatto,importava ai repubblicani che glielo imputassero, e dalui alla ferocia del Romano governo argomentando, pro-testavano di volerne fare condegna vendetta.Non così tosto pervennero in Venezia le novelle delleprime vittorie dei repubblicani sull'Alpi, e del loro in-gresso nel territorio Genovese, i capi del governo, vedu-

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condotto, siccome usava ogni anno, non interrotto ilconsueto pensiero dalle cure moleste della guerra, e daiterrori che correvano, a visitare le paludi Pontine, andòrivedendo i posti militari sulle coste per inspirare con lagravità dell'aspetto fedeltà, e con le esortazioni coraggioai soldati. In questi suoi pensieri dello armare tanto piùvolentieri s'infiammava, quanto più sapeva essere i re-pubblicani molto sdegnati contro di lui per un fattoenorme accaduto in Roma sull'entrar dell'anno prece-dente; imperciocchè un Basseville, segretario della lega-zione di Francia, o per imprudenza propria, come alcunistimano, nel voler promuovere troppo vivamente le opi-nioni del tempo, di cui era infatuato, o per un sorgerespontaneo dei Romani a cagione dell'odio che portavanoai repubblicani, come altri credono, fu crudelmente am-mazzato a furia di popolo, con alcuni altri individui del-la medesima nazione. Fu incesa anche nel medesimofatto parte dei palazzi dell'Accademia di Francia, e delconsole Francese. Quantunque il governo pontificio nonvi avesse colpa, e che anzi avesse fatto in quel subito ac-cidente quanto per lui si era potuto per frenare la rabbiadi chi voleva contaminar Roma con un sì grave misfatto,importava ai repubblicani che glielo imputassero, e dalui alla ferocia del Romano governo argomentando, pro-testavano di volerne fare condegna vendetta.Non così tosto pervennero in Venezia le novelle delleprime vittorie dei repubblicani sull'Alpi, e del loro in-gresso nel territorio Genovese, i capi del governo, vedu-

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to avvicinarsi il pericolo, tennero fra di loro molte con-sulte per deliberare quello che fosse a farsi in una occor-renza di tanta importanza, contendendo aspramente tradi loro le due parti contrarie, e quella che insisteva per-chè la repubblica si armasse, e quella che credeva piùpericoloso l'armarsi, che il fidarsi. Sorse di nuovo in se-nato il procurator Pesaro, al quale s'aggiunse il suo fra-tello Pietro, uomo anch'egli di molta autorità, con effica-cissime parole dimostrando, essere semplicità non com-portevole il prestar fede al soave parlare di Francia, ilgoverno della quale, se chiamando la repubblica di Ve-nezia sua primogenita sorella, operava gl'incantamentidelle sirene, coi fatti poi ne avrebbe imitato il costume;che già le Alpi erano superate, che già Italia udiva ilrimbombo delle artiglierìe barbare, che già le armi va-cillavano in mano ai Piemontesi ed ai Tedeschi; ch'eraoggimai tempo di svegliarsi dall'imbelle sonno, e di nonrestar più disarmati a discrezione altrui.Sorse in senato un'aspra contesa, discrepando con paroleveementi dalla volontà del Pesaro la parte contraria, nel-la quale mostravano maggior ardore Girolamo Giuliani,Antonio Ruzzini, Antonio Zeno, Zaccarìa Valaresso,Francesco Battaglia, Alessandro Marcello primo, scla-mando tutti, che l'armarsi non era possibile, perchè l'era-rio era esausto, non a tempo, perchè prima le genti fore-stiere sarebbero sui territorj della repubblica, che i sol-dati, e l'armi pronte; inutile, perchè la massa sarebbe digente fresca ed inesperta, più atta a crescere disordine,

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to avvicinarsi il pericolo, tennero fra di loro molte con-sulte per deliberare quello che fosse a farsi in una occor-renza di tanta importanza, contendendo aspramente tradi loro le due parti contrarie, e quella che insisteva per-chè la repubblica si armasse, e quella che credeva piùpericoloso l'armarsi, che il fidarsi. Sorse di nuovo in se-nato il procurator Pesaro, al quale s'aggiunse il suo fra-tello Pietro, uomo anch'egli di molta autorità, con effica-cissime parole dimostrando, essere semplicità non com-portevole il prestar fede al soave parlare di Francia, ilgoverno della quale, se chiamando la repubblica di Ve-nezia sua primogenita sorella, operava gl'incantamentidelle sirene, coi fatti poi ne avrebbe imitato il costume;che già le Alpi erano superate, che già Italia udiva ilrimbombo delle artiglierìe barbare, che già le armi va-cillavano in mano ai Piemontesi ed ai Tedeschi; ch'eraoggimai tempo di svegliarsi dall'imbelle sonno, e di nonrestar più disarmati a discrezione altrui.Sorse in senato un'aspra contesa, discrepando con paroleveementi dalla volontà del Pesaro la parte contraria, nel-la quale mostravano maggior ardore Girolamo Giuliani,Antonio Ruzzini, Antonio Zeno, Zaccarìa Valaresso,Francesco Battaglia, Alessandro Marcello primo, scla-mando tutti, che l'armarsi non era possibile, perchè l'era-rio era esausto, non a tempo, perchè prima le genti fore-stiere sarebbero sui territorj della repubblica, che i sol-dati, e l'armi pronte; inutile, perchè la massa sarebbe digente fresca ed inesperta, più atta a crescere disordine,

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che ad allontanarlo; non aversi per la lunga pace capi disperimentato valore, nè potersi sperare di ottenerne da-gli esteri, perchè tutti in guerra; aversi la repubblica a ri-durre in non piccole angustie, se consentisse a discostar-si dalle prese deliberazioni. Dopo molte contese fu vintoil partito posto dal Pesaro con centodiecinove voti favo-revoli, e sessantasette contrarj. Decretossi, chiamassersile truppe, sì a piede che a cavallo, dalla Dalmazia, per-chè venissero ad assicurare la Terraferma; le reclute de-gli Schiavoni si ordinassero, le cerne in Istria si levasse-ro, le leve in Terraferma per riempire i reggimenti Italia-ni si facessero, le compagnìe dalle quarantotto alle centoteste, quelle degli Schiavoni alle ottanta si accrescesse-ro; finalmente l'erario con le tasse si riempisse. Volleinoltre il senato, che si rendessero sicure con le navi del-la repubblica le navigazioni sul golfo infestato da corsa-ri Africani e Francesi. A questo modo aveva il senatoprudentemente, e fortemente deliberato. Ma i savj delconsiglio, ai quali apparteneva la esecuzione del partitovinto dal Pesaro, essendo la maggior parte di contrariasentenza, tanto fecero, scusandosi con la penuria dellefinanze, che, eccettuata una massa di settemila soldati,nissun effetto ebbe la deliberazione del senato, sclaman-do sempre in contrario il procurator Pesaro, e continua-mente accusando tanto in pubblico quanto in privatol'improvvidenza degli uomini, ed il destino che perse-guitava, senza che vi fosse speranza di salute, la sua di-letta ed infelice patria.

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che ad allontanarlo; non aversi per la lunga pace capi disperimentato valore, nè potersi sperare di ottenerne da-gli esteri, perchè tutti in guerra; aversi la repubblica a ri-durre in non piccole angustie, se consentisse a discostar-si dalle prese deliberazioni. Dopo molte contese fu vintoil partito posto dal Pesaro con centodiecinove voti favo-revoli, e sessantasette contrarj. Decretossi, chiamassersile truppe, sì a piede che a cavallo, dalla Dalmazia, per-chè venissero ad assicurare la Terraferma; le reclute de-gli Schiavoni si ordinassero, le cerne in Istria si levasse-ro, le leve in Terraferma per riempire i reggimenti Italia-ni si facessero, le compagnìe dalle quarantotto alle centoteste, quelle degli Schiavoni alle ottanta si accrescesse-ro; finalmente l'erario con le tasse si riempisse. Volleinoltre il senato, che si rendessero sicure con le navi del-la repubblica le navigazioni sul golfo infestato da corsa-ri Africani e Francesi. A questo modo aveva il senatoprudentemente, e fortemente deliberato. Ma i savj delconsiglio, ai quali apparteneva la esecuzione del partitovinto dal Pesaro, essendo la maggior parte di contrariasentenza, tanto fecero, scusandosi con la penuria dellefinanze, che, eccettuata una massa di settemila soldati,nissun effetto ebbe la deliberazione del senato, sclaman-do sempre in contrario il procurator Pesaro, e continua-mente accusando tanto in pubblico quanto in privatol'improvvidenza degli uomini, ed il destino che perse-guitava, senza che vi fosse speranza di salute, la sua di-letta ed infelice patria.

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Intanto, come se le spie senza le armi valessero, avevala repubblica mandato a Basilea il conte Rocco San Fer-mo, acciò spiasse, e mandasse quello che gli venisse fat-to di scoprire in quella città finittima di Francia, ed incui concorrevano, siccome in terra neutrale, amici e ne-mici di ogni sorte. San Fermo, o che fosse spaventatoegli, o che volesse spaventare gli altri, scriveva continuiterrori a Venezia; che un certo Gorani (questi è quel Go-rani che scrisse i monitorj in forma di lettere a tutti i red'Europa) era destinato dal governo di Francia ad esserestromento a far rivoluzione in Italia; che aveva con sesei satelliti, pronti a fare quello, e peggio ch'ei volesse;che già questo Gorani aveva sollevato la Polonia, e sol-leverebbe anche l'Italia; ch'egli era stato cagione dellacongiura di Napoli; che parimente insidiava a tutti i go-verni d'Italia; badassero bene a questo Gorani, ch'erauomo da far gran cose. Aggiungeva San Fermo non soche ciance di un Bacher, segretario della legazione Fran-cese in Basilea; poi, che un certo Guistendoerffer gli ri-feriva da Parigi, essendo stato con Robespierre,Couthon, e quegli altri della salute pubblica, che laFrancia faceva grandissimi disegni sull'Italia; che vole-vano andarvi per trovarvi grani e ricchezze; che dalReno marcerebbero soldati all'Alpi; che per mezzo deiloro fidati, e dell'oro sparso avevano intelligenze da pertutto; che già aveva costato, nel novanta tre, l'Italia un-dici milioni di franchi, Venezia sola trecento cinquantamila; che costerebbe due volte tanto nel novanta quattro,per modo che già erano a loro obbligati personaggi di

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Intanto, come se le spie senza le armi valessero, avevala repubblica mandato a Basilea il conte Rocco San Fer-mo, acciò spiasse, e mandasse quello che gli venisse fat-to di scoprire in quella città finittima di Francia, ed incui concorrevano, siccome in terra neutrale, amici e ne-mici di ogni sorte. San Fermo, o che fosse spaventatoegli, o che volesse spaventare gli altri, scriveva continuiterrori a Venezia; che un certo Gorani (questi è quel Go-rani che scrisse i monitorj in forma di lettere a tutti i red'Europa) era destinato dal governo di Francia ad esserestromento a far rivoluzione in Italia; che aveva con sesei satelliti, pronti a fare quello, e peggio ch'ei volesse;che già questo Gorani aveva sollevato la Polonia, e sol-leverebbe anche l'Italia; ch'egli era stato cagione dellacongiura di Napoli; che parimente insidiava a tutti i go-verni d'Italia; badassero bene a questo Gorani, ch'erauomo da far gran cose. Aggiungeva San Fermo non soche ciance di un Bacher, segretario della legazione Fran-cese in Basilea; poi, che un certo Guistendoerffer gli ri-feriva da Parigi, essendo stato con Robespierre,Couthon, e quegli altri della salute pubblica, che laFrancia faceva grandissimi disegni sull'Italia; che vole-vano andarvi per trovarvi grani e ricchezze; che dalReno marcerebbero soldati all'Alpi; che per mezzo deiloro fidati, e dell'oro sparso avevano intelligenze da pertutto; che già aveva costato, nel novanta tre, l'Italia un-dici milioni di franchi, Venezia sola trecento cinquantamila; che costerebbe due volte tanto nel novanta quattro,per modo che già erano a loro obbligati personaggi di

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eminente condizione, e fra di loro alcuni dei destinatidal governo a sopravvedere, ed a scoprire le trame diFrancia; che Venezia non si assalirebbe, ma s'insidiereb-be, perchè stimata nemica a cagione del non aver volutoaccettare l'ambasciadore Noel, e dell'aver accomodato iconfederati di armi, munizioni, vettovaglie e passo; chedi più si accusava la repubblica di aver fatto carcerare ilconte Apostoli, partigiano dei Francesi, ed addetto allalegazione loro in Venezia; che si accagionava oltre a tut-to questo Venezia di sofferire, che i fuorusciti di Franciafacessero sul suo territorio insulti, e superchierìe ai re-pubblicani. Queste novelle, che avrebbero incoraggitoper un generoso risentimento animi valorosi, intimoriro-no i molli, e furono cagione che le deliberazioni dellarepubblica in quei tempi difficili sentissero meglio didebolezza, che di prudenza.Accrebbe la difficoltà una causa generosa. Erasi il contedi Provenza, fratello di Luigi decimosesto re di Francia,fuggendo il furore dei nemici della sua casa, condotto aTorino, dove accolto cordialmente, e con tutti i terminidovuti al suo grado ed alla sua disgrazia dal re VittorioAmedeo suo suocero, se ne viveva quietamente, aspet-tando che la fortuna più favorevole aprisse qualche aditoalla salute della Francia, e di tutti i suoi. Ma essendo irepubblicani tanto avidi del suo sangue, comparsi, primasulle cime dell'Alpi, poscia sull'aprirsi delle valli, e giàinsistendo sulle pianure del Piemonte in atto minaccevo-le, stimò bene di allontanarsi da quella tempesta, e di

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eminente condizione, e fra di loro alcuni dei destinatidal governo a sopravvedere, ed a scoprire le trame diFrancia; che Venezia non si assalirebbe, ma s'insidiereb-be, perchè stimata nemica a cagione del non aver volutoaccettare l'ambasciadore Noel, e dell'aver accomodato iconfederati di armi, munizioni, vettovaglie e passo; chedi più si accusava la repubblica di aver fatto carcerare ilconte Apostoli, partigiano dei Francesi, ed addetto allalegazione loro in Venezia; che si accagionava oltre a tut-to questo Venezia di sofferire, che i fuorusciti di Franciafacessero sul suo territorio insulti, e superchierìe ai re-pubblicani. Queste novelle, che avrebbero incoraggitoper un generoso risentimento animi valorosi, intimoriro-no i molli, e furono cagione che le deliberazioni dellarepubblica in quei tempi difficili sentissero meglio didebolezza, che di prudenza.Accrebbe la difficoltà una causa generosa. Erasi il contedi Provenza, fratello di Luigi decimosesto re di Francia,fuggendo il furore dei nemici della sua casa, condotto aTorino, dove accolto cordialmente, e con tutti i terminidovuti al suo grado ed alla sua disgrazia dal re VittorioAmedeo suo suocero, se ne viveva quietamente, aspet-tando che la fortuna più favorevole aprisse qualche aditoalla salute della Francia, e di tutti i suoi. Ma essendo irepubblicani tanto avidi del suo sangue, comparsi, primasulle cime dell'Alpi, poscia sull'aprirsi delle valli, e giàinsistendo sulle pianure del Piemonte in atto minaccevo-le, stimò bene di allontanarsi da quella tempesta, e di

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andarsene, fidandosi nell'integrità del senato Veneziano,a cercar asilo sulle terre di una repubblica, giacchè alcu-ni fra i più potenti principi d'Europa non lo volevanoraccorre nelle proprie. Seguitavano il conte di Provenza,che sotto nome incognito si chiamava il conte di Lilla,parecchi fuorusciti di Francia, tra i quali principalmentesi notavano il duca di Avaray, ed il conte d'Entraigues. Ilsenato Veneziano pietosamente risguardando ad un tantoinfortunio, sebbene presentisse le molestie che glienesarebbero venute da chi aveva la somma delle cose inFrancia, accolse umanamente ne' suoi stati il conte, solodesiderando ch'ei se ne vivesse privatamente, nè desseluogo di sospettare al governo di Francia con pratiche,ch'ei poteva tentare se fosse stato in propria balìa posto,ma non doveva, trovandosi in grado di ospite in casa al-trui. Ai desiderj del senato Veneziano si conformaronole intenzioni del conte di Provenza, il quale in tanta de-pressione di fortuna, non solo serbò la costanza di uomogeneroso, ma ancora si propose di non commettere atti,dai quali potessero seguir danno, o pericolo agl'interessialtrui. Volle egli far la sua dimora in Verona; dal qualedesiderio essendo fatto consapevole il senato, mandavaal suo rappresentante, trattasse il conte a quella guisache ricercavano le sue virtù, e la sventura da cui eracombattuto; riconoscesse anche in lui nei colloqui priva-ti l'altezza del grado, ma pubblicamente si astenesse diusare verso di lui di quegli atti, coi quali si sogliono ri-conoscere i principi. Nella quale emergenza il rappre-sentante con tanta destrezza si maneggiò, che ed il conte

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andarsene, fidandosi nell'integrità del senato Veneziano,a cercar asilo sulle terre di una repubblica, giacchè alcu-ni fra i più potenti principi d'Europa non lo volevanoraccorre nelle proprie. Seguitavano il conte di Provenza,che sotto nome incognito si chiamava il conte di Lilla,parecchi fuorusciti di Francia, tra i quali principalmentesi notavano il duca di Avaray, ed il conte d'Entraigues. Ilsenato Veneziano pietosamente risguardando ad un tantoinfortunio, sebbene presentisse le molestie che glienesarebbero venute da chi aveva la somma delle cose inFrancia, accolse umanamente ne' suoi stati il conte, solodesiderando ch'ei se ne vivesse privatamente, nè desseluogo di sospettare al governo di Francia con pratiche,ch'ei poteva tentare se fosse stato in propria balìa posto,ma non doveva, trovandosi in grado di ospite in casa al-trui. Ai desiderj del senato Veneziano si conformaronole intenzioni del conte di Provenza, il quale in tanta de-pressione di fortuna, non solo serbò la costanza di uomogeneroso, ma ancora si propose di non commettere atti,dai quali potessero seguir danno, o pericolo agl'interessialtrui. Volle egli far la sua dimora in Verona; dal qualedesiderio essendo fatto consapevole il senato, mandavaal suo rappresentante, trattasse il conte a quella guisache ricercavano le sue virtù, e la sventura da cui eracombattuto; riconoscesse anche in lui nei colloqui priva-ti l'altezza del grado, ma pubblicamente si astenesse diusare verso di lui di quegli atti, coi quali si sogliono ri-conoscere i principi. Nella quale emergenza il rappre-sentante con tanta destrezza si maneggiò, che ed il conte

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ne restò soddisfatto, e non diede fondati motivi al gover-no di Francia di querelarsi; il che però, siccome suoleavvenire, che i forti usano la vessazione, come i deboliil sospetto, non impedì punto le querele nè in Francia,nè in Basilea, nè in Venezia da parte del Robespierrianogoverno e de' suoi agenti; che se mai i Veneziani ebberobisogno di destreggiarsi, che certo n'ebbero bisogno inogni tempo, e sepperlo anche fare, certamente si funell'occorrenza presente. Insomma usarono un atto mol-to pietoso, del quale con tanto maggior lode debbongliriconoscere i posteri, quanto esso era anche pericoloso.Qual frutto ne abbiano conseguito, conosceranno coloro,che leggeranno il progresso di queste storie.La Veneziana repubblica non era ancor giunta agli af-fanni estremi. Era stato destinato dalla congregazionedella salute pubblica con titolo d'inviato a VeneziaLallemand, per lo innanzi console di Francia a Napoli.Scrivendo Giovanni Jacob, incaricato d'affari, uomobuono e molto dissimile dai tempi, al serenissimo prin-cipe il dì tredici novembre, manifestava che per l'elezio-ne del Lallemand cessava il suo mandato. Furono inquesto proposito molti e varj i dispareri nelle consulteVeneziane, opinando alcuni che il nuovo ministro si ac-cettasse, mantenendo altri la contraria sentenza. Instava-no i ministri d'Austria e d'Inghilterra, acciocchè non siaccettasse, allegando l'esempio del Noel, che poco tem-po innanzi era stato rifiutato dalla repubblica. Prevalsel'opinione favorevole all'accettazione.

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ne restò soddisfatto, e non diede fondati motivi al gover-no di Francia di querelarsi; il che però, siccome suoleavvenire, che i forti usano la vessazione, come i deboliil sospetto, non impedì punto le querele nè in Francia,nè in Basilea, nè in Venezia da parte del Robespierrianogoverno e de' suoi agenti; che se mai i Veneziani ebberobisogno di destreggiarsi, che certo n'ebbero bisogno inogni tempo, e sepperlo anche fare, certamente si funell'occorrenza presente. Insomma usarono un atto mol-to pietoso, del quale con tanto maggior lode debbongliriconoscere i posteri, quanto esso era anche pericoloso.Qual frutto ne abbiano conseguito, conosceranno coloro,che leggeranno il progresso di queste storie.La Veneziana repubblica non era ancor giunta agli af-fanni estremi. Era stato destinato dalla congregazionedella salute pubblica con titolo d'inviato a VeneziaLallemand, per lo innanzi console di Francia a Napoli.Scrivendo Giovanni Jacob, incaricato d'affari, uomobuono e molto dissimile dai tempi, al serenissimo prin-cipe il dì tredici novembre, manifestava che per l'elezio-ne del Lallemand cessava il suo mandato. Furono inquesto proposito molti e varj i dispareri nelle consulteVeneziane, opinando alcuni che il nuovo ministro si ac-cettasse, mantenendo altri la contraria sentenza. Instava-no i ministri d'Austria e d'Inghilterra, acciocchè non siaccettasse, allegando l'esempio del Noel, che poco tem-po innanzi era stato rifiutato dalla repubblica. Prevalsel'opinione favorevole all'accettazione.

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Adunque introdotto Lallemand al cospetto dei padri ora-va con lungo discorso, e pieno di graziose offerte, e pro-messe, sincere, credo, quanto a lui che buona e lealepersona era, ma quanto a coloro che lo mandavano, piùfallaci che vere.A questo introito del Lallemand rispose gravemente ilsenato, piacergli la persona sua già accetta pei graziosiuffizj fatti in altri luoghi verso i Veneziani; piacerglil'amicizia della nazione Francese, conserverebbela, perquanto stesse in lui, sincera e perpetua; userebbersi ver-so l'inviato tutti i riguardi che la qualità d'autorità sua ri-chiedevano; serberebbonsi protetti ed immuni da offesai Francesi, si veramente che anch'essi le leggi del paese,come si conveniva, osservassero; assicurasse pure il suogoverno, che alle parole sarebbero conformi i fatti, e cheVenezia tanto più fedele quanto più rispettata, sarebbeamica a tutti, nemica a nissuno, piena ed intiera la suaneutralità conservando.Di tutti i governi d'Italia, nissuno, eccetto il Piemontese,riceveva maggiori molestie del Genovese, e nissuno an-cora in mezzo a così estrema difficoltà dimostrò mag-giore o dignità, o costanza. Già abbiamo narrato il fattodella Modesta. Non omise la signoria di fare gravi risen-timenti al governo Inglese. Fu risposto per i generali. In-tanto non essendo ancora racconcia la ferita data alla re-pubblica dal fatto della Modesta, ne successe un altro, ilquale, sebbene non mescolato col sangue, offese nondi-meno anche più direttamente la dignità, e l'independen-

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Adunque introdotto Lallemand al cospetto dei padri ora-va con lungo discorso, e pieno di graziose offerte, e pro-messe, sincere, credo, quanto a lui che buona e lealepersona era, ma quanto a coloro che lo mandavano, piùfallaci che vere.A questo introito del Lallemand rispose gravemente ilsenato, piacergli la persona sua già accetta pei graziosiuffizj fatti in altri luoghi verso i Veneziani; piacerglil'amicizia della nazione Francese, conserverebbela, perquanto stesse in lui, sincera e perpetua; userebbersi ver-so l'inviato tutti i riguardi che la qualità d'autorità sua ri-chiedevano; serberebbonsi protetti ed immuni da offesai Francesi, si veramente che anch'essi le leggi del paese,come si conveniva, osservassero; assicurasse pure il suogoverno, che alle parole sarebbero conformi i fatti, e cheVenezia tanto più fedele quanto più rispettata, sarebbeamica a tutti, nemica a nissuno, piena ed intiera la suaneutralità conservando.Di tutti i governi d'Italia, nissuno, eccetto il Piemontese,riceveva maggiori molestie del Genovese, e nissuno an-cora in mezzo a così estrema difficoltà dimostrò mag-giore o dignità, o costanza. Già abbiamo narrato il fattodella Modesta. Non omise la signoria di fare gravi risen-timenti al governo Inglese. Fu risposto per i generali. In-tanto non essendo ancora racconcia la ferita data alla re-pubblica dal fatto della Modesta, ne successe un altro, ilquale, sebbene non mescolato col sangue, offese nondi-meno anche più direttamente la dignità, e l'independen-

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za dello stato. Appresentavansi in cospetto della signo-ria Francesco Drake, ministro d'Inghilterra, e Don Gio-vacchino Moreno, almirante del re cattolico, che conparte della sua flotta stanziava nel porto di Genova. Ri-chiedeva l'Inglese, rompesse la repubblica ogni comuni-cazione con Francia; scacciasse da' suoi dominj gliagenti di lei, promettesse di non accettarne, finchè laguerra durasse. Aggiungeva parole superbe: non poterpiù i confederati tollerare una neutralità fomentatrice diuna guerra più violenta, e più pregiudiziale agli interessiloro, che la guerra aperta non sarebbe. Lo Spagnuolo ec-cedeva anche di vantaggio, dando in termini più esorbi-tanti: consegnassegli la repubblica tutti i bastimenti cari-chi di vettovaglie che nel porto si trovavano, e che ofossero destinati per Marsiglia, od appartenessero aiMarsigliesi. Intimavano poi entrambi, che se la repub-blica non consentisse, l'avrebbero per nemica, chiude-rebbero i suoi porti, impedirebbero ogni suo commerciocon Francia, e coi paesi occupati da Francia.Questa prepotenza Inglese, dico Inglese, perchè lo Spa-gnuolo, udite le rimostranze dei Genovesi, se n'era riti-rato, dimostrò come la libertà di dentro non impedisce latirannide di fuori. Nè si vide che fra gli atti scorretti, dicui i tempi posteriori abbondarono pur troppo, alcunosia che più di questo si possa riputare insolente: percioc-chè non s'era mai veduto un governo comandare forzata-mente ad un altro, che niuna nave di lui in nissun tempo,in nissun posto di un paese vastissimo, e qualunque fos-

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za dello stato. Appresentavansi in cospetto della signo-ria Francesco Drake, ministro d'Inghilterra, e Don Gio-vacchino Moreno, almirante del re cattolico, che conparte della sua flotta stanziava nel porto di Genova. Ri-chiedeva l'Inglese, rompesse la repubblica ogni comuni-cazione con Francia; scacciasse da' suoi dominj gliagenti di lei, promettesse di non accettarne, finchè laguerra durasse. Aggiungeva parole superbe: non poterpiù i confederati tollerare una neutralità fomentatrice diuna guerra più violenta, e più pregiudiziale agli interessiloro, che la guerra aperta non sarebbe. Lo Spagnuolo ec-cedeva anche di vantaggio, dando in termini più esorbi-tanti: consegnassegli la repubblica tutti i bastimenti cari-chi di vettovaglie che nel porto si trovavano, e che ofossero destinati per Marsiglia, od appartenessero aiMarsigliesi. Intimavano poi entrambi, che se la repub-blica non consentisse, l'avrebbero per nemica, chiude-rebbero i suoi porti, impedirebbero ogni suo commerciocon Francia, e coi paesi occupati da Francia.Questa prepotenza Inglese, dico Inglese, perchè lo Spa-gnuolo, udite le rimostranze dei Genovesi, se n'era riti-rato, dimostrò come la libertà di dentro non impedisce latirannide di fuori. Nè si vide che fra gli atti scorretti, dicui i tempi posteriori abbondarono pur troppo, alcunosia che più di questo si possa riputare insolente: percioc-chè non s'era mai veduto un governo comandare forzata-mente ad un altro, che niuna nave di lui in nissun tempo,in nissun posto di un paese vastissimo, e qualunque fos-

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se il suo carico, potesse approdare. Che se i Genovesi,popolo independente, e non servo dell'Inghilterra, nè inguerra con Francia, portavano ai Francesi vettovaglie,con qual ragione potevano gl'Inglesi proibirlo? e se altromodo non avevano essi di nuocere a Francia, che un at-tentato degno di biasimo, che stavano facendo che nonse n'andassero dal Mediterraneo, lasciando Piemontesi,Austriaci, Francesi, Genovesi a far tra di loro guerra, opace, o neutralità, come la intendevano, e come portava-no i diritti delle genti? che venivano a fare le navid'Inghilterra nel Mediterraneo? forse a fare guerra conloro? forse ad opprimere i deboli? che val la forza senzala giustizia?Ma tornando là, donde un giustissimo sdegno ci ha al-lontanati, la prepotenza tanto era più odiosa, quantoDrake non aveva mandato di farla, ed obbediva meglioad un furioso talento, che ai comandamenti del suo go-verno. Bensì il governo errò di non aver castigato unsuo agente dello aver fatto da se una deliberazione tantoimportante e disonorevole al nome d'Inghilterra. Questecose succedevano prima che i Francesi avessero postopiede sul territorio Genovese. Perciò servirono megliod'incentivo che di freno dall'uno de' lati, dall'altro furo-no violenza, e non rappresaglia.La signorìa di Genova, serbata la dignità, e non omessele rimostranze, fece opera di mostrare al ministro del reGiorgio, quanto lontane dal diritto fossero le sue delibe-razioni, replicatamente e della libertà dell'onesto traffi-

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se il suo carico, potesse approdare. Che se i Genovesi,popolo independente, e non servo dell'Inghilterra, nè inguerra con Francia, portavano ai Francesi vettovaglie,con qual ragione potevano gl'Inglesi proibirlo? e se altromodo non avevano essi di nuocere a Francia, che un at-tentato degno di biasimo, che stavano facendo che nonse n'andassero dal Mediterraneo, lasciando Piemontesi,Austriaci, Francesi, Genovesi a far tra di loro guerra, opace, o neutralità, come la intendevano, e come portava-no i diritti delle genti? che venivano a fare le navid'Inghilterra nel Mediterraneo? forse a fare guerra conloro? forse ad opprimere i deboli? che val la forza senzala giustizia?Ma tornando là, donde un giustissimo sdegno ci ha al-lontanati, la prepotenza tanto era più odiosa, quantoDrake non aveva mandato di farla, ed obbediva meglioad un furioso talento, che ai comandamenti del suo go-verno. Bensì il governo errò di non aver castigato unsuo agente dello aver fatto da se una deliberazione tantoimportante e disonorevole al nome d'Inghilterra. Questecose succedevano prima che i Francesi avessero postopiede sul territorio Genovese. Perciò servirono megliod'incentivo che di freno dall'uno de' lati, dall'altro furo-no violenza, e non rappresaglia.La signorìa di Genova, serbata la dignità, e non omessele rimostranze, fece opera di mostrare al ministro del reGiorgio, quanto lontane dal diritto fossero le sue delibe-razioni, replicatamente e della libertà dell'onesto traffi-

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co, e dell'independenza della nazione richiedendolo. MaDrake, che meglio mirava o all'utile, o allo sdegno, cheal giusto, o alla temperanza, non volle punto piegarsialle domande della repubblica, ed abbandonando Geno-va, si ritrasse a Livorno, con aver prima dichiarato, esse-re i porti Genovesi, massimamente quel di Genova,chiusi per entrata e per uscita, e che le navi che vi en-trassero, o ne uscissero, sarebbero predate dagl'Inglesi, eposte al fisco.Il fatto della Modesta, l'insolenza dell'assedio, il perse-guitare le navi Genovesi che entravano nel porto fin sot-to il tiro delle artiglierìe del molo, avevano concitato agravissimo sdegno quel popolo vivace ed animoso, permodo che il nome Inglese vi era divenuto odiosissimo, equando gli uffiziali delle navi venivano in Genova per lebisogne loro, erano a furia di popolo insultati con paro-le, e minacciati con fatti peggiori delle parole. Anziusando i Genovesi di quei tempi di portare sui cappelli,più per vezzo che per disegno, la nappa nera, che è purela insegna degl'Inglesi, uomini di ogni età e di ogni con-dizione sdegnosamente a chi la portava la laceravano,con ogni maniera di disprezzo e di furore calpestandolae vilipendendola. Le donne stesse, per l'ordinario lonta-ne da queste improntitudini politiche, mosse dall'empitocomune, stracciavano le nappe, e le schernivano conogni strazio.Queste cose accadevano in Genova. Quando poi i Fran-cesi passati i confini, erano venuti con l'esercito sulle

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co, e dell'independenza della nazione richiedendolo. MaDrake, che meglio mirava o all'utile, o allo sdegno, cheal giusto, o alla temperanza, non volle punto piegarsialle domande della repubblica, ed abbandonando Geno-va, si ritrasse a Livorno, con aver prima dichiarato, esse-re i porti Genovesi, massimamente quel di Genova,chiusi per entrata e per uscita, e che le navi che vi en-trassero, o ne uscissero, sarebbero predate dagl'Inglesi, eposte al fisco.Il fatto della Modesta, l'insolenza dell'assedio, il perse-guitare le navi Genovesi che entravano nel porto fin sot-to il tiro delle artiglierìe del molo, avevano concitato agravissimo sdegno quel popolo vivace ed animoso, permodo che il nome Inglese vi era divenuto odiosissimo, equando gli uffiziali delle navi venivano in Genova per lebisogne loro, erano a furia di popolo insultati con paro-le, e minacciati con fatti peggiori delle parole. Anziusando i Genovesi di quei tempi di portare sui cappelli,più per vezzo che per disegno, la nappa nera, che è purela insegna degl'Inglesi, uomini di ogni età e di ogni con-dizione sdegnosamente a chi la portava la laceravano,con ogni maniera di disprezzo e di furore calpestandolae vilipendendola. Le donne stesse, per l'ordinario lonta-ne da queste improntitudini politiche, mosse dall'empitocomune, stracciavano le nappe, e le schernivano conogni strazio.Queste cose accadevano in Genova. Quando poi i Fran-cesi passati i confini, erano venuti con l'esercito sulle

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terre della repubblica, crebbero a dismisura le molestie;perchè e Tilly, ministro di Francia, vieppiù imperversa-va, ed i zelatori dello stato nuovo s'accendevano. I con-sigli pensarono ai rimedj. Mandarono dicendo ai poten-tati d'Europa, essere seguita la invasione non solo senzaalcuna partecipazione loro, ma ancora contro la volontàespressa; e non mettessero punto in dubitazione, stesse-ro pur confidenti, che la repubblica, sempre consentaneaa se medesima, ed al retto ed all'onesto, non sarebbe maiper dipartirsi da quanto la sincera neutralità, e l'animonon inclinato nè a questa parte nè a quella richiedevano.Circa lo stato interno e la sicurezza della città, ordinava-no le milizie cittadine, e chiamavano più grossi corpi digente assoldata a stanziare nella capitale: munivano piùacconciamente la fortezza di Savona, serravano la botte-ga di Morando speziale ch'era ritrovo consueto dei no-vatori più ardenti e più arditi.Tali erano le tribolazioni di Genova. S'aggiunsero altrenon minori. Era, siccome abbiam narrato, venuta la Cor-sica in potestà degl'Inglesi. Hood ammiraglio, Elliot mi-nistro plenipotenziario d'Inghilterra, Paoli generale diCorsica, vollero temperare il dominio forestiero conqualche moderazione di leggi; modellarono una consti-tuzione, mancava il consenso dei popoli; adunossi unadieta, o congresso generale nella città di Corte; appruo-vò la constituzione.Essere, statuirono, la constituzione della Corsica monar-cale: la potestà legislativa investita nel re, e nei rappre-

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terre della repubblica, crebbero a dismisura le molestie;perchè e Tilly, ministro di Francia, vieppiù imperversa-va, ed i zelatori dello stato nuovo s'accendevano. I con-sigli pensarono ai rimedj. Mandarono dicendo ai poten-tati d'Europa, essere seguita la invasione non solo senzaalcuna partecipazione loro, ma ancora contro la volontàespressa; e non mettessero punto in dubitazione, stesse-ro pur confidenti, che la repubblica, sempre consentaneaa se medesima, ed al retto ed all'onesto, non sarebbe maiper dipartirsi da quanto la sincera neutralità, e l'animonon inclinato nè a questa parte nè a quella richiedevano.Circa lo stato interno e la sicurezza della città, ordinava-no le milizie cittadine, e chiamavano più grossi corpi digente assoldata a stanziare nella capitale: munivano piùacconciamente la fortezza di Savona, serravano la botte-ga di Morando speziale ch'era ritrovo consueto dei no-vatori più ardenti e più arditi.Tali erano le tribolazioni di Genova. S'aggiunsero altrenon minori. Era, siccome abbiam narrato, venuta la Cor-sica in potestà degl'Inglesi. Hood ammiraglio, Elliot mi-nistro plenipotenziario d'Inghilterra, Paoli generale diCorsica, vollero temperare il dominio forestiero conqualche moderazione di leggi; modellarono una consti-tuzione, mancava il consenso dei popoli; adunossi unadieta, o congresso generale nella città di Corte; appruo-vò la constituzione.Essere, statuirono, la constituzione della Corsica monar-cale: la potestà legislativa investita nel re, e nei rappre-

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sentanti del popolo; il corpo legislativo, composto del ree di rappresentanti, chiamarsi parlamento:Non potere gli atti del parlamento avere forza di legge,se non fossero ratificati dal re:Nissuna imposta, o tassa, o contribuzione, e dazio si po-tesse porre, se non col consenso del parlamento:Avere il parlamento autorità di accusare in nome dellanazione innanzi al tribunale straordinario ogni e qualun-que agente del governo nei casi di prevaricazione, ed icasi dovessero essere definiti dalla legge:Potere il re dissolvere il parlamento, ma doverne convo-care un altro fra quaranta giorni:Fosse in Corsica un vicerè rappresentante il re:Avesse la nazione il diritto delle addomande:I magistrati collegialmente, i particolari privatamentepotessero fare le addomande:Il governo delle cose militari tutto al re si appartenesse,e potesse intimar guerra, e fare pace:Il re nominasse tutti i magistrati, ma il popolo i munici-pali:Niuno della sua libertà, niuno della proprietà potesse es-sere privato, se non per sentenza giudiziale, se l'arrestofosse dichiarato non conforme alle leggi, l'arrestatoavesse facoltà del richiamarsi dei danni ed interessi in-nanzi ai tribunali competenti:

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sentanti del popolo; il corpo legislativo, composto del ree di rappresentanti, chiamarsi parlamento:Non potere gli atti del parlamento avere forza di legge,se non fossero ratificati dal re:Nissuna imposta, o tassa, o contribuzione, e dazio si po-tesse porre, se non col consenso del parlamento:Avere il parlamento autorità di accusare in nome dellanazione innanzi al tribunale straordinario ogni e qualun-que agente del governo nei casi di prevaricazione, ed icasi dovessero essere definiti dalla legge:Potere il re dissolvere il parlamento, ma doverne convo-care un altro fra quaranta giorni:Fosse in Corsica un vicerè rappresentante il re:Avesse la nazione il diritto delle addomande:I magistrati collegialmente, i particolari privatamentepotessero fare le addomande:Il governo delle cose militari tutto al re si appartenesse,e potesse intimar guerra, e fare pace:Il re nominasse tutti i magistrati, ma il popolo i munici-pali:Niuno della sua libertà, niuno della proprietà potesse es-sere privato, se non per sentenza giudiziale, se l'arrestofosse dichiarato non conforme alle leggi, l'arrestatoavesse facoltà del richiamarsi dei danni ed interessi in-nanzi ai tribunali competenti:

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I delitti che importassero pene corporali, o infamanti, sigiudicassero dai giurati:Fossevi libertà di stampa, ma la licenza frenata dalleleggi:Fosse la bandiera di Corsica una testa di Moro con learmi del re:Giorgio III, re della Gran Brettagna, fosse re sovrano diCorsica; i successori succedessero secondo l'ordine dellasuccessione statuito pel trono della Gran Brettagna.Orava molto acconciamente Elliot, affermando, sperareche la congiunzione della Corsica e dell'Inghilterra sa-rebbe durevole e fortunata: a ciò concorrere la fede vi-cendevole, la somiglianza delle nature, la comunanzadegl'interessi; tentativi di oppressione non temessero daun re, che chiaro per virtù, chiaro per temperanza d'ani-mo, sempre aveva retto i suoi dominj secondo le leggi, efatto fondamento al suo regal seggio della libertà, e del-la prosperità del suo popolo; ora essere i Corsi liberi,ora felici; serbassero le loro antiche virtù, il coraggio, ilsanto amore della patria: sì facendo, manterrebbero vivafra di loro, e perpetua la libertà, quella libertà, che haper fine i civili diritti e la felicità delle genti, che nonserve nè all'ambizione nè al vizio: che si congiunge conla religione, con le leggi, e con un sacro rispetto verso leproprietà di ciascuno; che abborrisce da ogni dispotismoe da ogni violenza.L'ordinamento della Corsica disordinava Genova. Non

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I delitti che importassero pene corporali, o infamanti, sigiudicassero dai giurati:Fossevi libertà di stampa, ma la licenza frenata dalleleggi:Fosse la bandiera di Corsica una testa di Moro con learmi del re:Giorgio III, re della Gran Brettagna, fosse re sovrano diCorsica; i successori succedessero secondo l'ordine dellasuccessione statuito pel trono della Gran Brettagna.Orava molto acconciamente Elliot, affermando, sperareche la congiunzione della Corsica e dell'Inghilterra sa-rebbe durevole e fortunata: a ciò concorrere la fede vi-cendevole, la somiglianza delle nature, la comunanzadegl'interessi; tentativi di oppressione non temessero daun re, che chiaro per virtù, chiaro per temperanza d'ani-mo, sempre aveva retto i suoi dominj secondo le leggi, efatto fondamento al suo regal seggio della libertà, e del-la prosperità del suo popolo; ora essere i Corsi liberi,ora felici; serbassero le loro antiche virtù, il coraggio, ilsanto amore della patria: sì facendo, manterrebbero vivafra di loro, e perpetua la libertà, quella libertà, che haper fine i civili diritti e la felicità delle genti, che nonserve nè all'ambizione nè al vizio: che si congiunge conla religione, con le leggi, e con un sacro rispetto verso leproprietà di ciascuno; che abborrisce da ogni dispotismoe da ogni violenza.L'ordinamento della Corsica disordinava Genova. Non

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così tosto Hood e Drake si rendettero sicuri della pos-sessione dell'isola, che Paoli mandava fuori un manife-sto di guerra in nome del governo e della nazione corsacontro la repubblica di Genova. Pubblicava, rammentateprima le ingiurie fatte al Corsi dai Genovesi, la tirannideloro, quand'erano signori dell'isola, gli ajuti d'armi e dimunizioni porti ai Francesi assediati in Bastìa ed in SanFiorenzo, l'incredibile parzialità loro verso la Francia di-sordinata e feroce, che la Corsica intimava la guerra aGenova. Esortava quindi i Corsi, armassero navi inguerra, corressero contro i bastimenti Genovesi; avesse-ro gli armatori facoltà di appropriarsi, non solo le naviGenovesi, ma ancora, cosa certamente enorme le merciGenovesi che si trovassero a bordo di bastimenti neutra-li; i Genovesi presi fossero condotti nell'isola comeschiavi, e si condannassero a lavorar la terra; finalmentesi pagassero cento scudi di premio per ogni capo di talischiavi, che fosse condotto a Bastia. Non è certo da ma-ravigliare che Paoli nemicissimo per natura ai Genovesi,e mosso dai risentimenti antichi, abbia dato in questi ec-cessi; ma che gl'Inglesi, signori allora di Corsica, chepotevano in Paoli quel che volevano, e che erano, o sivantavano di essere civili ed umani uomini, gli abbianotollerati e forse instillati, con lasciar anche scrivere infronte di un manifesto europeo le parole di schiavo e dischiavitù, nissuno non sarà per condannare. AdunqueAlgeri per mano dell'Inghilterra si trasportava in Corsi-ca? Intanto arditissimi corsari Corsi correvano il mare, eportando per insegna la testa di Moro coi quarti d'Inghil-

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così tosto Hood e Drake si rendettero sicuri della pos-sessione dell'isola, che Paoli mandava fuori un manife-sto di guerra in nome del governo e della nazione corsacontro la repubblica di Genova. Pubblicava, rammentateprima le ingiurie fatte al Corsi dai Genovesi, la tirannideloro, quand'erano signori dell'isola, gli ajuti d'armi e dimunizioni porti ai Francesi assediati in Bastìa ed in SanFiorenzo, l'incredibile parzialità loro verso la Francia di-sordinata e feroce, che la Corsica intimava la guerra aGenova. Esortava quindi i Corsi, armassero navi inguerra, corressero contro i bastimenti Genovesi; avesse-ro gli armatori facoltà di appropriarsi, non solo le naviGenovesi, ma ancora, cosa certamente enorme le merciGenovesi che si trovassero a bordo di bastimenti neutra-li; i Genovesi presi fossero condotti nell'isola comeschiavi, e si condannassero a lavorar la terra; finalmentesi pagassero cento scudi di premio per ogni capo di talischiavi, che fosse condotto a Bastia. Non è certo da ma-ravigliare che Paoli nemicissimo per natura ai Genovesi,e mosso dai risentimenti antichi, abbia dato in questi ec-cessi; ma che gl'Inglesi, signori allora di Corsica, chepotevano in Paoli quel che volevano, e che erano, o sivantavano di essere civili ed umani uomini, gli abbianotollerati e forse instillati, con lasciar anche scrivere infronte di un manifesto europeo le parole di schiavo e dischiavitù, nissuno non sarà per condannare. AdunqueAlgeri per mano dell'Inghilterra si trasportava in Corsi-ca? Intanto arditissimi corsari Corsi correvano il mare, eportando per insegna la testa di Moro coi quarti d'Inghil-

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terra, e con patenti spedite da Elliot, facevano danni in-credibili al commercio Genovese, e peggio ancora che ilmanifesto non portava.Finalmente udì l'Inghilterra le querele dell'innocente re-pubblica: ma insidiosa, e non piena fu la moderazione.Ordinava che l'assedio di Genova si levasse; ma neltempo stesso statuiva che i corsari Corsi, autorizzati daiministri Inglesi, avessero facoltà di predare i bastimentiGenovesi, o di qualunque nazione, che andassero o ve-nissero dai porti di Francia, e le merci loro ponessero alfisco, e gli uomini, non più come schiavi, ma come pri-gionieri di guerra, si arrestassero, secondo l'uso delle na-zioni civili. Tornò Drake a Genova, forse credendo cheuna temperanza subdola equivalesse ad una giustiziasincera.Pareva che la condizione di Genova con la Gran Bretta-gna fosse divenuta più tollerabile; al tempo stesso i ter-mini, in cui viveva con la Francia, si miglioravano; per-chè, morto Robespierre e venuta in Parigi la somma del-le cose in balìa d'uomini più temperati, era stato richia-mato Tilly. Mandavasi iscambio un Villard, che modera-tamente procedendo diede speranza, che e la repubblicase ne potrebbe vivere più riposatamente, ed i vicini piùsecuramente.Ma la guerra non lasciava quietare la mal arrivata Geno-va. L'accidente seguito della occupazione di una partedella riviera di Ponente, ed i progressi dei Francesi insi-

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terra, e con patenti spedite da Elliot, facevano danni in-credibili al commercio Genovese, e peggio ancora che ilmanifesto non portava.Finalmente udì l'Inghilterra le querele dell'innocente re-pubblica: ma insidiosa, e non piena fu la moderazione.Ordinava che l'assedio di Genova si levasse; ma neltempo stesso statuiva che i corsari Corsi, autorizzati daiministri Inglesi, avessero facoltà di predare i bastimentiGenovesi, o di qualunque nazione, che andassero o ve-nissero dai porti di Francia, e le merci loro ponessero alfisco, e gli uomini, non più come schiavi, ma come pri-gionieri di guerra, si arrestassero, secondo l'uso delle na-zioni civili. Tornò Drake a Genova, forse credendo cheuna temperanza subdola equivalesse ad una giustiziasincera.Pareva che la condizione di Genova con la Gran Bretta-gna fosse divenuta più tollerabile; al tempo stesso i ter-mini, in cui viveva con la Francia, si miglioravano; per-chè, morto Robespierre e venuta in Parigi la somma del-le cose in balìa d'uomini più temperati, era stato richia-mato Tilly. Mandavasi iscambio un Villard, che modera-tamente procedendo diede speranza, che e la repubblicase ne potrebbe vivere più riposatamente, ed i vicini piùsecuramente.Ma la guerra non lasciava quietare la mal arrivata Geno-va. L'accidente seguito della occupazione di una partedella riviera di Ponente, ed i progressi dei Francesi insi-

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no a Finale, davano timore, che potessero per la via delDego, e del Cairo, che era la più spedita di quante dallaLiguria portavano pei gioghi dell'Apennino in Piemonte,sboccare in questa provincia. Le genti Tedesche stipula-te nel trattato di Valenziana non ancora erano giunte, nèera da sperarsi che quelle che già vi stanziavano, quan-tunque congiunte con gli eserciti Sardi, potessero cac-ciare un nemico ardente e poderoso dal territorio Ligure.Bensì si confidava di poter con loro preservare il Pie-monte insino a tanto che il trattato di Valenziana avessela sua esecuzione. A questo fine tutte le truppe Austria-che, che già si erano chiamate dall'Italia inferiore versola superiore, si adunavano nei contorni di Alessandria edi Acqui. Poscia, veduto che i Francesi s'ingrossavanoverso Loano e Finale, si riducevano più vicino, occu-pando le terre delle Carcare, delle Mallare, d'Altare, diMillesimo, di Cosserìa, del Cairo. Sommavano a dodici-mila combattenti, tra fanti e cavalli. Quest'erano le squa-dre della vanguardia, e del grosso dell'esercito; il retro-guardo stanziava al Dego, terra posta sulla strada mae-stra tra Cairo, e Acqui. Ivi avevano le artiglierìe grosse,i magazzini, ed i forni ad uso di spianar pane per tuttol'esercito. In questi posti attendevano ad affortificarsicon trincee e ridotti, massimamente al monte di SantaLucìa; ed a levante di Vermezzano sopra la strada delCairo, e finalmente su certe eminenze che dominavanola Bormida sopra la pescaja del Mulino. Queste trincee eridotti di Santa Lucia e del mulino rappresentavano ilpiù forte sito, e la principale speranza della vittoria degli

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no a Finale, davano timore, che potessero per la via delDego, e del Cairo, che era la più spedita di quante dallaLiguria portavano pei gioghi dell'Apennino in Piemonte,sboccare in questa provincia. Le genti Tedesche stipula-te nel trattato di Valenziana non ancora erano giunte, nèera da sperarsi che quelle che già vi stanziavano, quan-tunque congiunte con gli eserciti Sardi, potessero cac-ciare un nemico ardente e poderoso dal territorio Ligure.Bensì si confidava di poter con loro preservare il Pie-monte insino a tanto che il trattato di Valenziana avessela sua esecuzione. A questo fine tutte le truppe Austria-che, che già si erano chiamate dall'Italia inferiore versola superiore, si adunavano nei contorni di Alessandria edi Acqui. Poscia, veduto che i Francesi s'ingrossavanoverso Loano e Finale, si riducevano più vicino, occu-pando le terre delle Carcare, delle Mallare, d'Altare, diMillesimo, di Cosserìa, del Cairo. Sommavano a dodici-mila combattenti, tra fanti e cavalli. Quest'erano le squa-dre della vanguardia, e del grosso dell'esercito; il retro-guardo stanziava al Dego, terra posta sulla strada mae-stra tra Cairo, e Acqui. Ivi avevano le artiglierìe grosse,i magazzini, ed i forni ad uso di spianar pane per tuttol'esercito. In questi posti attendevano ad affortificarsicon trincee e ridotti, massimamente al monte di SantaLucìa; ed a levante di Vermezzano sopra la strada delCairo, e finalmente su certe eminenze che dominavanola Bormida sopra la pescaja del Mulino. Queste trincee eridotti di Santa Lucia e del mulino rappresentavano ilpiù forte sito, e la principale speranza della vittoria degli

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Austriaci in loro era posta. Così forti di sito e di artiglie-rìe, e stando a cavallo sulla strada per al Dego, sperava-no di fronteggiar con vantaggio il nemico. Oltre di ciòalcuni reggimenti Piemontesi, che alloggiavano in uncampo a Morozzo, marciavano verso Millesimo col finedi congiungersi con gli Austriaci, che difendevano ilpaese del Cairo.Dall'altra parte i Francesi, udito di questo moto, edavendo anche presentito per alcune dimostrazioni fattedall'esercito imperiale, ch'ei si volesse impadronire im-provvisamente di Savona, deliberarono di prevenirel'uno e l'altro con assaltare gli Austriaci nel loro campodi Dego. Perlocchè l'esercito loro grosso di quindecimila combattenti, fatto uno sforzo, aveva cacciato lavanguardia Austriaca dalle Mallare, dalle Carcare, daMillesimo, dal colle di San Giacomo delle Mallare, edalle eminenze di San Giovanni di Murialdo, seguitan-dola fino sulle alture che stanno a sopraccapo al Cairo,le quali occuparono la notte dei venti settembre, princi-palmente quelle che signoreggiano il castello. La qualecosa vedutasi dai generali Austriaci Turcheim, e Collo-redo, prevalendosi dell'oscurità della notte, ritirarono legenti loro verso il campo del Dego. Avviarono altresìpiù dietro a Spigno l'artiglierìa grossa, serbando con sela leggiera, ch'era fiorita e numerosa. In tutte questeazioni passavano gli Austriaci tratto tratto sul territorioGenovese. I magistrati, come già a Ventimiglia contro iFrancesi, e con non miglior successo protestavano della

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Austriaci in loro era posta. Così forti di sito e di artiglie-rìe, e stando a cavallo sulla strada per al Dego, sperava-no di fronteggiar con vantaggio il nemico. Oltre di ciòalcuni reggimenti Piemontesi, che alloggiavano in uncampo a Morozzo, marciavano verso Millesimo col finedi congiungersi con gli Austriaci, che difendevano ilpaese del Cairo.Dall'altra parte i Francesi, udito di questo moto, edavendo anche presentito per alcune dimostrazioni fattedall'esercito imperiale, ch'ei si volesse impadronire im-provvisamente di Savona, deliberarono di prevenirel'uno e l'altro con assaltare gli Austriaci nel loro campodi Dego. Perlocchè l'esercito loro grosso di quindecimila combattenti, fatto uno sforzo, aveva cacciato lavanguardia Austriaca dalle Mallare, dalle Carcare, daMillesimo, dal colle di San Giacomo delle Mallare, edalle eminenze di San Giovanni di Murialdo, seguitan-dola fino sulle alture che stanno a sopraccapo al Cairo,le quali occuparono la notte dei venti settembre, princi-palmente quelle che signoreggiano il castello. La qualecosa vedutasi dai generali Austriaci Turcheim, e Collo-redo, prevalendosi dell'oscurità della notte, ritirarono legenti loro verso il campo del Dego. Avviarono altresìpiù dietro a Spigno l'artiglierìa grossa, serbando con sela leggiera, ch'era fiorita e numerosa. In tutte questeazioni passavano gli Austriaci tratto tratto sul territorioGenovese. I magistrati, come già a Ventimiglia contro iFrancesi, e con non miglior successo protestavano della

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violata neutralità.Era il giorno vent'uno settembre imminente una batta-glia, nella quale da una parte dovevano combattere unardire inestimabile e l'incentivo di vittorie fresche,dall'altra una grande costanza, una stabilità pruovata ne-gli ordini, i luoghi forti ed affortificati, un'artiglierìaelettissima. La mattina molto per tempo avevano i gene-rali Austriaci ordinato le genti loro, partendole in dueparti, delle quali una, che era l'antiguardo, occupava lealture del Colletto fino alla Bormida, seguitando pelPianale sino a Montebrile sopra la valle di Carpezzo.Avanti al passo del Colletto, per cui si va a Rocchettadel Cairo, stavano, come guardia avanzata, una quadri-glia di Ulani: il passo medesimo munivano due boccheda fuoco governate dai volontarj. Al piano, e verso ilmezzo dell'antiguardo trentasei pezzi d'artiglierìa guar-davano il passo, sei sul monte Lucìa, gli altri sulla ripadel fiume sopra il mulino. Il grosso della battaglia si di-stendeva dal monte del Bosco sopra Pollovero e le altu-re di Brovida. Un battaglione di Croati schierato sulmonte Cerreto dava sicurezza all'ala sinistra; uno di cac-ciatori posto sul monte Vallaro alla destra.Il generale Austriaco Wallis, a cui era commesso il go-verno supremo dell'esercito, arrivato al campo poco in-nanzi che incominciasse la battaglia, e dopo che le suegenti già erano schierate, considerato che i Francesi, sic-come quelli che non avevano artiglierìe, e poca cavalle-rìa, avrebbero tentato di aprirsi il varco con una batta-

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violata neutralità.Era il giorno vent'uno settembre imminente una batta-glia, nella quale da una parte dovevano combattere unardire inestimabile e l'incentivo di vittorie fresche,dall'altra una grande costanza, una stabilità pruovata ne-gli ordini, i luoghi forti ed affortificati, un'artiglierìaelettissima. La mattina molto per tempo avevano i gene-rali Austriaci ordinato le genti loro, partendole in dueparti, delle quali una, che era l'antiguardo, occupava lealture del Colletto fino alla Bormida, seguitando pelPianale sino a Montebrile sopra la valle di Carpezzo.Avanti al passo del Colletto, per cui si va a Rocchettadel Cairo, stavano, come guardia avanzata, una quadri-glia di Ulani: il passo medesimo munivano due boccheda fuoco governate dai volontarj. Al piano, e verso ilmezzo dell'antiguardo trentasei pezzi d'artiglierìa guar-davano il passo, sei sul monte Lucìa, gli altri sulla ripadel fiume sopra il mulino. Il grosso della battaglia si di-stendeva dal monte del Bosco sopra Pollovero e le altu-re di Brovida. Un battaglione di Croati schierato sulmonte Cerreto dava sicurezza all'ala sinistra; uno di cac-ciatori posto sul monte Vallaro alla destra.Il generale Austriaco Wallis, a cui era commesso il go-verno supremo dell'esercito, arrivato al campo poco in-nanzi che incominciasse la battaglia, e dopo che le suegenti già erano schierate, considerato che i Francesi, sic-come quelli che non avevano artiglierìe, e poca cavalle-rìa, avrebbero tentato di aprirsi il varco con una batta-

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glia sparsa su pei luoghi alti e scoscesi per le ali del suoesercito, a fine di riuscirgli alle spalle, operò, che alcunibattaglioni dell'antiguardo venissero a rinforzare il gros-so dell'esercito, il quale finchè fosse intero, non avrebbepotuto il nemico avere vittoria.Stando le cose in questi termini dal canto degli Austria-ci, ivano i Francesi all'assalto condotti dal generalissimoDumorbion, dai generali Massena e Laharpe, e dal gene-rale d'artiglierìa Buonaparte, ai quali si aggiungevano irappresentanti del popolo Albitte e Saliceti, con Buona-roti, agente nazionale. Erano le genti loro divise in treschiere: la prima seguitata da cinquecento soldati a ca-vallo, e passando per la strada alla Rocchetta del Cairoandava ad assaltare gli Austriaci posti al Colletto. La se-conda passando pel convento di San Francesco del Cai-ro assaltava i cacciatori che difendevano il monte Valla-ro; poi fatto un branco di se composto di valentissimisoldati, lo mandava contro il colle di Vignarolo, il qualesuperato, diveniva la strada più facile per superare an-che quello del monte Vallaro. Era l'intento della terza,radendo i poggi che dominano la strada del Cairo e dellaRocchetta, riuscire alla cresta sinistra del Colletto. Giàla prima schiera, che era quella di mezzo, venuta per laRocchetta, aveva costretto la guardia avanzata a cedereil passo, e bersagliava di fronte con grandissimo furoreil posto del Colletto. A tanto assalto ad ora ad ora gli or-dini degl'imperiali si rompevano; ma pel valore loro to-sto si rannodavano: i due cannoni facevano grande stra-

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glia sparsa su pei luoghi alti e scoscesi per le ali del suoesercito, a fine di riuscirgli alle spalle, operò, che alcunibattaglioni dell'antiguardo venissero a rinforzare il gros-so dell'esercito, il quale finchè fosse intero, non avrebbepotuto il nemico avere vittoria.Stando le cose in questi termini dal canto degli Austria-ci, ivano i Francesi all'assalto condotti dal generalissimoDumorbion, dai generali Massena e Laharpe, e dal gene-rale d'artiglierìa Buonaparte, ai quali si aggiungevano irappresentanti del popolo Albitte e Saliceti, con Buona-roti, agente nazionale. Erano le genti loro divise in treschiere: la prima seguitata da cinquecento soldati a ca-vallo, e passando per la strada alla Rocchetta del Cairoandava ad assaltare gli Austriaci posti al Colletto. La se-conda passando pel convento di San Francesco del Cai-ro assaltava i cacciatori che difendevano il monte Valla-ro; poi fatto un branco di se composto di valentissimisoldati, lo mandava contro il colle di Vignarolo, il qualesuperato, diveniva la strada più facile per superare an-che quello del monte Vallaro. Era l'intento della terza,radendo i poggi che dominano la strada del Cairo e dellaRocchetta, riuscire alla cresta sinistra del Colletto. Giàla prima schiera, che era quella di mezzo, venuta per laRocchetta, aveva costretto la guardia avanzata a cedereil passo, e bersagliava di fronte con grandissimo furoreil posto del Colletto. A tanto assalto ad ora ad ora gli or-dini degl'imperiali si rompevano; ma pel valore loro to-sto si rannodavano: i due cannoni facevano grande stra-

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zio nei Francesi. La seconda colonna sforzato, non sen-za una valida resistenza degli Austriaci accorsi in ajutodel Pianale, il passo del Vignarolo, gli assaltava al mon-te Vallaro, e sulle alture della Bormida, ed al primo trat-to gli disordinava; ma essendo venute in soccorso loroaltre due squadre mandate dal Wallis, gli Austriaci connuova vigorìa combattendo fin oltre Vignarolo la ribut-tavano. La terza schiera, che costeggiava a sinistra imonti, trovato un corpo d'Austriaci che si era posto inagguato nel castello rovinato della Rocchetta, e che rice-vette in quel punto un rinforzo di genti fresche, fuanch'essa costretta a dare indietro. Così la vittoria sulledue ali inclinava a favor degl'imperiali: ma l'importanzadel fatto consisteva nel posto del Colletto assaltato, e di-feso con mirabile costanza. Le fanterìe dei Francesi nonavendo potuto sforzare questo passo, la cavallerìa sifece avanti, e diè per modo la carica alla cavallerìa Au-striaca, ch'essa, non fatta lunga resistenza, si ritirava or-dinatamente di là dal Colletto, proteggendo anche la riti-rata dei fanti, e conducendo seco i due cannoni. E' pareche l'intenzione degli Austriaci, superiori di cavallerìa,superiori di artiglierìe, sia stata, operato prima grandeuccisione dell'esercito nemico, di allettare tanto la caval-lerìa dei repubblicani, che condottasi nella valle di Pol-lovero potesse essere bersagliata con evidente vantaggiodi fianco e di fronte dalle batterìe di Santa Lucìa e delPianale. Ma i Francesi accortisi dell'insidia, e considera-to che i fianchi della valle erano tutti occupati dagli Au-striaci, per modo che e' potevano essere circondati da

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zio nei Francesi. La seconda colonna sforzato, non sen-za una valida resistenza degli Austriaci accorsi in ajutodel Pianale, il passo del Vignarolo, gli assaltava al mon-te Vallaro, e sulle alture della Bormida, ed al primo trat-to gli disordinava; ma essendo venute in soccorso loroaltre due squadre mandate dal Wallis, gli Austriaci connuova vigorìa combattendo fin oltre Vignarolo la ribut-tavano. La terza schiera, che costeggiava a sinistra imonti, trovato un corpo d'Austriaci che si era posto inagguato nel castello rovinato della Rocchetta, e che rice-vette in quel punto un rinforzo di genti fresche, fuanch'essa costretta a dare indietro. Così la vittoria sulledue ali inclinava a favor degl'imperiali: ma l'importanzadel fatto consisteva nel posto del Colletto assaltato, e di-feso con mirabile costanza. Le fanterìe dei Francesi nonavendo potuto sforzare questo passo, la cavallerìa sifece avanti, e diè per modo la carica alla cavallerìa Au-striaca, ch'essa, non fatta lunga resistenza, si ritirava or-dinatamente di là dal Colletto, proteggendo anche la riti-rata dei fanti, e conducendo seco i due cannoni. E' pareche l'intenzione degli Austriaci, superiori di cavallerìa,superiori di artiglierìe, sia stata, operato prima grandeuccisione dell'esercito nemico, di allettare tanto la caval-lerìa dei repubblicani, che condottasi nella valle di Pol-lovero potesse essere bersagliata con evidente vantaggiodi fianco e di fronte dalle batterìe di Santa Lucìa e delPianale. Ma i Francesi accortisi dell'insidia, e considera-to che i fianchi della valle erano tutti occupati dagli Au-striaci, per modo che e' potevano essere circondati da

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ogni parte, non si avventurarono. Intanto gli Austriaci, operduto per forza, o abbandonato per arte il sito del Col-letto, si ritirarono grossi e minacciosi ai loro sicuri riparidel monte di Santa Lucìa, e dell'argine del mulino. Sce-sero i Francesi dal Colletto nella pianura, e già si eranoinoltrati, accostandosi il sole al suo tramontare, sin pres-so ai Zingani, sopra la foce del Pollovero, quando le bat-terìe di Santa Lucìa, e del Pianale cominciarono a fulmi-nargli con orribile fracasso. Dalla parte loro anch'essi fa-cevano ogni sforzo per superar quei passi: nel tempomedesimo si combatteva sulle due ali estreme dell'uno edell'altro esercito. Nè fu fatto fine a tanta battaglia estrage, se non quando, sopraggiunta la notte, i Francesifurono sforzati a ritornarsene oltre il Colletto, dond'era-no venuti, per iscostarsi dall'impeto dell'artiglierìed'Austria, che non cessavano di trarre. Perdettero in que-sto fatto i Francesi meglio di seicento buoni soldati, gliAustriaci meglio di settecento, fra i quali alcuni ufficialidi nome.Questa battaglia del Dego fu una fazione bene e valoro-samente combattuta da ambe le parti, nè si potrebbe conparole descrivere l'ardore, per non dire il furore, colquale andarono i Francesi all'assalto, nè minor valoreera richiesto, perchè potessero tener pari la bilancia, niu-na artiglierìa avendo, cavallerìa debole, ed essendo gliAustriaci bene forniti dell'una e dell'altra, e di più trin-cerati in luoghi fortissimi. Dall'altro canto non si potreb-be lodare abbastanza l'arte dei generali Austriaci nel go-

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ogni parte, non si avventurarono. Intanto gli Austriaci, operduto per forza, o abbandonato per arte il sito del Col-letto, si ritirarono grossi e minacciosi ai loro sicuri riparidel monte di Santa Lucìa, e dell'argine del mulino. Sce-sero i Francesi dal Colletto nella pianura, e già si eranoinoltrati, accostandosi il sole al suo tramontare, sin pres-so ai Zingani, sopra la foce del Pollovero, quando le bat-terìe di Santa Lucìa, e del Pianale cominciarono a fulmi-nargli con orribile fracasso. Dalla parte loro anch'essi fa-cevano ogni sforzo per superar quei passi: nel tempomedesimo si combatteva sulle due ali estreme dell'uno edell'altro esercito. Nè fu fatto fine a tanta battaglia estrage, se non quando, sopraggiunta la notte, i Francesifurono sforzati a ritornarsene oltre il Colletto, dond'era-no venuti, per iscostarsi dall'impeto dell'artiglierìed'Austria, che non cessavano di trarre. Perdettero in que-sto fatto i Francesi meglio di seicento buoni soldati, gliAustriaci meglio di settecento, fra i quali alcuni ufficialidi nome.Questa battaglia del Dego fu una fazione bene e valoro-samente combattuta da ambe le parti, nè si potrebbe conparole descrivere l'ardore, per non dire il furore, colquale andarono i Francesi all'assalto, nè minor valoreera richiesto, perchè potessero tener pari la bilancia, niu-na artiglierìa avendo, cavallerìa debole, ed essendo gliAustriaci bene forniti dell'una e dell'altra, e di più trin-cerati in luoghi fortissimi. Dall'altro canto non si potreb-be lodare abbastanza l'arte dei generali Austriaci nel go-

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vernar gli accidenti della fortuna in questo difficile edimportante fatto, nè la fermezza, e la longanimità dellegenti loro.Sforzossi ciascuna delle parti di tirare a se la fama dellavittoria, e dell'onore di questo giorno. Certo è, che gliAustriaci ebbero il vantaggio della somma del fatto, per-chè non solamente obbligarono i Francesi a ritirarsi dalcampo di battaglia, e serbarono tutti i posti loro, ma an-cora nissun accidente, che dipendesse dal nemico, gliobbligava a ritirarsi. Ciò non ostante pel seguito dellecose fu per consentimento universale aggiudicata la pal-ma ai Francesi; perciocchè gli Austriaci, o che temesse-ro che per le piene autunnali la Bormida interrompesseloro le strade a poter comunicare con Acqui, dove eranole riposte dell'esercito, ovvero che, come da alcuni fuscritto, avessero avuto avviso che un corpo Francesepartito di Savona, passando per la valle d'Erro, fosse perriuscir loro alle spalle, e per tale guisa mozzar loro lastrada, la notte dei ventidue, abbandonate le forti posi-zioni, si ritirarono con tutte le bagaglie, e con le artiglie-rìe in Acqui. Nel che si dee notare la falsità degli avvisiche ricevevano gli Austriaci: perchè e nissun corpoFrancese era a quei giorni in Savona, e tutti i Francesieransi adunati per fare un grosso sforzo a Dego, e nis-sun'altra schiera notabile di loro si trovava da Nizza finoa Savona. Questa falsità di avvisi, o che procedesse dal-la solita parsimonia Austriaca nello spendere, o dalla ni-mistà delle popolazioni, operò molto efficacemente in

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vernar gli accidenti della fortuna in questo difficile edimportante fatto, nè la fermezza, e la longanimità dellegenti loro.Sforzossi ciascuna delle parti di tirare a se la fama dellavittoria, e dell'onore di questo giorno. Certo è, che gliAustriaci ebbero il vantaggio della somma del fatto, per-chè non solamente obbligarono i Francesi a ritirarsi dalcampo di battaglia, e serbarono tutti i posti loro, ma an-cora nissun accidente, che dipendesse dal nemico, gliobbligava a ritirarsi. Ciò non ostante pel seguito dellecose fu per consentimento universale aggiudicata la pal-ma ai Francesi; perciocchè gli Austriaci, o che temesse-ro che per le piene autunnali la Bormida interrompesseloro le strade a poter comunicare con Acqui, dove eranole riposte dell'esercito, ovvero che, come da alcuni fuscritto, avessero avuto avviso che un corpo Francesepartito di Savona, passando per la valle d'Erro, fosse perriuscir loro alle spalle, e per tale guisa mozzar loro lastrada, la notte dei ventidue, abbandonate le forti posi-zioni, si ritirarono con tutte le bagaglie, e con le artiglie-rìe in Acqui. Nel che si dee notare la falsità degli avvisiche ricevevano gli Austriaci: perchè e nissun corpoFrancese era a quei giorni in Savona, e tutti i Francesieransi adunati per fare un grosso sforzo a Dego, e nis-sun'altra schiera notabile di loro si trovava da Nizza finoa Savona. Questa falsità di avvisi, o che procedesse dal-la solita parsimonia Austriaca nello spendere, o dalla ni-mistà delle popolazioni, operò molto efficacemente in

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tutti i fatti della presente guerra, e fece rovinare molteimprese dell'armi imperiali.Intanto i Francesi temendo di qualche insidia, nè poten-do recarsi a credere, che gli avversarj si fossero ritirati,dubitando anzi di essere assaliti in sul far del giorno,molto pesatamente, e con ogni cautela entrarono nelDego. Ma quando si accorsero che quello, di che nonpotevano sospettare, era vero, vi si confermarono, e die-dero mano a vuotare, e trasportare ai luoghi sicuri dellaLiguria i magazzini dell'esercito Tedesco, pieni di fari-ne, avena, pane e strame. Nè contenti i repubblicaniall'aver fatte proprie le sostanze del pubblico, diversa-mente da quello che in Oneglia avevano operato, infe-starono quelle dei privati, saccheggiando le case di colo-ro che per timore le avevano abbandonate, consumandoo disperdendo i vini ed ogni altra grascia o vettovaglia,ardendo la casa del feudatario, guastando le vigne por-tanti uve delicatissime, distruggendo una quantità consi-derabile di bestiame sì grosso che minuto, dimostrandoinsomma con ogni proceder loro, quanto fossero disso-miglianti i fatti dalle parole, tristo presagio dei mali an-cor più gravi, che si preparavano all'infelice Italia.L'esercito di Francia, dimoratosi tre giorni sul territoriodel Dego, si ritrasse poscia pel sospetto che gli davanole genti accorse dal campo di Morozzo, e pei tempi sini-stri, sul Genovesato, dove si fortificava, principalmentea Vado, aspettando, che la stagione nuova gli facesse fa-coltà di tentare fazioni di maggior momento.

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tutti i fatti della presente guerra, e fece rovinare molteimprese dell'armi imperiali.Intanto i Francesi temendo di qualche insidia, nè poten-do recarsi a credere, che gli avversarj si fossero ritirati,dubitando anzi di essere assaliti in sul far del giorno,molto pesatamente, e con ogni cautela entrarono nelDego. Ma quando si accorsero che quello, di che nonpotevano sospettare, era vero, vi si confermarono, e die-dero mano a vuotare, e trasportare ai luoghi sicuri dellaLiguria i magazzini dell'esercito Tedesco, pieni di fari-ne, avena, pane e strame. Nè contenti i repubblicaniall'aver fatte proprie le sostanze del pubblico, diversa-mente da quello che in Oneglia avevano operato, infe-starono quelle dei privati, saccheggiando le case di colo-ro che per timore le avevano abbandonate, consumandoo disperdendo i vini ed ogni altra grascia o vettovaglia,ardendo la casa del feudatario, guastando le vigne por-tanti uve delicatissime, distruggendo una quantità consi-derabile di bestiame sì grosso che minuto, dimostrandoinsomma con ogni proceder loro, quanto fossero disso-miglianti i fatti dalle parole, tristo presagio dei mali an-cor più gravi, che si preparavano all'infelice Italia.L'esercito di Francia, dimoratosi tre giorni sul territoriodel Dego, si ritrasse poscia pel sospetto che gli davanole genti accorse dal campo di Morozzo, e pei tempi sini-stri, sul Genovesato, dove si fortificava, principalmentea Vado, aspettando, che la stagione nuova gli facesse fa-coltà di tentare fazioni di maggior momento.

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LIBRO QUINTO

SOMMARIOIl re di Sardegna continua nella sua alleanza con l'Austria. Prov-vedimenti militari di queste due potenze dalla parte d'Italia. Ilgran duca di Toscana fa un accordo con la repubblica Francese.Discorso del suo ministro Carletti al consesso nazionale, e rispo-sta del presidente. Discorso del nobile Querini, inviato di Vene-zia, al medesimo consesso, e risposta del presidente. Battaglia na-vale tra i Francesi e gl'Inglesi al capo di Noli combattuta i dì tre-deci, e quattordeci marzo del 1795. Pace della Prussia con la re-pubblica Francese. Guerra sulla riviera di Genova: vantaggi deiconfederati. Congiure, sdegni, e rigori nel regno di Napoli. Graviturbazioni nella Corsica contro gl'Inglesi. Paoli chiamato a Lon-dra come sospetto. Qualità di questo Corso. Moti tumultuosi aSassari di Sardegna. La Spagna conclude la pace con la Francia,ed offre la sua mediazione a fine di concordia al re di Sardegna.In qual modo Vittorio Amedeo riceva questa mediazione. Consi-glio convocato in Torino per deliberare sulla proposizione dellapace. Discorso del marchese Silva, che opina per gli accordi. Di-scorso del marchese d'Albarey, che gli dissuade. Si viene di nuo-vo all'armi. Battaglia di Loano succeduta addì ventitrè di novem-bre del 1795. Suoi importanti risultamenti.

Erasi la fortuna, sul finire del precedente anno, mostratafavorevole alle armi dei repubblicani non solamente dal-la parte d'Italia, ma eziandìo, e molto più verso la Spa-gna, i Paesi Bassi, e quella parte della Germania, che sidistende sulla riva sinistra del Reno: che anzi in questiultimi paesi tanta era stata la prosperità loro, che caccia-

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LIBRO QUINTO

SOMMARIOIl re di Sardegna continua nella sua alleanza con l'Austria. Prov-vedimenti militari di queste due potenze dalla parte d'Italia. Ilgran duca di Toscana fa un accordo con la repubblica Francese.Discorso del suo ministro Carletti al consesso nazionale, e rispo-sta del presidente. Discorso del nobile Querini, inviato di Vene-zia, al medesimo consesso, e risposta del presidente. Battaglia na-vale tra i Francesi e gl'Inglesi al capo di Noli combattuta i dì tre-deci, e quattordeci marzo del 1795. Pace della Prussia con la re-pubblica Francese. Guerra sulla riviera di Genova: vantaggi deiconfederati. Congiure, sdegni, e rigori nel regno di Napoli. Graviturbazioni nella Corsica contro gl'Inglesi. Paoli chiamato a Lon-dra come sospetto. Qualità di questo Corso. Moti tumultuosi aSassari di Sardegna. La Spagna conclude la pace con la Francia,ed offre la sua mediazione a fine di concordia al re di Sardegna.In qual modo Vittorio Amedeo riceva questa mediazione. Consi-glio convocato in Torino per deliberare sulla proposizione dellapace. Discorso del marchese Silva, che opina per gli accordi. Di-scorso del marchese d'Albarey, che gli dissuade. Si viene di nuo-vo all'armi. Battaglia di Loano succeduta addì ventitrè di novem-bre del 1795. Suoi importanti risultamenti.

Erasi la fortuna, sul finire del precedente anno, mostratafavorevole alle armi dei repubblicani non solamente dal-la parte d'Italia, ma eziandìo, e molto più verso la Spa-gna, i Paesi Bassi, e quella parte della Germania, che sidistende sulla riva sinistra del Reno: che anzi in questiultimi paesi tanta era stata la prosperità loro, che caccia-

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ti al tutto gli eserciti Inglesi, Olandesi, Prussiani, ed Au-striaci, si erano fatti padroni del Brabante, dell'Olanda, edi tutta la Germania di quà dal Reno, sì fattamente cheminacciando di varcar questo fiume, niuna cosa lascia-vano sicura sulla sua destra sponda. Tante e così subitevittorie davano timore, che la confederazione si potessescompigliare, e che alcuno fra gli alleati, disperandodell'esito finale della guerra, pensasse ad inclinar l'ani-mo ai Francesi, e ad anteporre una pace, se non sicura,almeno manco pericolosa, ad una contesa, il cui fine eraoramai divenuto, se non del tutto impossibile, certamen-te molto incerto a conseguirsi. A questo si aggiungeva,che il reggimento che si era introdotto in Francia dopola morte di Robespierre, mostrava e più moderazioneverso i cittadini, e maggior temperanza verso i forestieri.Dannava le immanità del governo precedente, dannavagl'incentivi o subdoli o superbi usati verso i sudditi, everso i principi forestieri. Protestava voler vivere amicodi tutti, e non consentire a turbar la pace altrui, se nonquando altri turbasse la sua. Ogni cosa anzi inclinava adun quieto e regolato vivere: solo dava fastidio quelnome di repubblica, al quale suono i principi d'Europapenavano ad avvezzare le orecchie, prevedendo, chequesto nome solo, e con quest'allettamento della libertà,che i Francesi pretendevano negli scritti e nelle paroleloro, e che con tanto maggior efficacia opera nella men-te dei mortali, quanto ella è una immagine vaga e nonbene definita, basterebbe col tempo, senza che necessa-ria fosse la forza, a partorir variazioni d'importanza, ed a

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ti al tutto gli eserciti Inglesi, Olandesi, Prussiani, ed Au-striaci, si erano fatti padroni del Brabante, dell'Olanda, edi tutta la Germania di quà dal Reno, sì fattamente cheminacciando di varcar questo fiume, niuna cosa lascia-vano sicura sulla sua destra sponda. Tante e così subitevittorie davano timore, che la confederazione si potessescompigliare, e che alcuno fra gli alleati, disperandodell'esito finale della guerra, pensasse ad inclinar l'ani-mo ai Francesi, e ad anteporre una pace, se non sicura,almeno manco pericolosa, ad una contesa, il cui fine eraoramai divenuto, se non del tutto impossibile, certamen-te molto incerto a conseguirsi. A questo si aggiungeva,che il reggimento che si era introdotto in Francia dopola morte di Robespierre, mostrava e più moderazioneverso i cittadini, e maggior temperanza verso i forestieri.Dannava le immanità del governo precedente, dannavagl'incentivi o subdoli o superbi usati verso i sudditi, everso i principi forestieri. Protestava voler vivere amicodi tutti, e non consentire a turbar la pace altrui, se nonquando altri turbasse la sua. Ogni cosa anzi inclinava adun quieto e regolato vivere: solo dava fastidio quelnome di repubblica, al quale suono i principi d'Europapenavano ad avvezzare le orecchie, prevedendo, chequesto nome solo, e con quest'allettamento della libertà,che i Francesi pretendevano negli scritti e nelle paroleloro, e che con tanto maggior efficacia opera nella men-te dei mortali, quanto ella è una immagine vaga e nonbene definita, basterebbe col tempo, senza che necessa-ria fosse la forza, a partorir variazioni d'importanza, ed a

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cambiar l'ordine antico. Non ostante, essendosi le coseridotte in Francia a maggior moderazione, si era il peri-colo di presenti turbazioni allontanato, e si dubitava checresciuto dall'un de' lati il terrore delle armi Francesi,diminuito dall'altro il pericolo delle forsennate sugge-stioni, prevalesse in alcun membro della lega la volontàdi procurar i proprj vantaggi, con danno di tutti o di al-cuno dei confederati. Massimamente non si stava senzaapprensione che la Prussia facesse pensieri diversi daicomuni, sì pel desiderio della bassezza dell'Austria, sìper le antiche sue consuetudini con la Francia, e sì pertimore della Russia, che continuamente stimolava e nonmai ajutava. Di ciò se n'erano già veduti appropinquarealcuni effetti, perchè il re Federico Guglielmo, ora ritira-va le sue genti dal campo di guerra, ora voleva mettere aprezzo la cooperazione loro, ed ora dannava le leve Ger-maniche per istormo. Insomma pareva a chi guardavadirittamente, che questo membro della lega avesse frap-poco a separarsi dai consiglj comuni; il quale caso quan-to peso fosse per arrecare nelle cose d'Europa, è facilevedersi da chi conosce e la sua potenza, e la sede de'suoi reami. Si temeva pertanto, che l'inverno, il qualeacquetando l'operare risveglia il deliberare, potesse con-durre qualche negoziato col fine di porre discordia nellalega, e che ove la stagione propizia al guerreggiare fossetornata, le armi dei Francesi avessero a fare qualchegrande impeto con insinuarsi nelle viscere di uno, o dipiù dei rimanenti alleati. Ma già avevano i Francesi ver-so Germania acquistato quanto desideravano; poichè si-

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cambiar l'ordine antico. Non ostante, essendosi le coseridotte in Francia a maggior moderazione, si era il peri-colo di presenti turbazioni allontanato, e si dubitava checresciuto dall'un de' lati il terrore delle armi Francesi,diminuito dall'altro il pericolo delle forsennate sugge-stioni, prevalesse in alcun membro della lega la volontàdi procurar i proprj vantaggi, con danno di tutti o di al-cuno dei confederati. Massimamente non si stava senzaapprensione che la Prussia facesse pensieri diversi daicomuni, sì pel desiderio della bassezza dell'Austria, sìper le antiche sue consuetudini con la Francia, e sì pertimore della Russia, che continuamente stimolava e nonmai ajutava. Di ciò se n'erano già veduti appropinquarealcuni effetti, perchè il re Federico Guglielmo, ora ritira-va le sue genti dal campo di guerra, ora voleva mettere aprezzo la cooperazione loro, ed ora dannava le leve Ger-maniche per istormo. Insomma pareva a chi guardavadirittamente, che questo membro della lega avesse frap-poco a separarsi dai consiglj comuni; il quale caso quan-to peso fosse per arrecare nelle cose d'Europa, è facilevedersi da chi conosce e la sua potenza, e la sede de'suoi reami. Si temeva pertanto, che l'inverno, il qualeacquetando l'operare risveglia il deliberare, potesse con-durre qualche negoziato col fine di porre discordia nellalega, e che ove la stagione propizia al guerreggiare fossetornata, le armi dei Francesi avessero a fare qualchegrande impeto con insinuarsi nelle viscere di uno, o dipiù dei rimanenti alleati. Ma già avevano i Francesi ver-so Germania acquistato quanto desideravano; poichè si-

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gnori dell'Olanda, signori delle province Germanicheposte di quà dal Reno, a loro non rimaneva altra cagionedi condursi a far guerra sulla sponda destra di quel fiu-me, se non quella di sforzare con continuate vittoriel'imperator d'Alemagna a conoscere la repubblica loro,ed a concluder la pace con lei. Ma sarebbe stato il cam-mino lungo, e forse non sicuro; poichè l'Austria, sebbe-ne sbattuta dalla fortuna, era tuttavìa formidabile, massi-me se si venissero a toccare gli stati ereditarj. Per lo cheavvisavano, lei potersi assaltare con minor pericolo, ecol medesimo frutto da un'altra parte.Quanto alla Spagna, sebbene i Francesi si fossero apertala strada nel cuore di quel regno coll'acquisto delle for-tezze di Fontarabia, e di Figueras, non ponevano l'animoa volervi fare una invasione d'importanza; perciocchè eil paese era povero, e le opinioni contrarie, e la posizio-ne tanto lontana dagli altri luoghi nei quali si combatte-va, che non si poteva nè operare di concerto, nè secon-dare i casi prosperi, nè ajutare i sinistri. Nè si credevache abbisognassero gli estremi sforzi, ad una inondazio-ne totale di forze repubblicane per costringere la Spagnaalla pace: anzi credevano i Francesi, che un romoreggia-re in sui confini a ciò bastasse. Pareva poi anche lorouna invasione di quel reame cosa troppo insolita da po-tersi tentare così alla prima, opinando che l'essersi sem-pre astenuti i loro maggiori dall'invadere quella provin-cia, non fosse senza gravi ed efficaci ragioni. Oltre aquesto aveva forza nei consiglj di Spagna una condizio-

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gnori dell'Olanda, signori delle province Germanicheposte di quà dal Reno, a loro non rimaneva altra cagionedi condursi a far guerra sulla sponda destra di quel fiu-me, se non quella di sforzare con continuate vittoriel'imperator d'Alemagna a conoscere la repubblica loro,ed a concluder la pace con lei. Ma sarebbe stato il cam-mino lungo, e forse non sicuro; poichè l'Austria, sebbe-ne sbattuta dalla fortuna, era tuttavìa formidabile, massi-me se si venissero a toccare gli stati ereditarj. Per lo cheavvisavano, lei potersi assaltare con minor pericolo, ecol medesimo frutto da un'altra parte.Quanto alla Spagna, sebbene i Francesi si fossero apertala strada nel cuore di quel regno coll'acquisto delle for-tezze di Fontarabia, e di Figueras, non ponevano l'animoa volervi fare una invasione d'importanza; perciocchè eil paese era povero, e le opinioni contrarie, e la posizio-ne tanto lontana dagli altri luoghi nei quali si combatte-va, che non si poteva nè operare di concerto, nè secon-dare i casi prosperi, nè ajutare i sinistri. Nè si credevache abbisognassero gli estremi sforzi, ad una inondazio-ne totale di forze repubblicane per costringere la Spagnaalla pace: anzi credevano i Francesi, che un romoreggia-re in sui confini a ciò bastasse. Pareva poi anche lorouna invasione di quel reame cosa troppo insolita da po-tersi tentare così alla prima, opinando che l'essersi sem-pre astenuti i loro maggiori dall'invadere quella provin-cia, non fosse senza gravi ed efficaci ragioni. Oltre aquesto aveva forza nei consiglj di Spagna una condizio-

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ne particolare; perchè salito pel favor della regina adimmoderata potenza il duca d'Acudia, avvisavano iFrancesi, accortissimi nel pesare le condizioni delle cor-ti straniere, che il duca pensasse piuttosto a solidare lasua autorità, allontanando con un accordo un pericologravissimo, che a mantenere l'integrità della fama delnome Spagnuolo, e quanto richiedeva in quella occor-renza tristissima di tempi la dignità della corona di Spa-gna.Restava l'Italia, alla quale si prevedeva che si sarebbepiuttosto che in altro luogo voltato il corso delle armiFrancesi: per questo avevano i repubblicani con infinitosforzo superate le cime delle Alpi e degli Apennini; perquesto ordinato ai passi l'esercito vincitore di Tolone;per questo allettato con promesse e con lusinghe il re diSardegna; per questo adulato Genova, addormentato Ve-nezia, convinto Toscana, e turbato Napoli; per questo ri-sarcivano a gran fretta i danni di Tolone con crearvi unnavilio capace ad operare con forza sulle acque del Me-diterraneo; per questo stillavano continuamente nei con-sigli loro, come, quando, per quale via, e con quali mez-zi dovessero assaltar l'Italia. Era la penisola in questoanno la principal mira dei disegni loro, perchè sperava-no, per la debolezza e disunione de' suoi principi, poter-la correre a posta loro, perchè malgrado delle funestepruove fatte in ogni età, il correre questa provincia èsempre stato appetito principalissimo dei Francesi. Con-culcate poi l'armi Austriache in lei, precorrendo la fama

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ne particolare; perchè salito pel favor della regina adimmoderata potenza il duca d'Acudia, avvisavano iFrancesi, accortissimi nel pesare le condizioni delle cor-ti straniere, che il duca pensasse piuttosto a solidare lasua autorità, allontanando con un accordo un pericologravissimo, che a mantenere l'integrità della fama delnome Spagnuolo, e quanto richiedeva in quella occor-renza tristissima di tempi la dignità della corona di Spa-gna.Restava l'Italia, alla quale si prevedeva che si sarebbepiuttosto che in altro luogo voltato il corso delle armiFrancesi: per questo avevano i repubblicani con infinitosforzo superate le cime delle Alpi e degli Apennini; perquesto ordinato ai passi l'esercito vincitore di Tolone;per questo allettato con promesse e con lusinghe il re diSardegna; per questo adulato Genova, addormentato Ve-nezia, convinto Toscana, e turbato Napoli; per questo ri-sarcivano a gran fretta i danni di Tolone con crearvi unnavilio capace ad operare con forza sulle acque del Me-diterraneo; per questo stillavano continuamente nei con-sigli loro, come, quando, per quale via, e con quali mez-zi dovessero assaltar l'Italia. Era la penisola in questoanno la principal mira dei disegni loro, perchè sperava-no, per la debolezza e disunione de' suoi principi, poter-la correre a posta loro, perchè malgrado delle funestepruove fatte in ogni età, il correre questa provincia èsempre stato appetito principalissimo dei Francesi. Con-culcate poi l'armi Austriache in lei, precorrendo la fama

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della conquista di una sì nobile regione, speravano chel'Austria spaventata calerebbe presto agli accordi.Sì fatti disegni, non solamente non celati studiosamente,come si suol fare per l'ordinario, ma ancora manifestatiespressamente, perchè meglio nascesse il timore, opera-vano in differenti guise nella mente dei principi Italiani.Il re di Sardegna ridotto in estremo pericolo, perduti og-gimai i baloardi delle Alpi, e trovandosi con l'erarioconsumato da quell'abisso di guerra, aveva grandissimadifficoltà del deliberare sì della pace che della guerra, seperò non è più vero il dire, che posto in una necessità fa-tale, e portato del tutto da un destino inevitabile, altroscampo più non avesse che aperto gli fosse, se non dipruovare, se forse l'armi, che sempre sono soggette allafortuna, avessero a portare nel prossimo anno accidentiper lui più favorevoli; imperciocchè aveva da una partea fronte un nemico che egli stimava tanto infedele nellapace quanto era veramente terribile nella guerra, ed ilpaese suo era occupato da grossi battaglioni d'Austriaci,per modo che lo sbrigarsi dai medesimi sarebbe stataimpresa difficilissima, ed anche pericolosa. Per la qualcosa o fosse elezione, o fosse necessità, deliberossi dinon separare i suoi consiglj da quei de' confederati, e dicontinuare piuttosto nell'amicizia Austriaca già pruovatae consenziente alla natura del suo governo, che di darsiin braccio ad un'amicizia non pruovata e contraria aiprincipj della monarchìa. Gli pareva anche odioso ed in-degno del suo nome il rompere gli accordi di Valenziana

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della conquista di una sì nobile regione, speravano chel'Austria spaventata calerebbe presto agli accordi.Sì fatti disegni, non solamente non celati studiosamente,come si suol fare per l'ordinario, ma ancora manifestatiespressamente, perchè meglio nascesse il timore, opera-vano in differenti guise nella mente dei principi Italiani.Il re di Sardegna ridotto in estremo pericolo, perduti og-gimai i baloardi delle Alpi, e trovandosi con l'erarioconsumato da quell'abisso di guerra, aveva grandissimadifficoltà del deliberare sì della pace che della guerra, seperò non è più vero il dire, che posto in una necessità fa-tale, e portato del tutto da un destino inevitabile, altroscampo più non avesse che aperto gli fosse, se non dipruovare, se forse l'armi, che sempre sono soggette allafortuna, avessero a portare nel prossimo anno accidentiper lui più favorevoli; imperciocchè aveva da una partea fronte un nemico che egli stimava tanto infedele nellapace quanto era veramente terribile nella guerra, ed ilpaese suo era occupato da grossi battaglioni d'Austriaci,per modo che lo sbrigarsi dai medesimi sarebbe stataimpresa difficilissima, ed anche pericolosa. Per la qualcosa o fosse elezione, o fosse necessità, deliberossi dinon separare i suoi consiglj da quei de' confederati, e dicontinuare piuttosto nell'amicizia Austriaca già pruovatae consenziente alla natura del suo governo, che di darsiin braccio ad un'amicizia non pruovata e contraria aiprincipj della monarchìa. Gli pareva anche odioso ed in-degno del suo nome il rompere gli accordi di Valenziana

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così freschi, e prima che si fosse sperimentato che vales-sero o non valessero alla salute del regno. Per veritàl'Austria, commossa dal pericolo imminente, che i Fran-cesi superate le Alpi, ed annientata la potenza Sardainondassero l'Italia, non differiva le provvisioni per pro-curar l'esecuzione dei patti di Valenziana; perchè oramainon si trattava soltanto della salute di un alleato, mabensì della propria, e quello che forse la fede non avreb-be fatto, il faceva la necessità; perlocchè si dimostrava-no dalla parte della Germania ogni dì più efficaci movi-menti, le genti Tedesche ingrossavano in Piemonte, egià componevano un esercito giusto, e capace di tentare,unito al Piemontese, fazioni d'importanza. Così, sebbenegià si vedesse in aria, che qualche alleato avesse a farvariazioni dalle parti di Germania, dimostravano i con-federati speranza grande di poter porre le cose d'Italia intale stato, che per poco che la fortuna avesse a guardarecon occhio più benigno le armi loro, si avrebbe potutoopporre un argine sufficiente contro quel fiume tantoimpetuoso, e tanto formidabile. Adunque il re, postodall'un de' lati ogni pensiero d'accordo con un nemico,che più odiava ancora che temesse, allestiva con ognidiligenza le armi, i soldati e le munizioni. Nè potendo lostato, e scemato di territorio e conculcato dalla guerra,sopperire al dispendio straordinario coi mezzi ordinarj, etrovandosi oppressato dalla necessità di danari, si diedeopera a vendere in virtù di una bolla pontificia, trentamilioni di beni della chiesa; venderonsi i beni degliospedali con dar in iscambio luoghi di monti; posesi un

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così freschi, e prima che si fosse sperimentato che vales-sero o non valessero alla salute del regno. Per veritàl'Austria, commossa dal pericolo imminente, che i Fran-cesi superate le Alpi, ed annientata la potenza Sardainondassero l'Italia, non differiva le provvisioni per pro-curar l'esecuzione dei patti di Valenziana; perchè oramainon si trattava soltanto della salute di un alleato, mabensì della propria, e quello che forse la fede non avreb-be fatto, il faceva la necessità; perlocchè si dimostrava-no dalla parte della Germania ogni dì più efficaci movi-menti, le genti Tedesche ingrossavano in Piemonte, egià componevano un esercito giusto, e capace di tentare,unito al Piemontese, fazioni d'importanza. Così, sebbenegià si vedesse in aria, che qualche alleato avesse a farvariazioni dalle parti di Germania, dimostravano i con-federati speranza grande di poter porre le cose d'Italia intale stato, che per poco che la fortuna avesse a guardarecon occhio più benigno le armi loro, si avrebbe potutoopporre un argine sufficiente contro quel fiume tantoimpetuoso, e tanto formidabile. Adunque il re, postodall'un de' lati ogni pensiero d'accordo con un nemico,che più odiava ancora che temesse, allestiva con ognidiligenza le armi, i soldati e le munizioni. Nè potendo lostato, e scemato di territorio e conculcato dalla guerra,sopperire al dispendio straordinario coi mezzi ordinarj, etrovandosi oppressato dalla necessità di danari, si diedeopera a vendere in virtù di una bolla pontificia, trentamilioni di beni della chiesa; venderonsi i beni degliospedali con dar in iscambio luoghi di monti; posesi un

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accatto sforzato sulle professioni liberali; accrebbersi legabelle del sale, del tabacco, e della polvere da schiop-po, ed ordinossi un balzello per capi. Le quali imposte,che dimostravano l'estremità del frangente, rendevano ipopoli scontenti; ma però gettando somme considerabiliajutavano l'erario a pagar soldati, esploratori, e Tede-schi. Così tra le gravi tasse, le provvisioni straordinarie,le leve sforzate, e il romore dell'armi sì patrie che stra-niere, sospesi i popoli tra la speranza ed il timore, aspet-tavano con grandissima ansietà i casi avvenire.Le vittorie dei repubblicani sui monti, che davano pro-babilità ch'eglino avessero presto ad invadere l'Italia,confermando il consiglio dei Savi in Venezia nella riso-luzione presa di mantener la repubblica neutrale e pocoarmata, avevano indotto al tempo medesimo il granduca di Toscana a far nuove deliberazioni, con trattaraccordo con la repubblica Francese, e con tornarsene aquella condizione di neutralità, dalla quale sforzatamen-te, e solo coll'aver licenziato il ministro di Francia s'eraallontanato. Aveva sempre il gran duca in mezzo a tuttiquei bollori, conservato l'animo pacato, e lontano daquegli sdegni che oscuravano la mente degli altri sovra-ni rispetto alle cose di Francia; non già che egli appruo-vasse le esorbitanze commesse in quel paese, che anzi leabborriva, ma avvisava, che infino a tanto che i repub-blicani si lacerassero fra di loro con le parole e coi fatti,avrebbero lasciato quietare altrui, e che il combatterglisarebbe stato cagione, che si riunissero a danni di chi

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accatto sforzato sulle professioni liberali; accrebbersi legabelle del sale, del tabacco, e della polvere da schiop-po, ed ordinossi un balzello per capi. Le quali imposte,che dimostravano l'estremità del frangente, rendevano ipopoli scontenti; ma però gettando somme considerabiliajutavano l'erario a pagar soldati, esploratori, e Tede-schi. Così tra le gravi tasse, le provvisioni straordinarie,le leve sforzate, e il romore dell'armi sì patrie che stra-niere, sospesi i popoli tra la speranza ed il timore, aspet-tavano con grandissima ansietà i casi avvenire.Le vittorie dei repubblicani sui monti, che davano pro-babilità ch'eglino avessero presto ad invadere l'Italia,confermando il consiglio dei Savi in Venezia nella riso-luzione presa di mantener la repubblica neutrale e pocoarmata, avevano indotto al tempo medesimo il granduca di Toscana a far nuove deliberazioni, con trattaraccordo con la repubblica Francese, e con tornarsene aquella condizione di neutralità, dalla quale sforzatamen-te, e solo coll'aver licenziato il ministro di Francia s'eraallontanato. Aveva sempre il gran duca in mezzo a tuttiquei bollori, conservato l'animo pacato, e lontano daquegli sdegni che oscuravano la mente degli altri sovra-ni rispetto alle cose di Francia; non già che egli appruo-vasse le esorbitanze commesse in quel paese, che anzi leabborriva, ma avvisava, che infino a tanto che i repub-blicani si lacerassero fra di loro con le parole e coi fatti,avrebbero lasciato quietare altrui, e che il combatterglisarebbe stato cagione, che si riunissero a danni di chi

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voleva essere più padrone in casa loro, che essi medesi-mi. Ma poichè senza colpa sua e pei cattivi consiglid'altri, i Francesi, non che fossero vinti, avevano vintoaltrui, per modo che oramai quella sede d'Italia da tantianni immune dagli strazj di guerra, era vicina a sentirele sue percosse, pareva ragionevole che il gran ducas'accostasse a quelle deliberazioni, che i tempi richiede-vano, e che erano conformi sì alla natura sua quieta edolce, e sì agl'interessi della Toscana. Quello adunqueche la natura ed una moderata consuetudine davano,volle il governo confermare col fatto: la memoria delbuon Leopoldo operava in questo efficacemente. Oltre aciò il porto di Livorno era divenuto, poichè erano chiusidalla guerra quei di Francia, di Genova e di Napoli, ilprincipale emporio del commercio del Mediterraneo.Quivi concorrevano gl'Inglesi col loro numeroso naviliosì da guerra che da traffico; quivi i Francesi ed i Geno-vesi, o sotto nome proprio o sotto nome di neutri, a farei traffichi loro, massimamente di fromenti, che traspor-tavano nelle province meridionali della Francia. Leva-vano gl'Inglesi grandissimi romori per cagione di questiajuti procurati dalla neutralità di Livorno; ma il granduca, preferendo gl'interessi proprj a quelli d'altrui, nonsi lasciava svolgere, e sempre si dimostrava costante nelnon voler serrare i porti ai repubblicani. Nè contento aquesto, con molta temperanza procedendo, ordinava chefossero aperti i tribunali ai Francesi, e venisse fatta lorobuona e sincera giustizia secondo il dritto e l'onesto.Avendo poi anche udito che alcuni falsavano la carta

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voleva essere più padrone in casa loro, che essi medesi-mi. Ma poichè senza colpa sua e pei cattivi consiglid'altri, i Francesi, non che fossero vinti, avevano vintoaltrui, per modo che oramai quella sede d'Italia da tantianni immune dagli strazj di guerra, era vicina a sentirele sue percosse, pareva ragionevole che il gran ducas'accostasse a quelle deliberazioni, che i tempi richiede-vano, e che erano conformi sì alla natura sua quieta edolce, e sì agl'interessi della Toscana. Quello adunqueche la natura ed una moderata consuetudine davano,volle il governo confermare col fatto: la memoria delbuon Leopoldo operava in questo efficacemente. Oltre aciò il porto di Livorno era divenuto, poichè erano chiusidalla guerra quei di Francia, di Genova e di Napoli, ilprincipale emporio del commercio del Mediterraneo.Quivi concorrevano gl'Inglesi col loro numeroso naviliosì da guerra che da traffico; quivi i Francesi ed i Geno-vesi, o sotto nome proprio o sotto nome di neutri, a farei traffichi loro, massimamente di fromenti, che traspor-tavano nelle province meridionali della Francia. Leva-vano gl'Inglesi grandissimi romori per cagione di questiajuti procurati dalla neutralità di Livorno; ma il granduca, preferendo gl'interessi proprj a quelli d'altrui, nonsi lasciava svolgere, e sempre si dimostrava costante nelnon voler serrare i porti ai repubblicani. Nè contento aquesto, con molta temperanza procedendo, ordinava chefossero aperti i tribunali ai Francesi, e venisse fatta lorobuona e sincera giustizia secondo il dritto e l'onesto.Avendo poi anche udito che alcuni falsavano la carta

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moneta di Francia, diede ordine acciò sì infame fraudecessasse, e fosserne castigati gli autori. La quale cosanon senza un singolar piacere dall'un de' lati, e sdegnodall'altro io narro vedendo, che in un principe Italiano,signore di un piccolo paese, ed esposto alle ingiurie ditanti potenti tanto abbia potuto l'amore del giusto, e diquanto havvi nella civiltà di più santo e di più sacro;ch'egli abbia impedito e dannato un'opera sì vituperosa,mentre appunto nel tempo medesimo uomini perversi inpaesi ricchissimi e potentissimi, per l'infame setedell'oro, e forse per una sete ancor peggiore, la compi-vano, non nascostamente, ma apertamente, e se non percomandamento espresso del governo loro, certo conconnivenza, od almeno con tolleranza scandalosa di lui.Così le mannaje uccidevano gli uomini a folla in Fran-cia, così la guerra infuriava in Piemonte, così lo stato in-crudeliva in Napoli, così i falsarj contaminavanol'Inghilterra, mentre l'innocente Toscana, non guardandonè su i cappelli i colori, nè sulle bocche la favella, mini-strava giustizia a tutti, nè si piegava più da una parte chedall'altra. Felice condizione, in cui nè il timore avviliva,nè la superbia gonfiava, nè l'appetito dello avere altruiprecipitava a risoluzioni inique e pericolose!Ma divenendo ogni ora più imminente il pericolo d'Ita-lia, pensò il gran duca, che fosse oramai venuto il tempodi confessare apertamente quello, che già eseguiva contacita moderazione, sperando di meglio stabilire in talemodo la quiete e la sicurtà di Toscana. Per la qual cosa

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moneta di Francia, diede ordine acciò sì infame fraudecessasse, e fosserne castigati gli autori. La quale cosanon senza un singolar piacere dall'un de' lati, e sdegnodall'altro io narro vedendo, che in un principe Italiano,signore di un piccolo paese, ed esposto alle ingiurie ditanti potenti tanto abbia potuto l'amore del giusto, e diquanto havvi nella civiltà di più santo e di più sacro;ch'egli abbia impedito e dannato un'opera sì vituperosa,mentre appunto nel tempo medesimo uomini perversi inpaesi ricchissimi e potentissimi, per l'infame setedell'oro, e forse per una sete ancor peggiore, la compi-vano, non nascostamente, ma apertamente, e se non percomandamento espresso del governo loro, certo conconnivenza, od almeno con tolleranza scandalosa di lui.Così le mannaje uccidevano gli uomini a folla in Fran-cia, così la guerra infuriava in Piemonte, così lo stato in-crudeliva in Napoli, così i falsarj contaminavanol'Inghilterra, mentre l'innocente Toscana, non guardandonè su i cappelli i colori, nè sulle bocche la favella, mini-strava giustizia a tutti, nè si piegava più da una parte chedall'altra. Felice condizione, in cui nè il timore avviliva,nè la superbia gonfiava, nè l'appetito dello avere altruiprecipitava a risoluzioni inique e pericolose!Ma divenendo ogni ora più imminente il pericolo d'Ita-lia, pensò il gran duca, che fosse oramai venuto il tempodi confessare apertamente quello, che già eseguiva contacita moderazione, sperando di meglio stabilire in talemodo la quiete e la sicurtà di Toscana. Per la qual cosa

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deliberossi al mandare un uomo a posta a Parigi, affin-chè fra i due stati si rinnovasse quella pace, che più perforza, che per deliberazione volontaria era stata interrot-ta. E parendogli, siccome era verissimo, che si dovessemandare chi fosse grato, diede questo carico al conteCarletti, che era sempre stato fautore, perchè i Francesisi proteggessero, e leale giustizia tanto nelle persone,quanto nelle proprietà avessero. Adunque fu fatto man-dato al conte, andasse a Parigi, e col governo della re-pubblica la pace concludesse. Molte furono le quereleche si fecero in quei tempi di questa risoluzione, e dellascelta del Carletti. Coloro a cui più piaceva la guerrache la pace, chiamarono il conte giacobino, e per pocostette che non chiamassero giacobino anche il granduca. Certo era un caso notabile, che nel mentre chesolo si vedevano in Europa principi o cacciati dalle pro-prie sedi per la furia dei repubblicani di Francia, od amala pena contrastanti contro la forza loro, un principeAustriaco fosse il primo ad accordarsi con una repubbli-ca insolita, e minacciosa al nome dei re. Ma il temponon tardò a scoprire, che quello che il gran duca ebbefatto per solo amore dei sudditi, il fecero altri principiassai più potenti di lui o per consiglio di favoriti ambi-ziosi, o per gelosìa della grandezza altrui. Ma era fatale,che in quella volubilità di governi Francesi, quest'attodel gran duca non preservasse la Toscana dalle calamitàcomuni, perchè vennero tempi, in cui la forza e la malafede ebbero il predominio: l'innocenza divenne alletta-mento, non scudo.

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deliberossi al mandare un uomo a posta a Parigi, affin-chè fra i due stati si rinnovasse quella pace, che più perforza, che per deliberazione volontaria era stata interrot-ta. E parendogli, siccome era verissimo, che si dovessemandare chi fosse grato, diede questo carico al conteCarletti, che era sempre stato fautore, perchè i Francesisi proteggessero, e leale giustizia tanto nelle persone,quanto nelle proprietà avessero. Adunque fu fatto man-dato al conte, andasse a Parigi, e col governo della re-pubblica la pace concludesse. Molte furono le quereleche si fecero in quei tempi di questa risoluzione, e dellascelta del Carletti. Coloro a cui più piaceva la guerrache la pace, chiamarono il conte giacobino, e per pocostette che non chiamassero giacobino anche il granduca. Certo era un caso notabile, che nel mentre chesolo si vedevano in Europa principi o cacciati dalle pro-prie sedi per la furia dei repubblicani di Francia, od amala pena contrastanti contro la forza loro, un principeAustriaco fosse il primo ad accordarsi con una repubbli-ca insolita, e minacciosa al nome dei re. Ma il temponon tardò a scoprire, che quello che il gran duca ebbefatto per solo amore dei sudditi, il fecero altri principiassai più potenti di lui o per consiglio di favoriti ambi-ziosi, o per gelosìa della grandezza altrui. Ma era fatale,che in quella volubilità di governi Francesi, quest'attodel gran duca non preservasse la Toscana dalle calamitàcomuni, perchè vennero tempi, in cui la forza e la malafede ebbero il predominio: l'innocenza divenne alletta-mento, non scudo.

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Fecero i repubblicani al conte Carletti gratissime acco-glienze sì per acquistar miglior fama, e sì per allettar al-tri principi a negoziare con quel governo insolito, e ter-ribile. Debole era il gran duca a comparazione di Fran-cia; ma era pei Francesi di non poco momento, che unprincipe d'Europa riconoscesse quel loro nuovo reggi-mento, e concludesse un accordo con lui; perchè, supe-rata quella prima ripugnanza, si doveva credere, che al-tre potenze, seguitando l'esempio di Toscana, si sarebbe-ro più facilmente condotte a fare accordo ancor esse.Perlocchè fu udito con facili orecchie il conte a Parigi,ed appena introdotti i primi negoziati, fu concluso, il dìnove febbrajo, tra Francia e Toscana un trattato di pace edi amicizia, pel quale il gran duca rivocava ogni atto diadesione, consenso, od accessione, che avesse potutofare con la lega armata contro la repubblica Francese, ela neutralità della Toscana fu restituita a quella condi-zione, in cui era il dì otto ottobre del novantatre.Giunte in Toscana le novelle della conclusione del trat-tato, si rallegrarono grandemente i popoli, massime i Li-vornesi per l'abbondanza dei traffichi, e con somme lodicelebrarono la sapienza del gran duca Ferdinando, ilquale non lasciatosi trasportare agli sdegni d'Europa, esolo alla felicità del sudditi mirando, aveva loro quietovivere, e sicuro stato acquistato. Bandissi la pace pub-blicamente con le solite forme, ma a suon di cannoni inLivorno in cospetto dell'armata Inglese, che quivi avevale sue stanze. Pubblicò Ferdinando, non aver dovuto la

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Fecero i repubblicani al conte Carletti gratissime acco-glienze sì per acquistar miglior fama, e sì per allettar al-tri principi a negoziare con quel governo insolito, e ter-ribile. Debole era il gran duca a comparazione di Fran-cia; ma era pei Francesi di non poco momento, che unprincipe d'Europa riconoscesse quel loro nuovo reggi-mento, e concludesse un accordo con lui; perchè, supe-rata quella prima ripugnanza, si doveva credere, che al-tre potenze, seguitando l'esempio di Toscana, si sarebbe-ro più facilmente condotte a fare accordo ancor esse.Perlocchè fu udito con facili orecchie il conte a Parigi,ed appena introdotti i primi negoziati, fu concluso, il dìnove febbrajo, tra Francia e Toscana un trattato di pace edi amicizia, pel quale il gran duca rivocava ogni atto diadesione, consenso, od accessione, che avesse potutofare con la lega armata contro la repubblica Francese, ela neutralità della Toscana fu restituita a quella condi-zione, in cui era il dì otto ottobre del novantatre.Giunte in Toscana le novelle della conclusione del trat-tato, si rallegrarono grandemente i popoli, massime i Li-vornesi per l'abbondanza dei traffichi, e con somme lodicelebrarono la sapienza del gran duca Ferdinando, ilquale non lasciatosi trasportare agli sdegni d'Europa, esolo alla felicità del sudditi mirando, aveva loro quietovivere, e sicuro stato acquistato. Bandissi la pace pub-blicamente con le solite forme, ma a suon di cannoni inLivorno in cospetto dell'armata Inglese, che quivi avevale sue stanze. Pubblicò Ferdinando, non aver dovuto la

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Toscana ingerirsi nelle turbazioni d'Europa, nè l'integri-tà, o la salute sua fidare alla preponderanza di alcuno frai principi in guerra, ma bensì al diritto delle genti, edalla fede dei trattati; non aver mai dato a nissuno causadi offenderla; essere stata imparziale, essere stata neu-trale giusta la legge fondamentale del gran ducato pub-blicata nel settantotto dalla sapienza di Leopoldo; sapereEuropa come, e quando il principe ne fosse stato violen-temente, e per una estrema forza svolto, e con tutto ciònon altro aver tollerato, se non che il ministro di Franciasi allontanasse dalle terre di Toscana; avere ciò cono-sciuto la nazione Francese; però essere stata la Toscana,con la conclusione del nuovo trattato, redintegrata diquei beni, che per forza le erano stati tolti; volere perciò,ed ordinare, che il trattato si eseguisse, e l'editto di neu-tralità del settantotto si osservasse. Perchè poi quello,che la sapienza aveva accordato, i buoni uffizj conser-vassero, chiamò Ferdinando il conte Carletti suo mini-stro plenipotenziario in Francia. Introdotto al cospettodel consesso nazionale, orava dicendo, che mandato dalgran duca in Francia a fine di ristabilire una neutralitàpreziosa al governo Toscano, aveva molto volentieri ac-cettato il carico, siccome quello, ch'ei credeva moltoonorevole ad uomo, qual egli era, amico dell'umanità,amico della patria, amico della Francia; fortunatissimoper lui riputare il giorno in cui aveva concluso la pacecon la repubblica Francese; essersene rallegrata Toscanacon segni di universale contento; pacifica essere Tosca-na, voler vivere in termini amichevoli con tutti; aver

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Toscana ingerirsi nelle turbazioni d'Europa, nè l'integri-tà, o la salute sua fidare alla preponderanza di alcuno frai principi in guerra, ma bensì al diritto delle genti, edalla fede dei trattati; non aver mai dato a nissuno causadi offenderla; essere stata imparziale, essere stata neu-trale giusta la legge fondamentale del gran ducato pub-blicata nel settantotto dalla sapienza di Leopoldo; sapereEuropa come, e quando il principe ne fosse stato violen-temente, e per una estrema forza svolto, e con tutto ciònon altro aver tollerato, se non che il ministro di Franciasi allontanasse dalle terre di Toscana; avere ciò cono-sciuto la nazione Francese; però essere stata la Toscana,con la conclusione del nuovo trattato, redintegrata diquei beni, che per forza le erano stati tolti; volere perciò,ed ordinare, che il trattato si eseguisse, e l'editto di neu-tralità del settantotto si osservasse. Perchè poi quello,che la sapienza aveva accordato, i buoni uffizj conser-vassero, chiamò Ferdinando il conte Carletti suo mini-stro plenipotenziario in Francia. Introdotto al cospettodel consesso nazionale, orava dicendo, che mandato dalgran duca in Francia a fine di ristabilire una neutralitàpreziosa al governo Toscano, aveva molto volentieri ac-cettato il carico, siccome quello, ch'ei credeva moltoonorevole ad uomo, qual egli era, amico dell'umanità,amico della patria, amico della Francia; fortunatissimoper lui riputare il giorno in cui aveva concluso la pacecon la repubblica Francese; essersene rallegrata Toscanacon segni di universale contento; pacifica essere Tosca-na, voler vivere in termini amichevoli con tutti; aver

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sempre avuto i Toscani, malgrado di tutti gli accidentioccorsi, in onore la potente nazione Francese; sforzereb-besi egli in ogni modo per fare, che l'amicizia fra i duestati fosse perpetua; desiderare che la pace conclusa traFrancia e Toscana fosse in felice augurio di altre tantoall'Europa necessarie: gissero adunque, continuasseronella temperanza testè mostrata; che sperava ben egli,che siccome ora gli vedeva coi capi cinti di lauro, cosìpresto gli vedrebbe con le palme piene d'ulivo.Rispondeva il presidente con magnifico discorso: il po-polo Francese assalito da una lega potentissima, avere,malgrado suo, preso le armi, avere anche acquistato glo-riose vittorie; ma non desiderare altra conquista, chequella della sua independenza; volere esser libero, marispettare i governi altrui; sarebbe temperato nella vitto-ria, come terribile nelle battaglie; piacergli la Toscanamoderazione, piacergli le cure avute dei perseguitati,piacergli le dimostrazioni amichevoli di Ferdinandogran duca: perciò avere tosto accettato gli accordi, cheToscana era venuta offerendo; accettare con animo be-nevolo il presagio di altre concordie; non esser nati efatti i popoli per odiarsi fra di loro, bensì per amarsi,bensì per travagliarsi concordevolmente a procacciarefelicità vicendevole; tali essere i desiderj, tali le più in-stanti cure del Francese popolo in mezzo a così segnala-te vittorie: esser pronto a far guerra, più pronto a farpace; vedere il consesso volentieri in cospetto suo unuomo noto per filosofia, noto per umanità, noto per ser-

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sempre avuto i Toscani, malgrado di tutti gli accidentioccorsi, in onore la potente nazione Francese; sforzereb-besi egli in ogni modo per fare, che l'amicizia fra i duestati fosse perpetua; desiderare che la pace conclusa traFrancia e Toscana fosse in felice augurio di altre tantoall'Europa necessarie: gissero adunque, continuasseronella temperanza testè mostrata; che sperava ben egli,che siccome ora gli vedeva coi capi cinti di lauro, cosìpresto gli vedrebbe con le palme piene d'ulivo.Rispondeva il presidente con magnifico discorso: il po-polo Francese assalito da una lega potentissima, avere,malgrado suo, preso le armi, avere anche acquistato glo-riose vittorie; ma non desiderare altra conquista, chequella della sua independenza; volere esser libero, marispettare i governi altrui; sarebbe temperato nella vitto-ria, come terribile nelle battaglie; piacergli la Toscanamoderazione, piacergli le cure avute dei perseguitati,piacergli le dimostrazioni amichevoli di Ferdinandogran duca: perciò avere tosto accettato gli accordi, cheToscana era venuta offerendo; accettare con animo be-nevolo il presagio di altre concordie; non esser nati efatti i popoli per odiarsi fra di loro, bensì per amarsi,bensì per travagliarsi concordevolmente a procacciarefelicità vicendevole; tali essere i desiderj, tali le più in-stanti cure del Francese popolo in mezzo a così segnala-te vittorie: esser pronto a far guerra, più pronto a farpace; vedere il consesso volentieri in cospetto suo unuomo noto per filosofia, noto per umanità, noto per ser-

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vigj fatti a Francia: augurarne sincera e durabile concor-dia.Infine, perchè non mancasse a queste lusinghevoli paro-le quel condimento dell'abbracciata fraterna, come lachiamavano, gridossi romorosamente l'abbracciata, el'abbracciata fu fatta, plaudendo i circostanti. AndosseneCarletti molto ben lodato ed accarezzato. Così verificos-si con nuovo esempio l'indole dei tempi, che portavagioje corte e vane, dolori lunghi e veri.Giacchè siamo entrati in questa lunga e nojosa briga diraccontare dolci parole e tristi fatti, non vogliamo passarsotto silenzio le dimostrazioni non dissimili, con le qualisi procedette col nobile Querini, destinato dalla repub-blica Veneziana ad inviato appresso al consesso nazio-nale di Francia. Avevano coloro, che nei consigli di Ve-nezia prevalevano, sperato di sollidar vieppiù lo statodella repubblica col mandar a Parigi un personaggiod'importanza, acciocchè con la presenza e con la de-strezza dimostrasse, esser vera e sincera a determinazio-ne del senato di volersene star neutrale. Perlochè, adu-natosi il senato sul principiar di marzo, trasse inviatostraordinario in Francia Alvise Querini, in cui non so sefosse maggiore o l'ingegno, o la pratica del mondo poli-tico, o l'amore verso la sua patria; che certo tutte questecose erano in lui grandissime.Adunque, arrivato Querini a Parigi, ed introdotto onora-tamente al consesso nazionale, e vicino al seggio del

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vigj fatti a Francia: augurarne sincera e durabile concor-dia.Infine, perchè non mancasse a queste lusinghevoli paro-le quel condimento dell'abbracciata fraterna, come lachiamavano, gridossi romorosamente l'abbracciata, el'abbracciata fu fatta, plaudendo i circostanti. AndosseneCarletti molto ben lodato ed accarezzato. Così verificos-si con nuovo esempio l'indole dei tempi, che portavagioje corte e vane, dolori lunghi e veri.Giacchè siamo entrati in questa lunga e nojosa briga diraccontare dolci parole e tristi fatti, non vogliamo passarsotto silenzio le dimostrazioni non dissimili, con le qualisi procedette col nobile Querini, destinato dalla repub-blica Veneziana ad inviato appresso al consesso nazio-nale di Francia. Avevano coloro, che nei consigli di Ve-nezia prevalevano, sperato di sollidar vieppiù lo statodella repubblica col mandar a Parigi un personaggiod'importanza, acciocchè con la presenza e con la de-strezza dimostrasse, esser vera e sincera a determinazio-ne del senato di volersene star neutrale. Perlochè, adu-natosi il senato sul principiar di marzo, trasse inviatostraordinario in Francia Alvise Querini, in cui non so sefosse maggiore o l'ingegno, o la pratica del mondo poli-tico, o l'amore verso la sua patria; che certo tutte questecose erano in lui grandissime.Adunque, arrivato Querini a Parigi, ed introdotto onora-tamente al consesso nazionale, e vicino al seggio del

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presidente postosi, con bellissimo favellare disse, citta-dino di una repubblica da tempi antichissimi fondata perla necessità di fuggire i barbari, e pel desiderio di viveretranquilla, avere ora nuova cagione di gratitudine versola sua patria per averlo destinato ministro appresso aduna repubblica che, appena nata già riempiva il mondocolla fama delle sue vittorie. Qual cosa infatti poter es-sere a lui più lusinghiera, quale più gioconda di quelladi comparire in cospetto del nazionale consesso di Fran-cia, a fine di confermar l'amicizia, che il senato e la re-pubblica di Venezia alla repubblica Francese portavano?sperare la conservazione di quest'antica amicizia; spe-rarla, desiderarla, volerla con tutto l'animo e con tutte leforze sue procurare, e stimarsene fortunatissimo; recarsiancora a felicità sua, se, al mandato della sua cara patriaadempiendo, meritasse che in lui avesse il consessofede, e se conceduto gli fosse di vedere, che il consessomedesimo, fatto maggiore di se e benignamente aglistrazj dell'umanità risguardando, con generoso consigliodimostrasse, aver più cura della pace che della guerra,ed il frutto di tante vittorie aver ad essere il riposo di tut-ti.Orava in risposta il presidente dicendo, felicissimo esse-re alla repubblica Francese quel giorno, in cui compari-va avanti a se l'inviato della illustre repubblica di Vene-zia; poter vedere il nobile Querini in volto ai circostantii segni della contentezza comune; antica essere l'amici-zia tra Francia e Venezia, ma anticamente aver vissuto la

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presidente postosi, con bellissimo favellare disse, citta-dino di una repubblica da tempi antichissimi fondata perla necessità di fuggire i barbari, e pel desiderio di viveretranquilla, avere ora nuova cagione di gratitudine versola sua patria per averlo destinato ministro appresso aduna repubblica che, appena nata già riempiva il mondocolla fama delle sue vittorie. Qual cosa infatti poter es-sere a lui più lusinghiera, quale più gioconda di quelladi comparire in cospetto del nazionale consesso di Fran-cia, a fine di confermar l'amicizia, che il senato e la re-pubblica di Venezia alla repubblica Francese portavano?sperare la conservazione di quest'antica amicizia; spe-rarla, desiderarla, volerla con tutto l'animo e con tutte leforze sue procurare, e stimarsene fortunatissimo; recarsiancora a felicità sua, se, al mandato della sua cara patriaadempiendo, meritasse che in lui avesse il consessofede, e se conceduto gli fosse di vedere, che il consessomedesimo, fatto maggiore di se e benignamente aglistrazj dell'umanità risguardando, con generoso consigliodimostrasse, aver più cura della pace che della guerra,ed il frutto di tante vittorie aver ad essere il riposo di tut-ti.Orava in risposta il presidente dicendo, felicissimo esse-re alla repubblica Francese quel giorno, in cui compari-va avanti a se l'inviato della illustre repubblica di Vene-zia; poter vedere il nobile Querini in volto ai circostantii segni della contentezza comune; antica essere l'amici-zia tra Francia e Venezia, ma anticamente aver vissuto la

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prima sotto la tirannide dei re; ora dover l'accordo esse-re più dolce, perchè libera dal giogo; avere avuto pariprincipio le due repubbliche: sorta la Veneziana fra letempeste del mare, fra le persecuzioni dei barbari; purefra tanti pericoli avere acquistato onorato nome al mon-do per la sua sapienza, e pe' suoi illustri fatti; averespesso le querele dei re giudicato, spesso l'Occidente daibarbari preservato: similmente sorta la Francese fra letempeste del mondo in soqquadro; gente più barbara deiGoti avere voluto distruggerla, usato fuori le armi, den-tro le insidie, chiamato in ajuto la civile discordia; matutto stato essere indarno, la libertà avere vinto: non du-bitasse pertanto Venezia, che siccome pari era il princi-pio, e pari l'effetto, così sarebbe pari l'amicizia; avere lagenerosa Venezia, allora quando ancora stava la granlite in pendente, accolto l'inviato della Francese repub-blica onorevolmente; volere la Francia grata riconoscerecon procedere generoso un procedere generoso, e sicco-me la sua alleata non aveva dubitato di commettersi aduna fortuna ancor dubbia, così goderebbe securamente ifrutti di una fortuna certa: avere potuto la Francia, quan-do aveva il collo gravato dal giogo di un re, ingrata es-sere ed ingannatrice, ma la Francia libera, la Francia re-pubblicana riconoscente essere, e leale, e con tanto mi-glior animo riconoscere l'obbligo, quanto il benefizionon era senza pericolo: andasse pur sicura Venezia, e siconfortasse, che la nazione Francese nel numero de' suoipiù puri, de' suoi più zelanti alleati sarebbe: quanto a lui,nobile Querini, se ne gisse pur contento, che la Francese

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prima sotto la tirannide dei re; ora dover l'accordo esse-re più dolce, perchè libera dal giogo; avere avuto pariprincipio le due repubbliche: sorta la Veneziana fra letempeste del mare, fra le persecuzioni dei barbari; purefra tanti pericoli avere acquistato onorato nome al mon-do per la sua sapienza, e pe' suoi illustri fatti; averespesso le querele dei re giudicato, spesso l'Occidente daibarbari preservato: similmente sorta la Francese fra letempeste del mondo in soqquadro; gente più barbara deiGoti avere voluto distruggerla, usato fuori le armi, den-tro le insidie, chiamato in ajuto la civile discordia; matutto stato essere indarno, la libertà avere vinto: non du-bitasse pertanto Venezia, che siccome pari era il princi-pio, e pari l'effetto, così sarebbe pari l'amicizia; avere lagenerosa Venezia, allora quando ancora stava la granlite in pendente, accolto l'inviato della Francese repub-blica onorevolmente; volere la Francia grata riconoscerecon procedere generoso un procedere generoso, e sicco-me la sua alleata non aveva dubitato di commettersi aduna fortuna ancor dubbia, così goderebbe securamente ifrutti di una fortuna certa: avere potuto la Francia, quan-do aveva il collo gravato dal giogo di un re, ingrata es-sere ed ingannatrice, ma la Francia libera, la Francia re-pubblicana riconoscente essere, e leale, e con tanto mi-glior animo riconoscere l'obbligo, quanto il benefizionon era senza pericolo: andasse pur sicura Venezia, e siconfortasse, che la nazione Francese nel numero de' suoipiù puri, de' suoi più zelanti alleati sarebbe: quanto a lui,nobile Querini, se ne gisse pur contento, che la Francese

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repubblica contentissima si riputava di averlo per mini-stro di una repubblica amica, e che di pari estimazionein Francia goderebbe di quella, che già si era in Veneziaacquistata: i desiderj di pace essere alle due repubblichecomuni; confidare, sarebbero presto con la quiete uni-versale d'Europa adempiti. Per tale modo si vede, cheper testimonio del presidente Lareveillere-Lepaux, cheorava, Venezia era generosa, libera, amica di Francia.Pure poco tempo dopo coloro che sottentrarono al go-verno, ed un soldato uso ad ogni violenza la distrussero,chiamandola vile, schiava e perfida.Giunte a Venezia le novelle della cortese accoglienzafatta al Querini, si rallegrarono vieppiù coloro, che ave-vano voluto fondar lo stato piuttosto sulla fede di Fran-cia, che sull'armi domestiche, e si credettero di aver intutto confermato l'imperio della loro antica patria.Dalla parte d'Italia, dove era accesa la guerra, incomin-ciavano a manifestarsi i disegni dei Francesi. Dolevaloro l'acquisto fatto della Corsica dagl'Inglesi, e deside-ravano riacquistarla, perchè non potevano tollerare, chela potenza emola fermasse con la comodità di quell'isolaun piede di non piccola importanza nel Mediterraneo.Oltre a ciò le genti accampate sulla riviera di Ponentetravagliavano per un'estrema carestìa di vettovaglia; im-portava finalmente, che il nome e la bandiera di Franciasi mantenessero vivi nel Mediterraneo. Fu allestita conincredibile celerità a Tolone un'armata di quindici gros-se navi di fila con la solita accompagnatura delle frega-

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repubblica contentissima si riputava di averlo per mini-stro di una repubblica amica, e che di pari estimazionein Francia goderebbe di quella, che già si era in Veneziaacquistata: i desiderj di pace essere alle due repubblichecomuni; confidare, sarebbero presto con la quiete uni-versale d'Europa adempiti. Per tale modo si vede, cheper testimonio del presidente Lareveillere-Lepaux, cheorava, Venezia era generosa, libera, amica di Francia.Pure poco tempo dopo coloro che sottentrarono al go-verno, ed un soldato uso ad ogni violenza la distrussero,chiamandola vile, schiava e perfida.Giunte a Venezia le novelle della cortese accoglienzafatta al Querini, si rallegrarono vieppiù coloro, che ave-vano voluto fondar lo stato piuttosto sulla fede di Fran-cia, che sull'armi domestiche, e si credettero di aver intutto confermato l'imperio della loro antica patria.Dalla parte d'Italia, dove era accesa la guerra, incomin-ciavano a manifestarsi i disegni dei Francesi. Dolevaloro l'acquisto fatto della Corsica dagl'Inglesi, e deside-ravano riacquistarla, perchè non potevano tollerare, chela potenza emola fermasse con la comodità di quell'isolaun piede di non piccola importanza nel Mediterraneo.Oltre a ciò le genti accampate sulla riviera di Ponentetravagliavano per un'estrema carestìa di vettovaglia; im-portava finalmente, che il nome e la bandiera di Franciasi mantenessero vivi nel Mediterraneo. Fu allestita conincredibile celerità a Tolone un'armata di quindici gros-se navi di fila con la solita accompagnatura delle frega-

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te, e di altri legni più sottili. Genti da sbarco, e viveri incopia vi si ammassarono: usciva nei primi giorni di mar-zo, e postasi nelle acque dell'isole Iere aspettava che ilvento spirasse favorevole all'esecuzione dei suoi pensie-ri.Il vice ammiraglio Inglese Hotham, che stava in sentorea Livorno con un'armata, in cui si noveravano quattordi-ci grosse navi di fila, tutte Inglesi, ed una Napolitana,con tre fregate Inglesi e due Napolitane, ebbe subita-mente avviso dell'uscita dei Francesi sì per un messo daGenova, sì per le sue fregate più leste, che a questo fineandavano correndo il mare tra la Corsica e la Francia.Pose tosto in alto per andar ad incontrar il nemico, e percombatterlo ovunque il trovasse. Dall'altra parte, uditosidall'ammiraglio Francese Martin, al quale obbedival'armata, che gl'Inglesi solcavano il mare per combatterecon lui, lasciate le onerarie all'isole Iere, sciolse animo-samente le ancore ancor egli, risolutosi al commetterealla fortuna delle battaglie l'imperio del Mediterraneo.Aveva per compagno a quest'impresa il rappresentantedel popolo Letourneur, uomo non alieno dalle bisognedi mare, ma che in questo fatto faceva più le veci diconfortatore, che di guidatore. Incominciò a dimostrar-segli con lieto augurio la benignità della fortuna; perchèavendo l'Hotham, tosto che ebbe le novelle del salpardei Francesi, spedito ordine alla nave il Berwich, chestanziava a San Fiorenzo di Corsica, acciò con tutta ce-lerità venisse a congiungersi con lui verso il capo Corso,

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te, e di altri legni più sottili. Genti da sbarco, e viveri incopia vi si ammassarono: usciva nei primi giorni di mar-zo, e postasi nelle acque dell'isole Iere aspettava che ilvento spirasse favorevole all'esecuzione dei suoi pensie-ri.Il vice ammiraglio Inglese Hotham, che stava in sentorea Livorno con un'armata, in cui si noveravano quattordi-ci grosse navi di fila, tutte Inglesi, ed una Napolitana,con tre fregate Inglesi e due Napolitane, ebbe subita-mente avviso dell'uscita dei Francesi sì per un messo daGenova, sì per le sue fregate più leste, che a questo fineandavano correndo il mare tra la Corsica e la Francia.Pose tosto in alto per andar ad incontrar il nemico, e percombatterlo ovunque il trovasse. Dall'altra parte, uditosidall'ammiraglio Francese Martin, al quale obbedival'armata, che gl'Inglesi solcavano il mare per combatterecon lui, lasciate le onerarie all'isole Iere, sciolse animo-samente le ancore ancor egli, risolutosi al commetterealla fortuna delle battaglie l'imperio del Mediterraneo.Aveva per compagno a quest'impresa il rappresentantedel popolo Letourneur, uomo non alieno dalle bisognedi mare, ma che in questo fatto faceva più le veci diconfortatore, che di guidatore. Incominciò a dimostrar-segli con lieto augurio la benignità della fortuna; perchèavendo l'Hotham, tosto che ebbe le novelle del salpardei Francesi, spedito ordine alla nave il Berwich, chestanziava a San Fiorenzo di Corsica, acciò con tutta ce-lerità venisse a congiungersi con lui verso il capo Corso,

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ella, abbattutasi per viaggio nell'armata Francese, fu fat-ta seguitare dal vascello ammiraglio il San-Culotto (conquesti pazzi nomi chiamavano i Francesi di quell'età lenavi loro) e da tre fregate, per modo che combattuta ga-gliardamente, fu costretta ad arrendersi in cospetto ditutta l'armata repubblicana, che veniva via a vele gonfieper secondare i suoi, che già combattevano. Ciò nonostante non si arrese il Berwich senza un feroce contra-sto, e tanto fu ostinata la sua difesa, che il San-Culottomal concio ritirossi per forza nel porto di Genova, epoco poscia in quello di Tolone. Intanto arrivavano ledue armate l'una al cospetto dell'altra nel giorno tredicimarzo. Quivi incominciò la fortuna a voltarsi contro iFrancesi, perchè separata per una forte buffa di ventodalla restante armata la nave il Mercurio, e perdutol'albero maestro, andò a dar fondo nel golfo di Juan; perquesti accidenti si trovarono i Francesi al maggior biso-gno loro con due navi di manco, delle quali il San-Culotto, essendo a tre palchi, era la principale speranzadella vittoria. Godevano gl'Inglesi il vantaggio del ven-to, sicchè fu spinta l'armata della repubblica verso ilcapo di Noli, seguitandola gl'Inglesi per modo di cacciagenerale. In questo tra pel mareggiare, che era forte acagione del vento assai fresco, e per la forza dell'arti-glierìe Inglesi, che già si erano approssimate, perdè ilvascello il Ça-ira gli alberi di gabbia, e diventato inabilea far le mosse, correva pericolo di esser predatodagl'Inglesi. Infatti, non così tosto si era Hotham accortodel sinistro del Ça-ira, che il fece perseguitare dalla fre-

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ella, abbattutasi per viaggio nell'armata Francese, fu fat-ta seguitare dal vascello ammiraglio il San-Culotto (conquesti pazzi nomi chiamavano i Francesi di quell'età lenavi loro) e da tre fregate, per modo che combattuta ga-gliardamente, fu costretta ad arrendersi in cospetto ditutta l'armata repubblicana, che veniva via a vele gonfieper secondare i suoi, che già combattevano. Ciò nonostante non si arrese il Berwich senza un feroce contra-sto, e tanto fu ostinata la sua difesa, che il San-Culottomal concio ritirossi per forza nel porto di Genova, epoco poscia in quello di Tolone. Intanto arrivavano ledue armate l'una al cospetto dell'altra nel giorno tredicimarzo. Quivi incominciò la fortuna a voltarsi contro iFrancesi, perchè separata per una forte buffa di ventodalla restante armata la nave il Mercurio, e perdutol'albero maestro, andò a dar fondo nel golfo di Juan; perquesti accidenti si trovarono i Francesi al maggior biso-gno loro con due navi di manco, delle quali il San-Culotto, essendo a tre palchi, era la principale speranzadella vittoria. Godevano gl'Inglesi il vantaggio del ven-to, sicchè fu spinta l'armata della repubblica verso ilcapo di Noli, seguitandola gl'Inglesi per modo di cacciagenerale. In questo tra pel mareggiare, che era forte acagione del vento assai fresco, e per la forza dell'arti-glierìe Inglesi, che già si erano approssimate, perdè ilvascello il Ça-ira gli alberi di gabbia, e diventato inabilea far le mosse, correva pericolo di esser predatodagl'Inglesi. Infatti, non così tosto si era Hotham accortodel sinistro del Ça-ira, che il fece perseguitare dalla fre-

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gata l'Inconstante, e dal vascello l'Agamennone. Si dife-se molto gagliardamente Ça-ira, rendendo furia per furiamolto tempo, sicchè diede abilità a' suoi di venire insoccorso. Mandava Martin la fregata la Vestale per ri-morchiarlo, la nave il Censore per ajutarlo; anzi tuttal'armata accorreva per arrestar il corso al nemico, e persalvar la nave che pericolava. Queste mosse molto op-portune operarono di modo che gl'Inglesi si tirarono in-dietro. Sopraggiunse la notte; il Ça-ira trovossi guastoper modo che quantunque liberato pel valore de' suoicompagni dal pericolo, non potè raggiungere il grossodell'armata, e continuava tuttavia a dimorar troppo piùvicino all'Inglesi, che la salute sua richiedesse. S'aggiun-se, che il Censore, quantunque replicatamente comanda-to gli fosse, quando il Ça-ira fu sbrigato dall'assaltodegl'Inglesi, di venir a ricongiungersi con l'armata, simostrò poco ossequente alla volontà di Martin; e conti-nuò a stanziare verso la flotta Inglese. Questi accidenti,parte inevitabili, parte fortuiti, furono cagione che lamattina del quattordici le due navi il Ça-ira ed il Censo-re si scopersero più vicine agl'Inglesi che ai Francesi.Non posto tempo in mezzo, Hotham mandava le duenavi il Bedfort ed il Capitano ad assaltarle, avvisandosi,che o le rapirebbe, o i repubblicani, per salvarle, sareb-bero venuti ad una battaglia giusta. Contrastarono le duenavi Francesi con tanto valore, che gl'Inglesi non pote-rono venire così tosto a capo del disegno loro. Chiama-rono in soccorso l'Illustre ed il Coraggioso; ma furonoanche queste tanto lacerate dalla furia delle cannonate

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gata l'Inconstante, e dal vascello l'Agamennone. Si dife-se molto gagliardamente Ça-ira, rendendo furia per furiamolto tempo, sicchè diede abilità a' suoi di venire insoccorso. Mandava Martin la fregata la Vestale per ri-morchiarlo, la nave il Censore per ajutarlo; anzi tuttal'armata accorreva per arrestar il corso al nemico, e persalvar la nave che pericolava. Queste mosse molto op-portune operarono di modo che gl'Inglesi si tirarono in-dietro. Sopraggiunse la notte; il Ça-ira trovossi guastoper modo che quantunque liberato pel valore de' suoicompagni dal pericolo, non potè raggiungere il grossodell'armata, e continuava tuttavia a dimorar troppo piùvicino all'Inglesi, che la salute sua richiedesse. S'aggiun-se, che il Censore, quantunque replicatamente comanda-to gli fosse, quando il Ça-ira fu sbrigato dall'assaltodegl'Inglesi, di venir a ricongiungersi con l'armata, simostrò poco ossequente alla volontà di Martin; e conti-nuò a stanziare verso la flotta Inglese. Questi accidenti,parte inevitabili, parte fortuiti, furono cagione che lamattina del quattordici le due navi il Ça-ira ed il Censo-re si scopersero più vicine agl'Inglesi che ai Francesi.Non posto tempo in mezzo, Hotham mandava le duenavi il Bedfort ed il Capitano ad assaltarle, avvisandosi,che o le rapirebbe, o i repubblicani, per salvarle, sareb-bero venuti ad una battaglia giusta. Contrastarono le duenavi Francesi con tanto valore, che gl'Inglesi non pote-rono venire così tosto a capo del disegno loro. Chiama-rono in soccorso l'Illustre ed il Coraggioso; ma furonoanche queste tanto lacerate dalla furia delle cannonate

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repubblicane, che la prima, non più abile a governarsi,fu arsa, la seconda andò per forza a ritirarsi nel porto diLivorno. Continuavano nientedimeno il Bedford ed ilCapitano a fulminare le due navi della repubblica, chefortemente danneggiate negli alberi, nelle sarte, e nellevele, nè potendo pel silenzio dei venti il grossodell'armata accorrere in ajuto loro, calata la tenda, si ar-renderono. Avevano gl'Inglesi il benefizio del vento; fi-nalmente, essendosi messa una brezza leggiera anchepei Francesi, se ne prevalsero, non già per riconquistarele due navi perdute, che intieramente disgiunte dallaflotta loro per la presenza dell'Inglese, che s'era posta inmezzo, non avevano più rimedio, ma bensì per ritirarsicon minor danno che possibil fosse, da quel campo dibattaglia oramai più pericoloso che glorioso. La qualemossa riuscì poco ordinata, nè conforme alla volontàdell'ammiraglio; perchè il vascello il Duquesne, che erail capofila, al quale tutti gli altri avrebbero dovuto acco-starsi per fronteggiar l'inimico con una non interrottasquadra, o non avendo inteso i comandamenti del capi-tano generale, o contraffacendo manifestamente al me-desimi, passò a sopravvento degl'Inglesi. Fu seguitatodai due vascelli la Vittoria ed il Tonante, per modo chel'armata repubblicana divisa in due, e tramezzatadall'Inglese, non poteva più nè uniformare i pensieri, nèoperare di concerto. Ma un cattivo consiglio fu compen-sato da un valore inestimabile; perchè il Duquesne, laVittoria, ed il Tonante bersagliarono, nel passare, contanto furore la fila Inglese, che ne fu mezzo sperperata;

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repubblicane, che la prima, non più abile a governarsi,fu arsa, la seconda andò per forza a ritirarsi nel porto diLivorno. Continuavano nientedimeno il Bedford ed ilCapitano a fulminare le due navi della repubblica, chefortemente danneggiate negli alberi, nelle sarte, e nellevele, nè potendo pel silenzio dei venti il grossodell'armata accorrere in ajuto loro, calata la tenda, si ar-renderono. Avevano gl'Inglesi il benefizio del vento; fi-nalmente, essendosi messa una brezza leggiera anchepei Francesi, se ne prevalsero, non già per riconquistarele due navi perdute, che intieramente disgiunte dallaflotta loro per la presenza dell'Inglese, che s'era posta inmezzo, non avevano più rimedio, ma bensì per ritirarsicon minor danno che possibil fosse, da quel campo dibattaglia oramai più pericoloso che glorioso. La qualemossa riuscì poco ordinata, nè conforme alla volontàdell'ammiraglio; perchè il vascello il Duquesne, che erail capofila, al quale tutti gli altri avrebbero dovuto acco-starsi per fronteggiar l'inimico con una non interrottasquadra, o non avendo inteso i comandamenti del capi-tano generale, o contraffacendo manifestamente al me-desimi, passò a sopravvento degl'Inglesi. Fu seguitatodai due vascelli la Vittoria ed il Tonante, per modo chel'armata repubblicana divisa in due, e tramezzatadall'Inglese, non poteva più nè uniformare i pensieri, nèoperare di concerto. Ma un cattivo consiglio fu compen-sato da un valore inestimabile; perchè il Duquesne, laVittoria, ed il Tonante bersagliarono, nel passare, contanto furore la fila Inglese, che ne fu mezzo sperperata;

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gl'Inglesi medesimi, sebbene in quei tempi non giustiestimatori del valore dei Francesi, ne restarono maravi-gliati. Questo accidente fece anche di modo cheHotham, pensando meglio a risarcire le navi guaste, chea perseguitar l'inimico, andò a porre nel porto della Spe-zia. Poco tempo dopo passando pel mar Tirreno, si con-dusse a San Fiorenzo di Corsica, per sopravvedere daluogo più vicino ciò che potesse sorgere da Tolone. As-sicurò per allora questa vittoria le cose di Corsica a fa-vor degl'Inglesi. Si ricoverarono i repubblicani dopo labattaglia al golfo di Juan, poscia all'isole Iere, e final-mente nel porto di Tolone.Questa fu la battaglia del capo di Noli, nella quale fupari da ambe le parti il valore, ma maggiore dalla partedegl'Inglesi la perizia, e la ubbidienza dei capitani mino-ri. Così fu sturbata ai Francesi l'impresa di Corsica, di-ventarono i nemici loro padroni del Mediterraneo, leprovince meridionali di Francia penuriarono vieppiù divettovaglie, i repubblicani sulla riviera di Ponente furo-no a tali strette ridotti, che se si mostrarono mirabili nelvincere i pericoli della guerra, più ancora diedero mara-viglia nel superare gli stimoli della fame, sì efficace raf-frenatrice del bene, sì potente instigatrice del male.In questo mentre si ebbero le novelle della pace conclu-sa tra la repubblica Francese, e il re di Prussia, accidentegravissimo, e che diede molta alterazione agli alleati, sìper l'opinione, come per la diminuzione di forze che aloro ne veniva. Non potè però fare, che l'imperator

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gl'Inglesi medesimi, sebbene in quei tempi non giustiestimatori del valore dei Francesi, ne restarono maravi-gliati. Questo accidente fece anche di modo cheHotham, pensando meglio a risarcire le navi guaste, chea perseguitar l'inimico, andò a porre nel porto della Spe-zia. Poco tempo dopo passando pel mar Tirreno, si con-dusse a San Fiorenzo di Corsica, per sopravvedere daluogo più vicino ciò che potesse sorgere da Tolone. As-sicurò per allora questa vittoria le cose di Corsica a fa-vor degl'Inglesi. Si ricoverarono i repubblicani dopo labattaglia al golfo di Juan, poscia all'isole Iere, e final-mente nel porto di Tolone.Questa fu la battaglia del capo di Noli, nella quale fupari da ambe le parti il valore, ma maggiore dalla partedegl'Inglesi la perizia, e la ubbidienza dei capitani mino-ri. Così fu sturbata ai Francesi l'impresa di Corsica, di-ventarono i nemici loro padroni del Mediterraneo, leprovince meridionali di Francia penuriarono vieppiù divettovaglie, i repubblicani sulla riviera di Ponente furo-no a tali strette ridotti, che se si mostrarono mirabili nelvincere i pericoli della guerra, più ancora diedero mara-viglia nel superare gli stimoli della fame, sì efficace raf-frenatrice del bene, sì potente instigatrice del male.In questo mentre si ebbero le novelle della pace conclu-sa tra la repubblica Francese, e il re di Prussia, accidentegravissimo, e che diede molta alterazione agli alleati, sìper l'opinione, come per la diminuzione di forze che aloro ne veniva. Non potè però fare, che l'imperator

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d'Allemagna ed il re di Sardegna non rimanessero in co-stanza; anzi cominciando a manifestarsi gli effetti inPiemonte del trattato di Valenziana, pel grosso numerodi Tedeschi che vi erano arrivati, malgrado dell'aliena-zione della Prussia, alzarono la mente a più importantipensieri, nutrendosi della speranza di cacciar del tutto irepubblicani dalla riviera di Genova. Per la qual cosa,avviate le genti loro verso il Cairo, dal quale i Francesisi erano ritirati, ed occupata la sommità dei monti, giàinclinavano a qualche fatto memorabile. Erano in talemodo ordinati i confederati, che l'ala loro sinistra guida-ta dal generale Wallis, e più vicina a Savona, facevasembiante di volersene impadronire, e di assaltare iFrancesi che si erano fortificati al ponte di Vado: il mez-zo, dov'era presente il generalissimo Devins, e che era ilnervo principale, minacciava di voltarsi al cammino deisiti molto importanti di San Giacomo, e di Melogno: ladestra, che obbediva al generale Argenteau, movendosidalle vicinanze di Ceva, dava a dubitare che con impetoimprovviso avanzandosi, andasse a riuscire a Finale.Una grossa squadra di cavallerìa Piemontese stanziavapresso a Cuneo, pronta a passar le Alpi, o gli Apennini,ove la fortuna aprisse qualche adito alla vittoria. Corpisufficienti di truppe, massime Piemontesi, munivano levalli di Stura, di Susa, e d'Aosta sotto la condotta deiduchi d'Aosta e di Monferrato. Davano gran forza a tuttequeste genti i Barbetti, come gli chiamavano, i quali,gente piuttosto da strada che da milizia, nascondendosispediti e leggieri nei luoghi più ermi e più precipitosi

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d'Allemagna ed il re di Sardegna non rimanessero in co-stanza; anzi cominciando a manifestarsi gli effetti inPiemonte del trattato di Valenziana, pel grosso numerodi Tedeschi che vi erano arrivati, malgrado dell'aliena-zione della Prussia, alzarono la mente a più importantipensieri, nutrendosi della speranza di cacciar del tutto irepubblicani dalla riviera di Genova. Per la qual cosa,avviate le genti loro verso il Cairo, dal quale i Francesisi erano ritirati, ed occupata la sommità dei monti, giàinclinavano a qualche fatto memorabile. Erano in talemodo ordinati i confederati, che l'ala loro sinistra guida-ta dal generale Wallis, e più vicina a Savona, facevasembiante di volersene impadronire, e di assaltare iFrancesi che si erano fortificati al ponte di Vado: il mez-zo, dov'era presente il generalissimo Devins, e che era ilnervo principale, minacciava di voltarsi al cammino deisiti molto importanti di San Giacomo, e di Melogno: ladestra, che obbediva al generale Argenteau, movendosidalle vicinanze di Ceva, dava a dubitare che con impetoimprovviso avanzandosi, andasse a riuscire a Finale.Una grossa squadra di cavallerìa Piemontese stanziavapresso a Cuneo, pronta a passar le Alpi, o gli Apennini,ove la fortuna aprisse qualche adito alla vittoria. Corpisufficienti di truppe, massime Piemontesi, munivano levalli di Stura, di Susa, e d'Aosta sotto la condotta deiduchi d'Aosta e di Monferrato. Davano gran forza a tuttequeste genti i Barbetti, come gli chiamavano, i quali,gente piuttosto da strada che da milizia, nascondendosispediti e leggieri nei luoghi più ermi e più precipitosi

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delle Nizzarde montagne, erano assai pronti a spiare lemosse dell'inimico, a sorprendere le vettovaglie, e aduccidere, spesso anche crudelmente, gli spicciolati. Usa-vano somma barbarie nel difendere la regia causa; nè icomandamenti del re, che desiderava di metter ordine emoderazione fra di loro, bastavano per frenare appetiticosì smoderati, e così disumani. Certamente questi Bar-betti, se si possono lodare, non dirò dell'intenzione, chepur troppo era rea, ma della cagione che pretendevano aifatti loro, debbono biasimarsi pei modi che usarono,perchè fecero degenerare la guerra delle battaglie, in as-salti fraudolenti e crudeli di strade.Dall'altra parte i Francesi governati dal Kellerman eranomolto intenti alle provvisioni per resistere ai confedera-ti, quantunque l'esercito loro non pareggiasse di numeroquel della lega. La loro ala diritta, sotto l'imperio diMassena, stanziava coll'estremità sua a Vado, e disten-dendosi pei monti di San Giacomo, di San Pantaleone,di Melogno, di Bardinetto, del San Bernardo, e dellasommità della Pianeta, arrivava insino alla valle del Ta-naro. Quivi incominciava la parte mezzana, che pel col-le di Tenda andava a congiungersi sul Gabbione con lasinistra, che muniva i colli di Raus e delle Finestre, e levalli della Vesubia e della Tinea.Era Savona sito di molta importanza, sì per l'opportunitàdel porto, sì pel suo castello munitissimo. L'una parte el'altra, non portando rispetto alla neutralità di Genova,desideravano d'impadronirsene o per insidia, o per una

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delle Nizzarde montagne, erano assai pronti a spiare lemosse dell'inimico, a sorprendere le vettovaglie, e aduccidere, spesso anche crudelmente, gli spicciolati. Usa-vano somma barbarie nel difendere la regia causa; nè icomandamenti del re, che desiderava di metter ordine emoderazione fra di loro, bastavano per frenare appetiticosì smoderati, e così disumani. Certamente questi Bar-betti, se si possono lodare, non dirò dell'intenzione, chepur troppo era rea, ma della cagione che pretendevano aifatti loro, debbono biasimarsi pei modi che usarono,perchè fecero degenerare la guerra delle battaglie, in as-salti fraudolenti e crudeli di strade.Dall'altra parte i Francesi governati dal Kellerman eranomolto intenti alle provvisioni per resistere ai confedera-ti, quantunque l'esercito loro non pareggiasse di numeroquel della lega. La loro ala diritta, sotto l'imperio diMassena, stanziava coll'estremità sua a Vado, e disten-dendosi pei monti di San Giacomo, di San Pantaleone,di Melogno, di Bardinetto, del San Bernardo, e dellasommità della Pianeta, arrivava insino alla valle del Ta-naro. Quivi incominciava la parte mezzana, che pel col-le di Tenda andava a congiungersi sul Gabbione con lasinistra, che muniva i colli di Raus e delle Finestre, e levalli della Vesubia e della Tinea.Era Savona sito di molta importanza, sì per l'opportunitàdel porto, sì pel suo castello munitissimo. L'una parte el'altra, non portando rispetto alla neutralità di Genova,desideravano d'impadronirsene o per insidia, o per una

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battaglia di mano. Fuvvi sotto le sue mura un'abbaruffa-ta fra i repubblicani che vi erano venuti, e i confederatiche gli volevano pigliare: rifulse in questo fatto la virtùdel governatore Spinola, che serbò la neutralità, e lapiazza, costringendo le due parti a levarsene.A questa incomposta avvisaglia successero assai tostobattaglie grossissime. Vedevano i confederati essere perloro di somma importanza lo scacciare i repubblicanidalla riviera di Genova, perchè, se a ciò non riuscissero,la Lombardìa Austriaca sarebbe sempre stata in gravepericolo, e la difesa del re di Sardegna, non che difficile,quasi impossibile. Nè stettero lungo tempo dubbj delmodo, col quale e' dovevano combattere. Assai lungaera la fronte dell'esercito Francese, poichè si distendevasui monti Liguri da Vado insino al colle di Tenda. Ilromperla in mezzo era un vincerla tutta. Pure importava,giacchè gl'Inglesi avevano l'imperio del mare, e poteva-no ad ogni ora provvedere gli alleati di viveri e di muni-zioni, fare lo sforzo contro la fronte Francese non troppolontano dal lido, affinchè le armi marittime e terrestripotessero cooperare al medesimo fine. Si risolvetteroadunque a fare impeto principalmente contro i monti diSan Giacomo e di Melogno, onde riuscisse loro di ta-gliar fuori l'ala diritta dei Francesi dalle due altre parti.Pensarono altresì ad assaltare fortemente il luogo diVado, dove i repubblicani si erano molto fortificati, af-finchè quel presidio non potesse mandar gente in ajutodi San Giacomo e di Melogno, e forse perchè speravano

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battaglia di mano. Fuvvi sotto le sue mura un'abbaruffa-ta fra i repubblicani che vi erano venuti, e i confederatiche gli volevano pigliare: rifulse in questo fatto la virtùdel governatore Spinola, che serbò la neutralità, e lapiazza, costringendo le due parti a levarsene.A questa incomposta avvisaglia successero assai tostobattaglie grossissime. Vedevano i confederati essere perloro di somma importanza lo scacciare i repubblicanidalla riviera di Genova, perchè, se a ciò non riuscissero,la Lombardìa Austriaca sarebbe sempre stata in gravepericolo, e la difesa del re di Sardegna, non che difficile,quasi impossibile. Nè stettero lungo tempo dubbj delmodo, col quale e' dovevano combattere. Assai lungaera la fronte dell'esercito Francese, poichè si distendevasui monti Liguri da Vado insino al colle di Tenda. Ilromperla in mezzo era un vincerla tutta. Pure importava,giacchè gl'Inglesi avevano l'imperio del mare, e poteva-no ad ogni ora provvedere gli alleati di viveri e di muni-zioni, fare lo sforzo contro la fronte Francese non troppolontano dal lido, affinchè le armi marittime e terrestripotessero cooperare al medesimo fine. Si risolvetteroadunque a fare impeto principalmente contro i monti diSan Giacomo e di Melogno, onde riuscisse loro di ta-gliar fuori l'ala diritta dei Francesi dalle due altre parti.Pensarono altresì ad assaltare fortemente il luogo diVado, dove i repubblicani si erano molto fortificati, af-finchè quel presidio non potesse mandar gente in ajutodi San Giacomo e di Melogno, e forse perchè speravano

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che la fortuna sarebbe stata per loro propizia anche aVado; il che avrebbe allargato subitamente lo spazio,dove gl'Inglesi potevano approdare. Tuttavìa gli assaltiprincipali erano quello di San Giacomo, che signoreggiail Savonese, e quello di Melogno, che domina Vado, epiù dentro penetrava nelle viscere dell'esercito di Fran-cia. Pertanto gli Austriaci assalirono con grandissimovalore il posto di Vado, già inclinando verso il suo fineil mese di giugno; risposero con uguale virtù i Francesiguidati da Laharpe. Tanto fecero i repubblicani, chequantunque urtati più volte con molto impeto, e con nu-mero superiore di genti, non si piegarono punto, anzi ri-buttarono valorosamente il nemico, che già spintosiavanti con una ostinazione incredibile, si era impadroni-to del ponte, che dà l'adito dalla sinistra alla destra rivadel fiume, che scorre presso alle mura di Vado. Questofu uno dei fatti della presente guerra, per cui si debbonoaccrescere le laudi dei Francesi pel valor dimostrato, eper la perizia del saper prendere i luoghi, e dell'usar leoccasioni. Ma non con pari fortuna combatterono suimonti di San Giacomo e di Melogno; perchè una grossaschiera di Austriaci condotti da Devins assaltava impe-tuosissimamente tutti i posti, che munivano le alture delprimo: varj furono gli assalti, varie le difese, molti imorti, molti i feriti da ambe le parti: durò ben sette orela battaglia, nè ben si poteva prevedere, quale avesse aprevalere, o la costanza Austriaca, o la vivacità France-se, avvegnachè quegli alpestri gioghi già fossero conta-minati di cadaveri, e di sangue. Finalmente declinò la

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che la fortuna sarebbe stata per loro propizia anche aVado; il che avrebbe allargato subitamente lo spazio,dove gl'Inglesi potevano approdare. Tuttavìa gli assaltiprincipali erano quello di San Giacomo, che signoreggiail Savonese, e quello di Melogno, che domina Vado, epiù dentro penetrava nelle viscere dell'esercito di Fran-cia. Pertanto gli Austriaci assalirono con grandissimovalore il posto di Vado, già inclinando verso il suo fineil mese di giugno; risposero con uguale virtù i Francesiguidati da Laharpe. Tanto fecero i repubblicani, chequantunque urtati più volte con molto impeto, e con nu-mero superiore di genti, non si piegarono punto, anzi ri-buttarono valorosamente il nemico, che già spintosiavanti con una ostinazione incredibile, si era impadroni-to del ponte, che dà l'adito dalla sinistra alla destra rivadel fiume, che scorre presso alle mura di Vado. Questofu uno dei fatti della presente guerra, per cui si debbonoaccrescere le laudi dei Francesi pel valor dimostrato, eper la perizia del saper prendere i luoghi, e dell'usar leoccasioni. Ma non con pari fortuna combatterono suimonti di San Giacomo e di Melogno; perchè una grossaschiera di Austriaci condotti da Devins assaltava impe-tuosissimamente tutti i posti, che munivano le alture delprimo: varj furono gli assalti, varie le difese, molti imorti, molti i feriti da ambe le parti: durò ben sette orela battaglia, nè ben si poteva prevedere, quale avesse aprevalere, o la costanza Austriaca, o la vivacità France-se, avvegnachè quegli alpestri gioghi già fossero conta-minati di cadaveri, e di sangue. Finalmente declinò la

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fortuna dei Francesi; gli Austriaci, che prevedevano cheda quella fazione dipendeva tutto l'evento della Ligusti-ca guerra, fatto un estremo sforzo, riuscirono, cacciato-ne di viva forza gli avversarj, sulla sommità del monte.Con pari disavvantaggio procedevano le cose dei Fran-cesi a Melogno, sebbene non sia stato tanto ostinato, nètanto lungo lo scontro della battaglia che gli fu data. Eraquesto sito, nel quale era ridotta tutta la somma dellaguerra in altre parti, per una omissione inesplicabile delgenerale Francese, custodito solamente da due battaglio-ni, inabili certamente, per la pochezza delle genti, ad ungrosso sforzo. Lo attaccava Argenteau con cinque milasoldati fioritissimi, e dopo breve contrasto facilmente selo recava in mano. Il quale accidente mandò in manife-sta declinazione la battaglia pei Francesi, e rendè loroimpossibile lo starsene più lungamente nelle posizioniche avevano occupato. Per la qual cosa, come primaebbe Kellerman avviso della perdita di Melogno, man-dava Massena con un grosso di quattro battaglioni va-lentissimi a far opera di ricuperarlo; il che era, non disomma, ma di estrema importanza. Usarono i soldati diMassena molto opportunamente il benefizio di una neb-bia assai folta, ed approssimatisi all'improvviso sulleprime guardie, misero in loro tanto spavento, che anda-rono, senza aspettar altro, in fuga; per poco stette, chenon disordinassero le compagnìe, che custodivano letrincee fatte sulla sommità del monte. Ma tanti furono iconforti dei capitani accorsi a far provvisione a questodisordine, che i soldati, ripreso animo, ributtarono valo-

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fortuna dei Francesi; gli Austriaci, che prevedevano cheda quella fazione dipendeva tutto l'evento della Ligusti-ca guerra, fatto un estremo sforzo, riuscirono, cacciato-ne di viva forza gli avversarj, sulla sommità del monte.Con pari disavvantaggio procedevano le cose dei Fran-cesi a Melogno, sebbene non sia stato tanto ostinato, nètanto lungo lo scontro della battaglia che gli fu data. Eraquesto sito, nel quale era ridotta tutta la somma dellaguerra in altre parti, per una omissione inesplicabile delgenerale Francese, custodito solamente da due battaglio-ni, inabili certamente, per la pochezza delle genti, ad ungrosso sforzo. Lo attaccava Argenteau con cinque milasoldati fioritissimi, e dopo breve contrasto facilmente selo recava in mano. Il quale accidente mandò in manife-sta declinazione la battaglia pei Francesi, e rendè loroimpossibile lo starsene più lungamente nelle posizioniche avevano occupato. Per la qual cosa, come primaebbe Kellerman avviso della perdita di Melogno, man-dava Massena con un grosso di quattro battaglioni va-lentissimi a far opera di ricuperarlo; il che era, non disomma, ma di estrema importanza. Usarono i soldati diMassena molto opportunamente il benefizio di una neb-bia assai folta, ed approssimatisi all'improvviso sulleprime guardie, misero in loro tanto spavento, che anda-rono, senza aspettar altro, in fuga; per poco stette, chenon disordinassero le compagnìe, che custodivano letrincee fatte sulla sommità del monte. Ma tanti furono iconforti dei capitani accorsi a far provvisione a questodisordine, che i soldati, ripreso animo, ributtarono valo-

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rosamente con le artiglierìe e con le bajonette il nemico,che già si era avvicinato, e faceva le viste di voler saltardentro i ripari. Ritiraronsi i Francesi, non senza averperduto buon numero di valenti soldati. Questo rincalzonon tolse loro tanto di speranza, che non tentassero diacquistare con un secondo assalto quello, che non ave-vano potuto acquistare col primo. Massena medesimo alsolito rischievole guidatore di qualunque più difficileimpresa, reggeva i passi loro, ed avendogli divisi in trecolonne, comandava alle due estreme, ferissero l'inimicosui due fianchi, alla mezzana, percuotesse di frontel'altura pericolosa. Marciavano molto confidenti dellavittoria; ma la nebbia, che aveva tanto favoreggiato ilprimo sforzo, fu cagione, che succedesse sinistramente,fin dal principio, il secondo; perchè le due colonne late-rali, non bene discernendo i luoghi per cui dovevanopassare, in vece di andar al cammin loro, ed operarespartitamente dalla mezzana, si accozzarono a questaper modo, che invece di tre assalti che avrebbero tenutoin sospetto gli Austriaci su tutte le bande, massime sullelaterali più deboli, si ridussero a darne un solo sullafronte. Questo cangiò del tutto la condizione della batta-glia, perchè gl'imperiali combattendo per diretto da queiripari sicuri con tutte le artiglierìe loro, obbligarono pre-stamente i repubblicani a ritirarsi, non senza strage, a'luoghi dond'erano venuti. S'aggiunse a questo, che gliAustriaci s'impadronirono del passo dello Spinardo, al-tro sito importante, che dava loro maggior facoltà dirompere e spartire in due l'esercito di Francia. Occupato

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rosamente con le artiglierìe e con le bajonette il nemico,che già si era avvicinato, e faceva le viste di voler saltardentro i ripari. Ritiraronsi i Francesi, non senza averperduto buon numero di valenti soldati. Questo rincalzonon tolse loro tanto di speranza, che non tentassero diacquistare con un secondo assalto quello, che non ave-vano potuto acquistare col primo. Massena medesimo alsolito rischievole guidatore di qualunque più difficileimpresa, reggeva i passi loro, ed avendogli divisi in trecolonne, comandava alle due estreme, ferissero l'inimicosui due fianchi, alla mezzana, percuotesse di frontel'altura pericolosa. Marciavano molto confidenti dellavittoria; ma la nebbia, che aveva tanto favoreggiato ilprimo sforzo, fu cagione, che succedesse sinistramente,fin dal principio, il secondo; perchè le due colonne late-rali, non bene discernendo i luoghi per cui dovevanopassare, in vece di andar al cammin loro, ed operarespartitamente dalla mezzana, si accozzarono a questaper modo, che invece di tre assalti che avrebbero tenutoin sospetto gli Austriaci su tutte le bande, massime sullelaterali più deboli, si ridussero a darne un solo sullafronte. Questo cangiò del tutto la condizione della batta-glia, perchè gl'imperiali combattendo per diretto da queiripari sicuri con tutte le artiglierìe loro, obbligarono pre-stamente i repubblicani a ritirarsi, non senza strage, a'luoghi dond'erano venuti. S'aggiunse a questo, che gliAustriaci s'impadronirono del passo dello Spinardo, al-tro sito importante, che dava loro maggior facoltà dirompere e spartire in due l'esercito di Francia. Occupato

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san Giacomo e Melogno, salirono gl'imperiali facilmen-te sui monti che stanno imminenti a Vado, donde potero-no bersagliare i Francesi, che tuttavìa vi avevano lestanze. Perlochè questi, disperati pei sinistri occorsi, dipoter conservar questo luogo, chiodati ventidue cannonie due obici, che non potevano trasportare, si ritirarono.Entrarono tosto in Vado gli Austriaci; poservi di presi-dio il reggimento di Alvinzi.Mentre tutte queste cose si facevano sulla riviera di Ge-nova, succedevano parecchie battaglie su tutte le crestedegli Apennini e dell'Alpi, con vario evento; impercioc-chè ed i Francesi s'impadronirono del colle del Monte,per cui potevano aprirsi il passo nel più interno dellavalle d'Aosta, e si combattè al monte Ginevra molto va-lorosamente per ambe le parti, e con lo stesso valore alcolle di Tenda, ed a San Martino di Lantosca; volevanoe Francesi e Piemontesi ajutare con questi assalti lontanile maggiori battaglie del Genovesato.Kellerman, veduto che per l'occupazione fatta dagli al-leati dei siti più importanti verso Savona, le sue stanzein quei luoghi non erano più sicure, e che la sua ala drit-ta correva pericolo di esser tagliata fuori dalle altre, pen-sò a tirarla indietro, restringendo in tal modo tutta lafronte de' suoi, che siccome troppo lunga dal piccoloSan Bernardo sino ai confini di Vado, era più debole alresistere ad un nemico superiore di numero. Perlochè ti-randola con molta prudenza e singolare arte indietro,l'andava a porre a Borghetto, donde salendo per Ceriale,

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san Giacomo e Melogno, salirono gl'imperiali facilmen-te sui monti che stanno imminenti a Vado, donde potero-no bersagliare i Francesi, che tuttavìa vi avevano lestanze. Perlochè questi, disperati pei sinistri occorsi, dipoter conservar questo luogo, chiodati ventidue cannonie due obici, che non potevano trasportare, si ritirarono.Entrarono tosto in Vado gli Austriaci; poservi di presi-dio il reggimento di Alvinzi.Mentre tutte queste cose si facevano sulla riviera di Ge-nova, succedevano parecchie battaglie su tutte le crestedegli Apennini e dell'Alpi, con vario evento; impercioc-chè ed i Francesi s'impadronirono del colle del Monte,per cui potevano aprirsi il passo nel più interno dellavalle d'Aosta, e si combattè al monte Ginevra molto va-lorosamente per ambe le parti, e con lo stesso valore alcolle di Tenda, ed a San Martino di Lantosca; volevanoe Francesi e Piemontesi ajutare con questi assalti lontanile maggiori battaglie del Genovesato.Kellerman, veduto che per l'occupazione fatta dagli al-leati dei siti più importanti verso Savona, le sue stanzein quei luoghi non erano più sicure, e che la sua ala drit-ta correva pericolo di esser tagliata fuori dalle altre, pen-sò a tirarla indietro, restringendo in tal modo tutta lafronte de' suoi, che siccome troppo lunga dal piccoloSan Bernardo sino ai confini di Vado, era più debole alresistere ad un nemico superiore di numero. Perlochè ti-randola con molta prudenza e singolare arte indietro,l'andava a porre a Borghetto, donde salendo per Ceriale,

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Balestrino, e Zuccarello, e piegando pei monti, dai qualisorge il Tanaro, andava a congiungersi con la schierache muniva il colle di Tenda, e quindi con tutta la frontedell'esercito. Per tal modo Finale e Loano, abbandonatidai repubblicani, vennero in poter degl'imperiali.La ritirata dei Francesi da Vado era necessaria per la sa-lute loro, ma fu loro da un altro lato di grandissimo in-comodo a cagione della mancanza delle vettovaglie,perchè i Corsari Vadesi e Savonesi con bandiera Au-striaca correvano continuamente il mare, e lo tenevanoinfestato sino a Nizza per modo che i bastimenti Geno-vesi non potevano più portarvi i fromenti; a mala penaalcune navi più sottili d'Idriotti, sguizzando la notte, opel favor di venti prosperi, riuscivano ad approdarvi,sussidio insufficiente a sollevare tanta carestìa. Per pri-vare viemaggiormente le navi neutre della comodità difarsi strada ai lidi di Francia, ed alla parte della Rivieraoccupata dai Francesi, aveva il generale Austriaco arma-to nel porto di Savona certe grosse fuste, che portavanoventi cannoni. Erano anche giunte in Vado due mezzegalere, e quattro fuste Napolitane, che stavano vigilan-tissime nel sopravveder il mare. A tutti questi legni mi-nori facevano ala le fregate Inglesi, che opprimevanocon forza superiore, quanto fosse riuscito alle navi mi-nori di scoprire. Per tutto questo nacque una penuria in-credibile nel campo Francese, e già si promettevano iconfederati, che i repubblicani, indeboliti dalla famepensassero oramai a ritirarsi da tutta la riviera. Ma i

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Balestrino, e Zuccarello, e piegando pei monti, dai qualisorge il Tanaro, andava a congiungersi con la schierache muniva il colle di Tenda, e quindi con tutta la frontedell'esercito. Per tal modo Finale e Loano, abbandonatidai repubblicani, vennero in poter degl'imperiali.La ritirata dei Francesi da Vado era necessaria per la sa-lute loro, ma fu loro da un altro lato di grandissimo in-comodo a cagione della mancanza delle vettovaglie,perchè i Corsari Vadesi e Savonesi con bandiera Au-striaca correvano continuamente il mare, e lo tenevanoinfestato sino a Nizza per modo che i bastimenti Geno-vesi non potevano più portarvi i fromenti; a mala penaalcune navi più sottili d'Idriotti, sguizzando la notte, opel favor di venti prosperi, riuscivano ad approdarvi,sussidio insufficiente a sollevare tanta carestìa. Per pri-vare viemaggiormente le navi neutre della comodità difarsi strada ai lidi di Francia, ed alla parte della Rivieraoccupata dai Francesi, aveva il generale Austriaco arma-to nel porto di Savona certe grosse fuste, che portavanoventi cannoni. Erano anche giunte in Vado due mezzegalere, e quattro fuste Napolitane, che stavano vigilan-tissime nel sopravveder il mare. A tutti questi legni mi-nori facevano ala le fregate Inglesi, che opprimevanocon forza superiore, quanto fosse riuscito alle navi mi-nori di scoprire. Per tutto questo nacque una penuria in-credibile nel campo Francese, e già si promettevano iconfederati, che i repubblicani, indeboliti dalla famepensassero oramai a ritirarsi da tutta la riviera. Ma i

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Francesi, non mostrandosi meno costanti nel sopportarel'estremità del vivere, di quanto fossero stati valorosi neifatti d'arme, continuavano ad insistere dal Borghetto, edal Ceriale, in attitudine minacciosa e fiera. Il che vedu-tosi dai capi della lega, e stimando che ove la fame nonbastava, e' bisognava usar la forza, assalirono con nume-ro e con valore le posizioni nuove, alle quali i repubbli-cani si erano riparati. Sanguinose battaglie ne seguitava-no, in cui ora gli uni, ed ora gli altri restavano superiori:la somma fu, che non essendo venuto fatto agli alleati disloggiar i Francesi perdettero il frutto di tutta l'opera,perchè il non superare quei luoghi era un perdere tutto ilfrutto del trattato di Valenziana, un pruovare, che le po-tenze imperiale e regia erano impotenti a far impressio-ne in Francia, un lasciar pendente la lite dell'acquisto, odella preservazione d'Italia, e finalmente un dar tempoai Francesi di valersi dell'accidente favorevole dellapace di Spagna, che già si negoziava, ed era vicina alconcludersi. Così le sorti d'Italia si arrestarono, ed ebbe-ro il tracollo sul piccolo ed ignobile scoglio del Borghet-to.Intanto le cose vieppiù s'allontanavano dalla temperanzain Napoli. Eranvi nate sì pel famoso grido della rivolu-zione di Francia, sì per le instigazioni segrete di alcuniagenti di questo paese, sì per l'esempio e le esortazionidegli uomini venuti sull'armata dell'ammiraglio Truguet,che aveva visitato il porto di Napoli nel novantatre, e sìfinalmente per l'inclinazioni dei tempi, opinioni favore-

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Francesi, non mostrandosi meno costanti nel sopportarel'estremità del vivere, di quanto fossero stati valorosi neifatti d'arme, continuavano ad insistere dal Borghetto, edal Ceriale, in attitudine minacciosa e fiera. Il che vedu-tosi dai capi della lega, e stimando che ove la fame nonbastava, e' bisognava usar la forza, assalirono con nume-ro e con valore le posizioni nuove, alle quali i repubbli-cani si erano riparati. Sanguinose battaglie ne seguitava-no, in cui ora gli uni, ed ora gli altri restavano superiori:la somma fu, che non essendo venuto fatto agli alleati disloggiar i Francesi perdettero il frutto di tutta l'opera,perchè il non superare quei luoghi era un perdere tutto ilfrutto del trattato di Valenziana, un pruovare, che le po-tenze imperiale e regia erano impotenti a far impressio-ne in Francia, un lasciar pendente la lite dell'acquisto, odella preservazione d'Italia, e finalmente un dar tempoai Francesi di valersi dell'accidente favorevole dellapace di Spagna, che già si negoziava, ed era vicina alconcludersi. Così le sorti d'Italia si arrestarono, ed ebbe-ro il tracollo sul piccolo ed ignobile scoglio del Borghet-to.Intanto le cose vieppiù s'allontanavano dalla temperanzain Napoli. Eranvi nate sì pel famoso grido della rivolu-zione di Francia, sì per le instigazioni segrete di alcuniagenti di questo paese, sì per l'esempio e le esortazionidegli uomini venuti sull'armata dell'ammiraglio Truguet,che aveva visitato il porto di Napoli nel novantatre, e sìfinalmente per l'inclinazioni dei tempi, opinioni favore-

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voli alla repubblica. Alcuni giovani con molta impru-denza palesemente la professavano; altri meno impru-denti, ma più inescusabili s'adunavano, e facevano con-greghe segrete a rovina del governo. Notaronsi i discor-si, seppersi le trame: il governo insorgeva a freno deinovatori. Aveva la regina Carolina, che molto stretta-mente si consigliava col ministro Acton, gran parte nellefaccende del regno. Lo sdegno concetto da Carolina peidanni pubblici e privati, era operatore ch'ella credesseannidarsi più malevoli, che veramente non s'annidavano.Forse ancora si dilettava di vendetta contro coloro, cheerano stimati partecipi di quelle opinioni, che avevanodato l'occasione, onde a sì lagrimevol fine fossero staticondotti i suoi parenti e consanguinei in Francia. Il mi-nistro Acton, conosciuto l'umore, si studiava, come i fa-voriti fanno, di andare a seconda, con rappresentare con-tinuamente all'animo della regina già tanto alterato, con-giure, e tentativi di ribellioni pericolose. Creossi unagiunta sopra le congiure. Furonvi eletti il principe Ca-stelcicala, il marchese Vanni ed un Guidobaldi, anticoprocurator di Teramo, uomini disposti non solamente afar giustizia, ma ancora ad usar rigore. Emanuele deDeo, giovane invasato delle opinioni nuove, e mescolatonelle congreghe segrete, fu punito coll'ultimo supplizio,e morì con mirabile costanza. Alcuni altri, rei com'egli,furono condotti alla medesima fine: alcuni carcerati, al-cuni confinati. Ciò era non solo dritto, ma ancora debitodello stato: ma si crearono gli uomini sospetti, parte perindizj più o meno fondati, parte anche senza indizj, me-

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voli alla repubblica. Alcuni giovani con molta impru-denza palesemente la professavano; altri meno impru-denti, ma più inescusabili s'adunavano, e facevano con-greghe segrete a rovina del governo. Notaronsi i discor-si, seppersi le trame: il governo insorgeva a freno deinovatori. Aveva la regina Carolina, che molto stretta-mente si consigliava col ministro Acton, gran parte nellefaccende del regno. Lo sdegno concetto da Carolina peidanni pubblici e privati, era operatore ch'ella credesseannidarsi più malevoli, che veramente non s'annidavano.Forse ancora si dilettava di vendetta contro coloro, cheerano stimati partecipi di quelle opinioni, che avevanodato l'occasione, onde a sì lagrimevol fine fossero staticondotti i suoi parenti e consanguinei in Francia. Il mi-nistro Acton, conosciuto l'umore, si studiava, come i fa-voriti fanno, di andare a seconda, con rappresentare con-tinuamente all'animo della regina già tanto alterato, con-giure, e tentativi di ribellioni pericolose. Creossi unagiunta sopra le congiure. Furonvi eletti il principe Ca-stelcicala, il marchese Vanni ed un Guidobaldi, anticoprocurator di Teramo, uomini disposti non solamente afar giustizia, ma ancora ad usar rigore. Emanuele deDeo, giovane invasato delle opinioni nuove, e mescolatonelle congreghe segrete, fu punito coll'ultimo supplizio,e morì con mirabile costanza. Alcuni altri, rei com'egli,furono condotti alla medesima fine: alcuni carcerati, al-cuni confinati. Ciò era non solo dritto, ma ancora debitodello stato: ma si crearono gli uomini sospetti, parte perindizj più o meno fondati, parte anche senza indizj, me-

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scolandosi le emulazioni e gli odj particolari là dovenon era nè reità, nè indizio di reità. Le carceri si empie-rono. Era un terrore universale; s'indugiavano i giudizj;le pietose ambizioni non si stimavano, perchè il pregarepei parenti venuti in disgrazia, ed il difendere degli av-vocati generava sospetto. Il famigliare consorzio eracontaminato dalla paura dei delatori. Diceva Vanni, giàconfinata in carcere una gran moltitudine, pullulare tut-tavìa nel regno i giacobini; abbisognare arrestarsene an-cora ventimila; nè si ristava: i carcerati si moltiplicava-no. Fu imprigionato Medici, perchè Acton aveva gelosìadell'autorità di lui, e perchè credeva che aspirasse al fa-vor della regina per mezzo di una sorella, damigellamolto intima di Carolina. Anzi cotale macchina fu ordi-ta per condurlo al precipizio, che se nol salvava l'integri-tà del giudice Chinigò, vi sarebbe anche caduto sotto, efora stato privato il regno di un uomo di non ordinariaperizia negli affari di stato. Era Medici, oltre le opinioniche gli si attribuivano, querelato di carteggio con Fran-cia: esibironsi anche le lettere in giudizio, come se diFrancia venissero, quando Chinigò molto diligentemen-te risguardando, fece vedere, Napolitane carte essere,non Francesi. Duravano già da molto tempo le pene in-solite, nè rimetteva il rigore. I popoli prima si spaventa-vano, poi s'impietosivano, finalmente si sdegnavano: nefacevano anche qualche dimostrazione. Pensossi al ri-medio. Siccome Vanni principalmente era venuto inodio all'universale, ed a lui più che a' suoi compagni siattribuivano i fatti occorsi, così fu dismesso ed esiliato

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scolandosi le emulazioni e gli odj particolari là dovenon era nè reità, nè indizio di reità. Le carceri si empie-rono. Era un terrore universale; s'indugiavano i giudizj;le pietose ambizioni non si stimavano, perchè il pregarepei parenti venuti in disgrazia, ed il difendere degli av-vocati generava sospetto. Il famigliare consorzio eracontaminato dalla paura dei delatori. Diceva Vanni, giàconfinata in carcere una gran moltitudine, pullulare tut-tavìa nel regno i giacobini; abbisognare arrestarsene an-cora ventimila; nè si ristava: i carcerati si moltiplicava-no. Fu imprigionato Medici, perchè Acton aveva gelosìadell'autorità di lui, e perchè credeva che aspirasse al fa-vor della regina per mezzo di una sorella, damigellamolto intima di Carolina. Anzi cotale macchina fu ordi-ta per condurlo al precipizio, che se nol salvava l'integri-tà del giudice Chinigò, vi sarebbe anche caduto sotto, efora stato privato il regno di un uomo di non ordinariaperizia negli affari di stato. Era Medici, oltre le opinioniche gli si attribuivano, querelato di carteggio con Fran-cia: esibironsi anche le lettere in giudizio, come se diFrancia venissero, quando Chinigò molto diligentemen-te risguardando, fece vedere, Napolitane carte essere,non Francesi. Duravano già da molto tempo le pene in-solite, nè rimetteva il rigore. I popoli prima si spaventa-vano, poi s'impietosivano, finalmente si sdegnavano: nefacevano anche qualche dimostrazione. Pensossi al ri-medio. Siccome Vanni principalmente era venuto inodio all'universale, ed a lui più che a' suoi compagni siattribuivano i fatti occorsi, così fu dismesso ed esiliato

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da Napoli, gratitudine degna del benefizio. Ciò nonostante non fu piena la moderazione che si aspettava,perciocchè l'asprezza non cessò del tutto, se non quandoNapoli venne a patti con Francia. Di questi umori terri-bili era pieno il Napolitano regno, nè è da far maravi-glia, se abbiano poscia sboccato con tanto impeto, e fat-to sì grande inondazione, quando gli accidenti gli ajuta-rono.Frattanto non si confermava l'imperio Inglese in Corsi-ca, parte per l'inquietudine naturale di quella nazione,parte perchè i partigiani Francesi vi erano numerosi,parte finalmente perchè i popoli attribuendo, come so-gliono, a quel nome di libertà più di quello che darepuò, sì erano dati a credere, ch'ella dovesse indurrel'immunità delle tasse; quando poi si trovarono scadutidalle speranze, si erano sdegnati, e gridavano, aver solocambiato padrone, non peso. Oltre a ciò grande era tut-tavìa il nome di Paoli in Corsica, e coloro che più ama-vano l'indipendenza che l'unione con gl'Inglesi, voltava-no volontieri gli animi a lui, come a quello che avendocontrastato l'acquisto della Corsica ai Francesi, potevaanche turbarlo agl'Inglesi. Tutti questi motivi o spartita-mente, o unitamente operando, facevano, che non quie-tando gli animi, erano sorti parecchi rumori in alcunepievi quà dai monti, massimamente nei contorni d'Ajac-cio. Si adunavano quà e là bande armate, che non con-tente al non pagar esse le contribuzioni, impedivano chealtri le pagasse, ardevano i magazzini del pubblico, en-

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da Napoli, gratitudine degna del benefizio. Ciò nonostante non fu piena la moderazione che si aspettava,perciocchè l'asprezza non cessò del tutto, se non quandoNapoli venne a patti con Francia. Di questi umori terri-bili era pieno il Napolitano regno, nè è da far maravi-glia, se abbiano poscia sboccato con tanto impeto, e fat-to sì grande inondazione, quando gli accidenti gli ajuta-rono.Frattanto non si confermava l'imperio Inglese in Corsi-ca, parte per l'inquietudine naturale di quella nazione,parte perchè i partigiani Francesi vi erano numerosi,parte finalmente perchè i popoli attribuendo, come so-gliono, a quel nome di libertà più di quello che darepuò, sì erano dati a credere, ch'ella dovesse indurrel'immunità delle tasse; quando poi si trovarono scadutidalle speranze, si erano sdegnati, e gridavano, aver solocambiato padrone, non peso. Oltre a ciò grande era tut-tavìa il nome di Paoli in Corsica, e coloro che più ama-vano l'indipendenza che l'unione con gl'Inglesi, voltava-no volontieri gli animi a lui, come a quello che avendocontrastato l'acquisto della Corsica ai Francesi, potevaanche turbarlo agl'Inglesi. Tutti questi motivi o spartita-mente, o unitamente operando, facevano, che non quie-tando gli animi, erano sorti parecchi rumori in alcunepievi quà dai monti, massimamente nei contorni d'Ajac-cio. Si adunavano quà e là bande armate, che non con-tente al non pagar esse le contribuzioni, impedivano chealtri le pagasse, ardevano i magazzini del pubblico, en-

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travano armatamente nelle case dei particolari addettialla Francia, ed anche di quelli che amavano l'Inghilter-ra, minacciando, ed ogni cosa rubando. Il male già gravein se, induceva ogni giorno maggior timore; alcuni giàgridavano apertamente il nome di Francia. Nè la malariuscita delle armi navali Francesi nel Mediterraneo ave-va potuto moderare questi umori già mossi; che anzimescolandosi la pervicacia del continuare all'animositàdel cominciare, si temeva una turbazione universale, seprontamente non vi si provvedesse. Per la qual cosa ilvicerè Elliot, avvisato prima diligentemente in Inghilter-ra quanto occorreva, mandò fuori un bando esortatorio.Rammentava i benefizj dell'Inghilterra; avere liberato iCorsi dall'anarchìa e da un truculento dominio; col pro-prio sangue aver loro conservato quel quieto e libero vi-vere; sopperire col denaro proprio alle spese più gravi;soldati Corsi pagarsi da lei; l'arsenale d'Ajaccio da leifornirsi; inviolata essere in Corsica la libertà delle per-sone, sacre ed inviolate le proprietà; il mare libero allenavi mercè la tutela del naviglio Inglese; la religione an-tica rispettata, trattarsi con la santità del papa nuovi or-dinamenti al bene universale molto utili; tutto presagire,tutto promettere un buono e facile ordine di governo:che voler dunque significare questi umori, e questa tur-bolenza nuova? Badassero a non corrompere coi tumultiil bene universale; badassero che ove la licenza regna inluogo della legge, ivi non son più sicure nè le proprietà,nè le vite; badassero quanto imprudente fosse, quandoera il tempo di stabilire la libertà e la sicurtà della Corsi-

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travano armatamente nelle case dei particolari addettialla Francia, ed anche di quelli che amavano l'Inghilter-ra, minacciando, ed ogni cosa rubando. Il male già gravein se, induceva ogni giorno maggior timore; alcuni giàgridavano apertamente il nome di Francia. Nè la malariuscita delle armi navali Francesi nel Mediterraneo ave-va potuto moderare questi umori già mossi; che anzimescolandosi la pervicacia del continuare all'animositàdel cominciare, si temeva una turbazione universale, seprontamente non vi si provvedesse. Per la qual cosa ilvicerè Elliot, avvisato prima diligentemente in Inghilter-ra quanto occorreva, mandò fuori un bando esortatorio.Rammentava i benefizj dell'Inghilterra; avere liberato iCorsi dall'anarchìa e da un truculento dominio; col pro-prio sangue aver loro conservato quel quieto e libero vi-vere; sopperire col denaro proprio alle spese più gravi;soldati Corsi pagarsi da lei; l'arsenale d'Ajaccio da leifornirsi; inviolata essere in Corsica la libertà delle per-sone, sacre ed inviolate le proprietà; il mare libero allenavi mercè la tutela del naviglio Inglese; la religione an-tica rispettata, trattarsi con la santità del papa nuovi or-dinamenti al bene universale molto utili; tutto presagire,tutto promettere un buono e facile ordine di governo:che voler dunque significare questi umori, e questa tur-bolenza nuova? Badassero a non corrompere coi tumultiil bene universale; badassero che ove la licenza regna inluogo della legge, ivi non son più sicure nè le proprietà,nè le vite; badassero quanto imprudente fosse, quandoera il tempo di stabilire la libertà e la sicurtà della Corsi-

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ca, spargere semi di nuovi travaglj, che potevano aprirl'adito a farla ritornare nella servitù di un nemico arrab-biato e vicino; volere un governo senza tasse, esserestoltizia; doversi meno lagnar la Corsica di altri popoli,poichè l'Inghilterra suppliva del suo, ed i rappresentanticonsentivano; ricordassersi della fede data, del giura-mento fatto; avere più compassione che sdegno ai tra-viati, preferire l'ammonizione alla punizione; ascoltereb-be ogni giusta querela, farebbe ragione ad ogni discretadomanda, ma non sarebbe mai per tollerare, che la vio-lenza prevalesse alla legge, nè che fossero offesi in Cor-sica la dignità della corona, ed i diritti constituiti del re.Queste esortazioni non restarono senza effetto, non giàsulle popolazioni mosse, perchè a popolo mosso bisognaparlar co' fatti, non con le parole, ma bensì su quelled'oltremonti, che eleggevano volentieri di stare sottol'imperio d'Inghilterra. Laonde, ordinate alcune squadredi soldati subitarj, furono mandate ad ajutare nelle pievilicenziose le esortazioni del vicerè. Oltre a tutto questoPaoli, o cagione, o pretesto che fosse di questi romori,fu chiamato in Inghilterra dal re, il quale, perchè la chia-mata fosse più onesta, gli aveva scritto, la presenza suain Corsica fare i suoi amici troppo animosi; se ne venis-se pertanto a respirare aere più tranquillo in Londra; ri-munererebbe la fede sua, metterebbelo a parte della pro-pria famiglia. Paoli, obbediendo all'invitazione, se negiva a Londra, trattenutovi con due mila lire di sterliniall'anno. Visse sino all'ultimo più accarezzato che onora-

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ca, spargere semi di nuovi travaglj, che potevano aprirl'adito a farla ritornare nella servitù di un nemico arrab-biato e vicino; volere un governo senza tasse, esserestoltizia; doversi meno lagnar la Corsica di altri popoli,poichè l'Inghilterra suppliva del suo, ed i rappresentanticonsentivano; ricordassersi della fede data, del giura-mento fatto; avere più compassione che sdegno ai tra-viati, preferire l'ammonizione alla punizione; ascoltereb-be ogni giusta querela, farebbe ragione ad ogni discretadomanda, ma non sarebbe mai per tollerare, che la vio-lenza prevalesse alla legge, nè che fossero offesi in Cor-sica la dignità della corona, ed i diritti constituiti del re.Queste esortazioni non restarono senza effetto, non giàsulle popolazioni mosse, perchè a popolo mosso bisognaparlar co' fatti, non con le parole, ma bensì su quelled'oltremonti, che eleggevano volentieri di stare sottol'imperio d'Inghilterra. Laonde, ordinate alcune squadredi soldati subitarj, furono mandate ad ajutare nelle pievilicenziose le esortazioni del vicerè. Oltre a tutto questoPaoli, o cagione, o pretesto che fosse di questi romori,fu chiamato in Inghilterra dal re, il quale, perchè la chia-mata fosse più onesta, gli aveva scritto, la presenza suain Corsica fare i suoi amici troppo animosi; se ne venis-se pertanto a respirare aere più tranquillo in Londra; ri-munererebbe la fede sua, metterebbelo a parte della pro-pria famiglia. Paoli, obbediendo all'invitazione, se negiva a Londra, trattenutovi con due mila lire di sterliniall'anno. Visse sino all'ultimo più accarezzato che onora-

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to. Così finì Pasquale Paoli nome riverito nella storia, eche sarebbe molto più, se non fosse nata la rivoluzionedi Francia. Imperciocchè a lui furono più gloriose le di-sgrazie che le prosperità, e l'integrità del suo nome inco-minciò a restare offesa, quando consentì ad essere ripa-triato dalla Francia, e molto più quando volle sottomet-tere la patria all'Inghilterra; e poichè era fisso là dondeogni accidente umano procede che la Corsica avesse adessere, non di se stessa, ma o Francese o Inglese, era ri-chiesto a Paoli, che nè accettasse il benefizio di Francia,nè servisse ai disegni d'Inghilterra. Tanto è vero, che adalcuni uomini è più glorioso il riposare, che il travagliar-si! Ma volle il destino, che questo illustre Corso servissedi nuova ammonizione a coloro, che o per ambizione, oper l'amore scelerato delle parti sottomettono la patrialoro agli strani; perchè il minor male che si abbiano, è ilsospetto di coloro, a cui hanno servito.Gli avvertimenti del vicerè, le mosse dei soldati Corsi aisoldi d'Inghilterra, la partenza di Paoli, ed insieme i be-nigni ordini venuti da Londra furono di tanta efficacia,che i comuni sollevati, fra gli altri massimamente quellidi Ajaccio e di Mezzana più ostinati, deposte le armi,tornarono all'obbedienza. Così fu ristorata, se non laconcordia, almeno la pace in Corsica, non sì però, cheper l'infezione delle parti non vi fossero molti mali semi,che avevano a partorire fra breve effetti notabili a pre-giudizio degl'Inglesi in quell'isola.Qualche moto anche accadde a questi tempi in Sarde-

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to. Così finì Pasquale Paoli nome riverito nella storia, eche sarebbe molto più, se non fosse nata la rivoluzionedi Francia. Imperciocchè a lui furono più gloriose le di-sgrazie che le prosperità, e l'integrità del suo nome inco-minciò a restare offesa, quando consentì ad essere ripa-triato dalla Francia, e molto più quando volle sottomet-tere la patria all'Inghilterra; e poichè era fisso là dondeogni accidente umano procede che la Corsica avesse adessere, non di se stessa, ma o Francese o Inglese, era ri-chiesto a Paoli, che nè accettasse il benefizio di Francia,nè servisse ai disegni d'Inghilterra. Tanto è vero, che adalcuni uomini è più glorioso il riposare, che il travagliar-si! Ma volle il destino, che questo illustre Corso servissedi nuova ammonizione a coloro, che o per ambizione, oper l'amore scelerato delle parti sottomettono la patrialoro agli strani; perchè il minor male che si abbiano, è ilsospetto di coloro, a cui hanno servito.Gli avvertimenti del vicerè, le mosse dei soldati Corsi aisoldi d'Inghilterra, la partenza di Paoli, ed insieme i be-nigni ordini venuti da Londra furono di tanta efficacia,che i comuni sollevati, fra gli altri massimamente quellidi Ajaccio e di Mezzana più ostinati, deposte le armi,tornarono all'obbedienza. Così fu ristorata, se non laconcordia, almeno la pace in Corsica, non sì però, cheper l'infezione delle parti non vi fossero molti mali semi,che avevano a partorire fra breve effetti notabili a pre-giudizio degl'Inglesi in quell'isola.Qualche moto anche accadde a questi tempi in Sarde-

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gna, principalmente in Sassari, città vicina alla Corsica.Il popolo sollevato domandava gli stamenti, che nonsono altro che gli stati generali di Sardegna; domandavai privilegj conceduti dai re d'Aragona, domandava i pattigiurati nel 1720. Capi e guidatori di questo moto eranoGoveano Fadda, Giovacchino Mundula, e principalmen-te il cavaliere Angioi, uomo tanto più vicino alla virtùmodesta degli antichi, quanto più lontano dalla virtùvantatrice dei moderni. Sassari mandò i suoi deputati aTorino, perchè, moderatamente procedendo, i diritti ed idesiderj dei Sardi al re rappresentassero. Dieronsi ai de-putati buone parole, e forse qualche cosa più che buoneparole. La missione loro non partorì frutto, e se ne parti-rono disconclusi. Intanto furono i tumulti di leggieri se-dati, componendosi di nuovo il vivere nella solita quietecon grande contentezza del re, che molto mal volentieriaveva veduto contaminarsi la difesa di Cagliari dallesollevazioni di Sassari. Fadda, Mundula, ed Angioi siposero con la fuga in salvo.In questo mezzo tempo si udirono importantissime no-velle da Basilea, essere la Spagna, partendosi dalla con-federazione, condescesa il dì ventidue luglio alla pacecon la repubblica Francese; il quale accidente tanta effi-cacia doveva avere in Italia, principalmente negli statidel re di Sardegna, quanta ne aveva avuto negli affari diGermania, e principalmente in quei dell'Austria, la paceconchiusa tra la Francia e la Prussia; i repubblicani vin-citori dei Pirenei potevano facilmente voltarsi contro

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gna, principalmente in Sassari, città vicina alla Corsica.Il popolo sollevato domandava gli stamenti, che nonsono altro che gli stati generali di Sardegna; domandavai privilegj conceduti dai re d'Aragona, domandava i pattigiurati nel 1720. Capi e guidatori di questo moto eranoGoveano Fadda, Giovacchino Mundula, e principalmen-te il cavaliere Angioi, uomo tanto più vicino alla virtùmodesta degli antichi, quanto più lontano dalla virtùvantatrice dei moderni. Sassari mandò i suoi deputati aTorino, perchè, moderatamente procedendo, i diritti ed idesiderj dei Sardi al re rappresentassero. Dieronsi ai de-putati buone parole, e forse qualche cosa più che buoneparole. La missione loro non partorì frutto, e se ne parti-rono disconclusi. Intanto furono i tumulti di leggieri se-dati, componendosi di nuovo il vivere nella solita quietecon grande contentezza del re, che molto mal volentieriaveva veduto contaminarsi la difesa di Cagliari dallesollevazioni di Sassari. Fadda, Mundula, ed Angioi siposero con la fuga in salvo.In questo mezzo tempo si udirono importantissime no-velle da Basilea, essere la Spagna, partendosi dalla con-federazione, condescesa il dì ventidue luglio alla pacecon la repubblica Francese; il quale accidente tanta effi-cacia doveva avere in Italia, principalmente negli statidel re di Sardegna, quanta ne aveva avuto negli affari diGermania, e principalmente in quei dell'Austria, la paceconchiusa tra la Francia e la Prussia; i repubblicani vin-citori dei Pirenei potevano facilmente voltarsi contro

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l'Italia per farvi preponderare le forze Francesi. Mossipoi anche i Parigini reggitori da quel loro perpetuo ap-petito d'invadere l'Italia, col diventar padroni del Pie-monte per la pace, del Milanese per la guerra, erano statioperatori, che s'inserisse nel trattato con la Spagna il ca-pitolo, che la repubblica Francese in segno d'amiciziaverso il re Cattolico, accetterebbe la sua mediazione afavore del regno di Portogallo, del re di Napoli, del re diSardegna, dell'infante duca di Parma, e degli altri statid'Italia, a fine di concordia tra la repubblica e questiprincipi. Ulloa, ministro di Spagna a Torino, fece l'uffi-cio, profferendosi a mediatore tra la repubblica, ed il reVittorio. Offeriva la conservazione, e la guarentigia deiproprj stati, se consentisse a starsene neutrale, e a dar ilpasso ai Francesi verso l'Italia. Offeriva la possessionedel Milanese, se si risolvesse a collegarsi con la repub-blica. Mescolaronsi al solito speranze di acquisti di ter-ritorj più contigui, se cedesse l'isola di Sardegna allaFrancia. Udiva il re Vittorio molto sdegnosamente leproposizioni della Spagna, e sulle prime dichiarò, volercontinuare nell'alleanza con l'Austria. Ma poichè fu piùpacatamente considerata la cosa, o che s'inclinasse aipatti, o che solo si volesse aver sembianza d'inclinarvi,si convocò il consiglio, al quale furono chiamati moltiuomini prudenti, ed altri assai pratichi delle militari fac-cende. Erano per deliberare intorno ad un soggetto gra-vissimo, e da cui dipendeva questo punto, se il Piemonteavesse a conservare la signorìa di se medesimo, o di ca-dere in servitù di forestieri. Era presente a questo consi-

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l'Italia per farvi preponderare le forze Francesi. Mossipoi anche i Parigini reggitori da quel loro perpetuo ap-petito d'invadere l'Italia, col diventar padroni del Pie-monte per la pace, del Milanese per la guerra, erano statioperatori, che s'inserisse nel trattato con la Spagna il ca-pitolo, che la repubblica Francese in segno d'amiciziaverso il re Cattolico, accetterebbe la sua mediazione afavore del regno di Portogallo, del re di Napoli, del re diSardegna, dell'infante duca di Parma, e degli altri statid'Italia, a fine di concordia tra la repubblica e questiprincipi. Ulloa, ministro di Spagna a Torino, fece l'uffi-cio, profferendosi a mediatore tra la repubblica, ed il reVittorio. Offeriva la conservazione, e la guarentigia deiproprj stati, se consentisse a starsene neutrale, e a dar ilpasso ai Francesi verso l'Italia. Offeriva la possessionedel Milanese, se si risolvesse a collegarsi con la repub-blica. Mescolaronsi al solito speranze di acquisti di ter-ritorj più contigui, se cedesse l'isola di Sardegna allaFrancia. Udiva il re Vittorio molto sdegnosamente leproposizioni della Spagna, e sulle prime dichiarò, volercontinuare nell'alleanza con l'Austria. Ma poichè fu piùpacatamente considerata la cosa, o che s'inclinasse aipatti, o che solo si volesse aver sembianza d'inclinarvi,si convocò il consiglio, al quale furono chiamati moltiuomini prudenti, ed altri assai pratichi delle militari fac-cende. Erano per deliberare intorno ad un soggetto gra-vissimo, e da cui dipendeva questo punto, se il Piemonteavesse a conservare la signorìa di se medesimo, o di ca-dere in servitù di forestieri. Era presente a questo consi-

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glio il marchese Silva, figliuolo di uno Spagnuolo, con-sole di Spagna a Livorno. Pratico delle cose del mondoper molti viaggi in Europa, massimamente in Russia,dove era stato veduto amorevolmente dall'imperatriceElisabetta, pratico delle cose militari per lungo studio edesperienza, avendo anche scritto trattati sull'arte dellaguerra, condottosi finalmente agli stipendj della Sarde-gna, era il marchese da tutti stimato e riverito. Chiestodel suo parere in sì pericoloso caso, parlò, con singolarefranchezza, in questi termini:

«Io fui più volte interrogato su quanto tocca que-sta infelice guerra, e sempre quanto risposi fu datutti contrastato, da molti in sinistra parte voltato,da alcuni tenuto a vile, come se la malaugurosaCassandra, sempre veritiera e non creduta mai, iomi fossi; e certamente qualunque sia il momentodella presente occorrenza, che è grandissimo, anziestremo, a tutt'altra cosa io avrei pensato primache a questa, ch'io dovessi di nuovo del mio con-siglio essere ricerco. Ma comunque ciò sia, equantunque io avessi ad essere o poco grato ad al-cuni, o calunniato da altri, non voglio in questodel mio debito mancare verso chi mi chiama, ver-so quel signore ch'io adoro, verso quella patria,che per mia, come se nato ed educato vi fossi, vo-lonterosamente mi scelsi. E prima ch'io d'altrecose mi discorra, voglio su questo primo princi-pio insistere, che una nazione, che libera vuol es-sere, libera sarà, e che contro di lei niuno impedi-mento è che prevalga; che se poi questa nazione

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glio il marchese Silva, figliuolo di uno Spagnuolo, con-sole di Spagna a Livorno. Pratico delle cose del mondoper molti viaggi in Europa, massimamente in Russia,dove era stato veduto amorevolmente dall'imperatriceElisabetta, pratico delle cose militari per lungo studio edesperienza, avendo anche scritto trattati sull'arte dellaguerra, condottosi finalmente agli stipendj della Sarde-gna, era il marchese da tutti stimato e riverito. Chiestodel suo parere in sì pericoloso caso, parlò, con singolarefranchezza, in questi termini:

«Io fui più volte interrogato su quanto tocca que-sta infelice guerra, e sempre quanto risposi fu datutti contrastato, da molti in sinistra parte voltato,da alcuni tenuto a vile, come se la malaugurosaCassandra, sempre veritiera e non creduta mai, iomi fossi; e certamente qualunque sia il momentodella presente occorrenza, che è grandissimo, anziestremo, a tutt'altra cosa io avrei pensato primache a questa, ch'io dovessi di nuovo del mio con-siglio essere ricerco. Ma comunque ciò sia, equantunque io avessi ad essere o poco grato ad al-cuni, o calunniato da altri, non voglio in questodel mio debito mancare verso chi mi chiama, ver-so quel signore ch'io adoro, verso quella patria,che per mia, come se nato ed educato vi fossi, vo-lonterosamente mi scelsi. E prima ch'io d'altrecose mi discorra, voglio su questo primo princi-pio insistere, che una nazione, che libera vuol es-sere, libera sarà, e che contro di lei niuno impedi-mento è che prevalga; che se poi questa nazione

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fia grande, fia generosa, fia guerriera, acquisteràper questa medesima libertà tale forza, tale gran-dezza, tale potenza, che sotto il suo dominio, odalmeno sotto le sue leggi tutti i suoi vicini ridurrà.Ora, in nome di Dio, di che si tratta nella presentecontroversia, se non se di accettar queste leggionorevolmente, o di subirle ignominiosamente? equale esitazione può essere, quale dubbio può ca-dere, quando si va a scerre tra un amico, forse unpo' insolente, ed un nemico certamente irritato esuperbo? Come un uomo prudente potrà stare inpendente, massimamente considerando la fededubbia di un alleato, piuttosto invasore delle no-stre province, che difenditore, cagione piuttostodella rovina di questo stato, che preservatore dellasua salvezza? Conciossiachè, se son rotte d'ogniintorno con ispaventevole fracasso le difese diquesto una volta felicissimo e securissimo regno,se la tempesta è pronta a scagliarsi nelle fertilipianure del nostro bel Piemonte, se già le fortezzevacillano, se già gli animi stan dubbj, se già lospavento universale un eccidio universale prenun-zia, se già l'Italia trema all'apparenza di un fune-sto avvenire, a chi deonsi tante calamità riferire, achi sentirne obbligo, se non se a questo medesimoambizioso, e poco fedele alleato? V'accese conincentivi subdoli, v'ingannò con sussidj insuffi-cienti. Sovvengavi, signori, di quanto io già vidissi, ed evidentemente altre volte dimostrai, cheove i Francesi riusciti sono a far fondamento delleoperazioni loro una linea, che dal fianco orientale

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fia grande, fia generosa, fia guerriera, acquisteràper questa medesima libertà tale forza, tale gran-dezza, tale potenza, che sotto il suo dominio, odalmeno sotto le sue leggi tutti i suoi vicini ridurrà.Ora, in nome di Dio, di che si tratta nella presentecontroversia, se non se di accettar queste leggionorevolmente, o di subirle ignominiosamente? equale esitazione può essere, quale dubbio può ca-dere, quando si va a scerre tra un amico, forse unpo' insolente, ed un nemico certamente irritato esuperbo? Come un uomo prudente potrà stare inpendente, massimamente considerando la fededubbia di un alleato, piuttosto invasore delle no-stre province, che difenditore, cagione piuttostodella rovina di questo stato, che preservatore dellasua salvezza? Conciossiachè, se son rotte d'ogniintorno con ispaventevole fracasso le difese diquesto una volta felicissimo e securissimo regno,se la tempesta è pronta a scagliarsi nelle fertilipianure del nostro bel Piemonte, se già le fortezzevacillano, se già gli animi stan dubbj, se già lospavento universale un eccidio universale prenun-zia, se già l'Italia trema all'apparenza di un fune-sto avvenire, a chi deonsi tante calamità riferire, achi sentirne obbligo, se non se a questo medesimoambizioso, e poco fedele alleato? V'accese conincentivi subdoli, v'ingannò con sussidj insuffi-cienti. Sovvengavi, signori, di quanto io già vidissi, ed evidentemente altre volte dimostrai, cheove i Francesi riusciti sono a far fondamento delleoperazioni loro una linea, che dal fianco orientale

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dell'Alpi partendo, va a dar negli Apennini,l'importantissima barriera dei monti, e delle for-tezze è superata, ed il Piemonte privo de' suoi ri-pari, circondato, investito da tutti i lati senza dife-sa ridotti, si trova vicino ad una ruina inevitabile.Io dimostrai al re, quando mandommi a visitar iluoghi, che questa linea dalle Viosene insino aToirano è insuperabile; poichè le creste dei montiper Termini ed il Galletto sino a Balestrino sonodel tutto inaccessibili; che se spuntar si volessedal Carlino, entrerebbe l'esercito in una gran fon-dura tra questo luogo appunto, e la contea di Niz-za, dove lo sforzo di cinquanta mila combattentisarebbe ed inutile contro il nemico, e fatale perloro. Nè migliore speranza si avrebbe, se dalla de-stra parte verso il Ceriale entrar si volesse, poichèi Francesi ad una seconda posizione preparata ri-tirandosi, e noi sappiamo che quattro fino a Venti-miglia le une più forti delle altre ne hanno, sem-pre potranno a posta loro, poichè occupano le piùalte cime, dai luoghi più alti ai più bassi calare, econseguentemente senza ostacolo nessuno, nelcuore stesso del Piemonte penetrare. Odo, che voiavete speranza nell'esercito vostro: ma l'esercito,sebbene per valore a nissuno sia secondo, già de-bole per se, ed indebolito per tante morti, a malapena potrà bastare a presidiar la città capitale, ose indugiasse a ricoverarvisi, investito sui fianchi,circondato, e tagliato fuori dalle colonne Francesipartite da tutti i punti della circonferenza dalla ri-viera di Genova, e dalla valle del Tanaro sino alla

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dell'Alpi partendo, va a dar negli Apennini,l'importantissima barriera dei monti, e delle for-tezze è superata, ed il Piemonte privo de' suoi ri-pari, circondato, investito da tutti i lati senza dife-sa ridotti, si trova vicino ad una ruina inevitabile.Io dimostrai al re, quando mandommi a visitar iluoghi, che questa linea dalle Viosene insino aToirano è insuperabile; poichè le creste dei montiper Termini ed il Galletto sino a Balestrino sonodel tutto inaccessibili; che se spuntar si volessedal Carlino, entrerebbe l'esercito in una gran fon-dura tra questo luogo appunto, e la contea di Niz-za, dove lo sforzo di cinquanta mila combattentisarebbe ed inutile contro il nemico, e fatale perloro. Nè migliore speranza si avrebbe, se dalla de-stra parte verso il Ceriale entrar si volesse, poichèi Francesi ad una seconda posizione preparata ri-tirandosi, e noi sappiamo che quattro fino a Venti-miglia le une più forti delle altre ne hanno, sem-pre potranno a posta loro, poichè occupano le piùalte cime, dai luoghi più alti ai più bassi calare, econseguentemente senza ostacolo nessuno, nelcuore stesso del Piemonte penetrare. Odo, che voiavete speranza nell'esercito vostro: ma l'esercito,sebbene per valore a nissuno sia secondo, già de-bole per se, ed indebolito per tante morti, a malapena potrà bastare a presidiar la città capitale, ose indugiasse a ricoverarvisi, investito sui fianchi,circondato, e tagliato fuori dalle colonne Francesipartite da tutti i punti della circonferenza dalla ri-viera di Genova, e dalla valle del Tanaro sino alla

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Torinese Stura, alcun rimedio più non avrebbealla sua salute. Tutte queste cose non possono pa-rer dubbie, se non a coloro che o i luoghi non co-noscono, o quanto sia debole l'esercito, quantopenuriose le finanze, quanto potenti i semi dellaribellione non sanno. Veggono alcuni più parzialiche prudenti uomini, con gli occhi loro abbacina-ti, scender continuamente dal Tirolo in ajuto delPiemonte ora quaranta, ora sessanta mila Tede-schi. Ma volesse pur Dio, che questa gente armataavesse più corpo in terra, che chimera od ombranella fantasìa di certi consiglieri ardenti: la fama èoramai troppo lunga, perchè l'ajuto sia vero. Cer-tamente fallace consiglio sarebbe il promettersiqualche cosa dalle vane speranze, dalle esagera-zioni lusinghiere, dalle promesse ingannevoli del-la corte di Vienna. Ma che dico? Quando i fattiparlano, qual bisogno v'è di parole? Non fu stipu-lato nel trattato di Valenziana, che gli Austriacisolamente combatterebbero nella pianura? Igno-rate voi forse gli ordini dati agli imperiali capi dinon mettersi senza grande occasione in potestàdella fortuna, di tenersi grossi, di usare moderata-mente i soldati, di serbargli interi per la difesadella Lombardìa? Non disselo a chiare note, nonpredicollo apertamente a me e ad altri Devins me-desimo? Voi potete a grado vostro dire, che la di-fesa della Lombardìa è in Piemonte, poichè ciòera vero, or son due anni, e non è più vero oggidì,perchè le Alpi son perdute, gli Apennini invasi, lapianura aperta, e voi state qui deliberando paven-

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Torinese Stura, alcun rimedio più non avrebbealla sua salute. Tutte queste cose non possono pa-rer dubbie, se non a coloro che o i luoghi non co-noscono, o quanto sia debole l'esercito, quantopenuriose le finanze, quanto potenti i semi dellaribellione non sanno. Veggono alcuni più parzialiche prudenti uomini, con gli occhi loro abbacina-ti, scender continuamente dal Tirolo in ajuto delPiemonte ora quaranta, ora sessanta mila Tede-schi. Ma volesse pur Dio, che questa gente armataavesse più corpo in terra, che chimera od ombranella fantasìa di certi consiglieri ardenti: la fama èoramai troppo lunga, perchè l'ajuto sia vero. Cer-tamente fallace consiglio sarebbe il promettersiqualche cosa dalle vane speranze, dalle esagera-zioni lusinghiere, dalle promesse ingannevoli del-la corte di Vienna. Ma che dico? Quando i fattiparlano, qual bisogno v'è di parole? Non fu stipu-lato nel trattato di Valenziana, che gli Austriacisolamente combatterebbero nella pianura? Igno-rate voi forse gli ordini dati agli imperiali capi dinon mettersi senza grande occasione in potestàdella fortuna, di tenersi grossi, di usare moderata-mente i soldati, di serbargli interi per la difesadella Lombardìa? Non disselo a chiare note, nonpredicollo apertamente a me e ad altri Devins me-desimo? Voi potete a grado vostro dire, che la di-fesa della Lombardìa è in Piemonte, poichè ciòera vero, or son due anni, e non è più vero oggidì,perchè le Alpi son perdute, gli Apennini invasi, lapianura aperta, e voi state qui deliberando paven-

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tosi, e dubbj se vi sia possibile difendere la realTorino, e l'antico trono di questi principi giustissi-mi. Che se voi persistete a dire che in Piemonte èla difesa della Lombardìa, potrebbero a giusta ra-gione rispondervi i generali dell'Austria, che es-sendo oramai il Piemonte privo di difesa, sel'esercito loro si ostinasse a volerlo difendere perritardar qualche tempo l'invasione della Lombar-dìa, correrebbe pericolo esso medesimo di essertagliato fuori dal Milanese, e che per tal modo laLombardìa stessa, l'esercito destinato a difender-la, ed il Piemonte con loro, sarebbero ad uno emedesimo tempo senz'alcuna speranza di poter ri-sorgere perduti, e l'Italia a servil giogo posta. Noncombatte l'uomo col medesimo valore quando di-fende le cose altrui, come quando difende le pro-prie. Di ciò debbonvi avervi fatti avvertiti gli Au-striaci, quando già sì mollemente in ajuto vostrocombatterono in casi, in cui ci andava o la speran-za del conquistare, o la sicurtà loro. Eppure eranoallora le forze vostre in essere, ora son prostrate;od io a gran partito m'inganno, od alle prime mos-se dei Francesi verso Genova, voi vedrete questimedesimi Austriaci correre precipitosamente ver-so la Lombardìa, ed in preda al vincitore abban-donarvi, senza neppur lasciare un soldato in ajutovostro di quel già sì debole e sì estenuato esercitoausiliario, che l'imperatore si è obbligato a man-darvi.

«Adunque, essendo tutte le difese dello stato od

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tosi, e dubbj se vi sia possibile difendere la realTorino, e l'antico trono di questi principi giustissi-mi. Che se voi persistete a dire che in Piemonte èla difesa della Lombardìa, potrebbero a giusta ra-gione rispondervi i generali dell'Austria, che es-sendo oramai il Piemonte privo di difesa, sel'esercito loro si ostinasse a volerlo difendere perritardar qualche tempo l'invasione della Lombar-dìa, correrebbe pericolo esso medesimo di essertagliato fuori dal Milanese, e che per tal modo laLombardìa stessa, l'esercito destinato a difender-la, ed il Piemonte con loro, sarebbero ad uno emedesimo tempo senz'alcuna speranza di poter ri-sorgere perduti, e l'Italia a servil giogo posta. Noncombatte l'uomo col medesimo valore quando di-fende le cose altrui, come quando difende le pro-prie. Di ciò debbonvi avervi fatti avvertiti gli Au-striaci, quando già sì mollemente in ajuto vostrocombatterono in casi, in cui ci andava o la speran-za del conquistare, o la sicurtà loro. Eppure eranoallora le forze vostre in essere, ora son prostrate;od io a gran partito m'inganno, od alle prime mos-se dei Francesi verso Genova, voi vedrete questimedesimi Austriaci correre precipitosamente ver-so la Lombardìa, ed in preda al vincitore abban-donarvi, senza neppur lasciare un soldato in ajutovostro di quel già sì debole e sì estenuato esercitoausiliario, che l'imperatore si è obbligato a man-darvi.

«Adunque, essendo tutte le difese dello stato od

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in mano del nemico, od in pericolo di cadervi, legenti nostre diminuite di numero e di animo,l'alleato poco fedele, e piuttosto della salute suache della nostra sollecito, nè potendo le nostre ne-cessità aspettare la tardità dei rimedj che si prepa-rano, io porto opinione, che la pace sia assai piùsicura della guerra, ed alla pace vi conforto, e lachiamo, e la bramo ora che le forze, che ancor virestano, ve la possono dare onorevole e sicura;che se aspettate l'ultima necessità, fia la pace in-fame, fia distruttiva, fia congiunta con servitù in-tiera ed insopportabile. Se altro partito miglior diquesto vi sovviene, avrei caro udirlo; ma qualun-que ei sia, non istate più indugiando, che il tempopressa, l'occasione fugge, il pericolo sovrasta. Orvi spiri benigno il cielo, e vi faccia deliberar sana-mente a salvazione del generoso Piemonte, ed apreservazione della nobile Italia».

Questo discorso porto da un uomo pratico di guerra, dinatura molto veridica, congiunto di amicizia col genera-le Austriaco Strasoldo, fece non poco effetto negli animidei circostanti, dei quali una parte inclinava agli accordiquantunque tutti avessero la volontà aliena dai Francesi.Ma sorse a contrastar questa inclinazione alla pace ilmarchese d'Albarey, il quale, sebbene fosse d'indole pa-cifica e d'animo temperato, essendo stato operatore deltrattato di Valenziana, e fondandosi sulle considerazionipolitiche, opinava, doversi nella guerra e nella fede dataall'Austria perseverare.

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in mano del nemico, od in pericolo di cadervi, legenti nostre diminuite di numero e di animo,l'alleato poco fedele, e piuttosto della salute suache della nostra sollecito, nè potendo le nostre ne-cessità aspettare la tardità dei rimedj che si prepa-rano, io porto opinione, che la pace sia assai piùsicura della guerra, ed alla pace vi conforto, e lachiamo, e la bramo ora che le forze, che ancor virestano, ve la possono dare onorevole e sicura;che se aspettate l'ultima necessità, fia la pace in-fame, fia distruttiva, fia congiunta con servitù in-tiera ed insopportabile. Se altro partito miglior diquesto vi sovviene, avrei caro udirlo; ma qualun-que ei sia, non istate più indugiando, che il tempopressa, l'occasione fugge, il pericolo sovrasta. Orvi spiri benigno il cielo, e vi faccia deliberar sana-mente a salvazione del generoso Piemonte, ed apreservazione della nobile Italia».

Questo discorso porto da un uomo pratico di guerra, dinatura molto veridica, congiunto di amicizia col genera-le Austriaco Strasoldo, fece non poco effetto negli animidei circostanti, dei quali una parte inclinava agli accordiquantunque tutti avessero la volontà aliena dai Francesi.Ma sorse a contrastar questa inclinazione alla pace ilmarchese d'Albarey, il quale, sebbene fosse d'indole pa-cifica e d'animo temperato, essendo stato operatore deltrattato di Valenziana, e fondandosi sulle considerazionipolitiche, opinava, doversi nella guerra e nella fede dataall'Austria perseverare.

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«Sono, ei disse, più che qualunque altra azioneumana all'arbitrio della fortuna sottoposte le mili-tari fazioni; le politiche cose altre variazioni nonfanno, se non quelle che suole indurre la prepo-tente forza dell'armi. Della quale differenza la ca-gione si è, che le prime pendono intieramente daicasi fortuiti e dal coraggio degli uomini sempresoggetto a spaventi inopinati, mentre le secondestanno fondate sulle umane passioni, le quali sonosempre in tutti i luoghi ed in tutti i tempi le mede-sime. Infatti si vede che la guerra mette spesso infondo i più potenti, i più gloriosi reami, mentrequelli che alla ragione di stato prudentemente siconformano, vivono tutto quel corso di vita chedalla natura alle opere umane è concesso. Ha laforza in se non so che di cieco e di disadatto, chela fa dar negli scogli e nelle ruine; ha la prudenza,figliuola della cognizione vera delle umane pas-sioni, in se non so che di disinvolto e di sguizzan-te, che fa che chi la segue schivi gli ostacoli, eviva eterno. Propone il marchese Silva che si fac-cia la pace, perchè, come crede, non si può più farla guerra; chiama l'Austria infedele; è confortato-re, che il re si fidi nella repubblica Francese, laquale, sebbene ora faccia certe dimostrazioni incontrario, è pure la nemica naturale e terribile ditutti i re. Ma sul bel principio del mio favellare, esu di questo medesimo argomento di guerra insi-stendo, di cui tanto è il mio avversario perito, iodomando a lui, quale dei due eserciti sia più gros-so, o del nostro congiunto alle genti Austriache, o

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«Sono, ei disse, più che qualunque altra azioneumana all'arbitrio della fortuna sottoposte le mili-tari fazioni; le politiche cose altre variazioni nonfanno, se non quelle che suole indurre la prepo-tente forza dell'armi. Della quale differenza la ca-gione si è, che le prime pendono intieramente daicasi fortuiti e dal coraggio degli uomini sempresoggetto a spaventi inopinati, mentre le secondestanno fondate sulle umane passioni, le quali sonosempre in tutti i luoghi ed in tutti i tempi le mede-sime. Infatti si vede che la guerra mette spesso infondo i più potenti, i più gloriosi reami, mentrequelli che alla ragione di stato prudentemente siconformano, vivono tutto quel corso di vita chedalla natura alle opere umane è concesso. Ha laforza in se non so che di cieco e di disadatto, chela fa dar negli scogli e nelle ruine; ha la prudenza,figliuola della cognizione vera delle umane pas-sioni, in se non so che di disinvolto e di sguizzan-te, che fa che chi la segue schivi gli ostacoli, eviva eterno. Propone il marchese Silva che si fac-cia la pace, perchè, come crede, non si può più farla guerra; chiama l'Austria infedele; è confortato-re, che il re si fidi nella repubblica Francese, laquale, sebbene ora faccia certe dimostrazioni incontrario, è pure la nemica naturale e terribile ditutti i re. Ma sul bel principio del mio favellare, esu di questo medesimo argomento di guerra insi-stendo, di cui tanto è il mio avversario perito, iodomando a lui, quale dei due eserciti sia più gros-so, o del nostro congiunto alle genti Austriache, o

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di quello del nemico, solo esposto a tutto lo sfor-zo degli alleati? Certamente, qual uomo sincero,qual egli è, sarà per rispondere, il nostro. E se glidomando, s'ei crede che per la congiunzione dellegenti de' Pirenei, il Francese diventi più potentedel confederato ingrossato per la giunta di nuovegenti Tedesche, certo ancora ei risponderà, noncredere; poichè e i Pirenei saran pure da guardar-si; e la pace con la Spagna non sarà senza sospet -to. Finalmente se io gli domando, s'egli stima iFrancesi più valorosi dei Piemontesi, o più degliAustriaci, certo sono ch'ei risponderà, non istima-re. Dove vanno dunque a ferire queste instantiquerele, che voglion significare questi predicatispaventi? Sono i Francesi padroni delle cime deimonti! E siano, e s'arrovellin pure per la fame,per la miseria, per la intemperie in que' luoghi al-pestri e selvaggi; che se hanno i gioghi, e' nonhanno i passi, e non vedo che alcuna fortezza va-cilli, non che sia in mano loro, ed il penetrar inPiemonte con le fortezze nimichevoli a ridosso,sarebbe pei Francesi stoltizia, piuttosto che corag-gio, sarebbe caso più desiderabile per noi, chespaventoso; che anche quì il valor Piemontese edAustriaco affrontolli, ed anche quì biancheggianoancora i campi delle Francesi ossa prostrate inbattaglie giuste da queste stesse mani, da questestesse armi, che ora contro la rabbia loro difendo-no l'appetita Italia. Nè so restar capace, come sipossa accagionare la fede, od il valore delle gentiTedesche. Sanlo Savona e San Giacomo, sanlo

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di quello del nemico, solo esposto a tutto lo sfor-zo degli alleati? Certamente, qual uomo sincero,qual egli è, sarà per rispondere, il nostro. E se glidomando, s'ei crede che per la congiunzione dellegenti de' Pirenei, il Francese diventi più potentedel confederato ingrossato per la giunta di nuovegenti Tedesche, certo ancora ei risponderà, noncredere; poichè e i Pirenei saran pure da guardar-si; e la pace con la Spagna non sarà senza sospet -to. Finalmente se io gli domando, s'egli stima iFrancesi più valorosi dei Piemontesi, o più degliAustriaci, certo sono ch'ei risponderà, non istima-re. Dove vanno dunque a ferire queste instantiquerele, che voglion significare questi predicatispaventi? Sono i Francesi padroni delle cime deimonti! E siano, e s'arrovellin pure per la fame,per la miseria, per la intemperie in que' luoghi al-pestri e selvaggi; che se hanno i gioghi, e' nonhanno i passi, e non vedo che alcuna fortezza va-cilli, non che sia in mano loro, ed il penetrar inPiemonte con le fortezze nimichevoli a ridosso,sarebbe pei Francesi stoltizia, piuttosto che corag-gio, sarebbe caso più desiderabile per noi, chespaventoso; che anche quì il valor Piemontese edAustriaco affrontolli, ed anche quì biancheggianoancora i campi delle Francesi ossa prostrate inbattaglie giuste da queste stesse mani, da questestesse armi, che ora contro la rabbia loro difendo-no l'appetita Italia. Nè so restar capace, come sipossa accagionare la fede, od il valore delle gentiTedesche. Sanlo Savona e San Giacomo, sanlo

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Vado e Melogno ancora tinti da repubblicano san-gue come feriscono le spade, come piombino lepalle Tedesche. Che i generali d'Austria abbianocura della Lombardìa, il crederei facilmente, edebbonla avere: ma che non curino il Piemonte,dov'è colui che lo dice? Poichè tanto sangue spar-so, tante incontrate morti, non solo sui monti del-la Liguria, ma nei seni più reconditi delle Alpi,rendono testimonianza in contrario. Ma pogniamoesser le cose della guerra tanto pericolose, quantoil mio avversario asserisce, io non crederò puntomai, ch'elle siano disperate. Che ancora abbiambraccia e petti, ancora abbiam fortezze nelle boc-che delle Alpi, nè credo, che siamo in grado di es-sere costretti ad abbracciare consigli pericolosi,od a farci incontro ad occasioni immature. Magiacchè si grida pace, vediam che cosa sia, ve-diam che in se porti questa consigliata pace. Lapace con la Francia importa la guerra conl'Austria; il cedere la Savoja e Nizza ai Francesivuol significare il ricevere dalle mani loro rapaciqualche porzioncella del Milanese, vuol significa-re il dar loro il passo pel Piemonte, vuol significa-re il permettere che vadano a ferire direttamente ilcuore di coloro, che fin quì difeso hanno il cuornostro. Sicchè io vedo l'infamia sul limitare stes-so di quest'accordo; perchè quivi è un dare al ne-mico, ed un arricchirsi delle spoglie dell'amico.Pure l'onore è qualche cosa in questo mondo, el'incertezza degli umani eventi vi dee tener avver-titi, che tardi o tosto avrete bisogno di alleati; e

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Vado e Melogno ancora tinti da repubblicano san-gue come feriscono le spade, come piombino lepalle Tedesche. Che i generali d'Austria abbianocura della Lombardìa, il crederei facilmente, edebbonla avere: ma che non curino il Piemonte,dov'è colui che lo dice? Poichè tanto sangue spar-so, tante incontrate morti, non solo sui monti del-la Liguria, ma nei seni più reconditi delle Alpi,rendono testimonianza in contrario. Ma pogniamoesser le cose della guerra tanto pericolose, quantoil mio avversario asserisce, io non crederò puntomai, ch'elle siano disperate. Che ancora abbiambraccia e petti, ancora abbiam fortezze nelle boc-che delle Alpi, nè credo, che siamo in grado di es-sere costretti ad abbracciare consigli pericolosi,od a farci incontro ad occasioni immature. Magiacchè si grida pace, vediam che cosa sia, ve-diam che in se porti questa consigliata pace. Lapace con la Francia importa la guerra conl'Austria; il cedere la Savoja e Nizza ai Francesivuol significare il ricevere dalle mani loro rapaciqualche porzioncella del Milanese, vuol significa-re il dar loro il passo pel Piemonte, vuol significa-re il permettere che vadano a ferire direttamente ilcuore di coloro, che fin quì difeso hanno il cuornostro. Sicchè io vedo l'infamia sul limitare stes-so di quest'accordo; perchè quivi è un dare al ne-mico, ed un arricchirsi delle spoglie dell'amico.Pure l'onore è qualche cosa in questo mondo, el'incertezza degli umani eventi vi dee tener avver-titi, che tardi o tosto avrete bisogno di alleati; e

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quale alleato possiate trovare, dopo tanta ignomi-nia, per me già nol so. Ma più addentro questamateria considerando, io trovo che l'accordo conFrancia sarebbe la servitù del Piemonte, sarebbeil suo soqquadro, sarebbe la sua ruina. Non pos-sono gli Austriaci, quantunque presenti, tanto av-vilupparci, che diventiam servi delle spade Ale-manne, perchè le sedi loro troppo sono dalle terrenostre lontane. Possonlo, e facilmente i Francesi,perchè qui pur troppo siam vicini alla fonte di untanto diluvio, e non so se vi conforti la modera-zione loro, la quale quanta e quale sia, sallo ilmondo pieno oramai tutto per opera loro di spa-venti e di ruine. Per giudicare quali i Francesi sia-no, e di che sappiano in casa altrui, addomandate-lo ai Fiamminghi, addomandatelo agli Olandesi, ese son contenti essi di avergli per alleati, ed incasa loro, siatene pur contenti ancora voi, ed ab-biatene il buon pro. Semi sonvi di rivoluzione e disommossa in Piemonte? Certo sì che vi sono. Macredete voi, o mio buon marchese Silva, che iFrancesi con la presenza loro gli spegneranno?Per me nol credo; credo anzi al contrario, che legiacobine teste pulluleranno, all'aperto si mostre-ranno, di ultimo sterminio questa felicissima mo-narchìa minacceranno. Condanneranle forse iFrancesi in pubblico, ma fomenteranle in segreto;camminerà lo stato sopra ceneri ingannatrici, equando voi vi risolverete a mettere il piè sulle pri-me faville, le farete prorompere in universale in-cendio. Un manifesto francese poi molto bene ac-

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quale alleato possiate trovare, dopo tanta ignomi-nia, per me già nol so. Ma più addentro questamateria considerando, io trovo che l'accordo conFrancia sarebbe la servitù del Piemonte, sarebbeil suo soqquadro, sarebbe la sua ruina. Non pos-sono gli Austriaci, quantunque presenti, tanto av-vilupparci, che diventiam servi delle spade Ale-manne, perchè le sedi loro troppo sono dalle terrenostre lontane. Possonlo, e facilmente i Francesi,perchè qui pur troppo siam vicini alla fonte di untanto diluvio, e non so se vi conforti la modera-zione loro, la quale quanta e quale sia, sallo ilmondo pieno oramai tutto per opera loro di spa-venti e di ruine. Per giudicare quali i Francesi sia-no, e di che sappiano in casa altrui, addomandate-lo ai Fiamminghi, addomandatelo agli Olandesi, ese son contenti essi di avergli per alleati, ed incasa loro, siatene pur contenti ancora voi, ed ab-biatene il buon pro. Semi sonvi di rivoluzione e disommossa in Piemonte? Certo sì che vi sono. Macredete voi, o mio buon marchese Silva, che iFrancesi con la presenza loro gli spegneranno?Per me nol credo; credo anzi al contrario, che legiacobine teste pulluleranno, all'aperto si mostre-ranno, di ultimo sterminio questa felicissima mo-narchìa minacceranno. Condanneranle forse iFrancesi in pubblico, ma fomenteranle in segreto;camminerà lo stato sopra ceneri ingannatrici, equando voi vi risolverete a mettere il piè sulle pri-me faville, le farete prorompere in universale in-cendio. Un manifesto francese poi molto bene ac-

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concio, che di manifesti e di ciarle non hanno ino-pia, accomoderà il tutto con chiamar voi traditori,voi, che altro non avrete fatto, che sopportar pa-zientemente la superbia loro. S'abbia la Prussia,s'abbia la Spagna pace con la Francia, poichè peresse non debbono passar i Francesi per andarseneai disegni loro; ma poichè eglino per nissun'altracagione vi propongono a questi giorni la pace, senon se per passare in Piemonte ad invadere laLombardìa, pare a me che la guerra assai più si-cura sia della pace; perciocchè la presenza di que-sti smodati repubblicani non può essere senza se-menze funeste, non senza scandali, non senzasommosse, non senza inevitabile perdizione. Nèvi esca di mente, che la Francia per non altro virichiede ora di pace, che per farla con l'Austriapiù potente di voi; nè siate per dubitare punto, cheove si scoprirà la prima occasione di far pace conlei, la farà, e lasceravvi nelle peste, nè ricorderas-si di voi, manco ancora dell'amicizia vostra, e do-vrete tenervi molto fortunati, se non avrete ad ac-corgervi dai patti che seguiranno, quanto pregiu-dizioso consiglio sia l'abbandonare un amico fe-dele e pruovato, per darsi in braccio ad un amicoinfedele e nuovo; che questi guadagni appunto sifanno i deboli, quando vogliono farla da astuti coipotenti. Odo favellare di penuria di finanze. Mache penuria, quando ci va la salute dello stato?Per me, ho vergogna di parlar di denaro, quandosi tratta dell'essere, o del non essere. Poi credetevoi, signor mio, che la Francia sia meglio per im-

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concio, che di manifesti e di ciarle non hanno ino-pia, accomoderà il tutto con chiamar voi traditori,voi, che altro non avrete fatto, che sopportar pa-zientemente la superbia loro. S'abbia la Prussia,s'abbia la Spagna pace con la Francia, poichè peresse non debbono passar i Francesi per andarseneai disegni loro; ma poichè eglino per nissun'altracagione vi propongono a questi giorni la pace, senon se per passare in Piemonte ad invadere laLombardìa, pare a me che la guerra assai più si-cura sia della pace; perciocchè la presenza di que-sti smodati repubblicani non può essere senza se-menze funeste, non senza scandali, non senzasommosse, non senza inevitabile perdizione. Nèvi esca di mente, che la Francia per non altro virichiede ora di pace, che per farla con l'Austriapiù potente di voi; nè siate per dubitare punto, cheove si scoprirà la prima occasione di far pace conlei, la farà, e lasceravvi nelle peste, nè ricorderas-si di voi, manco ancora dell'amicizia vostra, e do-vrete tenervi molto fortunati, se non avrete ad ac-corgervi dai patti che seguiranno, quanto pregiu-dizioso consiglio sia l'abbandonare un amico fe-dele e pruovato, per darsi in braccio ad un amicoinfedele e nuovo; che questi guadagni appunto sifanno i deboli, quando vogliono farla da astuti coipotenti. Odo favellare di penuria di finanze. Mache penuria, quando ci va la salute dello stato?Per me, ho vergogna di parlar di denaro, quandosi tratta dell'essere, o del non essere. Poi credetevoi, signor mio, che la Francia sia meglio per im-

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pinguar il nostro erario, che l'Inghilterra? Se velcredete voi, non so qual semplicità sia la vostra.Quanto a me, io mi credo che meglio proceda ildenaro da chi ne ha troppo, e il getta in casa al-trui, che da chi ne ha poco, ed il rapisce in casaaltrui. Ora recando alla somma quello, che sonoito finora minutamente considerando, a me pare,che l'amicizia con l'Austria sia più sicura e menopericolosa, che l'amicizia con Francia. Perciòesorto e prego, che rifiutati i partiti temerarj, emostrando il viso alla fortuna, ed alla costanzanostra già tanto famosa non mancando, dimostria-mo al mondo, che il Piemonte minacciato a' tempinostri non ha avuto minor animo, che il Piemonteinvaso ai tempi andati».

Queste parole vere in se stesse non restarono senza ef-fetto, meno perchè vere erano, che perchè gli animi nonavevano per un'anticipata risoluzione alcuna inclinazio-ne alla concordia. Per la qual cosa, posta in non cale lamediazione di Spagna, e tagliata ogni pratica, deliberos-si di continuar nella guerra contro la Francia, e non sipartire dall'alleanza con l'Austria. Certamente il partitoera pieno di molta dubbietà; perchè non vi era minor pe-ricolo nelle suggestioni, che nelle armi repubblicane, esi temevano con molta ragione gli effetti, che avesse aportar con se la presenza dei Francesi in Piemonte.Laonde la risoluzione fatta non è se non da lodarsi, nonperchè più sicura fosse, ma perchè in pari pericolo daambe le parti, ella era più onorevole.

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pinguar il nostro erario, che l'Inghilterra? Se velcredete voi, non so qual semplicità sia la vostra.Quanto a me, io mi credo che meglio proceda ildenaro da chi ne ha troppo, e il getta in casa al-trui, che da chi ne ha poco, ed il rapisce in casaaltrui. Ora recando alla somma quello, che sonoito finora minutamente considerando, a me pare,che l'amicizia con l'Austria sia più sicura e menopericolosa, che l'amicizia con Francia. Perciòesorto e prego, che rifiutati i partiti temerarj, emostrando il viso alla fortuna, ed alla costanzanostra già tanto famosa non mancando, dimostria-mo al mondo, che il Piemonte minacciato a' tempinostri non ha avuto minor animo, che il Piemonteinvaso ai tempi andati».

Queste parole vere in se stesse non restarono senza ef-fetto, meno perchè vere erano, che perchè gli animi nonavevano per un'anticipata risoluzione alcuna inclinazio-ne alla concordia. Per la qual cosa, posta in non cale lamediazione di Spagna, e tagliata ogni pratica, deliberos-si di continuar nella guerra contro la Francia, e non sipartire dall'alleanza con l'Austria. Certamente il partitoera pieno di molta dubbietà; perchè non vi era minor pe-ricolo nelle suggestioni, che nelle armi repubblicane, esi temevano con molta ragione gli effetti, che avesse aportar con se la presenza dei Francesi in Piemonte.Laonde la risoluzione fatta non è se non da lodarsi, nonperchè più sicura fosse, ma perchè in pari pericolo daambe le parti, ella era più onorevole.

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Giugneva intanto il tempo, che doveva mostrare, sequelle armi, che non senza grave fatica e stento avevanopotuto contrastare ai Francesi divisi tra Spagna ed Italia,potessero resistere all'impeto loro unito: ed indirizzato avoler fare la conquista dell'Italiane contrade. Già fin dalprincipio di quest'anno si era deliberato nei consigli diFrancia di voler passare con le armi in Italia. Uno deiprincipali confortatori a quest'impresa era Scherer, ripu-tato fra i buoni generali di Francia, per le pruove fatterecentemente da lui nelle guerre di Germania e di Spa-gna. Si rinfrescavano vieppiù questi pensieri dopo lapace di Spagna; e parendo, che quegli che ne aveva fattoil disegno, più accomodato capitano fosse per mandarload esecuzione, fu egli preposto all'esercito d'Italia, re-stando Kellerman a governare solamente le genti allog-giate nelle Alpi superiori. Concorrevano intanto i soldatirepubblicani dai Pirenei agli Apennini, e con loro parec-chi guerrieri di nome. Inclinava omai la stagioneall'inverno, e trovandosi gli alleati riparati a luoghi fortiper natura, e per arte, a tutt'altro pensavano fuori che aquesto, che i repubblicani, massime privi com'erano dicavallerìe, con poche e piccole artiglierìe, e ridotti inuna insopportabile stretta di vettovaglie, avessero animodi assaltargli. Ma i soldati della repubblica usi a vincerele difficoltà che più insuperabili si riputavano, ed astrettianche dall'ultimo bisogno ad aprirsi la via per mare eper terra verso Genova, dalla quale sola potevano spera-re di trarre di che pascersi, non si ristettero, ed opponen-do un coraggio indomabile all'asprezza del tempo, alla

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Giugneva intanto il tempo, che doveva mostrare, sequelle armi, che non senza grave fatica e stento avevanopotuto contrastare ai Francesi divisi tra Spagna ed Italia,potessero resistere all'impeto loro unito: ed indirizzato avoler fare la conquista dell'Italiane contrade. Già fin dalprincipio di quest'anno si era deliberato nei consigli diFrancia di voler passare con le armi in Italia. Uno deiprincipali confortatori a quest'impresa era Scherer, ripu-tato fra i buoni generali di Francia, per le pruove fatterecentemente da lui nelle guerre di Germania e di Spa-gna. Si rinfrescavano vieppiù questi pensieri dopo lapace di Spagna; e parendo, che quegli che ne aveva fattoil disegno, più accomodato capitano fosse per mandarload esecuzione, fu egli preposto all'esercito d'Italia, re-stando Kellerman a governare solamente le genti allog-giate nelle Alpi superiori. Concorrevano intanto i soldatirepubblicani dai Pirenei agli Apennini, e con loro parec-chi guerrieri di nome. Inclinava omai la stagioneall'inverno, e trovandosi gli alleati riparati a luoghi fortiper natura, e per arte, a tutt'altro pensavano fuori che aquesto, che i repubblicani, massime privi com'erano dicavallerìe, con poche e piccole artiglierìe, e ridotti inuna insopportabile stretta di vettovaglie, avessero animodi assaltargli. Ma i soldati della repubblica usi a vincerele difficoltà che più insuperabili si riputavano, ed astrettianche dall'ultimo bisogno ad aprirsi la via per mare eper terra verso Genova, dalla quale sola potevano spera-re di trarre di che pascersi, non si ristettero, ed opponen-do un coraggio indomabile all'asprezza del tempo, alla

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mancanza dell'armi, alla carestìa del vivere, ad un nemi-co più numeroso di loro, abbondante d'armi e di muni-zioni, fortificato in luoghi già per se stessi malagevoli,si deliberarono di voler pruovare, se veramente il valorevince la forza, e se l'audacia è padrona della fortuna.Così si preparava la battaglia di Loano, assai famosa pelvalore mostrato dai soldati repubblicani, e per la periziadei generali loro, specialmente di Massena, che ebbe laprincipal gloria di questo fatto. Era la fronte dei France-si in tal modo ordinata, che posando con l'ala dritta sullarocca del Borghetto bagnata dal mare, e passando perZuccarello e per Castelvecchio, dov'era la battaglia, an-dava con la sinistra a terminarsi sui monti, che sono inprospetto di quelli della Pianeta e del San Bernardo peralla via verso Garessio. Reggevano la destra Scherer,che aveva con se i soldati dei Pirenei, ed Augereau chegli aveva condotti, la mezza Massena, la sinistraSerrurier. I confederati stavano schierati di modo chel'ala loro da mano manca, governata da Wallis, occupa-va Loano, la battaglia condotta da Argenteau Roccabar-bena, e la destra composta in gran parte di Piemontesi, eretta da Colli, si stendeva sui monti della Pianeta e delSan Bernardo. Parendo a Devins che tutti questi siti fortinon bastassero ad assicurarlo, aveva, come guardieavanzate, fatto tre campi forti, due innanzi a Loano sullecima di tre monticelli muniti di trincee e d'artiglierìe, enella terra di Toirano, un terzo per la sicurezza dellamezzana più in su a campo di Pietra. Ma come prudentecapitano, prevedendo gli accidenti sinistri, aveva munito

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mancanza dell'armi, alla carestìa del vivere, ad un nemi-co più numeroso di loro, abbondante d'armi e di muni-zioni, fortificato in luoghi già per se stessi malagevoli,si deliberarono di voler pruovare, se veramente il valorevince la forza, e se l'audacia è padrona della fortuna.Così si preparava la battaglia di Loano, assai famosa pelvalore mostrato dai soldati repubblicani, e per la periziadei generali loro, specialmente di Massena, che ebbe laprincipal gloria di questo fatto. Era la fronte dei France-si in tal modo ordinata, che posando con l'ala dritta sullarocca del Borghetto bagnata dal mare, e passando perZuccarello e per Castelvecchio, dov'era la battaglia, an-dava con la sinistra a terminarsi sui monti, che sono inprospetto di quelli della Pianeta e del San Bernardo peralla via verso Garessio. Reggevano la destra Scherer,che aveva con se i soldati dei Pirenei, ed Augereau chegli aveva condotti, la mezza Massena, la sinistraSerrurier. I confederati stavano schierati di modo chel'ala loro da mano manca, governata da Wallis, occupa-va Loano, la battaglia condotta da Argenteau Roccabar-bena, e la destra composta in gran parte di Piemontesi, eretta da Colli, si stendeva sui monti della Pianeta e delSan Bernardo. Parendo a Devins che tutti questi siti fortinon bastassero ad assicurarlo, aveva, come guardieavanzate, fatto tre campi forti, due innanzi a Loano sullecima di tre monticelli muniti di trincee e d'artiglierìe, enella terra di Toirano, un terzo per la sicurezza dellamezzana più in su a campo di Pietra. Ma come prudentecapitano, prevedendo gli accidenti sinistri, aveva munito

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di genti e d'artiglierìe dietro il corpo di mezzo, non sola-mente Bardinetto e Montecalvo, ma ancora più dietro,qual ultimo presidio e schiera soccorrevole, i monti diMelogno e di Settepani. Per tal modo si vede che De-vins aveva ottimamente preveduto, donde doveva venireil pericolo, e provvedutovi ancora efficacemente; maquello, che poco dopo succedette, dimostrò quanto siavero, che non vale buon consiglio solo contro buon con-siglio ajutato da un sopraeminente valore. Resta però,che l'infelice uscita della battaglia di Loano non dee im-putarsi al generalissimo Austriaco, ma bene si vedrà, sei posteri non potranno con ragione accagionarneArgenteau, il quale o non istando sulla debita guardiaprima del pericolo, o perdutosi di consiglio, quando eisopravvenne, mancò tanto di valore, quanto aveva De-vins abbondato di prudenza. Separava i due eserciti unavalle profonda, il cui fondo bagna il piccolo fiumicello,che corre tra Loano ed Albenga. Il giorno diciasette no-vembre per riconoscere i luoghi, e per assaggiar l'inimi-co, Massena commise al generale Charlet, che assaltasseil posto di campo di Pietra, il quale, sostenuto un furiosourto, si arrese. Questa fazione, terribile presagio di bat-taglie più gravi, ed indizio probabile di quanto i France-si avevano in animo di fare, non tenne tanto avvertitoArgenteau, che pensasse a starsene avvisatamente. Erala notte dei ventidue novembre, quando Massena, rauna-ti i suoi, così lor disse:

«Soldati, il ricordare valore a voi fora piuttosto

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di genti e d'artiglierìe dietro il corpo di mezzo, non sola-mente Bardinetto e Montecalvo, ma ancora più dietro,qual ultimo presidio e schiera soccorrevole, i monti diMelogno e di Settepani. Per tal modo si vede che De-vins aveva ottimamente preveduto, donde doveva venireil pericolo, e provvedutovi ancora efficacemente; maquello, che poco dopo succedette, dimostrò quanto siavero, che non vale buon consiglio solo contro buon con-siglio ajutato da un sopraeminente valore. Resta però,che l'infelice uscita della battaglia di Loano non dee im-putarsi al generalissimo Austriaco, ma bene si vedrà, sei posteri non potranno con ragione accagionarneArgenteau, il quale o non istando sulla debita guardiaprima del pericolo, o perdutosi di consiglio, quando eisopravvenne, mancò tanto di valore, quanto aveva De-vins abbondato di prudenza. Separava i due eserciti unavalle profonda, il cui fondo bagna il piccolo fiumicello,che corre tra Loano ed Albenga. Il giorno diciasette no-vembre per riconoscere i luoghi, e per assaggiar l'inimi-co, Massena commise al generale Charlet, che assaltasseil posto di campo di Pietra, il quale, sostenuto un furiosourto, si arrese. Questa fazione, terribile presagio di bat-taglie più gravi, ed indizio probabile di quanto i France-si avevano in animo di fare, non tenne tanto avvertitoArgenteau, che pensasse a starsene avvisatamente. Erala notte dei ventidue novembre, quando Massena, rauna-ti i suoi, così lor disse:

«Soldati, il ricordare valore a voi fora piuttosto

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ingiusta diffidenza, che giusto incoraggiamento;bastò sempre per animarvi a vincere, il mostrarvidove fosse il nemico. Ora, quantunque più nume-roso di voi, si è riparato alle rupi, confessando intal modo coi fatti più che con le parole, che ei nonpuò stare a petto vostro. Ma che rupi o quali pre-cipizj possono trattenere i soldati della repubbli-ca? Voi vinceste le Alpi, voi gli Apennini già piùvolte, e costoro, nuovi compagni vostri, vinsero iPirenei: vinsero essi i soldati di Spagna, voi vin-ceste quei di Sardegna e dell'Imperio: ma Sarde-gna ed Imperio continuano ad affrontarvi; peròvoi un'altra volta vincetegli, voi fugategli, voi dis-sipategli, e fia la vittoria vostra pace con l'Italia,come fu la vittoria loro pace con la Spagna. Que-sti ultimi re, non ancora fatti accorti dalle sconfit-te, osano, con l'armi impugnate, stare a fronte del-la repubblica; ma voi pruovate loro con l'opere,che nissun re può stare armato contro di noi; epoichè aspettano l'estremo cimento, fate che essosia l'estremo per loro».

Era Massena piccolo di corpo, ma di animo e di voltovivacissimo, e perciò abile ad inspirar impeto nel solda-to Francese, già per se stesso tanto impetuoso. Perciòalle sue parole maravigliosamente incitati givano congrandissimo ardimento per quei dirupi, essendo la notteoscurissima, e fatta più oscura da un tempo tempestoso.Era intento di Massena, come si era accordato conScherer, di urtare nel mezzo dei confederati, di romper-

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ingiusta diffidenza, che giusto incoraggiamento;bastò sempre per animarvi a vincere, il mostrarvidove fosse il nemico. Ora, quantunque più nume-roso di voi, si è riparato alle rupi, confessando intal modo coi fatti più che con le parole, che ei nonpuò stare a petto vostro. Ma che rupi o quali pre-cipizj possono trattenere i soldati della repubbli-ca? Voi vinceste le Alpi, voi gli Apennini già piùvolte, e costoro, nuovi compagni vostri, vinsero iPirenei: vinsero essi i soldati di Spagna, voi vin-ceste quei di Sardegna e dell'Imperio: ma Sarde-gna ed Imperio continuano ad affrontarvi; peròvoi un'altra volta vincetegli, voi fugategli, voi dis-sipategli, e fia la vittoria vostra pace con l'Italia,come fu la vittoria loro pace con la Spagna. Que-sti ultimi re, non ancora fatti accorti dalle sconfit-te, osano, con l'armi impugnate, stare a fronte del-la repubblica; ma voi pruovate loro con l'opere,che nissun re può stare armato contro di noi; epoichè aspettano l'estremo cimento, fate che essosia l'estremo per loro».

Era Massena piccolo di corpo, ma di animo e di voltovivacissimo, e perciò abile ad inspirar impeto nel solda-to Francese, già per se stesso tanto impetuoso. Perciòalle sue parole maravigliosamente incitati givano congrandissimo ardimento per quei dirupi, essendo la notteoscurissima, e fatta più oscura da un tempo tempestoso.Era intento di Massena, come si era accordato conScherer, di urtare nel mezzo dei confederati, di romper-

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lo, e, separando gli Austriaci dai Piemontesi con impa-dronirsi del sommi gioghi dei monti per Bardinetto,Montecalvo e Melogno, di farsi strada ad un tempo a ca-larsi alle spalle dell'ala sinistra, che avrebbe dovuto odarrendersi, o fuggire alla dirotta. Dovevano secondarequesta fazione, a dritta Scherer con un assalto forte con-tro Loano, Serrurier con un assalto più molle contro ilSan Bernardo. Appariva appena il giorno dei ventitrenovembre, che Massena assaliva da due bande con unafoga incredibile il campo di Roccabarbena. Accorrevanoa quest'accidente impensato gli uffiziali Tedeschi ai luo-ghi loro, e già trovavano qualche titubazione e scompi-glio nella ordinanza loro. La qual cosa dimostra l'incon-siderazione di Argenteau, che non avendo presentito,come era facile, quella tempesta, aveva permesso che gliuffiziali si allontanassero dai loro soldati. S'aggiunse unaltro infortunio, e fu che Devins afflitto da grave malat-tìa, e reso inabile al comandare, si era condotto, instan-do la battaglia, da Finale a Novi, con lasciare la direzio-ne suprema dell'esercito a Wallis. Intanto ardeva la zuffaa Roccabarbena. Laharpe e Charlet, che davano la batte-rìa, con molto valore insistendo tanto fecero, che, supe-rata ogni resistenza, cacciarono il nemico, che si ritira-va, andando a farsi forte a Bardinetto. Quivi nacque unnuovo e terribile combattimento; perchè i confederati,riavutisi da quel primo terrore, vi si difendevano ga-gliardamente, e dal canto suo fulminava con tutte le for-ze Massena, giudicando che dalla prestezza del combat-tere dipendesse del tutto la vittoria. Finalmente dopo

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lo, e, separando gli Austriaci dai Piemontesi con impa-dronirsi del sommi gioghi dei monti per Bardinetto,Montecalvo e Melogno, di farsi strada ad un tempo a ca-larsi alle spalle dell'ala sinistra, che avrebbe dovuto odarrendersi, o fuggire alla dirotta. Dovevano secondarequesta fazione, a dritta Scherer con un assalto forte con-tro Loano, Serrurier con un assalto più molle contro ilSan Bernardo. Appariva appena il giorno dei ventitrenovembre, che Massena assaliva da due bande con unafoga incredibile il campo di Roccabarbena. Accorrevanoa quest'accidente impensato gli uffiziali Tedeschi ai luo-ghi loro, e già trovavano qualche titubazione e scompi-glio nella ordinanza loro. La qual cosa dimostra l'incon-siderazione di Argenteau, che non avendo presentito,come era facile, quella tempesta, aveva permesso che gliuffiziali si allontanassero dai loro soldati. S'aggiunse unaltro infortunio, e fu che Devins afflitto da grave malat-tìa, e reso inabile al comandare, si era condotto, instan-do la battaglia, da Finale a Novi, con lasciare la direzio-ne suprema dell'esercito a Wallis. Intanto ardeva la zuffaa Roccabarbena. Laharpe e Charlet, che davano la batte-rìa, con molto valore insistendo tanto fecero, che, supe-rata ogni resistenza, cacciarono il nemico, che si ritira-va, andando a farsi forte a Bardinetto. Quivi nacque unnuovo e terribile combattimento; perchè i confederati,riavutisi da quel primo terrore, vi si difendevano ga-gliardamente, e dal canto suo fulminava con tutte le for-ze Massena, giudicando che dalla prestezza del combat-tere dipendesse del tutto la vittoria. Finalmente dopo

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molte ferite e molte morti da ambe le parti, prevalse lavirtù dei repubblicani: entrati forzatamente in Bardinettouccisero quanti resistevano, presero quanti non poteronofuggire, e s'impadronirono di tutte le artiglierìe. Ritira-ronsi sconcertate e sconnesse a modo più di fuga che diritirata le reliquie dei confederati, per luoghi erti e sco-scesi verso Bagnasco sulla sinistra sponda del Tanaro.Nè bastando all'intento ed all'impeto smisurato di Mas-sena l'acquisto di Bardinetto, mandava a Cervoni,s'impadronisse di Melogno, ed al colonnello Suchet, pi-gliasse Montecalvo, luogo arido, e quasi inaccessibile.Ebbero queste due fazioni il fine che Massena si eraproposto: in tal modo non solo fu prostrata tutta la mez-zana dei confederati, ma fu fatto abilità ai Francesi dicalarsi verso il mare alle spalle dell'ala sinistra. Il qualefatto coi precedenti fece del tutto piegar le sorti in favordei repubblicani. Certamente Argenteau non diede pruo-va di previdenza prima del fatto, nè di avvedutezza o dicostanza nel combattimento; nè il corpo di mezzo fecequella resistenza, che per la forza dei luoghi e pel nume-ro dei soldati e delle artiglierìe si era Devins di lui pro-messo. Ma perchè la sinistra dei confederati non ricupe-rasse quello che la mezza aveva perduto, Scherer, fattodar dentro fortemente ai tre monticelli fortificati avanti aLoano, ed alla forte terra di Toirano, gli superava. Neiquali fatti, ajutati anche da tiri di alcune navi Francesi,che si erano accostate al lido tra Loano e Finale, acqui-starono buon nome i generali Augereau e Victor. Alloratra per questo, e per essersi Suchet, ricevuto un rinforzo

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molte ferite e molte morti da ambe le parti, prevalse lavirtù dei repubblicani: entrati forzatamente in Bardinettouccisero quanti resistevano, presero quanti non poteronofuggire, e s'impadronirono di tutte le artiglierìe. Ritira-ronsi sconcertate e sconnesse a modo più di fuga che diritirata le reliquie dei confederati, per luoghi erti e sco-scesi verso Bagnasco sulla sinistra sponda del Tanaro.Nè bastando all'intento ed all'impeto smisurato di Mas-sena l'acquisto di Bardinetto, mandava a Cervoni,s'impadronisse di Melogno, ed al colonnello Suchet, pi-gliasse Montecalvo, luogo arido, e quasi inaccessibile.Ebbero queste due fazioni il fine che Massena si eraproposto: in tal modo non solo fu prostrata tutta la mez-zana dei confederati, ma fu fatto abilità ai Francesi dicalarsi verso il mare alle spalle dell'ala sinistra. Il qualefatto coi precedenti fece del tutto piegar le sorti in favordei repubblicani. Certamente Argenteau non diede pruo-va di previdenza prima del fatto, nè di avvedutezza o dicostanza nel combattimento; nè il corpo di mezzo fecequella resistenza, che per la forza dei luoghi e pel nume-ro dei soldati e delle artiglierìe si era Devins di lui pro-messo. Ma perchè la sinistra dei confederati non ricupe-rasse quello che la mezza aveva perduto, Scherer, fattodar dentro fortemente ai tre monticelli fortificati avanti aLoano, ed alla forte terra di Toirano, gli superava. Neiquali fatti, ajutati anche da tiri di alcune navi Francesi,che si erano accostate al lido tra Loano e Finale, acqui-starono buon nome i generali Augereau e Victor. Alloratra per questo, e per essersi Suchet, ricevuto un rinforzo

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di tre grossi battaglioni mandati da Scherer, calato cor-rendo alle spalle loro, si ritiravano i confederati versoFinale, seguitati dai repubblicani a pressa a pressa.Serrurier, vedute le vittorie della mezzana e della destraparte de' suoi, insisteva più vivamente contro il fiancodestro del nemico, e cacciatolo da tutti i siti, lo costrin-geva a ripararsi nel campo trincerato di Ceva, dovegiungevano altresì i residui lacerati e sbaragliati dellasquadra d'Argenteau. Così l'ala sinistra dei confederati siritirava non senza scompiglio, e seguitata dai Francesisul littorale verso Savona, la mezzana del tutto rotta sen'era fuggita, la destra più intiera si era accostata al fortedi Ceva. Scese intanto la notte, e conchiuse l'affannosogiorno. Sorse con lei un temporale orribile misto dipioggia dirotta e di grandine impetuosa: serenarono iFrancesi nei luoghi conquistati. Ma non così tosto appa-riva l'alba del giorno seguente, che condotti daAugereau, si misero di nuovo a seguitare velocementequella parte dei confederati che si ritirava pel littorale, egià la giungevano con far di molti prigionieri. Nè quì sicontenne l'infortunio dei vinti; perchè Massena, che sta-va continuamente alla vista di tutto, avvisando quelloche era, cioè che il nemico, dopo di essere passato perFinale, volesse ritirarsi pel monte San Giacomo, eracomparso improvvisamente a Gora sul ciglione dellavalle di Finale, e da una parte mandava una prima squa-dra ad assaltare il cedente nemico, dall'altra ne spedivauna seconda, affinchè occupasse celeremente San Gia-como. In questo modo la sinistra degli alleati, per la rot-

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di tre grossi battaglioni mandati da Scherer, calato cor-rendo alle spalle loro, si ritiravano i confederati versoFinale, seguitati dai repubblicani a pressa a pressa.Serrurier, vedute le vittorie della mezzana e della destraparte de' suoi, insisteva più vivamente contro il fiancodestro del nemico, e cacciatolo da tutti i siti, lo costrin-geva a ripararsi nel campo trincerato di Ceva, dovegiungevano altresì i residui lacerati e sbaragliati dellasquadra d'Argenteau. Così l'ala sinistra dei confederati siritirava non senza scompiglio, e seguitata dai Francesisul littorale verso Savona, la mezzana del tutto rotta sen'era fuggita, la destra più intiera si era accostata al fortedi Ceva. Scese intanto la notte, e conchiuse l'affannosogiorno. Sorse con lei un temporale orribile misto dipioggia dirotta e di grandine impetuosa: serenarono iFrancesi nei luoghi conquistati. Ma non così tosto appa-riva l'alba del giorno seguente, che condotti daAugereau, si misero di nuovo a seguitare velocementequella parte dei confederati che si ritirava pel littorale, egià la giungevano con far di molti prigionieri. Nè quì sicontenne l'infortunio dei vinti; perchè Massena, che sta-va continuamente alla vista di tutto, avvisando quelloche era, cioè che il nemico, dopo di essere passato perFinale, volesse ritirarsi pel monte San Giacomo, eracomparso improvvisamente a Gora sul ciglione dellavalle di Finale, e da una parte mandava una prima squa-dra ad assaltare il cedente nemico, dall'altra ne spedivauna seconda, affinchè occupasse celeremente San Gia-como. In questo modo la sinistra degli alleati, per la rot-

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ta improvvisa della mezza, pressata da fronte, sul fian-co, ed alle spalle, non aveva altro rimedio che la solleci-ta fuga; alla quale quei luoghi montagnosi, pieni di tra-getti e di sentieri reconditi davano molto favore. Chi sipotè salvare, andò a far la massa in Acqui, dove i capiattendevano a raccorre e riordinare le compagnìe dissi-pate; chi non potè, cadde in balìa del vincitore. Tutte leartiglierìe, gran parte delle bagaglie e delle munizioni, ilcarreggio quasi tutto, rendettero più lieta la fortuna deirepubblicani. Andavano a svernare in Vado ed in Savo-na, padroni del tutto della riviera di Ponente, e minac-ciando con la presenza vicine calamità all'Italia.Oscurarono lo splendore di questa vittoria le ruberie, isaccheggi, e perfino i violamenti delle miserande donnecommessi dai repubblicani sul Genovese territorio. Le-vossene un grido per tutta Italia, che spaventata aspetta-va gli estremi danni. Volle Scherer frenare tanto furore.Pubblicava, che farebbe morire chi continuasse. Preseanche l'ultimo supplizio de' più rei. Ma non udivanol'imperio dei capitani, e nè le minacce, nè i supplizj spe-gnevano la scelerata rabbia. Certamente non erano inquesto i repubblicani scusabili, perciocchè niuna cosapuò scusare sì eccessive enormità. Pure eran stremi diogni vettovaglia e d'ogni fornimento: la fame e la nuditàsono pur troppo male consigliere ad ogni opera più brut-ta. Ma i Tedeschi e quando vennero sulla riviera passan-do pei territorj del Piemonte loro alleato, massime inquei del Cairo e del Dego, e quando se ne andarono

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ta improvvisa della mezza, pressata da fronte, sul fian-co, ed alle spalle, non aveva altro rimedio che la solleci-ta fuga; alla quale quei luoghi montagnosi, pieni di tra-getti e di sentieri reconditi davano molto favore. Chi sipotè salvare, andò a far la massa in Acqui, dove i capiattendevano a raccorre e riordinare le compagnìe dissi-pate; chi non potè, cadde in balìa del vincitore. Tutte leartiglierìe, gran parte delle bagaglie e delle munizioni, ilcarreggio quasi tutto, rendettero più lieta la fortuna deirepubblicani. Andavano a svernare in Vado ed in Savo-na, padroni del tutto della riviera di Ponente, e minac-ciando con la presenza vicine calamità all'Italia.Oscurarono lo splendore di questa vittoria le ruberie, isaccheggi, e perfino i violamenti delle miserande donnecommessi dai repubblicani sul Genovese territorio. Le-vossene un grido per tutta Italia, che spaventata aspetta-va gli estremi danni. Volle Scherer frenare tanto furore.Pubblicava, che farebbe morire chi continuasse. Preseanche l'ultimo supplizio de' più rei. Ma non udivanol'imperio dei capitani, e nè le minacce, nè i supplizj spe-gnevano la scelerata rabbia. Certamente non erano inquesto i repubblicani scusabili, perciocchè niuna cosapuò scusare sì eccessive enormità. Pure eran stremi diogni vettovaglia e d'ogni fornimento: la fame e la nuditàsono pur troppo male consigliere ad ogni opera più brut-ta. Ma i Tedeschi e quando vennero sulla riviera passan-do pei territorj del Piemonte loro alleato, massime inquei del Cairo e del Dego, e quando se ne andarono

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dopo la rotta di Loano, quantunque fossero forniti ab-bondantemente di ogni cosa necessaria al vivere di sol-dato, commisero pari, e forse più nefandi eccessi. Cosìl'Italia, lacerata dagli amici, lacerata dai nemici, in predaal furore Tedesco, in preda al furore Francese, mostravaquale sia la condizione di chi alletta con la bellezza, enon può difendersi con la forza.

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dopo la rotta di Loano, quantunque fossero forniti ab-bondantemente di ogni cosa necessaria al vivere di sol-dato, commisero pari, e forse più nefandi eccessi. Cosìl'Italia, lacerata dagli amici, lacerata dai nemici, in predaal furore Tedesco, in preda al furore Francese, mostravaquale sia la condizione di chi alletta con la bellezza, enon può difendersi con la forza.

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LIBRO SESTO

SOMMARIOPratiche per la pace tenute in Basilea. Sono infruttuose, e perchè.Si prepara da ambe le parti la guerra d'Italia. Beaulieu surrogato aDevins nel comando dei confederati, e perchè. Instanze del Diret-torio di Francia presso ai Veneziani, perchè facciano uscire dailoro stati il conte di Lilla: debolezza del senato Veneziano. Nobilecondotta del conte in sì doloroso accidente. Buonaparte surrogatoa Scherer nel comando dei repubblicani, e perchè: sue qualità. Si-tuazioni delle sue genti. Sono giunti i tempi fatali, e s'incomincia-no le ostilità. Battaglia di Montenotte seguìta addì dieci, undici, edodici aprile del 1796. Buonaparte separa gli Austriaci dai Pie-montesi. Fatto di Cosserìa. Furiosissima battaglia di Magliani,che i Francesi chiamano di Millesimo e che fu combattuta il dìtredici aprile. Bellissimo fatto d'armi del colonnello austriacoWukassovich al Dego. Generosi lamenti di alcuni generali, e capidi truppa Francese sugli eccessi commessi dai loro soldati. Buo-naparte si volta contro i Piemontesi. Varj fatti d'arme, specialmen-te quello di Mondovì. Il generale repubblicano stimola i novatoridel Piemonte: sommossa d'Alba. Buonaparte arriva a Cherasco:Colli, generale del re, si ritira a Carignano. Discussioni nel consi-glio regio. Tregua di Cherasco. Bando grandiloquo di Buonapartea' suoi soldati. Pace tra il re di Sardegna, e la repubblica di Fran-cia, conclusa a Parigi il dì quindici maggio del 1796. Buonaparteperseguita Beaulieu, lo inganna, e passa il Po a Piacenza. Batta-glie di Fombio e di Codogno. Battaglia sanguinosissima del pontedi Lodi, accaduta addì dieci di maggio. Beaulieu si ritira al Min-cio. L'arciduca lascia Milano. Qualità dei Milanesi. Massena en-tra il primo in Milano, poi Buonaparte. Umori diversi di detta cit-

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LIBRO SESTO

SOMMARIOPratiche per la pace tenute in Basilea. Sono infruttuose, e perchè.Si prepara da ambe le parti la guerra d'Italia. Beaulieu surrogato aDevins nel comando dei confederati, e perchè. Instanze del Diret-torio di Francia presso ai Veneziani, perchè facciano uscire dailoro stati il conte di Lilla: debolezza del senato Veneziano. Nobilecondotta del conte in sì doloroso accidente. Buonaparte surrogatoa Scherer nel comando dei repubblicani, e perchè: sue qualità. Si-tuazioni delle sue genti. Sono giunti i tempi fatali, e s'incomincia-no le ostilità. Battaglia di Montenotte seguìta addì dieci, undici, edodici aprile del 1796. Buonaparte separa gli Austriaci dai Pie-montesi. Fatto di Cosserìa. Furiosissima battaglia di Magliani,che i Francesi chiamano di Millesimo e che fu combattuta il dìtredici aprile. Bellissimo fatto d'armi del colonnello austriacoWukassovich al Dego. Generosi lamenti di alcuni generali, e capidi truppa Francese sugli eccessi commessi dai loro soldati. Buo-naparte si volta contro i Piemontesi. Varj fatti d'arme, specialmen-te quello di Mondovì. Il generale repubblicano stimola i novatoridel Piemonte: sommossa d'Alba. Buonaparte arriva a Cherasco:Colli, generale del re, si ritira a Carignano. Discussioni nel consi-glio regio. Tregua di Cherasco. Bando grandiloquo di Buonapartea' suoi soldati. Pace tra il re di Sardegna, e la repubblica di Fran-cia, conclusa a Parigi il dì quindici maggio del 1796. Buonaparteperseguita Beaulieu, lo inganna, e passa il Po a Piacenza. Batta-glie di Fombio e di Codogno. Battaglia sanguinosissima del pontedi Lodi, accaduta addì dieci di maggio. Beaulieu si ritira al Min-cio. L'arciduca lascia Milano. Qualità dei Milanesi. Massena en-tra il primo in Milano, poi Buonaparte. Umori diversi di detta cit-

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tà. Discorsi di Buonaparte. Suo secondo bando grandiloquo aisoldati. Terrori d'Italia.

A questo tempo avendo i collegati pruovato con moltodanno loro qual dura impresa fosse l'affrontarsi con que-gli audaci repubblicani di Francia, si consigliarono divoler dimostrare inclinazione alla concordia, e porreavanti alcune proposizioni d'accordo, sì per avere piùgiustificata cagione di continuar a combattere, se i re-pubblicani ricusassero, e sì per aver comodità di respira-re e di aspettare il benefizio del tempo, se accettassero;e poichè la guerra era divenuta tanto pericolosa, si risol-vettero a sperimentare, se la pace apportasse condizionidi maggior sicurezza. Per la qual cosa pensarono a ten-tare la disposizione del Direttorio di Francia con intro-durre qualche negoziato a Basilea, città neutrale, e giàfamosa per le due paci di Prussia e di Spagna. Siccomepoi l'Inghilterra era l'anima di tutta la mole, così da que-sta, ed a nome di tutti procedettero le profferte. Scrivevail dì 8 marzo Wickam, ministro d'Inghilterra appresso aiCantoni Svizzeri, a Barthelemi ministro di Francia,ch'egli aveva comandamento di fargli a sapere, che lasua corte desiderava di restare informata, se la Franciaaveva inclinazione a negoziare con Sua Maestà e co'suoi alleati, a fine di venirne ad una pace generale stipu-lata con giusti e convenienti termini: se a ciò si risolves-se la Francia mandasse ministri ad un congresso da con-vocarsi in quel luogo, che più sarebbe stimato conve-niente da ambe le parti. Desiderava altresì sapere, quali

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tà. Discorsi di Buonaparte. Suo secondo bando grandiloquo aisoldati. Terrori d'Italia.

A questo tempo avendo i collegati pruovato con moltodanno loro qual dura impresa fosse l'affrontarsi con que-gli audaci repubblicani di Francia, si consigliarono divoler dimostrare inclinazione alla concordia, e porreavanti alcune proposizioni d'accordo, sì per avere piùgiustificata cagione di continuar a combattere, se i re-pubblicani ricusassero, e sì per aver comodità di respira-re e di aspettare il benefizio del tempo, se accettassero;e poichè la guerra era divenuta tanto pericolosa, si risol-vettero a sperimentare, se la pace apportasse condizionidi maggior sicurezza. Per la qual cosa pensarono a ten-tare la disposizione del Direttorio di Francia con intro-durre qualche negoziato a Basilea, città neutrale, e giàfamosa per le due paci di Prussia e di Spagna. Siccomepoi l'Inghilterra era l'anima di tutta la mole, così da que-sta, ed a nome di tutti procedettero le profferte. Scrivevail dì 8 marzo Wickam, ministro d'Inghilterra appresso aiCantoni Svizzeri, a Barthelemi ministro di Francia,ch'egli aveva comandamento di fargli a sapere, che lasua corte desiderava di restare informata, se la Franciaaveva inclinazione a negoziare con Sua Maestà e co'suoi alleati, a fine di venirne ad una pace generale stipu-lata con giusti e convenienti termini: se a ciò si risolves-se la Francia mandasse ministri ad un congresso da con-vocarsi in quel luogo, che più sarebbe stimato conve-niente da ambe le parti. Desiderava altresì sapere, quali

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fossero i generali fondamenti della concordia che pia-cesse al Direttorio di proporre, affinchè si potesse esa-minare, se fossero accettabili, o finalmente, se i mezziproposti non fossero accettati, quali altri avesse a pro-porre per trovare qualche modo d'onesta composizione.Questa proposta, la qual'era del tutto conforme ai modisoliti a usarsi fra i principi, e che non avea in se cosa,che potesse offendere l'animo del Direttorio fu molto ri-sentitamente udita da lui, e diede principio a quel costu-me dottorale e loquace di quei governi repubblicani edimperiali di Francia, di voler insegnare in casa altrui,come se meglio non conoscesse i fatti proprj chi gli go-verna, di chi non gli governa. Quindi nacque altresìquell'uso affatto insolito di dar consigli, o ad un amico,o ad un nemico e di convertire in cagione di guerra il ri-fiuto di seguitarli; uso veramente enorme, perchè fa giu-dice della causa una sola delle parti, rende dubbiosa lagiustizia, mette la parte contraria nella necessità di vin-cere o di perire, ed opera che la guerra dipenda in tuttodal capriccio, e dall'ambizione di un solo. Il Direttoriocomandava a Barthelemi, che rispondesse, desiderare luila pace, ma desiderarla giusta, onorevole e ferma; avreb-be udito volentieri le proposte, se quel dire di Wickamdi non aver autorità di negoziare non desse sospetto in-torno alla sincerità Inglese. Infatti, se incominciassel'Inghilterra, quest'erano le parole dottorali del Diretto-rio, a conoscere i veri interessi suoi, se bramasse aprirsidi nuovo la strada all'abbondanza ed alla prosperità, secon buona fede richiedesse di pace, a che fine, con quale

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fossero i generali fondamenti della concordia che pia-cesse al Direttorio di proporre, affinchè si potesse esa-minare, se fossero accettabili, o finalmente, se i mezziproposti non fossero accettati, quali altri avesse a pro-porre per trovare qualche modo d'onesta composizione.Questa proposta, la qual'era del tutto conforme ai modisoliti a usarsi fra i principi, e che non avea in se cosa,che potesse offendere l'animo del Direttorio fu molto ri-sentitamente udita da lui, e diede principio a quel costu-me dottorale e loquace di quei governi repubblicani edimperiali di Francia, di voler insegnare in casa altrui,come se meglio non conoscesse i fatti proprj chi gli go-verna, di chi non gli governa. Quindi nacque altresìquell'uso affatto insolito di dar consigli, o ad un amico,o ad un nemico e di convertire in cagione di guerra il ri-fiuto di seguitarli; uso veramente enorme, perchè fa giu-dice della causa una sola delle parti, rende dubbiosa lagiustizia, mette la parte contraria nella necessità di vin-cere o di perire, ed opera che la guerra dipenda in tuttodal capriccio, e dall'ambizione di un solo. Il Direttoriocomandava a Barthelemi, che rispondesse, desiderare luila pace, ma desiderarla giusta, onorevole e ferma; avreb-be udito volentieri le proposte, se quel dire di Wickamdi non aver autorità di negoziare non desse sospetto in-torno alla sincerità Inglese. Infatti, se incominciassel'Inghilterra, quest'erano le parole dottorali del Diretto-rio, a conoscere i veri interessi suoi, se bramasse aprirsidi nuovo la strada all'abbondanza ed alla prosperità, secon buona fede richiedesse di pace, a che fine, con quale

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consiglio proporre un congresso, mezzo non mai termi-nabile d'accordo? Perchè con termini tanto generali e sìpoco definiti, domandare alla Francia, proponesse ellaun altro modo per arrivare alla concordia? Non mostrarcon questo, voler solo il governo Inglese con queste pri-me offerte, acquistar per se quel favore, che sempre ac-compagna chi primo mette fuori quelle gioconde paroledi pace? La speranza che abbiano ad essere senza frutto,non vedersi forse mescolata con loro? Ma quale di que-sto fosse la verità, convenirsi alla sincerità del Direttorioil palesare apertamente, a' quali patti ei potrebbe con-sentire agli accordi; vietare la constituzione della repub-blica, che niun paese di quelli, che erano stati incorpora-ti al suo territorio, da lui si scorporasse; delle altre con-quiste si negozierebbe. Quì parimente ebbe principioquel metodo veramente incomportabile, usato dai gover-ni che per vent'anni l'uno all'altro succedettero in Fran-cia, di volere, che una legge politica interna diventasselegge politica esterna, ed obbligatoria pei forestieri.Rispose l'Inghilterra, anche a nome di tutti i confederati,non poter consentire ad una condizione tanto insolita, nèaltro mezzo restare se non quello di continuare in unagiusta e necessaria guerra. Così non si seguitò più que-sto ragionamento, e svanirono le speranze di pace con-cette dalle profferte di Basilea. Diedene l'Inghilterra av-viso a tutte le potenze confederate, coi soliti conforti deisussidj pecuniarj, e col far vedere che ove la pace eraimpossibile, si rendeva necessario l'usar la guerra, con

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consiglio proporre un congresso, mezzo non mai termi-nabile d'accordo? Perchè con termini tanto generali e sìpoco definiti, domandare alla Francia, proponesse ellaun altro modo per arrivare alla concordia? Non mostrarcon questo, voler solo il governo Inglese con queste pri-me offerte, acquistar per se quel favore, che sempre ac-compagna chi primo mette fuori quelle gioconde paroledi pace? La speranza che abbiano ad essere senza frutto,non vedersi forse mescolata con loro? Ma quale di que-sto fosse la verità, convenirsi alla sincerità del Direttorioil palesare apertamente, a' quali patti ei potrebbe con-sentire agli accordi; vietare la constituzione della repub-blica, che niun paese di quelli, che erano stati incorpora-ti al suo territorio, da lui si scorporasse; delle altre con-quiste si negozierebbe. Quì parimente ebbe principioquel metodo veramente incomportabile, usato dai gover-ni che per vent'anni l'uno all'altro succedettero in Fran-cia, di volere, che una legge politica interna diventasselegge politica esterna, ed obbligatoria pei forestieri.Rispose l'Inghilterra, anche a nome di tutti i confederati,non poter consentire ad una condizione tanto insolita, nèaltro mezzo restare se non quello di continuare in unagiusta e necessaria guerra. Così non si seguitò più que-sto ragionamento, e svanirono le speranze di pace con-cette dalle profferte di Basilea. Diedene l'Inghilterra av-viso a tutte le potenze confederate, coi soliti conforti deisussidj pecuniarj, e col far vedere che ove la pace eraimpossibile, si rendeva necessario l'usar la guerra, con

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tutti gli sforzi, che maggiori si potessero fare. Ognunoaveva gli occhi volti al re di Sardegna, il quale già per-duto mezzo lo stato, e prostrate le difese del restante, sivedeva vicino ad esser prima condotto all'ultima rovina,che la guerra incominciasse pure a romoreggiare su iconfini dei suoi alleati. Conoscevano questi la costanzadel re, ma dubitavano che nel prossimo urto dell'armi, sele battaglie fossero riuscite infelicemente, ed i repubbli-cani si facessero strada nel cuore del Piemonte, si sareb-be forse alienato da loro, sperando di ricompensare congli ajuti di Francia, a danno ed a pregiudizio di alcunofra i confederati, quello che non ostante gli ajuti loroaveva perduto. Tentarono adunque il re ammonendolo,che si dichiarasse, quali sarebbero i suoi pensieri, se perun sinistro di guerra, i Francesi irrompessero nelle pia-nure Piemontesi. Ridotto a queste strette, rispose animo-samente Vittorio, mandando anche in questo propositolettere circolari a tutti i principi che correrebbe con lorola medesima fortuna, che persisterebbe nella fede, chenon sarebbe per abbandonare la sua congiunzione; nondubitassero, che i fatti non fossero per corrisponderealla prontezza dell'animo.L'Austria intanto, veduto che i tempi estremi eranogiunti per lei in Italia, mandava a governare le genti, invece del Devins più prudente che ardito capitano, ed an-che scemato di reputazione per le recenti sconfitte, il ge-nerale Beaulieu, il quale quantunque già molt'oltre congli anni, era animoso, vivace, ed abile per questo di sta-

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tutti gli sforzi, che maggiori si potessero fare. Ognunoaveva gli occhi volti al re di Sardegna, il quale già per-duto mezzo lo stato, e prostrate le difese del restante, sivedeva vicino ad esser prima condotto all'ultima rovina,che la guerra incominciasse pure a romoreggiare su iconfini dei suoi alleati. Conoscevano questi la costanzadel re, ma dubitavano che nel prossimo urto dell'armi, sele battaglie fossero riuscite infelicemente, ed i repubbli-cani si facessero strada nel cuore del Piemonte, si sareb-be forse alienato da loro, sperando di ricompensare congli ajuti di Francia, a danno ed a pregiudizio di alcunofra i confederati, quello che non ostante gli ajuti loroaveva perduto. Tentarono adunque il re ammonendolo,che si dichiarasse, quali sarebbero i suoi pensieri, se perun sinistro di guerra, i Francesi irrompessero nelle pia-nure Piemontesi. Ridotto a queste strette, rispose animo-samente Vittorio, mandando anche in questo propositolettere circolari a tutti i principi che correrebbe con lorola medesima fortuna, che persisterebbe nella fede, chenon sarebbe per abbandonare la sua congiunzione; nondubitassero, che i fatti non fossero per corrisponderealla prontezza dell'animo.L'Austria intanto, veduto che i tempi estremi eranogiunti per lei in Italia, mandava a governare le genti, invece del Devins più prudente che ardito capitano, ed an-che scemato di reputazione per le recenti sconfitte, il ge-nerale Beaulieu, il quale quantunque già molt'oltre congli anni, era animoso, vivace, ed abile per questo di sta-

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re a fronte a quella furia Francese, che meglio si puòvincere col prevenirla, che coll'aspettarla. Nè mancavain lui la esperienza dei fatti di guerra, essendosi già mol-to esercitato, nè senza gloria, nelle guerre di Fiandra.Ma quantunque fossero in Beaulieu le qualità più neces-sarie in un buon capitano, mancava in lui la cognizionedei luoghi, non avendo mai guerreggiato in Italia, nèportò con se tante forze, quante gli erano state promes-se; perchè i sussidj Austriaci in Piemonte, quando primain quest'anno s'incominciò a menar le mani, ascendeva-no forse a trenta mila, ma certamente non passavanoquaranta mila soldati, numero non sufficiente a difende-re, non che ad offendere. Del qual fatto quale ne sia sta-ta la cagione, o lentezza o necessità, certo è bene, chel'opera non fu eguale al pericolo. Oltre a ciò, sebbene aBeaulieu, quando fu chiamato generalissimo dei Tede-schi in Italia, fosse stato promesso che sarebbe rivocatoArgenteau, che per difetto o d'animo o di mente, era sta-to cagione d'infelici eventi nella riviera di Genova, non-dimeno l'aveva trovato ancora, non senza sdegno, nonsolo presente all'esercito, ma ancora rettore di una fortedivisione di soldati: il che a lui, che era consideratoredelle cose future, diede sinistro presagio, parendogli,che a volere che i soldati vincano, importi il prepor lorocapitani vincitori. Nè Beaulieu medesimo era tale, chepotesse convenientemente governare capitani, e genti didiverse lingue e di diverse nazioni, tenendo più delguerriero che del cortigiano, per guisa che più temutoche amato dai suoi e dai forestieri, era piuttosto obbedi-

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re a fronte a quella furia Francese, che meglio si puòvincere col prevenirla, che coll'aspettarla. Nè mancavain lui la esperienza dei fatti di guerra, essendosi già mol-to esercitato, nè senza gloria, nelle guerre di Fiandra.Ma quantunque fossero in Beaulieu le qualità più neces-sarie in un buon capitano, mancava in lui la cognizionedei luoghi, non avendo mai guerreggiato in Italia, nèportò con se tante forze, quante gli erano state promes-se; perchè i sussidj Austriaci in Piemonte, quando primain quest'anno s'incominciò a menar le mani, ascendeva-no forse a trenta mila, ma certamente non passavanoquaranta mila soldati, numero non sufficiente a difende-re, non che ad offendere. Del qual fatto quale ne sia sta-ta la cagione, o lentezza o necessità, certo è bene, chel'opera non fu eguale al pericolo. Oltre a ciò, sebbene aBeaulieu, quando fu chiamato generalissimo dei Tede-schi in Italia, fosse stato promesso che sarebbe rivocatoArgenteau, che per difetto o d'animo o di mente, era sta-to cagione d'infelici eventi nella riviera di Genova, non-dimeno l'aveva trovato ancora, non senza sdegno, nonsolo presente all'esercito, ma ancora rettore di una fortedivisione di soldati: il che a lui, che era consideratoredelle cose future, diede sinistro presagio, parendogli,che a volere che i soldati vincano, importi il prepor lorocapitani vincitori. Nè Beaulieu medesimo era tale, chepotesse convenientemente governare capitani, e genti didiverse lingue e di diverse nazioni, tenendo più delguerriero che del cortigiano, per guisa che più temutoche amato dai suoi e dai forestieri, era piuttosto obbedi-

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to per forza, che per volontà. Nè i nobili Piemontesi, chesentivano molto altamente di loro medesimi, lo avevanoa grado. S'aggiunse a tutto questo, che sebbene si fosseordinato che i Piemontesi dovessero in tutto accordarsi,e cooperare con gli Austriaci, e questi coi Piemontesi,tuttavia l'esercito regio non obbediva a Beaulieu, ma eraretto sovranamente da Colli, al quale non mancava nèperizia, nè virtù militare, ma non viveva concorde colcapitano Austriaco. Questo fu cagione, che, contuttochèi due generali operassero di concerto, nei partiti dubbjperò, dove aveva gran parte la propria opinione, l'unonon secondava l'altro, nè l'altro l'uno, quanto la gravitàdel caso avrebbe richiesto. Con queste mancanze, maliumori, e semi di debole concordia, s'incominciò, dallaparte dei confederati, una guerra gravissima, nella qualesi proponevano, deposte oramai le speranze di fare im-pressione in Francia, come falsamente si erano persuasi,di far di modo che almeno l'Italia si preservasse dallainondazione Francese. Erano per tale guisa ordinati iconfederati, che la loro ala sinistra, partendo dalla Scri-via nella vicinanza di Serravalle, si distendeva sino alladestra sponda della Bormida. Quivi incominciava adaver le stanze il corno sinistro dei Piemontesi, che tra-versando quelle montagne, si sprolungava fino alla Stu-ra, con assicurare Ceva e Mondovì con grossi presidj, econ appoggiarsi coll'estremità del corno destro alla fortecittà di Cuneo. Le genti più leggieri munivano i passipiù alti delle montagne, ed un campo era stato fatto conforti trincee, ed in luogo eminente verso Lesegno per la

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to per forza, che per volontà. Nè i nobili Piemontesi, chesentivano molto altamente di loro medesimi, lo avevanoa grado. S'aggiunse a tutto questo, che sebbene si fosseordinato che i Piemontesi dovessero in tutto accordarsi,e cooperare con gli Austriaci, e questi coi Piemontesi,tuttavia l'esercito regio non obbediva a Beaulieu, ma eraretto sovranamente da Colli, al quale non mancava nèperizia, nè virtù militare, ma non viveva concorde colcapitano Austriaco. Questo fu cagione, che, contuttochèi due generali operassero di concerto, nei partiti dubbjperò, dove aveva gran parte la propria opinione, l'unonon secondava l'altro, nè l'altro l'uno, quanto la gravitàdel caso avrebbe richiesto. Con queste mancanze, maliumori, e semi di debole concordia, s'incominciò, dallaparte dei confederati, una guerra gravissima, nella qualesi proponevano, deposte oramai le speranze di fare im-pressione in Francia, come falsamente si erano persuasi,di far di modo che almeno l'Italia si preservasse dallainondazione Francese. Erano per tale guisa ordinati iconfederati, che la loro ala sinistra, partendo dalla Scri-via nella vicinanza di Serravalle, si distendeva sino alladestra sponda della Bormida. Quivi incominciava adaver le stanze il corno sinistro dei Piemontesi, che tra-versando quelle montagne, si sprolungava fino alla Stu-ra, con assicurare Ceva e Mondovì con grossi presidj, econ appoggiarsi coll'estremità del corno destro alla fortecittà di Cuneo. Le genti più leggieri munivano i passipiù alti delle montagne, ed un campo era stato fatto conforti trincee, ed in luogo eminente verso Lesegno per la

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sicurezza del forte di Ceva. Ma siccome quello di cuistavano in maggior gelosìa gli Austriaci, erano le pos-sessioni loro in Lombardìa, così si erano molto ingros-sati nei contorni di Alessandria e di Tortona, e versol'estremo corno loro, occupando per tal modo con molteforze le due strade che da Genova accennano al Milane-se, una per Novi, l'altra per Bobbio. Avrebbero desidera-to per maggior sicurezza delle cose loro avere in manola fortezza di Tortona, e ne fecero anche richiesta; maciò fu loro con la solita costanza dinegato dal re, il qualeancorchè posto nell'ultima necessità, volle non ostante,quanto potè, in propria balìa conservarsi. Tal era adun-que la condizione dei tempi, che il re di Sardegna com-batteva per la salute sua, e ne andava tutto lo stato,l'imperador d'Alemagna per le sue possessioni del Mila-nese e del Mantovano, il re di Napoli per la preservazio-ne d'Italia, il papa per l'autorità della santa sede, e perl'incolumità della religione; Venezia sperava nella neu-tralità senz'armi, Genova nella neutralità con armi, To-scana nella consanguinità coll'Austria e nell'amiciziacolla Francia, Parma e Modena nè in pace nè in guerra,dipendevano in tutto dagli accidenti.Risoluzione principalissima dei reggitori Francesi era difar potente impresa per invadere l'Italia, ed a questo fineindirizzavano tutti i pensieri loro. A questo si muoveva-no non solo pel desiderio di pascere l'esercito in un pae-se ricco, ed ancora intatto, ma eziandio per la speranza,che alla fama di un tanto fatto, e per lo scompiglio che

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sicurezza del forte di Ceva. Ma siccome quello di cuistavano in maggior gelosìa gli Austriaci, erano le pos-sessioni loro in Lombardìa, così si erano molto ingros-sati nei contorni di Alessandria e di Tortona, e versol'estremo corno loro, occupando per tal modo con molteforze le due strade che da Genova accennano al Milane-se, una per Novi, l'altra per Bobbio. Avrebbero desidera-to per maggior sicurezza delle cose loro avere in manola fortezza di Tortona, e ne fecero anche richiesta; maciò fu loro con la solita costanza dinegato dal re, il qualeancorchè posto nell'ultima necessità, volle non ostante,quanto potè, in propria balìa conservarsi. Tal era adun-que la condizione dei tempi, che il re di Sardegna com-batteva per la salute sua, e ne andava tutto lo stato,l'imperador d'Alemagna per le sue possessioni del Mila-nese e del Mantovano, il re di Napoli per la preservazio-ne d'Italia, il papa per l'autorità della santa sede, e perl'incolumità della religione; Venezia sperava nella neu-tralità senz'armi, Genova nella neutralità con armi, To-scana nella consanguinità coll'Austria e nell'amiciziacolla Francia, Parma e Modena nè in pace nè in guerra,dipendevano in tutto dagli accidenti.Risoluzione principalissima dei reggitori Francesi era difar potente impresa per invadere l'Italia, ed a questo fineindirizzavano tutti i pensieri loro. A questo si muoveva-no non solo pel desiderio di pascere l'esercito in un pae-se ricco, ed ancora intatto, ma eziandio per la speranza,che alla fama di un tanto fatto, e per lo scompiglio che

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ne sarebbe nato tanto in Italia quanto in Germania, si sa-rebbero manifestati a favor loro in tutte, od in alcunecorti d'Europa cambiamenti d'importanza. Più specialfine loro in tutto questo era di costringere l'imperatorealla pace, per facilitar la quale speravano di trovare inItalia per la forza dell'armi compensi ad offerire a quelprincipe in iscambio dei Paesi Bassi, che ad ogni modovolevano conservare incorporati alla Francia; imper-ciocchè si avvedevano, che, ove fosse la casa d'Austria,tanto nobile e tanto potente, sforzata alla pace con la re-pubblica, non solo i potentati minori, ma anche i piùgrossi sarebbero facilmente venuti ancor essi agli accor-di. A questo primario disegno subordinavano tutti i pen-sieri e tutte le risoluzioni loro: del modo o fosse di forzao fosse di fraude, non si curavano. Al che se avesseroposto mente le repubbliche di Genova e di Venezia, nonavrebbero aspettato gli estremi casi per fare risoluzioniforti in salute loro. Venezia particolarmente pericolava,siccome contigua agli stati dell'imperatore; perchè, se sivoleva dar il Milanese al re di Sardegna per farlo correrecontro l'Austria, si volevano anche dare tutti o parte de-gli stati Veneziani all'imperatore per farlo risolvere agliaccordi. Di ciò non dubbj segni ebbero, molto innanziche la cosa si manifestasse coll'ultimo precipizio, i mini-stri di Venezia in Basilea, in Vienna ed in Parigi, e neavvisarono il governo. Parlava per verità il governoFrancese, parlavano i suoi agenti per ambagi, e con pa-role tronche, ma non sì che la volontà nemica non vicomparisse dentro chiaramente, e molto ancora più chia-

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ne sarebbe nato tanto in Italia quanto in Germania, si sa-rebbero manifestati a favor loro in tutte, od in alcunecorti d'Europa cambiamenti d'importanza. Più specialfine loro in tutto questo era di costringere l'imperatorealla pace, per facilitar la quale speravano di trovare inItalia per la forza dell'armi compensi ad offerire a quelprincipe in iscambio dei Paesi Bassi, che ad ogni modovolevano conservare incorporati alla Francia; imper-ciocchè si avvedevano, che, ove fosse la casa d'Austria,tanto nobile e tanto potente, sforzata alla pace con la re-pubblica, non solo i potentati minori, ma anche i piùgrossi sarebbero facilmente venuti ancor essi agli accor-di. A questo primario disegno subordinavano tutti i pen-sieri e tutte le risoluzioni loro: del modo o fosse di forzao fosse di fraude, non si curavano. Al che se avesseroposto mente le repubbliche di Genova e di Venezia, nonavrebbero aspettato gli estremi casi per fare risoluzioniforti in salute loro. Venezia particolarmente pericolava,siccome contigua agli stati dell'imperatore; perchè, se sivoleva dar il Milanese al re di Sardegna per farlo correrecontro l'Austria, si volevano anche dare tutti o parte de-gli stati Veneziani all'imperatore per farlo risolvere agliaccordi. Di ciò non dubbj segni ebbero, molto innanziche la cosa si manifestasse coll'ultimo precipizio, i mini-stri di Venezia in Basilea, in Vienna ed in Parigi, e neavvisarono il governo. Parlava per verità il governoFrancese, parlavano i suoi agenti per ambagi, e con pa-role tronche, ma non sì che la volontà nemica non vicomparisse dentro chiaramente, e molto ancora più chia-

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ramente il medesimo disegno si vedeva spiegato nellegazzette Parigine, che più dipendevano dal governo.Siccome poi, quando si vuol perdere qualcheduno, e's'incomincia a fargli proposte disonorevoli, per la spe-ranza di rifiuto, pretesto di ostilità, così uscirono con ri-chiedere Venezia, che scacciasse da' suoi stati il conte diLilla, il quale sotto tutela del diritto delle genti, e sottoquella ancor più sacra dell'infortunio, se ne riposava so-litariamente a Verona. Poco importava al governo re-pubblicano di Francia, che il conte se ne stesse negli sta-ti Veneziani, che anzi gl'importava che vi stesse piutto-sto che altrove; perchè se era pericoloso per quel gover-no che dimorasse in paese non solamente neutrale, maancora alieno dal tentar novità in favore di lui, assai piùpericoloso sarebbe stato, se si fosse condotto od all'eser-cito del principe di Condè, o negli stati delle potenze inguerra con la Francia. Ma la domanda di farlo uscire eraappicco di querela, non testimonio di timore. Quantun-que il conte di Lilla, dopo la morte di Luigi decimosetti-mo, avesse assunto la dignità reale, e fosse in grado dire tenuto dai fuorusciti Francesi, dal ministro di SpagnaLascasas, dal ministro di Russia Mardinof, e dal mini-stro d'Inghilterra Macarteney, che appresso a lui era sta-to mandato appositamente dal re Giorgio, il senato Ve-neziano non l'aveva mai riconosciuto pubblicamente nètrattato da re. Che anzi interpose ogni diligenza, perchè,mentre sul territorio della repubblica dimorasse, nonusasse apertamente atti, che l'autorità sovrana dinotasse-ro. Al che il conte rispose con nobile condiscendenza,

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ramente il medesimo disegno si vedeva spiegato nellegazzette Parigine, che più dipendevano dal governo.Siccome poi, quando si vuol perdere qualcheduno, e's'incomincia a fargli proposte disonorevoli, per la spe-ranza di rifiuto, pretesto di ostilità, così uscirono con ri-chiedere Venezia, che scacciasse da' suoi stati il conte diLilla, il quale sotto tutela del diritto delle genti, e sottoquella ancor più sacra dell'infortunio, se ne riposava so-litariamente a Verona. Poco importava al governo re-pubblicano di Francia, che il conte se ne stesse negli sta-ti Veneziani, che anzi gl'importava che vi stesse piutto-sto che altrove; perchè se era pericoloso per quel gover-no che dimorasse in paese non solamente neutrale, maancora alieno dal tentar novità in favore di lui, assai piùpericoloso sarebbe stato, se si fosse condotto od all'eser-cito del principe di Condè, o negli stati delle potenze inguerra con la Francia. Ma la domanda di farlo uscire eraappicco di querela, non testimonio di timore. Quantun-que il conte di Lilla, dopo la morte di Luigi decimosetti-mo, avesse assunto la dignità reale, e fosse in grado dire tenuto dai fuorusciti Francesi, dal ministro di SpagnaLascasas, dal ministro di Russia Mardinof, e dal mini-stro d'Inghilterra Macarteney, che appresso a lui era sta-to mandato appositamente dal re Giorgio, il senato Ve-neziano non l'aveva mai riconosciuto pubblicamente nètrattato da re. Che anzi interpose ogni diligenza, perchè,mentre sul territorio della repubblica dimorasse, nonusasse apertamente atti, che l'autorità sovrana dinotasse-ro. Al che il conte rispose con nobile condiscendenza,

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vivendosene assai ritiratamente in una villa del conte diGazola: nel qual contegno tanto egli abbondava, che nèpubblicò con le stampe della Veneta repubblica, nè datòdi Verona il manifesto che fece, nella sua esaltazione,alla nazione Francese; che se poi nelle sue azioni segre-te, ed in privato teneva pratiche, che certo teneva, per ri-cuperare l'antico seggio de' suoi maggiori, non si vedecome ciò si potesse imputare alla repubblica di Venezia.Gran maraviglia farebbe in questo caso, se non si sapes-sero le cagioni, lo sdegno del direttorio di Francia; per-chè mentre superbamente comandava al senato Venezia-no, che allontanasse da' suoi dominj il conte di Lilla,sopportava molto pazientemente, che l'ambasciador diSpagna Lascasas riconoscesse il conte come re di Fran-cia, e con lui come col re di Francia, di affari pubblicitrattasse; il che era di ben altra importanza, che il darericovero ad un principe infelice e perseguitato. Ma laSpagna era più potente di Venezia, nè si poteva dar inpreda a nissuno in compenso di stati rapiti. Scriveva ilprimo marzo in nome e per ordine del direttorio il mini-stro degli affari esteri Carlo Delacroix al nobile Queriniin Parigi, che poichè Luigi Stanislao Saverio non avevadubitato di operare in qualità di re di Francia sul territo-rio della repubblica di Venezia, si era reso indegnodell'asilo concedutogli dalla umanità del senato: richie-deva pertanto, e domandava, fossene privato, e gli sidesse bando da tutti i territorj Veneziani; non esser que-sto, aggiungeva, caso di neutralità: la neutralità potersi

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vivendosene assai ritiratamente in una villa del conte diGazola: nel qual contegno tanto egli abbondava, che nèpubblicò con le stampe della Veneta repubblica, nè datòdi Verona il manifesto che fece, nella sua esaltazione,alla nazione Francese; che se poi nelle sue azioni segre-te, ed in privato teneva pratiche, che certo teneva, per ri-cuperare l'antico seggio de' suoi maggiori, non si vedecome ciò si potesse imputare alla repubblica di Venezia.Gran maraviglia farebbe in questo caso, se non si sapes-sero le cagioni, lo sdegno del direttorio di Francia; per-chè mentre superbamente comandava al senato Venezia-no, che allontanasse da' suoi dominj il conte di Lilla,sopportava molto pazientemente, che l'ambasciador diSpagna Lascasas riconoscesse il conte come re di Fran-cia, e con lui come col re di Francia, di affari pubblicitrattasse; il che era di ben altra importanza, che il darericovero ad un principe infelice e perseguitato. Ma laSpagna era più potente di Venezia, nè si poteva dar inpreda a nissuno in compenso di stati rapiti. Scriveva ilprimo marzo in nome e per ordine del direttorio il mini-stro degli affari esteri Carlo Delacroix al nobile Queriniin Parigi, che poichè Luigi Stanislao Saverio non avevadubitato di operare in qualità di re di Francia sul territo-rio della repubblica di Venezia, si era reso indegnodell'asilo concedutogli dalla umanità del senato: richie-deva pertanto, e domandava, fossene privato, e gli sidesse bando da tutti i territorj Veneziani; non esser que-sto, aggiungeva, caso di neutralità: la neutralità potersi

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osservare fra potenze reali ed armate, non fra un re im-maginario ed una repubblica felicemente stabilita, chepuò, che sa, se ho a dirla con lo stilaccio di quei tempi,spiegare una energìa, e delle forze reali per farsi rispet-tare. Nel che si può notare, che non si vede, che cosaimportasse l'avere energìa e forze grandi, al punto dellaquistione, di cui quì si trattava.Ma tornando al nostro proposito, essendo posto in sena-to il partito, se dovesse la repubblica adempiere la ri-chiesta del governo Francese, ancorachè il procuratorPesaro generosamente contrastasse, ricordando con pa-role gravissime alla repubblica la bruttezza del fatto, el'antica generosità di Venezia, fu vinto con centocin-quanta sei voti favorevoli, e quarantasette contrarj. Ora-rono in questo fatto contro la opinione del Pesaro i savjdel consiglio Alessandro Marcello, Niccolò Foscarini, ePietro Zeno, rappresentando, che la pietà verso un prin-cipe forestiero non doveva più operare negli animi deipadri, che la carità verso la patria. Brutta certamente evituperosa deliberazione del senato fu questa, nè ad al-cun modo scusabile, e tanto meno quanto si vedevachiaramente, che il vituperio non avrebbe bastato a par-torir salute; nè varrebbe a diminuire la vergogna l'esem-pio di Luigi decimoquinto re di Francia, il quale strettodi nissuna necessità, non abborrì dal bandire, a petizionedell'Inghilterra, da' suoi stati il principe Edoardo Preten-dente; perchè i re possono bene dare col loro esempiomaggior forza all'onesto, ma non onestare il disonesto;

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osservare fra potenze reali ed armate, non fra un re im-maginario ed una repubblica felicemente stabilita, chepuò, che sa, se ho a dirla con lo stilaccio di quei tempi,spiegare una energìa, e delle forze reali per farsi rispet-tare. Nel che si può notare, che non si vede, che cosaimportasse l'avere energìa e forze grandi, al punto dellaquistione, di cui quì si trattava.Ma tornando al nostro proposito, essendo posto in sena-to il partito, se dovesse la repubblica adempiere la ri-chiesta del governo Francese, ancorachè il procuratorPesaro generosamente contrastasse, ricordando con pa-role gravissime alla repubblica la bruttezza del fatto, el'antica generosità di Venezia, fu vinto con centocin-quanta sei voti favorevoli, e quarantasette contrarj. Ora-rono in questo fatto contro la opinione del Pesaro i savjdel consiglio Alessandro Marcello, Niccolò Foscarini, ePietro Zeno, rappresentando, che la pietà verso un prin-cipe forestiero non doveva più operare negli animi deipadri, che la carità verso la patria. Brutta certamente evituperosa deliberazione del senato fu questa, nè ad al-cun modo scusabile, e tanto meno quanto si vedevachiaramente, che il vituperio non avrebbe bastato a par-torir salute; nè varrebbe a diminuire la vergogna l'esem-pio di Luigi decimoquinto re di Francia, il quale strettodi nissuna necessità, non abborrì dal bandire, a petizionedell'Inghilterra, da' suoi stati il principe Edoardo Preten-dente; perchè i re possono bene dare col loro esempiomaggior forza all'onesto, ma non onestare il disonesto;

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imperciocchè se gli uomini non sono fiere, ma uomini,havvi fra di loro una legge del giusto e dell'onesto, ante-riore e divina, cui nè la forza, nè i capricci dei potentipossono invalidare; e se i contemporanei gli adulano, iposteri gli notano d'infamia. Tanto è forte nelle umanementi la impressione di quella divina legge.Si commise al tribunale degl'inquisitori di stato l'esecu-zione del partito preso dal senato. Delegossi a far l'uffi-cio il segretario Giuseppe Gradenigo, ed il marcheseCarlotto. Introdotti nelle stanze del conte, che per uomoa posta era stato avvisato da Venezia dal conted'Entraigues del successo delle cose, ed al cospetto suovenuti, eseguirono quello che dalla signorìa era statoloro comandato. A tale annunzio rispose gravemente,partirebbe, ma per forza; se gli portasse intanto il librod'Oro; cancellerebbe di sua mano il nome dei Borboni;se gli restituisse l'armatura di Enrico quarto suo gloriosoavolo, data in dono alla repubblica. Nè parendogli piùdignità il dimorar più lungamente in un dominio, cheper debolezza obbediva ai comandamenti degli uccisoridel suo fratello, se ne partiva senza dilazione, e sottonome di conte di Grosbois si condusse all'esercito deiFrancesi fuorusciti a Friburgo in Brisgovia. Innanzi peròche partisse, fece mandato al ministro di Russia appres-so al senato, acciocchè in vece sua cancellasse sul librod'Oro il nome dei Borboni, e l'armatura d'Enrico in de-posito ricevesse. Al tempo medesimo gli rammentava,che per la fede e l'affezione che aveva posta in lui, gli

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imperciocchè se gli uomini non sono fiere, ma uomini,havvi fra di loro una legge del giusto e dell'onesto, ante-riore e divina, cui nè la forza, nè i capricci dei potentipossono invalidare; e se i contemporanei gli adulano, iposteri gli notano d'infamia. Tanto è forte nelle umanementi la impressione di quella divina legge.Si commise al tribunale degl'inquisitori di stato l'esecu-zione del partito preso dal senato. Delegossi a far l'uffi-cio il segretario Giuseppe Gradenigo, ed il marcheseCarlotto. Introdotti nelle stanze del conte, che per uomoa posta era stato avvisato da Venezia dal conted'Entraigues del successo delle cose, ed al cospetto suovenuti, eseguirono quello che dalla signorìa era statoloro comandato. A tale annunzio rispose gravemente,partirebbe, ma per forza; se gli portasse intanto il librod'Oro; cancellerebbe di sua mano il nome dei Borboni;se gli restituisse l'armatura di Enrico quarto suo gloriosoavolo, data in dono alla repubblica. Nè parendogli piùdignità il dimorar più lungamente in un dominio, cheper debolezza obbediva ai comandamenti degli uccisoridel suo fratello, se ne partiva senza dilazione, e sottonome di conte di Grosbois si condusse all'esercito deiFrancesi fuorusciti a Friburgo in Brisgovia. Innanzi peròche partisse, fece mandato al ministro di Russia appres-so al senato, acciocchè in vece sua cancellasse sul librod'Oro il nome dei Borboni, e l'armatura d'Enrico in de-posito ricevesse. Al tempo medesimo gli rammentava,che per la fede e l'affezione che aveva posta in lui, gli

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affidava quanto di più caro e di più prezioso aveva, equest'era il ritratto del re suo fratello. Gli ricordava infi-ne, e gli raccomandava i suoi sudditi fedeli, particolar-mente il conte d'Entraigues, che nel dominio dei Vene-ziani rimanevano. Così partiva con tanta dignità da Ve-rona, con quanta modestia vi era vissuto, e partendofece un pietoso ufficio verso il re suo fratello e verso co-loro, che per affezione alla sua persona ed al nome realesi erano fatti partecipi del suo esilio.Intanto per gli uffizj fatti per ordine del senato dai mini-stri Veneti presso le corti d'Europa, massimamente pres-so l'imperatrice delle Russie, che con più caldezza deglialtri procedeva in favore del conte, si acquetò il negoziodel libro d'Oro, e dell'armatura d'Enrico.Oggimai si appropinquavano le calamità d'Italia. La ti-rannide sotto nome di libertà, la rapina sotto nome digenerosità, un concitare i poveri, ed uno spogliare i ric-chi, un gridare contro la nobiltà pubblicamente, ed unadularla privatamente, un far uso degli amatori della li-bertà, e disprezzargli, un incitargli contro i re, ed un per-seguitargli per piacere ai re, il nome di libertà usatocome mezzo di potenza non come mezzo di felicità, unlodarla con parole ed un vituperarla coi fatti, le più santecose antiche stuprate per derisione, o per ladroneccio, lepiù sante cose moderne fatte vili da un'orribile accompa-gnatura, un rubar di monti di Pietà, uno spogliar di chie-se, un guastar palazzi di ricchi, un incendere casolari dipoveri, ciò che la licenza militare ha di più atroce, ciò

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affidava quanto di più caro e di più prezioso aveva, equest'era il ritratto del re suo fratello. Gli ricordava infi-ne, e gli raccomandava i suoi sudditi fedeli, particolar-mente il conte d'Entraigues, che nel dominio dei Vene-ziani rimanevano. Così partiva con tanta dignità da Ve-rona, con quanta modestia vi era vissuto, e partendofece un pietoso ufficio verso il re suo fratello e verso co-loro, che per affezione alla sua persona ed al nome realesi erano fatti partecipi del suo esilio.Intanto per gli uffizj fatti per ordine del senato dai mini-stri Veneti presso le corti d'Europa, massimamente pres-so l'imperatrice delle Russie, che con più caldezza deglialtri procedeva in favore del conte, si acquetò il negoziodel libro d'Oro, e dell'armatura d'Enrico.Oggimai si appropinquavano le calamità d'Italia. La ti-rannide sotto nome di libertà, la rapina sotto nome digenerosità, un concitare i poveri, ed uno spogliare i ric-chi, un gridare contro la nobiltà pubblicamente, ed unadularla privatamente, un far uso degli amatori della li-bertà, e disprezzargli, un incitargli contro i re, ed un per-seguitargli per piacere ai re, il nome di libertà usatocome mezzo di potenza non come mezzo di felicità, unlodarla con parole ed un vituperarla coi fatti, le più santecose antiche stuprate per derisione, o per ladroneccio, lepiù sante cose moderne fatte vili da un'orribile accompa-gnatura, un rubar di monti di Pietà, uno spogliar di chie-se, un guastar palazzi di ricchi, un incendere casolari dipoveri, ciò che la licenza militare ha di più atroce, ciò

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che l'inganno ha di più perfido, ciò che la prepotenza hadi più insolente, un furor Tedesco chiamato da una furiaFrancese, una furia Francese chiamata da un furore Te-desco conculcata hanno, e desolata in fondo la miseran-da Italia tutta. Nè più si vanti ella dell'esser bella, o ilgiardino d'Europa, o, come la chiamavano, la terra clas-sica delle arti; poichè tali doti, se pur vere sono, che purtroppo sono, non la fecero segno di rispetto, ma sì dipreda, e di derisione. E quel che più debb'essere di ram-marico, e di dolore perpetuo cagione, si è, che spiriti altie generosi quasi innumerabili, sì d'Italia che di Francia,reputando dono inestimabile la libertà, come ella è vera-mente, presi alle belle parole, e dominati continuamenteda una dolce illusione fantastica, ajutarono coi detti, conle scritture e coi fatti quell'inganno, che altri tendeva diproposito deliberato, col fine di soddisfare ad immensecupidità. Così la libertà, la quale altro non è che l'esecu-zione puntuale di leggi civili giuste, ed uguali per tutti,diventò odiosa agli uomini Italiani a cagione delle opereree di coloro, che si vantavano di darla, e le parole degliuomini illibati sì Francesi che Italiani, i quali la predica-vano, perdettero appresso ai popoli ogni autorità; perchèeglino offesi gravemente nelle sostanze e nelle persone,e soggetti ad un'inconsueta insolenza di soldati, non sa-pevano purgarla da quel scelerato connubio. Certamentei governi Italiani di quei tempi non erano perfetti, maerano almeno sopportabili per la consuetudine, e il dive-nivano ogni giorno di vantaggio per le riforme, che perla forza del secolo vi si andavano dai reggitori dei popo-

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che l'inganno ha di più perfido, ciò che la prepotenza hadi più insolente, un furor Tedesco chiamato da una furiaFrancese, una furia Francese chiamata da un furore Te-desco conculcata hanno, e desolata in fondo la miseran-da Italia tutta. Nè più si vanti ella dell'esser bella, o ilgiardino d'Europa, o, come la chiamavano, la terra clas-sica delle arti; poichè tali doti, se pur vere sono, che purtroppo sono, non la fecero segno di rispetto, ma sì dipreda, e di derisione. E quel che più debb'essere di ram-marico, e di dolore perpetuo cagione, si è, che spiriti altie generosi quasi innumerabili, sì d'Italia che di Francia,reputando dono inestimabile la libertà, come ella è vera-mente, presi alle belle parole, e dominati continuamenteda una dolce illusione fantastica, ajutarono coi detti, conle scritture e coi fatti quell'inganno, che altri tendeva diproposito deliberato, col fine di soddisfare ad immensecupidità. Così la libertà, la quale altro non è che l'esecu-zione puntuale di leggi civili giuste, ed uguali per tutti,diventò odiosa agli uomini Italiani a cagione delle opereree di coloro, che si vantavano di darla, e le parole degliuomini illibati sì Francesi che Italiani, i quali la predica-vano, perdettero appresso ai popoli ogni autorità; perchèeglino offesi gravemente nelle sostanze e nelle persone,e soggetti ad un'inconsueta insolenza di soldati, non sa-pevano purgarla da quel scelerato connubio. Certamentei governi Italiani di quei tempi non erano perfetti, maerano almeno sopportabili per la consuetudine, e il dive-nivano ogni giorno di vantaggio per le riforme, che perla forza del secolo vi si andavano dai reggitori dei popo-

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li facendo. Ma che il dominio sregolato militare sia mi-gliore di loro, chi potrà mantenere? Dicevano alcuni, edicono tuttavia, che da quel male doveva nascere unbene; ma io so che gli uomini non hanno tanta pazienza,e fu puranco la pazienza lunga. Così perì non solo la li-bertà, ma contaminossi la fama stessa di lei; e se un be-nigno risguardo dei cieli non ajuta l'umana generazionein Europa, temo assai, che l'esempio, e la ricordanzadelle cose fatte in Italia sotto colore di libertà, sianoostacolo insuperabile alla fondazione di lei.Era risoluzione irrevocabile del governo Francese inquest'anno di tentare le cose d'Italia, di aprirvisi l'aditoforzatamente, e di correrla con eserciti vittoriosi. Erano ipensieri maturi, le vie spianate, le armi pronte, gli animidei soldati accesi, la fame stessa, che gli tormentava su-gli sterili Apennini, gli stimolava a far impeto in un pae-se abbondante in fatto, abbondantissimo per fama. Areggere tanta mole, poichè giusta l'opinione di quel go-verno, dall'esito dell'armi usate in Italia dipendeva intutto la fortuna dell'Europea guerra, mancava un genera-le capace di mente, invitto d'animo, e d'audacia pari alledifficoltà che si prevedevano. Pareva, che Scherer nonfosse uomo da poter sostenere peso tanto forte, quantun-que il suo nome fosse chiaro per la fresca vittoria diLoano, ed il primo disegno d'invadere l'Italia frutto delsuo ingegno. Fecero adunque avviso di mandare la ma-gnifica impresa al generale Buonaparte, giovane già innome di buon guerriero per le cose fatte a Tolone, e nel-

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li facendo. Ma che il dominio sregolato militare sia mi-gliore di loro, chi potrà mantenere? Dicevano alcuni, edicono tuttavia, che da quel male doveva nascere unbene; ma io so che gli uomini non hanno tanta pazienza,e fu puranco la pazienza lunga. Così perì non solo la li-bertà, ma contaminossi la fama stessa di lei; e se un be-nigno risguardo dei cieli non ajuta l'umana generazionein Europa, temo assai, che l'esempio, e la ricordanzadelle cose fatte in Italia sotto colore di libertà, sianoostacolo insuperabile alla fondazione di lei.Era risoluzione irrevocabile del governo Francese inquest'anno di tentare le cose d'Italia, di aprirvisi l'aditoforzatamente, e di correrla con eserciti vittoriosi. Erano ipensieri maturi, le vie spianate, le armi pronte, gli animidei soldati accesi, la fame stessa, che gli tormentava su-gli sterili Apennini, gli stimolava a far impeto in un pae-se abbondante in fatto, abbondantissimo per fama. Areggere tanta mole, poichè giusta l'opinione di quel go-verno, dall'esito dell'armi usate in Italia dipendeva intutto la fortuna dell'Europea guerra, mancava un genera-le capace di mente, invitto d'animo, e d'audacia pari alledifficoltà che si prevedevano. Pareva, che Scherer nonfosse uomo da poter sostenere peso tanto forte, quantun-que il suo nome fosse chiaro per la fresca vittoria diLoano, ed il primo disegno d'invadere l'Italia frutto delsuo ingegno. Fecero adunque avviso di mandare la ma-gnifica impresa al generale Buonaparte, giovane già innome di buon guerriero per le cose fatte a Tolone, e nel-

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la riviera. Presentendo egli per la vastità e la forzadell'animo suo quello, che fosse capace di fare, quantun-que di natura superbissima ed insofferente fosse, noncessava di sollecitare, e d'infestare con tenacissima per-severanza, e con preghiere continue il direttorio, affin-chè gli commettesse la condotta dell'Italiana guerra. Mi-litavano anche a suo favore alcuni motivi segreti, che sispiegheranno in progresso, i quali, se non sarebbero pia-ciuti a Carnot, ed a Lareveillere-Lepeaux, quinqueviri,che gl'ignoravano, piacevano a Barras, altro quinquevi-ro, che sotto spezie di repubblicano forte nutriva pensie-ri del tutto diversi. A questo si aggiunse un matrimonio,ch'ei fece, grato a Barras, sposandosi con Giuseppina,d'età maggiore di lui, e moglie che era stata di Alessan-dro Beauharnais.Adunque a Buonaparte, giovane d'ingegno smisurato, edi cupidità ardentissima di dominio, fu commessa da chireggeva la Francia, in iscambio di Scherer, l'opera diconquistar l'Italia. Nè così tosto ei giunse al governodell'esercito Italico, che mostrò quanto fosse nato percomandare; imperciocchè, quand'erano al campoDumorbion, Kellerman, e Scherer, molto famigliarmen-te vivevano, ed alla repubblicana coi generali subalterni;ma Buonaparte, quantunque fosse più giovane di tutti, sicompose in maggior dignità, e non dimesticandosi connissuno, pareva non più il primo fra gli uguali, ma bensìil superiore fra gl'inferiori. A questo si acconciarono fa-cilmente Massena, Augereau, e gli altri capitani di mag-

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la riviera. Presentendo egli per la vastità e la forzadell'animo suo quello, che fosse capace di fare, quantun-que di natura superbissima ed insofferente fosse, noncessava di sollecitare, e d'infestare con tenacissima per-severanza, e con preghiere continue il direttorio, affin-chè gli commettesse la condotta dell'Italiana guerra. Mi-litavano anche a suo favore alcuni motivi segreti, che sispiegheranno in progresso, i quali, se non sarebbero pia-ciuti a Carnot, ed a Lareveillere-Lepeaux, quinqueviri,che gl'ignoravano, piacevano a Barras, altro quinquevi-ro, che sotto spezie di repubblicano forte nutriva pensie-ri del tutto diversi. A questo si aggiunse un matrimonio,ch'ei fece, grato a Barras, sposandosi con Giuseppina,d'età maggiore di lui, e moglie che era stata di Alessan-dro Beauharnais.Adunque a Buonaparte, giovane d'ingegno smisurato, edi cupidità ardentissima di dominio, fu commessa da chireggeva la Francia, in iscambio di Scherer, l'opera diconquistar l'Italia. Nè così tosto ei giunse al governodell'esercito Italico, che mostrò quanto fosse nato percomandare; imperciocchè, quand'erano al campoDumorbion, Kellerman, e Scherer, molto famigliarmen-te vivevano, ed alla repubblicana coi generali subalterni;ma Buonaparte, quantunque fosse più giovane di tutti, sicompose in maggior dignità, e non dimesticandosi connissuno, pareva non più il primo fra gli uguali, ma bensìil superiore fra gl'inferiori. A questo si acconciarono fa-cilmente Massena, Augereau, e gli altri capitani di mag-

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gior grido. Quindi nacque, che i nodi dell'esercito vie-maggiormente si restrinsero, furono i soldati più pazien-ti all'ubbidire, l'ordine più stabile, il concerto più perfet-to. Si presagiva, che da una mente grande e forte dove-vano partorirsi effetti straordinarj, e si augurava prospe-ro evento al mirabile conato: nè mancavano sussidj adoperar fortemente. Era l'esercito fiorito di ben cinquan-tamila combattenti, poveri sì d'arnese, e penuriosi di vet-tovaglie, ma abbondanti di coraggio, e forti di volontà:quel lusinghevole pensiero di correre come signori l'Ita-lia, gli rendeva ancor maggiori di loro medesimi, e giàabbracciavano colle speranze la possessione di lei. Man-dava il direttorio al nuovo capitano Francese quanto vo-lesse, purchè conculcasse l'Austriaco, il separasse dalPiemontese, sforzasse Genova a dar denaro, e la fortez-za di Gavi; se Genova non desse Gavi per amore loprendesse per forza; instigasse i malevoli del Piemonte,acciocchè o generalmente, o particolarmente insorgesse-ro contro l'autorità regia: ciò per forza, o per arte subdo-la; quel che segue per sete di rapina; conciossiachè man-davagli, facesse una subita correrìa contro la casa di Lo-reto, onde ne fosse Italia atterrita, rapite le ricchezze, edinvolati i voti appesi dai fedeli in tanti secoli. Tanto erasmisurata in quel governo la cupidità del rapire, e delfare d'ogni erba fascio.Reggevano l'ala dritta, che si distendeva insino a Voltri,Laharpe con Cervoni, la battaglia Buonaparte con a drit-ta Massena, a sinistra Augereau, finalmente l'ala sini-

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gior grido. Quindi nacque, che i nodi dell'esercito vie-maggiormente si restrinsero, furono i soldati più pazien-ti all'ubbidire, l'ordine più stabile, il concerto più perfet-to. Si presagiva, che da una mente grande e forte dove-vano partorirsi effetti straordinarj, e si augurava prospe-ro evento al mirabile conato: nè mancavano sussidj adoperar fortemente. Era l'esercito fiorito di ben cinquan-tamila combattenti, poveri sì d'arnese, e penuriosi di vet-tovaglie, ma abbondanti di coraggio, e forti di volontà:quel lusinghevole pensiero di correre come signori l'Ita-lia, gli rendeva ancor maggiori di loro medesimi, e giàabbracciavano colle speranze la possessione di lei. Man-dava il direttorio al nuovo capitano Francese quanto vo-lesse, purchè conculcasse l'Austriaco, il separasse dalPiemontese, sforzasse Genova a dar denaro, e la fortez-za di Gavi; se Genova non desse Gavi per amore loprendesse per forza; instigasse i malevoli del Piemonte,acciocchè o generalmente, o particolarmente insorgesse-ro contro l'autorità regia: ciò per forza, o per arte subdo-la; quel che segue per sete di rapina; conciossiachè man-davagli, facesse una subita correrìa contro la casa di Lo-reto, onde ne fosse Italia atterrita, rapite le ricchezze, edinvolati i voti appesi dai fedeli in tanti secoli. Tanto erasmisurata in quel governo la cupidità del rapire, e delfare d'ogni erba fascio.Reggevano l'ala dritta, che si distendeva insino a Voltri,Laharpe con Cervoni, la battaglia Buonaparte con a drit-ta Massena, a sinistra Augereau, finalmente l'ala sini-

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stra, che stava a fronte dei Piemontesi, Serrurier, con-giunto con Rusca, uomo di smisurato valore, che, lascia-to il queto esercizio dell'arte medica, si era molto volen-tieri mescolato nel fracasso dell'armi. Disegnava il gene-rale repubblicano di far impeto contro la mezzana schie-ra dei confederati, acciocchè rotta che ella fosse, potesseentrar di mezzo fra gli Austriaci ed i Piemontesi: conse-guito questo intento, i primi si sarebbero ritiratinell'oltre-Po, i secondi rincacciati nell'angusta pianuraloro, avrebbero, come credeva, facilmente accettato gliaccordi separandosi dalla confederazione dell'imperato-re. A questo fine, e sapendo che grandissima gelosìaavevano gli Austriaci della loro sinistra, perchè la largae comoda strada della Bocchetta accennava a Milano,aveva ordinato a Cervoni, occupasse con un corpo gros-so Voltri. Oltre a questo fece marciare da Savonaun'altra forte squadra verso la montagna di Nostra Si-gnora dell'Acqua santa, strada che mette direttamentealla Bocchetta. Questa squadra conduceva con se moltipezzi di artiglierìe sì grosse che minute. Assai bene con-siderato era questo consiglio; perchè si poteva prevederefacilmente, che Beaulieu, temendo per la Lombardìa,avrebbe assottigliato la parte di mezzo per mandar gentead ingrossar la sinistra, acciocchè fosse in grado di starforte a preservare gli stati proprj dell'imperatore. Cosìpiù facilmente si sarebbe aperto l'adito ai repubblicaniall'entrar di mezzo ai confederati. Fu certamente inten-zione di Buonaparte di dar gelosìa alla sinistra diBeaulieu, perchè se fosse stata diversa, non sarebbe da

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stra, che stava a fronte dei Piemontesi, Serrurier, con-giunto con Rusca, uomo di smisurato valore, che, lascia-to il queto esercizio dell'arte medica, si era molto volen-tieri mescolato nel fracasso dell'armi. Disegnava il gene-rale repubblicano di far impeto contro la mezzana schie-ra dei confederati, acciocchè rotta che ella fosse, potesseentrar di mezzo fra gli Austriaci ed i Piemontesi: conse-guito questo intento, i primi si sarebbero ritiratinell'oltre-Po, i secondi rincacciati nell'angusta pianuraloro, avrebbero, come credeva, facilmente accettato gliaccordi separandosi dalla confederazione dell'imperato-re. A questo fine, e sapendo che grandissima gelosìaavevano gli Austriaci della loro sinistra, perchè la largae comoda strada della Bocchetta accennava a Milano,aveva ordinato a Cervoni, occupasse con un corpo gros-so Voltri. Oltre a questo fece marciare da Savonaun'altra forte squadra verso la montagna di Nostra Si-gnora dell'Acqua santa, strada che mette direttamentealla Bocchetta. Questa squadra conduceva con se moltipezzi di artiglierìe sì grosse che minute. Assai bene con-siderato era questo consiglio; perchè si poteva prevederefacilmente, che Beaulieu, temendo per la Lombardìa,avrebbe assottigliato la parte di mezzo per mandar gentead ingrossar la sinistra, acciocchè fosse in grado di starforte a preservare gli stati proprj dell'imperatore. Cosìpiù facilmente si sarebbe aperto l'adito ai repubblicaniall'entrar di mezzo ai confederati. Fu certamente inten-zione di Buonaparte di dar gelosìa alla sinistra diBeaulieu, perchè se fosse stata diversa, non sarebbe da

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commendarsi; perciocchè ed indeboliva in tale modo lasua mezzana appunto verso le strade più facili, che por-tano a Savona: ne' Voltri era luogo da potersi tenere,perchè e pel lido e per la montagna poteva agevolmenteil nemico accostarsi ad assaltarlo. Bene non si può loda-re dell'aver troppo indugiato ad occupare, ed a fortificarMontenotte, che guarda la strada per al Dego, e che do-mina il luogo della Madonna di Savona, principal difesadei Francesi sul mezzo loro; che se finalmente l'occupò,e vi fece qualche riparo, che non fu prima degli ottoaprile, fu più tosto consiglio di Massena, che suo. Per-tanto si vede che se lo stare a Voltri era opportuno,quantunque non senza grave pericolo, il non stare aMontenotte era degno di riprensione. E tanto maggiorbiasimo merita questa omissione del generalissimo diFrancia, ch'ei sapeva che gli alleati si erano fatti moltogrossi a Sassello; il che dava manifesto indizio ch'essivolessero, passando sotto Montenotte, condursi a Savo-na, e per tal modo tagliare in mezzo l'esercito repubbli-cano. La qual cosa fu chiaramente dimostrata dal suc-cesso delle cose.Adunque erano giunti i tempi fatali per l'Italia. Beaulieu,precipitoso ed audace capitano, presentendo il disegnodel nemico, poichè non si raffreddava, anzi crescevaogni giorno il romore delle preparazioni Francesi, si eradeliberato a prevenirlo. Aveva egli assembrato in Sas-sello una grossa schiera composta di diecimila Austria-ci, e quattro mila Piemontesi, bella e fiorita gente, col

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commendarsi; perciocchè ed indeboliva in tale modo lasua mezzana appunto verso le strade più facili, che por-tano a Savona: ne' Voltri era luogo da potersi tenere,perchè e pel lido e per la montagna poteva agevolmenteil nemico accostarsi ad assaltarlo. Bene non si può loda-re dell'aver troppo indugiato ad occupare, ed a fortificarMontenotte, che guarda la strada per al Dego, e che do-mina il luogo della Madonna di Savona, principal difesadei Francesi sul mezzo loro; che se finalmente l'occupò,e vi fece qualche riparo, che non fu prima degli ottoaprile, fu più tosto consiglio di Massena, che suo. Per-tanto si vede che se lo stare a Voltri era opportuno,quantunque non senza grave pericolo, il non stare aMontenotte era degno di riprensione. E tanto maggiorbiasimo merita questa omissione del generalissimo diFrancia, ch'ei sapeva che gli alleati si erano fatti moltogrossi a Sassello; il che dava manifesto indizio ch'essivolessero, passando sotto Montenotte, condursi a Savo-na, e per tal modo tagliare in mezzo l'esercito repubbli-cano. La qual cosa fu chiaramente dimostrata dal suc-cesso delle cose.Adunque erano giunti i tempi fatali per l'Italia. Beaulieu,precipitoso ed audace capitano, presentendo il disegnodel nemico, poichè non si raffreddava, anzi crescevaogni giorno il romore delle preparazioni Francesi, si eradeliberato a prevenirlo. Aveva egli assembrato in Sas-sello una grossa schiera composta di diecimila Austria-ci, e quattro mila Piemontesi, bella e fiorita gente, col

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pensiero di dar dentro nel mezzo della fronte francese, edopo di averlo fracassato, riuscire a Savona; con cheegli avrebbe separato il nemico in due parti, e presa tuttaquella che stanziava a Voltri e nei luoghi circostanti.Obbedivano i soldati di Sassello ai generali Argenteau, eRoccavina. Non pertanto, per interrompere alle genti diVoltri la facoltà di accostarsi a tempo del conflitto inajuto della mezza, si era risoluto ad assaltar questa terra.Il dì dieci aprile, circa le tre meridiane, givano i Tede-schi all'assalto di Voltri con sei mila fanti, e quattro boc-che da fuoco, passando principalmente per Campovado,e per altre strade della montagna, mentre ducento cavallicon le artiglierìe, radendo il lido, si accostavanodall'altra parte al luogo della battaglia. Alcune navi daguerra Inglesi secondavano lo sforzo loro con ispessi tiridal mare vicino. Non potendo i Francesi rispondere atanti assalti, furono rotti, diventarono i Tedeschi padronidei posti sopraeminenti a Voltri, e se avessero incomin-ciato la battaglia più per tempo, tutta la forza Francesedi Voltri, sarebbe stata o morta o presa. Ma sopraggiun-se la notte, dell'oscurità della quale opportunamente va-lendosi i repubblicani, si ritiravano a Varaggio, ed allaMadonna di Savona.In questo mezzo tempo Argenteau e Roccavina non era-no stati a bada; anzi mossisi da Sassello assaltaronogrossi ed impetuosi le trincee estemporanee fatte daiFrancesi a Montenotte. Erano queste in numero di tre,ed al di sopra l'una dell'altra, la più eminente appunto

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pensiero di dar dentro nel mezzo della fronte francese, edopo di averlo fracassato, riuscire a Savona; con cheegli avrebbe separato il nemico in due parti, e presa tuttaquella che stanziava a Voltri e nei luoghi circostanti.Obbedivano i soldati di Sassello ai generali Argenteau, eRoccavina. Non pertanto, per interrompere alle genti diVoltri la facoltà di accostarsi a tempo del conflitto inajuto della mezza, si era risoluto ad assaltar questa terra.Il dì dieci aprile, circa le tre meridiane, givano i Tede-schi all'assalto di Voltri con sei mila fanti, e quattro boc-che da fuoco, passando principalmente per Campovado,e per altre strade della montagna, mentre ducento cavallicon le artiglierìe, radendo il lido, si accostavanodall'altra parte al luogo della battaglia. Alcune navi daguerra Inglesi secondavano lo sforzo loro con ispessi tiridal mare vicino. Non potendo i Francesi rispondere atanti assalti, furono rotti, diventarono i Tedeschi padronidei posti sopraeminenti a Voltri, e se avessero incomin-ciato la battaglia più per tempo, tutta la forza Francesedi Voltri, sarebbe stata o morta o presa. Ma sopraggiun-se la notte, dell'oscurità della quale opportunamente va-lendosi i repubblicani, si ritiravano a Varaggio, ed allaMadonna di Savona.In questo mezzo tempo Argenteau e Roccavina non era-no stati a bada; anzi mossisi da Sassello assaltaronogrossi ed impetuosi le trincee estemporanee fatte daiFrancesi a Montenotte. Erano queste in numero di tre,ed al di sopra l'una dell'altra, la più eminente appunto

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era quella di Montenotte. Difendeva i Francesi la fortez-za del luogo, favoriva i Tedeschi il maggior numero, gliuni e gli altri infiammava un indicibile valore: stava inmezzo, qual premio al vincitore, l'innocente Italia. Sicombattè coi cannoni, coi fucili, con le spade, con lemani. Maravigliavansi i Francesi a sì feroce assalto; ma-ravigliavansi i Tedeschi a sì lunga resistenza. Finalmen-te, dopo molto sangue, riuscirono questi, occultandosi incerte boscaglie, ad entrar per bella forza dentro le duetrincee più basse, e se ne impadronirono. Rimaneva aconquistarsi la terza: contro di lei voltarono i Tedeschitutto l'impeto dell'armi loro vittoriose. Quì sorse unabattaglia tale, che poche di simil fatta per la virtù dimo-strata dagli assalitori e dagli assaliti sono tramandatedalle storie. Incominciavano a sormontare gl'imperiali,trovandosi assai più grossi, e già sul ciglione medesimodella trincea si combatteva asprissimamente da vicino.Ma in questo forte punto il colonnello Rampon, sotto lacustodia del quale era la trincea, a patto nessuno sbigot-titosi a quell'orribile fracasso, che anzi tanto più infiam-mandosi nel suo coraggio, quanto più era grave il peri-colo, animosissimamente rivoltossi a' suoi soldati, fecelor prestare quel bel giuramento, che fia eterno nelle sto-rie, di non cedere se non morti. Il valore dei Francesi di-ventò più che sprezzo di morte, e con tanta pertinacia,con tanta ostinazione, con un menar di mani tanto tre-mendo combatterono, che ributtati furiosamente da ogniassalto i Tedeschi, sopravvenne la notte, senza che egli-no potessero conquistare la trincea tanto contrastata, e

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era quella di Montenotte. Difendeva i Francesi la fortez-za del luogo, favoriva i Tedeschi il maggior numero, gliuni e gli altri infiammava un indicibile valore: stava inmezzo, qual premio al vincitore, l'innocente Italia. Sicombattè coi cannoni, coi fucili, con le spade, con lemani. Maravigliavansi i Francesi a sì feroce assalto; ma-ravigliavansi i Tedeschi a sì lunga resistenza. Finalmen-te, dopo molto sangue, riuscirono questi, occultandosi incerte boscaglie, ad entrar per bella forza dentro le duetrincee più basse, e se ne impadronirono. Rimaneva aconquistarsi la terza: contro di lei voltarono i Tedeschitutto l'impeto dell'armi loro vittoriose. Quì sorse unabattaglia tale, che poche di simil fatta per la virtù dimo-strata dagli assalitori e dagli assaliti sono tramandatedalle storie. Incominciavano a sormontare gl'imperiali,trovandosi assai più grossi, e già sul ciglione medesimodella trincea si combatteva asprissimamente da vicino.Ma in questo forte punto il colonnello Rampon, sotto lacustodia del quale era la trincea, a patto nessuno sbigot-titosi a quell'orribile fracasso, che anzi tanto più infiam-mandosi nel suo coraggio, quanto più era grave il peri-colo, animosissimamente rivoltossi a' suoi soldati, fecelor prestare quel bel giuramento, che fia eterno nelle sto-rie, di non cedere se non morti. Il valore dei Francesi di-ventò più che sprezzo di morte, e con tanta pertinacia,con tanta ostinazione, con un menar di mani tanto tre-mendo combatterono, che ributtati furiosamente da ogniassalto i Tedeschi, sopravvenne la notte, senza che egli-no potessero conquistare la trincea tanto contrastata, e

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tanto importante. Gli uni e gli altri sull'armi loro posan-do, aspettavano la luce del seguente giorno, che dovevain un nuovo conflitto definire la spaventevole contesa.Quì si vide manifestamente l'errore di Buonaparte delloaver occupato, ed affortificato troppo tardi, e male,Montenotte e, come accennammo, anche per confortoaltrui, del non aver fatto diradare le boscaglie, dello avertenute lontane da questo principal posto le altre soldate-sche, per modo che non abbiano potuto venire in questomedesimo giorno in soccorso di quelle che pericolavanonelle trincee del monte. Certo se non era il valore straor-dinario di Rampon, si perdeva la battaglia dai Francesi,e con lei si perdevano per loro le sorti d'Italia. Ma diquesti valori straordinarj è avara la spezie, nè vi si puòfar fondamento per anticipazione dai capitani bene avvi-sati e prudenti. Errò adunque in questo fatto Buonaparte,riparò l'errore Rampon: la vittoria di Montenotte, che in-cominciò quella mole tanto gloriosa d'imprese militari, equel maraviglioso corso d'inaudita felicità, non al suobuon consiglio, ma al valore di un capitano inferioredeesi unicamente attribuire. Ma il generalissimo nelgiorno undici, anzi nella notte stessa del dieci emendòcon pari celerità ed arte l'errore commesso nel preceden-te: mandò a tutta fretta un rinforzo da Savona a Monte-notte, il quale non solamente rinfrancò gli spiriti dei di-fensori della trincea, ma diede agio a Rampon di empiredi soldati a destra ed a sinistra le boscaglie, che ingom-bravano le strade per alla trincea medesima, e per lequali dovevano di necessità passare gli Austriaci per as-

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tanto importante. Gli uni e gli altri sull'armi loro posan-do, aspettavano la luce del seguente giorno, che dovevain un nuovo conflitto definire la spaventevole contesa.Quì si vide manifestamente l'errore di Buonaparte delloaver occupato, ed affortificato troppo tardi, e male,Montenotte e, come accennammo, anche per confortoaltrui, del non aver fatto diradare le boscaglie, dello avertenute lontane da questo principal posto le altre soldate-sche, per modo che non abbiano potuto venire in questomedesimo giorno in soccorso di quelle che pericolavanonelle trincee del monte. Certo se non era il valore straor-dinario di Rampon, si perdeva la battaglia dai Francesi,e con lei si perdevano per loro le sorti d'Italia. Ma diquesti valori straordinarj è avara la spezie, nè vi si puòfar fondamento per anticipazione dai capitani bene avvi-sati e prudenti. Errò adunque in questo fatto Buonaparte,riparò l'errore Rampon: la vittoria di Montenotte, che in-cominciò quella mole tanto gloriosa d'imprese militari, equel maraviglioso corso d'inaudita felicità, non al suobuon consiglio, ma al valore di un capitano inferioredeesi unicamente attribuire. Ma il generalissimo nelgiorno undici, anzi nella notte stessa del dieci emendòcon pari celerità ed arte l'errore commesso nel preceden-te: mandò a tutta fretta un rinforzo da Savona a Monte-notte, il quale non solamente rinfrancò gli spiriti dei di-fensori della trincea, ma diede agio a Rampon di empiredi soldati a destra ed a sinistra le boscaglie, che ingom-bravano le strade per alla trincea medesima, e per lequali dovevano di necessità passare gli Austriaci per as-

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saltarla. Al tempo stesso comandò a Laharpe, andasseavanti con tutta l'ala dritta, e mettendosi in mezzo tra lapunta dritta dell'ala sinistra degli alleati, e la punta sini-stra della mezzana, snodasse minutamente l'unadall'altra quelle due parti. Per rendere vieppiù la vittoriacerta, ed arrivare al fine principale di tutto il disegno,marciava egli medesimo con due forti colonne, l'unalungo le montagne della Madonna del monte, per me-glio sostener Montenotte, l'altra per Altare e le Carcare,ad effetto di oltrepassar la punta della mezza, che, comeabbiam detto, era governata da Argenteau, come capo, eda Roccavina, come condottiero della vanguardia, spe-rando per tal modo disgiungere questa parte dalla destraretta da Colli. Spuntava appena l'aurora del giorno undi-ci, che Argenteau, senza prima aver fatto esplorare leboscaglie, iva baldanzosamente all'assalto; ma non eraancora il suo antiguardo arrivato vicino alla trincea, chevenne assalito ai fianchi da una tempesta di moschetti,che procedeva dai soldati imboscati, e da una impetuosascaglia lanciata dal ridotto. A tale sanguinoso intoppos'arrestarono, titubarono, si disordinarono, diedero in-dietro le sue genti: Roccavina ferito gravemente, lascia-to il campo di battaglia, andava a ricoverarsi in Acqui.Pure v'era speranza con qualche rinforzo, e dopo respi-ro, di ricominciar la batterìa; ma ecco arrivare infurian-do dall'uno canto Buonaparte, dall'altro Laharpe con farle viste di portare la tempesta a' fianchi ed alle spalle diArgenteau. Fu allora forza ai confederati ritirarsi più chedi passo per non esser posti negli estremi. Andarono a

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saltarla. Al tempo stesso comandò a Laharpe, andasseavanti con tutta l'ala dritta, e mettendosi in mezzo tra lapunta dritta dell'ala sinistra degli alleati, e la punta sini-stra della mezzana, snodasse minutamente l'unadall'altra quelle due parti. Per rendere vieppiù la vittoriacerta, ed arrivare al fine principale di tutto il disegno,marciava egli medesimo con due forti colonne, l'unalungo le montagne della Madonna del monte, per me-glio sostener Montenotte, l'altra per Altare e le Carcare,ad effetto di oltrepassar la punta della mezza, che, comeabbiam detto, era governata da Argenteau, come capo, eda Roccavina, come condottiero della vanguardia, spe-rando per tal modo disgiungere questa parte dalla destraretta da Colli. Spuntava appena l'aurora del giorno undi-ci, che Argenteau, senza prima aver fatto esplorare leboscaglie, iva baldanzosamente all'assalto; ma non eraancora il suo antiguardo arrivato vicino alla trincea, chevenne assalito ai fianchi da una tempesta di moschetti,che procedeva dai soldati imboscati, e da una impetuosascaglia lanciata dal ridotto. A tale sanguinoso intoppos'arrestarono, titubarono, si disordinarono, diedero in-dietro le sue genti: Roccavina ferito gravemente, lascia-to il campo di battaglia, andava a ricoverarsi in Acqui.Pure v'era speranza con qualche rinforzo, e dopo respi-ro, di ricominciar la batterìa; ma ecco arrivare infurian-do dall'uno canto Buonaparte, dall'altro Laharpe con farle viste di portare la tempesta a' fianchi ed alle spalle diArgenteau. Fu allora forza ai confederati ritirarsi più chedi passo per non esser posti negli estremi. Andarono a

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posarsi a Magliani, a Dego ed a Pareto. Beaulieu perserbarsi unito ad Argenteau, obliquò con l'estremo de-stro della sua ala di modo che malgrado degli sforzi diLaharpe per impedirnelo, riuscì nel suo intento. Colli,non senza una valorosa difesa, fu costretto a ritirarsi an-cor esso, avvicinandosi di fianco a Ceva; il che fece riu-scir ad effetto il pensiero di Buonaparte dello aver volu-to separare i Piemontesi dai Tedeschi. Aggiungendo po-scia celerità a celerità, nè volendo dar tempo ai confede-rati di rannodarsi, seguitava la vittoria calando per lerive della Bormida in guisa che sempre si metteva inmezzo fra gli Austriaci ed i Piemontesi. Morirono nellabattaglia di Montenotte meglio di due migliaja di buonisoldati dalla parte dei confederati; circa tre mila tra feritie sani vennero, come prigionieri, in poter del vincitore.Dalla parte dei repubblicani pochi furono i prigionieri,molti i feriti, più di un miliajo incontrarono la morte.Ma perchè quello che avevano i repubblicani consegui-to, cioè la separazione degl'imperiali dai regj, non venis-se loro guasto per una nuova riunione, il che poteva ve-nir fatto finchè i confederati stavano più su nella valledella sinistra Bormida a Millesimo, che nella valle dellaBormida destra, dove stanziavano a Dego ed a Magliani,era necessario cacciargli più sotto nella prima. Quindinacque pei Francesi la necessità di dar l'assalto al postodi Magliani, e d'impadronirsi di Millesimo.Il secondo di questi fini fu conseguito da Augereau, ilquale per viva forza superò i passi dei monti che divido-

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posarsi a Magliani, a Dego ed a Pareto. Beaulieu perserbarsi unito ad Argenteau, obliquò con l'estremo de-stro della sua ala di modo che malgrado degli sforzi diLaharpe per impedirnelo, riuscì nel suo intento. Colli,non senza una valorosa difesa, fu costretto a ritirarsi an-cor esso, avvicinandosi di fianco a Ceva; il che fece riu-scir ad effetto il pensiero di Buonaparte dello aver volu-to separare i Piemontesi dai Tedeschi. Aggiungendo po-scia celerità a celerità, nè volendo dar tempo ai confede-rati di rannodarsi, seguitava la vittoria calando per lerive della Bormida in guisa che sempre si metteva inmezzo fra gli Austriaci ed i Piemontesi. Morirono nellabattaglia di Montenotte meglio di due migliaja di buonisoldati dalla parte dei confederati; circa tre mila tra feritie sani vennero, come prigionieri, in poter del vincitore.Dalla parte dei repubblicani pochi furono i prigionieri,molti i feriti, più di un miliajo incontrarono la morte.Ma perchè quello che avevano i repubblicani consegui-to, cioè la separazione degl'imperiali dai regj, non venis-se loro guasto per una nuova riunione, il che poteva ve-nir fatto finchè i confederati stavano più su nella valledella sinistra Bormida a Millesimo, che nella valle dellaBormida destra, dove stanziavano a Dego ed a Magliani,era necessario cacciargli più sotto nella prima. Quindinacque pei Francesi la necessità di dar l'assalto al postodi Magliani, e d'impadronirsi di Millesimo.Il secondo di questi fini fu conseguito da Augereau, ilquale per viva forza superò i passi dei monti che divido-

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no le due valli. Era alla guardia della sinistra Bormida ilvecchio ma prode generale Provera con un corpo francoAustriaco, e quindici centinaja di granatieri Piemontesi.Aveva con se per conforto e sprone alla sua vecchiaja ilmarchese del Carretto, giovane forte e generoso. EraProvera posto in molto pericolosa condizione, perchè,non avuto avviso alcuno da Argenteau, si vide ad untratto circondato da ogni banda dai nemici, e lontano perl'invasione subita di Buonaparte, da Colli, che si era po-sato a Montezemo per impedire ai Francesi il passo ver-so Ceva. Volle con sano consiglio ritirarsi a mano man-ca verso gli Austriaci; ma gli venne impedito il viaggiodalla Bormida, che cresciuta per pioggie abbondanti,correva torbida ed impetuosa. Fece allora l'animosa riso-luzione di salirsene in cima al monte, dove siede il vec-chio castello di Cosserìa. Ivi senza artiglierìe, senza mu-nizioni, senza sussidio alcuno di cibo o di acqua, atten-deva a difendersi, sperando che intanto la fortuna avreb-be aperto qualche scampo. Augereau, che conosceva ot-timamente, che, fintantochè quel freno del castello diCosserìa, presidiato da forte e valorosa gente, fosse inmano del nemico, non era possibile di consuonare co'suoi verso il centro e la destra, s'accinse a fare ogni sfor-zo per superarlo. Tre volte andarono i repubblicaniall'assalto, altrettante furono risospinti con immenso va-lore dagli assaltati: morirono in queste fazioni sanguino-se tra i Francesi molti buoni soldati, e tra loro il generaleBanel, e l'ajutante generale Quentin. Fu ferito nella testail generale Joubert: pochi furono feriti dentro al castello,

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no le due valli. Era alla guardia della sinistra Bormida ilvecchio ma prode generale Provera con un corpo francoAustriaco, e quindici centinaja di granatieri Piemontesi.Aveva con se per conforto e sprone alla sua vecchiaja ilmarchese del Carretto, giovane forte e generoso. EraProvera posto in molto pericolosa condizione, perchè,non avuto avviso alcuno da Argenteau, si vide ad untratto circondato da ogni banda dai nemici, e lontano perl'invasione subita di Buonaparte, da Colli, che si era po-sato a Montezemo per impedire ai Francesi il passo ver-so Ceva. Volle con sano consiglio ritirarsi a mano man-ca verso gli Austriaci; ma gli venne impedito il viaggiodalla Bormida, che cresciuta per pioggie abbondanti,correva torbida ed impetuosa. Fece allora l'animosa riso-luzione di salirsene in cima al monte, dove siede il vec-chio castello di Cosserìa. Ivi senza artiglierìe, senza mu-nizioni, senza sussidio alcuno di cibo o di acqua, atten-deva a difendersi, sperando che intanto la fortuna avreb-be aperto qualche scampo. Augereau, che conosceva ot-timamente, che, fintantochè quel freno del castello diCosserìa, presidiato da forte e valorosa gente, fosse inmano del nemico, non era possibile di consuonare co'suoi verso il centro e la destra, s'accinse a fare ogni sfor-zo per superarlo. Tre volte andarono i repubblicaniall'assalto, altrettante furono risospinti con immenso va-lore dagli assaltati: morirono in queste fazioni sanguino-se tra i Francesi molti buoni soldati, e tra loro il generaleBanel, e l'ajutante generale Quentin. Fu ferito nella testail generale Joubert: pochi furono feriti dentro al castello,

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e tutti al capo, perchè gli alleati avevano le difese di al-cune vecchie trincee. Pernottarono i Francesi a mezzomonte, facendo con botti e letti di cannoni un tal qual ri-paro, affinchè il nemico non potesse in quel bujo tentarecosa d'importanza. Ma era sitibonda all'estremo la guer-nigione tra pel calore della stagione, e per l'ardore dellabattaglia. Chiedeva Provera quant'acqua bastasse ai feri-ti; la negava Augereau. Bensì, siccome quegli che avevafretta, ricercava spesso la piazza di resa; il che gli fu co-stantemente rifiutato dall'Austriaco. Arrivava il giornoquattordici aprile: la fame e la sete operarono ciò che laforza non aveva potuto. Diessi la piazza ai vincitori, ac-cordandosi che gli ufficiali avessero facoltà di andarsenedove meglio piacesse loro, sotto fede di non militaresino agli scambj, i soldati si conducessero, e stessero inFrancia sino a liberazione. Al tempo medesimo Ruscacacciava i Piemontesi da San Giovanni di Murialto, e lavittoria di Cosserìa abilitava Augereau a superare Mon-tezemo, il che diè facoltà ai Francesi di spiegar le ban-diere loro nella valle del Tanaro, ed indusse Colli allanecessità di correre a difender Ceva e Mondovì.Queste cose succedevano a sinistra dei repubblicani; maaltre di maggiore importanza preparava la fortuna inmezzo, e a destra. Quantunque gli alleati avessero tocca-to una grave sconfitta a Montenotte, le sorti loro avreb-bero potuto facilmente risorgere, perchè nè erano perdu-ti d'animo, nè mancavano di passi forti, a cui potesseroripararsi. Massimamente insino a tanto che la strada del

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e tutti al capo, perchè gli alleati avevano le difese di al-cune vecchie trincee. Pernottarono i Francesi a mezzomonte, facendo con botti e letti di cannoni un tal qual ri-paro, affinchè il nemico non potesse in quel bujo tentarecosa d'importanza. Ma era sitibonda all'estremo la guer-nigione tra pel calore della stagione, e per l'ardore dellabattaglia. Chiedeva Provera quant'acqua bastasse ai feri-ti; la negava Augereau. Bensì, siccome quegli che avevafretta, ricercava spesso la piazza di resa; il che gli fu co-stantemente rifiutato dall'Austriaco. Arrivava il giornoquattordici aprile: la fame e la sete operarono ciò che laforza non aveva potuto. Diessi la piazza ai vincitori, ac-cordandosi che gli ufficiali avessero facoltà di andarsenedove meglio piacesse loro, sotto fede di non militaresino agli scambj, i soldati si conducessero, e stessero inFrancia sino a liberazione. Al tempo medesimo Ruscacacciava i Piemontesi da San Giovanni di Murialto, e lavittoria di Cosserìa abilitava Augereau a superare Mon-tezemo, il che diè facoltà ai Francesi di spiegar le ban-diere loro nella valle del Tanaro, ed indusse Colli allanecessità di correre a difender Ceva e Mondovì.Queste cose succedevano a sinistra dei repubblicani; maaltre di maggiore importanza preparava la fortuna inmezzo, e a destra. Quantunque gli alleati avessero tocca-to una grave sconfitta a Montenotte, le sorti loro avreb-bero potuto facilmente risorgere, perchè nè erano perdu-ti d'animo, nè mancavano di passi forti, a cui potesseroripararsi. Massimamente insino a tanto che la strada del

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Dego non era libera al nemico, non temevano ch'ei po-tesse fare una impressione d'importanza in Piemonte.Laonde applicarono l'animo a farsi forti per quella stra-da; dall'altra parte i Francesi pensavano a sforzarla. GliAustriaci in numero circa di quattromila soldati, ai qualisi erano accostati i due reggimenti Piemontesi della Ma-rina e di Monferrato, si fortificarono a questo fine suimonti di Magliani, di Cassano, del Poggio, e della Sella.Fecero un ridotto a Cassano sopra Magliani, e lo muni-rono d'artiglierìe, con aver anche fatto una grande abbat-tuta d'alberi e di virgulti all'intorno, per poter bene sco-prire l'inimico, ove s'attentasse di salire per assaltargli.Diedero loro tempo due giorni i Francesi, o per necessi-tà, o per cattivo consiglio, a fornire le loro fortificazioniin quei luoghi eminenti e difficili. Anzi il dì tredici apri-le una quadriglia di repubblicani, che scortava due pezzid'artiglierìa minuta, e se ne stava troppo confidentemen-te a mala guardia, sorpresa dagli alleati, perdè le arti-glierìe che furono condotte a Dego. La principal difesadegli alleati consisteva nel ridotto di Magliani, che stavaa ridosso del castello del medesimo nome, nel quale al-logarono una grossa compagnìa del corpo franco diGiulay con alcuni soldati della Marina.I repubblicani per aprir quella strada che i confederatiavevano serrata, comparivano alle due meridiane delgiorno tredici, minacciosi, e grossi di quindici milacombattenti, facendosi avanti sino alla Rocchetta delCairo, ad un miglio distante di Dego. Quivi si spartirono

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Dego non era libera al nemico, non temevano ch'ei po-tesse fare una impressione d'importanza in Piemonte.Laonde applicarono l'animo a farsi forti per quella stra-da; dall'altra parte i Francesi pensavano a sforzarla. GliAustriaci in numero circa di quattromila soldati, ai qualisi erano accostati i due reggimenti Piemontesi della Ma-rina e di Monferrato, si fortificarono a questo fine suimonti di Magliani, di Cassano, del Poggio, e della Sella.Fecero un ridotto a Cassano sopra Magliani, e lo muni-rono d'artiglierìe, con aver anche fatto una grande abbat-tuta d'alberi e di virgulti all'intorno, per poter bene sco-prire l'inimico, ove s'attentasse di salire per assaltargli.Diedero loro tempo due giorni i Francesi, o per necessi-tà, o per cattivo consiglio, a fornire le loro fortificazioniin quei luoghi eminenti e difficili. Anzi il dì tredici apri-le una quadriglia di repubblicani, che scortava due pezzid'artiglierìa minuta, e se ne stava troppo confidentemen-te a mala guardia, sorpresa dagli alleati, perdè le arti-glierìe che furono condotte a Dego. La principal difesadegli alleati consisteva nel ridotto di Magliani, che stavaa ridosso del castello del medesimo nome, nel quale al-logarono una grossa compagnìa del corpo franco diGiulay con alcuni soldati della Marina.I repubblicani per aprir quella strada che i confederatiavevano serrata, comparivano alle due meridiane delgiorno tredici, minacciosi, e grossi di quindici milacombattenti, facendosi avanti sino alla Rocchetta delCairo, ad un miglio distante di Dego. Quivi si spartirono

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in tre colonne, che si accostarono ai siti occupati daiconfederati. Ma non furono questi fatti che minacce,tentativi per iscoprir bene il sito e la forza del nemico. Aquesto fine appunto Buonaparte, giunto che fu al Collet-to, fece trarre di una forte cannonata, per prender notiziadel nemico, sperando che gli alleati, credendosi assaliti,e rispondendo, lo avvisassero dei luoghi dove si trova-vano; il che gli riuscì, come aveva sperato. Ma l'urto deidue forti nemici doveva succedere nel giorno quattordi-ci, nel quale i repubblicani, risoluti di venirne al cimen-to, si spartirono, come innanzi, in tre parti. La destracondotta dal colonnello Rondeau, e composta di circaquattromila soldati, assaliva gli alleati per la strada chedai Girini conduce al Dego, e di questa, quindici centi-naja separatisi dagli altri, andarono ad occupar la stradache dalla regione dei Pini porta alle Langhe a fined'impedire i soccorsi, che da Pareto, o da Spigno potes-sero venire agli alleati: essa doveva far impeto contro ilPoggio e la Sella. Quella di mezzo capitanata dai gene-rali Menard e Joubert con due mila soldati saliva al ca-stello di Magliani. La sinistra più grossa delle altre, cheobbediva a Massena, Causse, Monnier, e Lasalcette, eradestinata a salire dalle sponde della Bormida per dardentro al fianco destro dei posti di Magliani, e contro ilMonterosso, che dava il varco ai medesimi. Tutte questemosse erano con molta maestrìa di guerra pensate, e fu-rono altresì con molto valore eseguite. Riuscì terribilel'urto al Poggio ed alla Sella; vi morirono molti buonicorpi da ambe le parti. Saliva di fronte la mezza, ma po-

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in tre colonne, che si accostarono ai siti occupati daiconfederati. Ma non furono questi fatti che minacce,tentativi per iscoprir bene il sito e la forza del nemico. Aquesto fine appunto Buonaparte, giunto che fu al Collet-to, fece trarre di una forte cannonata, per prender notiziadel nemico, sperando che gli alleati, credendosi assaliti,e rispondendo, lo avvisassero dei luoghi dove si trova-vano; il che gli riuscì, come aveva sperato. Ma l'urto deidue forti nemici doveva succedere nel giorno quattordi-ci, nel quale i repubblicani, risoluti di venirne al cimen-to, si spartirono, come innanzi, in tre parti. La destracondotta dal colonnello Rondeau, e composta di circaquattromila soldati, assaliva gli alleati per la strada chedai Girini conduce al Dego, e di questa, quindici centi-naja separatisi dagli altri, andarono ad occupar la stradache dalla regione dei Pini porta alle Langhe a fined'impedire i soccorsi, che da Pareto, o da Spigno potes-sero venire agli alleati: essa doveva far impeto contro ilPoggio e la Sella. Quella di mezzo capitanata dai gene-rali Menard e Joubert con due mila soldati saliva al ca-stello di Magliani. La sinistra più grossa delle altre, cheobbediva a Massena, Causse, Monnier, e Lasalcette, eradestinata a salire dalle sponde della Bormida per dardentro al fianco destro dei posti di Magliani, e contro ilMonterosso, che dava il varco ai medesimi. Tutte questemosse erano con molta maestrìa di guerra pensate, e fu-rono altresì con molto valore eseguite. Riuscì terribilel'urto al Poggio ed alla Sella; vi morirono molti buonicorpi da ambe le parti. Saliva di fronte la mezza, ma po-

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satamente per aspettar l'effetto dell'assalto dato sui duefianchi. I Francesi, dopo un combattimento sostenutoquinci e quindi con molta ostinazione, riuscirono final-mente ad aver vittoria sui due lati, cacciando i nemiciloro dal Poggio e da Monterosso. Si fece allora avanti lamezza, ed entrò forzatamente nel castello di Maglianidove uccise i soldati di Giulay, che tutti vollero piuttostomorire, che cessar di combattere. Restava il ridotto diMagliani, principale propugnacolo degli alleati, dal qua-le tempestavano con una furia incredibile di palle e discaglia. Fu quivi assai dura l'impresa pei repubblicani,perchè i confederati maravigliosamente inferociti, trae-vano spessissimamente a punto fermo, e solo a centopassi di distanza. Finalmente dopo tre ore di sanguino-sissima battaglia, e solamente verso la sera, venne fattoai Francesi, che accorrevano contro il ridotto da tutte lebande, d'impadronirsi di quel forte sito, cacciatone a for-za i difensori. Si precipitarono allora gli alleati nella val-le delle Cassinelle per guadagnar prestamente la stradaper a Pareto; ma i Francesi gli seguitarono a corsa, equella colonna, che si era spartita al principio del fattodalla destra schiera, che se ne stava ai Pini, scagliossiancor essa sì fattamente contro i fuggiaschi, che ne furo-no quasi tutti o morti o presi: tutti anzi stati sarebberosterminati, se i due reggimenti Piemontesi della Marinae di Monferrato, fatto un po' di testa al monte Scazzone,non avessero fatto ala a coloro che fuggivano, cacciatidalla furia Francese che gl'incalzava. Perdettero gli al-leati in questa battaglia meglio di due mila soldati tra

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satamente per aspettar l'effetto dell'assalto dato sui duefianchi. I Francesi, dopo un combattimento sostenutoquinci e quindi con molta ostinazione, riuscirono final-mente ad aver vittoria sui due lati, cacciando i nemiciloro dal Poggio e da Monterosso. Si fece allora avanti lamezza, ed entrò forzatamente nel castello di Maglianidove uccise i soldati di Giulay, che tutti vollero piuttostomorire, che cessar di combattere. Restava il ridotto diMagliani, principale propugnacolo degli alleati, dal qua-le tempestavano con una furia incredibile di palle e discaglia. Fu quivi assai dura l'impresa pei repubblicani,perchè i confederati maravigliosamente inferociti, trae-vano spessissimamente a punto fermo, e solo a centopassi di distanza. Finalmente dopo tre ore di sanguino-sissima battaglia, e solamente verso la sera, venne fattoai Francesi, che accorrevano contro il ridotto da tutte lebande, d'impadronirsi di quel forte sito, cacciatone a for-za i difensori. Si precipitarono allora gli alleati nella val-le delle Cassinelle per guadagnar prestamente la stradaper a Pareto; ma i Francesi gli seguitarono a corsa, equella colonna, che si era spartita al principio del fattodalla destra schiera, che se ne stava ai Pini, scagliossiancor essa sì fattamente contro i fuggiaschi, che ne furo-no quasi tutti o morti o presi: tutti anzi stati sarebberosterminati, se i due reggimenti Piemontesi della Marinae di Monferrato, fatto un po' di testa al monte Scazzone,non avessero fatto ala a coloro che fuggivano, cacciatidalla furia Francese che gl'incalzava. Perdettero gli al-leati in questa battaglia meglio di due mila soldati tra

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morti, feriti e prigionieri; i repubblicani poco più di du-cento. Ma grave perdita pei primi fu quella che susse-guitò, del castello di Cosserìa, perchè stretto già Prove-ra, come abbiam detto, dalla sete e dalla fame, perdutala speranza di ogni ajuto, poichè vide dall'alto la sconfit-ta de' suoi, non indugiò più ad arrendersi.Quando pervennero le novelle della rotta di Magliani adArgenteau, che aveva tuttavia le sue stanze a Pareto, sidiede a passeggiare a gran passi, come uomo che abbiadel tutto perduto il lume dell'intelletto. Pure diede ordi-ne ai capitani, facessero massa in Acqui. Certamente dabiasimarsi molto è la condotta d'Argenteau in questo fat-to; perchè se avesse subito avviato in soccorso dei di-fensori di Magliani il corpo di cinque, o sei mila soldati,che aveva con se a Pareto, avrebbe potuto facilmentecambiare la fortuna della giornata; perciocchè i suoi,che si difendevano con estremo valore nel ridotto, avutoquel rinforzo, avrebbero potuto sostenersi, od almeno laritirata sarebbe stata salva e sicura.Questa fu la battaglia, che meglio di Magliani, che diMillesimo si chiamerebbe, perchè a Magliani concorse-ro le principali forze delle due parti, e nel luogo medesi-mo succedette il più forte conflitto. Ma la fortuna solitasempre a far maravigliose conversioni in guerra, aprìl'adito il giorno seguente ai confederati di ricuperar ciòche avevano perduto; il che avvenne non per buono con-siglio, ma per caso, anzi per cattivo consigliod'Argenteau. La notte, che seguì il giorno della battaglia,

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morti, feriti e prigionieri; i repubblicani poco più di du-cento. Ma grave perdita pei primi fu quella che susse-guitò, del castello di Cosserìa, perchè stretto già Prove-ra, come abbiam detto, dalla sete e dalla fame, perdutala speranza di ogni ajuto, poichè vide dall'alto la sconfit-ta de' suoi, non indugiò più ad arrendersi.Quando pervennero le novelle della rotta di Magliani adArgenteau, che aveva tuttavia le sue stanze a Pareto, sidiede a passeggiare a gran passi, come uomo che abbiadel tutto perduto il lume dell'intelletto. Pure diede ordi-ne ai capitani, facessero massa in Acqui. Certamente dabiasimarsi molto è la condotta d'Argenteau in questo fat-to; perchè se avesse subito avviato in soccorso dei di-fensori di Magliani il corpo di cinque, o sei mila soldati,che aveva con se a Pareto, avrebbe potuto facilmentecambiare la fortuna della giornata; perciocchè i suoi,che si difendevano con estremo valore nel ridotto, avutoquel rinforzo, avrebbero potuto sostenersi, od almeno laritirata sarebbe stata salva e sicura.Questa fu la battaglia, che meglio di Magliani, che diMillesimo si chiamerebbe, perchè a Magliani concorse-ro le principali forze delle due parti, e nel luogo medesi-mo succedette il più forte conflitto. Ma la fortuna solitasempre a far maravigliose conversioni in guerra, aprìl'adito il giorno seguente ai confederati di ricuperar ciòche avevano perduto; il che avvenne non per buono con-siglio, ma per caso, anzi per cattivo consigliod'Argenteau. La notte, che seguì il giorno della battaglia,

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il tempo che era stato nuvoloso, diventò piovoso; piovvea rotta verso l'alba. Tra per questo, e per pensare i Fran-cesi a tutt'altro fuorichè a questo, che il nemico vintoavesse a prendere così tosto nuovo rigoglio ad assaltar-gli, si guardavano negligentemente, e non che stesseronelle trincee, si erano sparsi per le case, dove attendeva-no meglio a riposare che a guardarsi. Solo cinquecento,o seicento soldati vegliavano alla difesa delle trincee.Ed ecco appunto, che in sul far del giorno il colonnelloWukassovich accompagnato dal luogotenente Lezzenicon un corpo di circa cinque mila soldati composto diCroati, e dei reggimenti di Nadasti, e d'Alvinzi, venendoper la strada di Santa Giustina, compariva improvvisa-mente alla vista di Magliani. Aveva Argenteau, perdutala battaglia di Montenotte, ordinato a Wukassovich, chestanziava a Sassello, venisse tosto in ajuto, ed il rag-giungesse al Dego ed a Magliani. Ma siccome quegliche aveva poca mente, ed anche la sventura gliela face-va girare, aveva indicato per la mossa a Wukassovich ungiorno più tardi di quello, che aveva realmente in ani-mo, dimodochè il colonnello, invece di arrivare il dìquattordici, che forse avrebbe vinto la battaglia, arrivavail quindici, ed arrivando già avea sbaragliato e pesto unosquadrone Francese, che muniva il monte della Guardia.Non ostante che con gran sua maraviglia avesse veduto,strada facendo, la fuga de' suoi, e che il nemico avea oc-cupato Magliani, si risolveva a dar dentro risolutamentecon la speranza di far pruovare a Buonaparte quello, cheBuonaparte aveva fatto pruovare ad Argenteau. Già ur-

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il tempo che era stato nuvoloso, diventò piovoso; piovvea rotta verso l'alba. Tra per questo, e per pensare i Fran-cesi a tutt'altro fuorichè a questo, che il nemico vintoavesse a prendere così tosto nuovo rigoglio ad assaltar-gli, si guardavano negligentemente, e non che stesseronelle trincee, si erano sparsi per le case, dove attendeva-no meglio a riposare che a guardarsi. Solo cinquecento,o seicento soldati vegliavano alla difesa delle trincee.Ed ecco appunto, che in sul far del giorno il colonnelloWukassovich accompagnato dal luogotenente Lezzenicon un corpo di circa cinque mila soldati composto diCroati, e dei reggimenti di Nadasti, e d'Alvinzi, venendoper la strada di Santa Giustina, compariva improvvisa-mente alla vista di Magliani. Aveva Argenteau, perdutala battaglia di Montenotte, ordinato a Wukassovich, chestanziava a Sassello, venisse tosto in ajuto, ed il rag-giungesse al Dego ed a Magliani. Ma siccome quegliche aveva poca mente, ed anche la sventura gliela face-va girare, aveva indicato per la mossa a Wukassovich ungiorno più tardi di quello, che aveva realmente in ani-mo, dimodochè il colonnello, invece di arrivare il dìquattordici, che forse avrebbe vinto la battaglia, arrivavail quindici, ed arrivando già avea sbaragliato e pesto unosquadrone Francese, che muniva il monte della Guardia.Non ostante che con gran sua maraviglia avesse veduto,strada facendo, la fuga de' suoi, e che il nemico avea oc-cupato Magliani, si risolveva a dar dentro risolutamentecon la speranza di far pruovare a Buonaparte quello, cheBuonaparte aveva fatto pruovare ad Argenteau. Già ur-

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tava il castello ed il ridotto. Risentitisi a sì improvvisoaccidente i Francesi, muovevansi a corsa verso il ridottoper difenderlo; ma nè ebbero tempo di schierarsi, nè diapparecchiar le artiglierìe, e quel forte sito, che con tan-ta fatica e sangue aveano conquistato, ritornava, quasisenza contrasto, in potestà dei confederati. Parte dei re-pubblicani fuggendo, si gettarono nella valle di Collo-retto, i più si precipitarono a rotta sui dirupi, in mezzo aiquali scorre il torrente Grillero, e si salvarono verso ilColletto, dov'era la guardia loro di ricuperazione. Fugrande strage dei Francesi in sul Grillero, perchè i Tede-schi gli bersagliavano dall'alto. Perdettero i primi nonsolo i luoghi, ma ancora le artiglierìe che li munivano.Massena, a così fortunoso caso riscossosi, e gettatosi alpiano, frenava primieramente l'impeto de' suoi, che fug-givano verso il Colletto; poi, ordinatigli di nuovo in trecolonne, come nella battaglia del giorno quattordici, gliconduceva all'assalto. Ma se Massena non era capace ditimore, non era nemmeno Wukassovich: quì la battagliadivenne orrenda. La sinistra era alle mani con le guardieavanzate Austriache, che si difendevano con singolareardimento; la mezza pativa assai, perchè i Tedeschi ful-minavano dal ridotto, e già i soldati stanchi, ed impauritisi nascondevano per le case. La destra medesimamentetrovava un feroce rincalzo. Massena, veduto titubare isuoi, mandò avanti la squadra di ricuperazione, e postaladietro alla mezzana, impediva, che coloro che davanoindietro, passassero il Grillero. In questo mentre restò

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tava il castello ed il ridotto. Risentitisi a sì improvvisoaccidente i Francesi, muovevansi a corsa verso il ridottoper difenderlo; ma nè ebbero tempo di schierarsi, nè diapparecchiar le artiglierìe, e quel forte sito, che con tan-ta fatica e sangue aveano conquistato, ritornava, quasisenza contrasto, in potestà dei confederati. Parte dei re-pubblicani fuggendo, si gettarono nella valle di Collo-retto, i più si precipitarono a rotta sui dirupi, in mezzo aiquali scorre il torrente Grillero, e si salvarono verso ilColletto, dov'era la guardia loro di ricuperazione. Fugrande strage dei Francesi in sul Grillero, perchè i Tede-schi gli bersagliavano dall'alto. Perdettero i primi nonsolo i luoghi, ma ancora le artiglierìe che li munivano.Massena, a così fortunoso caso riscossosi, e gettatosi alpiano, frenava primieramente l'impeto de' suoi, che fug-givano verso il Colletto; poi, ordinatigli di nuovo in trecolonne, come nella battaglia del giorno quattordici, gliconduceva all'assalto. Ma se Massena non era capace ditimore, non era nemmeno Wukassovich: quì la battagliadivenne orrenda. La sinistra era alle mani con le guardieavanzate Austriache, che si difendevano con singolareardimento; la mezza pativa assai, perchè i Tedeschi ful-minavano dal ridotto, e già i soldati stanchi, ed impauritisi nascondevano per le case. La destra medesimamentetrovava un feroce rincalzo. Massena, veduto titubare isuoi, mandò avanti la squadra di ricuperazione, e postaladietro alla mezzana, impediva, che coloro che davanoindietro, passassero il Grillero. In questo mentre restò

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ferito gravemente d'un'archibugiata nell'anca destra ilgenerale Causse che portato alla Rocchetta, poco stantemancò di vita. La colonna di mezzo incoraggita da Mas-sena e dagli altri generali, già arrivava fin sotto al ridot-to; ma uscitine impetuosamente gli Austriaci, la urtaro-no, e rincacciarono fino al castello. La sinistra ancoressa era stata risospinta con grave perdita, la destra nonfaceva frutto. Massena animosissimo gli conduceva dinuovo all'assalto, e di nuovo erano ributtati con palle, edischegge terribili. Già il quarto assalto era riuscito vano.Arrivava in questo punto con sei mila soldati Laharpe,che avendo udito lo strano caso, era prontamente accor-so. Novellamente si raccozzavano, si riordinavano, simuovevano, si serravano contro il nemico; nè ciò ancorbastava a piegare la costanza Austriaca; che anzi queivalorosi soldati, non sapendo come quà fossero venuti,nè come andarsene, nè quando sarebbero soccorsi, con-tinuavano a trarre disperatamente, ed a tener lontano ilnemico. Dopo tanti rincalzi, e tante stragi, incomincia-vano i Francesi a dubitare della battaglia. Buonaparte,che vedeva l'importanza del fatto, accorreva coi soldativincitori di Cosserìa, e con impeto unito menava i suoiad un ultimo assalto. Puntarono acremente la destra e lasinistra sui fianchi: la mezzana ingrossata, e rinfrescataassaliva di fronte. Urtati da tante parti, continuavano gliAustriaci a combattere; cacciati dal ridotto, combatteva-no dalle case; cacciati dalle case combattevano dalle bo-scaglie; finalmente cacciati anche da queste e pressatid'ogni banda, minacciosi e rannodati si ritiravano. Gran

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ferito gravemente d'un'archibugiata nell'anca destra ilgenerale Causse che portato alla Rocchetta, poco stantemancò di vita. La colonna di mezzo incoraggita da Mas-sena e dagli altri generali, già arrivava fin sotto al ridot-to; ma uscitine impetuosamente gli Austriaci, la urtaro-no, e rincacciarono fino al castello. La sinistra ancoressa era stata risospinta con grave perdita, la destra nonfaceva frutto. Massena animosissimo gli conduceva dinuovo all'assalto, e di nuovo erano ributtati con palle, edischegge terribili. Già il quarto assalto era riuscito vano.Arrivava in questo punto con sei mila soldati Laharpe,che avendo udito lo strano caso, era prontamente accor-so. Novellamente si raccozzavano, si riordinavano, simuovevano, si serravano contro il nemico; nè ciò ancorbastava a piegare la costanza Austriaca; che anzi queivalorosi soldati, non sapendo come quà fossero venuti,nè come andarsene, nè quando sarebbero soccorsi, con-tinuavano a trarre disperatamente, ed a tener lontano ilnemico. Dopo tanti rincalzi, e tante stragi, incomincia-vano i Francesi a dubitare della battaglia. Buonaparte,che vedeva l'importanza del fatto, accorreva coi soldativincitori di Cosserìa, e con impeto unito menava i suoiad un ultimo assalto. Puntarono acremente la destra e lasinistra sui fianchi: la mezzana ingrossata, e rinfrescataassaliva di fronte. Urtati da tante parti, continuavano gliAustriaci a combattere; cacciati dal ridotto, combatteva-no dalle case; cacciati dalle case combattevano dalle bo-scaglie; finalmente cacciati anche da queste e pressatid'ogni banda, minacciosi e rannodati si ritiravano. Gran

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fatto è stato questo, e che debbe far stimar Wukassovichuno dei migliori guerrieri dei nostri tempi. La destra in-tanto, e quella del Monterosso, scese improvvisamentenella valle delle Cassinelle, diedero dentro agli Austriaciritirantisi, e gli ruppero con molta strage, facendone an-che di molti prigionieri. Una parte però, che prese lastrada delle Langhe, si ritirava intiera, e voltando qual-che volta la fronte, arrestava l'impeto del nemico, massi-mamente della cavallerìa, che perseguitava coloro, chefuggivano per la valle delle Cassinelle; anzi per un tirovenuto da lei restò ucciso un generale di cavallerìa.Perdettero gli Austriaci in questa battaglia tra morti, fe-riti e prigionieri, sedici centinaja di buoni soldati contutte le artiglierìe loro: ma non fu nemmeno senza san-gue pei Francesi la vittoria. Tra morti, feriti e prigionierimancarono più di ottocento soldati. Fra i morti per chia-rezza di nome o di grado, si noverarono Causse, il gene-rale di cavallerìa e Rondeau, che ferito nel piè destro, eportato a Savona, peggiorando sempre più la piaga, pas-sò di questa vita alcuni mesi dopo.Dalla presente narrazione si vede, che sebbene Buona-parte avesse errato nell'ordinare la battaglia di Monte-notte, molto bene ei seppe emendare il fallo in quella diMagliani, egregiamente da lui ordinata e combattuta.Argenteau da parte sua errò in molti modi, e nella batta-glia e dopo di lei, e massimamente in quella di Maglia-ni, per modo che ei fu costretto di combattere con unaparte delle sue forze contro la maggior parte di quelle

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fatto è stato questo, e che debbe far stimar Wukassovichuno dei migliori guerrieri dei nostri tempi. La destra in-tanto, e quella del Monterosso, scese improvvisamentenella valle delle Cassinelle, diedero dentro agli Austriaciritirantisi, e gli ruppero con molta strage, facendone an-che di molti prigionieri. Una parte però, che prese lastrada delle Langhe, si ritirava intiera, e voltando qual-che volta la fronte, arrestava l'impeto del nemico, massi-mamente della cavallerìa, che perseguitava coloro, chefuggivano per la valle delle Cassinelle; anzi per un tirovenuto da lei restò ucciso un generale di cavallerìa.Perdettero gli Austriaci in questa battaglia tra morti, fe-riti e prigionieri, sedici centinaja di buoni soldati contutte le artiglierìe loro: ma non fu nemmeno senza san-gue pei Francesi la vittoria. Tra morti, feriti e prigionierimancarono più di ottocento soldati. Fra i morti per chia-rezza di nome o di grado, si noverarono Causse, il gene-rale di cavallerìa e Rondeau, che ferito nel piè destro, eportato a Savona, peggiorando sempre più la piaga, pas-sò di questa vita alcuni mesi dopo.Dalla presente narrazione si vede, che sebbene Buona-parte avesse errato nell'ordinare la battaglia di Monte-notte, molto bene ei seppe emendare il fallo in quella diMagliani, egregiamente da lui ordinata e combattuta.Argenteau da parte sua errò in molti modi, e nella batta-glia e dopo di lei, e massimamente in quella di Maglia-ni, per modo che ei fu costretto di combattere con unaparte delle sue forze contro la maggior parte di quelle

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del nemico. Sollevossi fra l'Austriaca gente un romoreed uno sdegno grandissimo contro di lui, accusandolotutti dell'infelice successo delle battaglie di Loano, diMontenotte e di Magliani, delle quali la prima preparòla strada, le altre l'apersero alla conquista d'Italia.Beaulieu il fece arrestare e condurre a Mantova, poi aVienna, perchè vi fosse preso dell'error suo da un consi-glio di guerra debito giudizio.Buonaparte errò, e riparò; Argenteau errò senza ripara-re; ma bene non errarono nè Rampon, nè Wukassovich,al primo dei quali si deve tutta la gloria di Montenotte,al secondo quella di Magliani: vinse il primo, perchè ungenerale, sendosi accorto del fallo, il soccorse; perdè ilsecondo, perchè un generale di poco intelletto, che pote-va soccorrerlo, nol fece. Ma resterà nella memoria deiposteri, senza rimanersi alla felicità od alla infelicità delfatto, il nome di Wukassovich tanto ed a giusto titologlorioso, quanto veramente è quello di Rampon; nè noiabbiam voluto che mancasse in queste nostre storie cor-reggitrici della parzialità dei tempi, il testimonio nostroa quel generoso, e prode Austriaco.Lo splendore della vittoria Francese fu oscurato dal fu-rore del sacco. Molti fra i repubblicani, non perdonandonè a cosa sacra, nè a profana, riempievano i paesi di ter-rore e di fuga. Queste enormità, che tanto contaminava-no il nome di Francia, abbominavano molti generali, ab-bominavano i soldati buoni, ma quelli non potevano im-pedirle coi comandamenti, nè questi con l'esempio. Per-

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del nemico. Sollevossi fra l'Austriaca gente un romoreed uno sdegno grandissimo contro di lui, accusandolotutti dell'infelice successo delle battaglie di Loano, diMontenotte e di Magliani, delle quali la prima preparòla strada, le altre l'apersero alla conquista d'Italia.Beaulieu il fece arrestare e condurre a Mantova, poi aVienna, perchè vi fosse preso dell'error suo da un consi-glio di guerra debito giudizio.Buonaparte errò, e riparò; Argenteau errò senza ripara-re; ma bene non errarono nè Rampon, nè Wukassovich,al primo dei quali si deve tutta la gloria di Montenotte,al secondo quella di Magliani: vinse il primo, perchè ungenerale, sendosi accorto del fallo, il soccorse; perdè ilsecondo, perchè un generale di poco intelletto, che pote-va soccorrerlo, nol fece. Ma resterà nella memoria deiposteri, senza rimanersi alla felicità od alla infelicità delfatto, il nome di Wukassovich tanto ed a giusto titologlorioso, quanto veramente è quello di Rampon; nè noiabbiam voluto che mancasse in queste nostre storie cor-reggitrici della parzialità dei tempi, il testimonio nostroa quel generoso, e prode Austriaco.Lo splendore della vittoria Francese fu oscurato dal fu-rore del sacco. Molti fra i repubblicani, non perdonandonè a cosa sacra, nè a profana, riempievano i paesi di ter-rore e di fuga. Queste enormità, che tanto contaminava-no il nome di Francia, abbominavano molti generali, ab-bominavano i soldati buoni, ma quelli non potevano im-pedirle coi comandamenti, nè questi con l'esempio. Per-

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chè poi, chi leggerà questi miei scritti, non creda che ungiusto sdegno ci faccia trascorrere oltre il vero, diremo,che i generali Francesi dabbene, dicevano e scrivevanodi questo cose assai peggiori, che noi non abbiam rac-contate. Scriveva Serrurier, molti soldati amar megliorubare che combattere, rinfacciare, a quel modo combat-tere, al quale erano pagati: Chambarlac e Maugras co-lonnelli, non potendo più oltre tollerar di vivere con sol-datesche che senza disciplina e senza obbedienza essen-do, minacciavano ad ogni ora di maltrattare anche gliufficiali, che cercavano di frenare il furor loro, doman-data licenza, volevano cessar dagli stipendj. Soprattuttoil buono e generoso Laharpe iva gridando, il soldatoogni ora più arrogarsi le ruberìe e le uccisioni, assassi-nare i soldati i paesani, i paesani i soldati; non poter conparole descrivere le enormità che si commettevano; lestanze dei soldati essere deserte; correre il soldato lecampagne a guisa piuttosto di bestia feroce che d'uomo;e se le guardie da un lato il cacciassero, correre tosto adassassinare da un altro: disperarsene gli ufficiali: menoatroce caso fora, aggiungeva dolente e sdegnosoLaharpe, l'adunare in un luogo solo gli abitatori per am-mazzargli tutti in una volta, poi devastar quel che restas-se; essere il medesimo, perchè se di ferro non morissero,di fame morrebbero: non esservi adunque più provvi-denza, sclamava, che fulminasse i scelerati amministra-tori, che ridotto avevano i soldati dell'Italica oste od afarsi ladri ed assassini, od a morir di fame: non poter piùvedere, meno ancora tollerare sì abbominevoli eccessi;

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chè poi, chi leggerà questi miei scritti, non creda che ungiusto sdegno ci faccia trascorrere oltre il vero, diremo,che i generali Francesi dabbene, dicevano e scrivevanodi questo cose assai peggiori, che noi non abbiam rac-contate. Scriveva Serrurier, molti soldati amar megliorubare che combattere, rinfacciare, a quel modo combat-tere, al quale erano pagati: Chambarlac e Maugras co-lonnelli, non potendo più oltre tollerar di vivere con sol-datesche che senza disciplina e senza obbedienza essen-do, minacciavano ad ogni ora di maltrattare anche gliufficiali, che cercavano di frenare il furor loro, doman-data licenza, volevano cessar dagli stipendj. Soprattuttoil buono e generoso Laharpe iva gridando, il soldatoogni ora più arrogarsi le ruberìe e le uccisioni, assassi-nare i soldati i paesani, i paesani i soldati; non poter conparole descrivere le enormità che si commettevano; lestanze dei soldati essere deserte; correre il soldato lecampagne a guisa piuttosto di bestia feroce che d'uomo;e se le guardie da un lato il cacciassero, correre tosto adassassinare da un altro: disperarsene gli ufficiali: menoatroce caso fora, aggiungeva dolente e sdegnosoLaharpe, l'adunare in un luogo solo gli abitatori per am-mazzargli tutti in una volta, poi devastar quel che restas-se; essere il medesimo, perchè se di ferro non morissero,di fame morrebbero: non esservi adunque più provvi-denza, sclamava, che fulminasse i scelerati amministra-tori, che ridotto avevano i soldati dell'Italica oste od afarsi ladri ed assassini, od a morir di fame: non poter piùvedere, meno ancora tollerare sì abbominevoli eccessi;

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chiedere perciò licenza a Buonaparte generale, volerse-ne ire; anteporre l'umile mestiere del lavorar la terra pervivere, ad esser capo di genti peggiori che non furono aitempi andati i Vandali. Noi non abbiamo senza tenerez-za narrato le generose querele di Serrurier, diChambarlac, di Maugras e di Laharpe, acciocchè sap-piano i posteri, che se le primizie che si diedero all'Ita-lia, furono opere da cui più l'umanità abborrisce, visseroancora in mezzo ai Francesi non pochi generosi uominiche queste esorbitanze barbare ed abborrivano, ed aper-tamente condannavano.Seguitando ora il progresso della storia, dopo la vittoriadi Magliani, insistendo velocemente Buonaparte neiprosperi successi, era venuto a capo del suo pensiero diseparare gli Austriaci dai Piemontesi: nel che tanto piùfacilmente riuscì, che nè Beaulieu si curò molto di star-sene unito a Colli, nè Colli a Beaulieu, perchè ed alcunisemi di discordia già erano prima dei raccontati fatti tradi loro sorti, e, come suole accadere nelle disgrazie, gliAustriaci accusavano i Piemontesi di non avergli,com'era debito, ajutati, i Piemontesi davano il medesimocarico agli Austriaci. Finalmente premeva più aBeaulieu l'accorrere alla difesa del Milanese, a Colli aquella del Piemonte. Di questa dissidenza dei capi Au-striaco e Piemontese accortosi l'accortissimo Buonapar-te, quantunque gli fosse stato ingiunto di perseguitarpiuttosto gli Austriaci che i Piemontesi, si risolveva aserrarsi addosso agli ultimi, sperando di costringere fra

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chiedere perciò licenza a Buonaparte generale, volerse-ne ire; anteporre l'umile mestiere del lavorar la terra pervivere, ad esser capo di genti peggiori che non furono aitempi andati i Vandali. Noi non abbiamo senza tenerez-za narrato le generose querele di Serrurier, diChambarlac, di Maugras e di Laharpe, acciocchè sap-piano i posteri, che se le primizie che si diedero all'Ita-lia, furono opere da cui più l'umanità abborrisce, visseroancora in mezzo ai Francesi non pochi generosi uominiche queste esorbitanze barbare ed abborrivano, ed aper-tamente condannavano.Seguitando ora il progresso della storia, dopo la vittoriadi Magliani, insistendo velocemente Buonaparte neiprosperi successi, era venuto a capo del suo pensiero diseparare gli Austriaci dai Piemontesi: nel che tanto piùfacilmente riuscì, che nè Beaulieu si curò molto di star-sene unito a Colli, nè Colli a Beaulieu, perchè ed alcunisemi di discordia già erano prima dei raccontati fatti tradi loro sorti, e, come suole accadere nelle disgrazie, gliAustriaci accusavano i Piemontesi di non avergli,com'era debito, ajutati, i Piemontesi davano il medesimocarico agli Austriaci. Finalmente premeva più aBeaulieu l'accorrere alla difesa del Milanese, a Colli aquella del Piemonte. Di questa dissidenza dei capi Au-striaco e Piemontese accortosi l'accortissimo Buonapar-te, quantunque gli fosse stato ingiunto di perseguitarpiuttosto gli Austriaci che i Piemontesi, si risolveva aserrarsi addosso agli ultimi, sperando di costringere fra

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breve il re di Sardegna alla pace, per voltarsi poscia, as-sicuratosi alle spalle, con maggiore speranza di vittoria,alla conquista della Lombardia. Al quale consiglio tantopiù volentieri si appigliava, quanto più sapeva, cheBeaulieu tentava continuamente l'animo del re per farlostar fermo nella lega, offerendogli di soccorrerlo nonsolo con le forze che gli restavano tuttavia, ma ancoracon quelle che o già erano arrivate, o presto dovevanoarrivare nel Milanese, purchè per sicurtà della sua fede edelle genti Austriache, consentisse a dargli in mano lefortezze di Alessandria e di Tortona. Per la qual cosa ilcapitano di Francia voltò del tutto i pensieri a voler ve-dere quello che fosse per partorire in Piemonte la pre-senza dei repubblicani. Due erano i modi che volevausare per arrivare ai suoi fini; la forza con perseguitar davicino co' suoi soldati vittoriosi le reliquie delle truppereali, l'astuzia col tentar di far muovere i popoli, con leparole di libertà, contro l'autorità del re. A questo era edisposto per se, e comandato dal Direttorio. Gli aveva ilDirettorio imposto, che tentasse per ogni mezzo di darespirito ai novatori, e tanto più ciò facesse, quanto più siostinasse il Piemonte a voler perseverare nella sua con-giunzione con la lega, e nella guerra. A questo fine, eper far vedere che entrava con molto favore, aveva Buo-naparte condotto con se alcuni fuorusciti Piemontesi, deiquali alcuni erano amici della libertà, altri facevano pro-fessione di essere. Sperando egli di far consentire con lospavento d'interne rivoluzioni Vittorio Amedeo allapace, pensava di servirsi dell'opera di costoro, quantun-

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breve il re di Sardegna alla pace, per voltarsi poscia, as-sicuratosi alle spalle, con maggiore speranza di vittoria,alla conquista della Lombardia. Al quale consiglio tantopiù volentieri si appigliava, quanto più sapeva, cheBeaulieu tentava continuamente l'animo del re per farlostar fermo nella lega, offerendogli di soccorrerlo nonsolo con le forze che gli restavano tuttavia, ma ancoracon quelle che o già erano arrivate, o presto dovevanoarrivare nel Milanese, purchè per sicurtà della sua fede edelle genti Austriache, consentisse a dargli in mano lefortezze di Alessandria e di Tortona. Per la qual cosa ilcapitano di Francia voltò del tutto i pensieri a voler ve-dere quello che fosse per partorire in Piemonte la pre-senza dei repubblicani. Due erano i modi che volevausare per arrivare ai suoi fini; la forza con perseguitar davicino co' suoi soldati vittoriosi le reliquie delle truppereali, l'astuzia col tentar di far muovere i popoli, con leparole di libertà, contro l'autorità del re. A questo era edisposto per se, e comandato dal Direttorio. Gli aveva ilDirettorio imposto, che tentasse per ogni mezzo di darespirito ai novatori, e tanto più ciò facesse, quanto più siostinasse il Piemonte a voler perseverare nella sua con-giunzione con la lega, e nella guerra. A questo fine, eper far vedere che entrava con molto favore, aveva Buo-naparte condotto con se alcuni fuorusciti Piemontesi, deiquali alcuni erano amici della libertà, altri facevano pro-fessione di essere. Sperando egli di far consentire con lospavento d'interne rivoluzioni Vittorio Amedeo allapace, pensava di servirsi dell'opera di costoro, quantun-

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que in poca stima gli tenesse, anzi piuttosto gli avesse avile, perchè egli riputò sempre gli amatori della libertà,o veri o finti ch'essi fossero, piuttosto importuni parlato-ri, che uomini capaci di far cose di momento. Adunque,ordinato ogni cosa, come abbiamo detto, e collocato ungrosso corpo nei contorni del Dego per appostar gli Au-striaci, acciocchè non tentassero nulla a suo pregiudizio,si avviava verso Ceva, contro cui aveva già mandatocon molte forze Augereau e Serrurier.Erasi Colli, dopo l'infelice successo della giornata diMagliani, e dopo che pel fatto di Cosserìa era stato ob-bligato di lasciar al nemico la possessione di Monteze-mo, ridotto coi Piemontesi nel campo trincerato, che perdifesa della fortezza di Ceva era stato ordinato alla Pe-dagiera, ed alla Testa nera, sito che signoreggia la for-tezza. Assaltò Buonaparte impetuosamente questo cam-po; gli fu anche virilmente risposto; durò la battagliamolte ore con molto sangue da ambe le parti, massimedei repubblicani, i quali combattevano più scoperti. Nèvi fu modo di far piegare i regj, che con valore difen-dendosi respingevano costantemente il nemico. Succe-deva questa fazione ai sedici aprile. Pernottarono repub-blicani e regj ai luoghi loro. Ma il giorno seguente, in-grossatisi molto i primi, rinfrescarono l'assalto più fortedi prima, nel quale sebbene animosamente si difendes-sero i regj, temendo Colli di essere spuntato dai lati, la-sciato un grosso presidio nella fortezza, ritraeva le genticon andar ad alloggiarle in sito molto opportuno là dove

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que in poca stima gli tenesse, anzi piuttosto gli avesse avile, perchè egli riputò sempre gli amatori della libertà,o veri o finti ch'essi fossero, piuttosto importuni parlato-ri, che uomini capaci di far cose di momento. Adunque,ordinato ogni cosa, come abbiamo detto, e collocato ungrosso corpo nei contorni del Dego per appostar gli Au-striaci, acciocchè non tentassero nulla a suo pregiudizio,si avviava verso Ceva, contro cui aveva già mandatocon molte forze Augereau e Serrurier.Erasi Colli, dopo l'infelice successo della giornata diMagliani, e dopo che pel fatto di Cosserìa era stato ob-bligato di lasciar al nemico la possessione di Monteze-mo, ridotto coi Piemontesi nel campo trincerato, che perdifesa della fortezza di Ceva era stato ordinato alla Pe-dagiera, ed alla Testa nera, sito che signoreggia la for-tezza. Assaltò Buonaparte impetuosamente questo cam-po; gli fu anche virilmente risposto; durò la battagliamolte ore con molto sangue da ambe le parti, massimedei repubblicani, i quali combattevano più scoperti. Nèvi fu modo di far piegare i regj, che con valore difen-dendosi respingevano costantemente il nemico. Succe-deva questa fazione ai sedici aprile. Pernottarono repub-blicani e regj ai luoghi loro. Ma il giorno seguente, in-grossatisi molto i primi, rinfrescarono l'assalto più fortedi prima, nel quale sebbene animosamente si difendes-sero i regj, temendo Colli di essere spuntato dai lati, la-sciato un grosso presidio nella fortezza, ritraeva le genticon andar ad alloggiarle in sito molto opportuno là dove

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la Cursaglia mette nel Tanaro. In questi fatti, proteggen-do valorosamente la ritirata il reggimento d'Acqui, morìdi grave ferita il marchese Cavoretto, morte sentita do-lorosamente da tutti per le buone qualità sue sì civili,che militari; e se i Francesi han ragione di celebrare,come fanno, con esimie lodi coloro, che sono morticombattendo per la patria, non so perchè gl'Italiani sianotanto scarsi in lodar coloro che, come il marchese Cavo-retto, diedero la vita per preservare una patria, che deb-be loro essere tanto cara, quanto è veramente la Franciaai Francesi. Occuparono, fatta questa ritirata, i repubbli-cani subitamente la città di Ceva, nè così tosto l'occupa-rono che vi fecero grosse tolte di pane, e posero taglie didenaro. Attaccarono i repubblicani superiori di numerol'esercito regio nei campi della Bicocca, della Niella e diSan Michele, ma non poterono sloggiarlo, pel duro con-trasto che vi fece. Ai venti massimamente si combattècon molto sangue: pure stettero fermi alla pruova i Pie-montesi, per modo che Serrurier si ritirava assai mal-concio e disordinato. Infine quel valoroso Massena, ilquale nato suddito del re, più di tutti operò per abbatterela sua potenza, passato la notte del ventuno il Tanaro aguado presso Ceva aveva occupato Lesegno. Dall'altraparte Guyeu e Fiorella, essendosi fatti padroni del pontedella Torre, mettevano Colli in pericolo di essere circon-dato dai repubblicani alle spalle; il che avrebbe condottoquell'esercito, ultima speranza della monarchìa Piemon-tese, ad un'estrema rovina. Perlocchè, levato il campooccultamente alle due della notte, e conducendo seco

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la Cursaglia mette nel Tanaro. In questi fatti, proteggen-do valorosamente la ritirata il reggimento d'Acqui, morìdi grave ferita il marchese Cavoretto, morte sentita do-lorosamente da tutti per le buone qualità sue sì civili,che militari; e se i Francesi han ragione di celebrare,come fanno, con esimie lodi coloro, che sono morticombattendo per la patria, non so perchè gl'Italiani sianotanto scarsi in lodar coloro che, come il marchese Cavo-retto, diedero la vita per preservare una patria, che deb-be loro essere tanto cara, quanto è veramente la Franciaai Francesi. Occuparono, fatta questa ritirata, i repubbli-cani subitamente la città di Ceva, nè così tosto l'occupa-rono che vi fecero grosse tolte di pane, e posero taglie didenaro. Attaccarono i repubblicani superiori di numerol'esercito regio nei campi della Bicocca, della Niella e diSan Michele, ma non poterono sloggiarlo, pel duro con-trasto che vi fece. Ai venti massimamente si combattècon molto sangue: pure stettero fermi alla pruova i Pie-montesi, per modo che Serrurier si ritirava assai mal-concio e disordinato. Infine quel valoroso Massena, ilquale nato suddito del re, più di tutti operò per abbatterela sua potenza, passato la notte del ventuno il Tanaro aguado presso Ceva aveva occupato Lesegno. Dall'altraparte Guyeu e Fiorella, essendosi fatti padroni del pontedella Torre, mettevano Colli in pericolo di essere circon-dato dai repubblicani alle spalle; il che avrebbe condottoquell'esercito, ultima speranza della monarchìa Piemon-tese, ad un'estrema rovina. Perlocchè, levato il campooccultamente alle due della notte, e conducendo seco

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tutte le artiglierìe e le bagaglie, s'incamminava frettolo-samente, ma ordinatamente alla volta di Mondovì. Il se-guitarono velocemente i repubblicani, ed il raggiunseroa Vico, dove allo spuntar del giorno seguì la battaglia,che i Francesi chiamano di Mondovì. Buonaparte solitoad abbellir con parole magnifiche le sue geste, rappre-sentò questo fatto con colori di grandezza, e di virtù mi-litare dal canto de' suoi. Ma il vero si è, che Colli nonpoteva, nè voleva tra mezzo ad una frettolosa ritirata, econ soldati già scemi d'animo e di forze venirne ad unabattaglia giusta contro un nemico vittorioso, battaglia incui ne sarebbe andato tutto il destino di un antichissimoreame. Solo suo intento era di ritardar tanto il persegui-tante nemico, che potesse condur in salvo le artiglierìeed il bagaglio, ed andar a pigliar un alloggiamento tale,che potesse, se ancor possibil fosse, arrestar il corso allafortuna che con tanto impeto precipitava. Difesosi inVico con molta arte e valore, potè ritardando il nemico,conseguire il fine che si era proposto, di condurre a sal-vamento nei luoghi sicuri dietro l'Ellero ed il Pesio learmi grosse, e tutti gl'impedimenti. Ritirossi poscia, an-dando a posarsi in un forte alloggiamento oltre la Stura,dove la fronte era difesa dal fiume, la destra aveva persicurtà Cuneo, donde si congiungeva alle genti cheguardavano i passi per al Colle di Tenda, la stanca final-mente si appoggiava a Cherasco posto alla foce dellaStura nel Tanaro, ed afforzato, sebbene leggermente,con bastioni muniti di steccate e palizzate. In tale modoun umile fiume, un esercito valoroso, ma vinto, e due

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tutte le artiglierìe e le bagaglie, s'incamminava frettolo-samente, ma ordinatamente alla volta di Mondovì. Il se-guitarono velocemente i repubblicani, ed il raggiunseroa Vico, dove allo spuntar del giorno seguì la battaglia,che i Francesi chiamano di Mondovì. Buonaparte solitoad abbellir con parole magnifiche le sue geste, rappre-sentò questo fatto con colori di grandezza, e di virtù mi-litare dal canto de' suoi. Ma il vero si è, che Colli nonpoteva, nè voleva tra mezzo ad una frettolosa ritirata, econ soldati già scemi d'animo e di forze venirne ad unabattaglia giusta contro un nemico vittorioso, battaglia incui ne sarebbe andato tutto il destino di un antichissimoreame. Solo suo intento era di ritardar tanto il persegui-tante nemico, che potesse condur in salvo le artiglierìeed il bagaglio, ed andar a pigliar un alloggiamento tale,che potesse, se ancor possibil fosse, arrestar il corso allafortuna che con tanto impeto precipitava. Difesosi inVico con molta arte e valore, potè ritardando il nemico,conseguire il fine che si era proposto, di condurre a sal-vamento nei luoghi sicuri dietro l'Ellero ed il Pesio learmi grosse, e tutti gl'impedimenti. Ritirossi poscia, an-dando a posarsi in un forte alloggiamento oltre la Stura,dove la fronte era difesa dal fiume, la destra aveva persicurtà Cuneo, donde si congiungeva alle genti cheguardavano i passi per al Colle di Tenda, la stanca final-mente si appoggiava a Cherasco posto alla foce dellaStura nel Tanaro, ed afforzato, sebbene leggermente,con bastioni muniti di steccate e palizzate. In tale modoun umile fiume, un esercito valoroso, ma vinto, e due

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piazze, una forte l'altra debole, restavano soli impedi-menti ai Francesi, onde non inondassero tutto il Piemon-te, e non sventolassero le insegne repubblicane sotto lemura della città capitale di Torino. Certamente assai èda lodarsi Buonaparte per l'ardire e per l'arte mostrata intutti questi fatti; assai anche è da lodarsi il valore de'suoi soldati; ma da lodarsi ancora è Colli, e l'esercitoPiemontese, che spinto e risospinto più fiate da luoghirotti e montuosi, conservossi sempre intiero, ed all'ulti-ma fine intiero rappresentossi al re per quei negoziatiche per la conservazione del regno avesse stimato con-venirsi.L'audace Buonaparte, non contento, se prima non avesserotto ogni resistenza, usava l'estrema forza e l'estremaastuzia. Minacciava dall'un canto di varcar la Stura,dall'altro, impadronitosi d'Alba per mezzo di Laharpe,città posta sulla riva del Tanaro sotto la foce della Stura,era in grado di passar il primo di questi fiumi, e di cor-rere alle spalle dei Piemontesi. Oltre di questo, per riz-zare a spavento del governo una prima bandiera di ribel-lione, aveva operato, e l'ottenne anche facilmente, chealcuni abitatori d'Alba, instigati principalmente daBonafous, fuoruscito Piemontese, venuto coi repubbli-cani, facessero un movimento contro l'autorità regia,mandando fuori bandi di volersi constituire in repubbli-ca. Quivi Bonafous metteva sequestri, faceva confisca-zioni di beni mobili e stabili, tanto feudatarj quanto regj,e procedendo in tutto repubblicanamente, dava timore,

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piazze, una forte l'altra debole, restavano soli impedi-menti ai Francesi, onde non inondassero tutto il Piemon-te, e non sventolassero le insegne repubblicane sotto lemura della città capitale di Torino. Certamente assai èda lodarsi Buonaparte per l'ardire e per l'arte mostrata intutti questi fatti; assai anche è da lodarsi il valore de'suoi soldati; ma da lodarsi ancora è Colli, e l'esercitoPiemontese, che spinto e risospinto più fiate da luoghirotti e montuosi, conservossi sempre intiero, ed all'ulti-ma fine intiero rappresentossi al re per quei negoziatiche per la conservazione del regno avesse stimato con-venirsi.L'audace Buonaparte, non contento, se prima non avesserotto ogni resistenza, usava l'estrema forza e l'estremaastuzia. Minacciava dall'un canto di varcar la Stura,dall'altro, impadronitosi d'Alba per mezzo di Laharpe,città posta sulla riva del Tanaro sotto la foce della Stura,era in grado di passar il primo di questi fiumi, e di cor-rere alle spalle dei Piemontesi. Oltre di questo, per riz-zare a spavento del governo una prima bandiera di ribel-lione, aveva operato, e l'ottenne anche facilmente, chealcuni abitatori d'Alba, instigati principalmente daBonafous, fuoruscito Piemontese, venuto coi repubbli-cani, facessero un movimento contro l'autorità regia,mandando fuori bandi di volersi constituire in repubbli-ca. Quivi Bonafous metteva sequestri, faceva confisca-zioni di beni mobili e stabili, tanto feudatarj quanto regj,e procedendo in tutto repubblicanamente, dava timore,

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che con le spalle dei repubblicani d'oltremonti e del pae-se, avesse a propagar quell'incendio per tutto il Piemon-te. Erasi accostato al Bonafous un Ranza, uomo dabbe-ne, nè senza lettere, ma cervello disordinato, e capacedel pari di far perir la realtà per la ribellione, e la libertàper l'anarchìa. Costoro, per istimolo, scrissero e pubbli-carono una lettera a Buonaparte: voler essi, dicevano,come i Francesi, esser liberi; non voler più vivere nèsotto un re, nè sotto altro tiranno, con qual nome si chia-masse; volere l'equalità civile, volere spegnere i mostrifeudatarj; per questo aver preso le armi all'approssimarsidel vittorioso esercito di Francia: gli ajutasse adunque,pregavano, a rompere quelle catene da schiavi; vedessel'Italia in atto di chiamarlo alla liberazione sua; donasse-le la libertà, ridonassele il lustro antico; sarebbe il suonome glorioso ed immortale. Non contenti a questo,Bonafous e Ranza, procedendo immoderatamente, man-davano bandi repubblicani al clero del Piemonte e dellaLombardìa, siccome pure ai soldati Napolitani e Pie-montesi. Ancorchè il generale di Francia sapesse, chenon era in Piemonte seme sufficiente di rivoluzione,pure andava fomentando queste dimostrazioni, e le ma-gnificava per intimorire il governo; perchè argomentava,che già preso da spavento pei sinistri eventi della guerra,e male giudicando delle disposizioni dei popoli, si lasce-rebbe facilmente spaventare dal pericolo immaginario dimoti interni contrarj alla quiete del regno. Adunque eper questi romori, e per esser padrone il nemico del pas-so del Tanaro in Alba, e per esser Cherasco in se stesso

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che con le spalle dei repubblicani d'oltremonti e del pae-se, avesse a propagar quell'incendio per tutto il Piemon-te. Erasi accostato al Bonafous un Ranza, uomo dabbe-ne, nè senza lettere, ma cervello disordinato, e capacedel pari di far perir la realtà per la ribellione, e la libertàper l'anarchìa. Costoro, per istimolo, scrissero e pubbli-carono una lettera a Buonaparte: voler essi, dicevano,come i Francesi, esser liberi; non voler più vivere nèsotto un re, nè sotto altro tiranno, con qual nome si chia-masse; volere l'equalità civile, volere spegnere i mostrifeudatarj; per questo aver preso le armi all'approssimarsidel vittorioso esercito di Francia: gli ajutasse adunque,pregavano, a rompere quelle catene da schiavi; vedessel'Italia in atto di chiamarlo alla liberazione sua; donasse-le la libertà, ridonassele il lustro antico; sarebbe il suonome glorioso ed immortale. Non contenti a questo,Bonafous e Ranza, procedendo immoderatamente, man-davano bandi repubblicani al clero del Piemonte e dellaLombardìa, siccome pure ai soldati Napolitani e Pie-montesi. Ancorchè il generale di Francia sapesse, chenon era in Piemonte seme sufficiente di rivoluzione,pure andava fomentando queste dimostrazioni, e le ma-gnificava per intimorire il governo; perchè argomentava,che già preso da spavento pei sinistri eventi della guerra,e male giudicando delle disposizioni dei popoli, si lasce-rebbe facilmente spaventare dal pericolo immaginario dimoti interni contrarj alla quiete del regno. Adunque eper questi romori, e per esser padrone il nemico del pas-so del Tanaro in Alba, e per esser Cherasco in se stesso

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poco difendevole, temendo Colli di essere assaltato allespalle, lasciato Cherasco, si ritraeva, per sicurezza diTorino, alle stanze di Carignano. Ora era giunto il re diSardegna a quell'estremo punto, in cui o far doveva unarisoluzione magnanima, o sottoporre il collo ad un ne-mico insolente, e ad un governo disordinato e del tuttodiverso dal suo: ora si doveva vedere, se Vittorio Ame-deo III era in grado di mostrare al mondo di averenell'animo quei medesimi spiriti, per cui tanto sono lo-dati i suoi generosi antenati Carlo Emanuele I, e VittorioAmedeo II. Adunossi in tanto precipizio di cose il consi-glio, al quale assistettero il re ed i principi reali, con tuttii ministri dello stato. Drake, ministro d'Inghilterra a Ge-nova, trasferitosi a Torino, ed il marchese Gherardini,ministro d'Austria, temendo che in agitazione sì grave ilre fosse per separare i suoi consiglj da quei della lega, edesiderando sommamente d'interrompere questa cosa,non avevano mancato all'ufficio loro con tenerlo conti-nuamente sollecitato, perchè voltasse il viso alla fortu-na, e stesse in fede: ricordassesi, dicevano, del nomesuo; avrebbe presto di Germania e d'Inghilterra sussidjdi soldati, e di denaro; non permettesse che la genera-zione presente potesse dire, aver mancato d'animo ad unprimo romoreggiar di Francesi in Piemonte; ricordassesidell'assedio di Torino, rivocasse alla mente la vittoriatanto famosa al mondo di Vittorio Amedeo, suogrand'avolo; la fortuna essere stata contraria, ma il valorpari; variare la fortuna sempre, constare sempre a se me-desimo il valore; pensasse, e nella mente sua matura-

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poco difendevole, temendo Colli di essere assaltato allespalle, lasciato Cherasco, si ritraeva, per sicurezza diTorino, alle stanze di Carignano. Ora era giunto il re diSardegna a quell'estremo punto, in cui o far doveva unarisoluzione magnanima, o sottoporre il collo ad un ne-mico insolente, e ad un governo disordinato e del tuttodiverso dal suo: ora si doveva vedere, se Vittorio Ame-deo III era in grado di mostrare al mondo di averenell'animo quei medesimi spiriti, per cui tanto sono lo-dati i suoi generosi antenati Carlo Emanuele I, e VittorioAmedeo II. Adunossi in tanto precipizio di cose il consi-glio, al quale assistettero il re ed i principi reali, con tuttii ministri dello stato. Drake, ministro d'Inghilterra a Ge-nova, trasferitosi a Torino, ed il marchese Gherardini,ministro d'Austria, temendo che in agitazione sì grave ilre fosse per separare i suoi consiglj da quei della lega, edesiderando sommamente d'interrompere questa cosa,non avevano mancato all'ufficio loro con tenerlo conti-nuamente sollecitato, perchè voltasse il viso alla fortu-na, e stesse in fede: ricordassesi, dicevano, del nomesuo; avrebbe presto di Germania e d'Inghilterra sussidjdi soldati, e di denaro; non permettesse che la genera-zione presente potesse dire, aver mancato d'animo ad unprimo romoreggiar di Francesi in Piemonte; ricordassesidell'assedio di Torino, rivocasse alla mente la vittoriatanto famosa al mondo di Vittorio Amedeo, suogrand'avolo; la fortuna essere stata contraria, ma il valorpari; variare la fortuna sempre, constare sempre a se me-desimo il valore; pensasse, e nella mente sua matura-

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mente volgesse, quanta fosse stata verso di lui la fededegli alleati, che del tutto a lui avevano commesso lesorti d'Italia, quantunque sapessero potere venir caso,che i francesi, rotte violentemente le barriere dell'Alpi,penetrassero in Piemonte; non fosse minore in lui la co-stanza, di quanto fosse stata la fiducia della lega; avere ire nel corso dei regni loro prosperi casi ed avversi; esse-re più gloriosi quelli che costantemente sopportano i se-condi, di quelli che oscuri trapasseno i giorni loro neiprimi, considerasse bene quanto da lui richiedessero Ita-lia, ed Europa; non consentisse che in lui più potesse unromor repentino, che i veri interessi del suo reame. Di-mostravasi Vittorio Amedeo constantissimo a voler con-tinuare nella fede data: difenderebbe Torino sino all'ulti-mo, o anderebbe ramingo, se così fortuna volesse; nonconsentirebbe a pace con un nemico odiosissimo. Il se-condava nella medesima sentenza il principe di Piemon-te, nel quale, come primogenito regio, doveva pervenireil regno, non però per motivi di stato, ma sì di religione,parendogli, come a principe religiosissimo, troppo abbo-minevole aver per amici coloro, che stimava eretici enemici di Dio. Temeva la propagazione dei principj loroanche in Piemonte, ed abborriva una pace, che gli pare-va ancor più rea verso Dio che verso gli uomini. Ma dalcardinale Costa, arcivescovo di Torino, personaggio nelquale risplendevano ingegno, dottrina ed amor singolaredi lettere e di letterati, fu ragionato in contrario, esserl'Austria infedele, pensare prima a se che ad altrui, esse-re il pericolo della ribellione imminente, la necessità più

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mente volgesse, quanta fosse stata verso di lui la fededegli alleati, che del tutto a lui avevano commesso lesorti d'Italia, quantunque sapessero potere venir caso,che i francesi, rotte violentemente le barriere dell'Alpi,penetrassero in Piemonte; non fosse minore in lui la co-stanza, di quanto fosse stata la fiducia della lega; avere ire nel corso dei regni loro prosperi casi ed avversi; esse-re più gloriosi quelli che costantemente sopportano i se-condi, di quelli che oscuri trapasseno i giorni loro neiprimi, considerasse bene quanto da lui richiedessero Ita-lia, ed Europa; non consentisse che in lui più potesse unromor repentino, che i veri interessi del suo reame. Di-mostravasi Vittorio Amedeo constantissimo a voler con-tinuare nella fede data: difenderebbe Torino sino all'ulti-mo, o anderebbe ramingo, se così fortuna volesse; nonconsentirebbe a pace con un nemico odiosissimo. Il se-condava nella medesima sentenza il principe di Piemon-te, nel quale, come primogenito regio, doveva pervenireil regno, non però per motivi di stato, ma sì di religione,parendogli, come a principe religiosissimo, troppo abbo-minevole aver per amici coloro, che stimava eretici enemici di Dio. Temeva la propagazione dei principj loroanche in Piemonte, ed abborriva una pace, che gli pare-va ancor più rea verso Dio che verso gli uomini. Ma dalcardinale Costa, arcivescovo di Torino, personaggio nelquale risplendevano ingegno, dottrina ed amor singolaredi lettere e di letterati, fu ragionato in contrario, esserl'Austria infedele, pensare prima a se che ad altrui, esse-re il pericolo della ribellione imminente, la necessità più

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forte della fede; il cacciare i Francesi dal Piemonte deltutto impossibile; meglio avergli amici che nemici; po-nendo anche l'Austria di eguale potenza della Francia,esser questa vicina, quella lontana; riuscir più facile aiFrancesi l'invadere il Piemonte, che agli Austriaci il pre-servarlo; potere l'Austria, come lontana, perseverare nel-la guerra; dovere il Piemonte pensare ai casi suoi: nellasupposizione favorevole diventerebbe il Piemonte cam-po di guerra, pieno di ruberìe, di devastazioni e di ucci-sioni; e se già a mala pena si poteva resistere ai France-si, come si sarebbe potuto resistere ai Francesi stessi, edai sudditi tumultuanti a perdizione del regno? Non esserforse superbe le profferte degli Austriaci? non domandarloro per prezzo degli ajuti Alessandria e Tortona? Qualcompenso poter offerir l'Austria in una felice guerra perle perdute Savoja e Nizza? Sperarla tanto felice, ch'ellane reintegrasse il re per la forza dell'armi, esser più tostofola da infermi, che argomento d'uomini ragionevoli:all'incontro potere i Francesi, dal canto dei quali allorastava la probabilità della vittoria, e volere ed offerire nelconquistato Milanese grassi ed adeguati compensi: sìcertamente essere infido quel Francese governo, ma po-ter tendere maggiori insidie in guerra che in pace, per-chè la guerra fa le insidie lecite, la pace le fa infami; va-riare consiglio il savio al variare degli eventi, e poichèla fortuna aveva addotto un accidente, non che straordi-nario, maraviglioso, doversi anche fare una risoluzionestraordinaria. Loderebbonla gli uomini prudenti, benedi-rebbonla i sudditi fatti immuni dalle esorbitanze incom-

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forte della fede; il cacciare i Francesi dal Piemonte deltutto impossibile; meglio avergli amici che nemici; po-nendo anche l'Austria di eguale potenza della Francia,esser questa vicina, quella lontana; riuscir più facile aiFrancesi l'invadere il Piemonte, che agli Austriaci il pre-servarlo; potere l'Austria, come lontana, perseverare nel-la guerra; dovere il Piemonte pensare ai casi suoi: nellasupposizione favorevole diventerebbe il Piemonte cam-po di guerra, pieno di ruberìe, di devastazioni e di ucci-sioni; e se già a mala pena si poteva resistere ai France-si, come si sarebbe potuto resistere ai Francesi stessi, edai sudditi tumultuanti a perdizione del regno? Non esserforse superbe le profferte degli Austriaci? non domandarloro per prezzo degli ajuti Alessandria e Tortona? Qualcompenso poter offerir l'Austria in una felice guerra perle perdute Savoja e Nizza? Sperarla tanto felice, ch'ellane reintegrasse il re per la forza dell'armi, esser più tostofola da infermi, che argomento d'uomini ragionevoli:all'incontro potere i Francesi, dal canto dei quali allorastava la probabilità della vittoria, e volere ed offerire nelconquistato Milanese grassi ed adeguati compensi: sìcertamente essere infido quel Francese governo, ma po-ter tendere maggiori insidie in guerra che in pace, per-chè la guerra fa le insidie lecite, la pace le fa infami; va-riare consiglio il savio al variare degli eventi, e poichèla fortuna aveva addotto un accidente, non che straordi-nario, maraviglioso, doversi anche fare una risoluzionestraordinaria. Loderebbonla gli uomini prudenti, benedi-rebbonla i sudditi fatti immuni dalle esorbitanze incom-

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portevoli della guerra: assai e pur troppo essersi fattoper mantener la fede promessa; dimostrarlo il sanguesparso, dimostrarlo le innumerevoli morti, dimostrarlole desolate campagne: assai essersi soddisfatto all'onore,ora doversi soddisfare all'esistenza.A questa sentenza del consigliar la pace era stato tiratol'arcivescovo per lume proprio, e per conforto dell'avvo-cato Prina Novarese, quel medesimo che, d'ingegno acu-tissimo, d'animo duro, e bel parlatore, e maestro singo-lare del comandar tirato essendo, piacque poi tanto perinfelice suo destino a Buonaparte. Il favellare di unuomo tanto grave e tanto pratico delle cose del mondo,qual era il cardinale Costa, commosse tanto e sì maravi-gliosamente gli animi degli ascoltanti, che fu fatta quel-la risoluzione, che sottraendo la monarchìa Piemonteseda una dipendenza certamente eccessiva verso l'Austria,la fece vera e reale serva della Francia. Allora veramen-te, e non più tardi perì il reame di Sardegna, allora, enon più tardi perì la monarchìa Piemontese. Dallo stra-zio che ne fece poscia quel governo repubblicano diFrancia; comprenderanno facilmente i leggitori di que-ste storie, che non solo più onorevole, ma anche menoinfelice consiglio sarebbe stato l'incontrare qualunquepiù duro caso di fortuna coll'armi in pugno, che il darsicon le mani disarmate ed avvinte in preda ad un amicosì fantastico, e sì crudele.Spedironsi pertanto a fretta verso Genova il conte Re-vello, ed il cavaliere Tonso, con mandato di negoziar

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portevoli della guerra: assai e pur troppo essersi fattoper mantener la fede promessa; dimostrarlo il sanguesparso, dimostrarlo le innumerevoli morti, dimostrarlole desolate campagne: assai essersi soddisfatto all'onore,ora doversi soddisfare all'esistenza.A questa sentenza del consigliar la pace era stato tiratol'arcivescovo per lume proprio, e per conforto dell'avvo-cato Prina Novarese, quel medesimo che, d'ingegno acu-tissimo, d'animo duro, e bel parlatore, e maestro singo-lare del comandar tirato essendo, piacque poi tanto perinfelice suo destino a Buonaparte. Il favellare di unuomo tanto grave e tanto pratico delle cose del mondo,qual era il cardinale Costa, commosse tanto e sì maravi-gliosamente gli animi degli ascoltanti, che fu fatta quel-la risoluzione, che sottraendo la monarchìa Piemonteseda una dipendenza certamente eccessiva verso l'Austria,la fece vera e reale serva della Francia. Allora veramen-te, e non più tardi perì il reame di Sardegna, allora, enon più tardi perì la monarchìa Piemontese. Dallo stra-zio che ne fece poscia quel governo repubblicano diFrancia; comprenderanno facilmente i leggitori di que-ste storie, che non solo più onorevole, ma anche menoinfelice consiglio sarebbe stato l'incontrare qualunquepiù duro caso di fortuna coll'armi in pugno, che il darsicon le mani disarmate ed avvinte in preda ad un amicosì fantastico, e sì crudele.Spedironsi pertanto a fretta verso Genova il conte Re-vello, ed il cavaliere Tonso, con mandato di negoziar

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della pace con Faipoult, ministro della repubblica fran-cese. Al tempo medesimo fu fatto mandato a Colli didomandare, ed al conte Delatour, e marchese della Costadi accordare una sospensione di offese col generale re-pubblicano. Non avendo Faipoult facoltà di negoziare,si partirono i commissarj da Genova senza risoluzione, es'incamminarono tostamente alla volta di Parigi a fine distabilire la pace, e l'amicizia con la repubblica. Tristo emisero era il mandato, nè difforme dallo spavento con-cetto: pure il timore non era uguale alle disgrazie che itempi apparecchiavano. Intanto, scrittosi da Colli a Buo-naparte, si sospendessero le offese, rispose, nè potere nèvolere, se prima non gli si davano due delle tre fortezzedi Cuneo, d'Alessandria e di Tortona. Consentiva il reper la prima e per l'ultima, e di più per Ceva, che oppu-gnata gagliardamente, con ugual gagliardìa si difendeva.Adunque l'estremo momento essendo giunto, in cuil'antichissima monarchìa dei Piemontesi doveva, cessan-do d'esser padrona di se medesima, cadere in servaggioaltrui, fu accordata in Cherasco la tregua tra Buonapartedall'un lato, Latour e della Costa dall'altro, con questo,che i repubblicani occupassero Cuneo il dì ventotto apri-le, Tortona non più tardi del trenta, la fortezza di Cevasubito dopo gli accordi; restassero i Francesi in possessodei paesi conquistati oltre la Stura ed il Tanaro; fossefatto facoltà ai corrieri di passare pel Cenisio per a Pari-gi; comprendessersi nella tregua i soldati dell'imperato-re, che erano ai soldi del Piemonte; durasse sino a cin-que giorni dopo la conclusione dei negoziati di Parigi.

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della pace con Faipoult, ministro della repubblica fran-cese. Al tempo medesimo fu fatto mandato a Colli didomandare, ed al conte Delatour, e marchese della Costadi accordare una sospensione di offese col generale re-pubblicano. Non avendo Faipoult facoltà di negoziare,si partirono i commissarj da Genova senza risoluzione, es'incamminarono tostamente alla volta di Parigi a fine distabilire la pace, e l'amicizia con la repubblica. Tristo emisero era il mandato, nè difforme dallo spavento con-cetto: pure il timore non era uguale alle disgrazie che itempi apparecchiavano. Intanto, scrittosi da Colli a Buo-naparte, si sospendessero le offese, rispose, nè potere nèvolere, se prima non gli si davano due delle tre fortezzedi Cuneo, d'Alessandria e di Tortona. Consentiva il reper la prima e per l'ultima, e di più per Ceva, che oppu-gnata gagliardamente, con ugual gagliardìa si difendeva.Adunque l'estremo momento essendo giunto, in cuil'antichissima monarchìa dei Piemontesi doveva, cessan-do d'esser padrona di se medesima, cadere in servaggioaltrui, fu accordata in Cherasco la tregua tra Buonapartedall'un lato, Latour e della Costa dall'altro, con questo,che i repubblicani occupassero Cuneo il dì ventotto apri-le, Tortona non più tardi del trenta, la fortezza di Cevasubito dopo gli accordi; restassero i Francesi in possessodei paesi conquistati oltre la Stura ed il Tanaro; fossefatto facoltà ai corrieri di passare pel Cenisio per a Pari-gi; comprendessersi nella tregua i soldati dell'imperato-re, che erano ai soldi del Piemonte; durasse sino a cin-que giorni dopo la conclusione dei negoziati di Parigi.

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Siccome poi Buonaparte tesseva un grande inganno aBeaulieu per farsi comodo il passo del Po, così stipula-va, che l'esercito di Francia potesse passare il fiume so-pra Valenza. Queste furono le tristi condizioni della tre-gua, alle quali succedettero poco stante le condizioni piùtristi ancora della pace. A tale accordo si rallegrarono inovatori, s'avvilirono i ligj, si scoraggiarono i leali, sispaventarono i popoli, si sdegnarono i soldati. Lo scrit-tore di queste storie, trovandosi a questo tempo allestanze di Gap in Francia, e quivi avendo parlato coi sol-dati Piemontesi cattivi in guerra, udì da loro abbominar-si con grandissimo sdegno i patti, che la patria loro ave-vano condotto in sì duro servaggio. Spaventossene l'Ita-lia, maravigliaronsene i potentati d'Europa. Volle anzi inquesto la fortuna solita ad addurre casi strani, che le no-velle della debolezza del governo regio, che tanto disor-dinava le cose comuni, spedite con grandissima celeritàa Pietroburgo, vi arrivassero prima della circolare scrittadal re, per cui affermava, la sua costanza del voler per-severare nella guerra essere inconcussa: delle quali no-velle non sapendo l'agente di Sardegna, visitava il conteOstermann, ministro degli affari esteri dell'imperatriceCaterina, la circolare rappresentandogli: la quale leg-gendo Ostermann dava segni di maraviglia, di dispetto edi sdegno, servendosi anche, parlando del re, di parole,che per la gravità della storia non vogliamo rapportare, eche certamente poco sono convenevoli alla maestà reale.La somma fu, che squadernò in viso all'agente lo spac-cio, che conteneva le novelle della tregua, sdegnosa-

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Siccome poi Buonaparte tesseva un grande inganno aBeaulieu per farsi comodo il passo del Po, così stipula-va, che l'esercito di Francia potesse passare il fiume so-pra Valenza. Queste furono le tristi condizioni della tre-gua, alle quali succedettero poco stante le condizioni piùtristi ancora della pace. A tale accordo si rallegrarono inovatori, s'avvilirono i ligj, si scoraggiarono i leali, sispaventarono i popoli, si sdegnarono i soldati. Lo scrit-tore di queste storie, trovandosi a questo tempo allestanze di Gap in Francia, e quivi avendo parlato coi sol-dati Piemontesi cattivi in guerra, udì da loro abbominar-si con grandissimo sdegno i patti, che la patria loro ave-vano condotto in sì duro servaggio. Spaventossene l'Ita-lia, maravigliaronsene i potentati d'Europa. Volle anzi inquesto la fortuna solita ad addurre casi strani, che le no-velle della debolezza del governo regio, che tanto disor-dinava le cose comuni, spedite con grandissima celeritàa Pietroburgo, vi arrivassero prima della circolare scrittadal re, per cui affermava, la sua costanza del voler per-severare nella guerra essere inconcussa: delle quali no-velle non sapendo l'agente di Sardegna, visitava il conteOstermann, ministro degli affari esteri dell'imperatriceCaterina, la circolare rappresentandogli: la quale leg-gendo Ostermann dava segni di maraviglia, di dispetto edi sdegno, servendosi anche, parlando del re, di parole,che per la gravità della storia non vogliamo rapportare, eche certamente poco sono convenevoli alla maestà reale.La somma fu, che squadernò in viso all'agente lo spac-cio, che conteneva le novelle della tregua, sdegnosa-

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mente dicendo, che i confederati sapevano ottimamente,che la fortuna della guerra avrebbe potuto portare che iFrancesi penetrassero in Piemonte; che non ostante ave-vano confidato che il re, ad imitazione dei gloriosi suoiantenati, serbando la medesima costanza, avrebbe loroosservato le cose promesse; che la lega non avrebbe pre-termesso di soccorrerlo; che finalmente, se avessero iconfederati potuto credere che ad un primo impeto eifosse per mancar d'animo, e per posar le armi, avrebberofatto altri pensieri, e provveduto in altra guisa alla sicu-rezza, ed agl'interessi degli stati loro.Infatti non si vede, quale sì inevitabile necessità dovessecondurre il governo regio ad una risoluzione tanto pre-giudiziale, e tanto inonorata. Quaranta mila Francesi sierano invero affacciati ad uno degli aditi delle pianurePiemontesi; ma difettosi di artiglierìe, massime grosse,difettosi di cavallerìa, non potevano nè espugnar le piaz-ze forti, nè tener la campagna aperta. Nè denaro aveva-no per pagare, nè magazzini per pascere i soldati. Oltrea ciò stavano loro ai fianchi, a destra Ceva, che tuttavìasi difendeva validamente, a sinistra Cuneo copioso didifensori forti, e ben provveduti di ogni cosa. La metro-poli stessa di Torino, che stava loro a fronte, senza lapossessione della quale invano avrebbero sperato di es-sere quieti possessori del Piemonte, era munitissima perfortificazioni vecchie e nuove. Nè l'esercito Piemonteseera tale, che potesse dar cagione di disperare della difesadi tanti luoghi forti: la cavallerìa sì regia che imperiale

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mente dicendo, che i confederati sapevano ottimamente,che la fortuna della guerra avrebbe potuto portare che iFrancesi penetrassero in Piemonte; che non ostante ave-vano confidato che il re, ad imitazione dei gloriosi suoiantenati, serbando la medesima costanza, avrebbe loroosservato le cose promesse; che la lega non avrebbe pre-termesso di soccorrerlo; che finalmente, se avessero iconfederati potuto credere che ad un primo impeto eifosse per mancar d'animo, e per posar le armi, avrebberofatto altri pensieri, e provveduto in altra guisa alla sicu-rezza, ed agl'interessi degli stati loro.Infatti non si vede, quale sì inevitabile necessità dovessecondurre il governo regio ad una risoluzione tanto pre-giudiziale, e tanto inonorata. Quaranta mila Francesi sierano invero affacciati ad uno degli aditi delle pianurePiemontesi; ma difettosi di artiglierìe, massime grosse,difettosi di cavallerìa, non potevano nè espugnar le piaz-ze forti, nè tener la campagna aperta. Nè denaro aveva-no per pagare, nè magazzini per pascere i soldati. Oltrea ciò stavano loro ai fianchi, a destra Ceva, che tuttavìasi difendeva validamente, a sinistra Cuneo copioso didifensori forti, e ben provveduti di ogni cosa. La metro-poli stessa di Torino, che stava loro a fronte, senza lapossessione della quale invano avrebbero sperato di es-sere quieti possessori del Piemonte, era munitissima perfortificazioni vecchie e nuove. Nè l'esercito Piemonteseera tale, che potesse dar cagione di disperare della difesadi tanti luoghi forti: la cavallerìa sì regia che imperiale

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fioritissima, intera, abile ad impedire in pianura qualun-que fazione d'importanza ai repubblicani. Abbiam narra-to come Colli avesse saputo ritirarsi intiero, e rannodatoper modo che l'esercito nè disperso nè distrutto, appre-sentava ancora stabile fondamento a chi avesse volutousarlo risolutamente. Nè le reliquie di Beaulieu eranodisprezzabili, e meglio di ventimila Tedeschi stanziava-no nella Lombardìa pronti ad accorrere in ajuto; perchècertamente il combattere in Piemonte era allora un com-battere per la Lombardìa. È vero, che per la sicurtà dellafede domandava Beaulieu Alessandria e Tortona, duracertamente e superba condizione; ma giacchè per l'acer-bità della fortuna si era giunto a tale che o bisognavadare Alessandria e Tortona agli Austriaci, o Tortona eCuneo ai Francesi, non si vede perchè il primo partitonon fosse e più utile, e meno inonesto del secondo, per-ciocchè meglio era cedere ad un alleato che ad un nemi-co, meglio cedere ad un governo di natura conforme chead un governo disordinato, e di natura contraria. Restavail timore, che si aveva dei novatori; ma i soldati eranonon che fedeli, fedelissimi, il valore sperimentato, spe-cialmente negli ultimi fatti; degli ufficiali pochi avevanoabbracciato le nuove opinioni, nè alcuna inclinazionecontraria si manifestava nelle popolazioni, nemiche na-turalmente e per antica consuetudine ai Francesi. Sape-vaselo Buonaparte, che di queste insidie s'intendeva; sa-pevalo, e dicevalo, e scrivevalo, quantunque i fuoruscitiPiemontesi continuamente gli fossero ai fianchi con rap-presentazioni della propensione dei popoli a voler fare

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fioritissima, intera, abile ad impedire in pianura qualun-que fazione d'importanza ai repubblicani. Abbiam narra-to come Colli avesse saputo ritirarsi intiero, e rannodatoper modo che l'esercito nè disperso nè distrutto, appre-sentava ancora stabile fondamento a chi avesse volutousarlo risolutamente. Nè le reliquie di Beaulieu eranodisprezzabili, e meglio di ventimila Tedeschi stanziava-no nella Lombardìa pronti ad accorrere in ajuto; perchècertamente il combattere in Piemonte era allora un com-battere per la Lombardìa. È vero, che per la sicurtà dellafede domandava Beaulieu Alessandria e Tortona, duracertamente e superba condizione; ma giacchè per l'acer-bità della fortuna si era giunto a tale che o bisognavadare Alessandria e Tortona agli Austriaci, o Tortona eCuneo ai Francesi, non si vede perchè il primo partitonon fosse e più utile, e meno inonesto del secondo, per-ciocchè meglio era cedere ad un alleato che ad un nemi-co, meglio cedere ad un governo di natura conforme chead un governo disordinato, e di natura contraria. Restavail timore, che si aveva dei novatori; ma i soldati eranonon che fedeli, fedelissimi, il valore sperimentato, spe-cialmente negli ultimi fatti; degli ufficiali pochi avevanoabbracciato le nuove opinioni, nè alcuna inclinazionecontraria si manifestava nelle popolazioni, nemiche na-turalmente e per antica consuetudine ai Francesi. Sape-vaselo Buonaparte, che di queste insidie s'intendeva; sa-pevalo, e dicevalo, e scrivevalo, quantunque i fuoruscitiPiemontesi continuamente gli fossero ai fianchi con rap-presentazioni della propensione dei popoli a voler fare

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novità. Nei partigiani stessi poi si sarebbe certamenteper gli eccessi dei soldati allentato il desiderio dei re-pubblicani.Di quello che fosse a farsi in così grave frangente testi-monio irrefragabile è Buonaparte medesimo, che solevadire, che se il re di Sardegna gli avesse tenuto il fermosolamente quindici giorni, ei sarebbe stato costretto a ri-varcar i monti per ritornarsene là dond'era venuto. Man-cò adunque il governo regio a se medesimo, non manca-rono i popoli, e manco i soldati al governo; e se VittorioAmedeo II, già signori i Francesi di quasi tutto il Pie-monte, e già oppugnanti con ottantamila soldati, forni-tissimi di cavallerìa e di grosse artiglierìe, la capitale delregno, non disperò delle sue sorti, anzi finalmente conuna subita e gloriosa vittoria ricuperò lo stato, stupiran-no i posteri, che Vittorio Amedeo III, intero ancora lostato suo in Italia, intere le fortezze, intero l'esercito, adun primo romoreggiare di Francesi si sia sbigottitonell'animo, e dato subitamente in preda a coloro, checon una pace a lui pregiudiziale, non altro fine avevano,se non di costringere l'Austria ad una pace utile a loro.Poco lodevole certamente fu la risoluzione del re del ve-nirne a patti così prestamente coi repubblicani, ma nonfu senz'arte il suo procedere dopo fermata la concordia,ed in tanta ruina di cose. Avevano egli ed i nobili, coiquali più strettamente si consigliava, non impediti daglistrepiti presenti a discernere la natura degli uomini,bene penetrato quella del capitano Francese, che super-

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novità. Nei partigiani stessi poi si sarebbe certamenteper gli eccessi dei soldati allentato il desiderio dei re-pubblicani.Di quello che fosse a farsi in così grave frangente testi-monio irrefragabile è Buonaparte medesimo, che solevadire, che se il re di Sardegna gli avesse tenuto il fermosolamente quindici giorni, ei sarebbe stato costretto a ri-varcar i monti per ritornarsene là dond'era venuto. Man-cò adunque il governo regio a se medesimo, non manca-rono i popoli, e manco i soldati al governo; e se VittorioAmedeo II, già signori i Francesi di quasi tutto il Pie-monte, e già oppugnanti con ottantamila soldati, forni-tissimi di cavallerìa e di grosse artiglierìe, la capitale delregno, non disperò delle sue sorti, anzi finalmente conuna subita e gloriosa vittoria ricuperò lo stato, stupiran-no i posteri, che Vittorio Amedeo III, intero ancora lostato suo in Italia, intere le fortezze, intero l'esercito, adun primo romoreggiare di Francesi si sia sbigottitonell'animo, e dato subitamente in preda a coloro, checon una pace a lui pregiudiziale, non altro fine avevano,se non di costringere l'Austria ad una pace utile a loro.Poco lodevole certamente fu la risoluzione del re del ve-nirne a patti così prestamente coi repubblicani, ma nonfu senz'arte il suo procedere dopo fermata la concordia,ed in tanta ruina di cose. Avevano egli ed i nobili, coiquali più strettamente si consigliava, non impediti daglistrepiti presenti a discernere la natura degli uomini,bene penetrato quella del capitano Francese, che super-

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ba coi popoli, umile col nobili, faceva di modo ch'eglitanto volontieri calpestasse i primi, sebbene le parolesue suonassero diversamente, quanto amava di esserecorteggiato dai secondi, ambizione l'una e l'altra incom-portabile, quella per isfrenatezza d'imperio, questa pervanità d'animo. Per la qual cosa furongli tosto i princi-pali fra la nobiltà Piemontese intorno per andargli a ver-si. Fugli intorno per comandamento del re il marchese diSan Marzano, e gli piacque: fugli intorno il baroneDelatour testè venuto da Vienna, dov'era stato mandatoper accordare con l'imperatore Francesco i pensieri dellaguerra, e gli piacque. Piacquegli altresì e funne conten-tissimo, che il duca d'Aosta, figliuolo secondogenito delre, che, avuto il governo dell'esercito, si era condotto aRacconigi per raccorlo, gli scrivesse lettere piene di cor-tesi parole, e di facile condiscendenza. Dava ammirazio-ne il vedere come una amicizia così fresca, e così pienadi disgrazie pel Piemonte fosse accompagnata da sìamorevoli uffizj. Bene considerate erano tutte questecose da parte del governo regio, perchè dimostravanoch'ei non si lasciava trasportar dallo sdegno contro lapropria utilità, e che superava gli umori per benefiziodello stato. Tanto poi fu durevole in Buonaparte la dol-cezza di questi attaccamenti, che non gli potè dimentica-re, e serbò sempre per la casa di Savoja tale tenerezza,che se nei tempi che succedettero ella non potè risorge-re, fu piuttosto colpa di lei, che di lui. Insomma egliaveva penuria di cavalli, e se ne gli offerivano; bisognodi barche a passare il Po, e se ne gli fornivano;

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ba coi popoli, umile col nobili, faceva di modo ch'eglitanto volontieri calpestasse i primi, sebbene le parolesue suonassero diversamente, quanto amava di esserecorteggiato dai secondi, ambizione l'una e l'altra incom-portabile, quella per isfrenatezza d'imperio, questa pervanità d'animo. Per la qual cosa furongli tosto i princi-pali fra la nobiltà Piemontese intorno per andargli a ver-si. Fugli intorno per comandamento del re il marchese diSan Marzano, e gli piacque: fugli intorno il baroneDelatour testè venuto da Vienna, dov'era stato mandatoper accordare con l'imperatore Francesco i pensieri dellaguerra, e gli piacque. Piacquegli altresì e funne conten-tissimo, che il duca d'Aosta, figliuolo secondogenito delre, che, avuto il governo dell'esercito, si era condotto aRacconigi per raccorlo, gli scrivesse lettere piene di cor-tesi parole, e di facile condiscendenza. Dava ammirazio-ne il vedere come una amicizia così fresca, e così pienadi disgrazie pel Piemonte fosse accompagnata da sìamorevoli uffizj. Bene considerate erano tutte questecose da parte del governo regio, perchè dimostravanoch'ei non si lasciava trasportar dallo sdegno contro lapropria utilità, e che superava gli umori per benefiziodello stato. Tanto poi fu durevole in Buonaparte la dol-cezza di questi attaccamenti, che non gli potè dimentica-re, e serbò sempre per la casa di Savoja tale tenerezza,che se nei tempi che succedettero ella non potè risorge-re, fu piuttosto colpa di lei, che di lui. Insomma egliaveva penuria di cavalli, e se ne gli offerivano; bisognodi barche a passare il Po, e se ne gli fornivano;

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Bonafous arrestato dai paesani fu rimesso in libertà, cosìordinando il re, dal duca d'Aosta, perchè portavano opi-nione, nel che s'ingannavano, che Buonaparte avesse acuore la liberazione di lui. Nelle conferenze poi più se-grete esortava i ministri di Vittorio Amedeo a confortar-lo a star di buon animo, perchè solo che la Francia fossesicura, le presenti disgrazie sarebbero, come diceva, lasua grandezza. Quanto ai zelatori della libertà afferma-va, che non sarebbe mai per tollerare che facessero no-vità, e se qualche Francese gli fomentasse, gliene faces-sero sapere, che tosto l'avrebbe o castigato o scambiato.Tutte queste dimostrazioni faceva Buonaparte sì per arteper aver le spalle libere a correre contro l'imperatore, esì per inclinazione, perchè era amatore dei governi asso-luti; poichè egli, che sempre procedè fintamente per lalibertà, procedè sinceramente pel dispotismo.Avendo adunque fermate le armi col re, acconce le con-dizioni del Piemonte e posto in sua balìa quel primo sta-to d'Italia, il che gli alleggeriva il bisogno di tenersitruppe alle spalle, innalzava l'animo ad imprese piùgrandi; e perchè l'esercito non gli mancasse sotto, man-dava fuori un bando:

«Ecco, diceva, o soldati, che in quindici giorniavete vinto sei battaglie, preso trenta stendardi,cinquantacinque cannoni, parecchie fortezze,quindici mila prigioni; avete ucciso diecimila ne-mici, conquistato la parte più ricca del Piemonte,vinto battaglie senza cannoni, varcato fiumi senza

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Bonafous arrestato dai paesani fu rimesso in libertà, cosìordinando il re, dal duca d'Aosta, perchè portavano opi-nione, nel che s'ingannavano, che Buonaparte avesse acuore la liberazione di lui. Nelle conferenze poi più se-grete esortava i ministri di Vittorio Amedeo a confortar-lo a star di buon animo, perchè solo che la Francia fossesicura, le presenti disgrazie sarebbero, come diceva, lasua grandezza. Quanto ai zelatori della libertà afferma-va, che non sarebbe mai per tollerare che facessero no-vità, e se qualche Francese gli fomentasse, gliene faces-sero sapere, che tosto l'avrebbe o castigato o scambiato.Tutte queste dimostrazioni faceva Buonaparte sì per arteper aver le spalle libere a correre contro l'imperatore, esì per inclinazione, perchè era amatore dei governi asso-luti; poichè egli, che sempre procedè fintamente per lalibertà, procedè sinceramente pel dispotismo.Avendo adunque fermate le armi col re, acconce le con-dizioni del Piemonte e posto in sua balìa quel primo sta-to d'Italia, il che gli alleggeriva il bisogno di tenersitruppe alle spalle, innalzava l'animo ad imprese piùgrandi; e perchè l'esercito non gli mancasse sotto, man-dava fuori un bando:

«Ecco, diceva, o soldati, che in quindici giorniavete vinto sei battaglie, preso trenta stendardi,cinquantacinque cannoni, parecchie fortezze,quindici mila prigioni; avete ucciso diecimila ne-mici, conquistato la parte più ricca del Piemonte,vinto battaglie senza cannoni, varcato fiumi senza

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ponti, marciato viaggi senza scarpe, passato nottisenza tetti, sostenuto giorni senza pane. Le falan-gi repubblicane, i soldati soli della libertà capacisono di sì virili sopportazioni; rendevi la patriagrazie dell'acquistata prosperità: vincitori di Tolo-ne, le vittorie del novantatre presagiste; vincitoridell'Alpi, più fortunate guerre presagiste: non piùfra sterili rupi, non più fra monti inaccessibili, manella ricca Italia avrete a far guerra; ecco che glieserciti, che testè vi assalivano con audacia, fug-gono con terrore al cospetto vostro: ecco trepidarcoloro, che si facevano beffe della miseria vostra:ma se avete operato cose grandi, restanvene mag-giori a compire. Non ancor sono Roma e Milanoin poter vostro, ancora insultano alle ceneri deivincitori dei Tarquinj gli assassini di Basseville:altre battaglie avete a vincere, altre città ad espu-gnare, altri fiumi a varcare. Forse alcuno di voi siritragge? Forse sulle cime dei superati monti amatornarsene per esser quivi di nuovo segno delleingiurie di una soldatesca di schiavi? No, i vinci-tori di Montenotte, di Millesimo, di Dego, e diMondovì bramano tutti di portar più oltre la glo-ria del nome Francese; tutti vogliono una paceutile alla patria; tutti desiderano alle paterne muratornarne, tutti quivi con militare vanto dire: An-cor io mi fui dell'esercito conquistatore d'Italia.Promettovi, amici, ed a voi per ciò mi lego, chedell'Italia vittoria avrete; ma frenate, per Dio, gliorribili saccheggi, sovvengavi, che siete liberatoridei popoli, non flagello: non contaminate con la

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ponti, marciato viaggi senza scarpe, passato nottisenza tetti, sostenuto giorni senza pane. Le falan-gi repubblicane, i soldati soli della libertà capacisono di sì virili sopportazioni; rendevi la patriagrazie dell'acquistata prosperità: vincitori di Tolo-ne, le vittorie del novantatre presagiste; vincitoridell'Alpi, più fortunate guerre presagiste: non piùfra sterili rupi, non più fra monti inaccessibili, manella ricca Italia avrete a far guerra; ecco che glieserciti, che testè vi assalivano con audacia, fug-gono con terrore al cospetto vostro: ecco trepidarcoloro, che si facevano beffe della miseria vostra:ma se avete operato cose grandi, restanvene mag-giori a compire. Non ancor sono Roma e Milanoin poter vostro, ancora insultano alle ceneri deivincitori dei Tarquinj gli assassini di Basseville:altre battaglie avete a vincere, altre città ad espu-gnare, altri fiumi a varcare. Forse alcuno di voi siritragge? Forse sulle cime dei superati monti amatornarsene per esser quivi di nuovo segno delleingiurie di una soldatesca di schiavi? No, i vinci-tori di Montenotte, di Millesimo, di Dego, e diMondovì bramano tutti di portar più oltre la glo-ria del nome Francese; tutti vogliono una paceutile alla patria; tutti desiderano alle paterne muratornarne, tutti quivi con militare vanto dire: An-cor io mi fui dell'esercito conquistatore d'Italia.Promettovi, amici, ed a voi per ciò mi lego, chedell'Italia vittoria avrete; ma frenate, per Dio, gliorribili saccheggi, sovvengavi, che siete liberatoridei popoli, non flagello: non contaminate con la

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licenza le vittorie, nè il nome vostro; non conta-minate la fama dei fratelli morti nelle battaglie. Iosarò freno a tanto vituperio; vergognereimi al reg-gere un esercito indisciplinato: ogni scelerato sol-dato, che con gli oltraggi, e col ladroneccio oscu-rerà lo splendore dei vostri fatti, fia da me, senzaremissione alcuna, dato a morte».

Questo favellare di un capitano vittorioso a soldati vitto-riosi, a Francesi massimamente tanto avidi di gloriad'armi, partoriva un effetto incredibile: coll'immaginaregià facevano loro la Germania lontana, non che l'Italiavicina. Quel dimostrar poi di voler frenare il sacco, eramolto accomodato consiglio per dare sicurtà ai popolispaventati da una fama terribile, e da fatti più terribiliancora.Rivoltosi poscia ai popoli d'Italia, mandava, venire ilFrancese esercito per rompere i ceppi loro; essere il po-polo Francese amico a tutti i popoli; accorressero a luiconfidentemente, lealmente, securamente; serberebbeintatte le proprietà, la religione, i costumi; fare i France-si la guerra da nemici generosi, solo averla coi re.Quali sentimenti producessero sì fatti incentivi, colorosel pensino, che sanno quanto operi la forza congiunta amagnifiche parole: nè è da far maraviglia, se questeguerre vive dei Francesi di tanto abbiano prevalso alleguerre morte dei Tedeschi.Possente ajuto a far la guerra da fronte era la quiete alle

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licenza le vittorie, nè il nome vostro; non conta-minate la fama dei fratelli morti nelle battaglie. Iosarò freno a tanto vituperio; vergognereimi al reg-gere un esercito indisciplinato: ogni scelerato sol-dato, che con gli oltraggi, e col ladroneccio oscu-rerà lo splendore dei vostri fatti, fia da me, senzaremissione alcuna, dato a morte».

Questo favellare di un capitano vittorioso a soldati vitto-riosi, a Francesi massimamente tanto avidi di gloriad'armi, partoriva un effetto incredibile: coll'immaginaregià facevano loro la Germania lontana, non che l'Italiavicina. Quel dimostrar poi di voler frenare il sacco, eramolto accomodato consiglio per dare sicurtà ai popolispaventati da una fama terribile, e da fatti più terribiliancora.Rivoltosi poscia ai popoli d'Italia, mandava, venire ilFrancese esercito per rompere i ceppi loro; essere il po-polo Francese amico a tutti i popoli; accorressero a luiconfidentemente, lealmente, securamente; serberebbeintatte le proprietà, la religione, i costumi; fare i France-si la guerra da nemici generosi, solo averla coi re.Quali sentimenti producessero sì fatti incentivi, colorosel pensino, che sanno quanto operi la forza congiunta amagnifiche parole: nè è da far maraviglia, se questeguerre vive dei Francesi di tanto abbiano prevalso alleguerre morte dei Tedeschi.Possente ajuto a far la guerra da fronte era la quiete alle

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spalle. Arrivarono le novelle desideratissime, essersiconclusa la pace il dì quindici maggio fra la repubblica eil re. Furono le condizioni principali, cedesse il re allarepubblica la possessione del ducato di Savoja e dellacontea di Nizza; oltre le fortezze di Cuneo, Ceva, e Tor-tona mettesse in potestà dei repubblicani Icilia, l'Assiet-ta, Susa, la Brunetta, Castel Delfino ed Alessandria, odin luogo suo, ed a piacere del generale di Francia, Va-lenza; smantellassersi a spese del re Susa e la Brunetta,nè alcuna nuova fortezza potesse rizzare per quella fron-tiera; non desse passo ai nemici della repubblica; nonsofferisse ne' suoi stati alcun fuoruscito o bandito Fran-cese; restituissersi da ambe le parti i prigionieri fatti inguerra; abolissersi, ed in perpetua dimenticanza man-dassersi i processi fatti ai querelati per opinioni politi-che; a libertà si restituissero, e dei beni loro posti al fi-sco si redintegrassero; avessero facoltà, durante il loroquieto vivere, o di starsene senza molestia negli statiregj, o di trasferirsi là dove più loro piacesse; dei paesioccupati dai Francesi conservasse il re il governo civile,ma si obbligasse a pagare le taglie militari, ed a fornirviveri e strame all'esercito repubblicano; disdicessel'ingiuria fatta al ministro di Francia in Alessandria.Questo trattato, che dalla parte della repubblica sentivain tutto l'oppressione, in nulla l'amicizia, aveva in seogni radice di dissoluzione: solo poteva, e doveva dura-re finchè la forza durasse; si rendeva per lui lecito al so-vrano del Piemonte il sottrarsi per ogni mezzo, che in

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spalle. Arrivarono le novelle desideratissime, essersiconclusa la pace il dì quindici maggio fra la repubblica eil re. Furono le condizioni principali, cedesse il re allarepubblica la possessione del ducato di Savoja e dellacontea di Nizza; oltre le fortezze di Cuneo, Ceva, e Tor-tona mettesse in potestà dei repubblicani Icilia, l'Assiet-ta, Susa, la Brunetta, Castel Delfino ed Alessandria, odin luogo suo, ed a piacere del generale di Francia, Va-lenza; smantellassersi a spese del re Susa e la Brunetta,nè alcuna nuova fortezza potesse rizzare per quella fron-tiera; non desse passo ai nemici della repubblica; nonsofferisse ne' suoi stati alcun fuoruscito o bandito Fran-cese; restituissersi da ambe le parti i prigionieri fatti inguerra; abolissersi, ed in perpetua dimenticanza man-dassersi i processi fatti ai querelati per opinioni politi-che; a libertà si restituissero, e dei beni loro posti al fi-sco si redintegrassero; avessero facoltà, durante il loroquieto vivere, o di starsene senza molestia negli statiregj, o di trasferirsi là dove più loro piacesse; dei paesioccupati dai Francesi conservasse il re il governo civile,ma si obbligasse a pagare le taglie militari, ed a fornirviveri e strame all'esercito repubblicano; disdicessel'ingiuria fatta al ministro di Francia in Alessandria.Questo trattato, che dalla parte della repubblica sentivain tutto l'oppressione, in nulla l'amicizia, aveva in seogni radice di dissoluzione: solo poteva, e doveva dura-re finchè la forza durasse; si rendeva per lui lecito al so-vrano del Piemonte il sottrarsi per ogni mezzo, che in

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poter suo fosse, da sì dure, ed inusitate condizioni; poi-chè, se importava alla repubblica l'indebolire un nemicoostinato, ed anzi forte e generoso, non si vede, che cosale importasse il volere, che i fuorusciti Francesi, la piùparte vecchj od infermi, e tutti miseri, da' suoi stati cac-ciasse. Quest'era non debilitare il nemico, ma farlo vile,ed il lasciare in lui semi di rabbia, e di vendetta. Vide in-tanto il Piemonte uno spettacolo miserando; che quellemani stesse, e quelle subbie, e quei martelli che avevanocostrutto la Brunetta, opera veramente maravigliosa,forse unica al mondo, e degna di Roma antica, ora la de-molissero, e se allo scoppio delle distruggitrici minesentivano i Piemontesi uno immenso sdegno, avrebberoi Francesi, quando una infatuazione compassionevolenon gli avesse in quell'età fuori di loro medesimi tirati,sentito vergogna; perocchè care a tutti sono le opere mi-rabili dell'umano ingegno; e se la Francia voleva pureper sicurezza del suo stato, e per istabilirsi totalmente ilpasso in Italia, che quel propugnacolo si disfacesse, do-veva almeno per un pudore Europeo, e non istraneo aduna nazione non barbara, con le proprie mani disfarlo,non obbligar a disfarlo coloro, che edificato l'avevano;conciossiacosachè ciò era aggiungere l'ingiuria al dan-no.Fatta la pace e domate le forze regie, aveva Buonapartediminuito considerabilmente la potenza della lega in Ita-lia. L'esercito Austriaco congiunto coi soldati di Napoli,e con qualche parte di Tedeschi testè arrivata dal

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poter suo fosse, da sì dure, ed inusitate condizioni; poi-chè, se importava alla repubblica l'indebolire un nemicoostinato, ed anzi forte e generoso, non si vede, che cosale importasse il volere, che i fuorusciti Francesi, la piùparte vecchj od infermi, e tutti miseri, da' suoi stati cac-ciasse. Quest'era non debilitare il nemico, ma farlo vile,ed il lasciare in lui semi di rabbia, e di vendetta. Vide in-tanto il Piemonte uno spettacolo miserando; che quellemani stesse, e quelle subbie, e quei martelli che avevanocostrutto la Brunetta, opera veramente maravigliosa,forse unica al mondo, e degna di Roma antica, ora la de-molissero, e se allo scoppio delle distruggitrici minesentivano i Piemontesi uno immenso sdegno, avrebberoi Francesi, quando una infatuazione compassionevolenon gli avesse in quell'età fuori di loro medesimi tirati,sentito vergogna; perocchè care a tutti sono le opere mi-rabili dell'umano ingegno; e se la Francia voleva pureper sicurezza del suo stato, e per istabilirsi totalmente ilpasso in Italia, che quel propugnacolo si disfacesse, do-veva almeno per un pudore Europeo, e non istraneo aduna nazione non barbara, con le proprie mani disfarlo,non obbligar a disfarlo coloro, che edificato l'avevano;conciossiacosachè ciò era aggiungere l'ingiuria al dan-no.Fatta la pace e domate le forze regie, aveva Buonapartediminuito considerabilmente la potenza della lega in Ita-lia. L'esercito Austriaco congiunto coi soldati di Napoli,e con qualche parte di Tedeschi testè arrivata dal

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Tirolo,si trovava solo esposto a tutto l'impeto dei repub-blicani, ai quali veniva a congiungersi gente fresca, chedall'Alpi e dagli Apennini a gran passi calava, allettatadalla fama di tante vittorie. Nè il generale della repub-blica era uomo da lasciar imperfetta l'opera, perchèdall'una parte il chiamava la popolosa e ricca Milanocon quelle opime terre della Lombardìa, dall'altra la ne-cessità lo spingeva a non lasciar respirar i Tedeschi, fin-chè non gli avesse rotti e cacciati d'Italia intieramente.Lo starsene avrebbe raffreddato l'ardore de' suoi, e datotempo all'imperatore, che pure aveva il cuore nelle suepossessioni Italiche, di avviarvi gagliardi ajuti di soldati,e di munizioni. La mira principale, e tutta l'importanzadell'impresa erano d'impadronirsi di Milano. Al qualfine due strade se gli appresentavano; l'una di passare ilPo a Valenza e di condursi per la dritta alla metropolidella Lombardìa Austriaca, insistendo sulla sinistra delfiume largo, rapido e profondo; l'altra di varcarlo sottola foce del Ticino per ischivare questo medesimo fiume,ancor esso grosso e profondo, e di una rapidità singola-re, con tutti gli altri che avrebbe per viaggio incontrati,se avesse varcato al passo di Valenza. Appigliossi al se-condo partito, il quale, oltre la maggior sicurezza cheaveva in se, dava opportunità di metter taglie al duca diParma, il quale sebbene subito dopo la tregua di Chera-sco fosse stato esortato ad accordarsi con Francia daUlloa, ministro di Spagna a Torino, non vi aveva volutoconsentire.

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Tirolo,si trovava solo esposto a tutto l'impeto dei repub-blicani, ai quali veniva a congiungersi gente fresca, chedall'Alpi e dagli Apennini a gran passi calava, allettatadalla fama di tante vittorie. Nè il generale della repub-blica era uomo da lasciar imperfetta l'opera, perchèdall'una parte il chiamava la popolosa e ricca Milanocon quelle opime terre della Lombardìa, dall'altra la ne-cessità lo spingeva a non lasciar respirar i Tedeschi, fin-chè non gli avesse rotti e cacciati d'Italia intieramente.Lo starsene avrebbe raffreddato l'ardore de' suoi, e datotempo all'imperatore, che pure aveva il cuore nelle suepossessioni Italiche, di avviarvi gagliardi ajuti di soldati,e di munizioni. La mira principale, e tutta l'importanzadell'impresa erano d'impadronirsi di Milano. Al qualfine due strade se gli appresentavano; l'una di passare ilPo a Valenza e di condursi per la dritta alla metropolidella Lombardìa Austriaca, insistendo sulla sinistra delfiume largo, rapido e profondo; l'altra di varcarlo sottola foce del Ticino per ischivare questo medesimo fiume,ancor esso grosso e profondo, e di una rapidità singola-re, con tutti gli altri che avrebbe per viaggio incontrati,se avesse varcato al passo di Valenza. Appigliossi al se-condo partito, il quale, oltre la maggior sicurezza cheaveva in se, dava opportunità di metter taglie al duca diParma, il quale sebbene subito dopo la tregua di Chera-sco fosse stato esortato ad accordarsi con Francia daUlloa, ministro di Spagna a Torino, non vi aveva volutoconsentire.

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Adunque risolutosi del tutto Buonaparte a voler varcareil Po tra le foci del Ticino e dell'Adda, il che doveva an-che dar timore a Beaulieu di vedersi tagliar fuori dal Ti-rolo, con arte veramente mirabile, oltre la condizionedel passo di Valenza inserita nella tregua fatta a Chera-sco, dava voce che voleva passare a Valenza, e richiede-va continuamente il governo Sardo di barche pel Valen-ziano passo. Là mandava carri, là artiglierìe, là soldati, evi faceva intorno una continua tempesta. Beaulieu, uditala tregua, tentate per una soprammano inutilmente lefortezze di Alessandria e di Tortona, perchè fu ributtatodai presidj Piemontesi che vi stavano vigilanti, avevapassato il Po a Valenza, ardendo tutte le barche che nellevicine rive si trovavano. Condottosi sulla sinistra spondacon tutto l'esercito e proprio e Napolitano, stava attentoad osservare quello, che fosse per partorire l'astuzia, el'ardire dell'avversario. Ma quantunque sperimentato edaccorto capitano fosse, si lasciò prendere agl'inganni delgiovane generale della repubblica; perciocchè fece con-cetto, che veramente questi avesse l'intento di varcare aValenza. Per la qual cosa si era alloggiato tra la Sesia edil Ticino, affortificandosi per fare due prime teste grossesulle rive dell'Agogna e del Terdappio, e rendendosi for-te massimamente su quelle del Ticino. Siccome poi lacittà di Pavia, posta sul Ticino vicino al luogo dov'eglimette nel Po, e dov'è un ponte, gli dava sospetto, l'avevamunita, sulle rive del fiume, di trincee, e d'artiglierìe.Per questi medesimi motivi aveva lasciato con pocheguardie la sinistra del Po, non solo fra il Ticino e l'Adda,

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Adunque risolutosi del tutto Buonaparte a voler varcareil Po tra le foci del Ticino e dell'Adda, il che doveva an-che dar timore a Beaulieu di vedersi tagliar fuori dal Ti-rolo, con arte veramente mirabile, oltre la condizionedel passo di Valenza inserita nella tregua fatta a Chera-sco, dava voce che voleva passare a Valenza, e richiede-va continuamente il governo Sardo di barche pel Valen-ziano passo. Là mandava carri, là artiglierìe, là soldati, evi faceva intorno una continua tempesta. Beaulieu, uditala tregua, tentate per una soprammano inutilmente lefortezze di Alessandria e di Tortona, perchè fu ributtatodai presidj Piemontesi che vi stavano vigilanti, avevapassato il Po a Valenza, ardendo tutte le barche che nellevicine rive si trovavano. Condottosi sulla sinistra spondacon tutto l'esercito e proprio e Napolitano, stava attentoad osservare quello, che fosse per partorire l'astuzia, el'ardire dell'avversario. Ma quantunque sperimentato edaccorto capitano fosse, si lasciò prendere agl'inganni delgiovane generale della repubblica; perciocchè fece con-cetto, che veramente questi avesse l'intento di varcare aValenza. Per la qual cosa si era alloggiato tra la Sesia edil Ticino, affortificandosi per fare due prime teste grossesulle rive dell'Agogna e del Terdappio, e rendendosi for-te massimamente su quelle del Ticino. Siccome poi lacittà di Pavia, posta sul Ticino vicino al luogo dov'eglimette nel Po, e dov'è un ponte, gli dava sospetto, l'avevamunita, sulle rive del fiume, di trincee, e d'artiglierìe.Per questi medesimi motivi aveva lasciato con pocheguardie la sinistra del Po, non solo fra il Ticino e l'Adda,

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ma ancora fra la Sesia ed il Ticino. Ecco intanto cheBuonaparte sicuro oggimai di conseguire il fine che siera proposto, mandava una mano di veloci soldati, co-mandandole facesse due alloggiamenti per giorno, versoCastel San Giovanni. Seguitava egli medesimo più chedi passo con tutte le genti, mentre le sue artiglierìe con-tinuavano a fulminare, per non lasciar cader l'inganno,dalle rive di Valenza. Il colonnello Andreossi e l'ajutantegenerale Frontin spazzavano con cento soldati di caval-lerìa tutta la riva destra del Po insino a Piacenza, recan-do anche in poter loro alcune barche, le quali navigava-no alla sicura sul fiume, portando riso, ufficiali, e medi-camenti destinati agl'imperiali.Usando adunque celeremente l'occasione favorevoleaperta dall'arte del generale loro, i Francesi colla van-guardia composta di cinque mila granatieri, e quindicicentinaja di cavalli, varcavano felicemente il dì settemaggio su quelle barche medesime, e sopra alcune altreche loro si offersero preste a Piacenza, il fiume, e conallegrezza indicibile afferravano la sinistra sponda. Se-guitava a veloci passi Buonaparte, per tale guisa che ildì otto quasi tutto l'esercito aveva posto piede sulle Mi-lanesi sponde. In questo passaggio per Piacenza si videun funesto segno della rapacità dei primi capi repubbli-cani, e del poco rispetto in cui avevano le cose più sa-cre; perchè Buonaparte, e Saliceti commissario del di-rettorio, poste le mani violentemente nei monti di pietà,e nelle casse non solamente ducali, ma ancora del muni-

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ma ancora fra la Sesia ed il Ticino. Ecco intanto cheBuonaparte sicuro oggimai di conseguire il fine che siera proposto, mandava una mano di veloci soldati, co-mandandole facesse due alloggiamenti per giorno, versoCastel San Giovanni. Seguitava egli medesimo più chedi passo con tutte le genti, mentre le sue artiglierìe con-tinuavano a fulminare, per non lasciar cader l'inganno,dalle rive di Valenza. Il colonnello Andreossi e l'ajutantegenerale Frontin spazzavano con cento soldati di caval-lerìa tutta la riva destra del Po insino a Piacenza, recan-do anche in poter loro alcune barche, le quali navigava-no alla sicura sul fiume, portando riso, ufficiali, e medi-camenti destinati agl'imperiali.Usando adunque celeremente l'occasione favorevoleaperta dall'arte del generale loro, i Francesi colla van-guardia composta di cinque mila granatieri, e quindicicentinaja di cavalli, varcavano felicemente il dì settemaggio su quelle barche medesime, e sopra alcune altreche loro si offersero preste a Piacenza, il fiume, e conallegrezza indicibile afferravano la sinistra sponda. Se-guitava a veloci passi Buonaparte, per tale guisa che ildì otto quasi tutto l'esercito aveva posto piede sulle Mi-lanesi sponde. In questo passaggio per Piacenza si videun funesto segno della rapacità dei primi capi repubbli-cani, e del poco rispetto in cui avevano le cose più sa-cre; perchè Buonaparte, e Saliceti commissario del di-rettorio, poste le mani violentemente nei monti di pietà,e nelle casse non solamente ducali, ma ancora del muni-

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cipio, e di diversi luoghi pii, quante robe preziose o da-nari vi trovarono, tante involarono.Non così tosto ebbe udito Beaulieu le novelle del preci-pitarsi i Francesi verso il basso Po, che spediva unagrossa banda a Fombio, terra posta rimpetto a Piacenzasulla sinistra del fiume, per impedire, se ancora fosse atempo, il passo ai repubblicani. Egli intanto ritirava legenti sull'Adda sì per serbarsi aperte le strade al Tirolo,e sì per munire Mantova di gagliardo presidio, se la for-tuna tanto fosse contraria all'armi imperiali, che il co-stringesse a lasciar del tutto la possessione d'Italia aiFrancesi. Avvisava ancora che finchè il grosso de' suoi,che malgrado delle sconfitte era tuttavìa formidabile, siconservasse intiero sulle rive di questo fiume, pericolosaimpresa sarebbe stata pei Francesi il correre a Milano,posciachè egli avrebbe potuto a grado suo assaltargli sulloro fianco destro. Perlochè s'avviava con la maggiorparte delle genti a Lodi per guardar il ponte, che ivi apreil varco dalla destra alla sinistra del fiume. Mandava al-tresì una forte squadra, principalmente di cavallerìa, aCasal Pusterlengo, affinchè passando per Codogno, fos-se in grado di servire come retroguardo alla schiera diFombio, e di soccorrerla, ove bisogno ne fosse. Pavìaintanto, città nobile per la università degli studj, abban-donata da' suoi difensori, non si reggeva più che con laguardia urbana, aspettando di obbedire a chi col primostrepito di tamburi sotto le sue mura si appresentasse.Bene erano considerati i disegni di Beaulieu, ma la pre-

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cipio, e di diversi luoghi pii, quante robe preziose o da-nari vi trovarono, tante involarono.Non così tosto ebbe udito Beaulieu le novelle del preci-pitarsi i Francesi verso il basso Po, che spediva unagrossa banda a Fombio, terra posta rimpetto a Piacenzasulla sinistra del fiume, per impedire, se ancora fosse atempo, il passo ai repubblicani. Egli intanto ritirava legenti sull'Adda sì per serbarsi aperte le strade al Tirolo,e sì per munire Mantova di gagliardo presidio, se la for-tuna tanto fosse contraria all'armi imperiali, che il co-stringesse a lasciar del tutto la possessione d'Italia aiFrancesi. Avvisava ancora che finchè il grosso de' suoi,che malgrado delle sconfitte era tuttavìa formidabile, siconservasse intiero sulle rive di questo fiume, pericolosaimpresa sarebbe stata pei Francesi il correre a Milano,posciachè egli avrebbe potuto a grado suo assaltargli sulloro fianco destro. Perlochè s'avviava con la maggiorparte delle genti a Lodi per guardar il ponte, che ivi apreil varco dalla destra alla sinistra del fiume. Mandava al-tresì una forte squadra, principalmente di cavallerìa, aCasal Pusterlengo, affinchè passando per Codogno, fos-se in grado di servire come retroguardo alla schiera diFombio, e di soccorrerla, ove bisogno ne fosse. Pavìaintanto, città nobile per la università degli studj, abban-donata da' suoi difensori, non si reggeva più che con laguardia urbana, aspettando di obbedire a chi col primostrepito di tamburi sotto le sue mura si appresentasse.Bene erano considerati i disegni di Beaulieu, ma la pre-

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stezza Francese gli ebbe guasti; i soldati mandati a Fom-bio, benchè con veloce viaggio fossero accorsi, arriva-vano, non più per contrastar il passo al nemico, ma soloper combattere il medesimo, che già era passato. Buona-parte, che con la solita sagacità prevedeva, che quellatesta grossa di Austriaci, se le desse tempo di esseresoccorsa, poteva disordinare i suoi pensieri, perciocchèquantunque, egli avesse varcato, non era ancor ordinatoa suo modo, ed in punto di tutto, si deliberava ad assal-tarla senza dilazione. Occupavano gli Austriaci la terradi Fombio, in cui avevano fatto in fretta, e munito diventi pezzi d'artiglierìa alcune trincee: i cavalli, la mag-gior parte Napolitani, che in questa fazione si portaronoegregiamente, battevano la campagna. La moltitudinedelle sue genti permetteva a Buonaparte di allargarsi, edi assaltar da diverse parti la terra, solo mezzo che glirestava, stante le fortificazioni fatte dagli Austriaci, per-chè il combattere fosse breve e felice. Adunque spartivai suoi in tre bande, delle quali la prima col generaled'Allemagne, doveva, girando a destra, assaltar Fombiosulla sinistra, la seconda condotta dal colonnelloLannes, intrepidissimo guerriero, era destinata a dardentro sulla destra, e finalmente il generale Lanusse conla mezzana aveva carico di attaccar la battaglia sullamezza fronte della piazza per la strada maestra. Fu fortel'incontro, forte ancora la difesa; perchè gli Austriacisfolgorarono gli assalitori con le artiglierìe ed i cavalliNapolitani, opprimendo i soldati corridori, ed assaltandocon impeto gli squadroni stabili, rendevano difficile la

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stezza Francese gli ebbe guasti; i soldati mandati a Fom-bio, benchè con veloce viaggio fossero accorsi, arriva-vano, non più per contrastar il passo al nemico, ma soloper combattere il medesimo, che già era passato. Buona-parte, che con la solita sagacità prevedeva, che quellatesta grossa di Austriaci, se le desse tempo di esseresoccorsa, poteva disordinare i suoi pensieri, perciocchèquantunque, egli avesse varcato, non era ancor ordinatoa suo modo, ed in punto di tutto, si deliberava ad assal-tarla senza dilazione. Occupavano gli Austriaci la terradi Fombio, in cui avevano fatto in fretta, e munito diventi pezzi d'artiglierìa alcune trincee: i cavalli, la mag-gior parte Napolitani, che in questa fazione si portaronoegregiamente, battevano la campagna. La moltitudinedelle sue genti permetteva a Buonaparte di allargarsi, edi assaltar da diverse parti la terra, solo mezzo che glirestava, stante le fortificazioni fatte dagli Austriaci, per-chè il combattere fosse breve e felice. Adunque spartivai suoi in tre bande, delle quali la prima col generaled'Allemagne, doveva, girando a destra, assaltar Fombiosulla sinistra, la seconda condotta dal colonnelloLannes, intrepidissimo guerriero, era destinata a dardentro sulla destra, e finalmente il generale Lanusse conla mezzana aveva carico di attaccar la battaglia sullamezza fronte della piazza per la strada maestra. Fu fortel'incontro, forte ancora la difesa; perchè gli Austriacisfolgorarono gli assalitori con le artiglierìe ed i cavalliNapolitani, opprimendo i soldati corridori, ed assaltandocon impeto gli squadroni stabili, rendevano difficile la

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vittoria ai Francesi. Gli Austriaci combattevano valoro-samente e per natura propria, e per la speranza del soc-corso vicino. Finalmente prevalsero, non prima però chenon fosse stato fatto molto sangue, l'impeto, la moltitu-dine e l'audacia dei Francesi. Andavano gl'imperiali inrotta ed abbandonato Fombio a chi poteva più di loro siritiravano a gran fretta a Codogno, con lasciar ai vinci-tori non poca parte delle bagaglie, trecento cavalli, circacinquecento tra morti e prigionieri: sarebbe stata piùgrave la perdita, se la cavallerìa Napolitana, condottamassimamente dal colonnello Federici, uffiziale di granvalore, serrandosi grossa ed intiera alla coda, ed urtandodi quando in quando gagliardamente il nemico, nonavesse ritardato l'impeto suo, e fatto abilità ai disordinatiAustriaci di ritirarsi.Usando i repubblicani la fortuna propizia, seguitavanopasso passo i confederati, ed occupavano Codogno. Inquesto mentre sopraggiunse la notte. Aveva Beaulieuavuto le novelle del passo dei Francesi, e del pericolode' suoi assaltati in Fombio. Comandava pertanto a cin-que mila eletti soldati, corressero da Casal Pusterlengoper la strada di Codogno in soccorso di Fombio, creden-do, che i suoi tuttavìa in quest'ultima terra si sostenesse-ro. Fu questo un molto audace comandamento, e che po-teva rompere i disegni al generale della repubblica, sefosse stato secondato dalla fortuna. In fatti arrivavano iTedeschi nel bujo della notte sopra i Francesiall'improvviso, e sbaragliate le prime guardie, seminaro-

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vittoria ai Francesi. Gli Austriaci combattevano valoro-samente e per natura propria, e per la speranza del soc-corso vicino. Finalmente prevalsero, non prima però chenon fosse stato fatto molto sangue, l'impeto, la moltitu-dine e l'audacia dei Francesi. Andavano gl'imperiali inrotta ed abbandonato Fombio a chi poteva più di loro siritiravano a gran fretta a Codogno, con lasciar ai vinci-tori non poca parte delle bagaglie, trecento cavalli, circacinquecento tra morti e prigionieri: sarebbe stata piùgrave la perdita, se la cavallerìa Napolitana, condottamassimamente dal colonnello Federici, uffiziale di granvalore, serrandosi grossa ed intiera alla coda, ed urtandodi quando in quando gagliardamente il nemico, nonavesse ritardato l'impeto suo, e fatto abilità ai disordinatiAustriaci di ritirarsi.Usando i repubblicani la fortuna propizia, seguitavanopasso passo i confederati, ed occupavano Codogno. Inquesto mentre sopraggiunse la notte. Aveva Beaulieuavuto le novelle del passo dei Francesi, e del pericolode' suoi assaltati in Fombio. Comandava pertanto a cin-que mila eletti soldati, corressero da Casal Pusterlengoper la strada di Codogno in soccorso di Fombio, creden-do, che i suoi tuttavìa in quest'ultima terra si sostenesse-ro. Fu questo un molto audace comandamento, e che po-teva rompere i disegni al generale della repubblica, sefosse stato secondato dalla fortuna. In fatti arrivavano iTedeschi nel bujo della notte sopra i Francesiall'improvviso, e sbaragliate le prime guardie, seminaro-

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no terrore e disordine in Codogno; anzi spingendosi ol-tre, s'impadronivano di parte della terra. Non era piùpari la battaglia, perchè si combatteva da una parte conintento e con ordine certo, dall'altra con soldati scompi-gliati, sorpresi ed impauriti. Accorreva al subitaneo ro-more Laharpe, e postosi a guida di un reggimento frescomarciava per rinfrancare la fortuna vacillante. L'avrebbeanche fatto, se nel bel principio di quella mischia, coltonel petto da una palla mortale, non fosse stato tolto subi-tamente di vita. In tale guisa mancò in un casuale incon-tro, ed in una battaglia notturna nel fiore della sua età ilgenerale Laharpe, soldato di compito valore, ma ancorapiù di compita virtù. Ei fu tale, che amato da tutti invita, pianto da tutti in morte, meritò, che il caso suo fa-tale fosse attribuito dai contemporanei, sebbene a torto,a chi per troppo diversa natura l'invidiava; uomo felicis-simo, che nell'ultimo evento stesso del suo corso morta-le tanto l'opinione il differenziava da altri, che non acaso fortuito, ma a pensato disegno fu la sua morte im-putata.L'accidente sinistro di Laharpe sgomentò di modo i re-pubblicani, che le sorti loro avevano del tutto il tracollo,se non arrivava frettolosamente il generale Berthier, checon la sua presenza tanto fece che rinfrancò gli spiriti, eriordinò le schiere sbigottite e disordinate. Spuntava in-tanto il giorno: i Tedeschi nell'ardir loro moltiplicando,perchè già si credevano in possessione della vittoria, siallargavano sulle ali per circondare il nemico. Ma già si

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no terrore e disordine in Codogno; anzi spingendosi ol-tre, s'impadronivano di parte della terra. Non era piùpari la battaglia, perchè si combatteva da una parte conintento e con ordine certo, dall'altra con soldati scompi-gliati, sorpresi ed impauriti. Accorreva al subitaneo ro-more Laharpe, e postosi a guida di un reggimento frescomarciava per rinfrancare la fortuna vacillante. L'avrebbeanche fatto, se nel bel principio di quella mischia, coltonel petto da una palla mortale, non fosse stato tolto subi-tamente di vita. In tale guisa mancò in un casuale incon-tro, ed in una battaglia notturna nel fiore della sua età ilgenerale Laharpe, soldato di compito valore, ma ancorapiù di compita virtù. Ei fu tale, che amato da tutti invita, pianto da tutti in morte, meritò, che il caso suo fa-tale fosse attribuito dai contemporanei, sebbene a torto,a chi per troppo diversa natura l'invidiava; uomo felicis-simo, che nell'ultimo evento stesso del suo corso morta-le tanto l'opinione il differenziava da altri, che non acaso fortuito, ma a pensato disegno fu la sua morte im-putata.L'accidente sinistro di Laharpe sgomentò di modo i re-pubblicani, che le sorti loro avevano del tutto il tracollo,se non arrivava frettolosamente il generale Berthier, checon la sua presenza tanto fece che rinfrancò gli spiriti, eriordinò le schiere sbigottite e disordinate. Spuntava in-tanto il giorno: i Tedeschi nell'ardir loro moltiplicando,perchè già si credevano in possessione della vittoria, siallargavano sulle ali per circondare il nemico. Ma già si

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erano riavuti i Francesi; i Tedeschi medesimi, veduto allume del giorno, che i nemici superiori assai di numero,facevano le viste di assaltargli, pensarono al ritirarsi; ilche fecero prima in buon ordine e regolatamente, posciadisordinati e rotti, instando acremente i Francesi, oramaiconsapevoli dei loro vantaggi. La schiera tutta sarebbestata condotta all'ultimo termine, se per la seconda voltala cavallerìa Napolitana non le faceva scudo alla ritirata.Così una conseguita vittoria divenne in un subito unarotta evidente. Perdettero in questo fatto i Tedeschi qua-si tutto il bagaglio, non poche artiglierìe lasciate nei fos-si della terra, molti prigionieri fra i dispersi. Tenevanoloro dietro a gran passo i repubblicani, e s'impadroniva-no di Casale, mentre i residui degl'imperiali si ricovera-vano a Lodi, dov'era giunto con tutte le sue forzeBeaulieu, e dove voleva pruovare per l'ultima volta, seobbligando il fortunato emulo suo a fare un moto eccen-trico verso destra per venirlo ad assaltare a Lodi, gli ve-nisse fatto di rompere quell'ascendente che aveva, e tra-sportare in se il favore della volubile fortuna. A Lodiadunque in un ultimo cimento si doveva combattere del-la salute di Milano, della conservazione della Lombar-dìa, del destino delle reliquie ancora potenti delle gentiimperiali.Avvisavasi ottimamente il capitano Austriaco, che per-duto il passo del Ticino, e poichè i Francesi avevanovarcato il Po, non gli restava altra sedia di guerra oppor-tuna a farvi testa, che il grosso e rapido fiume dell'Adda,

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erano riavuti i Francesi; i Tedeschi medesimi, veduto allume del giorno, che i nemici superiori assai di numero,facevano le viste di assaltargli, pensarono al ritirarsi; ilche fecero prima in buon ordine e regolatamente, posciadisordinati e rotti, instando acremente i Francesi, oramaiconsapevoli dei loro vantaggi. La schiera tutta sarebbestata condotta all'ultimo termine, se per la seconda voltala cavallerìa Napolitana non le faceva scudo alla ritirata.Così una conseguita vittoria divenne in un subito unarotta evidente. Perdettero in questo fatto i Tedeschi qua-si tutto il bagaglio, non poche artiglierìe lasciate nei fos-si della terra, molti prigionieri fra i dispersi. Tenevanoloro dietro a gran passo i repubblicani, e s'impadroniva-no di Casale, mentre i residui degl'imperiali si ricovera-vano a Lodi, dov'era giunto con tutte le sue forzeBeaulieu, e dove voleva pruovare per l'ultima volta, seobbligando il fortunato emulo suo a fare un moto eccen-trico verso destra per venirlo ad assaltare a Lodi, gli ve-nisse fatto di rompere quell'ascendente che aveva, e tra-sportare in se il favore della volubile fortuna. A Lodiadunque in un ultimo cimento si doveva combattere del-la salute di Milano, della conservazione della Lombar-dìa, del destino delle reliquie ancora potenti delle gentiimperiali.Avvisavasi ottimamente il capitano Austriaco, che per-duto il passo del Ticino, e poichè i Francesi avevanovarcato il Po, non gli restava altra sedia di guerra oppor-tuna a farvi testa, che il grosso e rapido fiume dell'Adda,

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le parti inferiori del quale si trovavano assicurate dallafortezza di Pizzighettone munita di artiglierìe, e di suffi-ciente presidio. Vuotata adunque Pavia, e lasciati dentroil castello di Milano due mila soldati, la maggior partedel corpo franco di Giulay, aveva raunato tutte le suegenti a Lodi. Siccome poi sapeva di certo che il veloceBuonaparte, dopo le vittorie di Fombio e di Codogno,non avrebbe indugiato a venire ad assaltarlo, perchèquello era l'ultimo cimento per aver Milano, aveva col-locato la sua retroguardia, sotto guida del colonnelloMelcalm, suo parente, in Lodi, comandandogli che resi-stesse quanto potesse, ed in caso di sinistro si ritirassesulla sinistra del fiume. Intanto per assicurare il passodel ponte, molte bocche da fuoco situava all'estremità dilui presso la sinistra sponda per modo che direttamentel'imboccavano, e spazzare potevano. Nè parendogli chequesto bastasse alla sicurezza di quel varco importante,munì la riva sinistra con venti pezzi d'artiglierìe grosse,dieci sopra, dieci sotto al ponte, le quali coi tiri loro bat-tendo in crociera parevano rendere il passo piuttosto im-possibile, che difficile. Gli Austriaci, cui nè tante rotte,nè una ritirata di sì lungo spazio non avevano ancora di-sanimato, se ne stavano schierati sulla sinistra riva,pronti a risospingere l'inimico disordinato dal passo delponte, se mai contro ogni credere l'avesse effettuato.Danno alcuni biasimo a Beaulieu del non aver tagliato ilponte in vece di averlo munito, presumendo che i Fran-cesi non avrebbero potuto varcare, se il ponte, fosse sta-to rotto, perchè gl'imperiali forti di artiglierìe, ed ancora

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le parti inferiori del quale si trovavano assicurate dallafortezza di Pizzighettone munita di artiglierìe, e di suffi-ciente presidio. Vuotata adunque Pavia, e lasciati dentroil castello di Milano due mila soldati, la maggior partedel corpo franco di Giulay, aveva raunato tutte le suegenti a Lodi. Siccome poi sapeva di certo che il veloceBuonaparte, dopo le vittorie di Fombio e di Codogno,non avrebbe indugiato a venire ad assaltarlo, perchèquello era l'ultimo cimento per aver Milano, aveva col-locato la sua retroguardia, sotto guida del colonnelloMelcalm, suo parente, in Lodi, comandandogli che resi-stesse quanto potesse, ed in caso di sinistro si ritirassesulla sinistra del fiume. Intanto per assicurare il passodel ponte, molte bocche da fuoco situava all'estremità dilui presso la sinistra sponda per modo che direttamentel'imboccavano, e spazzare potevano. Nè parendogli chequesto bastasse alla sicurezza di quel varco importante,munì la riva sinistra con venti pezzi d'artiglierìe grosse,dieci sopra, dieci sotto al ponte, le quali coi tiri loro bat-tendo in crociera parevano rendere il passo piuttosto im-possibile, che difficile. Gli Austriaci, cui nè tante rotte,nè una ritirata di sì lungo spazio non avevano ancora di-sanimato, se ne stavano schierati sulla sinistra riva,pronti a risospingere l'inimico disordinato dal passo delponte, se mai contro ogni credere l'avesse effettuato.Danno alcuni biasimo a Beaulieu del non aver tagliato ilponte in vece di averlo munito, presumendo che i Fran-cesi non avrebbero potuto varcare, se il ponte, fosse sta-to rotto, perchè gl'imperiali forti di artiglierìe, ed ancora

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più di cavalli, avrebbero avuto abilità o di arrestare ipassanti, o di conquidere i passati. Ma e' bisogna avver-tire, che l'intento di Beaulieu era non solamente d'impe-dire il passo al nemico, ma ancora di conservarlo per se,perchè ed aspettava ajuti, e voleva render sospetto aiFrancesi l'andare a Milano. Quale di queste sia la partesana, perchè può essere errore uguale il giudicar daglieventi, come il giudicare dai disegni, arrivava Buona-parte impaziente delle guerre tarde, e veduto i prepara-menti del nemico, e sloggiatolo da Lodi con un assaltopresto, si risolveva, correndo il decimo giorno di mag-gio, a far battaglia sul ponte, quantunque tutti i suoi nonfossero ancora quivi raccolti. I generali suoi compagni,che vedevano l'impresa molto pericolosa, fecero operadi sconfortarnelo, rappresentandogli la fortezza del luo-go, la stanchezza dei soldati, le genti menomate dallebattaglie, e minorate dalla lontananza di molte schierevalorose. Ma egli, che ne sapeva più di tutti, che volevaquel che voleva, e che era non che liberale, prodigo delsangue dei soldati, purchè vincesse, persisteva a volerdar dentro, e tosto si accingeva alla pericolosissima fa-zione. Fatto adunque venire a se un nodo di quattro milagranatieri e carabine, gente rischievole, use al sangue,pronta a mettersi ad ogni sbaraglio, diceva loro con quelsuo piglio alla soldatesca, che tanto piaceva a' suoi sol-dati:

«Vittoria chiamar vittoria; esser loro quei braviuomini, che già avevano vinto tante battaglie, fu-

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più di cavalli, avrebbero avuto abilità o di arrestare ipassanti, o di conquidere i passati. Ma e' bisogna avver-tire, che l'intento di Beaulieu era non solamente d'impe-dire il passo al nemico, ma ancora di conservarlo per se,perchè ed aspettava ajuti, e voleva render sospetto aiFrancesi l'andare a Milano. Quale di queste sia la partesana, perchè può essere errore uguale il giudicar daglieventi, come il giudicare dai disegni, arrivava Buona-parte impaziente delle guerre tarde, e veduto i prepara-menti del nemico, e sloggiatolo da Lodi con un assaltopresto, si risolveva, correndo il decimo giorno di mag-gio, a far battaglia sul ponte, quantunque tutti i suoi nonfossero ancora quivi raccolti. I generali suoi compagni,che vedevano l'impresa molto pericolosa, fecero operadi sconfortarnelo, rappresentandogli la fortezza del luo-go, la stanchezza dei soldati, le genti menomate dallebattaglie, e minorate dalla lontananza di molte schierevalorose. Ma egli, che ne sapeva più di tutti, che volevaquel che voleva, e che era non che liberale, prodigo delsangue dei soldati, purchè vincesse, persisteva a volerdar dentro, e tosto si accingeva alla pericolosissima fa-zione. Fatto adunque venire a se un nodo di quattro milagranatieri e carabine, gente rischievole, use al sangue,pronta a mettersi ad ogni sbaraglio, diceva loro con quelsuo piglio alla soldatesca, che tanto piaceva a' suoi sol-dati:

«Vittoria chiamar vittoria; esser loro quei braviuomini, che già avevano vinto tante battaglie, fu-

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gato tanti eserciti, espugnato tante città; già teme-re il nemico, poichè già dietro ai fiumi si ritirava:credersi quel Beaulieu già tante volte vinto, che ilbreve passo di un ponte arrestar potesse i repub-blicani di Francia; vana presunzione, vana cre-denza: aver loro passato il Po, re dei fiumi; arre-sterebbegli l'umile Adda? Pensassero, esser que-sto l'ultimo pericolo; superatolo, in mano avreb-bero la ricca Milano; dessero adunque dentrofrancamente, sostenessero il nome di soldati in-vitti; guardargli la repubblica grata alle faticheloro, guardargli il mondo maravigliato, ed atterri-to alla fama di tante vittorie: quì conquistarsi Ita-lia, quì rendersi il nome di Francia immortale».

Schieraronsi, serraronsi, animaronsi, contro il pontemarciarono. Non così tosto erano giunti, che gli fulmi-navano un tuonare d'artiglierìe d'Austria orrendo, unagrandine spessissima di palle, un nembo tempestoso dischegge. A sì terribile urto, a sì duro rincalzo, alle ferite,alle morti, esitavano, titubavano, s'arrestavano. Se dura-va un momento più l'incertezza, si scompigliavano. Pureil valor proprio, ed i conforti dei capitani tanto gli ani-marono, che tornavano una seconda volta all'assalto:una seconda volta sfolgorati cedevano. Vistosi dai gene-rali repubblicani il pericolo, ed accorgendosi che quellonon era tempo da starsene dietro le file, correvano afronte Berthier il primo, poi Massena, poi Cervoni, poiDallemagne, e con loro Lannes e Dupas, e si facevanoguidatori intrepidi dei soldati loro in un mortalissimo

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gato tanti eserciti, espugnato tante città; già teme-re il nemico, poichè già dietro ai fiumi si ritirava:credersi quel Beaulieu già tante volte vinto, che ilbreve passo di un ponte arrestar potesse i repub-blicani di Francia; vana presunzione, vana cre-denza: aver loro passato il Po, re dei fiumi; arre-sterebbegli l'umile Adda? Pensassero, esser que-sto l'ultimo pericolo; superatolo, in mano avreb-bero la ricca Milano; dessero adunque dentrofrancamente, sostenessero il nome di soldati in-vitti; guardargli la repubblica grata alle faticheloro, guardargli il mondo maravigliato, ed atterri-to alla fama di tante vittorie: quì conquistarsi Ita-lia, quì rendersi il nome di Francia immortale».

Schieraronsi, serraronsi, animaronsi, contro il pontemarciarono. Non così tosto erano giunti, che gli fulmi-navano un tuonare d'artiglierìe d'Austria orrendo, unagrandine spessissima di palle, un nembo tempestoso dischegge. A sì terribile urto, a sì duro rincalzo, alle ferite,alle morti, esitavano, titubavano, s'arrestavano. Se dura-va un momento più l'incertezza, si scompigliavano. Pureil valor proprio, ed i conforti dei capitani tanto gli ani-marono, che tornavano una seconda volta all'assalto:una seconda volta sfolgorati cedevano. Vistosi dai gene-rali repubblicani il pericolo, ed accorgendosi che quellonon era tempo da starsene dietro le file, correvano afronte Berthier il primo, poi Massena, poi Cervoni, poiDallemagne, e con loro Lannes e Dupas, e si facevanoguidatori intrepidi dei soldati loro in un mortalissimo

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conflitto. Le scariche delle artiglierìe Tedesche avevanoprodotto un gran fumo, che avviluppava il ponte; delquale accidente valendosi ì repubblicani, e velocissima-mente il ponte attraversando, riuscirono, coperti difumo, di polvere, di sudore e di sangue sulla sinistrasponda. Spigneva oltre Buonaparte subitamente i restan-ti battaglioni; ma le fatiche loro non erano ancora giunteal fine, nè la vittoria compita, perchè gl'imperiali ordina-ti sulla riva, facevano tuttavia una ostinatissima resisten-za. Tuonavano le artiglierìe, calpestavano i cavalli, labattaglia, siccome combattuta da vicino, più sanguinosa.Già correvano pericolo i Francesi di essere rituffati nelfiume, ed obbligati a rivarcare con infinito pericolo ilponte con sì estremo valore acquistato, quando opportu-namente giunse con la sua eletta squadra Augereau, cheudito l'avviso della battaglia orribile, a gran passi dalBorghetto in ajuto de' suoi compagni pericolanti accor-reva. Questa giunta di forze in momento tanto dubbiofece del tutto sormontare la fortuna Francese. Beaulieu,abbandonato il bene contrastato ponte, si ritirava presta-mente con animo di andarsi a porre sul Mincio per ser-bare le strade aperte al Tirolo, e per assicurar Mantovacon un grosso presidio.La cavallerìa Tedesca, ma principalmente la Napolitana,che anche in questo fatto soccorse egregiamente ai Te-deschi, proteggeva il ritirantesi esercito. Per questa ca-gione, e perchè la cavallerìa di Francia, che non ancoraaveva potuto varcar il ponte fracassato, penava a passar

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conflitto. Le scariche delle artiglierìe Tedesche avevanoprodotto un gran fumo, che avviluppava il ponte; delquale accidente valendosi ì repubblicani, e velocissima-mente il ponte attraversando, riuscirono, coperti difumo, di polvere, di sudore e di sangue sulla sinistrasponda. Spigneva oltre Buonaparte subitamente i restan-ti battaglioni; ma le fatiche loro non erano ancora giunteal fine, nè la vittoria compita, perchè gl'imperiali ordina-ti sulla riva, facevano tuttavia una ostinatissima resisten-za. Tuonavano le artiglierìe, calpestavano i cavalli, labattaglia, siccome combattuta da vicino, più sanguinosa.Già correvano pericolo i Francesi di essere rituffati nelfiume, ed obbligati a rivarcare con infinito pericolo ilponte con sì estremo valore acquistato, quando opportu-namente giunse con la sua eletta squadra Augereau, cheudito l'avviso della battaglia orribile, a gran passi dalBorghetto in ajuto de' suoi compagni pericolanti accor-reva. Questa giunta di forze in momento tanto dubbiofece del tutto sormontare la fortuna Francese. Beaulieu,abbandonato il bene contrastato ponte, si ritirava presta-mente con animo di andarsi a porre sul Mincio per ser-bare le strade aperte al Tirolo, e per assicurar Mantovacon un grosso presidio.La cavallerìa Tedesca, ma principalmente la Napolitana,che anche in questo fatto soccorse egregiamente ai Te-deschi, proteggeva il ritirantesi esercito. Per questa ca-gione, e perchè la cavallerìa di Francia, che non ancoraaveva potuto varcar il ponte fracassato, penava a passar

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a guado, di pochi prigionieri nella ritirata loro furonogl'imperiali scemi. Bensì perdettero nel fatto duemilacinquecento soldati tra morti e feriti, quattrocento caval-li, gran parte delle artiglierìe. Sopraggiunse la notte. Traper questo, e per la stanchezza dei soldati repubblicaniaccorsi a passi frettolosi, e per l'affrontarsi della fioritacavallerìa dei confederati, non poterono i Francesi farequel frutto col perseguitare, che avrebbero desiderato.Grave fu anche la perdita dei Francesi: se non arrivò aiquattromila o morti, o feriti, o prigionieri, come la parteavversa pubblicò, certo passò i duemila, ancorchè Buo-naparte con la solita fronte abbia pubblicato, esseremancati de' suoi solamente quattrocento. La ritirata deiconfederati assicurò i repubblicani delle cose di Lom-bardìa, e pose in mano loro Pavia, Pizzighettone e Cre-mona: la imperial Milano, priva oramai di difesa, tantosolamente indugiava a venir sotto l'imperio repubblica-no, quanto tempo abbisognava ai repubblicani per arri-varvi. Mescolaronsi a questi gloriosi fatti i saccheggi, ele devastazioni.Giunte in Milano le novelle del passo del Po, e dello ab-bandonarsi da Beaulieu la frontiera del Ticino, vi sorseun grande sbigottimento, poichè vi si prevedeva, chepoca speranza restava di conservare la città sotto la di-vozione dell'Austria. Erano gli animi di tutti, come inuna popolazione ricca, allo approssimarsi di soldateschenuove, non conosciute, e forse anco troppo conosciute.Era stato mansueto il governo dell'arciduca, nè quello

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a guado, di pochi prigionieri nella ritirata loro furonogl'imperiali scemi. Bensì perdettero nel fatto duemilacinquecento soldati tra morti e feriti, quattrocento caval-li, gran parte delle artiglierìe. Sopraggiunse la notte. Traper questo, e per la stanchezza dei soldati repubblicaniaccorsi a passi frettolosi, e per l'affrontarsi della fioritacavallerìa dei confederati, non poterono i Francesi farequel frutto col perseguitare, che avrebbero desiderato.Grave fu anche la perdita dei Francesi: se non arrivò aiquattromila o morti, o feriti, o prigionieri, come la parteavversa pubblicò, certo passò i duemila, ancorchè Buo-naparte con la solita fronte abbia pubblicato, esseremancati de' suoi solamente quattrocento. La ritirata deiconfederati assicurò i repubblicani delle cose di Lom-bardìa, e pose in mano loro Pavia, Pizzighettone e Cre-mona: la imperial Milano, priva oramai di difesa, tantosolamente indugiava a venir sotto l'imperio repubblica-no, quanto tempo abbisognava ai repubblicani per arri-varvi. Mescolaronsi a questi gloriosi fatti i saccheggi, ele devastazioni.Giunte in Milano le novelle del passo del Po, e dello ab-bandonarsi da Beaulieu la frontiera del Ticino, vi sorseun grande sbigottimento, poichè vi si prevedeva, chepoca speranza restava di conservare la città sotto la di-vozione dell'Austria. Erano gli animi di tutti, come inuna popolazione ricca, allo approssimarsi di soldateschenuove, non conosciute, e forse anco troppo conosciute.Era stato mansueto il governo dell'arciduca, nè quello

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della nobiltà tirannico; che anzi partecipando dell'indolebenigna di chi reggeva, della natura dolcissima del cli-ma, e di una educazione piuttosto data alle mollezze del-la vita, che al dominare, aveva la nobiltà più clientelaper amore, che potenza per feudalità. Mancavano adun-que nel Milanese le cagioni di mala soddisfazione, chein altre contrade d'Italia si derivavano dalla durezza delgoverno, e dalle insolenze dei nobili. Quindi nasceva,che sebbene i popoli siano generalmente amatori di no-vità, e non conoscano il bene se non quando l'han perdu-to, non si manifestavano nella felice Lombardìa segni difuture e spontanee rivoluzioni. Ognuno anzi temeva perse, per le famiglie, per le sostanze. Queste cose teneva-no i Milanesi sospesi; nè per la natura loro erano capacidi lasciarsi muovere da certe astrazioni di governi geo-metrici. Temevano anzi, che siccome la città loro eragrossa e ricca, così vi facessero i repubblicani la princi-pale stanza loro, ond'ella diventasse e segno di oppres-sione speciale per se, e fomento di rivoluzione per glialtri. Siccome poi non erano le faccende della guerra si-cure, così dubitavano che nell'andare e venire reciproco,e nel rincacciarsi dei due potenti nemici, la misera Mila-no non avesse a pagar il fio di quanto più la faceva carae preziosa al mondo. Sapevano che pochi erano fra loroi zelatori di novità, e questi pochi ancora quieti, e rimes-si secondo la natura del paese; ma apprendevano cheove i repubblicani vi avessero posto sede, da tutta Italiavi concorressero o gli scontenti dei governi regj, o gliamatori della repubblica, e con mezzi nuovi ed insoliti

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della nobiltà tirannico; che anzi partecipando dell'indolebenigna di chi reggeva, della natura dolcissima del cli-ma, e di una educazione piuttosto data alle mollezze del-la vita, che al dominare, aveva la nobiltà più clientelaper amore, che potenza per feudalità. Mancavano adun-que nel Milanese le cagioni di mala soddisfazione, chein altre contrade d'Italia si derivavano dalla durezza delgoverno, e dalle insolenze dei nobili. Quindi nasceva,che sebbene i popoli siano generalmente amatori di no-vità, e non conoscano il bene se non quando l'han perdu-to, non si manifestavano nella felice Lombardìa segni difuture e spontanee rivoluzioni. Ognuno anzi temeva perse, per le famiglie, per le sostanze. Queste cose teneva-no i Milanesi sospesi; nè per la natura loro erano capacidi lasciarsi muovere da certe astrazioni di governi geo-metrici. Temevano anzi, che siccome la città loro eragrossa e ricca, così vi facessero i repubblicani la princi-pale stanza loro, ond'ella diventasse e segno di oppres-sione speciale per se, e fomento di rivoluzione per glialtri. Siccome poi non erano le faccende della guerra si-cure, così dubitavano che nell'andare e venire reciproco,e nel rincacciarsi dei due potenti nemici, la misera Mila-no non avesse a pagar il fio di quanto più la faceva carae preziosa al mondo. Sapevano che pochi erano fra loroi zelatori di novità, e questi pochi ancora quieti, e rimes-si secondo la natura del paese; ma apprendevano cheove i repubblicani vi avessero posto sede, da tutta Italiavi concorressero o gli scontenti dei governi regj, o gliamatori della repubblica, e con mezzi nuovi ed insoliti

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vi partorissero accidenti ignoti, e forse terribili. Per laqual cosa vi si viveva in grande spavento.L'arciduca Ferdinando, che vedeva, che popoli disarmatie quieti non potevano difenderlo da gente armata ed au-dacissima, giacchè l'esercito imperiale stesso non erastato abile a tenerla lontana, abbandonato d'ogni speran-za, si risolveva a lasciar quella sede per andarsene nellasicura Mantova, o quando i tempi pressassero di vantag-gio, nella lontana Germania. Desiderando però primache partisse, provvedere alla quiete dei popoli, ordinavacon editto dei sette maggio, che i cittadini abili all'armisi descrivessero ed in milizia urbana si ordinassero. Ainove, aggravandosi viemaggiormente il pericolo perl'approssimarsi dei repubblicani, creava una giunta com-posta dei presidenti d'appello e di prima instanza, e delmagistrato politico camerale, con autorità di fare quantoal governo si appartenesse, ed a questa giunta, come acapo supremo dello stato, voleva che i magistrati minoriobbedissero. L'ordine giudiziale a far l'ufficio, come perlo innanzi, continuasse.Avendo per tale guisa l'arciduca provveduto alle faccen-de, se ne partiva il medesimo dì nove di maggio allavolta di Mantova, avviandosi dove già era arrivata la suafamiglia. L'accompagnavano personaggi di nome, fra iquali il principe Albani, ed il marchese Litta. Mesta erala comitiva: l'arciduca non assuefatto a sentire i colpidell'avversità, accusava piangendo non la fortuna, ma,secondochè si usa nelle disgrazie, i cattivi consigli di

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vi partorissero accidenti ignoti, e forse terribili. Per laqual cosa vi si viveva in grande spavento.L'arciduca Ferdinando, che vedeva, che popoli disarmatie quieti non potevano difenderlo da gente armata ed au-dacissima, giacchè l'esercito imperiale stesso non erastato abile a tenerla lontana, abbandonato d'ogni speran-za, si risolveva a lasciar quella sede per andarsene nellasicura Mantova, o quando i tempi pressassero di vantag-gio, nella lontana Germania. Desiderando però primache partisse, provvedere alla quiete dei popoli, ordinavacon editto dei sette maggio, che i cittadini abili all'armisi descrivessero ed in milizia urbana si ordinassero. Ainove, aggravandosi viemaggiormente il pericolo perl'approssimarsi dei repubblicani, creava una giunta com-posta dei presidenti d'appello e di prima instanza, e delmagistrato politico camerale, con autorità di fare quantoal governo si appartenesse, ed a questa giunta, come acapo supremo dello stato, voleva che i magistrati minoriobbedissero. L'ordine giudiziale a far l'ufficio, come perlo innanzi, continuasse.Avendo per tale guisa l'arciduca provveduto alle faccen-de, se ne partiva il medesimo dì nove di maggio allavolta di Mantova, avviandosi dove già era arrivata la suafamiglia. L'accompagnavano personaggi di nome, fra iquali il principe Albani, ed il marchese Litta. Mesta erala comitiva: l'arciduca non assuefatto a sentire i colpidell'avversità, accusava piangendo non la fortuna, ma,secondochè si usa nelle disgrazie, i cattivi consigli di

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Beaulieu. La fuggitiva schiera passava pel territorio Ve-neto, miserando spettacolo: faceva più compassionevolequella calamità la moltitudine delle persone di ogni gra-do, di ogni età, e di ogni sesso, le quali fuggendo la fu-ria dei repubblicani, abbandonate agli strani le case loro,correvano a ricoverarsi sulle terre Veneziane, destinateancor esse, e molto prossimamente, alla medesima rui-na. Così l'egregia Milano, stata da lungo tempo felicissi-ma, spogliata di difensori, privata del suo principe, se nestava aspettando non conosciute venture. Seguitava uninterregno di tre giorni, in cui non essendo più in poteredell'Austria, nè ancora in quello della Francia, si regge-va con le proprie municipali leggi; nè in questo tempo visi udirono minacce, od insulti di persone, nè rubamenti,nè desiderj di novità. Tanto era buona la natura di quelpopolo!Buonaparte intanto, espeditosi per la vittoria di Lodi diquanto più pressava nella guerra, e già stimando Milano,com'era veramente, in sua potestà, mandava Massena afarsene signore. In questo mentre mandavano i magi-strati municipali i loro delegati ad offerire la città a Buo-naparte, che si trovava alle stanze di Lodi, pregandolo diusare mansuetudine verso un popolo in ogni tempoquieto, nemico a nissuno, confidente nella generositàdei Francesi. Rispose benignamente, porterebbe rispettoalla religione, alle proprietà, alle persone. Il giorno quat-tordici di maggio entrava Massena con una schiera didiecimila soldati valorosissimi. L'accampava, la mag-

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Beaulieu. La fuggitiva schiera passava pel territorio Ve-neto, miserando spettacolo: faceva più compassionevolequella calamità la moltitudine delle persone di ogni gra-do, di ogni età, e di ogni sesso, le quali fuggendo la fu-ria dei repubblicani, abbandonate agli strani le case loro,correvano a ricoverarsi sulle terre Veneziane, destinateancor esse, e molto prossimamente, alla medesima rui-na. Così l'egregia Milano, stata da lungo tempo felicissi-ma, spogliata di difensori, privata del suo principe, se nestava aspettando non conosciute venture. Seguitava uninterregno di tre giorni, in cui non essendo più in poteredell'Austria, nè ancora in quello della Francia, si regge-va con le proprie municipali leggi; nè in questo tempo visi udirono minacce, od insulti di persone, nè rubamenti,nè desiderj di novità. Tanto era buona la natura di quelpopolo!Buonaparte intanto, espeditosi per la vittoria di Lodi diquanto più pressava nella guerra, e già stimando Milano,com'era veramente, in sua potestà, mandava Massena afarsene signore. In questo mentre mandavano i magi-strati municipali i loro delegati ad offerire la città a Buo-naparte, che si trovava alle stanze di Lodi, pregandolo diusare mansuetudine verso un popolo in ogni tempoquieto, nemico a nissuno, confidente nella generositàdei Francesi. Rispose benignamente, porterebbe rispettoalla religione, alle proprietà, alle persone. Il giorno quat-tordici di maggio entrava Massena con una schiera didiecimila soldati valorosissimi. L'accampava, la mag-

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gior parte, fuori delle mura per modo ordinandola, che ifanti occupassero tutti gli aditi degli spalti, i cavalli cu-stodissero le porte. L'incontravano al Dazio di Porta Ro-mana i municipali. Disse, per mescolare qualche tempe-ramento alla fierezza dell'armi, che sarebbero salve lareligione, le persone, le proprietà. Arrivarono il giornodopo nuovi corpi di truppe; ogni parte piena di soldati.Incominciossi l'opera dell'oppugnar il castello, a cui sierano riparati gli Austriaci. I Francesi furono accoltinelle case con la dolcezza del fare Milanese, ed eglinoancora, dico la maggior parte, cortesemente procedendo,e con quel loro solito brio mostrandosi, tiravano facil-mente a se gli animi dei cittadini, che, veduto, che queirepubblicani non erano tanto terribili quanto la famaaveva portato, rimettevano del terrore concetto, e si af-fezionavano ai nuovi ospiti, venuti per venture strane espaventevoli nel paese loro. Tal era la condizione delpopolo Milanese, quando i Francesi entrarono in Mila-no, dolce, ed affettuosa, nè contraria, nè propensa aquella libertà, che si andava predicando.Arrivavano intanto i repubblicani, sì finti come sinceri, iquali o allettati dalla fama, o costretti dalla necessità,fuggendo lo sdegno dei signori loro, concorrevano,come in sede propria, e di salute nella città conquistata.A costoro si univano i repubblicani Milanesi, ed inten-devano a far novità. Fra tutti questi, gli utopisti si ralle-gravano, persuadendosi, che fosse venuto il tempo diveder in opera quella specie di reggimento, che nelle

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gior parte, fuori delle mura per modo ordinandola, che ifanti occupassero tutti gli aditi degli spalti, i cavalli cu-stodissero le porte. L'incontravano al Dazio di Porta Ro-mana i municipali. Disse, per mescolare qualche tempe-ramento alla fierezza dell'armi, che sarebbero salve lareligione, le persone, le proprietà. Arrivarono il giornodopo nuovi corpi di truppe; ogni parte piena di soldati.Incominciossi l'opera dell'oppugnar il castello, a cui sierano riparati gli Austriaci. I Francesi furono accoltinelle case con la dolcezza del fare Milanese, ed eglinoancora, dico la maggior parte, cortesemente procedendo,e con quel loro solito brio mostrandosi, tiravano facil-mente a se gli animi dei cittadini, che, veduto, che queirepubblicani non erano tanto terribili quanto la famaaveva portato, rimettevano del terrore concetto, e si af-fezionavano ai nuovi ospiti, venuti per venture strane espaventevoli nel paese loro. Tal era la condizione delpopolo Milanese, quando i Francesi entrarono in Mila-no, dolce, ed affettuosa, nè contraria, nè propensa aquella libertà, che si andava predicando.Arrivavano intanto i repubblicani, sì finti come sinceri, iquali o allettati dalla fama, o costretti dalla necessità,fuggendo lo sdegno dei signori loro, concorrevano,come in sede propria, e di salute nella città conquistata.A costoro si univano i repubblicani Milanesi, ed inten-devano a far novità. Fra tutti questi, gli utopisti si ralle-gravano, persuadendosi, che fosse venuto il tempo diveder in opera quella specie di reggimento, che nelle

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buone menti loro si avevano concetta; nè gli poteva tor-re alla immagine lusinghiera l'apparato terribile dellearmi forestiere, nè la natura poco costante in se medesi-ma dei Francesi, nè l'autorità militare fatta padrona diogni cosa, e certamente pessima compagna di libertà.Servi di un'opinione anticipata e di un dolce delirio, an-davano sognando una perpetua felicità, nè s'accorgeva-no, che la repubblica di Francia non combatteva nè perloro nè per la libertà, ma per la grandezza e la sicurezzadel suo imperio, per posseder le quali, se fosse stato ne-cessario, avrebbe dato in preda all'Austria, non che Mi-lano, Italia, ed ancor essi con loro. Di costoro si facevabeffe Buonaparte, stimandogli uomini dappoco, scemi,e, come sarebbe a dire, pazzi. Fra gli altri patriotti, o chesi chiamavano tali, era una generazione d'uomini, cheamavano lo stato libero, non per desiderio di preda, maper ambizione, avvisandosi che fosse dolce il comanda-re, e venuto il tempo propizio per salire dai bassi gradiai sublimi. Di questi faceva maggiore stima Buonaparte,perchè, come diceva, erano gente che aveva polso, e cheper poco che si stimolassero, avrebbero servito mirabil-mente a' suoi disegni. Eravi finalmente una terza manie-ra di questi patriotti, i quali amavano le novità per le ric-chezze, e sperando di pescar nel torbido, gridavano adalte e spesse voci, libertà. Questi non frequentavano maile stanze di Buonaparte, perchè sebbene qualche voltagli accarezzasse, dava ancor loro spesso di forti rabbuf-fi; ma amavano molto aggirarsi fra i commissari, e gliabbondanzieri dell'esercito, dei quali diventavano sensa-

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buone menti loro si avevano concetta; nè gli poteva tor-re alla immagine lusinghiera l'apparato terribile dellearmi forestiere, nè la natura poco costante in se medesi-ma dei Francesi, nè l'autorità militare fatta padrona diogni cosa, e certamente pessima compagna di libertà.Servi di un'opinione anticipata e di un dolce delirio, an-davano sognando una perpetua felicità, nè s'accorgeva-no, che la repubblica di Francia non combatteva nè perloro nè per la libertà, ma per la grandezza e la sicurezzadel suo imperio, per posseder le quali, se fosse stato ne-cessario, avrebbe dato in preda all'Austria, non che Mi-lano, Italia, ed ancor essi con loro. Di costoro si facevabeffe Buonaparte, stimandogli uomini dappoco, scemi,e, come sarebbe a dire, pazzi. Fra gli altri patriotti, o chesi chiamavano tali, era una generazione d'uomini, cheamavano lo stato libero, non per desiderio di preda, maper ambizione, avvisandosi che fosse dolce il comanda-re, e venuto il tempo propizio per salire dai bassi gradiai sublimi. Di questi faceva maggiore stima Buonaparte,perchè, come diceva, erano gente che aveva polso, e cheper poco che si stimolassero, avrebbero servito mirabil-mente a' suoi disegni. Eravi finalmente una terza manie-ra di questi patriotti, i quali amavano le novità per le ric-chezze, e sperando di pescar nel torbido, gridavano adalte e spesse voci, libertà. Questi non frequentavano maile stanze di Buonaparte, perchè sebbene qualche voltagli accarezzasse, dava ancor loro spesso di forti rabbuf-fi; ma amavano molto aggirarsi fra i commissari, e gliabbondanzieri dell'esercito, dei quali diventavano sensa-

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li e mezzani, per forma che mentre i buoni utopisti an-davano dietro alle loro ubbìe, ed erano per semplicità re-pubblicana, e volevano esser poveri, questi al contrariosi arricchivano a spese di coloro, ai quali dicevano volerdare il vivere libero. Erano molti di tutti questi generi dipatriotti.Fecero grandi allegrezze in sull'entrar dei Francesi di lu-minarie, di balli, di festini: ma per quella servile imita-zione, di cui erano invasati verso le cose Francesi, e chefu la principal cagione della servitù d'Italia, piantaronoaltresì alberi di libertà, e vi facevano intorno canti, balli,discorsi, ed altre simili tresche. Poscia, acciocchè nonmancasse quel condimento delle congreghe pubblicheper aringarvi intorno a cose appartenenti allo stato, le fe-cero a modo di Francia, ed in loro chi aringava conmaggior veemenza, più era applaudito. Tutte questecose si facevano: il popolo, non potendo restar capace diciò che vedeva, faceva le maraviglie.Entrava in Milano il vincitor Buonaparte, non già consemplicità repubblicana, ma con fasto regale, come se refosse: l'accolsero con grida smoderate i patriotti, e partedel popolo, solito a fare come gli altri fanno. Innumera-bili scritti si pubblicarono, in cui sempre più si lodavaBuonaparte, che la libertà: mostrossi, per dir il vero, inquesto molto schifosa l'adulazione Italiana. Fra i patriot-ti, chi lo chiamava Scipione, chi Annibale; il repubblica-no Ranza il chiamava Giove. I buoni utopisti, quando lovedevano, piangevano di tenerezza. Queste dimostrazio-

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li e mezzani, per forma che mentre i buoni utopisti an-davano dietro alle loro ubbìe, ed erano per semplicità re-pubblicana, e volevano esser poveri, questi al contrariosi arricchivano a spese di coloro, ai quali dicevano volerdare il vivere libero. Erano molti di tutti questi generi dipatriotti.Fecero grandi allegrezze in sull'entrar dei Francesi di lu-minarie, di balli, di festini: ma per quella servile imita-zione, di cui erano invasati verso le cose Francesi, e chefu la principal cagione della servitù d'Italia, piantaronoaltresì alberi di libertà, e vi facevano intorno canti, balli,discorsi, ed altre simili tresche. Poscia, acciocchè nonmancasse quel condimento delle congreghe pubblicheper aringarvi intorno a cose appartenenti allo stato, le fe-cero a modo di Francia, ed in loro chi aringava conmaggior veemenza, più era applaudito. Tutte questecose si facevano: il popolo, non potendo restar capace diciò che vedeva, faceva le maraviglie.Entrava in Milano il vincitor Buonaparte, non già consemplicità repubblicana, ma con fasto regale, come se refosse: l'accolsero con grida smoderate i patriotti, e partedel popolo, solito a fare come gli altri fanno. Innumera-bili scritti si pubblicarono, in cui sempre più si lodavaBuonaparte, che la libertà: mostrossi, per dir il vero, inquesto molto schifosa l'adulazione Italiana. Fra i patriot-ti, chi lo chiamava Scipione, chi Annibale; il repubblica-no Ranza il chiamava Giove. I buoni utopisti, quando lovedevano, piangevano di tenerezza. Queste dimostrazio-

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ni egli si godeva tanto in pubblico, quanto in privato;ma augurava male degl'Italiani, perchè essendo egli ope-ratore grandissimo, credeva, e con ragione, che coi fatti,non con le parole si compiscono le grandi mutazioni ne-gli stati. Quando poi uomini o donne amatori sinceri dilibertà (che anche donne, e non poche si trovavano tene-rissime di lei) a lui si rappresentavano per raccomandar-gliela, rispondeva con ciglio austero, la conquistassero,uscissero dall'imbelle vita, le armi pigliassero, le armiusassero: dura cosa essere la libertà; duri cuori e duremani conservarla; fuggire lei la mollezza e il lusso: soloabitare fra le popolazioni forti, e magnanime.Intanto vedeva il mondo una cosa maravigliosa. Un sol-dato di ventott'anni, un mese innanzi conosciuto da po-chi, avere con un esercito sprovveduto e non grosso su-perato monti difficilissimi, varcato grossi e profondi fiu-mi, vinto sei battaglie campali, disperso eserciti più po-tenti del suo, soggiogato un re, cacciato un principe, ac-quistato il dominio di una parte d'Italia, apertosi la stra-da alla conquista dell'altra, convertito in se stesso gli oc-chi di tutti gli uomini di quell'età. Sapevaselo Buonapar-te; l'anima sua ambiziosa maravigliosamente se ne com-piaceva. Ma perchè l'aspettativa che aveva desta di luinon si raffreddasse, e per farsi scala a cose maggiori,mandava fuori il venti maggio un discorso molto in-fiammativo a' suoi soldati:

«Soldati valorosi, diceva, voi piombaste, cometorrente precipitoso, dall'Alpi e dagli Apennini;

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ni egli si godeva tanto in pubblico, quanto in privato;ma augurava male degl'Italiani, perchè essendo egli ope-ratore grandissimo, credeva, e con ragione, che coi fatti,non con le parole si compiscono le grandi mutazioni ne-gli stati. Quando poi uomini o donne amatori sinceri dilibertà (che anche donne, e non poche si trovavano tene-rissime di lei) a lui si rappresentavano per raccomandar-gliela, rispondeva con ciglio austero, la conquistassero,uscissero dall'imbelle vita, le armi pigliassero, le armiusassero: dura cosa essere la libertà; duri cuori e duremani conservarla; fuggire lei la mollezza e il lusso: soloabitare fra le popolazioni forti, e magnanime.Intanto vedeva il mondo una cosa maravigliosa. Un sol-dato di ventott'anni, un mese innanzi conosciuto da po-chi, avere con un esercito sprovveduto e non grosso su-perato monti difficilissimi, varcato grossi e profondi fiu-mi, vinto sei battaglie campali, disperso eserciti più po-tenti del suo, soggiogato un re, cacciato un principe, ac-quistato il dominio di una parte d'Italia, apertosi la stra-da alla conquista dell'altra, convertito in se stesso gli oc-chi di tutti gli uomini di quell'età. Sapevaselo Buonapar-te; l'anima sua ambiziosa maravigliosamente se ne com-piaceva. Ma perchè l'aspettativa che aveva desta di luinon si raffreddasse, e per farsi scala a cose maggiori,mandava fuori il venti maggio un discorso molto in-fiammativo a' suoi soldati:

«Soldati valorosi, diceva, voi piombaste, cometorrente precipitoso, dall'Alpi e dagli Apennini;

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voi urtaste, voi rompeste nel corso vostro ogni ri-tegno. Il Piemonte, oggimai libero dall'Austriacatirannide, spiega i naturali suoi sentimenti di pacee d'amicizia verso la Francia. Vostro è lo stato diMilano: sventolano all'aura su tutte le alte cimedella Lombardìa le repubblicane insegne: i duchidi Parma e di Modena alla generosità vostra sonodel dominio, che ancora lor resta, obbligati. Dov'èl'esercito che testè con tanta superbia v'insultava?Ei non ha più riparo contro al coraggio vostro. Nèil Po, nè il Ticino, nè l'Adda poterono un sol gior-no arrestarvi. Vani furono i vantati baluardi d'Ita-lia, vani i gioghi inaccessi degli Apennini. Sentìla patria infinita allegrezza delle vostre vittorie;vuole, che ogni comune le celebri: i padri, le ma-dri, le spose, le sorelle, le amanti dei fausti eventivostri si rallegrano e si stimano dello avervi percongiunti fortunatissimi. Sì per certo, o soldati,assai faceste; ma forse altro a fare non vi resta?Diranno di voi i contemporanei, diranno i posteri,che abbiam saputo vincere, non usare la vittoria?Accuseranci dello aver trovato Capua in Lombar-dìa? No, per Dio, no, che già vi veggo correre allevincitrici armi, già veggo sdegnarvi ad un vil ri-poso, già sento, i giorni passati senza gloria, essergiorni perduti per voi. Orsù, partianne: restanciviaggi frettolosi a fare, nemici ostinati a vincere,allori gloriosi a cingere, crudeli ingiurie a vendi-care. Tremi chi accese le faci della civil guerra,tremi chi uccise i ministri della repubblica, tremichi arse Tolone, tremi chi rapì le navi: già suona

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voi urtaste, voi rompeste nel corso vostro ogni ri-tegno. Il Piemonte, oggimai libero dall'Austriacatirannide, spiega i naturali suoi sentimenti di pacee d'amicizia verso la Francia. Vostro è lo stato diMilano: sventolano all'aura su tutte le alte cimedella Lombardìa le repubblicane insegne: i duchidi Parma e di Modena alla generosità vostra sonodel dominio, che ancora lor resta, obbligati. Dov'èl'esercito che testè con tanta superbia v'insultava?Ei non ha più riparo contro al coraggio vostro. Nèil Po, nè il Ticino, nè l'Adda poterono un sol gior-no arrestarvi. Vani furono i vantati baluardi d'Ita-lia, vani i gioghi inaccessi degli Apennini. Sentìla patria infinita allegrezza delle vostre vittorie;vuole, che ogni comune le celebri: i padri, le ma-dri, le spose, le sorelle, le amanti dei fausti eventivostri si rallegrano e si stimano dello avervi percongiunti fortunatissimi. Sì per certo, o soldati,assai faceste; ma forse altro a fare non vi resta?Diranno di voi i contemporanei, diranno i posteri,che abbiam saputo vincere, non usare la vittoria?Accuseranci dello aver trovato Capua in Lombar-dìa? No, per Dio, no, che già vi veggo correre allevincitrici armi, già veggo sdegnarvi ad un vil ri-poso, già sento, i giorni passati senza gloria, essergiorni perduti per voi. Orsù, partianne: restanciviaggi frettolosi a fare, nemici ostinati a vincere,allori gloriosi a cingere, crudeli ingiurie a vendi-care. Tremi chi accese le faci della civil guerra,tremi chi uccise i ministri della repubblica, tremichi arse Tolone, tremi chi rapì le navi: già suona

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contro a loro in aria una terribile vendetta. Purestiansi senza timore i popoli: siamo noi di tutte lenazioni amici, specialmente siamo dei discendentidi Bruto, dei Scipioni, di tutti gli uomini grandi,che impreso abbiamo ad imitare. Ristorare ilCampidoglio, riporvi in onore le statue degli eroi,per cui tanto è famoso al mondo, destar dal lungosonno il Romano popolo, torlo alla schiavitù ditanti secoli, fia frutto delle vittorie vostre: acqui-steretevi una gloria immortale, cangiando in me-glio la più bella parte d'Europa. Il popolo France-se libero, rispettato dai popoli, darà all'Europauna pace gloriosa, che di tanti sofferti danni, ditante tollerate fatiche ristorerallo. Ritornerete al-lora fra le paterne mura, i concittadini a dito mo-strandovi, diranno: fu soldato costui dell'esercitoItalico».

Questo tremendo parlare empiva di spavento Italia:ognuno aspettava accidenti terribili.

FINE DEL TOMO PRIMO

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contro a loro in aria una terribile vendetta. Purestiansi senza timore i popoli: siamo noi di tutte lenazioni amici, specialmente siamo dei discendentidi Bruto, dei Scipioni, di tutti gli uomini grandi,che impreso abbiamo ad imitare. Ristorare ilCampidoglio, riporvi in onore le statue degli eroi,per cui tanto è famoso al mondo, destar dal lungosonno il Romano popolo, torlo alla schiavitù ditanti secoli, fia frutto delle vittorie vostre: acqui-steretevi una gloria immortale, cangiando in me-glio la più bella parte d'Europa. Il popolo France-se libero, rispettato dai popoli, darà all'Europauna pace gloriosa, che di tanti sofferti danni, ditante tollerate fatiche ristorerallo. Ritornerete al-lora fra le paterne mura, i concittadini a dito mo-strandovi, diranno: fu soldato costui dell'esercitoItalico».

Questo tremendo parlare empiva di spavento Italia:ognuno aspettava accidenti terribili.

FINE DEL TOMO PRIMO

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INDICE DEL PRESENTE VOLUME

1789

Proposito dell'autoreDetto di NapoleoneOrigine degli ordini feudaliDesiderj dei popoliSoppressione dei gesuiti e suoi effettiGiuseppe IIStudio di PaviaPio VI va a ViennaLeopoldo, gran ducaSue riforme civiliVernaccini auditor di ruotaCiani consigliereTerreni asciugatiXimenes, Ferroni e Fantoni matematiciRiforme ecclesiasticheIppoliti e Scipion Ricci vescovi di PistojaAssemblea de' vescovi in ToscanaOpinioni de' curialisti Romani sul papaAltre di Scipion RicciDannate da Pio VICondizioni del regno di NapoliEducazione di Ferdinando IV

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INDICE DEL PRESENTE VOLUME

1789

Proposito dell'autoreDetto di NapoleoneOrigine degli ordini feudaliDesiderj dei popoliSoppressione dei gesuiti e suoi effettiGiuseppe IIStudio di PaviaPio VI va a ViennaLeopoldo, gran ducaSue riforme civiliVernaccini auditor di ruotaCiani consigliereTerreni asciugatiXimenes, Ferroni e Fantoni matematiciRiforme ecclesiasticheIppoliti e Scipion Ricci vescovi di PistojaAssemblea de' vescovi in ToscanaOpinioni de' curialisti Romani sul papaAltre di Scipion RicciDannate da Pio VICondizioni del regno di NapoliEducazione di Ferdinando IV

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Principe di S. NicandroMarchese TanucciÈ dimesso da Carolina d'Austria, e in suo luogo posto ActonFilangeriColonia di S. LeucioRiforme introdotte da TanucciI fratelli Cestari e l'arcivescovo di TarantoCarlo di MarcoBracci del parlamento di SiciliaParma e PiacenzaDon Filippo e DutillotContini e Turchi teologiPadre Paciaudi ed altri dottiMuore Filippo e gli succede FerdinandoContesa alla corte di RomaDutillot congedato, il duca si fa papista e mezzo frateClemente XIVPio VILega italica promossa dal cardinale OrsiniPaludi PontineRapini ingegnereMuseo Pio ClementinoLodovico Mirri ed Ennio Quirino ViscontiPiemontePasini, Berta e PavesioVaselliVittorio Amedeo IIIFederigo re di Prussia

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Principe di S. NicandroMarchese TanucciÈ dimesso da Carolina d'Austria, e in suo luogo posto ActonFilangeriColonia di S. LeucioRiforme introdotte da TanucciI fratelli Cestari e l'arcivescovo di TarantoCarlo di MarcoBracci del parlamento di SiciliaParma e PiacenzaDon Filippo e DutillotContini e Turchi teologiPadre Paciaudi ed altri dottiMuore Filippo e gli succede FerdinandoContesa alla corte di RomaDutillot congedato, il duca si fa papista e mezzo frateClemente XIVPio VILega italica promossa dal cardinale OrsiniPaludi PontineRapini ingegnereMuseo Pio ClementinoLodovico Mirri ed Ennio Quirino ViscontiPiemontePasini, Berta e PavesioVaselliVittorio Amedeo IIIFederigo re di Prussia

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Cardinale GerdilVeneziaGenova, sua differenza con VeneziaLucca, suo Discolato cosa eraSan MarinoModena, Ercole Rinaldo d'Este

1792

Stato della FranciaMali costumi dei nobili e del cleroContrasti tra i parlamenti ed il reTumulti a Grenoble ec.NeckerL'assemblea nazionale e sue riformePensieri in EuropaIl re di Sardegna propone una lega ItalicaVenezia sta sospesaLega tra Leopoldo e Federico Guglielmo di PrussiaCaterina di RussiaFuorusciti FrancesiLega tra la Russia, l'Austria e la PrussiaArdore del re di SardegnaIl re di Napoli si fortificaIl papa perchè aderisce alla legaNicolò Spedalieri perchè scrivesse il trattato dei Diritti dell'uomoGenova poco tentata dagli alleatiUmori dei popoli

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Cardinale GerdilVeneziaGenova, sua differenza con VeneziaLucca, suo Discolato cosa eraSan MarinoModena, Ercole Rinaldo d'Este

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Stato della FranciaMali costumi dei nobili e del cleroContrasti tra i parlamenti ed il reTumulti a Grenoble ec.NeckerL'assemblea nazionale e sue riformePensieri in EuropaIl re di Sardegna propone una lega ItalicaVenezia sta sospesaLega tra Leopoldo e Federico Guglielmo di PrussiaCaterina di RussiaFuorusciti FrancesiLega tra la Russia, l'Austria e la PrussiaArdore del re di SardegnaIl re di Napoli si fortificaIl papa perchè aderisce alla legaNicolò Spedalieri perchè scrivesse il trattato dei Diritti dell'uomoGenova poco tentata dagli alleatiUmori dei popoli

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Ragioni dei novatoriAltre della parte oppostaSemonville mandato dai Francesi in Piemonte non è ricevutoGuerra tra la Francia e la SardegnaSavoja e Delfinato parteggiano pei FrancesiCavaliere di Colegno sua credulitàConte PerroneCavaliere di LazariFinto prete IrlandeseGenerale Montesquiou entra in SavojaSanparelliano presoCiamberì presaGenerale Anselmo prende NizzaTruguet fa saccheggiare OnegliaDifferenza tra Savojardi e NizzardiFedeltà del reggimento di SavojaSavoja in potestà dei FrancesiCagione delle disfatte dei PiemontesiFuorusciti FrancesiDiscorsi a TorinoIl governo Sardo domanda ajuti agli alleatiChauvelin ambasciatore Francese a Londra licenziato

1793

Nuove deliberazioni dei confederatiL'imperatore tenta VeneziaRisposta del senato

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Ragioni dei novatoriAltre della parte oppostaSemonville mandato dai Francesi in Piemonte non è ricevutoGuerra tra la Francia e la SardegnaSavoja e Delfinato parteggiano pei FrancesiCavaliere di Colegno sua credulitàConte PerroneCavaliere di LazariFinto prete IrlandeseGenerale Montesquiou entra in SavojaSanparelliano presoCiamberì presaGenerale Anselmo prende NizzaTruguet fa saccheggiare OnegliaDifferenza tra Savojardi e NizzardiFedeltà del reggimento di SavojaSavoja in potestà dei FrancesiCagione delle disfatte dei PiemontesiFuorusciti FrancesiDiscorsi a TorinoIl governo Sardo domanda ajuti agli alleatiChauvelin ambasciatore Francese a Londra licenziato

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Nuove deliberazioni dei confederatiL'imperatore tenta VeneziaRisposta del senato

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Discorso di Francesco PesaroAltro di Zaccaria VallaressoSi delibera per la neutralità disarmataOpposizione di Francesco CalboLo stesso delibera GenovaPaoli in CorsicaDevins generale dei PiemontesiUmori in Lione ed in ProvenzaPrecì mandato dai Lionesi a TorinoOdio del re Vittorio contro i Savojardi cosa fruttasseDeliberazioni per la guerra in FranciaKellerman generale dei FrancesiLa Francia tenta Turchìa e VeneziaTenta il re di SardegnaUmori in Italia, i regjUtopistiEcclesiastici utopistiSetta aristocraticaTruguet mandato contro Cagliari è rotto dai SardiPaoli solleva la CorsicaFatto generalissimo dei CorsiIl consesso nazionale come senta questa novitàLacombe va contro i CorsiArrivo di navi InglesiLacombe si ritira a GenovaGoverno in CorsicaGenerale Brunet rotto al colle di RausColli e Dellera generali SardiCapitano Zin, sua bella fazione

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Discorso di Francesco PesaroAltro di Zaccaria VallaressoSi delibera per la neutralità disarmataOpposizione di Francesco CalboLo stesso delibera GenovaPaoli in CorsicaDevins generale dei PiemontesiUmori in Lione ed in ProvenzaPrecì mandato dai Lionesi a TorinoOdio del re Vittorio contro i Savojardi cosa fruttasseDeliberazioni per la guerra in FranciaKellerman generale dei FrancesiLa Francia tenta Turchìa e VeneziaTenta il re di SardegnaUmori in Italia, i regjUtopistiEcclesiastici utopistiSetta aristocraticaTruguet mandato contro Cagliari è rotto dai SardiPaoli solleva la CorsicaFatto generalissimo dei CorsiIl consesso nazionale come senta questa novitàLacombe va contro i CorsiArrivo di navi InglesiLacombe si ritira a GenovaGoverno in CorsicaGenerale Brunet rotto al colle di RausColli e Dellera generali SardiCapitano Zin, sua bella fazione

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Kellerman corre a Nizza e che vi faIl re di Napoli si dichiara contro i FrancesiHarvey ministro Inglese a Firenze e sue insolenti paroleRisposta del ministro SerristoriLe Flotte e Chauvelin cacciati da FirenzeDrake ministro Inglese a Genova sue insolenti paroleFregata la Modesta assalita dagl'InglesiScritto di Robespierre giovane e RicardDeliberazione del senato GenoveseWorsley residente Inglese a Venezia, sue parole al senatoDeliberazioni del gran maestro di MaltaTurbolenze a Bordeaux, Monpellieri e NimesLione si sollevaÈ assediataDuca di Monferrato va in SavojaIl re di Sardegna va verso NizzaDisposizioni di KellermanMarsigliesi rotti da CarteauMarsiglia saccheggiataTolone si dà all'ammiraglio HoodPiemontesi rotti in SavojaEd al ponte della GilettaOppugnazione di ToloneDugommier generalissimo dei FrancesiOhara generalissimo degli InglesiBuonaparte a ToloneOhara fatto prigioneAssalto dato a Tolone

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Kellerman corre a Nizza e che vi faIl re di Napoli si dichiara contro i FrancesiHarvey ministro Inglese a Firenze e sue insolenti paroleRisposta del ministro SerristoriLe Flotte e Chauvelin cacciati da FirenzeDrake ministro Inglese a Genova sue insolenti paroleFregata la Modesta assalita dagl'InglesiScritto di Robespierre giovane e RicardDeliberazione del senato GenoveseWorsley residente Inglese a Venezia, sue parole al senatoDeliberazioni del gran maestro di MaltaTurbolenze a Bordeaux, Monpellieri e NimesLione si sollevaÈ assediataDuca di Monferrato va in SavojaIl re di Sardegna va verso NizzaDisposizioni di KellermanMarsigliesi rotti da CarteauMarsiglia saccheggiataTolone si dà all'ammiraglio HoodPiemontesi rotti in SavojaEd al ponte della GilettaOppugnazione di ToloneDugommier generalissimo dei FrancesiOhara generalissimo degli InglesiBuonaparte a ToloneOhara fatto prigioneAssalto dato a Tolone

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Sono presi i fortiSidney SmithIncendio di ToloneTolonesi andantisi in esiglioNavi predate dagli alleatiI repubblicani entrano in Tolone

1794

Nuovi partiti presi dagli alleatiTrattato di Valenziana tra Austria e Sardegna conchiuso dai barone di Thugut e marchese di AlbareySubodorato dai FrancesiI Francesi entrano sullo stato di GenovaGenerale Dumorbion e sua intimazione allo Spinola in VentimigliaGenerale MassenaI Francesi calano verso SaorioPrendono OnegliaPoi LoanoMassena al ponte di NavaPrende OrmeaGaressio e BagnascoArgenteau governatore di CevaBagdelone vince i Piemontesi sul San BernardoFrenato dal duca di MonferratoAltre fazioni sull'AlpiE sul monte CenisioIl barone Quinto

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Sono presi i fortiSidney SmithIncendio di ToloneTolonesi andantisi in esiglioNavi predate dagli alleatiI repubblicani entrano in Tolone

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Nuovi partiti presi dagli alleatiTrattato di Valenziana tra Austria e Sardegna conchiuso dai barone di Thugut e marchese di AlbareySubodorato dai FrancesiI Francesi entrano sullo stato di GenovaGenerale Dumorbion e sua intimazione allo Spinola in VentimigliaGenerale MassenaI Francesi calano verso SaorioPrendono OnegliaPoi LoanoMassena al ponte di NavaPrende OrmeaGaressio e BagnascoArgenteau governatore di CevaBagdelone vince i Piemontesi sul San BernardoFrenato dal duca di MonferratoAltre fazioni sull'AlpiE sul monte CenisioIl barone Quinto

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Page 393: Carlo F. Traverso (ePub) - Liber Liber · siano da accagionarsi di viltà gli scrittori, che di rigore, o di ambizione i principi. Per la qual cosa io, che di maggior libertà nello

Il generale DumasCoraggio del conte di ClermontFuorusciti di Savoja e loro morteI Francesi prendono la Ferriera e la NovalesaAssediano SaorgioVincono Colli sul colle ArdenteCapitano Maulandi sua morte e sue qualitàSaorgio si arrendeSant'Amore e Mesmer giustiziatiI Francesi assaltano e prendono il colle di TendaCongiureLeva generale ordinata dal re VittorioOliviero Wallis gli manda soldati Austriaci in ajutoTerrore in PiemonteRisoluzione del re di NapoliCongiura a NapoliSpiriti guerrieri del ponteficeBasseville ucciso a RomaConsulte a VeneziaI fratelli PesaroVincono il partito di armarsi, ma i Savj non armanoConte Rocco San Fermo mandato a Basilea, quali notizie manda a VeneziaConte di Provenza a VeronaLallemand inviato Francese a VeneziaNuove prepotenze del Drake a GenovaOdio contro gl'Inglesi in GenovaMorando spezialeNuova Costituzione della Corsica

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Il generale DumasCoraggio del conte di ClermontFuorusciti di Savoja e loro morteI Francesi prendono la Ferriera e la NovalesaAssediano SaorgioVincono Colli sul colle ArdenteCapitano Maulandi sua morte e sue qualitàSaorgio si arrendeSant'Amore e Mesmer giustiziatiI Francesi assaltano e prendono il colle di TendaCongiureLeva generale ordinata dal re VittorioOliviero Wallis gli manda soldati Austriaci in ajutoTerrore in PiemonteRisoluzione del re di NapoliCongiura a NapoliSpiriti guerrieri del ponteficeBasseville ucciso a RomaConsulte a VeneziaI fratelli PesaroVincono il partito di armarsi, ma i Savj non armanoConte Rocco San Fermo mandato a Basilea, quali notizie manda a VeneziaConte di Provenza a VeronaLallemand inviato Francese a VeneziaNuove prepotenze del Drake a GenovaOdio contro gl'Inglesi in GenovaMorando spezialeNuova Costituzione della Corsica

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Discorso dell'Elliot ai CorsiManifesto di Paoli contro GenovaGenovesi prigioni dichiarati schiaviModerazione d'Inghilterra qual fosseTurcheim e Colloredo generali AustriaciBattaglia del DegoWallis generale AustriacoDumorbion, Massena, Laharpe e Buonaparte generali FrancesiAlbitte e Saliceti rappresentanti del popoloBuonaroti, agente nazionaleParsimonia Austriaca e suoi effettiDego saccheggiato dai Francesi

1795

Vittorie dei FrancesiNuovo governo in FranciaDuca d'Acudia ministro di SpagnaIl re di Sardegna si conferma nell'alleanza AustriacaIn qual modo provvede al denaroIl gran duca si avvicina alla FranciaManda in Francia il conte CarlettiCome vi è accoltoLo conferma suo ministro plenipotenziarioLa repubblica di Venezia manda in Francia Alvise QuiriniSi allestisce un'armata a ToloneHotham ammiraglio Inglese

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Discorso dell'Elliot ai CorsiManifesto di Paoli contro GenovaGenovesi prigioni dichiarati schiaviModerazione d'Inghilterra qual fosseTurcheim e Colloredo generali AustriaciBattaglia del DegoWallis generale AustriacoDumorbion, Massena, Laharpe e Buonaparte generali FrancesiAlbitte e Saliceti rappresentanti del popoloBuonaroti, agente nazionaleParsimonia Austriaca e suoi effettiDego saccheggiato dai Francesi

1795

Vittorie dei FrancesiNuovo governo in FranciaDuca d'Acudia ministro di SpagnaIl re di Sardegna si conferma nell'alleanza AustriacaIn qual modo provvede al denaroIl gran duca si avvicina alla FranciaManda in Francia il conte CarlettiCome vi è accoltoLo conferma suo ministro plenipotenziarioLa repubblica di Venezia manda in Francia Alvise QuiriniSi allestisce un'armata a ToloneHotham ammiraglio Inglese

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Martin ammiraglio FranceseLe Tourneur rappresentante del popoloBattaglia del capo di NoliPace tra la Francia e la PrussiaDisposizioni degli eserciti Austro-Sardo e FranceseI Francesi vinti a Vado, a San Giacomo e a MelognoMassena a MelognoVado preso dagli Austro-SardiBattaglie sulle AlpiKellerman ristringe la fronte del suo esercitoResistenza dei Francesi a Borghetto e sua conseguenzaCongiura in NapoliLa regina Carolina e il ministro ActonGiunta sopra le congiureEmanuele de Deo giustiziatoDetto di VanniMedici imprigionato e perchèIntegrità del giudice ChinigòInquietudini in CorsicaBando del vicerè ElliotPaoli chiamato in Inghilterra e suo fineMoti in SardegnaLa Spagna si pacifica colla FranciaUlloa ministro di Spagna a TorinoDiscorso del marchese SilvaE del marchese di AlbareyScherer generale Francese in ItaliaBattaglia di LoanoMassena arringa i suoi soldati

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Martin ammiraglio FranceseLe Tourneur rappresentante del popoloBattaglia del capo di NoliPace tra la Francia e la PrussiaDisposizioni degli eserciti Austro-Sardo e FranceseI Francesi vinti a Vado, a San Giacomo e a MelognoMassena a MelognoVado preso dagli Austro-SardiBattaglie sulle AlpiKellerman ristringe la fronte del suo esercitoResistenza dei Francesi a Borghetto e sua conseguenzaCongiura in NapoliLa regina Carolina e il ministro ActonGiunta sopra le congiureEmanuele de Deo giustiziatoDetto di VanniMedici imprigionato e perchèIntegrità del giudice ChinigòInquietudini in CorsicaBando del vicerè ElliotPaoli chiamato in Inghilterra e suo fineMoti in SardegnaLa Spagna si pacifica colla FranciaUlloa ministro di Spagna a TorinoDiscorso del marchese SilvaE del marchese di AlbareyScherer generale Francese in ItaliaBattaglia di LoanoMassena arringa i suoi soldati

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Errore di ArgenteauViolenze dei Francesi vincitori e dei Tedeschi vinti

1796

Pratiche di pace a BasileaWickam Inglese scrive a Barthelemi FranceseRisposta del DirettorioIl re di Sardegna costante nella legaBeaulieu surrogato a DevinsPensieri dei repubblicani di FranciaDomandano a Venezia che il conte di Lilla se ne vada daVeronaBuonaparte generale dell'esercito d'ItaliaSue disposizioniBattaglia di MontenotteColonnello Rampon e suo giuramentoErrore di BuonaparteCome rimediaAugereau prende MillesimoGenerale ProveraGenerale Joubert feritoI Francesi prendono CosserìaBattaglia di Magliani ossia di MillesimoStratagemma di BuonaparteSoldati di GiulayArgenteau come senta la sconfitta de' suoiSuo cattivo consiglio riuscito a buon fineColonnello Wukassovich

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Errore di ArgenteauViolenze dei Francesi vincitori e dei Tedeschi vinti

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Pratiche di pace a BasileaWickam Inglese scrive a Barthelemi FranceseRisposta del DirettorioIl re di Sardegna costante nella legaBeaulieu surrogato a DevinsPensieri dei repubblicani di FranciaDomandano a Venezia che il conte di Lilla se ne vada daVeronaBuonaparte generale dell'esercito d'ItaliaSue disposizioniBattaglia di MontenotteColonnello Rampon e suo giuramentoErrore di BuonaparteCome rimediaAugereau prende MillesimoGenerale ProveraGenerale Joubert feritoI Francesi prendono CosserìaBattaglia di Magliani ossia di MillesimoStratagemma di BuonaparteSoldati di GiulayArgenteau come senta la sconfitta de' suoiSuo cattivo consiglio riuscito a buon fineColonnello Wukassovich

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Valore di MassenaWukassovich combatte valorosamente ed è rottoDisordini de' soldati Francesi, lamenti degli ufficialiDiscordia tra gli alleatiMorte del marchese CavorettoI repubblicani occupano CevaPoi LesegnoRitirata dei PiemontesiBattaglia di MondovìAstuzie di BuonaparteBonafous e Ranza chi fosseroConsiglio regio di TorinoCosta arcivescovo di Torino e suo consiglioAvvocato PrinaLa corte di Torino apre i negoziati colla repubblicaTregua tra Buonaparte e i Piemontesi e a quali condizioniCaso di dispacci spediti a PietroburgoAffezione di Buonaparte per la casa di SavojaSuo bando ai soldatiEd ai popoliPace tra la repubblica e il re di SardegnaLa Brunetta distruttaBuonaparte come inganna Beaulieu nel passaggio del PoLadronecci di Buonaparte e di SalicetiBattaglia di FombioColonnello Federici uccisoBattaglia di Codogno

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Valore di MassenaWukassovich combatte valorosamente ed è rottoDisordini de' soldati Francesi, lamenti degli ufficialiDiscordia tra gli alleatiMorte del marchese CavorettoI repubblicani occupano CevaPoi LesegnoRitirata dei PiemontesiBattaglia di MondovìAstuzie di BuonaparteBonafous e Ranza chi fosseroConsiglio regio di TorinoCosta arcivescovo di Torino e suo consiglioAvvocato PrinaLa corte di Torino apre i negoziati colla repubblicaTregua tra Buonaparte e i Piemontesi e a quali condizioniCaso di dispacci spediti a PietroburgoAffezione di Buonaparte per la casa di SavojaSuo bando ai soldatiEd ai popoliPace tra la repubblica e il re di SardegnaLa Brunetta distruttaBuonaparte come inganna Beaulieu nel passaggio del PoLadronecci di Buonaparte e di SalicetiBattaglia di FombioColonnello Federici uccisoBattaglia di Codogno

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Morte del generale LaharpeGenerale BerthierBattaglia di LodiValore de' soldati e dei generaliAugereau arriva al soccorsoOpinioni in MilanoLasciato dall'arciducaMassena vi entraRepubblicani di varie qualità in MilanoArriva Buonaparte e come adulatoSue parole ai soldati

FINE DELL'INDICE

PUBBLICATOL'8 Maggio 1833

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Morte del generale LaharpeGenerale BerthierBattaglia di LodiValore de' soldati e dei generaliAugereau arriva al soccorsoOpinioni in MilanoLasciato dall'arciducaMassena vi entraRepubblicani di varie qualità in MilanoArriva Buonaparte e come adulatoSue parole ai soldati

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PUBBLICATOL'8 Maggio 1833

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